1-15/16-30 Giugno 2008 - Anno XLV - NN. 35-36

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COPIA OMAGGIO La Piazza d’Italia In caso di mancato recapito restituire a Poste Roma Romanina per la restituzione al mittente previo addebito - TAXE PERCUE tass. riscoss Rom-Italy — Fondato da Turchi — www.lapiazzaditalia.it Sembra esser passata un’era ge- ologica da quando si era instau- rato - prima e durante l’ultima campagna elettorale culminata poi con la netta sconfitta del PD - un rapporto di reciproca stima tra l’ex sindaco di Roma Walter Veltroni e il neo-eletto Presidente del Consiglio Sil- vio Berlusconi. Addirittura il notevole abbassamento del tono tra i leader del Pd e del PDL avevano fatto temere agli anti-berlusconiani in servizio permanente effettivo (come La Repubblica, la CGIL, i Dipietristi, i Grillini ed i Gi- rotondini, la Sinistra oramai per fortuna del Paese solo ex- traparlamentare) un tentativo di “Grosse Inciucio” più che di una “Grosse Coalitione” di teutonica memoria. Ma, per l’appunto, passata la Primavera con i suoi tepori, al contrario di quello che normalmente accade per le stagioni astronomiche, è ritornato l’Inverno. Un Inver- no anticipato che si annuncia rigidissimo e dalle conseguenze difficilmente calcolabili. Ma andiamo hai fatti. Cosa ha fatto peggiorare i buo- ni rapporti tra opposizione e maggioranza che sembravano essere latori dell’inizio di una stagione di - seppur difficili ma oramai divenuti improcra- stinabili - riforme istituzionali “bipartisan”? L’input a tale serie di eventi è stata la volontà da parte del Consiglio dei Ministri di dare il via libera al Lodo Alfano, dal nome del Guardasigilli del Go- verno Berlusconi, che tenta di riproporre, riveduto e corretto, il noto “lodo Schifani” boccia- to dalla Consulta nel 2004. In pratica è un Disegno di Legge che prevede l’immunità per quattro alte cariche dello Stato: a beneficiarne, una volta approvato tale DDL dal Par- lamento, saranno il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e quelli di Senato e Camera dei Deputati. Il provvedimento prevede inol- C'eravamo tanto amati Il “barometro” sullo stato dei rapporti tra maggioranza e opposizione segna un costante peggioramento Palazzo Chigi approva il pia- no triennale da 34,8 miliardi di euro anticipando di fatto la legge Finanziaria 2009. "Il no- stro parere complessivamente è positivo" è il giudizio espresso dal presidente di Confindustria Emma Marcegaglia sulla ma- novra triennale varata il 10 giu- gno dal Consiglio dei Ministri. Tagli alla sepsa pubblica, stan- gata su banche, assicurazioni e pterolieri. Aiuti agli anziani. Pareggio del bilancio nel 2011. Ineludibile il federalismo fisca- le nell'ambito di una organica riforma della finanza pubblica. Tagli a ministeri ed enti loca- li, liberalizzazione dei servizi pubblici e della rete dei carbu- ranti. sono queste alcune delle princiapli misure contenute nel decreto legge e nel ddl che compongono la manovra trien- nale approvata dal Governo. per avere un'idea più precisa degli effetti che potrebbe esplicare tale manovra occorre analizzare meglio i principali capitoli. TAGLI: ammontano a circa 10 mld e si spalmeranno tra mi- nisteri ed enti locali. Per que- sti ultimi si tratta di 3,4 mld a regime. I costi intermedi dei ministeri dovranno scendere del 22%. Il risparmio annuale stimato e' attorno a 3-4 miliar- di di euro. PROVINCE E COMUNITA' MONTANE: Salta, almeno per ora, l'abolizione delle Co- munita' montane e di nove Province delle aree metropoli- tane. Si sarebbe invece deciso di rimandare la discussione di queste questioni a settembre. Dopo l'estate verrebbe quindi ripreso il confronto ripartendo dal Codice delle autonomie per una riforma complessiva dei di- versi livelli istituzionali. ROBIN HOOD TAX: si trat- ta di una tassa 'una tantum' che colpisce la valorizzazione delle scorte stoccate dalle com- pagnie. Si tratta di tutti quei prodotti, cioe', che sono stati, acquistati quando il prezzo del petrolio era inferiore all'attuale. Gia' da quest'anno si impone di valorizzare le scorte in base ai prezzi attuali del greggio, agen- do con una tassazione calcolata sul 'delta' dell'Ires. L'intervento dovrebbe far incassare 800-900 milioni di euro. BANCHE E ASSICURAZIO- NI: Si allarga la base imponibi- Un piano triennale da 34,8 mld Pareggio di bilancio entro il 2011 Ricco, continuamente aggiornato: arriva finalmente sul web il nuovo punto di riferimento per i giovani e per un nuovo modo di fare politica in Italia Una Piazza di confronto aperta al dibattito su tutti i temi dell’agenda politica e sociale per valorizzare nuove idee e nuovi contenuti www.lapiazzaditalia.it La Piazza d’Italia Per la vostra pubblicità telefonare allo 800.574.727 A carte scoperte L'arte secondo Nietzsche CULTURA — a pagina 4 — — a pagina 7— ESTERI Storia di un fallimento di FRANZ TURCHI Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L27/02/2004 num. 46) art. 1 - DCB-Roma 1-15/16-30 Giugno 2008 - Anno XLV - NN. 35-36 0,25 (Quindicinale) Il Verde in Europa ha funziona- to tanto che alla fine è fallito. Perché inizio così? Perché è la realtà dei fatti, in quanto ormai l’Europa ha capito il movimento a tutela del verde e dell’ambiente in generale ed ha dato, in modo lento ma inequivocabile, la sua risposta: devono scomparire, come forza politica. Le politiche di tutela del territo- rio sono state portate avanti tra- mite progetti europei (tutte le li- nee di credito di 60 mld di Euro circa, annuali, per l’agricoltura tutelano l’ambiente) e non c’è normativa importante o meno che non riporti la frase “a tutela del nostro territorio….”. Ma questo tipo di approccio non ha prodotto risultati eccezionali ma anzi quando i movimenti verdi si sono trovati a ricoprire ruoli di governo, vedi in Italia, il loro estremismo nel chiudere le discariche (e nel negare i termo valorizzatori) ha portato i rifiuti in mezzo alla strada, e difficile ora sarà riportare il tutto alla normalità. Altro caso evidente oltre a Na- poli è il risultato del cambio di opinione della gente nell’ap- proccio al nucleare: nel 1987 un referendum sancì la scomparsa del nucleare in Italia, dopo una campagna referendaria dura ed estremista; nel 2008 il 62% degli Italiani vuole il nucleare in Italia e lo trova una fonte di energia pulita e sicura. Che differenza in 20 anni, ma simbolica della politica sbagliata fatta da questi movimenti. Pensiamo al problema sia del riscaldamento globale della Ter- ra, dovuto all’inquinamento e a quale sia la soluzione di tutto: secondo gli Europei sarebbe il protocollo di Kyoto. L’effetto di questo protocollo che oltre ad aver messo in fila tutte le nazioni europee, per quanto con una notevole e importante procedura, è stato pari a zero. L’inquinamento nelle nostre città del vecchio continente au- menta a dismisura e si fa a gara per scaricare su qualcuno le col- pe di tutto quanto. Altro ed ultimo esempio con- creto la scelta dell’Europa di in- vestire nelle energie alternative: nel 2010 dovremmo (secondo i burocrati di Bruxelles) stare su percentuali del 40% e ancora nel 2020 a sorpassare il 60% Risultato ad oggi: forse l’8%, quindi incredibile come auto- gol; inoltre i prezzi della benzina che aumentano e le famiglie che non ce la fanno, e quindi la re- azione verso i Verdi sarà sempre più aggressiva. Credo che tutto quanto possa servire agli USA per capire non ciò che si deve fare, ma ciò che non si deve fare se si vuole soste- nere una buona ed efficace poli- tica a tutela dell’ambiente. Abb. sostenitore da 1000 - Abb. annuale 500 - Abb. semestrale 250 - Num. arr. doppio prezzo di copertina A pagina 3 A pagina 2

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C'eravamo tanto amati. Il “barometro” sullo stato dei rapporti tra maggioranza e opposizione segna un costante peggioramento. - Giugno 2008 LA PIAZZA D'ITALIA - www.lapiazzaditalia.it - fondato da Franz Turchi 1-15/16-30 Giugno 2008 - Anno XLV - NN. 35-36 € 0,25 (Quindicinale)

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La Piazza d’Italiain caso di mancato recapito restituire a poste Roma Romanina

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Sembra esser passata un’era ge-ologica da quando si era instau-rato - prima e durante l’ultima campagna elettorale culminata poi con la netta sconfitta del PD - un rapporto di reciproca stima tra l’ex sindaco di Roma Walter Veltroni e il neo-eletto Presidente del Consiglio Sil-vio Berlusconi. Addirittura il notevole abbassamento del tono tra i leader del Pd e del

PDL avevano fatto temere agli anti-berlusconiani in servizio permanente effettivo (come La Repubblica, la CGIL, i Dipietristi, i Grillini ed i Gi-rotondini, la Sinistra oramai per fortuna del Paese solo ex-traparlamentare) un tentativo di “Grosse Inciucio” più che di una “Grosse Coalitione” di teutonica memoria. Ma, per l’appunto, passata la Primavera

con i suoi tepori, al contrario di quello che normalmente accade per le stagioni astronomiche, è ritornato l’Inverno. Un Inver-no anticipato che si annuncia rigidissimo e dalle conseguenze difficilmente calcolabili.Ma andiamo hai fatti. Cosa ha fatto peggiorare i buo-ni rapporti tra opposizione e maggioranza che sembravano essere latori dell’inizio di una

stagione di - seppur difficili ma oramai divenuti improcra-stinabili - riforme istituzionali “bipartisan”?L’input a tale serie di eventi è stata la volontà da parte del Consiglio dei Ministri di dare il via libera al Lodo Alfano, dal nome del Guardasigilli del Go-verno Berlusconi, che tenta di riproporre, riveduto e corretto, il noto “lodo Schifani” boccia-

to dalla Consulta nel 2004.In pratica è un Disegno di Legge che prevede l’immunità per quattro alte cariche dello Stato: a beneficiarne, una volta approvato tale DDL dal Par-lamento, saranno il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e quelli di Senato e Camera dei Deputati.Il provvedimento prevede inol-

C'eravamo tanto amatiIl “barometro” sullo stato dei rapporti tra maggioranza e opposizione segna un costante peggioramento

Palazzo Chigi approva il pia-no triennale da 34,8 miliardi di euro anticipando di fatto la legge Finanziaria 2009. "Il no-stro parere complessivamente è positivo" è il giudizio espresso dal presidente di Confindustria Emma Marcegaglia sulla ma-novra triennale varata il 10 giu-gno dal Consiglio dei Ministri.Tagli alla sepsa pubblica, stan-gata su banche, assicurazioni e pterolieri. Aiuti agli anziani. Pareggio del bilancio nel 2011. Ineludibile il federalismo fisca-le nell'ambito di una organica riforma della finanza pubblica. Tagli a ministeri ed enti loca-li, liberalizzazione dei servizi pubblici e della rete dei carbu-ranti. sono queste alcune delle princiapli misure contenute nel decreto legge e nel ddl che

compongono la manovra trien-nale approvata dal Governo. per avere un'idea più precisa degli effetti che potrebbe esplicare tale manovra occorre analizzare meglio i principali capitoli. TAGLI: ammontano a circa 10 mld e si spalmeranno tra mi-nisteri ed enti locali. Per que-sti ultimi si tratta di 3,4 mld a regime. I costi intermedi dei ministeri dovranno scendere del 22%. Il risparmio annuale stimato e' attorno a 3-4 miliar-di di euro.PROVINCE E COMUNITA' MONTANE: Salta, almeno per ora, l'abolizione delle Co-munita' montane e di nove Province delle aree metropoli-tane. Si sarebbe invece deciso di rimandare la discussione di queste questioni a settembre.

