1-15/16-31 Luglio - 1-15/16-31 agosto 2009 - Anno XLV - NN. 59 - 60 - 61 - 62 - L'Aquila: promossi...

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Come preannunciato, dopo i ri- sultati delle elezioni europee e delle amministrative dello scorso mese di Giugno, la calda, anzi torrida, estate pre-congressuale del Partito Democratico è ini- ziata. Tutto infatti, dalle candi- dature, sia quelle annunciate che quelle revocate, ai tesseramenti, quelli validi e quelli annullati e via discorrendo, lascia presagire una lotta per aggiudicarsi la se- greteria del partito senza esclu- sione di colpi e che sicuramente lascerà al suolo numerosi cadaveri - politicamente parlando ovvio!! - eccellenti. Se le sconfitte, politiche e nume- riche, nelle due tornate elettorali appena passate si sono abbattute come “procelle” sul fragile e quasi disalberato vascello rappresentato dal Partito Democratico, le ma- novre di avvicinamento alla data del congresso di tale bastimento sono state sicuramente ostacolate e rese terribilmente più comples- se dal nuovo e per certi versi im- provviso “arrembaggio” messo a punto dal corsaro “Grillo”, pron- to a portare scompiglio con tutte le proprie risorse all’interno del centro sinistra italiano. Il comico Genovese, non blogger, non capo popolo o uomo politi- co, ma solo comico autoprocla- matosi difensore civico di tutti gli abitanti dello Stivale, non più di una settimana fa, ha annunciato dalla tribuna del suo Blog, prima la sua iscrizione al circolo PD di Arzachena in Sardegna e succes- sivamente la propria candidatura alla segreteria del Partito Demo- cratico. Ed è stato a questo punto che “i veri e sinceri“ democratici di casa nostra hanno tirato fuori gli arti- gli - anzi le unghiette fresche di manicure - e da consumati tigrot- ti della Malesia hanno rintuzzato gli assalti portati loro da Grillo. Prima infatti è iniziato un pode- roso fuoco di sbarramento con cui alcuni pezzi da novanta del Parti- to Democratico hanno risposto all’eventualità di una candidatura di Grillo al congresso autunnale del 11 ottobre prossimo. Allora ecco Fassino tuonare che no, il PD non è un taxi su cui si può salire quando fa più comodo. Dello stesso tono le dichiarazioni del candidato Bersani che boc- ciando ulteriormente la richiesta di Grillo ha definito il Partito Democratico un partito (?) serio che rispetta tutti pretendendo al contempo rispetto non essendo un autobus su cui si può salire o scendere a proprio piacimen- to. Addirittura il redivivo Enrico Letta ha intimato ai colleghi di non tesserare Grillo per evitare ulteriormente i suoi insulti. Per cercare di spegnere ogni altra polemica poi il PD ha riunito di fretta e furia la Commissione nazionale di garanzia che ha ne- gato il tesseramento del comico in quanto tale richiesta non è avvenuta al suo circolo di appar- tenenza - cioè quello della città di residenza, Genova - bensì prima ad Arzachena e poi in provincia di Avellino, come estremo tenta- tivo dopo il primo diniego della commissione stessa. La sua esclu- sione dalla corsa alla candidatura è stata poi aggiuntivamente mo- tivata con il fatto che in passato egli ha sostenuto e promosso liste apertamente ostili al PD. E qui il discorso sembra definitivamen- te chiudersi, anche se si potreb- be aprire una parentesi riguardo l’efficacia, ed il funzionamento di un regolamento e di uno statuto del PD scritto malissimo nono- stante in tanti ci abbiano messo le mani. Ma come ha reagito l’eroe degli internauti alla presa di posizione della bronto-burocrazia del PD? Come ha risposto il raddrizzato- re dei torti degli italiani ai cavilli procedurali dei post DC e degli ex comunisti del Partito demo- cratico? Partito un po' in sordina e sotto il fuoco di fila della stampa internazionale soprattutto anglosassone – diffidente e fasti- diosa come non mai, per non dire preconcetta – si è chiuso il trentacinquesimo G8 col successo della presidenza italiana. Malgrado i maldestri tentativi per tentare di affossarlo. Un successo, almeno stavolta, sancito proprio da tutti: opinio- ne pubblica e politica. Partito in sordina perché oltre alla proverbiale diffidenza che ammanta questo paese all’estero, faceva discutere anche la scelta della sede. L’Aquila, zona ter- remotata a tutt’oggi in preda a scosse sismiche. E allora si è parlato di molte altre cose, oltre ovviamente all’economia. Si è discusso di clima, di aiuto ai paesi pove- ri, delle minacce rappresentate dai regimi totalitari. Accanto al G8 (Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Usa, Giappone) e al G5 (Cina India, Brasile, Mes- sico Sudafrica) hanno partecipato Egitto, Indonesia, Austra- lia e Corea del sud e tante organizzazioni internazionali, nel COPIA OMAGGIO In caso di mancato recapito restituire a Poste Roma Romanina per la restituzione al mittente previo addebito - TAXE PERCUE tass. riscoss Rom-Italy — Fondato da Turchi — www.lapiazzaditalia.it L'Aquila: promossi Italia e G8 PD: spettacolo primarie LA PIAZZA D’ITALIA Per la vostra pubblicità telefonare allo 800.574.727 Jacko: quando cadono le stelle Il debito pubblico continua a lievitare ATTUALITÀ — a pagina 6 — — a pagina 7 — ECONOMIA Buone vacanze Ricco, continuamente aggiornato: arriva finalmente sul web il nuovo punto di riferimento per i giovani e per un nuovo modo di fare politica in Italia Una Piazza di confronto aperta al dibattito su tutti i temi dell’agenda politica e sociale per valorizzare nuove idee e nuovi contenuti www.lapiazzaditalia.it Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L27/02/2004 num. 46) art. 1 comma 1 - DCB-Roma 1-15/16-31 Luglio • 1-15/16-31 Agosto 2009 - Anno XLV - NN. 59-60-61-62 0,25 (Quindicinale) Siamo arrivati di nuovo all’estate. Quante sofferenze e quanta fatica questo anno, dovuto alle disgrazie (vedi ad esempio Terremoto o Viareg- gio) e la crisi economica che ha investo il globo. Il periodo di riposo deve ser- vire a tutti per stare in fami- glia e per ricaricare le batterie; così anche per chi detiene la leadership-politica ed econo- mica serve per fare il punto e pensare a cosa fare alla Ri- presa. Credo che se posso dare il mio contributo di idee dob- biamo di nuovo, concentrarci sull’agenda politica ed econo- mica del PDL. Pensare si alle riforme (del- lo Stato e della Burocrazia), ma soprattutto alle esigenze immediate della gente e delle imprese (in particolare picco- le e medie). Riparliamo ad esempio di ri- ordinare le aliquote fiscali (al mese al massimo del 33%) ed alzare oltre a 20mila la no tax area; parliamo di fare una leg- ge che sbocchi i cantieri (gli annunci del CIPE, anche se importati, non si toccano con mano), una legge obbiettivo 2 migliorata; portiamo come ha detto Tremonti il debito in Europa con una emissione di titoli, cosi da disincagliare definitivamente il paese dai ritardi, dovuto a un debito enorme pregresso. Ma un ulteriore pensiero, ag- giungo in linea a quanto detto dal Papa, nell’ultima encicli- ca, rimettiamo al centro della nostra opera il valore etico e sociale, lavorare per noi (per le nostre famiglie) ma soprat- tutto anche per gli altri. Buone vacanze. Abb. sostenitore da 1000 - Abb. annuale 500 - Abb. semestrale 250 - Num. arr. doppio prezzo di copertina Segue a pagina 3 Segue a pagina 2 di FRANZ TURCHI La manovra a tenaglia di Grillo e Di Pietro mina il PD

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L'Aquila: promossi Italia e G8 - PD: spettacolo primarie - L'appello di Di Pietro - Primarie PD: tanto clamore per pochi - Il Budget 2009 dello Stato - La Sapienza italiana - Pensioni, il vero convitato di pietra dell’economia - Il debito pubblico continua a lievitare - Il DPEF...ino 2010-2013 - Usa - Russia: storico accordo - G8: 20 miliardi per l'Africa - Il golpe abbatte l'Honduras - Jacko: quando cadono le stelle - Il Prosecco, il vino del benvenuto tra DOC e DOCG - Arakéna, dea madre tra sole e vento - Alta Moda, Autunno–Inverno 2009/2010

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Come preannunciato, dopo i ri-sultati delle elezioni europee e delle amministrative dello scorso mese di Giugno, la calda, anzi torrida, estate pre-congressuale del Partito Democratico è ini-ziata. Tutto infatti, dalle candi-dature, sia quelle annunciate che quelle revocate, ai tesseramenti, quelli validi e quelli annullati e via discorrendo, lascia presagire una lotta per aggiudicarsi la se-greteria del partito senza esclu-sione di colpi e che sicuramente lascerà al suolo numerosi cadaveri - politicamente parlando ovvio!! - eccellenti.Se le sconfi tte, politiche e nume-riche, nelle due tornate elettorali appena passate si sono abbattute come “procelle” sul fragile e quasi disalberato vascello rappresentato dal Partito Democratico, le ma-novre di avvicinamento alla data del congresso di tale bastimento sono state sicuramente ostacolate e rese terribilmente più comples-se dal nuovo e per certi versi im-provviso “arrembaggio” messo a punto dal corsaro “Grillo”, pron-to a portare scompiglio con tutte le proprie risorse all’interno del centro sinistra italiano.Il comico Genovese, non blogger,

non capo popolo o uomo politi-co, ma solo comico autoprocla-matosi difensore civico di tutti gli abitanti dello Stivale, non più di una settimana fa, ha annunciato dalla tribuna del suo Blog, prima la sua iscrizione al circolo PD di Arzachena in Sardegna e succes-sivamente la propria candidatura alla segreteria del Partito Demo-cratico.Ed è stato a questo punto che “i veri e sinceri“ democratici di casa nostra hanno tirato fuori gli arti-gli - anzi le unghiette fresche di manicure - e da consumati tigrot-ti della Malesia hanno rintuzzato gli assalti portati loro da Grillo. Prima infatti è iniziato un pode-roso fuoco di sbarramento con cui alcuni pezzi da novanta del Parti-to Democratico hanno risposto all’eventualità di una candidatura di Grillo al congresso autunnale del 11 ottobre prossimo.Allora ecco Fassino tuonare che no, il PD non è un taxi su cui si può salire quando fa più comodo. Dello stesso tono le dichiarazioni del candidato Bersani che boc-ciando ulteriormente la richiesta di Grillo ha defi nito il Partito Democratico un partito (?) serio che rispetta tutti pretendendo al

contempo rispetto non essendo un autobus su cui si può salire o scendere a proprio piacimen-to. Addirittura il redivivo Enrico Letta ha intimato ai colleghi di non tesserare Grillo per evitare ulteriormente i suoi insulti.Per cercare di spegnere ogni altra polemica poi il PD ha riunito di fretta e furia la Commissione nazionale di garanzia che ha ne-gato il tesseramento del comico in quanto tale richiesta non è avvenuta al suo circolo di appar-tenenza - cioè quello della città di residenza, Genova - bensì prima ad Arzachena e poi in provincia di Avellino, come estremo tenta-tivo dopo il primo diniego della commissione stessa. La sua esclu-sione dalla corsa alla candidatura è stata poi aggiuntivamente mo-tivata con il fatto che in passato egli ha sostenuto e promosso liste apertamente ostili al PD. E qui il discorso sembra defi nitivamen-te chiudersi, anche se si potreb-be aprire una parentesi riguardo l’effi cacia, ed il funzionamento di un regolamento e di uno statuto del PD scritto malissimo nono-stante in tanti ci abbiano messo le mani.Ma come ha reagito l’eroe degli

internauti alla presa di posizione della bronto-burocrazia del PD?Come ha risposto il raddrizzato-re dei torti degli italiani ai cavilli

procedurali dei post DC e degli ex comunisti del Partito demo-cratico?

Partito un po' in sordina e sotto il fuoco di fi la della stampa internazionale soprattutto anglosassone – diffi dente e fasti-diosa come non mai, per non dire preconcetta – si è chiuso il trentacinquesimo G8 col successo della presidenza italiana. Malgrado i maldestri tentativi per tentare di aff ossarlo. Un successo, almeno stavolta, sancito proprio da tutti: opinio-

ne pubblica e politica. Partito in sordina perché oltre alla proverbiale diffi denza che ammanta questo paese all’estero, faceva discutere anche la scelta della sede. L’Aquila, zona ter-remotata a tutt’oggi in preda a scosse sismiche.E allora si è parlato di molte altre cose, oltre ovviamente all’economia. Si è discusso di clima, di aiuto ai paesi pove-

ri, delle minacce rappresentate dai regimi totalitari. Accanto al G8 (Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Usa, Giappone) e al G5 (Cina India, Brasile, Mes-sico Sudafrica) hanno partecipato Egitto, Indonesia, Austra-lia e Corea del sud e tante organizzazioni internazionali, nel

COPIA OMAGGIO In caso di mancato recapito restituire a Poste Roma Romanina

per la restituzione al mittente previo addebito - TAXE PERCUE tass. riscoss Rom-Italy

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L'Aquila: promossi Italia e G8

PD: spettacolo primarie

LA PIAZZA D’ITALIA

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Jacko: quando cadono le stelle

Il debito pubblicocontinua a lievitare

ATTUALITÀ

— a pagina 6 — — a pagina 7 —

ECONOMIA

Buone vacanze

Ricco, continuamente aggiornato: arrivafi nalmente sul web il nuovo punto

di riferimento per i giovani e per unnuovo modo di fare politica in Italia

Una Piazza di confronto aperta aldibattito su tutti i temi dell’agenda

politica e sociale per valorizzare nuoveidee e nuovi contenuti

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Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L27/02/2004 num. 46) art. 1 comma 1 - DCB-Roma 1-15/16-31 Luglio • 1-15/16-31 Agosto 2009 - Anno XLV - NN. 59-60-61-62 € 0,25 (Quindicinale)

Siamo arrivati di nuovo

all’estate. Quante soff erenze

e quanta fatica questo anno,

dovuto alle disgrazie (vedi ad

esempio Terremoto o Viareg-

gio) e la crisi economica che

ha investo il globo.

