1-15/16-30 settembre 2009 - Anno XLV - NN. 63 - 64 - Fini - Berlusconi: sereno variabile

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Si è svolta tra toni roboanti e obiettivi ambiziosissimi l’ul- tima assemblea generale della Nazioni Unite, l’obiettivo era quello di combattere il Global Warming e favorire il disarmo nucleare. Ma, come si dice, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e che l’assemblea potesse risolversi in una orrenda sceneggiata, come poi in effetti è stato, bisognava aspettarselo, del resto come ha detto David Letterman nel suo celebre show, sino ad ora non si era mai vista a Manhattan una tale concentrazione di dittatori. Difficile aspettarsi qualcosa di diverso. Mentre sul Global Warming alla fine si è arrivati ad una altro im- mancabile nulla di fatto, persi come si è tra il dubbio che esso esista per davvero o se invece non si tratti semplicemente di un aggiustamento climatico do- vuto a fattori che sfuggono alla possibilità dell’intervento uma- no, il risultato portato a casa dall’ONU tra tanti clamori, ab- bracci ed applausi è stato quello dell’approvazione della mozio- ne degli Stati Uniti d’America sulla non proliferazione e sul disarmo degli arsenali nucleari, un risultato definito dai grandi mass media internazionali “sto- rico”. Ebbene poche ore dopo le agen- zie di stampa di tutto il mondo si sono ritrovate a battere la notizia della scoperta di un im- pianto di arricchimento nuclea- re clandestino in Iran. Dal can- to suo la Repubblica Islamica si è limitata a confermare. La mozione? Il grande risultato raggiunto dalla Amministrazio- ne Obama sarà quello di essere riuscita a vincolare unicamente nazioni vincolabili, quali gli States o i paese occidentali, for- se la Federazione Russa ad un disarmo progressivo, ma il prov- vedimento – come dimostra il rinvenimento dell’impianto nucleare fantasma iraniano – è chiaramente del tutto inadatto a bloccare le pruderie belliche degli stati borderline tra l’entu- siastica adesione a nuove versio- ni dell’ Axis of Evil e il semplice soffio continuo sull’odio nazio- nalista, interreligioso, etnico o Circa due ore e mezzo è dura- to il colloquio - strettamente riservato - tenutosi a casa Let- ta tra il Presidente del Consi- glio Berlusconi e il Presiden- te della Camera Gianfranco Fini, incontro che ha avuto un solo obiettivo: ripianare le divergenze di carattere po- litico emerse tra i due negli ultimi mesi. Il colloquio a quanto pare si è risolto in modo estremamente positivo, se personaggi come Urso e Bocchino - entrambi vicinissimi all’ex presidente di Alleanza nazionale - han- no potuto esprimere tutta la loro soddisfazione per l’esito dell’incontro affermando che si sono poste finalmente le premesse per ripartire insieme e che è emersa la volontà re- ciproca di dar vita a quel per- corso che potrà portare al fu- turo rafforzamento del PdL. Lo stesso Berlusconi, d’altron- de, rispondendo a coloro i quali chiedevano un commen- to sui risultati della riunione avuta col Presidente della Ca- mera, andava affermando che si riteneva pienamente soddi- sfatto dell’ottimo confronto specificando che tra lui e Fini non c’erano differenze così profonde: il pollice alzato, ad indicare la riuscita del vertice e la visibile soddisfazione che il Primo Ministro aveva stam- pata sul volto al momento di abbandonare la residenza del Sottosegretario alla Presiden- za del Consiglio Gianni Letta ne erano poi un’ulteriore e concreta dimostrazione. I fondamentali temi che l’agenda dell’incontro preve- deva di affrontare - oltre che le generiche e preventivate as- sicurazioni di reciproca stima che i due si sono fatte - sono stati principalmente la manie- ra di dare un maggiore impul- so alla crescita del progetto del PdL, il maggior coinvol- gimento del Presidente della Camera nelle decisioni politi- che inerenti la vita del Popolo delle Libertà e la strategia da mettere in campo la prossima primavera al momento delle elezioni amministrative che interesseranno parecchie del- le regioni più importanti del Paese. Fini praticamente ha ribadi- to la propria volontà di non voler assolutamente abbando- nare il percorso intrapreso al momento dello scioglimento di Alleanza Nazionale e del- la successiva confluenza nel PdL sostenendo altresì con forza che è necessario strut- turare il Popolo delle Libertà in maniera diversa da quanto al momento si va prefiguran- do: non un partito “fluido” quindi, o solo un movimento, una macchina che si metta in moto unicamente in occasio- ni di elezioni e che sia stret- tamente dipendente dal lea- der nazionale del momento, ma un vero e proprio partito consolidato territorialmente e radicato all’interno di tutti gli strati sociali. L’altro argomento scottante di cui Berlusconi e il Presi- dente della Camera hanno preso in esame è stato quello COPIA OMAGGIO In caso di mancato recapito restituire a Poste Roma Romanina per la restituzione al mittente previo addebito - TAXE PERCUE tass. riscoss Rom-Italy — Fondato da Turchi — www.lapiazzaditalia.it Fini - Berlusconi: sereno variabile ONU: il circo è a New York LA PIAZZA D’ITALIA Per la vostra pubblicità telefonare allo 800.574.727 Fiume: un ricordo di D'Annunzio e dei legionari A Kabul ancora il sangue dei nostri soldati CULTURA — a pagina 4 — — a pagina 6 — ESTERI La decadenza europea e la sua rinascita Ricco, continuamente aggiornato: arriva finalmente sul web il nuovo punto di riferimento per i giovani e per un nuovo modo di fare politica in Italia Una Piazza di confronto aperta al dibattito su tutti i temi dell’agenda politica e sociale per valorizzare nuove idee e nuovi contenuti www.lapiazzaditalia.it Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L27/02/2004 num. 46) art. 1 comma 1 - DCB-Roma 1-15/16-30 Settembre 2009 - Anno XLV - NN. 63-64 0,25 (Quindicinale) Erano gli albori del 2000 quando in una Univer- sità Americana (la Boston University) incominciai a sentire critiche rivolte all’Europa, sia come en- tità, sia come struttura po- litica che economica, che per quello che riguarda la parte culturale, storica, religiosa degli ultimi anni del ‘900. Incominciai all’epoca a parlare di deca- denza Europea, anche se le sfide dell’Europa aumen- tavano con l’allargamento a 27 verso l’est e l’Euro si incominciava ad intrave- dere, e proprio per questo incominciai la mia analisi e cercai di dare una rispos- ta con le relative soluzioni. Una Europa che dal punto di vista del trittico famoso Dio, Padre e Famiglia poco seguiva o meglio poco in- vestiva. Infatti del Dio, di Santa Romana Chiesa, che aveva fatta grande la Roma Im- periale e Forte l’Europa di De Gasperi, Spinelli e di Shuman, si incominc- iava a vedere l’apertura alla Turchia, che benché fonda- mentale sul piano militare - economico, poco cen- trava con la storia Europea ma anche come era entrata in precedenti passaggi storici in contatto con la cultura europea, così aveva determinato gravi fratture all’antico continente in molti settori. Per quello che riguarda la famiglia bastava analizzare il tasso demografico che era considerato un dato poco rilevante, ma non ci accorgevamo che piano piano nessuno metteva più figli al mondo rispetto a quelli che ci precedevano o meglio il tasso restava sempre negativo. Il concetto di patria, in un momento di euforia della cosìdetta globalizzazione e di allargamento dei con- fini dell’Europa stessa, div- entava un elemento ridon- dante e vorrei dire quasi fatiscente, nel momento che si voleva sottolin- eare con elementi culturali Abb. sostenitore da 1000 - Abb. annuale 500 - Abb. semestrale 250 - Num. arr. doppio prezzo di copertina Segue a pagina 4 Segue a pagina 2 Segue a pagina 2 di FRANZ TURCHI Un'assemblea policromatica tra buoni propositi e farneticazioni Finalmente Berlusconi e Fini si sono incontrati faccia a faccia per tentare di superare i problemi delle ultime settimane

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Fini - Berlusconi: sereno variabile - Quarto potere - La decadenza europea e la sua rinascita - Il New Deal Roosveltiano per rilanciare il Sud - OCSE: la ripresa economica sarà lenta - ONU: il circo è a New York - A Kabul ancora il sangue dei nostri soldati - Obama e la riforma sanitaria - Lockerbie: 270 morti e un colpevole, libero - Il ritorno di Savonarola - Passo falso di Obama? - Libia: 40 anni della rivoluzione - Fiume: un ricordo di D'Annunzio e dei legionari - Locke: la conoscenza della legge naturale - Obbligo di cura anche per i conviventi - I “reati culturali” nell’occhio del ciclone - Mosley, Briatore e l'assurdo - Nel cesenate tra gustosità culinarie e artigianato

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Si è svolta tra toni roboanti e obiettivi ambiziosissimi l’ul-tima assemblea generale della Nazioni Unite, l’obiettivo era quello di combattere il Global Warming e favorire il disarmo nucleare.Ma, come si dice, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e che l’assemblea potesse risolversi in una orrenda sceneggiata, come poi in eff etti è stato, bisognava aspettarselo, del resto come ha detto David Letterman nel suo celebre show, sino ad ora non si era mai vista a Manhattan una tale concentrazione di dittatori. Diffi cile aspettarsi qualcosa di diverso.Mentre sul Global Warming alla fi ne si è arrivati ad una altro im-mancabile nulla di fatto, persi

come si è tra il dubbio che esso esista per davvero o se invece non si tratti semplicemente di un aggiustamento climatico do-vuto a fattori che sfuggono alla possibilità dell’intervento uma-no, il risultato portato a casa dall’ONU tra tanti clamori, ab-bracci ed applausi è stato quello dell’approvazione della mozio-ne degli Stati Uniti d’America sulla non proliferazione e sul disarmo degli arsenali nucleari, un risultato defi nito dai grandi mass media internazionali “sto-rico”.Ebbene poche ore dopo le agen-zie di stampa di tutto il mondo si sono ritrovate a battere la notizia della scoperta di un im-pianto di arricchimento nuclea-re clandestino in Iran. Dal can-

to suo la Repubblica Islamica si è limitata a confermare.La mozione? Il grande risultato raggiunto dalla Amministrazio-ne Obama sarà quello di essere riuscita a vincolare unicamente nazioni vincolabili, quali gli States o i paese occidentali, for-se la Federazione Russa ad un disarmo progressivo, ma il prov-vedimento – come dimostra il rinvenimento dell’impianto nucleare fantasma iraniano – è chiaramente del tutto inadatto a bloccare le pruderie belliche degli stati borderline tra l’entu-siastica adesione a nuove versio-ni dell’ Axis of Evil e il semplice soffi o continuo sull’odio nazio-nalista, interreligioso, etnico o

Circa due ore e mezzo è dura-to il colloquio - strettamente riservato - tenutosi a casa Let-ta tra il Presidente del Consi-glio Berlusconi e il Presiden-te della Camera Gianfranco Fini, incontro che ha avuto un solo obiettivo: ripianare le divergenze di carattere po-litico emerse tra i due negli ultimi mesi.Il colloquio a quanto pare si è risolto in modo estremamente positivo, se personaggi come Urso e Bocchino - entrambi vicinissimi all’ex presidente di Alleanza nazionale - han-no potuto esprimere tutta la loro soddisfazione per l’esito

dell’incontro aff ermando che si sono poste fi nalmente le premesse per ripartire insieme e che è emersa la volontà re-ciproca di dar vita a quel per-corso che potrà portare al fu-turo raff orzamento del PdL.Lo stesso Berlusconi, d’altron-de, rispondendo a coloro i quali chiedevano un commen-to sui risultati della riunione avuta col Presidente della Ca-mera, andava aff ermando che si riteneva pienamente soddi-sfatto dell’ottimo confronto specifi cando che tra lui e Fini non c’erano diff erenze così profonde: il pollice alzato, ad indicare la riuscita del vertice

e la visibile soddisfazione che il Primo Ministro aveva stam-pata sul volto al momento di abbandonare la residenza del Sottosegretario alla Presiden-za del Consiglio Gianni Letta ne erano poi un’ulteriore e concreta dimostrazione.I fondamentali temi che l’agenda dell’incontro preve-deva di aff rontare - oltre che le generiche e preventivate as-sicurazioni di reciproca stima che i due si sono fatte - sono stati principalmente la manie-ra di dare un maggiore impul-so alla crescita del progetto del PdL, il maggior coinvol-gimento del Presidente della

Camera nelle decisioni politi-che inerenti la vita del Popolo delle Libertà e la strategia da mettere in campo la prossima primavera al momento delle elezioni amministrative che interesseranno parecchie del-le regioni più importanti del Paese.Fini praticamente ha ribadi-to la propria volontà di non voler assolutamente abbando-nare il percorso intrapreso al momento dello scioglimento di Alleanza Nazionale e del-la successiva confl uenza nel PdL sostenendo altresì con forza che è necessario strut-turare il Popolo delle Libertà

in maniera diversa da quanto al momento si va prefi guran-do: non un partito “fl uido” quindi, o solo un movimento, una macchina che si metta in moto unicamente in occasio-ni di elezioni e che sia stret-tamente dipendente dal lea-der nazionale del momento, ma un vero e proprio partito consolidato territorialmente e radicato all’interno di tutti gli strati sociali.L’altro argomento scottante di cui Berlusconi e il Presi-dente della Camera hanno preso in esame è stato quello

COPIA OMAGGIO In caso di mancato recapito restituire a Poste Roma Romanina

per la restituzione al mittente previo addebito - TAXE PERCUE tass. riscoss Rom-Italy

— Fondato da Turchi —

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Fini - Berlusconi: sereno variabile

ONU: il circo è a New York

LA PIAZZA D’ITALIA

Per la vostra pubblicitàtelefonare allo 800.574.727

Fiume:un ricordodi D'Annunzioe dei legionari

A Kabul ancorail sangue deinostri soldati

CULTURA

— a pagina 4 — — a pagina 6 —

ESTERI

La decadenza europea e la sua rinascita

Ricco, continuamente aggiornato: arrivafi nalmente sul web il nuovo punto

di riferimento per i giovani e per unnuovo modo di fare politica in Italia

Una Piazza di confronto aperta aldibattito su tutti i temi dell’agenda

politica e sociale per valorizzare nuoveidee e nuovi contenuti

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Erano gli albori del 2000 quando in una Univer-sità Americana (la Boston University) incominciai a sentire critiche rivolte all’Europa, sia come en-tità, sia come struttura po-litica che economica, che per quello che riguarda la parte culturale, storica, religiosa degli ultimi anni del ‘900. Incominciai all’epoca a parlare di deca-denza Europea, anche se le sfi de dell’Europa aumen-tavano con l’allargamento a 27 verso l’est e l’Euro si incominciava ad intrave-dere, e proprio per questo incominciai la mia analisi e cercai di dare una rispos-ta con le relative soluzioni. Una Europa che dal punto di vista del trittico famoso Dio, Padre e Famiglia poco seguiva o meglio poco in-vestiva.Infatti del Dio, di Santa Romana Chiesa, che aveva fatta grande la Roma Im-periale e Forte l’Europa di De Gasperi, Spinelli e di Shuman, si incominc-iava a vedere l’apertura alla Turchia, che benché fonda-mentale sul piano militare - economico, poco cen-trava con la storia Europea ma anche come era entrata in precedenti passaggi storici in contatto con la cultura europea, così aveva determinato gravi fratture all’antico continente in molti settori.Per quello che riguarda la famiglia bastava analizzare il tasso demografi co che era considerato un dato poco rilevante, ma non ci accorgevamo che piano piano nessuno metteva più fi gli al mondo rispetto a quelli che ci precedevano o meglio il tasso restava sempre negativo.Il concetto di patria, in un momento di euforia della cosìdetta globalizzazione e di allargamento dei con-fi ni dell’Europa stessa, div-entava un elemento ridon-dante e vorrei dire quasi fatiscente, nel momento che si voleva sottolin-eare con elementi culturali

