1-15/16-31 Ottobre 2008 - Anno XLV - NN. 41-42

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COPIA OMAGGIO La Piazza d’Italia In caso di mancato recapito restituire a Poste Roma Romanina per la restituzione al mittente previo addebito - TAXE PERCUE tass. riscoss Rom-Italy — Fondato da Turchi — www.lapiazzaditalia.it Oramai messo alle strette, sia dai sondaggi - che continuano a vedere un altissimo indice di gradimento dei cittadini nei confronti del Governo Berlusconi - sia dalle fazioni interne al PD che gli imputano il disastro prima elettorale e poi politico del centrosinistra, Veltroni cerca attraverso la mobilitazione popolare - con il soccorso dei mass media a lui vicini - di gettare fumo negli occhi degli Italiani ed azzittire e di rintuzzare il “fuoco amico”. E per raggiungere questi scopi prova tutto ed il contrario di tutto, dibattendosi per ogni dove senza costrutto o filo logico raggiungendo solo l’obiettivo di “invischiarsi” ancora di più in questa rete di errori ed idiozie politiche che non fanno altro che immobilizzarlo sempre di più. Infatti dopo aver fatto male i conti prima col caso rifiuti in Campania ha ripetuto la prova nel caso Alitalia-Cai, nella quale circostanza ha prima bollato come inesistente la cordata di imprenditori e finanziatori italiani- definendola solo propaganda elettorale di Berlusconi - per poi tentare di appropriarsi politicamente dell’iniziativa dopo che era parso chiaro a tutti che essa era destinata al successo nonostante i tentativi di CGIL ed autonomi di far saltare l’intesa per mere trame politiche dallo stesso Veltroni orchestrate. In seguito visto che anche due dei soliti cavalli di battaglia della sinistra italiana erano risultati poco più che dei ronzini azzoppati - ci riferiamo alle solite polemiche sulla ripresa di uno strisciante razzismo in Italia dopo la vittoria elettorale di Berlusconi e alle consuete dispute settembrine, anzi “ottosettembrine”, sulla resistenza e la Repubblica Sociale - l’ex sindaco della Capitale non ha trovato altro di meglio da fare, che montare sull’alato destriero delle manifestazioni popolari di piazza per cercare di recuperare il distacco in termini di consensi che lo separa dal Cavaliere. Ma anche in questo caso per non essere disarcionato ma Letto a tre piazze Attraverso l'uso delle manifestazioni Veltroni vuol tentare di uscire dall'angolo in cui si è infilato Il Veltroni che non ti aspetti , in versione talebano rosso, ha ini- ziato un’opera di restyling del suo sfortunato “look”politico. Infatti, smessi in armadio gli abiti - o i travestimenti? - del politico buonista, Veltroni ha indossato le vesti del guerriero senza macchia e senza paura, pronto ad affrontare la “guerra santa” rappresentata dalla mani- festazione in piazza contro il go- verno Berlusconi del 25 ottobre prima e delle elezioni europee del 2009 poi. Ma quali sono state le cause che hanno prodotto questo stravol- gimento nel comportamento politico dell’ex primo cittadino della capitale? E quali saranno i risultati del cambiamento della linea politica veltroniana? Ma andiamo per ordine, analizzan- do innanzi tutto le cause. La prima senza ombra di dubbio è stata la tremenda sconfitta alle elezioni politiche della scorsa primavera che è stata per intero accollata proprio a Veltroni. Lui ha dettato la linea politica e le tematiche della campagna elet- torale, lui ha scelto gli uomini da buttare in prima fila e sem- pre lui ha fortemente voluto l’accelerazione che ha “costret- to” il neonato PD a rifiutare l’alleanza con i partiti della sini- stra radicale e a stringere il patto d’acciaio-rivelatosi alla fine di latta- con l’IdV di Di Pietro. La strategia veltroniana ha portato, in definitiva, il Partito Demo- cratico a veleggiare intorno al 30% dei condensi: un risultato evidentemente scadente. Seconda causa la striscian- te fronda interna che frange sempre più consistenti di ex popolari, prodiani e dalemiani stanno cercando di condurre in porto per cercare di togliere di mezzo un Veltroni sempre più ingombrante, dopo che ha monopolizzato - quasi blindato - tutto l’apparato organizzativo e politico del PD. Terza causa dell’involuzione di Walter è il tentativo di frenare la tracotanza dell’ex alleato Di Pietro che spesso più che attac- care e mettere in difficoltà il Pri- mo Ministro Berlusconi, tenta Un aggiornamento integralista per il capo dell'opposizione Ricco, continuamente aggiornato: arriva finalmente sul web il nuovo punto di riferimento per i giovani e per un nuovo modo di fare politica in Italia Una Piazza di confronto aperta al dibattito su tutti i temi dell’agenda politica e sociale per valorizzare nuove idee e nuovi contenuti www.lapiazzaditalia.it La Piazza d’Italia Per la vostra pubblicità telefonare allo 800.574.727 Repubblica federale d'Italia Vi abbiamo venduti ECONOMIA — a pagina 6— — a pagina 4— APPROFONDIMENTI L'ecologia fallita di FRANZ TURCHI Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L27/02/2004 num. 46) art. 1 - DCB-Roma 1-15/16-31 Ottobre 2008 - Anno XLV - NN. 41-42 0,25 (Quindicinale) Il Verde in Europa ha funzionato tanto che alla fine è fallito. Perché iniziò così? Perché è la realtà dei fatti, in quanto ormai l’Europa ha capito il movimento a tutela del verde e dell’ambiente in generale ed ha dato, in modo lento ma inequivocabile, la sua risposta: devono scomparire, come forza politica. Le politiche di tutela del territorio sono state portate avanti tramite progetti europei (tutte le linee di credito di 60 mld di Euro circa, annuali, per l’agricoltura tutelano l’ambiente) e non c’è normativa importante o meno che non riporti la frase “a tutela del nostro territorio…“ Ma questo tipo di approccio non ha prodotto risultati eccezionali, ma anzi, quando i movimenti verdi si sono ritrovati a ricoprire ruoli di governo, vedi in Italia, il loro estremismo nel chiudere le discariche (e nel negare i termovalorizzatori), ha portato i rifiuti in mezzo alla strada, e difficile ora sarà riportare il tutto alla normalità. Altro caso evidente, oltre a Napoli, è il risultato del cambio di opinione della gente nell’approccio al nucleare: nel 1987 un referendum sancì la scomparsa del nucleare in Italia, dopo una campagna elettorale dura ed estremista, nel 2008 il 62% degli Italiani vuole il nucleare in Italiane la trova una fonte di energia pulita e sicura. Che differenza in 20 anni, ma simbolica della politica sbagliata, fatta da questi movimenti. Pensiamo al problema sia del riscaldamento globale della Terra, dovuto all’inquinamento e a quale sia la soluzione di tutto: secondo gli Europei sarebbe il protocollo di Kyoto. L’effetto di questo protocollo che oltre ad aver messo in fila tutte le nazioni europee, per quanto con una notevole ed importante procedura, è stato pari a zero. L’inquinamento delle nostre città del Vecchio Continente aumenta a dismisura e si fa a gara per scaricare su qualcuno le colpe di tutto quanto. Infatti, la politica ambientale durante gli ultimi anni, sull’orlo della speculazione politica dei singoli movimenti Verdi Europei, presenti in ogni stato, ha provocato ad esempio, slittamenti sia nei tempi che nelle erogazioni economiche dei molteplici piani per la realizzazione delle “Grandi Opere”. Nella nostra Europa, tali grandi opere come l’alta velocità dei treni, il raddoppio delle corsie autostradali, l’allargamento degli aeroporti attuali e apertura di nuovi porti marini è fondamentale per la nostra economia e per il futuro stesso dell’Europa a livello occupazionale e di mercato. Basti immaginare che questi piani dal nome TEN (Trans European Network) sono stati costituiti all’epoca della presidenza Delors (anni ’80) e, ad oggi, 2008, non vedono né la fine nè soprattutto la cantierabilità di altre opere nel prossimo immediato futuro e parliamo di programmi di 10/12 mld di euro nel loro complesso. Senza contare che la stessa politica dei verdi ha creato dei danni enormi all’agricoltura nostrana, in tutti i settori (dalla produzione alla distribuzione) con un insieme di normative e di leggi capestro che Abb. sostenitore da 1000 - Abb. annuale 500 - Abb. semestrale 250 - Num. arr. doppio prezzo di copertina A pagina 2 A pagina 3 Walter 2.0 Segue nella seconda

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Letto a tre piazze. Attraverso l'uso delle manifestazioni Veltroni vuol tentare di uscire dall'angolo in cui si è infilato. - Ottobre 2008 LA PIAZZA D'ITALIA - www.lapiazzaditalia.it - fondato da Franz Turchi 1-15/16-31 Ottobre 2008 - Anno XLV - NN. 41-42 € 0,25 (Quindicinale)

