Il Lucano Magazine Numero maggio-giugno 2014

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D O L C E E S A L A T O

14Papa Francesco

sprona i politici a

non rimanere con le

mani incrociate

Ospedale San Carlo

Il bilancio sociale per

rendere conto

dall’umanizzazione

delle cure

alla medicina

del territorio

68 Il Tempo delle Ciliegie

32 un piatto conviviale itinerante

36 Intervista a Giuseppe Marco Albano

38 Cacciata dei turchi ad Avigliano

40 TechGarage Basilicata 2014

42 Moda una passione tutta da condividere

46 I buoni e i cattivi

48 La Faggeta di Moliterno nel Parco Appennino

50 Woody Groove Sound Festival

52 Caizzo Emilio - Prima Parte

56 La letteratura oggi? Intervista a Andrea Galgano

58 Alla scoperta di artisti nostrani:

Vincenzo Viggiano

60 Mr Reginal Green al “San Carlo” di Potenza

61 Luigi Zanda elogia il “fare cultura”

di Leonardo Sinisgalli

62 L’arte digitale di Dolores Nicastro

64 Virginia Grassi e la carica della nostalgia

R E P O R T A G E

L O O K A N I A

70 Racconto di Viggiano - Seconda Parte

E P I S T E M E

28 Culture in evoluzione?

V I G N E T T A N D O

9 Quando le dimensioni contano

T R A L E R I G H E

66 Giusti di tutta la Terra

67 Medaglioni Grottolesi

E U R E K A

36

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14 Papa Francesco ai politici: Create

le condizioni di lavoro

16 Best practice al San Carlo

20 Conversazione con l’assessore Aldo Berlinguer

22 Matera nuovo cemento a San Giacomo

23 Il design materano al Salone del Mobile

24 Melfi rivuole il suo tribunale

26 Le conseguenze delle estrazioni petrolifere

28 I GAL, l'esempio della“Cittadella del Sapere”

Gli allori

dello sport

lucano

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Giuseppe Marco Albano

“Un giorno

mi piacerebbe aprire

a Bernalda il Nuovo

cinema delle Vittorie”

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EDITORIALE

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Vito ARCASENSA

Dieci anni di Lucano, più di cento numeri. Il racconto di storiee politica, attualità e reportage, personaggi e sport ha avuto,finora, uno sguardo mensile nel panorama dell’editoria luca-

na, con un prodotto tipografico unico per tipologia e per durata.Oggi Il Lucano Magazine cambia non soltanto nella periodicità, l’ap-puntamento, infatti, diventa bimestrale ma nella direzione, nellaveste grafica, nell’attenzione dedicata al web.Prima di guardare avanti, come Editore e Direttore della testata, unpensiero ad Antonello Lombari che per quattro anni ha diretto conimpegno e professionalità il magazine. A lui il mio grazie per i risul-tati raggiunti insieme. Non voglio dimenticare, inoltre, il primo diret-tore, Alessandro Boccia, Loredana Albano che gli è succeduta e tutticoloro che costantemente si impegnano nel fornirci articoli interes-santi.Ma qual è il futuro de Il Lucano? Continueremo sempre, per tradizione, con l’edizione cartacea, distri-buita in edicola in tutta la regione e in abbonamento anche oltre iconfini regionali e nazionali. Il Lucano punterà sugli approfondimen-ti dei tanti lucani che in ogni parte d’Italia e del mondo esprimonocreatività, ingegno, laboriosità. Punterà, inoltre, sull’analisi dei prin-cipali fatti e comportamenti degli attori della politica lucana.Punterà, soprattutto, sulla conoscenza di quanti credono in questaterra, sulle grandi potenzialità che essa esprime.L’aggiornamento quotidiano, invece, è affidato a Internet. Il websarà proprio la parte in cui la nuova direzione intende soffermarsimaggiormente. I primi risultati di questa strategia ci vedono, daqualche giorno, ai vertici per numero di contatti tra le varie testateregionali. Consultate, perciò, il nostro sito http://www.lucanomagazine.it/, lenostre pagine Facebook https://www.facebook.com/illucano.basili-cata e Google Plus https://plus.google.com/u/0/+Lucano-Magazine/posts, il nostro account Twitterhttps://twitter.com/Lucano_Magazine .Anzi, ditelo al Lucano! Diventate protagonisti della rivista, suggeri-teci figure, associazioni, circoli che meritano di essere conosciuti,narrati, condivisi su [email protected] che ogni giornale, come Il Lucano, non sia solo un contenito-re di informazioni e notizie ma un luogo vivo che cresce grazie allareputazione di chi partecipa, alla stima che i lettori gli attribuiscono.Grazie per l'attenzione! Buona lettura, buon nuovo inizio al LucanoMagazine.

IL LUCANOMAGAZINESI RINNOVA

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VViiggnneettttaannddoo

Micro o macro? Quando le dimensioni contano

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Vito ARCASENSA [email protected]

Foto: Andrea MATTIACCI, Angelo Rocco GUGLIELMI, MARTEMIX.COM

Arti Grafiche Boccia s.p.a. Via Tiberio Claudio Felice, 7Fuorni - Salerno

Tribunale di Potenza N° 312 del 02/09/2003

7 Maggio 2014

Lucana Editoriale s.r.l.Via Gallitello, 89 PotenzaTel. Fax 0971.476423 -Cell. 337.901200E-mail: [email protected]

Questo giornale è associato Uspi Unione stampa periodici italiani

Editore

[email protected]

Lucana Editoriale s.r.l.

Direttore Responsabile

Albina SODO [email protected]

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Testata On Line www.lucanomagazine.it

Agostino ARCASENSA

Hanno collaborato in questo numero

Flavia ADAMO, Angelo BENCIVENGA, Ettore BOVE, SimonaBRANCATI, Elisa CASALETTO, Arsenio D’AMATO, MariannaGianna FERRENTI, Giovanni GALLO, Barbara GUGLIELMI,Valeria LAURENZA, Vincenzo MATASSINI, Carla MESSINA,Federico PELLEGRINO, Emanuele PESARINI, GiuseppeAntonio RINALDI, Mariassunta TELESCA

da Potenza:Albina SODO, Vito ARCASENSA 0971.476423

Leonardo CLAPS, Anna MOLLICA, Margherita E. TORRIO

Editing e correzione bozze: Margherita E. TORRIO

dal Materano:Giovanni MARTEMUCCI 0835.333321

[email protected]

Vignette di SOLINGA

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Tre giorni dopo Pasqua, poche oreprima la canonizzazione di PapaGiovanni XXIII e Papa Giovanni

Paolo II, in una Piazza San Pietro che haaccolto oltre centomila credenti e noncredenti, religiosi e laici, italiani e stranie-ri. È il contesto vissuto dalla delegazionedei giornalisti lucani, grazie all’UCSI(Unione Cattolica della Stampa Italiana)Basilicata, al suo Presidente Maria DeCarlo e al vice Presidente Vito Sacco perl’organizzazione, in Udienza da PapaFrancesco.Il primo incontro è con Monsignor EnnioAppignanesi, arcivescovo di Potenza dal1993 al 2001. «La sua presenza e la suadisponibilità fin dalle 7 di mattina – ci dicela De Carlo – è stata quella di un padreche rivede dopo tanto tempo i suoi figli. Equesto ci ha colmati di gioia e gratitudine.La Messa nella Cappella Ungherese ha

infuso un particolare spirito contemplati-vo. Eravamo lì non per curiosità ma perconfermare una scelta di fondo: dallaparte del Maestro! Noi giornalisti iscrittiall’UCSI vogliamo comunicare la verità, labontà, la bellezza. Ciò significa mettere alcentro l’uomo e la sua dignità. Solo così èpossibile costruire una comunità di donnee uomini che tendono all’armonia, allapace e a un senso pieno dell’esistenza. IlPapa – prosegue – è testimone di questacomunicazione. Un parlare diretto, pro-fondo, carico di speranza e cambiamento.Risuonano ancora le parole del Vangeloche ci ha fatto ripetere: “Perché cercatetra i morti colui che è vivo?”. Ripeterle pertre volte vuol edire scavare nel propriovissuto».Parole, dunque, quelle di Appignanesiindirizzate ai giornalisti «Siate venditori diverità, senza speculazioni o intentidistruttivi». Così come i discepoli diEmmaus hanno raccontato l’incontro conGesù, il ruolo dei cronisti è andare allaricerca delle fonti per comunicare e con-dividere, diremmo oggi, la buona novella.Parole semplici e incisive nel suo stile,quelle del Santo Padre. «Perché cercatetra i morti Colui che è vivo? Cristo è risor-to, è vivo nella Chiesa, nel mondo, abitanel cuore dei credenti. Non è facile accet-tare la vita del Risorto in mezzo a noi. IlVangelo ci propone diverse reazioni, quel-le dell’apostolo Tommaso, di Maria di

Magdala, dei due discepoli di Emmaus.Tommaso chiede di toccare l’evidenza,Maria Maddalena piange, lo vede ma nonlo riconosce, i discepoli di Emmaus giun-gono all’incontro accompagnando unviandante. Ciascuno cercava tra i mortiColui che è vivo. Lui sarà sempre vicino a

REPORTAGE

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Albina SODO

Papa FrAi politici: Create e non rimanete c

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noi per correggere la rotta. Questadomanda ci fa superare la tentazione diguardare indietro e ci spinge in avantiverso il futuro. Non andiamo nei sepolcriche promettono la bellezza e non cidanno niente. Non cercate tra i mortiColui che è vivo».

L’Udienza termina con un appello accora-to, commosso del Papa ai politici per ledelicate questioni occupazionali: «Horicevuto un video da parte degli operaidella Lucchini di Piombino. Cari operai,fratelli, i vostri volti, padri di famiglia,chiedono il diritto di lavorare per vivere

dignitosamente, per poter nutrire ed edu-care i vostri figli. Siete nella mia preghie-ra, non scoraggiatevi il Papa è accanto avoi. A tutti i responsabili non restate indif-ferenti, create le condizioni di lavoro,aprite gli occhi e non rimanete con lemani incrociate».

rancesco le condizioni di lavoro on le mani incrociate

Al Santo Padre Francesco

Angelico Padre della Chiesa,segreta nostra speranza,

che, muta, dona profumo di pace:La Tua candida veste,

soffusa di arcana poesia,ci dipinge di novella fede;

come allo sbocciar di un fiore,nella Tua parola, palpita il nostro cuore,ed ecco brillare di dorati raggi di sole.

Tra le braccia di ogni stella,riposa per Te una rosa bianca e

nel sommesso sussurrar di arcani fruscii,offri a noi la ricchezza di un sorriso.

Sei un dolce zeffiro di vento,che, passa e ci accarezza,

nell’oasi serena dello spirito.Padre! Sei il Vangelo vivente,

realtà di nuovi orizzonti,con la carezza di un Tuo sguardo,

insegnaci ad amare e sarà ricca di vitae di primavera la nostra preghiera.

Sei l’eco di nuovi canti,sul pentagramma della vita,

la voce Tua risuona e Amor diventa;Angeli cantano al Tuo cuore, che,

dolcezza sa dare.Sorridono, così, le note del mio canto:

Francesco! Luce santa, sempre Tu sei e farai,dolce, come stella, tutto rischiarerai!!!

Cesira Ambrosio

L’opera Mater dell’artista lucanada Patrizia Monakò donata a PapaFrancesco

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La primavera e' stagione di bilanci. Unimpegno importante, che può avereconseguenze giuridiche e amministra-

tive anche serie. Ma c'è anche chi, oltre acompiere questo dovere, coglie l'opportu-nità di accompagnare all'arida contabilitàun più ampio e articolato rendiconto, ilbilancio sociale, in cui si informano utenti estakeholder dell'uso fatto dei soldi pubblicispesi, degli obiettivi realizzati, dei progettimessi in cantiere, dei punti critici da affron-tare, degli impegni da assumere. E' quelloche ha fatto il San Carlo, che l'anno scorsoha introdotto il bilancio sociale, spiega ildirettore generale Giampiero Maruggi“Come buona pratica di customer satisfac-tion, ma anche perché è uno strumentoutile per dare concretezza a un principiofondamentale della buona amministrazionepubblica: rendere conto”.Per il dg del San Carlo “Il processo di azien-dalizzazione porta in sé una contraddizionecomplessa ma governabile: combinare l’e-sigenza di rispettare l’equilibrio di costi ericavi tenendo i conti in ordine con la mis-sione di erogare prestazioni che mirino arealizzare il diritto costituzionalmentegarantito alla salute. E quindi siamo chia-mati a rispondere ai cittadini, agli utenti,agli stakeholder di come allochiamo lerisorse, delle scelte che operiamo quotidia-namente per continuare a garantire almeglio, in un contesto di crescenti ristret-tezze finanziarie, questo diritto”.Nel presentare il primo bilancio sociale il dgMaruggi sottolineava che “Il percorso dicostruzione del bilancio sociale favorisceuna maggiore consapevolezza dei risultatiraggiunti ma anche di quello che mancaper completare gli obiettivi che ci siamodati. E non risulti un paradosso, parlando

appunto di bilancio sociale, il fatto chemolte delle nostre priorità per il 2013 sonodi natura qualitativa: dalla centralità strate-gica dell’umanizzazione delle cure alla inte-grazione con la medicina del territorio”.Può essere utile, quindi, nel momento incui al San Carlo si lavora alla stesura del

nuovo bilancio sociale, riprendere in manoil volume dell'anno scorso (che si riferisceovviamente alle attività svolte nel 2012 e aiprogetti messi in cantiere per il 2013) everificare quanto dell'annunciato è statorealizzato, le novità verificatesi in corso d'o-pera, per poi esaminare quali sono i nuovi

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Best practice al Il bilancio sociale per renderdelle cure alla medicina del

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impegni e gli obiettivi per l'anno in corso.Un intero capitolo del “Bilancio sociale2012” (il volume in versione pdf è scarica-bile dal sito aziendale, dalla sezione “IQuaderni”, ben visibile in home page), ilterzo, è dedicato ad “Azioni e progetti:'Cantiere Aperto' per l'Innovazione. Il

primo indicatore positivo, i buoni tempi dipagamento per i fornitori, molto apprezza-to in tempi di crisi di liquidità e di atteggia-menti restrittivi da parte del sistema ban-cario, ha registrato un ulteriore migliora-mento: dai 60 giorni previsti per i 'virtuosi'che hanno aderito alla spending review, il

termine oramai si avvicinano ai trenta gior-ni.Anche il riconoscimento ottenuto nel 2012dalla Ferpi, l'inserimento nella terna finali-sta dell'Oscar di Bilancio della PubblicaAmministrazione, ha visto una performan-ce migliore: nel 2013 il San Carlo ha vintol'Oscar di Bilancio per le Aziende ospedalie-re. Nella motivazione del premio si fa espli-cito riferimento sia al bilancio sociale, siaall'intensa campagna di divulgazione chegli è stata dedicata. Sulla gestione delrischio clinico va segnalata la realizzazionedi un “percorso chirurgico” che ha combi-nato momenti formativi e interventi suiprocessi e i modelli organizzativi del grup-po operatorio. Quanto alla questione stra-tegica dei tempi d'attesa, nel corso del2013, sono stati conseguiti importanti risul-tati, riducendo a poche unità le prestazionial di sopra dei termini previsti dalle normenazionali e regionali. A determinare questosuccesso l'estensione del metodo delleclassi di priorità per le prenotazioni e l'au-mento dell'offerta nell'area dei servizi dia-gnostici. Ma a dimostrare quello che è unodei mantra del dg Maruggi, “si può fare dipiù, si può fare meglio", arriva proprio nel-l'appena trascorso mese di aprile un'inver-sione di tendenza, prodotta dal cambio dimodello organizzativo. Buoni risultati si sono registrati in quelloche l'Azienda chiama 'pacchetto accessibili-tà' e cioè un insieme di servizi e di struttu-re (day service, sportelli dedicati, percorsiriservati a particolari categorie di utenti)che, combinati con l'incremento dell'offertadei servizi on line, ha semplificato e miglio-rato il rapporto tra pazienti e amministra-zione ospedaliera.Tra gli impegni presi quello che con ogni

San Carlore conto: dall’umanizzazioneterritorio

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probabilità ha realizzato la più significativae completa realizzazione è quello di lavora-re alla costruzione di un “Ospedale a misu-ra di donna”. Si pensi infatti al grande pac-chetto di azioni e di iniziative chiamato“Vicini dalla nascita” e che va dalla ristrut-turazione delle sale parto e della terapiaintensiva neonatale ai corsi preparto e aiparcheggi gratuiti, dai day service a unafidelity card che assicura sconti e beneficiper le donne in attesa che aderiscono alprogramma, dalla banca del latte agli spor-telli dedicati per evitare la fila alle casse.Anche se il nome “Codice rosa” può trarrein inganno, il percorso dedicato e l'areaprotetta all'interno del Pronto soccorso èrivolto a tutti i soggetti deboli vittime di vio-lenza (con la stanza dell'ascolto dei bambi-ni dedicata recentemente con una bella etoccante manifestazione a Elisa Claps). IlSan Carlo è il primo ospedale del Sud amunirsene: un percorso che mette assiemeuna task force istituzionale (con prefettura,magistratura e forze dell'ordine) e una retediffusa del mondo del volontariato e del-l'associazionismo che ha già visto l'adesio-ne e l'offerta di disponibilità di un centinaiodi soggetti.Per finire due importanti realizzazioni logi-stiche: la costruzione del polo oncologico,con lo spostamento del reparto dal quintoal primo piano del padiglione E, nelleimmediate vicinanze del day hospital e l'a-vanzamento dei lavori del multipiano chedovrebbe assicurare entro la fine dell'annola messa a regime del nuovo sistema diparcheggi. Intanto, però, onorando gliimpegni presi dal dg Maruggi in occasione

delle polemiche iniziali, sono stati assicura-ti parcheggi riservati e gratuiti ai volontari,ai pazienti con particolari patologie (i dializ-zati, ad esempio), alle donne incinte.Visti i risultati raggiunti, passiamo adessoad esaminare, in rapida successione, i“cantieri aperti” al San Carlo per questoanno:Ambiente e risparmio energetico: dopol'impianto fotovoltaico realizzato in parte-nariato con la Sel, a copertura del parcheg-gio di fronte ai padiglioni E ed F, che abbat-te di 200mila euro la bolletta del San Carlo,si parla ora, sempre in collaborazione conla Sel, di “trigenerazione”, cioè del recupe-ro dell'energia utilizzata per produrne dinuova, una tecnologia avanzata che per-mette di combinare risparmio economico,minor inquinamento e produzione di ener-gia pulita. Al benessere ecologico dipazienti e utenti è invece destinato il per-corso verde che permetterà di raggiungerecon un sentiero il Parco Elisa Claps.Irccs di Reumatologia: grazie alla certifica-zione di qualità, conseguita la scorsa esta-te, l'ultimo requisito che mancava, entra infase operativa il progetto di trasformare laReumatologia del San Carlo, una strutturadi eccellenza riconosciuta a livello interna-zionale per la cura di alcune malattie rare,in un istituto di ricerca scientifica e cura,uno dei pochi infraospedalieri in Italia. LaRegione ha approvato il progetto, inseren-dolo nelle misure previste nella manovra dibilancio approvata a fine aprile, quindi, orasi lavora alacremente per terminare il dos-sier di candidatura che dovrà essere pre-sentato al Ministero della Salute

Polo riabilitativo di Pescopagano: l'obiettivodichiarato è che tra un anno i primi pazien-ti possano accedere al nuovo centro diriabilitazione di terzo livello, dedicato allevittime di gravi incidenti e traumi cerebrali,neurologici e alla colonna vertebrale. Unprogetto finanziato dalla Regione con settemilioni di euro e che, secondo i calcoli dellaDirezione aziendale, dovrebbe andare apareggio di gestione già al termine delprimo anno di attività, assicurando un con-sistente risparmio alle casse regionali, conla riduzione dei viaggi della speranza oggiobbligatori e un minor disagio a famigliegià così duramente colpite,Atto aziendale: è lo strumento giuridicoche, nel quadro delle norme nazionali eregionali, definisce la visione e la missioneaziendale, le scelte strategiche e gli obiet-tivi da realizzare, definendo anche i model-li organizzativi e l'organigramma. Un atto diidentità forte, che in questo caso, dediche-rà particolare attenzione a quello che è unodei temi forti della direzione Maruggi, iltema della centralità del paziente nel siste-ma ospedaliero, oltre che ad una profondarivisitazione dell'organigramma aziendalein chiave di efficienza e di maggiori oppor-tunità per le risorse migliori.Umanizzazione delle cure: in questa logicai percorsi e i processi di umanizzazioneacquistano un rilievo prioritario. Dopo letante cose fatte nel corso dell'anno passa-to, l'input che viene dalla direzione strate-gica riguarda due assi. Da una parte iltema della medicina e della condizione digenere, ulteriore sviluppo del discorso sul-l'ospedale a misura di donna. All'altra l'at-tenzione alle misure atte a migliorare ilbenessere clinico ma, al tempo stesso,anche il clima aziendale e il benessere sullavoro. Perché un dipendente che stameglio sul luogo di lavoro assicura certa-mente un servizio migliore.Infrastrutture: al miglioramento del benes-sere di utenti e dipendenti sono finalizzatealcune infrastrutture in corso di realizzazio-ne, dall'asilo nido aziendale con baby par-king per gli utenti e una quota sociale riser-vata a famiglie disagiate, al completamen-to del sistema dei parcheggi con la realiz-zazione del multipiano, alla ristrutturazionedelle camere mortuarie, per assicurareriservatezza e dignità nel momento piùdoloroso.Fondazione San Carlo 1810: a partire dalprogetto di una mostra documentaria suiprimi 50 anni di storia dell'ospedale, incorso di realizzazione in partenariato conl'Archivio di Stato e altri enti pubblici, il SanCarlo darà vita a una fondazione che con-sentirà di accedere ai finanziamenti del 5per mille ed altre attività di fund raising,promuovere progetti sociali con le consulteaziendali del volontariato e dei primariemeriti, sviluppare iniziative culturali chefavoriscano la crescita dell'integrazione edel senso di un'appartenenza condivisa traospedale e comunità.

REPORTAGE

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Le elezioni per le amministrative e per ilParlamento Europeo animano la scenapolitica. A Potenza che va alla elezione

per il nuovo sindaco, i giochi si sono misu-rati anche con il doppio voto di genere, natoper garantire un ingresso maggiore delledonne nella politica, di fatto organizzato,nella maggior parte delle composizioni par-titiche, in termini di gemellaggiomaschio/donna, snaturando l’ambizione ori-ginaria di reale rinnovamento.Nella fase di persistenti processi di destrut-turazione e scomposizione delle istituzioni edella struttura sociale ne sono investiti i par-titi; ne sono investiti esperimenti come quel-li delle primarie nostrane, così sostanzial-mente diverse da quelle degli States, asso-lutamente regolate da legge e vincolateattraverso leggi statali che disegnano unorientamento generale che le sottraggonoalla discrezione di partiti e di singoli, finaliz-zate, come sono, alla selezione e non allaelezione, anche per le massime cariche ese-cutive. In Italia non hanno valore legale. Laesigenza di garantire una reale concretapartecipazione dei cittadini e un incentivo alvoto parte da qui, da una presa di posizionechiara sul problema primarie sì/primarie no;dal fatto, inoltre, che una volta eventual-mente assunta decisione positiva, sianoregolamentate per legge, in tutti gli aspetti.Dirompente, fondante in termini di ricostru-zione del tessuto politico, e della credibilitàl’altra questione, quella delle riforme istitu-zionali che riguardano la legge elettorale ela riforma del Senato. Sono riforme la cui“efficienza” potrà essere misurata innanzi-tutto e prioritariamente in base al criteriodel ripristino dell’interesse dei cittadini alledinamiche politiche e della loro effettiva par-tecipazione democratica alle scelte dei pro-pri rappresentanti. Mettere mano non su ungenerico concetto di stato ma sullo Statoimplica molta attenzione, un coinvolgimento

del paese che, probabilmente, solo una faseistituzionalizzata Costituente, può garantire,prevedendo la finalità e l’obiettivo di decide-re, insieme, verso quale progetto di riformasi debba andare; ridando voce agli stessi cit-tadini, ridando loro voce nel determinare ipropri rappresentanti. Sul piano della rico-struzione del tessuto sociale, e inevitabil-mente economico, gli interventi previsti sullavoro si misureranno sulla base del criteriodell’aumento duraturo del lavoro e, stretta-mente collegato a questo, da una rinataaspettativa di futuro e di crescita. Anche in Basilicata le cose si incrociano e sideterminano vicendevolmente, a ridossodelle elezioni comunali, soprattutto nellacittà di Potenza, e europee. Probabilmente la consapevolezza di taliincroci ha fatto si che la previsione che il PDregionale andasse ad una conta interna sia,di fatto, venuta meno con la mancata atti-vazione, da parte sua, delle primarie. Lalotta per la segreteria, nel partito, è rinvia-ta a dopo le elezioni. Questo comporta, difatto, che il riferimento del PD sia, almomento, il suo rappresentante istituziona-le più elevato, quello regionale, MarcelloPittella. Per questo non resta che aspettareche anche il populismo di Renzi e quel po’ diverve soprattutto comunicativa si ridimen-sionino, magari proprio grazie e con il con-tributo importante dei più vigorosi e capacipolitici lucani, per affrontare la reale esigen-za di riforme (basta, possibilmente con l’i-dea sciatta di un riformismo di maniera),per non affossare tale esigenza ma perdare ad essa la ricchezza di una prospettivadi rinnovata e vera partecipazione democra-tica.

L’Assessore Prof. Aldo Berlinguer conver-sa con il nostro giornale sulle prospettive deitrasporti lucani, sulle iniziative imprendito-riali da cogliere e sulla ottimizzazione deilivelli di governo.

In quale situazione ha trovato laBasilicata? Di quali infrastrutture cisarebbe maggiore urgenza? E’ una terra di grande ricchezza, storica,ambientale, che potrebbe essere attraversa-ta da grandi flussi turistici; di grandi poten-zialità non tutte colte appieno. Per quantoriguarda le infrastrutture le deficienze sonogravi sia sul comparto viario che su quelloferroviario; è, soprattutto, deficitaria sul

piano aereo. Dobbiamo, quindi, fare i conticon ritardi significativi su molti versanti. Stiamo lavorando sulla Potenza – Salerno, alivello viario e ferroviario, anche se stiamomuovendo alcuni passi. Fra un paio di mesidovremmo eliminare il problema attualmen-te esistente sull’incrocio Picerno, che oggivede un cambio di carreggiata. Sul pianoferroviario, ci sono delle questioni peculiaritra Potenza ed Eboli, anche perché è untratto ad un solo binario. Ci vorrebbero inve-stimenti cospicui di almeno 1 miliardo e cen-tomila euro per velocizzare di solo mezz’ora.Il gioco non vale la candela. Quindi punte-remo su treni nuovi, per garantire, soprat-tutto, la definitiva soluzione dei ritardi inac-cettabili. Per le FAL arrivano ulteriori treni a

REPORTAGE

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Margherita E. TORRIO

CONVERSAZIONE CON L’ASSES

ALDO BERLINGNOTE A MARGINE

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supportare le percorrenze Potenza –Avigliano e Potenza-Altamura-Bari con unabbattimento dei tempi di percorrenza. Orastiamo operando, pancia a terra, anchesulla ipotesi della pista Mattei che sta, però,in un progetto, imprescindibile, di bonificadel terreno.

Verso quali prospettive ridisegnare loschema dei trasporti attraverso laintegrazione gomma+ ferro? Il territorio si trova in una posizione strate-gica sia sulla direttiva nord/sud che su quel-la est/ovest, quindi ancora sul versante tir-renico e su quello adriatico dove si puòintervenire perché c’è la effettiva possibilitàdi sviluppo sull’alta velocità. Particolarmente

importante, sarà in questo senso il collega-mento per Foggia, interessato dalla pro-spettiva del raccordo Napoli-Bari già in dive-nire, che rappresenta il collegamento natu-rale con l’Adriatica. Bisogna lavorare per laelettrificazione della strada ferrata Potenza-Foggia e per il potenziamento della terzacorsia per la quale sono previsti finanzia-menti cospicui.