Il periodo di riposo deve ser-

vire a tutti per stare in fami-

glia e per ricaricare le batterie;

così anche per chi detiene la

leadership-politica ed econo-

mica serve per fare il punto

e pensare a cosa fare alla Ri-

presa.

Credo che se posso dare il

mio contributo di idee dob-

biamo di nuovo, concentrarci

sull’agenda politica ed econo-

mica del PDL.

Pensare si alle riforme (del-

lo Stato e della Burocrazia),

ma soprattutto alle esigenze

immediate della gente e delle

imprese (in particolare picco-

le e medie).

Riparliamo ad esempio di ri-

ordinare le aliquote fi scali (al

mese al massimo del 33%) ed

alzare oltre a 20mila la no tax

area; parliamo di fare una leg-

ge che sbocchi i cantieri (gli

annunci del CIPE, anche se

importati, non si toccano con

mano), una legge obbiettivo

2 migliorata; portiamo come

ha detto Tremonti il debito

in Europa con una emissione

di titoli, cosi da disincagliare

defi nitivamente il paese dai

ritardi, dovuto a un debito

enorme pregresso.

Ma un ulteriore pensiero, ag-

giungo in linea a quanto detto

dal Papa, nell’ultima encicli-

ca, rimettiamo al centro della

nostra opera il valore etico e

sociale, lavorare per noi (per

le nostre famiglie) ma soprat-

tutto anche per gli altri.

Buone vacanze.

Abb. sostenitore da € 1000 - Abb. annuale € 500 - Abb. semestrale € 250 - Num. arr. doppio prezzo di copertina

Segue a pagina 3

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di FRANZ TURCHI

La manovra a tenaglia di Grillo e Di Pietro mina il PD

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Ma chi sono i candidati alla pol-trona che fu del “magnifi co” Wal-ter?Per il momento i gagliardi compe-titori sono tre: Franceschini, Ber-sani e Marino.Tutti e tre non sono certamente dei pesi massimi del ring politico italiano, tutto al più potrebbero rappresentare - con l’esclusione forse di Bersani - dei discreti pesi mosca, non avendo nessuno dei tre né il carisma né il seguito di tessere di partito che ci si aspette-rebbe dal segretario della seconda formazione politica italiana in or-dine di grandezza.Ma vediamo prima come si è arri-vati alle candidature dei tre, quali sono le linee programmatiche che li ispirano e soprattutto quali sono i “padri” anzi i “padrini” nascosti di questi personaggi di secondo ordine della politica nostrana che fi nalmente intravedono la possi-bilità di ritagliarsi uno spazio da interprete principale che fi no ad ora gli era stato più o meno ingiu-stamente negato.Il primo che ha posto uffi cialmen-te la propria candidatura a segre-tario del PD è stato Franceschini, che messo in fretta e furia al co-mando della disastrato PD dopo le dimissioni di Veltroni causate dalla sconfi tta alle elezioni regio-nali sarde, è riuscito a superare indenne il naufragio delle tornate elettorali di giugno. Il buon Dario ha potuto - novello Brenno - get-tare sulla bilancia delle trattative in atto per accaparrarsi le spo-glie del Partito democratico - la “spada” degli “eccellenti” risultati raggiunti dal Partito alle elezioni europee e alle concomitanti am-ministrative: -7% rispetto alle po-litiche dell’anno scorso e decine di

Comuni e Provincie di tutta Italia una volta governate dal centro si-nistra e adesso passate di mano al PdL.Insomma la tattica di “France-schiniello” è apparsa chiara a tutti: sminuire a sprezzo del ridicolo le legnate ricevute dal centro destra, allo scopo di rimanere alla guida del PD con l’aiuto di Veltroni. La tattica - quella di gettare fumo negli occhi dei cittadini grazie al provvido aiuto di alcuni mass media amici - in verità non è tut-ta farina del sacco di Franceschi-ni. Infatti tale strategia è stata uti-lizzata in anni recenti soprattutto da Prodi e da Veltroni: chi non ricorda le magnifi che descrizioni della Roma “veltroniana” anche quando era palese - soprattutto ai cittadini romani - lo sfascio non solo amministrativo o di bilan-cio ma pure in termini sociali e di sicurezza in cui versava l’Urbe governata per 15 anni dal centro sinistra?E chi ha dimenticato invece gli incensanti panegirici del cronista di turno che hanno accompagna-to tante interviste del Professore riguardo la tenuta del Gover-no dell’Ulivo prima e di quello “Unionionista” dopo, anche quan-do era chiaro che sarebbe stato impossibile guidare il Paese senza essere sempre in ostaggio dei vari cespugli dell’ultra sinistra?Negare. Negare sempre i problemi interni, non curarsi di risolverli at-traverso un doveroso “mea culpa” ma con l’unica speranza di supe-rarli puntando il dito, di volta in volta, o contro Berlusconi o contro i nemici interni - D’Alema o Ber-sani che siano - che rappresentano sempre e comunque, il vecchio, lo stantio apparato di un partito delle

tessere oramai passato di moda da cui prendere le distanze e accolla-re le responsabilità solo quando si perde e mai un compagno di viag-gio con cui confrontarsi .Come può il “Mago Walter”, ora-mai impossibilitato ad elargire pre-bende e municipalizzate, tentare di rinserrare le fi la dei suoi fedelissi-mi se non attraverso il miraggio di scippare ai tempi supplementari al suo ventennale nemico D’Alema la sua creatura: il PD, il partito leggero, dei giovani, dei blogger e di tutte le menate varie che sono proprie del “Pantheon” dell’ex sin-daco di Roma?Ed ecco allora imbarcare sulla me-desima sgangherata scialuppa il già citato Franceschini a cui non gli par vero di mettere, in questo ultimo tentativo di Reconquista Veltroniana, la faccia. Ci sono poi coloro che da sempre sono al fi anco di Veltroni - orfani però di Bettini, il vero signore delle tessere-Morassut, Tonini e Vitali. Gli ex popolari di Marini, Fioroni e Castagnetti e gli ex DS Fassino, Damiano, Chiti e Coff erati oltre che Rutelli, Gentiloni e Giachet-ti. La bandiera dei volti nuovi la portano la prezzemolina Debora Serracchiani e David Sassoli, che prendono il posto del trombato Soru, Chiamparino e dell’esiliato a Strasburgo Dominici.Il secondo candidato in lizza è Bersani. L’ex ministro dell’indu-stria del Governo Prodi, è forte del sostegno di parecchi ex DS e di di-verse pesanti federazioni regionali ed inoltre ha incassato il suppor-to di Enrico Letta, Rosy Bindi, e degli attuali governatori di Emilia, Piemonte, Umbria e Campania, rispettivamente Errani, Bresso, Lorenzetti e Bassolino oltre che

godere dell’appoggio dell’ex pre-sidente della provincia di Milano Penati e dei prodiani Santagata e Levi. Segno quest’ultimo che il Professore - ricucito forse del tutto lo strappo con D’Alema - è inten-zionato a sostenere l’amico Bersa-ni contro il candidato di Veltroni che egli considera ancora - e non a torto - il principale artefi ce della fi ne della sua seconda esperienza di governo.Ma chi rimane lo sponsor princi-pale e il maggiore orchestratore di tutta la manovra di Bersani rimane Massimo D’Alema. E ciò ad onor del vero rappresenta sia un fattore positivo che uno di destabilizza-zione.Positivo perché il politico di Gal-lipoli è capace di muovere con il suo carisma ancora parecchi sim-patizzanti del PD, in più, grazie alla tela di rapporti che ha tessuto negli anni, gode ancora di grande prestigio e infl uenza a tutti i livelli all’interno della macchina organiz-zativa del Partito Democratico e questo sarà molto importante per rastrellare il maggior numero di consensi il giorno delle primarie.L’elemento destabilizzante che è insito nella presenza di D’Alema al fi anco di Bersani è che comun-que vada quest’ultimo sarà sempre visto solo come il portavoce o al massimo l’esecutore materiale degli ordini dell’ex ministro degli esteri, ma questo in defi nitiva è il peri-colo che corre pure Franceschini invischiato come è nell’abbraccio con Veltroni e compagnia.Il terzo “competitor” della corsa che assegnerà il posto di segretario del PD è Ignazio Marino, l’uomo che vuol far convergere su di se i voti dell’area laica del PD, colui il quale si è battuto in Parlamento

per il testamento biologico, e co-lui per il quale - appena saputolo candidato - Pannella ha speso pa-role d’elogio e per il quale Beppino Englaro si è tesserato per il Partito democratico. Marino, che gode dell’appoggio di Bettini- trombato da Veltroni per la corsa ad un seg-gio a Strasburgo- e del sindaco di Genova Vincenzi -rappresenta l’ala “zapaterista” del PD quella più ac-cesamente anti clericale, abortista e radicale insomma.A quanto visto sin d’ora chiunque sarà tra Bersani e Franceschini - Marino infatti pare fuori dalla lot-ta - il nuovo segretario del PD il centro sinistra italiano avrà perso per l’ennesima volta l’occasione di creare un partito socialdemocrati-co moderno. Infatti nessuno dei due principali contendenti ha pre-sentato fi nora nuove strategie da contrapporre a quelle del PdL nel campo dell’economia, del lavoro o dello sviluppo sociale del mez-zogiorno ad esempio. Entrambi i candidati sono i prestanome di due gruppi di potere che da al-meno 20 anni si aff rontano senza esclusione di colpi, senza metterci direttamente la faccia. Entrambi gli schieramenti pensano - anzi sperano - di “fare fuori”il centro destra attraverso il sistema giudi-ziario, quello mediatico o con una fantomatica “scossa” magari attra-verso un ribaltone, mai per mezzo di nuove proposte politiche.I punti di divergenza tra questi due mondi interni al PD vertono solo sul nome di chi dovrà guidare un futuribile - speriamo lontanis-simo - nuovo governo di centro sinistra e su quali alleati esso dovrà avere: nessuno secondo il pensiero di Veltroni, tutto il resto dei partiti secondo D’Alema.

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FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI LUGLIO 2009

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In vista del congresso autunnale del PD Franceschini, Bersani e Marino si candidano per la carica di segretario del partito

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Primarie PD: tanto clamore per pochiLa “calda” estate del Partito De-mocratico non accenna a passare. Infatti i sinceri democratici di casa nostra reduci dalla duplice scotta-tura elettorale - europee prima e amministrative dopo - sono alle prese con una cruentissima batta-glia pre-congressuale, che da qui a qualche mese li porterà a darsi un nuovo segretario di partito dopo la prematura rinuncia di Veltroni.

Antonio Di Pietro sa cosa fare per metterci in imbarazzo come popolo, sa quanto danno può arrecare con le sue azioni di propaganda e comunque conti-nua nei suoi intenti.Neanche fossimo in Iran o Birmania, Tonino si è deciso a fare il grande salto, quello in-ternazionale. Un passo impor-tante che lo mette sotto nuovi riflettori e che invece adombra la nostra democrazia dalla re-putazione non proprio perfetta, non solo agli occhi del mondo esterno.Questo ex magistrato, poi sena-tore, ancora deputato e leader di un partito tutto incentrato sulla sua immagine ed intransi-genza, ha avuto la geniale idea di pubblicare sull'International Herald Tribune, un appello alla comunità internazionale per l'emergenza democratica in atto, vista l'approvazione del lodo Alfano su cui dovrà pro-nunciarsi la Corte Costituzio-nale ad ottobre.Non si può accettare che un deputato cerchi di provocare ingerenze dal mondo esterno nella nostra politica democra-tica rea, secondo lui, di com-mettere "scempi" con il gover-no attuale. E' una vergogna che un eletto al Parlamento si faccia gioco delle regole della nostra democrazia e che da sconfitto cerchi platee esterne per promulgare i suoi diktat in attesa di una sponda straniera che gli dia più forza. Eviden-

temente sa che il vuoto della sinistra, per cui ha avuto una crescita elettorale, non sarà eterno e per mantenere la sua organizzazione ha bisogno di sfondare ora.Ma chi ci protegge da un uomo come Di Pietro? Uno che rifiuta l'esito di regolari elezioni (con il suo comportamento), accusa la Presidenza della Repubblica di sospetti silenzi ("mafiosi") di fronte a questo golpe, denigra le istituzioni di cui lui stesso fa parte e delegittima la Corte Costituzionale con la sua sfidu-cia da ex magistrato.Tonino sente di avere il diritto di dire al mondo che siamo de-gli stupidi, che abbiamo degli inetti al governo, in Parlamen-to e nelle più alte istituzioni a garanzia della nostra libertà.

Solo lui comprende tutto que-sto (e il suo amico Grillo a cui sta copiando il modo di fare politica e che presto diventerà avversario), e per ciò si mette al di sopra del popolo bue.Quei quattro pragrafi - tradotti meglio del suo italiano corrente -, il suo volto, il disprezzo che traspare verso chi agisce e pensa diversamente da lui sono in sti-le tipicamente fascista. Curioso che in questo stile e con queste idee Di Pietro faccia un appello per la democrazia.In realtà la cosa che realmente dimostra, la più fastidiosa, è la totale mancanza di amore per l'Italia e per quello che dovreb-be rappresentare per ogni suo cittadino: un storia, una tradi-zione ed una reputazione.

