TB Magazine Novembre 2008

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Tutto Brindisi - Anno 13 numero 2

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Sommario

TBtuttobrindisi n. 2 / novembre 2008

www.tbmagazine.it

Direttore Responsabile:FABIO MOLLICA

Grafica e Impaginazione:SALVATORE ANTONACI

Webmaster:ANTONIO TEDESCO

Stampa:MARTANO, Lecce

Redazione / PubblicitàProlungamento Viale Arno, sn72100 BrindisiTel/Fax 0831 [email protected]@tbmagazine.it

pagina 12DELUDENTICinquanta brindisini giudicano l’operato di Mennitti ed Errico. I lettori dicono la loro sul web. Risultato: crollo dei consensi, alleanze a pezzi. E intanto Antonino torna alla carica

pagina 23DOPPIO POSTERDa questo mese i poster di TB: Marcus Hatten e Fabio Moscelli

pagina 34VOGLIAMO LA C2!Giuseppe Barretta promette: «Non ci tireremo indietro». Ma serve uno sponsor.

EDITORIALECaro notaio Errico, non la comprendo più.

FATTI DI OTTOBREL’addio a Diego, i tifosi che sognano, il set in centro.

STRETTAMENTE RISERVATODura vita in Parlamento. Chi si candida e chi no. Top Secret.

AFFARI ALL’ESTEROBrindisi-Shanghai andata e ritorno: affari ed esperienze in Cina.

IL GRANDE AFFAREDietro l’eolico si muovono milioni di euro.

...E IL GRANDE PORTOGiurgola vuole spostare il molo del carbone a Cerano.

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Autorizzazione Trib. Brindisi: n. 4 del 13/10/1996Distribuzione in abbinata gratuita a Senzacolonne l’1 di ogni mese.

Distribuzione gratuita nei principali luoghi di lavoro e di ritrovo dal 15 di ogni mese.

IDEEProposta numero 2: una città da ammirare.

DIARIO DI VIAGGIOMilan Club Damasco.

LETTURELi sgubbuleni: un libro sul mondo del rugby brindisino.

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LA DOLCE VITALe altre meraviglie di Brindisi: da bere e mangiare.

SPAM 0831Di Donna se la ride, noi no.Fenomeni da palazzetto.

VOCI DI POPOLOLettere, sms, fax ed email: i lettori dicono la loro.

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Non restate a guardareCaro notaio Errico,non la comprendo più Dov’è finito l’uomo nuovo? E perché non fa opposizione a Mennitti, ma solo ad alleati ed aziende?

Quando 15 anni fa il notaio Michele Errico decise di dedicarsi alla poli-tica locale, fu visto

come il salvatore del centrosinistra e della città. L’uomo della società civile che finalmente imponeva ai partiti un passo indietro e portava una ventata di novità. Come non dare fiducia ad una persona così, in una città dove gli amministratori locali cadevano come pere dall’albero ad ogni avviso di garanzia della procura? Errico vinse facilmente, conquistando le simpatie della maggioranza dei brindisini. Me compreso. Ma durò poco, visto che al primo venticello il notaio rassegnò le dimissioni sbattendo la porta e gri-dando contro i soliti poteri forti che tutti citano e dei quali nessuno fa mai i nomi. Quando cinque anni fa Errico è stato nuovamente invitato dal centrosinistra a candidarsi, alla Provincia, in un clima torbido, e una città di nuovo devastata da arresti e scandali, gli elettori dei Ds e della Margherita gli diedero di nuovo fiducia, molti di loro turandosi il naso di fronte all’eccessivo personalismo del notaio. Ora, quasi cinque anni dopo, si fa fatica a comprendere le mosse del presidente. E le sue più recenti dichia-razioni sembrano avere un unico fine: o state con me, o candidate chi dico io, oppure vinca il centrodestra. Al Comune e alla Provincia. Del resto, al Comune l’uomo ideale per Errico sembra essere Mennitti, con il quale ha spartito le uniche due battaglie condotte: quella contro il rigassificatore (opinabile), e quella per la Cultura e l’Università (sacrosanta). Il notaio proprio non riesce a dire nulla contro Mennitti,

eppure di spunti per qualche critica (o consiglio) ce ne sarebbero, come dimostrano i contenuti emersi dal nostro sondaggio, che trovate a pagina 12. E invece no. Per Errico, Mennitti «è un uomo di grande coraggio perché si è messo contro Berlusconi per dire no alla British Gas. E se la sua ammini-strazione ha avuto qualche problema è stato solo per l’inesperienza del sin-daco e perché egli non conosceva la situazione brindisina». Parole testuali, dette durante una intervista a Puglia TV. Parole a mio avviso sconcertanti. Perché è davvero difficile pensare ad un Mennitti inesperto, dopo soli 50 anni di politica svolta anche a livello locale. E sostenere che il sindaco non conoscesse la situazione della città che prendeva in mano, equivale a dargli dell’ingenuo. Come se Mennitti all’epoca vivesse sulla luna e non avesse dei bravi informatori, come per esempio il cognato Gualtiero Gualtieri, ottimo conoscitore del Comune e della politica locale. Ma evidentemente a Errico basta il fatto che Mennitti si opponga alla Lng. Il resto passa in sordina. Da leader del centrosinistra,

quale pretende di essere, francamente sembra un po’ poco.

Speriamo che il nostro sondaggio faccia risve-gliare nei due (Errico e Mennitti) la voglia di ascoltare la gente. Quella

della strada. Quella che, per rispar-miare e arrivare alla fine del mese, fa la spesa all’EuroSpin e negli altri hard discount. Non tutti, purtroppo, si pos-sono permettere qualche giorno alla Masseria Torre Coccaro di Savelletri. Come è capitato a Errico. Che nella masseria ha scoperto che agriturismi e hotel danno lavoro a decine e decine di persone. Noi lo sapevamo da tempo. E se ne era accorto qualche anno fa anche un altro signore, che pur prefe-rendo parlare di grandi investimenti e di rigassificatore, un giorno scoprì che il bar Betty dava lavoro a 15 persone, e che dunque 10 di quei bar avrebbero potuto risolvere i problemi di tante famiglie. Quel signore si chiamava Giovanni Antonino, lo stesso Antonino che oggi cerca di tornare a galla. Fa piacere constatare che i

nostri amministratori, ogni cinque anni, scoprono l’ac-qua calda.

Ma quello di Antonino è un altro discorso. O forse no. Errico, non si

capisce sulla base di quale investitura suprema, boccia o promuove tutti i sog-getti del centrosinistra, e si è opposto alla candidatura di Salvatore Brigante perché è stato il vicesindaco di Anto-nino. Ma allora, e scusate ma ci dob-biamo ripetere, perché il notaio non spreca mai una parola contro l’ammi-nistrazione comunale, in cui figurano assessori e consiglieri che di Antonino erano fedeli scudieri? E perché non dice nulla contro le strane nomine negli enti di secondo grado partecipati dal Comune, come il Porto turistico o la Farmacia comunale, dove sono stati sistemati consiglieri (o loro referenti) che potevano far mancare il numero legale in Consiglio? Già, proprio come accadeva all’epoca di Antonino.Così facendo, il notaio dà forza ad una delle tante voci che corrono in città in questi giorni. Quella di un accordo tra lui e il sindaco: Errico si candiderà al Comune e Mennitti andrà a presiedere la Fondazione del Teatro.Ma lasciamo i pettegolezzi (che spesso in questa città si trasformano in realtà) e torniamo ai diktat: Errico ha boc-ciato l’eventuale candidatura di Toma-selli alla Provincia e della Barretta al Comune, sostenendo (sempre a Puglia Tv, sempre testuale) «che non godono di alcuna rappresentanza», e che Cira-sino è il suo preferito per la poltrona di presidente della Provincia, perché «non si è mai compromesso con nes-

EDITORIALE

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COMPLICI DI QUESTO MESE

MARIO LIOCE a pag. 45A giudicare dalle lettere che ci sono giunte dopo il primo numero, temo che Tb stia creando un altro mostro, dopo Bresolin. Per fortuna si tratta di mostri positivi. Di quelli che stranamente questa città lascia sempre ai margini.

DARIO BRESOLIN a pag. 21Chi leggeva il vecchio TB lo conosce già. Per i nuovi arri-vati, invece, che dire: Dario è così,prendere o lasciare. O lo ami o lo odi. Io continuo a pensare che la sua testa, e i suoi articoli, possano far bene alla nostra città.

Non restate a guardare di Fabio Mollica

suno». Nulla da obiettare contro Cira-sino, gran signore. Ma se ne ricava che: 1) nel centrosinistra tutti sono compromessi; 2) che Tomaselli è finito al Senato per opera del demonio; 3) la Barretta è persona sgradita per il solo fatto di chiamarsi Barretta, dunque di far parte di una famiglia benestante. Sì perché Errico continua a vedere inte-ressi dappertutto. Come se un’azienda, e quindi una famiglia di imprenditori, non dovessero lavorare per il loro inte-resse ma solo per fare beneficenza alla città. Eppure il notaio dovrebbe sapere che le aziende non sono tutte inquinanti, monopolistiche, subappal-tatrici dell’Enel. E se le aziende produ-cono profitti, si creano posti di lavoro. Se ragionassimo come il notaio, dovremmo allora eliminare dal pano-rama politico, oltre ai Barretta, i Bri-gante, i Giurgola, i Titi, i Ferrarese e via dicendo. Chissà, magari i loro dipen-denti potrebbero essere assunti dalle decine di agriturismi e villaggi aperti nel corso degli ultimi 15 anni lungo la costa cittadina grazie alla favolosa politica di rilancio del turismo con-dotta dai vari sindaci finiti a Palazzo di Città. Che purtroppo di turismo hanno solo parlato. Spesso a vanvera. Altra considerazione sulle recenti dichiarazioni del notaio. Ha ammesso che sì, l’Enel oggi brucia 11 milioni di tonnellate di carbone, contro le 5 bru-ciate nel 2003. Alla faccia delle grandi lotte ambientaliste. Però, ha sotto-lineato Errico, «adesso le emissioni inquinanti sono state ridotte del 30%». Pur stando così le cose, visto che il car-bone bruciato è aumentato del 120%, l’inquinamento della città dovrebbe essere aumentato considerevolmente. Se i numeri non sono un dettaglio.

Ultima nota. La più delu-dente, per chi, come me, aveva visto nel notaio una possibilità di cambiamento. Errico,

sempre nella stessa intervista a Puglia TV, ha sbarrato la strada della politica e delle candidature a chi è inesperto di amministrazione della cosa pub-blica. Solo chi ha questa esperienza

- secondo lui - può aspirare a fare il sin-daco, il presidente della Provincia e su su fino al Parlamento. Bene, questa è la negazione del principio per cui Errico fu chiamato, e si offrì, alla politica: la necessità del ricambio, di persone nuove al posto dei professionisti della politica. Oggi Errico preferisce questi ultimi. Io, modestamente, penso che se Errico e Mennitti facessero un passo indietro e lasciassero spazio ai 40enni, farebbero un grande gesto. Invece intendono lasciare i giovani in gamba nelle retro-vie, o a casa, e continuare a godersi il palcoscenico. Per i Mauro D’Attis, i Roberto Fusco, i Giuseppe Acierno, i Massimo Ciullo, le Rosy Barretta, tanto per fare qualche nome di gente che a mio avviso potrebbe amministrare un Comune o una Provincia, non è ancora giunta l’ora. Se mai quell’ora arriverà.Delle dimissioni e del caso sabbia, credo sia inutile parlare. Quando si grida troppe volte “al lupo, al lupo”, nessuno più ti crede. E infatti a quelle dimissioni non aveva creduto nessuno. E nessuno crederà alle prossime. Ma almeno ad una cosa è servito il caso-sabbia: Errico ha finalmente capito che è rimasto solo. Ha diviso il partito democratico, così come Mennitti ha frantumato il centrodestra. E da soli è impossibile ripresentarsi davanti all’elettorato e pensare di vincere le elezioni.

Ed ora consentitemi di ringraziare tutti i brin-disini che nei giorni scorsi ci hanno fatto i complimenti per il

nuovo TB e per il nostro sito internet, wwwtbmagazine.it. Tre sono i commenti che hanno fatto più piacere: quello per l’autorevolezza del giornale; quello per la veste grafica e la ricchezza dei conte-nuti; e infine quello per la condivisione dell’invito rivolto a tutti i cittadini, di non restare a guardare e diventare protagoni-sti del proprio futuro. Sono complimenti davvero graditi e stimolanti, specie quelli arrivati dai colleghi, e mi sento di doverli dividere pari merito con tutti i “complici” di questa avventura. Grazie di cuore.

EMILIO GRAZIUSO a pag. 27Quel bravo ragazzo... Avvocato, rappresentante della Confconsumatori a Brindisi. Esamina gli argomenti che stanno più a cuore e spesso fanno più presa sulle tasche dei lettori. Questo mese parla dei risparmi a rischio.

GIOVANNI ANTELMI a pag. 31Da questo numero inizia la sua rubrica, ma dubito che riuscirà ad essere presente ogni mese. I suoi Diari di Viaggio offriranno qualcosa in più dei soliti racconti di viaggio. Riportano emozioni, danno giudizi e consigli.

DON GIUSEPPE SATRIANO a pag. 33L’ho conosciuto qualche anno fa in occasione di un convegno e pur avendolo frequentato solo per qualche ora, mi è sembrato una persona speciale. Leggetelo e fatemi sapere se mi sbagliavo.

BARBARA BRANCA a pag. 17E l’unica donna a scrivere questo mese. E quindi, per evitare interventi del ministro per la pari opportunità, le abbiamo riservato la posizione d’onore. Anche se lei non ha bisogno di aiuti.

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«DICO SI, TRA 45 GIORNI»

2 Settembre, ore 11.

Conferenza stampa del sindaco Mennitti.

Il primo cittadino convoca i giornalisti e annuncia che è pronto a ricandidarsi. Tra 45 giorni la conferma. Ma nessuno dubita che possa fare retromarcia.

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FATTI DI OTTOBRE

CIAO DIEGODiego era un ragazzo splendido. Grande lavoratore. Educato e timido. Sempre col sorriso. Grande amante dello sport più sano. Come il padre.Un incidente in moto lo ha portato via. L’ennesima tragedia che si è consumata sulle nostre strade. Possibile che non si possa fare nulla per evitare che la strage continui ?

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IN VETTA Il Brindisi della famiglia Barretta è un rullo compressore e domina il campionato. E questa volta i tifosi sognano davvero.

UNA CITTÁPER GIRARE Lina Wertmuller lascia Taranto causa richiesta di pizzo, e con la sua troupe decide di girare a Brindisi alcune scene del suo nuovo film “Mannaggia alla miseria”. E così il centro della città si trasforma in un grande set.

FATTI DI OTTOBRE

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Caforio pensa agli incontinenti. Saccomanno ai morti. De Castro alla dieta mediterranea. Vitali vuole il casinò...

DURA VITA IN PARLAMENTO

CANDIDOSI: CHI SI CANDIDA, CHI NO, CHI VORREBBE MA NON PUÓ

TOP SECRET

Strettamente riservato voci, rumors, dicerie

Col bus in aereoAl Papola sono in servizio da qualche giorno due Combus 2000, i bus che portano i passeggeri dal gate all’aereo e dall’aereo alla sala arrivi. Si risparmia così una cammi-nata di una ventina di metri. Però si attendono 15 minuti finché non si riempie il bus. Considerando il costo dei mezzi, ci chiediamo: ma ce n’era tutto questo bisogno?

Errico perde lo staffPrima ha elogiato il suo staff in TV: «Grazie ai consulenti esterni abbiamo preso 128 milioni di euro dalla Ue e siamo riusciti a fare molte altre cose». Due giorni dopo ha chiesto (e ottenuto) le dimissioni di Giuseppe Acierno, divenuto presidente del Distretto Aerospaziale. Ora, secondo Sen-zacolonne, rischia di perdere Giovanni Antelmi, anche lui insoddisfatto di quanto accade alla Provincia. Infine, dal 31 dicembre, il notaio perderà Pablo Zito, a cui scade l’aspettativa in banca. Errico rischia di restare con uno staff unipersonale composto da Mimmo Fanuzzi. Fino a che non verrà anche il suo turno.

Figuracce«Sono il presidente del Casale», aveva detto l’uomo al cancello del PalaPentassuglia, il pomeriggio della prima di campionato di serie A. «Embé», ha risposto l’addetto alla security, pensando al rione Casale. Purtroppo era il presidente del Casale Monferrato.

Ferrarese rimanda, Antonino speraIl suo nome viene tirato in ballo ormai ad ogni tornata elettorale. Ma chi lo invoca, o chi lo teme, forse non ha capito che Massimo Ferrarese difficilmente accette-rebbe di candidarsi alla Provincia o al Comune (qualunque esso sia). Perché una sua eventuale elezione genererebbe un proble-matico conflitto di interessi e i suoi oppositori lo accuserebbero di sfruttare l’incarico per far lavorare

la sua azienda. Meglio attendere. Magari le prossime parlamentari. Oppure, visti i sondaggi, le euro-pee.In lista d’attesa c’è anche Giovanni Antonino, che spera in una chia-mata per il Consiglio comunale. Ma è ormai evidente che l’ex sindaco non riesce proprio a star lontano dal Palazzo. Del resto chi lo conosce bene sa che per lui la politica è una vera e propria

malattia. Se questa volta resterà a guardare, o si accontenterà di un ruolo di secondo piano, la pros-sima sarà di nuovo in campo. Da candidato sindaco o deputato. Tanto c’è chi gli sta già spia-nando la strada. E a ben guardare chi gli stava accanto nell’ultima avventura in municipio, è ancora lì, a ricoprire incarichi che contano. E non vedrebbe male il suo ritorno.