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Oramai messo alle strette, sia dai sondaggi - che continuano a vedere un altissimo indice di gradimento dei cittadini nei confronti del Governo Berlusconi - sia dalle fazioni interne al PD che gli imputano il disastro prima elettorale e poi politico del centrosinistra, Veltroni cerca attraverso la mobilitazione popolare - con il soccorso dei mass media a lui vicini - di gettare fumo negli

occhi degli Italiani ed azzittire e di rintuzzare il “fuoco amico”.E per raggiungere questi scopi prova tutto ed il contrario di tutto, dibattendosi per ogni dove senza costrutto o filo logico raggiungendo solo l’obiettivo di “invischiarsi” ancora di più in questa rete di errori ed idiozie politiche che non fanno altro che immobilizzarlo sempre di più. Infatti dopo aver fatto male i conti prima col caso

rifiuti in Campania ha ripetuto la prova nel caso Alitalia-Cai, nella quale circostanza ha prima bollato come inesistente la cordata di imprenditori e finanziatori italiani- definendola solo propaganda elettorale di Berlusconi - per poi tentare di appropriarsi politicamente dell’iniziativa dopo che era parso chiaro a tutti che essa era destinata al successo nonostante i tentativi di CGIL ed autonomi

di far saltare l’intesa per mere trame politiche dallo stesso Veltroni orchestrate.In seguito visto che anche due dei soliti cavalli di battaglia della sinistra italiana erano risultati poco più che dei ronzini azzoppati - ci riferiamo alle solite polemiche sulla ripresa di uno strisciante razzismo in Italia dopo la vittoria elettorale di Berlusconi e alle consuete dispute settembrine,

anzi “ottosettembrine”, sulla resistenza e la Repubblica Sociale - l’ex sindaco della Capitale non ha trovato altro di meglio da fare, che montare sull’alato destriero delle manifestazioni popolari di piazza per cercare di recuperare il distacco in termini di consensi che lo separa dal Cavaliere. Ma anche in questo caso per non essere disarcionato ma

Letto a tre piazzeAttraverso l'uso delle manifestazioni Veltroni vuol tentare di uscire dall'angolo in cui si è infilato

Il Veltroni che non ti aspetti , in versione talebano rosso, ha ini-ziato un’opera di restyling del suo sfortunato “look”politico.Infatti, smessi in armadio gli abiti - o i travestimenti? - del politico buonista, Veltroni ha indossato le vesti del guerriero senza macchia e senza paura, pronto ad affrontare la “guerra santa” rappresentata dalla mani-festazione in piazza contro il go-verno Berlusconi del 25 ottobre prima e delle elezioni europee del 2009 poi.Ma quali sono state le cause che hanno prodotto questo stravol-gimento nel comportamento politico dell’ex primo cittadino della capitale? E quali saranno i risultati del cambiamento della

linea politica veltroniana? Ma andiamo per ordine, analizzan-do innanzi tutto le cause.La prima senza ombra di dubbio è stata la tremenda sconfitta alle elezioni politiche della scorsa primavera che è stata per intero accollata proprio a Veltroni. Lui ha dettato la linea politica e le tematiche della campagna elet-torale, lui ha scelto gli uomini da buttare in prima fila e sem-pre lui ha fortemente voluto l’accelerazione che ha “costret-to” il neonato PD a rifiutare l’alleanza con i partiti della sini-stra radicale e a stringere il patto d’acciaio-rivelatosi alla fine di latta- con l’IdV di Di Pietro. La strategia veltroniana ha portato, in definitiva, il Partito Demo-

cratico a veleggiare intorno al 30% dei condensi: un risultato evidentemente scadente.Seconda causa la striscian-te fronda interna che frange sempre più consistenti di ex popolari, prodiani e dalemiani stanno cercando di condurre in porto per cercare di togliere di mezzo un Veltroni sempre più ingombrante, dopo che ha monopolizzato - quasi blindato - tutto l’apparato organizzativo e politico del PD.Terza causa dell’involuzione di Walter è il tentativo di frenare la tracotanza dell’ex alleato Di Pietro che spesso più che attac-care e mettere in difficoltà il Pri-mo Ministro Berlusconi, tenta

Un aggiornamento integralista per il capo dell'opposizione

Ricco, continuamente aggiornato: arriva finalmente sul web il nuovo punto

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Il Verde in Europa ha funzionato tanto che alla fine è fallito.Perché iniziò così? Perché è la realtà dei fatti, in quanto ormai l’Europa ha capito il movimento atutela del verde e dell’ambiente in generale ed ha dato, in modo lento ma inequivocabile, la sua risposta: devono scomparire, come forza politica.Le politiche di tutela del territorio sono state portate avanti tramite progetti europei (tutte le linee di credito di 60 mld di Euro circa, annuali, per l’agricoltura tutelano l’ambiente) e non c’è normativa importante o meno che non riporti la frase “a tutela del nostro territorio…“Ma questo tipo di approccio non ha prodotto risultati eccezionali, ma anzi, quando i movimenti verdi si sono ritrovati a ricoprire ruoli di governo, vedi in Italia, il loro estremismo nel chiudere le discariche (e nel negare i termovalorizzatori), ha portato i rifiuti in mezzo alla strada, e difficile ora sarà riportare il tutto alla normalità.Altro caso evidente, oltre a Napoli, è il risultato del cambio di opinione della gente nell’approccio al nucleare: nel 1987 un referendum sancì la scomparsa del nucleare in Italia, dopo una campagna elettorale dura ed estremista, nel 2008 il 62% degli Italiani vuole il nucleare in Italiane la trova una fonte di energia pulita e sicura.Che differenza in 20 anni, ma simbolica della politica sbagliata, fatta da questi movimenti.Pensiamo al problema sia del riscaldamento globale della Terra, dovuto all’inquinamento e a quale sia la soluzione di tutto: secondo gli Europei sarebbe il protocollo di Kyoto.L’effetto di questo protocollo che oltre ad aver messo in fila tutte le nazioni europee, per quanto con una notevole ed importante procedura, è stato pari a zero.L’inquinamento delle nostre città del Vecchio Continente aumenta a dismisura e si fa a gara per scaricare su qualcuno le colpe di tutto quanto.Infatti, la politica ambientale durante gli ultimi anni, sull’orlo della speculazione politica dei singoli movimenti Verdi Europei, presenti in ogni stato, ha provocato ad esempio, slittamenti sia nei tempi che nelle erogazioni economiche dei molteplici piani per la realizzazione delle “Grandi Opere”.Nella nostra Europa, tali grandi opere come l’alta velocità dei treni, il raddoppio delle corsie autostradali, l’allargamento degli aeroporti attuali e apertura di nuovi porti marini è fondamentale per la nostra economia e per il futuro stesso dell’Europa a livello occupazionale e di mercato.Basti immaginare che questi piani dal nome TEN (Trans European Network) sono stati costituiti all’epoca della presidenza Delors (anni ’80) e, ad oggi, 2008, non vedono né la fine nè soprattutto la cantierabilità di altre opere nel prossimo immediato futuro e parliamo di programmi di 10/12 mld di euro nel loro complesso.Senza contare che la stessa politica dei verdi ha creato dei danni enormi all’agricoltura nostrana, in tutti i settori (dalla produzione alla distribuzione) con un insieme di normative e di leggi capestro che

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La Piazza D’Italia - Interni

Letto a tre piazze

La Piazza d’Italiafondato da TURCHI

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Luigi TurchiDirettore

Franz Turchico-Direttore

Lucio VetrellaDirettore Responsabile

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Registrato al tribunale di Roma n.9111 - 12 marzo 1963

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Manoscritti e foto anche non pubblicati, e libri anche non recensiti, non si restituiscono. Cod. ISSN 1722-120X

Stampa: EUROSTAMPE s.r.l.Via Emilia, 43 - 00187 Roma

FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI GIUGNO 2008

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Un aggiornamento integralista per il capo dell'opposizione

di costringere all’angolo con le sue “sparate” il segretario dei Democratici a cui eviden-temente ha intenzione di to-

gliere ulteriori voti e consensi in vista delle prossime tornate elettorali europee ed ammini-strative. Quarta ed ultima causa della rinnovata vis polemica - sor-prendente per i più dato il per-sonaggio in questione aduso a tenere sempre un profilo buo-nista- è l’altissimo gradimento di cui gode il Primo Ministro Berlusconi - più del 55% degli italiani intervistati sono sod-disfatti della maggioranza di centro destra - grazie ai provve-dimenti presi in questo primo scorcio di legislatura riguardo il caso rifiuti a Napoli, l’Ali-talia, il taglio dell’Ici, la lotta ai fannulloni nella Pubblica Amministrazione o la stretta attuata dal Ministero degli In-terni per combattere il diffuso senso di insicurezza che perva-de i cittadini.Ed è a questo punto che visto-si accerchiato da destra e da sinistra , dall’esterno e dall’in-terno - in verità più dal “fuoco amico” che da altro - Veltroni si è tolto la maschera buonista , gli abiti del “ma-anchista” che per tanti anni ha indossato da Sindaco di Roma e durante la campagna elettorale, e si è tra-sformato - o per lo meno tenta - di trasformarsi in un com-battente. Insomma il re del cerchiobbotismo, della moglie ubriaca e della botte piena giu-

sto per rimanere in tema, ha iniziato a cannoneggiare(sic!) i nemici per spezzare l’accer-chiamento a tenaglia a cui era sottoposto.Ai nemici della sinistra radicale ha confermato la sua intenzio-ne- fino a quando non è lecito sapere- di chiusura completa resistendo nel contempo sul fronte interno contro dale-miani, prodiani e compagnia piangente arroccandosi sulla posizione del “dopo di me il diluvio”: in più ha rilanciato la posta come un consumato gio-catore di poker programmando la manifestazione popolare del prossimo 25 ottobre a Roma, per protestare contro il Gover-no Berlusconi ed obbligando quindi tutto l’apparato del PD a seguirlo per questa perigliosa china.Nella settimana appena tra-scorsa si è poi “dedicato” a bastonare il suo ex alleato Di Pietro, il quale aveva attaccato il Presidente della Repubblica reo secondo l’ex PM di “mani pulite” di essere troppo morbi-do nei confronti del Cavaliere riguardo i ritardi per l’elezione di un giudice della Corte Costi-tuzionale e per i continui rinvii per la nomina del Presidente della commissione di Vigilan-za della Rai. Napolitano - per il fondatore dell’IDV - avrebbe dovuto assumere iniziative più

