GiuliaViva anno III n.20 del 5 ottobre 2013

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Anno III numero 20 del 5 ottobre 2013 GiuliaViva è anche on-line su www.giuliaviva.it Quindicinale d’informazione giuliese distribuzione gratuita - tiratura 2500 copie copiagratuita Difendiamola La città si mobilita per salvare la Piccola Opera Charitas minacciata dai tagli della Regione art. a pag. 6 e 7

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GiuliaViva anno III n.20 del 5 ottobre 2013

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Anno III numero 20 del 5 ottobre 2013GiuliaViva è anche on-line su www.giuliaviva.it

Quindicinale d’informazione giuliese distribuzione gratuita - tiratura 2500 copie

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Difendiamola La città si mobilita per salvare la Piccola Opera Charitas minacciata dai tagli della Regione art. a pag. 6 e 7

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I

Istantanee giuliesi GiuliaViva anno III n.20 3

Su specifica richiesta del sindaco, sa-ranno tutti i comitati di quartiere, e non solo quelli interessati del Lido e dell’Annunziata, ad esprimere il loro parere sulla futura dislocazione della spiaggia per i cani. Dopo le infinite polemiche passate (quella fra sostenitori di “Unica beach” e promotori del comitato “Spiaggia libera Annunziata riservata solo alle persone” ne è solo l’ultimo esempio), il rischio è che lo scontro verbale finisca questa volta col superare i confini di quartiere, finendo col coinvolgere per intero la città. Non ce ne sarebbe davvero bisogno.

Oltre il confine

Sembra in difficoltà il coordinato-re dell’Ufficio di Staff del Sindaco. A novanta giorni dalla fine dell’an-no sono infatti più di 100 i comuni-cati stampa che ancora mancano a Sandro Galantini per eguagliare il risultato del 2012. Il titolare della “comunicazione di Palazzo” dovrà in pratica sfornare, per i prossimi tre mesi, almeno un comunicato al giorno, domenica e festivi com-presi, se vorrà ripetersi ai livelli dell’anno precedente. Un risultato senz’altro alla portata, anche se, dopo quattro anni a ritmi eleva-tissimi, il pur collaudato Galantini sembra manifestare qualche se-gno di cedimento.

Centrodestra, chi l’ha visto?L’argomento oltre che importante (la “ricognizione” delle partecipate comu-nali Julia Servizi, Julia Rete e Giulianova Patrimonio) faceva presagire un’oppo-sizione con il coltello fra i denti, ma a caratterizzare l’ultima seduta del con-siglio comunale è stato, al contrario, soprattutto il silenzio. Non fosse stato per gli interventi del con-sigliere Arboretti sulle criticità gestionali delle tre società, e del gruppo di Progresso Giuliese, la seduta sarebbe scivola-ta via senza colpo ferire: assente Antelli, in silen-zio Rota (uscito prima della votazione sul pun-to), e così pure Poliandri e Testardi (astenuti), Cameli e Di Carlo (entrambi immancabilmente a favore

Pillole di satira

Non sarà il gran rifiuto di celesti-niana memoria, ma la decisione dei sette dipendenti comunali del II° settore di rinunciare alla liquida-zione di quanto loro spettante per i progetti incentivanti 2012 un certo qual clamore lo ha comunque sol-levato. Frutto di una manifesta in-sofferenza per una situazione rite-nuta evidentemente insostenibile, la protesta ha gettato ulteriori om-bre sullo stato dei rapporti fra am-ministrazione e personale, renden-do inevitabile la ridda dei perché. Perché gli immancabili ritardi nel pagamento di somme ampiamen-te previste e concordate? Perché le denunciate disparità di trattamento fra settore e settore con poca atten-zione alla qualità del lavoro ed alla meritocrazia? Perché, soprattut-to, un sistema di ripartizione delle somme giudicato estraneo ai crite-ri di efficienza? Oltre che ad una pacifica conviven-za fra le diverse anime degli uffici comunali, dare rapidamente rispo-ste chiare ed esaurienti a simili do-mande gioverebbe, e parecchio, anche alla tanto decantata traspa-renza amministrativa.

Il gran rifiuto

della maggioranza). E la chiamano opposizione di centrodestra…

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Fatti ... 4 GiuliaViva anno III n.20

Vajont, attualità di una tragedia di Paolo Innocenti

Sarebbe bastato prestare attenzione al nome della montagna, a quel nomi-gnolo, “Toc” che in lingua ladina signifi-ca “marcio”. O sarebbe stato sufficiente tenere nella dovuta considerazione gli innumerevoli avvertimenti che geolo-gi ed ingegneri lanciarono a più riprese sulla pericolosità del progetto, vista la struttura del territorio, particolarmen-te franoso. Ma non vi fu nulla da fare. A prevalere fu la logica dello sviluppo energetico ad ogni costo, la corsa a quei 24milioni di kw/h ricavabili dallo sfruttamento dell’enorme massa d’ac-qua che l’invaso avrebbe contenuto.Ma quando la diga del Vajont (un co-losso di oltre 260 metri di altezza e quasi 170 milioni di metri cubi di ca-pacità che avrebbe dovuto garantire la fornitura di energia alla città di Venezia ed all’intero Triveneto) venne comple-tata nel 1959 e cominciarono le prove di riempimento, iniziò anche l’inquie-

tante stillicidio dei dissesti geologici: smottamenti, fra-ne, fratture del terreno si sus-seguirono pressoché senza interruzione per tutti i mesi successivi. Così, quando alle 22.39 del 9 ottobre 1963 il monte Toc tenne fede al suo nome, sganciando a valle 270 milioni di metri cubi di roccia, non si trattò certamente di un fatto inatteso. L’onda di piena, alta più di cento me-tri, risalì da una parte la val-lata del Vajont, cancellando

