1-15/16-31 gennaio 2010 - Anno XLV - NN. 71 - 72 - Il Papa alla Sinagoga di Roma

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A dimostrazione che il caos politico regna sovrano in Italia non solo tra le fila dei partiti dell’opposizione ma anche tra quelli che costituiscono la coa- lizione di maggioranza gover- nativa c’è l’ennesimo interven- to in prima persona di Silvio Berlusconi al fine di dirimere definitivamente le polemiche scatenatisi tra i rappresentan- ti del centro destra a causa delle candidature alla carica di governatore regionale e delle alleanze politiche in occasione delle elezioni amministrative del prossimo marzo. Il Cavaliere, appena tornato all’attività politica dopo l’ag- gressione subita a dicembre, si è dovuto quindi rituffare nel clima acceso dell’agone politi- co italiano per cercare di non vanificare quanto di buono fatto fino ad ora dal Governo da lui guidato. Si sa che più che le elezio- ni politiche nazionali, sono le tornate elettorali ammini- strative che scatenano mag- giormente la corsa dei politici locali, a volte veri e propri satrapi levantini, a cercare di strappare un seppur minimo strapuntino nei vari “consigli” per se o per qualche “infeu- dato” di turno allo scopo di mantenere ben saldo il pote- re decisionale nelle periferie. Quando poi a tali famelici appetiti si vanno ad aggiun- gere quelle di uomini politici che ambiscono ad aumentare - per calcolo strategico - il loro potere contrattuale in campo nazionale, ecco che la difficol- tà di trovare la “quadra” si fa sempre più grande. E’ parso quindi chiaro a tutti, e soprattutto a Berlusconi, la grande importanza che rivestono le prossime elezio- ni amministrative, non solo nell’ambito più prettamente locale ma anche in un’ottica di equilibri politici nazionali. Di fatto questa tornata elet- torale primaverile si può con- siderare una vera e propria elezione di medio termine che potrebbe rappresentare per il Governo in carica e la mag- gioranza che lo sostiene un importante spartiacque della propria azione politica. In caso di un’ulteriore vittoria dell’al- leanza PdL- Lega e relativo arretramento delle opposizioni di centro sinistra, l’esecutivo avrebbe infatti davanti a se un periodo di tre anni consecuti- vi caratterizzati dall’assenza di importanti elezioni per varare tutte le riforme necessarie per rilanciare l’economia e ammo- dernare l’assetto istituzionale e sociale del Paese. Berlusconi, dopo aver rica- ricato le batterie, intravede quindi la possibilità di asse- stare un definitivo colpo da ko ai partiti dell’opposizione poiché delle tredici regioni in cui i cittadini si recheran- no alle urne per eleggere il governatore, solamente due - Lombardia e Veneto - sono attualmente guidate da una coalizione espressione dei par- titi di centro destra. La con- quista quindi di importanti territori attualmente in mano al centro sinistra, Campania, Puglia e Lazio su tutti, fareb- be pendere ulteriormente la bilancia “politica” in favore del Cavaliere: insomma il “match-point ” non può esse- re sbagliato. Ma è proprio a questo punto che a causa delle frizioni tra le componenti politiche costi- tuenti il Popolo delle Libertà e tra le esigenze dell’appara- to centrale e quello periferico Di fronte agli scontri religio- si, ai contrasti dialettici e a più pratiche vicende teolo- giche che seminano dissidio tra le tre fondamentali reli- gioni monoteistiche, dovrem- mo riflettere sulle parole del filosofo Ludwig Feuerbach in “Essenza della Religione” (1845), non tanto per condi- videre in pieno il suo pensie- ro, ma quanto per stemperare gli animi e rendersi conto che pretendere la verità o la giustezza degli atti da parte di un particolare credo religioso è alquanto vano e relativo. Egli dice “L’ente diverso e indipendente dall’essenza Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L27/02/2004 num. 46) art. 1 - DCB-Roma 1-15/16-31 Gennaio 2010 - Anno XLV - NN. 71-72 E 0,25 (Quindicinale) In caso di mancato recapito restituire a Poste Roma Romanina per la restituzione al mittente previo addebito - TAXE PERCUE tass. riscoss Roma-Italy — Fondato da Turchi — Terremoto di Haiti — a pagina 3— ESTERI Per la vostra pubblicità telefonare allo 800.574.727 La Piazza d’Italia Abb. sostenitore da E 1000 - Abb. annuale E 500 - Abb. semestrale E 250 - Num. arr. doppio prezzo di copertina COPIA OMAGGIO www.lapiazzaditalia.it di FRANZ TURCHI — a pagina 8 — TEMPO LIBERO Ricco, continuamente aggiornato: arriva final- mente sul web il nuovo punto di riferimento per i giovani e per un nuovo modo di fare politica in Italia www.lapiazzaditalia.it Una Piazza di confronto aperta al dibattito su tutti i temi dell’agenda politica e sociale per valorizzare nuove idee e nuovi contenuti Abbiamo incominciato l’anno con il terremoto di Haiti e le immagini della tragedia in termini di vittime e quindi uma- nitarie che ha colpito quel popolo. Importante è stata al reazione della comunità Internazionale nel dare immediato supporto alla tragedia in termini di aiuti, soccorsi e vettova- gliamento. Detto questo comunque anche le notizie della crisi, in particolare in USA, non contribuisce certo a rasserenare il clima, ma anzi non danno grandi prospettive. Infatti la Politica di Obama, concentrata sulla sanità e contro le Banche, non sta dando gli effetti voluti e questo sia per il Mercato Usa che per la politica Internazionale. Dico questto perché quel- lo che mi preoccupa di più è la prospettiva di disagio sociale in Europa e soprat- tutto in Italia. Il mercato del lavoro, infatti, sta andando in piena crisi e la politica deve trovare soluzioni a tutto questo o perderà di significato il suo ruolo ed il suo perché. Credo che a questo punto un nuovo trattato debba essere stipulato tra i gran- di (G20), per uscire dalla tempesta, per stabilizzare mercati e soprattutto dare fiato alle famiglie. Mi auguro che in questo caso i singoli personalismi si facciano da parte e si arrivi ad un accordo pos- sibile per rivedere le rego- le e soprattutto rilanciare l’Economia. Avatar Il Papa alla Sinagoga di Roma Regionali 2010: Berlusconi scende in campo Segue a pagina 5 Che brutta perdita! Segue a pagina 2 Quando le parti si chiamano in causa in armonia Il Premier interviene con decisione per mettere fine al rebus delle candidature regionali

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Il Papa alla Sinagoga di Roma - Regionali 2010: Berlusconi scende in campo - Bersani e la sua Babilonia - Terremoto di Haiti: solidarietà nel caos - Berlusconi in Israele: una vigilia di promesse - Crescita economica e inquinamento ambientale - Obama: health care my beauty - Start 2: mancano solo i dettagli - Piersanti Mattarella: 30 anni dalla morte - In morte presunta del conservatorismo americano - Avatar: un’esperienza visiva unica - Una bufala di mozzarella

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A dimostrazione che il caos politico regna sovrano in Italia non solo tra le fila dei partiti dell’opposizione ma anche tra quelli che costituiscono la coa-lizione di maggioranza gover-nativa c’è l’ennesimo interven-to in prima persona di Silvio Berlusconi al fine di dirimere definitivamente le polemiche scatenatisi tra i rappresentan-ti del centro destra a causa delle candidature alla carica di governatore regionale e delle alleanze politiche in occasione delle elezioni amministrative del prossimo marzo.Il Cavaliere, appena tornato all’attività politica dopo l’ag-gressione subita a dicembre, si è dovuto quindi rituffare nel clima acceso dell’agone politi-co italiano per cercare di non vanificare quanto di buono fatto fino ad ora dal Governo da lui guidato.Si sa che più che le elezio-ni politiche nazionali, sono le tornate elettorali ammini-strative che scatenano mag-giormente la corsa dei politici locali, a volte veri e propri

satrapi levantini, a cercare di strappare un seppur minimo strapuntino nei vari “consigli” per se o per qualche “infeu-dato” di turno allo scopo di mantenere ben saldo il pote-re decisionale nelle periferie. Quando poi a tali famelici appetiti si vanno ad aggiun-gere quelle di uomini politici che ambiscono ad aumentare - per calcolo strategico - il loro potere contrattuale in campo nazionale, ecco che la difficol-tà di trovare la “quadra” si fa sempre più grande.E’ parso quindi chiaro a tutti, e soprattutto a Berlusconi, la grande importanza che rivestono le prossime elezio-ni amministrative, non solo nell’ambito più prettamente locale ma anche in un’ottica di equilibri politici nazionali.Di fatto questa tornata elet-torale primaverile si può con-siderare una vera e propria elezione di medio termine che potrebbe rappresentare per il Governo in carica e la mag-gioranza che lo sostiene un importante spartiacque della

propria azione politica. In caso di un’ulteriore vittoria dell’al-leanza PdL- Lega e relativo arretramento delle opposizioni di centro sinistra, l’esecutivo avrebbe infatti davanti a se un periodo di tre anni consecuti-vi caratterizzati dall’assenza di importanti elezioni per varare tutte le riforme necessarie per rilanciare l’economia e ammo-dernare l’assetto istituzionale e sociale del Paese.Berlusconi, dopo aver rica-ricato le batterie, intravede quindi la possibilità di asse-stare un definitivo colpo da ko ai partiti dell’opposizione poiché delle tredici regioni in cui i cittadini si recheran-no alle urne per eleggere il governatore, solamente due - Lombardia e Veneto - sono attualmente guidate da una coalizione espressione dei par-titi di centro destra. La con-quista quindi di importanti territori attualmente in mano al centro sinistra, Campania, Puglia e Lazio su tutti, fareb-be pendere ulteriormente la bilancia “politica” in favore

del Cavaliere: insomma il “match-point ” non può esse-re sbagliato.Ma è proprio a questo punto che a causa delle frizioni tra

le componenti politiche costi-tuenti il Popolo delle Libertà e tra le esigenze dell’appara-to centrale e quello periferico

Di fronte agli scontri religio-si, ai contrasti dialettici e a più pratiche vicende teolo-giche che seminano dissidio

tra le tre fondamentali reli-gioni monoteistiche, dovrem-mo riflettere sulle parole del filosofo Ludwig Feuerbach

in “Essenza della Religione” (1845), non tanto per condi-videre in pieno il suo pensie-ro, ma quanto per stemperare

gli animi e rendersi conto che pretendere la verità o la giustezza degli atti da parte di un particolare credo religioso

è alquanto vano e relativo. Egli dice “L’ente diverso e indipendente dall’essenza

Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L27/02/2004 num. 46) art. 1 - Dcb-Roma 1-15/16-31 Gennaio 2010 - Anno XLV - NN. 71-72 E 0,25 (Quindicinale)

In caso di mancato recapito restituire a Poste Roma Romaninaper la restituzione al mittente previo addebito - TAXE PERCUE tass. riscoss Roma-Italy

— Fondato da Turchi —

Terremoto di Haiti

— a pagina 3—

esteri

Per la vostra pubblicità telefonare allo 800.574.727

La Piazza d’Italia

Abb. sostenitore da E 1000 - Abb. annuale E 500 - Abb. semestrale E 250 - Num. arr. doppio prezzo di copertina

COPIA OMAGGIOw

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La Piazza d’Italia

di fRANz tuRchI

— a pagina 8 —

tempo libero

Ricco, continuamente aggiornato: arriva final-mente sul web il nuovo punto

di riferimento per i giovani e per un nuovo modo di fare politica in Italia

www.lapiazzaditalia.itUna Piazza di confronto aperta al dibattito su tutti i temi dell’agenda

politica e sociale per valorizzare nuove idee e nuovi contenuti

Abbiamo incominciato l’anno con il terremoto di Haiti e le immagini della tragedia in termini di vittime e quindi uma-nitarie che ha colpito quel popolo.Importante è stata al reazione della comunità Internazionale nel dare immediato supporto alla tragedia in termini di aiuti, soccorsi e vettova-gliamento.Detto questo comunque anche le notizie della crisi, in particolare in USA, non contribuisce certo a rasserenare il clima, ma anzi non danno grandi prospettive.Infatti la Politica di Obama, concentrata sulla sanità e contro le Banche, non sta dando gli effetti voluti e questo sia per il Mercato Usa che per la politica Internazionale. Dico questto perché quel-lo che mi preoccupa di più è la prospettiva di disagio sociale in Europa e soprat-tutto in Italia.Il mercato del lavoro, infatti, sta andando in piena crisi e la politica deve trovare soluzioni a tutto questo o perderà di significato il suo ruolo ed il suo perché.Credo che a questo punto un nuovo trattato debba essere stipulato tra i gran-di (G20), per uscire dalla tempesta, per stabilizzare mercati e soprattutto dare fiato alle famiglie.Mi auguro che in questo caso i singoli personalismi si facciano da parte e si arrivi ad un accordo pos-sibile per rivedere le rego-le e soprattutto rilanciare l’Economia.