incisive contro il Cavaliere an-dando oltre la “moral suasion” applicata sino ad oggi. Veltroni ha quindi difeso il Capo del-lo Stato - difensore e custode imparziale della Costituzione - bollando gli attacchi di Di Pie-tro come ciechi e strumentali. Ma è contro Berlusconi ed il suo Governo che, oramai da settimane, Veltroni sta dando il meglio del peggio attraverso vere e proprie “fatwe” demo-nizzatrici.Il Primo ministro secondo la sua nuova tattica non è niente altro che un’anomalia demo-cratica, un “putinista” da stra-pazzo che oltre a non conosce-re la Costituzione e farsene di continuo beffa è un racconta balle e che non avrebbe i re-quisiti, un domani,per ricopri-re la carica di Presidente della Repubblica. Di più: l’Italia col centrodestra - causa prima del-la crisi economica (bum!) - sul-la plancia di comando sarebbe diventato uno stato razzista e reazionario. Inoltre solo grazie al Suo intervento- che non cre-deva neppure all’esistenza della CAI in periodo di campagna elettorale- si è risolto il braccio di ferro tra cordata per il salva-taggio di Alitalia e i sindacati. La tattica è chiara: avvelena-re i pozzi per far saltare ogni tentativo di “appeasement” tra maggioranza ed opposizione

riguardo le riforme istituziona-li da mettere al più presto in cantiere, al fine di restare più tempo possibile al comando del PD aspettando che il ven-to cambi. La stessa spudorata tattica usata cioè da Prodi per tentare di far fuori - riuscen-dovi - lo stesso Veltroni al momento in cui si preparava la campagna elettorale dello scorso Aprile.Esacerbare gli animi per ri-prendere a Di Pietro e Sinistra radicale i voti degli anti-berlu-sconiani “duri e puri”, chiude-re a intese tra centrodestra e dalemiani . Anche spingendo il sindacato di riferimento del PD, la CGIL, a scelte assurde e antitetiche - oltre che antisto-riche - rispetto a Cisl e Uil - come nel caso Alitalia o ancora più recentemente riguardo la revisione del metodo del mo-dello contrattuale con Con-findustria per poi , dopo una rapida marcia indietro, rifarsi - grazie anche ad alcuni mass media suoi manutengoli- una nuova aura da “mediatore”agli occhi degli italiani.Vedremo alla manifestazione del 25 ottobre se tali comporta-menti e argomentazioni avran-no avuto presa sugli italiani o se avrà avuto ragione Enrico Letta dei Democratici ad affer-mare che l’anti-berlusconismo non farà vincere il PD.

Attraverso l'uso delle manifestazioni Veltroni vuol tentare di uscire dall'angolo in cui si è infilato

per informazioni e abbonamenti chiamare il numero verde:

Dalla Prima

anche solo per montare in sella ha dovuto esibirsi in capriole e numeri da circense - anzi “ma-anchista” - consumato. La genesi della manifestazione svoltasi a Roma in queste ore è stata significativa della tempesta che alligna nelle menti del povero Walter e dei suoi più fidati stallieri, pardon,scudieri.In primo luogo essa si sarebbe dovuta svolgere per dimostrare al Governo che senza il PD, il Paese non si Governa, soprattutto - questa era la prima lettura della manifestazione - bisognava che l’Italia intera vedesse di quale immensa forza Veltroni potesse disporre e da che parte veramente fossero schierati i cittadini. Di più. La preparazione all’evento era accompagnata dalla petizione popolare estiva che accusava il neo-governo Berlusconi di tutte le nefandezze possibili ed immaginabili. Della petizione però se ne sono perse le tracce anche perché importanti esponenti del PD- D’Alema, Cacciari, Bassolino, Bresso, Chiamparino..- non ne erano propriamente entusiasti, e non solo della petizione.Col finire dell’estate poi - arrivata la profonda crisi finanziaria mondiale e i dati dei sondaggi popolari che vedevano l’indice di gradimento riguardo le politiche adottate dal Presidente del Consiglio addirittura ben oltre il 55% - era passata per la mente del segretario del PD di annullare la dimostrazione di

piazza con la scusa che appunto in momenti di crisi sarebbe stato più utile per l’intero Paese stringersi intorno al Governo. Ma evidentemente tale pensiero è durato solo l’arco di un baleno, tanto che in vista del 25 ottobre, ha infervorato l’animo delle proprie truppe attaccando a testa bassa tutti quelli che era possibile attaccare.Berlusconi era stato definito, un Putin “in pectore”, che si faceva beffe delle elementari regole della democrazia ed il suo un Governo autoritario che oltretutto non si degnava di discutere di alcunché con l’opposizione. A parte il fatto che essere definiti dittatori sprezzanti della democrazia o dei papponi (come sostenuto qualche mese fa da Di Pietro nei confronti di Berlusconi), oppure non degnarsi di usare il nome dell’avversario politico per tutta la durata della campagna elettorale (come ha fatto Veltroni con Berlusconi), essere tacciati di essere biechi razzisti (il PD nei confronti di Maroni e dei leghisti), o financo “energumeni tascabili” (D’Alema verso Brunetta) certo non è di aiuto ad intraprendere un qualunque dialogo.Ma non soddisfatto di aver assestato duri colpi “alle reni” del Cavaliere, poco meno di una settimana fa, ospite di Fabio Fazio su Rai 3 - alla faccia dei pochi minuti concessi alle opposizioni dalle tv di Stato a Veltroni è mancata solo “la prova del Cuoco” per

pubblicizzare la manifestazione del Circo Massimo - l’ex sindaco di Roma ha incolpato l’iDV di aver strappato l’alleanza col Pd e di essere inoltre un partito che su alcuni temi è lontano dall’alfabeto democratico del PD. Ma al solito - viste anche le reazioni di Di Pietro che ha definito Veltroni un “collaborazionista” di Berlusconi e che il PD è inesistente in quanto l’unico partito che fa opposizione è l’IDV - e la paura di fare un flop nella sua Roma ha sotterrato rapidamente e bravamente l’ascia di guerra.Ha quindi invitato il Partito di Di Pietro e tutti gli studenti in agitazione per il decreto Gelmini a partecipare alla manifestazione - viste le piazze riempite questo autunno da liceali, universitari e Dipietristi oltre che dalla CGIL - per poi annunciare, subito smentito dai centristi, pure la presenza dell’UDC oltre che di Socialisti e Verdi(sic!)al fine di raggruppare più persone possibile.E come succede sempre in questi casi gli organizzatori hanno iniziato a dare i numeri al lotto: un milione di partecipanti, no due, anzi due e mezzo (bum!). Come facciano poi ad entrare due milioni e mezzo di persone al Circo Massimo e per le strade vicine - praticamente un’altra Roma - sinceramente è un mistero che solo i fisici del Cern di Ginevra, forse, sono in grado di chiarire. Il fatto evidentemente si spiega con la

particolare abilità a maneggiare i numeri - ne ha avuto la prova tangibile il Sindaco Alemanno quando ha deciso di vederci chiaro nei bilanci della Capitale amministrata dal centro sinistra da oltre un decennio - posseduta dai consiglieri romani di Veltroni.Oltre ai soliti slogan triti e ritriti, ai soliti sconosciuti rappresentanti della società civile fatti salire sul palco, si sono sentiti gli stessi insulti rivolti da mesi a Berlusconi: per Veltroni il Cavaliere ed i suoi ministri sono, oltre che mentitori ed ingannatori cronici, inadeguati a reggere la sfida con la crisi economica mondiale. Ha poi continuato ringraziando Prodi che pensava al Paese e non a se stesso: infatti a rispedirlo a Bologna ci ha pensato prima il Pd che il popolo sovrano come era giusto che fosse. Proseguendo ha ribadito che le banche devono rimanere indipendenti dalla politica: chissà se a Fassino sono fischiate le orecchie? Secondo Franceschini invece, il Premier è patetico ed impaurito di fronte alla grande manifestazione del PD, che servirà soprattutto a saldare di nuovo l’alleanza con Di Pietro - e l’alfabeto democratico diverso tra IDV e PD dove è finito? - e anche con il resto della sinistra: Rifondazione nicchia, però al corteo ci sono almeno i Verdi, più sbiaditi del solito in verità.A noi piace segnalare solo la stretta di mano tra Veltroni e

D’Alema - eterni fratelli coltelli che nemmeno in questi mesi hanno avuto il coraggio ed il pudore di risolvere il loro braccio di ferro decennale - e l’abbraccio con Di Pietro: ahi ahi ahi Tonino, “che ci azzecca” gettare le braccia al collo dei collaborazionisti?.Le conclusioni? Semplici. Da dove era partita la vecchia - e trapassata - Unione ulivista - è ritornato il PD: a cercare accordi improbabili all’interno tra margheritini, popolari, prodiani, dalemiani e rutelliani, all’esterno con sinistra estrema, populisti dell’IDV, verdi, socialisti, ecc ecc. Si sa, c’è sempre un elezione alle porte e bisogna darsi una mano tutti insieme. Ma d’altronde da un’opposizione a 3 piazze - Dipietrista, sindacalista e sinistrorsa - cosa ci si poteva aspettare di meglio se non un’ammucchiata?Dopo questo 25 ottobre, la stragrande maggioranza degli Italiani ha mandato un sospiro di sollievo pensando al pericolo corso in Aprile in occasione delle scorse elezioni politiche al solo pensiero che a vincere fosse stato Veltroni ed il suo caravanserraglio. Tutti coloro che hanno veramente a cuore le sorti dell’Italia non possono che unirsi ,per una volta tanto, al Sindaco di Venezia, Cacciari,il quale a chi gli chiedeva un parere riguardo il corteo veltroniano ha risposto candidamente con un “non me ne frega niente”.