Dopo l'estate verrebbe quindi ripreso il confronto ripartendo dal Codice delle autonomie per una riforma complessiva dei di-versi livelli istituzionali.ROBIN HOOD TAX: si trat-ta di una tassa 'una tantum' che colpisce la valorizzazione delle scorte stoccate dalle com-pagnie. Si tratta di tutti quei prodotti, cioe', che sono stati, acquistati quando il prezzo del petrolio era inferiore all'attuale. Gia' da quest'anno si impone di valorizzare le scorte in base ai prezzi attuali del greggio, agen-do con una tassazione calcolata sul 'delta' dell'Ires. L'intervento dovrebbe far incassare 800-900 milioni di euro. BANCHE E ASSICURAZIO-NI: Si allarga la base imponibi-

Un piano triennale da 34,8 mldPareggio di bilancio entro il 2011

Ricco, continuamente aggiornato: arriva finalmente sul web il nuovo punto

di riferimento per i giovani e per un nuovo modo di fare politica in Italia

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a carte scoperte

L'arte secondo Nietzsche

cULTURa

— a pagina 4 — — a pagina 7—

EsTERiStoria di un fallimento

di FRANZ TURCHI

Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L27/02/2004 num. 46) art. 1 - DCB-Roma 1-15/16-30 Giugno 2008 - Anno XLV - NN. 35-36 € 0,25 (Quindicinale)

Il Verde in Europa ha funziona-to tanto che alla fine è fallito.Perché inizio così? Perché è la realtà dei fatti, in quanto ormai l’Europa ha capito il movimento a tutela del verde e dell’ambiente in generale ed ha dato, in modo lento ma inequivocabile, la sua risposta: devono scomparire, come forza politica.Le politiche di tutela del territo-rio sono state portate avanti tra-mite progetti europei (tutte le li-nee di credito di 60 mld di Euro circa, annuali, per l’agricoltura tutelano l’ambiente) e non c’è normativa importante o meno che non riporti la frase “a tutela del nostro territorio….”.Ma questo tipo di approccio non ha prodotto risultati eccezionali ma anzi quando i movimenti verdi si sono trovati a ricoprire ruoli di governo, vedi in Italia, il loro estremismo nel chiudere le discariche (e nel negare i termo valorizzatori) ha portato i rifiuti in mezzo alla strada, e difficile ora sarà riportare il tutto alla normalità.Altro caso evidente oltre a Na-poli è il risultato del cambio di opinione della gente nell’ap-proccio al nucleare: nel 1987 un referendum sancì la scomparsa del nucleare in Italia, dopo una campagna referendaria dura ed estremista; nel 2008 il 62% degli Italiani vuole il nucleare in Italia e lo trova una fonte di energia pulita e sicura.Che differenza in 20 anni, ma simbolica della politica sbagliata fatta da questi movimenti.Pensiamo al problema sia del riscaldamento globale della Ter-ra, dovuto all’inquinamento e a quale sia la soluzione di tutto: secondo gli Europei sarebbe il protocollo di Kyoto.L’effetto di questo protocollo che oltre ad aver messo in fila tutte le nazioni europee, per quanto con una notevole e importante procedura, è stato pari a zero.L’inquinamento nelle nostre città del vecchio continente au-menta a dismisura e si fa a gara per scaricare su qualcuno le col-pe di tutto quanto.Altro ed ultimo esempio con-creto la scelta dell’Europa di in-vestire nelle energie alternative: nel 2010 dovremmo (secondo i burocrati di Bruxelles) stare su percentuali del 40% e ancora nel 2020 a sorpassare il 60%Risultato ad oggi: forse l’8%, quindi incredibile come auto-gol; inoltre i prezzi della benzina che aumentano e le famiglie che non ce la fanno, e quindi la re-azione verso i Verdi sarà sempre più aggressiva.Credo che tutto quanto possa servire agli USA per capire non ciò che si deve fare, ma ciò che non si deve fare se si vuole soste-nere una buona ed efficace poli-tica a tutela dell’ambiente.

abb. sostenitore da € 1000 - abb. annuale € 500 - abb. semestrale € 250 - Num. arr. doppio prezzo di copertina

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La Piazza D’Italia - InterniPag. 2 1-15/16-30 giugno 2008

C'eravamo tanto amatiIl “barometro” sullo stato dei rapporti tra maggioranza e opposizione segna un costante peggioramento

La Piazza d’Italiafondato da TURCHI

Via E. Q. Visconti, 2000193 - Roma

Luigi TurchiDirettore

Franz Turchico-Direttore

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Registrato al tribunale di Roma n.9111 - 12 marzo 1963

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FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI GIUGNO 2008

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Giro di vite sulle intercettazioniIl Consiglio dei Ministri vara il disegno di legge sulle intercettazioni

tre che i processi a tali soggetti tutelati, saranno sospesi per l’intera durata della carica, compresi eventuali intervalli tecnici per rimpasti di Gover-no. Nel frattempo però sarà congelata per l’intera durata della “sospensiva” la prescri-zione del processo in carico. In ogni caso il “lodo” prevede che i soggetti interessati ad esso possano rinunciare spontane-amente a tale sospensione. Le parti civili sarebbero inoltre tutelate trasferendo l’azione in sede civile con una corsia preferenziale cercando quindi di superare in tal maniera uno

degli ostacoli che aveva portato alla già menzionata bocciatura nel 2004 del lodo Schifani.Quello che interessa è non tanto di addentrarci nella di-scussione tecnica del provvedi-mento - la qual cosa oltre che a tediare il lettore porterebbe ad accrescere il numero di quan-ti già lo fanno con maggiori cognizioni delle nostre - ma è quello di analizzare le reazio-ni avutesi all’approvazione da parte del CdM del DDl Alfa-no.Partiamo dalle reazioni. Il primo a dare voce alle proprie idee è stato Di Pietro il quale ha bruciato sul tempo il segre-

tario del PD Veltroni. L’ex Pm di “Mani Pulite” ha dato fuoco alle polveri definendo inaccet-tabile il comportamento del Presidente del Consiglio Ber-lusconi accusandolo di utiliz-zare il Parlamento italiano per legiferare solo a suo vantaggio e tacciandolo, dopo la pubbli-cazione da parte dell’Espres-so delle intercettazioni tra il Cavaliere e alti dirigenti RAI, di comportamento simile a quello di un “magnaccia” di-menticandosi delle promesse fatte agli italiani in campagna elettorale .A questo punto a rimorchio del “trattore” Di Pietro subentrava il “magnifico “ Walter il quale si adeguava al ristabilito clima glaciale tra maggioranza ed op-posizione descrivendo l’attuale situazione socio-economica del Paese come la più drammatica dal dopoguerra in poi (sic!) e ufficializzando la rottura del dialogo tra il Partito Democra-tico e il Popolo della Libertà in quanto il Governo in carica defraudando i cittadini ten-tava di sovvertire la gerarchia delle problematiche da risol-vere anteponendo i bisogni del Premier a quelli degli Ita-liani, come se i provvedimenti sulla sicurezza, sull’abolizione dell’Ici, sul caso rifiuti in Cam-pania o sulla riorganizzazione della macchina amministrativa

non siano cose che riguardino tutti i cittadini.A questo punto bisogna dire che evidentemente il buon Walter oramai a corto di idee per uscire dalla mancanza di progetti e proposte politiche a cui lo ha portato la pesantissi-ma sconfitta elettorale tenta di essere più dipetrista di Di Pie-tro per non farsi scavalcare in Parlamento e nelle Piazze ita-liane sia dal fondatore dell’IDV che dai cascami residuali della Sinistra radicale attraverso pro-clami che rientrano per lo più nel novero delle rodomontate che tra le dichiarazioni proprie di una normale dialettica po-liticae, per non uscire troppo dalla tradizione ha già proget-tato una manifestazione popo-lare in autunno per risvegliare le italiche coscienze.

Ma in fondo c’è da capire i due leaders del centro sinistra italiano. Il primo, Di Pietro, forte di un’atavica avversità nei confronti di Berlusconi, cerca di colmare il vuoto lasciato nel Parlamento italiano dai partiti di Sinistra estrema attraverso dichiarazioni di fuoco un gior-no si e l’altro pure. Veltroni invece vistosi sconfitto prima nella corsa alla Premiership e poi caduto l’apparato di po-tere romano che aveva contri-buito a creare - di Alemanno la picconata decisiva - e che lo sorreggeva ancora e svanita in ultima l’aura di mecenate e buon amministratore del-la cosa pubblica che ancora abusivamente lo circondava, si trova davanti al fallimento del progetto che ancora lo può mantenere a “galla”nel panora-

ma politico italiano: il Partito Democratico.Dovrà vedersela però in que-sta battaglia per la Leadership del partito con D’Alema, con gli ex-popolari, con i ranco-rosi prodiani (leggi Parisi) e le nuove correnti interne nate ultimamente oltre che con la sinistra radicale che ancora non gli ha perdonato il crollo elettorale causato dalla volontà tutta sua di correre le elezioni in solitudine o quasi.L’unico augurio è che le parti in causa - maggioranza ed op-posizione - seguano l’invito del Capo dello Stato Napolitano, ad abbassare i toni della conte-sa al fine di riformare insieme il “sistema “Italia. Una speran-za che la classe politica ha so-vente disatteso.

Giuliano Leo

Trovata la quadra tra il PDL e la Lega Nord, il DDL sulle intercettazioni telefoniche vie-ne approvato all’unanimità dal Consiglio dei Ministri dello scorso 13 giugno. Appianate

quindi le discordanze sorte tra i rappresentanti della maggio-ranza riguardo l’impiego delle intercettazioni ambientali per contrastare reati che prevedo-no pene inferiori ai dieci anni come la corruzione e la con-cussione nella pubblica ammi-nistrazione, per esempio, così come fortemente sostenuto dai leghisti di Bossi. Ma vediamo brevemente cosa contiene que-sto Disegno Di Legge che si appresta ad essere discusso in Parlamento.In primo luogo le intercetta-zioni saranno ammesse solo per i reati le cui pene siano superiori ai dieci anni di reclu-sione. Però come visto in pre-cedenza - dopo un breve tira e molla - sono state introdotte importanti eccezioni a tale re-gola: si potranno intercettare infatti tutti i reati contro la Pubblica Amministrazione che prevedono almeno cinque anni di pena, i reati di corruzione, di mafia e terrorismo,ingiuria, minaccia, usura, molestia e per tutte quelle situazioni in cui è la vittima a richiedere il con-trollo delle proprie utenze alle forza di Polizia. Importante è poi anche la regolamentazione della durata di tali intercetta-zioni: esse non potranno essere prolungate indefinitivamente e non dovranno durare più di tre mesi.Inoltre - ed è questa la modi-

fica che più ha fatto infuriare l’ANM e i partiti politici di opposizione da sempre schiera-ti sulle posizioni del “sindacato dei Magistrati” - tali controlli dovranno obbligatoriamente essere autorizzati non più da un organo monocratico ma da uno collegiale composto da tre Magistrati.Previste inoltre delle dure san-zioni per coloro i quali - ma-gistrati, inquirenti o giornalisti - rivelano anticipatamente o utilizzano le intercettazioni co-perte da segreto istruttorio.Carcere da uno a tre anni per i cronisti che divulgheranno in-tercettazioni di cui sia vietata la pubblicazione.Galera fino a cinque anni in-vece per i pubblici ufficiali che diffonderanno le intercettazio-ni telefoniche coperte da segre-to istruttorio. Si spera quindi che attraverso l’approvazione in Parlamen-to di queste nuove normative venga posta definitivamente una pietra tombale sopra que-sta discrasia propria del sistema giudiziario italiano. E' infatti improponibile che l’utilizzo di tali metodi di in-vestigazione venga effettuato attraverso modi così invadenti nei confronti della privacy del-le persone. La stranezza non sta nel fatto che il Governo attuale - attuando per altro un pun-to del programma che è stato

sottoposto all’approvazione dei cittadini - stia cercando di regolamentare questa spino-sa questione ma sta nel veder pubblicati stralci di conversa-zioni telefoniche riguardanti inchieste in corso - raggiun-gendo l’unico scopo di farle “saltare” o di attuare una sottile forma di ricatto nei confronti dell’intercettato il quale poi si sente obbligato nei confronti dell’opinione pubblica a pren-dere delle decisioni che in una situazione normale non avreb-be mai preso ( il Caso Mastella insegna).Nessuno ha minimamente in-tenzione di demonizzare l’uso delle intercettazioni telefoniche - molti reati gravi come quelli legati alla mafia o al terrorismo non sarebbero mai stai scoperti - ma si spera che dal passaggio in Parlamento venga fuori una legge che ne freni l’abuso, basti infatti pensare che ogni anno lo Stato spende 280 milioni di Euro, circa il 33% delle spese effettuate dal sistema giudizia-rio italiano, in intercettazioni o in attrezzature per effettuarle.Le reazioni all’approvazione a tale Disegno di Legge sono sta-te ovviamente di segno oppo-sto. I rappresentanti dei partiti che sostengono la maggioranza di Governo si sono dichiarati soddisfatti dell’impianto ge-nerale del DDL venuto fuori dalle trattative, le quali come