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Il Papa alla Sinagoga di Roma

Regionali 2010: Berlusconi scende in campoSegue a pagina 5

Che brutta perdita!

Segue a pagina 2

Quando le parti si chiamano in causa in armonia

Il Premier interviene con decisione per mettere fine al rebus delle candidature regionali

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La Piazza d’Italia - Interni

A poco più di due mesi dalle elezioni amministrati-ve regionali il segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani si ritrova a dover affrontare diverse gatte da pelare in rapporto alla scelta dei candidati a governatore e riguardo le alleanze elettorali con cui il PD intende fron-

teggiare in tutta Italia il PdL e in entrambi i casi il qua-dro generale della situazione appare assai confuso.Innanzitutto sarà bene ricor-dare che le regioni in cui ci si recherà a votare per eleggere i nuovi governatori e i nuovi consigli saranno ben tredi-ci e cioè: Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria.A complicare ulteriormente il contesto delle cose per il segretario del PD c’è il fatto che di tutte queste regioni ben undici sono attualmente amministrate da coalizioni di centro sinistra contro le sole due, Lombardia e Veneto, governate da rappresentan-ti politici dell’alleanza PdL-Lega Nord.Ma purtroppo Bersani sta subendo pressioni assurde, provenienti sia dall’inter-no del suo partito che dagli eventuali alleati, tali che in tutte le regioni in cui ci si recherà alle urne regna il caos più completo anche - e questa è la cosa più grave - in quelle storicamente governate dal centro sinistra tanto da essere definite “rosse”.In Emilia Romagna, uno degli storici bacini di voti della sinistra italiana, ad esempio, il Partito Democratico si trova ad affrontare la campa-gna elettorale già azzoppato

in partenza.Tutto per il fatto che il sin-daco di Bologna Flavio Del Bono, pupillo di Prodi, ha annunciato che ben presto rassegnerà le proprie dimis-sioni dalla carica di primo cittadino poiché suo malgra-do è stato coinvolto in uno scandalo giudiziario riguar-dante le presunte accuse di aver utilizzato fondi pubblici, quando poco più di un anno fa era ancora vicegoverna-tore dell’Emilia, per pagare vacanze ed altre “spesucce” alla sua ex fidanzata, all’epoca dei fatti incriminati segretaria particolare oltre che compa-gna nella vita.Punto nel vivo si è rifatto vivo addirittura Romano Prodi, di cui si erano perse le tracce da settimane, il quale, senten-dosi in dovere di intervenire a difesa di Del Bono, non ha trovato niente di meglio da dire che affondare i colpi contro il povero Bersani - sempre più “Re Travicello“ della situazione - ed accusare il PD di essere in preda al caos più totale poiché privo di una guida politica ade-guata.Ma la situazione caotica in realtà non può essere esclu-sivamente riferibile solo all’Emilia ma anche ad altre regioni.Nelle elezioni primarie pugliesi svoltesi dome-nica scorsa per scegliere il candidato della coalizione di centro sinistra alla cari-ca di governatore regiona-le, l’uomo espressione del Partito Democratico, Boccia, nomen omen, è stato netta-mente superato in termini di voti dal governatore uscente Vendola , esponente della sinistra radicale: circa il 70% contro il 30%. Tale sconfit-ta è risultata clamorosa non solo per il notevole distacco tra i due contendenti, ma è apparsa ancora più sen-sazionale poiché Boccia era direttamente appoggiato da Massimo D’Alema che da

sempre è il “Padre Padrone” del Partito Democratico pugliese essendo egli origina-rio di Gallipoli. L’inopinata debacle - anche se cinque anni orsono avvenne la stessa situazione con i medesimi attori - ha inoltre compli-cato ancor di più i rapporti e i tentativi di iniziare una alleanza politica con l’UDC di Casini: infatti in caso di vittoria di Boccia il parti-to centrista era già pronto a presentarsi in coalizione col Partito Democratico per supportare la corsa del can-didato di centro sinistra a scapito di quello del PdL. La situazione sopra descritta ha avuto inoltre l’effetto di costringere i nipotini della “Balena bianca” a sostenere una propria candidatura in Puglia - propria per modo di dire in quanto la scel-ta è caduta su Adriana Poli Bortone già sindaco di Lecce, deputata e europarlamentare espressione prima del MSI poi di AN, ora in rotta con il PdL - in attesa di trovare un accordo con il partito di Berlusconi.Addirittura sembra che la mancata intesa pugliese abbia fatto saltare gli accordi che erano in procinto di essere stipulati tra UDC e Partito Democratico in Calabria e Liguria: insomma c’è stato un vero è proprio effetto domino che ha scompaginato la stra-tegia di Bersani e D’Alema tendente a creare nel maggior numero possibile di regio-ni italiane un fronte anti Berlusconi composto da PD, UDC ed IDV ed in qualche caso pure da sinistra estrema. Tale grande coalizione - in verità più una Unione di pro-diana memoria ulteriormente allargata e corretta rispetto all’originale - avrebbe dovuto “scaldare i motori” in vista di eventuali elezioni anticipati o di una improvvisa defaillan-ce dell’attuale maggioranza di governo guidata da Silvio Berlusconi.

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Bersani e la sua Babilonia

del partito sta scatenando una ridda di ipotesi e ripicche che rischia di compromettere la strategia berlusconiana .I malumori tra i rappresen-tanti politici del centro destra che hanno riguardato le can-didature dei governatori delle varie regioni in cui si voterà hanno interessato quasi tutte le zone d’Italia indistinta-mente da Nord a Sud passan-do per il Centro.A settentrione la cessione a favore della Lega Nord del Piemonte e del Veneto ha scatenato forti insoddisfazio-ni ed inquietudini soprat-tutto dalle parti degli ex di Forza Italia, che infatti allo

scopo di accontentare l’alle-ato leghista hanno dovuto ingoiare il disarcionamento del “Doge” Galan da tre lustri Governatore in riva alla lagu-na. Egli sarà comunque “risar-cito” col posto al ministero delle politiche agricole lascia-to libero da Zaia, appunto il sostituto di Galan nella corsa alle regionali del Veneto, ma senza il risolutivo intervento di Berlusconi la situazione si sarebbe ingarbugliata enor-memente.Il Cavaliere ha dovuto poi mediare direttamente con Fini per vedere concluse nel modo più tranquillo possi-bile le trattative che hanno portato alle candidature della Polverini - segretario gene-

rale dell’UGL - nel Lazio e del sindaco di Reggio Calabria Scoppelliti appunto in Calabria: entrambi sono espressione dell’ala destra, ex Allenza Nazionale insomma, del Popolo delle Libertà.Più complicate sono invece risultate essere - e al momen-to le trattative non sembrano essere definitivamente con-cluse - le scelte per i candidati in Campania ed in Puglia.Nella regione governata da troppo tempo e troppo male da Bassolino il candidato naturale della coalizione di Centro destra sarebbe dovuto essere l’attuale sottosegretario all’economia nonché coordi-natore regionale campano Cosentino del PdL, ma il poli-

tico casertano, vero e proprio ed inesauribile giacimento di voti e tessere per il Popolo della Libertà della regione, è attualmente indagato per una brutta storia di collusio-ne con la camorra e quindi ha dovuto ritirare in buon ordine la propria candidatura anche in questo caso grazie al risolutivo intervento finale del Presidente del Consiglio. Al suo posto è stato poi scelto Caldoro, rappresentante dei Socialisti all’interno del PdL . Una designazione questa meno altisonante ma che al momento pare comunque vincente rispetto a quella della coalizione di Centro Sinistra - che ancora comunque non è stata decisa - reduce dal

malgoverno Bassoliniano. In Campania, oltre alla pesante eredità lasciata da Bassolino, il PD sconta pure la guerra fratricida da sempre in atto tra i seguaci dell’ex sindaco di Napoli, comunque anco-ra forte in tutta la regione, e quelli del primo cittadi-no di Salerno De Luca che forse terminerà con la can-didatura debole di un terzo uomo accettato da entrambe le fazioni.La questione più spinosa, infi-ne, è quella pugliese dove il Ministro agli Affari Regionali Fitto, egli stesso ex governa-tore della Regione, ha fatto di tutto per candidare un suo uomo Rocco Palese, primo degli eletti nelle ultime due tornate amministrative regio-nali con 28 mila voti ed attua-le capo gruppo del PdL in consiglio regionale, rendendo difficile una coalizione con l’UDC che, dopo aver atte-so l’esito delle primarie del Partito Democratico, ha pro-posto l’ex sindaco “aennina” di Lecce Poli Bortone.L’empasse pugliese da l’occa-sione di parlare brevissima-mente dei rapporti tra il PdL e il partito di Casini che applica

in modo scientifico l’antica politica democristiana dei due forni: l’alleanza variabile, a seconda delle convenienze, di volta in volta col Partito Democratico o col Popolo delle Libertà. Bisogna decidere una volta per tutte all’interno del PdL se puntare defini-tivamente e decisamente sul bipolarismo e la costituzione di un forte partito autosuffi-ciente o scendere ogni volta a compromessi al nord con la Lega e a sud con l’UDC o con i vetero-democristiani del MPA di Lombardo.Bene fa il Presidente del Consiglio quando afferma che si può vincere senza l’UDC in tutta Italia. Ma anche laddove si dovesse perdere la chiarezza della proposta politica fatta ripagherà sul medio-lungo ter-mine il sacrificio fatto oggi.Sicuramente dopo queste ele-zioni regionali - qualunque sia il loro risultato finale - Berlusconi dovrà affrontare con i piedi di piombo la delu-sione degli ex Forzisti i quali pur rappresentando i soci di maggioranza relativa del Popolo delle Libertà hanno al momento solo Formigoni candidato governatore sicuro.

Dalla Prima

Il Premier interviene con decisione per mettere fine al rebus delle candidature regionali

Regionali 2010: Berlusconi scende in campo

800574727

In via di definizione le manovre per le alleanze nelle regionali?