Gabriele Polgar

Al solito riempiendo di imprope-ri i suoi bersagli e sputando frasi ad eff etto per i suoi “afi cionados” virtuali.“Chi garantisce per il Comitato di Garanzia del PD?”. Oppure : “Chi lo ha nominato?”, “Chi suggerisce le sentenze ai garan-ti?”. “Se fossi il nuovo segretario manderei a casa mille persone ad iniziare da chi ha più di due le-gislature o chi come Bassolino fa intrallazzi loschi”. In più il bef-fardo comico ha promesso che la sua intenzione è parlare ai giovani del Partito non hai fossili che oc-cupano le poltrone da oltre trenta anni: chissà come si considera e defi nisce egli stesso che è arrivato alla soglia dei sessantuno anni.Per Grillo, il PD, defi nito PD meno Elle - poiché secondo lui centro destra e centro sinistra sono la stessa pappa - non è altro che la stampella di tutti i confl it-ti d’interesse d’Italia, un partito con un vuoto d’idee, di proposte, di coraggio e di uomini. Degno rappresentante di una certa sini-stra inciucista, capace solo dello sfruttamento delle amministra-zioni locali: un vero e proprio mostro politico, aff aristico che oltre ad essere solo una collezione di tessere e distintivi rappresen-ta oramai una galleria di anime morte preoccupate solo della loro permanenza al potere tanto che, a quanto pare, l’unica opposizione presente in Parlamento è l’Italia dei Valori.Risposte da par suo insomma che però non riescono a coprire i veri interessi che si celano dietro

l’azione di disturbo messa in atto da Grillo.In primo luogo nessuno può cre-dere che egli abbia mai potuto pensare realmente prima di con-correre e poi sperare di vincere la corsa per la carica di segretario del PD. Ma cosa ha spinto il pa-ladino dell’antipolitica a candi-darsi alla carica più importante di un Partito, di una entità cioè che rappresenta la struttura stes-sa del sistema marcio che dice di combattere? E’ solo una manovra pubblicitaria, come quella del “Vaff a day” dello scorso anno, per rendere più popolari il suo Blog, i suoi libri, e i suoi spetta-coli itineranti al fi ne di rimpin-guare il proprio portafoglio e per ringalluzzire le proprie truppe dopo che le liste civiche da lui promosse hanno rastrellato alle scorse amministrative solo qual-che consigliere comunale in tutta Italia?Una folgorazione sulla via di Da-masco, forse? Molto più proba-bilmente sulla via di Montenero di Bisaccia, luogo che ha dato i natali a Di Pietro.Infatti l’unico che sembra gio-varsi dello scompiglio portato da Grillo nel campo del centro sini-stra è l’ex PM di “Mani Pulite”.Volano gli stracci nel centro sini-stra? Bene!Ci si accapiglia per un Grillo qua-lunque e non si parla di proposte congressuali? Benissimo!Così l’unica formazione politica a possedere l’aura e la patente dell’anti-berlusconismo - certi-fi cata in ciò dai vari, Travaglio, Repubblica, Santoro e girotondi

cantanti - sarà l’IdV. Pare insom-ma evidente che Di Pietro e Gril-lo lavorino tra di loro di sponda al fi ne di indebolire il più possibi-le il PD e portare nel carniere di Tonino altre centinaia di migliaia di voti di persone disgustate dalle manovre e dalle manfrine interne al PD.Per disinnescare la “bomba” li-gure sarebbe bastato rilanciare ed osare di più come proposto dal presidente della Regione Liguria Burlando, uomo del PCI-Pds-DS prima, Democratico oggi: accettare il tesseramento e la can-didatura alla segreteria del partito del comico.Ci avrebbero pensato le centina-ia di migliaia di iscritti del PD che fanno politica sul territorio a recapitare, al momento delle primarie, un sonante “Vaff a” al manutengolo Dipietrista.Intanto, un risultato, in tutto questo bailamme è sotto gli occhi di tutti: il Partito Democratico nell’anno in cui si celebra un im-portante congresso risolutivo per il proprio futuro, tessererà poco più di 600 mila iscritti: molti meno rispetto sia alla somma dei tesserati dell’ultimo anno di esistenza, prima della fusione nel PD, di DS e della Margherita, sia alla quota di un milione di tessere auspicata poco più di un anno fa dai dirigenti del Partito Demo-cratico.Ancora una volta tutto da capo, tutti fermi: lavori in corso.

Giuliano Leo

Dalla Prima

PD: spettacolo primarie L'appello di Di PietroLa manovra a tenaglia di Grillo e Di Pietro mina il PD Il democratico

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La Piazza D’Italia - Primo Piano

Nonostante la diffi denza iniziale, il G8 a L’Aquila verrà ricordato come uno dei più riusciti quanto a organizzazione

cortile della caserma della Guardia di fi nanza di Coppito. Viva il mul-tilateralismo!Degno di nota, il “documento per combattere fame e povertà”. Il pezzo forte della dichiarazione fi nale adottata è l’aumento con-sistente dello stanziamento dei Grandi a 20 miliardi di dollari in tre anni da dedicare all'agricoltura nelle aree del mondo dove la fame falcidia le vite e le speranze di inte-re generazioni. Ma non solo, l'idea è che a questa cifra si vada ad ag-giungere, con un eff etto moltipli-

catore, la liberalizzazione dei mer-cati mondiali, che ci si impegna a raggiungere entro il 2010. il tutto, andrebbe consolidato al G20 di Pittsburg previsto per dicembre.Per quanto riguarda il clima, inve-ce, restiamo prudenti il folto eser-cito di coloro che remano contro per i più disparati motivi – perlo-più lobbistici.C’è l'impegno degli Otto a tagliare dell'80% le emissioni inquinanti entro il 2050. L’impegno, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. L’oceano, in questo caso. Difatti

alla storica diffi denza americana si assommano le perplessità delle economie emergenti Cina e India su tutti, che tuttavia per la prima volta accettano l’impegno a con-tenere l'aumento della tempera-tura del pianeta a 2 gradi rispetto all'epoca preindustriale, anche se non fi ssano obiettivi. Staremo a vedere. Incombe sul vertice un so-spetto: l’abbandono del vertice da parte di Hu Jintao. E se dietro di esso – uffi cialmente avvenuto per i disordini di Urumqui – ci fosse la scarsa disponibilità di accettare

determinate condizioni di natura economica e sul clima?Possibilissimo. Intanto è emersa l’importante volontà di aff ron-tare la dimensione sociale della crisi. Su questo punto c’è stata una grande convergenza, favo-rita anche dall’atteggiamento di Obama che, vista la crisi Usa, del sociale ha fatto un suo cavallo di battaglia. Assieme a un codice di condotta piuttosto lacunoso. Sia-mo al livello di intenzioni, nulla di vincolante.Più deciso il contributo fornito al tema internazionale della sicu-rezza, che proprio non poteva ve-nir messo da parte. Con la Nord Corea (senza mezzi termini la condanna unanime) sempre im-pegnata a infastidire l’Occidente col lancio di missili, la minaccia iraniana – divenuta ancor più te-mibile vista la situazione interna assai precaria, non poteva certo mancare il tema sicurezza. Senza tralasciare il terrorismo. Tuttavia, spesso alleanze e interessi strate-gici divergono, ma tutti – almeno a chiacchiere, ma già è qualcosa – proprio tutti si son detti d'accordo sull'impegno contro le atomiche e gli Stati Uniti, reduci dall'accordo con Mosca – un fatto incontro-vertibile, questo - sulla riduzione degli arsenali atomici, convoche-ranno una conferenza nella prossi-ma primavera per giungere ad una revisione del Trattato di non pro-liferazione. Sull’Iran, unanime la condanna del delirio negazionista del chiacchierato Ahmadinejad. La chiave della tranquillità in cui

si è tenuto il vertice è da ricercare proprio nella scelta della sede. Si credeva – a ragione – sarebbe sta-to diffi cile contestare in una zona terremotata: così è stato, a parte il civilissimo gruppo del “YES WE CAMP”.Dopo aver incassato i complimen-ti di tutti, con l’entusiasmo conta-gioso di Obama in testa, il premier Berlusconi riceve anche gli elogi di Napolitano. Il vertice è stato davvero un esempio di organizza-zione, in cui tutti gli invitati non hanno potuto muovere la benché minima critica. Un successo inter-nazionale vero – di cui Berlusconi in primis, ma anche l’Italia aveva-no disperatamente bisogno. E se il clamore è stato così grande – ad onor del vero occorre desumere che le aspettative erano davvero bassine...Ma il G8 e la soddisfazione di tutti coloro che vi hanno partecipato e

degli italiani rappresentati degna-mente non deve costituire una parentesi, ma rappresentare dei mattoni sui quali edifi care quella credibilità internazionale troppe volte snobbata a livello uffi ciale e informale di opinione pubblica e politica.“L’Italia è uscita bene da questo G8 e si è espressa nel complesso una maggior consapevolezza e condivisione della responsabilità nazionale” – ha dichiarato il pre-sidente della Repubblica. Parole d’oro, che rappresentano un po' il riscatto di chi, negli ultimi tempi si è visto spesse volte sbattuto in prima pagina con accuse, che esu-lano dalla politica.E’ anche per questo che il successo di Berlusconi, assediato da polemi-che pubblicate su certa carta stam-pata, è il successo di un governo e del Paese che rappresenta.

Francesco Di Rosa

E’ stato realizzato da Al-stom Transport Italia il nuovo Apparato Centra-le Computerizzato del-la stazione di Bologna Centrale, il “cervellone”

entrato in funzione a maggio, che permette-rà di gestire in sicurezza un traffi co di 1.200 tre-ni al giorno, tra merci e passeggeri, migliorando

la circolazione e la pun-tualità. Progettato e prodotto per RFI – Rete Ferrovia-ria Italiana, all’interno di un’associazione tempo-

ranea di imprese, il nodo di Bologna Centrale rap-presenta il primo esem-pio in Europa di gestione integrata dell’esercizio ferroviario in tutte le sue

componenti: dalla circo-lazione dei treni, all’in-formazione ai passeg-geri, all’infrastruttura. Un sistema computeriz-zato, con un’interfaccia di nuova concezione, che permette all’operatore di avere in tempo reale tutte le informazioni ne-cessarie per un rapido intervento e decisioni tempestive, grazie anche a sofi sticati sistemi di diagnostica, garantendo ai passeggeri maggiore effi cienza e tempestività di informazione e rea-zione. Il progetto presenta nu-meri da primato: 400 circuiti di binario, 380 segnali, 300 boe, più di 300 attuatori per gli scambi, 1.400 itinerari previsti e 1.700 istrada-menti, per gestire in si-curezza 900 Km di rete ferroviaria e un traffi co giornaliero di 1.200 tre-ni.Iniziato nel 2004 con la fi rma del contratto e completato nel rispetto dei tempi previsti, il pro-getto, ha visto la sostitu-zione progressiva del si-

stema elettromeccanico degli anni ’50 con tecno-logie che rappresentano lo stato dell’arte del se-gnalamento ferroviario. Un aggiornamento tec-nologico essenziale per una stazione come quel-la di Bologna Centrale, da cui partono le linee per Milano, Brennero, Venezia, Bari, Roma, oltre a quel-le dedicate al traffi co re-gionale e locale, per un totale di 166 km di binari all’interno del nodo me-tropolitano. La sede Alstom di Bo-logna (646 dipenden-ti), centro di eccellenza mondiale per il segna-lamento ferroviario, e quella di Bari (39 dipen-denti), hanno curato la progettazione e la realiz-zazione del software alla base dell’ACC. Coinvolte anche le sedi Alstom di Verona (81 dipendenti), che si è occupata del-le telecomunicazioni, e di Guidonia (Roma, 197 dipendenti), che ha rea-lizzato gli impianti luce e forza motrice.

L'Aquila: promossi Italia e G8

Alstom: realizzato il nuovo Apparato Centrale

Computerizzato di Bologna Centrale

Primo in Europa, gestirà in sicurezza un traffi co di 1.200 treni al giornoPrimo in Europa, gestirà in sicurezza un traffi co di 1.200 treni al giorno

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Non solo le imprese private han-no l’obbligo di redigere il bilancio al termine di ogni periodo ammi-nistrativo o esercizio ma anche le imprese pubbliche hanno l’onere di tenere una contabilità econo-mica ed una contabilità fi nanziaria al fi ne di rendere più signifi cative le decisioni di fi nanza pubblica e di consentire una valutazione de-gli oneri dei servizi e delle attività prodotte dalle Amministrazioni pubbliche. Con tale strumento il Governo e il Parlamento vedono accrescere la conoscenza dei feno-meni amministrativi e migliorare, quindi, sia i presupposti delle de-cisioni di fi nanza pubblica, sia il coinvolgimento e l’accountability della dirigenza, in un percorso di indirizzi, obiettivi, risorse e ri-sultati, cui deve essere orientata l’azione amministrativa. A partire dall’anno 2000 le Amministra-zioni centrali dello Stato sono state coinvolte in un innovativo processo budgetario, che trova espressione nella realizzazione di appositi Documenti Informativi predisposti dal Governo e dal Par-lamento.Le informazioni che vengono fornite ponendo in relazione gli obiettivi con le risorse impiegate, consentono ai decision makers di conoscere meglio le modalità e il consumo di tali risorse in rela-zione ai risultati conseguiti. Alla base della contabilità analitica economica vi è la qualifi cazione dei costi intesa nel budget come defi nizione in termini monetari delle risorse umane, fi nanziarie e strumentali che si prevede utiliz-zare (principio della competenza economica), mentre la spesa, che caratterizza la contabilità fi nan-ziaria, è espressa dall’esborso mo-netario che si prevede per l’acqui-sizione delle risorse medesime.L’ambito di riferimento del budget economico riguarda i costi propri delle amministrazioni centrali, che rappresentano il valore delle prestazioni di lavoro del personale dipendente, dei beni di consumo, dei beni durevoli e dei servizi ester-ni. Nel budget dello Stato sono presenti anche i costi dislocati (trasferimenti), gli oneri per il fi -nanziamento dello Stato e i fondi da assegnare. Se si considerano i

costi per il programma “indirizzo politico” si evince che il totale dei costi è pari a migliaia di € 220.301 e rappresenta lo 0,24% del totale dei costi propri. Il budget illustra i costi cioè il valore eff ettivo di utilizzo delle risorse, che lo Stato prevede di sostenere, in coerenza con gli stanziamenti fi nanziari, ap-provati dal Parlamento con la legge di Bilancio. I costi vengono rilevati per ogni Amministrazione centra-le dello Stato, con riferimento alla responsabilità organizzativa, attra-verso il piano dei centri di costo, alla natura, ossia alle caratteristiche fi sico-economiche delle risorse uti-lizzate, mediante il piano dei conti e alla fi nalità o destinazione, in relazione ai risultati da perseguire, rappresentati dalla nuova classifi -cazione per Missioni e Programmi. Le 34 Missioni, grandi fi nalità per-seguite con la spesa pubblica uti-lizzate per il Budget e per la Legge di Bilancio 2008 sono state confer-mate nella Legge di Bilancio e nel Budget defi nito 2009; per esempio la Missione “l’Italia in Europa e nel mondo” i costi propri ammon-tano a 1.100.919 mentre i costi dislocati sono pari a 25.501.021. La Missione “politiche per il lavo-ro” ha come costi propri 24.350, mentre i costi dislocati sono pari a 2.896.296. I costi che lo Stato prevede di sostenere nell’esercizio 2009 ammontano complessiva-mente a € 480.480.485, la rappre-sentazione dei costi per natura è articolata secondo le seguenti quat-tro componenti: i costi delle Am-ministrazioni centrali (18,93%), gli Oneri per il fi nanziamento del-lo Stato (16,92%), i Costi dislocati (59,18%) ed i Fondi da assegnare (4,96%). Come si evince da questa articolazione percentuale, la com-ponente dei Costi dislocati detie-ne l’incidenza maggiore sui costi complessivi che lo Stato prevede di sostenere nell’esercizio 2009. I costi dislocati sono le risorse fi nan-ziare trasferite dalle Amministra-zioni centrali dello Stato ad altri organismi. Ciò signifi ca che non si è in presenza di un costo diretto per i Ministeri, ma esclusivamen-te di una spesa che, trasferita agli organismi destinatari, assume solo presso di essi, con la diretta utiliz-zazione, la confi gurazione specifi ca