sembra costume di questo pri-mo scorcio di legislatura, sono state brevi e costruttive, senza fare cioè inutili spargimenti di sangue.Positive sono state anche le reazioni del leader dell’UDC Casini il quale ha apprezzato il fatto che il Governo abbia cambiato l’impostazione origi-naria del DDL, ponendo così le basi di un dialogo che potrà continuare al momento della discussione parlamentare.Gli strali più acuti si sono avuti, logicamente dai Rappresentai del PD e da Di Pietro, i quali, facendo a gara a chi fosse più anti-governativo e rappresen-tasse di più agli occhi dei me-dia la "dura" opposizione alla deriva berlusconiana, si sono affannati a descrivere il DDL come l’aiuto del centro destra a terroristi e mafiosi, corrotti e

pedofili, oltre che ad essere il solito tentativo di attentare alla libertà della Magistratura. Evi-dentemente sono lontanissimi i tempi in cui dalle pagine dei giornali vicini al centro sini-stra, importanti esponenti del Governo Prodi e della defunta Unione denunciavano lo scan-dalo della pubblicazione delle intercettazioni telefoniche del caso Unipol in cui erano coin-volti, Fassino e D’Alema.E' giusto concludere col pen-siero di Giuliano Vassalli - il padre dell’attuale Codice di procedura penale e Presidente emerito della Consulta - il qua-le, dopo aver affermato che si è arrivati alla degenerazione - ri-ferendosi al fatto che oramai si intercetta tutto e tutti - esorta i magistrati a non perdere la fiducia nei sistemi di investiga-zione tradizionali.

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Dalla Prima

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Un piano triennale da 34,8 miliardiPareggio di bilancio entro il 2011

le Ires e Irap, il Governo conta di incassare 1,5 miliardi. Salta l'obbligo di ricorrere ad asse-gni non trasferibili o sistemi di pagamento elettronico, per gli importi superiori a 100 euro. Torna alla ribalta la Banca del Mezzogiorno voluta dal mini-stro Tremonti: si tratta di una nuova spa, con un capitale ini-ziale di 5 milioni (da restituire entro 5 anni). Previsto il ritor-no della soglia massima dei 12.500 euro per i trasferimenti in contante e per gli assegni non trasferibili.CARO-PETROLIO: Il mecca-nismo di sterilizzazione dell'ef-fetto degli aumenti del petrolio sul prezzo dei carburanti, pre-visto dalla scorsa Finanziaria, sara' automatico e non piu' discrezionale. La diminuzione delle accise sara' sempre adot-tata quando il prezzo interna-zionale del greggio aumentera' in misura pari o superiore, nella media trimestrale, a due punti percentuali rispetto al valore indicato del Dpef, che sara' in via esclusiva quello di riferimento.LAVORO E PENSIONE: Sara' interamente cumulabile il reddito da pensione (di vec-chiaia, anzianita', invalidita') con quello da lavoro dipenden-te ed autonomo. La misura sara' applicata anche nei confronti dei trattamenti pensionistici li-quidati in precedenza. Il costo previsto e' pari a 350 milioni di euro. Rispunta il cosidetto 'job on call' (o lavoro intermit-

tente) previsto dalla legge Biagi era stato abolito con la legge che aveva recepito il protocol-lo sul welfare. In arrivo anche ritocchi alla legge di attuazione del Protocollo sul welfare per quanto riguarda i contratti a tempo determinato.PIANO CASA: Famiglie a basso reddito, giovani coppie, anziani, studenti fuori sede e immigrati regolari. Questa la platea che potra' beneficiare di aiuti consistenti per l'acquisto della prima casa. Entro sessan-ta giorni dall'entrata in vigore del provvedimento verra' va-rato un Piano Nazionale per la realizzazione ''di misure di recupero del patrimonio abita-tivo esistente o di costruzione di nuovi alloggi''.SERVIZI PUBBLICI LOCA-LI: Si avvia la loro liberalizza-zione, attraverso l'affidamento della gestione a societa' di capi-tali individuate mediante gare pubbliche o a societa' a parte-cipazione mista pubblica e pri-vata, nella quale il socio privato detenga una quota non inferio-re al 30% .E' comunque possi-bile il ricorso in house nei casi di fallimento di mercato ma i paletti aumentano: in questo caso, infatti, i titolari della ge-stione di servizi pubblici locali non possono esercitare ulterio-ri servizi ne' partecipare a gare in altri ambiti territoriali.NUCLEARE: Entro il 2008, verranno individuati i criteri per localizzare le nuove cen-trali. Sara' una delibera Cipe, su proposta del ministro dello

Sviluppo economico a definire le "tipologie degli impianti di produzione elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale". Iden-tica strada sara' utilizzata per "stabilire le procedure autoriz-zative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attivita' di costruzione e di esercizio degli impianti".SANITA': Scende da 1 mi-liardo a 250 milioni di euro il taglio per il 2009 alla sanita' delle Regioni. Non solo. Ricet-te mediche e specialistiche dei medici del servizio sanitario nazionale viaggeranno solo on line. Il progetto avrebbe dura-ta quadriennale partendo dal 2009 e arrivando a regime nel 2012.MANAGER: La scure di Tre-monti si abbatte sui manager pubblici. Il loro stipendio sara' tagliato del 25%. In arrivo an-che un taglio al numero dei consiglieri di amministrazione delle societa' non quotate e direttamente o indirettamente controllate dallo Stato: dovran-no essere ora minimo cinque e massimo sette.MULTE PER CHI 'SPIA' CONTRIBUENTI: Arrivano multe salate per chi verra' sco-perto a spiare i dati sui contri-buenti. Le sanzioni vanno dai 5.000 fino ai 30.000 euro. Ma puo' essere aumentata ''sino al triplo'', proporzionalmente alle condizioni economiche di chi contravviene.PIANO 'ANTIFANNULLO-NI': Taglio della busta paga per

i dipendenti che presentano finti certificati medici o anche per i travet che dopo aver tim-brato il cartellino lasciano gli uffici. Insomma, si prospettano tempi duri per i 'furbetti' della P.a, che oltre alla decutazione dello stipendio, si macchieran-no del reato di truffa aggravata e potranno essere licenziati alla fine del procedimento discipli-nare.IMPRESA IN UN GIOR-NO: Basta con le lungaggini burocratiche, presto si potra' aprire un'impresa in un giorno soltanto. In pratica si potra' av-viare un'impresa presentando una semplice autocertificazio-ne e prevede controlli succes-sivi, senza che l'azienda debba interrompere l'attivita'.MISTER PREZZI: Piu' poteri e maggiore autonomia per Mi-ster Prezzi. Ora potra' avviare indagine conoscitive ''finalizza-te a verificare l'andamento dei prezzi di determinati e servizi'' con il supporto operativo della Guardia di Finanza. Sono uf-ficialmente a sua disposizione, poi, i dati Istat, Ismea, Unioca-mere e camere di commercio. Il Garante puo' convocare, in autonomia, le imprese e le as-sociazioni di categoria interes-sate al fine di verificare i livelli di prezzo.EDITORIA: Arriva la sempli-ficazione anche per il settore dell'editoria. Ferme restando ''le somme complessivamente stanziate nel bilancio dello Sta-to'' per il comparto, verranno snelliti i procedimenti: verran-

no semplificate, quindi, sia ''la documentazione necessaria per accedere al contributo'', sia ''le fasi del procedimento di eroga-zione che potra' essere garan-tito anche attraverso il ricorso a procedure informatizzate''. Non solo. Il contributo dovra essere erogato ''entro e non ol-tre l'anno sucessivo a quello di riferimento''. Quella summenzionata non vuole essere una mera elen-cazione ma vuole evidenziare come dalla adozione di queste misure le realtà più dinami-che del paese, cioè imprese e lavoratori, possano stimolare e migliorare la loro attività sulla base di condizioni più favo-revoli. Gli effetti dello snelli-mento di procedure burocra-tiche per fare impresa saranno sicuramente positivi sull'eco-nomia del paese, l'effetto imm-diato sarà quello di aumentare la velocità dell'investimento aziendale, tradotto in termini pratici un esercizio commer-ciale che apre in un giorno drenerà maggiori risorse eco-nomiche sia nel sistema eco-nomico del paese sia in quello societario, al fine di poter an-ticipare i risultati economici delle performances. ll famoso ceto medio, cioè, quella parte di popolazione il cui reddito è medio -basso costituendo la maggior parte della società ot-tiene una redistribuzione delle risorse significativa potendo usufruire del taglio alla spessa pubblica per ministeri ed enti locali e soprattutto per i mana-

ger pubblici. Inoltre, si vuole ottimizzare il rendimento del-la prestazione lavorativa nella pubblica amministrazione ta-gliando lo stipendio a chi non esegue regolarmente la propria attività cercando di colmare quelle assenze ingiustificate o aventi cause giustificative fin-te, ciò ovviamente a favore di una riduzione degli sprechi e di una maggiore efficienza amministrativa. Insomma, è chiaro l'obiettivo del Gover-no Berlusconi, che cerca di coniugare il risanamento dei conti pubblici con quello del-lo sviluppo economico, questo Governo a differenza di quello Prodi è maggiormente credibi-le perchè può contare su una maggioranza parlamentare solida e poco eterogenea, per cui può decidere può varare leggi in modo rapido ed effica-ce. Dalla semplificazione della politica è uscita fuori una mag-gioranza parlamentare in grado di governare il paese in modo credibile, le leggi avranno sicu-ramente un sostegno condiviso e non da costruire di volta in volta. La forza di questo Go-verno sta nella unione di in-tenti, nella esperienza unitaria e compatta maturata già nella legislatura 2001-2005 l'unica portata a termine senza inter-ruzioni, e garantire la stabilità istituzionale durante una fase di recessione economica come quella che sta attraversando l'Italia non è cosa da poco anzi è il valore aggiunto di questa compagine politica.

Dalla Prima

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La Piazza D’Italia - EsteriPag. 4 1-15/16-30 giugno 2008

Le 7 vite di Hillary ClintonObama vince la nomination ma non può fare a meno dell'ex first lady

Non avrai altra donna al di fuori di Hillary.E’ l’undicesimo comandamen-to scritto apposta per Barack Obama, fresco vincitore della nomination democratica per le presidenziali del 4 novembre prossimo.Il dream ticket, insomma, sembra destinato a diventare per forza realtà anche contro il volere di chi, dal lato del se-natore afroamerciano, storce il naso e sprona il nuovo leader a smarcarsi completamente dalla vecchia guardia clintoniana.Un’impresa impossibile perché i Clinton non sono usciti di scena e Hillary non ha perso queste primarie, le ha vinte.Dall’alto dei suoi 18 milioni di voti (il maggior numero di preferenze mai espresso per un candidato alle primarie) e uno scarto di delegati minimo con il senatore, l’ex first lady domi-na questo inizio di campagna elettorale e rappresenta il vero ago della bilancia.Le sue vittorie a volte schiac-cianti nei grandi Stati, hanno messo spalle al muro il partito costretto ancora ad inchinarsi a lei, lady di ferro che fa un passo indietro solo se sa di avere il coltello dalla parte del manico.E questo coltello stavolta sono i voti, pesanti, delle donne, dei blue collar, di un ceto medio-basso che non si è mai fidato

e non si fiderà mai dell’uomo venuto dal nulla.Nei forum su internet, nei gruppi di discussione, nelle ta-vole calde americane, gli elet-tori di Hillary ripetono tutti lo stesso slogan: “Nobama”, no Obama. E questo preoccupa i democratici: tutti sanno che la partita contro McCain non è affatto vinta in partenza.E’ la vendetta che si consuma in soccorso di una donna tra-dita dal suo partito, umiliata dalla stampa, additata come iena. Quando è una donna a ricevere simili affronti, prima o poi scatta il copione della vittima verso la quale correre in aiuto.Ecco perché ora il Partito de-mocratico sa che non può pre-scindere da Hillary se vuole riconquistare la Casa Bianca, e la vicepresidenza è l’unica stra-da percorribile.Sarebbe ammettere che la Clinton, pur avendo ceduto il passo al giovane rivale, pur avendo sospeso la sua campa-gna e dato un palese endor-sment a Barack (con un’abile bagno di umiltà studiato a ta-volino), resta la trionfatrice di una corsa estenuante e lunga che solo per merito suo è stata così combattuta e ha cambia-to per sempre la storia politica americana.Hillary Clinton è stata la don-na risorta in ogni momento,

dalle corna del marito Bill che l’hanno esposta alla pubbli-ca gogna, alla bufera sul suo appoggio alla guerra in Iraq. E’ riuscita a smorzare l’en-tusiasmo dello “Yes we can” combattendo fino all’ultimo delegato la sua personale bat-taglia. Da molti letta come una sfida per alimentare la sua sete di potere, da altri come un messaggio da lanciare al siste-ma americano che sa portarti molto velocemente dalle stelle alle stalle.L’ha fatto con lei, candidata si-cura prima della lunga marcia iniziata dall’Iowa e poi additata come simbolo di una vecchia politica che doveva lasciar po-sto al nuovo sogno americano.Così mentre tutti inseguivano estasiati Obama, nessuno si è accorto che era lei in realtà a costruire il vero sogno, una donna commander in chief , una moglie che spazza via il fantasma del marito e diventa la nuova leader indiscussa.Una donna, per questo massa-crata dalla stampa.Oggi il mito di Obama si spe-gne velocemente di fronte al mito Clinton che non era mai tramontato. Perché in realtà il vero come back kid, l’appel-lativo usato per Bill quando sembrava spacciato, non era un lui, ma una lei: Hillary Ro-dham Clinton.