le porzioni degli abitati di Erto e Casso limitrofe all’invaso. Dall’altra tracimò il bordo della diga, riversandosi nella sot-tostante vallata del Piave e spazzando via quasi completamente, ad una velocità superiore ai 100 km/h, l’intera cittadina di Longarone. La drammatica contabilità di quei pochi secondi di furia parla uffi-cialmente di 1918 vittime, ma una stima ritenuta attendibile fissa il numero oltre le duemila unità, in maggioranza non identificate.Nel discorso di fine anno di quel sangui-noso 1963, l’allora Presidente della Repubblica, Antonio Segni, ebbe modo di parlare di “sventura”, e mai termine fu tanto inappropriato. La tragedia del Vajont non fu una sventura, inaspettata e sfortunata, come anche le successive vicende giudiziarie ebbero modo di prova-re, sia pure parzialmente. Fu il pri-mo disastro annunciato della storia

italiana recente, costellata da una miria-de di episodi drammatici riconducibili ad un unico denominatore comune: la prevedibilità. Incuria e superficialità, ma anche interessi, e malaffare hanno fatto sì che quelle “sventure”, acuite se non di-rettamente provocate da un crescente ed irresponsabile assalto al territorio, divenissero una costante della vita civile nazionale. Da Genova alla Val di Stava, dalla Valtel-lina a Sarno, passando per il Piemonte, Messina, la Maremma grossetana, le Cin-que Terre e una miriade di altre tragedie dalle quali pressoché nessuna area geo-grafica è rimasta immune, l’Italia è stata attraversata negli anni da una luttuosa processione di calamità soltanto in par-te “naturali”. L’aggettivo “annunciato” è divenuto, a ragione, il più utilizzato nelle cronache, senza però che questo servis-se ad invertire la tendenza, a perseguire la sostenibilità dello sviluppo, a far cre-scere quel rispetto del territorio senza il quale la lunga teoria dei lutti e dei disa-stri non potrà avere fine. Cinquantanni dopo, la tragedia del Vajont è ancora lì a ricordarcelo: speriamo non inutilmente.

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... in primo piano GiuliaViva anno III n.20 5

La Distilleria del Sapere di Irene Lattanzi

Erano tanti a temere una fine ingloriosa per l’antico Confettificio Orsini poiché l’af-fetto che da sempre ha legato la città alla famiglia Orsini, la loro storia fatta di lavoro, rispetto e stima, sono valori che non tutti i giuliesi erano disposti a perdere. Invece, il cambiamento di proprietà della struttura è stato un gran colpo di fortuna per la città e per il dottor D’Eugenio, la realizzazione concreta dei suoi pensieri. Da qui l’idea di trasformare l’antica “Distil-leria di liquori” in “Distilleria del sapere”, dove la parola sapere, assume un signifi-cato molto ampio e concreto. D’ Eugenio è un padre di famiglia preoccupato dai troppi giovani che ciondolano per le vie del paese stufi e annoiati, senza sapere cosa fare e, tantomeno, dove farlo; certo i tempi sono difficili, la crisi c’è e si stenta a vederne una schiarita, ma tutto questo non lo ferma, anzi... Non si sente un be-nefattore dell’umanità, ma sicuramente nelle sue intenzioni c’è tutto il carico della sua esperienza e la ferma volontà di fare la sua parte per il bene comune, dando il suo contributo alla formazione dei fu-turi cittadini. La stessa passione, cura e

attenzione sta dedicando alla ristrutturazione, il più possibile fedele, dei locali precedentemente destinati all’attività dell’antica fabbri-ca. D’Eugenio racconta con emozione, che, al momento dell’acquisto, nei locali no-nostante la polvere, si aveva la sensazione che gli operai e gli impiegati fossero appe-

na usciti dall’ultimo turno di lavoro: sulle scrivanie le penne erano poggiate come se avessero appena finito di registrare l’ul-timo ordine d’acquisto. Solo il calendario, fermo ad un mese di un anno preciso, rac-contava il tempo passato così come la pol-vere sui macchinari dei diversi laboratori. Sulla base dell’iniziale emozione il cervello si è messo in moto: dove il passato era così presente non si poteva perdere l’occasio-ne di raccontarlo, valorizzarlo e metterlo a servizio della comunità trasformandolo in proposte culturali. I lavori fatti con metico-losità certosina, sono ancora in corso, tutti i macchinari e le attrezzature trovate in loco sono in fase di pulitura e restauro, peccato siano andati perse le “bettelle” che erano un po’ il simbolo del confettificio. A D’Eugenio va riconosciuto il grande merito di aver spulciato e letto tutta la do-cumentazione trovata negli uffici, di aver ascoltato i racconti commossi dei vecchi operai e impiegati; questo gli ha permes-so di conoscere non solo il tipo di lavoro, l’attività che qui si svolgeva, ma la storia della famiglia Orsini, una storia così radi-cata e di valore per la città, una storia che

non può e non deve andare persa.Intanto che i lavori procedono, D’Eugenio si sta mettendo in contatto con le scuole e non solo per comprendere le esigenze, le proposte, i possibili utilizzi per creare spazi il più possibile consoni alla realizza-zione di attività o eventi culturali. C’è già una prima collaborazione con l’Istituto Alberghiero “Crocetti” per la co-struzione e realizzazione di un progetto: quando si dice guardare avanti, pensare e concretizzare le proprie idee per il bene comune, gli incontri sono inevitabili. D’Eugenio non è giuliese ma vive qui da circa trent’anni e soprattutto ama questa città e ne riconosce la bellezza e le poten-zialità “potrebbe essere una piccola Mon-tecarlo” dice con passione, “anzi di più, ba-sta rivolgere dal mare lo sguardo verso la collina e scoprire le montagne, le cime del Gran Sasso quasi da toccare. È una mera-viglia che non tutti possono permettersi”. Un plauso e grande stima dunque a D’Eu-genio che ama e apprezza questa città e vorrebbe vederla viva di un turismo di qualità per dodici mesi l’anno, anzi come dice lui, tenendo conto delle potenzialità “per ventiquattro mesi”.