Giuliano Leo

Walter 2.0

nulla hanno portato all’ambiente, ma solo vincoli sia ai produttori, sia al mercato:ad esempio le normative “ambientali” sulle grandezze delle castagne o delle nocciole; le normative riguardo alla grandezza ed alla tipologia dei limoni per poterli chiamare doc o anche, alle normative sui prodotti derivati dall’olio, che talmente sono stati restrittivi che hanno fatto sì di allontanare in intere regioni (come la Puglia, Calabria, Campania e Basilicata) la produzione con la conseguenza di far lievitare il prezzo al consumatore senza parlare del danno al territorio in generale con l’abbandono della coltura.Ma non è finita qui: pensiamo ad esempio alle “grandi” per modo di dire, battaglie fatte dai verdi sull’energia in Italia o nei piani europei in generale, e si scoprirà tutto ad un tratto che a causa dei loro divieti (NO al nucleare, ad esempio), l’Europa, ad oggi, è rimasta ancora a totale dipendenza o delle riserve naturali (combustibili) dell’Arabia Saudita, e paesi limitrofi o della Russia, ad esempio per il gas.Tutto questo, facendo sì di aumentare i costi della produzione a causa dei costi dell’energia comprata da fuori, senza parlare del blocco degli investimenti per quello che riguarda iniziative energetiche ma anche portando un’iniziativa curiosa , quanto mai inconciliabile dei cosiddetti certificati verdi, cioè di quei certificati (fra i 95 e i 110 euro), che certificano la produzione di combustibile verde o biocombustibile e che danno la possibilità di ricevere soldi dalla UE per tale certificazione, quali l’alterazione della concorrenza, il finanziamento a pioggia solo per avere una dichiarazione “verde” sull’energia.Vogliamo poi aggiungere a questi settori anche quello industriale che, con queste normative prodotte in modo puramente velleitario non hanno procurato altro risultato che la diminuzione della produzione industriale.Infatti i grandi obiettivi dei verdi nel dare delle date entro il 2010 o il 2020 per quanto riguarda le riduzioni in tutti i settori industriali dei livelli di inquinamento, sono andate fallite, o meglio, sono rimaste sulla carta, tale per cui oggi ci troviamo a dire che l’Italia e altri 9 paesi europei dei 27 si oppongono, ad esempio, alle nuove normative sull’ambiente (riduzione gas, raccolta differenziata, stoccaggio,ecc..), quali non sostenibili economicamente dalle industrie di questi stati, né, soprattutto, impossibili da realizzare in termini di tempistiche (5 /10 anni).L’entusiasmo verde ha comportato, ad esempio, lunghe discussioni e tempi “morti”(5 anni), per realizzare una normativa sulla purezza dell’acqua in Europa.I verdi, infatti, sostenevano il principio che l’acqua dal nord (Irlanda) al sud (Spagna, Grecia, Italia), doveva avere uno standard di valori uguale.I modelli presi erano i valori del Nord, risultato ottenuto: 5 anni di trattative per una normativa con standard disattesi da tutti gli stati del centro-sud europeo, perché è impossibile arrivare a quanto viene richiesto dai “Verdi”, nel modificare i valori richiesti , a meno di intervenire nelle nostre sorgive, nei nostri fiumi, nei nostri laghi, con le modalità di un sabotaggio.Altro ed ultimo esempio concreto, la scelta dell’Europa di investire nelle energie alternative: nel 2010 dovremmo (secondo i burocrati di Bruxelles) stare su percentuali del 40% e ancora nel 2020 a sorpassare il 60%.Risultato ad oggi: forse l’8%, quindi incredibile come autogol; inoltre i prezzi della benzina che aumentano e le famiglie che non ce la fanno ,e quindi la reazione verso i Verdi sarà sempre più aggressiva.Credo che tutto quanto possa servire agli USA per capire non ciò che si deve fare, ma ciò che NON si deve fare se si vuole sostenere una buona ed efficace politica a tutela dell’ambiente.

Dalla prima

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AGVLA RIVOLUZIONE NELL’ALTISSIMA VELOCITÀ

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Dopo anni di discussioni, li-tigi, strappi ed anche un refe-rendum che ha fatto “abortire” un primo tentativo di siste-mazione strutturale in senso federalista delle istituzioni della Repubblica italiana fi-nalmente agli inizi di Ottobre il Consiglio dei Ministri del Governo Berlusconi ha dato la luce verde ad un Disegno di Legge che stabilisce per la pri-ma volta come concretamente responsabilizzare le spese degli enti locali .Ma vediamo cosa prevede in “soldoni”il provvedimento appena licenziato dal CdM e che quanto prima approderà in Parlamento per essere di-scusso e ulteriormente modi-ficato.Innanzi tutto annuncia la cre-azione di una Commissione Paritetica che sarà un po’ la “stanza dei bottoni” che avrà il compito di riformare l’ordina-mento finanziario di Comuni, Provincie, città metropolitane e Regioni attuando quindi l’articolo 119 della Costitu-zione, in verità mai applicato nella sua interezza. Ci sarà poi una Conferenza permanente che monitorerà se gli obietti-vi di finanza pubblica definiti dai vari enti saranno raggiunti

ed inoltre tale “istituzione” si preoccuperà che sia utilizzato correttamente il fondo pere-quativo. Ma da dove gli enti locali prenderanno i danari necessa-ri per far funzionare la mac-china amministrativa e dare servizi ai cittadini? Oltre a tri-buti propri la riforma prevede che parte dell’Irpef, Irap e Iva rimanga nelle casse regiona-li con la possibilità inoltre di reperire ulteriori fondi – ad esempio per costruire opere pubbliche- attraverso l’isti-tuzione di tasse di scopo . Il disegno di legge stabilisce che inoltre non ci potrà più essere una riedizione della famige-rata Ici, appena abolita, e che gli amministratori degli enti pubblici che avranno i conti in rosso non potranno più es-sere rieletti: ciò al fine di ren-dere autonomi e responsabi-lizzare finanziariamente i così detti “centri di spesa” riguar-do una maggiore trasparenza finanziaria e gestionale nei confronti dei cittadini, che in questo modo potranno vedere direttamente sulle proprie ta-sche se i politici che ammini-strano determinati enti locali lavorano più o meno bene. Gli enti locali, infine, hanno

piena autonomia per fissare le tariffe per prestazioni o servizi. Il provvedimento approvato dopo circa un’ora e mezzo di discussione dal Consiglio dei Ministri prevede che i territo-ri con minore capacità fiscale per abitante possano integra-re i fondi a loro disposizione attraverso l’utilizzo del fondo perequativo.Esso sarà lo strumento mate-riale attraverso il quale lo Sta-to provvederà a compensare il gap tra le Regioni più ricche e quelle più povere e sarà costi-tuito da una parte dell’Irpef, Irap ed Iva che appunto i ter-ritori più sviluppati economi-camente verseranno in unico calderone da cui poi le zone più depresse economicamente potranno attingere in propor-zione a parametri preordinati ancora da stabilire.Tra i 22 articoli che la DDL prevede c’è anche quello che istituisce le così dette “città”metropolitane - Roma, Milano, Napoli, Torino, Ge-nova, Firenze, Bologna, Vene-zia e Bari - che avranno una più ampia autonomia finan-ziaria grazie ad una legge dello Stato che assicurerà loro tri-buti ed entrate proprie diverse da quelle assegnate a tutti gli

altri Comuni d’Italia.E’ stato poi previsto con un altro provvedimento ad hoc l’istituzione di fondi partico-lari per la città di Roma - il così detto articolo di “Roma capitale” - che appunto for-nisce all’Amministrazione dell’Urbe 500 milioni di euro aggiuntivi di finanziamento.Appena approvato dal Par-lamento tale DDL, occorre-ranno - come d’accordo preso tra Governo e la conferenza delle Regioni - non meno di 5 anni di transizione per passare dall’attuale modello a quello previsto appunto dal nuovo provvedimento legislativo.Logicamente ben diverse sono state le reazioni e i commenti dei diversi schieramenti poli-tici all’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del Governo guidato da Silvio Berlusconi del “federalismo fiscale”.Infatti si passa come ovvio dalle dichiarazione soddisfatte dei Leghista Calderoli, il quale afferma che finalmente ci sarà quell’autonomia di entrata e spesa degli enti locali che da sempre gli esponenti del Car-roccio- Bossi in testa- hanno sempre vagheggiato. Inoltre- sempre secondo il Ministro

delle Riforme- verrà interrotto il trasferimento di fondi dallo Stato ai territori senza una corretta valutazione dell’entità erogata e del suo reale utilizzo: in questa maniera subentrerà una gestione trasparente del-la cosa pubblica da parte dei politici e ci sarà finalmente per il cittadino la possibilità di verificare che i servizi corri-sposti dagli enti locali siano in linea con la quantità di tributi pagati dalla gente. Calderoli conclude con l’invito ai rap-presentanti degli enti locali e dell’opposizione parlamentare di centro sinistra a discutere di eventuali modifiche al te-sto poiché il federalismo non deve essere “calato” dall’alto ma il più possibile condiviso per essere il più funzionale possibile.Lo stesso Berlusconi al ter-mine del già citato CdM si è mostrato felice dichiarando che un altro mattone del pro-gramma di governo del PdL era stato aggiunto conferman-do che per il centro-destra quella del federalismo fiscale è una riforma importante che ha il compito di contribuire a cambiare la struttura del Paese che sarà reso- dopo l’approva-zione del DDL da parte delle

Camere- più efficiente. Secondo Ronchi - Ministro per le Politiche europee - con questa riforma che prevede meno sprechi e meno tasse l’Italia volterà pagina riuscen-do a colmare il gap che c’è tra i diversi territori.Di riforma storica parla inve-ce il Ministro del tesoro Tre-monti rimarcando il consenso generale che c’è tra le più alte istituzioni del Paese, le forze politiche e gli amministratori locali riguardo la necessità che il federalismo fiscale moder-nizzi il Paese. Vedremo tra qualche mese se tali inviti ad una comune condivisione dei contenuti di tale riforma da parte degli altri partiti politici e soggetti istituzionali verrà accolta e come.Intanto dal PD Bersani pro-pone la creazione di una commissione bicamerale per discutere del Federalismo, un modo come un altro di affos-sare sul nascere il tentativo in atto di rimettere in carreggiata l’Italia. Ma dopo tutto questo è quello che al centro sinistra riesce meglio fare: procrasti-nare le decisioni e protestare in piazza senza ogni costrutto contro tutto e tutti.

