Insieme nr. 20 agosto 2012

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Periodico della Parrocchia S. Maria Assunta in Brembate di Sopra Anno IV - N. 20 - Agosto 2012

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Bollettino parrocchiale - Parrocchia S. Maria Assunta - Brembate di Sopra

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Periodico della

Parrocchia S. Maria Assunta

in Brembate di Sopra

Anno IV - N. 20 - Agosto 2012

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Sommario

Come ricevere il giornalino parrocchiale

"Insieme"?

Poiché molte persone hanno chiesto chiarimenti su come ricevere a casa il giornalino parrocchiale "Insieme", ecco alcune precisazioni che speriamo possano essere utili.

1) Il nome e l'indirizzo vanno consegnati UNA SOLA VOLTA in sacrestia.

2) La quota chiamata "di abbonamento" o "quota annuale" (di euro 12,00) è un'offerta. Tali offerte si raccolgono in chiesa nella cassetta con l'indicazione "INSIEME" oppure in sacrestia.

E' inutile allegare all'offerta il nome e l'indirizzo (se sono già stati dati). E' un'offerta libera per sostene-sostenere le spese della stampa.

Direttore: don Corinno Scotti

Direttore responsabile: Davide Agazzi

Editore: Parrocchia S.Maria Assunta, Brembate di Sopra

Stampa: Guerre Serigrafia Ghiaie di Bonate Sopra

Redazione:

don Carlo, don Matteo, Max, Marco, Luca, Luisa, Chiara, Luciano, Giuseppe

Impaginazione ed elaborazione foto: Max, Luciano

Foto: Max

Collaboratori: don Corinno, Marco, Luca, Chiara, Gio & Gio, Giorgia, Jacopo, Federica, don Carlo, Luisa, don Manuel, Riccardo, Giuseppe

E-mail: [email protected]

Sito web: www.oratoriobrembatesopra.net

AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE DI BERGAMO N. 28 DEL 20.10.2008

3 Editoriale

5 Vita parrocchiale

18 La voce dell’Oratorio

22 Attualità

29 Associazioni e gruppi

In copertina:

La Vergine Maria Assunta dagli Angeli nella gloria

di Dio.

Affresco di pittore anonimo sotto la volta della Chiesa

parrocchiale (anno 1720 circa).

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Editoriale

D i questi tempi vanno di moda in-

chieste e statistiche di tutti i tipi e

sugli argomenti più disparati.

Non possono mancare inchieste che riguar-

dano la fede e la sfera del sacro in generale.

Ma sono convinto che se c’è una cosa che

sfugge ad ogni inchiesta e che nessun statista

può calcolare è la fede, perché riguarda ciò

che di più profondo e intimo c’è nell’uomo.

Per la verità non è necessario essere esperti

per renderci conto che la pratica religiosa va

diminuendo sempre di più. Ma nessuno potrà

mai contare le preghiere di invocazione, di

angoscia, di lacrime - e neppure le gioie, gli

sguardi, i sorrisi, le cose belle. Non sono for-

se preghiere anche queste?

È vero che i modi di pregare cambiano con i

tempi e con la vita.

Quelli che hanno la mia età ricorderanno che

noi abbiamo imparato a pregare prima che a

credere.

La preghiera dava i contenuti alla fede. A

credre cioè che c’è un Padre di tutto, che c’è

un angelo che guida la vita che la mamma di

Gesù è Maria ed è più bella e più buona della

nostra mamma.

Quando battezziamo i bambini, le catechiste

battesimali chiedono ai genitori di dire una

preghiera per il loro bambino.

Sono preghiere bellissime perché quando si

ama si prega e si prega benissimo.

Mi commuove sempre vedere i nonni che

portano i nipotini davanti all’altare della Ma-

donna ad accendere un cero. A volte resto ad

ascoltare le parole che suggeriscono ai loro

nipotini.

Mi piace anche ricordare un gesto che fac-

ciamo quando celebriamo i funerali.

Chiedo al figlio maggiore del defunto di ac-

cendere il cero pasquale posto accanto alla

bara e spiego che proprio quel cero l’ha ac-

ceso il papà con la mamma nel giorno del

battesimo:”ti dono una luce nuova, è la fede

che deve illuminare, dare significato alla tua

vita. Ora il figlio crede che quella luce ri-

schiara anche l’oscuraità della morte e dona

la luce perpetua.

I responsabili dell’Osservatorio Astronomico

del nostro paese informano che ogni anno

sono oltre 60.000 le persone che salgono sul-

la Torre del Sole per guardare il cielo.

Sono soprattutto ragazzi delle scuole.

Mi pare che la missione della Chiesa, di noi

preti, ma anche di ogni mamma e papà sia

come quella degli incaricati dell’osser-

vatorio, far vedere il cielo. Far scoprire che

in ognuno di noi c’è una forza di gravità

all’incontrario, che attira verso l’alto.

Non certo per dimenticare la terra con i suoi

problemi, ma perché solo guardando il cielo

anche la terra diventa più bella.

Ecco è proprio questo il senso delle celebra-

zioni per la Madonna Assunta. Lei, la Madre

del Signore è stata assunta nella gloria di

Dio.

Ma a pensarci bene, credo che Maria pur nel-

la gloria di Dio non è, non può essere del tut-

to felice. Vorrebbe dire che non le importa

nulla dei suoi figli. La sua gioia è quando noi

siamo nella gioia. Ma non può non piangere

quando vede la sofferenza dei suoi figli. È

mamma, e solo una mamma s’accorge quan-

do come a Cana di Galilea manca il vino del-

la gioia. E solo lei può chiedere al suo figlio

la sovrabbondanza della gioia.

don Corinno

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Ecco una bella preghiera di un poeta russo Do-

stoieski. Parla della gioia di Dio per noi. E noi

ce la auguriamo a vicenda nella festa

dell’Assunta.

“Signore,

facci ricordare che il tuo primo miracolo,

alle nozze di Cana,

lo facesti per aiutare alcuni uomini

a far festa,

facci ricordare che chi ama gli uomini,

ama anche la loro gioia,

perché senza gioia non si può vivere…

facci comprendere, Signore,

che il paradiso è nascosto dentro di me

Ecco, ora è qui, nascosto dentro di me.

Se voglio, domani stesso,

comincerà a brillare veramente per me

e durerà tutta la vita”.

* * *

Alla Madonna Assunta

Ave Maria,

Quante volte ti abbiamo ripetuto

questo saluto.

È la prima preghiera

che abbiamo imparato dai nostri genitori.

È la preghiera che abbiamo insegnato

ai nostri figli e ai nostri nipoti.

Poi una volta cresciuti, forse non sempre

ci ricordavamo di pregarti.

Adesso abbiamo tanto tempo anche

per recitarti tutto il Rosario.

Per noi di Brembate è da sempre

una bella abitudine

guardare in alto e vedere Te, o Maria,

collocata in cima alla chiesa, luminosa

come il sole, ragginate come le stelle

che annunciano la speranza del nuovo giorno.

Oggi è la tua festa, e la nostra presenza

è preghiera e gioia.

Contenti che tu sei arrivata a casa,

dove anche noi sogniamo di poter giungere.

Sai, Maria, la nostra età

e la salute ci ricordano

che il paradiso non è lontano.

E allora il cuore è avvolto da due sentimenti:

la paura della solitudine e della malattia;

la paura di dar fastidio

e addirittura di pensare

che la nostra vita non serva più a nessuno.

Madre di Gesù,

vogliamo che l’attesa, la speranza

ci inondino il cuore

e che possiamo essere belli e luminosi

per dare buon esempio ai nostri cari

e contagiare anche loro di molta serenità.

Non permettere che la nostra sofferenza

ci faccia chiudere in noi stessi

e ci renda insofferenti e pieni di pretese.

Aiutaci a credre che la nostra vita è preziosa

ai tuoi occhi.

Adesso che non possiamo più fare tutte le cose

che eravamo abituati a fare,

aiutaci a credere che possiamo ancora amare,

soffrire, donare.

Così la nostra vita e la nostra comunità

diventeranno più belle,

fecondate dal nostro sacrificio.

Che la nostra esperienza di vita ci renda saggi

e capaci di consigliare con discrezione

le nuove generazioni.

Ricompensa tu le persone che ci assistono

con tanto amore e pazienza.

Amen.

Il Gruppo Missionario Africa 73,

organizza

dal 1 al 9 settembre

presso la casa di Riposo,

una Mostra-vendita del Fai da te

a favore

dei missionari brembatesi.

Chi avesse da donare oggetti,

realizzati con manualità

e creatività,

li consegni entro il

30 agosto

agli incaricati

del Gruppo Missionario.

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AGOSTO

3 Venerdì. Anniversario della dedicazione

della chiesa parrocchiale (3 agosto 1734).

4 Sabato. Dal mezzogiorno di oggi e per tutta

la giornata di domani è possibile acquisire

l’Indulgenza plenaria del Perdono d’Assisi,

applicabile anche ai defunti, alle solite condi-

zioni: visita alla chiesa, recita del Padre no-

stro e del Credo, recita di una preghiera se-

condo l’intenzione del Papa, essere confessati

e comunicati.

5 Domenica XVIII del Tempo Ordinario.

Ore 10.30: Celebrazione dei battesimi.

6 Lunedì. Trasfigurazione del Signore.

Inizia la Novena dell’Assunta (Vedi program-

ma a parte).

34° Anniversario della morte del servo di Dio

Papa Paolo VI.

9 Giovedì. S. Teresa Benedetta della Croce

(Edith Stein), vergine e martire, Patrona

d’Europa.

10 Venerdì. S. Lorenzo, diacono e martire.

12 Domenica XIX del Tempo ordinario.

Pellegrinaggio parrocchiale a Chiampo e Pa-

dova.

15 Mercoledì. Assunzione della Beata Ver-

gine Maria.

19 Domenica XX del Tempo ordinario

24 Venerdì. S. Bartolomeo, apostolo.

26 Domenica. S. Alessandro, martire, patrono

della città e della diocesi di Bergamo.

SETTEMBRE

1 Sabato. VII Giornata nazionale per la salva-

guardia del creato.

2 Domenica XXII del Tempo ordinario.

Ore 11.45: Celebrazione del battesimo.

7 Venerdì. Ore 11.00: Matrimonio

Alborghetti - Aldegani.

8 Sabato. Natività della Beata Vergine Maria

9 Domenica XXIII del Tempo ordinario.

14 Venerdì. Esaltazione della S. Croce.

Ore 16.00: Matrimonio Loda – Bergamelli.

15 Sabato. Beata Vergine Maria Addolorata.

Ore 11.00: Matrimonio Mangini – Rota.

Ore 20.30: Concerto de “La nota in più”, or-

chestra di ragazzi disabili.

16 Domenica XXIV del Tempo ordinario.

Ore 16.00: Celebrazione del battesimo.

Chiusura della settimana del volontariato.

21 Venerdì. S. Matteo, apostolo ed evangeli-

sta.

23 Domenica XXV del Tempo ordinario

29 Sabato. Ss. Arcangeli Michele, Gabriele e

Raffaele.

30 Domenica XXVI del Tempo ordinario.

OTTOBRE

4 Giovedì. S. Francesco d’Assisi, patrono

d’Italia.

7 Domenica XXVII del Tempo ordinario.

* * *

CALENDARIO PARROCCHIALE

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Cronaca parrocchiale

7-9 giugno Celebrazione delle Quarantore

Le Quarantore sono giornate particolarmente

importanti per la vita di una comunità parroc-

chiale. Per tre giornate, infatti, l’eucaristia è

stata al centro della nostra attenzione. Le gior-

nate, infatti, sono state scandite dall’ado-

razione a Gesù esposto. Nei giorni precedenti è

stato allestito l’altare, che da chissà quanto

tempo rappresenta queste giornate. La messa

dava inizio alla giornata, seguita dall’espo-

sizione del Santissimo, accompagnata da una

meditazione. Lungo il giorno si succedevano

vari momenti i preghiera e di adorazione. La

conclusione era affidata ancora alla celebrazio-

ne della messa. Tra i momenti più belli c’è si-

curamente la messa nella mattinata di venerdì

8 giugno, animata dai ragazzi disabili. Nella

comunità ci sono anche loro e lo sono in modo

creativo e costruttivo.

10 giugno Ss. Corpo e Sangue di Gesù -

Chiusura anno catechistico - 30° di ordina-

zione di P. Corrado Maggioni

La solennità del Santissimo Corpo e Sangue di

Cristo pone il sigillo alle Giornate eucaristi-

che. Nella messa delle ore 10 abbiamo termi-

nato l’anno catechistico. Ringraziare il Signore

per l’esperienza di fede vissuta durante un in-

tero anno di catechismo, è più che doveroso.

Lo abbiamo fatto durante la messa domenicale

che, nella vita della comunità cristiana, costi-

tuisce il momento centrale della sua vita.