Se non lo avete ancora fatto, vi consigliamo, ogni tanto, di dare uno sguardo ai siti istituzionali di Camera e Senato, per vedere cosa combinano a Roma i nostri parlamentari. Ne scoprirete

delle belle. Perché c’è chi si occupa di morti, chi di sordi, chi tiene alla dieta mediterranea e chi impazzisce per i laureati in scienze motorie. Come Giuseppe Caforio, senatore dell’Italia dei Valori, tecnico ortopedico, che oltre ad aver presentato un disegno di legge per l’as-sistenza ambulatoriale e domiciliare ai soggetti incontinenti e stomiz-zati, è primo firmatario di un altro ddl che prende in esame le norme che equiparano il diploma di laurea in scienze motorie al diploma di laurea in fisioterapia. Per Caforio quello dei laureati in scienze moto-rie sembra un problema gravissimo per le sorti della nazione, visto che ha presentato un’altra proposta, la 796, che mira a dare a questi laureati un posto sicuro: «Alla direzione di palestre, centri sportivi, società ed organizzazioni atletiche, nonché alla comunicazione e gestione dell’informazione sportiva».Il dottor Antonio Gaglione, non passa inosservato solo per il suo inseparabile papillon, ma anche per importanti disegni di legge, come quello per il “contenimento della pressione fiscale attraverso la neutralizzazione del drenaggio fiscale”. Praticamente sostituisce al politichese il linguaggio ospedaliero.L’avvocato Luigi Vitali, deputato del PDL, ormai ha accumulato una tale esperienza che può permettersi di legiferare su tutto. Da primo firmatario ha già presentato 18 proposte di legge, quasi tutte su temi giudiziari, argomento a cui i parlamentari del centrodestra sono noto-riamente molto affezionati. Ma Vitali non si ferma quì, e chiede “una casa da gioco nel comune di Ostuni” e la soppressione della marca da bollo sul passaporto (forse ancora non sa che non la mette più nessuno).L’ex ministro Paolo De Castro, docente universitario, esponente di rango del PD, nato a San Pietro Vernotico ma residente a Bologna, si occupa di agricoltura biologica (DDL 1035), accanimento terapeutico e altri argomenti di alto livello. Ma poi vuole strafare, e presenta

una mozione che impegna il governo a realizzare “tutte le iniziative necessarie per l’inserimento della dieta mediterranea nella lista rap-presentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità”. Cosa di cui tutti i suoi elettori sicuramente sentono l’urgenza e la necessità.Michele Saccomanno, medico chirurgo ortopedico con l’irrefrenabile passione per la politica, ha presentato tre disegni di legge: uno per la promozione della piena partecipazione delle persone sorde alla vita sociale; un altro per l’introduzione nel codice penale del titolo VI-bis concernente i delitti contro l’ambiente. Il terzo, più impegnativo, riguarda niente di meno che la donazione del corpo post-mortem (in effetti, donarlo in vita è un po’ complicato, però non si sa mai, meglio specificare) e l’utilizzo dello stesso a fini di studio, di ricerca scien-tifica e di formazione. Una legge che “mira a coniugare le esigenze scientifico-terapeutiche ai princìpi bioetici antropologici universali”. Mica pizza e birra.Salvatore Tomaselli, PD, dirigente Cna e imprenditore, si è occupato di ricorsi in cassazione, norme in materia di espulsione di cittadini extracomunitari, concorsi e mancate assunzioni all’Inps, di controllo dei siti internet e blog.Luciano Sardelli, un altro medico prestato alla politica (e mai più andatosene) , da buon autonomista ha presentato una proposta di legge per l’istituzione del Parco nazionale del Sub Apennino Dauno. E poi ha chiesto al ministro dell’Economia di intervenire su Equitalia per ottenere la dilazione e rateizzazione dei pagamenti delle cartelle esattoriali ricevute dalle aziende.Invece il fasanese Nicola Latorre (PD), avvocato, è cofirmatario di una raffica di disegni di legge, tra cui uno contro le molestie e violenze alle donne, ai diversamente abili e per motivi connessi all’orienta-mento sessuale. Però, forse memore del polverone delle intercetta-zioni telefoniche del caso Unipol, ha cofirmato un disegno di legge che delega il governo ad intervenire con urgenza per assicurare l’effi-cienza della giustizia. Pensate un po’: i senatori del PD che chiedono a Berlusconi di mettere a posto i giudici, proprio lui che tanto li ama. Questa sì che è una trovata geniale?

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IN COPERTINA

Difficile trovare qualcuno dispo-sto a lodare sindaco e presi-dente. Davvero difficile. Tanto che solo quattro dei 50 perso-naggi, influenti e abbastanza

noti, intervistati dalla nostra redazione negli ultimi 45 giorni, vorrebbe la riconferma del sin-daco Mennitti e del presidente Errico. Abbiamo chiesto un giudizio a giornalisti, amministratori pubblici, imprenditori, e quasi tutti hanno auspicato un cambiamento. E se non cambie-

ranno le persone, ci si attende quanto meno un cambio di rotta.

Gli unici giudizi positivi al 100% arri-vano da due esponenti della stampa

locale. Secondo il primo intervistato: «La sinergia tra Comune e Provincia,

nonostante opposti colori politici, su questioni come la tutela

ambientale e il progetto di sviluppo del territorio, ha

contribuito ad alzare il livello di consapevo-

lezza e affezione dei brindi-

sini

verso la propria città. Buono l’operato di Mennitti che, però, inviterei a circondarsi di consiglieri più preparati e meno interessati. Buono anche l’ope-rato di Errico, nonostante l’eccessivo ricorso alla magistratura e ad azioni e dichiarazioni clamorose. Al momento, non intravedo validi sostituti per gui-dare Comune e Provincia».Per il secondo: «Se consideriamo chi sono e che esperienze hanno alle spalle coloro che nei giorni scorsi si sono riuniti per tracciare “politiche e percorsi nuovi”, Mennitti ed Errico non solo erano l’opzione migliore nel 2004, ma lo saranno anche nel 2009. Il vero problema della politica brindisina è questo: si riproduce solo sulla base di Dna che non contengono il gene dell’evoluzione. Errico da un lato ha avuto il merito di scegliere una squa-dra di collaboratori di competenza indiscutibile, e meno legati ai partiti di quanto si pensi. Basta fare la prova del nove: quando Errico-Saturno ha cominciato a mangiare i propri figli, i partiti non hanno mosso un dito. Domenico Mennitti ha attorno qualche buona individualità, nessuna squadra, e una maggioranza di avvelenatori. Eppure è ancora lì perchè è un buon politico, e sa rimettere le galline nel pollaio. Michele Errico invece ha la pessima abitudine di mettere con le spalle al muro gli alleati anche quando combatte

per cause giuste, e bisogna dire che non

è affatto semplice sopportarlo. Infatti qualcuno non lo sopporta più. Se l’uno avesse una mag-gioranza stabile come quella dell’altro, e l’altro l’abilità politica dell’uno, sarebbero quasi perfetti. Però hanno dato a Brindisi e al territorio provin-ciale una reputazione nettamente migliore, un ruolo importante nella formazione universitaria e nella ricerca scientifica, un’intesa istituzionale buona, e una prospettiva di sviluppo che si sta sganciando dalla “spirale della riconoscenza” politica-aziende denunciata dal segretario della Cgil, Leo Caroli».Un altro giornalista la butta sull’ironico: «Secondo convenzioni iniziali, mai suffra-gate, avrebbero potuto essere due ammi-nistratori elettrici (nel senso che ci si aspettava da loro una salutare scossa alla città), invece si sono dimostrati soporiferi, come se esposti ad una ventata di gas (nel senso che la guerra al rigassifi-catore è stata per loro l’unica grande bat-taglia di questi cinque anni)».

50 VIP GIUDICANO

SINDACO E PRESIDENTE. RISULTATO?

DELUDENTI

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IN COPERTINA

Il terzo giornalista da noi sentito non ha dubbi: «Mennitti ha confermato che parlare è molto più facile che fare. Ha tanto parlato, ma ha concluso pochissimo. Ed ha sfaldato la sua maggioranza, che ora è allo sbando. Bilancio totalmente negativo. Quanto ad Errico, invece, ha mantenuto con coerenza la sua immagine di uomo fuori dagli schemi. Solo che non ha coagulato intorno a se un gruppo consistente e finisce per appoggiarsi solo a Rifondazione. Un po’ poco. Non riesce a convivere neppure con Vendola. Fosse riuscito ad essere più modesto e disponibile, avrebbe dav-vero rappresentato una novità. Bilan-cio negativo, con qualche rimpianto». Altra voce: «Mennitti è persona di alto livello culturale ma incapace di governare questa città perché non ne capisce i problemi. Pensa alla cultura e non si accorge che qui c’è gente che fa la fame. E poi a mio avviso ha perso troppo tempo sul rigassificatore pur sapendo come andava a finire, cioé che si farà e senza spostamenti. Quanto ad Errico, tanta buona volontà, ma non è andato oltre il con-cetto di moralizzazione. Anche lui non è vicino alla gente e quindi non ne comprende i problemi reali».Ma è dalle imprese che giungono i giudizi più duri per Errico e Mennitti. «Diciamo che come attenzione ai temi economici, entrambi hanno lasciato a desiderare. È vero, hanno riportato su binari di normalità il funzionamento delle pubbliche amministrazioni. Hanno ben lavorato su cultura e ricerca. Ma di cultura purtroppo non ci si riempie la pancia. La loro disat-tenzione nei confronti dell’economia ha però radici diverse: per Mennitti è solo disattenzione, per Errico sembra vero e proprio ostracismo. Il problema è che l’economia non ti aspetta, e quando perdi una serie di autobus, rimani indietro».Per buona parte delle imprese, il ticket Mennitti-Errico è una ipotesi da scongiurare: «Il sindaco non ha minimamente toccato le tematiche economiche. Solo quelle culturali. Se avesse affrontato con la stessa determinazione anche i problemi delle aziende, avrebbe avuto risultati ben più importanti. Quanto ad Errico, le sue iniziative hanno evidenziato un irrefrenabile protagonismo. E poi sembra che per lui esista solo Brindisi e le industrie di Brindisi, come se le

aziende di Fasano, Ostuni, Francavilla non possano inquinare». C’è poi chi sentenzia: «L’oratoria del sindaco è rimasta tale, mentre Errico è ormai solo, ha sparato tutte le sue cartucce. I due sono i principali responsabili di una crisi economica i cui risultati si protrarranno nei pros-simi 10-15 anni».«A mio avviso - si esprime un suo collega - Mennitti è destinato ad una grande carriera politica. Al Nord però. Quanto ad Errico, penso che stia meglio nel suo studio professionale. Insomma: se se ne vanno forse risor-geremo».Un altro imprenditore concorda: «La riconferma di Errico sarebbe una sventura per noi. Non si può fare propaganda elettorale solo facendo guerra agli insediamenti industriali, a cominciare da quello della Lng. Quanto a Mennitti, che pure ho votato, non mi entusiasma, anche se credo che nel centrodestra al momento sia il “meno peggio”. In ogni caso io non lo rivoterei».Un’altra voce: «Mennitti è un uomo di grande cultura. Il suo luogo ideale non è il Comune ma la Fondazione del Teatro. Errico invece ormai lo definirei un talebano: non perché è un terrorista, ovviamente, però diciamo che ha dei modi di fare poco demo-cratici. E poi ormai sembra troppo legato al potere e alla sua poltrona». Un imprenditore di centrosinistra: «Il notaio ha una ambizione infinita che non si capisce più dove vuole arri-vare. Su alcune questioni di principio anziché unire ha diviso. E i risultati sono evidenti: nessuno sviluppo per la provincia e per la città. Quanto a Mennitti, qualcuno sosteneva che fosse stato voluto a Brindisi per addor-mentare la città. Sicuramente era un pettegolezzo, però il risultato è stato raggiunto».Un suo collega: «Non hanno fatto nulla. Molte parole, pochi fatti».Finalmente una voce discordante: «Li confermerei entrambi, per un sem-plice discorso di continuità. E perché chiunque arrivasse ora sarebbe un dramma».L’ultimo imprenditore ascoltato è invece alla disperazione: «Spero che i due non si ripresentino, altrimenti per la prima volta in vita mia non andrò a votare».Perfino nella politica e nelle istitu-zioni non è che sia andata meglio:

«La ricandidatura di Mennitti sarebbe una iattura per questa città. Finora sono state realizzate cose program-mate dalla giunta Antonino», ci ha confidato una persona vicina al primo cittadino, che ha aggiunto: «È una persona di grande cultura, ma la cul-tura da sola non serve a molto». Un altro amministratore locale: «Il Mennitti bis sarebbe una iattura, peggio della riconferma di Errico. Non avrà più il mio appoggio». E ancora: «Mennitti? Un grandissimo politologo, un medio politico, un pessimo ammi-nistratore». Perché: «Come politologo ha previsto alcuni scenari politici nazionali ed internazionali. Come poli-tico ha sfasciato il centrodestra grazie al suo egocentrismo ingiustificato. Ha fatto sfaldare An, ha delegittimato

Forza Italia, ed ha permesso di far crescere l’importanza dei singoli con-siglieri comunali. Tanto che oggi il suo più grande sostenitore è Gino Modu-gno. Come amministratore, infine, nessuna svolta rispetto al passato. Si è tenuto la stessa struttura ammini-strativa di Antonino. E quella struttura oggi comanda più della politica». Ed Errico? «Una persona onesta, senza interessi, senza lobby da sostenere. Ma ha modi troppo irruenti. Il suo limite è quello di essere un paternali-sta cattolico. Pensava di poter gestire la Provincia come fosse il suo studio. I fatti non gli danno ragione».Altra opinione: «La città è ferma. A parte la cultura, il primo cittadino non ha una giunta all’altezza. Quanto ad Errico, è stato solo un signornò».

Ed ecco cosa pensano i visitatori del nostro sito

Cosa pensate dell’operato di Mennitti ed Errico?

Mennitti (83 voti)Deludente: 61,4 %Sufficiente: 21,7 %Buono 16,9 %

Errico (71 voti)Deludente: 62 %Sufficiente: 19,7 %Buono 18,3 %

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Ecco chi ha partecipato al sondaggio Imprenditori: Teo Titi (Titi Shipping), Adriano Guadalupi (Poseidone), Salvatore Zarcone (Cadding), Salvatore Potenza (dirigente Cna), Rosy Barretta (Rimorchiatori Barretta), Nicola Pacucci (Pacucci), Armando Arigliano (Curiò), Pino Gioia (Cantieri navali Brundisium), Antonio Monaco (stabilimento balneare Granchio Rosso), Sergio Botrugno (Vini Botrugno).Rappresentanti istituzionali: Massimo Ferrarese (presidente Confindustria), Angelo Guarini (direttore Confindustria), Giovanni Brigante (presidente Camera di Commercio), Alfredo Mal-carne (vicepresidente Camera di Commercio), Pasquale Colelli (direttore generale Sisri), Cosimo Convertino (presidente Cna), Nicola Zizzi (dirigente Comune), Ugo Poli (presidente Associa-zione Piccole Imprese).Esponenti politici: Raffaele De Maria (assessore comunale alle Attività produttive), Massimo Ciullo (assessore comunale all’Urbanistica) Cosimo Bian-chino (ex consigliere comunale), Gianpiero Pennetta (consigliere comunale), Mauro D’Attis (assessore comunale alla Pro-grammazione economica).Informazione: Mario Scotto (Puglia TV), Oreste Pinto (Brun-disium.net), Francesca Man-dese (Corriere del Mezzogiorno), Pamela Spinelli (Telenorba), Marcello Orlandini (Corriere del Mezzogiorno). Società: Francesco Ragione (Circolo ippico Mitrano), Danilo Antonazzo (ragioniere commer-cialista), Franco Palma (Brindisi Prodest), Luigi De Filippo (ragio-niere commercialista), Nicola Cainazzo (presidente provinciale Coni), Stefano Bramato (Gene Burricca. agenzia di comunica-zione), Sandro Perchinenna (Pubblidea), Lucia De Matteis (Artisticamente), Sandro Bot-tacci (dottore commercialista), Gianni Anelli (enoteca Delizie), Massimiliano Caforio (Agente di commercio), Mina Piazzo (archi-tetto), Giancarlo Cafiero (La valigia delle Indie), Carlo Faccini (architetto), Marco Greco (guar-dia giurata), Pietro Nuzzo (gioiel-leria Lo Scrigno), Fabio Fazzina (Viaggi Fazzina), Vincenzo Di Noi (disoccupato), Cosimo Todisco (commerciante), Paride Coz-zetto (commerciante), Sergio Scardicchio (fotografo), Andrea De Vincentis (Barman).

Poi una boccata d’ossigeno, almeno per Mennitti, arriva dall’interno: «Abbiamo ereditato una città allo sbando, dove imperava il clientelismo. Siamo rientrati nella normalità, anche se permangono sacche di clientelismo dure da estirpare. E non abbiamo perso nessun finanziamento, al con-trario di quanto qualcuno sostiene. Errico invece ha condotto solo una battaglia ambientalista. Ma il centro-sinistra si è accorto che si tratta di ambientalismo estremo. Poco utile». Infine i commenti di qualche rappre-sentante della cosiddetta società civile: «Con gli attuali amministratori di Comune e Provincia, la città ha perso l’occasione di un serio rinno-vamento all’indomani degli scandali della tangentopoli brindisina. Chi si è

proposto come “il nuovo”, ha gover-nato in questi anni solo con il comple-tamento e l’inaugurazione delle opere progettate ed avviate da Antonino e, per il resto, con la ripetizione, trita e ritrita, di vuoti slogan a cui non è seguito alcun fatto».Qualcuno se la prende con la scarsa simpatia di Mennitti per i faccia a faccia con i cittadini: «Dice che prima di ricandidarsi vuole sentire la società civile. Era ora, visto che finora non ha parlato con nessuno. Anche se poi bisognerebbe capire cosa intende Mennitti per società civile».Parla un altro professionista, che boccia il sindaco e dà fiducia al presi-dente: «Mennitti lo ricorderemo solo per la battaglia al rigassificatore e per la promessa del palazzetto nuovo, che non farà in tempo a mantenere. Errico l’ho votato e lo rivoterei ancora, anche se lo stimo più come notaio che come presidente della Provincia». Un altro professionista: «Mennitti ha trasformato la città in un deserto. Le attività commerciali e imprenditoriali sono in coma. Errico è stato troppo ideologico, supponente. Non è ade-guato alla politica».Ma ci sono anche commenti positivi, pochi a dire il vero: «Mi piacerebbe continuassero entrambi, perché hanno rotto un sistema». Oppure: «Mennitti si è mosso abbastanza bene, ma non aveva una giunta all’al-tezza. Errico invece, molti proclami e pochi fatti». Un commerciante: «Hanno impostato il loro lavoro a lungo termine, ma hanno perso di vista le cose più urgenti».Poi un’altra serie di bocciature: «Ormai quando li vedo in televisione cambio canale. Tra le loro parole ed i fatti c’è di mezzo un mare». «Alla luce dei fatti non hanno concluso nulla». Un’altra opinione: «Il sindaco si è elevato, ma si è fatto ricattare dai soliti consiglieri. Meglio che si faccia da parte. Errico non è un politico, la sua onestà intel-lettuale non può bastare a giustificare il suo ruolo. Troppo narcisista».Avanti un altro: «Mennitti ha fatto solo una operazione di facciata con pochi risultati. Errico ha molto parlato, ma ha fatto poco e niente».Qualcun altro la pensa più o meno allo stesso modo: «Il sindaco dei grandi progetti che non ha concluso nulla di pratico. E poi in campagna elettorale aveva promesso che non avrebbe avuto a che fare con gli ex di Anto-

nino. E invece li ha avuti in giunta e in maggioranza. Errico, anche lui, poca roba. Troppi pregiudizi».Un giovane: «Credo che sia ora che se ne vadano a casa e al loro posto arri-vasse qualcuno al passo coi tempi».Un altro giovane: «Dono un punto a favore di Mennitti. Penso che sia il male minore. Ma credo che sia ora di costruire un giovane personaggio fuori dalla leva dei partiti, perché i giovani politici di Brindisi sono nati già vecchi». Secondo un giovane padre di famiglia «Errico è stato solo distruttivo, mentre Mennitti non è riu-scito a fare nemmeno quello. Perfino l’ordinaria amministrazione langue, ma i servizi li continuiamo a pagare».Un cittadino di mezza età: «Errico non ha “quagliato” un bel niente. Si è battuto come un cavaliere solitario: neanche la sua parte politica lo sop-porta più. Mennitti ha portato a ter-mine i progetti preparati da Antonino ed ha tradito le aspettative di quanti da lui si attendevano la riapertura dei corsi».Un commerciante: «A dire la verità ho l’impressione che siano un po’ mega-lomani. Parlano di grandi cose, ma non si è ancora capito come pensano di affrontare i problemi più seri della città, dall’ambiente alla crisi del com-mercio». Un piccolo imprenditore: «Di Errico resteranno solo i rigurgiti ecologici. Di Mennitti mi sto ancora chiedendo cosa abbia fatto in questi anni».Un professionista: «Errico ha operato bene, perché aveva una squadra composta da persone capaci e com-petenti. Quello che è mancato al sin-daco, che proprio per questo non ha potuto incidere sul territorio».Un commerciante: «Errico lo stimavo ma mi ha deluso. Ogni volta che c’è un problema si dimette. Mennitti, che dire? Boh. Non sa nè di carne nè di pesce. C’è ma non si vede».E infine c’è chi ha dato un giudizio prendendo in prestito citazioni di grandi nomi: «La politica è una fac-cenda troppo seria per essere lasciata ai politici, diceva De Gaulle. «Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione”, diceva De Gasperi. Errico e Mennitti, secondo il mio modesto avviso, sono entrambi stati-sti». Un elogio sincero o una boccia-tura ironica? Anche noi siamo rimasti col dubbio.