Abb. sostenitore da € 1000 - Abb. annuale € 500 - Abb. semestrale € 250 - Num. arr. doppio prezzo di copertina

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Segue a pagina 2

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di FRANZ TURCHI

Un'assemblea policromatica tra buoni propositi e farneticazioni

Finalmente Berlusconi e Fini si sono incontrati faccia a faccia per tentare di superare i problemi delle ultime settimane

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Via E. Q. Visconti, 2000193 - Roma

Luigi TurchiDirettore

Franz Turchico-Direttore

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Registrato al tribunale di Roma n.9111 - 12 marzo 1963

Concessionaria esclusiva per la vendita: S.E.E. s.r.l.Via San Carlo da Sezze, 1 - 00178 Roma

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FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI SETTEMBRE 2009

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Finalmente Berlusconi e Fini si sono incontrati faccia a faccia per tentare di superare i problemi delle ultime settimane

La politica cerca sempre più spesso di piegare i mass media ai propri interessi

per informazioni e abbonamentichiamare il numero verde:

Dalla Prima

Fini - Berlusconi: sereno variabiledel ruolo e del peso decisio-nale del cofondatore del PdL, Fini. Anche in questo caso il Presidente del Consiglio ha assicurato al suo interlocu-tore una maggiore concerta-zione tra i due al momento delle decisioni politiche e soprattutto una ridefi nizione dell’asse programmatico del Governo in una posizione col baricentro meno sposta-to sulle posizioni della Lega Nord; a tal riguardo Fini si è mostrato meno ottimista del Cavaliere principalmente nel breve periodo.In effetti, tra tutte, questa sembra essere la “concessio-ne” più difficile che Berlu-sconi ha intenzione di accor-dare al suo alleato in quanto ricorda benissimo di quante difficoltà e quali ostacoli a realizzare il programma di governo furono causa le con-

tinue intromissioni di Casini e Fini nel rapporto di forza tra Forza Italia e la Lega di Bossi, due legislature orso-no, in ogni caso il Presidente della Camera è al momento sprovvisto della sua vecchia spalla centrista - e difficil-mente Fini avrò intenzione di ristabilire quel rapporto privilegiato con Casini an-che solo per calcolo politi-co - quindi potrà fare meno pressione e in definitiva una ridimensionata alla Lega anche nell’ottica delle ri-vendicazioni delle elezioni regionali prossime in tutto il Nord Italia non può certo far altro che piacere a Berlu-sconi.In ultimo i due massimi esponenti del centro-destra italiano hanno discusso di elezioni amministrative, e qui il Presidente della Ca-mera ha esposto la sua po-

sizione riguardo soprattutto la necessità di candidare un proprio uomo - o donna? - alla guida della regione La-zio: Berlusconi sembrerebbe aver dato il suo nulla osta ma sarà Fini che dovrà trovare l’accordo con i suoi colon-nelli romani che un giorno si e l’altro pure tirano fuori dal cilindro un nome nuovo per la corsa alla “Pisana” del-la prossima primavera.In definitiva quindi tutto sembra essersi messo per il meglio nei rapporti tra Fini e Berlusconi e solo il futuro prossimo ci potrà dire se tale incontro sia stato o meno positivo.Quello che in realtà appare molto più incerto è ciò che l’elettore “tipo” del centro-destra ha capito della vicen-da riguardante i rapporti tra i due leader.Siamo certi che gli “aficiona-

dos” del PdL abbiano com-preso quali siano le inten-zioni dei Due rispetto alla struttura del Partito?Siamo sicuri che ai cittadi-ni interessi veramente quale sia la struttura organizzativa del partito se poi non gli è permesso scegliere diretta-mente i propri candidati alle elezioni amministrative o politiche?Agli elettori di destra inte-ressa più che Fini abbia un peso decisionale adeguato nel nuovo contenitore politico - e se si, siamo sicuri che tutti si sono chiesti almeno una volta perché egli abbia accettato la carica di Presidente della Ca-mera, invece che entrare più incisivamente nella compagi-ne governativa - oppure che le tematiche care da sempre alla destra - Dio, Patria e famiglia - siano difese dagli attacchi provenienti dalla Sinistra?

Siamo sicuri che le persone che hanno votato in massa il Popolo delle Libertà poco più di 15 mesi fa sono così preoccupate della deriva “le-ghista” del Governo?In defi nitiva, Bossi, Caldero-li e Maroni quando parlano di far rispettare le leggi a tut-ti, di evitare manfrine politi-che che hanno solo il pregio di porre inutili lacciuoli al governo, o costringere a far rispettare i nostri usi e costu-mi agli immigrati regolari, e mandare via quelli irrego-lari parlano un linguaggio - escluso quando trattano di inni, di Padania ed altre me-nate del genere, ben inteso - incomprensibile al popolo della destra italiana?L’elettorato di centro-destra è così lontano dalla Chiesa quando essa parla di difesa della vita o di un ritorno di tutti a valori di maggior ri-

gore ed eticità morale?Il rischio è che il dialogo in-terno al PdL si attorcigli su sé stesso a forza di parlare di poltrone, presidenti e rego-lamenti: la paura è che ci si possa avvicinare ad una rie-dizione del Partito democra-tico visto da Destra.Quando si tornerà a parlare di Presidenzialismo, di rifor-ma del mercato del lavoro, dell’università o di quella della giustizia?Il tempo ancora è tanto e l’attuale situazione dell’op-posizione di centro-sinistra certamente aiuta la coalizio-ne al Governo a darsi un las-so suffi ciente per trovare una sintesi tra le diverse anime che lo compongono, riguardo tali problematiche, unico impera-tivo è quello di accelerare sen-za indugi.L'Italia ne ha bisogno.

Giuliano Leo

La decadenza europea e la sua rinascita

storici e religiosi.Ecco perché insieme ad altre voci che si sollevavano da più parti soprattutto negli USA, incominciai a parlare di una decadenza culturale storica e religiosa e quindi - ahimè - ai nostri giorni economica, del nostro antico continente.Non ho voluto fare l’uccello del malaugurio o perdermi in una insensata critica nei confronti del mio continente, ma ho cer-cato invece di fare analisi, per tirarne fuori qualcosa di posi-tivo in termini di soluzioni e di strade da intraprendere, per non cadere in tutto questo che poi ha dato i suoi eff etti nega-tivi, nella crisi economica dei nostri giorni.Riportare al centro del dibat-tito l’elemento religioso (basta ricordare il dibattito fallito sulle radici giudaico-cristiane in seno alla convenzione Euro-pea), riparlandone in termini storici, culturali all’interno dei dibattiti politici, universitari e nelle scuole; insomma riparlare di religione, a mio avviso in termini delle religioni monote-iste, credo sia il primo elemento fondamentale da aff rontare.Fare politiche economiche e fi scali per incentivare le nascita dei fi gli, che risponde alla pri-maria necessita per la costruzi-one della famiglia; con percorsi di più stato o meglio sociale nelle famiglie, così da dare certezza o meglio “più futuro” ai giovani, che possano mettere su famiglia, in termini di padre, madre e fi glio e ricominciare a vedere un tasso demografi co positivo. La Patria riscoprendo le proprie origini, la lingua, le tradizioni culturali, nelle scuole e nelle università ma anche nel vivere quotidiano (vedi per es-empio il grande successo della presidenza Ciampi con l’Inno di Mameli ).Ma come uscire detto questo dalla crisi economica nella quale a mio avviso tutto questo è sfociato?Credo riscoprendo per ognu-no dei paesi europei, quello che da sempre ha fatto e pro-dotto, malgrado la globaliz-zazione e l’infatuazione della

finanza e ne produco alcuni esempi: l’Italia insieme alla Germania è uno dei paesi più forti a livello mondiale nel settore manifatturiero; ritornare a puntarci ed ad in-vestire in loco nei land Tede-schi e nelle regioni italiane, e non a delocalizzare; a investire nell’agricoltura sulla cui base è stata costruita l’Europa dei trattati di Roma (il budget dell’Europa di oggi è di circa 105 MLD e il 50 % riguarda l’agricoltura) in cui siamo nati e conosciuti nel mondo per i nostri prodotti europei (dai vini, ai limoni, alla pasta, all’olio etc.); investire nel tu-rismo che l’Europa grazie alle meraviglie, sia dateci dalla natura che quelle consegnateci dall’uomo in epoche anteced-enti, può essere un elemento fondamentale; investire quin-di nel futuro dei nostri gio-vani le università e le scuole che nell’antichità (da quella greca a quella antica romana) erano qualcosa di agognato ed invidiato da tutti. Quindi poi ovviamente investire nella ricerca e nello sviluppo delle tecnologie, in tutti i settori grazie alle grandi capacità che hanno molti dei nostri ricer-catori e docenti universitari; non certo però puntare sulla finanza sia privata che pubbli-ca come invece fu fatto nella crisi del 1929, ma cercare in questo caso invece di dare delle nuove regole al settore finanziario. Nell’antichità (in tutta Europa dal nord al sud) eravamo bravi a mercanteg-giare in tutti i settori, ecco continuare ad essere in Eu-ropa degli ottimi broker per esempio di energia (non aven-do purtroppo materia prima in abbondanza), e o investire nelle energie alternative, vedi le biomasse, l’elettrico, il geo-termico, il solare o l’eolico.In poche parole si esce risco-prendo e migliorando grazie alle tecnologie, il nostro per-corso economico europeo che potremmo defi nire più antico (non certo vecchio) e soprat-tutto rivalorizzare la nostra base indentitaria, storica e religiosa.– Ad Malora.

Franz Turchi

Qual è lo stato di salute del sis-tema informativo italiano?A giudicare dai risultati che tutti i giorni ogni cittadino ha davanti agli occhi, veramente pessimo.Negli ultimi mesi poi, giornali, settimanali, televisioni e com-pagnia cantante hanno dato il peggio di loro stessi. Pagine e minuti impiegati a scrivere e parlare di cose utili solo a sol-leticare la morbosa curiosità di chi legge riguardo temi come il sesso o le proprietà mobiliari e immobiliari di “Vip” veri o presunti, vivi o morti che siano. Insomma la ricerca a tutti i costi dello scandalo innalzato a mas-simo obiettivo da raggiungere.Logico che nulla crea più clam-ore - e curiosità - che guard-are, o meglio sbirciare, tra le lenzuola dei potenti, siano essi politici, fi nanzieri o capitani d’industria ed ecco quindi che siamo stati - e lo siamo tut-

tora - bombardati da “scoop” o pseudo tali riguardo il numero o la modalità, nonché la durata delle prestazioni sessuali delle “vittime“ di turno.Per questo motivo tutti oramai conoscono le presunte inclina-zioni sessuali di qualche ex di-rettore di giornale, ma pochi sanno quanti sfollati del terre-moto abruzzese dopo mesi nelle tendopoli dell’Aquila sono tor-nati a dormire sotto un tetto sia pur esso prefabbricato.Molti conoscono vita morte e miracoli di Noemi Letizia ma pochi sono stati informati di quanti respingimenti in meno o in più di clandestini ci sono stati col varo delle nuove leggi che cercano di contrastare l’immigrazione selvaggia e il patto bilaterale Italia - Libia.Centinaia di migliaia di lettori e telespettatori conoscono per fi lo e per segno le intercettazi-oni pubblicate da diversi quo-tidiani riguardo le note vicende del libero ingresso di donnine dedite all’antica arte del “mer-etricio” nelle residenze private del Primo Ministro ma pochi sanno dei rapporti poco chiari che il “lenone” di tali indefesse lavoratrici aveva con rappresen-tanti pugliesi e nazionali del Partito Democratico impela-gati nella “sanitopoli” che sta colpendo la regione governata da Vendola.Addirittura questa estate sono stati scomodati anche i morti - illustri per di più - in quanto parecchi quotidiani hanno fatto le pulci all’eredità di Gianni Agnelli contesa dagli eredi del Patron della Fiat e dalla quale risulterebbero miliardi di euro depositati in nero in banche ov-viamente con sede in paradisi fi scali: d’altro canto i giornali non si premurano di far cono-scere agli Italiani il punto della situazione riguardo le indagini concernenti il tentativo - peral-tro fallito - di scalata ad istituti di credito operato da parte di fi -nanzieri legati a doppio fi lo con rappresentati politici di cenro sinistra. Caso questo di evidente doppiopesismo e di strabismo informativo che colpisce i mass media nostrani e che evidente-mente non si sarebbe verifi cato con L’Avvocato ancora vivo e

vegeto.Esempi tutti quelli citati che di-mostrano di quanta più libertà d’informazione ci sia bisogno nel nostro Paese e di quanto pesantemente il potere politico interviene nella gestione di tale sistema.Direttori di giornali che ven-gono cambiati dagli editori per inasprire o addolcire la linea po-litica della testata.Azionisti di maggioranza di giornali - quasi sempre banche legate strettamente a ben defi n-iti potentati economici ed in-dustriali - che, per mettere in ginocchio, o per lo meno per tentare di mettere in diffi coltà o minacciare di farlo, i propri nemici indicano senza indugi la linea editoriale da tenere, magari aiutati da “manine” misteriose di cui l’Italia è stata sempre ben fornita e in grado di poter procurare all’uopo scot-tanti fascicoli coperti magari dal più stretto riserbo istruttorio.In tutto questo “risiko” di ripo-sizionamento delle forze in cam-po, in questo scenario perenne di guerra mediatico-giudiziaria, nemmeno il servizio pubblico radiotelevisivo rimane escluso dai condizionamenti della po-litica, come del resto avviene storicamente da decenni.Ecco quindi forti pressioni per cambiare questo direttore di rete scomodo o quel conduttore in-viso al politico di turno. Tentare di moderare quel programma di approfondimento piuttosto che quell’altro diretto da qualche amico degli amici.Amici degli amici che poi sono sempre gli stessi. Personaggi magari anche bravi, giornal-isti che in passato hanno pure dato eccellente prova di se, ma che da decenni ormai orbitano nella galassia dell’informazione lottizzata. Ed è logico a questo punto che il centro destra al Governo poi non si possa lam-entare della mancanza di spazi nel servizio pubblico svolto o che dovrebbe svolgere la Rai. Non esistono quindi editti bulgari che tengano se poi ci si preoccupa solo di mettere ai posti di comando vecchi ar-nesi di epoca pentapartitica o di posizionare donne e uomini di spettacolo alla conduzione

dei soliti Show televisivi che certo non innalzano l’offerta qualitativa a disposizione degli italiani.Ed è altresì logico che in questa eterna lotta per accaparrarsi i posti migliori e per tirare sgam-betti all’avversario politico di turno è l’informazione tutta - declinata in ogni sua forma - a rimetterci e a perdere di repu-tazione, se mai ancora gliene re-sta, agli occhi degli italiani.Carta stampata che mese dopo mese perde quote di mercato, fette di introiti pubblicitari e copie non solo a causa della crisi ma per proprio demerito: oram-ai sono diventati quasi tutti dei “fogli” di “gossip” che si posso-no equiparare più ai settimanali scandalistici che ai quotidiani vecchio tipo.Inchieste giornalistiche che non vanno mai fi no in fondo o che toccano problematiche di secon-do piano rispetto alle vere neces-sità e i veri interessi dei lettori, salvo rari casi ben inteso, e gior-nali così detti di “Partito” che oramai svolgono solo il compito di calamitare su di loro le note-voli quantità di danaro proveni-enti, per legge, dalle casse dello Stato abdicando al loro compito “istituzionale” di incentivare e dare voce al dibattito politico interno ed esterno ai partiti ol-tre che alla sacrosanta esigenza di rappresentanza di tutte le istanze fossero esse anche le più minoritarie. Incombenza che evidentemente non hanno più per come vengono gestite elitar-iamente tutte le formazioni po-litiche italiane, dato questo che trova riscontro nel bassissimo numero di copie vendute dagli organi d’informazione siano essi di destra o di sinistra.Logicamente il cittadino deve trovare da altre parti, da altre fonti quel che cerca ed ecco che dalla padella dei mass me-dia classici si cade spessissimo nella brace, internet, dove è più difficile ancora districarsi dal groviglio di notizie vere o false, dall’opinione personale elevata al rango di giudizio finale come il caso Grillo insegna, inascol-tato da chi dovrebbe e potrebbe dare basi più solide a tutto il sistema delle informazioni del nostro Paese.