Come conciliare ambiente, messa insicurezza e bonifica? Ci sono 46 milioni di euro per la piana di Titoe Val Basento, una varietà di progetti ed uncrono programma. I denari vengono dalMISE, dal MATTM. Bisogna istruire dei pro-getti anche per evitare che i finanziamentivadano persi. Dobbiamo spendere per por-tare a casa tutte queste bonifiche e fare untavolo di concertazione a tappe forzate. Poialtre questioni critiche, quella di Fenice(abbiamo adottato l’area) per la quale sonoprevisti un monitoraggio ed una sorveglian-za, rifacimento, reti intercettate, meccani-smi di controllo nel momento in cui i rifiutiarrivano. Lì c’è veramente tanto da lavora-re, per garantire la convivenza tra Fenice cuivanno addebitati inadempimenti gravi, con-tenziosi etc, ed il territorio. Inizieremo laverifica.

Quindi sul territorio lucano, si aprireb-be una possibilità di sviluppo dellaricerca. Con quali possibilità di intera-zione tra aumento della produzione(p.e. petrolio), ricerca, nuove realtànel Mediterraneo e prospettive occu-pazionali dei giovani e meno giovanilucani? Il nostro territorio é interessato da vari atti-vità produttive, alcune delle quali, come IlaLaterizi, Fenice, Siderpotenza e soprattuttoENI, richiedono un interlocutore istituziona-le all'altezza. Ciascuno dei settori interessa-ti comporta la necessità che si sviluppinoconoscenza e competenze, al fine di interlo-quire con le imprese su base paritaria. C'é,quindi, un gran bisogno di ricerca e di com-petenze, anche per consentire ai lucani ditrovare opportunità di lavoro in settori oveserve forza lavoro qualificata. I lucani nonpossono essere coinvolti solo quando servo-no opere edili e parcheggi. Occorre fare diqueste iniziative imprenditoriali delle occa-sioni di sviluppo da cogliere, non da subire.E i centri d'eccellenza da noi non mancano:

Enea, CNR, ASI, sono solo alcuni dei centridi ricerca che abbiamo e che dobbiamocoinvolgere e valorizzare.

A proposito delle necessità energeti-che cosa si intende per “sottostazionidi Genzano Oppido PietragallaAvigliano per convogliare energia pro-dotta nella rete di distribuzione”?Il tema della rete di trasporto dell'energia éassai implicante. Terna sta migliorando lamagliatura. Molti impianti saranno collegatima i passaggi amministrativi, le aste pubbli-che, le frequenti liti tra proprietari dei terre-ni e imprenditori non facilitano il lavoro. LaBasilicata é ancora Regione deficitaria, nelsenso che consuma piú energia di quantane produce. Il che non é necessariamenteun dato negativo: significa che i consumi,specie quelli industriali, non sono del tuttocrollati. Ma col collegamento dei nuoviimpianti la tendenza si invertirà. Dobbiamoessere quindi pronti e saper ben soppesaretutela del paesaggio, dell'ambiente, con leopportunità di energia pulita che i nuoviimpianti ci possono dare.

Cosa mi dice sul progetto di “macrore-gione” di cui si parla? I cittadini lucanisono preoccupati perché temono cheuna cosa del genere possa risponderepiuttosto agli interessi di chi miri a uti-lizzare a suo beneficio quelle risorsedella Basilicata di cui Lei parlava. Andrei oltre le categorie formali. Importanteè, invece, ridurre i livelli di governo chevanno ottimizzati e ridotti mantenendo effi-cienza nel governo. Anziché dieci consigliericomunali si può pensare ad un rappresen-tante che va ad un raggruppamento di 10piccoli Comuni. Pochi e divisi, comporta ine-sorabilmente una forte penalizzazione. Inquesto inquadramento logico c’è da porre laquestione macroregione. Il Sud presentacaratteri omogenei; anzi, soprattutto il defi-cit è un fattore ampiamente condiviso. Faremassa critica e scelte unitarie può portarea risultati importanti in fase di contrattazio-ne anche con il governo. Più che di macro-regioni parlerei di ottimizzazione dei livelli digoverno. Anche perché il rivendicazionismo,il separatismo quello che i Baschi o gliScozzesi o i Catalani rivendicano ha una suastoria. Bisogna fare una valutazione com-plessiva su cosa sono rappresentanza eregionalismi.

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SORE ALLE INFRASTRUTTURE

UER

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Un’altra colata di cemento minaccia lazona nord di Matera già interessatada una densità abitativa elevata. A

lanciare l’allarme sono gli abitanti del rionesan Giacomo riuniti in un comitato denomi-nato “Parcodella SantaFamiglia”, costi-tuitosi per pre-servare unadelle pochezone della cittàdi Matera, con-trada Granulari,dal tentativo diuna selvaggiaed i f i c a z i onenella zona limi-trofa alla Chiesaomonima della Santa Famiglia. In più occa-sioni, con comunicati scritti e raccoltafirme, i cittadini di “Matera Nord”, riunitisinel suddetto Comitato, hanno espresso laloro contrarietà a progetti di edificazioneurbana dell'area per preservarne il caratte-re di “polmone verde”. Il progetto dellanuova edificazione nell’area in oggetto,come proposta in variante al PRGComunale, si pone in netto contrasto con ledestinazioni previste dal Pianificatore, l’ar-chitetto Luigi Piccinato che, con la Varianteal Piano Regolatore, approvato nel 1975, a

fronte dell’altadensità abitativadella zona, avevacalcolato ed equi-librato i volumi,dotando il quar-tiere di serviziannessi, par-cheggi e areeverdi. Nel 1999,

l’ingegner Nigro, nella successiva Varianteal Piano Regolatore, non ha a sua voltadefinito la destinazione dell'area. SePiccinato con la variante del 1975 avevadestinato l’area in oggetto a “polmoneverde” sì da consentire un livello accettabi-le di vita dei residenti di Matera Nord,emerge palesemente che le Conferenze diPianificazione indette nei mesi scorsi hannocome unico scopo la cementificazione del-l’intera area. La variante, infatti, accresce ilcarico abitativo danneggiando e compro-mettendo i rapporti e gli equilibri tra abita-

zioni, servizi e verde pubblico, in un quar-tiere di Matera, San Giacomo, già segnatodalla presenza di numerosi fabbricati. Unquartiere ad alta densità abitativa che inve-ce necessiterebbe di un’area verde attrez-zata con doppia finalità: ludico ricreativa epolo nevralgico per la gestione delle emer-genze in caso di calamità naturale. In que-sto senso, la Pubblica Amministrazione ètenuta ad applicare le norme contenutenella legge regionale n. 23/99 che contem-pla l’integrazione con i Piani di protezioneCivile. Così, per superare l’empasse, ilcomitato ha addirittura proposto alComune un progetto finito di risistemazio-ne a verde dell’area a ridosso della chiesain modo che si possa già ipotizzare unintervento concreto su questo fazzoletto dicittà. I parrocchiani, i cittadini materani e iresidenti in contrada Granulari chiedono alComune di stralciare dall’area ogni inten-zione di edificazione, salvaguardando ladestinazione dell’area a verde pubblico.

REPORTAGE

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Giovanni MARTEMUCCI

NUOVE COLATEDI CEMENTO ASAN GIACOMO

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Grande apprezzamento per il divanoMade in Italy soprattutto se prodottonel distretto del mobile imbottito di

Matera. E’ stata questa una delle indicazio-ni più importanti giunte dalla 53esima edi-zione del Salone internazionale del Mobiledi Milano svoltosi ad aprile. A riferire i primidati sull’andamento di questo importanteappuntamento fieristico è Piero Stano,amministratore di Ego Italiano, aziendamaterana tra i maggiori player italiani delsettore: “Il mercato estero ma, anche quel-lo italiano, stanno ritornando ad apprezza-re la qualità delle lavorazioni artigianali deldistretto materano del salotto ed il designminimale delle nostre collezioni. Abbiamoregistrato in fiera una forte presenza deinostri mercati storici Belgio e Francia, paesidove il marchio egoitaliano è oramai conso-lidato da tempo come prestigiosa firmadell’arredamento di alta qualità. Ma l’incre-mento del mercato estero è dovuto ancheal ritorno di buyer inglesi e scandinavi sem-pre attenti al design e dunque attratti dallostile sobrio delle nostre proposte living”. Unrinnovato interesse per il prodotto “made inMatera” arriva anche dal mercato italianoche ritorna a preferire la qualità e la ricer-catezza stilistica dei nostri divani realizzatiin vera pelle. Un settore che era finito incrisi nel corso degli anni perchè influenzatoe “depistato” dalle promozioni commercialia basso prezzo e bassa qualità proposte

quotidianamente dai media.“Registriamo dunque – continua Stano -segnali generali di ripresa dopo questolungo periodo di crisi che ha segnato pro-fondamente le produzioni del distrettomaterano del mobile. Per quanto riguarda“Ego Italiano” i dati dell’export fanno regi-strare nel primo trimestre 2014 un aumen-to del 27% del fatturato. Attualmente inostri mercati sono rappresentati per il50% dall’Italia e per il 50% dall’estero.L’obiettivo, per la fine del 2014, è di aumen-tare del 10% l’estero portando il nostroexport al 60% sfruttando il successo cheregistriamo con i mercati del Far East(Singapore, Corea, Cina, Giappone)”. Tra lenovità proposte da Egoitaliano al Salone diMilano spiccano i divani rivestiti con i pella-mi della collezione “Nuvole” progettati inesclusiva con colori dalle tonalità terra“effetto polvere” e piedi completamenti ver-niciati in testa di moro, grigio e biancoperla. “Questa collezione -spiega LeoStano, visual designer di Ego Italiano-nasce dall’idea di essere quanto più vicinialle tendenze, ai colori, utilizzati nel mondodella moda e proposti da “Pantone FashionColor Report”, vera e propria bibbia deidesigner. Una scelta che migliora l’appealdei nostri prodotti sul mercato internaziona-le”. “Calia Italia” ha presentato le nuoveproposte di divani e poltrone pensate peroffrire originalità alle esigenze funzionali e

di comodità. L’azienda materana ha eviden-ziato il forte legame con Lucania e le suetradizioni. Giuseppe Calia, DirettoreGenerale di “Calia Italia”, ha dichiarato: “Daanni siamo impegnati nella produzione evendita di mobili imbottiti che hanno condi-zionato il comfort e il design di molte altreaziende nostre concorrenti. La responsabili-tà di ricercare costantemente il miglior rap-porto tra design, innovazione e qualità, cispinge a innovare costantemente i sistemidi produzione. È questo che il mercatoricerca, ed è questo che rende i nostri diva-ni unici e confortevoli. Quello che rimanecostante, è il nostro amore per l’Italia e perla nostra città. Ecco perché abbiamo dedi-cato un evento speciale e tanto spazio nellostand, alla promozione di Matera capitaleeuropea della cultura. All’ingresso di ViaDante, nel centro di Milano, tra piazzaDuomo e il Castello, chiunque ha potutoammirare il divano “Logo Matera2019”,fotografandosi e condividendo sui Socialcon hashtag #porto materanel2019, la pro-pria voglia di partecipare all’evento di“guerrilla marketing”. Migliaia di personehanno scoperto la città e hanno condiviso leragioni di una candidatura così prestigiosa.Un successo che ci convince sempre piùsulle ragioni di una vittoria finale. Siamocerti di poter aggiungere e raggiungereobiettivi comuni. Calia Italia e Matera”.

gi.ma.

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Il design materano al Salone del Mobile

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Era il 13 settembre 2013, quandocon un colpo di spugna il tribuna-le di Melfi, assieme ad altri 30

presidi, è stato spazzato via dall’orga-nico giuridico italiano come ultimoatto di una diatriba dal tono musco-lare tra l’Ordine degli Avvocati diMelfi, gli amministratori locali di tuttol’hinterland dei 18 comuni che gravi-tano intorno alla circoscrizione delVulture-Alto Bradano, i piani istituzio-nali regionali e il governo centrale.Eppure, negli ultimi mesi ci sono alcu-ni timidi segnali che fanno pensareche il discorso tribunale non sia affat-to chiuso. Il “Lucano Magazine” haintervistato il presidente del Consigliodell’Ordine degli Avvocati di Melfi,Gerardo Di Ciommo per capire qualisaranno gli sviluppi della vicenda neiprossimi mesi.

Avvocato Di Ciommo, qual è stata l’o-rigine della diaspora sul tribunale diMelfi?L’origine è stata la legge 148/2011, lacosiddetta “manovra bis”, che ha rece-pito un precedente decreto legislati-vo, recante “misure urgenti per lastabilizzazione finanziaria e per losviluppo”, e che ha delegato ilgoverno a ridefinire le circo-scrizioni giudiziarie attra-

verso la soppressione e l’accorpamento ditribunali e sezioni distaccate. Nel maggio2012 esce la legge delega n. 155 che rece-pisce la normativa stabilita dalla legge 148e stabilisce, in aggiunta, una riorganizza-zione della “distribuzione sul territorio degli

uffici giudiziari al fine di realizzare risparmidi spesa e incremento dì efficienza”.Appena visionata, abbiamo subito prepara-to un dossier che abbiamo presentato alMinistero di Grazia e Giustizia. In ogni caso,Melfi era salvo, perché la legge in questio-ne prevedeva che ciascun distretto di corted'appello, incluse le sue sezioni distaccate,comprenda non meno di tre tribunali conrelative procure della Repubblica. Se nonché è stata fatta un’operazione che lalegge delega non prevedeva: l’accorpa-mento dei tribunali extra-regionali. Così,non è stata osservata la bozza di relazioneministeriale sulla geografia giudiziaria checonsiderava il tribunale di Melfi intoccabile,e Sala Consilina è stato accorpato aLagonegro, mentre il tribunale di Melfi èsaltato.

Qual è stata sempre la posizionedell’Ordine degli Avvocati di

Melfi?È stata un’operazione dettata da

scelte politiche che la Regioneha voluto fare perché sareb-be stato molto più logicoaccorpare Lagonegro aSala Consilina che avevaun organico di 15 magi-strati su cui gravita-

vano 30 comu-ni. E invece,

f a c e n d ol ’ o pe ra -

MELFI RIVUOLEIL SUO TRIBUNALEA breve un nuovo Referendum

REPORTAGE

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Marianna Gianna FERRENTI

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zione inversa, si è voluto penalizzare ilVulture Melfese Alto Bradano. L’Ordinedegli Avvocati di Melfi è sempre stato con-trario alla chiusura, si è opposto inoltrandoistanze al Tar Lazio e alla CorteCostituzionale. Siamo orientati a presenta-re, nei prossimi mesi, assieme agli altri 30tribunali soppressi, un nuovo ricorso allaCommissione della Giustizia Europea. Abreve torneremo alla carica con un nuovoReferendum, ne avevamo già presentatoun altro che non è stato accolto.

In che modo si sono mosse le ammi-nistrazioni locali e, soprattutto, c’èstata sinergia tra queste e l’Ordinedegli Avvocati di Melfi?Il rapporto con l’amministrazione Valvanoè stato sempre cooperativo, così come coni 110 sindaci del circondario c’è stata unaintensa collaborazione che ci ha portati piùvolte a Roma. Io personalmente sonostato ben 60 volte nel capoluogo, ho avutoincontri con rappresentanti ministeriali,sottosegretari e parlamentari. In rappre-sentanza dell’Ordine degli Avvocati di Melfiho incontrato il ministro della GiustiziaCancellieri, l’allora sottosegretario Beretta,e una serie innumerevoli di parlamentari,almeno 100, da Belisario fino ai grillini. Hoincrociato due volte Bersani, Bocchino, l’av-vocato Penalista Giulia Bongiorno che rico-priva la carica di Presidente della IICommissione Giustizia e il senatore LiGotti, componente della commissioneAntimafia. Per non parlare delle decine diincontri con l’allora governatore Vito DeFilippo. Sono state organizzate decine dimanifestazioni, ma la risposta della politicaè stata scarsa e deludente. Due mesi fa lacomunità melfitana ha incontrato MarcelloPittella che ha ribadito la volontà di restitui-re alla città il suo tribunale, impegno presoproprio nella sala consiliare del Comune.Attendiamo sviluppi.

Cosa risponde a chi vi ha accusato diostruzionismo alla chiusura del presi-dio giudiziario per ragioni di campani-lismo, interessi e di privilegi di casta?È una grande bugia. Questa è una riformascellerata che non ha tenuto conto dellespecificità del territorio. Il tribunale di Melfi,a differenza di altri, era molto più efficien-te. Aveva tempi di risposta molto più rapi-di, di circa la metà, rispetto a quello diPotenza.

Cosa significa per tutto il Vulture-Melfese e Alto Bradano la chiusura diun presidio, garante di legalità in uncrocevia strategico non solo per lamicrocriminalità locale, soprattutto,per quella organizzata provenientedalle regioni limitrofe, Campania,Calabria e Puglia?Significa gravi ripercussioni non soltantoper questo territorio ma per tutta la regio-ne. Bisogna tenere in conto che la crimina-

lità foggiana è tra le più pericolose in Italiaperché spara con notevole facilità, inquina,gestisce affari illeciti. Prima c’era questopresidio che la arginava, adesso temo perla Basilicata; altro che isola felice!

La funzione di sentinella del territorioe di suggello legale non potrebbeessere svolta, egualmente, dal tribu-nale di Potenza?Non è la stessa cosa. Un conto è avere iltribunale sul territorio, un altro invece èavere una Procura della Repubblica lonta-na 60-70 km. Non è solo una questione didistanza, bensì di controllo e conoscenza,di rapidità delle indagini e di efficientesinergia con Polizia e Carabinieri sul luogo.Se a ciò si aggiunge che dall’organico del-l’ex tribunale di Melfi sono andati via giàquattro magistrati che hanno preferito tra-sferirsi in circoscrizioni più vicine alle lororesidenze, si può dire che se non fosse peri Got, i magistrati onorari, la situazionesarebbe quasi paralizzata.

Si vocifera che all’interno della strut-tura, ormai privata di ogni funzionali-tà, sia iniziata un’attività di manuten-zione dell’impianto antincendio. La

comunità, non solo melfitana, si chie-de cosa stia accadendo.I lavori di adeguamento dell’impiantoantincendio sono stati realizzati sulla basedi lavori appaltati molti anni prima, quandoancora non si poneva la questione dellachiusura del tribunale. In ogni caso, èimportante insistere sulla sicurezza dell’edi-ficio sia che il Palazzo di Giustizia vengadestinato a sede del Giudice di Pace e siache torni il tribunale.

Lei lascia aperta la possibilità chetorni il tribunale? Quindi si può direche il discorso non è affatto chiuso?Io ho la speranza che prima o poi si rende-ranno conto che è stata commessa un’in-giustizia. Questo pendolarismo continuo daVenosa, Montemilone, Palazzo, Maschito etutti gli altri comuni che gravitano sulla cir-coscrizione di Melfi, ben 18, contribuirà arendere più onerosi i processi, con maggio-ri inefficienze e tempi di risposta molto piùlunghi rispetto a prima. A ciò si aggiunge lamaggiore esposizione dei cittadini ai peri-coli di incidenti stradali sulla Potenza-Melfi,che è sempre più una “strada della morte”.Auspico che il discorso non sia affatto chiu-so e che, chi di dovere, capisca.

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Si chiama “AleAnna Resources LLC” lacompagnia texana che nel 2006 haavanzato un’istanza di permesso di

ricerca sul territorio del Vulture – AltoBradano e che ha intenzione di investire inpozzi di perforazione, rilievo sismico. «Asuo dire – commenta la prof.ssa D’Orsogna– agirebbe con tecniche poco invasive,innovative e rispettose dell’ambiente.Ebbene, tutto ciò è impossibile e non lodico io, lo dicono i dati statistici, gli studi,approfonditi dalle più importanti accade-mie, istituti ed enti di ricerca, delle piùaccreditate riviste specialistiche nel settoreambientale, dimostrano come le cose stia-no diversamente, e non solo lo dicono glistessi petrolieri nei loro incontri tecnici».Ma veniamo alle conseguenze che le estra-

zioni petrolifere provocano sull’uomo eall’ambiente «i fanghi e i funghi di perfora-zione ad alto impatto, sprigionano nell’am-biente sostanze fortemente aggressivedalle acque di risulta come emerge da unostudio condotto dal Dipartimento diRelazione Ambiente degli Stati Uniti» non-ostante la società texana, e le società ingenerale, voglia far intendere che «i pozzisono cementificati e sigillati. È impossibilecontrollare cosa accade davvero nel sotto-suolo». «Il Fondo del Barile, è un petroliodi scarsa qualità, amaro e pesante, lo stes-so che viene sversato in Basilicata e, inparticolare, in Val D’Agri. Questo petrolio,amaro e pesante, necessita di un processodi desolforazione, come quello che avvienenel “Centro Oli” ma, come rivela lo studio

della prof.ssa Albina Colella, esso non è ingrado di eliminare tutta la componente sol-forea che, inevitabilmente, in una certapercentuale viene rilasciata in atmosfera,come accade a Viggiano, sulla terraferma,ma, in altre zone d’Italia, anche in mare suspeciali piattaforme o navi che galleggia-no». Gli effetti da esalazioni da idrogenosolforato, sull’uomo e sulla salute variano aseconda delle dosi: il rilascio in atmosferadi quantità di gran lunga superiore allanorma può portare collasso e morte, comeè accaduto nelle cisterne di Molfetta(2008), Catania (2008) e di Sarroch in pro-vincia di Cagliari, nel 2009. Esistono, inol-tre, studi scientifici accreditati che dimo-strano che «respirare gas di idrogeno sol-forato tutti i giorni può provocare problemi

Le conseguenzedelle estrazioni petroliferesull’uomo e all’ambiente

REPORTAGE

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cronici e danni permanenti (ansia, depres-sione, fatiche respiratorie, malattie bron-chiali) e, l’esposizione prolungata neltempo ad agenti genotossici può provoca-re danni al DNA, mutamenti genetici ecomparsa di alcune forme tumorali, comequelli infantili che in Italia sono aumentatianche a causa della componente ambien-tale». «Questa instabilità del genoma èprovocato proprio dall’idrogeno solforato -continua - perfino l’istituto americano deipetrolieri, nel 1948, ha ammesso che peressere sani è necessaria una concentrazio-ne pari allo zero di etilbenzene, una com-ponente dell’idrogeno solforato. Perfino ipetrolieri lo hanno ammesso nelle lororelazioni e studi internazionali, non c’èbisogno di fare esperimenti sulla pelle deilucani». «In California esiste una legge sulprotocollo della trasparenza dei dati, da cuiè emerso che la possibilità di scoppi petro-liferi non sono certo ordinari, ma neanchepoco frequenti, come è accaduto in passa-to a Novara, senza andare troppo lontanoin Basilicata, a Policoro, nel 1991, e inMessico, l’ultimo terribile scoppio in marerisale al 2010. C’è poi il rapporto diScience, una tra le riviste scientifiche piùaccreditate al mondo che si spinge oltre ein un rapporto recentissimo del 21 aprile2014 attesta: “Potrebbe essere che l’attivi-tà umana abbia scatenato terremoti italia-ni mortali come in Emilia Romagna”».«Tenendo conto che il territorio compresofra Barile, Ginestra, Rapolla e Ripacandidaè stato dichiarato “sismico di primo livello”,gli ultimi dati rivelati non sono da sottova-lutare nella prospettiva di un permesso diricerca estrattivo nel Vulture – AltoBradano. Un altro aspetto importantissimo

che emerge nella relazione è la subsidenzaindotta, che può provocare problemi allefogne e allagamenti a causa dell’abbassa-mento del terreno provocato da attivitàartificiale». «Anche in questo caso – rivelala docente di fisica dell’Università califor-niana – esiste un legame tra subsidenzaindotta e aumento dei pozzi petroliferi, eanche in questo caso non lo dico io ma loammettono gli stessi petrolieri». Ma alloraperché vogliono venire a investire in Italiae in particolare in Basilicata? «In Californiaci sono limiti di legge molto restrittivi –aggiunge – tranne in Messico, dove non acaso sono accaduti i peggiori incidenti nelcorso della storia. In Italia, purtroppo, nonci sono controlli, le leggi sono piuttosto

blande tant’è che le stesse compagnieammettono che il nostro paese è un buonposto per fare business». «E in più in Italiatutto ciò accade con il silenzio assensodelle istituzioni, mentre in Norvegia è lostesso governo che pubblica sui propri sitiufficiali che le attività petrolifere provocanogravi immissioni di inquinanti nell’aria eche non è possibile operare se non utiliz-zando sostanze chimiche, spesso tossi-che». «In Italia invece si tende a rassicu-rare, mentre i danni provocati e quelli chesia l’attività di estrazione petrolifera chequella di subsidenza indotta possono pro-vocare con il tempo, sono chiari a tutti,eppure si continua a non volerli vedere».

ma.gi.fe.

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IGAL sono degli organismi che pianifica-no e attuano strategie di sviluppo ruralenella varie aree del territorio nazionale

per promuoverlo da un punto di vista turi-stico. In Basilicata ne operano otto (Akiris,Basento-Camastra, Bradanica, Cosvel, CSRMarmo Melandro, Cittadella del Sapere, LeMacine, Sviluppo Vulture Alto Bradano), aconferma di una grande spinta verso il turi-smo su cui la Basilicata, aumentando la suaattrattività, vuole far leva. Nicola Timpone, energico direttore del GAL“La Cittadella del Sapere”, che opera traParco del Pollino e Parco Val d’AgriLagonegrese, tra Senise e Maratea, ci haillustrato come un GAL può migliorare l'ap-peal dei territori e su quali progetti punta-

re. I GAL in prima linea anche per l'EXPO 2015,un appuntamento di spessore con cui laBasilicata misurerà le proprie ambizioni e sipresenterà al mondo. Infine, dall'Austria,arriva il via libera per un progetto di coope-razione transnazionale per la condivisionedi conoscenze e buone pratiche.

Timpone, cos'è un GAL e di cosa sioccupa?Il Gruppo di Azione Locale, meglio cono-sciuto con l'acronimo GAL, è il soggettoattuatore del programma comunitario LEA-DER, ossia un partenariato che riunisceorganizzazioni del settore pubblico, privatoe della società civile.Le funzioni del GAL comprendono l’indivi-duazione, la pianificazione e l’attuazionedelle strategie di sviluppo per l’area ruralenella quale opera. Il territorio del GAL “LaCittadella del Sapere” è rappresentato da27 comuni della provincia di Potenza collo-cati nell’area Sud-Occidentale dellaBasilicata. I cittadini coinvolti nel nostroPiano di sviluppo locale sono circa 75.000.

Quali sono i progetti riusciti che hannodato una marcia in più al territorio di

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I GALL'esempio della“Cittadella del Sapere”

Giovanni GALLO

Maratea

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competenza?In questi anni si è cercato di aumentare lacompetitività e l’attrattività del territorioattraverso iniziative di vario tipo. Tra i pro-getti più interessanti vi è quello per la rea-lizzazione di un museo multimediale dedi-cato alla Monnalisa, che, tra storia e leg-genda popolare, pare sia sepolta in terralucana e, precisamente, a Lagonegro. Ilprogetto è sicuramente di ampio respiro eprevede, tra l’altro, il coinvolgimento dellescuole e dei giovani attraverso numerosieventi, seminari, incontri-studio, mostre espettacoli culturali di carattere nazionale edinternazionale.Un'altra esperienza significativa è stata l'at-tività di promozione delle produzioni agroa-limentari tipiche dell'area di competenza delGAL, attraverso l'apertura, dal 19 dicembre2013, della Mostra Permanente dei ProdottiTipici realizzata dal GAL nel cuore di Roma.Un’iniziativa di grandissimo successo che hapermesso ai tantissimi visitatori della capi-tale di conoscere e gustare le incredibilibontà lucane.In generale, l'assunto di partenza dellenostre iniziative è che il buon cibo, oltreall'arte, alla cultura, e alla natura, siano unottimo attrattore turistico.