Luca Moriconi

A carte scoperteO quasi

Il medio oriente si sta per av-vicinare ad una fase cruciale e quanto mai controversa. Se da una parte la crisi israelo-palesti-nese si alimenta di speranze e delusioni tra contatti indiretti, tregue e fenomeni di ordinaria violenza, la questione più im-portante è quella iraniana.Ha suonato molto strano che il Presidente Bush abbia conces-so, in linea teorica, la legittima-zione al nucleare civile iraniano durante la sua visita nei Paesi dell’UE, ma non si è trattato di una dichiarazione conciliante.Da buon mazziere Bush ha di-stribuito le carte anche quando a giocare erano ignari soggetti ed ora mostra con questa di-chiarazione che il gioco è finito e che gli indugi vanno rotti. Può un gruppo di Paesi deci-dere delle risorse energetiche di un altro Paese? Assolutamente no, può però opporsi quando queste risorse possono esse-re usate a scapito di alleati ed equilibri che coinvolgerebbero il mondo intero.Soprattutto quando, a voler es-sere precisi, chi dovrebbe dare garanzie della finalizzazione civile di tali intenti non fa al-tro che inveire e minacciare un Paese sovrano.Bush ha capito che le sanzioni non serviranno a nulla e che altro tempo non potrà trascor-rere, ha quindi deciso di mi-nacciare implicitamente l’Iran di una soluzione diversa e de-cisamente più dolorosa in caso

si ostinasse a rifiutare gli appelli della comunità internazionale. Ha anche avvertito i propri al-leati che sul tavolo ora più che mai c’è una soluzione militare del problema.Coadiuvato da dichiarazioni di soggetti direttamente in-teressati, come l’ex ministro israeliano della difesa Mofaz, il quale ha confermato la fat-tibilità di un attacco militare ai siti nucleari iraniani, e altri tra politici e militari distribuiti sulla mappa delle alleanze, ha di fatto chiamato l’ultimo giro con un interlocutore che per il momento ha giocato la partita senza mostrare segni di fatica, che ha risposto rilanciando a ogni puntata di un occidente indeciso e impreparato.E’ vero, un attacco all’Iran sa-rebbe catastrofico, ha detto bene il nostro Ministro degli Esteri Frattini ma finché non dimo-striamo di poter arrivare alla soluzione più estrema, come ha fatto il nostro antagonista, non saremmo mai attori credibili.Israele ha una credibilità di-versa: ha colpito la Siria, a suo tempo ha colpito l’Iraq di Sad-dam e non vede così distante la possibilità di colpire l’Iran di Ahmadinejad. In questo mo-mento si sta occupando di Ha-mas ed Hezbollah, passando da contatti con la Siria per poter procedere in modo lineare ad una scrematura di obiettivi mi-litari in caso di attacco al Paese degli Ayatollah.

Uno scenario relativamente nuovo in cui i giocatori stanno per scontrarsi (militarmente o diplomaticamente è da vedere), senza una reale alternativa poi-ché come tante volte affermato, un Iran militarmente dotato di tecnologia nucleare, al di la di essere una minaccia per Israele e parte dell’Europa, sarà l’ini-zio di un effetto domino verso l’armamento di una regione da tenere sotto stretto controllo e per la sua intrinseca instabilità e per la conseguente instabilità energetica che colpirebbe mor-talmente i mercati di tutto il mondo.E’ un momento cruciale che probabilmente vedrà dopo questa estate il suo apice, è lì che vedremo se le minacce e la decisione di Ahmadinejad avranno il sostegno reale di tutto l’apparato iraniano o se, con armi e flotte rivolte verso il proprio territorio, l’Iran scen-derà a miti consigli e discuterà veramente e con serietà la que-stione.Per ora si è limitato in diplo-matichese a dichiarasi disposto a discutere, in futuro, sulla base degli ultimi incentivi ricevuti, del proprio programma nuclea-re. Un atteggiamento eccessiva-mente vago che non dimostra nulla se non la necessità da par-te dell’occidente di rilanciare molto alto o di calare un buon punto sul tavolo, la partita al-trimenti sarà persa.

Gabriele Polgar

ObamamaniaEccesso di aspettative nei rapporti USA-UE

Il recente ultimo viaggio di G. W. Bush in Europa ha trac-ciato inequivocabilmente uno stato dei rapporti transatlantici ai minimi termini.Se si esclude infatti il peggior momento degli ultimi ses-sant’anni toccato nel 2003 ai tempi dell’invasione irache-na, è difficile pensarla diffe-rentemente vista la freddezza dell’accoglienza riservata al Presidente americano.Certo non ci sono più Chirac e Schroeder ma in Europa dilaga un obamamania che maschera la speranza che il candidato de-mocratico – dai più visto come il lato buono degli States – ac-consenta a tornare a subordina-re le decisioni in politica estera ad interminabili trattative con gli alleati europei per poi in eventuale caso di estreme ne-cessità – leggi guerra – essere pronto a pagare da solo il prez-zo della tutela di un ordine in-ternazionale condiviso.Quanto queste aspettative sia-no corrispondenti alle reali in-tenzioni di Barack Obama lo vedremo, anche perché al mo-mento non è dato capire chia-ramente quali saranno le reali direttrici della politica estera di un possibile primo manda-to Obama, nel frattempo Mc-Cain, che mantiene pluride-cennali rapporti internazionali con leader europei influenti, in materia, ostenta sicurezza di-chiarando che in politica este-

ra la sua unica direttrice sarà fare quello che il paese a stelle e strisce ha sempre fatto: “the right thing”.Ovvio che per le cancellerie dei principali attori europei le posizioni di McCain vengano rilette come una continuazio-ne della dottrina Bush, meno ovvio che lo siano realmente.Infatti Obama e McCain non sono poi così distanti su alcuni punti che marcano comunque una notevole discontinuità con l’attuale amministrazio-ne dell’ancora inquilino della Casa Bianca.Entrambi ritengono essenziale invertire la rotta sul collasso dell’immagine americana in Europa, entrambi sono de-terminati ad agire sulle cause primarie di questa carenza in-tervenendo sulle disposizioni pro-tortura (leggi metodi di interrogatorio dei terroristi qaedisti), impegnandosi per la chiusura del carcere di Guan-tanamo e per una politica anti global-warming condivisa con il resto del pianeta.Veramente una lista pregevole di buone intenzioni. Il dubbio però è sul prezzo da pagare.Se è vero che con i provvedi-menti sopra descritti gli U.S.A. guadagnerebbero in immagine sul mainstream della stampa continentale resta tutta da ac-certarsi la profondità e la pro-fittabilità di tale risultato.

Con ogni probabilità esso non sarà infatti sufficiente a deter-minare la fine dell’antiamerica-nismo in Francia o in Germa-nia, dove le ragioni rimangono più culturali che legate agli ef-fetti della dottrina Bush.Il tutto in un momento in cui da una parte c’è un Presidente Sarkozy che ha innegabilmen-te abbracciato una linea pro-U.S.A. spalleggiando in modo efficace in chiave anti-iraniana le paure di Washington sulle possibili conseguenze del pos-sesso di un arsenale nucleare nelle mani del regime degli

Ayatollah.Dall’altra c’è una Angela Mer-kel che dal canto suo, pur in una prospettiva di ridimen-sionamento del peso della presenza militare statunitense a discapito italiano – vedi il progetto del raddoppio della base di Vicenza – per recupera-re le posizioni di contatto con il Governo americano perse durante il governo Schroeder condivide con il Segretario di Stato Condoleeza Rice la visio-ne di una NATO tutt’altro che in crisi pronta a combattere come in Afghanistan unita più

che mai.Vale quindi la pena lasciar passare in Europa il messaggio degli U.S.A. che fanno marcia indietro? Si è così certi che poi le aspettative europee possano essere assecondate?I rischi appaiono quelli di un eccesso di aspettative sul cam-bio di rotta in politica estera. Pochi infatti hanno sottolinea-to la recente dichiarazione del buon Obama: “Gerusalemme resterà la capitale di Israele” e ancor di più “deve rimanere indivisa”, rinnegando il “di-ritto al ritorno” dei profughi

palestinesi e ribadendo come “l’identità di Israele come Sta-to Ebraico deve esser preserva-ta”. Tale presa di posizione fa il seguito alla ormai nota “Io farò tutto quanto in mio po-tere per prevenire che l’Iran ottenga una bomba nucleare; tutto quanto in mio potere; tutto quanto”. Quando dalle parole si passerà ai fatti, resterà difficile argo-mentare una lontananza dalla dottrina Bush, per lo meno nel suo postulato più discusso, quello relativo alla Guerra Pre-ventiva.

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La visita che lo scorso 6 giugno Silvio Berlusconi ha effettuato in Vaticano – era la terza volta che si incontrava con Benedet-to XVI ma in precedenza altre due volte si era visto con Gio-vanni Paolo II – ha rinsaldato i legami tra Stato italiano e San-ta Sede che in verità si erano un po’ allentati durante il pre-mierato Prodi per colpa delle frequenti entrate “a gamba tesa” di esponenti del Gover-no appartenenti all’ala sinistra

dell’Unione o della Sinistra ra-dicale nei confronti delle alte gerarchie ecclesiastiche.L’incontro ha avuto quindi il merito di riportare nei giusti binari la dialettica del confron-to tra lo Stato laico e la Chiesa, sottolineando comunque la vi-cinanza non solo istituzionale ma anche culturale e religiosa che lega storicamente le due Entità.Ma in concreto che cosa è uscito fuori da questo “rendez

vous” della durata di circa 40 minuti?La prima cosa che tutti i com-mentatori hanno sottolinea-to è il clima particolarmente amichevole che ha fatto da cornice all’avvenimento in questione. Sembra quindi aprirsi una nuova stagione nei rapporti con la Santa Sede la quale già da una settimana – durante la conclusione della 58° assemblea generale della CEI- aveva “avvertito con par-

ticolare gioia i segnali di un clima nuovo, più fiducioso e più costruttivo”nell’atmosfera politica che si respirava in Ita-lia dopo la vittoria del centro destra alle elezioni dello scorso mese di Aprile.In secondo luogo Berlusconi ha voluto ribadire un pensiero importante. La Chiesa rappre-senta un’immensa ricchezza per lo Stato italiano, il Quale a sua volta deve si rimanere laico, ma deve assolutamente fuggire dal pericolo di diven-tare ideologico, settario e addi-rittura totalitario. Il concetto è che richiamandosi alla stes-sa Carta Costituzionale non ci possono essere “preclusioni alla manifestazione di opinioni e principi da parte di alcuno” e che la Chiesa e le sue orga-nizzazioni hanno tutto il di-ritto di esprimere le proprie valutazioni, le quali saranno giudicate ed anche seguite- se ritenute opportune- dalle Isti-tuzioni laiche dello Stato. Una sorta di rassicurazione quindi da parte del Cavaliere nei con-fronti del Papa dopo che per i due anni precedenti la Chiesa si era trovata nell’occhio del ciclone laicista del Governo Prodi –attacchi al modello di famiglia fondata sul matrimo-