Quarto potereDalla Prima

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Se per l'economica nel suo com-plesso il peggio sembra ora alle spalle, con il suo rapporto an-nuale sul lavoro l'OCSE torna a lanciare l'allarme sulla disoccupa-zione, su cui incombono “elevate incertezze”: l'ente parigino preve-de che continui ad aumentare nel corso del 2010. raggiungendo il 10% nella seconda metà dell'an-no, che rappresenterà un livello “prossimo ad un nuovo massimo dal dopoguerra”.In termini assoluti secondo l'OCSE il totale dei disoccupati dell'area dei 30 paesi avanzati rag-giungerà 57 milioni di persone. A giugno 2008 nell'area OCSE era già salita all'8,3%, che in termi-ni assoluti signifi ca 15 milioni di disoccupati in più. Se in alcuni Paesi come Irlanda, Giappone, Spagna e Stati Uniti già nel 2009 si è registrato un forte aumento di disoccupati a causa della crisi eco-nomica in altri Paesi, inclusi Fran-cia, Germania e Italia la gran parte della crescita della disoccupazione deve ancora arrivare. Nella tabella OCSE i dati italiani sono dispo-nibili fi no al 1° trimestre 2009 quando la disoccupazione era al 7,4%, leggermente inferiore ri-spetto al 7,5% registrato nell'area nei primi tre mesi di quest'anno. Questi Paesi, secondo l'OCSE, hanno già assistito al peggio a fi ne 2010 il totale dei senza lavoro in Spagna in più rispetto al 2007 è prospettato a 2,7 milioni, negli Usa a 8,68 milioni e in Irlanda a 232 mila. Per la Francia si salirà a 1,01 milioni (da 509 mila) e per la Germania a 1,88 milioni. L'area euro ne ha già persi 3,47 milioni e l'Ue 5,1 milioni.Se la recessione comincia a frena-re la ripresa ci sarà ma sarà lenta e graduale ed arriverà prima del previsto. La BCE ha lasciato i tassi di interesse invariati, come atteso dai mercati, mantenendo il tasso di riferimento principale all'1%, il tasso sui depositi allo 0,25% e quello marginale all'1,75%.Il costo del denaro in Eurolandia resta quindi al livello più basso nella storia decennale dell'euro. Il diff erenziale tra il costo del de-naro negli Stati Uniti e quello in Eurozona resta all'1%, visto che

la Fed ha praticamente azzerato il tasso sul Fed Fuds, fi ssando il ran-ge compreso tra 0 e 0,25%.Trichet, il Presidente della Bce, ha dichiarato che i tassi sono appropriati, i segnali crescenti di stabilizzazione nella Ue 16 sono evidenti, ma non è ancora il mo-mento di attuare una exit strategy delle misure straordinarie di so-stengo al credito intraprese contro la crisi.Gli economisti della Bce hanno migliorato le loro previsioni tri-mestrali sulla crescita del Pil in Eurolandia: per il 2009 si aspet-tano ora un tasso compreso fra il -4,4% e -3,8%, per il 2010 fra il -0,5% e +0,9%. In rialzo le sti-me dell'infl azione per il 2009, si aspettano una tasso compreso fra +0,2% e + 0,6%, per il 2010 fra + 0,8% e + 1,6%.Secondo l'OCSE la ripresa dal-la recessione economica globale “probabilmente arriverà prima di quanto previsto qualche mese fa, ma il ritmo della ripresa reste-rà abbastanza debole per tutto il prossimo anno”. L'OCSE sottoli-nea che l'economia ha anche biso-gno di spinte, come quelle messe in campo dai governi negli ultimi mesi e che, per esempio devono essere mantenuti, in questa fase che accompagna il riavvio dell'at-tività economica, i livelli bassi dei tassi di interesse.L'OCSE conferma che la recessio-ne mostra segni di rallentamento e prevede che il Pil delle principali economie mondiali (G7) dovreb-be scendere quest'anno del 3,7%, una correzione dello 0,4% rispet-to alle stime eff ettuate a giugno, quando si parlava di – 4,1%. Per quando riguarda l'Italia l'OCSE stima una diminuzione del Pil del 5,2% a fronte del 5,5% stimato in giugno.E' plausibile che uno scenario pre-visionale caratterizzato da deter-minanti in evoluzione ed in con-tinuo mutamento producono una variabilità delle stesse previsioni eff ettuate dalle istituzioni econo-miche sia mondiali che europee. In questo periodo le enunciazioni previsionali prescrivono stime che sicuramente generano ottimismo, il prodotto interno lordo di Eu-

rolandia cresce insieme a quello mondiale, e cresce anche quel-lo italiano. E' bene sottolineare però, che questa crescita è molto sensibile ma è altrettanto giusto osservare che fi no a qualche mese fa ancora non si conoscevano né i tempi della ripresa né l'entità.Per una economia nazionale è fondamentale acquisire stime che indicano segnali di ripresa, perché queste oltre a generare una buona dose di ottimismo tra i consu-matori e le imprese, creano delle aspettative positive che in termini concreti si traducono in ripresa dei consumi.Il Governo italiano ovviamente ha preso atto di questo trend di ri-presa, ora quello che occorre però al fi ne di poter sollecitare i ritmi della stessa, è un intervento pub-blico che adotti politiche mirate e integrate al fi ne di poter raggiun-gere una maggiore redditività e produttività. In Italia i salari e/o gli stipendi ancora non si sono adeguati al costo della vita, e le famiglie per mantenere un livello di consumo indispensabile all'ac-quisto di beni di prima necessità e al pagamento delle utenze,. De-vono ancora ricorrere ai risparmi. E' molto gratifi cante sentirsi dire dalla istituzioni che le famiglie italiane hanno un indebitamento inferiore a tutte quelle degli altri paesi europei e per questa ragio-ne hanno risentito meno della crisi ma questo “complimento fi nanziario” se da un lato dona appeal all'etica fi nanziaria delle famiglie nel breve periodo non può sostenere il gap tra stipen-di e costo della vita che in Italia è ancora troppo alto. In termini molto concreti ciò signifi ca che se il Governo non interviene cre-ando nuovi posti di lavoro e cre-ando le condizioni per le imprese di poter assumere con maggiori sgravi fi scali i lavoratori, il ceto medio non potrà sempre autofi -nanziarsi ma dovrà prima o poi poter contare sul fatto che possa arrivare a fi ne mese bene con il proprio stipendio senza attingere o attingendo in misura minore al proprio risparmio.Altro problema è poi chi non ha ancora uno stipendio e in chi sta

cercando un posto di lavoro. Le stime sulla disoccupazione, inve-ce, non sono incoraggianti. Il vero problema dell'economia mondia-le è appunto il tasso di disoccu-

pazione che continua a lievitare. I Governi hanno il dovere di inter-venire al più presto per arginarlo e per creare le condizioni di una crescita occupazionale.

La ripresa sarà lenta e avverrà prima del previsto ma è diffi cile pensare ad una ripresa solida e duratura se le stime occupazionali sono così negative.

La Piazza D’Italia - Economia

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Il Presidente del Consiglio Berlu-sconi annuncia i contenuti essen-ziali e principali del piano per il Mezzogiorno, premettendo che “il Sud è sempre stato tra le priorità del nostro governo”, come dimo-stra l’impegno sulla questione ri-fi uti a Napoli, e aggiunge che sarà lui a guidare l’Agenzia per il Sud. “Dobbiamo concepire l’interven-to straordinario come un grande New Deal roosveltiano, come un piano Marshall per il Sud. Negli Stati Uniti gli squilibri territoria-li furono rimossi nel periodo del new deal attraverso un’agenzia di livello federale, non dei singoli

Stati: la Tennessee Valley Autho-rity fu messa in piedi dal governo Washington e non dal governato-re del Tennessee. Anche nel nostro caso il ruolo guida non può che essere del premier”. Dunque, tale Agenzia è molto diversa dalla Cas-sa per il Mezzogiorno, non sarà una riedizione. Alla nuova banca del Mezzogiorno sta lavorando il ministro Tremonti, che ha già reso note alcune coordinate dell’inizia-tiva ed è fermamente convinto che alcune banche che operano nel territorio essendo espressione di un ceto bancario ben radicato e di una classe imprenditoriale loca-

le sono in grado di eff ettuare una politica selettiva del credito tale da rilanciare lo sviluppo del Mez-zogiorno. Il progetto si fonderà sulla rete creditizia delle banche del Credito cooperativo, che nelle regioni del Sud sono presenti con oltre 600 sportelli che nel 2008 hanno raccolto 14,6 miliardi e ne hanno impiegati 10. I settori su cui punterà il piano saranno delle infrastrutture, turismo e innova-zione, cioè quelli che potranno contribuire ad un aumento delle disponibilità occupazionali.Il Mezzogiorno, da decenni carat-terizzato da una arretratezza infra-strutturale e tecnologica non può più rappresentare un ostacolo allo sviluppo dell’intero paese, la que-stione annosa del gap tra Nord e Sud ed il relativo stato di emer-genza di questo divario fi nalmen-te stanno interessando la classe dirigente sollecitando interventi strutturali mirati. Tra i principali problemi c’è da sottolineare quel-lo della canalizzazione dei fl ussi fi nanziari, cioè quello relativo ai fi nanziamenti diretti a raggiun-gere gli obiettivi di sviluppo pre-fi ssati dal piano. Se non dovesse assicurarsi questa canalizzazione gli interventi si rivelerebbero dav-vero fallimentari ed inutili. Biso-

gna controllare bene i passaggi ed i meccanismi di fi nanziamento che governeranno il piano per il Sud. Sembra non essere suffi cien-te neanche questa garanzia affi n-chè possa parlarsi di sviluppo del Meridione, quello che occorrerà valutare saranno le reazioni e gli impulsi che questo piano sarà in grado di produrre, in termini di redditività e di occupazione del territorio.Si sa che l’economia meridionale in questi anni è diventata meno competitiva di quella del Nord, il premier sostiene che il risultato di tale economia è da attribuire alle classi dirigenti meridionali ed al cattivo funzionamento del titolo V della Costituzione. “Solo con il federalismo fi scale si avrà una eff ettiva assunzione di respon-sabilità da parte delle classi diri-genti delle regioni meridionali”. Il grande piano per il Mezzogiorno nella fase operativa e di realizza-zione sarà guidato dal Comitato presieduto dal premier . Intanto il Cipe ha stanziato 4 miliardi per le infrastrutture e deliberato 200 milioni per opere infrastrutturali nel Comune di Palermo. Il com-plesso delle infrastrutture da fi -nanziare in Sicilia è stato calcolato da Berlusconi in 138 opere. Mai

più fi nanziamenti a pioggia, ha assicurato il premier, a soltanto fi -nanziamenti in conto capitale per recuperare i ritardi infrastrutturali accumulati dal Mezzogiorno e dalla Sicilia in questi anni.Dunque la questione del Sud si può defi nire una vera e propria “emergenza nazionale”, per que-sto i l piano straordinario plurien-nale rappresenterà un intervento straordinario, un nuovo patto per lo sviluppo. Avendo defi ni-to come priorità di intervento la Regione Sicilia è plausibile il malcontento che è stato genera-to nelle classi dirigenti delle altre regioni meridionali che si sentono escluse. Il rischio maggiore è per esempio per la regione Campania che viene dimenticata infatti sono a rischio 4 miliardi di fondi, a tal proposito Federalberghi, Fiavet, Fipe e Faita regionali lanciano un appello al Governo affi nchè gli aggiustamenti previsti dal piano per il Mezzogiorno possano con-tenere provvedimenti a favore del rilancio dell’economia turi-stica campana. “Non si tratta di alimentare una guerra fra poveri, aff ermano i vertici delle categorie turistiche della Confcommer-cio regionale, ma di un evidente sottopotenziamento di misure a

favore della Campania, anche se il Governo, sbloccando i fondi Fas, ha avviato una terapia d’urto per rianimare il Mezzogiorno. Come succede spesso nelle operazioni di intervento fi nanziario a sostegno dell’economia, ci sono dei setto-ri che benefi ciano maggiormente dell’intervento ed altri meno, ma pur se si volesse valutare l’organi-cità della manovra, si commette un errore perché è fondamentale defi nire le priorità in termini di urgenza e di bisogno l’importante è in una fase successiva estendere l’intervento anche alle altre realtà che hanno una priorità più bassa. Nell’ampiezza dell’intervento e nelle diverse fasi va valutata l’effi -cacia dello strumento, se questo è riuscito ad intervenire sia nei set-tori con priorià alta sia in quelli aventi una priorità bassa con ef-fi cacia allora si può sostenere che l’operazione è andata a un buon fi ne, altrimenti il giudizio non può che essere negativo.Nell’intervento defi nito come pia-no Marshall per il Sud il Governo sta operando attraverso priorità, si auspica che queste possano sod-disfare alla fi ne il requisito della organicità inteso nel senso su de-scritto.