Ma a conferma che il dia-volo fa le pentole ma non i coperchi, ci si è messo pure il “buon” Tonino Di Pietro a complicare ulteriormente la situazione di Bersani.Infatti l’ex PM di “Mani Pulite”, accortosi pronta-mente dell’estrema diffi-coltà in cui versa il Partito Democratico a causa dei fatti pugliesi ed emiliani, ha ben creduto di ottenere un tor-naconto per il proprio par-tito cercando d’imporre un uomo di sua espressione poli-tica per la candidatura alla carica di governatore della regione Calabria per l’intera coalizione di centrosinistra: l’imprenditore dell’industria conserviera Callipo.Di Pietro in pratica cerca di ripetere in Calabria il colpo riuscito al Partito Radicale nel Lazio che ,approfittando del “trans-gate” che ha coin-volto il Governatore uscente Marrazzo (espressione poli-tica del PD in generale e di Veltroni in particolare), è stato capace imporre Emma Bonino alla massima carica

amministrativa regionale.Il PD - che bene o male rappresenta circa il 30% dei consensi totali degli italiani - a causa della propria debo-lezza interna si trova quindi a dover sottostare non solo ai continui diktat delle correnti politiche da cui è composto ma pure a quelli di parti-ti politici minori che come tanti piccoli avvoltoi cercano in ogni modo ed in ogni circostanza di nutrirsi della carcassa in decomposizione del loro compagno di viaggio più grande.Vedremo quindi se nei pros-simi giorni la classe dirigen-te del Partito Democratico saprà ritrovare in se stessa le motivazioni e la forza neces-sarie per scrollarsi di dosso questo torpore che impedisce loro di creare finalmente un soggetto politico capace di veicolare e realizzare nel Paese un qualsivoglia progetto o proposta politica che non sia solo ed esclusivamente costi-tuita dall’anti berlusconismo “senza se e senza ma”.

Giuliano Leo

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La Piazza d’Italia - Esteri

Terremoto di Haiti: solidarietà nel caosPochi secondi e la trage-dia ha avuto inizio. Una di quelle tragedie che la natura matrigna immancabilmente scatena contro i più deboli e derelitti. Il terremoto che ha devastato Haiti è stato di una violenza inaudita e ha spazzato via abitazioni, ospedali e quant’altro senza alcuna pietà.In men che non si dica è par-tita la macchina degli aiuti internazionale che da oriente a occidente non ha lesinato collaborazione. Per aiutare i superstiti, nutrirli e soprat-tutto per recuperare l’incom-mensurabile numero di hai-tiani finiti sotto le macerie.La macchina statunitense è stata la più prodiga sinora: aiuti da terra ed aria per una popolazione esausta ma con una gran voglia di vivere. Voglia di recuperare i propri cari che, si spera, resistano.Si sono viste anche scene che nessuno vorrebbe vedere. I soliti sciacalli, che approfit-tando di caos e distruzione si sono abbandonati a depre-dazioni ed abusi. Un feno-meno che si sta cercando di reprimere al meglio con l’intervento durissimo della polizia.I vigili del fuoco statuniten-si, quelli divenuti celebri a New York l’11 settembre 2001, sono ora impegna-ti nella ricerca di eventuali superstiti. Impolverati dalla testa ai piedi “danno il frit-to” e gomito a gomito con gli haitiani scavano armati di volontà e speranza. A fron-te dei corpi estratti morti tra le lacrime degli astanti e lo sconforto dei “salvato-ri”, il rinvenimento di un bambino, miracolosamente sopravvissuto genera lacrime e sorrisi. Emozioni forti che coinvolgono tutti gli attori di questa triste vicenda abitanti e soccorritori, tutti insieme sospesi tra gioia e dolore.L’ambasciatore haitiano negli Stati Uniti ha contestato il lancio di aiuti dal cielo poi-ché vi avrebbero accesso solo i più forti.“Meglio allestire aree per gli elicotteri” - ha detto. Sono piovute critiche anche da

Francia e Brasile, che hanno contestato agli Usa un ecces-sivo “protagonismo” nel loro intervento.Il presidente Preval ha rimarcato l’assenza di un coordinamento nei soccor-si. Berlusconi ha inviato il capo della Protezione civile Bertolaso, il quale ha ridi-mensionato la portata dell’in-tervento italiano, negando di voler assumere il controllo dell’emergenza. Mettendo le mani avanti e sconfessando un po’ i propositi del premier italiano, Bertolaso ha dichia-rato che opererà solo per il bene della popolazione. Del resto, “la leadership spetta alle Nazioni Unite e a paesi più importanti e più vicini geograficamente ad Haiti” – ha chiosato BertolasoFare numeri, avventurarsi in cifre che diano un bilancio definitivo della situazione è piuttosto arduo in questo momento, in cui tutto è in progress.Ci aggrappiamo tuttavia alle fonti ufficiali. Sale di giorno in giorno il numero delle vittime, e sono infinitamen-te di più i rinvenuti morti che i rinvenuti vivi. Sono 75 mila finora i morti sepol-ti (in maggioranza in fosse comuni), 250 mila i feriti e un milione i senza tetto. Si stima che le vittime alla fine saranno almeno 200 mila.In totale sono circa 120 le persone salvate finora dalle squadre internazionali di soc-corso. A questo punto, l’Onu ribadisce l’intenzione di pro-seguire scavare, in quanto il peso non eccessivo delle costruzioni di Haiti potrebbe aver risparmiato la vita di altre persone. Al contrario, le forze americane impegna-te sul posto, alle operazioni di ricerca dei sopravvissuti sostituiranno quelle per i cadaveri.Anche perché, rischio da non sottovalutare, le epidemiero sarebbe un ulteriore fardel-lo da dover fronteggiare, da parte di una popolazione che ha già perso tutto.Al fianco dei poveri haitiani sono al lavoro 42 squadre di soccorso (con 1.700 uomi-

ni e 161 cani specializzati) arrivate da tutto il mondo, impegnate in un esercizio di solidarietà senza precedenti – come ha più volte dichia-rato un Obama in deficit di popolarità. L’esercito ameri-cano ha finora lanciato con i paracadute circa 20.000 pasti pronti all’uso e 18.000 litri d’acqua in una zona a nord-est della capitale. Soprattutto l’acqua potabile costituisce una delle principali preoccu-pazioni dei soccorritori visto che, oltrechè fondamentale per la sopravvivenza, è di vitale importanza per scon-giurare lo scoppio di epi-demie, che vanificherebbero tutti gli sforzi o quasi sinora intrapresi.Pochi secondi e la trage-dia ha avuto inizio. Una di quelle tragedie che la natura matrigna immancabilmente scatena contro i più deboli e derelitti. Il terremoto che ha devastato Haiti è stato di una violenza inaudita e ha spazzato via abitazioni, ospedali e quant’altro senza alcuna pietà.In men che non si dica è par-tita la macchina degli aiuti internazionale che da oriente

a occidente non ha lesinato collaborazione. Per aiutare i superstiti, nutrirli e soprat-tutto per recuperare l’incom-mensurabile numero di hai-tiani finiti sotto le macerie.La macchina statunitense è stata la più prodiga sinora: aiuti da terra ed aria per una popolazione esausta ma con una gran voglia di vivere. Voglia di recuperare i propri cari che, si spera, resistano.Si sono viste anche scene che nessuno vorrebbe vedere. I soliti sciacalli, che approfit-tando di caos e distruzione si sono abbandonati a depreda-zioni ed abusi. Un fenomeno che si sta cercando di repri-mere al meglio con l’inter-vento durissimo della polizia.I vigili del fuoco statuniten-si, quelli divenuti celebri a New York l’11 settembre 2001, sono ora impegna-ti nella ricerca di eventuali superstiti. Impolverati dalla testa ai piedi “danno il frit-to” e gomito a gomito con gli haitiani scavano armati di volontà e speranza. A fron-te dei corpi estratti morti tra le lacrime degli astanti e lo sconforto dei “salvato-ri”, il rinvenimento di un bambino, miracolosamente sopravvissuto genera lacrime e sorrisi. Emozioni forti che coinvolgono tutti gli attori di questa triste vicenda abitanti e soccorritori, tutti insieme sospesi tra gioia e dolore.L’ambasciatore haitiano negli Stati Uniti ha contestato il lancio di aiuti dal cielo poi-ché vi avrebbero accesso solo i più forti.“Meglio allestire aree per gli elicotteri” - ha detto. Sono piovute critiche anche da Francia e Brasile, che hanno contestato agli Usa un ecces-sivo “protagonismo” nel loro intervento.Il presidente Preval ha rimarcato l’assenza di un coordinamento nei soccor-

si. Berlusconi ha inviato il capo della Protezione civile Bertolaso, il quale ha ridi-mensionato la portata dell’in-tervento italiano, negando di voler assumere il controllo dell’emergenza. Mettendo le mani avanti e sconfessando un po’ i propositi del premier italiano, Bertolaso ha dichia-rato che opererà solo per il bene della popolazione. Del resto, “la leadership spetta alle Nazioni Unite e a paesi più importanti e più vicini geograficamente ad Haiti” – ha chiosato BertolasoFare numeri, avventurarsi in cifre che diano un bilancio definitivo della situazione è piuttosto arduo in questo momento, in cui tutto è in progress.Ci aggrappiamo tuttavia alle fonti ufficiali. Sale di giorno in giorno il numero delle vittime, e sono infinitamen-te di più i rinvenuti morti che i rinvenuti vivi. Sono 75 mila finora i morti sepolti (in maggioranza in fosse comu-ni), 250 mila i feriti e un milione i senza tetto. Si stima che le vittime alla fine saran-no almeno 200 mila.In totale sono circa 120 le persone salvate finora dalle squadre internazionali di soc-corso. A questo punto, l’Onu ribadisce l’intenzione di pro-seguire scavare, in quanto il peso non eccessivo delle costruzioni di Haiti potrebbe aver risparmiato la vita di altre persone. Al contrario, le forze americane impegnate sul posto, alle operazioni di ricerca dei sopravvissuti sosti-tuiranno quelle per i cada-veri.Anche perché, rischio da non sottovalutare, le epidemiero sarebbe un ulteriore fardel-lo da dover fronteggiare, da parte di una popolazione che ha già perso tutto.Al fianco dei poveri haitiani sono al lavoro 42 squadre di

soccorso (con 1.700 uomini e 161 cani specializzati) arrivate da tutto il mondo, impegnate in un esercizio di solidarie-tà senza precedenti – come ha più volte dichiarato un Obama in deficit di popola-rità. L’esercito americano ha finora lanciato con i paraca-dute circa 20.000 pasti pronti all’uso e 18.000 litri d’acqua in una zona a nord-est della capitale. Soprattutto l’acqua potabile costituisce una delle principali preoccupazioni dei soccorritori visto che, oltrechè fondamentale per la sopravvi-venza, è di vitale importanza per scongiurare lo scoppio di epidemie, che vanifichereb-bero tutti gli sforzi o quasi sinora intrapresi.E mentre i soccorsi continua-no senza posa quasi mezzo milione di sfollati vive sotto ripari e tende improvvisati, accampati lungo il grande viale degli Champs de Mars a Port-au-Prince.L’accampamento, ha spiegato il capo della polizia haitiana, Mario Andresol, “è il mag-giore” ma non l’unico. Ne esistono infatti altri nella stes-sa capitale e in altre zone del Paese colpite dal sisma.L’aeroporto è congestionato.L’aeroporto di Haiti si trova in condizioni di stallo. Il ministro degli Esteri Frattini ha annunciato un ulteriore volo italiano è partito con generi di prima emergenza ma anche con squadre di pronto intervento.“Quello che occorre fare ad Haiti oggi - ha sottoli-neato Frattini - è maggiore coordinamento. Abbiamo una gestione dell’aeroporto di Port-au-Prince che crea ancora delle difficoltà.”Difficoltà molto probabil-mente aggirabili grazie all’ar-rivo imminente della portae-rei Cavour, che La Russa ha confermato in partenza.

Francesco Di Rosa

La macchina degli aiuti internazionale è al lavoro. La popolazione è esausta, il numero di vittime in aumento.