Nel pomeriggio si è svolta la processione con

il Santissimo, presieduta da P. Corrado Mag-

gioni. In questo modo abbiamo voluto festeg-

giare P. Corrado nel 30° della sua ordinazione

sacerdotale. Per la verità la processione si è

svolta con il pericolo incombente della piog-

gia. Per questo motivo la processione è stata

leggermente accorciata per arrivare in chiesa il

più presto possibile. P. Corrado ha ringraziato

il Signore per il suo sacerdozio e ha invitato la

comunità ad accompagnarlo con la preghiera.

12 giugno Consiglio Pastorale Parrocchiale

15 giugno Sacro Cuore di Gesù

17 giugno Festa degli anniversari di matri-

monio - 35° di ordinazione di Don Carlo

Questa celebrazione degli anniversari ha ideal-

mente terminato l’anno pastorale. Numerose

coppie di sposi si sono ritrovate in chiesa per

ringraziare il Signore per la loro vita coniugale

e per il dono dei figli. Alla circostanza si è ag-

giunto il ricordo del 35° anniversario di ordi-

nazione sacerdotale di Don Carlo. Durante la

messa il clima festoso ha contrassegnato i vari

momenti. In particolare si ricorda la benedizio-

ne degli sposi: don Carlo è passato con l’acqua

benedetta per benedire idealmente le fedi nu-

ziali.

Il pranzo comunitario ha completato la festa

all’oratorio.

25 giugno Inizio del CRE

Il CRE segna l’estate dei nostri oratori e per

tanti ragazzi rappresenta un forte momento

educativo e di socializzazione. Sicuramente

per chi organizza è molto impegnativo e certa-

mente si devono infondere enormi risorse, ma

tutto questo è fatto per i bene dei nostri ragaz-

zi. Per loro, infatti, il mese del CRE non è solo

un modo per passare l’estate in assenza della

scuola, ma è anche un’occasione per stare con

gli altri, imparando a condividere con gli altri

la propria vita e la propria esperienza.

26 giugno Chiusura dell’anno scolastico del-

la scuola materna

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Verbale del Consiglio Pastorale del 22 maggio 2012 Si è riunito, dopo qualche mese, il Consiglio Pa-

storale durante il quale si è discusso l’ordine del

giorno proposto.

1. Don Corinno ha ricordato quanto la vita quoti-

diana assorbe il nostro tempo con le celebrazioni

e tutte le attività parrocchiali. Si è improntato tut-

to il nostro lavoro seguendo le direttive proposte

per l’anno pastorale: Famiglia - Lavoro - Festa.

Tante le attività svolte, ma la più importante è

rappresentata dai venerdì di quaresima con le ri-

flessioni di persone qualificate che hanno trattato

il tema del piano pastorale diocesano.

Oltre al lavoro appassionato dei sacerdoti, molte

sono state le collaborazioni volontarie in parroc-

chia, ma don Corinno ha ricordato che per i cri-

stiani non dovrebbe esistere il volontariato, ma il

dovere di servizio alla comunità cristiana. Il pri-

mo servizio è la preghiera, e molte sono le perso-

ne che pregano e sempre nella nostra chiesa è

presente qualcuno.

La chiesa è formata da tre realtà: l’edificio luogo

di culto, la comunità dei credenti e l’auto-rità rap-

presentata dal Papa, dai Vescovi e dai Sacerdoti.

Si è ricordato che in chiesa non vanno i più buo-

ni, ma quelli che si sentono salvati, ed è questo il

vero sentimento di umiltà.

Don Corinno ha parlato ancora di Yara, il dono

che Dio ha fatto alla nostra comunità, e che è

sempre ricordata nelle nostre preghiere. Non ha

nascosto però una certa amarezza nel ricordare

che, fuori dal nostro paese, a lei vengono dedicati

parchi, palestre ed aule scolastiche ed alla parroc-

chia è stato negato un segno che la ricordi e cioè

la pubblicazione del libro con le preghiere dei

concittadini, le riflessioni di tante altre comunità

e personalità anche molto lontane da Brembate.

Ha ricordato anche la situazione economica diffi-

cile che stiamo vivendo e l’impegno della Caritas

che rappresenta la partecipazione e l’attenzione

verso i poveri di tutti i parrocchiani. Tutti noi

dobbiamo tenere presente che al Signore non in-

teressa tanto quello che fai, ma perché lo fai.

2. Don Matteo ha parlato della partecipazione al

Congresso mondiale delle famiglie che si terrà a

Milano con il Santo Padre il 2 e 3 giugno prossi-

mo. Parteciperanno a questo evento anche 119

nostri parrocchiani che partiranno su 2 pulman

alle 5,30 del mattino, viste le difficoltà logistiche

per i mezzi provenienti da tutta Italia.

Ha ricordato che continuano le riunioni del grup-

po famiglie con una buona partecipazione con

attività di preghiera, confronto e svago.

Ha ricordato inoltre l’inizio il 25 giugno del CRE

al quale si sono iscritti in 400 sotto la guida di 3

coordinatori ed 80 animatori, per la maggior parte

volontari. Riceveranno un compenso economico

solo i 3 coordinatori e 10 animatori che lavorano

con i ragazzi da tutto l’anno.

Il Baby CRE durerà tutto il mese di luglio con le

stesse maestre della Scuola Materna.

Ha inoltre comunicato che si è formato il Consi-

glio dell’Oratorio che sotto la sua guida riflette

sul lavoro da svolgere e sull’orga-nizzazione.

Quest’anno ricorre il ventennale del nostro Orato-

rio e si sta pensando a possibili iniziative.

3. Don Carlo ha parlato della attività dei Catechi-

sti Battesimali che sono una decina. Il lavoro dei

catechisti non è solo quello di preparare le fami-

glie al Battesimo dei figli, ma di continuare gli

incontri anche dopo il Battesimo allo scopo di

mantenere vivo il valore del Battesimo e

l’educazione cristiana che la famiglia è chiamata

a trasmettere ai figli. E’ questo anche un modo

per tenere unite le famiglie della nostra comunità.

4. Giovedì 31/5 si terrà a Bergamo, in concomi-

tanza con l’incontro mondiale delle famiglie, un

convegno che ha per tema ‘’ Progetto di vita dei

giovani e futuro del lavoro’’. Pur essendo molto

importante l’argomento trattato, a causa degli im-

pegni di lavoro, per la nostra Parrocchia parteci-

peranno solo il Parroco ed altre 3 persone.

5. Il nostro sacrista sig. Luigi va in pensione il

30/6 prossimo dopo anni di lavoro svolto con pas-

sione, competenza e molta disponibilità.

Per riassumere la descrizione del suo operare si

può dire che Luigi ha trasformato il lavoro di sa-

crista in una missione.

Diventa molto difficile perciò la sua sostituzione.

Don Corinno pensa di proseguire per alcuni mesi

con un gruppo di volontari sotto la guida e la di-

sponibilità di Luigi.

Molti hanno suggerito di assumere un nuovo sa-

crista a tempo pieno, e questo sarà l’orientamento

da seguire. Risulta però molto difficile trovare la

persona giusta. In due si sono già offerti, ma don

Corinno non li ritiene idonei a svolgere questo

delicato compito che richiede impegno e presenza

non solo nelle festività ma anche durante i giorni

della settimana (un esempio sono i funerali).

Si è deciso di festeggiare Luigi con un pranzo

aperto a tutti i parrocchiani e di offrire a lui ed

alla moglie il pellegrinaggio diocesano in Polo-

nia.

P.S. Luigi, consultato dal Parroco, ha dato un de-

ciso rifiuto alla proposta di pranzo e pellegrinag-

gio.

Con la recita della Compieta è terminata la no-

stra riunione.

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INTERVISTA A …

Carissimi amici di Brembate, in questi giorni ho

avuto l’occasione di fare un’intervista al nostro

ormai “ex” sacrista Gianluigi, che, in barba a tutti

gli ormai noti innalzamenti dell’età pensionistica, è

riuscito ad andare in pensione. È stata proprio una

piacevolissima chiacchierata, di cui vi riporto i

tratti essenziali e principali.

1. Per quanti anni ha fatto il sacrista?

Ho lavorato come sacrista per 18 anni di cui 9 con

don Panfilo e 9 con don Corinno

2. Cosa faceva prima?

Lavoravo come operaio alla Gildemeister

3. Perché ha cambiato lavoro e ha scelto di fare

il sacrista?

Non si può dire che io abbia scelto di fare il sacri-

sta, anche perché in ditta mi trovavo bene, avevo i

miei orari precisi che mi consentivano di coltivare

anche la mia passione per la bicicletta con gli ami-

ci. Le cose sono capitate un po’ così per caso. Una

domenica ero in chiesa e durante gli avvisi alla fine

della messa, don Panfilo ha detto alla comunità che

cercava una persona che volesse fare il lavoro del

sacrista, visto che prima con don Presti non c’era

un sacrestano fisso, ma questo servizio veniva

svolto da volontari. Io ero ancora giovane, non a-

vevo ancora quarant’anni, ma questa possibilità di

un lavoro molto diverso da quello che facevo, ha

cominciato a “rugarmi dentro”. Ne ho parlato con

don Vanni che ha fatto da intermediario con don

Panfilo, da cui sono stato chiamato qualche giorno

dopo. Ho chiesto un periodo di ferie alla ditta e ho

fatto quindici giorni di prova, alla fine dei quali ho

preso la mia decisione. Ho dato il preavviso al la-

voro per potermi licenziare e così ho cominciato a

lavorare al servizio della Chiesa. Nella mia fami-

glia non lo sapeva nessuno, né mia moglie né i

miei figli, ai quali l’ho detto quando praticamente

avevo già preso la mia decisione e organizzato tut-

te le cose. Mia moglie mi ha incoraggiato dicendo-

mi che se era una cosa che sentivo e che mi piace-

va dovevo farla … e così è cominciata la mia av-

ventura.

4. Quali sono stati gli aspetti più belli del suo

lavoro?

È stato un lavoro che mi è piaciuto tanto, le ore

non mi pesavano assolutamente ed ho sempre avu-

to tanta passione. Ho visto tanta gente pregare con

molta fede e questo mi ha molto colpito. Quando

mi capitava di andare in giro in montagna o in bici-

cletta, per esempio, e passavo davanti ad una chie-

sa, andavo dentro a vederla, anche per prendere

qualche spunto, qualche idea che poi avrei potuto

realizzare a Brembate. Una volta mi ricordo che

don Panfilo mi disse di andare nella chiesa di

sant’Alessandro in Colonna a Bergamo per guarda-

re come era stato parato l’altare. Io sono andato

con la mia bicicletta e con la macchina fotografica,

ho scattato un po’ di foto e poi, in occasione della

festa, ho addobbato il nostro altare proprio come

quello a Bergamo.

5. Quali sono stati invece gli aspetti più faticosi?

I periodi più faticosi sono in occasione delle feste

grandi, perché devi preparare tante cose ed hai

sempre paura di aver dimenticato qualcosa. Non ci

sono mai orari, quasi sempre si va oltre l’orario di

apertura della Chiesa. Per fortuna ho sempre avuto

tanti volontari che mi hanno dato una mano, so-

prattutto nelle grandi occasioni. Io li chiamavo “i

miei operai” e mi piaceva pensare che quando la-

voravo in ditta ero un operaio, mentre adesso in

Chiesa mi sentivo quasi un imprenditore che

“comandava” i suoi operai.

6. Lavorare per la Chiesa ed avere una famiglia

comporta dei sacrifici …

Io ho avuto la fortuna di avere con me mia moglie

che mi ha capito e che mi ha sostenuto in questo

lavoro, altrimenti è dura. Il rammarico più grosso è

stato quello di non avere mai avuto molto tempo

per i miei figli, non li ho visti crescere perché ero

sempre occupato e per tutte le cose della famiglia

ci ha pensato mia moglie. Sicuramente anche per i

miei figli non sarà stato facile avere un padre che

non c’era mai, ma ora con la pensione spero di po-

termi dedicare di più alla mia famiglia.

7. Quanti parroci e curati ha servito?

Come parroci don Panfilo e don Corinno, mentre

come curati don Vanni, don Faustino, don Giusep-

pe, don Gustavo e adesso don Matteo.

8. Può dire qualche aneddoto sui parroci?

Don Panfilo era un tipo molto esigente, preciso,

che non parlava tanto, ma era buono. Don Corinno

è diverso, è più espansivo, meno esigente, è buono

e gli va bene tutto.

9. Ha qualche progetto per la pensione?

Spero di vivere ancora un po’… Non amo fare

viaggi e non lo desidero, ma vorrei riprendere ad

andare in bicicletta e continuare a fare qualche bel-

la camminata in montagna. Poi, come ho detto pri-

ma, stare più vicino alla mia famiglia.