Quelli con cui opera un GAL sono fondieuropei. Con quale meccanismo ven-gono ridistribuiti sul territorio?I GAL si avvalgono delle risorse FEASR(Fondo Europeo per l’Agricoltura e loSviluppo Rurale) le quali vengono impiega-te per co-finanziare gli interventi previsti neiPiani di Sviluppo Locale. Le modalità di

attuazione delle varie progettualità sonotre: “bandi pubblici” aperti al territorio perla selezione dei beneficiari; operazioni “inconvenzione” (nel caso in cui la specificitàdell’operazione richieda l’affidamento ad unsoggetto che per finalità istituzionale o percapacità scientifiche possa garantirne lacorretta attuazione); ed infine le operazionia “regia diretta” del GAL. In quest’ultimocaso il beneficiario è lo stesso gruppo diazione locale che realizza interventi cheinteressano il territorio nel suo complesso.

Il GAL “La Cittadella del Sapere” par-teciperà all'EXPO 2015 di Milano?In questa fase i principali enti locali lucanistanno lavorando sul programma sotto ilcoordinamento della Regione. L’EXPO rap-presenta una grande opportunità per pro-muovere su scala internazionale laBasilicata, le specialità del nostro territorioe non ci faremo trovare impreparati.

La vediamo spesso al fianco di perso-naggi famosi. Quanto è gratificantequesto aspetto del suo lavoro?Non parlerei esattamente di gratificazione.Il punto è che la visibilità dei personaggi dirilievo pubblico è importante per accresce-re il focus sul nostro territorio. In questianni abbiamo attivato numerosi media tele-visivi, la stampa e il mondo delle arti (musi-cisti e attori in particolare) per far conosce-re le nostre bellezze paesaggistiche e lenostre tradizioni enogastronomiche o cultu-rali. L’obiettivo resta quello di incentivare lapresenza turistica, in quanto driver indi-spensabile per lo sviluppo delle imprese

locali e per accrescere la rinomanza e lacommerciabilità dei prodotti agroalimentaried artigianali.

Quali saranno le iniziative future?Dopo anni di grande lavoro svolto in perfet-ta sinergia con l’APT Basilicata abbiamofinalmente ottenuto il via libera da Viennaper ospitare l’evento L.I.N.C. 2015, unamanifestazione di spessore internazionaleche porterà sul territorio lucano centinaia dipersone da ogni angolo d’Europa, operato-ri dello sviluppo locale e rappresentantidelle Istituzioni UE. Una piccola divagazio-ne. Il L.I.N.C. (Leader Inspired NetworkCommunity) è un progetto giovane, dinami-co e di grande successo, lanciato nel 2009dai Gruppi di Azione Locale austriaci in col-laborazione con la “Austrian RuralNetwork”. L’obiettivo dell’iniziativa è quellodi sostenere la cooperazione transnaziona-le e la condivisione di conoscenza e buonepratiche attraverso eventi annuali di straor-dinario impatto che si svolgono nelle regio-ni dei GAL aderenti al network. Le prece-denti edizioni della manifestazione – Austria2010, Germania 2011, Estonia 2012 eFinlandia 2013 - sono state incredibilmentesignificative, sia in termini di presenze chedal punto di vista delle ricadute economichee d’immagine sul territorio. E’ evidente chetale progetto rappresenti un’opportunitàeccezionale per gli operatori economici e lestrutture ricettive della regione ospitante.Possiamo dire con orgoglio che la Basilicatasarà la prima regione italiana ad ospitarel’evento L.I.N.C., il quale si protrarrà pernon meno di 5-6 giorni e garantirà ai nume-rosissimi partecipanti esperienze irripetibilitra escursioni, visite guidate, itinerari eno-gastronomici, eventi culturali e ludico-spor-tivi, seminari e workshop.

Info: www.lacittadelladelsapere.itSan Costantino Albanese

Nicola Timpone

Latronico Terme

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Culture in eEPISTEME

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Leonardo CLAPS

La cultura, come ben si sa dagli studiantropologici, è un insieme complessodi idee e comportamenti ritenuti validi

e vitali per il gruppo sociale che li adotta.Ogni società umana ha avuto la sua cultu-ra ed ogni cultura è stata utile per lasopravvivenza di ciascuna società. Ma oggile cose stanno ancora così? Oggi, dove ilmondo sta subendo profonde trasforma-zioni, la cultura in senso antropologico puòancora essere considerata come valoreindispensabile per la sopravvivenza? Inpoche parole, oggi si può parlare ancora dicultura?Considerando le trasformazioni attuali chesono in atto in gran parte del mondo sem-bra plausibile affermare che il concetto dicultura in senso antropologico dovrebbeoggi essere preso con molta cautela. Adesempio, i proverbi, fanno ancora parte delbagaglio informativo dei diversi gruppisociali? Inoltre, le varie usanze popolari, icostumi, l'arte culinaria, le canzoni e leantiche tradizioni fanno ancora parte deltessuto sociale dei popoli? I giovani di oggi

conoscono l'antica saggezza conservata neiproverbi locali? Per rispondere a queste domande bisognatener conto di alcuni studi dell'antropologiaculturale. Secondo alcuni studiosi una cul-tura è valida e sostenibile se di fatto è utileper la sopravvivenza di un certo grupposociale. Ad esempio, se i proverbi conten-gono informazioni utili per la vita di ungruppo allora è molto probabile che si tra-mandino, perché rappresentano un valoreessenziale per la sopravvivenza di quelgruppo. Un altro esempio: se le canzonifolk contengono valori allora è giustificabi-le ritenere che continueranno a circolarenel tempo. Ma oggi, in un mondo in crisi, in cui i cosid-detti valori sembrano sfumati, di che cultu-ra si può parlare? Che senso può avereoggi parlare di proverbi se la tendenzagenerale è caratterizzata da una certasuperficialità assiologica? In generale,sembra plausibile affermare che l'esistenzadelle culture in senso antropologico nonpuò essere messa in discussione nemmeno

dalle crisi storiche, passate o attuale, e anziproprio a causa di queste crisi si sente ilbisogno di riscoprire e rivalorizzare i valoriculturali tradizionali.Per la confusione attuale dei valori sembraallora più che auspicabile la riscoperta delleculture in senso antropologico, perché pro-prio ora il mondo ne ha maggiore bisogno.Facciamo qualche esempio.Consideriamo il proverbio lucano nisciun'ben' senza pen' (nessun bene senza pena).Vuol dire semplicemente che il bene siottiene con la pena, cioè con lo sforzo, l'im-pegno, il sacrificio. Proprio in un mondo incrisi questo semplice proverbio può funge-re da forte richiamo. Perché? Per compren-derlo veramente occorre un sincero impe-gno culturale, cioè una dedizione particola-re, una cura specifica che ne faccia emer-gere il senso autentico, e quest'elaborazio-ne, senza un atteggiamento culturale, nonporterebbe frutti. Ma vediamo con l'analisi.Qui “bene” è inteso indubbiamente comevalore, nel senso che il bene è buono, utile,vantaggioso, conveniente. Ma il bene, dice

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voluzione?

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il proverbio, non si può ottenere senzasforzo o impegno, perché altrimenti nonsarebbe bene. Il bene è indubbiamentevalore e il valore, se è davvero tale, non sipuò ottenere a buon mercato. Quindi,ovvia conseguenza, se una persona sisente povera di bene, si sente meschina,escludendo cause estreme, dovrebbe con-siderare attentamente l'impegno e lo sfor-zo che avrebbe dovuto impiegare per evi-tare la sua condizione miserevole. Il pro-verbio allude al fatto che le cose non cicascano dal cielo e che ognuno dovrebbedarsi da fare per avere ciò che può sostan-ziarlo. Ed è perciò che senza pena si ottie-ne poco, e quel poco è di scarso valore.Anche se si hanno buoni talenti, buonecapacità, senza impegno e senza pena nonsi realizzerà niente di importante. Un semplice proverbio ci fa riflettere su unaquestione di fondo dell'esistenza: chi sitrova vuoto di valore è perché evidente-mente non ha fatto nulla per conquistare ilvalore. Se uno si disperde solo nell'esterio-rità, nell'apparenza, non può pretendere la

vera sostanza. Ed ecco che qui la cultura,intesa come cura e valorizzazione, indicauna strada certa, un sentiero percorribile.In questo senso la cultura è salvezza, rime-dio contro i mali del mondo e della vita,saggezza. In questo senso è evoluzione,cioè progresso, ascensione. La crisi deivalori si può superare grazie al recuperodei valori. Anche in altri prodotti culturali, come adesempio le fiabe, le canzoni, gli antichi rac-conti troviamo sempre, esplicito o implicito,lo stesso motivo: l'impegno dell'uomo èdecisivo. Ad esempio, una strofa dellatarantella aviglianese dice: ngi stai nu m-t-tor' ca semb' met' (c'è un mietitore chesempre miete). L'immagine del mietitoreche instancabilmente miete rappresental'uomo che suda nei campi sotto il caldosole di Luglio, un uomo forte, costante,incrollabile. Ma miete, cioè lavora per rac-cogliere. Miete per raccogliere il grano, perottenere un valore. Anche i giocattoli tradizionali, quelli poveriche provengono dalla cultura popolare,

sono oggetti semplici che però richiedonouna certa abilità nell'usarli. Esempio tipicoè il cosiddetto gioco del cerchio. Con unabacchetta, dando piccoli colpi, il giocatoredeve far rotolare il cerchio lungo un percor-so spesso accidentato. Non è affatto facile.Anche qui, a livello pratico, sono necessa-rie pazienza, concentrazione, costanza. Da tutti questi esempi possiamo sicura-mente dedurre che la cultura, quand'èveramente tale in senso antropologico, èrealmente evolutiva. Il suo aspetto evoluti-vo consiste nella sua capacità, più o menoimplicita, di mettere alla prova l'uomo.Quindi, senza cultura l'uomo sarebbe uninetto, un parassita, uno sprovveduto.Anche oggi, in questo mondo distratto,superficiale, deludente c'è bisogno di unrichiamo, un richiamo che proviene dalleprofondità dell'anima umana, da quell'im-menso bagaglio di valori che si sono con-servati attraverso i secoli. Non si deve farealtro che ricercare, quindi trovare, quindivalorizzare. Anche in questo c'è impegno.L'impegno che nutre.

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John Berger, l’eclettico e prolifico vecchioartista inglese, in una breve nota di pia-cevole lettura, pubblicata in età giovani-

le, sul diverso modo di mangiare dei conta-dini e dei borghesi, riporta all’attenzionecome il cibo segni per i primi momenti ripe-titivi di dura fatica e privazioni. Se poi l’at-tenzione si sposta sulle tradizioni alimentaridelle aree interne meridionali, l’osservazionedi Berger non è nient’altro che un ritorno aun passato, non lontano, segnato dalla mar-cata contrapposizione tra, come osservaVito Teti, poveri contadini costretti a man-giare “pane nero” e ben nutriti borghesimangiatori di “pane bianco”. Questa con-trapposizione esemplifica bene anche la vitadi sofferenze delle famiglie contadine dellamontagna lucana che fino a non più dimezzo secolo fa hanno dovuto fare i conticon la penuria di cibo. Alle persone anziane,perciò, diventa impossibile capire chi oggiparla, a scopi prettamente commerciali, diimproponibili modelli alimentari di queitempi, in cui dominava la figura del maiale,dimenticando di dire che i contadini di allo-ra erano condannati alla fame.Nelle zone appenniniche della Basilicata,

tuttavia, il confine tra i due modelli alimen-tari si spinge ben oltre la diversità del colo-re del pane, che pure non rimane un fattosolo simbolico. Le proteine animali, infatti,risultavano accessibili solo in particolarioccasioni poiché dovevano competere, datala scarsità di terre da coltivare, soprattuttocon i cereali. L’olio, dati i limiti altimetricidella coltivazione dell’olivo, rimaneva unsogno per i ceti più poveri e il vino, ricavatoanche aggiungendo acqua alle vinacce,ottenendo la cosiddetta “acquata”, risultavainsufficiente ai consumi famigliari in quanto,quando i contadini non autonomi si trovava-no a coltivare fondi altrui con filari di viti,raramente la partitanza si esercitava sul rac-colto di uva. Questi fondi, spesso di mode-sta ampiezza e lontani anche decine di chi-lometri tra loro, però, nell’insieme risponde-vano a un’esigenza d’integrazione fondiariache partiva dalle zone pedemontane e sidiramava fino a raggiungere, nei mesi esti-vi, i freschi pianori d’alta quota. Nell’ambito di questo contesto di spinta pre-carietà fondiaria che, appunto, vede terre,localizzate a diversa altitudine, integrarsiverticalmente tra loro, lo sguardo si posa sudi un piatto del passato tipico di Paterno, ilpiccolo centro appenninico lucano noto perle numerose sorgenti e le tante frazioni alli-neate, per diversi chilometri, alla destra delfiume Agri. Fondato sulla combinazione dipatate, fagioli, grasso di maiale e qualchefoglia di alloro, il piatto, noto come “patatee fasuli impastati” (patate e fagioli impasta-ti), rimane a ricordare ai paternesi i momen-ti di socialità e di condivisione del cibo pre-parato e consumato lontano da casa.Con il sorgere del sole, fin dal mese di apri-le, famiglie intere lasciavano le loro modeste

dimore paesane, per chi poteva in compa-gnia di asini, per andare a “piantare le pata-te” nei numerosi pianori disseminati ad alti-tudini elevate, sui monti della Maddalena, aiconfini con il Vallo di Diano. Gli itinerariseguiti erano due. Il primo, costeggiando ilricco corso d’acqua della sorgente “Capo loscuro”, portava verso Pergola (MarsicoNuovo) e dopo alcune ore di cammino siarrivava alle umide piane di “FontanaLunga”, sopra l’abitato di Santino. Il secon-do, partendo dallo stretto sentiero del“Calancone”, conduceva nei dintorni delle

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UN PIATTO CONVIITINERANTENEL CUORE DELLA MON

Ettore BOVE

L’assonza

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spettacolari sorgenti dell’Agri per poi distac-carsi in direzione delle piane di Campolongo(Montesano sulla Marcellana) e di Mandrano(Padula). La tappa più vicina, dopo quasi treore di cammino, erano le terre del “Cupolo”,che dopo decenni di abbandono sono torna-te, in minima parte, di nuovo produttive. Perarrivare alla piana più lontana, “Terra fred-da”, ai confini con Padula, era necessarioproseguire per almeno un’altra ora.A spingere tanta gente verso le zone alteera, ovviamente, la fame di terra. Si andavaalla ricerca di suoli da coltivare dovunquepossibile. I pianori individuati si prestavano,data la loro reazione acida e l’elevata capa-

cità di ritenzione idrica, alla coltivazione, insuccessione, della patata e della segale. Leterre più compatte erano destinate ai ceci ealla “saragolla”, il grano duro a taglia bassacoltivato, sebbene poco produttivo, persfuggire all’allettamento causato dal vento.Nei campi di patata venivano sparsi semi difagiolo bianco e di granoturco in modo darealizzare una consociazione favorevole allasegale e alla diversificazione della produzio-ne. Dopo l’interramento dei tuberi si ritorna-va per le operazioni di zappettatura e di rac-colta, che poteva protrarsi oltre la fine disettembre. La produttività e la pezzatura deituberi era condizionata dalla scarsità dellepiogge estive. Occorre tener presente chenon si usavano fertilizzanti né, tantomeno,data l’altitudine, e i tempi, antiparassitari.Con il linguaggio d’oggi si direbbe che laconsociazione realizzata e la rotazione bien-nale adottata portavano a modelli di agricol-tura sostenibile. Ad ogni modo, l’aspetto checaratterizzava maggiormente queste produ-

VIALE TAGNA LUCANA

L’assonza tra vescica e guanciale

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zioni, sicuramente biologiche, riguardava laconservazione e l’uso. La segale, seminata aottobre, dopo la mietitura a mano venivasistemata in piccole aie e “battuta” con degliarbusti fino al distacco delle cariossidi. Lafarina, ritenuta di qualità inferiore a quella digrano, veniva impastata assieme a patatebollite per ottenere pagnotte, chiamate “risciurumani e patat”, di colore scuro. A diffe-renza della segale, le patate solo in partevenivano trasportate a valle poiché la man-canza di spazi adeguati ad evitare la germo-gliazione obbligava i contadini a conservar-le, per l’inverno, nei luoghi di coltivazione inapposite buche mimetizzate tra la riccavegetazione di felci. Naturalmente, nel pre-parare la buca si aveva cura di accertarsi dinon essere osservati. L’organizzazione produttiva, ad elevataintensità di lavoro, sempre scambiato oretribuito in natura, aveva l’obiettivo di darestabilità a produzioni che senza l’ausilio del-l’acqua sarebbero state compromesse e diottenere combinazioni merceologiche ingrado di compensare la penuria di alimenti.La pietanza di patate e fagioli, che nonaveva niente a che fare con minestre ozuppe di verdure, poiché era simile allapolenta, veniva preparata utilizzando pro-dotti del posto. Assieme alle persone saliva-no pochi utensili da cucina, tra cui l’imman-cabile piccolo orcio (uciùcm) pieno di vino, ifagioli, il grasso di maiale e il tradizionalepane di segale e patate. Il condimento uti-lizzato era la cosiddetta “assonza”, il grassodi maiale perineale impastato, assieme asale, finocchio e polvere di peperoncino, perricavarne un ammasso da appendere e uti-lizzare al posto del lardo e della sugna. Unavolta cotta, la minestra veniva versata in ungrosso piatto di terracotta, la “zuppiera deicafoni”, detto, per l’origine, “piatt ri cali-viedd” (piatto di Calvello), e si aggiungeva-no, a seconda della stagione e delle dispo-nibilità, peperoni piccanti, melanzane, sal-siccia, pancetta. Seduti per terra, i contadi-ni consumavano il pasto assieme, attingen-

do dall’unico grande piatto. Unico era ancheil contenitore del vino, un piccolo barilotto dilegno, dalla capacità di circa un litro, detto“iascungiedd”, che provvisto di una cannuc-cia per bere girava tra i numerosi presenti.A questa pratica collettiva di consumare ilcibo per terra, non mancavano di aggregar-si anche solitari pastori e qualche militaredella vicina base di “Mandranello”, consoli-dando così l’esistenza, soprattutto in monta-gna, di consuetudini non gerarchiche o diesclusione sociale. Al termine della giornatadi lavoro, le donne ritornavano in paese, perpoi risalire la mattina, mentre gli uomini tra-scorrevano la notte al riparo di improvvisatiricoveri coperti di frasche (pagliari) o dibaracche. In concreto, un semplice piatto di patate efagioli condito con grasso di maiale e profu-mato con foglie di alloro, finiva per ritagliar-si, in un pezzo dell’Appennino lucano, ilruolo di cibo della condivisione e dell’ospita-lità. Oggi, con la montagna che si è spopo-

lata, questo povero piatto contadino, dallapreparazione elementare ma dal gusto sicu-ramente impegnativo, almeno per i consu-matori più giovani, ritorna nelle menti dellepersone anziane come momento di nostal-gia, quasi a rimpiangere periodi faticosi e distenti. A ricordare i momenti di fraternadiscussione che si svolgevano intorno al tra-dizionale piatto conviviale paternese, rima-ne la versione rivisitata di patate e fagiolicondita con olio d’oliva e l’immancabile“assonza”, forse da non utilizzare mai,sospesa tra invitanti pezzi di “vucculari”(guanciale) e suggestive vesciche piene disalsicce. Di quella situazione non rimanealtro, sebbene si tenti di farla rivivere, purstando comodamente seduti e serviti atavola, immaginando che le patate sianoquelle di montagna e bevendo vino, questavolta non annacquato, anziché dal tradizio-nale “iascungiedd”, ritenuto non igienico, dabrocche (uzzùl) e boccali di terracotta (zzù-lidd) finemente decorati.

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“Piatt ri caliviedd” (piatto di Calvello)

“Piatt ri caliviedd” (piatto di Calvello)con u iascungiedd (barilotto)

“Piatt ri caliviedd” (piatto di Calvello)con “uciùcm” (orcio) “uzzùl” (brocche) “zzùlidd” (boc-cale)

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Quando il cinema incontra la musica.Il regista lucano ha da poco direttoCrisi l’ultimo videoclip dei Krikka

Reggae con il frontman dei 99 Posse,Zulù. In attesa del cortometraggioThriller, ambientato nel quartiere Tamburidi Taranto, Albano rivela a Il LucanoMagazine il sogno bernaldese, la bellezzadel processo creativo del filmaker e la suaBasilicata.

Come è nata la collaborazione con iKrikka Reggae?Un sodalizio che nasce, innanzitutto, daun'amicizia con i componenti della band edalla passione per la loro musica.Nonostante la mia indole non sia dedicataalla direzione di videoclip musicali, ilrispetto reciproco umano e professionaledà vita a questo incontro.

Parlaci del video Crisi con i Krikka e i99 Posse. Lavorare, dirigere Zulù, chiamarlo Lucasul set è stata una forte emozione. Da pic-colo conoscevo a memoria le canzoni dei99 Posse. Il brano si intitola Crisi, parla diquello che stiamo vivendo. La sceneggia-tura l'ho scritta di pancia ispirandomi adalcune serie televisive americane che mistanno facendo impazzire. Non voglio sve-larvi nulla ma abbiamo girato tra Craco ePisticci.

Scrivere per il cinema, scrivere per lamusica. Quanto è importante l’artemusicale per la settima arte?Scrivere per il cinema e scrivere per lamusica sono due cose differenti. Nel cine-ma c'è bisogno di una coerenza narrativapiù tangibile, nei video musicali la parteestetica prevale. La storia del videoclip

GiuseppeMarco Albano«Un giorno mi piacerebbe aprire a Bernalda il Nuovo cinema delle Vittorie»

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cambia negli anni, avanza al passo delletecnologie e delle mode, modellandosi sudi esse ed è comunque un prodotto tele-visivo. La musica è fondamentale non soloper il cinema, ma per la vita di tutti i gior-ni. La musica è l'anima del mondo.

È in uscita il tuo corto Thriller.Perché hai scelto Taranto e il sognotelevisivo di un ragazzo di periferia? Perchè fin da bambino son rimasto affa-scinato dalla bellezza della città che èstata sfondo di molti episodi personali.Oggi sono riaffiorati nella mia mente ehanno determinato la voglia di raccontar-la.

Tua mamma è lucana, tuo papàpugliese. I pregi e i difetti delle dueregioni?La Lucania è una regione che mantieneancora la purezza, la tradizione dei suoipaesaggi preservandola, ed è forgiata daun’accoglienza unica. Purtroppo si perdetra invidie e cattiverie che non ci permet-tono di fare il salto di qualità. La Puglia,invece, è riuscita a sviluppare diversi poliproduttivi e culturali, a volte pecca di uneccessivo campanilismo interno.

Ti sei appassionato al cinema in unpaese, Bernalda, senza sale cinema-tografiche. Cosa pensi della digitaliz-zazione?La digitalizzazione ha permesso a tanti fil-maker e appassionati di cinema, di tra-sformare in audiovisivo le loro idee elimi-nando il rischio di far rimanere chiuse neicassetti tante intuizioni. Beh, la mancanzadi una sala cinematografica nel mio belpaese è una pecca, anche perché siamo lacittà che ospita uno dei miti della storia

del cinema, originario proprio diBernaldabella, come la chiama lui, FrancisFord Coppola. Non voglio pensarci altri-menti mi metto a piangere, però se per unattimo mi fermo ed incomincio a sognare,vi svelo che mi piacerebbe un giorno apri-re un cinema nel mio paese, ricordando lasala che avevamo qui a Bernalda, ilCinema delle Vittorie. Ruberò l'idea algrande maestro Peppuccio Tornatore,aprirò il Nuovo Cinema delle Vittorie. È unsogno lo so, ma io non smetto mai disognare.

I tuoi riferimenti cinematografici?Tim Burton, Francois Truffaut, TakeshiKitano, Ermanno Olmi, GiuseppeTornatore e, ovviamente, Dio Fellini.

In che modo inizia il processo creati-vo di un filmaker?Con lo studio, la lettura e la coltivazione diogni forma d’arte che porta all’individua-zione di un'idea e allo sviluppo di un rac-conto. Mai smettere di leggere, di incurio-sirsi, di interessarsi a qualunque cosa. Maismettere di amare, di innamorarsi esoprattutto mai smettere di essere criticicon se stessi. L'umiltà è la prima lezione diun vero artista, se smetti di essere umile,se pensi di essere arrivato ad un punto,sei tagliato fuori. Per me l'artista rappre-senta, più di ogni altra categoria, l'insicu-rezza umana.

Horror, commedia, impegno sociale:quale genere preferisci?Non preferisco generi ma le storie. Il cine-ma è emozione e se una storia non mi fabattere il cuore scelgo di non raccontarla.

Una domenica notte è un lungome-

traggio sul cinema e sulle vicendedel protagonista Antonio Colucci.È la storia di un regista di provincia che hauna passione per l’horror, ed ha un sogno:girare la sua prima pellicola. Ma per rea-lizzarlo dovrà girare la Basilicata per ricer-care finanziamenti. Una storia sul cinema,vero. Una storia su come sia complicatorealizzare un sogno e su come sia diven-tato complicato fare cinema. La vicenda simescola con elementi di vita privata, ledifficoltà dei rapporti e della vita di provin-cia.

In Basilicata aumenta l’interesse perle tematiche legate al cinema e ilnumero di persone coinvolte, conquali risvolti?Sicuramente è un fermento positivo, giàprima esistevano tante realtà e tanti braviregisti che animavano il settore con buoneproduzioni. La nascita della Lucana FilmCommission è salutata da tutti con entu-siasmo, non può che fare bene al settore,agli addetti ai lavori e alla Basilicata,ormai davvero terra di Cinema.

Hai partecipato al progettoRestartsud, come si narrano le eccel-lenze lucane?Con l'esempio, con il lavoro e con corag-gio. Servono buone pratiche e belle storie,poi come raccontarle diventa relativo.Possiamo farlo con i nuovi media, con ilcinema o con la poesia. L'importante ènon smettere di ricercare. Il viaggio diRestartsud, per cui sono davvero grato almio amico Sergio Ragone, è un modo diraccontare la Basilicata positiva che c'è eche abbiamo il dovere di conoscere e mol-tiplicare.

al.so.