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La Piazza d’Italia - Attualità

In un contesto mediorien-tale sempre più difficile da inquadrare nei canoni della pacificazione per come la intendiamo normalmente, il Presidente del Consiglio Berlusconi si sta recando, con otto Ministri, in Israele e lo fa rilasciando un’inter-vista a cuore aperto al quoti-diano più distante da lui in terra israeliana, Haaretz.Nell’intervista Berlusconi affronta con grande sincerità argomenti difficili come solo un sincero amico può fare.Parla della politica degli insediamenti e delle relazio-ni tra lo Stato ebraico e la Siria.In merito all’espansio-ne degli insediamenti nei territori conquistati dopo il 1967, il Presidente del Consiglio ritiene sia un erro-re continuare perché sarà estremamente difficile non far percepire alla popolazio-ne palestinese la presenza di israeliani senza ostilità. Ma non lesina critiche a quanto già avvenuto in passato nei

luoghi da cui gli israeliani si sono ritirati. Non è accetta-bile che dopo aver lasciato, con grande sofferenza, una terra su cui si è vissuto e lavorato si debba assistere alla devastazione di sinago-ghe e quanto di importante si sia fatto.Per quanto riguarda la tesa situazione con la Siria, Berlusconi consiglia a Israele di restituire le altu-re del Golan, anche queste frutto di una guerra, per stabilire relazioni diploma-tiche con la Siria che a sua volta dovrà rinunciare a tutto quanto fatto fino ad ora, compreso il supporto a organizzazioni e Stati che non riconoscono il diritto all’esistenza di Israele e che ne minacciano il futuro.Non manca un duro inter-vento sull’Iran e le sue aspi-razioni nucleari a cui, secon-do il nostro Presidente del Consiglio, bisogna opporsi con ogni sforzo soprattutto visti i proclami distruttivi nei confronti di Israele.

Il premier israeliano Netanyahu, malgrado le dichiarazioni dissonan-ti con la sua politica, ha elogiato il suo omologo italiano definendolo il più grande amico di Israele, per questo Berlusconi farà un discorso alla Knesset, il più grande onore che può esse-re concesso dal Governo israeliano.La visita di parte del Governo italiano in Israele si inserisce in una strategia piuttosto confusa che l’occidente sta portando avanti per cercare di far ritornare alle trattative le parti. Dopo il mea culpa di Obama, che ha ritenuto evidentemente troppo facile risolvere il problema israelo-palestinese con la semplice ed inefficace mano tesa (i suoi predecessori, quindi, proprio inetti non sono stati a non riuscire a risolvere la questione), le iniziative per cercare di muovere le acque sono affidate ad azioni indi-viduali che mal si conciliano con quanto veramente utile

si dovrebbe fare. E’ inutile negare o fare finta che la situazione non riguarda solo un fazzoletto di terra sul mediterraneo ma coinvolge una regione intera. Fa bene Israele a resistere alle pres-sioni perché anche in caso di una miracolosa pace con la parte palestinese, le rela-zioni con il contesto arabo sarebbero sempre impernia-te sulla sua sopravvivenza e sulla continua minaccia che arriverebbe dal negazionista (nel senso più ampio del termine) di turno.La speranza è che la visi-ta di Berlusconi possa far sentire e far apparire meno solo il Governo israeliano lasciando intendere ai suoi vicini che la partita non la si può giocare come è stato fatto in questo ultimo anno e mezzo ma che si deve poter discutere di tutto e senza le precondizioni che stanno atrofizzando quanto fatto in decenni di colloqui.Un’altra piccola riflessione sul fatto che le richieste fatte

ad Israele, di rinunciare a quanto preso con il sangue del suo popolo, combatten-do guerre non volute per la sua sopravvivenza e non per la perdita di un piccolo ter-ritorio, è un caso forse unico nella storia, frutto di un’im-

postazione profondamente sbagliata di tutti i principi su cui si dovrebbe negoziare una pace tra una parte che non è stata sconfitta ed una che lo è stata, anche dai suoi fratelli.

Gabriele Polgar

Berlusconi in Israele: una vigilia di promesse

Crescita economica e inquinamento ambientale

Il pragmatismo del Premier italiano potrebbe essere fondamentale per un dialogo abulico

Protocollo di Kyoto: ulteriori riduzioni di emissioni di gas ad effetto serra

Nel dicembre 1997, la Conferenza delle Parti ha convenuto il Protocollo di Kyoto in occasione della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici. In base a tale protocollo 38 Paesi hanno concordato di ridurre le rispettive emis-sioni di gas ad effetto serra del 5% rispetto ai livelli del 1990 per il periodo 2008-2012. L’impegno per l’Ita-lia è di ridurre le proprie emissioni del 6,5% rispetto ai livelli del 1990.L’Italia nel suo piano di azione in merito ai cam-biamenti climatici, pre-vede una serie di azioni che riguardano l’incidenza superiore delle importazio-ni di gas naturale e di elet-tricità che raggiungeran-no il 43% della riduzione richiesta di emissioni di gas ad effetto serra nel corso del primo periodo. Il piano prevede una duplice strate-gia per raggiungere l’impe-gno dichiarato dall’Italia: una serie di programmi e di misure da intraprendere a livello economico per otte-nere modeste riduzioni di emissioni di gas serra in vari settori e l’acquisto di cre-diti di emissioni derivanti da progetti di JI approvati (Joint Implementation) e la partecipazione ai CDM (Clean Development Mechanisms). Per raggiun-gere l’obiettivo di Kyoto, l’Italia si è impegnata ad

adottare programmi e misure che ridurranno in maniera significativa le proprie emissioni di gas serra rispetto all’andamen-to tendenziale. Il piano di riferimento comprende l’impatto di tali programmi e misure che mirano ad evitare di bloccare i 39,6 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra entro il 2010. Tuttavia, le emis-sioni rimanenti, stimate in oltre 50 milioni di tonnel-late, dovranno essere com-pensate acquistando crediti dal mercato internazionale. Si presuppone che l’acqui-sto di questi 50 milioni di tonnellate venga finan-ziato essenzialmente da un aumento generalizzato delle imposte piuttosto che da un’unica imposta diretta sull’energia. Il costo dei crediti ammonterà ad oltre 5 miliardi di euro nel 2010 nel caso di prezzo massimo (100 euro), per ogni milio-ne di tonnellata di bios-sido di carbonio. Dopo il 2012, si prevede un aumen-to continuo delle emissio-ni. L’effetto incrementale comunque, sarà lieve. Di conseguenza, l’Italia dovrà investire in ulteriori pro-grammi e misure, nonché acquistare crediti aggiuntivi dal mercato internazionale.L’impatto economico conseguente alla riduzio-ne delle emissioni di gas serra sull’economia italia-

na potrebbe non risultare positivo. L’aumento globale dell’imposizione fiscale rite-nuto necessario per finan-ziare l’acquisto di crediti internazionali sulle emissio-ni, comporterà un aumento dei costi e dei servizi, il che influenzerà sia il red-dito reale disponibile, sia la crescita dei consumi pri-vati. Di conseguenza sia la produzione industriale che il settore dell’occupazione cresceranno ad un tasso più lento. Tali impatti saranno compensati parzialmente da un aumento degli investi-menti in attrezzature, affin-ché il business risponda agli incentivi e alla pressione pubblica per investire in capitale in grado di ridurre le emissioni di gas serra del paese.Le perdite occupazionali e di profitto previste dal Protocollo di Kyoto com-porteranno l’aumento delle imposte indirette. Le importazioni si rafforzeran-no conformemente ai livelli di base, stimolate dal van-taggio concorrenziale degli Stati Uniti e di altri paesi non compresi tra gli ade-renti.Il Pil effettivo diminuireb-be dello 0,5% durante il periodo 2008-2012, e si ridurrebbe dell’1,9% e del 2,09% nel 2020 e nel 2025 rispettivamente, presuppo-nendo un prezzo di 100 Euro a tonnellata per ogni

credito di emissioni.In Italia, le perdite occu-pazionali annuali ammon-terebbero a 51.000 posti di lavoro nel 2010, fino a 280.000 entro il 2025. Significativo è l’impatto sulla crescita economica, che dovrebbe subire note-voli rallentamenti soprat-tutto a causa di una pressio-ne fiscale che andrebbe ad aumentare.Il reddito reale disponibile, cioè quello a disposizione delle famiglie subirebbe una contrazione tale da indebo-lire il processi di crescita.Il Protocollo di Kyoto è un classico esempio di strate-gia concordata che produ-ce effetti negativi sull’eco-nomia reale, pur essendo un valido strumento di riduzione dei gas serra e quindi di disinquinamento ambientale.Considerando che i cam-biamenti climatici rappre-

sentano una vera e propria minaccia mondiale a opera dell’uomo nei confronti della sostenibilità della vita sulla Terra, ci sono anco-ra i margini per evitare i rischi e gli impatti peggiori. Il flusso annualedi anidri-de carbonica e di altri gas che riscaldano l’atmosfe-ra terrestre è accelerato da quando carbone, petrolio e gas hanno cominciato ad alimentare la rivoluzione industriale. Gli economisti definiscono i cambiamenti climatici indotti dall’uo-mo una “causa esterna” e il clima un “bene pubbli-co”. Chi produce gas serra per l’energia elettrica, chi disperde i gas, non paga il danno causato dalle proprie emissioni.Un’azione valida per la riduzione delle emissioni potrebbe contenere i costi di queste misure entro circa l’1% del Pil mondiale ogni

anno. In tal modo, l’eco-nomia continuerebbe a crescere, mentre il passag-gio a un’economia a basso tenore di carbonio aprireb-be stimolanti opportunità commerciali, facendo cre-scere la domanda di nuovi prodotti e servizi finanziari per un valore di centinaia di miliardi l’anno. C’è da sottolineare l’affermazione dell’economista William Nordhaus: “gli effetti del riscaldamento globale dan-neggiano lo sviluppo econo-mico”. Le previsioni degli economisti, infatti, si fanno sempre più pessimistiche, e si aggravano le previsioni dei danni. Così la possi-bilità di una crisi econo-mica mondiale dovuta alla catastrofe climatica sembra sempre più concreta.Si auspica che le misure adottate dai Governi pos-sano impedire che quanto sopra detto avvenga.

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La Piazza d’Italia - Attualità

Il Papa alla Sinagoga di Roma

umana o Dio - l’ente che non ha essenza umana, proprietà umane, individualità umana - questo ente non è altro, in verità, che la natura. Il senti-mento di dipendenza dell’uo-mo è il fondamento della religione; l’oggetto di questo sentimento di dipendenza, ciò da cui l’uomo dipende, e si sente dipendente, non è per altro, originariamente, che la natura. E’ la natura il primo, l’originario oggetto della reli-gione, come è abbondante-mente dimostrato dalla storia di tutte le religioni e di tutti i popoli” (pag.39).Per natura Feuerbach non intende un ente universale, astratto e separato dalle cose reali, personificato e misti-ficato, ma con essa indica un termine generale per desi-gnare enti, cose, oggetti che l’uomo differenzia da sé e dai suoi prodotti e che compen-dia poi sotto il nome colletti-vo di natura.Quindi, potrebbe essere opportuno dire, a differen-za di come è stato espres-so domenica 17 Gennaio, in occasione della visita del Santo Padre alla Sinagoga di Roma, che ciò che accomuna le tre religioni monoteiste non è il credo in unico Dio, bensì, l’uomo. La cura dell’uomo è l’anello che congiunge le tre credenze. Con questa inver-sione forse, si riacquisterebbe quella dimensione e attenzio-ne giustamente terrena delle esigenze umane, che probabil-mente viene a perdersi quan-do il Cristianesimo, l’Islam e l’Ebraismo si impantanano in focolai poco aderenti alle sventure dei popoli, guerre, povertà, ingiustizia, calamità, deportazioni, dittature.In occasione della ventunesi-ma giornata per l’approfon-dimento e lo sviluppo del dialogo fra cattolici ed ebrei e della festa del Mo’èd di piombo (la pioggia “mira-colosa” che salvò il ghetto di Roma dall’incendio appic-cato dai papalini nel 1793) che coincide con tale data, Benedetto XVI si è recato nella Sinagoga di Roma.Verso le 16.30 il Papa arriva al ghetto, accolto dal Presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici, da