La Piazza D’Italia - Economia

BCE: monito sulla sostenibilità dei prezziIl tasso di inflazione si manterrà al di sopra del livello coerente con la stabilità dei prezzi

Nella riunione tenutasi il 4 settembre 2008 il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse di riferimento della BCE. Il tasso d'inflazione sui dodici mesi si manterrà pro-babilmente ben al di sopra del livello coerente con la stabilità dei prezzi per un periodo pro-lungato e che prevalgono i ri-schi al rialzo per la stabilità dei prezzi nel medio termine.In fondo però vi è una soste-nuta espansione della moneta che indica il perdurare di ri-schi al rialzo per la stabilità dei prezzi nel medio periodo. C'è da segnalare che a fronte di questa espansione vi è qual-che segnale di moderazione da parte del credito. Gli ultimi dati sugli andamenti econo-mici confermano anche il ral-lentamento del Pil in termini reali a metà anno, in parte riconducibile a una reazione tecnica attesa come conse-guenza della forte espansione nel primo trimestre, nonché agli effetti frenanti di fattori interni e su scala mondiale, fra i quali le ripercussioni dirette e indirette dei prezzi elevati delle materie prime.Il Consiglio direttivo rileva che il mantenimento della stabili-tà dei prezzi a medio termine costituisce l'obiettivo prima-rio e sottolinea la sua ferma determinazione a preservare il saldo ancoraggio delle aspetta-tive di inflazione in linea con la stabilità dei prezzi. In tal modo verrà salvaguardato il

potere di acquisto a medio ter-mine e si favoriranno la cresci-ta sostenibile e l'occupazione, l'attuale orientamento di po-litica monetaria contribuirà al raggiungimento dell'obiettivo della stabilità dei prezzi.In riferimento all'analisi eco-nomica, in base alla prima stima di Eurostat nel secondo trimestre del 2008 il Pil in termini reali dell'area dell'eu-ro ha registrato un calo dello 0,2% sul periodo precedente, dopo la forte crescita, pari allo 0,7%, del primo trimestre. I consumi privati sono dimi-nuiti dello 0,2% sul trimestre precedente, mentre gli inve-stimenti, che hanno eviden-ziato una chiara debolezza, si sono ridotti dell'1,2%. Sia le importazioni che le esporta-zioni dell'area dell'euro hanno mostrato una flessione dello 0,4%.L'attività economica dell'area dell'euro attraversa un mo-mento di debolezza caratte-rizzato da prezzi elevati delle materie prime che si ripercuo-tono sulla fiducia dei consu-matori e sulla domanda, non-ché dalla decelerazione degli investimenti.Ci si attende che a tale fase faccia seguito una graduale ri-presa, in particolare, se doves-se persistere, la diminuzione dei prezzi del petrolio rispetto al massimo registrato in luglio aiuterebbe a rafforzare il red-dito disponibile reale, mentre il livello di occupazione reste-rebbe elevato e il tasso di di-

soccupazione si manterrebbe storicamente basso. Inoltre, la crescita dell'economia mon-diale dovrebbe continuare a dare prova di relativa tenuta, beneficiando in particolare dell'espansione vigorosa delle economie emergenti, ciò sa-rebbe di sostegno alla doman-da esterna di beni e servizi prodotti nell'area dell'euro e quindi agli investimenti.Il Consiglio direttivo ritie-ne che allo stadio attuale tali prospettive per l'attività eco-nomica siano circondate da un grado di incertezza parti-colarmente elevato, e che, in generale, prevalgano rischi al ribasso. Questi ultimi deriva-no soprattutto da nuovi rin-cari dell'energia e dei prodotti alimentari, che potrebbero frenare i consumi e gli inve-stimenti.Inoltre, tali rischi seguitano ad essere connessi all'eventua-lità che le tensioni nei mercati finanziari abbiano ricadute sull'economia reale più nega-tive di quanto previsto al mo-mento. Infine, anche i possi-bili andamenti disordinati legati agli squilibri mondiali comportano rischi al ribasso per lo scenario relativo all'atti-vità economica, al pari dei ti-mori circa l'intensificarsi delle spinte protezionistiche.Per quanto concerne i prezzi, invece, dall'autunno scorso il tasso di inflazione sui dodici mesi risulta considerevolmen-te superiore al livello coerente con la stabilità dei prezzi; ad

agosto si sarebbe collocato al 3,8% secondo la stima Euro-stat, dopo il 4,0% di giugno e luglio. Questo preoccupante livello inflazionistico è am-piamente riconducibile agli effetti diretti e indiretti delle impennate dei prezzi dei beni energetici e alimentari regi-strate in passato su scala mon-diale. Negli ultimi trimestri si è osservata un'accelerazione dei salari, mentre la produt-tività del lavoro è rallentata, dando luogo a bruschi incre-menti del costo del lavoro per unità di prodotto.In prospettiva, sulla base dei prezzi corren-ti e dei con-tratti future per le mate-rie prime, è probabile che il tasso di in-flazione resti ne t tamente superiore a un livello co-erente con la stabilità dei prezzi per un perio-do piuttosto lungo e regi-stri soltanto una graduale moderazione nel corso del 2009.In partico-lare, vi sono fortissimi ti-mori che il manifestarsi

di effetti di secondo impat-to generalizzati nel processo di formazione dei salari e dei prezzi possa acuire in misura significativa le pressioni infla-zionistiche. Inoltre, i rischi al rialzo per la stabilità dei prezzi potrebbero essere aggravati da incrementi inattesi dei prezzi amministrati e delle imposte indirette.In sintesi, la verifica incrociata dei risultati dell'analisi eco-nomica con quelli dell'analisi monetaria conforta la valuta-zione secondo cui esistono ri-schi al rialzo per la stabilità dei prezzi a medio termine.

Lo scenario presente e futuro sicuramente non prevederà congiunture positive e favo-revoli allo sviluppo, soprat-tutto in termini di potere di acquisto e di investimenti. Se l'economia mondiale non ri-parte quella nazionale troverà maggiori difficoltà a sostenere crescita e sviluppo. Le dimensioni planetarie della crisi ormai incidono fortemen-te sulle economie nazionali perché la dinamica interna di-pende da quella esterna sia in termini di produttività che di consumo.

Avanzino Capponi

Repubblica Federale d'ItaliaIl governo Berlusconi si da 2 anni di tempo per far partire il federalismo fiscale

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A chi credere? E soprattutto cosa aspettarsi? Se lo doman-dano forse più gli osservatori internazionali che gli ameri-cani in attesa del voto del 4 novembre.I sondaggi, che ormai sono diventati il sale di ogni appas-sionante campagna elettorale, sembrano un’altalena impaz-zita che di volta in volta pre-mia l’uno o l’altro candidato. O meglio, riduce o aumenta il distacco che Barack Obama avrebbe ormai consolidato su John McCain, l’uomo dato comunque in eterna rincorsa sul rivale. Bastano poche no-tizie, piccoli colpi di scena, brevi dichiarazioni a spostare l’ago della bilancia e trasfor-mare il vantaggio del candi-dato democratico a volte in una lunga marcia trionfale, altre in un difficile ed incerto percorso a ostacoli.In realtà McCain ha sempre inseguito il rivale fino ad oggi, riguadagnando però terreno grazie alla convention repub-blicana e alla discesa in cam-po della vera novità di que-ste elezioni, la governatrice dell’Alaska Sarah Palin, scelta come running mate. Non un balzo in vanti significativo, ma comunque un messag-

gio chiaro ai democratici che credono di avere la vittoria già in tasca: in America all is possible, tutto è possibile. E il partito dell’asinello lo sa bene perché il passato offre uno spunto molto significati-vo che riporta con i piedi per terra, quello del 2004. Bush jr da un lato, il nuovo JFK, John Kerry, dall’altro. Proprio Kerry veniva indica-to come la nuova speranza, il nuovo corso di una politica americana basata sulla mo-derazione all’estero e sulla voglia di ricostruire il sogno americano all’interno del Paese. I sondaggi erano tutti per lui, l’avvocato del Mas-sachuttes che aveva ottenuto la nomination del partito già prima del super-martedì sba-ragliando la concorrenza (bei tempi per un partito che, solo 4 anni dopo, avrebbe dovuto fare i conti con le primarie più dilanianti della sua storia, combattute tra un afroameri-cano e una donna, ndr). Per molti sarebbe stato normale visto il crescente calo dei con-sensi verso Bush (che pagava di tasca propria l’interven-to militare in Afghanistan e quello in Iraq), e la difficile situazione economica (mai

paragonabile ovviamente a quella attuale) con la quale l’americano medio si trovava a dover fare i conti. Come Barack, anche John godeva dell’appoggio della stampa e come Obama così Kerry ri-scuoteva larghissima simpatia anche fuori dai confini nazio-nali. Basti ricordare una ricer-ca condotta in luglio e agosto del 2004 dall'University of Maryland e da GlobeScan su 34.330 persone in 35 nazio-ni: in 30 di questi 35 paesi, una maggioranza relativa o assoluta avrebbe preferito che il candidato democratico vincesse le ele-zioni. Kerry era nettamen-te preferito a Bush nelle nazioni euro-pee tradizio-nalmente alle-ate degli Stati Uniti come la N o r v e g i a (74% per Ker-ry, 7% per Bush), la Ger-mania (74% contro 10%), la Francia (64% contro