Chiudo queste mie semplici righe con una conside-

razione personale, che mi è venuta durante questa

intervista e che continua anche ora, che sono da-

vanti alla tastiera del mio computer. Parlando con

Gianluigi, che è stato molto cordiale e che mi ha

fatto vedere con la stessa passione delle sue parole

i tanti oggetti che conserva in casa e che testimo-

niano la “memoria storica” e della fede del nostro

paese e della sua vita, ho capito che il suo non è

stato un semplice lavoro, ma una vera e propria

vocazione. E di questa sua passione ne abbiamo

“goduto” un po’ tutti quando, andando in Chiesa,

trovavamo tutto pronto, perfetto, preciso e signifi-

cativo. Anche questo è un modo per amare il Si-

gnore. Grazie! Marco

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Riflessioni

sulla Cresima

“Dio abita la nostra crescita”. Questo è il tema

che ci ha accompagnati durante l’anno catechi-

stico 2011-2012, portandoci al sacramento del-

la Confermazione.

Un tema sicuramente impegnativo, ampio da

sviluppare, che ha lasciato ad ognuno di noi,

ragazzi e catechisti, la possibilità di meditare,

aiutati dallo Spirito Santo (nostro accompa-

gnatore), sul proprio cammino di fede e di vita

cristiana. Sì, perché la fede vissuta e l’incontro

con Gesù è stato per ognuno di noi un cammi-

nare verso ... e con...

La fede non è mai un percorso privato fatto da

soli ma insieme a ..., è sempre e comunque una

relazione.

Il salmo 138 ha introdotto il nostro percorso e

predisposto il nostro cuore nella nostra mente

per poter scoprire come Dio da sempre deside-

ra l’incontro con l’uomo di ieri come l’uomo

di oggi. “Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu

sai quando seggo e quando mi alzo, penetri da

lontano i miei pensieri...”.

Da questo si capisce che il Signore non è spet-

tatore del mio vivere, del mio amare, del mio

soffrire, ma mi accompagna, abita con me, mi

conduce per il giusto cammino, basta solo che

mi rendo conto che solo con Lui la mia vita è

felice e serena. E, poco alla volta, abbiamo

scoperto quanto Dio ci ama e ha cura delle sue

creature. Abbiamo imparato tutti insieme ad

aprire gli occhi, le orecchie, abbiamo usato tutti

i nostri sensi per sentire, ascoltare, guardare,

comprendere la realtà del nostro mondo e della

nostra vita come quella del mondo e della vita

del popolo di Israele. Con stupore e meraviglia

abbiamo incontrato lo Spirito di Dio, che anco-

ra prima dell’uomo aleggiava sulle acque

(Genesi 1,1-2,4). Ovunque nasce la vita, agisce

lo Spirito creatore. Abbiamo viaggiato con la

Santa Bibbia percorrendo i secoli e da sempre

in parallelo con l’uomo di tutti i tempi, lo Spi-

rito di Dio viaggiava con lui.

Abbiamo incontrato i profeti da Isaia a Eze-

chiele, da Daniele a Giovanni il Battista, attra-

versando tutta la storia dell’uomo e con mera-

viglia ci siamo detti che il cuore dell’uomo di

ieri non è diverso dal cuore dell’uomo di oggi.

Ieri come oggi l’uomo ha bisogno di amore per

essere una persona completa. Dio ha sempre

parlato con l’uomo e parla ancora oggi ad o-

gnuno di noi, in questo povero mondo un po’

confuso secolarizzato. Ancora oggi Dio effon-

de il suo Spirito rendendoci testimoni del suo e

del nostro vangelo, trasformando la nostra vita

in un’avventura meravigliosa, degna di essere

vissuta.

Domenica 11 dicembre 2011, dopo aver riflet-

tuto sulla parola di Dio, i nostri ragazzi sono

stati presentati alla comunità durante la cele-

brazione eucaristica delle ore 11,15.

È stata una tappa importante e fondamentale

perché ha aiutato i ragazzi ad uscire dalle loro

personali visioni della fede per poi incontrare

la comunità tutta intera (adulti, ragazzi, anzia-

ni); una comunità pronta ad accogliere indi-

cando loro la gioia del servizio secondo il pro-

prio dono ricevuto per il bene dell’intera chie-

sa. Infatti, una fede vissuta al di fuori della

Chiesa di Dio non è fede secondo Gesù Cristo

perché i sacramenti stessi vengono ricevuti e

vissuti nella comunità.

Il ritiro a Fontanella di Sotto il Monte è stato

un altro momento importante per tutti noi, sia

per il luogo molto suggestivo che predispone

all’incontro e alla preghiera, sia per lo stare

insieme una giornata intera tra meditazione,

preghiera, gioco, Santa messa.

In questo meraviglioso e prezioso percorso,

Don Carlo ci ha accompagnati, visto la sua

esperienza con i ragazzi è riuscito a tenere alta

l’attenzione portando tutti noi a scoprire

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l’importanza e la bellezza della simbologia dei

segni della Cresima facendoci riflettere tenen-

do sott’occhio gli Atti degli apostoli (At 10,34-

38). “Davvero mi rendo conto che Dio tratta

tutti alla stessa maniera...”.

Sono stati poi spiegati i segni della Cresima, il

ruolo del padrino, lasciando spazio alle doman-

de dove ognuno ha poi risposto personalmente

portando lo sguardo un po’ più in là, scoprendo

che la Chiesa di oggi ha sempre bisogno come

allora dell’opera di ciascuno di noi come pietra

viva.

Nell’avvicinarsi del giorno della Confermazio-

ne, ognuno di noi ha riflettuto sul dono parti-

colare che Dio ci ha donato, cercando ogni

giorno di sviluppare questi doni preziosi per

costruire insieme l’unico corpo di Cristo: la

Chiesa, potenza di una cresima autentica, il

sacramento che fa grandi e forti.

Nel ricordo di quel “giorno” ad ogni ragazzo/a

è stata regalata una croce Tau con il proprio

nome inciso, come a ricordare per sempre

l’appartenenza a Dio in un unico e meraviglio-

so abbraccio.

A tal proposito, un grazie particolare va a

Mons. Arellano che ci ha portato una ventata di

Ecuador e ci ha coinvolti nella gioiosa bellezza

della Chiesa universale, a Mons. Cadei per la

sua amorevole presenza di padre che ci ha ac-

compagnato in un cammino di riflessione sul

senso di seguire Gesù e la sua Chiesa e a en-

trambi per averci fatto capire come la Cresima

sia un punto di partenza e non di arrivo nella

comunità.

Adesso è tempo per i ragazzi di essere nel

mondo, consapevoli testimoni della giustizia e

della pace di Dio, di indicare a tutti con le pa-

role e soprattutto con la vita le strade della ri-

conciliazione e della tolleranza, della solidarie-

tà e della condivisione, le vie che portano al

cielo.

Cari ragazzi, la Chiesa universale apre le porte

della vostra missione. AUGURI!

Siamo con voi.

È giunto il momento di iniziare... I vostri catechisti

Di seguito alcuni pensieri dei nostri ragazzi:

Con la Cresima avrò un futuro in cui potrò

testimoniare la Parola e l’insegnamento che

Gesù mi ha donato nel Battesimo e che mi

dona ogni settimana nella Comunione.

Penso di poter consigliare la Cresima ad

altre persone, spiegando loro cosa è Dio

per me.

Il mio futuro da cresimato lo immagino co-

me un testimone che, senza paura o timore

di essere preso in giro, dice “si” all'inse-

gnamento di Gesù.

Per vivere coerentemente la mia fede, andrò

sempre a messa e a catechismo, seguendo

così la strada di Gesù.

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XX Anniversario

di ordinazione sacerdotale

di don Alberto Brignoli

Nell’ultimo anno la vita comunitaria ha visto

più momenti di celebrazione e di festa per i

nostri sacerdoti, al servizio della Parrocchia o

originari del Paese.

Dal saluto a Don Gustavo al benvenuto per

Don Carlo e Don Matteo. Ma anche per gli

anniversari di sacerdozio di Don Corrado e

Don Carlo. Ora, quasi a chiusura di questo an-

no ricordiamo il ventesimo di sacerdozio di

Don Alberto Brignoli.

Tra un affare e l’altro di Vaticano siamo riu-

sciti a contattarlo per ripercorrere il ventennio

appena trascorso.

Un poco per le tante domande formulate e ma

soprattutto per la ricchezza delle risposte e ri-

flessioni proposte, il risultato è stata

quest’intervista-fiume, che in nessun modo ci

siamo sentiti di riassumere o sfoltire almeno in

parte e che proponiamo integralmente …

Don Alberto, auguri da parte di tutta la co-

munità di Brembate di Sopra. Vent’anni da

raccontare, con più esperienze, in ambiti e

contesti che possono apparire tra loro opposti

ma accomunati dall’unico filo della pastorale

evangelica al servizio delle comunità missio-

narie. Prima “sul campo”, in America Latina

e, da qualche anno dietro la scrivania, “nella

stanza dei bottoni”. Ma sempre e comunque

con la valigia, “ la bisaccia, il bastone e i san-

dali” pronti per mettersi in viaggio. Riavvol-

giamo per un attimo la pellicola della vita e

ritorniamo prima ancora della consacrazio-

ne, fino al momento della vocazione. Quando

e come è cominciato questo tuo lungo cammi-

no? Quali i ricordi e i momenti salienti?

Hai proprio ragione … il cammino è lungo, e

risale a quasi trentacinque anni fa! Allora con

la mia famiglia abitavamo ancora a Bergamo,

nella parrocchia di Celadina, ed è lì che è nato

il mio desiderio di diventare “come il mio cu-

rato dell’oratorio”, sempre in mezzo ai ragazzi,

allegro, pieno di aiuti e di consigli per tutti.

Quando lui ha capito che quel desiderio proba-

bilmente era una vocazione, allora mi ha avvi-

ato agli incontri vocazionali in seminario, fino

poi a iniziare il lungo cammino di formazione.

Era il 17 settembre 1978. Ricordare ora i mo-

menti salienti sarebbe difficile, bisognerebbe

menzionarne troppi.

Li voglio ricordare tutti, questi quattordici anni

di seminario, giorno dopo giorno, fatica dopo

fatica, gioia dopo gioia, soddisfazione dopo

soddisfazione: e vorrei poter dire “grazie” per

ognuno di quei giorni; e voglio poter dire

“Dio” presente in ogni istante della mia vita, di

seminarista prima e di prete poi.

Soprattutto quando Dio mi ha fatto soffrire un

distacco, quello dalla mia parrocchia di origi-

ne, per darmi una gioia più grande, ovvero af-

fidarmi – era il 1983 – alla mia parrocchia

“adottiva”, quella di Brembate Sopra, quella

che ormai sento parte di me, come un figlio

sente di essere parte di una famiglia straordi-

nariamente piena di amore. Perché questo è ciò

Il giorno della mia prima Messa entrando in chiesa.

A Pongo in Bolivia con l’Arciv. Mons. Tito solari.

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che ho ricevuto, e ricevo ogni volta che torno

al mio paese.

Una vita consacrata al servizio delle missioni.

Una scelta importante ma anche difficile, che

porta lontano, che separa materialmente per

lunghi periodi dal contesto in cui si è cresciu-

ti, dai propri cari, per calarsi in una realtà

spesso profondamente diversa da quella in

cui ci siamo formati. Quando nel cammino

della tua vocazione ha iniziato a delinearsi

questa rotta verso cui spiegare le tue vele?

È proprio il caso di dire che Dio scrive dritto

sulle righe storte della nostra vita … Quando,

in seminario, ci veniva prospettata dai superio-

ri la possibilità di fare un’esperienza missiona-

ria in una delle nostre missioni diocesane,

sempre rispondevo: “Ma che missione … la

missione è qui, che bisogno c’è di andare

all’estero?”. E la cosa è andata avanti parec-

chio, almeno fino al 1994, due anni dopo il

mio arrivo a Monterosso. Ma Dio ha deciso di

farmela pagare, e di tappare la bocca alle mie

banali e lapidarie affermazioni. Era l’estate del

1994, avevo bisogno di una ricarica, di uno

stimolo nuovo, dopo i primi due anni in orato-

rio, in cui le cose andavano bene, ma era tanta

anche la fatica. E allora, con un gruppetto di

giovani ho deciso di fare questo viaggio di un

mese circa per visitare in Bolivia un mio caro

amico sacerdote, ma senza grandi pretese: an-

diamo a vedere com’è ‘sta Bolivia... Beh,

l’esito del viaggio è facilmente intuibile! Nel

1995 vi sono tornato per altri venti giorni: è

stato il colpo di grazia. A parole non puoi de-

scrivere cos’è che ti conquista, di quella terra;

come un innamorato non sa perché viene

“stregato” dallo sguardo della sua ragazza, cre-

do una cosa del genere … Andai dal carissimo

e compianto Mons. Amadei e gli dissi:

“Quando lei ha bisogno di un prete per la Bo-

livia, io ci sono”. Mi ha guardato un po’ stra-

no, dicendomi: “Tu? Ma scusa … la missione,

per te, non è qui?”. “Faccia come crede – gli

risposi – ma io ci voglio andare”. Passarono

quasi tre anni, ma la mia Chiesa di Bergamo

mi ha fatto questa grazia; una grazia che mi ha

letteralmente sconvolto e cambiato la vita. O-

ra, non posso più fare a meno della missione:

mi mancherebbe l’aria che respiro!