nio tra un uomo ed una don-na, riconoscimento delle unio-ni omosessuali, spinte estreme nel campo della bioetica.Dal canto suo il Santo Padre oltre che a parlare di “forte co-munanza di vedute” col Capo del Governo italiano ha voluto ribadire la necessità che lo sta-to italiano sostenga in maggior misura la scuola Cattolica e le politiche sociali in difesa della famiglia, riuscendo a strappare a Berlusconi -in quest’ultimo caso- un convinto si all’intro-duzione del quoziente familia-re che verrebbe anticipato già al prossimo Dpef se le risorse finanziarie lo consentiranno.Tale concessione di credito ed apprezzamento da parte della Santa Sede nei confronti del Governo Berlusconi sembra spazzare via le nubi che si erano addensate qualche giorno fa al momento delle critiche espres-se dalle alte sfere del Vaticano verso la proposta di legge che prevede l’introduzione del rea-to di immigrazione clandestina nel nostro ordinamento giudi-ziario. Critiche che avevano ridato fiato all’opposizione e al suo fantomatico “Governo Ombra” che a giorni alterni -a seconda delle convenienze – si riscoprono “mangiapreti”

o “baciapile”, ma che all’indo-mani dell’incontro in Vaticano e della sua ottima riuscita si sopiranno rapidamente.A quanto pare l’ottimismo verso l’azione dell’esecutivo di Berlusconi non si esaurisce “solo” con l’approvazione- im-portantissima di per se- data dal Papa, ma come conferma-no alcuni istituti di sondaggi ,anche dal resto degli Italiani.Infatti , la così detta “luna di miele” , del nuovo Governo nei confronti dei cittadini non accenna a finire.I dati parlano chiaro. Ben il 55% dei cittadini si ritiene soddisfatto dall’azione del go-verno- il 6% in più rispetto alla rilevazione di un mese fa-men-tre, tra gli intervistati, l’indice di gradimento nei confronti del Premier è lievitato a quasi il 60%! Numeri questi che la-sciano ben sperare riguardo la bontà e l’apprezzamento tra i cittadini delle politiche mes-se finora in cantiere, ma che non devono assolutamente far abbassare la guardia in quan-to ancora grandi problemi da risolvere si stagliano sullo sfondo del panorama politico italiano: Crisi Alitalia, grandi opere, rilancio dell’economia e della ricerca italiana.

Quando si parla del proble-ma del rapporto tra giustizia e libertà è sempre bene tenere a mente la storia dei due ricci infreddoliti: non possono stare troppo lontani altrimenti mo-rirebbero di freddo né possono stare troppo vicini altrimenti morirebbero trafitti dai propri aculei.Volendo cercare di riassume-re la ormai annosa questione della giustizia nel “bel paese” si possono circoscrivere le nu-merose questioni connesse in tre grossi insiemi: in primis, e non riguardante unicamente il problema giustizia, la mancan-za di fondi; in secondo luogo una scarsa, discutibile e spesso contrastante applicazione della normativa vigente; ed infine in relazione al connesso problema dell’immigrazione, l’eccessiva celerità del fenomeno di inte-grazione causato da una bre-vissima “gestazione” del nuovo Soggetto Europeo.Nel programma di Governo, ma leitmotiv anche dei pro-grammi degli altri soggetti politici, il punto focale è sem-pre stato individuato in un ne-cessario aumento progressivo delle risorse per la sicurezza e per l’amministrazione della giustizia in tutte le sue nume-rose accezioni ed applicazioni. Così per la costruzione di nuo-ve carceri, per una maggiore presenza di forze dell’ordine sul territorio, per l’apertura di nuovi Centri di permanen-za temporanei. Naturalmente tutti progetti della cui validità ma soprattutto della cui neces-

sità è difficile discutere. Il pro-blema sostanziale rimane però da anni sempre una continua e progressiva mancanza di fondi dovuta sia ad una scarsità og-gettiva connessa al momento socio-economico difficile cui tutta l’Europa si deve far ca-rico sia ad una ultradecennale “mala gestio” dei pochi quanto preziosi fondi a disposizione. “Mala gestio” male “sempre-verde” nel nostro Paese dovuto in parte a questioni culturali di clientelismo ed affini e in parte ad oggettiva incapacità. E’ dif-ficile pensare di poter investire nella giustizia per risolverne i problemi, forse sarebbe ne-cessario prima sfoltire i rami “secchi” ripartendo così dai pochi sani rimasti cercando di ottimizzarne il funzionamento. Iniziare dalle strutture esisten-ti cercando di farle rendere al meglio per poter così costruire intanto una base solida, costru-ire sane e robusta fondamenta sulle quali un domani poter se-riamente investire senza avere il timore che si stia costruendo su basi instabili.Le declamate riforme legisla-tive, altra soluzione paventata per ogni e qualsivoglia proble-ma e vendute a spron battu-to ad ogni notizia di crimine commesso, dalle morti bian-che alle violenze sulle donne, dai fenomeni della microcri-minalità alla lotta alle grandi organizzazioni, forse servono solo ad alimentare confusione e disagio non solo in chi le su-bisce passivamente ma anche, e questo è ancor più grave, in chi

ne dovrebbe far uso quotidia-no. In realtà le norme ci sono e chi ne deve far uso si rende sempre più conto di come più in là con gli anni siano e maggiore sia la loro chiarezza e correttezza espositiva tradu-cendosi il tutto in una mag-gior facilità applicativa. Certo alcune fattispecie hanno avuto ed avranno il bisogno di uno svecchiamento contenutistico che le faccia correre al passo con i tempi odierni. L’ennesi-mo tentativo di riforma dei co-dici, il continuo appellarsi ad un inutile inasprimento delle pene nonché il ricorso ai prin-cipi del “giusto processo” non sono le soluzioni adatte per un Paese il cui sistema di giustizia conta un numero esponenziale di testi legislativi, di leggi ap-provate dal Parlamento com-poste da pochissimi articoli di centinaia di commi (visto il meccanismo dell’approvazione articolo per articolo). La vera ed essenziale riforma sarebbe quella di ridurre il numero ab-norme di testi normativi con un contestuale accorpamento in testi unici delle molteplici quanto frastagliate leggi che “piovono” sulla medesima ma-teria. Tentare di dare una co-erenza logico-sistematica non solo ai testi legislativi ma an-che, per quanto possibile, alla loro interpretazione affinché non sia così ondivaga ed incer-ta lasciando che ogni giorno di più le lettere incastonate nelle aule di tribunale che decla-mano (o implorano?!) come la legge sia uguale per tutti si

coprano di polvere. Il reale e concreto problema, che qualsi-voglia operatore del diritto ha bene in mente, è una burocra-zia “elefantiaca”, un sovraffol-lamento di procedimenti che si traduce in lungaggini corrosive e sfiancanti che portano chi si ritiene dalla parte della ragione a stare il più lontano possibile da una aula di tribunale. Non si può pensare che il problema sia a livello normativo se in questi giorni un qualsiasi rin-vio in un processo civile finisce con l’essere collocato alla fine del 2010 se non inizio 2011! E se un procedimento penale al-meno una volta su tre termina con la formula “reato estinto per intervenuta prescrizione”! Il problema da affrontare non è quindi a livello teorico ma molto più pragmaticamente a livello di amministrazione del-la giustizia, di pulizia dei mec-canismi di funzionamento del motore processuale attraverso l’informatizzazione ed attra-verso investimenti sulle risorse umane. Prima di insegnare la professione è necessario inse-gnare il mestiere che vi è sotto. Creare più operatori del diritto e meno professori. Puntare sul funzionamento della macchi-na, sulla pulizia dei suoi ingra-naggi prima di stravolgerne il motore. Infine la questione sicurezza ed il problema dell’immigrazione. E’ chiaro come sotto gli occhi di tutti si assista oggi ad un fenomeno continuo di massa con spostamenti di intere po-polazioni che come tutti gli

animali, perché animali siamo, cercano di andare dove si pen-sa si possa vivere meglio (è una colpa?!). Si propongono meno sanatorie, lotte senza quartiere, permessi di soggiorno soltanto agli onesti lavoratori. Ma è un po’ come guardare il dito inve-ce che la luna. La questione a monte, ormai divenuta dato di fatto, deve ricercarsi nella celerità con cui si è data vita all’Unione Europea ed ai suoi principi di libera circolazione di mezzi, servizi e persone. Un fenomeno che avrebbe avu-to bisogno di una gestazione molto più lunga e lentamente progressiva. Un fiume in pie-na cui è stata aperta la diga in pochi giorni e che ha allagato gli insediamenti a valle trascu-randone le probabili e disastro-se conseguenze. Un’oca che è stata fatta ingrassare a ritmi in-naturali e che ora rischia seria-mente il collasso. Il problema non è l’immigrazione in sé ma la mancanza di una razionale e studiata programmazione nei decenni. L’integrazione ha bi-

sogno di tempi molto lunghi perché si possano limitarne le naturali conseguenze connesse. Non si può pensare di risolve-re ora e con strumenti inadatti un fenomeno di portata gene-razionale. E’ un circolo vizioso: chi ha bisogno di un permesso di soggiorno ha necessità di un lavoro ma chi cerca un lavoro ha bisogno del permesso di soggiorno. Una soluzione forse la si può rinvenire soltanto in una stretta e costante collabo-razione tra Paesi, un lavoro “di squadra” ed uno sforzo comu-ne per incentivare chi parte a restare e chi è partito a torna-re. Sostenere l’economia dei Paesi d’origine nel tentativo di bilanciare in parte le condi-zioni di vita per ottenere una costante riduzione del flusso migratorio. Soluzioni certo di difficile applicabilità ma quan-tomai necessarie. Se si vuole investire che si punti in que-sta direzione piuttosto che in inutili e non funzionali Centri di permanenza temporanea, se non apparente.

Il Premier in VaticanoBerlusconi visita per la quinta volta un Pontefice

Giustizia e libertà: due ricci infreddoliti

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La Piazza D’Italia - CulturaPag. 6 1-15/16-30 giugno 2008

Al lingotto le questioni socialiXXI Fiera del libro Torino. Seconda Parte

Terminiamo il nostro appun-tamento con la XXI edizione della Fiera Internazionale del Libro (08-12/05/2008) di To-rino raccontando gli eventi di carattere più sociale trattati al Lingotto.Inizio con l’appuntamento di sabato 10 alla sala Rossa, ore 17.30, in occasione della pre-sentazione del libro di Alessan-dra Dino; il tema era la mafia devota: chiesa, religione e Cosa Nostra.Con l’autrice, sono intervenuti al dibattito Gianrico Carofi-glio, Gian Carlo Caselli e don Luigi Ciotti. Nomi che non hanno certo bisogno di presen-tazione. Gli argomenti affrontati sono stati la ritualità della mafia, la sua religiosità e gli atteggia-menti della malavita, anche di copiatura, nei confronti della Chiesa.Voglio sottolineare che que-sto evento è stato a dir poco educativo, tuonante e tremen-damente deciso contro ogni mafia; stare lì ha significato toccare con mano quanto deve essere impietosa la lotta contro chi vuole essere padrone in una casa che non è la sua; i relatori hanno suscitato un imperati-vo categorico fondamentale in ognuno: coraggio.Carofiglio racconta di come la mafia presente in Puglia sia imitativa di quelle storiche, con simili rituali di affiliazione ed innalzamento di grado, de-cisi in base alla logica che il più violento si impone come capo o vice. Addirittura ci sono dei gradi in base ai delitti commes-si e vige un’unica regola: quella del più forte.La parola passa a Caselli e nella sala irrompe la sua voce.La chiesa, dice, ha spesso criti-cato la figura del pentito per-chè realmente la sua coscienza non desidera liberarsi del male che ha fatto; questi quindi, rappresenta solo una forma di contratto tra il malvivente e lo stato; è solo un traditore. Caselli invece afferma che in realtà, quando i pentiti parlano di imputati eccellenti, vengono denigrati e considerati da but-tare via.Nel suo blindatissimo sog-giorno a Palermo, racconta, che quando andava in chiesa, era rarissimo sentir parlare di mafia, quasi come se il dram-ma non esistesse; ma la realtà che bisogna sempre aver chiara nella mente è che, peccato non è solo fare ciò che non si deve fare, ma è anche, non fare ciò che si dovrebbe fare.Nel 1993 quando Papa Gio-vanni Paolo II ad Agrigento, tuonò contro la mafia e contro ogni tacita pacatezza della chie-sa siciliana con essa, i risultati furono l’attentato alla basilica di S.Giovanni a Roma e l’omi-cidio di Padre Puglisi. E solo nell’Aprile del 1994 la chiesa scomunica di fatto i mafiosi, affermando la loro incompati-bilità con la religiosità.Chi è inserito negli schemi del potere non arriva fino in fondo a comprendere, dice Caselli, che chi è morto di mafia, l’ha fatto come atto di fede e se l’uccisione è stato il risultato di