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La Piccola Opera Charitas va difesa e sostenuta

6 GiuliaViva anno III n.20 Parliamone

Negli anni sessanta, padre Serafino Colangeli rese concreto il suo de-siderio di servizio agli umili attra-verso la fondazione della Piccola Opera Charitas, luogo di accoglien-za e ospitalità nel nome dell’amore cristiano. Contraria alla cultura del rifiuto, la Piccola Opera Charitas è diventata negli anni un “piccolo pa-ese nel paese”.La difficoltà nella quale viene oggi a trovarsi e contro la quale Giulia-nova tutta non può non mobili-tarsi, ha origine dal decreto n. 51 del 5 luglio 2013 del commissario ad acta Gianni Chiodi, Presidente della Regione Abruzzo. Con esso si stabiliscono tagli al budget da as-segnare e si affaccia l’eventualità di richiedere quote di compartecipa-zione alle famiglie dei disabili. La Piccola Opera si troverebbe così

a dover dimettere i pazienti non in grado di pagare la retta e a licenzia-re parte dei suoi operatori.Dice il comitato familiari ragazzi Piccola Opera Charitas: “sono pa-zienti giovani, del tutto incapaci di gestione nelle proprie autono-mie personali, gravemente insuf-ficienti a livello mentale, con note autolesionistiche che, secondo le U.V.M., dopo un anno di riabilita-zione estensiva dovrebbero andare in una R.A.D.A., struttura ideata per accogliere pazienti adulti con delle abilità residue. È giusto che, dopo aver appena iniziato a recuperare le autonomie personali che prima non avevano, debbano essere improv-visamente trasferiti in una struttura dove i requisiti organizzativi del per-sonale sono talmente minimi che è impossibile mantenere quelle pri-

me autonomie recuperate? Non si può non tener conto delle difficoltà supplementari che si vanno a creare a carico di persone fragili e sfortu-nate che già hanno avuto poco dal-la vita: così si rischia che anche quel poco di buono che sono riusciti, con enormi difficoltà, a recuperare ven-ga loro tolto”. Crediamo si debba riflettere sulla peculiarità della splendida realtà della Piccola Opera Charitas che è nata negli anni ’60 per volontà del francescano Padre Serafino Colan-geli per occuparsi della fanciullezza abbandonata, appartenente a qual-siasi categoria sociale. La Piccola Opera a Giulianova è diventata nel corso del tempo una realtà com-plessa che oggi si concretizza nell’I-stituto di riabilitazione per l’assi-stenza ed il recupero delle persone diversamente abili; nella biblioteca “P. Serafino Colangeli” e nella “Sala Trevisan” (due strutture aperte al pubblico, che raccolgono ogni anno molte visite da parte di studiosi di ogni genere); nella Mensa dei pove-ri gestita dalla POC e da un nutrito gruppo di volontari; nella moderna struttura di Villa Volpe di Collerane-sco e nella Casa famiglia di Chieti.In questo “paese nel paese” non ci si occupa solo della salute ma anche di consentire agli sfortunati ospiti

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La Piccola Opera Charitas va difesa e sostenuta

GiuliaViva anno III n.20 7di Franco Arboretti

una vita dignitosa in un contesto adeguato, anche a chi è affetto da disabilità gravi cronicizzate. Nel mondo della Piccola Opera Charitas accanto all’assistenza sanitaria e so-ciale c’è l’attività volta al recupero; quella all’avviamento al lavoro (i la-boratori in cui si insegna a produrre ceramiche artistiche etc.); c’è quella culturale con la biblioteca e la sala espositiva. Qui anche agli ultimi, ai più bisognosi viene offerta l’oppor-tunità di un’esistenza decorosa in un’atmosfera piena di umanità.Va evidenziato che nella Piccola Opera Charitas vivono 200 ospiti di cui 100 interni e 100 seminterni. Ad essi si dedicano 140 lavoratori con professionalità diverse. I tagli dei finanziamenti che sono stati an-nunciati si trasformerebbero in una riduzione cospicua delle risorse a disposizione e il mondo della Pic-cola Opera verrebbe notevolmente ridimensionato con pesanti ricadu-te sull’assistenza e sull’occupazione. Ora la riflessione da fare è la seguente:Il Presidente Chiodi dice lo Stato ha ridotto di 50 milioni i trasferimen-ti all’Abruzzo e quindi è costretto a procedere con i tagli.Ma:• Alla luce del disastro finanziario a cui è stata condotta la sanità abruz-zese tra il 2000 ed il 2008 dai gover-

ni regionali sia di centro-destra che di centro-sinistra quando il debito nella sanità, in Abruzzo, è passato da 543 milioni a 2 miliardi e 492 mi-lioni a causa dello sperpero e, pare, di sanitopoli. • Considerato che proprio per que-sto la Regione Abruzzo è stata commissariata dal governo e che i cittadini abruzzesi stanno pagan-do da anni sulla loro pelle le con-seguenze dei drastici rimedi per rientrare nei conti.• In un’Italia dove l’evasione toglie 130 miliardi alle risorse pubbliche dello Stato, la corruzione circa 70 miliardi e dove stime attendibili parlano di 400 miliardi complessivi sottratti al bilancio dello stato con l’illegalità. • In un Paese dove tutto questo ha comportato già un crollo del 22% della spesa sanitaria pubblica e del 6% della spesa per la Protezione sociale 2011 rispetto agli altri Paesi

europei e che relegano la spesa per la sanità pubblica italiana tra le più basse d’Europa.Come si fa in un contesto simile che sta già generando disagio dif-fuso nella popolazione colpire an-cora e per giunta i più deboli ed i più bisognosi?Contestiamo fortemente che il ri-sanamento della Regione Abruz-zo debba passare attraverso i tagli dell’assistenza ai più deboli e ai più bisognosi, tagli sulla pelle di chi già vive molto spesso situazioni esi-stenziali drammatiche e comples-se. Le persone non sono numeri e i politici ricordino sempre che la politica è la forma più alta di carità.Riteniamo che nessuno a Giuliano-va e in Abruzzo possa ignorare l’im-portante e imprescindibile valenza sociale della Piccola Opera Charitas e che nessuno possa accettare che essa vada in sofferenza o verso una sorte addirittura peggiore.