Poi il ritorno in Italia e il servizio comunque

a favore delle missioni, dall’altra parte della

scrivania … ma anche l’impegno con la On-

lus Amici di Pongo.

Rientrando, non sapevo cosa avrei fatto, e ave-

vo anche un po’ paura, perché temevo che non

mi sarei trovato bene, in Italia, dopo tanto tem-

po. Ero certo solo di una cosa: alla missione

che mi aveva dato tutto, avrei restituito tutto. E

così, accetto la proposta di Mons. Amadei di

ripartire come missionario dentro l’Italia, in

una diocesi bisognosa di clero come quella di

La Spezia. Un’esperienza breve, troppo breve,

forse (solo 10 mesi), ma senz’altro molto si-

gnificativa, visti i legami che a 5 anni di di-

stanza riesco ancora a mantenere con diversi

miei ex parrocchiani. Significativa, anche per

il fatto che in quella chiesa povera, semplice,

essenziale (paesaggisticamente, uno spettaco-

lo..) mi sono sentito più che mai missionario.

Poi arriva la chiamata della Conferenza Epi-

scopale Italiana per il servizio alla missione:

prima in ordine alla formazione (4 anni al Cen-

tro Unitario Missionario di Verona) e ora in

ordine alla coordinazione e alla cooperazione

missionaria, “dall’altra parte della scrivania”,

qui presso la Segreteria Generale della CEI a

Roma, nell’Ufficio Missionario Nazionale.

Modalità molto diverse tra di loro, ma comun-

que sempre legate alla pastorale missionaria e

quindi vissute ancora come servizio

all’evangelizzazione e alla promozione umana.

A questo servizio, il gruppo di amici che in

questi anni ha condiviso, direttamente sul cam-

po oppure da casa, la passione per la missione

Con Mons. Bassano Staffieri, Vescovo di La Spezia.

Con il card. Rodriguez Marradiaga a Quito.

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avviata nel Centro Pastorale di Pongo a Co-

chabamba, ha deciso di dare una conformazio-

ne ufficiale dando vita alla Associazione

“Amici di Pongo – Onlus” che da quasi 4 anni

promuove e finanzia i progetti della Fondazio-

ne ProPongo fondata in Bolivia nel 2005. Am-

bito educativo, sanitario, pastorale e di promo-

zione umana sono i luoghi di attività

dell’accordo tra Fondazione e Associazione

che vede il coinvolgimento di circa 100 soci

sparsi in tutta Italia, ma soprattutto nella nostra

terra bergamasca.

Spesso, in occasioni di ricorrenze, arriva la

classica domanda “cosa cambieresti … cosa

non rifaresti …”. Non è per niente interes-

sante come domanda. Del passato abbiamo

parlato, guardiamo un poco al futuro. “Fiat

voluntas tua …” può andare, ma troppo faci-

le … Prova ad immaginare i prossimi venti

anni con lucidità e concretezza. E poi anche

un poco con gli occhi di un bambino, so-

gnando ed esprimendo un desiderio.

Sono contento che non mi chieda del passato,

perché in genere rispondo in maniera laconica

ma molto convinto: non ho rimpianti, cambie-

rei molte cose, farei meno errori ma non mi

pento di nulla di tutto ciò che ho fatto, perché

tutto concorre al bene. Il futuro? Beh …

d’immediato continua a esserci Roma con i

suoi annessi e connessi. Il mio (come tutti gli

incarichi alla CEI) è un incarico a tempo deter-

minato, è triennale e termina il 1 novembre

2013. Che cosa avverrà dopo? In

quest’ambiente di lavoro dicono che c’è sem-

pre da aspettarsi di tutto: personalmente spere-

rei di no … e di poter anche dire di no a even-

tuali richieste delle quali non mi sentirei

all’altezza! Il mio incarico mi piace, il lavoro

che svolgo, pure. Se quindi posso continuare a

dare una mano al mondo missionario, in qual-

siasi ambito, ben volentieri. Poi ti dirò: soprat-

tutto quando sono in viaggio da settimane,

cambiando fuso orario ogni due giorni, facen-

do quindici scali aerei in due settimane, andan-

do e tornando su e giù dall’Italia (isole com-

prese) più volte in pochi giorni, mangiando e

dormendo dove capita (nel Sud dell’Italia di

solito capita molto bene, devo ammetterlo!)…

beh, allora mi viene la nostalgia della vita di

parrocchia! Vorrei tanto un po’ di stabilità, di

tranquillità (relativa, perché non mi pare che

fare il parroco oggi sia una cosa tanto pacifi-

ca…), di possibilità di avere una comunità di

riferimento. Dico così, ma poi so già che com-

binerei disastri perché il parroco a Bergamo

non l’ho proprio mai fatto, in questi venti anni!

Un desiderio? Sì, uno grande l’ho: fare in mo-

do che la gente, incontrandomi, possa arrivare

più velocemente a incontrarsi con Dio, o quan-

to meno a non allontanarsi ulteriormente da lui

a causa mia. Il resto è tutto davvero nelle sue

mani.

Per finire, un saluto e ... alcune righe a testo

libero tutte per te, senza interrogatorio!!!.

Che cosa posso dire, oltre al “Grazie” che ogni

giorno ripeto a Dio per tutto ciò che vivo, e

che vorrei poter dire sempre a chi mi stima, mi

vuole bene e mi è vicino, soprattutto quando

mi dimentico di essere loro riconoscente? Au-

guro a tutti di vivere la vita con pienezza, in-

tensamente, fino in fondo e senza stancarsi:

perché è un treno di occasioni e di opportunità

che passa senz’altro una volta nella nostra sto-

ria, ma non sappiamo se torna. Su questo treno

sono stipati mille sogni, uno per ogni giorno

della nostra vita: prendiamone il più possibile,

e facciamo che diventino realtà. Luca

L’intervista realizzata dal nostro collaborato-

re Luca Bonati è molto più lunga. Ci scusiamo

per non poterla pubblicare integralmente. Chi

desiderasse, la può trovare sul sito internet

dell’oratorio.

Nel mio ufficio.

Con i bambini lustrascarpe a Qujito in Ecuador.

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BATTESIMI

PAGANI ELISA

di Alessandro

e Zanchi Denise

nata a Bergamo il 17.122011

battezzata il 06.06.2012

FUSTINONI ANNA

di Stefano

e di Cavenati Elena

nata a Bergamo il 12.12.2011

battezzata il 06.06.2012

"Grazie Signore per averci donato

Anna. Ti chiediamo di accoglierla

e vegliare su di lei.

Dacci la forza, il coraggio, la

pazienza, la comprensione e la saggezza per crescere

Anna nell'amore."

CORNAGO EMANUELE

di Marco

e di Rota Barbara

nato a Bergamo il 18.08.2011

battezzato il 17.06.2012

BOSCO

GABRIELE ANGELO

di Morris

e di Valsecchi Elena

nato a Bergamo il

27.10.2011

battezzato il 17.06.2012

"Signore, oggi ti affidia-

mo la vita di Gabriele

Angelo, il nostro piccolo "miracolo", chiedendo per lui

salute, serenita' e fede di Dio Padre. Gli interminabili

giorni di sofferenza che hanno seguito la nascita di Ga-

briele Angelo, sempre accompagnati però della tua pre-

senza, dalla preghiera e dalla speranza in Te, sono or-

mai passati, lasciandoci però un grande insegnamento:

l'amore tra un uomo e una donna da frutto a una creatu-

ra, ma solo grazie al tuo Spirito Santo diventa Vita Pre-

ziosa ! Te ne siamo grati, Gabriele Angelo e' la luce

della nostra famiglia ! Sostienici ed aiutaci ad educarlo

nella fede cristiana e nell'amore verso il prossimo. In

questo giorno di grande gioia, la nostra preghiera e'

rivolta a tutti i bimbi ricoverati al Reparto di Patologia

Neonatale degli Ospedali Riuniti di Bergamo con l'augu-

rio di poter conoscere presto la loro casa. Noi ti pre-

ghiamo " .

CENTAMORE GRACE

di Alessandro

e di Arata Nadia

nata ad Alzano Lombardo il 06.09.2009

battezzata il 28.06.2012

PICCINI LEONARDO

di Lorenzo

e di Calsi Elena

nato ad Alzano Lombardo il 23.07.2011

battezzato il 01.07.2012

BETTOSTI MATTIA

di Luca

e di Zanchi Pamela

nato a Bergamo il 26.03.2012

battezzato il 01.07.2012

QUARTI

ALESSANDRO

VINCENZO di Vincenzo

e di Fernandez Lisbet

nato a Seriate

il 13.04.2012

O Padre onnipotente e

misericordioso, sostegno

nella debolezza, conforto nel pianto, benedici il nostro

piccolo Alessandro Vincenzo, aiutalo a crescere nella

fede e accompagnalo nel cammino della sua vita.

MATRIMONI

META MATTIA

con

CASTALDO CHIARA

il 9 giugno 2012

CENTAMORE ALESSANDRO

con

ARATA NADIA

il 28 giugno 2012

OPINI STEFANO

con

SERVALLI ALESSIA

il 29 giugno 2012

COMO GABRIELE

con

BUTTIRONI ERICA

il 6 luglio 2012

Fuori Parrocchia

TURANI VINCENZO

con

FERRARIO MARA

il 7 luglio 2012

alla Madonna della Castagna

Anagrafe

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FUNERALI

CAPELLI MARGHERITA

ved. Togni di anni 82

morta il 9 giugno 2012.

ROTA LUIGI di anni 75

morto il 12 giugno 2012.

GHEZZI

SUOR GIACOMINA

(Maria) di anni 86

morta il 14 giugno 2012.

CASSOLA

MARIA PIERINA

ved. Poletti di anni 85

morta il 18 giugno 2012.

ROTA NATALE di anni 56

morto il 18 giugno 2012.

ZUCCHELLI BASILIO di anni 76

morto il 23 giugno 2012.

TIRONI ROSANNA

in Kifle Tecle di anni 63

morta il 24 giugno 2012.

PUCCI MARIA ASSUNTA

ved. Bernardini di anni 87

morta il 2 luglio 2012.

ROTA MARIA

ved. Morlotti

di anni 91

morta il 24 luglio 2012.

Il 6 marzo scorso è morta la signora

ROSINA MASCHERETTI ved. Natali

Nel testamento ha lasciato € 5.000 per la

parrocchia. La parrocchia riconoscente pro-

mette preghiere di suffragio e ringrazia sen-

titamente i familiari.

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Ricordo di

Suor Giacomina Ghezzi

Suor Giacomina, Maria Ghezzi, nasce il 28

luglio 1925 a Brembate di Sopra (BG).

Dalla famiglia e dalla comunità parrocchiale

riceve esempi luminosi, che lei accoglie con

gioia e da essi è aiutata a relazionarsi serena-

mente con le giovani compagne.

Costruisce la sua solida fede sulle essenziali

conoscenze della fede apprese frequentando la

catechesi, l’oratorio delle suore Sacramentine

e soprattutto la Messa quotidiana.

Da adolescente comunica al parroco, don Gio-

vanni Morelli, il suo desiderio di farsi suora e

da questi riceve sostegno e consiglio.

Il 5 giugno 1946, il parroco stesso presenta

all'Istituto la giovane “dal contegno serio e

posato, che dona buona speranza di riuscita”.

Trascorre l’anno di Postulato nella comunità

sacramentina di Suisio e nel 1947 entra in No-

viziato a Bergamo per l’anno di formazione.

Nel secondo anno di Noviziato è inviata alla

comunità di Milano che è al servizio dei Padri

del PIME. Emette, a Bergamo, i primi voti il

15 giugno 1949 e quelli perpetui il 19 giugno

1954.

Nel 1949 ritorna nella casa del PIME di Mila-

no offrendo generosamente il suo servizio co-

me cuoca.

Nel 1992 viene trasferita nella Comunità del

Seminario di Lodi. Qui rimane fino al 2005.

Nonostante la poca salute che la indurrebbe a

rallentare, suor Giacomina continua a svolgere

il suo compito con generosità e amore impe-

gnandosi tutto il giorno con energia, gioia e

spirito di sacrificio, tanto che la cucina diventa

il suo mondo e il luogo dove vivere la sua ob-

bedienza e la sua missione.

Timida, sensibile, docile e buona, è sempre

disponibile nei confronti di tutte le sorelle e

delle persone con cui collabora volentieri.

Scrive: “Metterò maggior impegno nella virtù

e sarò perseverante nell’umiltà e nella cari-

tà”, infatti è rispettosa, umile e impegnata nel-

le relazioni che sa intessere in modo molto se-

reno e costruttivo.