Avanzino Capponi

Il New Deal Roosveltiano per rilanciare il Sud

OCSE: la ripresa economica sarà lentaArriverà prima del previsto ma nel 2010 ci saranno 57 milioni di disoccupati

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La Piazza D’Italia - Esteri

Con il National Job Appro-val arrivato al fifty-fifty dopo un estate in cui “The Man” è stato messo sulla graticola per i dubbi sulla sua controversa riforma sanitaria, in materia economica la crescita disa-strosa del deficit e del debito pubblico, un tasso di disoc-cupazione costantemente in crescita giunto poco sotto la doppia cifra e, dulcis in fun-do, l’emergere di più di un interrogativo sulla bontà della sua nuova strategia in Afgha-nistan, Obama ha deciso final-mente di reagire.Il modo è quello incisivo che oramai sembra essere dive-nuto una cifra stilistica della sua amministrazione: sono state convocate una serie di conferenze stampa (anche su youtube), è stata assicurata la presenza del Presidente nelle scuole più politically correct del Paese ed è stato program-mato un numero imprecisato di speeches.L’etere, il web, la TV (via cavo, satellite, analogica, ecc.) sono state e sono in questi giorni inondate dal bel sorrisone del Presidente americano che ri-sponde con battute e nonsense ovvero rispolverando la linea dura contro Wall Street per maggiori regole sulla Finanza.A chi lo critica accusandolo di non rendersi conto che in un momento in cui il deficit ha toccato l’11,2% e le stime sul debito pubblico viaggiano tra il 176,9 % - 184,2 % del PIL pensare di lasciare che le finanze federali debbano sop-portare oltre al peso dei nu-merosi bailout quello di una riforma sanitaria che prevede un impegno “universale” del governo di Washington in un campo, quello sanitario, oggi affidato ai privati, potrebbe

condannare gli Stati Uniti ad un declino economico ed in-dustriale rapido, il Presidente risponde dicendo che si trat-terà solo di dare la possibilità di scelta tra sistema pubblico e privato.Respirone di sollievo visto che inizialmente da qualche parte, per l’evasività delle risposte, si era paventata una nazionaliz-zazione alla “cubana” del siste-ma sanitario nazionale, ma i problemi eccoli sempre lì tutti sul tappeto.Quindi la strategia dell’inqui-lino di Pennsylvania Avenue di rilanciare su altri ben più facili tavoli – chi è negli States oggi a non avercela con Wall Stre-et? – poi far passare in sordina un ordine del giorno blindato, non importa se in barba alle centinaia di migliaia di mani-festanti (un evento per gli Sta-tes) che hanno pacificamente occupato Capitol Hill al gri-do di “We Bleed for Liberty” rivendicando l’eccezionalità degli Stati Uniti ad avere uno Stato ed un Governo che ven-gano dopo l’iniziativa privata.Il fatto è che la strategia della confusione e del passo felpa-to, unita al sorriso funziona davvero: nei sondaggi il gra-dimento del Presidente torna oltre la soglia della preoccupa-zione.Ma la partita non è ancora conclusa. Si sa che sul pas-saggio delle riforma sanitaria si arenarono anche i Clinton e non è un mistero che esiste una fetta importante dei de-mocratici tuttora scettica sulla possibilità per le casse federali di importare un sistema sani-tario “europeo” in Nord Ame-rica.I repubblicani dal canto loro sono sul piede di guerra e se il tasso di approvazione del

Presidente oscilla tra i sette e i dieci punti sopra quello di di-sapprovazione (fonte Gallup/Pollster), discorso ben diver-so riguarda invece il giudizio dell’elettorato sull’operato del Congresso.Qui i democratici distaccano i repubblicani solamente di 2.8 punti e soprattutto il giudizio su lavoro svolto dal Congresso all’inizio del tintinnare della campana dell’ultimo giro pri-ma delle elezioni di mid-term è negativo per il 62,00% contro un approvazione solamente al 28,8% (fonte RealClearPoliti-cs Average): nell’esprimere un voto così decisivo i deputati e i senatori democratici dovran-no necessariamente fare i con-ti con un elettorato pronto a giudicarli di lì a poco.In una situazione simile, il voto favorevole alla riforma promette di spegnere ideal-mente la fiamma tenuta alta dalla statua della libertà.Ove venisse veramente com-pletata anche nel campo sani-tario dopo quello creditizio, finanziario, assicurativo e dell’industria automobilistica una massiccia nazionalizzazio-ne del sistema, assisteremmo ad una svolta storica anti-co-stituzionale per gli Stati Uniti d’America, da cui difficilmente il Paese a stelle e strisce potrà uscire grazie al sopraggiungere di qualche amministrazione virtuosa, si tratterà sul serio, in tal caso, di un “Change” destinato a segnare la storia del Paese.Il successo dell’America socia-lista diverrebbe totale e con un solo mandato di governo all’attivo.Il dubbio, lecito, è però che esso si traduca in una sconfitta irrimediabile per il Paese e per il sogno americano.

E' un grande dolore quello che ha colpito noi italiani, ma non solo noi. Come quando a cade-re sono i ragazzi che portano bandiere nostre alleate, è tutto il mondo che sta lottando per una vera e duratura libertà a soff rire, e spesso a mal digerire, la fi ne di giovani vite.Quello di Kabul è stato un at-tacco generalizzato alle forze che continuano a resistere ed a credere in un progetto sempre più diffi cile da realizzare: un Af-ghanistan libero.I gradi di problematiche in que-sto Paese sono diversi qualcuno è tollerato altri ovviamente no. Il riferimento è alla questione delle elezioni non proprio tra-sparenti, evidentemente tolle-rate, e agli attacchi che hanno portato il prezzo per la libertà ad essere sempre più alto, logi-co in un contesto di guerra ma ostico per il perdurare di una fase di stallo troppo lunga.In Afghanistan i talebani sono stati destituiti dal governo cen-trale dopo l'11 settembre ma dalle zone periferiche hanno gradualmente ripreso, se non il controllo, ad essere presenti su oltre il 90% del territorio.Noi occidentali eravamo troppo presi a fare sofi smi sulla guerra in Iraq per renderci conto di quale compito stessero svolgen-

do gli oltre tremila militari che l'Italia ha mandato e gli altri migliaia dei nostri alleati.Le loro azioni sono state criti-cate, i loro mezzi a disposizione aggiornati solo a fronte di mi-nacce concretizzatesi con attac-chi e alle volte con dei caduti.Non ci rendiamo conto, forse, della ferocia e della "facilità" con cui si può cadere in pericoli mortali.L'esempio tragico di oggi: un'auto, carica di 150 kg di esplosivo, si è messa tra i due blindati italiani ed è esplosa. Una dinamica talmente banale da paralizzare. Una potenza per un attacco del genere fuori da qualsiasi logica.Il tributo che i nostri soldati stanno pagando e che non si defi nisce solo nella morte di alcuni di loro ma anche nelle conseguenze del vivere un'espe-rienza come è una guerra di questo tipo, merita il rispetto e la massima coesione da parte di tutti.Non bastano le frasi di cor-doglio, non basta migliorare l'equipaggiamento ad ogni ag-gressione che i giornali ripor-tano, non basta il supporto dei Tornado (evidentemente inap-plicabile in molte delle situazio-ni afghane).Si prenda la responsabilità, chi

dovrebbe averla, di usare la pa-rola guerra quando è necessaria, fallimento quando la realtà sve-glia dal sonno (durato troppi anni) anche il più ottimista de-gli strateghi e soprattutto cam-biamento quando il sangue di giovani scorre inutilmente.Qualcosa deve cambiare altri-menti potrebbe insinuarsi un sospetto sulla reale volontà di tutti a porre fi ne a questo stil-licidio.Serve altro: servono risorse e una determinazione che nei fatti, forse, non sempre c’è stata per la paura di un impegno diver-so che porterebbe più pericolo per i nostri soldati e ciò fareb-be male ai consensi. Ma questo lento morire a chi giova?L’occidente ha preso un impe-gno con un Paese che non co-nosce la libertà da generazioni, ora deve comprendere quanto questo impegno sia realizzabile ed in che modo, senza lasciare spazio a discorsi accademici né a statistiche che non dicono nulla.La guerra fi no ad ora non la sta-ranno vincendo i talebani ma di certo neanche i soldati della nostra coalizione.Qualcosa non torna e vecchi fantasmi riemergono dal pas-sato.

Gabriele Polgar

La liberazione di Abdelbaset al-Megrahi ha nuovamente posto alcuni quesiti che anche la visita di Gheddafi in Italia ha imposto alle nostre coscienze.Due i punti su cui è necessario soff ermarsi per un'analisi chiara di ciò che è successo in Scozia ne-gli ultimi giorni. Il primo riguar-da quale peso abbiano a 21 anni di distanza nella memoria le 270 vittime e il dolore delle loro fami-glie, la seconda quale sia l'utilità di un gesto di clemenza.La storia comincia nel dicembre 1988 sopra Lockerbie il volo Pan Am, partito da Londra con desti-nazione New York, viene abbat-tuto da una bomba causando la morte di 270 persone innocenti. Le indagini portarono ad accusa-re i servizi segreti libici e la Libia. Il leader Gheddafi non accettò di consegnare gli accusati e di rico-noscersi civilmente reponsabile del disa-stro. Questo portò un pesante embargo eco-nomico deciso dalle Nazioni Unite.Nel 1999, dopo anni di fi nanziamento e sostegno al terrorismo internazionale, Ghed-dafi cambia rotta: consegna i due agenti sospettati di essere gli esecutori materiali dell'attentato. Solo uno dei due sarà condanna-to, all'ergastolo.Da lì il Colonnello libico si sco-pre mediatore in spinose questio-ni internazionali prendendo le distanze dall'integralismo.Nel 2003, accetta di risarcire le famiglie delle vittime del massa-cro di Lockerbie mettendo fi ne all'embargo ed uscendo dalla lista

degli USA degli Stati terroristi.Ed eccoci al 2009. Malato ter-minale di cancro alla prostata (la giustizia divina alle volte si ma-nifesta in modo comprensibile), al-Megrahi, condannato, viene scarcerato per motivi umanitari e gli viene permesso di tornare dalla sua famiglia in Libia.Anche se un po' retorica, è neces-saria la rifl essione sull'opportuni-tà di concedere un benefi cio del genere ad uno stragista che non ha mai mostrato alcun segno di pietà nei confronti delle vittime. Ha comodamente negato di esse-re coinvolto.Possibile che un Paese occidentale non riesca a resistere alla tentazio-ne di mostrare il suo lato debole? Pensiamo ancora di dimostrarci superiori agli altri con la con-

cessione a personaggi con accuse atroci di benefi ci umanitari? Al contrario tutto questo, nella parte integralista del mondo, verrà let-to come una nostra sconfi tta, un cedimento nei confronti di una lotta senza quartiere.Così è stato anche questa volta: il condannato al-Megrahi è stato prelevato da un aereo libico, su cui c'era il fi glio di Gheddafi , e

accolto come un eroe da migliaia di giovani all'aereoporto. Mal-grado anche il parere contrario dell'amministrazione USA l'ope-razione mediatica a favore del lea-der libico è stata fatta.Tardive ed inutili sono state poi le pressioni da parte dello stesso Gordon Brown (accorto a non interferire nelle decisioni scoz-zesi) per evitare una risonanza eccessiva dell'evento. Vedremo come la cosa si svilupperà aven-do, il Primo Ministro britannico, messo in gioco i futuri rapporti tra i due Paesi.Sembra essere in atto una congiu-ra dell'occidente contro se stesso che mira a valorizzare il Colon-nello con obiettivi meschini, ov-viamente petroliferi, che hanno l'altissimo prezzo della negazione

dei principi fondan-ti delle nostre de-mocrazie.In Libia al-Megrahi è visto come l'eroe che con il suo sacri-fi cio (l'arresto e la condanna) ha fatto uscire il suo Pae-se dall'isolamen-to internazionale, i risarcimenti e l'estradizione con-cessa a suo tempo non sono stati altro che una semplice

operazione commerciale con cui Gheddafi si è aff rancato in un occidente che ha deciso di rinunciare alla sua civiltà con questi compromessi. La suddi-tanza energetica ci sta portando pericolosamente verso una con-discendenza che coinvolge aspet-ti ben più profondi ed un tempo intoccabili.

Gabriele Polgar

A Kabul ancora il sangue dei nostri soldati

Lockerbie: 270 morti e un colpevole, libero

Obama e la riforma sanitaria

quant’altro.Preso atto quindi che il Presi-dente Obama è riuscito nello strabiliante risultato di indebo-lire ulteriormente il potere di deterrenza militare degli USA, già provato dalla sua politica unilaterale della mano tesa, è interessante tornare all’orren-da sceneggiata dello spettacolo off erto al Palazzo di vetro qual-cosa a metà tra una notte degli Oscar, un pletorico soviet, una incredibile vetrina per gli spro-loqui dei dittatori di tutto il mondo e naturalmente le belle parole dei capi di Stato e di Go-verno occidentali che non han-no perso l’occasione per sca-gliarsi contro nemici invisibili (il Global Warming) dimenti-cando quelli visibili, distanti da loro solo qualche metro.La tragicommedia si è avval-sa di interpreti all’altezza del compito, i gomiti piegati e i palmi delle mani all’in su in atteggiamento di preghiera di Ban Ki Moon resteranno negli annali della storia, lo sguardo torvo di Hatoyama che sembra qualcuno gli abbia appena ru-bato il portafoglio mentre parla di rischi climatici, Hu Jintao che profonde parole rassicu-ranti preoccupandosi di parlare

a lungo senza dire nulla e poi l'entrata di "Th e Man", Lui, stile campione dell'NBA, poi loro Gheddafi , Morales, Cha-vez, Ahmadinejad e via così chi più ne ha più ne metta.Il lettore sarà interessato a sapere chi ha vinto la sfi da fotografi ca. Ha vinto di nuovo Barack, sì il nostro Presidente attualmente mostra un profi lo più basso e il Presidente statunitense è un m a e s t r o nel saper s f o g g i a r e la mascella quadrata in queste cir-costanze e le spalluc-ce magari q u a n d o l ' e s e rc i to gli chiede più uomi-ni per l’Af-ghanistan.Segna l i a -mo il te-atrino generato dalle esterna-zioni di Ahmadinejad, oramai noiose e prevedibili, come al solito hanno prodotto l’abban-dono della sala (meno male) delle delegazioni occidentali (non tutte però gli svedesi no), Zapatero invece ha scelto uno

stile hip hop minimal e alla fi ne ha fatto tenerezza, interessante invece il sovrappeso che ha pa-lesato Hillary Clinton e soprat-tutto il teatrino di un Gheddafi in formato Michael Jackson ultimo stadio è stato qualcosa da ricordare: un ora e mezzo di farneticazioni, rivendicazioni, bigliettini, libretti, parole in-comprensibili. Eccezionale.Poi ancora attori, ex non-Pre-

sidenti alla Al Gore, un circo insomma, messo lì apposta per fare cosa?Non è dato capirlo e a questo punto la domanda è: siamo si-curi di avere bisogno di tutto questo?

Giampiero Ricci

Uno spartiacque per le sorti non solo del suo mandato

La liberazione di Mohamed al-Megrahi solleva alcuni dubbi morali

ONU: il circo è a New YorkUn'assemblea policromatica tra buoni propositi e farneticazioni

Dalla Prima

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La Piazza D’Italia - Attualità

Il ritorno di Savonarola

Passo falso di Obama?