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8 GiuliaViva anno III n.20

Gianpiero D’Angelo, presidente di Giulianova Futura, com’è nata l’idea di costituire quest’associazione?L’idea è nata da alcune serate in com-pagnia di amici, tra una pizza e un bicchiere, abbiamo pensato che Giu-lianova aveva la necessità di trovare una voce nelle giuste sedi, anche solo per relazionarci con l’amministrazione. Visto che da privati era difficile, abbia-mo deciso di unirci e fare voce unica.Quella di questa sera è una bella e riuscita iniziativa all’insegna della solidarietà. Come è nata l’idea?Lo spunto è stata la nascita di quest’as-sociazione. Raffaele Di Marcello aveva trovato le porte chiuse un po’ ovunque per le altalene per disabili. Aveva por-tato all’attenzione questo problema: in effetti, tendiamo a vedere i disabili solo come adulti e non capiamo quali sono le reali esigenze dei bambini. Abbiamo accettato la proposta di Raffaele e que-sto primo evento ci fa piacere dedicarlo

Qualche domanda a

Gianpiero D’Angelo di Pietro Carrozzieri

a quest’idea.Quali sono gli scopi alla base della vostra as-sociazione, e quali iniziative avete in pro-gramma per il futuro?Gli scopi sono sia quelli socia-li che culturali. Fare gruppo e,

come dice la vostra testata, cercare di mantenere viva la nostra città, cercare di non farla morire sotto i colpi di que-sta crisi. Un altro obiettivo è quello di dare ai ragazzi, che la notte vanno a ballare, un bus gratuito per raggiunge-re le discoteche in massima sicurezza. Insieme alla Polizia Stradale, presente stasera, vorrei portare avanti questo progetto, perché non sono più accetta-bili le morti del sabato sera. Crediamo fortemente su questo obiettivo.Non può non notarsi la presenza nella vostra as-sociazione di esponenti politi-ci. Cosa vuol dire questo?La nostra associa-zione non è poli-tica, chiunque si può avvicinare a noi, le porte sono aperte a tutti, sen-

za problemi.Come proprietario di questa strut-tura, il Molikè, cos’ha in programma per il futuro?Lavoriamo a Giulianova dal 2004, pur con tutti i problemi che ci sono stati per farla partire. Era una cosa nuova, qualcuno l’ha vista forse con gli occhi sbagliati. Noi invece ci abbiamo cre-duto, perché è la nostra vita e il nostro futuro. Qui ci sono i sacrifici di tre ge-nerazioni di persone che lavorano a Giulianova da 50 anni. Da parte di GiuliaViva un doppio in bocca al lupo, per questa struttura e per l’associazione.In questi giorni abbiamo anche senti-to altre associazioni, gli Amicacci sono entusiasti di quanto vogliamo propor-re e siamo molto fiduciosi di far bene.

sul sito www.giuliaviva.it il video dell’ intervista

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La pagina della cultura GiuliaViva anno III n.20 9

“Una vita breve” di Grazia Romani di Carla Tarquini

E’ stato presentato il 20 lu-glio scorso, presso il Museo d’Arte dello Splendore a Giulianova Paese, il volume di Grazia Romani, ”Una vita breve”, editore Gaspari di Udine. Un’affascinante rico-struzione della vita, del pen-siero e della partecipazione alla Grande Guerra di un eroe abruzzese, Giorgio Ro-mani, originario di Torricella Sicura (Te).Nonno paterno dell’autrice, brillante avvocato del Foro teramano, avviato ad un futuro professionale di sicuro successo, Giorgio Romani (1884-1917) fu un ferven-te interventista e in questa veste partecipò attivamente, anche attraverso il volume “La guerra liberatrice” e numerosi articoli pubblicati sui giornali locali, a diffondere un pensiero che aveva in Italia molti op-positori. Coerente con le sue convinzioni, allorché l’Italia entrò in guerra - era il 24 maggio 1915 - Giorgio Romani fu tra i primi a par-tire come volontario e combatté in prima linea, dapprima a Col di Lana e sulla Cro-da d’Ancona a quota 2056 e poi, dopo la ritirata di Caporetto, sulla linea del Piave. E qui, sul Monfenera, guidando all’assalto un reparto di soldati rimasti senza ufficiali, il 22 novembre 1917 perse la vita e il suo corpo non fu mai identificato. Lasciava una giovane bellissima moglie e due figli, Ales-sio e Angelo, rispettivamente di cinque e tre anni. A Teramo furono molte le mani-

festazioni di lutto e alla giovane vedova Margherita Amalia Ciafardoni e ai suoi figli giunsero molte lettere e attestazioni di affetto e di cordo-glio da parte dei su-periori e commilitoni del tenente Giorgio Romani e da parte di tanti che avevano avuto l’occasione di apprezzare le sue doti umane e professio-nali. Sono queste le

memorie e testimonianze che, conserva-te gelosamente in casa Romani, hanno dato l’avvio alla ricostruzione che Grazia Romani fa del pensiero e della figura del nonno Giorgio. Le ragioni che spingono Grazia ad inda-gare, sono varie e tra queste, quella di ca-pire “quanto irrefrenabile” fosse nel non-no la spinta al sacrificio in nome del suo “ideale” ma anche quella di comprendere il perché di certi atteggiamenti e di un certo modo di essere di suo padre. Una figura fondamentale nella formazione umana e sentimentale dell’autrice.Dalla ricostruzione emerge netta la figura di un uomo dai grandi ideali e dalle grandi passioni che ama la patria così ardente-mente da sacrificare per essa la carriera, gli agi di una vita borghese, gli affetti familiari e la sua stessa esistenza. Ed è

un ardore che rimane intatto anche nei mesi duri e dolorosi della vita di trincea a Col di Lana e sulla Croda d’Ancona e anche dopo la disfatta di Caporetto, quando l’esercito italiano si attesta sul Piave per un’ultima stre-nua difesa. Ce lo testimoniano le lettere che Giorgio Romani invia dal fronte alla moglie Margherita. Molto diverse da quelle serene e rassicuranti scritte in precedenza, ora le lette-re del tenente Romani confidano alla moglie Margherita le sue preoccupazioni per “le sor-ti della Patria” ed esprimono con forza il suo sdegno per i “nemici di dentro e di fuori e ... i dirigenti insipienti e senza scrupoli”.Ma la sua umanità e il suo amore per l’Italia non vengono meno e gli dettano le nobili parole delle cinque brevi lettere datate 12 novembre 1917. Nell’ultima di esse, certa-mente la più bella, Giorgio Romani scrive: “Ho dovuto abbandonare il fronte conquistato con tanto sangue, per correre ad arginare in seconda linea l’invasione nemica. Straziante è l’esodo delle povere famiglie che fuggono impazzite. Il suolo della patria è profanato in tutti i modi. Guai ai colpevoli! .. Il dolore è immenso ma il dovere diventa sempre più sacro. Difenderemo la patria, i restanti nostri focolari. Ti bacio”. Dieci giorni dopo la signora Margherita Cia-fardoni apprende la notizia della morte di suo marito dal comandante del Reggimen-