Sosta a lungo e volentieri in adorazione davan-

ti a Gesù Eucaristia e nel silenzio della pre-

ghiera riceve conforto e luce.

Leggiamo nei suoi scritti: “Capisco proprio

che Gesù continua, come un tempo, a sussur-

rare al mio cuore di seguirlo ad essere sua

vera sposa... ed ecco il mio desiderio sta rive-

landosi...”.

Per ben 57 anni, Sr Giacomina “consuma” la

sua vita in un’amorevole “missione” a favore

dei ministri di Dio e dei missionari del Regno.

Nel 2005, a motivo della chiusura della Comu-

nità, è accolta, nella casa di Redona. Qui si

impegna ancora in piccoli servizi contenta di

riuscire ad essere più unita a Gesù Sacramen-

tato nella preghiera di adorazione.

Improvvisamente, la sera del 14 giugno 2012,

nel silenzio, che ha sempre amato e nel quale è

vissuta, il suo cuore smette di battere.

Viene tumulata a Brembate di Sopra il 16 giu-

gno 2012.

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Vilminore, Branzi, Gandellino, Clusone, Castione.. Queste le mete dei

campi scuola estivi degli ultimi cinque anni.

Ogni anno si è respirata un'aria diversa – e non solo per la diversa al-

titudine..Sono cambiati gli animatori e gli assistenti, i cuochi e i Don –

la direttrice no, non è cambiata, santa donna la Ivonne!.

Ma soprattutto si sono susseguiti decine e decine di bambini e ragaz-

zini di età diverse, esigenze e abitudini diverse..

Per un animatore, specialmente per quelli che prestano servizio per

più di un turno consecutivo, il divario tra un'annata e l'altra si perce-

pisce nettamente : il passaggio dalle elementari alle medie è sempre

piuttosto brusco, poiché a quell'età i ragazzini escono dal mondo dell'

“innocenza” ed entrano in una realtà ben più ampia e, talvolta, diso-

rientante anche per noi che ci prendiamo cura di loro, seppur per un

breve periodo di tempo.

Non è facile insegnare a un gruppo di preadolescenti in piena fase ri-

belle che al campo scuola ci sono regole da rispettare, tra cui TUTTI

FANNO TUTTO: tutti apparecchiano,

sparecchiano o lavano, a turno; tutti

giocano a tutto ciò che viene proposto e

tutti partecipano alle riflessioni quando

è il momento. Tra i ragazzi, c'è chi è già

stato abituato da bambino a partecipa-

re alla vita domestica e a vivere in grup-

po, e chi invece al campo scuola scopre

una realtà nuova, a volte forse anche un

po' faticosa, rispetto allo stile di vita a

cui si è abituati.

Alla fine però, con le buone o le cattive (macchè...) maniere, tutti im-

parano qualcosa di utile, e sono felici di condividere le giornate in

montagna con i propri compagni di viaggio.

Il campo scuola a volte costa fatica, a volte è stressante (per tutti!),

eppure quando l'esperienza finisce e l'animatore torna a casa propria

– devastato – una buona dose di nostalgia non manca mai, specialmente

ripensando a certi momenti della giornata al campo scuola. Per esem-

pio in montagna il risveglio, per quanto talvolta duro, è uno dei momen-

ti in cui si prova maggior tenerezza: vedere persino gli elementi più

“teppistelli” che faticano ad aprire gli occhi e in una condizione molto

poco cosciente tentano di stiracchiarsi, fa quasi impressione..

In fondo, l'animatore si emoziona quando sente dire dai ragazzini che

non vorrebbero proprio tornare a casa..

Allora GRAZIE a tutti i ragazzini che hanno partecipato al campo

scuola a Castione, perché anche voi senza volerlo ci avete insegnato

ad accettarci come siamo, con i nostri prego e difetti, e a vivere bene

insieme.

Arrivederci all'anno prossimo!

Chiara

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La settimana trascorsa a Castione della Presolana

è stata una bellissima esperienza che ci ha per-

messo di fare nuove amicizie e ci ha concesso una

meritata settimana lontano dalle nostre famiglie.

Abbiamo anche imparato ad essere più autonomi,

apparecchiando, sparecchiando, lavando i piatti,

sistemando i letti, pulendo...

Ci siamo divertiti con i giochi organizzati dai

nostri simpatici animatori: Karim, Chiara, Beatri-

ce e Alessandra.

Oltre ai momenti di gioco, ci sono stati spazi

per la riflessione di gruppo e la preghiera che

sono stati

utili a capire la gioia di stare insieme e a os-

servare la bellezza che ci circonda.

Ringraziamo di cuore i nostri compagni di av-

ventura e le persone che ci hanno accompagna-

to

in questa esperienza e... arrivederci all'anno pros-

simo Gio & Gio, II mediaGio & Gio, II media

É stata la prima volta che sono andata in va-

canza senza la mia famiglia, avevo un po' di

nostalgia;

ma l'ambiente, gli animatori e le mie amiche

sono riusciti a rendere piacevoli questi gior-

ni.

A parte il brutto tempo che non ci ha per-

messo di stare all'aria aperta, mi sono diver-

tita molto al gioco notturno (anche se avevo

un po' paura).

Un altro momento che mi è piaciuto molto è

quando alla sera ci mettevamo sotto le co-

perte e non smettevamo più di parlare.

Chissà forse l'anno prossimo ci ritornerò! Giorgia, IV elementare

L'esperienza del campo scuola

mi è piaciuta molto perché mi

sono divertito con i miei amici

e ne ho conosciuti di nuovi. Valentina e Nicola, IV elementare

Mi sono piaciute tanto le

riflessioni fatte dopo cena

dalla signora Ivonne.

Un grande grazie a tutti per la

grande avventura… Spero di

ripeterla l'anno prossimo. Jacopo, IV elementare

Page 20: Insieme nr. 20 agosto 2012

P arlare del cre è sempre difficile. Significa parlare di un'e-

sperienza complessa, si rischia sempre di cadere nel bana-

le, di non raccontare quello che di bello e di veramente importante

accade in oratorio. Oggi è mercoledì della seconda settimana di

cre. E' ancora presto per i bilanci. E' ormai passata la settimana

del “rodaggio”, periodo in cui tutti “prendiamo le misure” con bam-

bini, strutture, programmi, doveri e tutto il resto. Sono seduta

fuori dalla direzione dell'oratorio. Davanti a me i ragazzi del cre si

divertono nei tornei di calcio, pallavolo e pallamano. E' bello vedere

i volti impegnati ma felici dei ragazzi. E' divertente vedere gli ani-

matori incitarli e arrabbiarsi quando perdono la palla. E' il sintomo

di quanto pienamente vivono quest'esperienza.

Ma a voi voglio raccontare quelle storie, le piccole e grandi cose

che ci sono dietro un cre. Il cosiddetto dietro le quinte.

Dovete sapere che il cre in realtà inizia a fine febbraio. Si prendo-

no gli accordi con il comune, i coordinatori si ritrovano per le prime

decisioni, per capire quale taglio dare al nuovo cre. A marzo la dio-

cesi presenta il tema del cre. Appunta-

mento atteso da tutta la bergamasca e

non solo, dove viene presentata la storia,

i balli, le divise degli animatori, insomma,

tutto il necessario per la realizzazione

materiale del cre.

E da qui iniziano i giochi. Ma quando i gio-

chi si fanno duri, i duri cominciano a gio-

care. Entrano cosi in campo gli animatori. Loro sono l'anima del cre.

80 adolescenti di Brembate si rendono disponibili a far vivere

quest'entusiasmante esperienza ai bambini della comunità di Brem-

bate. Cosi da fine marzo fino a giugno s'incontrano settimanalmen-

te per preparare e progettare il cre.

E' strano pensare come “l'adolescente” sia sempre considerato co-

me un ragazzo difficile, in un periodo difficile. E quindi stigmatiz-

zato in un ruolo tendenzialmente negativo. Io credo invece che l'a-

dolescente sia un pozzo di possibilità infinite e dotato di una capa-

cità di reinventarsi infinita. Il cre diventa per tutti loro un'espe-

rienza formativa unica nel suo genere, perché per la prima volta,

tutti loro possono sperimentare cosa vuol dire “prendersi cura de-

gli altri”.

Altro elemento importante e l'assoluta novità del cre di quest'anno

è la presenza di tante mamme. Chi meglio di una mamma può inse-

gnare come prendersi cura di un bambino, della casa e di come si

può organizzare al meglio la giornata? Le mamme aiutano a tener

pulito l'oratorio e la colonia. Ci danno una mano nei turni di mensa e

nelle merende. Hanno sempre una parole dolce e la soluzione ai pro-

blemi di ogni giorno.

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E non dimentichiamoci del don. Lui è il nostro boss. Il capo di tutto

questo sgangheratissimo gruppo. E' l'anima e il responsabile del no-

stro oratorio. Don Matteo ci indica la strada giusta, ci insegna a pren-

derci le nostre responsabilità, a fare delle scelte con la consapevolez-

za di ciò che esse comportano

Presentati gli elementi è giusto dirvi che c'è tanto altro che fa il cre.

Avere il personale non significa aver trovato la soluzione a tutti. Come

dice il detto: “L'italia è fatta, dobbiamo fare gli italiani!”. Anche noi

abbiamo i ragazzi dobbiamo fare gli animatori. E' qui che comincia la

formazione. I coordinatori ma soprattutto il don, organizza e proget-

ta degli incontri dove far riflettere gli adolescenti sul loro ruolo, sul

tema del cre, e quali valori e principi vogliamo far passare attraverso

quest'esperienza.

Ci sono poi le pizzate, le partite la laser game, le uscite per il caffè.

Gli incontri per pulire l'oratorio. Tutti momenti che servono a fare

gruppo. A far in modo che 80 persone comincino a pensare e a ragio-

nare all'unisono.

Piano piano i rapporti diventano sempre più importanti e stabili. Nasce

una piccola famiglia di persone che vivono assieme, lavorano assieme e

vivono esperienze uniche assieme. Si diventa amici. Si stringono rela-

zioni importanti di fiducia e di bene reciproco. Ci si fida degli altri e

si conta sugli altri. Si ride insieme e ci si arrabbia, tanto, insieme. Ma

la forza di quest'esperienza è

che nonostante i momenti te-

si, e le arrabbiature, dietro

l'angolo c'è sempre il sorriso

e la voglia di correre verso

l'altro, di capirlo e d'incon-

trarlo a metà strada.

Così l'ingranaggio del cre co-

mincia a muoversi, a funziona-

re. E non smette mai. Perché

ogni cre, nonostante finisca

sempre, ogni anno, continua a

vivere nel cuore di chi lo vive.

Guardo i ragazzi che son a pochi metri da me. Mi piace pensare che

davvero si ricorderanno di queste quattro settimane sempre, e che

saranno i futuri animatori di domani. Vedo gli animatori e li ricordo

qualche anno fa, loro stessi in quegli stessi campi. Quanta strada han

fatto e come son cresciuti. E' bello pensare che per un pezzo, anche

piccolo, il cre e l'oratorio hanno contribuito a far di loro quello che

sono ora e che loro contribuiranno alla crescita di qualcun altro.

Per concludere, anche perché ormai i tornei son finiti e bisogna scen-

dere in colonia, non mi resta che dire che il cre è una piccola palestra

di vita, dove ognuno lascia qualcosa di sé agli altri. E questo forse è la

sua vera forza e il suo ingrediente magico più importante.

Federica

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Cronaca

di giornate

indimenticabili

Questo è il racconto di giornate che per me

sono state indimenticabili e, per certi versi,

irripetibili. Mi piacerebbe di riuscire a comuni-

carvi le mie sensazioni vissute durante gli otto

giorni del Pellegrinaggio diocesano in Polonia.

Nella convocazione il nostro vescovo ne ha

tracciato le caratteristiche: “Quest’anno la di-

mensione del Pellegrinaggio è mariana e ci

farà da guida un innamorato di Maria come lo

è stato Giovanni Paolo II”.

Lunedì 9 luglio. Levataccia per essere puntua-

li a Bergamo. Si parte alle 5.30 e non bisogna

farsi aspettare. Il nostro gruppo di Brembatesi,

oltre che dal sottoscritto, è composto di altre

cinque persone più una frequentatrice della

nostra comunità, che però risiede ad Almenno

San Bartolomeo. Sul pullman non ci si cono-

sce e perciò si inizia un po’ in sordina, ciascu-

no nel suo silenzio. La preghiera rompe il si-

lenzio e dà subito il tono del nostro viaggio. La

prima sosta (oltre a quelle “tecniche” in auto-

strada) è a Villach, una cittadina austriaca po-

co oltre il confine al passo del Tarvisio. La

messa nella chiesa parrocchiale di St. Jakob è

presieduta da mons. Lino Belotti. Dopo il

pranzo si riparte.