Libia: 40 anni della rivoluzione

In principio fu Beppe Grillo dalle piazze di mezza Italia ad indiriz-zare - seguito da decine di miglia-ia di creduloni - un sonoro “Vaf-fa” verso tutto il mondo politico italiano compreso pure il Presi-dente della Repubblica e a redi-gere manco fossimo ritornati ai tempi di Mario e Silla, le liste di proscrizione coi nomi dei politici italiani condannati dalla giustizia

che siedono in Parlamento.Lista che tra parentesi contie-ne sì i nomi di 70 “onorevoli”, ma gratta gratta, solo 18 hanno avuto poi la condanna defi niti-va, metà per reati amministrativi risalenti a “Tangentopoli” e 5 o 6 Leghisti condannati per vili-pendio alla bandiera o ai simboli della Patria, e che in ogni caso 18 condannati su oltre 900 deputa-ti non appare un numero così esorbitante da costringere le per-sone a correre per le piazze per gridare a squarciagola che esiste in Parlamento un’emergenza criminalità, magari di incompe-tenza quello sì ma comunque si resta nel campo delle soggettive e legittime valutazioni politiche. In ogni caso siamo in attesa che sul Blog di Grillo si pubblichi-no pure i nomi dei giudici che, “sbagliando”hanno fatto fare anni di galera ad innocenti o quelli dei Pubblici Ministeri che

hanno portato avanti per anni inchieste costosissime per le ta-sche del contribuente e che poi sono fi nite nel nulla. Ma questo francamente sarebbe chiedere troppo.A ruota di Grillo subito si è get-tato il suo “manutengolo” e pro-tettore politico Di Pietro, che a giorni alterni accusa Berlusconi di essere Piduista - quindi golpi-

sta - e mafi oso, salutato in queste sue profonde ed accurate disa-mine politiche dagli applausi di tutta la stampa sinistrorsa amica, girotondini, e dei veri e sinceri democratici di casa nostra targati PD, indistintamente siano essi di “rito” Veltroniano o Dalemiano.Ma è stato in occasione dell’av-vicinarsi della campagna eletto-rale per le Europee che giornali, televisioni e politici hanno aper-to il “vaso di Pandora” costitui-to dall’utilizzo “sostitutivo” dei pettegolezzi - veri o presunti - in luogo del dibattito, anche feroce, sui temi di concreta attualità che normalmente caratterizza la sana vita politica di un Paese occiden-tale, non solo geografi camente ma anche democraticamente e socialmente.Ed ecco allora prima le illazioni su “Papi” lanciate da “ La Re-pubblica”, le foto di villa Cero-sa in Sardegna con l’ex premier

slovacco in costume adamitico, poi il mercimonio di tra Palazzo Grazioli e la Puglia intercettato dal “Corrierone” e via di questo passo fi no a giungere dopo mesi di tribolazioni di tal fatta all’epi-logo: le dimissioni del direttore di Avvenire Boff o - caso più uni-co che raro in Italia - a seguito della pubblicazione da parte del “Giornale” di Feltri dell’atto di condanna del tribunale di Peru-gia in merito a minacce che lo stesso Boff o aveva lanciato tele-fonicamente alla fi danzata di un suo amante.Uno scorcio d’estate trascorso a leggere di tutte queste disav-venture boccaccesche incorse a politici e i relativi pistolotti mo-ralizzatori dal divino Scalfari di-stribuiti dall’alto della sua tribu-na di giudice supremo e a dover ascoltare i peana - provenienti da mangiapreti di solide tradizioni costituitisi rapidamente dopo una giravolta degna di un gin-nasta olimpico, in Santa Inqui-sizione - lanciati in difesa delle gerarchie Vaticane assediate dalle truppe di Berlusconi.Giorni passati a sfogliare ed in-terpretare le premonizioni Da-lemiane riguardo una spallata - o scossa che dir si voglia - che avrebbe dovuto abbattere Berlu-sconi e riportare il PD al gover-no di “Sanità Pubblica” oppure a parlare delle querele che il Ca-valiere , mal consigliato dai suoi avvocati-onorevoli in verità, ave-va profuso a volontà a giornali, politici e televisioni…Giornate passate a leggere di appelli fi rmati da decine di mi-gliaia di persone per difendere la libertà di stampa dall’assalto del terribile Cavaliere Nero, appelli mancati non più di qualche anno fa allorquando erano D’Alema o Prodi a querelare la carta stampa-ta per una vignetta di Forattini o per un inchiesta giornalistica su strani intrecci - mai chiariti - tra consulenti pagati a peso d’oro ed il Professore.

Libertà di stampa difesa pure a spada tratta, giustamente, dal Presidente della Camera Fini che a suo tempo è stato nel mirino della stampa scandalistica italia-na per colpa di un presunto suo fl irt con la Prestigiacomo, illazio-ne che scatenò all’epoca - si era a maggio del 2005 - la reazione non propriamente in “stile ingle-se” dell’allora presidente di Alle-anza Nazionale nonché Ministro degli Esteri in carica.Ed è per tutte queste motivazioni che abbiamo salutato con im-mensa gioia le dichiarazioni del Papa fatte durante l’Angelus del 2 settembre scorso in cui il Pon-tefi ce anche entrando in punta di piedi come suo solito in merito

alla questione morale che interes-sa non solo la gente comune ma anche la politica del nostro Paese ha aff ermato che di fronte alla va-stità dei vizi diff usi nella società, il rimedio da proporre è quello di un radicale cambiamento di vita, fondato sull’umiltà e l’austerità e il distacco dalle cose effi mere poiché Dio persegue le colpe ma protegge i peccatori.Si ritorni, tutti quanti, a parlare di politica, dei rapporti da “re-gistrare” meglio con l’Unione Europea, di lotta all’immigra-zione clandestina e di diritto alla cittadinanza, di crisi econo-mica e di riforma della scuola e della ricerca scientifi ca ma per favore basta parlare di spallate,

appelli,dialetti, bandiere regio-nali, professori padani, escort e compagnia cantando.Insomma il Governo italiano non si lasci distogliere dai rivali politici dal percorso intrapreso a singhiozzo per innovare la strut-tura sociale ed economica del Paese da poco più di un anno e stia attenta la stessa maggioranza a non lasciarsi andare ad inutili “provocazioni” interne - causate ad arte dalla Lega per “spuntare” una rendita maggiore in vista delle elezioni regionali del pros-simo anno - che se non spente in tempi rapidi fi nirebbero per comprometterne solidità e fun-zionalità.

Negli ultimi mesi Muammar Gheddafi s’è scrollato di dosso l’anonimato a cui l’isolamento internazionale l’aveva relegato ed è tornato a tuonare alla sua ma-niera: politically uncorrect.Talvolta letteralmente a vanve-ra, come nei giorni scorsi sulla Svizzera.Come avesse accumulato nel periodo di quiete preceden-te dell’acredine che una volta tornato alla ribalta ha dovuto inevitabilmente liberare. Con grande scandalo di media e le-ader mondiali.La cesura, il passaggio dalla pe-riferia al centro, è stata la visi-ta a Roma del leader libico e il patto d’amicizia italo-libico che chiude un lungo contenzioso tra i due paesi.Il ritorno di Gheddafi è coinciso - anzi ne è causa primaria - con molte polemiche in casa nostra, nonché tensioni internazionali.E nel festeggiare i 40 anni della presa del potere il tutto è stato ancor più amplifi cato.Perché il passato non si dimenti-ca. E il passato di Gheddafi me-rita una critica - e per certi versi una decisa condanna – in quanto è tinto di rosso. Rosso sangue.Nel ’69 Gheddafi non si fece pre-gare per espellere gli italiani ivi re-sidenti, confi scandone i beni - di-

sattendendo in modo clamoroso ma prevedibile gli accordi del ‘56. Nel 1986 in piena tensione con gli Usa, i missili a Lampedusa.Il patto bilaterale ha sanato la frattura. Berlusconi è andato in-contro alle richieste di Gheddafi accettandole pressochè tutte. Scuse uffi ciali, “risarcimento”. Nonché, come detto, l’assist per tirar fuori lo scomodo vicino dall’isolamento.Una specie di resa incondizionata a detta di molti, che non tengono in dovuto conto il discorso del controllo delle frontiere (proprio mentre Gheddafi e Berlusconi inauguravano l’autostrada, una nave con 70 somali è stata blocca-ta dal pattugliamento congiunto messo in atto dalle due marine).Ma se tra Italia e Libia “amici come prima”, è col resto dell’oc-cidente che le cose ancora non girano. E per resto intendiamo gli Usa.È ancora nella memoria di tutti la strategia del terrore perpretata dal governo di Tripoli – di cui Teheran sembra aver raccolto il testimone oggi.Una serie di attentati, quelli di matrice libica che hanno spinto gli Usa a reagire violentemente bombardando Tripoli e impo-nendo alla Libia sanzioni tali da limitarne l’infl uenza. Fino all’em-

bargo Onu del 92-93.Il colpo di coda ci fu con l’atten-tato di Lockerbie. Il 21 dicembre 1988 il 747 PanAm Londra-New York precipita sulla cittadina scozzese di Lockerbie. Muoiono 270 persone (le 259 a bordo e 11 a terra). Responsabili due libici. Che il governo di Tripoli si rifi utò di consegnare fi no al ’99. un lun-go estenuante braccio di ferro cui alla fi ne Gheddafi - ridotto allo stremo - dovette piegarsi, con-segnando i colpevoli della strage sino ad allora coperti. Negli anni duemila, il regime libico, provato sia economicamente che a livello di consenso, arretra ulteriormente fi no a scomparire dalle cronache. Non più un gesto eclatante, né aspirazioni geopolitiche di alcun tipo. Abbandono del piano di sviluppo di armi di distruzione di massa, rinuncia al terrorismo con testimone passato all’Iran, come detto.Tornando ai giorni nostri, la piaz-za Verde (ex piazza Italia) dove si è celebrato recentemente il qua-rantennale della “rivoluzione/golpe” di Gheddafi , descrive per-fettamente lo “stato formale” dei rapporti fra il regime di Tripoli e l’occidente. Mezzi militari a vo-lontà quasi a compiacersi, assenza di Sarkozy, Brown e (pro forma) di Berlusconi. Quest’ultimo ha

comunque inaugurato il primo tratto dell’autostrada che dovreb-be essere costruita con quei 250 milioni di dollari annui che l’Ita-lia donerà alla Libia a compensa-zione dei danni coloniali.Al di là delle apparenze e dei toni, dopo aver minacciato un po’ tut-ti, oggi Gheddafi ha sostanzial-mente sotterrato l’ascia di guerra. Al di là dell’indignazione, delle assenze strategiche e delle con-danne a mezzo stampa, la Libia del colonnello è oggi corteggiata da molti.Tripoli, bel suol d’amore.Molte economie e per la proprie-tà transitiva molti governi, tutti desiderosi di investire - magari in incognito - in un Paese tutto sommato ancora indietro, si af-facciano.Abbiamo esordito con l’uscita formale dall’isolamento politico grazie al patto di amicizia col no-stro paese. Il discorso è valido se in relazione con l’occidente.La Cina ad esempio, off re un sag-gio di come altri paesi abbiano intravisto da tempo le opportuni-tà off erte dalla Libia. Come pure l’industria europea che se dinanzi a penne e obiettivi storce il naso, sotto sotto ammicca, leccandosi i baffi dinanzi al boccone prelibato rappresentato dalla Libia, specie in ambito energetico. E se Obama

se ne resta in un angolo, la Russia si ripresenta a Tripoli dopo anni, in onore dell’antica amicizia.Da ricordare a tal proposito il graditissimo regalo di Putin che più di un anno fa ha condonato a Gheddafi 4 miliardi e mezzo di dollari di debito contratto con l’ex Urss.Non un atto di benefi cenza, anzi. Tutto in cambio, di ricche com-messe libiche in armi russe – più o meno equivalenti al debito con-donato.In più il succitato aff aire ener-getico. Gazprom e la petrolifera Tatneft hanno già ottenuto 6 licenze per sfruttare i giacimenti libici, ora si punta alla coperazio-ne. Mosca costruirà in Libia una ferrovia di 554 km; e si negozia per una centrale nucleare a uso civile.Il fu mare nostrum prende a tin-gersi di… “russo”.Le ammiraglie della fl otta russa, da mesi già esplorano le acque libiche. Mesi fa, l’incociatore Pietro il Grande ha gettato bre-vemente le ancore a Tripoli per abberverarsi.Non c’è che dire. Hanno pensato davvero a tutto i russi.Oltre ai successi, Gheddafi è co-stretto a fare i conti anche con grane e dichiarazioni infelici connesse.

Su tutte la querelle svizzera. Da oltre un anno la Libia impedi-sce il reimpatrio di due cittadini svizzeri trattenuti in seguito al movimentato arresto a Ginevra di Hannibal Gheddafi , fi glio del Colonnello.Una fatto che oltre a risvegliare lo scetticismo di molti governi, rica-de pericolosamente su chi ha con-tribuito a sdoganare il regime del Colonnello, le cui dichiarazioni degli ultimi tempi non sono state aff atto concilianti: ”La Svizzera va cancellata dalla carte geografi che e divisa in tre fra Italia, Francia e Germania”.Boutade folkloristica? Sarcasmo?Sì e no, visto che ha assicurato che presenterà suddetta proposta nelle sedi internazionali compe-tenti, chiedendo l’applicazione del principio delle diff erenze lin-guistiche.Siamo al parossismo.Non contento del clamore susci-tato, si è lasciato scappare (?) che ”Israele è dietro tutti i confl itti africani”.Un ritorno sulla scena col botto, non c’è che dire, ringalluzzito forse dall’articolo 20 - per alcuni vago se non proprio oscuro - del trattato d’amicizia italo-libico (Collaborazione nel settore della Difesa). Saremo sarcastici anche noi: bentornato.

La “perturbazione” pseudo-moralizzatrice e giustizialista che imperversa da mesi sull’Italia ancora non accenna a fermarsi

A Mary Robinson la Presidential Medal of Freedom

Il festeggiamento di Gheddafi tra attacchi e fi nti boicottaggi

Un altro passaggio importante da un punto di vista formale, anche se incomprensibile, il Presidente Obama l’ha fatto in questo ago-sto. Il suo nuovo corso ha avuto l’aggiunta di un tassello che ai più potrà sembrare innocuo ma che ha un signifi cato importante: il conferimento della Presidential Medal of Freedom (la più alta onorifi cenza degli Stai Uniti) a Mary Robinson.Un nome questo che lascia pro-babilmente molti indiff erenti ma che raccoglie alcune gravi azioni commesse negli anni.La Sig.ra Robinson è stata la pri-ma Presidente donna in Irlanda, ha poi proseguito la sua carriere politica nelle Nazioni Unite ar-rivando a ricoprire dal 1997 al 2002 la carica di Alto Rappresen-tante per i Diritti Umani.Proprio durante questo incarico ha presieduto un evento che fu la vergogna del mondo civilizzato: la conferenza ONU di Durban, svoltasi dal 31 agosto al 8 settem-bre del 2001 e che aveva come

titolo “Conferenza mondiale con-tro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolle-ranza”.In questa conferenza vi furono attacchi ingiustifi cati e senza pre-cedenti agli USA e all’UE per la schiavitù e ad Israele per cui era stata richiesta, tra le altre cose, l’equiparazione tra sionismo e razzismo da parte del mondo arabo (è noto quanto nei Paesi arabi si difendano i diritti umani e la libertà rispetto ai bersagli di Durban).In quell’occasione USA ed Israe-le abbandonarono la conferenza mentre l’UE rimase ma rifi utò di accusare Israele di “pratiche razzi-ste”.Poco dopo vi fu l’11 settembre.La Sig.ra Robinson non perse ne-anche quell’occasione per incol-pare gli Stati Uniti che secondo lei avevano perso la loro moralità e per questo erano diventati un (giustifi cato?) bersaglio dei tanto bistrattati integralisti isalmici.Una donna che ha sempre giu-

stifi cato il terrorismo, che ha ap-poggiato le dittature che si sono contrapposte “all’imperialismo guerrafonsaio” occidentale di ma-trice statunitense, che incarna per-fettamente lo spirito dell’ONU di questa epoca molto confusa in cui sembra che i concetti di libertà e rispetto dei diritti siano appan-naggio di entità che uccidono e reprimono. La colpa di qualsiasi loro condotta è sempre e comun-que dell’occidente che per un motivo o per l’altro nell’arco della storia umana ha commesso qual-che ingiustizia scatenando tutto.Qualcuno probabilmente ha con-sigliato molto male il Presidente Obama ma come potrà recuperare dopo un atto così controverso.Diffi cile credere che il Presiden-te possa appoggiare un pensiero come quello di Mary Robinson. Sarebbe troppo anche per chi aspira a rifondare l’ordine mon-diale, anche se con metodi ed ap-procci discutibili.