Renzo Gattegna, Presidente delle Comunità Ebraiche Italiane e dal Rabbino Capo di Roma Dott. Riccardo Di Segni.Ad aspettarlo, all’interno, erano presenti, tra gli altri, il Presidente della Camera

Fini, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Letta, il Sindaco di Roma Alemanno e quello dell’Aqui-la Cialente, il Presidente della Comunità islamica ita-liana Shaykh’Abd al Wahid Pallavicini, Mario Scialoja, capo della Lega Musulmana in Italia e i sopravvissuti ai campi di concentramento.La visita del Papa, accompa-gnato dai cardinali Tarcisio Bertone, Walter Kasper e Agostino Vallini, inizia con un omaggio floreale alla lapi-de di marmo in memoria dei 1022 ebrei deportati da Roma ad Auschwitz il 16 Ottobre 1943. Il percorso prosegue con un saluto affettuoso al Rabbino Capo emerito di Roma Elio Toaff (colui che accolse nella storica visita del 1986 Papa Giovanni Paolo II) e poi con un secondo omaggio floreale alla lapide che ricorda l’attentato del 9

Ottobre 1982 da parte di terroristi palestinesi, in cui ci furono molti feriti e perse la vita un bambino, Stefano Gay Taché.La parola chiave della visi-ta è continuità; proseguire il percorso di tolleranza trac-ciato da Giovanni Paolo II è l’intento della Chiesa e svi-luppare un dialogo che non è solo scambio intellettuale o un’operazione pratica è la volontà di entrambe le parti.Concordia, amicizia e una nuova atmosfera distesa sono i nuovi elementi vitali di un rapporto che a volte nel pas-sato, anche molto recente, si è caratterizzato come proble-matico.Il primo a prendere la parola è Pacifici, il quale dopo aver chiesto un minuto di silenzio

per le migliaia di vittime del terremoto di Haiti, prende a parlare di altre tragedie e di altra morte: la deportazione degli ebrei durante il nazi-smo.In riferimento a ciò l’ogget-to dell’intervento diventa Pio XII; il suo silenzio, dice, fa ancora male.Forse non sarebbe riuscito a fermare i treni della morte, ma almeno intervenendo, avrebbe dato segni di umana solidarietà. E prosegue, affer-mando che in attesa di un giu-dizio condiviso, la comunità ebraica auspica che gli storici abbiano accesso agli archivi del Vaticano che riguardano quel periodo e tutte le vicen-de successive al crollo della Germania nazista.La figura di Papa Pacelli da sempre è stata contro-versa; sospettato di essere il promotore del Concordato tra la Santa Sede e il Terzo

Reich, conciliante col regime nazionalsocialista, ma d’al-tra impegnato in appelli per scongiurare l’entrata dell’Ita-lia in guerra.Le accuse più gravi che gli vengono mosse dalla storia è di non aver mai condanna-to, né di essersi impegnato per fermare le deportazio-ni degli Ebrei di cui forse era conoscenza e della sua collaborazione alla fuga di gerarchi nazisti al termine del conflitto.A dispetto di tutte queste accuse, il 19 Dicembre 2009, Benedetto XVI firma un decreto che attesta le virtù eroiche del Papa della secon-da guerra Mondiale e viene proclamato venerabile.A questa notizia, la comu-nità ebraica si irrita e diversi

rabbini hanno apertamente descritto quest’ultimo atto come una scelta che addolora e riscrive la storia.Pacifici non poteva dunque non parlare di lui domenica 17 Gennaio in Sinagoga.Di seguito prende la parola il Papa, affermando il dram-ma sconvolgente della Shoah. Ma nel corso dei decenni la Chiesa non ha mancato di deplorare le mancanze di suoi figli e figlie, chiedendo perdono per tutto ciò che ha potuto favorire in qualche modo la piaga dell’antisemi-tismo. Molti, prosegue, rima-sero indifferenti, ma altri, tra i cattolici italiani, soccorsero gli ebrei, rischiando la loro stessa vita. Inoltre, aggiun-ge, senza nominare Pio XII, anche la Sede Apostolica svolse un’azione di soccorso spesso nascosta e discreta.Quante parole misteriose per una vicenda che avreb-

be dovuto essere e dovrebbe essere invece chiara e dichia-rata al mondo intero, vista la sua natura di buona missio-me cristiana.Ancora, a ricordo dell’altra vicenda scatenatasi l’anno scorso con i Lefebvriani, Benedetto XVI condanna chi vuole stravolgere la storia con qualsiasi tesi negazionista o minimizzare la Shoah.Anche il Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni di sicuro non può sorvolare sul silenzio di Papa Pacelli e afferma che il silenzio di Dio o la nostra incapacità di sentire i mali del mondo sono un mistero imperscrutabile, ma il silenzio dell’uomo è su un piano diverso, non sfugge ad alcun giudizio.Ma sono di incoraggiamento

e fiducia invece le sue parole nei confronti della visita di Benedetto XVI; il risultato è estremamente positivo e il contributo più importante è di aver rasserenato gli animi. Tra Ebrei e Cristiani corre ormai un rapporto tra fratelli e c’è da riflettere senza sosta a che punto si è di questo percorso di conciliazione e quanto divario ancora esi-

ste per realizzare una since-ra e autentica comprensione dell’uno verso l’altro.Sebbene i due credi abbiano delle differenti letture della Sacra Bibbia, bisogna pensare finalmente a cosa accomuna le due fedi, gli imperativi biblici che invitano alla mise-ricordia e alla dignità dell’uo-mo devono essere in primo piano rispetto alle differenze.Certo, differenze tecniche di credo non possono e non devono certamente avere la meglio con le esigenze più sacre per l’uomo: protezione del creato, libertà, giustizia, etica.La religione dice Di Segni, non deve essere vissuta con aggressività, come strumen-talizzazione politica o come veicolo di odio e di esclu-sione.In tanti dovranno far tesoro e pratica di queste parole.Il rabbino capo conclude con altre ferme parole il suo opportuno intervento, dicen-do che tutti, Ebrei, Cristiani, Mussulmani sono chiama-ti ad una responsabilità di pace.Questo incontro ebraico-cristiano, è importante di certo per la comunità civile, come sottolinea il presidente Gattegna; il dialogo tra le due parti è teso a valorizzare gli obiettivi comuni per il futuro e ad eliminare quelle divergenze passate che con-tribuirono a creare il male tra di loro. Il cammino è lungo e la nuova stagione di fratel-lanza è ancora agli inizi ma di sicuro la visita ha suggellato un marchio indelebile sulla volontà di proseguire nella via della concordia, cercando così di opporre un veto dura-turo agli inasprimenti degli scontri e dei toni che ancora troppo spesso si levano dal Medio Oriente.Per chi invece crede che il cammino non debba essere così lungo ancora, ma breve, perché ci sono delle urgenze e dei mali che non guardano il credo a cui si appartiene, chiudiamo il nostro articolo di riflessione con una frase riportata qui in sintesi e trat-ta da “La Religione del mio tempo” di Pasolini (1961): “non fare il bene, questo significa peccare”.

Ilaria Parpaglioni

Quando le parti si chiamano in causa in armonia

Dalla Prima

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La Piazza d’Italia - Esteri

Obama: health care my beautyLa riforma sanitaria in USA alla luce dei nuovi equilibri tra Repubblicani e Democratici

Start 2: mancano solo i dettagliObama e Medvedev: l’accordo sul disarmo nucleare verrà rinnovato

Barack Obama non è che l’ultimo nelle file dei leader democratici a finire contro il muro della riforma sanitaria.Tutti i leader del partito dell’asinello che si sono susse-guiti negli anni hanno avuto il sogno nel cassetto di rifor-mare quella che negli States si chiama “Medicare”, un siste-ma di assistenza sanitaria pog-giata su assicurazioni private che pur essendo il più costoso del mondo non assicura una copertura universale a tutti i cittadini americani.Si stima che nei prossimi 75 anni, il sistema di sicurezza sociale e Medicare costeranno $103.2 trilioni di dollari con un deficit rispetto al gettito recuperato da dette prestazio-ni di $45.8 trilioni di dollari, un peso insostenibile.Per un cittadino europeo può sembrare paradossale che il tentativo di riformare un sistema da tutti riconosciuto come inefficiente e inefficace riesca a trovare un ostacolo insormontabile non tanto nei giochi di palazzo ma proprio nella mobilitazione dell’opi-nione pubblica e della clas-se media, ma le cose stanno esattamente così.Solo per avere un metro di paragone a noi familiare, la recente vittoria del repubbli-cano Scott Brown nel seg-gio senatoriale che fu dei Kennedy a partire dal 1952, equivale ad una vittoria di un nostro candidato di centrode-stra nel seggio del Mugello: è

difficile pensare a cosa possa renderla possibile! La tra-volgente vittoria di Brown è avvenuta proprio cavalcando il rifiuto di uno Stato inva-dente apparso con la voglia di dire lui stesso al cittadino come e da chi questi si debba far curare, qualcosa che aveva sollevato dubbi di costituzio-nalità, dubbi superati però dalla vittoria di Brown.Per le regole istituzionali del bicameralismo america-no infatti, con il passaggio dai dems ai repubblicani, di un seggio, il Presidente Obama ha perso, nei nume-ri, la maggioranza necessa-ria per un’approvazione in discesa della sua riforma. Ma la sconfitta, arrivata dopo che il Presidente aveva speso il suo nome e la sua faccia contro Brown, è diventata soprattutto un messaggio che l’elettorato ha mandato forte e chiaro al Congresso, un messaggio che terrorizza i moderati democratici già preoccupati dai sondaggi che danno il GOP avanti di due punti alle prossime elezioni di mid-term: se continuiamo di questo passo a forzare una riforma che viene percepi-ta come “socialista”, finiamo tutti a casa, questo passa per la testa di una buona fetta del gruppo parlamentare demo-cratico al Congresso.Riforma accantonata quindi. Ma cosa prevedeva la riforma di Obama?A sentire l’Amministrazione

americana si trattava di intro-durre l’opzione per il tratta-mento sanitario pubblico e quindi una serie di agenzie pubbliche capaci di coordina-re ed indirizzare il paziente a nuove o già presenti struttu-re sanitarie convenzionate o pubbliche tout court.Niente di lunare per noi euro-pei, qualcosa di ben cono-sciuto, se non che i sistemi sanitari europei sono possibili proprio perché esiste un regi-me di tassazione che fa del prelievo alla fonte attraverso il sostituto d’imposta il perno per l’assicurazione del gettito minimo per mandare avanti i servizi pubblici essenziali dove lo Stato è impegnato quale monopolista o quasi-monopolista.Il “sogno” americano invece si è sostanziato nei secoli in un rapporto fiscale diame-tralmente opposto laddove ciascun contribuente propo-ne la propria dichiarazione e paga direttamente le tasse per proprio conto divenendone responsabile in prima per-sona. Aliquote basse, ferrea deterrenza in caso di evasione acclarata, con pene sino al carcere e dalla effettività assi-curata grazie ad un sistema giudiziario dai pochi sconti.Ti chiedo poco e lascio i tuoi soldi nelle tue tasche ma a te stesso ci devi badare da solo, comprese le cure sanitarie.Su questo percorso logico gli U.S.A. hanno costruito un impero prima economico, poi

militare e infine politico.Poi la Crisi di questi anni, una crisi pilotata dai grandi media proprio per incolpare il sogno, la nazionalizzazione del nazionalizzabile, il falli-mento e/o il bailout di cen-tinaia di banche, di aziende produttrici, la svolta socialista e il discorso trionfate in TV qualche mese fa di The Man che dichiarava : “I am not the first President to take up this cause, but I am deter-mined to be the last” (“Non sono il primo presidente a caricarsi di questa causa, ma sono determinato ad essere l’ultimo”).