di costo. Tale voce racchiude anche le risorse fi nanziarie destinate al funzionamento degli organi istitu-zionali dello Stato dotati di auto-nomia amministrativa, fi nanziaria, patrimoniale e contabile. Il valore complessivo di tale componente è pari a migl. di € 284.350.196. La prevalenza di questa componente di costo nel budget dello Stato evi-denzia lo sforzo fi nanziario messo in atto dal Governo per raff or-

zare l’impianto fi nanziario degli organismi periferici e territoriali. Questo sforzo però come si evince dai bilanci delle amministrazioni pubbliche locali non si traduce in una effi cientizzazione della go-vernante pubblica del territorio e del relativo sistema economico locale. Per cui l’Amministrazione centrale eroga risorse senza risul-tati. Il problema della utilizza-zione effi ciente delle risorse è un

nodo che da decenni incapsula le dinamiche di sviluppo di ammi-nistrazioni locali nell’alveo degli indirizzi teorici, in pratica invece, cresce l’indebitamento degli enti locali appesantendo la situazione fi nanziaria dello Stato. A questo punto la domanda è: conviene an-cora erogare risorse o sopportare costi dislocati a enti improduttivi ? Lo Stato dovrebbe razionalizzare i trasferimenti e ancorarli a precise

condizioni contrattuali violate le quali il trasferimento nono do-vrebbe partire ex ante. Quindi a fronte di una progettualità seria e concreta degli enti locali lo Stato dovrebbe trasferire risorse a con-dizione che quelle risorse vadano a fi nanziare il singolo progetto altrimenti chi è inadempiente ri-sarcisce i danni come centro di responsabilità individuale (es. di assessori o sindaci).

L’università è il “vivaio” della socie-tà e da qui escono i cittadini di do-mani. Ma non solo, essa è uno dei mezzi fondamentali che trainano la cultura in un paese. E’ l’avanguardia di idee, progetti e correnti, è il fermento di un popo-lo e la nuova coscienza critica che si sviluppa e si evolve.Ultimamente in Italia però non sembra che l’università incarni questi ruoli, più che altro pare che essa sia fi glia delle stesse problema-tiche e diffi coltà che caratterizzano la nostra società, fallendo la sua spinta propositiva e la sua essenza.Essa piuttosto sembra un grande li-ceo; l’aria che si respira è la stessa di quella di una scuola superiore dove il fi ne ultimo è quello che mira ad un insegnamento nozionistico sen-za sviluppo o creazione di qualcosa di nuovo.Se si trattasse di una fabbrica, si potrebbe dire che non c’è produ-zione.L’università italiana ha sempre go-duto di una buona reputazione, ma ormai, da qui a qualche anno ne resterà solo il mito.Da pochi giorni è stata partorita la neonata riforma Gelmini delle Università; apporta delle novità che non ci si può permettere di giudicare col senno di poi, perché la situazione già non è delle più avanzate.A grandi linee, la legge prevede il taglio di 1.441,5 milioni di euro al fondo di fi nanziamento ordi-nario (FFO) nel quinquennio 2009/2013 e la possibilità per le università di trasformarsi in fon-dazioni private con una votazione

a maggioranza del 50% più 1 da parte del Senato accademico. La fondazione diventerà poi proprie-taria di tutte le infrastrutture che prima erano di proprietà pubblica in cui era sito l’ateneo attraverso atti esenti da imposte e tasse. La trasformazione viene incentivata attraverso agevolazioni fi scali: i tra-sferimenti a favore delle fondazioni sono esenti da imposte e tasse e le spese notarili per gli atti di dona-zione sono ridotti del 90%.Altro punto nodale della riforma su questo argomento è che le fon-dazioni potranno gestire le tasse studentesche a loro discrezione; salta così il Decreto del Presidente della Repubblica 306/1997 che in-troduceva la limitazione della con-tribuzione studentesca al 20%.E’prevista poi l’introduzione della possibilità di fondere o aggregare, su base federativa, università vi-cine, anche in relazione ai singoli settori di attività, per aumentare la qualità, abbattere i costi ed evitare duplicazioni.I bilanci delle università dovranno rispondere a criteri di maggiore trasparenza. I debiti e i crediti sa-ranno resi più chiari secondo criteri nazionali concordati tra i ministeri Istruzione e Tesoro.Verranno ridotti i settori scientifi ci che passeranno dagli attuali 370 a circa la metà e poi è anche prevista una delega al ministro per riorga-nizzare i dottorati di ricerca.Ai rettori viene invece diminuito e quantifi cato il tempo di mandato a un limite massimo di 8 anni e que-sto, per cercare di ovviare a confl it-ti e interessi legati alle parentele.

Anche se i tagli agli Atenei vengo-no distribuiti in 5 anni, la mancan-za non peserà meno e quindi, a ri-gor di logica, la privazione di fondi porterà alle privatizzazioni.Quest’ultime, incentivate o dichia-rate non dovrebbero essere l’unica soluzione per reperire risorse eco-nomiche, perché l’università in Italia è pubblica e in questo con-testo per pubblico s’intende che le diff erenze economiche non devo-no essere un limite all’accesso agli studi e una discriminazione per la qualità di insegnamento.Non dobbiamo per forza somiglia-re agli Anglosassoni.In passato invece,uno degli errori più grandi è stato quello di in-trodurre per mezzo di riforme, la laurea triennale più i due anni di specializzazione; il risultato è stato evidente: un abbassamento della qualità formativa.Questo progetto poteva eventual-mente essere applicato in modo facoltativo alle materie e ai corsi scientifi ci più diffi cili, ma non alle materie umanistiche. Infatti si sono avute una restrizione e una modulizzazione dei program-mi che hanno portato a preparare esami frammentati, con una scarsa visione globale dell’argomento e tutto per aumentare il numero dei laureati con la triennale.Inoltre, sono stati creati numero-sissimi corsi di laurea che risultano essere piuttosto inutili.La permanente e duratura assenza di fondi per la ricerca è un altro punto dolente delle Università ita-liane.Non può progredire una società

senza studi, senza nuove scoperte, senza sperimentazioni; non si può vivere in continua stagnazione. Gli scienziati italiani vanno indubbia-mente forte nella scienza perché molte delle scoperte che vengono fatte, sono realizzate da quei cer-velli che sono andati in altri paesi per poter praticare il loro talento, quindi abbiamo un patrimonio non “utilizzabile” e reso inutile perché non si stanziano fondi alla ricerca.Concludendo, a molti è oscuro il motivo per cui siano stati apportati cambiamenti là dove le cose fun-zionavano e un’altra cosa curiosa, è che sembra che ogni personaggio che diventa ministro della Pubblica Istruzione debba per forza passare alla storia facendo delle riforme all’Università, alle scuole superiori, alle elementari. E’ridicolo che ogni nuovo ministro addetto all’istruzione voglia rifor-mare totalmente il sistema; se ogni governo che subentra deve fare un intervento del genere, la stabilità, che è necessaria, diventa una chi-mera .Ciò che deve essere incentivato nelle università è nuova produzio-ne intelligente; bisogna formare individui capaci, con senso critico vivo e indipendente. Dalle università non devono uscire giovani massifi cati che vanno dove soffi a il vento; per questo, la cul-tura insegnata deve elevare, non facilitare alcun percorso se non là dove è strettamente necessario e deve abituare all’idea fondamen-tale della cultura come mezzo per controllare il potere in generale.

Dopo le ultime rilevazioni sta-tistiche relative all’andamento del defi cit pubblico, giunto a giugno ’08 al 9.3%, sebbene il dato sia stato determinato cer-tamente dalla postergazione a luglio di alcune scadenze fi scali, il castello tremontiano comincia a vacillare.Il debito pubblico era già torna-to a crescere anche se in misura marginale rispetto all’andamento degli altri paesi maggiormente industrializzati ma gli analisti fi -nanziari e le maggiori istituzioni economiche globali mantenevano un giudizio positivo sulla tenuta dell’Italia, anche considerando la grandezza della crisi fi nanziaria globale con cui gioco forza anche l’economia italiana doveva con-frontarsi, con tutto il suo terzo debito pubblico al mondo in va-lori assoluti.Ecco che però l’inaspettato calo delle entrate, malgrado il subita-neo ottimismo manifestato dal Ministro dell’Economia, getta una luce sinistra sull’orizzonte dei risultati in materia economi-ca che il Governo Berlusconi po-trà ottenere nella legislatura.Naturale quindi il riproporsi di mai vecchie analisi del budget

italiano su cui sopra tutte spicca la querelle su l’inusitato livello della spesa pensionistica, giunta oramai oltre il 14% del PIL.Così mentre l’Italia si consolida come il Paese dell’OCSE con la maggiore spesa per pensioni, Tre-monti avanza orgoglioso i dati fi nalmente in attivo dell’INPS. Sostiene il Ministro dell’Econo-mia: il sistema previdenziale “è solido”.A ben guardare il sistema previ-denziale italiano è certamente so-lido (o meglio è tornato ad essere solido dopo le voragini dei de-cenni passati) ma di tutto ciò c’è ben poco da essere orgogliosi.La solidità del sistema pensioni-stico deriva infatti da una impo-stazione, da un rapporto tra con-tribuente ed ente previdenziale che dal costituzionale “diritto” si è trasformato in “prestazione ob-bligatoria” ovvero imposizione.La cosiddetta “prestazione ob-bligatoria” ha assunto infatti, soprattutto nei confronti dei gio-vani al primo impiego o di coloro che rientrano nel girone dantesco della “Gestione Separata INPS” (i cosiddetti precari e coloro tra i lavoratori autonomi i quali non hanno casse previdenziali pri-

vate di riferimento) il carattere della vessazione, obbligando per l’appunto i malcapitati al versa-mento di aliquote in percentuali superiori al 24% sul reddito pro-dotto ante-detrazioni d’imposta (il Governo Prodi prevedeva ad-dirittura di innalzare l’aliquota sino al 28% e il 33%!).L’eff etto di tutto ciò è stato quin-di quel riequilibrio dei conti che – come dice il Ministro Tremonti - ha reso “solido” il sistema, pec-cato che a pagarlo siano state le categorie più deboli.Ma al di là della discutibile impostazione del rapporto tra contribuente e sistema previ-denziale, la “prestazione obbli-gatoria” pone anche delle que-stioni di diritto.Secondo il credo liberale, in materia previdenziale lo Stato dovrebbe concedere ai cittadini la possibilità di scegliere il tipo di investimento in cui porre i risparmi della propria vita lavo-rativa: versare ad istituti statali, privati o non versare aff atto (ipo-tesi questa esclusa però dal nostro sistema normativo civile e costi-tuzionale).Il paradosso vuole che da una parte tale situazione di bilan-

cio impegni il budget italiano in percentuali così importanti da non permettere i necessari investimenti in ricerca, svilup-po e infrastrutture e dall’altra i “benefi ciari” delle prestazioni si dichiarino insoddisfatti dei livelli retributivi, dei servizi in genere e delle prospettive economico fi nanziarie che i loro piani di ac-cumulo affi dati alle tasche statali lasciano prevedere.Di contro è evidente come, ove fosse superata questa logica per-versa, si aprirebbero spazi nel bilancio pubblico per una ridu-zione del carico fi scale e un paral-lelo rientro del debito pubblico a condizioni accettabili, non al prezzo della stagnazione perenne della crescita economica, come purtroppo racconta la storia eco-nomica recente del nostro Paese a partire dal 1992 quando all’indo-mani di Mani Pulite fu intrapresa la strada del risanamento.Se poi per superare tale status quo venisse applicato lo sche-ma della concessione a terzi del sistema previdenziale si propor-rebbe anche l’opportunità di fare “cassa”, visto e considerato che il patrimonio immobiliare e di crediti dell’INPS sono qualcosa

che farebbe gola a qualsiasi isti-tuzione fi nanziaria o Fondo Pen-sionistico.Ebbene sì, dare in concessione a terzi secondo lo schema già vi-sto nel caso della concessione in appalto del servizio autostradale nazionale, ovvero appaltare una sezione dei servizi off erti dallo Stato – in questo caso le presta-zioni pensionistiche - a private istituzioni che acquistano tale diritto e lo esercitano secondo i parametri e i paletti dallo stesso Stato fi ssati.Nella pratica il livello dei servizi rimane immutato nel breve pe-riodo e migliora in effi cienza nel medio, per eff etto della gestione manageriale privata: lo Stato non sopporta costi, incassa il prezzo del valore della cessione in con-cessione del comparto di spesa.In questo quadro l’Italia possiede uno dei sistemi bancari più soli-di, non mancherebbero quindi off erte: metterle in concorrenza aiuterebbe a trarre un prezzo ri-tenuto congruo. E allora?Allora niet. Niet.Niet perché?Niet perché al di là del paraven-to costituzionale o delle belle parole con cui si vuole puntel-

lare l’ideologia collettivista che anima la nostra classe dirigente, molto prosaicamente appaiono come ostacoli insormontabili tre situazioni di fatto: gli enti previ-denziali nazionali sono per lo più amministrati provincialmente da organizzazioni di governo le qua-li cooptano al loro interno espo-nenti del mondo sindacale poco inclini ad auto spogliarsi del potere e dell’infl uenza raggiunta negli anni in seno all’istituzione pubblica.Anche nella coalizione di centro-destra ci sono partiti politici come la Lega Nord, i quali fati-cherebbero a spiegare alla consi-derevole parte del proprio elet-torato costituita da pensionati una riforma radicale del sistema – pur con tutti i benefi ci che ne ricadrebbero in tema di alleggeri-mento del peso fi scale.Dulcis in fundo, perché per il Governo italiano o meglio per i Governi italiani, la stabilità so-ciale viene prima di qualsiasi atto di buona amministrazione, costi quel che costi.Tanto a pagare saranno altri do-mani. Almeno fi no a che quel domani non diverrà oggi.