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Ogni anno, ad Avigliano, la sera del14 giugno, vigilia del Patrono SanVito Martire, si rinnova la tradizione

di rappresentare il corteo storico dellacacciata dei turchi.L'origine è da ricercarsi nella leggenda,appresa verbalmente dagli avi e trascrittada Vincenzo Claps in uno dei suoi scritti,secondo cui il primo nucleo abitativo diAvigliano era costituito da un gruppo dimarinai che, nell’Ottavo secolo, eranogiunti dall'Oriente, per rifugiarsi in segui-to alla perdita della propria nave in com-battimento. Questi, in occasione dellefeste, solevano raffigurare l’episodio dellaperdita della nave, simbolo sacro e caroricordo, costruendone una al cui centroera montato un castello a cupola. Essaveniva portata in giro per le strade delpaese, preceduta dal pubblico con torce elumi, fiancheggiata da giovani vestitiall’orientale e accompagnata da musichee spari, nonché stornelli e urla. Tale rito siè perpetuato ogni anno fino agli anni '50del Novecento, preparato con cura dallafamiglia Sileo, che aveva in custodia lanave.La tradizione è stata poi ripristinata nel1995, in occasione del centesimo anni-versario della proclamazione di San Vito aPatrono del Comune di Avigliano; da allo-ra viene riproposta annualmente

dall'Associazione Culturale e RicreativaSan Vita Martire, che la allestisce in con-formità del sentimento popolare.Il corteo storico, oggi, rappresenta la vit-toria sui Saraceni incursori: si apre congiovani cavalieri turchi su eleganti cavalli,grazie alla partecipazionedell’Associazione “I love Horse Avigliano”e seguono centinaia di crociati, dame,nobili, ecclesiastici, alfieri, trombettieri,tamburellisti e sbandieratori di tutte leetà, provenienti da diverse zone dellaBasilicata e dalle regioni limitrofe. Grazie all’associazione l’”Abete”, inoltre,da quattro anni, è presente anche ungruppo “di corte”, rappresentato da gio-vani cittadini. «Questa iniziativa nasce daun’intuizione di Patrizia Telesca, che,commentando le tradizioni aviglianesi, mifece notare come la cittadinanza apparis-

se indifferente a tale tradizione, portataavanti solo grazie allo sforzodell’Associazione San Vito Martire e aigruppi provenienti da fuori comune. –spiega Carmine Ferrara, Presidentedell’Abete. Subito, allora, ci adoperammoper reperire un po’ di coppie, che neltempo sono aumentate; poiché, però, icostumi disponibili sono in quantità limi-tata, abbiamo previsto, da quest’anno,anche un corso per l'uso dei tamburiimperiali, che rientra in un progetto piùampio denominato “Ragazzi in gamba” ».La corte è seguita dal “gran turco”: ungrosso uomo vestito alla musulmana conuna grossa pipa fumante, tra odalischedanzanti, circondato da uomini armati. A chiusura si trova, invece, la nave consopra la statua del Santo Patrono.Dal 2012, però, l’Associazione di

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MariassuntaTELESCA

CACCIATA DEI TURCHIAD AVIGLIANO

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Promozione Sociale Terra ha deciso didare un valore aggiunto al significatodella nave all’interno del corteo: essa nonè più trainata dai saraceni, bensì dalpopolo aviglianese, in costume tradizio-nale, per rappresentare la riconquista delSanto di cui gli “infedeli” si erano impos-sessati. Gli uomini procedono armati divalestre e “parocc’l” , armature tipiche,mentre le donne li affiancano con le for-che, cantando “E versiamo il nostro sangue che glorianon ci manca, con il sangue e il sudore noi cacciamo l’in-vasore, sono mori assai maldestri li affrontiamocon le valestre. Abballa abballa miezz muort Sand Vit culu turc, abballa balla cu la frèva amma caccià lu

saracen, balla balla cu lu cuan cu la croc sembmman” A capo della nave c’è un monaco france-scano, Fra’ Andrea Lorusso, che incita ilpopolo a combattere e si sfida in un duel-lo con il generale saraceno. “L’idea di inserire Fra’ Lorusso è nata inseguito alla ristrutturazione di un bassorilievo da lui realizzato nel 1934, che lafamiglia ha recentemente donato allaChiesa di San Vito, in memoria di questogrande devoto. Sul bassorilievo, oltre allaraffigurazione del Santo vi sono scolpiti iversi del canto. Noi abbiamo visto ciòcome un segno, abbiamo sentito quasi unobbligo, nonché un onore, ricordarlo inquest’occasione.” – racconta RenatoZaccagnino, Presidente di APS Terra – Ilprossimo obiettivo è che a trainare la

nave siano tutti i ragazzi che portano ilnome Vito, per far riscoprire loro l’originee il significato di tale nome, ma anche ladevozione al Patrono. Intanto, con circaquaranta ragazzi, durante l’anno, vienesvolto un laboratorio di creazione artigia-nale dei costumi e delle armature, inmodo che possano essere coinvolti nell’e-vento e impegnare il proprio tempo libe-ro in modo costruttivo. Tali ragazzi, tuttiarruolati nell’esercito aviglianese o sara-ceno, eleggono, ogni anno, il generaleturco, che l’anno seguente interpreterà ilmonaco, per stare poi, successivamente,a capo di tutta l’organizzazione.”Dunque un misto di tradizione, leggenda,storia e devozione, che assume semprepiù valore e significato, un appuntamentoa cui la popolazione aviglianese non puòe non vuole sottrarsi.

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Sono arrivati un paio d’ore prima del-l’inizio della competizione i dieciteam finalisti del TechGarage

Basilicata 2014, la tappa finale della busi-ness plan competition Start CupBasilicata, voluta da BasilicataInnovazione e Unioncamere Basilicata incollaborazione con dPixel. Un’iniziativafinalizzata a intercettare giovani aspirantistartupper del territorio e a favorire lanascita di nuove imprese ad alto contenu-to innovativo. I partecipanti, un po’ emo-zionati, ma rapiti dal fascino della meravi-gliosa location, Casa Cava a Matera, sisono accomodati nell’area a loro riserva-ta alla destra del palcoscenico e, indos-

sando rigorosamente la t-shirt verde dellamanifestazione, hanno ascoltato le ultimeindicazioni degli organizzatori. Intanto lasala si è rapidamente riempita di giurati(più di quaranta tra istituzioni, media,esperti del settore e potenziali investito-ri), famiglie, partecipanti delle passateedizioni e semplici curiosi. Poi la modera-trice Laura Gramuglia, dj e speak di RadioCapital, ha dato il via alla competizione!Un microfono, un telecomando per scor-rere le slide sullo schermo e cinque minu-ti di tempo per convincere i giurati dellafattibilità e sostenibilità del progetto.A salire sul gradino più alto del podio“Dizionario dei rifiuti”, un’app e un sito

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Valeria LAURENZA

TechGarage Basilicata 2014L’appuntamento con l’innoper gli startupper luc

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web che fornisce un efficace supporto aicittadini per effettuare, in maniera corret-ta, la raccolta differenziata. L’applicazioneè stata ideata da Francesco Cucari, unostudente di Rotondella in provincia diMatera che, dopo i primi entusiasmantirisultati, ha completato il suo team opera-tivo introducendo quattro nuovi membri:Enzo Vergalito, Nicola Cucari, StefanoMucciarella, Giovanni Cucari. Il“Dizionario dei rifiuti” è stato già adottatoin 61 comuni italiani ottenendo oltre20.000 download. Al secondo posto“Cliccaenergia”, piattaforma web, pensa-ta da Emanuele Grilli e Luigi Camerlingo,che consentirà ai piccoli produttori di

energia fotovoltaica di vendere l’ecceden-za di energia prodotta al mercato dell’in-grosso. Le trader company potrannoapprovvigionarsi dell’energia di cui neces-sitano, individuando l’offerta più adegua-ta alle proprie esigenze per vicinanzageografica, prezzi ed entità di energiarichiesta. Terzo classificato il progetto“Sekhmed”, una piattaforma web ideatada Ezio Baratta, Manuel Molfettone eLuigi Lapolla che opera nel settore dell’i-health e consente di notificare agli iscrittiinformazioni relative alla tutela della pro-pria salute. L’utente, registrandosi, potràricevere via sms, mail o app, informazio-ni periodiche relative a controlli medici,

vaccini, disponibilità di prodotti in farma-cia. A trionfare, dunque, i temi ambiente,prevenzione medica ed energie rinnova-bili, ma non solo! Grazie ai premi in dena-ro offerti da Confidi del potentino e dallaBCC di Laurenzana e Nova Siri e ai nume-rosi riconoscimenti speciali - “SiamoSoci”,“Bird&Bird” e “Premio Speciale Banca peril Territorio” - sono stati premiati ancheSlowfunding, un sito web per mettere inrelazione i proprietari di edifici di elevatopregio con potenziali investitori privati;“Gonnadisco”, l’app per pubblicizzare egestire gli eventi delle discoteche;“Cibiamoci”, un progetto imprenditorialefinalizzato a monitorare e ridistribuire leeccedenze alimentari, prodotte dall’indu-stria agro-alimentare, dalla grande distri-buzione e dalla ristorazione a mense,associazioni e persone in difficoltà, attra-verso la digitalizzazione del processo.Un evento in crescita, la Start CupBasilicata, che, anno dopo anno, attraeun numero sempre maggiore di giovanicon la voglia di fare impresa. “È tempo dibilanci - ha detto Andrea Trevisi, diretto-re di Basilicata Innovazione - dopo treanni di business plan competition abbia-mo intercettato quasi 200 idee e scovatouna nuova generazione di imprenditori dacui sta nascendo un vero e proprio eco-sistema di startup”. Pasquale Lamorte,presidente di Unioncamere Basilicata haaggiunto: “È con piacere che continuiamoa vedere nei ragazzi lucani la volontà e ladeterminazione per crescere, investendoin questa regione con un progetto d’im-presa innovativo”.A tutti gli innovatori lucani, dunque,appuntamento al prossimo anno!

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vazioneani

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Essere alla moda senza spendere unafortuna non è affatto impossibile! Ce lospiega Giusy Manzella, ventinovenne

lucana dotata di forte senso estetico ebuongusto, nel suo blog “Cheap andGlamour”. Sul web da settembre 2011, èseguito da più di 12.000 utenti tra i varisocial.

Giusy come nasce la tua passione perla moda? E come arriva a trasformarsiin un blog? La passione per la moda nasce fin da bam-bina. Da piccola mia madre amava vestirmicon maglioni e vestitini realizzati da lei e io,crescendo, ho iniziato a perdermi fra rivistedi moda, di tagli e cuci, con giochi come“Gira la moda”. Dopo aver finito il liceo, puressendomi iscritta ad Ingegneria edile-architettura a Potenza, ho seguito unworkshop presso la NABA a Milano inFashion design. Con il passare degli anni, lavoglia di far parte del mondo della modanon è svanita, anzi. Così ho aperto un blog,uno spazio di narrazione di miei consigli,stati d’animo, viaggi, riflessioni… insommauna finestra sulla mia vita. Inoltre, il cono-scere persone lontane dai posti del propriovivere, per me significa conoscere nuovimondi e nuovi modi di vivere. La costantevoglia di ascoltare nuove storie ha fatto siche mi avvicinassi sempre più al mondo deisocial.

Cosa è cambiato dal 2011 ad oggi nellagestione del tuo blog?Tante cose sono cambiate, si spera inmeglio. Ho aperto il blog in un momento dif-

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Barbara GUGLIEMI

Modauna passione tutta da condividere

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ficile della mia vita, un momento in cuiavevo bisogno di evadere. Vivevo il blogcome valvola di sfogo e con il passare deimesi ne ero diventata quasi dipendente.Successivamente ho imparato a gestirlo, ariorganizzare la mia vita con un’altra scala dipriorità. Ho imparato a rispettare i mieitempi, a prendermi le pause di cui ho biso-gno. Oggi riesco a gestire il blog insieme atutti gli altri miei progetti, ne sono moltoorgogliosa. Ciò che non è cambiato per meè l’importanza di arrivare ai miei lettori nelmodo vero. Scrivo e mi mostro senza filtri.Qualche volta ho paura di esser fraintesa oapparire costruita, ma alla fine se si è since-ri, veri e ci si mostra per quel che si è sem-pre, questo non può accadere.

Nella pagina introduttiva di “Cheapand Glamour” affermi che “la condivi-sione sia una cosa importante, cresce-re confrontandosi con gli altri ci faesser persone migliori”. In cosa tihanno migliorato il confronto e la con-divisione?Sono quel che sono perché nella vita hosempre ascoltato senza pregiudizi. Ho impa-rato, fin da bambina, che è un diritto di tuttipoter esprimere la propria opinione edovviamente è un mio diritto dire la mia.Così, anche da piccola, mi son ritrovata a farvalere le mie ragioni, dopo aver ascoltato glialtri, in “discorsi da adulti”. Aprirsi agli altrici rende migliori perché ci fa oltrepassare leproprie barriere e ci permette di vedere ilmondo con occhi differenti.

Quanto è importante per te e per il tuo

lavoro il rapporto con il territorio?Il rapporto con il territorio è importantissi-mo. In Basilicata averlo non è semplicissi-mo. Con il passare del tempo però anchenella nostra realtà qualcosa sta cambiando.Infatti è già da tempo che io, insieme adaltre due blogger lucane, abbiamo avviatoun’interessante collaborazione con laProfumeria Adriana di Potenza. Abbiamouna nostra rubrica dove recensiamo e con-sigliamo i lettori all’acquisto dei prodottinella Profumeria.

Parlaci dei tuoi progetti futuri.I miei cassetti un tempo erano pieni disogni, ora di tanti progetti. Ho partecipato a

maggio 2013 alla “Business PlanCompetition” del NidiTecnofrontiere. Unacompetizione che mi ha formato in pochigiorni e mi ha dato la grande opportunità ditrasformare una mia idea in impresa.Attualmente sono fra i Gruppi di Sviluppoincubati presso Bicube, incubatore di primomiglio di Basilicata Innovazione, dove con ilmio team stiamo lavorando alla concretizza-zione dell’idea. Di cosa si tratta? Una piatta-forma nazionale, suddivisa per province,volta alla narrazione dei territori. Uno story-telling a più voci con storie che andranno viavia a completarsi grazie a tutti gli utenti evisitatori. Posti da vedere, architetture,eventi, attività commerciali, un intenso rap-porto fra territorio e la rete. Una promozio-ne dei territori 2.0 che possiamo racchiude-re nel claim “Scopri>Vivi>Condividi”.

In cosa la Basilicata è glamour e incosa potrebbe diventarlo?La Basilicata è glamour nella sua bellezzache si lascia scoprire pian piano. Nella suavarietà di paesaggi, di bontà culinarie, nellasua storia. È glamour anche nelle sue con-traddizioni, nelle sue difficoltà e nella gran-de forza che negli anni le hanno semprepermesso di lottare. Potrebbe diventarloancor di più se i suoi abitanti iniziassero apensare di esser una grande comunità. Viagli individualismi, il voler primeggiare, ilvoler isolare gli altri per uscirne come vinci-tori. Unirsi invece che dividersi. Se si hannoidee simili condividiamole, rendiamo parte-cipi anche gli altri. Tutti incontriamo difficol-tà lungo le nostre strade, non sarebbemeglio affrontarle insieme?

Info: www.cheapandglamour.com

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LUCANOLUCANOio sonoI AM LUCANO JE SUIS LUCANO ICH BIN LUCANO SOY LUCANO Я ЛУКИ 我盧肯

I nser to a cura de

Storie di unaBasilicatasenza frontiere

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ai nostri lettori

I nostri contatti:

Sempre più protagonisti

Se il lettore è il nostro principale interlocutore, è giusto che abbia diritto ad un rapporto diretto con la rivista.Da sempre sono proprio i lettori a fornirci spuntisu questioni e tematiche della vita sociale e politica della nostra regione.L’invito che vi rinnoviamo è di collaborare con la redazione segnalandoci notizie, curiosità,avvenimenti che vi hanno particolarmente colpito o, ancora, disagi e disservizi nei quali vi imbattete nel vostro quotidiano.

[email protected]

Tel. 0971.476423

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Destinazione Potenza Il viaggiodi Hamza Zirem

L’Ambasciatore diPace a vita

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Da Atella a Milanocon GiuseppeLupo «Girano tanti lucani nel mondo, ma nessunoli riconosce»

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Lucano oltre i confini della Lucania.Il personaggio dello speciale “Iosono Lucano” è docente

all’Università Cattolica, scrittore dicelebri romanzi e profondo conoscito-re del Poeta – Ingegnere LeonardoSinisgalli. Giuseppe Lupo ha pubblica-to Viaggiatori di nuvole (MarsilioEditore), in cui il viaggio del protagoni-sta, Zosimo, è la sola certezza persapere chi fosse. Quel viaggio che lostesso scrittore ha intrapreso a dicias-sette anni verso Milano, con il paesedel Vulture come stella polare.

Viaggiatori di nuvole racconta di per-sonaggi inventati che ben interagisco-no con personaggi storici. Ci spiega illegame tra Storia e invenzione?Il romanzo ha avuto un’ottima accoglienzada parte della critica e nasce da suggestio-ni storiche, intorno a personaggi vissuti nelpassato (Leonardo da Vinci, Isabella d’Este,Francesco Gonzaga), ma poi va oltre laStoria. Non mi piace un romanzo storico intermini assoluti, piuttosto un romanzo dovela Storia è narrata in chiave epica e favolo-sa.

Il protagonista, Zosimo Aleppo, è unostampatore del Rinascimento. In chemodo si può superare la crisi dell’edi-

toria cartacea?L’editoria cartacea continuerà a vivere, nonpenso si fermerà. Più che parlare di crisi del-l’editoria, parlerei di crisi della lettura (o deilettori), cioè il problema non è stampare libri(se ne mandano tantissimi, troppi, in libre-ria), ma trovare chi li comperi e li legga.Questo dipende dalla crisi, ma anche dallaqualità dei libri. Scrivere un romanzo su unostampatore è un atto di omaggio alla bellez-za della scrittura, un atto di fede nella lette-ratura.

Zosimo inizia un viaggio alla ricercadelle pergamene della conoscenza.Oggi perché si viaggia?

Si viaggia per motivi non sempre legati allaricerca della cultura. Probabilmente un viag-gio come quello di Zosimo sarebbe impro-ponibile. Tuttavia gli uomini continuano acercare, segno che viaggiare è nella voca-zione di chi vive sulla Terra.

In Viaggiatori di nuvole Pettirosso, ilchierico, è di Atella. Quali sono i rap-porti con il suo paese natio?Il chierico è un ragazzo di dodici anni, esile,impaurito dalla vita, però conosce il segretodei libri, cioè sa scrivere e leggere, e condi-zionerà il suo destino. Nel chiericoPettirosso, alla lontana, ho voluto racconta-re la mia storia di ragazzo partito a dicias-

Albina SODO

Da Atella a Milano conGiuseppe Lupo«Girano tanti lucani nel mondo,ma nessuno li riconosce»

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sette anni per Milano. Atella è una specie dipunto cardinale della mia esistenza, unasorta di stella polare.

È Docente di “Letteratura ItalianaContemporanea” all’UniversitàCattolica. Lo stato dell’arte dellaLingua Italiana?I dati statistici dicono che l’italiano (comelingua) si va impoverendo. Colpa di tanti fat-tori, di certo aveva ragione Pasolini quandoaffermò, ormai cinquant’anni fa, che la tele-visione avrebbe cambiato il nostro Paese.

La magia e la Basilicata, MichelangeloAntonioni ha ritratto questo binomioin un documentario Superstizione.Spetta alla letteratura, al cinema pro-porre una visione fantastica della real-tà?Distinguerei tra il magico (inteso comesuperstizione) e il fantastico. Il primo riman-da a quella cultura che in Lucania ebbe par-ticolare importanza negli anni Cinquanta,nell’epoca del levismo, in parte favorita daun fortunato titolo di Ernesto De Martino:Sud e magia. Io non guardo in quella dire-zione, se non altro perché si tratta di un’e-sperienza logora e forse ora improponibile.A me interessa il fantastico, l’onirico, il visio-nario, variabili di un mondo magico, di unatrasfigurazione della realtà.

Per uno scrittore quanto sono impor-tanti i Premi Letterari?Sono importanti nella misura in cui riesconoa muovere copie o a far vendere. I piùimportanti in Italia sono lo Strega e ilCampiello. Nel 2011 il mio precedenteromanzo, L’ultima sposa di Palmira, si èguadagnato un posto nella cinquina deifinalisti del Campiello (in realtà, così com’èla formula di quel premio, essere nella cin-quina è già un premio) e le vendite si sonodi molto innalzate. Spero avvenga qualcosadel genere anche per Viaggiatori di nuvole,che concorre allo Strega.

Ne L’ultima Sposa di Palmira haricordato il terremoto del 1980.Come è cambiata la nostra regionedopo quella data?Più volte mi sono trovato ad affermare chequell’evento, a cui ho assistito dal vivo, hamodificato completamente il volto dellanostra regione, ha fatto morire un mondo ene è cominciato un altro, non giudico semigliore o peggiore. In altre parole, è statocome voltare pagina. Per quanto riguardame personalmente, quell’evento ha cambia-to la mia vita.

Ha pubblicato Sinisgalli e la culturautopica degli anni Trenta, un pensierosul Poeta – Ingegnere?Credo rappresenti l’intellettuale con il mag-gior respiro extra nazionale che la Lucania

abbiaavuto. Lesue questioni,che cominciano e fini-scono a quella che possia-mo definire la condizione lucana,toccano altre sensibilità geografiche eun sostrato di idee assolutamente antipro-vinciale.

Come descriverebbe il Lucano?Con le parole di Sinisgalli, che sono più omeno queste: «Girano tanti lucani per il

mondo, ma nessuno liriconosce. […] Il lucano è

un popolo che la saggezzaha portato alla soglie dell’in-

sensatezza.»

I Lucani cui si sente più vici-no?

Con gli amici scrittori, con cui c’è unrapporto di fratellanza e di stima: in

primis Raffaele Nigro e poi GaetanoCappelli, Andrea Di Consoli, MimmoSammartino, Giuseppe Catozzella.

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Hamza Zirem è uno scrittore algerino,autore di una decina di libri. Dopo glistudi universitari di letteratura france-

se ha insegnato per quindici anni nelle scuo-le superiori. Costretto a lasciare il suo Paeseha vissuto prima in Norvegia e dal 2009risiede a Potenza. Lavora occasionalmentecome mediatore culturale e collabora con larivista La Grande Lucania.

A maggio riceverà il Premio LetterarioInternazionale Europa 2014, il Premiodel Concorso Nazionale NuovaScrittura Attiva 2014 e sarà nominatoAmbasciatore di Pace a vita dallaUniversum Academy, è soddisfatto? Sono molto soddisfatto di ricevere un pre-mio considerevole per il mio romanzo e unanomina rilevante per una causa tanto nobi-le. Il riconoscimento di “Ambasciatore dipace” è destinato a tutte quelle personalitàche si sono distinte nella promozione deivalori della Pace, della FratellanzaUniversale e del dialogo tra le varie Culture.La Universum Academy, ente promotoredell’Università della Pace della SvizzeraItaliana, ha come obiettivo l’affermazionedell’attività diplomatica per la risoluzionedelle controversie mondiali.

Il suo romanzo Inno alla libertà diespressione è un libro sul suo esilio inNorvegia. Ci racconta quel periodo?Il mio primo esilio ha avuto luogo inNorvegia, dove ho trascorso più di un anno,un paese in cui ho vissuto esperienze indi-menticabili, ma non mi sono sentito vera-mente a casa lassù. Sono stato accolto aPotenza nel gennaio 2009 beneficiando diuna borsa di studio di un anno nell’ambitodel progetto ICORN. Nel sud dell’Italia misento perfettamente a mio agio. Penso chela cultura e le tradizioni dei Paesi che si

affacciano sul bacino del Mediterraneo sianomolto simili tra di loro, anche se in apparen-za molto diverse.

Cosa significa per lei scrivere?Scrivere è un’esplorazione del mondo, del-l’essere individuale e collettivo. Scrivo per lopiù poesie. La poesia afferma la condizioneumana manifestando elevati sentimenti.Abbiamo infinitamente bisogno delle magiedella letteratura per vivere meglio.

Preferisce scrivere in francese o in ita-liano?Prima scrivevo soltanto in francese. La sto-ria coloniale ha fortemente marcato la lette-ratura nordafricana in lingua francese. Ilfrancese è “bottino di guerra”, secondo l’e-spressione di Kateb Yacine. La scelta delfrancese come lingua di scrittura per gliscrittori maghrebini è stata, per lungotempo, una scelta dolorosa e colpevolizzan-te, perché vissuta come un “dramma lingui-stico”. Non si distingueva fra l’ideologia dellaFrancia e la lingua francese come mezzo dicomunicazione. Questa negatività della lin-gua oggi è superata. Da tre anni scrivodirettamente in italiano che mi concede unapiù vasta libertà senza alcun peso storico.

Una sua definizione di libertà? La cosa più importante nella vita è fare ciòche si vuole e sentirsi libero di farlo. La liber-tà è il supremo ideale dell’uomo. Nel miolibro che inizia con l’articolo 19 dellaDichiarazione Universale dei Diritti Umani,intendo il più ampio diritto di esprimersiliberamente senza avere problemi.

Il Mediterraneo come mare nostrum.Perché si continua a viaggiare, e mori-re in quelle acque?I flussi migratori attraversano il mare

nostrum dall'Africa e dall'Asia versol'Europa. Il fenomeno dell'immigrazione permare è aumentato con la chiusura dellefrontiere degli stati europei a seguito del-l'imposizione del visto d’ingresso. Il mare èallora attraversato su imbarcazioni di fortu-na, spesso vecchi pescherecci. I viaggi sonoorganizzati da trafficanti. Quello degli sbar-chi lungo le coste italiane è un problema

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Destinazione Potenza Il viaggio di Hamza ZiremL’Ambasciatore di Pace a vita

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nazionale ma coinvolge anche tutti i Paesieuropei. Alla questione complessa, l’Europanon ha saputo rispondere con provvedimen-ti adeguati. Per esempio la Convezione diDublino non ha più senso. Si deve rivederela legislazione in materia d’immigrazione, diasilo ed attivare gli strumenti efficaci dicooperazione e di solidarietà con i Paesi d’o-rigine da dove provengono gli sbarchi affin-ché si riducano le tragedie.

È inevitabile la malinconia dell’esule?Con il mio lavoro di mediatore culturale,facendo da interprete per i profughi di diver-se nazionalità, ho avuto modo di conoscerepersone che hanno perso tutto, che sonooggetto di vessazioni, umiliati e psicologica-mente mutilati. Ho sentito storie di personeche combattono in silenzio le loro battagliepersonali per sopravvivere e per salvaguar-dare ciò che hanno di più a cuore: la loro

dignità di persona. L’esiliato si trova a con-frontarsi con una situazione non facile, quel-la dell’approccio ad una realtà socio-cultura-le e linguistica del tutto nuova.

Cosa può dare la parola?La parola ha la forza creativa del seme: ciaiuta a crescere e a stare con gli altri. Laparola è un dono che solo l’uomo possiede,

fiorisce con facilità sulla bocca di tutti. Leparole “consapevoli” sono quelle “sentite”,che vengono da dentro, da quello spaziointeriore che si esprime con un’identità pro-fonda. C’è qualcosa dentro di noi che cono-sce il significato creativo delle parole, lacapacità che hanno di lanciare un seme innoi stessi e in coloro che ci ascoltano. Laparola è un veicolo dal potenzialeimmenso, ha un peso e una forza, e laletteratura è il luogo in cui questaforza si intensifica al massimo.

Ci spiega l’importanzadell’ICORN (InternationalCities of Refuge Network)?In numerosi Paesi del mondo,gli scrittori sono minacciatidal governo o da gruppi nonstatali. La sola via d’uscita, è l’esiliotemporaneo o definitivo. Le città preoccu-pate d’assumere le loro responsabilità nellalotta per la libertà d’espressione si sonoimpegnate ad accogliere gli scrittori perse-guitati, al fine di permettere loro di sfuggirealla repressione e di proseguire la loroopera. È in questo spirito che la Rete ICORNè stata creata nel 2006 in Norvegia. Si trat-ta di un’associazione indipendente che pro-pone alle città candidate di adottare unacarta costituzionale assumendosi di ospitaree provvedere ai bisogni di uno scrittore edella sua famiglia in esilio per una durata diuno o due anni. Oggi questa Rete conta più di quaranta cittàrifugio. La rete si è estesa anche fuoridall’Europa con l’adesione delle città delMessico e di Miami. In Italia, fanno parte diquesta organizzazione il Comune di Potenzae la Regione Toscana. La città di Potenzaaderisce al progetto ICORN dal 2007 grazieal grande impegno della Dott.ssa RosaMaria Salvia, dirigente del servizio socialedel Comune di Potenza.Uno scrittore è al sicuro quando abita in unquartiere fra i suoi vicini, in una città tran-quilla perché democratica. La Rete dellecittà rifugio è uno spazio esteso dell’imma-ginazione, mettendo in luce la tolleranzacome condizione necessaria alla creazioneletteraria. Appartiene a tutti i comuni deipaesi democratici di riunire le loro risorsealfine di accogliere gli scrittori perseguitati.

Oggi vive a Potenza, un pensiero sullacittà?A Potenza mi sono ambientato rapidamen-te. Ho scambiato idee ed opinioni su diversitemi tenendo conferenze e partecipandoattivamente a numerosi incontri letteraripresso l’Università degli Studi dellaBasilicata, la Biblioteca Nazionale diPotenza, il Teatro Stabile, la sala dell’Arcodel Palazzo di Città di Potenza, la Cappelladei Celestini - Galleria civica e gli istituti sco-lastici. Mi sono sempre presentato comepotentino di adozione. La città di Potenza

m’ispira fortemente e i Potentini mi fannoveramente sentire a casa mia.