Si sa però che gli america-ni giudicano i propri leader sempre mettendo una mano sul portafoglio e dietro l’au-mento indiscriminato della spesa pubblica e l’ulteriore esplosione del deficit che si sarebbe accompagnata alla riforma sanitaria voluta da Obama, la classe media ha visto il prologo di un ondata di tassazione e del ritorno del famigerato Tax-and-spending che rende invisi i democra-tici.Ciò non di meno le previsio-ni degli analisti danno il siste-ma Medicare al collasso in un anno qualsiasi tra il 2019 ed il 2029 e il problema di una riforma strutturale resta sul tavolo. Il fatto è che il socia-lismo non è una proposta per gente che dal proprio siste-ma sanitario nazionale vuole tre cose: il diritto morale di ciascuno a vedersi curato, la possibilità di scegliersi da soli il proprio dottore, costi con-trollati.Il sistema Obama era fallace sotto quest’ultimo profilo, il Presidente infatti al di là dei sorrisoni e degli imbonimen-ti mediatici non è riuscito a spiegare alla classe media dove poteva riuscire a trovare i soldi per ampliare senza riformare un sistema falli-mentare.

La scelta tra un sistema libe-rale ed uno socialista nelle erogazione delle prestazioni sanitarie con il conseguente corollario di strutturale - nel secondo caso - incremento della pressione fiscale, spin-gendo al ribasso della crescita in anni dove la dinamicità dell’economia americana è compromessa da un dollaro debole e dalle ferite del col-lasso del sistema creditizio, ha voluto comunicare una disponibilità da parte di que-sta Amministrazione a porre una sigla sul declino dello Zio Sam. A tutto ciò si oppongo-no ancora importanti fasce sociali dell’america profonda.Volendo porla su di un piano storico, la riforma sanita-ria americana ha ai giorni nostri, lo stesso valore che il dibattito sulla riforma agraria introdotto dai Gracchi aveva nella Roma repubblicana, ora come allora una varia-zione nell’impostazione di una infrastruttura economica portante significa a cascata la variazione radicale del senso del messaggio politico di una struttura statale.La notizia è che di tutto ciò l’elettorato americano appare rendersene lucidamente conto e dentro di se dispone ancora di adeguati anticorpi.

Giampiero Ricci

cia compromissoria e i due paesi ex comunisti si son tro-vati improvvisamente scoper-ti. La Russia – sostengono i principali fautori dell’accordo caduto – potrà ora tornare a guardare con interesse a questi paesi senza l’occhio indiscreto di Washington.La debolezza nell’economia e nella politica internazionale degli Usa (che la scorsa ammi-nistrazione ha gettato in due guerre dagli esiti nefasti) hanno favorito il compromesso russo-americano. Con questo, hanno altresì portato a una ridefinizio-ne delle sfere d’influenza. Sarà la Russia a vigilare sull’area orientale dell’Europa (costretta a mera espressione geografi-ca visto che più del ruolo di spettatore non le è dato di

ambire), con Polonia e Rep. Ceca declassate di fatto a “stati cuscinetto”. Ucraina e Georgia dovranno ahiloro rassegnarsi per un bel po’ sull’entrata nella Nato. Non se ne farà nulla finchè gli Usa non avranno tirato un po’ il fiato al punto di rovesciare nuovamente a loro favore lo stato dei rapporti di forza.Così, Mosca non si ritrove-rà gli americani alle porte e Washington non si ritroverà a fronteggiare il “boicottaggio discreto” della politica america-na in Medio Oriente, potendo contare sul sostegno politico di Mosca contro il terrorismo internazionale con base in Iraq e Afghanistan. E tutti vissero felici e contenti.

Hanno optato per la proroga.Dmitri Medvedev e Barack Obama hanno dichiarato di voler fare ogni sforzo per giun-gere “il più presto possibile” a un accordo annunciando al tempo stesso che fino alla defi-nizione dello Start 2 resteranno in vigore i principi contenuti nel Trattato in scadenza (Start 1). Sì perché almeno di colpi di scena sarà difficile appor-re la firma sul nuovo trattato sul disarmo nucleare. E così, tanto vale confermare la buona volontà dei due leader, allun-gando la validità del vecchio patto.Difatti, il nuovo trattato tra Usa e Russia sul disarmo nuckeare è praticamente pronto e i pre-sidenti e potrebbero firmarlo non fra molto. Dicono fonti vicine alle due amministrazio-ni, ci sono da limare dei detta-gli “I negoziati sono finiti – ha assicurato il principale quoti-diano on line russo “Gazeta.ru” – si stanno preparando le carte per formulare un documento finale di intesa”.I due presidenti hanno inoltre riconoscuto il “ruolo altamen-te collaborativo” di Ucraina, Bielorussia e Kazakhstan all’at-tuazione dello Start 1, concluso da Mosca e Washington nel 1991. Per firmare lo Start 1,

ratificato dai presidenti Bush e Gorbaciov, ci sono voluti quasi dieci anni. In base a quel tratta-to, la Russia ha più che dimez-zato il suo arsenale nucleare, ha fatto presente Lavrov.Occorre ricordare, che dopo la dissoluzione dell’Urss, nel dicembre 1991, la sua ere-dità nucleare passò a Russia, Ucraina, Bielorussia e Kazakhstan, le repubbliche ex sovietiche che ospitavano armamento nucleare sul pro-prio territorio. In un secondo momento, Ucraina, Bielorussia e Kazakhstan accettarono lo sta-tus di repubbliche non nucleari trasferendo le loro armi ato-miche alla Federazone russa. Oggi, alla viglia della scadenza dello Start 1, un gruppo di 20 ispettori americani ha lascia-to l’impianto di Votkinsk, in Udmurtia (est di Mosca), dove si producono i missili strategici Topol-M e Bulava. Per una ventina d’anni (erano arrivati già nel 1988) gli ispettori Usa hanno verificato l’attuazione degli impegni assunti da Mosca con il Trattato sulla riduzione degli armamenti strategici.Cosa osterebbe per la firma dello Start 2?Secondo esperti militari di parte russa, le divergenze riguarde-rebbero in particolare il mec-

canismo di controllo da parte americana sulla produzione e l’impiego dei missili balistici intercontinentali russi.Comunque sia è questione di settimane, se non di giorni e le due superpotenze si impe-gneranno a ridurre entro sette anni le testate strategiche in dotazione ai rispettivi arsenali, portandole tra le 1.500 e le 1675 e a ridurre tra i 500 e i 1.100 il numero dei vettori.Nonostante l’unità di intenti che traspare dalle dichiarazioni ufficiali e dai resoconti della stampa, qualche polemicuccia emerge.Il ministro degli esteri russo Lavrov ha criticato i negoziatori statunitensi per aver rallentato i lavori negli ultimi due giorni a Ginevra, frustrando di fatto gli sforzi fatti per arrivare a un nuovo accordo che sostituisca il Trattato sulla Riduzione delle Armi Strategiche del 1991.La firma di un nuovo trattato sarebbe un segnale importante anche per certificare il miglio-ramento nei rapporti tra Stati Uniti e Mosca, non c’è dub-bio.Lo Start 1, siglato nel lon-tano ’91 da Bush Senior e Gorbaciov, necessita dunque di un impulso nuovo per pro-seguire nel solco tracciato tanti

anni fa. Impulso che malgrado le ovvie difficoltà i Medvedev e Obama hanno saputo dare, riuscendo, laddove avrebbero senz’altro fallito George W. Bush e Putin.Impossibile il dialogo tra i due, che oltre ad avere obiettivi e ambizioni inconciliabili erano animati anche da forte antipa-tia personale, con Berlusconi impegnato più d’una volta a far da paciere.Chiaro che il riavvicinamento tra le parti – non ancora cer-tificato, ma sostanziale - non è avvenuto “gratis”. È costato caro, soprattutto a Obama, che visto il momento di profon-da empasse in cui versano gli Usa ha dovuto fare macchina indietro, andando a sconfessare in toto la politica muscolare di bushiana memoria, aprendo al multilateralismo e rinunciando – almeno per ora – all’istal-lazione di basi in Polonia e Cechia.Le quali si sono alquanto risentite, sicure com’erano di poter contare sull’ala protettiva statunitense, che le preservas-se dal pur sempre inquietante incombere del gigante russo. Invece no. La ragion di stato (era figlio della ragion di stato anche il progetto d’istallazio-ne) ha richiesto una rinun-

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La Piazza d’Italia - Approfondimenti

In morte presunta del conservatorismo americanoNon si dovrebbe, ma si può perdere la lucidità quando si è presi dall’euforia, anche se si è navigati editorialisti con radici profonde nel ‘dove-che-conta’ della stampa che fa opinione, può succedere. Certo l’irrom-pere dell’astro luminoso oba-miano, della primavera dopo decenni di rovesci e di sconfitte culturali, è nelle cose che abbia dato all’intellighenzia liberal il là a vendette culturali a diverso titolo, ma - si sa - la fretta è cattiva consigliera e l’inverno è già qui.Così sfogliando le pagine di “The Death of Conservatism” di Sam Tanenhaus, Random House, pagg. 144 non si può fare a meno di confrontare l’analisi o meglio il requiem del movimento conservatore statunitense dell’editorialista del New York Times Book Review con i recentissimi risultati elettorali nel primo vero test elettorale dalla ele-zione a 44° Presidente USA di

Barack Obama.E già perché per Tanenhaus la sconfitta alle presidenziali del 2008 non è stata solamen-te una battuta d’arresto bensì l’ultima definitiva fermata del conservatorismo americano.Ma il fatto è che la clamo-rosa vittoria di questi giorni del repubblicano Brown che toglie ai democratici il seggio che fu di Ted Kennedy e dei dems a partire dal 1952 e i recenti risultati alle elezioni per i governatorati di Virginia e New Jersey, sono stati possibili per il GOP, proprio grazie a quella frangia conservatrice che ha dimostrato di essere ancora capace di mobilitare la classe media in difesa del sogno ame-ricano minacciato dalla riforma sanitaria proposta dall’Ammi-nistrazione Obama e giudica-ta troppo invasiva e in grado di sbilanciare definitivamente conti pubblici già provati.Allora si può davvero dare per morto il conservatori-

smo americano?La tesi di Tanenhaus è che i conservatori americani sono ossessionati da problemi che il Paese a stelle e strisce ha superato da tempo come la questione dei matrimoni tra omosessuali e non sono invece capaci di offrire un contributo valido alla uscita dalla Crisi.Il suo libro naturalmente, per una vasta parte, contiene una disanima degli anni del bushi-smo.La originale tesi di fondo è che non sia corretto ritenere che George W. Bush abbia tradito il movimento conser-vatore, infatti nessuno più di lui avrebbe dato alle varie com-ponenti della galassia conserva-trice quello che esse volevano: imponenti tagli fiscali ai liber-tarian, il bando della ricerca sulle cellule staminali alla destra evangelica, l’invasione irachena per i neo-con e – a parere di Tanenhaus – i fallimenti in cui si sono trasformate ciascuna di

queste scelte dimostrerebbero come il movimento conserva-tore fatichi a diventare qualcosa di più che un movimento di protesta.Il corollario alla tesi dell’edi-torialista del New York Book Reviews è il disegno di una parabola addirittura fallimen-tare per gli ultimi 50 anni di conservatorismo, piegati all’in-teresse del partito, all’odio per gli avversari politici e poco più, avendo dimenticato la più classica delle lezioni del conservatorismo storico e cioè che il Governo è una condi-zione necessaria per la costru-zione di una qualsivoglia pro-spettiva civile e non un entità da smantellare.Una ricostruzione che paga il sospetto lecito che tanto ram-maricato rimpianto nasca dalla circostanza di fatto che quel conservatorismo dava molto meno fastidio ai democratici perché un pensiero figlio di elité produttive distanti dalla