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AFFARI ALL’ESTERO

Agiugno erano stati gli iscritti al corso per export manager organizzato dall’istituto “De Marco” di Brindisi a volare a Shanghai e Pechino per un viaggio di studio di 14 giorni,

durante i quali hanno incontrato rappresentanti istituzionali e visitato aziende cinesi ed italiane. «Una esperienza positiva per la nostra scuola e per i frequentanti del corso, che hanno potuto scoprire un mondo nuovo e verificare quali sono le compe-tenze necessarie per operare da export manager sul mercato cinese», dice il preside del “De Marco”, Francesco Pagano, istituto che si sta mettedo in evi-denza nel panorama scolastico brindisino per altri interessanti progetti che aprono le porte a quanti la scuola l’hanno finita da un pezzo.Ad ottobre invece Brindisi è stata presente in Cina con una missione istituzionale organizzata dall’Uffi-cio unico del PIT 7 dell’Amministrazione provinciale nell’ambito del progetto “The Near East” (finanziato con fondi europei Por Puglia 2000-2006). A Ning Bo (la città che ospita il secondo porto della Cina e che si pone l’obiettivo di potenziare i collega-menti marittimi con l’Europa) la delegazione brindi-sina, composta, tra gli altri, dall’Assessore provin-ciale alle Politiche Comunitarie Lorenzo Cirasino, dal Direttore dell’Ufficio porti e aeroporti della Regione Puglia Carlo Dellino, dal Presidente dell’Azienda speciale della Camera di Commercio PromoBrindisi Cosimo Convertino e dal responsabile delle politiche di internazionalizzazione della Camera di Commer-cio di Brindisi Giuseppe Marchionna, ha avuto la possibilità di incontrare i massimi esponenti della locale Autorità portuale, del terminaI containers e della municipalità di Ning Bo, nonché dei più importanti vettori del mondo presenti con proprie strutture nello stesso porto cinese.A Shanghai, invece, l’Ufficio unico del PIT 7-Pro-vincia di Brindisi, in collaborazione con l’azienda speciale della Camera di Commercio “PromoBrin-disi”, ha organizzato una missione economica alla quale hanno partecipato imprese brindisine di vari comparti economici che hanno sostenuto incontri “business to business” con aziende cinesi dai quali sono emerse interessanti possibilità di collabora-zione commerciale. In particolare, i risultati più importanti si sono registrati nel settore del tessile e

dell’abbigliamento dove le partnership potrebbero concretizzarsi già nelle prossime settimane.Nel corso della missione gli imprenditori brindisi-ni hanno avuto la possibilità di incontrare anche esponenti della Camera di Commercio italiana e dell’Ice a Shanghai ed allo stesso tempo di visitare realtà produttive italiane in Cina, come per esempio lo stabilimento Natuzzi.

“I risultati ottenuti sono soddisfacenti - dice l’as-sessore provinciale Lorenzo Cirasino - visto che da questi incontri è emerso con chiarezza che la nostra provincia e la Cina sono più vicine di quanto non si possa immaginare. Ci accomunano, infatti, notevoli interessi di carattere economico e quindi ci sono tutte le condizioni per sviluppare proficue forme di collaborazione”.

BRINDISI-SHANGHAI, ANDATA E RITORNOPrima gli iscritti ad un corso per export manager organizzato dal “De Marco”, poi una missione istituzionale, infine un gruppo di imprenditori in cerca di partner cinesi: nella New York d’Oriente, gemellata con Milano, i brindisini fanno buoni affari. E si possono avviare anche importanti collaborazioni

La delegazione del De Marco in visita a Shanghai. Sotto la delegazione istituzionale a NingBo

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La mia città di Barbara Branca

Niente zona Franca a Brindisi, l’ennesima opportunità perdutaSiamo stati superati da Lecce e Taranto, che avevano progetti migliori

Ventidue “zone fran-che urbane” all’interno di città grandi,

medie e piccole in 11 Regioni avranno diritto ad incentivi e agevolazioni fiscali e previ-denziali, per una cifra pari a 50 milioni l’anno, per nuove attività economiche, soprat-tutto piccole e micro imprese costituite entro il 2009. È il risultato della valutazione realizzata dal Dipartimento Politiche di Sviluppo del Ministero dello Sviluppo economico, tra 64 proposte in conformità ad una serie di indicatori di disagio socio-economico. Non può sfuggire a nessuno l’importanza per un Comune di ottenere la “zona franca urbana”. I vantaggi che trarranno le imprese che si andranno a localizzare in quelle zone non saranno pochi: esenzione dalle imposte sui redditi per 5 anni; esenzione dall’Irap, esenzione dall’Ici, esonero dal versamento dei contributi previdenziali. Allora, quale migliore occa-sione da cogliere per favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane della città di Brindisi, caratterizzate da disagio sociale, economico e occupa-zionale.Quale migliore e concreta occasione!Ma parliamo di Brindisi, città

che forse non ha aree urbane disagiate, non avverte la crisi economica, non ha il pro-blema della disoccupazione.Tanto è vero che la Regione Puglia, che ha verificato le istanze pervenute dai diversi Comuni, ha ritenuto che Brin-disi “non possiede i requisiti“ per essere inclusa tra le città sede di zona franca urbana (Zfu). Ma come mai Brindisi non possiede i requisiti richiesti? Forse è una delle città più sviluppate d’Italia? Ha forse estese aree industriali densa-mente popolate da imprese, porti ed aeroporti intasati da aerei, navi e merci? Forse i brindisini non sanno di essere tra i cittadini più fortunati d’Italia per abitare in una città con alti tassi di occupazione.

tavole rotonde che con i finanziamenti comunitari i nostri amministratori hanno organizzato in questi ultimi anni, durante i quali si è favo-leggiato di “grandi” accordi internazionali ed “importanti”

gliato: l’esistenza dei requisiti di ammissibilità del territorio comunale, l’esistenza dei requisiti di ammissibilità delle Zfu individuate e le modalità della relativa perimetrazione; il calcolo dell’Indice di Disa-

un’istanza sbagliata ha con-sentito al Comune di Brindisi di essere escluso da tale par-tita. Sapete perché la nostra città è fuori? Perché, ironia della sorte, la scelta dell’area da parte degli amministratori è ricaduta in una zona che presenta un tasso di disoccu-pazione inferiore alla media del tasso di disoccupazione comunale. Un’area fortunata e non meritevole di aiuto! Il Comune di Brindisi ha scelto proprio la zona meno adatta per ottenere questo impor-tante risultato. È inutile chiedersi come questo è potuto accadere, di chi siano le responsabilità, ma una cosa è certa: questo territorio continua a pagare della superficialità della classe politica che lo governa. Tutto ciò produce effetti nega-tivi concreti: tante imprese sarebbero potute nascere, tanti disoccupati avrebbero potuto finalmente trovare un lavoro, la città avrebbe potuto ricominciare a sperare. Non sarebbe stata solo una spe-ranza ma un’opportunità che i nostri vicini leccesi e tarantini (quelli del famoso Grande Salento) hanno saputo cogliere. Eppure i parametri cui fare riferimento per pre-sentare le candidature delle città, nelle quali ospitare le ZFU, erano noti da tempo. Un’altra sconfitta per una città che avrebbe bisogno di fiducia e di riacquistare un orgoglio oramai perduto.

OPINIONI

“Questo territorio continua a pagare

le colpe della superficialità della classe

politica che lo governa”

Se non ci sono i parametri, non è colpa di nessuno, non si rientra in quest’importante sperimentazione! La realtà della nostra città purtroppo non è questa. Tante volte basta fornire informazioni inesatte per far emergere verità diverse. Per capire come questo accade basta aver partecipato agli innumerevoli convegni e

progetti di sviluppo fra “fanto-matiche” aree integrate. Tutto questo, naturalmente sulla carta. Anche il caso delle “zone franche perse”, rientra in questo modo di ammini-strare la città.Il Comune di Brindisi ha ela-borato la propria proposta progettuale tramite la predi-sposizione di uno specifico documento in cui ha detta-

gio Socioeconomico (Ids); i motivi sottesi all’individua-zione delle Zfu proposte; le modalità di gestione del progetto; eventuali ulteriori programmi e progetti di riqua-lificazione e potenziamento delle aree individuate. Ha provveduto, peccato che lo abbia fatto non corretta-mente. La presentazione di

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ECONOMIA

Si scrive eolico. Si legge Grande Affare. Il più grande affare al momento in giro per Brindisi, insieme all’investimento

della Sfir e dopo il carbone dell’Enel e tutto ciò che ruota intorno al rigassifi-catore. Ormai sembra una condanna: i soldi, quelli veri, per questa città, arri-vano solo dall’energia. E anche l’energia pulita può diventare l’occasione per guadagnare tanti soldi. Soldi a palate, dalle pale eoliche. Un affare che al momento si contendono soprattutto due pretendenti: l’Enel (che vorrebbe instal-lare 23 pale) e la Puglia Wind Energy, società che fa capo al presidente di Confindustria Massimo Ferrarese e al suo più che probabile successore Giuseppe Marinò. I due hanno presentato progetti per l’installazione di ben 59 impianti. Dietro di loro tanti altri pretendenti, italiani ed esteri: Sorgenia (10), Re Wind (13), Er Gesa Eolica (20), Vulcangas (12), Gamesa (25), Greenco (25), Crea (18), Kgs (7), Conserfrutta (23), Baltic (35), E Inprogest (14), Enertec (32). In tutto farebbero 303 pale.Ma Wind Puglia ed Enel hanno presen-tato i progetti per primi, e chiedono

una corsia preferenziale. Solo che il Piano regolatore per gli impianti eolici (Prie) elaborato dal’assessorato all’Ur-banistica del Comune di Brindisi, primo Comune in Italia a dotarsi di un Prie, prevede “solo” 152 pale. Dunque sarà la Regione a dover sforbiciare gli impianti in eccesso, eliminando quelli previsti in aree dove non è consentito instal-lare questo tipo di impianti, oppure “tagliando” le parti dei progetti che si sovrappongono. Enel e Puglia Wind sulla carta sarebbero concorrenti, ma è difficile pensare ad una guerra, visti i rapporti attuali tra i due gruppi: Enel è sponsor ufficiale della New Basket Brindisi, di proprietà di Ferrarese, con vicepresidente Marinò.Dunque non ci sarà nessuna guerra. E

a breve infatti dovrebbe esserci il via libera per le prime 45 pale eoliche, che poi era il numero inizialmente previ-sto dall’ufficio urbanistico.Per chi si sta chiedendo cosa si guadagna a posi-zionare una pala eolica, basta fornire un solo dato che la dice lunga sulla quantità di denaro che circola dietro questo affare: al Comune, per ogni torre, vanno circa 100mila euro, quindi nel giro di un paio d’anni dovreb-bero piovere su Palazzo di Città più di 15 milioni di euro. Le aziende autorizzate, se intendono davvero piazzare le pale, dovranno sob-barcarsi per ognuna di esse una spesa di circa un milione di euro, e poi guadagnare a lungo termine attravero la produzione di energia e la vendita all’Enel dei “certificati verdi” (necessari ad Enel per poter continuare a bruciare carbone). Ma l’azienda autorizzata può tranquillamente decidere di non effettuare gli investimenti e di far cassa subito, rivendendo l’auto-rizzazione e tirando su camionate

TUTTE LE NOTIZIE SONO SUL SITO WWW.URBANISTICA-BRINDISI.IT: UN RARO ESEMPIO DI TRASPARENZA AMMINISTRATIVA.

di soldi: ogni autorizza-zione quota attualmente

sul mercato circa 300mila euro.Puglia Wind, se doves-

sere ottenere le 59 autorizza-zioni, si ritroverebbe con una cassaforte potenziale di oltre 17 milioni di euro. La Baltica, per 35 impianti, oltre 10 milioni. Le 152 pale eoliche sorgeranno a Cerano, in contrada Jaddico, sulla strada per San Vito dei Normanni, in contrada Torre Rossa (Tuturano). Insomma tutt’intorno alla città, ma preservando la fascia costiera. Quanto ai tempi, potrebbero allungarsi, perché la palla ora ce l’ha la Regione, che dovrà procedere ai tagli. Ma a Bari si va incontro alla campa-gna lettorale, e tutto si blocca. E chissà che l’argo-mento non diventi

un pretesto di batta-glia politica.

IL GRANDE AFFARESi chiama Eolico. A Brindisi potranno essere installate 152 torri. Ma sono stati presentati progetti per ben 303 pale. In pole position la Puglia Wind di Ferrarese e Marinò. E poi l’Enel...

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Dopo lunghi tempi di magra arriva final-mente qualche buona notizia per il porto di Brindisi. Nei giorni

scorsi il ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Altero Matteoli, ha decretato l’allargamento dell’area portuale, esten-dendola dal limite di Capo Bianco fino a Cerano, motivando la decisione con la necessità di favorire lo sviluppo econo-mico, l’aumento dei traffici e la crescita dei livelli occupazionali. Una decisione attesa da tempo negli uffici dell’Autorità portuale, che il presidente Giuseppe Giurgola ha accolto con sommo piacere, definendola «il presupposto per ridi-segnare il nuovo porto di Brindisi, illu-strato nel Piano di riqualificazione e svi-luppo, che mira a delocalizzare a Sud gli ormeggi delle navi carbone dell’Enel». Costa Morena, liberata dal traffico indu-striali, potrà finalmente diventare un ter-minal container, cioé quello che finora non è mai stato, a parte le promesse di un tizio chiamato Salucci, rimaste solo sulla carta, al contrario dei milioni di euro incassati, che erano sì di carta, ma utilizzabile.Con un nuovo porto ed un terminal con-

tainer degno di questo nome, Giurgola pensa di poter collaborare e lavorare “in rete“ con i porti di Trieste , Durazzo, e con uno scalo greco. Quello delle merci è un gioco che merita di essere giocato: si stima infatti che nei prossimi 10 anni si passerà dagli attuali 33 milioni di teu ad 80 milioni di teu movimentati nel Mediterraneo. L’Autorità portuale spera di riuscire ad intercettarne almeno due milioni e mezzo. Il che vorrebbe dire dare finalmente slancio al traffico delle merci, che oggi vede passare da Brindisi appena 150mila container l’anno. Un traffico che potrebbe di colpo essere raddoppiato, se una importante com-pagnia di Singapore, a fine dicembre, confermerà il proprio interesse per lo scalo brindisino, per farne il suo hub nel

Mediterraneo.Intanto Giurgola si gode i dati confor-tanti che si riferiscono alla movimen-tazione di passeggeri, auto e merci nel porto di Brindisi nel mese di settembre e, più in generale, nei primi nove mesi dell’anno. A settembre del 2008 sono transitati nel porto di Brindisi 45.553 passeggeri rispetto ai 42.089 dello scorso anno, con un aumento dell’8%. Gli autoveicoli in transito sono stati 9.283 (più 15%) ed i Tir 9.103 (più 41%). Aumenti che riguar-dano indistintamente i collegamenti con l’Albania (dove si registra l’incremento più evidente), la Grecia e la Turchia. Il dato complessivo dei primi nove mesi dell’anno, invece, evidenzia un aumento del 27% nel traffico passeggeri (451.705 rispetto ai 355.061 del 2007), del 19% in quello di autoveicoli (83.925 rispetto ai 70.333 dell’anno scorso) e del 46% nei Tir (72.854 rispetto ai 50.009 del 2007). Anche in questo caso l’au-mento è generalizzato su tutte le tratte. In aumento anche le merci movimen-tate (8.406.136 tonnellate rispetto a 8.018.769 tonnellate dei primi nove mesi dello scorso anno). Tale aumento riguarda i prodotti petroliferi, i combu-

ORA SI PENSA DI SPOSTARE A SUD IL MOLO CARBONIFERO, LASCIANDO A COSTA MORENA SOLO IL TERMINAL CONTAINER. IN ATTESA DI NUOVI TRAFFICI

stibili fossili, i prodotti alimentari liquidi, e merci chimiche varie. “I dati sono decisamente soddisfacenti – afferma il presidente dell’Autorità Portuale di Brindisi Giuseppe Giurgola – e confermano che siamo sulla buona strada per una ripresa consolidata del porto. In questo sforzo siamo affian-cati da tutti gli operatori portuali che credono nelle potenzialità di questa infrastruttura che diventa giorno dopo giorno sempre più strategica nei flussi di traffici internazionali”. A consolidare questi aumenti è stato sicuramente il caro petrolio, che ha dirottato su Brindisi parte dei traffici diretti ad Ancona e Bari.

...E IL GRANDE PORTOIl ministro Matteoli amplia il raggio d’azione dell’Autorità portuale fino a Cerano. Mentre il caro petrolio fa tornare qualche armatore. E Giurgola può finalmente presentare dati positivi. In attesa che da Singapore...

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Le dita nel naso di Dario Bresolin

Il cortile del Palazzoe il dono dell’Enel alla cittàLo sponsor al basket va (quasi) bene, ma perché non solleticare le altre industrie?

Il cortile del palazzo e la povera gente che si raccoglie a lato della scala, sotto una sorta di balcone, in attesa

che il Marchese Onofrio del Grillo getti giù le monetine ai suoi sud-diti. Quella scena mi ha sempre infastidito e forse per questo mi è rimasta impressa, anche perché le monetine erano “bollenti” e la povera gente, pur di pren-derle, era disposta a bruciarsi e farsi prendere anche in giro dal “signore” dell’epoca. Un rito quotidiano.Rivediamo la scena: il marchese, il balcone, la povera gente, l’ele-mosina, le monetine bollenti, il ghigno del “signore”. In effetti, se quei poveracci non avessero avuto bisogno anche di quelle poche monetine non sarebbero andati a farsi prendere in giro dal marchese.Quando, poche settimane fa, i giornali hanno dato la notizia che Enel sarebbe stata lo spon-sor della Pallacanestro Brindisi, non so perché mi sia venuta in mente quella scena di quel film. Pare sia passato il messaggio che “due milioni di euro in tre anni” per supportare un team sportivo serio, qualificato e per di più vincente sia in realtà un “dono” di Enel alla città. Ho fatto due conti e ho scoperto che, tutto sommato, tra squadra, tifosi ed indotto si possono contare al massimo cinquemila persone. Facciamo questa divisione: 2.000.000 / 15.000 = Euro 133,33. Questo è quello che tecnica-mente si chiama “costo contatto” per una operazione di sponsoriz-zazione. Una cifra, almeno tec-nicamente, inaccettabile perché spropositata.Facendo i conti della serva,

mi rendo conto che da questo “dono alla città” rimarrebbero fuori circa 75.000 persone, che sempre cittadini sono. Se solo queste persone fossero tutte tifose di qualcosa, Enel avrà forse dimenticato di “donare qualcosa” a quelli del calcio, della scherma, del tae-kwondo, dell’atletica e via dicendo. E parliamo solo di sport. Che Enel sia per Brindisi un “soggetto industriale” di importanza rilevante è un dato inconfutabile. Si pensi che se non ci fosse la movimentazione del carbone, la materia prima che Enel usa per produrre energia, non sarebbero stati raggiunti i minimi di legge del traffico merci per la costituzione dell’Autorità Portuale di Brindisi. Quindi, il “dono” di Enel alla città, così tanto sbandierato, in realtà è solo un “dono” al mondo della pallacanestro, e certamente non tutta. Scelta frettolosa? Errore strategico? Una risposta che comunque andava data?

po’ mi offende, il fatto di dover andare a chiedere qualcosa a qualcuno. Fui favorevolmente colpito, in uno dei tanti incontri che la LNG, un po’ in ritardo, organizzò per incontrare i citta-dini, dalla dichiarazione dell’Ing. Battistini, oggi non più dirigente

“soggetti industriali” dei vari poli (energetico, chimico ed aerospaziale) ad allinearsi a tale atteggiamento? Credo che negli ultimi decenni il rapporto tra città ed industria sia stato gestito in un clima che vedeva solo due tipologie di soggetti:

delle situazioni. Non lo dico per puntare il dito contro qualcuno. Lo dico perché oggi si vive la consapevolezza di aver scelto strategie di interlocuzione, di aver combattuto e non dialogato, con la mancanza di quel sentire “politico” che avrebbe da subito garantito una parità di dignità agli interlocutori. E ciò che mi allontana da tali soggetti politici è il fatto che ancora si continui a “chiedere soldi” con l’atteggia-mento tipico di chi, a capo chino, è lì esclusivamente per batter cassa.