La nostra prima sosta notturna sarà a Bratisla-

va, la capitale della Slovacchia. Si trova sulle

rive del Danubio, a una cinquantina di chilo-

metri da Vienna. Arriviamo verso le ore 21,

stanchi per la lunga giornata passata in pul-

lman e un po’ affamati. Dopo cena subito a

letto perché ci attende una giornata intensa che

inizia sempre troppo presto! Dopo colazione

andiamo a piedi alla cattedrale, passando nella

parte storica della città. Nella cattedrale, dedi-

cata a S. Martino, siamo accolti dall’arci-

vescovo che, dopo aver salutato un gruppo di

guardie svizzere in pellegrinaggio sui luoghi di

San Martino, saluta anche il nostro gruppo. La

celebrazione della messa dà inizio anche oggi

alla nostra giornata. È presieduta dal vescovo

Lino Belotti e con noi concelebra anche il cap-

pellano delle guardie svizzere e due delle guar-

die fungono da chierichetti.

La mattinata è dedicata alla visita della città.

La città è bella, pulita e ordinata ed è dominata

dall’alto dall’elegante bianca mole del castello.

Ci accompagna una guida locale che ci porta

ad ammirare alcuni luoghi caratteristici della

città. Dopo pranzo si riparte alla volta di Cra-

covia, dove arriviamo in serata. Il pellegrinag-

gio entra nel vivo. L’appuntamento è alla chie-

sa dei Santi Pietro e Paolo. Lì ci incontriamo

con il nostro vescovo Francesco e con i pelle-

grini arrivati in aereo. Il vescovo, durante la

messa, traccia il significato del nostro cammi-

no: arriveremo al Santuario di Maria guidati

dal Beato Giovanni Paolo II e da altre grandi

figure della Chiesa polacca che hanno caratte-

rizzato la vita della Polonia del secolo scorso.

Le incontreremo nel cammino di queste gior-

nate. Dopo la messa inizia la visita alla città,

divisi in gruppi e accompagnati da guide loca-

li. La nostra guida, Agnese, è simpatica e mol-

to brava: sa farci gustare le bellezze della Po-

lonia e soprattutto riesce a comunicarci la for-

za morale e la fede di questo grande popolo. Il

cuore morale della città è la collina del Wawel,

dove sorgono il castello e la cattedrale dedica-

ta a S. Stanislao. Il luogo è meraviglioso e rac-

chiude l’anima della città. La cattedrale, so-

prattutto, rappresenta forse meglio di altri luo-

ghi la Polonia. Lì, infatti, sono sepolti i re po-

lacchi e gli arcivescovi. Si respira ancora la

forza morale del card. Karol Wojtiła, che è sta-

to arcivescovo di questa città prima di diventa-

re Papa Giovanni Paolo II. Attraverso le vie

storiche della città raggiungiamo l’immensa

piazza del mercato. Lì visitiamo la chiesa di

Santa Maria con lo splendido altare ligneo.

Ovviamente la guida ha fatto in modo che arri-

vassimo lì in tempo per l’apertura delle grandi

ante dell’altare che coprono la raffigurazione

della “Dormizione di Maria”. All’esterno rice-

viamo il saluto della tromba che saluta la città,

il re, i poveri e i turisti. Dopo il pranzo in un

ristorante tipico, partiamo per Wieliczka, per

visitare le miniere di sale. Lungo i secoli, i mi-

Cracovia: la Cattedrale

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natori hanno scavato gallerie per 300 chilome-

tri. La visita ci porta in grandi spazi, dove sta-

tue scolpite nel sale, illustrano il duro lavoro

dei minatori. Al terzo livello è stata scavata

interamente nel sale una grande cappella, dedi-

cata a Santa Kinga (Cunegonda), che non ha

nulla da invidiare alle nostre chiese sia in gran-

dezza sia in arredo. All’uscita ci accoglie

l’acqua di un temporale, che ci accompagna

fino alla tappa successiva: il Santuario della

Divina Misericordia, alla periferia di Cracovia.

Qui visitiamo i luoghi di Santa Faustina Ko-

walska. Il vescovo, nel santuario, ci propone la

sua prima catechesi. La serata termina in un

ristorante tipico, nei pressi di Wieliczka, dove

ci vengono proposti piatti tipici della cucina

polacca. In particolare ci viene servita una

zuppa al sapore di funghi in un contenitore di

pane. Ci dicono che fosse il piatto preferito di

Papa Giovanni Paolo II.

La quarta giornata ci porta nel quartiere di No-

wa Huta (Nuova Acciaieria). Il regime comu-

nista qui voleva costruire “la città ideale” in

cui non era prevista la costruzione dei luoghi

di culto. La gente, però, a furor di popolo, ha

chiesto e lottato per la chiesa sostenuta

dell’arcivescovo, il card. Karol Wojtiła. Cele-

briamo la messa nella chiesa dedicata a San

Massimiliano Kolbe, dove ricordiamo un’altra

grande figura della Chiesa polacca: il Beato

Giorgio Popiełuszko, sacerdote ucciso dai co-

munisti il 19 ottobre 1984. Dopo la messa a-

scoltiamo la testimonianza di uno storico che

ci racconta le vicende legate alla costruzione

del quartiere in cui ci troviamo. Dopo una bre-

ve visita al quartiere, in pullman, torniamo alla

piazza del mercato di Cracovia per il pranzo in

un ristorante tipico e tempo libero per gli ac-

quisti. Partiamo quindi per Kalwaria Ze-

brzydowska, una località a una quarantina di

chilometri da Cracovia e a una quindicina da

Wadowice, il paese natale di Giovanni Paolo

II. Il santuario era meta dei pellegrinaggi del

Wadowice

Kalwaria

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piccolo Karol Wojtiła con il suo papà. Alla

Madonna di questo santuario il padre affidò il

piccolo Karol, rimasto orfano della mamma:

“Da adesso in poi questa sarà la tua mamma”.

Il bel santuario è circondato dal verde ed è il

punto di arrivo di diverse strade affiancate da

quarantadue cappelle con la Via Crucis. Nel

santuario abbiamo celebrato il rito della peni-

tenza con le confessioni dei pellegrini.

La quinta giornata era divisa nettamente in due

parti. Al mattino abbiamo visitato Wadowice,

il paese natale di Giovanni Paolo II. Abbiamo

visto la casa natale, affiancata alla chiesa e il

piccolo museo (provvisorio) allestito nei saloni

della parrocchia con oggetti personali apparte-

nuti al Papa. Prima della messa abbiamo visi-

tato la chiesa parrocchiale e, in particolare, il

battistero, dove Karol Wojtiła è stato battezza-

to. La Messa in onore del Beato Giovanni Pao-

lo II è stata presieduta dal vescovo Lino Belot-

ti, che durante l’omelia, ha tracciato le linee

spirituali della vita del Papa Beato. Ci siamo

quindi trasferiti a Oświęcim, più conosciuta

con il nome assegnatole dai tedeschi: Au-

schwitz. Dopo il pranzo siamo andati a visitare

il campo di concentramento. È stata

un’esperienza toccante e scioccante. Si dice

sempre, ma è profondamente vero: un conto è

vedere i filmati, un conto è vedere dal vivo i

luoghi dove si è consumato uno dei crimini più

grandi della storia dell’umanità. Anche in que-

sto caso la guida, una ragazza polacca che ha

studiato a Bergamo, ci ha aiutato a visitare

quei tristi luoghi con lo spirito giusto: più che

l’indignazione, la riflessione per imparare dal-

la storia e non ripetere più queste atrocità. È

impressionante vedere le montagne di oggetti

personali: capelli, occhiali, valige, scarpe, ve-

stiti (la vetrinetta con i vestiti e gli oggetti dei

bambini è particolarmente toccante!). La guida

ci dice più volte che il campo di Auschwitz è

nato come campo di concentramento e solo

dopo è diventato campo di sterminio. Durante

la visita facciamo anche una sosta davanti al

bunker, dove è morto San Massimiliano Kol-

be. La visita, purtroppo, non finisce qui. Ci

trasferiamo a un paio di chilometri, nel campo

di Birkenau (Brzezinka in polacco e significa

“boschetto di betulle”). Già l’ingresso appare

sinistro: chi varcava quell’entrata non usciva

più. Molti erano scaricati dai vagoni dei treni e

inviati direttamente alle camere a gas. Gli altri

erano ammassati in baracche gelide d’inverno

e bollenti d’estate, dove, denutriti e senza nes-

sun tipo di igiene, cercavano di sopravvivere il

più a lungo possibile. La guida ci dice che i

più longevi riuscivano ad arrivare alla terza

settimana! L’estensione del campo è impres-

sionante: in mezzo i binari del treno, da una

parte e dell’altra le baracche (quello che ne

rimane, perché ovviamente i tedeschi hanno

cercato di cancellare le prove dei loro misfatti)

del campo maschile e di quello femminile. In

fondo c’erano le camere a gas e i forni crema-

tori. Sempre la guida ci da numeri impressio-

nanti: si uccidevano anche quindicimila perso-

ne al giorno! Vediamo, sotto una pioggia insi-

stente (anche il clima sembra essersi adeguato

alla triste giornata!), ciò che rimane dei forni

crematori. In fondo al campo c’è il monumen-

to alle vittime dell’olocausto. Davanti al mo-

numento abbiamo pregato e abbiamo deposto

una corona di fiori sulla lapide scritta in italia-

no. Riattraversiamo il campo e nel frattempo si

sono intensificati la pioggia e il vento. Saliamo

sul pullman e partiamo per Częstochowa, dove

arriviamo in serata.

La settima giornata è quella culminante del

nostro pellegrinaggio. Iniziamo presto, con la

foto ricordo davanti al complesso di Jasna Gó-

ra (Chiaro Monte). Davanti alla colonna con la

statua della Madonna il vescovo da inizio alla

solenne processione d’ingresso al santuario.

Nel cortile d’ingresso ci accoglie il priore dei

Padri Paolini che custodiscono il santuario. Ci

racconta, poi, la storia del santuario, comin-

ciando dalla costruzione del monastero e nar-

rando poi dell’arrivo dell’icona con

l’immagine della Madonna, che la leggenda

attribuisce a San Luca. Suddivisi in vari gruppi

e accompagnati da suore o monaci, visitiamo il

complesso di Jasna Góra che comprende, oltre

alla cappella con l’icona della Madonna Nera

(il priore ci ha detto che anche se l’immagine è

conosciuta con questo nome, in realtà i polac-

chi non vogliono che sia chiamata così), la bel-

lissima chiesa dedicata all’Invenzione della

Santa Croce e varie sale contenenti il tesoro.

Auschwitz

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Dopo un ampio giro lungo le varie sale, si arri-

va alla cappella dell’icona. Davanti a questa

immagine non si può rimanere indifferenti.

Chi dipinge icone si mette prima in ginocchio

a pregare, perché l’icona raffigura la presenza

del divino sulla terra. Lo sguardo della Madon-

na sembra entrarti nel cuore e ti comunica la

serenità che solo la presenza di Dio può darti.

Torniamo in città per il pranzo.

L’appuntamento è per le ore 14, per la celebra-

zione della messa, preceduta dall’emozionante

cerimonia dello “scoprimento” dell’icona con

il suono di trombe e timpani. La messa è parti-

colarmente partecipata da tutti i pellegrini, aiu-

tati sicuramente dal clima di profonda spiritua-

lità che aleggia in quel luogo. Impressiona an-

che il numero di persone che, in ginocchio,

percorrono il corridoio che affianca l’altare

della Madonna Nera. Al termine della messa

abbiamo un po’ di tempo libero. Alle 16,30 c’è

la seconda catechesi del vescovo, alla conclu-

sione del pellegrinaggio. Dopo la catechesi ci

riuniamo davanti alla grande statua raffiguran-

te il card. Stefan Wyszyński, dove inizia la re-

cita del rosario. Riprende a piovere e il vento

si fa sentire più forte. Quando arriviamo da-

vanti alla colonna con la statua della Madonna,

mi impressiona una ragazza (avrà 18-20 anni)

in ginocchio sotto la pioggia davanti alla Ma-

donna. Mi sembra rappresenti bene lo spirito

religioso della Polonia.

Torniamo in città per la cena. Il saluto al san-

tuario si svolge alle ore 21, con la cerimonia

dell’appello. Il padre che presiede la celebra-

zione fa una lunga supplica alla Madonna, ri-

cordando i pellegrini che sono passati davanti

a lei in quella giornata. Anche il nostro vesco-

vo rivolge una commovente supplica alla Ma-

donna Nera. Al termine, mentre si canta un

antichissimo canto religioso polacco, l’icona

viene ricoperta.

Usciamo all’esterno e il cielo è sereno: sembra

la giusta cornice di questa giornata. Mentre,

insieme agli altri, mi dirigo verso il pullman,

una donna polacca mi si inginocchia davanti e

mi chiede la benedizione. La richiesta mi sor-

prende un po’. Poi, però, mi ricordo che la Po-

lonia è diversa dall’Italia!