pancia del Paese e non da essa direttamente provenienti.In questa rievocazione malin-conica del conservatorismo che fu, non manca lo spazio per il proverbiale pantheon dei cat-tivi. La parte del leone, quella di icona negativa mefistofelica, viene affibbiata a Bill O’Really commentatore televisivo della Fox News Channel troppo populisticamente tradizionali-sta per essere gradito, ma uno spazio appropriato viene dato anche al duo G.W. Bush - Cheney.Tanenhaus, pure in uno stile scorrevole e professionale, appare proporre una tesi trop-po di parte: se è certamente vero che con la fine della pre-sidenza Bush quantomeno il percorso ideologico neocon-servatore abbia dimostrato di meritare una severa revisio-ne per aver sovraesposto un Paese nel merito diviso verso responsabilità globali di tipo “neo-imperialista” che non era

pronto a sostenere, se è altret-tanto vero che la miscela fusio-nista abbia finito per premiare eccessivamente rispetto alle altre componenti del Grand Old Party quella maggior-mente organizzata sul territo-rio e cioè la Destra Religiosa, non si può dire che le ragioni di fondo che hanno posto il partito dell’elefantino come baluardo in difesa dei valori costituzionali di vita, libertà e proprietà individuale, siano diventate meno attuali.E in un momento in cui la nuova Amministrazione mette in discussione le pietre angolari che hanno fatto grande gli Stati Uniti, il GOP rinasce ad una nuova vecchissima missione, una missione non in difesa dei diritti del Governo, ma dei principi costituzionali che ne limitano l’azione, la mis-sione di un conservatorismo sempre classico, troppo presto dato per morto e quanto mai necessario.

Piersanti Mattarella: 30 anni dalla mortePotere e intreccio di relazioni, anche pericolose

6 Gennaio 1980, 06 Gennaio 2010 e sull’omicidio Mattarella pare non sia stata ancora fatta piena luce.Durante la commemorazione del grande personaggio poli-tico della DC, Piero Grasso ha affermato: “ le indagini e i processi hanno fatto venire fuori quello che è il grande significato politico di que-sto omicidio, che io ricordo particolarmente perché ero il magistrato di turno. E’ stato l’omicidio che ha ripristina-to, conservato quel perver-so intreccio tra affari, mafia, politica e burocrazia siciliana, che ha funestato per tanti anni la nostra terra. Purtroppo le indagini sono arrivate fino ad un certo punto, non sono potute andare oltre i mandan-ti come capi mafiosi di quel tempo, forse la storia della Sicilia sarebbe cambiata senza quell’omicidio”.La spiegazione del motivo legittimo per cui le indagini non sono potute andare oltre non c’è, ma ciò presume che forze esterne abbiano coopera-to per l’uccisione del politico, inoltre, nella realtà dei fatti ancora non si sa chi ha sparato a Piersanti Mattarella.A 30 anni dalla morte anco-ra non si sa quale mano ha ucciso; non è rassicurante per nessuno questa situazione, è oltraggiosa per chi ogni gior-no lotta contro la criminalità e diffonde tra le persone un senso di impotenza di fron-te ad un potere che troppo spesso sembra essere più forte e convincente dello Stato stes-so.Inoltre, troppe volte cadono i sospetti su una politica com-piacente nei confronti della malavita, troppo spesso l’om-bra della commistione potere pubblico-mafie spunta alla ribalta nel panorama italia-

no come se fosse un monito di inutilità d’azione per tutti coloro che lavorano per la trasparenza e la legalità.Piersanti Mattarella venne eletto all’Assemblea Regionale siciliana nel 1967 nel colle-gio di Palermo e confermato per tre legislature consecutive. Dal 1971 al ’78 fu assesso-re regionale alla presidenza. Nello stesso anno venne eletto presidente della regione Sicilia e si pose alla guida di una giunta di centro sinistra, con il sostegno esterno del PCI.Dopo una breve crisi politica, nel ‘79 formò un secondo governo, più o meno della stessa specie.Era considerato l’uomo nuovo della democrazia Cristiana non solo in Sicilia, ma anche a livello nazionale, perché la sua guida e il suo referente all’interno del partito era Aldo Moro, che nel frattempo al Parlamento era impegnato ad una apertura della sua politica verso sinistra.Piersanti a livello regionale proponeva una energica linea di rinnovamento; anche egli era impegnato in un fitto dia-logo con il partito comuni-sta e nell’esercizio del potere stava cercando di allontanare tutti quei loschi personaggi e chiunque non assicurasse una completa trasparenza nella gestione della cosa pubblicache come diceva lui, non face-vano onore al partito stesso perché invischiati in ambigui rapporti con la malavita orga-nizzata.Cercava interlocutori al di sopra di ogni sospetto e que-sta sua attitudine, questa per-severanza causò nel giro di pochissimi anni veri terremoti politici.Nello stesso anno della sua elezione, si impegnò subito nel terreno fragile e perico-

loso degli appalti: venne così approvata la sua legge regio-nale che mirava a rendere più cristalline le gare grazie a delle modifiche alle procedure di assegnazione e richiese subito l’elenco dei funzionari regio-nali nominati collaudatori di opere pubbliche per poter conoscere nome e cognome di chi agiva nel campo, snel-lendo così l’intervento in caso di illegalità.Mattarella, nel ’79 aprì anche un’indagine sulle procedure di appalto che avevano presenta-to delle gravissime irregolarità per la realizzazione di sei scuo-le, del valore complessivo di 6 miliardi circa, aggiudicato ad alcune ditte riconducibili al capomafia Rosario Spatola.Altro suo esempio di impegno politico nella lotta alla cri-minalità fu quando, in occa-sione della Conferenza regio-nale dell’agricoltura nel ’79, Mattarella appoggiò l’onore-vole Pio La Torre, accusando di collusione con la crimina-lità lo stesso assessore all’agri-coltura.Ricordiamo che Pio La Torre, membro di spicco del partito comunista, venne ucciso nel 1982 il 30 Aprile insieme al suo autista Rosario Di Salvo; l’omicidio venne inizialmente rivendicato da gruppi proletari organizzati, ma solo nel 1992 Leonardo Messina, pentito di mafia, rivelò che La Torre venne condannato a morte per ordine di Totò Riina a causa della sua proposta di legge riguardante i patrimoni dei mafiosi.Infatti nel ’72, quando venne eletto in Parlamento, propose subito una legge che introdu-ceva il reato di associazione mafiosa (legge Rognoni-La Torre) ed una norma che pre-vedeva la confisca dei beni ai mafiosi.

Anche qui, 11 anni di ritardo nell’individuare il movente dell’omicidio dell’onorevole.La DC Siciliana di Mattarella doveva quindi porre fine alle pericolose relazioni che alcu-ni notabili tenevano con la cupola mafiosa sia che questi contatti fossero diretti come nei casi di Ciancimino Vito e Salvo Lima, sia che si trattasse di connivenze e complicità derivanti dagli affari intreccia-ti tra politici e classe impren-ditoriale isolana.Tutto doveva essere reso tra-sparente e dovevano passare ai controlli le imprese regio-nali e nazionali che si erano assicurate nel corso degli anni ’70 gli appalti di Palermo e di tutta la Sicilia, dai servizi pubblici ai trasporti, dall’illu-minazione urbana alla manu-tenzione stradale, dall’edilizia pubblica alla privata, dalle grandi opere come le dighe inutile che erano in progetto o in fieri ai viadotti fantasma, dagli edifici incompiuti alle autostrade pericolose.Questo era il disegno di Piersanti e ovvio, era un perso-naggio scomodo. Consapevole della situazione critica e peri-colosa in cui si trovava a causa del suo lavoro “ripulitore”, decise di fare un colloquio con un altro suo referente nazio-nale, l’allora Ministro degli interni Virginio Rognoni.Si recò a Roma, ma il collo-quio non fu buono, l’esito piuttosto sconfortante, sem-brò che il Ministro non avesse ben compreso la gravità della situazione e non fu granchè propositivo nell’intervenire nel campo minato su cui ogni giorno si muoveva Piersanti. Così il giorno dopo dell’in-contro disse al capo di gabi-netto Maria Grazia Trizzino: “questa mattina sono stato col Ministro Rognoni ed ho

avuto con lui un colloquio riservato sui problemi sicilia-ni. Se dovesse succedere qual-che cosa di molto grave per la mia persona, si ricordi di que-sto incontro perché a questo incontro è da collegare quanto di grave mi potrà accadere”.Ancora oggi non sono chiare le rivelazioni che Mattarella abbia fatto al Ministro, dopo 30 anni nessuno si è voluto ricordare di quel colloquio.La vicenda giudiziaria sul caso è stata lunga e complessa e si è conclusa senza fare piena luce sull’omicidio: come mandanti sono stati condannati all’er-gastolo i boss Totò Riina, Michele Greco, Bernardo Provenzano, Brusca, Pippo Calò, Francesco Madonia e Antonino Geraci, ma l’inchie-sta non è riuscita ad identifi-care né il sicario, né i presunti mandanti esterni.Inizialmente si era pensato che il killer fosse Valerio Giuseppe Fioravanti, riconosciuto dalla moglie stessa del politico; ma poi diversi collaboratori di giustizia smentirono che egli c’entrasse qualcosa, infatti tra le tante cose che Buscetta rac-contò poi al giudice Falcone, c’è la confessione che quello

di Mattarella era un delitto di Cosa Nostra, che il terrorismo non c’entrava e per venirne a capo, bisognava controllare a chi furono affidati gli appal-ti dopo il suo omicidio; si sarebbero scoperte cose che avrebbero fatto paura. Ma anche questo compito forse non è stato portato avanti pienamente.Noi concludiamo invece con le parole del procuratore Grasso che nel corso di una recente commemorazione ha ripreso proprio questa tesi ed ha affermato che l’uccisione di Piersanti Mattarella “fu un omicidio determinato da moventi complessi, con una coincidenza di interessi ester-ni a Cosa Nostra ma maturati in un contesto economico-politico mafioso in cui que-gli interessi erano finiti per coincidere con l’obiettivo di tenere in piedi quel sistema politico-mafioso”.Certo il concetto non è espres-so apertamente e forse poteva essere più chiaro il messaggio, ma di sicuro ci fa compren-dere che non tutta la verità, come ogni problema di Stato, non è stata rivelata o scoperta tutta.

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La Piazza d’Italia - Tempo Libero

Avatar: un’esperienza visiva unica

Una bufala di mozzarella

Il colossal di Cameron, in anteprima in Italia, forte del suo miliardo e duecento milioni già incassati nel resto del mondo, è pronto a rapire lo spettatore anche da noi.In un pomeriggio romano fastidiosamente piovoso, nell’auditorium di Via della Conciliazione affollato dai fortunati invitati, ha preso forma il sogno del regista canadese, qualcosa che va al di là della cinematografia a cui siamo abituati anche per chi del 3D ha fatto quasi

un’abitudine.E’ bene rinunciare a qual-siasi confronto con i grandi film di fantascienza del pas-sato, nulla a che vedere da un punto di vista narrativo con Blade Runner, la prima trilogia di Star Wars, 2001 odissea nello spazio, incontri ravvicinati del terzo tipo ecc. Questo film è un gigantesco e strabiliante esercizio di stile che mostra le grandi capacità del regista di coordinare e intrecciare i molteplici com-ponenti che creano l’opera.