Oggi è il tempo giusto per rivedere i rap-porti, di essere anche un po’

più presentabili nei confronti dei grandi gruppi industriali che, diciamocela tutta, fanno i “fatturati” loro senza che tale “ospitalità” venga ricambiata in alcun modo. E questo vale di certo anche per le banche.Desidero esser chiaro fino in fondo. Ciò che io definisco “ospi-talità” non c’entra nulla con la caratterizzazione degli impianti di queste aziende, con i loro rispettivi (dimostrati o no) rischi ambientali, con le emissioni di sostante pericolose o cose simili. Questo è tutt’altro discorso che merita tutt’altra trattazione. E per questo ci vogliono gli esperti.Pari dignità e gente di qua-lità, che è forse anche quello che chiedono gli interlocutori industriali. E una indiscutibile chiarezza di intenti, strategie e procedure. Per chiudere, e mi viene da ridere, ricordate che lavoro faceva il povero “sosia” del Marchese del Grillo, tale Gaspe-rino? Già, il “carbonaio”.

OPINIONI

“Una operazione che mi ricorda la povera

gente che attende le monetine bollenti

lanciate dal Marchese del Grillo”

Particolari rapporti che abbiano favorito l’operazione? Sono domande alle quali non posso essere io a fornire una risposta perché non ne ho com-petenza. Non capisco infatti nulla di sport. Mi chiedo come possiamo adesso organizzarci noi altri 75.000, sotto quale balcone riunirci e a quale “signore” chiedere le monetine bollenti. Ovviamente, lo dico in senso ironico.Innanzitutto mi disturba, e un

a Brindisi, che fece un ragiona-mento che filava liscio liscio.“Noi stiamo per realizzare qui a Brindisi un impianto che ci garantirà, anno dopo anno, importanti guadagni e siamo certi di dover rimanere qui per almeno trent’anni. Ecco perché noi ci diciamo disponibili a realizzare un “qualcosa” che sia per la città: una scuola, un parco giochi, un teatro… un qualcosa che sia per tutti”.Perché allora non solleticare i

i deboli e i forti. La colpa è da attribuirsi soprattutto all’azione spesso sconsiderata, approssi-mativa e certamente per nulla “politica” di alcuni “politici” del territorio. Con Enel, ad esempio, qualcuno prima o poi firmerà quelle “convenzioni” che, oramai “per convenzione” non sono forse nemmeno più sul tavolo di chi decide. Comprendo anche l’imbarazzo di queste grandi aziende a rapportarsi con inter-locutori non sempre all’altezza

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I POSTER DI TB

FABIO MOSCELLI

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MARCUS HATTEN

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I POSTER DI TB

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SOLDI

APier Paolo Cito la città stava stretta. Quando collaborava con i giornali locali si vedeva che non era quella la sua dimensio-ne ideale. E cercava con tutte le

energie di ottenere qualcosa in più. E poiché, oltre che bravo, è sempre stato testardo, alla fine ce l’ha fatta. Oggi, a 45 anni, è uno dei più affermati fotoreporter a livello mondiale. Per conto del-l’agenzia Associated Press (la più vecchia e la più grande agenzia giornalistica al mondo) segue il Papa nelle sue missioni nazionali ed internazio-nali, ma viene spesso inviato in Medio Oriente. Le sue foto sono apparse sui giornali più prestigiosi del mondo: dal New York Times al Paris Match, dal Time a Newsweek. I premi ricevuti non si contano più, e nel suo curriculum c’è perfino la candidatu-ra alla finale del premio Pulitzer nel 2007. Da anni Cito vive a Roma, e finalmente oggi la sua città Natale gli regala un doveroso tributo, la mostra “Finestre di pace, finestre di guerra”, inaugurata lo scorso 18 ottobre a palazzo Granafei-Nervegna: 82 scatti di Cito e del suo collega francese Michel Collet, che sarà possibile ammirare fino al 30 novembre. Scatti in cui l’uomo non è mai l’unico protagonista della foto, ma lo sono anche i piccoli oggetti o i particolari inquadrati. Il risultato è che i due fotoreporter rendono visibile anche ciò che normalmente non si vede o sfugge all’occhio di chi guarda. Queste 82 foto raccontano storie, drammi, emozioni. Insomma la vita quotidiana, così come scorre in vari angoli del mondo.

FINESTRE DI PACE E DI GUERRAUna grande mostra rende omaggio al fotoreporter brindisino Pier Paolo Cito, fotografo tra i più apprezzati al mondo. Ottantadue scatti, in esposizione a palazzo Granafei-Nervegna fino al 30 novembre

DIRITTI & DOVERI di Emilio Graziuso

I vostri risparmi? Tranquilli, tranquilli...“I risparmiatori possono stare tranquilli non perde-ranno nemmeno un euro!” è stata l’esternazione degli Istituti di credito nelle ore calde della crisi, mentre l’Unicredit crollava in Borsa rischiando di finire nelle mani della spagnola Santander.“Siamo pronti ad adottare misure in difesa di banche e piccoli risparmiatori” affermava, dal canto suo, il Presidente del Consiglio dei Ministri.Come sono bravi i nostri rappresentanti politici e le banche, come sono buoni, come sono trasparenti, come sono pronti a rassicurare i consumatori, in un momento di crisi finanziaria senza precedenti dal dopoguerra ad oggi.Ma a quali misure di difesa si riferiscono? Forse a quelle (non) adottate durante i crack della Cirio o della Parmalat o dell’Argentina? O a quelle (non) adottate all’indomani dello scandalo della Banca 121? Come intendono tutelare i migliaia di consuma-tori che hanno visto andare in fumo in poche ore i risparmi di una vita avendo investito in obbligazioni, fondi comuni e polizze index linked?Ma cerchiamo di essere seri, la verità è che c’è poco da stare tranquilli!Come rappresentante di una Associazione dei con-sumatori sento il dovere di aprire gli occhi ai rispar-miatori, senza con questo voler creare inutile allar-mismo, ed invitarli a non credere più alle favole.Molti titoli e polizze, infatti, non soltanto sono a rischio ma, come quotazione, sono, ormai, colati a picco.

Mentre, però, i titolari di obbligazioni e/o azioni pos-sono facilmente rendersi conto se i titoli presenti nel loro portafoglio stanno subendo delle perdite o meno e, quindi, decidere se intraprendere delle azioni per la salvaguardia dei propri diritti, molto più difficile è la situazione per i possessori di polizze index linked.Queste ultime, infatti, pur essendo state vendute, in molti casi, come innocue polizze vita, complice anche una modulistica contrattuale non certo traspa-rente, lungi dall’essere delle polizze assicurative nel senso classico del termine, sono, di fatto, dei veri e propri investimenti finanziari privi di garanzia alcuna per il capitale, essendo direttamente collegati all’an-damento del valore di un indice azionario o di un altro valore di riferimento.Di conseguenza, se il titolo va bene il consumatore avrà un guadagno, se, invece, il titolo è in perdita il capitale investito subisce un decremento.Al risparmiatore conviene, quindi, piuttosto che aspettare provvedimenti “salva capitale”, che dubito arriveranno mai, far valere i propri diritti.La magistratura, infatti, ha dimostrato, negli anni appena trascorsi caratterizzati dal cosiddetto “rispar-mio tradito”, fenomeno, a quanto pare, non esauri-tosi, di essere molto attenta alle istanze dei cittadini, di valutare se la norrmativa è stata rispettata dalle banche e di non esitare ad infliggere, qualora, ovvia-mente, ne ricorrano gli estremi, sonore condanne agli Istituti di credito.

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IDEE

PROPOSTA N. 2UNA CITTÁ

DA AMMIRARESi può rendere Brindisi più attraente con delle opere d’arte?

In molti altri comuni d’Italia e del mondo è già accaduto. A Dozza, in Emilia Romagna, con i dipinti sui muri.

A San Benedetto del Tronto, nelle Marche, con le sculture nelle piazze. A Lione, in Francia, semplicemente con dei finti segnali stradali

Avolte non servono grandi rivoluzioni urbanistiche per rendere più attraente una città. Basta saper

conservare quello che si ha. Oppure sfruttare l’arte, in tutte le sue forme. I murales, per esempio. Oppure le scul-ture, classiche o moderne che siano. Fino a delle vere e proprie trovate di genio, come quella che hanno avuto a Lione, dove la città è stata invasa da decine di falsi segnali stradali. Ecco qualche esempio di interventi urbani-stici che non hanno richiesto investi-menti miliardari ma hanno abbellito borghi e città. La speranza è sempre la stessa: che al Comune qualcuno ci legga. E prenda spunto.Dozza, Emilia Romagna.Dal 1960, in questo piccolo borgo medievale situato tra Imola e Bologna, ogni due anni si svolge a settembre la Biennale d’Arte del “Muro Dipinto”. Nei giorni della manifestazione è possibile vedere gli artisti che dipin-gono “dal vivo” i muri di questo centro storico conservato come se fosse il più prezioso dei gioielli. L’arte si fa paesaggio urbano ed arreda i muri delle case, le stradine, le piazze, dando nuova luce ad ogni angolo ed aprendo suggestioni improvvise. Dal 1960 ad oggi la Biennale si è sempre più qualificata ed ha visto la parteci-pazione di importanti maestri della

pittura, tra i quali Matta, Saetti, Licata, Brindisi e tanti altri. La rassegna ha abolito premi e graduatorie per puntare tutto sul primato dell’artista. Risultato: oggi il borgo medievale è il più bel museo a cielo aperto d’Italia, con oltre 90 affreschi che impreziosi-scono le facciate delle case. Da qual-che anno vengono effettuate sessioni di restauro delle opere per garantirne una migliore conservazione. Alcuni “strappi” degli affreschi sono conser-vati nella locale Pinacoteca, allestita all’interno della Rocca, dove ha sede anche l’Enoteca Regionale dell’Emilia Romagna. Se capitate da quelle parti, fateci una capatina. Ma l’Italia è piena di paesi e città che hanno seguito la strada di Dozza, tanto che da alcuni anni è attiva l’Associazione italiana paesi dipinti, che riunifica tutti i centri in cui si tengono iniziative di questo genere. www.fondazionedozza.itwww.paesidipinti.itSan Benedetto del Tronto, Marche.Qui invece egnaliamo il progetto di riqualificazione del tessuto urbano, in particolare dell’isola pedonale, ribat-tezzata “L’isola dall’arte”. Un progetto avviato dal Comune nel 1998 con la mostra di Ugo Nespolo e con la realiz-zazione di due sculture monumentali dello stesso artista e dell’americano Kostabi. L’attenzione prestata nei con-fronti della scultura contemporanea è

continuata nel 1999 grazie alla instal-lazione di altre due opere di Salvo (un piccolo elefante in bronzo) e di Ugo Nespolo (una fontana in bronzo). Sempre in tema di sculture, se proprio si vuole strafare e si ha a disposi-zione un budget più elevato, allora si potrebbe prendere spunto dalle decine di città sparse per il mondo (Milano compresa) che si sono affi-date a Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen, la coppia svedese-olandese che da trent’anni collauda la pop art urbana, invadendo piazze e parchi con sculture gigantesche, alte fino a venti metri, ispirate a oggetti ordinari: biciclette, ago e filo, birilli da bowling, coni gelato. A Shanghai invece hanno scelto delle sculture in bronzo a misura d’uomo.www.comune.san-benedetto-del-tronto.ap.it.www.oldenburgvanbruggen.comLione, Francia“Panos 2013 Fake Streetsigns” è un progetto di arte collaborativa realiz-zato con l’aiuto di artisti provenienti da ogni parte del mondo, che hanno disegnato falsi segnali stradali, tra-sformando le strade di Lione in una enorme galleria senza muri.I segnali rossi e bianchi sembrano reali, ma sono talmente bizzarri da attirare l’attenzione e far sorridere. Davanti ad alcuni di loro, i più origi-nali, la gente si ferma a riflettere per

In alto, colonna sinistra, tre sculture di

Oldenburg e Van Bruggen. Qui a lato

due dipinti a Dozza. Nell’altra pagina

alcuni segnali stradali di Lione, una

installazione a Shan-ghai e un graffiti rea-

lizzato col muschio.

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qualche istante.Un progetto originale, poco costoso, ma pieno di “sense of humor”, diver-tente per grandi e piccoli.La prima edizione di Panos Fake Streetsigns risale al 2004. Quella di quest’anno si inserisce nell’ambito delle iniziative a sostegno della can-didatura di Lione a capitale europea della cultura 2013. Ma dietro Panos c’è l’invito a prestare maggiore attenzione agli oggetti quotidiani che troppo spesso diamo per scontati, segnali stradali e semafori compresi.www.bopano.comGraffiti d’erbaInfine segnaliamo Mossenger, un gioco di parole tra moss (muschio) e “messenger” (messaggero): è un pro-getto di arte urbana di Anna Garforth, ex graffitara, che ora scrive sui muri con il muschio.www.crosshatchling.co.ukQuanto costa tutto ciò?Poco, o comunque non tantissimo. Iniziative come quelle di Dozza e di

tutti gli altri paesi d’Italia che dipin-gono i loro muri, sono a basso costo e attraggono turisti da ogni dove. Non solo: contribuiscono a rivitalizzare e recuperare anfratti di centri storici mal tenuti o sconci. Un itinerario di dipinti d’autore lungo le stradine del centro storico di Brindisi sarebbe un bell’in-vito ad andare oltre i corsi principali della città. Ma anche le sculture, a ben vedere si possono trovare a buon mer-cato: diciamo dai 15 mila euro in su.Soldi che si potrebbero facilmente reperire con i fondi dell’Area Vasta. Con i milioni di euro che sono stati buttati in concerti squallidi e altre iniziative deprimenti negli ultimi 10 anni, avremmmo potuto abbellire con sculture (classiche e contemporanee) quasi tutte le piazze ed i pochi giardini della città. Quanto ai falsi segnali stra-dali, cose del genere accadono solo nelle città con amministratori al passo coi tempi, che si circondano di consu-lenti competenti e con qualche idea. E non è il caso di aggiungere altro.

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ALTRI MONDI

DIARIO DI VIAGGIO

MILAN CLUB DAMASCOAmman, Damasco, Petra. E poi i volti, i colori ed i profumi di una terra incredibile.di Giovanni Antelmi

Il report che leggete in queste pagine è stato scritto nella primavera del 2004 per brundisium.net su istigazione di Oreste Pinto ed Angela Gatti. Viene riproposto in-tegralmente, con alcune correzioni riguardo a prezzi ed indirizzi non più attuali. TB Magazine inaugura così la propria sezione dedicata al viaggio che è aperta al contribu-to dei lettori: aspettiamo foto e racconti che potete inviare a [email protected].

Prologo (novembre 2003)Non tutti i mali vengono per nuocere. Mi han-no licenziato, ma per fortuna trovo immedia-tamente un nuovo lavoro e, cosa importante, lascia uno prendi l’altro, ho tre settimane di tempo per fare un bel viaggio. Da solo. Era da tanto che volevo fare un viaggio da solo (forse prima non avevo mai avuto abbastanza coraggio) e questa sembra proprio essere la volta buona. Devo soltanto scegliere la meta e la Patagonia con i suoi spazi enormi bene si adatta ad un viaggio in solitudine. Niente da fare: non si trova un volo per Buenos Aires neanche a pagarlo a peso d’oro. Ed allora mi viene in soccorso il mio vecchio lavoro, che a forza di farmi andare avanti e indietro per mi-nisteri romani, mi ha lasciato in eredità una bella quantità di “miglia Alitalia”. Per farla breve riesco ad avere gratis un biglietto aereo Brindisi- Milano-Amman (e ritorno). “Che ci vai a fare lì?! C’è la guerra!”. Mi pren-do un sacco di male parole ed i più buoni mi danno del pazzo. Non mi convincono e finalmente si parte: destinazione Giordania e Siria.Amman L’unica cosa che ho prenotato dall’Italia è una camera all’Hisham Hotel. L’aereo arriva tardi e non ci sarebbe né tempo né voglia per mettersi in giro, così su internet ho scelto quest’albergo: una notte, poi si vedrà. L’Hisham Hotel diventa la mia casa ad Am-man, grazie alla gentilezza a volte disarman-te del suo proprietario palestinese (il signor Hisham, appunto) e di tutto il personale. Dopo poche ore di soggiorno scopro che, in pratica, l’Hisham è la base per i corrispon-denti di guerra che vanno e vengono da Ba-gdad, tant’è che la signorina della reception al mio arrivo, scambiandomi per chissà chi, mi chiede: “Viene da Bagdad”? Ed io: “Vera-mente vengo da Ostuni …”.Amman è una città brutta ma in posizione strategica. Partendo da qui si possono visi-tare in giornata alcune tra le mete più belle della Giordania (Jerash, Madaba, il Mar Mor-to...) ed alla fine per un motivo o per l’altro ci trascorro diversi giorni. Nella capitale la cosa che più mi piace fare è gironzolare per i locali di Abdoun Circle, dove la gioventù di Amman si riversa dalle sei del pomeriggio in poi per bere qualcosa, chiacchierare e, soprattutto, fumare il narghilè. La prima volta che entro in un caffè sono armato di libri e taccuini per “nascondere” la mia solitudine: non faccio in tempo ad usarli. Dopo nemmeno un minuto i vicini di tavolo mi rivolgono il classico “Where are you from?” per poi invitarmi a bere qual-cosa insieme. Sarà così per tutto il viaggio.Deserto

Il tour nel sud della Giordania parte da Aqaba, brutta come Amman, soltanto più calda. De-cido subito di scappare via verso Wadi Rum, il deserto di Lawrence d’Arabia. Il gran pro-blema per chi viaggia da solo è organizzare escursioni: per una persona costano troppo. Gira e rigira ne trovo una conveniente. Partia-mo in jeep (io, l’autista e la guida), una trenti-na di chilometri su strada asfaltata, altrettanti su pista per poi uscirne e addentrarci nel de-serto. La questione è che invece di girare a destra, la jeep va a sinistra. Una ragazza ad Aqaba mi aveva avvisato: “Stai attento che c’è chi ti porta dalla parte sbagliata”. È il mio caso. Mi guidano a visitare posti insignifican-ti e dopo le mie insistenti richieste di vedere questo e quello rispondono prima “later” e dopo “Inshallah”. Sono sempre più incazza-to. L’apice lo raggiungo quando arriviamo in un accampamento lontanissimo dalla Wadi Rum Protected Area che mi viene presentato come il campsite dove avremmo trascorso la notte. È la fine e decido di andare via. Dove non lo so, però me ne devo andare. Guida e autista cercano di trattenermi in ogni modo, forse anche preoccupati dalle mie minacce di denuncia alla temuta Tourist Police, ma la decisione ormai l’ho presa. Zaino in spal-la, uno sguardo veloce alla mappa e inizio a camminare, credo, verso il Rum Village. Dopo un’ora di cammino raggiungo una strada asfaltata. Non passa un cane. Ed è allora che pronuncio quella frase che tutti quelli che partono temono di dover pronunciare prima

o poi: “che ci faccio qui ?”. Il santo protettore dei turisti/viaggiatori (ma chi è?) mi viene in soccorso facendo casualmente transitare dal-le mie parti un beduino con la sua scassata jeep. Parla solo arabo, ma capisce che uno come me può andare solo al Rum Village e, dopo mezz’ora di sballottamenti e dialoghi surreali, mi scarica davanti al Visitors Centre.Ho ancora qualche ora di sole a disposizione e provo a salvare la giornata. Contratto ra-pidamente con un autista e via nel deserto: Lawrence’s Spring, Wadak, Al-Qsair, Jebel Umm Fruth, Jebel Khazali. Che bello! Wadi Rum non delude le mie aspettative e la luce del tramonto esalta ulteriormente un luogo straordinario. Abou, il mio autista, si prende un bel po’ di pacche sulle spalle e dimentico in fretta le recenti disavventure. Sulla via del ritorno ci fermiamo a prendere un tè nell’ac-campamento di Zedan, un simpatico bedui-no che organizza safari nella zona. Faccio amicizia con quattro ragazze slovene che mi invitano a restare con loro, così lascio libero Abou e decido di trascorrere la notte nel “Be-douin meditation camp”. Ci sono due coppie di tedeschi, un italiano (io), un francese, un inglese (sembra una barzelletta!) e, natural-mente, le quattro slovene. Tra balli e racconti l’atmosfera sotto la tenda diventa subito fami-liare, calda, nonostante la temperatura fuori si abbassi vertiginosamente. Dopo qualche ora siamo tutti abbastanza stanchi e brilli e così c’infiliamo sotto le abbondanti coperte fornite dagli aiutanti di Zedan.