Gabriele Polgar

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La Piazza D’Italia - Cultura

Fiume: un ricordo di D'Annunzio e dei legionari

Locke: la conoscenza della legge naturale

A novant’anni di distanza, la commemorazione dell’episodio di Fiume ancora vive. Certo, or-mai forse non è più sentito come una vittoria mutilata, come un ramo d’identità nazionale per-duto o di un’Italia non com-pleta; in verità, la rimembranza riproduce e fa tornare alla co-scienza un senso storico di fasti-diosa amarezza per uno smacco subito.E’ su Fiume che l’orgoglio e lo spirito neo italiano s’infransero contro l’assetto delle potenze europee aff ermate da secoli di politica e diplomazia internazio-nale. L’Italia forte, illusa e furba, si scoprì debole e raggirata.Ma D’Annunzio e i suoi legio-nari non si arresero: e Fiume fu Italiana e anche se per poco, lo slancio nazionale osò vincente. Memento Audere Semper.Tutto inizia a Londra il 26 Apri-le del 1915, l’Italia stipula un trattato segreto con i rappre-sentanti della Triplice Intesa in cui si impegnava a scendere in guerra contro gli Imperi Centra-li nella Prima Guerra Mondiale in cambio di cospicui compensi territoriali.In realtà il patto restò segreto per poco: alla fi ne del 1917 la Rivoluzione Russa trionfa e i bolscevichi pubblicano inaspet-tatamente il testo del trattato segreto, denunciando così la nefasta politica diplomatica oc-cidentale.In caso di vittoria della guerra,

l’Italia avrebbe ottenuto il Tren-tino, il Tirolo Meridionale, la Venezia Giulia, l’intera penisola Istriana ad esclusione di Fiu-me, una parte della Dalmazia, numerose isole dell’Adriatico, il bacino carbonifero di Adalia in Turchia, oltre alla conferma della sovranità su Libia e Dode-caneso.L’esclusione di Fiume, la cui po-polazione per oltre la metà era italiana, si basava sulla erronea considerazione che in seguito al confl itto, comunque l’Impero Astro-Ungarico avrebbe conti-nuato ad esistere. Per ciò era ne-cessario lasciargli uno sbocco sul mare per evitare che tentasse di rimpadronirsi di Trieste.L’Italia, al fi anco delle poten-ze della Triplice intesa, vince la guerra e l’Impero Austro Unga-rico non esiste più.Così alla Conferenza di pace di Parigi, la richiesta è di applicare alla lettera il trattato segreto di Londra, aumentando la posta con la concessione del territorio di Fiume, visto che in prevalenza era italiano.Ma ecco lo smacco che impie-tosamente si abbatte su un’Italia che aveva contribuito con perdi-te umane e vittorie alla sconfi tta degli imperi centrali. Il presi-dente americano Wilson, non avendo sottoscritto il patto e non condividendo la segretezza dell’accordo, insieme alla Fran-cia, che dal canto suo non vede-va di buon occhio una Dalmazia

italiana che avrebbe consentito al nostro paese il controllo dei traffi ci provenienti dal Danubio, si opposero alla realizzazione di quanto previsto a Londra nel 1915.Ma se la Dalmazia era preva-lentemente croata, Fiume era in gran parte italiana. Fu evidente quindi che la maggior parte del-le condizioni sottoscritte erano state ritrattate.La situazione si fece incande-scente e nel contempo le forze vincitrici premevano per l’istitu-zione di Fiume come stato indi-pendente.Nel frattempo, D’Annunzio già negli anni precedenti si era fatto portatore di un signifi ca-tivo malcontento, riguardante il tema della “vittoria mutilata”; per questo, in sintonia con per-sonalità politiche infl uenti, ave-va chiesto il rinnovamento della classe dirigente italiana.Ma vedendo che la congiuntura internazionale spingeva a non rispettare gli accordi di Londra e a negare Fiume all’Italia, il 12 Settembre 1919 D’Annunzio organizza un clamoroso colpo di mano e alla guida di una forza volontaria irregolare compo-sta da 2500 legionari partiti da Ronchi di Monfalcone, occupa la città di Fiume e fonda uno Stato defi nito Reggenza Italiana del Carnaro.Il 13 Settembre il generale Pitta-luga, acquartierato con le truppe alleate a Fiume, cede i poteri al

Comandante ed inizia la reggen-za D’Annunziana di Fiume.Ma poco più di un anno dopo Giolitti dovette sciogliere questa situazione concludendo il tratta-to di Rapallo con la Jugoslavia, il 12 Novembre 1920. Della parte della Dalmazia promessa col Pat-to di Londra, all’Italia andarono solo la città di Zara e le piccole isole di Lagosta e Pelagosa; tutta la regione invece venne assegna-ta al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. A Fiume invece veniva riconosciuto lo Statuto di città libera. A D’Annunzio fu intima-

to di andare via. I legionari non si arresero, ci furono degli scon-tri ma alla fi ne dovettero lasciare quella terra contesa.Fiume ora, in seguito alle vicis-situdini della ex Jugoslavia, fa parte della indipendente Croa-zia; e questo non nuoce.Nell’era della globalizzazione è utile e a tratti triste invece, pen-sare a quante questioni territo-riali irrisolte ancora vi sono nel mondo e che generano confl itti, vittime e guerre; quante terre promesse o già conquistate crea-no caos e deliri di ogni natura.

Interessante e grottesco inoltre, è sapere che nonostante Wilson, gli accordi segreti in politica in-ternazionale sono ancora all’or-dine del giorno, leggibili tra le righe e deducibili alle volte dai mass media.E’ certo che la politica è com-promesso e contraddizione, è col senno di poi e con l’attitu-dine a conoscere i fatti, che si defi nisce se la storia la scrivono i vincitori o meno, ma al di so-pra di tutto è cristallino che la trasparenza non è nell’essenza del potere.

Se la cura e la conservazione del-la propria persona costituissero la fonte e il principio primo del-la Legge di Natura nel suo com-plesso, la virtù non risulterebbe un dovere, quanto piuttosto un interesse dell’uomo, per il quale non ci sarebbe nulla di onesto al di fuori di ciò che gli torna utile. Quindi l’osservanza di questa legge non sarebbe un no-stro dovere e un nostro obbligo, a cui per natura siamo tenuti, quanto piuttosto un privilegio e un vantaggio verso cui siamo attratti dalla nostra utilità.John Locke (1632-1704), fon-damentale fi losofo empirista, scrive i “Saggi sulla legge natu-rale” tra il 1660 e il 1664; da lui non furono mai pubblicati, ma furono conservati nella Lovelace Collection che raccoglie tutti i manoscritti lockiani a noi per-venuti. Solo nel 1954 W. Von Leyden ne ha dato la prima edi-zione critica.Ciò spiega il motivo per il quale nelle sue opere non spiegò mai bene e compiutamente cosa in-tendesse per legge naturale. Egli lo supponeva e lo dava per scon-tato. Eppure è il fi lo conduttore di tutto il suo pensiero.Se tutto ciò che ci circonda, dice Locke, ha palesemente una pro-pria legge naturale che ne guida lo sviluppo, il moto, gli atti e tutte le cose osservano nel pro-prio operare una legge stabilita e un modo di essere conforme alla propria natura non può essere, che solo l’uomo abbia fatto il suo ingresso nella sto-ria e nell’esistenza senza essere sottomesso ad alcuna legge de-rivante da una giurisdizione sua propria, senza saggezza, regola e senza una qualche norma che

valga da direttiva per la propria vita.Questa legge può essere de-scritta come disposizione della volontà divina, conoscibile per mezzo dell’intelletto, indicante ciò che è conforme o meno alla natura razionale dell’uomo e viene espressa nella formulazio-ne di un ordine o di un divie-to. Ciò che prescrive quindi ad ogni cosa la forma, il modo e la misura del suo agire è appunto ciò in cui consiste la legge.E questa non è iscritta, ma in-nata.

Non è esatto, dice Locke, quan-do essa viene indicata come pre-scrizione della ragione, perché in realtà quest’ultima più che istituire e prescrivere la legge naturale, la ricerca e la ritrova nell’animo senza esserne dun-que l’autrice, bensì, l’interprete.In essa, si trovano tutti i requisi-ti necessari volti a formulare ob-bligatorietà, dovere e rispetto.E’ dichiarazione di una volontà superiore, prescrive ciò che deve o non deve essere fatto.E, sebbene non sia promulgata come tutte le altre leggi positi-

ve, risulta nota agli uomini at-traverso il solo aiuto del lume naturale.Ma c’è da dire, aff erma Locke, che a molti risulta sconosciuta perché in troppi non fanno uso della ragione e preferiscono le tenebre. Altri invece, cresciuti nel vizio o abituati alla malva-gità fi niscono per riconoscere come linee guida comportamen-ti diff ormi e cattivi principi.Un altro argomento dal quale si può desumerne l’esistenza è che gli uomini senza di essa non potrebbero avere fra loro alcuna relazione o alcun vincolo socia-le.La società umana infatti si basa su una forma di stato ben de-fi nita e sul rispetto del patto, ossia di quel contratto sociale su cui si fonda la nascita della società civile.Eliminati questi elementi cade ogni comunità e se ci si priva della legge di natura, vanno in rovina le colonne portanti di ogni stato.Infatti dice Locke, cosa acca-drebbe se quella parte dell’or-ganizzazione politica che più di ogni altra ha il potere di fare del male, potesse agire senza alcun freno. Cosa accadrebbe se il po-tere potesse muoversi nell’arbi-trio più assoluto. Gli interessi umani andrebbero in rovinaI nostri governanti in molte re-altà non possono essere vincolati dalle proprie leggi positive pro-mulgate, ma alla legge di natura invece sono tenuti ad obbedire ed essa che obbliga al rispetto e alla pace.Altro argomento che dimostra l’esistenza della legge è che sen-za di essa non vi sarebbero virtù, vizi, meriti o castighi.

Dove non esiste legge, non esi-ste né colpa e né reato.Si perviene alla sua conoscen-za attraverso il lume di natura; questo costituisce l’indizio della legge. Ma con ciò non si inten-de dire che bisogna concepirlo come una qualche luce interna posta nell’uomo per ricordargli costantemente il suo dovere e la retta e ragionevole via.La legge di cui qui si parla, non è chiaramente visibile e nessuna illuminazione interna può d’im-provviso renderla nota.L’uomo aff erma Locke, può ar-rivare da solo alla sua “scoperta” attraverso il lume naturale, ma esclusivamente con uso appro-priato di quelle facoltà di cui è dotato.Né l’iscrizione nell’animo uma-no o innatismo, né la tradizio-ne, né il senso, né la rivelazione divina possono niente per “sve-lare” la legge umana, naturale.Qui infatti stiamo parlando di ciò che l’uomo è capace di scoprire e ricercare grazie alla sua sagacità, essendo fornito di mente, ragione e percezione sensibile.L’esempio che porta avanti il nostro fi losofo è chiaro: “Nelle viscere della terra sono nasco-ste le più ricche vene d’oro e d’argento, gli uomini da parte loro sono provvisti di braccia e di mani con le quali scavare la terra, di ragione per inventare macchine, ma non se ne con-clude per questo che gli uomini sono tutti ricchi: è necessario che prima si mettano all’opera e occorre molta fatica per trar-re alla luce quelle ricchezze..” (“Saggio sulla legge naturale” pag.24).Se nelle questione pratiche di

tutti i giorni si incontrano ben pochi che si affi dano alla guida del proprio lume naturale, per-chè la realtà è che “gli uomini discendono raramente in se stessi per scoprire la causa, il modo e la ragione della propria vita” (pag.25), non ci si deve meravigliare se si denota un cer-to lasciarsi guidare dagli esempi altrui, dalle istituzioni tradi-zionali, dalle consuetudini del luogo o dall’autorità di coloro che sono giudicati buoni e one-sti. In questo caso non si va alla ricerca di una regola di vita e di condotta, bensì, ci si accontenta incautamente di qualcosa di se-conda mano, di esempi altrui.In più, sottolinea Locke, che l’interesse privato di ognuno non è il fondamento di questa legge naturale.Ogni precetto trae legittimità, obbligatorietà e forza dal fatto di essere d’accordo con il prin-cipio naturale il quale è misura e criterio di tutte le altre direttive, politiche e sociali.Di certo il diritto universale co-mune e l’utile privato non sono opposti tra loro. Anzi, la legge di natura è la migliore garanzia dell’utile individuale, perché al di fuori della sua osservanza, a nessuno è dato con sicurezza di godere delle sue proprietà e di attendere ai suoi interessi.Porre nel guadagno il fonda-mento del dovere e stabilire che l’utile è la misura di una certa rettitudine, signifi ca spalancare le porte ad ogni forma di bas-sezza.Se l’equità e il giusto si riduco-no a questo, non c’è più salva-guardia né della società né della convivenza.