to, colonnello Mariotti. Era il 22 novembre 1917. Giorgio Romani aveva 33 anni. Successivamente, il 16 agosto 1918 fu insigni-to di Medaglia d’Argento al valore militare.

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Sacro GRA e l’essenza della vita di Antonio D’Eugenio

Interferenze visive

La scorsa edizione del-la Mostra del Cinema di Venezia, arrivata a quota 70, ha conferito la statuetta del Leo-ne d’Oro a Sacro Gra, il documentario di Gianfranco Rosi inte-ramente ambientato nel Grande Raccordo Anulare, la più este-sa autostrada urbana d’Italia, da qui il nome GRA. Il regista ha fatto suo, per la realizzazione del film, un progetto altrui, precisamente del paesaggista Nicolò Bassetti, che prevede un libro, scritto dallo stesso Bassetti e corredato da foto curate da Massimo Vitali, che uscirà in autunno edito da Quodlibet, un sito web e una mostra. Ma questo film ha anche il merito di essere stato il primo documentario italiano in Con-corso ad aver vinto l’ambito premio del Leone d’Oro. Rosi ha percorso tutti i 70 km del Rac-cordo con il suo mini-van, impiegan-do oltre due anni tra esplorazioni e riprese ed ha conosciuto un mondo del tutto diverso rispetto a quello a cui sono abituati gli automobilisti che ogni giorno percorrono il famoso trat-to stradale. Ciononostante l’incontro con le per-sone che vivono ai margini della stra-

da capitolina dischiude una realtà che può essere attri-buita a quella di qualunque altra perife-ria italiana. C’è un nobile p i e m o n t e s e decaduto che vive in un mo-nolocale di un moderno con-dominio, cir-condato non solo dal traffi-

co stradale ma anche da quello aereo, con la figlia, studentessa universitaria, il botanico che, munito di sonde, ogni giorno lotta contro i parassiti divora-tori di palme. E poi, un pescatore di anguille che vive su una zattera ancorata lungo il Tevere, un attore di fotoromanzi che proviene da un passato in cui la fama era tutto e sa posare davanti all’obiettivo fotografico, ma non sa coniugare i verbi, un infermiere che passa le notti sull’autoambulanza del 118, un principe che fuma conti-nuamente il suo sigaro e vive in un castello proprio in corrispondenza di una delle uscite dell’autostrada e alcune prostitute che abitano dentro un camper e ascoltano le canzoni di Gianna Nannini.

Un lavoro senz’altro originale che ha come unico scopo quello di far cono-scere ed apprezzare la vita della gente che si trova ai limiti della società. Il regista romano riprende scorci di vita quotidiana e li alterna con le immagi-ni di un paesaggio a tratti desolante, il suo obiettivo è neutrale ma anche par-tecipe delle storie che racconta, i suoi personaggi rimangono così in bilico tra realtà e finzione. La durezza della strada, con le mac-chine che causano incidenti e vitti-me, si scontra con i sentimenti auten-tici dei protagonisti, di volta in volta animati da tenerezza, speranza, fidu-cia nel futuro e ricordi dei bei tempi andati. Questa è l’essenza della vita, la scoperta del reale intorno a noi e Rosi riesce, ancora una volta, a stupi-re come aveva già fatto nel 2008 con Below sea level, un reportage, dura-to quattro anni, su una comunità di emarginati americani e nel 2010 con El sicario, film-intervista a un ex killer del narcotraffico. I suoi documentari attraggono e sconcertano e proprio nell’incontro degli opposti rivelano tutta la loro bellezza.

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Dove Cosa Quando GiuliaViva anno III n.20 11

Prime visioni di Stefania Sacchini

Pubblica utilitàFarmacie di turno

30/6 ottobre Farmacia Marcelli7/13 ottobre Farmacia Ielo14/20 ottobre Farmacia Del LeoneGuardia Medica festiva e di urgenza Tel.: 085.8020362Ospedale Civile Via Gramsci 085.80201Pronto Soccorso 085.8020238 085.8020366118 085.8020442 / 085.8020373Croce Rossa Via Simoncini, 41/A 085.8007733Consultorio Familiare Via Ospizio Marino 085.8020816Polizia Veterinaria Pronto Intervento 085.8020818 (08.00-20.00)

Concerti mostre ed eventi

Cattivissimo me 2L’ex super cattivo Gru viene assoldato da una squadra di incredibili spie con la missione di sconfiggere una nuova minaccia: Eduardo, ovvero El Macho. Questo genio del male spagnolo ha intenzione di rapire i minion per trasformarli in terribili macchine da guerra viola per dominare il mondo. Ad aiutarlo nell’impresa ci saranno, ancora una volta, le sue tre figlie. Cattivissimo me 2 è il seguito del fortunato film di animazione diretto da Pierre Coffin e Chris Renaud, è prodotto dalla Illumination Entertainment di Chris Meledandri ed è doppiato in originale da Steve Carell, Kristen Wiig, Benjamin Bratt, Miranda Cosgrove, Dana Gaie, El-sie Kate Fisher, Russell Brand, Steve Coogan, Ken Jeong, Moises Arias, Nasim Pedrad, Kristen Schaal, Pierre Coffin, Chris Renaud. In programmazione dal 10 ottobre.

La filastrocca non si tocca

Videro e credettero a Giulianova

Si rinnova l’appuntamento a Giulianova Paese in Via Migliori 82 con l’Oktoberfest all’American Bar. Venerdi 4 e sabato 5 ottobre birra cibo e musica dal vivo.