Alle tre di notte mi sveglio. Devo fare pipì. Tiro fuori la testa dalle coperte per uscire, ma cambio subito idea: fa troppo freddo. La farò dopo, penso. Ma lo stimolo diventa talmente forte che rischio di farmela addosso. Allora, al buio, metto sopra tutto quello che trovo ed esco. La faccio tutta. Proprio tutta. Posso rientrare in tenda anzi, sono quasi in tenda, quando mi accorgo di qualcosa di strano, di una luce particolare che c’è nell’aria. Ed è allora che alzo la testa ed assisto ad uno spettacolo fantastico: migliaia e migliaia di stelle, tante quante non ne ho mai viste in vita mia, vicinissime. Non sento più il freddo e resto imbambolato a guardare il cielo. Nel frattempo si è svegliato Zedan che accortosi della mia sorpresa sorride soddisfatto. Qual-che minuto ancora e tocca al francese e poi a due delle slovene; alla spicciolata arrivano praticamente tutti. E tutti restiamo lì, in silen-zio, frastornati, con il naso all’insù. Petra“Vedrai, Petra è bellissima, ti piacerà” è il ri-tornello che mi sono sentito ripetere da chi c’era già stato. Nonostante sia preparato, però, la sorpresa è comunque tanta. È vero: bisogna vederla per poterci credere.La giro da capo a piedi per tre giorni, dal percorso classico agli itinerari più insoliti. Decido di non utilizzare guide e faccio tutto da solo, mappa alla mano, avventurandomi per i sentieri più nascosti. Mi perdo spesso, ma perdersi dentro Petra è la cosa migliore che si possa fare.

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A Petra, poi, incontro gli occhi più belli di tutto il viaggio: sono quelli di Fereal, ragazza beduina che vende souvenir sull’Altura del Sacrificio. Con Fereal trascorro in pratica una giornata; lei lascia il negozio alla sorella e mi accompagna al Monumento del Serpente, io in cambio sono obbligato a raccontarle usi, costumi ed abitudini della gioventù occi-dentale. A fine escursione rifiuta categorica-mente qualsiasi compenso, né accetta che io compri qualcosa da lei. “Ormai siamo amici” mi dice, regalandomi una piccola scatola scelta tra i suoi souvenir. La foto di Fereal sarà per sempre la copertina di questo mio viaggio. DamascoParto dall’Italia senza il visto per la Siria sia perché ho poco tempo a disposizione per prenderlo, sia perché ho letto da qualche par-te che può essere ritirato direttamente presso il consolato siriano ad Amman. Due foto, un modulo compilato, una lettera di presenta-zione dell’ambasciata italiana (rilasciatami tempestivamente) ed è fatta. Un corno! L’ad-detta allo sportello prende i miei documenti, gli dà uno sguardo veloce, me li restituisce, tira fuori un ghigno beffardo e dice: “You are not a resident. No Visa for you!”. Le mie proteste sono inutili, il visto non me lo fanno. Parto per il sud della Giordania convinto di dover depennare la Siria dai miei programmi, anche se al rientro ricordo il suggerimento di un funzionario dell’ambasciata italiana: “Ci riprovi”. Io ci riprovo, ritorno al consola-

to e, sarà perché non c’è più quell’antipatica dell’altra volta, ma mi danno il visto. In mez-z’ora sono sul primo bus per Damasco. Devo fermarmi quanto basta e poi proseguire verso Palmyra ed il nord.Con Damasco è amore a prima vista. Mi piace tutto: la città vecchia, le moschee, il souq, gli hammam (i bagni turchi) e, soprattutto, la gente. Insomma, indubbio vantaggio dei viaggi disorganizzati, invece dei due giorni previsti ci resto quasi una settimana. Il tempo sufficiente per istituire delle sane ed irrinun-ciabili abitudini, dalle passeggiate mattutine

nella città vecchia alla lettura nei cortili delle moschee, dal tè alla Jabri House al narghilè dell’Albal Cafè, dall’hammam al cantastorie (in un caffè alle spalle della Moschea Omay-yadi, tutti i pomeriggi alle cinque, puntuale come uno svizzero e rigorosamente in ara-bo). Appena arrivato faccio amicizia con Amir, gio-vane damascegno con un negozio nel centro storico. Sarà lui la mia guida nella Damasco by night, città sorprendente ed imprevedibi-le, dove è facile far cadere (per chi li ha) tutti i pregiudizi ed i preconcetti sul mondo arabo.

Il mio processo di “arabizzazione” si ferma domenica 14 dicembre di fronte al tifo per il Milan. C’è la finale di coppa intercontinen-tale contro il Boca e convinco il proprietario della Jabri House ad aprire un’ora prima per farmi vedere la partita via satellite. Sono da solo nella sala tv, ogni tanto si ferma qualche cameriere e, per cortesia, tifa Milan anche lui. Verso la fine dei tempi regolamentari, stranamente, aumenta in modo consistente il numero delle persone che entrano nella sala; guardano la tv sperando di vedere qualcosa che non c’è, poi cercano il telecomando (che intanto ho accuratamente occultato) e vanno via. Siamo ai supplementari, davanti alla tv si è formato un capannello impaziente, ma il telecomando non viene fuori. Rigori: il Milan perde, il telecomando riappare improvvisa-mente e tutti sono su Al Jazeera per vedere l’arresto di Saddam. Nel frattempo il Milan Club Damasco non sarà più fondato ed io de-cido di rientrare in Giordania. Il turista che è in me ha prevalso sul viag-giatore, potevo allungare la vacanza di una settimana ancora (la quarta), ma preferisco prendere la via del ritorno… Epilogo (marzo 2004)A casa, rovistando tra i miei appunti, ho rilet-to una frase di Pino Cacucci: “Da ogni viaggio sono tornato con il ricordo di qualcuno più che di qualcosa”. È proprio vero: Abou, Ze-dan, Fereal, Amir e tanti altri ancora, come potrò mai dimenticarli?

[email protected]

SUGGERIMENTI PRATICIGuide: Lonely Planet, sperimentate sul campo con successo per l’ennesima volta. Letture: “I baroni di Aleppo”. Dal genocidio armeno alla Siria di Assad, un secolo di storia dalle fi-nestre del più noto albergo del Medioriente, di Flavia Amabile e Marco Tosatti, Gamberetti editore; “Petra” di Fabio Bourbon, White Star (libro indispensabile per pianificare una visita della città).Ristoranti: In Giordania non si mangia tanto bene, fatta eccezione per la capitale dove, tra tutti quelli che ho provato, il migliore è il libanese Fakhr el-Din a Jabal Amman, da prenotare sempre (tel. 06/4652399 – 4641789); altro buon ristorante, decisamente più economico è il Jerusalem nel Downtown, giustamente famoso per il mensaf. In Siria il livello medio è decisamente migliore. Da non perdere ad Aleppo il Beit al-Wakil, presso l’omonimo hotel. Hotel: Una camera singola presso l’Hisham Hotel, costava 25 JDO (la doppia non ricordo); l’alber-go è “normale”, ma tutto il personale è gentilissimo; per informazioni mandate una mail a [email protected]. Bello ad Aleppo il Beit al-Wakil che vi consiglio di prenotare, se possibile, dall’Italia ([email protected], www.beitwakil.A Damasco, appena sufficiente ma economico, c’è l’Al Majed Hotel.Agenzie e guide: l’agenzia che mi ha venduto il bidone ad Aqaba è la Quteish & Sons. Statene alla larga. Col senno di poi sarei dovuto andare alla Peace Way Tours, sempre ad Aqaba (chiedere di Alì, cellulare 0795630690). Soluzione preferibile per un tour a Wadi Rum è comunque quella di Zedan Al-Zalbieh (cellulare 0795506417, [email protected]). Se volete organizzare un tour della Siria dall’Italia, rivolgetevi a Ahmed Hassan (cellulare 093338266, e-mail [email protected]) di Damasco: è affidabile e parla italiano.

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Buona vita! di Don Giuseppe Satriano

Brindisi porta aperta sul mare, “porto di speranza”Alcune riflessioni sul Magistero Brindisino di Papa Benedetto XVI

OPINIONI

Colgo l’invito di Fabio Mollica con tremore, visto che è la prima volta

che mi cimento in una rubrica di un magazine. Il mio scrivere desidera essere un fraterno chiacchierare con il lettore per intrattenersi con semplicità su quanto viviamo, scoprendone i risvolti valoriali, etici, religiosi.Sento che una occasione pri-vilegiata mi è data da quanto abbiamo ricevuto il 14 e il 15 giugno scorsi, durante la visita pastorale di Benedetto XVI. I suoi quattro discorsi rivolti alla nostra Città, alla nostra Chiesa e al mondo intero com-pongono un autentico “Magi-stero Brindisino” .Sull’esempio di Gesù, Papa Benedetto XVI ha voluto visi-tarci nel desiderio di comuni-care ancora una volta quella speranza e quella fiducia nei valori della fede che da sempre animano la Sua vita e la vita della Chiesa.È passato per le nostre strade, ha incrociato i nostri sguardi, ci ha donato il suo sorriso, la sua parola illuminante, ha posto nel cuore di tutti noi la certezza di saperci migliori di quanto ci dipingono le cronache e di quanto spesso anche noi, presi da uno strano istinto di autocommisera-zione, ci descriviamo.Nell’incontro serale con la Città, egli ebbe a dire: «Eccomi tra voi, cari amici! Ho accolto con grande gioia l’invito del Pastore

della vostra Comunità dioce-sana, e sono lieto di visitare questa vostra città che, mentre svolge un significativo ruolo nell’ambito del Mezzogiorno d’Italia, è chiamata a proiettarsi al di là del Mare Adriatico per comunicare con altre città ed altri popoli. In effetti, Brindisi, un tempo luogo d’imbarco verso l’Oriente per commer-cianti, legionari, studiosi e pellegrini, resta una porta aperta sul mare», aggiungendo il racconto di quanto operato nell’accoglienza offerta a quei profughi che, nelle varie epoche, si sono succeduti sui nostri lidi e concludendo con questo riconoscimento : «Cari Brindisini, questa solidarietà fa parte delle virtù che formano il vostro ricco patrimonio civile e religioso: continuate con slancio rinnovato a costruire insieme il vostro futuro».Altro passaggio significativo

Tale messaggio trovò il suo punto focale nell’esortazione ai popoli a debellare l’indif-ferenza, a ritrovare nella via del dialogo e della cura di una “ricerca profonda di modi di prevenire i conflitti ”, e nel-

di tanti brindisini, offerta con generosità in particolari momenti di criticità.Quante volte ci siamo ritrovati a raccontare i drammatici giorni segnati dallo sbarco dei fratelli albanesi. Parrocchie, abitazioni private, istituti, scuole, tutto fu messo a disposizione in un’emergenza che toccò il cuore di ciascuno, senza cavalcare le cronache dei rotocalchi, ma gareggiando nel bene sincero, protesi verso fratelli più sfortunati e piegati dalla sofferenza, dalla fame.

Il Sommo Pontefice, quindi, nell’invitarci a costruire il nostro futuro, ci rimanda con fiducia a scorgere e

a vivere un sempre maggiore radicamento in quell’orizzonte etico, caro alla nostra tradi-zione di popolo e di popolo cristiano, ed evidenziato nella

scuno e ne determina il senso: “si può vivere senza sapere perché, ma non si può vivere senza sapere per chi!”.Tale attenzione all’altro dà linfa al vivere quotidiano poiché è nel rapporto con chi ci sta di fronte che si chiarisce a noi stessi la vera identità di ciò che siamo. L’altro ci definisce, ci interroga, ci pro-voca, nel senso etimologico del termine, ci chiama a venir fuori da noi stessi riempiendo la vita di meraviglia, di stupore. Al tempo stesso l’altro è lotta (agon), “agonia” poiché ci con-duce a sperimentare il senso del limite, mettendo in luce la nostra diversità attraverso la sua e offrendoci la consapevo-lezza di un obbligato passaggio dall’IO al NOI.Questa nostra società sempre più vittima di un riflusso indi-vidualista e proiettata verso un nichilismo crescente, richiede una scommessa carica di spe-ranza additata nelle parole del Papa, ovvero quella di “aprire” le porte, le braccia, i cuori, reinvestendo in una solidarietà reale, capace di concretezza, intessuta di dialogo, fatta di gesti piccoli, semplici ma costanti, di percorsi politici pro-tesi al bene comune, di recu-pero culturale di una tradizione che ci appartiene, di scelte etiche dove la vita venga interpretata non come un semplice esistere davanti all’altro ma in un vivere per... l’altro.Buona vita!

“È nel rapporto con chi ci sta di fronte”

che si chiarisce a noi stessi

la vera identità di ciò che siamo”

su questo tema fu riservato domenica 15 giugno, nel saluto dell’Angelus, dove facendo riferimento al porto affermò: «Da questo luogo... desidero pertanto rinnovare il messag-gio cristiano di cooperazione e di pace fra tutti i popoli, specialmente tra quelli che fanno corona a questo mare, antica culla di civiltà, e quelli del vicino Medio Oriente».

l’esplorare ogni possibile via diplomatica, “prestando atten-zione ed incoraggiamento ai più flebili segni di dialogo o di desiderio di riconciliazione”.Come si può notare il Porto, la Città diventano simbolo, tram-polino di lancio di una nuova sfida di pace e di speranza, sfida che trova le sue radici in una memoria storica scritta dalla solidarietà spontanea

categoria dell’altro, dello stra-niero.Questa categoria emerge dalla Sacra Scrittura come realtà comune ad ogni uomo che, in cammino verso la pienezza della vita eterna, vive una condizione di straniero, di pel-legrino su questa terra. L’incontro con l’Altro (Dio) e l’altro (ogni essere umano) caratterizza il vissuto di cia-

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INTERVISTA

“LO SCRIVA CHIARO: NON FACCIAMO PASSI INDIETRO. VOGLIAMO LA C2”

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GIUSEPPEBARRETTA

D R&DOMANDE&RISPOSTE

Da cinque anni la sua famiglia tiene in vita il calcio brindisino. Senza grossi sponsor. E rimettendoci un bel po’ di soldi. «Mettiamo a rischio il nostro patrimonio e la nostra immagine. Ma per proseguire serve poter programmare»

IL PERSONAGGIO

GIUSEPPE BARRETTANato il 27 aprile 1963Luogo di Nascita BrindisiTitolo di Studio Diploma nauticoHobby Nuoto (e dirigente di calcio)Auto Bmw M6Squadra del cuore Inter

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Lo sa che vestito in giacca ha una preoccupante somiglianza con Salucci. Ma temo che tra voi due ci sia una grossa differenza: lei i soldi, con il calcio, ce li sta rimet-tendo.Dal punto di vista dei bilanci siamo sicuramente in rosso, e anche di parecchio.Perché, guadagnate in altro modo?No, intendo dire che come espe-rienza di vita, quella che stiamo vivendo da cinque anni è sicura-mente una palestra formidabile. Ci sta arricchendo dal punto di vista umano. Anche se i risultati non sono ancora arrivati, il fatto di aver tenuto in vita il calcio a Brindisi per me è già una gran-dissima soddisfazione.In molti si chiedono “ma chi ve la fa fare”?È nato tutto dalla passione per il calcio, mia e di Francesco, che il Brindisi lo abbiamo sempre seguito. Poi abbiamo contagiato Paola e Rosy, ora anche papà e lo zio ci seguono assiduamente. Io per il calcio mi sono sor-

bito certe trasferte da matti: ho seguito l’Inter a Milano, ma anche a Madrid, Monaco, Vienna.Quando anche loro non vince-vano mai?Beh, vincevamo la coppa Uefa, ma ora va decisamente meglio.Voi finora solo delusioni.Delusioni, gioie, illusioni. Ma per me la cosa fondamentale è la coscienza di aver fatto qualcosa per la città. Ed a scanso di equi-voci, me lo faccia dire, senza otte-nere nulla in cambio. Mettiamo a rischio solo i nostri i soldi e la nostra immagine.Possibile che nessuno vi dia una mano?Economicamente ci sono vicini alcuni vecchi soci, come Luigi Bagnato, Rosario Mazzarella, e Nando Marino, che per due anni è stato il nostro sponsor princi-pale. Poi ci sono altri sponsor minori. Ma nulla di grosso.E le istituzioni locali?La Provincia è stata sempre assente, ci ha fatto sapere chia-ramente fin dall’inizio che non era interessata a darci una mano.

Il sindaco ci è stato vicino e spe-riamo che continui a farlo ancora con maggiore incisività.Ma i tifosi gli chiedono di più.I nostri tifosi sono eccezionali e sanno che noi teniamo molto ad avere una tifoseria senza mac-chie. Daremo loro le gioie che meritano.Non si sta sbilanciando un po’ troppo?Guardi, io e la mia famiglia sap-piamo perfettamente dove pos-siamo arrivare, non siamo abi-tuati a fare promesse che poi non riusciamo a mantenere. Mi creda: niente e nessuno ci bloccherà. La C2 la vogliamo, e se sarà neces-sario non esiteremo a rinforzare la squadra.Beh, siete primi ed esprimete una qualità di gioco che franca-mente in questo campionato è difficile da vedere.In effetti la qualità del gioco è notevolmente migliorata. Sa che qualche osservatore ci ha detto che siamo allo stesso livello del Cosenza, che è primo in C2?Ma per fare la C2 servono un bel po’ di soldi.Servirebbe un apporto di circa 500 mila euro l’anno. Difficile

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INTERVISTA

pensare di farcela con i pochi sponsor e con gli incassi delle partite casalinghe. E poi la C2 non si può improvvisare, bisogna programmare, e senza soldi non puoi farlo.A proposito di soldi, ogni tanto qualcuno critica i Barretta perché i loro rimorchiatori operano in regime di monopolio.Ed ogni tanto dobbiamo spie-gare a quel qualcuno che è la legge italiana, col benestare del-l’Unione europea, a prevedere questo monopolio in tutti i porti del paese. Operiamo sulla base di una concessione che viene rilasciata dal ministero sulla base di alcuni fattori come la solidità aziendale, l’esperienza, la flotta a disposizione, la preparazione della forza lavoro, e noi abbiamo una cinquantina di dipendenti di grande valore.I Barretta e la politica.Ma, devo dire che a parte Rosy, che è maggiormente coinvolta nell’argomento, tutto il resto della famiglia non si è mai esposta in prima persona o direttamente. Certo siamo spettatori interes-sati, come ogni imprenditore. E come ogni cittadino dovrebbe essere. Ma aggiungo anche che tutto ciò che abbiamo ottenuto nella vita, è stato costruito attra-verso il lavoro ed i sacrifici di papà e dello zio, ed oggi dei loro figli. Se possiamo permetterci di tenere in vita il calcio è grazie ai soldi guadagnati con il lavoro, non con gli agganci politici.