Ilaria Parpaglioni

Un evento glorioso ingoiato dai giochi della politica

L'attitudine di oggi ad ignorarla

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La Piazza D’Italia - Approfondimenti

La discrepanza tra la legge ed il costume

Obbligo di cura anche per i conviventi

I “reati culturali” nell’occhio del ciclone

Non è passato molto tempo dalla sentenza della Corte d’Assise di Appello di Milano nella quale i giudici hanno aperto ad un prin-cipio che potrebbe avere eff etti dirompenti sull’ordinamento. Il fatto riguardava un uomo impu-tato di “abbandono di persona incapace” (art. 591 codice pena-le) che aveva lasciato per due mesi nel degrado la convivente aff etta da una grave malattia e con il fe-more rotto, in seguito deceduta per le condizioni di prostrazione e abbandono soff erti.L’uomo era stato assolto in pri-mo grado sostenendo, i giudici, che le norme in relazione agli obblighi di assistenza morale e materiale vadano applicate solo ed esclusivamente nell’ambito di un rapporto coniugale. I due, in-vece, convivevano da tempo ma non si erano mai sposati.I giudici della Corte d’Assise d’Appello sono stati, invece, di tutt’altro avviso ritenendo che “anche un rapporto di conviven-za, prolungato nel tempo, dia luogo a vincoli di dipendenza reciproca che comportano ne-cessariamente il riconoscimento giuridico dei doveri di carattere sociale sanciti dalla Costituzione

inerenti alla natura del rapporto, che assumono quale contenuto il soddisfacimento quantomeno dei bisogni primari, quali appun-to la salute e l’alimentazione”.Orbene la sentenza dei giudici milanesi di Appello si innesta in uno dei nodi gordiani del siste-ma normativo italiano più intri-cati. Il ruolo, la natura giuridica o meno della famiglia cosiddetta di fatto, non fondata cioè sul vin-colo matrimoniale, rimangono tuttora ambigui da una parte per una quanto mai frammentaria legislazione e dall’altra per una continua schizofrenia giurispru-denziale che a fronte di alcune pronunce nel senso di un sostan-ziale avvicinamento tra famiglia di fatto e famiglia legittima cri-stallizza in altre principi rigidi e tassativi di diff erenziazione.Già per alcune ipotesi peculiari è prevista una sostanziale equi-parazione in via normativa tra il rapporto coniugale ed il rap-porto di convivenza, si pensi alla corresponsione della pensione di guerra (D.L. 1726/18), ad alcune tipologie di adozione (L. 184/83) e ad altre situazioni par-ticolari in tema di ordinamento penitenziario o di interruzione

di gravidanza.Anche andando ad analizzare questioni di diritto penale ci sono alcune aperture in tal sen-so, prima giurisprudenziali poi legislative: si vedano per esempio i casi riguardanti la facoltà di astenersi dal testimoniare previ-sta anche per il convivente more uxorio (art. 199 c.p.), l’equipara-zione in tema di maltrattamen-ti in famiglia (è sentenza della Corte di Cassazione del 2005 a prevedere che: “il reato di mal-trattamenti in famiglia sia con-fi gurabile anche al di fuori della famiglia legittima, in presenza di un rapporto di stabile conviven-za, come tale suscettibile di de-terminare obblighi di solidarietà e di mutua assistenza, senza che sia richiesto che tale convivenza abbia una certa durata, quanto piuttosto che sia stata istituita in una prospettiva di stabilità, quale che sia stato poi in concreto l’esi-to di tale comune decisione”).Invero però in tema di obblighi assistenziali l’impianto norma-tivo concede molto poco alla famiglia di fatto e di conseguen-za alla tutela dei rapporti di convivenza. Fondamento di tale impostazione è chiaramente la

volontà di rispettare una scelta assolutamente libera e personale dei singoli, quella di non vinco-lare giuridicamente un rapporto lasciando che sia “regolato” da “norme extragiuridiche”, da ac-cordi che rimangano ad un li-vello esclusivamente personale, intimo quasi.In sostanza da un rapporto di fatto oggetto di scelta libera e personale non nascono diritti né tantomeno obblighi tra le due parti.In tal senso anche la sentenza del giudice di primo grado nel caso in questione, seppur diffi -cilmente accettabile da un certo punto di vista, trova saldi appigli normativi da un punto di vista giuridico. In realtà il fatto era connotato da circostanze ben più intricate essendo evidente il disagio mentale in cui tale uomo viveva, e vive tuttora, connesso ad una situazione di vita atroce, atteso anche il ritrovamento del-la donna in condizioni inumane (corrosa da una forma tumorale mai diagnosticata, bloccata a let-to da una frattura al femore mai curata ed immersa in condizioni igieniche quasi indescrivibili). Tanto ciò è vero che anche in se-

condo grado l’uomo è stato poi assolto per mancanza dell’ele-mento soggettivo, dolo, non es-sendosi neanche reso conto della situazione assolutamente critica della convivente.Anche a livello costituzionale diffi cilmente può trovarsi ap-piglio ad una tutela, rectius ad un previo riconoscimento della famiglia di fatto laddove viene disposto che “la Repubblica ri-conosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” (art. 29). Cer-to ci si potrebbe appellare all’art. 2 laddove vengono riconosciu-ti e garantiti i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali, ma que-sto è ben diverso da garantire e tutelare dei diritti nascenti tra individui con necessaria e con-seguente previsione di obblighi reciproci quando venga a man-care il fondamento di tale rico-noscimento, quando, anzi, per libera e personale scelta sono gli stessi soggetti ad aver stabilito di lasciare il rapporto in un ambito extragiuridico.Allo stesso tempo l’evoluzione dei rapporti sociali di gran lunga più veloce di quella delle disposi-

zioni legislative ha portato ad un raff ronto stridente tra la realtà fenomenica e quella giuridica, una completa discrasia spesso di valori, obbiettivi e strutture sociali che presenti nella realtà non trovano riconoscimento e di conseguenza disciplina e tutela nell’ordinamento.Il bradipismo legislativo spesso strutturale, ma sovente anche vo-luto, ha portato con sé fenomeni di questo tipo dove la forma non è più guscio della sostanza ma alter ego giuridico di una realtà che risulta, invece, assai diversa.D’altronde neanche la giurispru-denza per il suo ruolo e per la sua natura può né, soprattutto, deve sostituirsi all’inerzia legi-slativa del Parlamento altrimenti creando una assoluta disciplina disomogenea e schizofrenica con risultati aleatori.Per questo è bene che i più o meni recenti dibattiti parlamen-tari si trasformino quanto prima in eff ettive disposizioni in un senso o in un altro, sia che ten-gano a conservare radicalmente una impostazione rigorosa e tas-sativi sia che, invece, volgano ad una evoluzione del sistema.

E’ necessario partire da alcuni casi concreti, da casi di più o meno recente giurisprudenza per poter chiarire immediatamente ed in modo palese cosa si intende quan-do si parla di “reati culturali”.Il caso Moua: un cittadino del Laos rifugiatosi in Italia viene imputato di sequestro di persona e violenza sessuale a danno della moglie. La difesa si incentra sulla realizzazione, da parte dell’impu-tato, del cosiddetto “zzj poi niam” che nella tradizione Hmong altri non è che un matrimonio da “fuga d’amore” nel quale la donna deve apparentemente contrappor-re alla condotta del futuro marito una sorta di falsa resistenza che l’uomo deve vincere per apparire forte e virile.Il caso Kimura: una donna di ori-gine giapponese si getta nel fi ume con in braccio i suoi due bambini. Questi ultimi non sopravvivono a diff erenza della madre la quale di-chiara di aver compiuto il cosid-detto “o- yako - shinzju”, omici-dio – suicidio punito lievemente dal diritto penale giapponese nei casi di particolare disonore. Addi-rittura in determinati casi di forte disonore una madre che escluda dal proprio suicidio i fi gli assurge-rebbe a fi gura demoniaca!Il caso Chen: un signore cine-se uccide a martellate la moglie dopo la scoperta dell’avvenuto tradimento. Per la tradizione ci-nese un marito che non uccida la moglie fedifraga viene considera-to un fallito.La questione del rapporto tra multiculturalismo e rispetto delle norme poste da uno specifi co or-dinamento viene sostanzialmente risolto mediante l’utilizzo di due contrapposti orientamenti: un approccio multiculturalista evi-dentemente rivolto al riconosci-mento delle diversità culturali di fondo e conseguente mante-nimento dei nuclei originari di provenienza a fronte del rispetto delle più elementari esigenze di vita sociale; l’altro, quello assi-milazionista, volto ad annullare qualsivoglia diversità culturale nella prospettiva di una uniforme applicazione delle norme regolan-ti la vita sociale.

Nella prima categoria si inquadra-no gran parte dei paesi di origine anglosassone (ndr Canada, Au-stralia…) nei quali quasi si con-fi gura una sorta di ordinamento penale parallelo, si pensi anche alla cosiddetta giurisdizione pe-nale indigena presente in alcuni paesi sudamericani o alla rego-lazione attraverso la esclusione o l’affi evolimento della colpevolezza in capo ai soggetti appartenenti a determinate etnie o a determinati gruppi culturali.Nella seconda categoria rientra invece l’ordinamento italiano che almeno a livello normativo non prevede alcuna particolare disci-plina per le persone appartenenti ad etnie diverse.Anche in Italia, comunque, non sono mancati casi che hanno evi-denziato un problema di fondo connesso all’evolversi della socie-tà nel senso del multiculturalismo e le conseguenze che talune con-dotte proprie di culture diff erenti dalla nostra possano comportare con riferimento in particolare all’applicazione delle norme del diritto penale.Il caso Bajrami ed il caso Khoui-der: casi purtroppo di particolare frequenza nel quale fi gli e mogli

degli imputati, poi condannati, subivano maltrattamenti costanti all’interno delle mura domestiche. Le difese hanno sostenuto che “sia l’imputato che le persone of-fese (tutti cittadini albanesi) han-no un concetto della convivenza familiare e delle potestà spettanti al capo-famiglia diverso da quello corrente in Italia, tanto da poter confi gurare una sorta di consen-so dell’avente diritto rilevante ex art. 50 c.p.” e che “la formazione culturale e religiosa musulmana dell’imputato erano tali “da stem-perare la valenza dell’elemento soggettivo proprio sotto il profi lo della consapevolezza di vessare e prevaricare il coniuge”.Altri e numerosi casi hanno ri-guardato e riguardano tuttora i delitti di riduzione in schiavitù di minori (si pensi ai minori costret-ti a mendicare in strada e conse-gnare il “bottino” di fi ne giornata ai propri “superiori”) così come i delitti di violenza sessuale.Le strade seguite sostanzialmente da chi si trova a dover difendere taluni individui sono quella in primis della cosiddetta “ignoran-za della legge penale” scusabile, in secondo luogo quella dell’eser-cizio di un proprio diritto o co-

munque la sussistenza del con-senso dell’avente diritto ed infi ne un’analisi del profi lo psicologico dell’imputato.Partendo dalla prima strada per-seguibile è opportuno precisare come l’art. 5 del codice penale stabilisca come “nessuno possa in-vocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale”. Quello che in buona sostanza voleva stabilire il legislatore del ’30 era che nessuno potesse farsi forte di una presunta mancata conoscenza delle dispo-sizioni e dei precetti di divieto stabiliti dall’ordinamento per evi-tare le conseguenze delle proprie condotte illecite. La norma era, ed è ancora solo in parte, chia-ra, sicuramente scevra o quanto-meno poco soggetta a mutevoli interpretazioni. L’ignoranza non scusa! Un principio così pietrifi -cato però strideva alquanto con i principi tutelati dalla Costituzio-ne. Nel 1988 una pronuncia della Corte Costituzionale ha, quindi, dichiarato “costituzionalmente illegittimo l’articolo nella parte in cui non esclude dall’inescusa-bilità dell’ignoranza della legge penale l’ignoranza inevitabile”. Il classico esempio scolastico è quel-lo dell’uomo – lupo, dell’uomo

mai stato a contatto con la civiltà e che di necessità non possiede quel substrato cognitivo tale da fargli apprezzare quali socialmen-te positive o negative le conse-guenze delle proprie condotte. Si risponde della propria azione quando questa sia stata personale, cosciente e volontaria. Bisogna da subito fugare i dubbi che possono nascere, la giurisprudenza, in par-ticolare la Corte Suprema, non ha, fi no ad ora quasi, mai accet-tato che si possa applicare l’art. 5, nella accezione costituzionalmen-te orientata, ai casi succitati. La ratio è chiara. Un ordinamento non può permettere che la man-cata conoscenza della consapevo-lezza della liceità o illiceità di una condotta possa agire da discrimi-ne per l’applicabilità o meno della sanzione. Delle innumerevoli fat-tispecie previste dall’ordinamento in tema di diritto penale già a chi è del settore ne sfuggono mol-teplici, fi gurarsi per chi quelle norme non ha avuto mai modo di leggerle. Forse almeno alcune di esse o almeno i principi che le sostanziano andrebbero insegnate negli anni dell’istruzione obbliga-toria, ma questo è un discorso che ci porterebbe fuori contesto.Una ignoranza perché possa “scriminare” necessita di esse-re assolutamente inevitabile, ed assolutamente inevitabile non è l’ignoranza di chi ha deciso di stabilirsi in un territorio e che po-trebbe ben informarsi quantome-no di quelle elementari regole di comportamento che regolano il vivere sociale e civile dello stesso.Anche per quanto riguarda il rite-nere applicabile la “scriminante” del consenso dell’avente diritto nei casi sopra riportati, l’ostacolo maggiore è la disponibilità del di-ritto che è elemento imprescindi-bile della causa di giustifi cazione in questione. Pare diffi cilmente sostenibile che nel nostro conte-sto socio–culturale il bene dell’in-columità individuale sia un bene completamente disponibile. E’ pur vero che non in tutte le cul-ture questo principio risulta non solo tutelato ma talvolta nemme-no riconosciuto.Più sottile e forse più penetrante

l’argomentare di coloro i quali si soff ermano sull’analisi del profi lo psicologico in questa particolare “categoria” di reati, sempre che di categoria si possa trattare. Ele-mento psicologico principe del diritto penale è il dolo, rappresen-tazione e volizione della condotta e degli eff etti della stessa. Senza addentrarsi in una materia diffi -cile e tecnica oggetto degli studi di una vita da parte di autori che hanno fatto e fanno tuttora la sto-ria del diritto e senza per questo voler aff rontare da parte di chi scrive tale argomento, rischian-do nella migliore delle ipotesi di ripetere in maniera sicuramente meno chiara ciò che tali autori hanno aff ermato, è bene però al-meno provare ad analizzare anche se in maniera concisa che cosa signifi chi rappresentarsi e volere e soprattutto come queste azioni possano o non possano riferirsi a soggetti culturalmente diversi.Orbene potrebbe ritenersi che in mancanza di eff ettiva rappre-sentazione del signifi cato della propria condotta il soggetto non debba essere punito mancandone uno dei presupposti fondamen-tali. Facendo l’esempio del caso Khouider di cui sopra, l’assoluta mancanza di comprensione della vessatorietà del proprio compor-tamento potrebbe rilevare in or-dine alla punibilità del soggetto agente con riferimento al delitto di maltrattamenti, così come allo stesso modo nei casi di violenza sessuale qualora per ragioni cul-turali non vi sia spazio eventual-mente per la rilevanza del dissen-so da parte della moglie.Certamente sono ragionamenti che ripugnano, anche giustamen-te, ad un modo di pensare ed a un modus vivendi che è proprio della nostra civiltà (anche se certe “abi-tudini” non sono poi ancora così desuete anche in alcune realtà no-strane) ma a ben vedere un’analisi esclusivamente razionale del prin-cipio di necessaria personalità del-la responsabilità così come previ-sta dall’art. 27 della nostra Carta Costituzionale potrebbe portare a conclusioni non poi così lontane da quella prospettate.