5%), i Paesi Bassi (63% con-tro 6%), l'Italia (58% contro 14%), la Spagna (45% contro 7%) e la Gran Bretagna (47% contro 16%). Risultati simili anche per altri alleati come il Giappone (43% contro 23%), il Messico (38% con-tro 18%), la Turchia (40% contro 25%) e il Sudafrica (43% contro 29%, fonte del sondaggio Wikipedia.org).Eppure in quelle presidenzia-li non solo Kerry perse per strada il suo consenso, ma Bush stabilì anche il record di voti, 62 milioni circa, cifra

mai raggiunta da un candi-dato alla presidenza e favo-rita soprattutto dall’altissima affluenza alle urne (come ci si attende che accada il prossimo 4 novembre con le folle oceaniche radunate da Obama in questi giorni). Risultato: il grande sogno democratico targato Kerry si sgonfiava, lasciando spazio a un processo interno al partito in cui molti si chiedevano se non fosse stato azzardato can-tar vittoria troppo presto. Una domanda che ancora oggi tra i democratici serpeg-

gia ma che, per scaramanzia, si evita di formulare sperando che, dopo Colin Powell, altre fiammate spingano in alto Obama e aumentino quel numero percentuale che lo distanzia da McCain. E che importa se sono solo ancora sondaggi e se tutto è ancora nelle mani del volubi-le elettorato: l’importante è dare un segnale vincente. Forse dimenticando troppo presto che il 4 novembre po-terebbe essere tutta un’altra musica.

Luca Moriconi

La Piazza D’Italia - Esteri

In quella parte del mondo in cui i mercati stanno facendo colare a picco le speranze per un futuro dignitoso, in cui il pessimismo sta riscrivendo le regole dei mercati, ha tenuto banco per poche ore il teatrino offerto dai due candidati alla Casa Bianca.Un secondo round che doveva più di ogni altra cosa riscattare l’opaca prestazione mediatica del primo, in cui entrambi i contendenti si sono dimostrati ingessati e poco propensi allo scambio.In parte così è stato: i due pre-tendenti alla carica di Presiden-te si sono affrontati a viso aper-to, interagendo tra loro e con il pubblico, selezionato tra gli indecisi con criteri rigorosi.Evidente che nei 90 minuti a disposizione gran parte del tempo dovesse essere dedica-to alla crisi (ormai una parola troppo delicata) finanziaria che dagli Stati Uniti ha contagiato le Borse di tutto il mondo.Le ricette non sono le stesse: Obama intende rilanciare i con-sumi riducendo le tasse al ceto medio non considerando che il problema, la falla sistemica che in questo ultimo anno ha mes-so in ginocchio l’economia per come la conosciamo, non rina-sce da una richiesta di beni da parte del popolo.McCain, invece, progetta di far acquistare per poi rinegozia-re i mutui in sofferenza, causa scatenante del cataclisma, cosa che comporterebbe una spesa di 300 miliardi di dollari da chiedere a coloro che il mutuo lo pagano regolarmente e che magari in questi ultimi tempi si trovano a far fronte alla perdita

di investimenti sottoscritti con banche fallite.Obama ha incolpato i repub-blicani di aver creato questa catastrofe con la sregolatezza che ha accompagnato gli anni di presidenza Bush. McCain ha cercato di dimostrare la sua di-stanza dall’attuale Presidente e soprattutto da suo vice rivendi-cando la sua indipendenza.Sia Obama che McCain vor-rebbero dare a Warren Buffett la responsabilità dell’economia del Paese.Anche di politica estera hanno parlato nel duello McCain e Obama dimostrando una certa distanza in merito alle guerre di Afghanistan e Iraq: per Obama l’Iraq è uno spreco di soldi ed energie che andrebbero desti-nate al fronte afghano. Per il Senatore McCain il suo avver-sario non capisce molto di poli-tica estera e non sa dove andare a parare. A dimostrazione di questo il netto avvicinamento, soprattutto nei toni, alle posi-zioni repubblicane da parte di Obama in merito alla questione iraniana che vede i due pensar-la in modo simile e senza mai escludere l’opzione militare.Alla vigilia c’era l’idea che i due si scontrassero con attacchi personali ma così non è stato. All’occhio è però saltato che Obama ha retto molto di più il gioco, l’anziano senatore Mc-Cain, malgrado si trovasse in un contesto al lui favorevole, è apparso stanco e in certi fran-genti stizzito, forse affaticato da una situazione che non si è materializzata secondo le previ-sioni del suo staff.L’effetto Palin si sta rivelando un boomerang, le apparizioni

della senatrice dell’Alaska sono centellinate per evitare imba-razzi, molti media la conside-rano inadeguata, inesperta e frutto di un necessario coupe de theatre per cercare di ristabi-lire un equilibrio nei sondaggi chiamando a sé un elettorato che non ha digerito, in area democratica, l’esclusione della Senatrice Clinton dai giochi.Di McCain la caduta di stile più evidente: si è riferito al suo avversario con un inelegante “quello lì”.I sondaggi danno un grande vantaggio, dopo il faccia a fac-cia, ad Obama. Una situazione che potrà difficilmente cambia-re a meno che nel prossimo ed ultimo round, dedicato intera-mente all’economia, McCain non ritrovi quella verve che lo ha sorretto fino a qualche tem-po fa, che lo ha fatto apparire come un padre per quegli ame-ricani spaventati prima dalle guerre e dal terrorismo, poi da una crisi finanziaria che non sembra avere ancora una di-mensione. Ma comunque sarà difficile spostare così tanto l’ago della bilancia con la sola prefe-renza al suo carisma. Dovrà for-zatamente attaccare, far appari-re il suo avversario sempre più inadeguato nella speranza che una fetta, consistente, di eletto-rato propenda per la parte re-pubblicana per evitare sorprese. La parola d’ordine dovrà essere: affidabilità.Per Obama una grande op-portunità che, a detta di alcu-ni opinionisti, ha come unico ostacolo il colore della sua pel-le. Ma l’America di oggi non è più quella.

Gabriele Polgar

Secondo RoundMcCain - Obama

Nel terzo incontro, un Mc-Cain tonico mette all'angolo per metà match l'avversario democratico, all'inizio atten-dista ma che ai primi colpi risponde a stento, un po' sor-preso dalla veemenza che il “vecchietto” gli ha riservato.Per la prima parte del faccia a faccia, svoltosi alla Hofstra University, il vantaggio del candidato repubblicano è evidente, la sua preparazione gli ha permesso di sopraf-fare su tutti gli argomenti l'avversario, arriva quasi allo sbeffeggio quando Obama lo accosta per l'ennesima vol-ta all'attuale Presidente con una risposta bruciante: «Non sono il presidente Bush: se-natore Obama, se volevi can-didarti contro Bush dovevi farlo quattro anni fa».Argomenti come l'aborto, le tasse e una tendenza al socia-lismo contro la libera inizia-tiva hanno dato una spinta in avanti ad un candidato dato per spacciato già dopo il secondo scontro diretto.Quello che poi ha tradito il Senatore McCain sono stati il livore e la sufficienza con cui ha ascoltato e interagito con il suo avversario, a cui ha rivolto attacchi non più programmatici ma personali; era eccessivamente teso, im-paziente. Reazioni che poi, paragonate alla glaciale cal-ma del candidato democra-tico, hanno fatto scendere il gradimento.Un confronto, quello ten-

sivo, che ha dato l'illusione di presentare al grande pub-blico un modo di affrontare le situazioni di pressione ed imbarazzo da parte dei due candidati.Alla fine non sono bastati i collegamenti tra il Senato-re dell'Illinois e l'estremista Bill Ayers. La tentazione di sferrare un colpo finale vio-lento e letale a favore della sua campagna elettorale, ha messo a nudo l'umore di Mc-Cain e, per quanto limitato a questa specifica situazione, ha fatto valutare, magari ec-cessivamente, un aplomb di Obama, definito poi da mol-ti commentatori pronto per a presidenza.Ma il protagonista assoluto è stato Joe Wurzelbacher, un idraulico che, dopo aver chiesto ad Obama, in un precedente incontro, chiari-menti sull'eliminazione degli sgravi fiscali a redditi oltre i 250 mila dollari, è diventa-to icona dell'americano della classe operaia e figura cen-trale a cui rivolgere appelli, attenzioni e proposte, in par-ticolare, da parte di Obama, sulla sanità.I sondaggi, al momento, non danno scampo ai repubbli-cani, alcuni danno Obama già vincente, ma lo staff del primo candidato afro-ameri-cano è molto prudente visto che la storia ha insegnato che i due elettorati hanno diver-se attitudini nei rilevamenti: i repubblicani sono restii a

farsi intervistare e non sem-pre dichiarano apertamente la loro intenzione di voto mentre i democratici, media-ticamente più dinamici, non esitano a sostenere sempre e comunque in qualsiasi occa-sione il proprio candidato.Non bisogna poi dimentica-re che diverse volte il sistema di rilevazione di voto ha la-sciato a bocca asciutta po-tenti democratici come Gore e Kerry, dati vincenti e poi malamente sconfitti (in un modo o nell'altro).Una partita tra luce ed om-bra la stanno giocando i can-didati vice-presidente che, sempre a rischio di gaffe, po-trebbero indirizzare un nu-mero consistente di indecisi che giudicano il complesso delle elezioni come una scel-ta prettamente ideologica e non di sostanza su proble-mi che stanno investendo il mondo e che sono nati da un sistema americano per troppi anni al limite e che ora è an-dato fuori giri. Chissà se la moltitudine dei Joe Wurzelbacher valuterà opportuno il rischio di un candidato giovane che neces-sariamente dovrà essere gui-dato nel suo mandato o un padre della Nazione come McCain che, al di là di ner-vosismi occasionali, potrebbe condurre in porto, con la sua esperienza, un'America che nelle cattive acque rischia di affondare.