In nottata ripartono i pellegrini arrivati in aere-

o, accompagnati da mons. Lino Belotti. Il ve-

scovo Francesco rientra in Italia in pullman.

La nostra settima giornata incomincia molto

presto, perché la strada per arrivare a Vienna è

lunga. A mezzogiorno arriviamo a Olomuc,

nella Repubblica Ceca. Recitiamo l’Angelus

nella bella cattedrale dedicata a S. Venceslao.

Dopo il pranzo ripartiamo e raggiungiamo la

cittadina di Velehrad, sempre nella Repubblica

Ceca. È la città dove è morto San Metodio,

che, con il fratello San Cirillo e San Benedetto,

è Patrono d’Europa. Il Santuario di Santa Ma-

ria dell’Unione è un complesso monumentale

dove si trovano le reliquie di San Metodio. È

in fase di restauro, ma riusciamo a intravvede-

re la bellezza del luogo. È domenica e cele-

briamo la messa in onore dei Santi Cirillo e

Metodio. Riprendiamo il nostro cammino e,

dopo varie vicende, raggiungiamo Vienna in

serata.

L’ultima giornata inizia, come al solito, molto

presto. Dopo la colazione partiamo per rag-

giungere Heiligenkreuz, un piccolo paese ad

una trentina di chilometri da Vienna. Lì si

svolge l’ultima celebrazione presieduta dal

vescovo, nella bellissima chiesa dove è vene-

rata una preziosa reliquia della Croce. Il luogo

è splendido e sicuramente meritava la nostra

sosta. Il viaggio riprende. La sosta per il pran-

zo è nella città di Graz, capoluogo della Stiria.

Un rapido sguardo alla piazza centrale, prima

di risalire sul pullman.

Rientriamo in Italia dopo una settimana e subi-

to avvertiamo la diversità del clima. Non pos-

siamo certo dire di aver patito il caldo durante

il nostro pellegrinaggio, ma l’Italia ci accoglie

più o meno con il caldo con cui l’avevamo la-

sciata. Arriviamo a Bergamo quando sono già

le 22,45. Sul pullman ci siamo salutati prima

dell’arrivo a Bergamo. Durante il pellegrinag-

gio sono nate amicizie, e, non è esagerato dire

che ci si sentiva un po’ come in famiglia.

Si tratta ora di tornare nello spirito ai vari mo-

menti del cammino, per ricavarne non solo im-

pressioni ma stimoli efficaci per dare consi-

stenza alla nostra fede. d. Carlo

Czestochova

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Vocabolario:

Parole per la vita

Padre: colui che ha uno o più figli.

Non ho sbagliato la sequenza alfabetica (la M

tornerà). Ho approfittato di un articolo letto su

“Avvenire” che spiega questo nome in un mo-

do così completo che non avrei mai potuto e-

guagliare.

L’articolo è stato scritto in seguito

all’annuncio che Padre Pino Puglisi sarà pros-

simamente proclamato Beato (mi auguro che

questo nome non risulti sconosciuto ai più)

Padre Puglisi era chiamato affettuosamente dai

suoi ragazzi 3P ed è stato ucciso perché i suoi

3P non coincidevano con i significati che la

mafia attribuisce alla parola PADRE.

Padri, padrini e padrini

Non è la morte, ma la causa della morte a fare

il martire. Padre Puglisi è stato ucciso il 15 set-

tembre 1993, il giorno del suo compleanno, pro-

prio perché i fratelli Graviano, capi mafiosi del

quartiere Brancaccio, già complici dei Corleo-

nesi negli attentati a Falcone e Borsellino, non

tolleravano che Padre Pino facesse il prete: sot-

traeva consenso ai padrini della terra e lo indiriz-

zava al Padre celeste. Palermo è una città in cui

le parole purtroppo hanno spesso il massimo del-

la loro estensione possibile: si pensi a parole co-

me “famiglia”, “onore”, “padre”. Ogni parola

importante, come ci ha insegnato Dante, si e-

stende dall’Inferno al Paradiso in un crescendo

che va dall’orrore del ribaltamento della parola

stessa, al suo pieno compimento. Basti pensare

alla parola “padre”, che nella Commedia trovia-

mo nel dannato più dannato di tutti, per questo

più in fondo di tutti: Ugolino, un padre che muore

con i suoi figli, o meglio un padre che dà la mor-

te ai suoi figli. Egli, causa della loro reclusione

nella torre da parte del vescovo Ruggeri (altro

padre che ha sovvertito il suo ruolo ed è condan-

nato con Ugolino in un banchetto cannibalisti-

co). invocato dai suoi figli che chiedono pane,

tace: non ha pane, né parole. I figli, sopraffatti

dal dolore del padre, arriveranno a chiedergli di

cibarsi dei loro corpi, dal momento che è lui ad

avere donato la carne di cui sono fatti, quella

carne gli appartiene. I figli vorrebbero dare la

vita al padre, invertendo l’ordine naturale delle

cose. Tragedia della paternità è quella di Ugoli-

no: un padre che sovverte la sua paternità e fini-

sce con il divorare - lasciando intatta

l’ambiguità dell’effettivo banchetto filiale -le

carni dei suoi figli. È un padre che invece di dare

la vita la toglie, è un pa-dre che invece di rendere

liberi, imprigiona; è un padre che invece di par-

lare, tace; è un padre che invece di imbandire la

tavola con il pane, banchetta con le carni dei fi-

gli. Non è un padre, ma un padrone carnefice,

come i padrini. All’altro polo - rispetto a quello

infernale - della parola “padre”, troviamo il

Padre del cielo, passando per tutte le sfumature

di paternità che Dante mette in campo e che ne

sono la manifestazione da Virgilio a Bernardo. Il

Padre che Dante incontra faccia a faccia

nell’ultimo del Paradiso è un Padre che dà la vita,

che imbandisce il banchetto eterno dove il pa-

ne non finisce mai e non va guadagnato dai

figli, né deve essere da loro richiesto, perché è

donato, prima ancora di qualsiasi merito o ri-

chiesta, gratuitamente e infinitamente. Questo

Padre rende liberi e dà la vita: Dio è Creatore

perché Padre.

La vicenda di Padre Pino Puglisi, come la Com-

media dantesca, contiene tutte le accezioni della

parola padre. Dal padre che è padrino e padrone,

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perché controlla e ha diritto di vita o di morte sul

suo territorio, al padre che è pastore dello stesso

quartiere dove il padrino detta legge. Ma padre

Pino Puglisi, bonariamente chiamato dai suoi

amici 3P, è la vera formula della paternità. Que-

sto tripudio di “P” lo conferma. Un padre che dà

la vita, rendendo liberi e dando pane. Non è un

caso che avesse deciso di chiamare “Padre No-

stro” il centro di accoglienza per i ragazzi del

quartiere, che al pomeriggio invitava a giocare,

studiare, pregare (pane e parola) con l’ausilio dei

liceali della mia scuola, dove insegnava religio-

ne. Era il modo di sottrarre i giovani di Brancac-

cio alla strada, ai soldi facili, ai lavoretti sporchi

che garantivano manovalanza sempre nuova ai

capi mafiosi e l’inizio di una carriera tra le fila dei

picciotti, in un quartiere dove, alla morte di Falco-

ne, alcuni ragazzi avevano esultato per strada

come dopo una vittoria calcistica.

Quei giovani potevano intravedere un’altra pos-

sibilità e soprattutto sperimentavano quell’a-

micizia che solo la vera paternità sa offrire.

Quella del padrino è basata sul controllo, è quel-

la dell’animale addestrato, al contrario quella

del Padre invece è un’amicizia basata sulla liber-

tà. Quei ragazzi si sentivano amati e sperimen-

tavano le parole del Vangelo: «Vi ho chiamati

amici perché vi ho fatto conoscere le cose del

Padre mio».

Padre Pino è icona della paternità di Dio, come

lo è stato Cristo, per questo è martire e per que-

sto morì con il sorriso sulle labbra, come Cristo,

perdonando e affidandosi al Padre: non è

un’immaginetta devota o un santino dai colori

fluorescenti. Sorrise davvero, come Cristo. E lo

sappiamo proprio da chi gli ha sparato.

Infatti Salvatore Grigoli, uno dei giovani killer,

dopo aver confessato l’omicidio, raccontò: «Il

padre si stava accingendo ad aprire il portoncino

di casa. Aveva il borsello tra le mani. Fu una

questione di pochi secondi: io ebbi il tempo di

notare che lo Spatuzza si avvicinò, gli mise la

mano per prendergli il borsello. E gli disse pia-

no: “Padre, questa è una rapina”. Lui si girò, lo

guardò, sorrise - una cosa questa che non posso

dimenticare, che non ci ho dormito la notte - e

disse: “Me l’aspettavo”. Non si era accorto di

me, che ero alle sue spalle. Io allora gli sparai un

colpo alla nuca».

Il killer lo chiama «il padre». Il killer mandato dai

padrini esegue l’atto che il padrino ha decretato:

togliere la vita. La vittima in un paradossale ca-

povolgimento, nella sua inermità è padre, sorri-

de, perché ha già la vita, aspettava solo il mo-

mento in cui l’avrebbe data, anzi 1’aveva già

donata, come Cristo nel Getsemani: non è un

caso che Padre Pino avesse parlato in quelle ore

di quella scena in cui Cristo suda sangue.

Aveva affrontato già la paura della morte, nel

suo orto degli ulivi interiore. E sul suo volto il

sorriso del Padre si dipinge come un sorriso che

non gli appartiene, il sorriso di chi la vita la do-

na. Non sono i padrini che gliela tolgono, ma è

lui che la dona, perché è il Padre che la dona a

lui, rendendolo padre persino dei suoi assassini,

che non potranno neanche dormire la notte, al

pensiero di quel sorriso. Non al pensiero dei lo-

ro delitti, ma al pensiero del vero sorriso del Pa-

dre, che ama a prescindere da chi siamo e cosa

facciamo.

Padre Pino Puglisi è martire perché in lui è com-

piuta l’immagine della Paternità di Dio, quel Cri-

sto che lo Spirito scolpisce nella pietra informe e

indocile di ciascuno cu noi. E il padrino, relegato

in prigione, simile ad Ugolino, si sgretola e torna

ad essere quello che è sempre stato: una ridicola

maschera blasfema della paternità.

Per questo padre Pino è morto in odio alla fede

ed è martire: provò a sostituire la maschera vuota

del padrino con il vero volto del Padre. E quel

volto fu lui.

Alessandro D’Avenia

Note sull’autore.

Alessandro D’Avenia, nato a

Palermo nel 1977, è dottore e

ricercatore in lettere classi-

che, insegnante al liceo

(super insegnante), sceneg-

giatore e scrittore (di rara

sensibilità) e spesso scrive

per “Avvenire”. Luisa

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Camminando si apre

il cammino

«Se finisco il dottorato vado a Santiago a piedi».

Il pellegrinaggio verso la tomba dell’apostolo

Giacomo è iniziato con questa simpatica battuta

che mi sono lasciato sfuggire in un pomeriggio di

studio piuttosto disperato. Con la leggerezza di

uno scherzo il desiderio di compiere il santo viag-

gio mi ha sedotto: del resto tutte le cose impor-

tanti vengono inaugurate dall’azzardo di un so-

gno, dalla fragilità di un progetto, dalla piccolez-

za di un’idea.

Il salmo 84 dice: «Beato chi trova in te la sua for-

za e decide nel suo cuore il santo viaggio». Posso

dire di averla gustata la beatitudine della decisio-

ne di camminare: c’è una bellezza che precede la

meta e che sorregge i passi. È la beatitudine del

cuore che si è deciso e che raccoglie ogni singola

energia per un fine. Non è beato il cuore di chi

lascia sempre aperta una via di fuga: è davvero

felice il cuore di chi è innamorato di una strada,

che certo non ha percorsa ancora, ma che già sen-

te come sua, e inizia ad amarne i panorami bellis-

simi e anche i tratti duri, ne sogna i pezzi piani

che ti fanno respirare ma anche le salite che ti

tolgono il fiato (che strano… diciamo che la fati-

ca ti toglie il fiato, come la bellezza, e l’amore,

che siano imparentate?). Ho passato giorni così,

prima di iniziare. Forse è una vita che passo così,

a decidere avventure e a gettarmici dentro, la più

grande e la più bella è il mio sacerdozio.

E poi il 12 giugno mi ritrovo a Saint Jean Pied-de

-Port, quasi improvvisamente, con 800 chilometri

davanti a me. Rivedo ogni singolo passo, con gra-

titudine e gioia. 800 chilometri… ogni passo 70

cm… circa un milione di passi, che neanche rie-

sci ad immaginarti: per fortuna i numeri vengono

in aiuto alla carenza di fantasia. Che la vita fun-

zioni così? Che non si avanzi per stravaganze, ma

per piccoli e regolari gesti, che presi singolarmen-

te nemmeno comprendi, ma nel loro insieme co-

prono distanze abissali?