Colonna infame Altre quattro liste sono pronte a proporsi al Comune. E siamo soltanto all’inizio.

di Gianpaolo Pensa

C’è chi dice 8, chi 18, chi addirittura 38, chi 88, e il perché ormai dovreste saperlo: l’8 per i cinesi è il numero fortunato. Ed essere eletti in Consiglio comunale equivale ormai ad una grandissima botta di culo: 1500 euro al mese, senza lavorare, e per di più si diventa liberi di dire cazzate per cinque anni, e di far tardi la sera senza dover inventare stupide scuse per le mogli: c’è Consiglio.Le liste per le prossime amministrative si moltiplicano come i pani e i pesci biblici. Segno che la premiata coppia Erry&Menny ha fatto davvero un gran lavoro per aumentare il consenso. Quello degli altri. Di Brigante, Guadalupi, De Maria e Di Donna sapete già. Noi diamo spazio alle liste outsider, quelle che non partono con i favori del pronostico ma potreb-bero fare il botto. Anzi, ne siamo certi.Lista CCSS. Se vi state chiedendo cosa diavolo voglia dire questa sigla, il mistero è presto svelato. È la lista di quelli “Col Culo Sempre Salvo”. Ne pos-sono fare parte i consiglieri comunali che hanno cambiato casacca almeno due volte, e poiché questi soggetti abbondano, la lista è già al completo. Però, siccome a qualche candidato è giunta voce che buona parte dei brin-disini si è rotta i marroni di loro, sono state stabilite delle ferree regole di comportamento. Primo: non saranno ammessi più di tre cambi di partito nel corso di una legislatura. Secondo: si potrà passare da An a liste civiche, da liste civiche a Italia dei Valori, da Forza Italia a liste civiche, sempre però stando bene attenti a preservare il proprio culo. Sarà ammesso sostenere un sindaco di destra, pur facendo parte di forze politiche che si dicono - ma solo a parole - di centrosinistra. Il caso contrario sarà ammesso più di rado. I consi-glieri comunali di questa lista, saranno espulsi dal partito se rimarranno nello stesso schieramento per più di 12 mesi.Lista “Carne a tutti”. È il mistero delle prossime amministrative. Qualcuno dice che è promossa dall’omonima braceria. Qualcun altro insinua che a pen-sarla siano stati i fratelli Leo, componenti della nota famiglia di apprezzati macellai brindisini. Questi ultimi hanno però smentito la notizia di un loro ingresso in politica, anche se sostengono di voler continuare a tenere i prezzi bassi per aiutare le famiglie brindisine (cosa che di per sé potrebbe portare qualche migliaio di voti). Inizia a sorgere il dubbio che dietro la lista ci siano le decine di giovani locali che continuano a lasciare la città.Lista Forza Brindisi. L’hanno ideata Jenny Ribezzo, Massimo Galantucci, Franco Zuccaro e Tonino Funtò. Obiettivo deliberatamente pubblico: farla pagare a Mennitti, che pensa di essere il sindaco di Strasburgo e non ha capito che qui le uniche commedie teatrali che riempiono i teatri sono quelle in dialetto. Inutile dire agli ideatori della lista che forse cinque anni possono non bastare per capire certe cose: si candidano! E in caso di elezione prende-ranno Daniela Angelini e la costringeranno a frequentare un corso di barzel-lette brindisine con Vittorio Miacola. E poi subito il nuovo cartellone del Verdi: basta con la musica classica, Michele Placido e altre menate simili. Solo ed esclusivamente teatro in vernacolo.Lista Tutti in Curva. Anche i tifosi si sono rotti le scatole di attendere. Fosse per loro, il nuovo parcheggio del PalaPentassuglia sarebbe già pronto. Si erano offerti di raccogliere tutti i carciofi piantati sul terreno da espropriare e avrebbero asfaltato l’area colorandola di bianco e azzurro. Il progetto, fir-mato da Marco Banana, è stato guardato con sospetto dai tecnici del Comune, notoriamente abituati a pensare a lunghissimo termine. E allora tutti pronti ad occupare il Comune, e a mettere quei carciofi nel posto che sarà ritenuto più adatto. Sindaco, giunta e tecnici sono avvisati.

Post Scriptum: questo mese ho fatto un articolo che poteva tranquillamente stare nelle pagine di Spam0831, riservate alla saitra. In effetti la faccenda delle candidature sta assumendo toni da tragicommedia, e mi riusciva dav-vero difficile parlarne con tono serio. Vogliate scusarmi.

FAMIGLIA UNITA: Paola, Francesco e Rosy Barretta.

IL COMMENTO

Non abusiamo della pazienza dei Barretta

Non è detto che un imprenditore che ha i soldi debba necessariamente buttarli nel calcio o in altre passioni. E non è giusto che uno sport, per quanto importante, sia sostenuto meglio e più di altri.Abbiamo una squadra di ginnastica che rinuncia alla serie A per man-canza di fondi. Una di pallavolo femminile che non riesce a fare la B1 per assenza di sponsor. E poiché nemmeno i Barretta sono un pozzo senza fondo, è necessario che al Comune qualcuno si dia da fare, come chiedono i tifosi.Perché alla barzelletta dell’Enel che spontaneamente “si offre” al basket non credono nemmeno i bambini. Tutti sanno che dietro certe scelte ci sono discorsi più ampi che abbrac-ciano la politica. E si badi bene, stiamo parlando di cose lecite.Allora si faccia quel che auspica Dario Bresolin in un’altra pagina di questo giornale: si chiamino Edi-power, Enel, Enipower, Brindisi Lng, e le si “inviti” a sostenere lo sport locale. E non solo quello.Del resto, se le si chiede di sponso-rizzare la stagione teatrale, lo si può fare per un progetto più ampio. E per somme più serie. A proposito: sapete quanto ha ver-sato l’Enel al comune di Montalto di Castro che ospita una centrale? 45 milioni di euro una tantum! Più 8 milioni l’anno di Ici. Altro che i 2 milioni di euro per la nostra palla-canestro.

Fabio Mollica

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È domenica, il giorno riservato alle compe-tizioni sportive, oltre che alla messa. La giornata inizia presto,

forse troppo presto, dopo una setti-mana di lavoro in genere ci si rilassa, ci si riposa, ma… non è il nostro caso.La sveglia imperterrita non sbaglia, mai, ed a dire il vero il più delle volte mi sveglio prima che suoni, la gara èsempre importante, sempre delicata, sempre “sentita”. Nell’immaginario collettivo, sicuramente deviato dalleimmagini televisive e dai “giornali”, l’allenatore con la sua bella tuta societaria immacolata e le scarpe da ginnastica bianche siede in panchina “tranquillo” ad offrire disposizioni tecniche agli atleti. Bello! Dimen-ticate tutto questo, velocemente. Qui è differente, prima di arrivare a distribuire nozioni tecniche e schemi di gioco magici, c’è da fare molto. C’è da sporcarsi, da rim-boccarsi le maniche, da lavorare e quando si lavora ci si sporca. Sin dalla nascita la nostra società, Nafta rugby Brindisi, ha deciso di iniziare a formare tecnicamente quante più per-sone possibili, investendo su di noi. È logico pensare che una società con una base molto larga sia indispensa-bile. Il frutto di quel ragionamento? Eccoci qui, tecnici, Piero, Massimo, Giovanni, Matteo, Mario ed io. Ognuno di noi responsabile di un settore, Mario direttore sportivo, Alfredo pre-sidente. Abbiamo condiviso una vita sui campi da rugby, quello giocato, ed ora ci ritroviamo sugli stessi campi fianco a fianco nel ruolo di allenatori. Sembra ieri. Sono trascorsi appena vent’anni. Ci dovremmo meravigliare se così non fosse, siamo cresciuti insieme sul campo, spesso “pezzi” di terreni sparsi qua e la per città e per strada. Benedetta o maledetta strada

che ti fa crescere più velocemente del dovuto. Siamo diventati adulti divi-dendoci tra rugby, strada e scuola. Di quella squadra di “lazzaroni” in tanti ci siamo laureati, ci hanno insegnato che lo sport è importante ma la scuola è fondamentale, senza mai dimenti-care ancora una volta la strada.

Sembra ieri, anche la mia prima gara in serie C con Giovanni. La mia prima partita in assoluto nei giochi della gioventù.

Non ci ho capito gran che, ero solo molto confuso, del rugby conoscevo solo la forma della palla e non l’avevo neanche toccata tanto. Avevo impa-rato solo che, se e ripeto se, avessi preso il pallone, avrei dovuto correre diritto e senza passare in avanti. Ad ogni modo quella confusione mi incantò, tanto.

convocati Giovanni ed io, ovviamente a “disposizione”, che fu un modo gar-bato per dire in panchina. Tra le cose che ricordo con più emozione è senza ombra di dubbio il momento in cui ho indossato la mia prima divisa e l’uscita dagli spogliatoi. Vestii la maglia con i colori della società, bianco verde, una maglia vecchia che non aveva il tipico colletto da rugby jersy nè i bottoni, ma delle stringhe. Ero emozionato e teso. Avvertivo un freddo strano e nel frattempo cercavo di convincermi che non era paura. Non so perché, ma ero convinto che non avrei dovuto spa-ventarmi, ero un giocatore di rugby, perché mai avrei dovuto. Ero il più piccolo, anche perché oggettivamente meno di sedici anni sarebbe stato da “assassini”, ma questo non mi creò grossi problemi. Vidi per la prima volta il rituale della vestizione del gioca-

Vidi che qualcuno spalmava sulle gambe una strana crema dall’odore fortissimo, Gabriele mi disse “tieni, spalmala anche tu” timidamente risposi “no, no grazie”, ma vi assicuro che non sapevo minimamente cosa fosse. Tommy, il tallonatore, mi disse ridendo “è balsamo sifcamina”(crema usata per scaldare i muscoli), si si, dissi io, lo so, mentivo spu-doratamente. “Tutti pronti, allora, abbiamo finito?” urlò il capitano. Il rumore dei tacchetti che battono per terra prima dell’ingresso in campo, fu come il suono delle cornamuse scozzesi prima della battaglia. Dalla panchina fui catapultato in campo. Il momento del nostro ingresso? Non una sostitu-zione tecnica, ne tattica. Avrei dovuto sostituire un compagno di squadra che si era “infortunato”, davanti alla panchina dove ero seduto, sotto i miei occhi, durante uno “scambio di opinioni” con un avversario. Roba da delinquenti, che per fortuna non si vede più sui campi da rugby. Entrai con il cuore in gola. Giocai seconda linea. Alla prima mischia ordinata mi passò tutto, ed entrai in gara. Cercavo Giovanni con lo sguardo per farmi coraggio. Forse non ci crederete ma ero talmente felice d’aver giocato che non ricordo nemmeno il risultato, comunque, nel mio piccolo avevovinto. Al ritorno ci lasciarono all’in-gresso di Brindisi, quello che non a torto, era denominato l’incrocio della morte. Giovanni ed io rincasammo a piedi, non avevamo nemmeno la forza per parlare. Giunto in casa, mi misi a letto, ebbi la consapevolezza della quantità infinita di ossa e muscoli di cui il nostro corpo è composto, dai

LETTURE

LI SGUBBULENIIn 119 pagine tutto l’amore per uno sport divenuto popolare e apprezzato per i suoi riti e la sua magia. Lo hanno voluto, e scritto, quelli della Nafta, la squadra brindisina di rugby. Lo trovate (a 5 euro) a “Camera a Sud” e alla “Club House” della società. Una piccola spesa che vi farà scoprire un mondo nuovo. Vi proponiamo una parte del primo capitolo, scritto da Donato Fontò

La strada ti fa crescere prima del

dovuto. Siamo diventati adulti

dividendoci tra rugby, strada e scuola

Ricordo l’odore dell’erba del primo campo da rugby, quell’odore che mi porto dietro ancora oggi, e che campo, quello dell’Amatori Catania (squadra di serie A). Noi quattordi-cenni, fummo portati a disputare le finali nazionali dei giochi della gio-ventù, due notti in albergo a cinque stelle, con i borsoni e le tute, e senza che nessuno credesse in noi. Credo che ogni gara sia degna di essere ricordata. Certo se dovessi scrivere della prima gara in serie C... sarebbe un po’ differente.Avevo sedici anni, giocavo con il Campi Salentina (Lecce), quella domenica andammo a giocare a Bari “contro” il Monopoli. Una gara di “fuoco”, dura, davvero. Fummo

tore da rugby. Io, riuscii a cambiarmi velocemente, quindi ebbi il tempo per guardare i miei compagni, era tutto nuovo. Tommaso, il pilone, tirò fuori dal suo borsone delle fasce elastiche e si fasciò le caviglie e poi il pollice. Lo seguirono tanti altri, ed erano anche abbastanza bravi per quello che potevo capirne. Pensai che avessi scelto di praticare uno sport da duri, dove si scendeva in campo anche da “rotti”, poi con il passare del tempo capii, e con il passare degli anni imparai a fare le fasciature. Mentre guardavo accuratamente, in rispet-toso silenzio, tutto ciò che accadeva, avvertii uno strano odore, forte, quasi fosse menta, ma talmente forte da far bruciare gli occhi anche a distanza.

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dolori che avvertivo in ognuno di loro. Mi alzai al mattino seguente, avendo dormito davvero male, la scuola mi aspettava. Ci andai puntualmente. Due giorni dopo la gara, prima dell’allena-mento, Giovanni mi disse che anche lui si era messo a letto alle 18.00, e si era alzato il giorno dopo. Ci raccon-tammo orgogliosi quella sensazione di spossatezza e dolenza generale. Eravamo orgogliosi. Orgogliosi anche semplicemente di averle prese. Dopo quella gara ho imparato che il lunedì del rugger è claudicante e non cambia mai. Una sera, mentre ci allenavamo, giunse la notizia che Massimo era in ospedale, era stato investito in moto da un’auto che usciva da un parcheg-gio, appena rincasato lo chiamai per sincerarmi delle sue condizioni di salute. Mi spiegò la dinamica dell’in-cidente aveva un po di dolori sparsi ma nulla di grave, mi disse: “Sai, mi sento come il lunedì dopo una gara di rugby, nulla di più”.

Ma torniamo con i piedi per terra, anzi nel fango della domenica. In

genere prima della gara della serie C, fissata alle 14.30, ci sono le giovanili. L’under 15 gioca alle 10.00, l’under 17 alle 11.30. Per la maggior parte dei lettori questi orari, probabilmente non hanno alcun senso, forse anche per alcuni atleti.Vi è la strana credenza, derivante da una lontana favola che il terreno di gioco delle gare domenicali nasca pronto, con le linee tracciate, i pali montati ad hoc, i palloni gonfi alla giusta pressione, il medico di “campo” e potrei continuare con una lista infinita di cose da prepa-rare. Come ben sapete le favole sono favole, per cui tutta questa prepara-zione spetta a qualcuno, indovinate a chi? Essere allenatore significa anche questo, o forse soprattutto questo. Almeno nel nostro piccolo “sporco” mondo. Alle 8.00 siamo al campo, vi è quasi sempre un po’ di nebbia, l’aria come al solito è umida e c’è vento. Il cielo è grigio e non promette nulla di buono. È un tipico giorno da rugby. Con gli occhi in sù faccio gli scongiuri affinché non piova, ma se proprio la deve mandare giù che piova dopo la

tracciatura.Il gruppo di lavoro è collaudato, ognuno ha una mansione precisa. L’umore dipende dalle condizioni atmosferiche, sono puntualmente agitato, e da queste dipende lo stato del terreno di gioco. L’odore d’erba, quella che resta, e di terra bagnata è quello che caratterizza tutti i ricordi legati al rugby. Da atleta, arrivato sul campo, anche e soprattutto dopo le trasferte molto lunghe, la prima cosa che facevo era andare a guardarlo, quasi fosse mare da contemplare. Studiavo il fondo, se duro, se fangoso e da questo dipendeva la scelta delle scarpe (tacchetti in ferro oppure tac-chetti in gomma). Il sole e il vento, percapire l’impostazione della gara se con molti calci o solo gioco alla mano. Mi rilassavo rigorosamente da solo, anche nello stretching prima della gara. È stupendo. Certo per fare i romantici non c’è tempo, bisogna iniziare a lavorare. Dall’esterno guardo se il campo, è fangoso oggi come ieri, se è il caso di indossare gli stivali di gomma, se è il caso di imprecare, e impreco. A dire il vero già dal giorno precedente si inizia a pensare alle condizioni del terreno, si inizia a pensare al fango, quello vero, quello che ha la consistenza di una crema e la tenacia del cemento. È incredibile, s’insinua in ogni dove, colora anzi insudicia anche solo a guardarlo. Ti segue ovunque, e quando credi di essertene liberato lo ritrovi anche a distanza di giorni nella tasca di un pantalone che non hai mai indossato. È ormai un incubo. Piero, l’allenatore della under 17, ed io siamo gli addetti alla tracciatura, cioè delimitiamo il ter-reno da gioco con delle linee che pos-sono essere di gesso o di una partico-lare vernice che non sciupa il prato, dove esiste. Detto ciò sembrerebbe un lavoro semplice, vi assicuro che non lo è. Per rendere l’operazione più scor-revole abbiamo ideato dei “congegni” ad hoc, fantastici e funzionali, veloci, insomma da brevettare. Ogni campo da rugby ha un addetto alla tracciatura che inevitabilmente ha inventato un prototipo. Si potrebbe scrivere un compendio sulle tracciatrici, ognuno ha un trucco, inventa qualche con-gegno, addirittura fosse per noi ne costruiremmo una ad ogni domenica, per ogni situazione. Vi è “solo” un problema, il fango. È difficile se non

impossibile, anche stare fermi, figu-rarsi camminare con la macchina trac-ciatrice che ha le ruote, e ne abbiamo montato diversi tipi, alte, spesse, snodate, nulla da fare, il nostro fango è invincibile. Se poi piove mentre si traccia è la fine. Le gare da rugby possono e devono essere giocate con la pioggia, ma la tracciatura diventa un’operazione impossibile, al limite della magia. Gli stivali pieni di fango quadruplicano il loro peso, si scivola, in preda ad una delle innumerevoli crisi nervose cerchi di accendere una sigaretta. Neanche questo è semplice, le mani sono bagnate, sporche, ci rinunci. È strano, tracci una linea

per la fretta, per il fango, perché è avvolto male, per noncuranza, ma sistematicamente ci ritroviamo prima di tracciare a sciogliere i nodi. Mentre Piero ed io tracciamo, alcune volte aiutati da qualche volontario, Mas-simo (l’allenatore della tredici) monta le protezioni ai pali, Mario cammina attorno al terreno da gioco con la sua inconfondibile andatura per racco-gliere quello che il vento ha portato in campo, buste di plastica, bottiglie, cartacce. Riuscire a tenere il terreno pulito è arduo. Nel frattempo la trac-ciatura continua, abbiamo l’obbligo di riuscirci e ci riusciamo, si è vero non saranno delle linee del tutto diritte

“Massimo, dopo l’incidente in moto,

disse: sai, mi sento come il lunedì dopo

una gara di rugby, nulla di più”

bianca e la pioggia quasi fosse una grande gomma da cancellare la porta via, con semplicità, con naturalezza, dunque devi ritornare indietro e ritrac-ciare o provare a farlo, bisogna essere ostinati. Su questo terreno paludoso stendere questa “benedetta” linea sembra, e forse lo è, un lavoro dapazzi. A tutto ciò si deve aggiungere che la linea in questione deve avere dei requisiti ed il minimo, logico, naturale, è che sia diritta! Quanto-meno! Stendiamo, per tale fine, un filo da angolo ad angolo, teso,il quale fungerà da guida. È il nostro filo di Arianna. Tenuto conto che in genere il terreno di gioco è lungo un centinaio di metri e largo una cin-quantina, il filo in questione è “bello lungo”. Ci siamo, siamo alle solite, è la scoperta dell’acqua calda.No, il tutto serve a spiegare che finita la tracciatura, si deve raccogliere il filo. Lo si dovrebbe avvolgere sem-plicemente, evitando accuratamente che si formino gli odiati nodi. Sarà

ma ci sono, ed è tanto! Al mattino, di domenica, c’è poca gente per strada, il terreno di gioco ha la recinzione metallica lungo tutto il perimetro, è un invito a nozze per i curiosi. Sono molti coloro che dall’esterno e su un bel marciapiede asciutto cercano di dare suggerimenti, consigli, sono tutti bravi. Alcuni addirittura fanno battute sulla perpendicolarità delle linee. Per-fino c’è chi abitando proprio di fronte al campo, con le finestre ad una tren-tina di metri, conosce i nostri orari, le nostre abitudini, i nostri errori e non perde occasione per farceli notare. Una mattina di dicembre notammo, mentre tracciavamo con Piero, un signore anziano che dall’esterno ci stava osservando da un bel po’ di tempo, per esigenze di lavoro gli arri-vammo vicino, sembrava molto preso dal nostro fare, fino a quando disse: “ah però siete davvero bravi, dovreste andare a tracciare lo stadio di Milano, parlerò a Berlusconi di voi”. Eviden-temente non parlava sul serio, mi fermai a stento dal rispondere a tono, ma… era un signore anziano, quando questi continuò non potei far altro che rispondere, ed educatamente dissi “se lei è tanto bravo, perché non entra e ci mostra come fare?”. Piero ridendo, mi fece capire che non era nemmeno il caso di rispondere. Ci spostammo, e quando fummo lontani scop-piammo a ridere.