A Giulianova Lido nella Chiesa di S. Pietro Apostolo in via Marco-ni 60, sino al 8 ottobre la mostra “Videro e credettero”. Tutti i gior-ni con orario 9-12; 19.15-20.30; 21-22. Visite guidate prenotabili anche in altri orari per gruppi e scolaresche, ingresso libero. Info e prenotazioni 348.8422873.

Oktoberfest all’American Bar

Titolo: La filastrocca non si toccaAutore: Giuseppe LiscianiCasa editrice: GallucciPagine: 88 prezzo € 9,90

“Versi in rima pronun-ciati tra animali dialo-ganti tra loro e perso-nalmente con l’autore” e ciò che ci regala Giu-seppe Lisciani - inse-gnante, autore e inven-tore di giochi e favole per bambini - con il li-bro “ La filastrocca non

si tocca”. Presentata come un soggetto vivente, scritta in punta di penna, amabil-mente illustrata dai disegni belli e colorati di Manola Caprini, la filastrocca lunga o breve che sia viene declinata da Giuseppe Lisciani in innumerevoli forme...così tra un gufo frettoloso, un topo matto, un insetto lesto ed un immobile gatto nero si sorride tanto, ma si riflette anche un po’. Perché la filastrocca, si sa, è consigliata a tutti dai 7 ai 99 anni.

35a Rassegna dei cuochi

A Villa Santa Maria la 35a edizione si terrà dall’11 al 14 ottobre 2013. Nel centro sto-rico del paese vengono alle-stite isole gastronomiche per la degustazione di prodotti tipici. Inoltre, convegni ed appuntamenti vari

L’Officina l’Arte e i Mestieri VENERDI’ 18 OTTOBRE CON! CERTI LIVE PEPPE MARAZZITA ore 22,30

Il circolo “Il Nome della Rosa”Sabato 5 ottobre ORE 09,30/12,30

SEMINARIO “EUROPA CREATIVA: PREPARARSI PER IL 2014”Sabato 5 ottobre ORE 21,30VERNISSAGE “VISIONI & PULSIONI””

Venerdì 11 ottobre ORE 21,30SAGGISTICA “SOPRAVVIVERE NELLA RUSSIA DI STALIN E DI PUTIN”

Domenica 13 ottobre ORE 18,00FILOSOFIA“EUGEN DREWERMANN INTERPRETE DI KIERKEGAARD”

Venerdì 18 ottobre ORE 21,30SAGGISTICA “NOLA, CRONACA DELL’ECCIDIO”

Sabato 19 ottobre ORE 21,30TEATRO “L’INFERNO MAI VISTO”

Claudio Baglioni a Pescara

Il 15 Ottobre torna Claudio Baglioni, a Pescara con “Con Voi Tour. Dalle ore 20:30 piaz-zale antistadio Flacco. Vendita biglietti nei circuiti abituali.

Festival Rock a Giulianova

“Splendore rockin’ Fest” si terrà nel piazzale antistante il Santuario della Madonna dello Splendore a Giulianova Alta nei giorni 11-12-13 Ottobre.

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12 GiuliaViva anno III n.20

L’oro azzurro di Paolo Di Gregorio

Primo e Secondo

Per pesce azzurro non si intende una famiglia scientificamente definita di va-rietà ittica ma solamente un raggruppa-mento di specie che per consuetudine commerciale vengono vendute sotto lo stesso nome dovute alle affinità di di-mensioni, colori e quantità/prezzo.Le varie specie che vengono ricompre-se all’interno di questa categoria sono numerose: l’alice, la sardina, l’aringa, lo sgombro, la papalina, il suro, il palamita e molte altre simili. Vengono, tal volta, inseriti nella famiglia del pesce azzurro anche il tonno, il pesce spada, la ricciola e la lampuga.La fortuna di questa tipologia di pesce la fa la grande pescosità che si ha anco-ra nei nostri mari e di conseguenza del basso prezzo che vanta sui banchi del mercato. Un altro effetto della grande quantità di questo pescato è la trasfor-mazione in conserva del surplus; chi a Giulianova non ha mai preparato un va-setto di alici marinate oppure dei filetti di sgombro sott’olio?

Spaghetti con le aliciingredienti per 4 persone320 grammi di spaghetti, 200 grammi di fi-letti di alici, 4 pomodori maturi,100 grammi di pangrattato, 1 spicchio d’aglio, peperonci-no, ½ bicchiere di vino bianco, olio extraver-gine d’oliva, sale, pepePreparazioneTagliate in due i pomodori, svuotateli pri-vandoli dei semi e riempiteli con un miscu-glio di pangrattato, olio e sale.Ponete i pomodori in forno su una teglia a 180 C° per 10 minuti. Nel frattempo in una padella mettete l’aglio, l’olio, un po’ di peperoncino(se piace). Fate imbiondire l’aglio, per poi toglierlo, poi aggiungete i filetti di alici. Bagnate con il vino. Fate eva-porare e unite i pomodori che avete tolto dal forno. Lasciate insaporire a fuoco basso facendo attenzione che il tutto non si at-tacchi alla padella. Nel frattempo mettete a cuocere gli spaghetti in abbondante acqua salata. Versate nella padella la pasta piutto-sto al dente con qualche cucchiaio d’acqua di cottura e saltate brevemente il tutto.