una vita condotta onestamente in difesa della legalità è perché tutti noi non siamo stati abba-stanza vivi da renderci conto di quello che accadeva.La chiesa deve fare energi-camente sua l’idea che chi è morto di mafia era assetato e affamato di giustizia e non deve neanche per un momento soffermarsi sulla possibilità del compromesso e della compia-cenza.E’ la volta di don Luigi Ciotti e la sala vibra per la sua inconte-nibile energia, per le sue preci-se, chiare, forti, accorate parole contro le mafie.Non solo lui si scalda, ma è tutta la sala a raccogliersi in riflessione con lui, ad ascol-tarlo silenziosamente ma de-cisamente motivata dalle sue affermazioni.Don Luigi Ciotti fa due pre-messe fondamentali: la mafia oggi è vivissima e sono perniciose illusioni quelle di chi pensa che solo perché al-cune teste sono cadute, allora siamo vicini alla sconfitta;la lotta alla mafia richiede una continuità ed una coerenza for-tissime.Il prete denuncia che il mes-saggio della chiesa riguardante l’incompatibilità delle mafie con il cristianesimo è arrivato in ritardo, invece già da tempo bisognava strattonare qualsiasi responsabilità, perché esse tol-gono i diritti. I suoi discorsi, cadono anche sulla morte di Don Peppino Diana, che aveva incontrato pochi giorni prima di essere ucciso dalla camorra; di que-sto fatto ne sottolinea la allu-cinante campagna denigratoria che si è fatta su di lui, dicendo che aveva problemi di donne e la cosa più vergognosa è stata l’indifferenza della comunità che non ha speso una parola per difendere il suo prete.La chiesa dice don Ciotti, deve essere chiara nei confronti delle organizzazioni criminali, pro-prio come fece don Peppino, perché quello di Dio è un mes-saggio di pace.Quando la chiesa non prende sufficientemente posizioni, non va difesa dice il relatore, perché a difenderla ci pensa lo Spirito Santo, mentre invece noi uo-mini dobbiamo occuparci delle cose difficili.Per ultima parla Alessandra Dino, l’autrice del libro. Il suo interesse, prima di pensare a questo libro, era indirizzato al ruolo delle donne nelle mafie, ma poi, si è resa conto, tramite fonti e studi, che tutte faceva-no riferimento ad una sorta di fede, ricorrendo a rituali, sacra-lità e simboli religiosi.In queste organizzazioni cri-minali, l’indebolimento della ritualità indica un venir meno di una certa coesione interna.Addirittura è successo, che il percorso di alcune processioni in paesini interni della Sicilia, venisse deviato perché bisogna-va andare ad omaggiare mafiosi appena usciti di galera.Quindi nel libro, l’autrice si chiede, come sia possibile ai mafiosi uccidere e poi circolare liberamente in chiesa e come sia possibile che questa sia

all’oscuro di tutto, compreso chi frequenta messa. Conclude l’intervento con un auspicio, espresso anche nel suo libro: la chiesa deve rom-pere i legami territoriali e le ra-dici storiche per essere in grado di combattere la mafia, perché quest’ultima è capace e attacca la chiesa quando si permette di interferire in affari che “non sono suoi”.La seconda relazione che voglio esporre è quella che si è tenuta venerdì 9 Maggio alle 21 alla Pagoda sui diritti di ieri e di oggi, da Martin Luther King all’odierna immigrazione.Sono intervenuti alla conferen-za l’ex ministro Paolo Ferrero e Paolo Naso.Inizialmente è stata introdotta l’esperienza di Martin Luther King: importantissimo è stato il contesto in cui egli ha agito, perché non è stato King a fare il movimento, ma è il movi-mento che rivendicava i diritti civili dei neri d’America a fare

King.King viene scelto come leader perché giovane, arrivato da poco in Alabama e perché ave-va indubbiamente una eccezio-nale capacità oratoria.Egli prende posizioni contro la guerra in Vietnam, perché denunciava un filo che acco-munava, povertà, militarismo e razzismo: voleva dimostrare che c’erano i soldi per fare la guerra, ma non per realizzare l’emancipazione per i neri po-veri d’America.Prima di passare la parola all’ex ministro, il relatore conclude con una nota critica, ricordan-do che tutti i documenti sul processo di King sono secretati fino al 2020.Ferrero prende la parola e co-mincia a discutere sulla neces-saria parità di diritti civili e so-ciali degli immigrati di oggi.King, dice, lottava contro una segregazione che aveva radici storiche, oggi il razzismo inve-ce ha un sostrato fondamenta-le: fino a poco tempo fa si era abituati a vivere il sogno ame-ricano, cioè un’idea progres-sista che vede la realizzazione di condizioni di vita migliori di generazione in generazio-

ne; rispetto a ciò, oggi si vive un’amara disillusione. Quindi la colpa di questa situazione viene scaricata sugli immigrati o sull’economia globale, vedi Cina, vedi India. Quindi l’au-toctono si difende. Poi l’ex ministro prende ad analizzare quelle situazioni dove secondo lui si cela razzi-smo oggi ed una di queste è ad esempio il problema delle liste degli asili nido sottolineando che zero punti vanno ai figli degli immigrati e che addirit-tura i clandestini non possono mandare i loro figli all’asilo. Ferrero dice che in un contesto di problemi economici l’Italia sta rispondendo con una chiu-sura dei diritti.A questo punto per forza di cose, le domande possibili da fare all’ex ministro sono tan-tissime e mi accingo a formu-larle silenziosamente nella mia mente: ma l’ex ministro forse non si è accorto che è stato al governo anche lui? No perché

pare che parli come se lui non avesse avute delle responsabili-tà in questi anni; a dire il vero sembra uno scrutatore esterno che sta facendo un’analisi un poco superficiale dei fatti. Ma ha per caso una sorella o una cugina che non sanno dove lasciare il proprio figlio di un anno, perché agli asili nido co-munali non c’è posto ?Che forse il problema prin-cipale su cui ruota il discorso immigrazione-disponibilità di risorse sta nel fatto che econo-micamente parlando l’Italia e gli Italiani stanno vivendo un periodo durissimo e non ve-dono come sia consentita loro la possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita e che la chiusura dei diritti è un dato di fatto che sperimentano sul-la propria pelle ogni giorno, a partire dal diritto al lavoro che di certo non è garantito in Ita-lia sebbene la Costituzione dica che il nostro paese è una Re-pubblica fondata sul Lavoro? Che forse quando si parla di rivedere la Costituzione, s’in-tende anche rivedere articoli fondanti del genere, perché in verità non corrispondono più al vero?

Ma dove vive l’ex Ministro? Forse oltre a “fascisti su Marte” si dovrebbe fare un altro do-cumentario intitolato magari “PD su Marte”.In tutto ciò una domanda dal pubblico mi precede: “Perché la sinistra ha lasciato che solo la destra si occupasse della lega-lità? L’idea che trionfa è che la prima non si sia impegnata su questo fronte, ma abbia delega-to alla seconda questo dovere”.L’ex ministro sinceramente sembrava un po’ turbato da questa questione postagli e poi ha risposto affermando che il punto fondamentale sta nella propaganda che si fa sulla si-curezza; egli propone quindi di lavorare di nuovo sulla tessitu-ra sociale, ponendo però una particolare cautela critica su ciò che dicono i mass media. Quindi prima di tutto focaliz-zare l’attenzione sulle relazioni che scaturiscono dall’informa-zione e poi ricostruire invece una densità di relazioni sociali.

Questa risposta ha lasciato quella certa sensazione di chi ha parlato un sonoro politichese e che apre a quel tanto di per-plessità che irrimediabilmente fa esclamare, con un’espressio-ne del volto un po’concentra-ta e un po’fissa, un rassegnato “bha”. Ci tengo a citare altre belle esperienze fatte alla fiera come quella che trattava l’argomento resistenza, guerra e rivolta, dove veniva presentato tra le altre in-teressantissime cose, il libro di Piero Burzio “ Kin dei monti”. Esso parla della resistenza nella seconda guerra mondiale e del-la Liberazione come un’espe-rienza anche esistenziale. Il 25 Aprile il protagonista del libro, il piccolo Kin compie 10 anni; il tutto assume il senso di una metafora della sua crescita. In-fatti all’arrivo del nemico nel suo paesino di Montagna Viù, il bimbo viene chiuso in una cantina per sfuggire alla guer-ra e alla fine, ne esce liberato e pronto, nel suo decimo anno di età, a fare i conti con le pro-prie paure, continuando poi a costruire nuove cantine da dove poi dover di nuovo venir fuori. Nel testo, la resistenza

viene considerata non un pun-to d’arrivo ma una tappa che segna nella vita, ogni personale superamento e una continua evoluzione critica e spirituale.Molto interessante è stata an-che la presentazione del libro/inchiesta di Stefano Livadiotti “l’altra casta”. Un reportage critico e provocatorio sulla ca-sta dei sindacati, soffocata or-mai dall’inefficienza, costruita come una macchina bizantina, che ha perso del tutto la sua innocenza in cambio di potere e sopravvivenza. Gli interventi dei relatori sottolineano come i sindacati ormai siano diventati una gigantesca sovrastruttura, dove vige una grande confusio-ne e una scarsa visione di orga-nismo e rappresentanza. Callieri afferma che in molti casi si scambia forse il senso di rappresentanza con la difesa di lobby e di interessi tutti parti-colari. Il sindacato deve ormai capire che è più importante chi il lavoro non ce l’ha di chi già

uno ne possiede.Si insiste sulla necessità di fa-cilitare l’accesso al lavoro e i sindacati devono comprendere che non si favorisce lo sviluppo quando si ingabbia il sistema in logiche di protezione, quando si blocca l’accesso al lavoro e quando si favoriscono le cor-porazioni. I sindacati soffrono di problemi gravi come scarsa rappresentanza, trasparenza e affidabilità; inoltre bisogna ri-cordare che c’è chi non gode oggi neanche di una rappre-sentanza. Essi devono dire no all’antagonismo, al conflitto e sì all’arricchimento di chi non lavora e di chi già lo fa.Il libro dice Livadiotti non è contro il sindacato, ma è un campanello di allarme.Concludo la pagina della fiera con l’affermazione di un’artista di nome Saba, grande ospite tra i protagonisti di Lingua Madre a questa edizione 2008 con tema la bellezza: que-sta, dice lei, deve essere intesa come cura; la musica, l’arte, la letteratura hanno la proprietà di curare la vita individuale dal disagio esistenziale e a livello societario esse sono portatrici di ideologie e creatività.