Suggerimenti al futuro sindaco diPotenza?La città di Potenza ha bisogno di un ripen-samento, occorre un cambiamento degliinteressi comuni. Il lavoro e lo sviluppodevono essere rimessi in primo piano. Leriforme sono indispensabili per dare unfuturo migliore ai giovani disoccupati. Leinnovazioni sono in grado di contribuire asollevare dalla miseria migliaia di potentiniche vivono sulla soglia della povertà. Laprincipale emergenza è la fuga in massa deigiovani, una catastrofe sociale alla quale sideve rimediare, creando occasioni di lavoro,riducendo le tasse per chi vuole aprirsiun’attività. Vorrei vivere in una città piùattenta al benessere degli abitanti, che rico-nosca a tutti il diritto al lavoro e promuovale condizioni che lo rendano effettivo.Gradirei di più una città in cui si pratichi unademocrazia partecipata, dove tutti i cittadiniabbiano pari rispettabilità e siano soggettiattivi e responsabili.

Le caratteristiche del lucano?Sono fortunato di vivere in Lucania, portadell’Europa e area geografica della MagnaGrecia. La Lucania è luce di cultura sul pianostorico, è civiltà millenaria. Della gente luca-na ho identificato lo spirito concreto di chiha voglia di fare e non si demoralizza difronte alle difficoltà. Ammiro la loro simpa-tia e la loro accoglienza, i loro rapporti sivelano d’affetto e di naturalezza. Dellagente lucana apprezzo il senso di apparte-nenza ad una piccola collettività ma smisu-ratamente autentica.

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È QUANDO TI SENTI PICCOLO CHE SAI DI ESSERE DIVENTATO GRANDE.

A volte gli uomini riescono a creare qualcosa più grande di loro. Qualcosa che prima non c’era. È questo che noi intendiamo per innovazioneed è in questo che noi crediamo.Una visione che ci ha fatto investire nel cambiamento tecnologico sempre e solo con l’obiettivo di migliorare il valore di ogni nostra singolaproduzione.È questo pensiero che ci ha fatto acquistare per primi in Italia impianti come la rotativa Heidelberg M600 B24. O che oggi, per primi in Europa,ci ha fatto introdurre 2 rotative da 32 pagine Roto-Offset Komori, 64 pagine-versione duplex, così da poter soddisfare ancora più puntualmenteogni necessità di stampa di bassa, media e alta tiratura. Se crediamo nell’importanza dell’innovazione, infatti, è perché pensiamo che non ci siano piccole cose di poca importanza.L’etichetta di una lattina di pomodori pelati, quella di un cibo per gatti o quella di un’acqua minerale, un catalogo o un quotidiano, un magazineo un volantone con le offerte della settimana del supermercato, tutto va pensato in grande. È come conseguenza di questa visione che i nostri prodotti sono arrivati in 10 paesi nel mondo, che il livello di fidelizzazione dei nostri clientiè al 90% o che il nostro fatturato si è triplicato. Perché la grandezza è qualcosa che si crea guardando verso l’alto. Mai dall’alto in basso.

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Francesco Petrone, originario diMarsicovetere, vive a Barcellona dovecoordina il seminario di Filosofia

Politica della Universidad de Barcelona esta terminando la sua tesi dottorale suGlobal Governance e IstituzioniInternazionali. Il suo primo libro s’intitolaQuando l’onlus diventa un guadagno. Confessioni di un venditore di povertà.Solidarietà e aiuti umanitari ai tempi dellacrisi, invece, é il racconto di come funzionail sistema di raccolta fondi per le grandiONG (Organizzazioni Non-governative)attraverso il marketing faccia a faccia.Analizzando i meccanismi di vendita, il giroeconomico che si crea e il volto cinico di chilavora in questo mondo, esce fuori unoscenario raccapricciante. Attraverso l’esperienza diretta dell’autore esulla base delle problematiche che haaffrontato, gli ho posto alcune domande.

Cosa ti ha spinto a scrivere questolibro?Ho già dedicato un libro all'argomento eposso dire che il motivo praticamente è lo

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Elisa CASALETTO

I buoni e i cattiviLe Confessioni della quinta potenza economica mondiale

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stesso: descrivere un mondo che appare inun modo ma che in realtà nasconde degliaspetti inquietanti, vale a dire il marketingselvaggio, l'avidità, il tornaconto economi-co alle spalle della sofferenza altrui. Allostesso tempo, però, questo libro si diffe-renzia dall'altro perché descrive altri aspet-ti, ne approfondisce certi che trattavo nelprimo e cerca di offrire degli spunti di rifles-sione sulla base anche dell'esperienza e idibattiti avuti negli ultimi due anni.

Qual è la confessione principale cheracconta il tuo volume?La confessione è qualcosa che nasce da unmomento di crisi e di perdita dell'orienta-mento. In generale tutto il testo è unaConfessione: quella di una persona chediventa consapevole, poco a poco, delfatto che l'attività che sta svolgendonon è più quella in cui credeva, maun qualcosa di diverso, che lo portaa farsi nuove domande sulla realtàche lo circonda.

Dall’immagine copertina dellibro si vedono due volti:uno buono, l’altro cattivo;da cosa si può capire illato oscuro di quellobuono?Non esiste una formula perdistinguere in generale ciòche è buono da ciò che nonlo è, per cui non saprei rispondere dipreciso. Nello specifico, la mia esperienzami ha insegnato che nel mondo delle ONGnon è “buono” creare false illusioni e arric-chirsi sulla miseria altrui. Chiunque lo fa, eovviamente non tutte le ONG lo fanno, puòesser “qualificato” come “cattivo”, soprat-tutto da un punto di vista etico e almenofino a quando non ripensa al modo in cuista facendo raccolta fondi per i progettiumanitari.

Nel libro citi “l’industria della solida-rietà”. Per te quest’industria cosarappresenta?L’espressione “industria della solidarietà”non è mia, l’ho ripresa dal titolo di un librodi Linda Polman, una giornalista olandeseche ha viaggiato in molte zone in cui ope-rano le ONG e ha descritto lo scenario chesi può riassumere, appunto, con questaespressione. E’ quel processo tramite ilquale le ONG generano dei veri e propriimperi economici derivanti dai fondi chericevono per le missioni “umanitarie” checompiono. Tra i vari dati, aneddoti e descri-zioni, Linda Polman scrive una cosa che mipare sia emblematica per capire di cosastiamo parlando, riferendosi all’ingente girodi soldi che c’è sotto il sistema del settoreumanitario. Dice che il volume del fattura-to globale delle ONG rappresenta la quintaforza economica mondiale (dopo alcol,droga, prostituzione e traffico d’armi)

Continuerai ad occuparti di questeproblematiche ?Sicuramente mi interessa seguire il mondodelle Organizzazioni Non-governative e,più in generale, degli aiuti umanitari. Pensoperò che l’aspetto relativo a come funziona

il marketing diretto sia abbastanza chiaro,di conseguenza credo che questo specificoargomento sia ormai sufficientementeconosciuto.

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L’itinerario si svolge all’interno delBosco faggeto di Moliterno, un percor-so lungo 2,3 km durante il quale si

possono ammirare maestosi faggi, omeglio “piante patriarche” che per la loroetà e per le notevoli dimensioni, sono altipiù di 30 metri ed hanno una circonferen-za di 4 – 5 metri. L’oasi di Bosco Faggetoè stata riconosciuta area SIC (Sito diInteresse Comunitario), si trova a ovestdel comune di Moliterno a quota tra 950 e1200 m. e si adagia sulle pendici delmonte Calvarosa, che segna il confine trala Val d’Agri e il Vallo di Diano. Con un’e-stensione di poco superiore a 300 ettari, lariserva riassume il biotopo forestale mon-tano di questa zona della Basilicata. Sipossono osservare esemplari di faggio chesvettano fino a oltre 40 metri d’altezza.Oltre al faggio si trova anche il tiglio, ilcerro, la quercia, l’acero, il leccio, il carpi-

La Faggeta di Moliterno nel ParcoAppenninoLucano

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no nero ed ai margini del bosco il pioppotremulo. Tra gli animali troviamo la volpe,la lepre, il gatto selvatico, i cinghiali, il ric-cio. E' stata segnalata anche la presenzadel lupo. Tra la fine di maggio e l’inizio digiugno si può ammirare la fioritura diun’infinità di orchidee di incantevole bel-lezza. Sono state censite circa 56 taxa diorchidee, di cui 12 autoctone e il resto ibri-de. Proprio per questo il CEA di Moliterno(Centro di Educazione Ambientale), che sitrova nei pressi dell’Oasi di Moliterno, ospi-ta una tappa del G.I.R.O.S., il GruppoItaliano di Ricercatori Orchidee Selvatiche,che qui ha tracciato un sentiero specifico:il sentiero delle orchidee. Lungo il sentierodella Segheria invece si vedono i ruderi diun piccolo fabbricato dove veniva effettua-ta la sgrossatura dei tronchi prima che fos-sero portati nei vari stabilimenti per esse-re poi trasformati.

Tipologia: camminataDistanza: 2,3 km andata

Scarica gratuitamente il file GPS del percorso su www.innbasilicata.it

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Il “Woody Groove Sound Festival” è natonel 2011 dalla volontà del “PipistrelloPub” di Potenza di creare un momento di

unione e condivisione dei tanti gruppi musi-cali che sempre meno spesso hanno possi-bilità di esibirsi davanti ad un pubblico.In soli tre anni, però, il numero di bandiscrittesi al festival è aumentato notevol-mente, di pari passo sono saliti l’interesse ela partecipazione del pubblico. Visto il suc-cesso della manifestazione, di recente i gio-vani impegnati nell’organizzazione dell’e-vento, hanno deciso di costituirsi in un’asso-ciazione con l’intento di far crescere il festi-val guardando non solo ai gruppi lucani, maaprendosi alle realtà musicali delle regionilimitrofe. L’obiettivo è dare vita ad un con-test di musica indipendente che col tempopossa diventare punto di riferimento e moti-vo di aggregazione per tutti i musicisti e i

gruppi del sud Italia che desiderino faremusica svincolati dai limiti, dalle definizionie dai compromessi delle grandi etichettediscografiche commerciali. Le iscrizioni al festival si sono aperte dapoche settimane e si chiuderanno il prossi-mo 13 giugno. E’ possibile iscriversi attra-verso l’apposita sezione presente nel sitoufficiale www.woodygroovefestival.com orecandosi di persona presso il locale “AlPipistrello Pub” c.da Sant’Antonio laMacchia, 40 a Potenza. Ogni gruppo/singolo sarà chiamato ad ese-guire i due brani inediti necessari all’iscrizio-ne. Da questa prima fase saranno selezio-nati, dalla giuria del festival, i partecipantialla fase di esibizione che si svolgerà nelmese di luglio.Ciascun partecipante avrà facoltà di gestireil proprio concerto con la massima libertà

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WOODY GROOVESOUND FESTIVALL’UNICO CONTEST DI MUSICA UNDERGROUND DELLA REGIONE

Simona BRANCATI

“La musica esprime ciòche non può essere

detto e su cui è impossibile rimanere

in silenzio.” (Victor Hugo)

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artistica e di espressione nei limiti del rispet-to del pubblico e dell’organizzazione. Da questa seconda fase saranno seleziona-ti, dalla giuria del festival, i cinque finalistiche parteciperanno al concerto conclusivo. I finalisti si esibiranno nella serata conclusi-va del Festival in un concerto nel quale ognigruppo dovrà eseguire cinque brani (i dueinediti e gli altri tre a scelta). Gli inediti ver-ranno registrati dal vivo e inseriti nel discoWoody Groove Festival 2014. Inoltre, i video della medesima serata ver-ranno utilizzati a scopo divulgativo e pubbli-cati sul sito ufficiale del festivalwww.woodygroovefestival.com, sul canaleYoutube e sui maggiori social network edivulgati presso tutti i media interessati.Per ulteriori dettagli, contattare la segreteriaorganizzativa al 333 3829430, o inviare unamail a [email protected].

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Emilio Caizzo1 nasce a Castelmezzanoin Provincia di Potenza il 15 aprile1920 da Domenico che faceva il mura-

tore e da Rosa Emanuela Beneventi, donnadi casa.Di capelli castani e di notevole statura perquei tempi (m. 1,72), trascorre la prima gio-vinezza nel paese natio frequentando lascuola fino alla 4a elementare per poi comin-ciare a fare lavori come operaio, manovalee fabbro; i compaesani ancora lo ricordanoper la sua mitezza di carattere, per il suonotevole appetito e per essere un formida-bile bevitore.Col Dott. Giovanni Paternò, Podestà delpaese, Emilio Caizzo era solito giocare abocce, dimenticando anche il lavoro, perguadagnarsi un paio di sigarette.Al compimento del 18° anno di età, invo-gliato dallo stesso Podestà, si arruola volon-tario con ferma di 2 anni ed il 1° Dicembre1938 viene destinato al 3° ReggimentoFanteria Carristi “Bologna” in qualità di aspi-rante meccanico aggiustatore. Ma ammalatosi dopo pochi giorni il 15dicembre 1938 viene ricoveratoall’Ospedale Militare di Bologna, ne vienedimesso il giorno successivo ed il 18dicembre 1938 “viene prosciolto dallaferma volontaria e licenziato, con l’obbligodi concorrere alla leva della propria Classedel 1920”, che avviene puntualmente il 3febbraio 1939.Richiamato alle armi il 1° febbraio 1940 edestinato al 21° Reggimento Genio per i

comandi della 3a Compagnia Trasmettitori, èavviato per la vestizione al 90° Genio diTrani.Il 2 febbraio 1940 raggiunge il 90°Reggimento Genio e nello stesso giorno siimbarca a Napoli per raggiungere la Libia.Il 5 febbraio 1940 raggiunge Bengasi edè aggregato al 21° Reggimento Genio finoal 13 marzo 1940 quando, sempre aBengas,i viene ricoverato all’OspedaleColoniale dal quale esce con una licenza di90+10 giorni di convalescenza.Il 17 marzo 1940 si imbarca a Bengasi perl’Italia e dopo 2 giorni, il 19 marzo 1940sbarca a Siracusa e dal Comando Truppa gliviene concessa una ulteriore licenza agrico-la di 15 giorni.Nel frattempo l’Italia il 10 giugno 1940dichiara guerra all’Inghilterra. In Libia,dopo un’iniziale offensiva nel settembre-ottobre, le truppe italiane si spingono fino aSidi-el-Barrani a circa 90 chilometri dallafrontiera dell’Egitto ma un successivo con-trattacco inglese travolse le divisioni italianeriuscendo a riconquistare tutta laCirenaica.Rientrato Emilio Caizzo il 14 agosto1940 per fine licenza al Comando Truppa diSiracusa e venuto a conoscenza che siaccettavano volontari alla ScuolaGuastatori, il 10 settembre 1940 vienetrasferito al 12° Reggimento Genio e da quiil 17 ottobre 1940 viene aggregato allaScuola Centrale Genio di Civitavecchia perfrequentare il 2° Corso di Guastatori.

Il Genio Guastatori era una specialitàcreata nell’agosto 1940 dal Col. PietroSteiner; riservata ai volontari, consistevanello strisciare sotto i reticolati nemici perfarli saltare in aria utilizzando tubi di gelati-na, aggredire con bombe a mano i postinemici più avanzati, sminare il terreno,distruggere i nidi di mitragliatrici utilizzandoanche i lanciafiamme, aprire dei varchi nelloschieramento nemico per farvi passare lafanteria ed anche i carri armati, e quindirientrare nelle linee senza aver riportatodanni.Alla fine del Corso i prescelti, conseguito il“brevetto” dopo aver superato tutte leprove, potevano portare al braccio il fregio“bomba e pugnale”, simbolo dei Guastatori,che erano quindi gli eredi degli “arditi” della1

a Guerra Mondale. Per tale specialità erano

anche necessarie doti di coraggio e di agili-

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CAIZZO EMILIOPrima Parte

Vincenzo MATASSINI

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tà, che certo ad Emilio Caizzo, tempratosiin un terreno montagnoso e scosceso, nondovevano mancare.Aggregato al 5° Battaglione Genio il 20novembre 1940 viene assegnato alla 3a

Compagnia Guastatori che il 14Gennaio 1941 parte da Napoli per l’AfricaSettentrionale e lo stesso giorno sbarca aTripoli “in territorio dichiarato in stato diguerra”, entrando a far parte del XXXIIBattaglione Guastatori.Nel frattempo in Africa, esauritasi la spintadell’8a Armata Britannica, le operazioni belli-che attraversano un periodo di stanca fin-chè il 24 marzo 1941 il Gen. ErwinRommel, giunto in Africa al comando delcorpo di spedizione tedesco “Africa Korps”,un’armata totalmente corazzata e mecca-nizzata, visto la debolezza dell’avversario,lancia un’offensiva che in due sole settima-

ne permette di riconquistare tutta laCirenaica fino al passo dell’Halfaya e lecittà di Marsa el Brega, al Mechili, Dermama si infrange contro i Bastioni dellaPiazzaforte di Tobruk, rimasta saldamentein mani britanniche che la difendevano concirca 30.000 uomini e che, dopo alternevicende, è destinata a cadere soltanto il 21giugno 1942.La Piazzaforte di Tobruk era difesa da for-tificazioni costruite in precedenza dal GenioMilitare Italiano ma, dopo essere statariconquistata dall’offensiva delle truppeanglo-americane del settembre-ottobre1940, era stata rinforzata dagli inglesi.Per l’esattezza, da “La Medaglia d’Oro EmilioCaizzo” del Gruppo Nazionale Guastatori delGenio (ANGET), con la possibilità da parte

loro della consultazione di cartemilitari “una tripla cintura di reti-colati ed una profonda fossa anti-carro circondavano una serie con-tinua di capisaldi costruiti da ridot-te e da robuste casematte fortifica-te (i cosiddetti fortini), abilmentedissimulate sotto il livello del terreno,capaci di ospitare un plotone; attornoa questi nuclei di Ridotte (“R”), eunite con camminamenti protetti, sta-

vano le postazioni fisse di mitragliatrici, dimortai e di cannoni anticarro. Ai capisaldicostituiti dalle Ridotte si alternavano leFortificazioni di Sostegno (“S”) che li com-pletavano, li appoggiavano e li proteggeva-no.”L’offensiva lanciata da Rommel porta inbreve tempo alla conquista dei fortini situa-ti sulle alture che dominavano i bastioni diRas el Medauar ed il porto di Tobruk; iGuastatori italiani, al grido di “Varco” persegnalare la conquista di una postazione,annientano diversi fortini del tipo “R” piaz-zando cariche esplosive da 3 chili, infilandocandelotti fumogeni nelle feritoie; soprattut-to per l’uso dei lanciafiamme si meritanodagli avversari l’appellativo di “fireeaters”, mangiatori di fuoco.La notte del 16 maggio 1941, due plotonidella 3a Compagnia Guastatori, in unione agruppi di assalto della fanteria dellaDivisione “Brescia”, cui erano stati inviatiin rinforzo il giorno 11 maggio 1941, ini-ziano l’attacco alla piazzaforte di Tobruk.Con supremo sprezzo del pericolo e la con-sueta perizia, i guastatori aprono tre varchinel reticolato sul fronte di ciascun gruppo diassalitori usando tubi di gelatina esplosiva.In questa azione il guastatore EmilioCaizzo, nonostante sia rimasto ferito aduna gamba durante un’azione precedente,ottiene di essere aggregato ad uno dei dueplotoni della 3a Compagnia Guastatori; seb-bene ferito nuovamente da una scheggia digranata, oltrepassa il reticolato minato conil suo compagno di coppia e piazzando lasua carica, riesce a distruggere due mitra-gliatrici.Nuovamente ferito, afferra la carica giàaccesa del suo compagno di coppia colpito

mortalmente e, freddamente, portandola adesplodere nel Fortino nemico, annienta sestesso ed il nemico in una solo esplosione.Nei sedici giorni di combattimenti il XXXIIBattaglione Guastatori, su una forza di315 unità, perse 4 Ufficiali, 14 Sottufficiali e41 Guastatori, fra i quali Emilio Caizzo.Soltanto il 15 agosto 1941 lo StatoMaggiore sanziona ufficialmente la costitu-zione del Battaglione attribuendogli la deno-minazione XXXII BattaglioneGuastatori, con centro di mobilitazione ilDeposito del 5° Reggimento Genio di VillaVicentina (Udine).Col suo sacrificio Emilio Caizzo “dona” aiGuastatori del Genio la 1a Medaglia d’Oroal Valore Militare alla memoria conces-sa (Bollettino Ufficiale 1942, pag. 8.921)con la seguente motivazione: “Volontarioguastatore, sebbene a riposo per la feritariportata in precedente azione, chiedeva edotteneva di partecipare, quale porta-carica,all’attacco di una munita ridotta nemica.Oltrepassato con un compagno il varco delreticolato, sotto intenso fuoco, sebbene col-pito da scheggia di granata, riusciva a por-tarsi sotto l’opera fortificata ed a provocarelo scoppio della carica distruggendo duemitragliatrici nemiche. Colpito una secondavolta più gravemente e già allo stremo delleforze, visto cadere un compagno, con epicogesto gli strappava dalle mani la carica giàaccesa e la portava sulla piazzola nemicaove, in supremo olocausto, immolava la suagiovane vita per la Patria. (Tobruk, AfricaSettentrionale, 15-16 maggio 1941).”Molto tempo dopo il fatto d’arme del 16maggio 1941, che vide la morte di EmilioCaizzo, Don Luigi Matrone, Cappellanodel XXXII Battaglione Guastatori, rinvennela salma dei caduto e provvide alla sepoltu-ra nel Cimitero Militare di Tobruk. Finita la guerra a Potenza, fra gli altri lavori,si dà inizio all’ampliamento del CimiteroComunale anche sul lato ovest ed il 7 giu-gno 1949 il Comando del PresidioMilitare di Basilicata richiede la conces-sione gratuita di un’area nel CimiteroUrbano di mq. 151, di cui mq. 68 edificabi-li, allo scopo di potervi edificare unMonumento Ossario che possa ricordaredegnamente i caduti per la Patria dal 1915al 1945.Con Delibera del 21 luglio 1949 il Comunedi Potenza concede gratuitamente ed inperpetuo al Comando del Presidio Militarel’area richiesta (di mq. 151, di cui mq. 68edificabili), nella nuova zona di ampliamen-to del Cimitero Urbano per la costruzione diun “Monumento Ossario” con zona dirispetto” per la destinazione richiesta.Con successiva comunicazione del 9 feb-braio 1953 il Comando del Presidio Militarerichiede al Comune di Potenza un’ulteriorearea di 60,12 mq., alle spalle delMonumento Ossario ai Caduti di Guerra,per l’ampliamento dello stesso e costruzionedi cellette per tumulare altri resti mortali dicaduti in guerra; con atto del 27 febbraio

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1963 il Comune di Potenza delibera la con-cessione gratuita ed in perpetuo dellanuova area richiesta.Su “La Domenica del Corriere” del 4

ottobre 1964 (pag. 44) per la firma diGiorgio Bensi ed il disegno di Mario Uggeri,in occasione del raduno di Salerno del 4ottobre 1964, compare un articolo dal titolo”Quei diavoli del Genio che giocavano con lamorte” e col sottotitolo “L’epopea gloriosa diquattromila autentici eroi, i guastatori, oltresettecento dei quali pagarono con la vital’altissimo senso del dovere, sui fronti diAlbania, in Africa e nella campagna diRussia”.L’articolo parte dalla costituzione aCivitavecchia del Corpo dei Guastatori, rac-conta le varie fasi del corso di addestramen-to fra le quali la “prova dei nervi”, esplosio-ni nei luoghi e nei momenti più impensabi-li, per concludere con una lunga testimo-nianza sulla Medaglia d’Oro al Valore milita-re alla Memoria Emilio Caizzo “quell’umilecontadino di Castelmezzano pressoPotenza, un ragazzone di 21 anni”. Il Convegno di Salerno era stato organizza-to dal Gruppo Nazionale Guastatori delGenio ed in quella occasione evidentemen-te il Gen. Francesco Manganaro, del 3°Reggimento Genio Pionieri d’Arresto diUdine nonché Presidente del Gruppo, lanciòl’idea di commemorare, in occasione delventicinquesimo anniversario della suamorte, Emilio Caizzo, 1a Medaglia d’Oro alvalore Militare del Gruppo Guastatori, nelpaese natio di Castelmezzano. Rientrato ad Udine il Gen. FrancescoManganaro ordina ad un sottoposto di rin-tracciare qualche parente di Emilio Caizzo aCastelmezzano (Potenza) o in qualche altropaese della Basilicata. Viene rintracciata aPotenza una Carmela Caizzo maritata StellaBrienza, che risulta essere una nipote diEmilio; successivamente, il 22 ottobre

1964, a nome del Gruppo NazionaleGuastatori del Genio, il Gen. FrancescoManganaro richiede al Comune diCastelmezzano che quella cittadina possaricordare degnamente la memoria dellaMedaglia d’Oro Emilio Caizzo. Il Comune diCastelmezzano, con Delibera del 28 feb-braio 1965, accoglie la richiesta delGruppo Guastatori e solo dopo un anno il18 novembre 1965 viene intitolata adEmilio Caizzo la Piazza Principale del paese;presenti alla cerimonia la mamma di Emilio,Rosa Emanuela Beneventi ved. Caizzo con ifigli Carmela e Berardino, le maggioriautorità della Provincia di Potenza fra lequali il Senatore del Collegio Avv. DomenicoSchiavone, il Comandante della ZonaMilitare di Salerno Gen. Giovanni Lenuzza(in rappresentanza del Ministro della DifesaOn. Giulio Andreotti), il Vice Prefetto diPotenza Dr. Italo Lamorgese, il Comandantedel Presidio Militare di Potenza Col. Araneo,

il rappresentante Provinciale degli Invalidi diGuerra, la Medaglia d’Oro al Valore MilitareDonato Sanità.Durante la cerimonia la figura di EmilioCaizzo viene rievocata dal Ten. Col.Giuseppe De Marco, già Vice Comandantedella Scuola Guastatori di Civitavecchia; dalSindaco di Castelmezzano GiuseppeRomano; da Don Luigi Matrone, giàCappellano del XXXII BattaglioneGuastatori; dal Sergente MaggioreGuastatore Antonio Muro e dal ConsigliereProvinciale Dr. Giovanni Beneventi, rispetti-vamente compagno di Corso e compagno diScuola di Emilio. Finita la guerra Don Luigi Matrone aPompei diviene Parroco della piccola Chiesadi Maria SS. Immacolata Concezione, diven-

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NOTE1) - Caizzo Emilio (Castelmezzano, Potenza15.04.1920 - Tobruk (Ras es Sehe), Cirenaica16.05.1941

Comune di Castemezzano: 18 novembre 1965 - Intitolazione della Piazza pricipale ad Emilio Caizzo

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E’ giunto alla quarta pubblicazione uffi-ciale il poeta, critico letterario edocente di letteratura di origini poten-

tine Andrea Galgano. Dopo Argini, libro dipoesie con una prefazione di DavideRondoni ed il volume “Frontiera di pagine”scritto in collaborazione con IreneBattaglini e contenente saggi e interventidi arte, letteratura e poesia, l’autore hapubblicato il catalogo Radici di fiume che èun intenso percorso osmotico di arte epoesia. Nel novembre dello stesso anno, il

poeta lucano ha dato alle stampe il nuovomonumentale Mosaico, testo che riunisceper la prima volta una carrellata di articolie saggi di poesia e letteratura, da lui scrit-ti e pubblicati tra il 2010 ed il 2013, nelruolo di editorialista e curatore della rubri-ca “ Pensieri, parole, emozioni” sul periodi-co on line Città del Monte, diretto daMichele Giustiniano che per l’occasione, hacurato l’introduzione del volume. La pub-blicazione è stato il pretesto per una chiac-chierata con l’autore, incuriositi dalla

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Emanuele PESARINI

La letteratura oggi?Salva il volto comune di ciascun individuo

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volontà di conoscere più da vicino un per-sonaggio il cui immenso talento si accom-pagna ad un’umanità ed una vivacità intel-lettuale carica di passione e suggestioni.