Sono oramai arcinote le ca-ratteristiche nutrizionali di queste varietà ittiche, ricchi di grassi insaturi e in partico-lare di acidi grassi essenziali come i celeberrimi Ome-ga 3, contengono grandi quantità di fosforo, selenio e iodio che aiutano i più pic-coli per la formazione dello scheletro, mentre per i più grandi è interessante sapere

che il pesce azzurro è ricco di antiossi-danti molto utili per la salute della pelle e dell’attività metabolica in generale.Negli ultimi tempi la comunicazione ga-stronomica tenta di valorizzare il pesce azzurro puntando i riflettori solamente o soprattutto sul basso costo e sull’alto va-lore nutrizionale che seppur tematiche importanti, se non fondamentali, fanno passare in secondo piano l’aspetto edo-nistico di queste pietanze, cioè il gusto.Personalmente ritengo che bisognereb-be valorizzarne tali specie comunican-do, in primis, la bontà delle loro carni, la ricchezza di sapore, la versatilità nelle preparazioni. Altrimenti parlarne solo in termini di pesce povero si rischia di svilir-ne ed alimentare un certo snobismo nei confronti di tale tipologia ittica. Insomma bisognerebbe stimolare prima le papille gustative, poi il cervello per quanto riguarda l’aspetto nutrizionale/salutistico ed infine il portafoglio par-lando del basso costo. A dimostrazione della bontà delle carni del pesce azzurro

è la presenza di tali tipologie ittiche nei menù di molti ristoranti di qualsiasi livel-lo che manifesta l’elevata versatilità del pesce azzurro.La preparazione che peschiamo dal no-stro menù sono gli spaghetti con alici, pangrattato e pomodori gratinati. In abbinamento vi consigliamo un pinot bianco dell’Alto Adige.

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GiuliaViva anno III n.20 13 A tutto sportIntervista a Sergio Conte di Daniele Adriani e Giancarlo De Falco

Siamo con Sergio Conte, giuliese doc. Ricordiamo subito il giorno for-se più importante della sua carriera, quello di Giulianova-Bellaria.(SC) Era la 1a volta del Giulianova in se-rie C, un giorno storico, perché a distan-za di 42 anni stiamo ancora a parlarne. Ricordo con immensa gioia una dome-nica storica per la città. Con Giancarlo come l’avete vissuta?

(SC) Con Giancarlo, l’ab-biamo vissuta quasi da fidanzati, perché Capelli quell’anno portò il pro-fessionismo. Facemmo 5-6 mesi di ritiro.(GDF) Per me fu l’ultima partita della carriera. Eravamo stati in ritiro

ad Ascoli, eravamo molto preparati e motivati. La gente ci aspettava in stra-da quando arrivammo col pullman, soprattutto davanti al ristorante Tem-pera, dove eravamo soliti pranzare nel pre-gara.Il ricordo del gol del 2-1?(SC) Andammo in vantaggio nel 1° tem-po con una classica punizione di Capel-li, un maestro, pareggiata da Bean. Nel

2° tempo su un cross da sinistra di Fran-cesco Ianni, fui fortunato nel trovarmi davanti alla porta e appoggiai di piatto in gol. E’ vero, quando passammo da-vanti alla stazione prima della partita, la folla di gente che ci aspettava ci fece venire la pelle d’oca e ci caricò ancor più.(GDF) Eravamo 7 di Giulianova nella formazione titolare: Maurini, Erbaggi, Ianni, Curi, Agostinelli, De Falco,Conte, Vernisi, Capriotti A., Capelli, Ciccotelli. Facevano parte della rosa : Antonio Pa-lestini, Angelo Tancredi , Marco Di Teo-doro, Gianfranco Capriotti, Ferdinando Cacchiò. Un gruppo folto di giuliesi che dette slancio per gli anni successivi.

sul sito www.giuliaviva.it il video dell’ intervista

Il Giulianova ben figura in serie D di Daniele Adriani

Dopo aver disputato cinque gare, il Giulia-nova ha totalizzato 8 punti, collocandosi nella zona medio-alta della classifica, che rispecchia il valore che obiettivamente ha la squadra giallorossa. Alcune ingenuità ed il ritardo nella composizione della rosa, e quindi ancora qualche incomprensione tat-tica, hanno portato alla perdita di qualche punto. In ogni caso l’intelaiatura di squadra

è buona ed al completo, con Carrozzieri e Di Julio, il Giulianova può giocarsela con tutte le altre squadre accreditate per il sal-to di categoria. Le individualità che più hanno colpito sono sicuramente Esposito e Maschio, imprevedibilità e saggezza, ol-tre ovviamente ai “piedi buoni” che fanno sempre la differenza. Parte fondamentale sono gli under, tra cui le certezze Fantini e Farnè. Ora la squadra deve cercare di avere continuità nei risultati e mantenere lo spiri-to di gioco attualmente espresso. Domenica al Fadini contro il Celano la prova di ma-turità. Questo avvio di campionato è stato apprezzato anche dai tifosi che numerosi se-guono le sorti del Giulianova, in casa ed in trasferta. A Civitanova circa 150 supporter

hanno incitato la squadra per tutta la par-tita e crediamo che questo sìa uno dei fat-tori più importanti per raggiungere obiettivi che forse neanche si possono immaginare. Buon inizio anche del Colleranesco, pa-reggio in casa con il Castellalto e vittoria in trasferta a Torricella, fanno ben sperare per questo nuovo campionato di 1° Categoria. Per ciò che riguarda il settore giovanile del Giulianova calcio, la società, supportata dai dirigenti Gerardini e De Adducis, è ripartita affidando la guida tecnica a Mauro Bontà, che è riferimento per la juniores, insieme agli istruttori Ettorre Giulio, Di Pasquale Domenico e Toscani Maurizio per allievi e giovanissimi, completano il quadro i prepa-ratori Fiorà Marco e Di Ferdinando Stefano.

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[email protected] GiuliaViva anno III n.20

Inviateci le vostre lettere, segnalazio-ni o foto a: [email protected]

Si prega cortesemente i nostri gentili lettori di contenere in termini di spazio i loro contributi, al fine di garantire una più ampia partecipazione ed evitare spiacevoli tagli.

Degrado in pieno centro Parcheggio disastrato

Gentile GiuliaViva, vi invio queste foto che mostrano lo stato di degrado nel pieno centro di Giulianova Spiaggia: cestini per la spazzatura divelti (ed or-mai in questo stato da anni), immon-dizia ovunque.. ciò per non parlare del parco di fronte all’Hotel Cristallo dove per terra ci sono più mozziconi di siga-retta che ghiaia. Ma, l’avere marciapiedi puliti e cestini dove buttare la spazzatu-ra sarà mica un lusso?cordiali saluti Luigi M.