Giampiero Ricci

La Piazza D’Italia - Approfondimenti

Il Budget 2009 dello Stato

La Sapienza italiana

I costi dislocati pesano più del 50% su quelli complessivi dell’Amministrazione centrale dello Stato per l’esercizio 2009

Università tra presente e passato recente

Pensioni, il vero convitato di pietra dell’economia

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Se da un lato sicuramente oc-corre rilevare l'approvazione all'unanimità nel Consiglio dei Ministri del DPEF 2010-2013 segno di una forte coesione di intenti e di indirizzi program-matici nell'ambito dell'organo deliberante, dall'altro occorre osservare che questo DPEF in-centra l'attenzione su tre obiet-tivi: la stabilità del bilancio pub-blico, un bene costituzionale fondamentale, la coesione socia-le fondamentale per la vita civile sociale del paese e la liquidità alle imprese.Ad un'analisi più dettagliata dei suindicati obiettivi si riferiscono, invece, le valutazioni più concre-te che possono proporsi come strumenti di giudizio di merito del documento di programma-zione economica e fi nanziaria. In altri termini, l'obiettivo della stabilità del bilancio pubblico sicuramente è un obiettivo di fondamentale importanza, quel-lo che bisognerà vedere è come il Governo intenderà stabilizzare il bilancio pubblico, cioè su quali leve interverrà, se sulla leva delle entrate o sulla leva delle uscite, in termini più tecnici se dal lato della spesa pubblica o dal lato della pressione fi scale. Si com-prende bene come se dovesse intervenire inasprendo la leva fi scale, in una fase di recessione economica i consumi subireb-bero una ulteriore contrazione a danno della crescita e della fa-miglie stesse, se, invece, si opterà per una politica di ampliamento della spesa pubblica questa po-trebbe determinare una ulteriore crescita del defi cit e se indirizza-

ta in settori strategici potrebbe, invece, determinare un miglio-ramento dei servizi e una ripresa dell'economia.Si evince chiaramente che i meccanismi che si generano dall'adozione di politiche volte all'innalzamento della pressione fi scale per drenare liquidità nel sistema e per incrementare le en-trate pubbliche è in antitesi con quello sottostante le politiche di espansione della spesa pubblica volte all'ottenimento di risultati di effi cienza e di ottimalità. Non

c'è una punto di convergenza tra queste due manovre antitetiche, si tratta solo di stabilire qual'è il risultato che si vuole ottene-re: nella fattispecie il Governo appunto ha ritenuto centrale nel Documento raggiungere la stabilità del bilancio pubblico, quindi, inevitabilmente inter-verrà dal lato delle entrate visto che l'indebitamento continua a

cresce smisuratamente. Il Gover-no intende agire per trasformare tale crisi in un'opportunità di sviluppo e di rilancio per l'eco-nomia italiana, e più in generale di progresso sociale per il Paese.Il documento ipotizza una ripre-sa a partire dal 2010, visto che negli ultimi tre mesi si sono ri-petuti segnali non negativi, per l'economia mondiale e per quel-la italiana. Le tensioni sui mer-cati fi nanziari si sono gradual-mente allentate. Il documento, che prevede per quest'anno una

contrazione del Pil del 5,2%, quantifi ca anche la ripresa con un Pil a + 0,5% nel 2010 e al +2% per ciascuno degli anni 2011-2013.Non appena la ripresa sarà con-solidata l'impegno del Governo è quello di raggiungere il pa-reggio di bilancio. Ovviamen-te i dati diff usi da Bankitalia sull'andamento del debito pub-

blico sono molto preoccupanti, il debito, infatti, è in crescita di circa 4 miliardi rispetto al mese precedente e in notevole salita rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Il Governo si è quindi impegnato a riportare in pareggio il bilancio attraverso una costante riduzione del rap-porto debito pubblico Pil, nel documento non viene nascosto che la crisi economica ha mes-so sotto pressionel'equilibrio dei conti pubblici, e questo ha fortemente destabilizzato gli operatori economici ed i mer-cati fi nanziari. Quello, però, che manca nel documento, è una se-ria programmazione economica e fi nanziaria tesa a far ripartire l'economia con un piano di ri-forme strutturali che portino occupazione, prospettive di sicurezza dei redditi delle fami-glie. Questo documento è come se si limitasse a defi nire degli obiettivi di politica economica da "manuale" quindi predefi niti attraverso enunciazioni più vol-te ribadite nei testi di economia pubblica; occorre, invece, adot-tare politiche di spinta alla ripre-sa che ntervengano nei settori in crisi già da qualche anno, come quello del mercato del lavoro, quello della produttività e del-la competitività delle imprese, quello dell'incertezza del futuro per i più giovani. Tutto questo presupporrebbe una politica di intervento pubblico molto in-cisiva, volta a fornire una scossa al sistema economico nazionale. Meno burocrazia, più incentivi per i giovani che intendono co-struirsi un futuro, perchè senza

futuro non si può creare una famiglia. Il futuro è dei giovani, il ricambio generazionale nelle istituzioni pubbliche e private è necessario, ma affi nchè ciò possa realizzarsi è altrettanto necessa-rio indirizzare la politica verso un sistema che consenza queste realizzazioni ma in modo con-creto.E' vero che in questa particolare fase economica dove la recessio-ne ancora persiste è necessario che il Governo eff ettui degli stanziamenti anti-crisi per argi-narla o meglio per evitare il peg-gio, ma il limitarsi ad un'azione pubblica di sbarramento non è coerente con le ambizioni che dovrebbe avere un sistema economico ed istituzionale di un Paese industrializzato come l'Italia, si deve cioè fare di più, nel senso di non dover concen-trare ancora tutti gli sforzi per tamponare i problemi che sono tipici di questo ciclo depressivo ma che comunque sono annosi per il nostro Paese, come per esempio i consumi che sono al palo da troppi anni, la disoccu-pazione che ingessa le prospet-tive di crescita dei giovani e del Paese, le imprese che investono in risorse umane senza puntare sulla qualità e sull'eccellenza in alcuni settori strategici dell'or-ganizzazione aziendale stessa. Non si parla più del c.d. "ceto medio", cioè della condizione economica di questo strato della popolazione che continua a re-stare in crisi. Solo un elemento potrebbe incoraggiare i policy makers, quello cioè che la cri-si in Italia è meno evidente e

problematica rispetto a quella che sta invadendo gli altri Paesi dell'Europa e del mondo, que-sto perchè gli italiani sono per eccellenza grossi risprmiatori, tesaurizzatori di patrimoni ge-nerazionali che hanno caratte-rizzato la condizione economica di un processo ereditario molto consistente. Ma al di là di que-sta vecchia ricchezza la nuova dov'è?Al dil à delle piccole stime che il Dpef ha avanzato rispetto agli incrementi dell'occupa-zione che si attestano attorno allo 0,3%, quindi incrementi impercettibili al mercato del lavoro e ininfl uenti ai fi ni di una ripresa economica, questo documento non traccia una programmazione concreta, non incentra, cioè,. le sue politiche programmatiche sullo sviluppo del "mercatismo" contempe-rando le esigenze della popo-lazione con quelle del bilancio pubblico. Si continua ad inter-venire predefi nendo obbiettivi a compartiment stagni senza rea-lizzare quella programmazione sinergica e intersettoriale il cui combinato diposto porterebbe sicuramente rilancio e ricchez-za. Si auspica che i policy ma-kers non ingessino le politiche nelle elaborazioni toeretiche della scienza economica ma possano servirsi di queste per raggiungere posizioni di otti-malità interesttoriale puntando sullo svilluppo dell'economia sociale, sugli investimenti delle imprese e sui giovani quali vera fonte di rinnovamento della ricchezza nazionale.

In aprile il debito pubblico italiano aveva raggiunto un livello storico ma a Maggio c’è stato un nuovo incremen-to pari allo 0,22%, infatti, il dato si è attestato a quota 1.752,2 miliardi di euro con-tro i 1.748,22 miliardi di euro di Aprile. Dall’inizio dell’an-no 2009 l’aumento è stato di 89,63 miliardi di euro, pari al 5,4%. In controtendenza, in-vece, il dato delle entrate fi scali che registrano una contrazione di 4,5 miliardi di euro.Il problema che si pone non è tanto la ormai consolidata asce-sa del debito pubblico, che dal punto di vista informativo non costituisce certamente una no-vità, ma il disequilibrio tra en-trate ed uscite che altera il bi-lancio pubblico determinando interventi volti a riequilibrare i conti. Questa problematica però non è di facile soluzione perché le leve fi scali in termini di fl ussi di entrata non sono così immediate nell’apportare denari, e altrettanto non im-mediate sono le politiche che debbono intervenire in un sistema economico che ha bi-sogno di sostegno. Come con-temperare allora le esigenze del bilancio pubblico con quelle relative allo sviluppo econo-mico? Si può indubbiamente aff ermare che il raggiungimen-to dell’obiettivo dell’equilibrio fi nanziario ed economico del bilancio pubblico è una opera-zione molto complessa e com-plicata rispetto alla quale non

sono suffi cienti le politiche pubbliche a sostegno delle en-trate o quelle che determinano contrazioni in uscita perché drenare risorse in un contesto economico molto depresso è come togliere il sangue a chi è anemico. Quindi, se da un lato il Governo deve necessaria-mente sostenere la crescita e lo sviluppo cercando di ripristi-nare livelli adeguati di consu-mo e di domanda, deve al con-tempo abbassare il livello del

debito pubblico, il quale non demorde. Come fare? Sicura-mente ciò è possibile quando la congiuntura economica è più favorevole, quando le fa-miglie consumano e quando le imprese investono, quando insomma il sistema economico è sostenuto dalle performances positive del Pil. Diffi cile risul-ta, invece, adottare politiche di abbattimento del debito quando un sistema economico è fl agellato da catastrofi natu-

rali, come quella dell’Abruz-zo, e dagli eff etti dello shock fi nanziario che ancora investe ad ondate alcuni comparti del sistema produttivo.La conclusione di questo ra-gionamento sembrerebbe sen-za risposta, purtroppo una cosa è certa, cioè in questa fase dell’economia mondiale i Governi non possono adottare politiche che determinino un abbassamento del debito pub-blico perché essendo la fase

molto depressiva occorrono erogazioni e iniezioni fi nanzia-rie al sistema, dunque gli inve-stimenti pubblici dovrebbero essere più cospicui.A fronte di questi aumenti è ovvio che lo Stato deve fi nan-ziarsi un po’ anche indebitan-dosi, per garantire un livello di sostenibilità almeno pari ai normali standard di buona gestione della cosa pubbli-ca. L’allarme di Bankitalia è comprensibile, è realistico, è incontrovertibile, ma non può che costituire una presa d’atto per il Governo che come prio-rità ha quella di arginare il calo dei consumi e della domanda interna per arrestare appunto la recessione.Per debito pubblico si intende il debito dello Stato nei con-fronti di altri soggetti, indivi-dui, imprese, banche o soggetti stranieri, che hanno sottoscrit-to obbligazioni (come BOT e CCT), destinate a coprire il fabbisogno fi nanziario statale. La spesa per interessi è, invece, quella componente aggiuntiva al debito che determina un onere fi nanziario estremamen-te pesante per lo Stato. Questa massa debitoria infl uenza mol-to l’entità della spesa pubblica la quale ogni volta che deve essere manovrata dalle relative politiche è condizionata. A tal proposito si sente spesso par-lare di tagli alla spesa, questi costituiscono per i Governi operazioni molto delicate per-ché si tratta di decidere in qua-

li settore tagliare ed in quali incrementare le risorse, tutte queste manovre incidono sul livello di spesa statale che a sua volta va ad infl uenzare quello del debito pubblico.Dato questo livello di debi-to pubblico conviene tagliare nella salute, nella giustizia, nella istruzione o nell’econo-mia? Pur volendo apprezzare con molta generosità questa domanda, la risposta relativa alle politiche di convenienza dei tagli non può essere riso-lutiva. Questi, infatti, dipen-dono in termini fi nanziari dal livello del debito pubblico, dallo scenario internazionale, ma anche dall’indirizzo poli-tico del Governo che dal suo Programma deriva le priorità e gli obiettivi che intende rag-giungere durante la legislatura salvo shock o esternalità nega-tive che impongono una rivi-sitazione di detti obiettivi e di dette priorità. Quest’ultima è stata infatti proprio imposta all’attuale Governo in occa-sione della catastrofe naturale che si è abbattuta in Abruzzo e dalla catastrofe fi nanziaria che si è abbattuta nel sistema internazionale.Dati questi fattori diventa ov-vio dover registrare un innal-zamento del debito pubblico ed è altrettanto scontato dover rimandare a tempi migliori le politiche di abbattimento quan-do, cioè, il sistema esce defi niti-vamente dalla recessione.

Avanzino Capponi

La Piazza D’Italia - Economia

Il debito pubblico continua a lievitareAllarme di Bankitalia, nuovo record del debito pubblico italiano e forte calo delle entrate fi scali

Il Consiglio dei Ministri approva all'unanimità il DPEF 2010-2013. Basterà?