Tra le tue passioni vi sono la poesia ela letteratura. Oltre ad essere docen-te e poeta sei anche critico letterario.Quali sono i tratti distintivi di unbuon critico letterario e il metodo date adottato nel valutare la letteratu-ra?La letteratura introduce ed educa a un’e-sperienza di stupore, di amicizia, di mera-viglia. Rivela come coloro che entrano inun teatro ampio ed umano possano farel’esperienza di un’avventura, di un incantoche restituisce valore e splendore allenostre esistenze. Respirare le pagine signi-fica accendere la sfera delle libertà, comeenergia che fa aderire alla vita nei suoiaspetti possibili. Si tratta anche di salva-guardare il senso profondo della parolacome dialogo, come rapporto tra un sog-getto e l’altro, in quanto possibilità di sco-perta di qualcosa di sé. Disse il grande cri-tico di Pirandello, Pietro Mignosi, valutan-do la critica letteraria che come forma dicarità; è a mio avviso, un valore imprescin-dibile. Uno strumento di conoscenza e diautocoscienza. Josif Brodskij si soffermavasul valore della letteratura nella societàattuale, affinché in gioco ci sia la possibili-tà di salvare “il volto comune di ciascunindividuo”. Il lavoro interpretativo rassomi-glia molto al rapporto di amicizia: si acqui-siscono nuove conoscenze e nuove sfuma-ture e scrivere diviene ciò che dicevaPasternak “vivere sempre sugli ascensori”abitando i diversi livelli e i diversi segni delreale.

Quali sono le attività che svolgi alPolo Psicodinamiche di Prato?Insegno letteratura alla Scuola diPsicoterapia Erich Fromm, riconosciuta dalMiur, seguendo l’ottica dell’Istituto chevuole integrare gli insegnamenti di psicolo-gia con la dimensione della letteratura edella poesia contemporanea. La mia pros-sima lezione sarà, ad esempio, sull’ameri-cano Cormac McCarthy e le sue variabili diombra. Nelle attività della scuola, rientrauna ricerca sul rapporto tra arte, psicoana-lisi e letteratura, per rendere più interes-sante la dimensione creativa. Al master dialta formazione in criminologia, mi occupodi letteratura criminalistica, approfonden-do autori come Dostoevskij, Chandler oPoe. Al congresso internazionale diPsichiatria Dinamica di San Pietroburgo, amaggio, porterò un lavoro sulla dinamicaaffettiva in Puskin.

Qual è a tuo avviso l’unicum che con-traddistingue un’opera letterariarispetto ad un testo di natura filosofi-ca, storica o di altri settori cosiddettiumanistici?

Già Platone nella Repubblica parlava di«discorso antico» nel rapporto tra filosofiaed arte poetica. Entrambe sono attivitàintellettuali che esplorano e mettono afuoco la condizione umana, le relazioni esviluppano prospettive sul reale. Vi sonovari punti d’incontro, dal valore cognitivofino al paradosso della finzione. La bellez-za della letteratura è nella tensione del suogesto umano.

La tua esperienza curriculare e pro-fessionale ti ha condotto a svolgerela professione di docente di letteratu-ra e critico letterario al di fuori deiconfini della Basilicata. Pensi che inquesta regione ci siano le condizioniper affermarsi in ambito culturale o èuna prerogativa di pochi? Non esistono luoghi in cui non sia possibi-le dire io, nonostante tutto cospiri a taceredi noi, come direbbe Rilke. La cultura non

è una sorta di entità iperuranica, appan-naggio di pochi, ma un invito alla unicità eirripetibilità di ogni avventura umana. LaBasilicata è un luogo di continua scopertaumana e territoriale, che ha come nemicil’avvilimento dei cuori e la malora.

Cosa consiglieresti ai nostri lettoriche vivono in Basilicata e non vorreb-bero rinunciare ad inseguire e realiz-zare il proprio sogno nel cassetto? Non propongo ricette, non ne sarei capa-ce. Il mio lavoro mi porta spesso a viaggia-re e conoscere altre realtà, ma quandoritorno qui il mio compito è arricchire,secondo le mie possibilità umane, questabellissima terra.

Quali sono i tuoi progetti futuri ?Continuo la mia attività pubblicistica e, nelfrattempo, scrivo poesie nuove e un sag-gio di letteratura italiana.

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La pittura trova in Vincenzo Viggianoun interprete contemporaneo digrande spessore, capace di trasfor-

mare in musicalità cromatica gli accentidel pensiero e del sentimento.L’artista nasce a Rionero, alle falde delmonte Vulture, un antico Vulcano spento,dove tutt’ora vive e lavora. Fin da bambi-no coltiva la sua passione per il disegno,iniziando a dipingere in età precoce. Dal1969 al 1972 è a Varese e, giunto a

Milano, frequenta l’ambiente di Breradove vive esperienze artistiche di rilievo esegue alcuni corsi di disegno e pittura. Hastudiato arti visive, conseguito la maturi-tà artistica, e l’abilitazione all’insegna-mento del disegno e della storia dell’artenelle scuole. Ha seguito inoltre, i corsi didisegno e di pittura presso l’Accademia diBelle Arti di Foggia e collaborato con rino-mati architetti ed ingegneri, oltre adessere disegnatore presso le Belle Arti

Alla scoperta di artisti nostrani:

VINCENZOVIGGIANOe lo spazio nel temponella pittura

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Giuseppe A. RINALDI

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della Basilicata.È proprio nella realtà in cui cresce, riccadi contrasti cromatici e luminosi, che eglivive ed osserva da sempre le sue infinitevariazioni di colori, nelle contrastate bel-lezze, ora tragiche ora sorprendentemen-te liete, del suo paesaggio naturale, moti-vo portante della sua ricerca grafico-pit-torica.Molto attento al naturalismo descrittivo,comprende e definisce questo suo sognopoetico e visivo, superando ogni banaliz-zazione del sentimento.D’altro canto, la pittura costituisce ilnucleo linguistico vitale in cui l’uomo e ilsuo paesaggio, intesi nel loro significatopiù profondo, sperimentano il senso diun’armonia che lascia intravedere la suaessenziale quanto misteriosa presenza.“La pittura è un’arte irrazionale, dove pre-domina la fantasia, l’immaginazione, cioèla poesia, che si esprime attraverso il lin-guaggio visivo”.“La fantasia segue una linea dinamica.Nasce dal presente e si proietta verso ilfuturo”.Come si nota, nella sua pittura l’elemen-to essenziale dell’immagine è la luce che,nella struttura infinita delle sue gradazio-ni di colori, infonde la dimensione diautentica bellezza alle forme rappresen-tate. L’impulso luminoso assume le sem-bianze di un’organica linfa visiva che, daogni prospettiva spaziale e temporale,nutre l’immagine e conferisce dimensionee forma alle cose.Tutto ciò che viene rappresentato, glioggetti, le figure, la natura: tutto si rea-

lizza in atmosfere realistiche-surreali,suggerite da un sogno e da un intimo col-loquio con la propria personalità.Le figure sono sempre avvolte nel silenzioe nella solitudine: “sono l’immagine diquanto resta negli occhi di chi osserva illoro assorto stare in uno spazio più lonta-no e tetro dell’esistere quotidiano, allacostante ricerca del vero”.Predominante nelle sue opere, è la predi-sposizione alla sintesi spaziale -che avvie-ne principalmente a livello di atmosfereattraverso un tono luminoso con cui siarmonizzano le varie gradazioni di luce,avvalorando così la sua ricchezza espres-siva e quella dei suoi riflessi- e ad unsilenzio visivo, elaborato su ritmi quasimetafisici in una composizione lineare,quasi a voler rappresentare il silenzio insé medesimo. Per far ciò, utilizza una niti-da concezione ottica di spazio, segno,luce e colore, che costituiscono gli ele-menti essenziali della sua ricerca. È pro-prio nella percezione dello spazio cheemerge il suo istinto; uno spazio checomprende e accoglie le cose e le situa-zioni rappresentate e generate in un’or-ganica e fantastica armonia. “Tutte lesensazioni, i sogni, le voci dell’animo,entrano in scena con la loro poetica insignificative composizioni alimentate, aloro volta, da quella sensibilità che la pit-tura sperimenta come essenziale risorsacreativa”.Attraverso queste composizioni di “naturemorte”, soltanto una goccia nel suo per-corso artistico, Vincenzo Viggiano havoluto rappresentare la forza simbolica

del vino, protagonista della nostra terrasin dall’antichità: “ Il vino rappresenta laritualità del lavoro contadino, il suo magi-co esistere fra gli uomini; racconta del-l’uomo, ed è vivo il ricordo del suo profu-mo diffuso nella cantina scavata nel tufo”.La memoria lo conduce alle vigne, all’o-dore dello zolfo e del rame che la manosapiente di suo padre cospargeva sui tral-ci delle viti, per evitare la diffusione dellaperonospora.Tali ricordi ed emozioni lo hanno spinto arappresentare, in questi suoi lavori, leradici della storia dell’uomo che proietta-no lo spettatore nel presente. Con questidipinti ha voluto intraprendere un percor-so di rilettura delle origini e dipingere lesue infinite variazioni cromatiche ed illento maturare del vino nelle botti dirovere. “Ho imparato molto da esso, senza saper-lo né volerlo, respirandolo nell’aria con gliodori della campagna, del fieno, delmosto. Ho imparato il suo farsi, la lunganascita, le cure ai filari, la vendemmia, lafermentazione, i travasi nelle botti, l’in-vecchiamento nel rovere e l’intero ritoche accompagna le fatiche di un anno.Per i Greci il vino non era volgare, al con-trario, sembrava rappresentasse semprequalcosa di sacrale”.Ed è proprio partendo dal sacro e dalleorigini, che bisogna incentrare il proprioquotidiano alla ricerca di sensazioni, emo-zioni e passioni che proiettino il proprioessere nello spazio e nel tempo, vivendoogni giorno, attraverso la pittura, unagioia da condividere.

Tutti i diritti sono riservati; l’opera non può essereriprodotta, memorizzata o trasmessa in alcunaforma e con alcun mezzo elettronico, meccanico,in fotocopia, in disco o altro modo, senza l’autoriz-zazione scritta dell’autore.

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Il 29 settembre 1994 i coniugi Green e ifigli Eleanor e Nicholas, californiani invacanza, percorrono l’A3 Salerno-Reggio

Calabria a bordo di un’auto presa a noleg-gio. All’improvviso sono assaliti da rapinato-ri nei pressi di Vibo Valenzia che sparanocontro l’auto. Reginald, il papà, velocemen-te si allontana, si ferma dopo aver vistoun’ambulanza e la polizia mentre soccorro-no un incidente stradale. Solo allora siaccorgono di Nicholas che giace immobile.La corsa all’ospedale. Morte cerebrale sen-tenziano i medici che due giorni dopo assi-stono impotenti alla fine del bambino. Sispegne in questo insensato modo la vita diun innocente di soli 7 anni. Ma non la sualuce che nella disperazione inizia a brillarepiù intensamente illuminando i cuori diMaggie e Reginald i quali decidono di dona-re gli organi del figlio. Sette pazienti italianidi cui quattro adolescenti tornano a vivere.La nazione commossa si stringe intorno aloro. A loro giungono lettere d’affetto, alfiglio scomparso vengono intitolate strade,parchi, piazze (da noi, a Ruvo del Monte c’è

via Nicholas Green), l’allora Presidente dellaRepubblica Scalfaro conferisce al papà lamedaglia d’oro, la solidarietà arriva anchedal Primo Ministro e da papa Wojtyla.Tornano in California con l’aereo presiden-ziale accompagnati da opposti sentimenti: ildolore di una morte prematura, la pace divite restituite e la consapevolezza che quan-to accaduto avrebbe cambiato le loro esi-stenze per sempre. A Los Angeles (USA)creano la Fondazione “Nicholas Green” conla quale da venti anni promuovono la cultu-ra della donazione di organi in tutto ilmondo. Attraverso incontri pubblici, pubbli-cazioni di libri, filmati provano a sensibilizza-re le persone affinché autorizzino, quandosono in vita, l’espianto sottraendo ai paren-ti la gravosità di questa decisione che, nel-l’angoscia del momento, potrebbe, comedel resto è accaduto, non arrivare. Mr.Reginald Green lo ha ribadito qualchetempo fa anche a Potenza nell’ospedale“San Carlo”, in un convegno dal titolo“Sopravvivere non basta. Donare la vita”moderato dal giornalista Mario Trufelli evoluto dall’U.O.C. di Nefrologia e Dialisi gui-data dal dr. Domenico Sannicandro. Pienol’auditorium. Studenti, rappresentanti delmondo sanitario, del governo regionale,della curia, pazienti trapiantati hanno appre-so le linee essenziali di ciò che ruota intornoalla donazione di organi a cui anche il “S.Carlo” aderisce afferendo, per ciò cheriguarda il rene e il fegato, al policlinico

“Umberto I” di Roma. La Trapiantologia è unsistema complesso che chiama in causa l’a-spetto pratico gestito dalla Medicina, e quel-lo spirituale guidato dalla generosità di unatto gratuito ed anonimo sia per chi ricevel’organo sia per chi lo dona. E che benchéabbia visto in questi due decenni l’Italia cre-scere nella graduatoria delle donazioni, haancora molta strada da fare perché sonopochi gli organi disponibili a fronte di unarichiesta che resta alta. Durante il convegnoè stato spiegato che al 31/12/2013, 8.828sono i pazienti italiani in lista d’attesa e chein Basilicata, dove il centro di riferimento èl’ospedale di Matera, una persona su due èfavorevole ai trapianti. L’azione dei Greencerca di minare questa resistenza. Con laloro decisione sono convinti di aver fattoanche la volontà di Nicholas, bimbo buono egeneroso sempre disposto a giocare contutti, e che da lassù guarda sorridente per-ché ha altri due fratelli gemelli, i responsa-bili dell’agguato sono stati assicurati allagiustizia e ha ridato la vita a persone chealtrimenti l’avrebbero perduta. Mr. Green haraccontato che qualche giorno prima di sali-re in cielo, il bambino che amava l’Italia e neaveva visitato molti luoghi, si definì, in ungioco con il papà, un soldato dell’anticaRoma tornato vincente da una dura batta-glia. Ha fatto come il suo eroe, Nicholas, havinto la sua battaglia sconfiggendo quell’at-to di violenza ma con la forza dell’amore enon della spada.

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Anna MOLLICA

Sopravvivere non bastaDona la vitaMr Reginal Green al “San Carlo” di Potenza

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“Il Mezzogiorno d’Italia è sempre statol’anima del Paese”. Nelle parole diLuigi Zanda risuona l’ammirazione

per una terra che sin dall’antichità ha ali-mentato ed elevato la sua Cultura incrocian-do popoli altri ed altre conoscenze. Unaterra che ha generato intelligenze raffinateed avvedute, pensatori inquieti attenti adanalizzare il passato, ad osservare il presen-te ed a coglierne i germi del futuro. LaLucania ne annovera diversi, ma uno più dialtri si è distinto per il suo inedito “fare cul-tura”. Il senatore ha voluto dedicare aLeonardo Sinisgalli la sua ultima raccolta discritti che, editi fuori commercio, regala agliamici per Natale. Dalla metà degli anni ’80,infatti, è solito curare opuscoli su autori opersonaggi che durante l’anno lo hannomaggiormente colpito. L’edizione 2013 èintitolata Civiltà delle Macchine, chiaroomaggio alla rivista della Finmeccanica cheSinisgalli ha diretto con l’idea di far coesiste-re il progresso incalzante e l’umanistica disempre. I mondi del tangibile e dell’astrattoche il poeta ingegnere di Montemurro haassimilato, assemblato ed enunciato allar-gandone l’analisi agli intellettuali del tempo.Tra questi ci sono Ungaretti, Gadda,Moravia, Ferrata, Tofanelli, Luraghi, Buzzati,autori delle lettere riprese da Zanda nel suolibretto, pubblicate sulla rivista tra il 1953-56. Sono epistole ricercate nella forma ebrillanti nella sostanza, veri e propri saggiesplicativi del cambiamento dei tempi, oraauspicato ora temuto. Luigi Zanda è statoospite, agli inizi di aprile, del Circolo“Spaventa Filippi”. Un invito nato dall’omag-gio all’uomo che lo stesso Circolo ha pre-miato nel ‘75 con il Premio Letterario

Basilicata. Santino Bonsera, Mario Trufelli,Gianpaolo D’Andrea, Franco Vitelli, PieroLacorazza e Franco Sabia, nella BibliotecaNazionale di Potenza, hanno conferito sulpoeta e sulla rivista secondo le esperienzecon lui vissute direttamente o indirettamen-te. I lucani, durante le celebrazioni dei 150anni dell’Unità d’Italia, hanno sceltoSinisgalli per rappresentare la Basilicata aRoma, proprio per la sua propensione aduna modernità che non disconosce la tradi-zione. Tale coesistenza di vedute ha origina-to la formula vincente di Civiltà delleMacchine con la quale - ha spiegato Vitelliche considera il poeta suo maestro – si vaalla ricerca del contrappeso che bilanci l’ec-cessivo entusiasmo verso la tecnologia.Sinisgalli lo chiede agli intellettuali, li spingeverso la conoscenza delle macchine che stu-piscono per quel potenziale concepito dal-l’uomo a cui tocca comunque il controllo:con il suo animo. Solo la letteratura, l’arte,la cultura riscaldano i freddi calcoli matema-tici e i freddi metalli, e colgono i differentirisvolti. Zanda - ha confessato – non ha mai vistoLeonardo Sinisgalli. La sua voce, il suo viso,il suo sguardo deciso gli sono stati rivelatida Mario Trufelli, storico caporedattore dellaRAI Basilicata, che dagli anni ‘50 ha costrui-to con il poeta una solida amicizia. Delpoeta desidererà immortalare ogni gesto,umore e pensiero. Due interviste realizzatenel 1975 in bianco e nero, e nel 1980 a colo-ri hanno dato l’idea del personaggio dalleindoli contrarie. Nella prima, i due sono aMontemurro davanti alla casa natia situatalungo la via che oggi porta il suo nome. E’qui che Leonardo concepisce la poesia, sua

“dolcissima consolazione e dannazione”,dalla sua camera al piano di sopra, doveconserva la foto della madre ed osserva ilmonte Sirino immaginando la maestositàdel Pollino. Fuori, con viso sereno, raccontaal microfono di Trufelli (che in quella casa èaccolto “senza sospetto” tanto è grande lastima che il poeta ha di lui) la sua volontà difar incidere su una lapide in pietra la poesiaMonete rosse. Tutt’oggi è lì, sulla pareteesterna. Cinque anni dopo, a CastronuovoSant’Andrea, il giornalista quasi non lo rico-nosce. Ha davanti a sé un Leonardo diver-so, rabbuiato, che deluso dal suo paese,legge le sue stesse poesie considerandotutto ciò “una bizzarria del mese d’agosto”.Il poeta ormai settantenne, da 3 anni dedi-to solo alla poesia e al disegno, ironizzasulla frase: “Tutti mi dicono che sono ringio-vanito ma quando mi dicono questo è unbrutto segno”. Un presagio, forse, che anti-cipa di 5 mesi la sua morte avvenuta aRoma il 31 gennaio 1981. L’incredulità perquell’improvvisa scomparsa si somma allostupore per il suo l’ultimo colpo di genio.Sinisgalli ha fatto costruire il suo sepolcronel cimitero di Montemurro, paese dell’amo-re eterno. Attraverso queste testimonianze LuigiZanda ha potuto conoscere meglioLeonardo Sinisgalli del quale ha già colto lasua lungimiranza nel considerare la Cultura,in ogni sua forma, il motore del progresso edella rinascita. Come la Cultura – ha conclu-so il senatore - ha rimesso in piedi l’Italia el’Europa dalle distruzioni del II° ConflittoMondiale, così la stessa può sanare i dannidella crisi economica di oggi.

an.mo.

Luigi Zanda elogia il “fare cultura” diLeonardo Sinisgalli

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Ci eravamo conosciute qualche annofa ad un corso di “Organizzazione egestione d'eventi d'arte contempora-

nea” organizzato dall'ente Apofil diPotenza e già lo spiccato senso artistico diDolores Nicastro emergeva con tutta lasua originalità e la sua passione tra idiversi partecipanti.Il mondo dell'arte, sopratutto in piccolerealtà come la nostra, non è tanto com-preso e gli artisti non hanno molto spazioper farsi conoscere e far vedere le loroopere. Essere unicamente un artista, qui, non èpossibile, non può essere consideratocome un lavoro ma è visto come un hobbye spesso come tale resta tra le muradomestiche. La nostra artista, invece, pianpiano è riuscita, prima ad Oria in Puglia, epoi presso la Pinacoteca Provinciale diPotenza, ad esporre la prima mostra foto-grafica dal 5 marzo al 22 aprile. Incontriamo Dolores in una tiepida matti-na di aprile per farci raccontare quella che

è la sua esperienza mentre ci guida nelsuo mondo, “Giochi di Luce”, attraversol'esposizione di 36 fotografie.

Chi è Dolores e chi è Dolores artista?

Non c'è differenza tra me artista e menella vita quotidiana, il mio modo ottimi-sta e positivo di affrontare la vita mi rendeuna persona che, nonostante le difficoltàin cui tutti possiamo trovarci, non si ferma

La luce e i colorinell’arte digitaledi Dolores Nicastro

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Flavia ADAMO

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mai e vede sempre una luce, un migliora-mento possibile in ogni situazione. Questo è ciò che emerge infatti anchenelle mie opere. Fin da piccola mi sonoimmersa in questo strano mondo dell'ar-te, dalla pittura alla musica, dal canto allafotografia, non ho mai smesso di credercianche quando spesso, come accadeva dabambina, non veniva riconosciuto queldisegno come mio, forse perché troppopreciso e pieno di dettagli, o forse perchéa soli 6 anni non utilizzavo il rosa per colo-rare i visi ma creavo, giocando con i colo-ri, il colore più vicino al colore naturaledella pelle.

Questa prima esposizione rappre-senta un determinato periodo dellatua vita? Questo primo lavoro non è legato ad ununico periodo della vita, è un insieme disensazioni che si provano fin dalla nascita,gioia, sorpresa, sofferenza, paura, felicità.Noi siamo una sommatoria di ogni secon-do che abbiamo vissuto e le fotografieracchiudono tutte le emozioni provate finoad oggi. Quando ho lavorato su questeimmagini mi sono sentita una bambina ditre anni; mi ha fatto stare bene sentirmicosì, esprimermi in questo modo.Non mi sono mai fermata e ho cercatogiorno dopo giorno, nonostante fossiimpegnata come mamma e moglie, a rita-gliare un po’ di tempo e un po' di spazioper me, per potermi sentire libera. Peruna donna non è facile fare l'artista, iltempo da dedicare all'arte, alle idee, allasperimentazione è tanto e proprio perquesto le difficoltà sono maggiori rispettoad un uomo.

Da dove è nata l'idea principale cheha portato a voler rendere la luce e icolori i protagonisti di questo lavo-ro?Tutto ciò è nato da un'esperienza perso-nale che forse con i prossimi lavori si capi-rà. Fin dalla nascita, già nell'utero maternonoi siamo attratti dalla luce del sole e laricerchiamo costantemente; è proprio laluce che, secondo me, prima di morire

cattura la nostra attenzione. La luce è quell' elemento che accomunatutti, che ci da vita. Una notte di sei anni fa mi sono svegliatacon l'idea fissa di prendere la macchinafotografica e “dipingere” in questo modo.Il digitale non sporca, non occupa spazio,nessuno vede nulla e tutto viene scarica-to sul computer mentre tu inizi a creare.Una persona per poter essere felice devepotersi esprimere nel modo che ritiene piùgiusto per se e l'arte contemporanea èbella anche per questo, permette di sof-fermarti e riflettere sulle sensazioni cheun'opera può trasmetterti, è libera inter-pretazione.Io ho utilizzato un mezzo moderno, il digi-tale, come un analogico senza apportaremodifiche, unendo il vecchio e il nuovosenza rinnegare quello che è il passato.

Da dove nasce questa particolaretecnica fotografica?È il frutto di una lunga ricerca e sperimen-tazione, niente avviene per caso, l'ideapuò nascere dal caso ma poi tocca a noilavorarci su e sperimentare. È la speri-mentazione che ci porta ad un risultato.Questa mia prima esposizione è il risulta-to dell'applicazione metodica della ricercae della sperimentazione di tecniche foto-grafiche personali durate cinque anni pertirare fuori quello che è il concetto del miolavoro, la luce, i colori che sono il nucleofondamentale di qualsiasi cosa. Le fotografie digitali non sono minima-mente rielaborate o modificate nei lorodettagli; è stato adottato un particolaretipo di stampa, la stampa ultravioletta sumetacrilato (plexi) 40x50 cm per trasmet-tere meglio ciò che dall'obiettivo io stessastavo fotografando.È una stampa particolare ed infatti l'hofatta stampare in una tipografia a Milano.

Hai già in serbo altre opere damostrarci?Si, ho già pronta una nuova raccolta, incui la protagonista sarà ancora una voltala luce, che però esporrò nel momento incui questa sarà abbastanza conosciuta.Anche perchè non è stato facile poter tro-

vare una collocazione qui nella nostracittà. Ringrazio la Pinacoteca e la dirigen-te Caricati per questa opportunità datami. Il primissimo apprezzamento delle mieopere è stato fatto fuori, senza sapere chifossi e da dove venissi. Vedendo il miolavoro l'organizzatore di alcuni eventi, inPuglia, ha voluto far esporre le mie fotonegli ipogei della Basilica di Oria, affinchéportassero luce, dessero un tocco di colo-re a questi sotterranei dove ho potutoesporre solo 24 fotografie su 36, collocan-dole in un corridoio che collegava diversesale di questo museo. Questo lavoro,esposto dal 26 luglio all' 8 settembre,venne molto apprezzato e ricevette più di4000 visitatori. Considerando che in quel-la realtà non sapevano minimamente chifossi, è stato un onore, una grande soddi-sfazione.

Cosa risponderesti a coloro che dico-no “queste opere potevo farleanch'io”?Con ironia direi “perchè non le hai fatte”?Io ho voluto mettermi in gioco, sperimen-tare qualcosa di diverso per poter permet-tere ad ognuno dei visitatori della mostradi potersi immergere nell'arte ed estrapo-lare sensazioni che forse neanche loro siaspettano. Se ciò accade, allora vedremola vera bellezza delle cose. Per me questaè la più grande soddisfazione che possoricevere a seguito di questa esposizione.

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Si fa sera. Tornano i ricordi. Il titolodella raccolta è semplice e suggesti-vo insieme. Persino commovente.