Marcello Grande

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La Piazza D’Italia - Tempo Libero

Nel cesenate tra gustosità culinarie e artigianatoNella provincia di Forlì-Cesena, sull'Appennino tosco-romagnolo sorge la Comunità Montana del Cesenate, fondata nel 1974, il cui territorio si compone di due parti: la Valle del Savio e la Val-le del Rubicone. La Comunità è costituita da sette paesi Bagno di Romagna, Borghi, Mercato Sara-ceno, Roncofreddo, Sarsina, So-gliano al Rubicone e Verghereto.In una delle cittadine più ricche di storia della Romagna, Sarsina, patria del grande commediografo latino Plauto, vi è il laboratorio artigianale di Regal Cravatta. Quando si entra in questo labo-ratorio si ha la sensazione che il tempo si sia fermato: forbici, spil-li, aghi, cotoni, gessetti appoggia-ti sui banconi; le abili artigiane sono intente a confezionare cra-vatte interamente cucite a mano, utilizzando fi lo di seta ritorto 8 volte come si faceva un tempo. Laura Lucchini, grazie alla sua esperienza ricchissima nel settore, ha dato vita nel 1980 al labora-torio che trova oggi un mercato fi orente anche in America. In origine le cravatte erano confezio-nate con un unico grande pezzo di tessuto che veniva ripiegato più volte diagonalmente, dai lati verso il centro “quattro pieghe da una parte e tre dall'altra” si tratta delle ambite cravatte “7 pieghe” confezionate senza “anima”, ossia prive della tela di lana.Ma la Romagna è anche terra di succulenta gastronomia e gustosi vini. L’intera area dell’Appennino Cesenate, e tutta la provincia di Forlì-Cesena, è legata ancora ad una tradizione vitivinicola antica. Qui si producono vini generosi e robusti, la maggior parte della produzione è data dall'Albana, dal Sangiovese e dal Trebbiano.L'Albana rientra nella storia del-le DOCG italiane in quanto, nel 1987, fu il primo vino bian-

co della Penisola a fregiarsi della Denominazione di Origine Con-trollata e Garantita. Dal Trebbia-no (il vitigno a bacca bianca più diff uso nel Belpaese) si produce il Trebbiano di Romagna D.O.C. che vede la zona di Roncofreddo primeggiare nella produzione. Il Sangiovese, il vitigno a bacca nera più coltivato in Italia, è qui in Romagna un vino rosso di De-nominazione di Origine Control-lata prodotto principalmente nel comune di Mercato Saraceno che sorge sulla sponda sinistra del fi u-me Savio. Questo comune spinge il confi ne settentrionale della Co-munità Montana verso la pianura Romagnola.Il suo nome curioso è legato a due aspetti che sono stati accoppiati: attorno al XIX secolo questo paese del cesenate era luogo di scambio di merci appunto mer-cato, mentre Saraceno era fi glio cadetto di Alberigo degli Onesti, antica e potente famiglia di Ra-venna. Da questi brevi tratti si svela il mistero del nome della località che nulla a che vedere con le invasioni degli arabi.Mercato Saraceno è stato in passato un centro minerario di grande importanza per l’estrazione di zolfo, l’attività economica prevalente oggi è agri-coltura.Sulle sue colline che dominano la valle del Savio, nella frazione di San Damiano a circa 140 metri sul livello del mare, vi è la Can-tina Casali che con un corpo di 50 ettari, di cui 18 ettari sono dedi-cati a vigneti, è orien-tata alla produzione di vino di alta qualità.

Essa coltiva vitigni come il San-giovese, il Cabernet Souvignon, il Terrano, il Trebbiano e l'Albana. La struttura del terreno nel fondo valle ha qui un substrato ciotto-loso e ghiaioso che permette il defl usso delle acque senza ristagni idrici che sono i nemici principali della vite. Nella parte più alta, dal quale si ricava una produzione bassissima di sangiovese riserva, il terreno è costituito da argilla bianca. L’escursioni termiche esti-ve (tipiche dei mesi di agosto e settembre) che qui si generano fra giorno e notte hanno una grande infl uenza sulle uve coltivate. Un fenomeno legato ai fl ussi di aria fresca che corrono lungo l'asse fl uviale della vallata del Savio. Le uve tendono così ad acquisire par-ticolari qualità organolettiche che giocoforza si riversano sul vino.Nella zona del Cesenate la tra-dizione è sempre in auge. Come ad esempio la consuetudine di vedere davanti ai fi lari dei vitigni rigogliosi roseti. Attualmente è un fattore puramente estetico ma

un tempo era indice di controllo della salute della vite. L'agente patogeno oidio (o detto anche mal bianco) è una patina bianca che si manifesta nella pagina in-feriore della foglia, che attacca la vite ma è anche lo stesso nemico che aggredisce i roseti, i quali es-sendo più sensibili rivelano anti-cipatamente, rispetto alla vite, la presenza dell'oidio; segnale im-portante per l'agricoltore di una volta che poteva così intervenire ricorrendo tempestivamente allo zolfo. Ma la spiegazione può ab-bracciare anche un altro aspetto: la vite fi orisce contestualmente alle rose e quest'ultime potevano essere utilizzate come catalizzato-re di api, favorendo l'allegagione (fase iniziale dello sviluppo dei frutti successiva alla fi oritura) della vite.Le cose in agricoltura sono mol-to cambiate. Attualmente le rose servono solo per abbellire e ri-chiamare la tradizione, perché ormai il viticoltore interviene con trattamenti antiodici avvalendosi

anche di zolfi idrosolubili in ac-qua o polverulenti.La provincia di Forlì-Cesena non è solo legata a generosi vini, ma anche a una gustosa e ricca cucina basti pensare ai tortelli alla pia-stra, al castagnaccio, alla focaccia bagnese, alla torta di ricotta... Come dimenticare il rinomato Formaggio di Fossa originario di Sogliano al Rubicone! Un pro-dotto locale che deve il suo nome alla stagionatura in ambienti sot-terranei, le cosiddette "fosse". La tradizione narra che i contadini soglianesi per difendersi dalle razzie delle truppe aragonesi, che nel XV secolo infestavano le campagne, erano soliti deporre il formaggio nelle fosse, a forma di fi asco, scavate nel tufo. La tradi-zione vuole che l’apertura delle fosse avvenga il 25 novembre, giorno di S. Caterina d’Alessan-dria, martirizzata all’inizio del IV secolo.La caciotta da infossare è realizzata con latte intero ovino oppure con aggiunta di latte intero vaccino

(max 50%) caseifi cato con o senza pastoriz-zazione. Il Formaggio di Fossa si caratterizza per il colore che va dal bianco al giallo paglie-rino mentre il sapore è delicato, ovviamente il suo odore (condizio-nato dall’ambiente di tufo) ricorda l'humus del sottobosco. Esso è utilizzato in cuci-na come ingrediente delle minestre tipiche romagnole (come i cappelletti, i passatel-li, ecc.) oppure come semplice condimento sopra primi e secondi piatti. Ma anche de-gustato da solo oppure accompagnato con del

miele, della confetture di frutta oppure dell' aceto balsamico. Il suo abbinamento con i vini riesce con riserve di rossi pregiati, con vini passiti ma è eccezionale con l'Albana.Ma la cucina romagnola, famosa per i suoi gustosi piatti, non si esaurisce con il vino e il formag-gio. Per avere un’idea della bontà che lega questa terra alla cucina, si può fare un salto alla “Locanda del Gambero Rosso” a Bagno di Romagna, nell’Alto Savio. Giu-liana Saragoni, proprietaria e chef del ristorante, ha un team com-posto dai membri della sua fami-glia: Moreno il marito e Michela la fi glia. Un locale a conduzione familiare dal 1951. Qui, si pos-sono gustare i basotti (croccanti taglioni prima cotti in brodo e poi passati al forno), il baccalà al forno, la frittata con i fi ori di acacia ma anche piatti cosiddetti poveri come la minestra di casta-gne e fagioli che scalda il corpo nelle fredde sere invernali. Ma, a mio avviso, vi è un piatto superbo che va assolutamente assaggiato dove Giuliana rende il meglio di sé è l’originale zuppa di erbe di campo, dal sapore vellutato e familiare. Le erbe vengono scelte e raccolte, a seconda della stagio-ne, da Moreno, lungo i sentieri dell’Appennino Cesenate. Mo-reno ha una passione sconfi nata per la natura, conosce e riconosce ogni pianta locale, basterà porre lui una domanda e vi sorprenderà per la sua capacità comunicativa di raccontare dettagliatamente ciò che la natura regala.“Romagna, Romagna mia, lon-tan da te non si può star!” è lo stornello di una bella e famosa canzone perché cibo, paesaggio, arte, storia, artigianato hanno in Romagna una denominazione comune: l’ospitalità!

Alice Lupi

La Formula 1 non aveva più cre-dibilità da un pezzo, da quando la Federazione concesse l'immunità ai piloti e squalifi cò dal mondiale la McLaren ma le permise di cor-rere dopo la spy-story, da quando decise di punire solo Ron Dennis per la scorrettezza di Hamilton durante il Gran Premio d'Austra-lia di questo anno, da quando ha deciso di interpretare in due modi diversi il regolamento tecnico permettendo ad alcune scuderie minori di avvantaggiarsi rispetto a coloro che avevano interpretato le norme nel modo indicato dalla Fia fi no ad un attimo prima, pre-giudicando il campionato. Senza contare l'interpretazione del re-golamento durante la gara ormai da tanto soggetta all’arbitrio di Charlie Withing.Tutto passa per alcuni soggetti che hanno dato vita ad una fai-da interna e personale che con lo sport ha poco a che fare.Da quando il Presidente Mosley è stato pizzicato in un orgia sado-maso a tema nazista, in molti, nel mondo delle corse, hanno chiesto le sue dimissioni. Da quel mo-mento il Presidente ha deciso di farla pagare a tutti coloro che gli si sono schierati contro. La Ferrari, che aveva ancora Jean Todt al ver-tice, non chiese la testa del capo della federazione perché riteneva il fatto privato e non collegato allo sport. Todt è ora candidato alla successione di Mosley e da lui sostenuto, che coincidenza.La mossa più eclatante del Presi-dente nazi-frustato è stata quella di voler ridurre a quaranta milio-

ni di dollari il budget delle scude-rie di F1. Il budget della Ferrari è di circa dieci volte superiore.La reazione non si è fatta atten-dere e molte delle squadre hanno rifi utato organizzando un cam-pionato alternativo che solo la retromarcia del capo della FIA oltre alla promessa di non rican-didarsi per un nuovo mandato hanno sventato riportando tutto alla normalità.I capi dei ribelli sono stati Ferrari, senza Todt, con l'esposizione in prima persona di Montezemolo, Renault con Briatore e McLaren con Dennis.Dopo la vittoria delle scuderie però il compito di Mosley è stato quello di eliminare uno per uno i suoi nemici, prima della fi ne del suo mandato il 23 ottobre 2009.Ed ecco che avviene l'incredibi-le: un mediocre pilota (Piquet), licenziato dalla Renault per lo scarso rendimento, aff erma che l'anno prima, al Gran Premio di Singapore, gli era stato imposto di andare a sbattere per favorire il suo compagno di squadra (odia-to) benefi ciando di un regola-mento ridicolo. Piquet nelle sue dichiarazioni ha dato la colpa a Briatore e Symonds, il direttore tecnico.Il fatto è indubbiamente di una gravità unica ma la cosa altrettan-to grave è stata quella con cui si sono dimostrati i fatti che hanno poi portato alla radiazione a vita di Briatore, già dimissionario pri-ma del verdetto.Il teatrino che ha preso forma è stato ben organizzato perché in-

vece di mettere le prove davanti a tutti, la federazione ha sempli-cemente usato i media per man-dare messaggi alla Renault e ai protagonisti, paventando la squa-lifi ca della casa francese in caso di condanna, mettendo per strada i settecento dipendenti del reparto corse e vanifi cando gli investi-menti fatti, anche mal volentieri, in Formula 1.Il risultato sono state le dimissioni del team manager Briatore che si professa innocente e del diretto-re tecnico Symonds. Azione fatta per proteggere la squadra.Poteva bastare per placare le po-lemiche ma la lotta personale di Mosley non avrebbe avuto il giu-sto senso. Briatore doveva pagare per tutto quello che aveva fatto contro il Presidente e quindi, du-rante un'udienza in cui le prove portate sono state le dichiarazio-ni di un ex dipendente licenziato (Piquet è un noto campione infal-libile), di suo padre e di qualche grafi co telemetrico (dove si vede un comportamento anomalo del pilota), la Federazione ha deciso per la radiazione a vita del ma-nager italiano e la squalifi ca per due anni della casa francese con la condizionale che lascia tutto invariato ma la mette sotto osser-vazione per due anni.Indulgenza motivata dalla “col-laborazione” della Renault nella faccenda. Si dovrebbe invece dire sottomissione totale al Re Mosley.Una sentenza troppo sbilanciata che non rende merito alla giusti-zia poiché il manager agiva per

la Renault che a fronte di una radiazione a vita doveva subire una pena ben diversa. Senza con-siderare che il pilota, in odore di santità per la sua purezza, ha de-nunciato il suo incidente, causato volontariamente per sua ammis-sione, solo dopo un anno e dopo il suo lincenziamento e senza su-bire alcuna sanzione o condanna.Il fi ne era personale, il nazi-presi-dente ha preteso dalla sua pletora di giudicanti un verdetto come questo per accontentare Ecclesto-ne che senza la Renault avrebbe avuto un danno economico per i diritti commerciali del campiona-to e per far capire al condannato che non c'è verità o diritto quan-do la sentenza viene ordinata dal dominus assoluto Mosley.Briatore, per come si sono svolti i fatti, è una vittima anche se pen-sare all'immagine dell'ex team manager della Renault e collegarlo a quella della vittima da una sensa-zione di contrarietà, ma è così.Non si tratta di quello che è ac-caduto a Singapore nel 2008 ma semplicemente cosa ha mosso e chi lo fatto, e soprattutto se c’è stata realmente la ricerca della verità.Prove che in qualsiasi altro am-biente non avrebbero portato a nulla, nella Formula 1 di Mosley ed Ecclestone portano a sentenze assurde che non colpiscono ne-anche questa volta i colpevoli, o presunti tali, nel modo giusto.Nella torbida vicenda che ha macchiato una Formula 1 ormai alla deriva, la cui credibilità è una chimera, non escono prove e ver-

detti ma solo la certezza che qual-cuno ha deciso di lavare i panni in piazza e non a casa propria proba-bilmente perché ritiene la FIA è di sua proprietà fi no alla fi ne del suo mandato.Max Mosley ha deciso di fare piazza pulita dei suoi avversari di anni, gli stessi che hanno ostaco-lato progetti deliranti in cui tutti potevano decidere tranne coloro che mettono i soldi per costruire le macchine che fanno la gara.Alla fi ne del mandato manca ancora un mese, quidi sotto a

chi tocca.Il nazi-frustato che si muove nelle pieghe della moralità, sportiva e non, con una disinvoltura rara, sta calpestando tutto quello che nello sport dovrebbe essere salva-guardato.La speranza è che questa Formula 1 muoia, defi nitivamente, magari per carenza di spettatori affl itti dalla noia delle gare e schifati dal-le vicissitudini personali di piccoli uomini che si sentono dei.Non se ne può più.

Gabriele Polgar

Mosley, Briatore e l'assurdoUn fatto grave che con lo sport c'entra poco e invece...