Il DPEF...ino 2010-2013

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Il vertice del G8 che si è tenuto all’Aquila qualche giorno fa, ha sancito un programma di aiuti economici per i Paesi africani aumentando la dotazione da 15 a 20 miliardi di dollari in tre anni.Tra i temi cruciali del summit la sicurezza alimentare e gli aiuti ai Paesi africani. I Leader di 40 Stati e le Organizzazio-ni internazionali approvano l’iniziativa dell’Aquila sulla Sicurezza Alimentare Globale. L’impegno è di mobilitare 20 miliardi di dollari in 3 anni per sostenere lo sviluppo rurale nei paesi poveri. La povertà è un a condizione sociale ed economi-ca molto diffusa in Africa, la maggior parte dei paesi africani si collocano agli ultimi posti di tutte le statistiche di ricchezza nazionale, come quelle basa-te sul reddito pro capite o sul Pil pro capite, pur disponendo spesso di ingenti risorse natura-li. In molte nazioni africane, il pil pro capite è sotto la soglia dei 200 dollari annui, pur se nel corso degli anni si sia registrata un lieve incremento il progresso è largamente inferiore a quello rilevabile in altre aree del mon-do in via di sviluppo.Le cause della povertà in Africa vanno rintracciate alle origini, in epoca coloniale gli europei hanno introdotto in Africa col-tivazioni esogene, come mais, sostituendo in molti casi le coltivazioni tradizionali, ini-zialmente queste nuove colture hanno prodotto ottimi risulta-ti, causando una rapida conver-sione delle abitudini agricole e alimentari di molti africani. In epoca postcoloniale, la carenza di fertilizzanti e di sistemi di irrigazione efficiente ha portato a un declino della produttività di queste nuove colture, meno adatte di quelle tradizionali al clima africano. Il passaggio dai metodi agricoli tradizionali alla monocoltura (procedimento produttivo agricolo che con-siste nell’adibire vaste zone di territorio alla coltura di un’uni-ca specie vegetale, in maniera intensiva e standardizzata, al fine di massimizzare le rese ed ottenere il massimo profitto), ha rapidamente impoverito il terreno. Dunque le modalità di sfruttamento si sono rivelate ineffi caci per garantire la sussi-stenza delle popolazioni rurali, in molte nazioni, il terreno è tuttora di proprietà dei discen-

della popolazione, grava an-che una situazione sanitaria in molti casi drammatica. La dif-fusione dell’AIDS costituisce da oltre un decennio una vera e propria crisi sanitaria, con un numero di morti stimato intor-no alle 3.000 unità al giorno, e una percentuale di contagio che registra 11.000 nuovi casi giornalieri, e che in alcune aree si avvicina al 30% della popo-lazione sessualmente attiva; solo l’1% ha accesso a cure mediche specifi che. La gran parte delle infrastrutture in Africa sono sta-te realizzate in epoca coloniale, la maggior parte delle ferrovie e delle strade servivano soprat-tutto per collegare alcuni luoghi dell’entroterra dove si produ-cevano particolari risorse (per esempio zone minerarie), con i porti sulla costa dove tali risorse venivano imbarcate verso l’Eu-ropa o le altre colonie.La più diretta conseguenza del-la povertà in Africa è il livello generalmente molto basso del-la qualità della vita in termini, per esempio, di disponibilità di beni di consumo. Questo causa un livello molto elevato di mo-ralità infantile. La debolezza del sistema economico africano fa sì che in molti paesi si assista a un fenomeno di iperinfl azione (cioè quella situazione di infl a-zione particolarmente elevata che ecceda il 50% su base men-sile). Il caso più paradigmatico è quello dello Zimbabwe, al con-tempo è molto diff usa anche la disoccupazione.Tutti questi fattori concorrono a provocare uno stato di sotto-sviluppo e di povertà molto ri-levante che ha colto l’attenzione dei leader delle maggiori poten-ze mondiali. Il G8 dell’Aquila sicuramente non si pone l’obiet-tivo di risolvere tutte queste si-tuazioni, ma il messaggio ed il piano di investimenti di 30 miliardi di dollari nel proget-to della Sicurezza Alimentare è comunque molto positivo visto che il problema delle popolazio-ni africane parte proprio dalla sicurezza alimentare e dalla di-sponibilità dei beni di consu-mo.Il G8 dell’Aquila oltre a rilevare un incremento monetario del fi nanziamento ha manifestato una volontà globale di fare mag-giori sforzi per creare le condi-zioni di sviluppo e di crescita nei Paesi più poveri ed in parti-colar modo in quelli africani.

denti dei coloni europei, il caso più eclatante è probabilmente il Sud Africa, dove circa l’82% della terra coltivabile appartie-ne ai bianchi, che costituiscono una percentuale minima della popolazione. In molti casi vin-coli di tipo legislativo o la co-stituzione di lobby impedisce la commercializzazione degli appezzamenti nel libero merca-to, rinforzando i l divario tra la minoranza di proprietari terrie-ri legalmente riconosciuti e la

maggioranza di coloro che non possono esercitare alcun diritto sul terreno. Gli aiuti internazio-nali sotto forma di fi nanziamen-ti per l’agricoltura non sono sta-ti numerosi, e la loro effi cacia è stata limitata dalla mancanza di una chiara strategia di inve-stimento. Per esempio, molti di questi fondi sono stati diretti verso lo sviluppo delle grandi piantagioni, mentre gran par-te della popolazione povera dell’Africa è soprattutto di-

pendente da una agricoltura su piccola scala, a livello familiare. Comunque c’è da sottolineare che i Paesi del mondo occiden-tale erogano donazioni ai paesi africani, ma c’è un ampio con-senso sul fatto che questi aiuti abbiano prodotto pochi benefi ci a lungo termine. In altri termi-ni, hanno contribuito poco al benessere della popolazione e alla lotta alla povertà gli ingenti debiti contratti dai paesi afri-cani dopo l’indipendenza. La

povertà diff usa dei paesi africani genera una vasta disponibilità di manodopera a basso costo che ha contribuito negativamente allo sviluppo economico della regione, inoltre, il sistema scola-stico è anch’esso poco sviluppa-to, in alcuni casi praticamente inesistente, infatti si registra in tasso di alfabetizzazione molto basso.Sullo sviluppo economico dell’Africa e sulle condizioni di vita delle fasce meno abbienti

Di golpe in sud America ne abbiamo visti sfortunatamente molti, ma quasi ormai, eravamo riusciti a considerarli passati, parte di una storia ormai semi stabilizzata. E invece no. E’ di pochi giorni fa la notizia del-la destituzione del presidente Honduregno Manuel Zelaya, attaccato a colpi di arma da fuoco nella sua residenza, rapito e portato fuori dal paese, in Co-sta Rica. La moglie è riuscita a fuggire e si è dovuta nascondere sulle montagne perché anche su di lei e su altre persone che l’hanno seguita è stato emesso un mandato di cattura.I golpe allora non sono storie di altri tempi (non lontani del resto), pare quasi che non se ne possa fare a meno in certe real-tà; invece di dialogare si taglia la testa al toro e si arrestano le persone.Inoltre, uno dei fatti che più stupiscono è che di questa si-tuazione in Honduras, se ne parla ben poco, come se fosse cosa normale il golpe che è sta-to fatto, come se fosse scontato. E forse non ci si chiede neanche con troppa insistenza il perché di quanto accaduto e se ci sono altri registi che hanno complot-tato; insomma, l’indifferenza riguardo alla situazione è scon-certante.In Honduras il presidente vie-ne eletto a maggioranza relativa dal popolo; è anche il capo del governo, dell’esecutivo e ha il potere di nominare i 18 gover-natori dei dipartimenti.Il suo mandato ha la durata di 4 anni e la Costituzione non con-sente un’estensione della carica; infatti, gli articoli 237 e 374 non sono riformabili e sono questi che esprimono il divieto

di rielezione del presidente.Solo il Parlamento ha il potere di riformare la Costituzione, ma comunque restano inviola-bili gli articoli citati sopra.Alle ultime elezioni politiche presidenziali tenutesi il 27 No-vembre 2005 Manuel Zelaya, appartenente al Partito Liberale dell’Honduras, ha vinto.La sua politica estera si è avvi-cinata in modo significativo a Chavez, a Raul Castro e ha fat-to entrare Tegucigalpa nell’Al-ternativa Bolivariana para Los Pueblos de Nuestra America, voluta fortemente dal leader venezuelano; infatti dalla sua entrata in carica nel Gennaio 2006, il presidente ha compiu-to una sorprendente svolta a sinistra, facendo così storcere il naso ai militari, alla destra e a quella oligarchia che tiene la maggioranza delle ricchezze del paese.Il 28 Giugno 2009 Zelaya è stato sequestrato dai militari su ordine della Corte Supre-ma Honduregna. Il presidente è stato portato con la forza in Costa Rica.In questo stesso giorno ci sa-rebbe dovuto essere il referen-dum non vincolante indetto da Zelaya che avrebbe sanci-to la possibilità di rielezione del capo del governo e quindi eventualmente,la riforma di quegli articoli intoccabili della Costituzione.Questa idea, fin dal nascere ha incontrato dure opposizioni da parte della Corte Suprema, dell’esercito e di una grossa par-te del Parlamento. La tensione era sfociata una settimana pri-ma del golpe, nella destituzio-ne operata da Zelaya, del capo di Stato maggiore dell’esercito,

Romeo Vasquez.I giudici della Corte hanno spiegato attraverso un comu-nicato di aver ordinato il golpe perché a poco dallo scadere del mandato presidenziale, Zelaya voleva tentare di violare la legge facendo votare quel referendum impossibile.Appena portato in esilio, il Par-lamento ha votato per alzata di mano, suo successore Roberto Micheletti.Nella capitale l’esercito ha schierato i blindati, mentre centinaia di persone sono scese in piazza a sostenere il presiden-te estromesso. Diversi ministri del governo sono stati arrestati da militari incappucciati e sono stati trattenuti nelle caserme. Ci sono state interruzioni nel-la fornitura di energia elettrica, gruppi di militari hanno preso il controllo delle sedi di alcuni edifici della pubblica ammini-strazioneIn più sono stati sequestrati e poi rilasciati gli ambasciatori di Cuba,Venezuela e Nicaragua.Le comunicazioni con il paese sono quasi impossibili e le tra-smissioni radio e tv sono state sospese.Cahvez si è detto subito vicino al presidente e ha anche minac-ciato di intervenire con l’eser-cito se il suo ambasciatore non fosse stato liberato. Inoltre ha anche denunciato la borghesia honduregna di essere dietro al golpe, affermando che pochi ricchi hanno trasformato il paese in una Repubblica delle Banane.Zelaya ha invece puntato subito il dito contro Obama e per inciso contro la lunga mano della CIA; ha chiesto al presidente se c’erano gli Stati Uniti dietro tutto que-

sto, ma la Casa Bianca ha subito risposto respingendo in modo deciso le accuse, dichiarando che non c’è alcun coinvolgimento sta-tunitense nella cacciata del presi-dente dell’Honduras.La condanna di Obama sul Golpe è stata dura, ha detto infatti che l’America sostiene il rientro di Zelaya nel suo paese e nelle sue funzioni politiche per-ché bisogna rispettare il princi-pio universale che tutti i popoli hanno di eleggere il loro rap-presentante. Intanto il governo USA ha sospeso i programmi di assistenza militare per 16,5 mi-lioni di dollari all’Honduras.Anche il segretario di stato ame-ricano, Hillary Clinton ha par-lato di una forte esigenza che il colpo di stato sia condannato da tutti perché viola i principi democratici.Colombia, Brasile, Argentina, Ecuador e i ministri degli esteri UE, hanno condannato l’arre-sto e il rapimento di Zelaya.L’interpol ha anche respinto il mandato di cattura internazio-nale contro il presidente preci-sando che la richiesta del gover-no Honduregno non presenta alcun elemento di diritto.Ma è del 5 luglio la notizia che l’aereo che avrebbe dovuto tra-sportare e far reimpatriare Ze-laya, non ha ricevuto l’ok per atterrare in Honduras.I G8 diventano G14, si va vanti con la globalizzazione e ci sono ancora democrazie così deboli dove i golpe hanno la meglio. La storia ha avuto le sue vitti-me con le conquiste violente del potere e ancora oggi c’è chi è desaparecido nella vergogna delle dittature.Chi, tra tutti questi attori non è al passo con i tempi?

La Piazza D’Italia - Esteri

Usa - Russia: storico accordoGuerre su guerre. Guerre di religione, al terrorismo, guerre per l’energia e per l’acqua. Per rimarginare questo enorme vul-nus che affl igge la terra, Obama e Medvedev hanno fatto il pas-so. Tra i problemi “da risolvere insieme” ha citato quelli eco-nomici, la sicurezza mondiale e la riduzione degli armamenti strategici. Il colloquio si è svolto nel salotto rosso del Gran palaz-zo del Cremlino, in compagnia delle rispettive mogli, Michelle e Svetlana, al loro primo in-contro. “Il tempo favorisce il nostro lavoro”, ha scherzato il presidente russo alludendo alla giornata autunnale di Mosca. Hanno così fi rmato lo storico accordo sul disarmo nucleare che prevede la riduzione degli arsenali atomici a 1.500-1.675 testate e 500-1.100 vettori ba-listici per ciascun Paese entro 7 anni. Un passo enorme, atteso ed ora realtà. Assolutamente

impossibile prima visti i tesis-simi rapporti Putin – Bush. Va inoltre detto che tale accordo – oltre alla rilevanza politica – è premessa necessaria al prosegui-mento dei negoziati sul rinnovo del Trattato Start I, che scade il 5 dicembre. Tale trattato preve-de un limite di armi e mezzi di cui ogni fazione può disporre. Ora, superate le divergenze sul taglio degli arsenali atomici, tra Russia e Usa resta da sciogliere il nodo scudo antimmissile che Washington vuole installare in Repubblica Ceca e Polonia e sul quale Mosca non pare disposta a mollare.L’accordo Usa – Russia è fonda-mentale per gli scenari di pace futuri. Le due superpotenze rap-presentano, nonostante il crollo dell’ Urss a tutt’ oggi i più gran-di detentori di armi al mondo. Il passo di Obama e Medvedev – l’uno verso l’altro – è perciò oltreché un messaggio dal forte

valore politicoun aiuto sostanziale alla pace.Il patto, oltre a ridurre gli arse-nali, si ripromette di continuare a discutere su come rilanciare la cooperazione per reagire alla diff usione dei missili balistici. Delle divergenze – come detto – permangono, ma Barack Oba-ma è fi ducioso che in futuro si possa raggiungere un accordo.E la chiave della ritrovata vo-lontà di dialogo da parte della Russia è da ricondurre senz’altro all’elezione di Obama. L’aper-tura di Obama e la crisi Usa, aprendo al multilateralismo, hanno riavvicinato le parti in modo importante, arrivando a sanare una tensione calda che ha raggiunto il suo acme nel corso della guerra in Georgia.Russia e Usa, quindi, riavvici-nandosi, lanciano un messaggio anche ai soliti malintenziona-ti: Iran, ora impegnato in altri grattacapi e NordCorea, che

prova a ricattare il mondo lan-ciando missili come fossero pal-loncini (ben 7 i missili lanciati il 4 luglio). E allora, se i più grandi convergono, i più piccoli fi niranno per accodarsi (salvo le schegge impazzite). Questa la speranza.Barak Obama, nella conferen-za congiunta al Cremlino con Dmitri Medvedev, ha ribadito la necessità del sistema di dife-sa missilistico per annullare la minaccia di un attacco da Iran e NordCorea. Continuita con amministrazione Bush, verrebe da dire. Non proprio. Diverso è l’atteggiamento di Obama, di-versa la forma e si sa, la forma è sostanza. Da parte sua, infat-ti, Medvedev pur ribadendo le sue perplessità, non ha potuto negare che ci sono stati „chiari progressi“ sul programma anti-missilistico che gli Usa vogliono installare in Repubblica Ceca e Polonia.