Mette nostalgia. Ed è facile domandarsi,leggendo i versi ed i racconti di VirginiaGrassi, cosa sia la nostalgia, da dovenasca, che ruolo abbia dentro il nostroviaggio.La domanda non è banale. Se l'era posta,ad esempio, il grandissimo poeta turcoNazim Hickmet. In una sua memorabile

poesia, che titolava, appunto, Nostalgia.“Durante tutto il viaggio – scrivevaHickmet – la nostalgia non si è separatada me./ Non dico che fosse come la miaombra/ mi stava accanto anche nel buio.Non dico che fosse come le mie mani e imiei piedi/ Durante il sonno si perdono lemani e i piedi/ ed io non perdevo lanostalgia nemmeno durante il sonno. Eraqualcosa che non può giungere a sazietà./ Non era legata alle città, alle nuvole, allecanzoni, ai ricordi./ Era in me e fuori dime. /Durante tutto il viaggio la nostalgianon si è separata da me / E del viaggionulla mi resta se non quella nostalgia”.Ecco, rianalizzando quei versi di Hickmet,due elementi si accendono e tutto il restorimane sullo sfondo: il viaggio e la nostal-gia.L'ultima raccolta di Virginia Grassi nonprescinde da questi due elementi. Il libro,unitariamente inteso, è un lungo ed inten-so, talvolta coloratissimo, viaggio tra iricordi. I ricordi che sono sapori (la polen-ta, la marmellata) odori, piante, animali,

VIRGINIA GRASSI E LA CARICADELLA NOSTALGIA

Presentato a Potenza

l'ultimo librodell'autrice

trentino-lucanadal titolo Si fasera.Tornano

i ricordi

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Francesco POTENZA

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ruscelli, siepi, valli, cascate, rocce, monta-gne e poi sagome, persone, anime, ritrat-ti di paese, banditori, politici un po' auste-ri e persino buffi nella loro austerità,popolani in cerca di gloria, raccoglitori digranturco (formantàs), venditrici di cicla-mini, soldati che partono e tornano dallaguerra, amanti di amori impossibili e rim-pianti: in una parola, i simboli della vita diVirginia Grassi, dall'infanzia e dall'adole-scenza trentina sino alla maturità lucana. Il mondo intenso dei ricordi, potremmodefinirlo così, un mondo luminoso che ciaccarezza e sfiora l'anima, un mondo checompone un viaggio. O meglio, che compone il viaggio. Proprioil viaggio di cui parlava Hickmet, il viaggiocon l'articolo determinativo, non un viag-gio qualunque.Il viaggio pieno di ricordi colorati di nostal-gia, il viaggio che porta alla sera.La raccolta titola, emblematicamente, Sifa sera. C'è il senso di un cambiamento, diun divenire, c'è una donna coraggiosa chefiuta un imbrunire, un passaggio nuovo,un nuovo scacco, un altro gradino, unapprodo.L'espressione “Si fa sera” rimanda aLeopardi e ad altri grandissimi autori (ilQuasimodo di “Ed è subito sera”, il Levi di“S'è fatto tardi, cari”, persino lo Scotellarodi “E' fatto giorno”) ed implica una rag-giunta consapevolezza. La consapevolez-za dell'aria che matura e che scurisce (Leopardi nel Sabato del Villaggio, in quelmeraviglioso verso “Già tutta l'aria imbru-na” coglie mirabilmente l'essenza dellacaducità dell'essere e delle cose terrene). Ma, è questo il messaggio straordinarioche trapela dagli scritti pieni di vita diVirginia Grassi, non dobbiamo aver pauradel tempo che passa, delle stagioni checambiano, dell'imbrunire che ci cogliedurante il viaggio, dell'albero che si spo-glia, del cielo che sembra persino invec-chiare.Perché, se gli anni passano inesorabil-mente, possono salvarci i ricordi, può sal-varci la nostalgia, ma può salvarci, soprat-tutto, il modo di vivere i ricordi.Virginia Grassi non è soltanto la personache, come scrive correttamente il criticoMichele Sessa, canta perché è bello can-tare, sogna perché è bello sognare espera perché è ancora più bello sperare.Virginia è quell'anima che, per dirla allaIvano Fossati, sogna perché sa sognare. Saper sognare significa aver imparato lalezione della vita. Per saper sognare biso-gna, ad esempio, avere imparato a fare iconti con il dolore, averlo soppesato edaverlo vinto. Ma per vincere il dolore, persfidarlo, bisogna prima averlo conosciuto,averlo guardato negli occhi, averlo vissu-to.E Virginia Grassi ce lo racconta, in questolibro, il suo dolore (quello universale dellaguerra, della solitudine, quello personaledella perdita degli affetti più cari, del ter-

remoto e del post terremoto, lo sgomen-to dinanzi alla scomparsa di Elisa Claps,dinanzi allo stupro o alla lapidazione diuna donna, Amina, che aveva avuto ilsolo “torto” di amare...) ma lo fa conun candore disarmante, con unostupore che è proprio dei bambini,di quei bambini che la nostra autri-ce, da anni responsabile delMovimento per l'Infanzia diBasilicata, ama da sempre inmaniera particolare.Ad esempio, dietro il raccontoapparentemente divertente diMaria Caravana o della festadi Santa Lucia, si celano iproblemi della fame, dellamiseria e degli stenti a cuile famiglie erano costrettein tempi di guerra. La piccola Virginia Grassisognava un boccone di marmellataed aveva improvvisato uno sciopero dellafame per ottenerlo. Ma, più caparbia di lei,arrivò “Maria Caravana”, la personificazio-ne della fame stessa, che la costrinse adesistere dal suo desiderio, tanto piùinnocente quanto più si pensi che nellasocietà consumistica di oggi un bocconedi marmellata non può valere un digiunoprolungato.Il viaggio di Virginia è dunque, a tratti, unpercorso nel dolore, illuminato però dalsuo modo insieme fanciullesco e maturodi approcciarsi e di guardare alle cose, dauna religiosità forte, da un inguaribile otti-mismo che suona, di questi tempi, comeuno dei più dolci inni alla bellezza dellavita.Un altro racconto importante della raccol-ta è Affari d'oro, in cui l'autrice, con altredue amichette dell'epoca, s'improvvisavenditrice di ciclamini per potersi permet-tere il “lusso” di un gelato. Le tre ragazze ce la mettono tutta e ad uncerto punto è proprio Virginia che rassicu-ra le altre amiche, dicendo: “Tranquille,stasera mangeremo il gelato”. Leggendo il racconto si scoprirà non soloche le tre ragazze non riusciranno a ven-dere un solo ciclamino e ad addentare illoro agognato gelato, ma che le stessesaranno addirittura beffate da un'automo-bile di turisti stranieri, che ruberà loro ifiori appena raccolti.Il racconto è dolce-amaro, lo sfondo èpersino triste, però nel leggerlo è possibi-le cogliere un altro grande insegnamento:il traguardo non è lo scopo del viaggio. Loscopo del viaggio è il viaggio stesso.L'emozione di andare insieme ad altreamiche a raccogliere i ciclamini non haprezzo e vale di gran lunga di più delladelusione per non averli potuti vendere.Racconti come Rocca Pagana e CuoreItaliano, sospesi tra leggenda popolare,sogno e verità, rendono inoltre la raccoltaun importante documento storico, cheriesce a condensare e ricucire frammenti

e squarci lucenti e significativi del tessutoe del vissuto delle comunità trentine elucane, che, come correttamente rilevanella sua prefazione il critico GianniPoletti, sono accomunate dall'elementoneve, ma anche dalle montagne, dalverde e da questa piccola grande donnache “sogna e sa sognare” e che, graziealla sua intraprendenza, è stata autrice etestimonial di un importante e riuscitogemellaggio tra Trentino e Basilicata, trale comunità di Storo e Potenza, accomu-nate nella sua poesia Amate terre mie. Il sogno realizzato di Virginia Grassi èstato ed è ancora oggi, attraverso i suoiscritti traboccanti d'amore, quello diricreare tra le genti del Nord e del Sudquell'unica grande famiglia, forse poveradi beni materiali ma ricca di valori umani,come la solidarietà e la fratellanza, chehanno fatto e fanno dell'Italia un Paesemalgrado tutto unito, da rispettare, amaree di cui avere ancora e persino nostalgia,quando si varca il confine.I versi d'apertura della poesia Vialed'Autunno, contenuta nella raccolta del-l'autrice, forse meglio d'altri sintetizzanola bellezza d'animo di Virginia Grassi. “Hovisto sul viale fiumi d'ombra/stendere tap-peti di corallo/ mentre con passo lento/ iocanto il tempo di quei versi/ che mi portodentro. Ondeggiano danzando/ le ambra-te foglie/ al sole dell'estate/ ricordi comefiori che restano nel cuore/ ed io nontemo l'impellente/ incedere del tempo mioche vola”.Sembra di vederla, Virginia Grassi, lungola strada dei ciclamini, a farci dono del suotempo fitto di ricordi. Un tempo di cui,oggi con l'autrice lo sappiamo, non biso-gna avere più paura.

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Ifatti narrati in questa opera si svolgononegli anni dell’Unità d’Italia. Anni di pro-fonde trasformazioni per la nostra peni-

sola che a costo di grandi sacrifici e perdi-te umane si unifica sotto un unico regno edun’unica bandiera. Sono questi tempi cheFabrizio Gennaro Arresta, originario diBanzi e laureato in Agraria riprende e riela-bora nel suo romanzo I giusti di tutta laterra (Telemaco Edizioni) ripercorrendolinella Basilicata degli anni ’60 dell’800 attra-verso personaggi alcuni inventati altri vera-mente esistiti. Tra questi ultimi rivivonoGiacinto Albini, Giuseppe Garibalbi,Carmine Senise, Vittorio Emanuele II diSavoia, Francesco II di Borbone, GiacomoRacioppi, Luigi Settembrini, SalvatoreCastagna, Carmine Crocco uomini chehanno avuto parte attiva nel Risorgimentoseppur su posizioni differenti e con diffe-renti destini. Reali, borghesi, militari, sem-plici popolani che, nel mutare degli eventi,hanno deciso da che parte stare avallandoo osteggiando la causa unitaria destinata acreare enfasi ma anche malcontenti.Insoddisfazioni che non si sono esauriti econ l’annessione al Regno d’Italia ma pro-seguirono negli anni immediatamente suc-cessivi andando ad alimentare sconcerto epaura tra la popolazione che vide le pro-messe di migliori condizioni di vita svanirenulla e la sua incolumità messa in pericolo.In Basilicata come nel resto delMezzogiorno. Arresta nel suo raccontoripercorre quei duri momenti attraverso legesta di Vito Montesaldo, personaggio difantasia, uno dei tanti braccianti al serviziodi don Alfiero Michele, ricco possidente ecospiratore contro il Regno di Napoli. Vito èun onesto lavoratore, intelligente e moltocapace, per questo ammirato dal suo dato-re di lavoro che lo vorrebbe tra gli “uniti”,setta clandestina che annovera anche

l’Albini. Per Vito è un riconoscimento impor-tante. Questa proposta gli può cambiare lavita, elevarlo di rango sociale ed economi-co allontanandolo dal duro lavoro deicampi. Eppure Vito rifiuta. Quell’allettantefuturo non si concilia con i suoi ideali e isuoi valori. La libertà, la giustizia alberganonel suo cuore di cristiano che alla violenzaantepone la pace sostenuta dal giovanenon solo a parole. Tra il governo borbonicoe i reazionari Vito sceglie di starne fuoripromuovendo il dialogo come mezzo dirisoluzione dei conflitti. Metodo che adottaanche in seguito quando il brigantaggiodilaga nelle terre del Sud contro il nuovoRegno che presto si rivela inefficace esordo alle richieste del popolo stremato epovero del Meridione. In un clima di guer-ra civile divenuto sempre più incandescen-te ed oppressivo, la tenacia pacifica di Vitova avanti nell’instancabile tentativo di scon-giurare le violenze e salvare vite umane.

Nel romanzo di Fabrizio Gennaro Arresta lastoria del Risorgimento diviene un pretestoper raccontarne una più profonda cheriguarda l’animo umano, le sue debolezzeed anche le sue grandi risorse. E’ un ocula-to richiamo alle responsabilità di ciascunoche di fronte agli eventi ha la possibilità dischierarsi dalla parte del giusto o dell’ingiu-sto anche se la prima scelta può non averedei ritorni diretti. Nel romanzo quella di Vitoè una voce fuori dal coro che senza urlareparla del rispetto degli altri e della natura,della condivisione e di altruismo, concettiche applica silenziosamente. E l’autore invi-ta ad ascoltarla per poter concretamentecostruire una società migliore, andandoanche controcorrente sapendo che perquesto si rischia di essere isolati o peggioperseguitati. Perché come ricorda Arresta:“L’opera del giusto è una minaccia al pote-re dell’ingiusto”.

an.mo.

I GIUSTI DI TUTTALA TERRA IL ROMANZO DI FABRIZIOGENNARO ARRESTA

TRALERIGHE

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Come alberi produttivi, i giustiportano frutti differenti. I fruttimaturano in tempi e modidiversi. Essi sono i vari tipi diprogresso. I giusti affondanole radici nella fonte di sapien-za. L’uomo che ha assimilatosapienza è in pace con sestesso e con gli altri, non hanulla da rimproverarsi. Il giu-sto sa che ciò che compie èbenefico.

Fabrizio Gennaro Arresta

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Centotredici, tanti sono i nomi enun-ciati all’interno di queste pagine.Centododici uomini ed una donna

che tra XV e il XX secolo hanno datolustro, con le loro differenti attività edindoli, a questa cittadina lucana, colloca-ta sulle dolci pendici della collina matera-na. Medaglioni grottolesi è il libro cheGiovanni Quarantadedica al suo paesed’origine di cui datempo cura e divulga,con diversi saggi, laStoria. Edito a curadell’AmministrazioneComunale di Grottolel’opera elenca le bio-grafie di persone chequi sono nate o chequi hanno operato puressendo originarie dialtri luoghi anche lon-tani. Grottolesi di origi-ne o di adozione che invario modo hanno lasciato il segno graziealla loro maestria dimostrata in diversicampi del Sapere. Si tratta di medici,veterinari, ecclesiastici, avvocati, notai,insegnanti, artisti, artigiani, giornalisti,fotografi, registi, musicisti, amministrato-ri, imprenditori, campioni sportivi, edancora briganti, militari, possidenti tuttiscomparsi che hanno fatto grande ilnome di questo suggestivo borgo in Italiae nel mondo. Di loro l’autore ricostruiscela storia attraverso sintesi biografichedalle quali emergono parentele, titoli distudio, ceto sociale, amicizie e contatti,opere artistiche e letterarie che, come sivedrà, si esplicano anche fuori confine. Elo fa nel tentativo di preservarne lamemoria.E’ un lavoro certosino quello che ha con-

sentito a Giovanni Quaranta di realizzarequesta opera. Un lavoro che lo ha porta-to a spulciare negli archivi comunali edelle curie nonché in quelli di famiglia allaricerca delle preziose informazioni suipersonaggi citati. Il risultato sorprendeper la mole di dati raccolti dai quali, oltrealla conoscenza delle singole persone, sipuò cogliere qualcosa in più sull’epoca a

loro contemporanea. Ed anche trarreulteriori spunti di riflessione su vicenderecenti o remote che stupiscono ed incu-riosiscono perché è la dimostrazione checome insigni lucani hanno saputo, con laloro intelligenza, incidere anche altroveabolendo già allora il concetto di “locale”influenzando il corso degli eventi.

an.mo.

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Il testo offre la possibi-lità di ricordare questepersone per quantohanno potuto realizza-re.

Giovanni Quaranta

MEDAGLIONIGROTTOLESIIL LIBRO DI GIOVANNI QUARANTA

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Il Tempo delle Ciliegie

DOLCE&SALATO

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Carla MESSINA

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Siamo giunti alla tanto attesa primave-ra, tutto sembra un po’ appannato estanco, quasi fossimo vittime di un

attentato. All’indomani della presa dicoscienza ci rendiamo conto che “tuttoscorre”, come diceva Eraclito. Panta-rei,già tutto scorre, tutto passa, tutto ha uninizio e una fine come le stagioni, eccoperché, spesso, anche in rapporto aglianni si parla di stagioni. Tuttavia siamosempre più confusi, sempre più convintiche tutto sia uguale a prima e identico adomani, tanto da restare completamenteinebetiti quando la vita ti chiede il conto.Presi all’improvviso mettiamo sulla bilanciadell’esistenza facendo un vero e propriominestrone di ciò che è, di ciò che potevaessere e di ciò che sarebbe stato, dimen-ticando che tutto ciò che siamo in realtà èl’unica possibilità che abbiamo a prescin-dere!Un po’ come le ciliegie, frutto quasi estivo,che arriva ti saluta e va via con una rapi-dità estrema riempiendoti con forza eabbondanza, si lascia afferrare, mordere,possedere. Quando credi di essere consa-pevole della sua pienezza ti lascia in boccaquella piacevole sensazione dell’ abbando-no, proprio quando hai la bocca piena tisfuggono. Proprio in quel momento ha ini-zio una nuova stagione che porta con senovità, condizioni, compromessi e l’inco-gnito di una vita proiettata verso l’infinitoinconsapevole dell’imprevisto….tuttocasuale, forse no, per fare una sintesi conun vecchio detto: ”Chiusa una porta sispalanca un portone”, l’unica variante èl’inconsapevolezza, bella, brutta o cosìcosì, non ha importanza bisogna andare eguai a fermarsi.Perché le ciliegie? Perché arrivano tramaggio e giugno con uno sprint e un calo-re che altri frutti non hanno, perché nonnascono ovunque ma ci vogliono condizio-

ni climatiche e del terrenoper coltivare e far cre-

scere un loro albero.Pur con tutte le dif-ficoltà possibiliche i Lucaniincontrano, inparticolare, esop ra t t u t t o ,nella zona delPollino dove lacoltivazione delciliegio sembra-

va impossibile.L’ostinazione che

contraddist inguequesto popolo ha reso

possibile la coltivazione diuna ciliegia che invece regala

tante soddisfazioni e accompagna i cittadi-ni verso un ulteriore riconoscimento in ter-mini di qualità. Tutto si compie in trentagiorni, tra produzione, raccolta e venditaperché il parallelo con l’esistenza umana,“quasi un fulmine a ciel sereno”!

Le ciliegie o meglio “Le Cerase” provenien-ti dal Mar Nero e dal Mar Caspio eranoampiamente diffuse nella Magna Grecia;ne troviamo, infatti, descrizione su alcunitesti di Teofrasto (IV sec. a.C.). Il procon-sole romano Lucullo, prima di abbandona-re il porto di Keracos diede ordine ai suoilegionari di portare a Roma il frutto chesubito diventò un prodotto di largo consu-mo, come risulta dagli scritti di Plinio ilvecchio, Varrone ed Apicio. Da allora, ipopoli latini le preferirono subito alle piùaspre amarene e trascurarono quasi deltutto queste ultime.È nel 1500 che la ciliegia conosce il suomassimo splendore in Europa. Fino agiungere anche in Basilicata, un po’ sututto il territorio, sulle zone impervie delParco del Pollino, dove proprio la qualitàdell’acqua e la consistenza del terrenoricco di minerali fanno sì che il prodottofinale sia unico nel suo genere. Le ciliegiehanno un largo consumo in cucina, infatti,oltre ad essere apprezzate in purezza,

sono alla base di marmellate, liquori, dolcima anche piatti a base di carne o formag-gi. Ho pensato di farvi un doppio regalo dan-dovi la ricetta della “Ratafia di ciliegie”, unvino liquoroso gustosissimo a base di cilie-gie e, a seguire, un piatto tipico del Pollinoche ha per protagonisti il nostro amatomaiale, re della cucina lucana e le ciliegie.Queste ricette le ho scovate sfogliando ilsecondo volume dell’Atlante Valicenti, ilnostro “Gastronauta Cibosofo”, il maestrotra i maestri in materia di piatti tipiciLucani.La “Ratafia di Ciliegie” è composta da vinorosso, alcool a 90°, zucchero, ciliegiedenocciolate messe a macerare per circa40 giorni in una zona soleggiata con ilvino. Dopo 40 giorni filtrate il composto efate sciogliere lo zucchero nell’alcool a90°. Amalgamate i due composti, aspetta-te che prendano sapore ed imbottigliate.

L’articolo è dedicato ad Antonello!

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La ricetta...“Maiale alle Ciliegie”

Ingredienti: Fettine di maialenon troppo spesse, ciliegie, rata-fia, olio extra vergine d’oliva, fari-na doppio zero, salvia, sale epepe qb.Procedimento: In una padella abordo alto versate dell’olio extravergine d’oliva e mettete sulfuoco. Passate le fettine di maialenella farina e quando l’olio inizia asfregolare mettetele in padellaper circa un minuto. Nel mentre visarete preoccupati di denocciola-re le ciliegie e di sminuzzarle.Proseguite girando la carne edintroducendo le ciliegie, lasciatecuocere. Sfumate con la ratafia,lasciate evaporare l’alcool, aggiu-state di sale e pepe, aggiungetela salvia e qualche ciliegia intera.Servite ben caldo. Questo è unpiatto che regala al palato ungusto e una pienezza fuori dalcomune. Lo so, non dovrei farlo,ma se volete provare e non avetela “ratafia” potete sostituire lastessa con dello Sherry. Non èproprio la stessa cosa ma si avvi-cina molto. Buon Gusto a Tutti!

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"Oh! – Esclamò - dove vai? Dov’ètua zia?". Scossi il capo.Tornammo a casa in silenzio. Lei

aprì la porta e zia Maria era lì: distesaaccanto al fuoco. Sembrava dormisse. Ilsuo viso continuava ad aleggiare davanti aimiei occhi come un profumo, ma lei piùnon era ed io ero un cucciolo in cerca di unpadrone, una luce che ha perduto la suastella guida. Prima che arrivasse la suaparentela, la mia famiglia, Anna mi rac-contò, col suo italiano perfetto, una storia.Zia Maria soffriva col cuore e le aveva fattogiurare che, a mali estremi, io avrei dovu-to sapere la sua verità. Ascoltai in trance.Mentre parlava, la odiavo, come odiavomia zia che se n’era andata e i miei chestavano arrivando. Mi sentivo tradito, chemai avrei immaginato. Tristezza e malinco-nia. Astio e angoscia. Tutto si colorava digrigio, tutto si scolorava. Delusione.Sconfitta. Onta subita. Onda anomala. Viasmarrita. Passavano i giorni, scorreva iltempo. Le ore centrifugavano tutto.Restavano due sentieri che portavano lon-tano, sempre più. La strada del tradimen-to e la via della slealtà. Carreggiate sco-mode, percorsi impervi, da percorrere insolitario. Che il tradimento porta alla tri-stezza e la slealtà porta al ribrezzo.Entrambi i percorsi erano stati battuti daimiei consanguinei ed io, ignaro, li avevoamati. Le monete argentate che avevotrovato nel granaio erano una sorta di

riscatto, per il sottoscritto, che zia Mariapagava alla sorella: mia madre. Mammache, in verità, mandando suo figlio a vive-re con la zia, cercava di colmare un vuotoesistenziale da lei stessa provocato.Rosario, suo marito e mio padre, di fatti,era un corteggiatore di zia Maria. Ne erainnamorato e, dopo aver fatto tutto quelloche due innamorati possono fare in fase dicorteggiamento, si era presentato alla suaporta per chiederla in sposa. Le fu impo-sta, però, la sorella maggiore. Rosarioavrebbe potuto rifiutare. Avrebbe dovutoscappare con Maria e poi prenderla in

moglie per riparare, ma non ebbe il corag-gio. Anche Giuseppina era un buon parti-to. Era meno avvenente, ma più portata aproseguire il lavoro paterno all'emporio.Maria, allora, era fuggita trovando esilio aSanza presso una vecchia poi defunta.Rosario, qualche anno dopo, era andatofino a Sanza per comprare del carbone eper incontrare Maria. Lei ne era stata feli-ce, ma, per rispetto di sua sorella, nonvolle neanche abbracciarlo. Rosario peròdoveva averla. Sarebbe restato a Sanzaqualche giorno. Era estate e dormiva sottouna carretta poco distante dalla casa della

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Arsenio D’AMATO

L’ARCONON TROVERAI

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cognata. Era una fissazione Maria e unanotte, prima di tornarsene a Viggiano,ubriaco, la seguì fin sulla montagna. Leiera ignara e, nel buio, tappandole labocca, lui la fece sua e scappò via. Senzarendersi conto, però, che non aveva vio-lentato Maria, ma la sua coinquilina Annache, da allora, quando pensa a quellasera, non riesce neppure a guardare ilMonte Cervati senza imprecare.Quando i miei arrivarono mio padre misussurrò: "È terribile!". "Sì, sì... ". Dissi afatica. "Anche se m’imbrogliava, e se liti-gavamo spesso, penso che mi mancherà

moltissimo. Dopo tutto, zia Maria, era unadonna molto interessante…". Una schifosainfedele, ecco cos'era! Aggiunsi con risen-timento, ma solo col pensiero. Dopo ilfunerale fui costretto a tornare a Viggiano.Feci finta di non sapere nulla, ma nonriuscivo a parlare con nessuno. Odiavo miamadre e ancor di più mio padre. Mi aveva-no venduto come un sacco di lavanda o unblocco di ghiaccio del Cervati. Quandoalzavo lo sguardo e me li vedevo davantimi mancava il respiro e non riuscivo a pro-ferir parola. Ero la strofa di una canzone incerca di musica. Il rancore mi attanagliava

e non riuscivo a perdonare nessuno. Ero inuna trappola della mente. Trappola che miera servita a nascondermi da me stesso, adimenticarmi di un problema che mi eraparso irrisolvibile, a fuggire dalla contrad-dizione. Tutto era falso nel mio pensiero,nelle mie emozioni, e nelle mie azioni ec’era una sola cosa che aveva senso fare:uscire dal nonsenso. Restava ancora unproblema. Per uscire dalla trappola dovevotornare alla contraddizione dalla quale eroscappato. Dovevo tornare a quello chenon avevo potuto risolvere. La sofferenza,però, mi dava più possibilità del nonsenso.La sofferenza mi motivava a superarla.Intravidi il mio futuro prossimo. Mi vestii infretta. Coprendomi di tutto ciò che avevoa disposizione. Sciarpa di un colore, cap-pello di un altro, cappotto preso alla rinfu-sa nell'armadio. A volte, ha scritto qualcu-no, ci si veste per coprirsi, altre per vestir-si. Io facevo parte certamente della primacategoria, abitudine congenita, l'eleganzaè di certo un valore, ma alla lunga diventaun lavoro. Salutai mio padre e mia madre,come se stessi per andare in America, maloro reagirono come se avessi dovuto rive-derli all’indomani. Corsi forte. Corsi velocein punta di piedi. Ero sotto la Montagna diViggiano. Se guardavo indietro, non sivedevano più le montagne da dove eropartito. Io, così, iniziai a pensare che apiedi si arriva nei posti. Veramente, passodopo passo si arriva! Non s'incontrava

CHARLIE CHAPLIN

BALENO TRISTEMAI ARCOBALENI SE GUARDI IN BASSO

Seconda Parte

Le vicende e gli eventi raccontati in questa storiasono di pura fantasia ed i riferimenti a personaggie realmente esistiti, o fatti veramente accaduti,hanno esclusiva funzione narrativa.