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L'arte secondo NietzscheIn tempi in cui la sensibilità artistica appare sempre più affievolirsi e perdersi nella me-moria storica, è un piacere par-lare oggi invece, di una mani-festazione che sembra indicare un tentativo di inversione di marcia.Il 7 Giugno al Circolo del Golf Acquasanta, c’è stata la presen-tazione della quarta edizione del Campus delle Arti che si terrà anche questa estate a San Gemini, dal 3 Agosto al 6 Set-tembre. In una sorta di vacanza studio, chi ama suonare la mu-sica classica potrà perfezionare la propria abilità attraverso l’esperienza di illustri maestri come Lior Shambadal, diretto-re dei Berliner Symphoniker.Per l’occasione sabato scorso, si sono esibiti giovanissimi futuri talenti, già studiosi ap-passionati. In un’ora si è stati trascinati in un mondo paral-lelo da questi allievi che hanno riproposto brani di F. Liszt, P.I. Cajkovskij, S. Joplin, D. So-stakovic, etc, diffondendo nel-la sala un’aria di romanticismo persa nei ricordi di una cultura di ben altri tempi. Sembrava che violini, pianoforte, clari-netti, viola e violoncelli, flauti ed archi, danzassero leggeri, armoniosi e vibranti, facendo sbocciare di nuovo il fior della bellezza.A quest’ultima purtroppo ci si disabitua facilmente, perciò essa deve essere sempre colti-vata, curata ed inseguita: ciò affinché l’uomo non si ricordi della sua dignità, solo quando

non ha più da mangiare.Siamo qui dunque per risve-gliarci e con Nietzsche riflet-tiamo un po’ sul significato dell’arte: in “Umano troppo umano” (ultimato nel Genna-io del 1878) dedica un capito-lo all’anima degli artisti e degli scrittori. La lettura del testo fa diventare consapevoli di quan-to ultimamente la parola arte sia un termine abusato e svuo-tato di significato e fa invece ricordare i contenuti che essa evocava in altri tempi.Egli afferma che in rapporto alla conoscenza della verità, l’artista ha una moralità più debole del pensatore: il primo non vuole assolutamente che la si privi delle profonde e bril-lanti interpretazioni della vita e si ribella ai metodi freddi e semplici che indagano la real-tà. Apparentemente lotta per una maggiore dignità e un più alto significato dell’uomo, ma in realtà non vuole rinunciare ai presupposti più efficaci del-la sua arte, ossia al mitico, al fantastico, all’incerto e al sim-bolico. L’arte afferma il nostro filosofo, adempie inoltre al compito di conservare, di rida-re un po’ di colore a concezioni spente, sbiadite, tramontate e quando riesce in questo scopo, essa salda un legame tra epo-che diverse, facendo tornare lo spirito di altri tempi.Indubbiamente salta agli oc-chi quanto ancora c’è da fare ai nostri giorni per recuperare una simbologia del genere e per realizzare qualcosa che sia

all’altezza dei tempi che furo-no.Si pongono all’arte troppe bar-riere anguste se si pretende che essa possa esprimere solo un pensiero ordinato ed un equi-librio morale; come nelle arti figurative, anche nella musica e nella poesia esiste accanto ad un’anima bella, una brutta alla quale forse riescono i più po-tenti effetti della rappresenta-zione: spezzare le anime, muo-vere le pietre e rendere umani gli animali.Di fronte ad uno scenario del genere, anche nello spettatore più libero, cioè colui che ha superato l’influenza di ogni trascendenza, si produce una risonanza metafisica, annullata da tempo. Ad esempio, questo può accadere dice Nietzsche, quando “ad un determinato passaggio di Beethoven, egli si sente sospeso sopra la terra, in una cattedrale di stelle, con in cuore il sogno dell’immor-talità: sembra che intorno gli brillino tutti gli astri e che la terra sprofondi sempre più in basso” (pag. 101). In questi istinti viene messo alla prova il carattere intellettuale di ogni pensatore.L’arte ha insegnato per mil-lenni a guardare con interesse e piacere alla vita in ogni sua forma, stimolando il nostro sentimento, al punto di far-ci esclamare “sia come sia, la vita è buona”. Questa eredità e abilità che essa ci ha lasciato fa provare piacere nell’esistenza e fa considerare la vita uma-

na parte della natura. Il senso dell’arte cresce dentro lo spiri-to dell’uomo e torna alla luce come bisogno di conoscenza; ciò che esso semina, esige di essere poi sempre appagato.Ma denuncia Nietzsche “Il meglio di noi l’abbiamo for-se ereditato da sentimenti di epoche antiche, alle quali oggi non possiamo giungere per via diretta; il sole è già tramonta-to, ma il cielo della nostra vita arde e risplende tuttora di esso, anche se noi non lo vediamo più” (pag. 124).Perciò coraggio ragazzi di San Gemini e non solo, è ora di vedere di nuovo questo sole, perché la spiritualità è neces-saria e la musica è in grado di suscitarla in modo sublime.Spesso il genio artistico vuole recare gioia, ma quando si tro-va ad un livello molto alto, gli manca facilmente chi ne goda e si trova a constatare che “esso offre cibi che nessuno vuole” (pag. 102). Ma bisogna con-tinuare a creare ugualmente, perché alla bellezza ci si deve esercitare e far abituare.Il pianista che esegue l’opera di un grande della musica classi-ca, avrà suonato nel modo mi-gliore se avrà fatto dimenticare il maestro e avrà dato l’impres-sione di narrare la propria esi-stenza o di star vivendo proprio in quel momento qualcosa di nuovo. Egli deve saper cattura-re la fantasia dell’ascoltatore. E a tutto ciò, sabato 7 Giugno è stato dato un senso .Al Campus delle Arti questa

estate, lo scopo non sarà solo di migliorare il proprio talento, ma anche di celebrare un inte-ressante connubio tra scienza e musica. Questo tema verrà esplorato nei luoghi più sugge-stivi della cittadina attraverso dieci concerti-conversazioni, con la partecipazione di do-centi e ricercatori universitari intervistati dalla giornalista scientifica Sara Maggi.Questo perché lo studio di un strumento, sviluppa abilità in tanti ambiti e mette insieme funzioni di diverse aree del cervello, stimolando attività cerebrali complesse. La musica e la scienza hanno degli aspet-ti in comune, sono capaci di collegare direttamente men-te e mani ed entrambe sanno fondere astratto e concreto. Per ciò si può affermare che la scienza è arte creativa e la mu-sica scienza sperimentale.Nietzsche in proposito dice che l’attività del genio non è fondamentalmente diversa da quella dell’inventore di mecca-nismi, dell’astronomo o dello storico; il pensiero di questi uomini è attivo in una dire-zione, ossia utilizza tutto come materiale, guarda con zelo co-stante alla vita interiore pro-pria e altrui e ovunque scorge esempi ed incitamenti: “anche il genio artistico non fa altro che imparare dapprima a porre pietre, poi a costruire, a cercare sempre materiale e a plasmarlo continuamente” (pag. 105).Ma forse, prosegue in un la-mento che suona come una

melodia malinconica e strug-gente, i vantaggi dei nostri tempi portano con sé una diminuzione e talora una sot-tovalutazione della vita con-templativa. La nostra epoca è terribilmente povera di grandi moralisti; pare manchi il tem-po per pensare e non si pren-dono in più in considerazione quelle idee fondamentali che esulano dalla norma. Ci si li-mita solo ad odiarle.Nell’accelerazione della vita, occhio e spirito si abituano a giudicare a metà o in modo errato ed ognuno finisce per assomigliare a quei viaggiatori che fanno la conoscenza di un paese o di un popolo dal tre-no. Pare che un atteggiamento cauto ed autonomo nello svi-luppare opinioni sia disprezza-to quasi come fosse una sorta di follia; infine, lo spirito libe-ro risulta essere screditato.L’attualità di queste parole è allarmante perché invece egli aveva ben altri auspici per il futuro: “ un lamento come questo che abbiamo appena intonato, avrà probabilmen-te il suo tempo e un giorno ammutolirà da solo, per un potente ritorno del genio della meditazione” (pag. 150).Ricordiamo che Nietzsche na-sce nel 1844 e muore nel 1900 e da allora, questo lamento an-cora non si è ammutolito: ora confidiamo nei giovani talenti e nella libera “aristocrazia” spi-rituale di ognuno per inverti-re una tendenza radicata fino all’indecenza.

XXI Fiera del libro Torino. Terza Parte

La bellezza ci salveràIl tema della fiera di quest’an-no era la “bellezza”, intesa nella sua accezione più alta, come fonte d’ispirazione del sublime, del giusto e dell’armonia nelle cose; Torino in questa edizione 2008 ha posto una speranza: ci salverà la bellezza.Molte sono state le manifesta-zioni dedicate a questo argo-mento ed è stato sinceramente entusiasmante anche seguirne solo alcune; qui in particolar modo si racconterà della Lec-tio Magistralis di Remo Bodei e non solo. Iniziamo con la relazione sui paesaggi sublimi, l’uomo di fronte agli spettacoli naturali del filosofo.Nella sala Azzurra, venerdì alle 18.30 il professore inizia ad incantare narrando che l’idea della bellezza naturale ha avuto la sua evoluzione nell’immagi-nario umano.Prima degli ultimi decenni del 1700, tutti quei luoghi che ispiravano armonia, forma, cal-colabilità, definizione, serenità, saggezza e amore erano cercati e sono stati il richiamo per tanti. Mentre altri, venivano evitati, allontanati anche dall’imma-ginario perché selvaggi e ostili, come i grandi monti, gli oceani e i vulcani. Di seguito, nella storia dell’uo-mo qualcosa cambia e quei posti che prima venivano con-siderati minacciosi, ora sono pieni di fascino ai suoi occhi. Questo accade, dice Bodei, perché nell’uomo stesso muta qualcosa:egli non si confronta più solo con Dio, ma anche con le forze naturali. L’uomo comprende la bellezza del per-

dersi nel tutto. Il pensiero si perde nel sel-vaggio e la natura che viene contemplata non è più quella artificiale e curata che porta all’affermazione del proprio io, ma si cerca il dissolvimento dell’individualità nella natura tormentata.Lo scopo per l’uomo di quei tempi romantici che furono, diventa inserirsi in una realtà estranea per riconoscersi parte del tutto ma anche reagire di fronte alla provata debolezza del proprio essere dinnanzi alla natura. L’uomo segue il suo bi-sogno di mettersi in gioco.Il sublime così, impedisce la resa nei confronti della bana-lità quotidiana, focalizza la sensazione che la vita non si riduce alla sola dimensione po-litica, ma miscela l’incontro tra trascendenza e realtà.Sul piano estetico l’idea del su-blime di questi tempi si carat-terizza in una forma di bellezza intensa di fronte ad una natura che può schiacciare l’uomo.L’eclissi di questa visione si ha quando l’uomo inizia a pensare di poter controllare la realtà e nei suoi confronti egli si fa solo scienziato; così l’idea del subli-me si sposta sul piano politico perché la natura in quanto tale perde il potere di spaventare; la sua fascinazione è oscurata dall’industrializzazione e infi-ne, nell’uomo pare non esserci più la volontà di superarsi. Nelle società democratiche de-cade l’ideale eroico dell’uomo che si solleva dal suo piano co-mune e si eleva per scopi più eccelsi; al sublime si preferisce qualcosa di più banale ma tran-

quillo.Qui subentra il paradossale su-blime politico di massa: il tota-litarismo.Esso si configura come possi-bilità di incarnarsi nella figura del dittatore: ovvio riferimento a Hitler, a Mussolini e a Stalin.Il singolo è spronato a superare se stesso prendendo a modello il capo. Vi è stata in questi casi, una crescita paradossale del proprio io, ma solo attraverso l’assunzione di un modello che in realtà schiacciava la propria individualità. In seguito, dalla seconda metà del ‘900 in poi, il sublime na-turale si incontra/scontra con il turismo di massa. Il viaggiatore è quello che raggiunge la na-tura individualmente mentre, il turista si accontenta di gite organizzate. Quest’ultimo è come se amasse dei surrogati del sublime e la cultura più su-perficiale finisce per sostituire quella più profonda.Bodei si chiede se la natura può ancora ispirare il sublime e la risposta è che, tornerà a fare questo quando l’uomo si farà di nuovo catturare da ciò che lo circonda senza più andare alla ricerca di chissà che mon-di, ma la sua funzione resta in-tatta e fondamentale: la ricerca del sublime è quel mezzo che ci sprona a sollevarci da una visione della realtà intesa in modo ottuso. Ora cambiamo giorno ma non tema perché sabato mattina alle 10.30 nella sala Azzurra, la bellezza è dedicata all’Islam; al dibattito partecipano Khaled Fouad Allam, Shaker Laibi, Li-lia Zaouali.

Di questa conferenza ogni di-scussione è stata ricca e ispirata e qui cercherò di riportare le idee chiave.Intanto apriamo la discussione così come è stata aperta poco meno di una settimana fa a Torino: nell’Islam c’è un im-portante detto: Dio è bello ed ama la bellezza. La relatrice che sottolinea di rifiutare qualsiasi religione, afferma che se dav-vero questo modo di dire fosse seguito alla lettera, la vita sa-rebbe sicuramente migliore.La bellezza divina è sintetizzata in 99 qualità e durante il Ra-madam questi 99 nomi belli di Maometto vengono sempre ripetuti di modo che anche le persone meno istruite che dif-ficilmente leggono il Corano, possano imparare i caratteri del loro profeta. Molti di questi aggettivi anche se sembrano se-parati e diversi tra di loro, tutti completano allo stesso modo l’idea di bellezza del divino.Nella moda femminile invece l’ideale di bellezza si sintetiz-za in un incontro tra vecchio e nuovo: quest’ultimo sta in strass e paillettes sulle vesti e il primo invece sta nel riproporre costumi che nel passato erano simbolo di fierezza ed eleganza per la donna, ma come dice la professoressa Zaouali, un velo resta sempre un velo e cosa ci può essere di innovativo in questo, non è dato sapere.Laibi invece ha parlato della inutilità della raffigurazione e della rappresentazione nell’ar-te islamica. Copiare la realtà spiega, non ha senso: perché significherebbe esprimere l’ine-sprimibile.