sempre alla ricerca di quella convergenza che segnerebbe una vera svolta, per risolvere molti altri problemii due leader hanno toccato an-che temi legati all’Afghanistan, e all’economia mondiale, giun-gendo a un accordo senza pre-cedenti: gli Usa potranno usare lo spazio aereo russo per portare armi e rifornimenti alle truppe impegnate contro i talebani. Il consentito utilizzo dello spazio aereo russo da parte dei voli mi-litari USA verso l’ Afghanistan, vale fi no ad un massimo di 4.500 sorvoli l’anno. Un accorciamen-to delle rotte che consentirà agli USA risparmi per 133 milioni di dollari all’ anno. Scusate se è poco...Ripartono le relazioni, dunque. E che sia un nuovo inizio tra i due paesi è proprio quest’ul-timo passo, ovvero il passaggio di armi Usa in territorio rus-so, fatto inimmaginabile sino

all’altroieri.Una curiosità che ci toglieremo presto riguarda i problemi legati a scudo antimissile e Georgia. Entrambe le posizioni sembra-no rigide. Obama ritiene che la sovranità georgiana debba esse-re rispettata, mentre Medvedev non vuol sentir parlare di basi Usa a ridosso della Russia. Si prospetta un duro lavoro per le diplomazie d’entrambi e paesi.Si avanza perciò nella linea trac-ciata al G20 di aprile sulla crisi mondiale. Medvedev stesso si è esposto, auspicando che i collo-qui a tutto campo permettano di chiudere alcune pagine dif-fi cili nella storia della relazioni russo-americane e di aprire “una nuova pagina”. Quello stesso re-set, più volte citato da Obama. Di buon auspicio senz’altro, in vista del prossimo G8 aquilano, che di questo e tanto altro si an-drà ad occupare. Scosse sismi-che permettendo.

G8: 20 miliardi per l'Africa

Il golpe abbatte l'Honduras

Il cambio al vertice segna l’inizio di una nuova collaborazione

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La Piazza D’Italia - Attualità

La morte del re e quello che è succeso nel mondo, dopo

Jacko: quando cadono le stellePer le stelle come Michael Jackson il sipario non si chiude mai ed il palcoscenico diventa un destino più forte della morte.Un Karma paradossale sembra ac-compagnare Jacko nel suo ultimo viaggio verso la memoria storica, lui notoriamente così attento ad evitare qualsiasi contatto con il prossimo al punto – come leg-genda vuole – da farsi adattare a camera iperbarica a tenuta stagna la camera da letto, viene “costret-to” da freddo cadavere al contatto caloroso e fi sico di milioni di fans trovatisi improvvisamente orfani del loro Peter Pan.E’ sì perché la Jacko mourning, piangere il Re del Pop, il più possi-bile ed in ogni situazione, è diven-tata l’ultima frontiera del political-ly correct.Dai reduci del Grunge come Chris Cornell, ex leader dei Soun-dgarden di Seattle, a Madonna, passando per ogni genere e tipo di programma televisivo, canali dedicati e non, un tributino a Mi-chael Jackson non si risparmia per davvero.Jacko ha reso cool anche la morte ma di un cool diverso dal cult dei divi e delle dive del Rock dannato.

L’ossessione occhiuta sulla fi ne delle star non è certo una novità, sulle tombe dei vari Jim Morrison, il leader dei Doors, Janis Joplin, Kurt Kobain, ecc. ecc., troneggia-no trecentosessantacinque giorni all’anno gli ultimi saluti dei fans più irriducibili. Ma quello che sta andando in onda dopo la morte di Jackson va oltre le lattine di birra appoggiate su una lapide. Le im-magini che ci arrivano da Los An-geles ci regalano una commemora-zione in stile italiana, qualcosa di simile al saluto oceanico di Roma ad Alberto Sordi: orde senza fi ne di madri di famiglia e nonne (!), uomini che disertano il lavoro, da-gli anziani ai bambini. E i media, quei media che avevano cavalcato i dubbi sulla discussa condotta morale di Michael Jackson allor-ché fi nì in una scabrosa storia di pedofi lia contribuendo loro ad ali-mentare i sospetti e facendo sì che non gli si scrollasse più di dosso quell’etichetta infame nonostante l’assoluzione giudiziale?I media americani di questo hap-pening psico-collettivo sono andati pazzi ancor più di quanto avvenuto in Italia: dirette, investigatori, tesi, contortesi in un crescendo fame-

lico che ha raggiunto il grottesco quando dalle sue colonne il New York Times ha aperto una fi nestra di annuncio ai suoi lettori, felici di apprendere - coloro i quali erano già tra i fortunati possessori di un biglietto per i funerali e l’ultimo saluto pubblico organizzato allo Staple Center di Los Angeles - che ci sarebbe stato proprio il New York Times a raccogliere felice tutto quello che loro potevano in-viargli di foto, video e quant’altro sull’estremo saluto a Jacko: funera-li 2.0!Le velenose critiche sullo stile di vita di un uomo capace di sotto-porsi a trattamenti pesantissimi pur di vedersi schiarita la pelle nera in un bianco irrimediabile per sfuggire al proprio DNA? Svanite dietro l’inventario degli oggetti che accompagnavano la quotidianità della Star nella sua “Neverland”, la magione fantasmagorica la cui costruzione e manutenzione ha fi nito per riuscire nell’incredibile risultato di indebitarlo oltre il ve-rosimile (considerando che Jacko resta l’artista più noto di sempre per aver venduto oltre 800 milioni di dischi).L’ammirazione di oggetti come i

guantoni tempestati di diamanti o l’originale della prima edizione del 1910 del Peter Pan di James Matthew Barrie gelosamente cu-stoditi nel maniero, si sovrappon-gono ai rumors di nuovi inediti, presunti fi gli, testamenti e poi il fi nale giallo-noir della vita di un cinquantenne che rifi utava il lecito invecchiamento e l’imbolsimen-to sostanzialmente per ballare e giocare ricambiato con il proprio pubblico, affi dandosi a dei medici svalvolati che gli somministravano indigeribili cocktail di medicine. Per chi credeva che Michael Jack-son non potesse mai morire il ri-sveglio è stato brusco, mai nessun artista era riuscito a rendere così distanti da sé le apparenze inevita-bili che la vita vissuta stampa sul volto di ognuno di noi, le fatiche di noi comuni mortali, era questo il suo essere speciale tradotto nelle continue variazioni sul tema dei suoi look.L’iperbole del bambino prodigio dei Jackson fi ve, il gruppo di fra-telli che negli anni ’70 comincia-rono le loro apparizioni canore sulla TV americana, non si è mai arrestata ed anzi appare continuare di slancio anche dopo la fi ne della

sua ultima ora, dentro le paranoi-che attitudini da collezionisti del macabro dei suoi fans.

La folla che piange il suo “eroe” ol-tre il necessario con le sue lacrime lava via tutto.

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La kermesse di Alta Roma - Alta Moda (XV edizione) si è svolta dal 12 al 16 luglio nel bellissimo complesso di Santo Spirito in Sas-sia (quest’anno fi nalmente rinfre-scato!), dopo il consueto incontro all’Hotel Columbus per la confe-renza stampa.Incontro molto atteso e molto po-lemico, con l’intervento della pre-sidente Nicoletta Fiorucci (ricon-fermata fi no a febbraio prossimo), dato che tra sfi late sì e sfi late no il calendario è uscito molto in ritar-do. “La crisi globale c’è, e ha col-pito anche il settore moda e ci ha convinti a organizzare una manife-stazione forse più sobria rispetto a quanto programmato in gennaio, ma come sempre ricca di eventi, creatività e stimoli” ha aff ermato la presidente. Polemiche anche sulle eventuali sedi di prestigio in cui sfi lare e su un possibile ritorno di “Donna sotto le stelle” a Trinità dei Monti. Ma non ci sono i fondi necessari!Tredici gli stilisti, sei le performan-ce e le presentazioni di Scuole e Ac-cademie, un Concorso per giovani (Who is on next?) che si conferma ancora una volta il più importante trampolino di lancio per i giovani talenti, concorso vinto quest’anno da Mario De Vincenzo.Riconfermata la presenza per Roma di maison storiche dell’Alta Moda: Fausto Sarli, Lorenzo Riva,

Renato Balestra, Gattinoni, i liba-nesi Abed Mahfouz e Tony Ward, con il loro glamour e inoltre la nuova generazione Grimaldi Giar-dina ai Mercati di Traiano, Carlo Contrada che si è avvalso di una sede produttiva in Madagascar, Gianni Calignano ispiratosi ad un ritratto di Dorian Gray in chiave moderna.A testimoniare un’artigianalità tramandata da generazioni, una serata orientale è stata off erta nella sede con l’immagine di una donna “geisha” in chiave attuale dalla stili-sta Tiziana Sabatucci per la casa di moda Tilù. Le acconciature delle modelle, i ventagli e gli ombrellini rievocavano lo stile orientale.Tra i primi big a sfi lare a S. Spirito in Sassia, il sarto napoletano Sar-li, che a dispetto della crisi e dei materiali riciclabili , ispirandosi al grande disegnatore René Gruau ha lanciato per il prossimo autun-no inverno la passione per il lusso, la femminilità, la bellezza. Abiti a ventaglio plissettati, a conchi-glia, dalle mille giravolte, giacche dei tailleur dalla vita strettissima e dalle maniche a farfalla su pan-taloni aff usolati. Belli e portabili i paletot neri di bouclé pennellati di giallo. Eccentrici i volumi dei gazar di seta plissettati che avvol-gono gli abiti Grande Dance come in un abbraccio. La sposa, in uno stile senza tempo tipico di Sarli, è

un trionfo di rouches di organza e pizzo. Il sarto contesta, dichiaran-do che le prossime sfi late si svolge-ranno nel suo atelier data la poca assistenza ricevuta da Alta Roma, in polemica con la presidente Ni-coletta Fiorucci, che dichiara di vo-ler continuare per la propria strada . Sarà molto diffi cile rinunciare ai big sulle passerelle di S. Spirito in Sassia. Fuori calendario, due stili-sti: il siriano Rami Al Ali con ate-lier a Dubai, meglio noto come il sarto delle principesse arabe, che si è ispirato alle tinte del pavone, ol-tre ad un preziosissimo abito tut-to ricamato e Patrizia Pieroni che gioca con temi scherzosi ispirati al dado. Un “ Ritratto di Dorian Grey” da Gianni Calignano: cor-tissimi gli abitini strizzati in vita in paillettes jais e Swarovski, lunghi e con strascico a rondine quelli tutti bianchi da gran sera per ogni età, senza limiti di tempo! Tra le Scuo-le che rappresentano la formazio-ne professionale per i futuri nuo-vi talenti:l”Accademia di Moda Roma e Costume”, “l’Accademia Nazionale dei Sartori”, ”l’Istituto Europeo di Design”, “l’Accademia Altieri” , Ida Ferri con “Le Jardin de Fleur de Poiret”. Nonostante le direttive di Alta Roma Alta Moda in conferenza stampa di allargare il campo delle sfi late, la Maison Gattinoni si è trincerata dietro un laconico “mancanza di spazio nel-

la sala di S. Spirito in Sassia”. No comment.Due i libanesi, Tony Ward e Ahbed Mahfouz, quest’ultimo ha sfi lato in una cornice magica: l”Arco di Costantino, al Colosseo ( arco co-struito nel 315 d. C. per celebrare il trionfo dell’ “Imperatore Co-stantino su Massenzio , con scene di vittoria scolpite). La collezione si svolge in abiti da sera dai colori celeste sabbia, verde petrolio e un color bronzo dorato molto nuovo, con pregiati ricami stile barocco, sia per abiti lunghi che corti, sem-pre per occasioni serali. Altra cor-nice magica, i Mercati di Traiano per gli stilisti Grimaldi Giardina. Sette abiti e tute rosso pompeiano in uno spettacolo di danzatrici e percussionisti.Con il Patrocinio del Ministero della Ambiente e del Mare e del-la Tutela del Territorio, sono stati previsti un dibattito e tre progetti in calendario, dedicati alla Moda Etnica, e sponsorizzati dalla Presi-dente Nicoletta Fiorucci. Tutti capi realizzati con tessuti e colori tradi-zionali dalle donne africane. Stili-sti, il ghanese Banuk, Kofy Annah, Carmina Campus. Quest’ultimo è il marchio che contraddistingue borse fatte a uncinetto dalle donne del Camerun, off erte, per la cro-naca alla signore del G8 in Cam-pidoglio, e molto gradite! Variano dai 29O Euro in su ( quelle del G8

I.I4O! ), a seconda della lavorazio-ne, con ricami realizzati in Came-run e assemblate da mano d’opera specializzata in Italia. Questa ini-ziativa sarà di grande aiuto a quelle popolazioni, secondo i progetti del G8. Lorenzo Riva in calendario, con i suoi paletot d’oro e d’argen-to, il suo velluto nero e le gonne di raso candido, ha preferito mostra-re la sua collezione in un albergo romano a pochi giornalisti dichia-rando che “non ci sono abbastanza compratori a Roma per aff rontare le spese di una sfi lata a S Spirito in Sassia, senza tenere conto delle esigenze di lavoro dei giornalisti accreditati. Lella Curiel, milanese, fuori calendario da due anni, ha voluto omaggiare la capitale con una breve sfi lata durante una co-lazione personale.Di fronte a polemiche, come quel-la che il Comune di Roma paventa la possibilità di non fi nanziare più la manifestazione, e le aff ermazio-ni della Presidente che”Comunque si andrà avanti con l”Alta Moda”, ”frasi, scioccanti”, dice il couturier Renato Balestra, rimasto fedele alle passerelle di S Spirito in Sassia. Nella sua collezione “Diamante Nero”domina il nero più intenso, comunque luminoso, donante e morbido. Cascate di perle, grandi diamanti neri, alti bracciali di bril-lanti, tutti siglati RB. Il bianco e il nero si abbinano con eff etti ze-

brati, sia per tailleur che per splen-didi completi pantalone, ricamati o applicati in velluto e raso. Raso e velluto anche per lui, per smo-king dalla giacca colorata, molto chic il raso grigio argenteo. Il blu Balestra, il verde smeraldo e il ros-so rubino colorano abiti lunghi in preziosi velluti, che si basano solo su tessuti particolari, rouches in neri diversi per corti mantelli mol-to originali al posto della pelliccia. Divertenti gli stivali rosso, verde, blu acceso di Swarovski, lumine-scenti, brillanti nella notte! Una grandiosa cappa ventaglio plissé sopra un prezioso abito da gran sera ricamato con diamanti neri chiude l’applauditissima collezio-ne, davanti ad un pubblico molto glamour. Notizia dell’ultimo mi-nuto, dal prossimo anno le sfi late si svolgeranno anche nei grandi alberghi o in alcuni dei magnifi ci palazzi gentilizi della Capitale, in fondo non tutte le polemiche ven-gono per nuocere.Un evento al Tempio di Adriano, che rappresenta il crocevia tra cul-tura orientale e occidentale, pro-mosso da Alta Roma Alta Moda, chiude i cinque giorni di questa edizione. Per le prossime sfi la-te saranno gli incantati giardini d’Oriente a ispirare i “big” della Moda e i tanto sostenuti giovani talenti? Staremo a vedere...