Gabriele Polgar

Terzo RoundMcCain - Obama

Il fantasma di Kerry su ObamaI democratici cercano con i sondaggi di dare un’ immagine vincente al loro candidato. E se fosse una mossa azzardata?

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La Piazza D’Italia - Approfondimenti

Vertice del G4 sulla crisi finanziariaL'Europa coordina gli interventi per arginare la crisi del mercato finanziario

Quando il mercato da solo non riesce a risolvere i problemi è inevitabile l'intervento dello Stato. Questa opportunità è una tra le più discusse e dibat-tute in dottrina. Si ritiene che l'intervento pubblico sia in-dispensabile per eliminare gli ostacoli al libero svolgimento delle forze di mercato.I leader dei 4 maggiori Paesi europei, Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia si sono riuniti a Parigi per rivedere le regole del capitalismo. Questo incontro è stato fortemente voluto dal Presidente france-se, Nicolas Sarkozy, il quale subito ha compreso l'enti-tà della crisi scoppiata negli USA e dell'effetto domino che potrebbe avere in Euro-pa. Nel frattempo i paesi del G4 sosterranno le banche in difficoltà, ciascuno lo farà con mezzi propri ma in maniera coordinata, con i suoi partner dell'Unione Europea, come ha annunciato lo stesso Sarkozy. In caso di sostegno pubblico a una banca in difficoltà, ha spiegato il Presidente france-se, ogni Paese membro, (del G4), si impegna perché i di-rigenti che hanno fallito siano puniti. Sarkozy ha poi rivolto un appello alla Commissione europea perché dia prova di flessibilità nell'applicazione

delle regole in materia di aiuti di Stato alle imprese, come nei principi del mercato unico. Dunque, interventi nazionali, ma coordinati, a sostegno de-gli istituti di credito messi alle strette dalla crisi finanziaria.I quattro grandi riuniti a Pari-gi, si sono impegnati ad adot-tare misure idonee e necessa-rie a garantire la stabilità del sistema finanziario. E' stato sottoscritto un documento in 19 punti che auspica tra l'al-tro un'applicazione flessibile del patto di stabilità.Anche se i quattro non han-no varato alcun maxi piano di salvataggio all'americana, l'Europa che verrà di fronte a una crisi finanziaria sen-za precedenti è sicuramente rassicurante. Il G4 di Parigi conferma l'approccio voluto dai tedeschi: ognuno per sé, ma con il massimo di coordi-namento possibile in attesa di nuove regole su supervisione, contabilità, garanzie dei de-positi bancari e responsabi-lità dei dirigenti delle società salvate dal fallimento grazie all'intervento pubblico. Il significato più importante di questa riunione, ha detto Sarcozy, anche presidente di turno della Ue, è che l'Europa c'è, e che farà di tutto, al di là degli interventi necessari per

salvare le banche e ripristinare la fiducia, per promuovere un capitalismo d'impresa e non di speculazione. Data la crisi, il documento del G4 auspica che l'applicazione del Patto di stabilità rifletta "le circostanze eccezionali che stiamo attra-versando".Basta quindi fughe in avanti, come quella dell'Irlanda, che ha tolto unilateralmente i li-miti alle garanzie sui depositi bancari. Una decisione che il Cancelliere tedesco ha critica-to e che apre la porta ad una modifica della legislazione comunitaria. Sarkozy ha, inol-tre, preannunciato che la Ue si doterà di norme affinché i dirigenti responsabili dei falli-menti delle banche "vengano sanzionati".Il documento prevede il soste-gno alle banche, cioè i Paesi del G4 si impegnano ad assicurare la solidità e la stabilità del si-stema bancario e finanziario, con tutte le misure necessarie. I Paesi del G4 chiedono che la Commissione europea conti-nui ad agire rapidamente e a dare prova di flessibilità nelle sue decisioni sugli aiuti di Sta-to, mantenendo i principi del mercato unico. Si auspica un vertice internazionale il prima possibile, per una riforma reale e completa del sistema finan-

ziario internazionale fondata sui principi di trasparenza, di solidità bancaria, di responsa-bilità, d'integrità e governance mondiale.Di fronte alla crisi finanziaria che assedia il mondo, erode i bilanci di imprese e famiglie, accentua inevitabilmente le spinte recessive in un'econo-mia in perdita di dinamismo, il vertice di Parigi non solo ha evocato una nuova Bret-ton Woods, la rifondazione dell'ordine mondiale, ma ne ha anche abbozzato i contor-ni a immagine e somiglianza, però della propria cultura e dei propri valori.Il punto fondamentale del vertice è stato indicato nel passaggio da un sistema spe-culativo ed avventuriero, ad un sistema capitalistico d'im-presa, fondato sulla dottrina dell'ordine economico reale e non virtuale, che produce, la-vora e ridistribuisce benessere e non lo inquina con i titoli tossici.L'Europa ha le idee chiare contro ogni aspettativa otti-mistica, ha indicato la strada da sottoporre alla discussione di un summit mondiale: un G8 straordinario allargato per l'occasione alle 14 maggiori economie mondiali, Cina, In-dia, Messico, Brasile, Sudafri-

ca, Egitto, tra gli altri.Questi sono i programmi per rifondare un nuovo ordine globale, ma ciò che occorre è riportare l'etica nel mondo della finanza, vieta- re i prodotti finanziati tos- sici, condannare chi offre pro-dotti lontani dalla realtà eco-nomica.E' la versione del Berlusco-ni paladino dei risparmiatori quella che va in scena all'Eli-seo. Nel vertice convocato da Sarkozy, Berlusconi spiega che occorre ridare fiducia ai rispar-miatori europei, ma soprattut-to evitare lo spettro delle code dei correntisti davanti agli sportelli; spiega inoltre, che i risparmiatori europei non su-biranno le stesse conseguenze di quelli americani, perché da noi c'è un'economia basata non sulla finanza, ma sul ma-nifatturiero, e le nostre aziende che hanno azioni oggi valutate un terzo in meno continuano ad avere gli stessi profitti, e questa è la migliore garanzia, basta attendere 18-24 mesi e i titoli risaliranno.Garantito il nostro sistema finanziario, le preoccupazioni sono ovviamente di sistema, cioè la crescita economica nel nostro Paese è prossima allo zero, questo dato che durerà per tutto l'ultimo trimestre

del 2008 non è stimolante per il futuro, aggravato dal pessimismo serpeggiante nel-lo scenario internazionale, si auspica che non determini una notevole contrazione de-gli investimenti delle imprese altrimenti la recessione subirà una ulteriore spinta al ribas-so. Se l'indice Down Jones ha perso il 5%, segnale evidente di una catastrofe finanziaria, così come le perdite fatte regi-strare dalle altre maggiori bor-se europee, il tasso di crescita economica di eurolandia non va meglio. Forse quest'ultimo aspetto dovrebbe maggior-mente preoccupare i policy makers per non aggravare la pressione recessiva. L'Italia potendo contare su un siste-ma di solidità bancaria deve assolutamente cominciare a crescere mantenendo alto il livello di fiducia sia delle fami-glie che delle imprese. La crisi finanziaria finirà prima della ripresa economia degli Stati. Occorre difendere il liberismo economico ma si ha bisogno anche dell'intervento pubbli-co per risolvere i problemi. Visto che la natura dei pro-blemi economici, almeno in Italia, è di carattere strutturale occorrono riforme sostanzia-li per ottenere performances migliori.