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LA DOLCE VITA vini, sapori, luoghi, eventi, persone

Come avevamo previsto, qualcosa ci sarebbe sfuggito. Ed infatti nell’articolo sulle 10 meraviglie brindisine da gustare o bere avevamo dimen-ticato qualche chicca, che alcuni lettori ci hanno segna-lato. Eccovele.IL CORNETTO: al Bar Dalmazia si può assaporare il cornetto più buono della città. È quello al cioccolato. Insuperabile. E se proprio c’è da trovargli un difetto, eccolo: è un po’ pic-colo, finisce troppo in fretta.LA FOCACCIA: Quella di Uccio Greco, in via Sant’Angelo, al civico 49, è fantastica. E poi è l’unico che la fa di spessore doppio. Sempre morbida e saporita. La nostra preferita è quella alla mozzarella. Ma anche la capricciosa...LA PIZZA: Non ce ne vogliano i patiti della tradizione e del classico formato rotondo, ma la pizza al metro di Maccheroni, in piazza Cairoli, è sublime. E poi la si può scegliere con ingredienti “fuori dal coro”. Se ancora non ci siete stati, sono assolutamente da provare la Corfiota (pomodorini, peperoni al crudo e feta), la Trevigiana (radicchio e funghi), e la Salsic-cia e rape.SALUMI: qui dobbiamo fare uno strappo alla regola e andare un po’ fuori città. Però ne vale davvero la pena, perché gli insaccati della ditta Tedesco, a Serranova, battono davvero tutti. Salame, prosciutto crudo, capicollo, lardo e pancetta di cinghiale hanno profumi e sapori diversi dai soliti affettati.

E quando a Natale assaggerete il cotechino, beh, resterete a bocca aperta. Piace perfino a quelli che lo odiano.IL GELATO: Una new entry abbastanza recente. È la gela-teria Choco MIx, in via Goito, di fronte al Tribunale, che ha aperto i battenti poco prima dell’estate. Ma è già entrata nei cuori dei golosoni brindisini. I suoi gelati sono fantastici. E la pasticceria non è da meno. Sempre in tema gelati, al Ver-tigo la qualità resta elevata anche d’inverno, ma proprio nei giorni scorsi abbiamo sco-

GIOCO-SONDAGGIO

LE ALTRE MERAVIGLIE DI BRINDISI: DA BERE E DA MANGIARE

IL RISTORANTE

Il meritato successo della famiglia SchinaDuoleva il cuore vedere il suo ristorante mai pieno come meritava, ma la iniziale location scelta da Dario Schina per la sua Araba Fenice non si era dimostrata azzeccata. Si era messo

in testa di fare una sala ricevimenti nel centro della città, ma si accorse ben presto che i banchetti nuziali seguono altre vie, e non guardano esclusivamente alla qualità della cucina. Quando Schina ha deciso continuare la sua avventura in una nuova sede, ha finalmente iniziato a raccogliere il successo che meritava. Nel palazzotto di corso Roma, l’Araba Fenice è oggi tutta un’altra cosa: un locale sicuramente più accogliente ed elegante, ma anche più a misura di ristorante: belle sedute, tovagliato elegante ma non pomposo, illu-minazione di design, una sala riservata ai fumatori. Anche la cucina sembra trarre vantaggio dalla bellezza del locale. E poi c’è quella can-tina-caveau davvero fantastica. E se si riuscisse a sfuttarla allestendoci un tavolo, siamo sicuri che ci sarebbe gente disposta a pagare il doppio pur di poter dire di aver cenato, in pochi intimi, accanto a bottiglie di vini e distillati di gran valore.La cucina di Dario e del suo staff familiare ha conservato la sua pulizia e la sua semplicità, pur proponendo accostamenti arditi, come gli gnoc-chetti con melanzane e gamberetti. Difficile consigliare qualche piatto, perché in effetti sono tutti da provare. Su tutto, metteremmo il pesce, sempre fresco e ben cucinato. Ma anche i piatti a base di carne meritano grande considerazione. Una citazione a parte infine per i dolci, sempre preparati in giornata, spesso appena usciti dal forno.Il conto non risente del successo che il locale riscuote fin dal primo giorno in cui ha aperto nella nuova sede: prezzi giusti, che non richie-dono l’apertura di un mutuo, come purtroppo accade in qualche altro posto della città. Proprio per questo motivo, all’Araba Fenice, è sempre meglio prenotare.

L’Araba Fenice, corso Roma 51, telefono 0831 590009.

perto che le paste mignon sono superlative: un attentato alla forma fisica.LA BIRRA: La birra brindisina? Sì, la birra brindisina! Da qual-che mese c’è, è artigianale, e sta raccogliendo consensi cre-scenti. La potete sorseggiare, alla giusta temperatura e con i corretti abbinamenti gastrono-mici, al Gruit, in via Carmine, a pochi passi da Porta Mesagne.

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SPAM 0831 La satira di TB

Caro Nicola Di Donna, ci conosciamo da tempo, pre-ferisci che ci diamo del tu o ci teniamo sul formale.Ma scherzì? Puoi tranquilla-mente chiamarmi Presidente del Consiglio Comunale, oppure Potenziale Sindaco.Va bene, allora ti chiamerò Nicola, ma non prenderla come una mancanza di rispetto, è solo per abbre-viare.Sei il solito giornalista di sini-stra.Questo è un luogo comune. Ma se ci fosse ancora un briciolo di sinistra stai pur certo che tutto quello che sta avve-nendo in Italia e a Brindisi non sarebbe avvenuto.Convengo con te, in fondo mi sei sempre stato simpatico.Anche tu, però mi chiedo: è proprio necessario?Cosa?Candidarti a sindaco, non credi che sia un po’ troppo!Scusa, abbiamo avuto Errico, Maggi, Antonino, Mennitti. E

cazzo cazzo a me devi rompere le scatole?Per favore, TB lo leggono anche i bambini. Almeno quelli intelligenti. Quindi modera i toni.Scusami. Hai ragione, è che ogni tanto torno indietro di decenni e penso alle mie miti-che trasmissioni di satira locale su Puglia Tv.Le ricordo ancora pure io. Anche molti altri telespetta-tori…Che le rimpiangono?Beh, più che altro si chiedono come fa a candidarsi sindaco uno che ha fatto quel tipo di cose. Spiegaglielo tu.Hanno ragione. Ma sono cam-biato. L’esperienza accanto a mio zio Valentino Manzoni, in Parlamento, mi è stata utile. E poi da presidente del Consiglio comunale non ho fatto rimpian-gere nessuno.Hai ragione. Ma è davvero difficile rimpiangere qualcuno di quelli che siedono in quel-l’aula “sorda e grigia”.

No, ti posso assicurare che mia sorella non è grigia, al contra-rio è molto simpatica.Vabbè, cambiamo discorso. È da tre anni che chiedi all’Enel di ridurre le tariffe per i brin-disini. E finora abbiamo otte-nuto solo qualche centinaio di lampade a basso consumo.Vedi che a qualcosa sono ser-vito!Sì, ma sono talmente a basso consumo che illuminano meno di un candeliere. Bel risultato!Però hanno sponsorizzato la Prefabbricati!E meno male, almeno hanno lasciato cadere qualche spic-ciolo.Sì ma ora faranno altrettanto con altre compagini impor-tanti. Daranno 200 euro al TaeKwonDo Attanasi, 350 euro all’Assi di Vincenzo Guadalupi e 150 alla bocciofila Sant’Elia.A bè, allora il discorso cambia. Senti, dì la verità, sei andato nella Destra di Storace spe-rando di uscire a cena con la Santanché, e quella invece se ne è tornata da Berlusconi. Bella sfiga.In effetti, un po’ sfigato sono stato. Mi ritrovo con Balestra. Una bella differenza rispetto a Daniela.

Senti, hai cinque righe per elencare tutte le cose che hai fatto per Brindisi.Ti ringrazio, ma me ne baste-rebbero molte meno. Non perché non abbia fatto gran-ché, ma perché so che i vostri spazi sono sempre preziosi.Non è che non hai fatto niente e hai difficoltà a rispondere…No, che dici. È che in questa legislatura abbiamo fatto così tanto che è difficile ricordarsi tutto.Sei proprio un grande!Lo so, è per questo che mi sono candidato.Dimmi cosa pensi dei tuoi avversari?Semplicemente non penso.Sempre, o solo in riferimento agli avversari?Ma lo sai che sei proprio un veterocomunista, però mi stai simpatico.Ma lo sai che ripeti sempre le stesse cose. E poi anche tu mi stai simpatico. Pensa che pur essendo di destra sembri intelligente. Perché non mi parli di De Maria?La Brindisina? Beh, all’epoca fece felici tanti brindisini. Molti più di Mennitti.Vedi che quando vuoi riesci a dire qualcosa di sensato! E Guadalupi?

Mimino? Quello della piazza? Grand’uomo: da lui compro sempre pesce fresco.Bravo Nick, avanti così che stai guadagnando voti. Salva-tore Brigante?Sempre meglio di Errico!Perdonami, questa la direbbe pure mio figlio. Chiudiamo con Mennitti.Fin qui ha fatto bene…E allora perché ti candidi contro di lui?Perché da domani potrebbe iniziare a fare danni, meglio fermarlo in tempo, prima che sia troppo tardi.Grazie, in bocca al lupo, ora puoi andare.Dove?Beh, i brindisini avrebbero un posto da suggerire a tutti quelli che, come te, bazzicano al Comune…È meglio non sapere?Meglio, amico mio, meglio.

DI DONNA SE LA RIDE. NOI NO

«Mi candido perché Mennitti potrebbe iniziare a fare danni». De Maria? «Ha fatto felici molti brindisini». La Destra: «Ci sono andato solo per la Santanché, che non c’è più». Parla l’uomo che da tre anni chiede all’Enel uno sconto sulle tariffe. Che per tutta risposta sono aumentate.

Il contenuto di questi articoli è completamente inventato. Però...

SIAMO TUTTI SINDACI: LE FANTA-INTERVISTE AI CANDIDATI A PALAZZO DI CITTÁ

Per assoluta mancanza di spazio, questo mese all’in-terno di Spam non abbiamo trovato spazio per articoli di satira dedicati esclusiva-mente al sindaco Mennitti e al presidente Errico. Ce ne scusiamo con gli interessati e con i nostri lettori.

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Il basket, si sa, è una malattia rara. Inguaribile. A volte pericolosa, per sé e per gli altri. E genera comportamenti inspie-

gabili. Al limite del paradossale. Eccone alcuni.Entrare gratis. Finiti i tempi in cui al Masseriola erano più i furbi dei paganti, ogni domenica si registrano nuovi tentativi di aggi-ramento delle norme “antiporto-ghesi”. Ecco le trovate più originali di quanti non si rassegnano a dover pagare. Il travestimento: alla porta sono stati bloccati finti fotografi, finti addetti alla protezione civile e finti infermieri. E così finalmente Ferrarese è riuscito a spiegarsi il mistero più incredibile di questa città: «Possibile che a Brindisi ci siano 1500 fotografi?». In effetti, si sono verificati casi di fotografi che non hanno saputo spiegare per chi fotografano. Messi alle strette ed interrogati uno ad uno nelle docce del palazzetto, davanti ad un preoccupante Killingsworth nudo e pronto ad entrare in azione in caso di dichiarazioni mendaci, un fotoreporter è scoppiato in lacrime: «È vero, faccio le foto solo per i

Gli ultras-intellettuali. Quelli che devono per forza comunicare all’amico dove si sono seduti. E le donne: oh mamma, le donne del palazzetto...

miei figli, rinuncio al pass». Ben più difficile invece scovare i finti buttafuori. Anche perché ormai i portoghesi hanno raggiunto un tale livello di intelligenza che non è facile fregarli. C’è chi dopo aver fatto sei mesi di bicipiti in palestra, essersi rasato i capelli e aver indossato il classico vestito nero, si è presentato ai cancelli con convinzione dicendo “lavoro per Raffaele”, ed è stato messo a guardia di uno degli ingressi. Solo uno di questi finti body-guard è stato scoperto, perché al posto del magico auricolare si era presentato con all’orecchio l’Mp3 del figlio, e lo aveva messo a volume talmente alto che si sentivano le musiche di Dragon Ball. Il capo della seecurity lo ha fatto rimanere, a patto che facesse scaricare i brani a tutti i colleghi, perché si credono tutti dei super eroi e qualcuno di loro

colleziona le figurine di Dragon Ball.Dimmi dove stai che sto meglio.Avete presente le mamme? «Torna presto e vai piano». Ecco, quando entra al PalaPentassuglia molta gente è presa dall’irrefrenabile desiderio di sapere dove si trovano i propri cari, parenti o amici che siano. Solo che questi loro cari stanno anche loro all’interno del palasport. Dunque si registrano decine e decine di telefonate inu-tili e di dialoghi di questo tenore: «Uè, dove stai»; «Sopra, terza fila, vicino al tabel-lone».«Ah, va bene, io sto sotto, vicino all’assessore».«Quale? Ce ne sono 48, tutti non paganti». «Quello che non capisce niente». «Grazie! Ce ne sono 46». «Lu cchiu cugghione!».

«Ah, va bene, ho capito, ti ho visto, ci vediamo dopo». E così, con l’animo rasserenato, i due possono guardare con tran-quillità la partita.Gli ultras irriverenti.Un tempo sputavano, buttavano monetine, bestemmiavano. Poi Ferrarese ha imposto a tutti un corso di formazione per educarli alla buone maniere. Niente più sputi. Niente più monete (ma lì il patron non c’entra, è colpa della crisi). E niente più bestemmie. Tutto al più, a qualche abbonato del parterre amante delle sane vec-chie abitudini, sfugge un “lu pic-cioni di sorda”, ma lo dice talmente con il cuore che intorno sorridono e gli danno pacche sulle spalle. Gli ultras di oggi, sotto la maglietta azzurra del Brindisi indossano il doppiopetto e danno del lei agli arbitri. Prima della partita leggono giornali intelligenti come TB (bella questa eh!). Qualcuno azzarda addirittura un libro, ma gli addetti alla sicurezza glielo sequestrano subito, perché quando è troppo è troppo. Gli ultras di oggi sono impegnati nel sociale. Forse anche troppo. Si ostinano a chiedere un palaz-

zetto nuovo, sperando in un cenno del sindaco. In effetti al grido «Vogliamo il palazzetto», a Mennitti, nelle ultime partite casa-linghe, si sono mosse due soprac-ciglia. Segno che l’argomento inizia a destare qualche interesse nel sindaco. Diamogli altri 15 anni e avrete il parcheggio. Per il palasport invece, sapete com’è la politica, c’è biso-gno di tempo.Le supertifoseLa loro partita inizia il sabato mat-tina. Per alcune, che necessitano di maggiori ristrutturazioni, il venerdì pomeriggio. Praticamente vanno in ritiro, come i giocatori. Solo che il loro ritiro è molto più costoso (per i mariti). Si inizia di buon’ora: parrucchiere, estetista, manicure. Nel pomeriggio una lampada. Sì perché non possono mica andare al palazzetto come se stessero in pizzeria. E così alla fine sono talmente belle ed eleganti che non le riconosce più nessuno, neanche i loro mariti, ma questo è il male minore. Al Pentassuglia c’è la città che conta. Ci sono le tv. I fotografi. «E magari qualche giocatore si accorge di me!».

La satira di TB SPAM 0831

FENOMENI DA PALAZZETTO

AL PALAPENTASSUGLIA: DAI FINTI FOTOGRAFI AI BODY GUARD CHE ASCOLTANO DRAGON BALL

Il contenuto di questi articoli è completamente inventato. Però...

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Voci di popolo lettere, email, fax, sms

DAL NOSTRO SITO

Dove sonoi ragazzi brindisini?«Sono una ragazza laureata a Perugia presso l’Universià per stra-nieri e per scelta tre anni fa sono ritornata a Brindisi. Pensavo di portare risorse. Pensavo di portare una ventata di modernità per svec-chiare l’immagine ormai dormiente e sciatta di questa città. Pensavo che con me lo potessero fare anche i miei amici. Quando sono tornata non c’era più nessuno... tutti volati via: Roma, Milano, Bologna, in cerca di fortuna. Io sto pagando lo scotto di questa scelta ancora oggi. Conosco 3 lingue di cui una orientale, ho fatto esperienza come copywriter in un’agenzia di lecce. Ringrazio i leccesi per questo. Sono specializzata in piani di marketing e strategie comunicati-ve, finanza agevolata e pubbliche relazioni. Nonostante questo nes-suna azienda, nessuna ha provato a farmi fare un colloquio... Sono tre anni che cerco di siste-marmi ma non ci riesco, qualcuno non conosce il mio cognome. Non sono figlia di un avvocato, medico, ingegnere, famoso giornalista locale, politico. Ma solo di una mamma impiegata che ha fatto degli enormi sacrifici per farmi im-parare la lingue inglese in Inghil-terra, mi ha mandato all’università. Sono solo una ragazza che sta vedendo morire giorno per giorno questa città. Non c’è niente. Ho un progetto in mente per esempio, innovativo ed economicamente vantaggioso per Brindisi, ma ho una paura folle di scontrarmi con un muro di gomma più alto di me. Ho paura di illudermi, più precisamente. Temo che l’attuale classe politica dei matusalemmi del Vecchio Testamento possa, un po’ per interessi personali un po’ per ignoranza, ostacolarmi nel sviluppare la mia idea. Io ci provo. Ma ogni momento ha una scadenza. E se alla fine di que-sta i futuri investimenti dall’estero scapperanno a gambe levate anzichè affondare le proprie radici nella nostra generosa terra, io non

avrò altra scelta che andarmene. Dott. Lioce, a Brindisi c’è un gap di circa 15.000 ragazzi della fascia di età più importante al mondo. I ragazzi tra 15-30 anni. Dove sono andati a finire i nostri cervelli? I nostri laureati, la nostra potenziale manodopera? Aiutatemi nel mio progetto per favore. Facciamo ritornare i nostri amici e ragazzi a casa».