Egli si rifà al mito della caver-na platonico per cercare di fare intendere il senso di inutilità di ricreare le forme del mondo naturale; fare questo signifi-cherebbe solo riprodurre delle copie di quella realtà che in quanto assoluta non può essere riprodotta. Cercare di ricopiare tale bellezza, sarebbe solo rap-presentare un mondo di om-bre. Per questo motivo l’arte islamica si concentra sulle de-corazioni e non sull’immagine raffigurativa. Sabato pomeriggio invece, alle 16.30 nella Sala Blu, Elena Lo-ewenthal apriva il suo dibattito parlando delle donne nella cul-tura ebraica e per forza questo argomento non poteva che es-sere citato qui, dove appunto si parla di bellezza.L’incontro è stato purtroppo estremamente breve ma inten-so nelle sue tematiche. Dapprima si parla di creazione e l’ebraismo riflette sul fatto che l’uomo sia venuto per ultimo: ciò ha una forte connotazione ecologica ed etica: rispettare ciò che viene prima di noi.Nell’ebraismo c’è un unico ca-postipite ed anche su questo argomento si apre una pro-fonda riflessione: nessuno può rivendicare una posizione più nobile degli altri e la diversità è la più grande ricchezza che Dio sia riuscito a dare nella storia. Circa il peccato originale, dice la relatrice, non esiste nell’ebraismo, Eva ha fatto solo un errore e basta e il frutto che non si poteva mangiare è una metafora della conoscenza stes-sa. Eva quindi non è condan-nata: prende atto dell’errore

ma non ne segue un peccato originale.Elena Loewenthal sottolinea come nella religione israeliana sia forte l’identità della donna, sottolineando che l’apparte-nenza alla comunità ebraica dipende da lei: si è ebrei se si ha madre ebrea e ciò deriva dal fatto che lei conferisce la prima educazione al figlio, prima del-la sua uscita sociale. Nei luoghi di culto invece la donna non ha ruoli importanti e ci si chiede durante il dibatti-to se ciò indichi emarginazione o ripartizione di ruoli.La relatrice connota questa realtà come una naturale ri-partizione di ruoli e tra l’altro neanche assai pregiudizievole perché, che ci si trovi in dispar-te all’interno della sinagoga può comportare un’osservazio-ne più acuta e più attenta di chi sta invece in primo piano, l’uomo.Inoltre la professoressa vede un parallelismo tra l’emanci-pazione del popolo ebraico e l’emancipazione della donna: in entrambi i casi si può parlare di un necessario ed importante riscatto che entrambi devono prendersi alla società. Dimo-strare al mondo quanto vale la pena l’emancipazione di en-trambi.Con questa importante affer-mazione, termino qui il gran-de tema della bellezza trattato a Torino in questa edizione 2008 con la consapevolezza di quanto esso ha saputo dare e domandarsi, concentrandosi su una realtà evidente: il bel-lo non conosce separazioni né ideologiche né religiose.

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Dino RisiUn pioniere della storia della commedia all'italiana al servizio della cultura

Lazio d'eccellenzaLa Cantina Sant'Andrea fiore all'occhiello della regione

La famiglia Pandolfo proprie-taria della Cantina Sant’An-drea produce vino dalla fine del 1800, prima in Sicilia poi in Tunisia e dal 1964 in provin-cia di Latina, a Borgo Vodice-Terracina.Ha all’attivo numerosi premi e riconoscimenti autorevoli, ma quest’anno è riuscita a con-quistare il top delle vittorie - a cui ogni azienda vinicola aspi-ra - ovvero la medaglia d’oro al Concorso Internazionale Vi-nitaly con l’etichetta ”Dune”, Circeo Bianco Doc 2006.Il Lazio per la prima volta si fregia di una vittoria così pre-stigiosa.Siamo andati ad intervistare Andrea Pandolfo, che assieme a suo padre l’enologo Gabrie-le Pandolfo, sono gli artefici di questo grande successo.

Ciao Andrea,Vinitaly 2008, “Dune” con-quista il podio, una vittoria annunciata o inaspettata?

Completamente inaspettata. Nel nostro settore, il concorso Vinitaly è più importante e il più severo al mondo. Quest’an-no, per noi, è stata una “buona annata” e sinceramente un ri-conoscimento l’aspettavamo, ma in cuor nostro pensavamo al Moscato di Terracina, non proprio al Dune, essendo l’ul-timo vino nato della nostra cantina. “Dune” rientra nella categoria dei vini bianchi in-vecchiati in legno che è qual-cosa di nuovo per noi. La no-stra idea era di fare un bianco affinato in botte lavorato in modo particolare sia a livello di uve che a livello tecnologico…quando abbiamo saputo della medaglia d’oro beh…siamo ri-masti sbalorditi! Anche perché campanilisticamente parlando, la regione Lazio non aveva mai vinto una medaglia d’oro al concorso Vinitaly.

Ma il Vinitaly vi ha spesso re-galato soddisfazioni…

Noi partecipiamo a questo concorso da circa 11 anni. Sì, siamo riusciti, in passato, ad aggiudicarci altri riconosci-menti importantissimi e varie volte abbiamo conquistato le “Gran menzioni” ( un tipo di riconoscimento attribuito da una giuria di esperti quando un vino riceve una valutazio-ne sopra gli 80 centesimi ndr). Abbiamo riscosso il “Premio speciale Vinitaly 2005” che viene attribuito da un panel di degustatori professionisti ad un’azienda, che con tre vini in tre categorie diverse, ha rag-giunto il massimo punteggio, una grande soddisfazione! Due anni fa c’è stata assegnata la me-daglia mondiale di bronzo con il nostro Passito. Quest’anno poi, alla medaglia d’oro, siamo riusciti ad affiancare anche tre “Gran menzioni”: con lo spu-mante Oppidum, di cui siamo orgogliosissimi perché è molto particolare, con il vino Riflessi Rosato, presentato per la prima volta a questo concorso, e con il vino Sogno, un rosso storico della nostra cantina.

Siete più propensi a produrre vini legati più alla tradizione o all’innovazione?Dalla parte del Circeo abbiamo una zona franca da tradizione vinicola e ci sentiamo quindi liberi di poterci avvalere della sperimentazione, utilizzando tecniche e metodologie moder-ne; mentre nella zona di Terra-cina ci sentiamo più vincolati alla tradizione, per via del Mo-scato che è un vitigno autocto-no, il quale ci ha regalato i mi-gliori risultati quando ci siamo

avvalsi dell’innovazione.

Attualmente, quali sono i vini che vanno di moda?Il rosato che per lungo tempo in Italia è stato ignorato, in quanto era opinione diffusa considerarlo senza un’identità precisa, oggi lo si sta riscopren-do. Quest’anno, per la prima vol-ta, abbiamo deciso di portare il nostro rosé al concorso Vi-nitaly e come ho detto poco fa, ha conquistato una “Gran menzione”. E’ un vino che ha circa 12,50°, abbiamo giocato molto sul frutto, sul profumo e sulla freschezza.Quanto incide la creatività sul vostro lavoro?Noi cerchiamo di proporre vini che abbiano una certa origina-lità, interpretando le materie prime che abbiamo a disposizio-ne in un modo da ottenere un prodotto diverso rispetto ad un concorrente che ha le medesime materie. Creatività quindi non so…piuttosto direi che ad inci-dere sul nostro lavoro sono l’ori-ginalità e la sperimentazione.

I vigneti autoctoni sono un pa-trimonio?Sono, dal punto di vista eno-logico, una salvezza per l’Italia, per la varietà che abbiamo ri-spetto alla concorrenza inter-nazionale. Tre quarti del pia-neta coltiva Cabernet, Merlot, Chardonnay… C’è da dire che sono “uve facili”, nel senso che crescono bene in ogni zona e danno ottimi risultati ovunque. Mentre i vitigni autoctoni del-la nostra penisola sono spesso problematici, più impegnativi,

molto più difficili da coltivare. Al consumatore occorre dare un vino che proviene sì da uve autoctone ma che abbia poi un gusto interessante e piacevole.

Continuerete la sperimenta-

zione?Sì certo! Non può finire mai. Abbiamo già in mente altre idee per qualche vino nuovo… ma occorre un po’ di tempo. Buon lavoro!

Alice Lupi

Percorso strano quello di Dino Risi, classe 1916, che dopo aver conseguito la lau-rea in Medicina, si rifiuta di diventare uno psichiatra, come avrebbero desiderato i genitori, e inizia la sua carrie-ra cinematografica lavorando per Mario Soldati e Alberto Lattuada. La sua opera prima è un cortometraggio girato nel 1946, Barboni, sulla disoccu-pazione a Milano. Nel 1951

all’età di 35 anni gira il suo primo lungometraggio, grazie all’incontro con il produttore Carlo Ponti, Vacanze col gan-gster, ma il successo arriva con Pane amore e… 1955, sequel dei fortunati Pane, amore e fantasia e Pane, amore e gelo-sia, che raccontano le comiche imprese del maresciallo Caro-tenuto, interpretato in tutte e tre le pellicole da Vittorio De Sica. Continua poi con Pove-

ri ma belli (1956), commedia che riscosse grande consenso di pubblico, tanto da avere an-che due sequel. Risi lavora con tanti grandi attori, ma princi-palmente con Alberto Sordi, Nino Manfredi e Vittorio Gas-sman, i suoi "prediletti". Con Sordi gira Il vedovo (1958), ci-nica satira di costume con una grande Franca Valeri, mentre dirige Gassman ne Il matta-tore (1960), film che vede la definitiva affermazione dell'at-tore genovese in ruoli comici, dopo l'exploit dei Soliti ignoti di Monicelli.Gli anni' 60 consacrano il ci-nema di Dino Risi, vari critici lo assimilano a Billy Wilder. Offre a Sordi un ruolo dram-matico in Una vita difficile (1961), a fianco di Lea Massa-ri; e rivoluziona la commedia privandola dell'happy-ending ne Il sorpasso (1962), la pel-licola più indissolubilmente legata al suo nome, antesigna-na dei road-movie americani, con un irresistibile Vittorio Gassman, impegnato nella ini-ziazione alla vita di un timido e impacciato studente (Jean-Louis Trintignant), sullo sfon-do dell'Italia del boom econo-mico. Gassman è protagonista anche nella Marcia su Roma (1962) e nei Mostri (1963),

entrambi con Ugo Tognazzi co-protagonista.Accusato spesso di "incon-sistenza" dai critici cinema-tografici, era un maestro nel saper coniugare episodi diver-tenti a prediche sull'avvenire dei figli, sui doveri della fami-glia, su nodi nevralgici nella vita di tutti i giorni, senza di-menticare il suo capolavoro sul dramma della solitudine con Profumo di donna del 1974 (ancora una volta Gassman ne è il protagonista) tanto da conquistarsi l'onore di un re-make americano – Scent of a Woman – Profumo di don-na (1992) con Al Pacino – e

anche un David di Donatello per la miglior regia, un César come miglior film straniero e una nomination all'Oscar per la sceneggiatura non originale. Impossibile parlare di tutti i suoi film perché si rischiereb-be di cadere in un elenco te-lefonico, ma quando decide di ritirasi dalla carriera cine-matografica inizia il tempo dei grandi riconoscimenti, il Leone d'Oro alla carriera nel 2002, il David Speciale vin-to nel 2005, l'autobiografia firmata nel 2004 "I miei mo-stri", fino al trascorrere degli anni in un bell'appartamento del residence Aldrovandi a

Roma, nel cuore del quartiere Parioli, dove si spegne il 7 giu-gno 2008. Il cinema italiano e mondiale ha perso un uomo e un regista dallo sguardo provo-catorio e provocante, disincan-tato e cinico, autore di grandi capolavori della commedia all'italiana. Si chiude per sem-pre la palpebra sotto cui l'oc-chio umano spiava con impie-toso umorismo e amarezza vizi e vezzi del nostro paese. Un occhio quasi scientifico, con un gusto per il dettaglio, per lo stile, per il costume, con la giusta e necessaria mancanza di indulgenza, ma con bene-volenza.