Anna Maria Vandoni

La Piazza D’Italia - Tempo Libero

Il Prosecco, il vino del benvenuto tra DOC e DOCG

Arakéna, dea madre tra sole e vento

Alta Moda, Autunno–Inverno 2009/2010

Tutto il Prosecco, che si colloca nel Nord Est d’Italia, sarà protetto, a livello comunitario ed internazio-nale, a partire da prossimo mese di agosto. Il Comitato Nazionale per la tutela delle denominazioni d’origine dei vini ha deliberato l'atteso riconoscimento. Ad oggi sono 9 le province che, tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, di diritto, faranno parte della Doc e saranno così sottoposte a regole certe per garantire un buon prodotto al consumatore.“E’ un riconoscimento che dà va-lore al lavoro svolto fi nora per la valorizzazione e la tutela di un vino che rappresenta l’Italia in tutto il mondo. Assicurare la garanzia del-la Doc alle produzioni base e Docg alla viticoltura storica servirà a ga-rantire in modo ancora più incisivo i produttori onesti e i consumatori di tutto il mondo: dietro il Prosec-co e il suo successo c’è la sapienza dei viticoltori italiani, un patrimo-nio inimitabile di conoscenza che difenderemo da ogni tentativo di imitazione” ha aff ermato il Mini-stro delle Politiche Agricole e Fore-stali Luca Zaia.Oltre alla notizia del riconosci-mento della Doc c'è di più: le sottozone storiche di Conegliano Valdobbiadene e Colli Asolani, saliranno uno scalino più in alto, ossia vanteranno la Docg.“La riserva del nome Prosecco ai soli vini Doc, e la scelta di passare a Docg per l’area storica, rappre-senta una rivoluzione necessaria – aff erma il Presidente del Con-sorzio di Tutela Franco Adami. - Se nel 1969, all’ottenimento della Doc, infatti, il vitigno si coltivava esclusivamente nei quindici co-muni situati tra le cittadine di Co-negliano e Valdobbiadene, negli ultimi decenni, grazie alle caratte-ristiche intrinseche del prodotto e alle capacità delle aziende, è dive-nuto un fenomeno di successo e la sua coltivazione si è via via allarga-ta prima alla provincia di Treviso, poi a quelle limitrofe”.In particolare, l’area collinare di Conegliano Valdobbiadene, che si estende nella fascia nord est della provincia di Treviso, è per anto-nomasia zona d'eccellenza nella produzione del Prosecco, ed è qui che, da oltre tre secoli, questo viti-gno è coltivato.“Valdobbiadene è in una posizio-

ne fortunata. Il suo nome è legato al fi ume Piave che domina la sto-ria di queste genti... La montagna fa scudo al freddo vento che arriva da settentrione, creando una cor-nice ideale alle colline che sono tutte un fi lare di vigne curate e ordinate....”descrive così il territo-rio Ettore Gobbato nel suo recente libro “Il sogno del Prosecco” edito da Veronelli, dedicato alla vita di Giuliano Bortolomiol che, con il suo duro lavoro, ha contribuito al successo nel mondo di questo pregiato vino spumante, alla fon-dazione della Confraternita e alla nascita del Consorzio del Prosecco nonché alla prima Mostra Nazio-nale degli Spumanti.Si tratta di un’area interamente collinare, quella di Conegliano Valdobbiadene, le cui pendenze sono molto pronunciate e l'arti-gianalità dell'operazione è cosa quotidiana. E' proprio in questa zona collinare - ad un’altitudine compresa fra i 50 e i 500 metri sopra il livello del mare, ai piedi delle Prealpi trevigiane- che, da 40 anni, la Denominazione d'Origi-ne Controllata fregia le etichetta delle bollicine locali. In questi giorni è stato compiuto un salto di qualità: qui il Prosecco, dalla prossima vendemmia, assumerà la fascetta Docg e anche il nome subirà un mutamento, diverrà in-fatti “Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore”.Forte, nell’area dei quindici co-muni del Conegliano Valdobbia-dene, è il legame fra territorio, vigna e uomo. Con l'arrivo della Docg l’obiettivo sarà quello di preservare ancora di più il valore creato in questo territorio, dagli imprenditori e dai suoi abitanti, in tre secoli di storia.E' notizia di questi giorni, l’iscri-zione delle Dolomiti nel registro dei siti italiani tutelati dall'Une-sco, indicandoli come la best practice da seguire, raff orzando quindi l'immagine complessiva anche del territorio Conegliano Valdobbiadene che dista circa 60 Km dalle Dolomiti.Le aziende vitivinicole del terri-torio hanno complessivamente prodotto, nel 2008, circa 57 mi-lioni di bottiglie, su una superfi cie di oltre 4.900 ettari di vigneto, comprendente 160 spumantisti e più di 3000 viticoltori dell’area,

per un giro d'aff ari complessivo di 370 milioni di euro, a sot-tolineare quanto questo settore dell'economia sia importante è stato anche il riconoscimento, ri-cevuto nel 2003, relativo all’area di Conegliano Valdobbiadene come primo Distretto Spuman-tistico d’Italia secondo la Legge Regionale sui Distretti Produttivi del Veneto.Il Prosecco è una varietà di uva,

leggermente aromatica. Nel mondo, il Prosecco, è spesso co-nosciuto come semplice sinoni-mo di spumante italiano; esso si caratterizza per una sua propria moderata alcolicità e da eleganti aromi che richiamano frutta come mela e pera e fi ori come acacia, biancospino, rosa e glicine. Il co-lore è giallo paglierino leggero ed è prodotto nelle versioni Brut, Extra Dry e Dry.

Da uno studio condotto dal Prof. Giorgio Moretti della Facoltà di Medicina dell’Università di Pa-dova, è emerso che il Prosecco contiene un antiossidante, chia-mato il tirosolo, utile per limitare l’azione dei radicali liberi presenti nell’organismo umano, di poten-za pari se non superiore al resvera-trolo (presente nei vini rossi).Il Prosecco di Conegliano Valdob-biadene, per le sue qualità, è uno

spumante unico nel suo genere.Un vino perfetto come aperitivo, ma che accompagna bene anche i pasti; il Prosecco è soprattutto, nell'immaginario collettivo, grazie al suo carattere “frizzante”, il vino dei festeggiamenti, non a caso i suoi produttori lo defi niscono il “vino del benvenuto”; un vino celebrativo che, dalla prossima vendemmia, brinderà al suo tra-guardo: la Docg.

Tra vigneti e sugherete sorge l'an-tico e agricolo paese della Gallu-ra: Monti. Terra di conquista dei romani, bizantini, fenici... le sue origini arcaiche risalgono al perio-do neolitico. Paese di tradizione rurale che, grazie ai suoi terreni granitici e all'infl uenza marina, si è rilevato l'habitat ideale per la coltivazione del vitigno Vermenti-no (nome originario Listan d’An-dalusia), introdotto dagli spagnoli nel XIX secolo e, da allora, le genti del posto continuano fedeli a col-tivare il loro oro giallo.Era il 1956 quando un gruppo di viticoltori di Monti fonda la “Cantina Sociale del Vermentino” e, con grande audacia, intrapren-dono l'attività vitivinicola; per un certo verso essi furono pionieri di una fervida attività locale e per-spicaci nel rilevare quanto fosse sì faticoso, ma produttivo investire nel mondo del vino in un territo-rio fertile per il Vermentino, come quello della Gallura.Due anni dopo la sua costituzione la Cantina Monti segna il passo: fu la prima, oltre a dare un gran-de impulso all'economia locale, ad imbottigliare il vino nella zona. Una scelta, un tempo, davvero coraggiosa se si pensa che inizial-mente le cooperative locali faceva-no partire dall’isola intere cister-ne cariche di vino sfuso, il quale poi veniva tagliato con altri vini, in altre regioni d’Italia. La lungi-miranza è stata la chiave di volta. L’Azienda di Monti consapevole del fatto che l'imbottigliamento potesse essere uno degli strumenti primari per la valorizzazione del prodotto sul mercato, incomin-cia da alcuni sue etichette come il Th aòra (Vino rosato a Indicazione

Geografi ca Tipica Colli del Lim-bara), il S'Éleme (Vermentino di Gallura), Aghilòia (Vermentino di Gallura Docg Superiore) e Abbaìa (Vino rosso a Indicazione Geogra-fi ca Tipica Colli del Limbara).Con oltre mezzo secolo di attività, il suo medagliere si è arricchito di riconoscimenti prestigiosi: come la Medaglia d’oro al vino rosso Galana annata 1997 (Concorso enologico Sardegna vini, Cagliari), la Medaglia d’oro al vino mosca-to spumante Vigne del Portale (Concorso enologico Sardegna Vini, Cagliari), la Medaglia d’oro al vino rosso Galana annata 1997 (Mostra campionaria, Pramaggio-re), l'Etichetta d’Argento Galana (International Packaging Compe-tition, Vinitaly 2000)…Dal punto di vista economico, in poco più di cinquant’anni, i numeri dell’attività dell’azienda sarda si sono fatti sempre più in-teressanti. La cooperativa è attual-mente costituita da 350 soci, con una superfi cie vitata totale di 500 ettari, la cui produzione generale è di circa 30.000 quintali per circa 2 milioni e ottocentomila bottiglie.La produzione di questa Cantina è essenzialmente legata ai vini bian-chi, ovviamente il “Vermentino di Gallura” è il principe dell'ampia off erta dell'Azienda di Monti. Il portabandiera della stessa è senza ombra di dubbi è il Funtanaliras. Un vino amato in Italia e all'este-ro (si è ampiamente aff ermato sui mercati americani, inglesi, tedeschi russi, cinesi e giapponesi), non solo per il suo fantastico rapporto qualità-prezzo, ma perché esso è vino di pronta beva, non aggres-sivo, morbido. Tipico vino che si apprezza nelle calde sere d'estate,

consumato per la sua piacevolezza e per il suo gusto fresco.Il disfacimento granitico, tipico del territorio di Monti, va ad infl uire sui vini che l'azienda produce. In-fatti, il granito rende i terreni mol-to acidi, mentre il clima - dalle alte temperature estive, scarse precipi-tazioni e forti escursioni termiche fra il giorno e la notte – conferisce al vino quegli elementi ambientali idonei di cui esso ha bisogno.Il Vermentino di Gallura, nel 1975 conquista la Doc, 21 anni dopo inizia a fregiarsi della Docg, che risulta essere, ad oggi, l'unica Denominazione di Origine Con-trollata e Garantita della Sardegna. Il Ministero delle Politiche Agrico-le e Forestali, lo scorso 19 giugno, ha approvato lo Statuto del Con-sorzio di Tutela del Vermentino di Gallura, che ha sede proprio a Monti, il cui scopo è quello di svolgere le funzioni di tutela, di valorizzazione e di cura generale degli interessi connessi alla relativa alla Docg.Il vino a bacca bianca di punta del-la Cantina Monti è l'Arakéna, un Vermentino di Gallura Superiore. Un vino bianco corposo, prodotto con sole uve Vermentino site nella zona di collina, tra i 300 e i 450 metri sul livello del mare. L’uva è raccolta tra la fi ne di settembre e i primi di ottobre (vendemmia tar-diva), un mese dopo rispetto alle vigne di Vermentino di Gallura che si trovano vicinissime al mare, nella parte pianeggiante dell'isola. Per dirlo con altre parole, l'Araké-na è prodotto con uve più mature che, giocoforza, alzano la grada-zione alcolica del vino stesso, che si attesta attorno ai 13,5°; in quan-to gli acini benefi ciando di più

sole si arricchiscono di zuccheri. Si sa, la collina gode di piacevoli correnti d'aria che permettono alla vite la non insorgenza di muff e e la non alterazione del prodotto. Da qui, si comprende il signifi cato del claim della Cantina “L'uomo, il vento, il sole”.L'Arakéna è un Vermentino di Gallura un po' diverso da quel-li che si è soliti bere; si distingue principalmente perché esso fa un leggero passaggio in botte, questo consente un breve scambio tra le-gno e vino. Il suo colore ricorda l’oro, al naso emana forti note di pesca matura profumata, morbido al palato. Un vino che va servito ad una temperatura tra gli 8 e i 10° e richiede un calice di mezza ampiezza senza alcuna svasatura. Si abbina perfettamente al piatti a base di pesce, come una pasta con le vongole, oppure un fritto di alici di paranza.Da punto di vista del packaging, si potrebbe aff ermare che quando l'innovazione sposa la storia arriva la bottiglia di Arakéna; la quale si presenta con uno stile elegante, di forma bordolese a spalla alta, che si restringe leggermente verso la parte inferiore, di color ambra, da 0,75 litri. La sua etichetta è molto eloquente, vi è raffi gurata la Dea Madre, statuina femminile volu-metrica. La Dea Madre è simbolo di fertilità, il principio di tutte le cose, generatrice sia del mondo che del cielo, del giorno come del-la notte. Ed ecco che si interpre-ta l'etichetta Arakéna: un legame forte tra terra e nuove tecniche, e ancora, l’identità di un territorio, di un vino nella storia, nel presen-te, nel futuro.

Alice Lupi