[email protected]

Risponde Mario Lioce.«Gentile Elide, innanzitutto la ringrazio per aver letto il mio con-tributo su TuttoBrindisi e desidero ringraziarla anche per avermi voluto scrivere.A una lettera accorata come la sua non si può non rispondere.Anche io faccio parte di quei plotoni di giovani (nel mio caso ex giovani) che per coronare i loro sogni hanno dovuto abbandonare Brindisi e tutte le sue contraddi-zioni.La mia azienda è un gruppo internazionale con sede centrale a Londra e uffici in diverse parti del mondo, tra cui anche Milano.L’amore e l’attaccamento verso questa città hanno fatto sì che comunque non l’abbia mai abban-donata e tutt’ora mi sobbarco con-tinue e lunghe trasferte per poter riuscire a tornare tutte le volte che posso.Le sue parole mi hanno particolar-mente colpito, anche perché il mio percorso non è stato dissimile dal suo e quindi questa è stata l’oc-casione per riportare alla mente tanti eventi.Comprendo perfettamente tutta la sua ansia, la sua frustrazione, la sua disillusione.La ragione per la quale ho

accettato di scrivere su TB è nata proprio dall’essermi reso conto di condividere con tutta la redazione, ed in primis col suo direttore, la voglia di riscatto per questa città, quella sana incazzatura (voglia perdonarmi il termine) di chi si è stufato di vedere sempre le stesse persone che con diabolica metodicità gettano nel fango Brin-disi (purtroppo nell’indifferenza generale). Non ho nessuna conoscenza influente ma qualora le dovesse far piacere, sarei felice di ascoltare il suo progetto e chissà che non possa diventare oggetto di un prossimo articolo.Lascio a lei la palla.Mi consideri a sua disposizione e…non smetta di seguire TB!

L’acqua alle ginocchia«Innanzitutto voglio esprimere i miei complimenti a tutta la redazione per quello che scrivete su Brindisi e sui Brindisini, per il modo chiaro ed allo stesso tempo efficace che usate per far compren-dere le vere problematiche che affliggono da ormai tanti anni il nostro bel territorio. Io sono ritor-nato nella mia meravigliosa terra dopo un lungo peregrinare (circa 26 anni per motivi di lavoro), ma purtroppo mi sono accorto che ben poco è stato fatto dai nostri politici e politicanti. L’ultima notizia che mi ha lasciato amareggiato è stata quella che il Tar ha dato ragione ai leccesi, che riusciranno a portarsi via la nostra sabbia. Questo, come altre cose, mi hanno fatto capire che non abbiamo politici con le P... e che questi non vengono per niente considerati dai loro stessi compagni di partito. Poveri noi e

poveri i figli nostri! Non gli resterà altro che confezionarsi una valigia di cartone e cercare fortuna altro-ve. Con profonda amarezza, ma mai con rassegnazione, spero che qualcuno, sia esso di sinistra, di centro o di destra possa rivalutare e far apprezzare il nostro stupendo territorio incrementando il flusso di turisti, creando nuove attrattive, lottizzando e dando in gestione tratti di costa a privati cittadini, consentendo così alle nuove generazioni di sperare in un futuro che non sia soltanto industria, agricoltura e malaffare. Esiste la reale possibilità di fare dell’altro. Se qualcuno è mai stato nelle Marche ed ha avuto la possibilità di transitar lungo la costa marchigia-na, si rende conto che da San Be-nedetto del Tronto fino in Ancona, è tutto un altro mondo. Se avessero il nostro mare e le nostre coste, chi sa che cosa farebbero!!! Comun-que, nonostante il mare inquinato, hanno saputo valorizzare e far apprezzare ai numerosissimi turisti la loro ospitalità,la loro organizza-zione, la tranquillità di soggiornare in località sicure. Spero che anche con il vostro contributo, questo qualcuno un giorno prossimo si faccia avanti e dimostri ai brindisini che non è tutto perduto, che è pos-sibile ancora sperare in un fututo migliore per i nostri figli. Spero che riusciate a smuovere le coscienze atrofizzate di coloro che possono o che potrebbero rimettere in gioco il futuro della nostra terra. A, dimen-ticavo, invece di bere dell’acqua che va al ginocchio, qualcuno farebbe meglio a bere del vino brindisino e a fare in modo che Brindisi ritorni ad essere la città del vino: WINEFRONT.

[email protected]

Grazie signor Zanzibar64, magari si firmi la prossima volta. Perché a chi dice cose ragionevoli e non offende non servono nickname. Condivido il passaggio sull’acqua alle ginocchia. Il problema è che, oltre ad avercela loro, la fanno venire anche a noi.

f.m.

Su Torre GuacetoSono d’accordo con i commenti contenuti dell’articolo “Proposta n. 1 - La rivoluzione della costa”, specie quelli che riguardano la riserva di Torre Guaceto. Forse non si è ancora capito, o

non si vuole capire che le riserve naturali, i parchi sono stati istituiti proprio per rendere fruibili alla popolazione aree di particolare pregio naturale o artistico. Dalle nostre parti invece vengono gestite in maniera esattamente contra-ria allo scopo che dovrebbero raggiungere. Duole il cuore ogni anno durante l’estate a vedere Km di costa completamente abbandonata e degradata. Come è possibile non pensare che in quelle aree si potrebbero realiz-zare molte iniziative ed attività che potrebbero portare intanto pulizia, sistemazione e poi posti di lavoro servizi per i turisti e cittadini, in una parola: “economia”? Mi chiedo: tanto impegno per ostacolare la realizzazione di un impianto industriale (rigassifi-catore) e nessuna iniziativa per sot-tolineare la situazione di degrado in cui versa il litorale Nord,nessun impegno per capire come è possi-bile gestire una riserva, così come avviene per quella di Torre Guaceto dove l’attività di maggiore pregio e rappresentata dal “Trenino” che ti porta sulla spiaggia, dove una volta arrivati non puoi usufruire dei servizi igienici perché sono chiusi a chiave (quest’anno è stato così dal mese di giugno sino al 12 ago-sto, dopo questa data la spiaggia è stata un pò sistemata perchè era prevista la visita della trasmissione RAI “Linea blu” che poi è stata trasmessa su Raiuno), non ci sono servizi di altro genere: bar, spazio baby, infermeria ecc. Secondo quanto sostenuto dagli pseudo ambientalisti, su queste aree protette non è possibile realizzare degli insediamenti utili alla civile convivenza perché turbe-rebbero l’ambiente. Bene, credo che questi signori non abbiano mai letto la normativa e i fini per i quali sono state istituite le are protette, oltrechè, come sostenete giusta-mente nell’articolo, non hanno mai avuto modo di informarsi su cosa succede in altre parti del mondo dov’è “arrivata la civiltà”. È tempo di cambiare e di cercare di mettere gente competente al posto giusto. Complimenti per il sito e buon lavoro.

[email protected]

Grazie di cuore. Ma rinnovo l’appello a firmarsi. Sempre. Noi ci mettiamo la voce e la faccia. Proviamo a farlo tutti.

f.m.

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COMPLIMENTI

Voci di popolo lettere, email, fax, sms

SacrosantoComplimenti! Sottoscrivo l’edi-toriale del primo numero. Tutto sacrosanto.

Mino Donativo

Usciamo dal letargoVoglio farvi i miei complimenti personali, per la bella pub-blicazione di TB nella nuova versione.Abbiamo bisogno di gente giovane, come avete scritto bene, che abbia il coraggio e la voglia di cambiare questa nostra città, che giace da anni addormentata, quasi soggio-gata da gente che ormai ha poco altro da dire, ma che è sempre posizionata nella stanza dei bottoni.In bocca al lupo.

Pompeo Barbiero (giornalista, Senzacolonne)

Grande BresolinBravi. Bel numero. Grande Bresolin.

Rino Piscopiello (Cna)

Nuova stagioneI miei più sentiti e sinceri auguri per la nuova stagione di TB. Nicola Narcisi (Centro Studi Bab)

BellissimoIl nuovo TB è bellissimo: nella grafica e nei contenuti. Anche le pubblicità sono molto gra-devoli. Sembra una di quelle riviste patinate che si trovano nei grandi alberghi. Bravi.

Fortunato Guadalupi

Continua cosìIl magazine è bello. Vi faccio i miei sinceri complimenti. È un bel prodotto. Continuate così.

Giorgio Sciarra

Che sito!Il vostro sito internet è molto bello e completo. Complimen-ti. Sarà un utile strumento di informazione per chi vive fuori città.

Gianvito Guadalupi

ContenutiAuguri e complimenti: tutto il magazine è bello ed ho apprezzato i contenuti.

Lilli De Amicis

Duro lavoroAvevo già avuto modo di apprezzare Spam on-line. Collaboro da due anni con la redazione di Demo Magazine e Demo Mesagne e ho toccato con mano quanto possa es-sere interessante per la città avere un magazine che offra

contenuti diversi dai quoti-diani. Finalmente è arrivata questa possibilità anche per i lettori di Brindisi. Vi faccio un grosso in bocca al lupo e i migliori auguri per lo sviluppo di questo progetto. Piazzavittoria.net, dopo una pausa di riflessione, riparte e si mette a disposizione.

Serena Passerelli, Piazzavittoria.net

Bello, ma...Bel magazine, complimenti. Ma queste foto da piacione... Bah! Io ridimensionerei. Sei il direttore o l’epigono di Geroge Clooney? PS: Grazie per avermi fatto scoprire che Patrizia Miano c’è e lotta ancora insieme a noi!.

Leonardo Sgura

VATTI A FIDARE DEGLI AMICI

Ecco perché meritate un 9!Primo del mese. 08.20.edicola: il sole, Senza colonne, e questo cos’è? Pago, saluto, esco. Sono curioso; non capisco subito. Ci arrivo dopo aver individuato il faccione dello sceriffo. Rico-nosco le iniziali, storiche: TB... finalmente! e che bel formato... lo penso subito: mi piace, e sono contento per Mollica. Mi muovo verso Piazza del Salento dove mi attende la mia personale finestra sul mondo: una panchina dove ogni giorno sfoglio i quotidiani prima di entrare in studio. Oggi però non resisto, è uscito il giornale, pardon il Magazine dell’amico mio e quindi lo sfoglio al volo, in movimento. Salto il sommario. Oddio Talucci, proprio Lui. Vedo le foto dei complici. Bresolin, e vai! si ride, Graziuso e B.B., che carina!!! Bell’acquisto, sul serio! Attacco l’editoriale, tutto d’un fiato per viale commenda, sino alla panchina. Mi piace, scorre veloce, il taglio è inconfondibilmente suo... pungente al punto giusto ma mai volgare... «Basta lamentarsi ora muoviamoci, proponiamo, costruiamo»: suona così inte-ressante; e poi ancora la parola ai Brindisini. Bella sfida. Osser-verò con attenzione. Rido quando affermi che non sei, pardòn, “non siamo” , contro Mennitti e neppure Errico. Bugiardo e falso come un biglietto da centomilalire oggi! Sulla panchina mi limito una rapida sfogliata e l’altra impressione che colgo e che la pubblicità oltre a non essere invasiva e pure bella ed ele-gante. Mi avevi parlato di un progetto importante: compli-menti Mollica, mi sa che hai colto nel segno. Sempre primo del mese, ore 14.30: sono seduto nel luogo dove la maggior parte degli italiani legge! Comincio dal Boss, e l’im-pressione che ho è che, mal-grado lui non si pronunci per scaramanzia, mi sa tanto che quest’anno a Brindisi vedremo del bel basket! Salto Muro sul cerchio, mi incanta la pagina di Cordisco: dovrò correre ancora tante mattine per avere quegli addo-minali!

Bresolin non sbaglia un colpo, con eleganza fa a pezzi il nostro sindaco. Interessante la proposta n. 1, fortissimo il commento di G. Pensa: condivido lo sfogo, mi incazzo anch’io e appoggio tutto quanto afferma. Bravissimo. Altra risata, fragorosa stavolta, se permettete sono al cesso di casa mia e non su una panchina: Moreno compra Majestic e Mol-lica pubblica quattro foto del Nettuno, ma allora sei veramente bastardo dentro! Salto per par condicio B.B. (che carina!!!) e grazioso, e mi faccio forza. Mi tocca... Il prete del Mira-colo, monsignor Rocco Talucci; e parla veramente di tutto e tutti, pure di Antonino (pazienza, a volte ritornano, pazienza, vedrai) Lo Sgrigno fotografato così sembra una gioielleria di Via Montenapoleone. Leggo il primo capitolo di “Tre volte invano” e mi emoziono di brutto: il pallone di Marra, la porta girevole, il polmone, l’aria rarefatta. Mi piace Emiliano. Spero abbia un buon successo, penso lo meriti. Poi tarallucci e vino, anche in questa edizione. Andrea del Bar Gino in primo piano, aperitivo pagato sabato mattina. Aridaie!!! Mennitti e la città d’acqua. Tomaselli. Saccomanno e Rollo: mi sa che non basta il diluvio universale per fare un pò di pulizia, che palle!!! Finale tipo L’Espresso con Lioce. Fine l’amico. E vai, dulcis in fundu altre quattro foto del Net-tuno... sei incredibile! Mi alzo dopo quarantacinque minuti. Le gambe sono due corpi autonomi in preda ad un costante e continuo formicolio, però sono soddisfatto. Penso che tu abbia fatto un ottimo lavoro amico mio e questo era il momento giusto per dare voce a tutti i brindisini. Lo scopo penso sia quello, vero Mollica? La sostanza c’è, il fine è serio e costruttivo, il formato è bello, la pubblicità non è invasiva: 9 Mollica, ti meriti un 9 come prima uscita. Se la prossima ti degni di pubblicare qualche zizza... allora sarà dieci.

Luigi De Filippo

Grazie. Per non essere del settore, e per aver concepito tutto questo in bagno, meriti anche tu un bel 9! (f.m.)

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Turista per casa di Mario Lioce

Trovare una identitàper crescereL’economia del nostro territorio ha bisogno di credibilità e autorevolezza

OPINIONI

Alcuni giorni fa la stampa locale ha rilanciato un preoccupante allarme della

Coldiretti e dei Nas dei carabi-nieri in merito al pericolo truffe a danno dei prodotti pugliesi. Pasta, vino, ortofrutta, olio, nulla della nostra produzione di punta è stato risparmiato. Uno scenario fatto di specu-lazioni, prodotti non conformi alle norme, sofisticazioni, frodi di ogni genere che come una calamità si abbattono sui cittadini inermi e sulle imprese che agiscono correttamente, minando profondamente il già precario clima di fiducia della gente. Il fenomeno è com-plesso e probabilmente risente della fragilità del nostro sistema impresa. Viene spontaneo domandarsi se sia possibile trovare degli strumenti in grado di aiutare le imprese a restituire fiducia al consumatore. Credo che questi strumenti esistano, a patto che si esca dalle attuali logiche che regolano i rapporti tra le istituzioni e le imprese, e si abbia l’intelligenza e l’umiltà di osservare cosa si è fatto in atre province italiane. Mi scuso con il lettore per i prossimi sbadigli che gli procurerò ma a questo punto diviene inevi-tabile fare un passo indietro per identificare alcuni avve-nimenti che sarebbe errato considerare ormai trascorsi e quindi non forieri di riper-cussioni; avvenimenti che ci aiutano a contestualizzare il discorso e che hanno avuto ed hanno, oggi più che mai, profonde implicazioni sociali

e psicologiche. Nella seconda metà degli anni novanta si è assistito ad uno straordinario sviluppo dei mercati, basato però su certezze economiche in gran parte virtuali: Inter-net con la cosiddetta “new economy” e gli sconcertanti episodi di imprese come Cirio e Parmalat che fecero entrare i mercati in una profonda e logo-rante crisi, solo casualmente sovrapposta temporalmente alla tragedia epocale di New York. Al posto di imparare la lezione e sviluppare i necessari anticorpi, non si è proceduto ad alcuna correzione di rotta ed ecco che in questi stessi giorni ci troviamo nuovamente ad affrontare scenari simili figli delle stesse colpe. Il som-marsi di tutti questi fenomeni economici, politici e sociali negativi ha provocato, con le sue implicazioni psicologiche, una stagnazione dei consumi

sto, è significativo constatare come negli ultimi anni le quote di mercato dei prodotti leader si siano rafforzate a discapito di marche secondarie o a breve ciclo di vita spesso impantanate nelle logiche esasperate delle

rale da piccole e medie imprese (o addirittura da microimprese a carattere familiare), vivaci da un punto di vista commerciale ma carenti nella program-mazione delle politiche di marketing. Ed allora: come

di guadagnare sui mercati credibilità e autorevolezza. Un’Identità (marca o brand, poco importa come vogliamo chiamarla) in grado di rappre-sentare con vigore un ruolo di presidio, tutela e garanzia della qualità, considerata dal consu-matore non solo come valore aggiunto ma come prerequisito per essere scelta. E sono quindi le istituzioni stesse che devono individuare le aziende che producono eccellenza e met-terle intorno ad un tavolo per definire procedure di controllo, standard qualitativi, disciplinari e obiettivi strategici comuni. Questo processo di valorizza-zione dell’offerta è valido ed estendibile indistintamente a tutta l’economia locale: non mi risulta, infatti, che esista un’identità che renda distintiva la produzione brindisina di vino e olio, come non esiste un’identità della stessa nostra città che pretendiamo di pro-muovere sui mercati internazio-nali. Dalla maggiore visibilità dei nostri prodotti e delle nostre aziende la città ne trarrebbe un duplice ritorno economico e di immagine, potendo a sua volta sfruttare la visibilità acquisita per promuoversi più incisivamente. Finanziamenti o generiche facilitazioni all’intro-duzione su nuovi mercati sono operazioni che, per quanto lodevoli, rientrano in logiche ormai obsolete. Non si chiede quindi un banale quanto sterile interventismo pubblico ma una più efficace distribuzione dei compiti all’interno del sistema istituzioni-imprese, a vantaggio della città e del consumatore.

“Le Istituzioni dovrebbero avviare un

processo di valorizzazione dei prodotti

brindisini e di tutta l’economia locale”

non solo di prodotti voluttuari o procrastinabili nel tempo ma anche di prodotti indispensabili quali gli alimentari di base. È pratica comune pensare che in tali periodi siano i discount a vedere aumentare clienti e fat-turato ma è un’opinione errata e fuorviante. Infatti, nonostante ci si ritrovi in un contesto di economie familiari messe in difficoltà da una rilevante per-dita del proprio potere di acqui-

promozioni. È evidente quanto sia urgente e necessario rassi-curare il consumatore in merito alle sue scelte. Una risposta concreta da parte delle nostre imprese potrebbe essere quella di investire in modo anticiclico, promuovendo e supportando il proprio marchio. Pur affa-scinante questa prospettiva è di difficile realizzazione per la nostra economia locale compo-sta da un punto di vista struttu-

riuscire a supportare efficace-mente l’eccellenza della nostra produzione agro-alimentare, che è utile ricordare vive un trend positivo anche sui mer-cati internazionali? L’unica soluzione valida è che siano le istituzioni ad assumere un ruolo guida nel processo di creazione del valore, attraverso la realizzazione di una Identità dei nostri prodotti, offrendo così alle imprese l’opportunità

La vignetta di Altan

per l’Espresso del 9 ottobre 2008

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