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anima viva. Solo il rumore dei passi segui-tava a scandire il percorso con tale mono-tonia, che vi si sentiva sotto l'oppressionedel silenzio. Poi qualche uccello, staccan-dosi dalla cima di un albero, sembravagettare un lieve strido d'impazienza, e pas-sava rapido nel sole. Tra podoliche e caval-li e pietre e prati non si vedeva la meta. Ilsole si divincolava dalle nuvole. Il soleusciva fuori, appena in tempo per colorar-mi di rosso. La salita spezzava le gambe.Un torello stava fermo sopra il cucuzzolo diuna piccola collina. Ci passai sotto e loosservai. Cosa ci faceva in quel posto?All'improvviso iniziò a correre in discesa epuntò su di me che stavo passando pro-prio lì sotto. Ebbi l'impressione che potes-se spezzarsi le gambe su una roccia tantodi corsa l'aveva presa. Invece andava giùche era una meraviglia e frenò quandoraggiunse il resto della mandria. Avevo ilcuore in gola, mi era passato a meno didue metri. Il sole era tramontato. Nonstavo più camminando, stavo scalando.Quando pensavo che forse sarei arrivatocon il buio, da dietro un masso uscì ilpaese! Che non sembrava Sanza perchéarrivavo dall'altra parte, dalle rocce, daidirupi. Ansimavo come se avessi trattenu-to il respiro sott’acqua. Arrivai a casa, giraiil vecchio campanello della porta nella suacornice di metallo vecchio stile, e poteiudire il suo gracidare sordo all'interno, lon-tano. La porta si spalancò quasi immedia-tamente verso l'interno, e Anna era là: icapelli pettinati indietro in un’unica treccia,gli occhi vivi, come se fossi arrivato persalvarla dalla solitudine, ma non era sola.Non sembrò, tuttavia, stupita. Mi feceentrare nello scantinato e appannò laporta. Non saprei dire chi ci fosse di sopra,ma credo fosse il nevaiolo… sgattaiolaronovia senza farmi capire, rimasi solo e me nerestai a dormire giù, nel seminterrato.Passarono un paio d’ore. Nemmeno iltempo di prendere sonno che tornò Anna.Mi aveva guardato, pallida, dall’uscio, e

aveva accennato un sorriso sottile, quasitimoroso, su quel suo viso infantile.Coraggiosa, ma abbastanza confusa. “Tiaspettavo sai?”- disse - Sembri un arcoba-leno triste". Sul momento mi sentivo quasioffeso da questa definizione, poi gli sorrisie gli risposi che aveva colto nel segno, e lamia biografia in fondo era rappresentatada quella breve definizione, calzante. Miprese sottobraccio e mi portò fuori. Percompensarla di tanta attesa, acconsentii afarmi condurre in un vicolo fra due caseappena fuori dal nostro vicoletto.Camminavamo in silenzio e intravedevo, inlontananza, una luce, un fuoco. Pensavoall'arcobaleno e alla sua splendida e mira-bile positività di luce e colore, poi, la tri-stezza? No, forse un attimo di malinconiache ogni tanto sorprende tutti a tradimen-to senza troppe motivazioni, o assunti psi-cologici, è così e basta. Girato l’angoloscorsi gli organetti, le zampogne e le cia-ramelle! Gli stessi invocati e cercati pertutta l’adolescenza arrivavano proprioquando avevo tirato i remi in barca.Attaccarono a suonare come mai avevosentito fare. Era notte fonda. Loro nonsapevano quello che mi era successo e sicatapultavano nella strada a suon di taran-telle e pastorali. Non si dormiva più. Eraappena iniziata la festa. Quella del miorimpatrio. Ero riapparso a Sanza, ma, gra-zie ad Anna, stavo per tornare dai miei.Con due parole e una strana storia quelladonna mi aveva fatto vedere quello chesolo un artista può intravedere in un bloc-co di marmo. Il concetto era il perdono edio, così, perdonai mia zia prima di tornarea casa. Quella notte Anna parlò a lungo.Mi raccontò una storia che io conoscevagià. Non sapevo in che modo, ma la cono-scevo. Apparteneva sia a me che a lei.Certe storie sono i nostri fiori, altre ilnostro pane e companatico. Quella storianon era né fiori né pane e companatico.Era qualcos'altro, una storia impossibile.Era la nostra eredità condivisa, un'eredità

maledetta. Mi chiesi in che epoca fosserovissuti gli uomini e le donne di cui stavaparlando Anna, e un istante prima che leifinisse la sua narrazione, mi resi conto chevivevano lì in quel momento. La loro esi-stenza era contemporanea a quella di ziaMaria e Anna. Una famiglia ombra in unadistesa di lavanda in fiore ombra con unblocco di ghiaccio ombra che pavimentavale loro vite e li costringeva a una coabita-zione forzata. Guardavo il blocco di ghiac-cio fra le mani di Anna e mi domandavo sei fiori degli altri, fiori ombra o no, fosserostati irrigati a dovere. C'erano secoli nelsuolo, c'erano ricordi fra i rami, c'eranocari scomparsi e c'era un viso che conti-nuava ad aleggiare davanti ai miei occhicome un profumo."Addio", disse Anna. "Addio", risposi.Erano tempi, quelli, in cui nessuno t’inse-gnava la vita, ma non c’era nulla da inven-tare che “Perdonarsi è scegliere di donarsiancora…”.

[Sembri un arcobaleno triste. Potrebbeessere la strofa di una canzone in cerca dimusica, di un cucciolo in cerca di unpadrone, di una luce che ha perduto la suastella guida, della pioggia che si accoppiacon l'erba e le foglie come un duetto d'a-more. Era giunta l’alba. Il sole usciva fuori,appena in tempo per colorare il mio trion-fo cromatico. Era tornato il sole: benvenu-to figliol prodigo, ti aspettavamo, nonripartire subito, ma se lo farai scrivi osbuca dalle nuvole a riscaldaci il cuore… Di Sanza e della lavanda s’è persa ognirimembranza. Restano solo i profumi di untempo ormai svanito. Da anni sono torna-to a Viggiano. All’ingresso del paese, oggi,il cartello recita: “Il paese di Maria”, inonore della Madonna nera che ogni anniporta centinaia di turisti nel santuario chesovrasta la valle. Ma qui il miracolo lo siaspettava un altro santo nero: l’oro chesgorga dalle viscere della terra].

O.S.T.: Lo scrittore - NOBRAINO

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LucanoAnno VIII numero 5/6

GLI ALLORIDELLO SPORTLUCANO

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Un progetto, Campioni senza Trucco,organizzato dalla FIGC (FederazioneItaliana Giuoco Calcio), dalla sua

Commissione Antidoping e dall’Unicef,quattro città italiane, Crema, Firenze,Pescara e Potenza, sei mila ragazzi delleprime classi degli Istituti Superiori per direno al doping.La tappa lucana, con il supporto dell’UfficioScolastico Regionale, di Rai Basilicata, ilPatrocinio del Comune, della Provincia diPotenza e della Regione Basilicata, allapresenza di istituzioni e testimonial, haproposto un messaggio forte, sintetizzabi-le nella frase usata in video da GabrielBatistuta: “Il tuo corpo non puoi buttarlovia!”Lo sport, infatti, stimola le intelligenze deipiù giovani, sviluppa la loro personalità, laloro coscienza civica nel rispetto delleregole, usando le parole del Prefetto delcapoluogo lucano, Rosaria Cicala. Quandoun giocatore scende in campo, proseguivail filmato con l’ex attaccante di Fiorentina eRoma, non pensa alla caviglia, al ginoc-chio. Vuol giocare a tutti i costi. Oggi lapriorità è competere in condizioni perfette,con un lavoro quotidiano che inizia dall’ali-mentazione e termina con i sacrifici degliallenamenti, secondo i valori universali diqualsiasi disciplina.Gli interventi sul calcio pulito del potentinoFrancesco Colonnese, sulla brillantezzadelle medaglie con lo schermidore AndreaBaldini, sull’impegno del campione mate-rano di kickboxing Giuseppe Di Cuia hannoribadito il leitmotiv della manifestazione.Possiamo e dobbiamo essere campionisenza trucco.Ma le insidie sono dietro l’angolo. Pasquale

Chi si dA Potenza sulla tutela

Lucano

sommariosommario

75 Chi si dopa perde sempre

A Potenza l’iniziativa della FIGC

76 Matera, il capolavoro

della promozione

78 Melfi, la cavalcata del drago

Gialloverde

82 Calcio a 5 Femminile

Real Stigliano promosso in A

80 RossoBlu Potenza

in serie D

84 Luis Vizzino

Il pescatore di talenti

Albina SODO

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opa perde semprel’iniziativa della FIGC della salute nelle scuole

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Tamburrino e Giuseppe Capua, dellaCommissione FIGC Antidoping, hanno rac-comandato i ragazzi su due punti: il dopingesclude gli atleti dalla società; rappresenta-no un rischio i prodotti su Internet e neinegozi non autorizzati.Un vero e proprio programma di studio peri Licei dello Sport, con Fausto Taverniti tra i

docenti, perché la competizione, le attivitàricreative, il gioco migliorano la salute delcorpo e della mente, come sancisce laConvenzione sui diritti dell’infanzia e dell’a-dolescenza citata durante il convegno daChiara Ricci dell’Unicef.Intanto, il Liceo Scientifico Pasolini, l’ITCNitti - Falcone, l’Itis Einstein e l’Istituto

Professionale per l’Ambiente di Potenzarealizzeranno un videoclip sul loro modo diintendere il doping, sull’etica sportiva. Ognicittà sarà rappresentata da una classe. Inpalio una giornata da vivere con i campio-ni della Nazionale, il CT azzurro CesarePrandelli e il Presidente della FIGC,Giancarlo Abete, a Coverciano.

Lucano

Foto di Aurelio Abbruzzese

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Domenica 4 maggio 2014 con la vitto-ria sul Manfredonia per tre reti a zeroil Matera ha conquistato la serie C in

uno stadio strapieno che ha fatto registra-re la presenza di 10mila tifosi. Un bel risul-tato che ha scritto una nuova importantepagina nella storia del calcio materano.Dopo 20 anni dall’ultimo campionatodisputato in C1 e a distanza di 23 anni dal-l’ultima promozione sul campo il Materacalcio di patron Saverio Columella ha potu-to fregiarsi in questa domenica di maggio(dal clima invernale) della promozione inLega Pro unica grazie ai gol siglati nelprimo tempo da Picci e Fernandez e nellaripresa da Letizia. Una partita sempre bengestita dai materani quella che si è dispu-

tata allo stadio XXI Settembre-FrancoSalerno davanti ad un tifo scatenato cheha incitato la squadra allenata da VincenzoCosco verso l’atteso traguardo della serieC. Al termine della gara è esplosa la festabiancoazzurra con i fuochi d’artificio, il girodi campo trionfale della squadra lungotutte le gradinate ed i tifosi in giro per lacittà con sciarpe, striscioni e bandiere.“Sono felice – ha detto Saverio Columella-per aver raggiunto questo risultato nel girodi due anni. Abbiamo anticipato di un annol’obiettivo temporale che ci eravamo datiper la Serie C. Ovviamente in serie C nonfaremo la comparsa. Dedico questa pro-mozione al giornalista Renato Carpentieri,che ha continuato a tifare dal cielo per noi”.

SPORT-ING

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I SIAMO! ECCO IL APOLAVORODEL

Giovanni MARTEMUCCI

CMATERA

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Quello matematicamente raggiuntodal Melfi il 13 aprile scorso, è statoun traguardo stratosferico e di gran-

dezza immane. Qualcosa di grandioso e diinsperato malgrado i tanti scettici di iniziostagione, quando pesavano le difficoltàeconomiche, la mancanza di uno sponsor,e si faticava persino ad iscrivere la squa-dra; quando si rese necessario il contribu-to di tutta la comunità, per mantenere ilnome della società A.S. Melfi Calcio S.r.l.

Dopo vent’anni alla guida della sua creatu-ra, Peppino Maglione e Company sonoriusciti a bissare la promozione fra i profes-sionisti ottenuta in quell’indimenticabile 4maggio 2003. Dopo 9 anni diInterregionale e, a distanza di ben 11 anniconsecutivi in Lega Pro, si sono ripetuti conun’altra, molto più prestigiosa, promozio-ne, che ha portato il Melfi sul punto piùalto della sua Storia: in C unica, in un tor-neo che, dal prossimo settembre, sostitui-

SPORT-ING

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LA CAVALCATADEL DRAGO GIALLOVERDE

Giuseppe A. RINALDI

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rà le attuali Lega Pro di Prima e SecondaDivisione. Ad un gradino dalla B. Fra i clubpiù blasonati d’Italia.Un traguardo, quello della permanenza,che già assegnava al Melfi il titolo di squa-dra più longeva della categoria in quanto apresenze consecutive, e che è divenutomatematico contro l’Ischia, in uno strepito-so giorno di festa, conclusosi poi con laGrande Festa organizzata del 4 maggio,ancora una volta.

La storia che si ripete dunque; nel giornodel ricordo più bello, viene scritta un’altrapagina memorabile di tutto il calcio lucano,che tanto stenta a raggiungere postazioniambite e che, fatta eccezione per il Melfi, èstato relegato da anni ormai su palcosce-nici di basso fondo. La cavalcata del Drago gialloverde, è inizia-ta fin da subito, dalle prime giornate dicalendario, con una roboante vittoria per4-0 ai danni del Gavorrano, bissata dallavittoria di misura sull’Aversa. Un inizio distagione col piede sull’acceleratore, che haportato il Melfi, già a fine settembre, intesta alla classifica.Un momento di buio e di fatica si è intravi-sto ed avvertito durante il primo mese delnuovo anno solare, in cui l’ambientenecessitava di una svolta chiara e di unoscossone deciso: fu allora che i gialloverdiriuscirono, con tenacia e determinazione -oltre che con le competenze di tecnico,staff e dirigenza tutta- a venirne fuori,incanalando un ruolino di marcia fuori casasenza dubbio impressionante dal punto divista dei risultati che, seppur stentavanoad arrivare fra le mura amiche, hanno resoancora più conscio un gruppo già sicurodelle proprie forze, sempre più convinto dimeritare questo tanto ambito quantosudato traguardo: “Abbiamo avuto unmomento di flessione e di sbandamento adinizio anno, ma siamo riusciti a venirnefuori alla grande, soprattutto grazie allaforza del gruppo e di questi ragazzi chesono stati fantastici. Tutti hanno dimostra-to di essere dei professionisti seri e delleottime persone, sia dentro che fuori dalcampo”- dice il presidente dei gialloverdi. È stato un campionato molto esaltantequello condotto dagli uomini alle redini dimister Bitetto: il clou lo si toccò nei mesi dimarzo e aprile, con la vittoria in casa per1-0 sul Messina, con gol di Marolda, venu-ta dopo il favoloso gol di Neglia a Teramoed il 2-0 di Martina firmato Tortori-Dermaku; vittorie rese ancor più fonda-mentali dall’ottimo “neal to neal” diCaserta, quando i campani festeggiarono

la matematica promozione in un Pintovestito a festa. Era domenica 6 aprile, enell’animo e negli occhi di tutti, coinvolti afine gara nei festeggiamenti casertani,c’era quella consapevolezza di essereanche loro ad un passo soltanto da queltraguardo storico che per tutta la comuni-tà di Melfi rappresentava un sogno. Quelsogno che appariva così sfocato e lontanoad inizio stagione, ma che si è concretizza-to ed assicurato, dopo tanti sforzi e sacrifi-ci, la domenica successiva, (era il 13/04ndr.) in casa, nell’indelebile vittoria per 1-0contro l’Ischia, e quel colpo di testa diDermaku, che rimarrà impresso nellamemoria e nei cuori di tutti gli appassiona-ti del Melfi. Fin da subito, in tutto l’ambiente si è venu-to ad innescare un meccanismo di grandeunione che, a lungo andare, si è conferma-ta essere la reale forza di questo Melfi cheha avuto nello spogliatoio la sua arma inpiù: “Il nostro segreto è stata l’umiltà, lospirito di sacrificio, gli stimoli e le motiva-zioni che, per centrare obbiettivi tantoimportanti ed ambiti come questo, conta-no molto più dei grandi nomi- proseguel’artefice di questo favoloso giocattolo-.Questa vittoria è la vittoria di tutti: di tuttala città di Melfi, che vuol farsi sentire alivello regionale e non solo, rialzando latesta nei confronti dei poteri forti e di chivuol far morire questo paese; e di tutta laLucania, che non ha più intenzione direstarsene lì a guardare e di soccomberedinnanzi alle ricchezze economiche di altreregioni, ma ha voglia e fiato per alzare lavoce e far sentire a tutta Italia che ci siamoanche noi, e che anche noi abbiamo lerisorse per riemergere”.Una bella firma, grande, a colori, è stataincisa su una pagina di Storia e di festa peril calcio melfitano e lucano. Una festa tantodesiderata e rincorsa durante tutto l’arcodei 9 mesi.Quella del Melfi è la Storia di una societàsana, di un grandissimo presidente, di unacomunità intera, e di quel Drago che nonvuol smettere di far sognare i propri tifosi.

79Lucano

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La conquista del campionato di serie Ddeve essere necessariamente interpre-tata come un'ennesima opportunità

per rinascere. Di rinascita, rifondazione omeglio ancora risalita se n'è già parlato alungo gli anni scorsi con risultati mai corri-spondenti alle aspettative. Il calcio aPotenza ha un'altra occasione per tornaread essere argomento di discussione nei bar,nei negozi di barbieri, per le strade e la

palla è in mano al Rossoblu Potenza.L'attuale società calcistica potentina sta cer-cando di tracciare le linee per un futuro chepresenti in primis basi solide da un punto divista societario organizzativo ed in secondoluogo a livello di direzione sportiva. Serveun tramite affidabile e navigato, che abbiacontatti con società di categoria superiorein grado di poter portare a Potenza unparco under degno di tal nome ed il primo

SPORT-ING

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RossoBlu Potenin serieD

Federico PELLEGRINO

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tassello essenziale nella costruzione di unarosa competitiva in D è quello degli junio-res. Parlando in maniera diretta, possiamoaffermare che a questa squadra ne servonouna decina, da gestire e scremare a cam-pionato in corso. Altro cruccio è quello cheriguarda gli over. Quanti giocatori espertiche verranno tagliati fuori dalla Lega Prosaranno liberi e disposti a scendere tra idilettanti? Molti. La riforma dei campionati

che, lo ricordiamo, vedrà la vecchia serie Cessere composta da tre gironi unici elimi-nando Prima e Seconda divisione.Attualmente i due giocatori più avvezzi adisputare un campionato nazionale sem-brano essere Jacopo Murano, capocanno-niere di quest'ultima stagione di Eccellenza,ed il capitano Peppe Lolaico. Da loro sipotrebbe ripartire costruendo attorno unarosa con almeno sette barra otto elementidi categoria che possano garantire espe-rienza e fisicità. Un discorso fattibile che,economicamente parlando, costerebbe alsodalizio rossoblù dai cinquecento milaeuro a salire. La nostra è chiaramente unastima approssimativa, soprattutto in un tor-neo le cui formule di iscrizione e le cuisquadre costruite per vincere ancora non siconoscono. È evidente però che per imba-stire una formazione che possa ben figura-re il budget iniziale da predisporre puòammontare a quello sopra indicato nellasperanza di non dover sbagliare le scelte e

di indovinare under in grado di fare la diffe-renza. Basta guardare il Marcianise, matri-cola neopromossa che, grazie ad un lavorocertosino, alla guida tecnica con acquistimirati e under di qualità è riuscita a tallona-re Matera, Turris e Taranto per la conquistafinale della Lega Pro. Un esempio lampan-te per chi può anche aspirare ad un cam-pionato quotato, non sbagliando le scelteed avendo una società che rispetti gli impe-gni presi. Il discorso sulla guida tecnicasembra essere legato a quello del direttoretecnico. Grignetti e Occhinegro hanno giàfatto capire a più riprese che prima di apri-re qualsiasi valzer attorno alla panchina ros-soblù c'è da sciogliere prima il nodo legatoalla direzione tecnica. Auguriamo buonafortuna ed un grosso in bocca al lupo a chiopererà per organizzare questo campiona-to di Interregionale targato 2014 – 2015con l'auspicio che Potenza possa svegliarsidavvero da un torpore lungo cinque lunghianni.

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za

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Quello che, calcisticamente parlando,sta andando in archivio, è stato unanno molto importante per il futsal in

rosa stiglianese. Difatti la squadra cara alpresidente Donatello Verre, dopo avermesso in bacheca la terza Coppa Italia difila, con largo anticipo ha anche conquista-to la massima serie nazionale. Una promo-zione in Serie A storica e che qualche annofa, quando nacque l’idea di mettere su una

squadra di calcio a 5 femminile, sembravaveramente impossibile. “Non ci crediamoancora –ci ha detto ancora emozionato ilpresidente Verre- è tutto troppo bello. E’tutto straordinario. È un sogno che si avve-ra”. Le stiglianesi però la storia l’avevanocominciata già a scrivere qualche anno fa,quando a Salandra battendo la FlaccoVenosa (28 dicembre 2011), conquistaronola prima Coppa Italia. Fu quella una stagio-

Calcio a 5 Femminile

Real Stigli nopromosso in

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Antonio CROGLIA

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ne importante, con Rasulo e compagneche si piazzarono al secondo posto allespalle del Cus. Dopo un anno arrivò anchela seconda Coppa Italia, nella finale gioca-ta a Senise, una gara molto bella e com-battuta, il Real Stigliano si impose di misu-ra sullo Sporting Venosa (5 a 4). Al termi-ne del campionato le stiglianesi si classifi-carono terze alle spalle della FST Rionero edello Sporting Venosa. Quest’anno la storiasi è ripetuta a Bernalda quando, in unpalazzetto gremito di tifosi, Gariuolo ecompagne in rimonta hanno avuto lameglio sul Real Marsico. Gara altrettantobella, combattuta e decisa ad un minutodalla sirena grazie alla rete di Gariuolo.Scritta la storia, le ragazze care al presi-dente Verre, hanno sfiorato l’impresadurante la fase nazionale della CoppaItalia. Ad Eboli, lo Stigliano, dopo aversuperato il primo turno è stato ad un passodalla semifinale; sogno sfumato solo aduna manciata di minuti dalla fine. Le ragaz-ze tornano ad essere protagoniste il 30marzo, giorno in cui la Serie A diventa real-tà. “Dopo tre anni ad altissimo livelloabbiamo chiuso un percorso eccezionalecon la promozione in Serie A - così com-menta questo strepitoso percorso Verre.Ringrazio tutte coloro che hanno indossato

questa maglia, ma anche tutti i tecnici chesi sono alternati in questi anni, perché cihanno permesso di raggiungere traguardiimpensabili”. L’avventura di questa squadraebbe inizio nel 2007. Verre non parla, giu-stamente, delle singole perché tutte hannodato qualcosa a questa società per rag-giungere traguardi importanti; ma il verosimbolo di questa squadra è JasmineRasulo. È grazie a lei che a Stigliano è natal’idea di mettere su una squadra di calcio a5, quando Verre la vide giocare a calcioinsieme a dei ragazzi in un cortile: ed è a

lei che chiediamo di raccontarci le emozio-ni: “Sono contenta – ci ha detto – sonoemozioni indescrivibili, ed è per questo chevoglio ringraziare tutti e tutte, anche se ungrazie particolare va soprattutto aDonatello (Verre), che ha sempre credutoin noi e ci ha permesso di vincere tanto. E’solo grazie a lui se questo sogno si è rea-lizzato”.Ma la storia non è finita, ci sono altre pagi-ne e pagine da scrivere. Sarà un campio-nato diverso, ma le emozioni saranno sem-pre le stesse.

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Èil sogno di ogni bambino: entrare inun campo di calcio con migliaia di per-sone che in coro dalla curva cantano il

tuo nome e ti incitano. E magari giocare evincere la Champions. È un sogno tantobello quanto difficile, perché dei tantissimiche affollano i settori giovanili pochi diven-tano giocatori professionisti. Una raritàquelli che arrivano in serie A o in serie B. Laselezione è spietata, il campo è giudiceinappellabile e il verdetto, spesso, non all'al-tezza dei propri sogni.Ne sa qualcosa Luis Vizzino, agente FIFA,lucano di Viggianello che, da qualche annoal setaccio dei campi della penisola in cercadi talenti da lanciare nel calcio dei grandi,ha visto molti ragazzi di belle speranze falli-re e pochi riuscire. Ecco allora che una marcia in più può arri-vare dall'agente di calciatori, un professio-

nista del calcio capace di tutelare il ragaz-zo, guidarne la crescita e favorire lo svi-luppo dei suoi lati positivi. La figura del-l'agente, come ci spiega lo stessoVizzino, cura e promuove i rapporti fraun calciatore e una società seguendoregole manageriali e ispirandosi ai prin-cipi della trasparenza. Il modernoagente, oltre alle conoscenze giuridi-che, deve possedere competenze dimarketing e sponsorizzazioni e averefacilità di relazione con gli organi e glistrumenti d'informazione. Un agente però non è certo garanzia disuccesso, perché in questa scalata allagloria le qualità che contano sonoquelle che mette il ragazzo (correrepiù degli altri, grinta, non mollaremai, spirito di sacrificio e voglia dimigliorarsi sempre) e quelle chemadre natura gli ha donato (tecni-

ca, intelligenza tattica, doti fisi-che).In Basilicata, nonostante lebuone qualità dei ragazzi appar-

Luis VizzinoIl pescatore di talentiViaggio nel mondo dei futuri campioni del pallone

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Giovanni GALLO

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tenenti ai settori giovanili, la carenza distrutture penalizza un po' l'approdo al calcioche conta. Tuttavia non mancano belle sor-prese che, sulla scia di Zaza del Sassuolo eSansone della Sampdoria, sperano un gior-no di spiccare il volo. E se non succedepazienza, il calcio è anche quello che sigioca nella categorie dilettantistiche sui ter-reni spelacchiati di periferia, dove nullavieta di fare un gol alla Messi bevendosimezza squadra avversaria ed essere felici.Perché il calcio è felicità, e questa è una enon è né di serie A né di serie B.

Vizzino, come si svolge il suo lavoronel mondo del calcio?Mi occupo dell’assistenza legale dei calcia-tori e delle società che rappresento, mentreil gruppo Scouting capeggiato dal Dott.Biagio Vigna è presente sui campi di giocoalla ricerca di nuovi talenti. I ragazzi checonsideriamo di prospettiva prendono partea raduni che organizziamo con la nostraAgenzia, la Vi&Vi Consulting, in collabora-zione con i settori giovanili di società profes-sionistiche.

Quando ha maturato l'idea di volerfare l'agente FIFA?Sin da piccolo ho avuto la passione per ilcalcio e sono stato sempre attratto dallevicende di calciomercato. Ricordo che nonmi fermavo mai alla lettura della notiziarelativa al trasferimento di un calciatore, macercavo di capire, per quanto mi era possi-bile, tutti gli aspetti inerenti le singole trat-tative. Coltivavo già il sogno di diventareprocuratore sportivo, era un qualcosa chemi sentivo dentro, tant’è che conseguita lalaurea in Giurisprudenza e ancora prima didiventare avvocato, acquisii il titolo diAgente Fifa, esattamente nel marzo 2010.

Come si scova un talento?È indispensabile visionare il ragazzo ritenu-

to interessante un bel po' di volte, cercaredi individuare i suoi margini di crescita eproiettare le sue capacità tecniche nellecategorie del calcio professionistico. Inoltre,è necessario non sottovalutare mai l'aspet-to caratteriale e la provenienza familiare, inquanto il più delle volte a fare la differenzasono la voglia di arrivare, l'umiltà e la dedi-zione al sacrificio.

Sappiamo che ha preso dei giovaniinteressanti del Milan. Oltre al mondorossonero, è in contatto con altresocietà di livello?Si sono legati al nostro gruppo due giovanipromesse militanti negli Allievi dell’A.c.Milan. Si tratta di Michele Spinelli e diFederico De Piano, entrambi classe 1998. Ilprimo è un difensore centrale, nazionaleUnder 16; le sue caratteristiche migliorisono l’esplosività, la velocità e il senso dellaposizione. Il secondo, capitano della sua squadra, è uncentrocampista moderno che gioca davantialla difesa, dotato di grande tecnica esoprattutto di intelligenza tattica. Sonopronto a scommettere su tutti e due i ragaz-zi perché sono consapevole della loro gran-de voglia di arrivare. Paragoni? Spinelli ha imezzi per diventare un top player assoluto,ma per scaramanzia preferisco non dire ilgiocatore a cui lo accomuno per tanti aspet-ti. De Piano, invece, è unico nel suo ruolo.È uno di quei giocatori che scarseggiano unpo' nel panorama calcistico mondiale. Miricorda tanto Pizarro. Un giocatore moltointeressante, tra l'altro già Nazionale, èMichele Ragone. Gioca nei GiovanissimiNazionali della Sampdoria. È solo un '99,ma si tratta di un difensore centrale davve-ro bravo, elegante e con grandi margini dimiglioramento. Ho poi rapporti con quasi tutte le società diprima fascia, ma non solo, in quanto gesti-sco parecchi calciatori in serie B e in Lega

Pro.

É vero che il procuratore di calciatori èun amico e un consigliere? Insomma,al rapporto professionale si affiancaanche quello umano?Dico sempre che il bravo procuratore devenon solo garantire un’adeguata assistenzatecnica al calciatore che rappresenta, maanche instaurare con lui un importante rap-porto umano, dimostrandogli la sua pre-senza soprattutto nei tanti momenti di diffi-coltà. Io, in genere, sento i miei ragazziquattro o cinque volte a settimana e il miotelefono è sempre acceso, anche di notte.

Ha pescato qualche talento inBasilicata? In Basilicata ci sono un bel po' di ragazziche, con il mio staff, stiamo tenendo sottoosservazione. Dei calciatori lucani che giàassisto, sono molto contento delle ottimeprestazioni di due giovani portieri:Domenico Robertone, classe '95, inEccellenza con l’AZ Picerno e FernandoPropato, classe '97, titolare della JunioresNazionale dell’Us Francavilla (serie D).

La situazione del calcio lucano. Cosadovrebbero migliorare, a suo avviso, inostri settori giovanili per sfornarequalche talento in più da consegnareal professionismo?I ragazzi potenzialmente validi ci sono, tut-tavia devo ammettere che la mancanza distrutture adeguate e idonee per la crescitadei giovani calciatori ci penalizza tantissimo.Il problema più grande è quello di individua-re dei talenti superiori da un punto di vistatecnico e fisico a quelli che le società pro-fessionistiche hanno già sul posto, e questonon è semplicissimo.

Per info: www.vieviconsulting.com

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