Buon giorno, sono Massimo Di Mar-co titolare dell’attività di parrucchie-ria sita in via XXIV Maggio, affianco al parcheggio di Via Lippi.Volevo segnalare il degrado della stra-da in questione.Noi negozianti della zona siamo indi-gnati, non si può parcheggiare, come notate dalla foto, macchine che ri-mangono incastrate, gente che cade, vigili che vengono chiamati e fanno multe a raffica, i nostri clienti si stan-no stancando.Mi rivolgo a voi e mi auguro viva-mente che queste righe arrivino a chi è di competenza!

Durante lo svolgimento di un turno da volontario nel Gruppo di Giulianova del-la Croce Rossa Italiana, mio marito (pur portando le scarpe antinfortunistiche), per evitare di cadere con la schiena sulle scale sbatte con il tendine di Achille sul-lo spigolo dell’ultimo gradino e subisce il tranciamento dello stesso.La locale sede spedisce la denuncia dell’incidente traumatico all’ assicurazio-

La Croce Rossa tutela i suoi volontari?

ne della Croce Rossa Italiana, dopo un mese riceviamo una lettera dall’as-sicurazione nella quale si afferma che mio marito aveva già lesionato il ten-dine di Achille al momento dell’inci-dente. Questa affermazione è prima di ogni fondamento medico non es-sendoci nessun referto clinico che lo certifichi. Intanto mio marito subi-va l’operazione di ricostruzione del tendine, un mese gessato fino alla coscia che lo costringe a spostarsi su di una sedia a rotelle, di seguito un mese spostandosi con un tutore e le stampelle, nei successivi 3 mesi si attiva per una mirata riabilitazione.Fiduciosi che un volontario sia pro-tetto dall’associazione di appartenen-za ci rivolgiamo alla Direzione del Comitato locale di Croce Rossa ed otteniamo come risposta che non si può fare niente per contestare l’azione dell’Assicurazione. Successivamente ci rivolgiamo alla sede Centrale della Croce Rossa Italiana, ma il risultato è identico, disinteresse totale. Pur aven-do un proprio servizio legale centrale. A mio parere trovo assurdo che un volontario (Mario M.) che opera da 21 anni nella locale sede non sia pro-tetto dalla propria associazione, stia-mo parlando non di una associazio-ne qualunque, ma della Croce Rossa Italiana che è tutta protesa a risolvere i problemi degli altri, ma non tutela i propri appartenenti.Ci troveremo costretti ad avviare, dopo un anno, una pratica legale per ottenere quanto dovuto dall’as-sicurazione. Virginia M.

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(SC) La bravura di Capelli, quell’anno, fu inventarsi Capriotti come finto centravanti; una gran trovata tattica. E poi, ovviamente, i gol di “Cicco” e l’esplo-sione di Curi. E una grande dirigenza, a partire dal presidente Orsini.Qual è il ricordo del settore giovanile che vi ac-comuna?(GDF) Dovevamo fare il provino con l’Inter, Pasquale Tancredi, Sergio ed io. Ma nella partita di D con il Bi-sceglie mi procurai una distorsione alla caviglia che mi impedì di fare il provino. Sergio e Pasquale, invece, andarono e furono presi entrambi.(SC) Era il 1966. Inizialmente non volevo andarci, mi andava bene San Benedetto, o Bologna dove avevo anche fatto un provino. Ma la società volle indiriz-zarmi a Milano, e partimmo. Pasquale giocava negli Allievi, io nella Primavera. Ci allenavamo anche con la 1a squadra. Quell’anno, Herrera e Valcareggi alle-navano la Nazionale. Un mercoledì facemmo un al-lenamento contro gli Azzurri, e feci gol a Sarti. A fine partita Herrera mi chiamò e mi disse “hai fatto gol a Sarti, puoi farlo a tutti i portieri del mondo”, e dal quel giorno cominciò a convocarmi con la De Martino, le riserve della 1a squadra. Giocavo spesso, ma la vo-glia di tornare a casa mi fece perdere qualche parti-ta. L’anno dopo fui ceduto al Varese, dove ho avuto il mio anno sfortunato. In precampionato facevo gol, dovevo debuttare in A, ma in un’amichevole col Milan mi ruppi la caviglia e me la trascinai per molto tem-po. Dopo varie squadre tra nord e sud, feci gli ultimi 4 anni a Giulianova, 2 con Capelli e 2 con Fabbri.Dopo la carriera da calciatore, c’è stato un segui-to nell’ambito del calcio?(SC) Solo una breve esperienza da allenatore a S. Lucia di Roseto. Una settimana allucinante. Ora frequento ra-ramente lo stadio. Oggi, ciò che non mi convince a Giu-lianova è il settore giovanile. Come società dovremmo dare ai ragazzi l’opportunità di diventare professionisti ma soprattutto di diventare adulti, educandoli come uomini e sportivi. E quando vedo i comportamenti di

certi genitori, dico che non è quella la strada giusta. La speranza è quella di avere, oggi, un settore giovanile all’al-tezza, capace di ripercorrere i risultati del passato, con compe-tenza e passione, pur con l’esigenza di avere una 1a squadra discretamente attrezzata per attirare pubblico.(SC) Secondo me è importante parlar chiaro alla gente, alla tifo-seria. All’epoca la nostra società riuniva la gente ad inizio e fine campionato, al cinema Ideal, per comunicare i programmi che si volevano realizzare. Programmare e spiegare. Oggi, i ragazzi faci-norosi che fanno prendere multe su multe vanno educati, e Fran-cesco Giorgini era un maestro per questo.(GDF) Non è facile, perché oggi la società civile è diversa dal 1971. I discorsi sul settore giovanile sono emblematici. E’ chiaro che per poter tornare a livelli professionistici, abbiamo necessità di avere un forte vivaio, partendo dalla scuola calcio, per ricreare entusia-smo anche tramite i genitori. Senza sottovalutare le capacità degli istruttori, necessarie per aiutare i ragazzi a farli diventare adulti. Sergio, per finire…(SC) Mi ha fatto piacere ricordare un evento di 42 anni fa. Giro a Giancarlo l’idea di riunire intorno ad un tavolo i protagonisti di quella partita così importante per lo sport della nostra città.

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