Mi piace dividere il cammino, su suggerimento di

un amico, in tre fasi. La prima parte, da Saint-

Jean a Burgos, lo chiamerei il cammino delle

gambe. Non è che abbia esattamente il fisico del

camminatore, e 30 chilometri al giorno si fanno

sentire almeno per la prima settimana. Il cammi-

no ti ricorda che hai un corpo. Spesso pensiamo

che le cose importanti si imparino con la testa.

Ma quante cose passano per la pelle e per i piedi!

II bambino non impara che è amato da un libro,

ma dalle carezze della madre. E la pelle e i piedi

diventano grandi maestri sul cammino: impari a

dosare la fatica, a risentire le emozioni, a stringe-

re i denti, a lasciarti aiutare, a prenderti cura delle

piaghe (per fortuna poche), ad accontentarti

dell’essenziale (un chilo in più nello zaino è fata-

le). Già… potrei intitolare la prima parte del cam-

mino: “La sapienza dei piedi”.

Da Burgos a O’Cebreiro ho vissuto la seconda

parte di cammino, quella della testa. È il tratto

delle terribili mesetas, questi altopiani spagnoli

fatti di sassi, rocce, campi e nulla. Ti trovi a cam-

minare per chilometri senza incontrare niente e

cerchi all’orizzonte un riferimento, un albero, una

curva che ti motivi a raggiungere qualcosa. E

pian piano comprendi che solo dentro la tua testa

puoi trovare le ragioni delle gambe che si muovo-

no, dentro le tue convinzioni, dentro la tua fede. E

mi sono ritrovato a pregare a lungo con queste

parole: “Signore, se anche fossi solo, se anche

non ci fosse nulla che mi sostiene, con te ricomin-

cio da capo. Solo tu ci sei necessario”. Sono più

desideri che realtà, ma senti l’urgenza di queste

parole. E ho ripensato agli anni della mia vita in

cui non ho visto mete… ci sono stati. Ma quando

accanto non vedi nulla e non senti compagnie, è

più facile scoprirla dentro. Dal silenzio nasce la

preghiera. E le mesetas sono lunghi tratti di silen-

zio, in cui ritrovare una compagnia.

L’arrivo in Galizia segna l’ultimo tratto del cam-

mino, che chiamerei “il cammino del cuore”.

L’emozione è forte quando Santiago si avvicina,

e il salmista la descrive bene: «Quale gioia quan-

do mi dissero: “Andremo alla casa del Signore”.

E ora i nostri piedi si fermano alle tua porte». Ri-

cordo come grande il momento in cui dal monte

del Gozo ho intravisto Santiago e indelebile è

impresso in me l’arrivo in piazza Obradoiro, da-

vanti alla cattedrale. I passi del mio vagare il Si-

gnore li aveva contati tutti, e tutto per una meta.

Non è assurdo il pellegrinaggio, perché da qual-

che parte si arriva, anche se ci vuole un milione

di passi per scoprire dove. E la vita in compagnia

di Dio è tutta così: una meraviglia continua, fatta

di milioni di passi (a tratti enigmatici) che ti ci

hanno condotto. E sulla tomba dell’apostolo ho

scoperto che il dono di Dio è passato in ciascuno

di questi passi.

In ginocchio sulla tomba di san Giacomo è finita

la grande avventura fatta di passi, incontri con

centinaia di persone, fatiche, preghiera, silenzi,

parole. Ma guai se il cammino finisse a Santiago:

il pellegrinaggio, ogni pellegrinaggio, è sosta,

simbolo, immagine per vivere il grande pellegri-

naggio della vita. Di cui sto per iniziare una tappa

nuova. E concludo con un messaggio bellissimo

che un prete mi ha mandato:

«Possa il lungo cammino condurti alle radici

dell'apostolo

Possa rinforzare il tuo piede perché sia bello

nell'annunciare la pace e il bene.

Possa tu tornare alla Chiesa di Bergamo come

forte guida nel cammino della fede.

Ti custodisca il Signore in tutti i tuoi passi».

don Manuel

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associazione italiana per la donazione di organi tessuti e cellule

AIDO 40 anni di perché

Cari lettori

La stesura di questo articolo, mi sembra un atto dovuto in quanto può aggiungere un tassello importante alla

vita associativa del gruppo AIDO di Brembate di Sopra.

Molti di Voi conosceranno già la storia dell’AIDO, ma qui oggi vogliamo raccontarla a modo nostro per ce-

lebrare la ricorrenza del 40° di fondazione del gruppo intitolato ad “Alessandro Gandolfi”.

Come si sa la Storia dell’Associazione ha inizio nell’anno 1970, quando in occasione dei festeggiamenti per

la consacrazione della nuova chiesa del quartiere di Monterosso in Bergamo, un tenace friulano, di nascita,

ma bergamasco d’adozione, Giorgio Brumat, pensò bene di evitare le solite feste, i soliti incontri, gli spetta-

coli, ma propose al parroco e ad alcuni amici di inventarsi qualcosa che rimanesse nella storia.

Lui che per lavoro frequentava i reparti di dialisi nei vari ospedali lombardi incontrava pazienti, persone dai

volti tristi e provati che per sopravvivere dovevano dipendere da una macchina per tre volte alla settimana,

decise di fare qualcosa di concreto per questi ammalati. Si dovevano eseguire i Trapianti (allora una tecnica

chirurgica ancora agli inizi) questo il suo obbiettivo, e la Sua missione di vita.

Sentì il parere di medici, avvocati, così che a Bergamo il 14 novembre 1971 in una stanza della parrocchia

nacque l’Associazione Donatori Organi Bergamo (DOB) con lo scopo di sensibilizzare i cittadini bergama-

schi alla donazione degli organi.

Vi fu un fiorire di richieste di adesione da ogni parte d’Italia e anche dall’estero (i nostri emigranti in Svizze-

ra) per questo motivo che il 26 febbraio 1973 l’associazione si trasforma in Associazione Italiana Donatori

Organi.

Ed oggi visti gli sviluppi e gli enormi passi da gigante fatti dalla chirurgia dei trapianti, si è tramutata in As-

sociazione Italiana per la Donazione di Organi,Tessuti e Cellule.

Anche a Brembate di Sopra quell’idea nata da Brumat attirò l’attenzione di alcuni giovani del paese che la

raccolsero e la fecero propria, costituendo uno dei primi gruppi della provincia e il 21 settembre 1972 viene

benedetto il labaro del gruppo dedicato ad Alessandro Gandolfi, un giovane brembatese perito in un inciden-

te stradale. I genitori acconsentirono all’espianto dei suoi reni per uno dei primi trapianti effettuati in Italia.

Dopo parecchi anni di vita l’Associazione cambia il nome, ma non l’impegno di quei primi aderenti e conti-

nua con entusiasmo l’opera di proselitismo e diffusione degli ideali dettati dallo statuto.

L’associazione, apartitica, aconfessionale, interetnica, senza scopo di lucro è costituita tra: “cittadini favore-

voli alla donazione volontaria e gratuita di organi tessuti e cellule” (articolo 1 dello statuto).

Le finalità dell’associazione sono:

Promuovere il rafforzamento della solidarietà umana fra la popolazione.

Sollecitare le coscienze sulla necessità della donazione di parti del proprio corpo, dopo la morte, da

destinare ai trapianti.

Sostenere, in accordo con istituzioni, enti, altre Associazioni, particolari iniziative tendenti ad affronta-

re le problematiche connesse alla donazione, al trapianto di organi, tessuti e cellule.

Si può parlare quindi di un’Associazione che tenta di diffondere un diverso modo “di pensare la solidarietà”.

In Lombardia negli ultimi anni si è avuto un preoccupante calo delle donazioni di organi parallelamente ad

un graduale aumento delle opposizioni ai prelievi stessi. La società sembra sconcertata e impaurita, di fronte

al tema delle donazioni di organi, per l’incertezza diffusa da organi d’informazione che trattando temi così

delicati con superficialità e assenza di professionalità, finiscono per procurare danni devastanti. In questo

modo le liste di attesa si allungano e aumenta tristemente il numero di chi muore aspettando invano un orga-

no che lo restituisca alla vita. L’AIDO rappresenta in tale contesto negativo una luce di riferimento, quale

può essere anche solo il lumicino di una candela nel buio pesto di una notte senza luna e senza stelle.

Abbiamo quindi il dovere morale e civile di moltiplicare gli sforzi per smuovere questa situazione di stallo.

La Nostra positività la Nostra caparbietà di credere nel messaggio della solidarietà e dell’amore per il prossi-

mo possono dare la scossa e stimolare chi crede nella forza dell’amore per il prossimo e crede nella Nostra

missione associativa.

Lo stesso fondatore quando lanciò l’idea dell’Associazione dei Donatori di Organi non si preoccupò certo del

fatto che qualcuno lo scambiava per matto, anzi, fece proprio di questa capacità “visionaria” un grandissimo

atto di forza. Come Lui possiamo vincere se crediamo in Noi stessi e nelle grandi potenzialità morali, sociali,

culturali dell’associazione. Settembre 2012

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Brembate di Sopra, 11-06-2012

Nel mese di Maggio si è disputata a Brembate di Sopra sul campo di via Torre il 5° Torneo Gio-

vanile (comprendente tutte le categorie inferiori) denominato “Città di Brembate di Sopra”.

Nella categoria Esordienti (anno 1999) ha giocato una squadra, vestita dall’ Avis Comunale di

Brembate di Sopra.

Questa squadra è arrivata alla finale del 31 Maggio, vincendo tutte le partite del girone a cui ha

partecipato e ha vinto il trofeo nella propria categoria, battendo l’Atletic Almenno per 3 a 0

nella finale per il primo posto.

Precedentemente in un torneo disputatosi a Madone la stessa squadra Avis si era guadagnata il

3° posto battendo il Lemine per 1 a 0.

Per i giovani giocatori questa vittoria è stata segno di enorme gioa, ma per noi dell’Avis Comu-

nale di Brembate di Sopra, è stata proprio una gran bella soddisfazione, sia per la visibilità otte-

nuta sul campo da gioco, sia in tutta la comunità, visto che la presenza tra spettatori e genitori

era massiccia e per far si che in un prossimo futuro,questo sia per loro e per noi in particolare,

di auspicio per avvicinarli al mondo del volontariato e alla donazione di sangue.

Ringraziamo dunque questi ragazzi per l’impegno profuso, e questo di sicuro sarà per noi, una

esperienza da ripetere tutti gli anni. Giuseppe

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Informazioni parrocchiali

Orari delle S. Messe

Feriali: ore 8,00 - 9,00 (in Casa Serena) - 18,00.

Festive: Sabato sera e vigilia delle feste: ore 18,00 -

ore 16,30 a Tresolzio (marzo-settembre).

Domenica e feste: ore 7,30 - 9,00 (Casa Serena)

Invernale: ore 10,00 - 11,15 - 18,00.

Estivo: ore 10,30 - 18,00.

Disponibilità per le Confessioni

Don Corinno: venerdì 8.30 - 9.30 / 15.00 - 17.30 - sabato 8.30 - 9.30

Don Carlo: ogni sabato 16.00 - 18.00

Don Matteo: ogni giovedì 16.00 - 17.30

N.B. A richiesta i sacerdoti, nei limiti del possibile, sono sempre a disposizione per questo

ministero. In particolare mezz’ora prima delle S. Messe o subito dopo.

Celebrazione del Battesimo

Prima domenica di ogni mese, ore 11.15

Terza domenica di ogni mese, ore 16.00

N.B. In vista del Battesimo, si prenda contatto con il Parroco. Il 2° Mercoledì di ogni mese alle

20.30 si terrà in Oratorio un incontro di preparazione per i genitori ed i padrini.

I catechisti battesimali incontreranno i genitori nelle loro case.

Celebrazione del Matrimonio

Il Matrimonio si può celebrare in ogni giorno dell’anno, eccetto le domeniche e i tempi di Avvento

e di Quaresima.

Occorre prepararsi adeguatamente.

Per questo la parrocchia organizza un corso di preparazione al matrimonio da gennaio a marzo.

È possibile partecipare anche a corsi fuori parrocchia.

In ossequio a giuste disposizioni diocesane, il Matrimonio va celebrato o nella parrocchia della

sposa, o in quella dello sposo o in quella dove la coppia andrà ad abitare. Per eventuali eccezioni ci

si rivolga alla Curia vescovile.

Tel. dei Sacerdoti: Don Corinno Scotti Tel. 035.620.103 - cell. 334.351.6097

e-mail: [email protected]

Don Matteo Bettazzoli Tel. 035.332.385

e-mail: [email protected]

Don Carlo Comi Tel. 035.332092 - cell. 340.6483352

E-mail: [email protected]

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