Non un contenitore del tutto vuoto ma una meraviglia estetica che non trova la stes-sa intensità nella trama.La storia del film è piuttosto banale: il solito pout purri di sentimenti contrastanti che rendono l’essere umano o buono o cattivo, le vittime designate, il tesoro da carpire o salvaguardare.Nulla che non sia stato già raccontato decine di volte, quello che questa volta cam-bia è il coinvolgimento che lo spettatore subisce: al momen-to dell’inizio del film si viene immediatamente proiettati in un mondo parallelo che se fosse solo creato dall’anima-zione digitale potrebbe essere facile da separare dalla realtà. Ma in questo lungometrag-gio di oltre due ore e mezzo la realtà si fonde perfetta-mente con la grafica digita-le rendendo vivo quello che normalmente si ritiene nel migliore dei casi virtuale.I contesti sono sorprendenti, la perfezione a cui è arriva-ta la moltitudine di persone che hanno partecipato alla realizzazione del film (i titoli di coda sono infiniti) porta l’entertainment ad un livello nuovo. Molto più elevato di quello che da poco più di un anno il mondo del cinema ci ha portato a conoscere.Pensare di vedere Avatar con

la visuale 2D tradizionale sarebbe come annacquare la più preziosa della bottiglie di Barolo, uno spreco che ren-derebbe la visione inutile.Oltre quattro anni di lavo-razione, un’attesa per la realizzazione pare lunga un ventennio dovuta ad una tec-nologia solo adesso appena matura per renderla possi-bile. Quattrocento milio-ni di dollari per un lavoro incredibile che riesce a rapire anche il più scettico (come chi scrive) riguardo l’uso del 3D. Riuscire a vedere detta-gli incredibilmente piccoli, entrare nel contesto e per-cepire la natura del pianeta Pandora come se si fosse lì accanto ai protagonisti, per il momento, è qualcosa di unico.Non importa se la storia prende una piega tipicamen-te americana di aria liberal, scontata nel suo sviluppo già dopo quindici minuti di proiezione, d’altronde cosa si poteva inventare il regi-sta? La guerra è antica quan-to l’uomo e non è che una storia ambientata nel 2154 possa essere diversa, l’aspetto che Cameron ha voluto rac-contare è la smania di cono-scenza finalizzata allo sfrut-tamento che l’essere umano ha perpetrato sulla sua terra, per questo esaurita nelle sue

risorse, che potrebbe essere fonte di una grave sconfitta sia sul campo di battaglia che su quello ideologico su mondi ancora inesplorati, il tutto condito con la perdita del contatto con la Grande Madre che da e toglie la vita e che da equilibrio al tutto. Un politically correct in 3D che purtroppo non segue la perfezione di un’estetica rea-lizzativa che va dal pianeta completamente costruito e vissuto, alla lingua dei nativi, alla interazione con quanto di umano c’è nelle scene.Certo la prima parte del film è decisamente più interessan-te: lo spettatore viene accom-pagnato in giro per le incre-dibili ambientazioni come se fosse in un museo con innumerevoli sale mentre la storia, nella sua parte più originale permette un facile apprendimento della struttu-ra del racconto.Non sono serviti grandi attori per rendere il film indimenti-cabile, anzi, la scelta di pren-dere attori di secondo piano non distrae mai da quanto esce dalla pellicola (nel vero senso della parola).La grande capacità di Cameron di non eccedere mai nella formalità del film, il perfetto equilibrio tra dia-loghi, effetti, musica ed emo-zioni mettono questa opera

direttamente nella lista dei più grandi lungometraggi di fantascienza di sempre e questo non è davvero poco. Soprattutto perché questo genere di film porta al massi-mo sfruttamento le tecnolo-gie a disposizione più di tutti gli altri.Tutto questo non è una recensione, avendo intenzio-nalmente evitato di parlare nel dettaglio della storia e di qualsiasi cosa possa sve-lare aspetti del racconto che potrebbero rovinare la visio-ne di chi ha avuto la pazienza di leggere, ma una semplice e ammirata condivisione per qualcosa che finalmente sor-prende e che porta lontano anni luce da questo mondo.Un film consigliato a tutti perché, al di là dei gusti, con questo film Cameron a reinventato il cinema nella la parte più istintiva, quella visiva che potrebbe strappa-re qualche ammirato sospiro anche ai cultori del cosid-detto cinema di qualità. E’ una scoperta scientifica, un record dei 100 metri, un gol all’ultimo minuto, è l’impos-sibile che diventa possibile, un nuovo punto di partenza per un’arte che ha improvvi-samente ricominciato a cor-rere verso il futuro, in attesa di Avatar 2.

Gabriele Polgar

Seppur di latte si tratta, in mezzo ad un mare d’imba-razzo sembra trovarsi nuova-mente il Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop (CTMBCD).Il formaggio a pasta filata più famoso al mondo è di nuovo al centro delle polemiche per via del latte vaccino aggiunto a quello di bufala in fase di preparazione.Questa volta il faro media-tico acceso sulle mozzarelle non riguarda fortunatamente la sfera della salute del consu-matore, al contrario di qual-che tempo fa dove lo stesso Consorzio era sotto i riflettori mediatici per una faccenda ancora più grave, che tutti i lettori ricorderanno sicu-ramente, le ‘mozzarelle alla diossina’. Una vicenda che aveva travolto il settore susci-tando preoccupazioni sia per il benessere fisico dei fruitori nazionali e internazionali che economico di tutta la filiera.Ci fu un cambio all’interno del Consiglio. La presidenza oggi è ricoperta da Luigi Chianese. Un percorso in salita, quello del Consorzio, per tentare di riconquistare la fiducia del mercato, con applicazioni di strategie diverse per riprende-re il bandolo della matassa.Anche se la faccenda ora è diversa, si corre il rischio di vedere di nuovo in ginocchio il settore che potrebbe avere

un brusco calo delle vendite e una ripercussione sui posti di lavoro. Secondo i dati riporta-ti dalla Coldiretti, sono venti-mila i lavoratori che operano nel comparto, 128 caseifici attivi e 250.000 capi allevati per un fatturato complessivo di trecentomilioni di euro. Cifre importanti. Per la leg-gerezza di alcuni imprenditori ne faranno le spese giocoforza le aziende oneste, gli occupati e l’immagine del Made in Italy che vede la mozzarella tra i prodotti nostrani più prestigiosi.Chiedersi ancora una volta qual è la funzione dei consorzi ci aiuta a capire il quadro della situazione e la decisione presa da via XX settembre. I con-sorzi promuovono iniziative di vario genere con il fine di salvaguardare la tipicità del prodotto, cercando di favo-rire il miglioramento delle tecniche produttive. Ma il Consorzio ha anche il compi-to di vigilare, controllare che il disciplinare venga rispettato dalle aziende sia nella fase di produzione che di messa in commercio del prodotto oggetto di tutela. Tuttavia, dai controlli effettuati, da parte del personale addetto del Mipaf, su 530 campioni di mozzarelle di bufala analizza-ti, ben 106 contenevano latte di mucca al 30%.La reazione, a tutela di uno dei

più importanti prodotti DOP che si realizzano in Italia, del Ministro Zaia è stata pron-ta; nel tardo pomeriggio del 19 gennaio 2010 è arrivata in redazione una nota: ‘’Ho commissariato il Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala, perché - ha spiegato il Ministro Luca Zaia - duran-te i controlli lo stesso presi-dente del Consorzio è stato sorpreso annacquare il latte. Ho già firmato un Decreto in cui ho nominato quattro uomini di mia fiducia, che controlleranno, con la lente di ingrandimento, anche questo grave caso di contraffazione’’. Ovvero il capo del dicastero di via XX settembre ha inviato rappresentanti che accompa-gneranno il Consorzio ad un processo di normalizzazione.Per chiarire ogni dubbio, pur essendo il Consorzio un ente privato, il marchio Dop (assunto dalla mozzarella nel 1996) è un marchio comu-nitario, ovvero appartiene all’Unione europea, e pertan-to il ministero delle politiche agricole e forestali ne fa le veci.Immediata la reazione a soste-gno del provvedimento adot-tato dal Mifap da parte dei sindacati di categoria: “ Una decisione che - sottolinea la Coldiretti - deve aiutare a fare chiarezza su un prodotto simbolo dell’agroalimentare

Made in Italy che è destinato per il 16 per cento all’espor-tazione”.Il commento di Confa- gricoltura in ordine al prov-vedimento è: “La decisione del ministro Zaia giunge a conclusione di un tormenta-to percorso che negli ultimi mesi ha interessato la vita del Consorzio di tutela di uno dei principali formaggi italiani”.Ma l’Aduc interviene alzando il tiro: “Chiediamo la can-cellazione dall’elenco delle Dop della Mozzarella di Bufala Campana. E’ la richie-sta che facciamo al ministro alle Politiche Agricole, Luca Zaia, dopo l’ennesimo “scan-dalo” che ha investito que-sto prodotto...Al Consorzio della Mozzarella di Bufala Campana dovrebbero essere revocate, da subito, le funzio-ni di tutela, vigilanza, valo-rizzazione e promozione del formaggio e contestualmente dovrebbero essere avviate le procedure in sede comunita-ria affinché tale denominazio-ne sia cancellata”.Al di là di considerazioni e interventi, la commissione Agricoltura della Camera, pre-sieduta da Paolo Russo, avvie-rà un’indagine parlamentare per acquisire elementi utili per difendere la qualità della Mozzarella di bufala Dop e dell’intera filiera.Tiriamo lo somme. Questa

volta si tratta di puro inganno che coinvolge ancora una volta il consumatore. L’articolo tre del disciplinare di produzio-ne della Mozzarella di Bufala Campana Dop detta: “…è prodotta esclusivamente con latte di bufala intero…”. La contraffazione è chiara, tra-disce lo stesso disciplinare di produzione che dovrebbe garantire la tracciabilità del prodotto.I marchi comunitari dop, sono una dimostrazione del rapporto molto stretto tra il prodotto agricolo e il ter-ritorio d’origine, nascono con anche l’intento di essere una forma di certificazione e garanzia bilaterale tra il con-sumatore e l’azienda produt-trice. Un legame che presup-pone la parola fiducia, perché alla base vi è una garanzia di certificazione di qualità che dovrebbe essere avallata dal consorzio corrispondente. Ma la diossina prima, il latte vac-cino ora, poi il Brunello con l’aggiunta di altro vino oltre al sangiovese sono fatti che incrinano la fiducia dei con-sumatori verso gli acquisti dei prodotti che dovrebbe essere portati sul mercato integri da ogni contraffazione, adulte-razione e falsificazione. Se i consorzi di tutela non eserci-tano la funzione di control-lo, inceppano il meccanismo di fiducia bilaterale (oltre ai

consumatori si danneggiano le ditte oneste), a cosa serve avere un marchio dop? Qual è, a questo punto, il vero vantaggio per il fruitore del prodotto dop?Per i consumatori domandar-si perché è avvenuta l’adulte-razione è più legittimo, ma le risposte ufficiali non sono ancora note anche se è plau-sibile ritenere che alla base di tale vicenda ci possano essere motivazioni di carattere economico considerato che il latte bufalino ha un costo superiore rispetto a quello vaccino. Quindi un’adultera-zione permetterebbe, a chi la pratica, di ottenere un ricavo maggiore dalle vendite.Alla chiusura di questo arti-colo sembra prospettarsi una cooperazione proficua grazie ad un’apertura del dialogo tra Mipaf e il CTMBC: “Durante i prossimi tre mesi, la col-laborazione tra il Comitato di garanzia e il Consorzio di tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop, ci per-metterà- afferma il Ministro Zaia- di individuare e pro-grammare un sistema più articolato ed efficiente di tutela e promozione di questo straordinario prodotto Made in Italy”.Ce lo auguriamo vivamente, perché è troppo tempo che una bufala tira l’altra.

Alice Lupi

Anche se la storia...