Una cosa strana è accaduta all’inizio di questo ottobre, anticipata da alcune dichia-razioni nel periodo estivo: il Presidente Emerito Fran-cesco Cossiga ha rilasciato al quotidiano più diffuso in Israele, Yediot Aharonot, un’intervista dai contenuti allarmanti. Qualcuno ne ha sentito parlare? No, natural-mente. Il motivo lo spiega il contenuto.Il Presidente Cossiga appro-fondisce in questo lungo ar-ticolo le concessioni fatte alle organizzazioni terroristiche Palestinesi dai vari Governi italiani negli anni settanta e ottanta.In un modo spregiudicato viene ampiamente descritto un panorama quantomeno inquietante.Per il Presidente, Aldo Moro, e suoi fedeli collaboratori in seguito, strinsero un accordo secondo il quale le organiz-zazioni palestinesi presenti in Italia avrebbero evitato attentati a obiettivi italiani all’estero e sul nostro territo-rio in cambio di una libera ed impunita circolazione per il nostro Paese di uomini e mezzi.Tornando indietro nel tem-po vengono alla mente però alcuni episodi sanguinosi, uno alla Sinagoga di Roma,

l’altro, qualche anno dopo, all’aeroporto di Fiumicino e, poco prima, il sequestro dell’Achille Lauro. Facile pensare che detto accordo non sia stato rispettato, in-vece no.Nei punti su cui si basava questa intesa, tra uno Stato democratico e una pletora di organizzazioni terroristi-che, venivano esclusi dagli obiettivi italiani i cittadini italiani di religione ebraica e quanto a loro legato. Det-to in altro modo gli ebrei, anche se italiani, non erano tutelati dallo Stato italiano. Ecco spiegato l’arcano per cui i terroristi sono stati di parola: nell’attentato alla Si-nagoga è morto un bambino italiano di due anni, Stefano Tachè, evidentemente sacri-ficabile perché ebreo (ben al-tri ricordi suscita questa fac-cenda); durante il sequestro dell’Achille Lauro fu barba-ramente ucciso un cittadino americano, paralizzato su una sedia a rotelle, gettato in mare ancora vivo dopo che gli avevano sparato: non italiano ma comunque un ebreo in vacanza su una nave italiana; i dieci morti dell’at-tacco a Fiumicino al banco della El Al, la Compagnia di bandiera israeliana, furono tutti israeliani ed americani,

nessun italiano fu coinvolto.In poche parole ci fu una netta discriminazione tra cittadini ebrei e non ebrei in barba alla Costituzione, alla decenza.Il Presidente Cossiga fa rife-rimento ai servizi segreti che avrebbero garantito a uomi-ni legati indissolubilmente al terrorismo palestinese di far circolare armi pesanti libera-mente e che probabilmente sono da considerarsi possibi-

le causa dell’esplosione alla stazione di Bologna (dichia-razione di questa estate).Ma non si ferma a questo l’intervista: Cossiga dice an-che che sa da fonte certa che la missione Unifil in Liba-no è sorretta da un accordo analogo con Hezbollah. In-columità dei nostri soldati in cambio di una bella benda sugli occhi per consentire il riarmo del Partito di Dio in barba agli accordi con Israele

e in barba a quella equivici-nanza che D’Alema ha sem-pre cercato di dimostrare. Ma per favore!L’ex Presidente della Repub-blica, che negli anni è passa-to da amico dei palestinesi a fervente sostenitore di Israe-le, ha detto più volte di es-sere venuto a conoscenza di certe manovre dopo aver ve-rificato assiomi che lo hanno lasciato basito e, viste le sue posizioni (spesso scomode), non ne fu mai messo uffi-cialmente al corrente. Anche se resta un po’ ostico da di-gerire il fatto che un uomo introdotto come lui da sem-pre sia nel mondo politico ai massimi livelli sia nei servizi segreti non sapesse di certe manovre al tempo in cui av-venivano.Le sue dichiarazioni spiegano come mai il 9 ottobre 1982, al contrario di altre volte, le volanti che dovevano garan-tire, durante le festività, la sicurezza ai fedeli che anda-vano in Sinagoga non erano presenti, e proprio quel gior-no ci fu l’attacco da parte di terroristi palestinesi con mitra e granate. Una coin-cidenza quantomeno strana che getta un’ombra omicida su una parte della classe diri-gente di allora.Spiegate sono anche le moti-

vazioni di una gestione senza precedenti da parte di Craxi della crisi dell’Achille Lauro venutasi a creare dopo che i sequestratori, fuggiti in ae-reo dall’Egitto, atterrarono su territorio italiano. Furono lasciati andare come contro-partita e sotto la protezione dei nostri carabinieri, ad armi spianate contro gli alle-ati americani che avrebbero avuto tutto il diritto di per-seguire coloro che avevano ucciso un cittadino america-no, senza fare distinzione di religione come invece da noi è stato fatto.Le dichiarazioni di Cossiga fanno un ritratto del no-stro Paese pavido, incline ad una codardia che non gli rende merito ma che spesso ha caratterizzato uomini di potere che hanno deciso di mandare al macello cittadi-ni che evidentemente hanno considerato di serie B. Alla faccia di qualsiasi legge, di-ritto e decenza. Ora Israe-le sa con chi ha a che fare, tutto il mondo lo sa, spetta all’attuale Governo dimo-strare che il passato insegna a non ripetere errori tragici che hanno messo in discus-sione i diritti fondamentali nel nostro Paese all’insaputa dei suoi cittadini.

Gabriele Polgar

Sull'intervista del Presidente Emerito Francesco Cossiga ad un quotidiano israeliano

Vi abbiamo vendutiDalla Prima

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Le disavventure del governatore dell'Abruzzo non scaldano piu’ di tanto Veltroni che, anzi, se ne tiene alla larga

L'Affaire Del Turco

La Piazza D’Italia - Attualità

Lotta alla prostituzioneOcchio non vede cuore non duole

“Da Del Turco mi sarei immaginato dicesse due parole agli elettori che gli avevano dato fiducia negli anni passati”. Freddino, a dir poco... Così commenta il leader del Partito democratico Walter Veltroni le disavventure occorse all’ex governatore abruzzese. L’interpretazione nella fattispecie è duplice. C’è l’opportunità politica che consiglia di metter almeno momentaneamente da parte chi è caduto in inconvenienti simili. E c’è la solidarietà politica che non dovrebbe mancare. Non c’è che dire, è una brutta storia, al di là di quanto sostengano parti e controparti.In quale chiave difatti andrebbe letta la surriportata freddissima dichiarazione del leader Pd, che sembra quatto quatto prender le distanze dall’ormai fu governatore d’Abruzzo? Un bel bye bye a Del Turco dunque, intonato dal cantore dell’ I care. “Quando siamo stati arrestati stavamo per approvare una delibera sul rinnovo dell’accordo negoziale con le cliniche che tagliava del 30% il costo delle prestazioni”.

Giustifica così il suo arresto Ottaviano del Turco.Il tutto sembra un pò semplicistico anche perché se il sistema nella regione abruzzese puzzava, il suo arrivo non può aver tramutato il tutto in acqua di colonia. Il buon senso questo ci dice. Ma l’ex sindacalista, socialista, piddino autentico professionista della politca insiste:“Avevamo già fatto una legge contro i ricoveri impropri e ridisegnato il piano sanitario nazionale perché era da 10 anni che la regione era senza regole e c’era il far west”. E dipinge il suo grande accusatore Angelini - corruttore dichiarato - pressappoco come un mariuolo. Eppure le accuse di Angelini paiono circostanziate, dettagliate, ci sono registrazioni. I pareri di diversi magistrati convergono. Eventualmente, come nella maggior parte dei casi la verità dovrebbe esser nel mezzo. Veniamo ai fatti. Prima della cartolarizzazione del 2005 era sufficiente che le aziende autocertificassero i ricoveri

per vedersi riconosciute le erogazioni ed Angelini e gli altri avevano aumentato del 30% il prezzo del ricovero. Ovvio che l’imprenditore avrebbe avuto più che un flebile interesse a raddrizzare la barca a proprio favore. Perciò, quando Del Turco parla di poteri che si sono ribellati non mente su tutta la linea. Occorrerebbe però appurare a cosa si sarebbero ribellati. Secondo l’ex governatore abruzzese prima era l’inferno, mentre con lui si sarebbe saltati tutti in paradiso. Lasciateci dire – al pari di Vespa - che in questi casi è assai piùconvniente essere fan del purgatorio. Del Turco rivendica anche l’istituzione di un’agenzia sanitaria di controllo - prima inesistente - che arebbe fatto “saltare il banco”. Dopo il carcere vero, Del Turco lotta per una candidatura alle elezioni Europee 2009. Ostacolo principale, il processo e la freddezza di Veltroni che per coerenza e onestà intellettuale vorrebbe tener alla larga dal proprio partito tutti gli uomini compromessi. Ottaviano

Del Turco è pronto a rimettersi in gioco e guarda al futuro. Un futuro fatto di politica che non esclude nemmeno l’approdo alla corte di Berlusconi, autentica calamita per tutte le vittime della Giustizia.L’attualità dice che Veltroni avrà un’ultriore grattacapo da risolvere. Una realtà quantomeno curiosa quella dell’opposizione che anzichè mostrarsi granitica e alternativa credibile non fa altro che litigare, implodendo. Il siparietto andato in onda a Porta a Porta tra Di Pitero e Del Turco non si può non considerare, rivelatrice com’è di uno status quo privo di punti saldi. Intanto - come prevedibile - mentre i vertici del Pd tentennano, Del Turco contiua a pretendere: “La richiesta di candidatura dovrebbe venire dal partito che ho contribuito a far nascere. Ma molti di loro pensano che un’inchiesta della

Procura sia più importante dei diritti costituzionali”. E le frecciate non si esauriscono qui. Del Turco si consola con la visita di Marini (“È venuto a trovarmi in carcere, a Sulmona, e non lo dimenticherò), ma spara: “Altri non hanno avuto lo stesso coraggio”. Chi sarebbero gli altri? Domanda retorica...

Come con Prodi la strategia veltroniana della terra bruciata sembra la più accreditata anche stavolta. E Di Pietro - visto il ritorno d’attualità del tintinnar di manette - ha intanto ripreso a gongolare, rivendicando il copyright in materia. E Veltroni? Togli di qua, togli di là il Pd si va facendo sempre più scarno.

Il 16 settembre u.s. il Sindaco di Roma Gianni Alemanno, sulla scia del disegno di legge “Carfagna”, ha emesso un’or-dinanza antiprostituzione: “Interventi di contrasto alla prostituzione su strada e tute-la della sicurezza pubblica”.Quello che volgarmente, nel senso etimologico della paro-la, viene definito come il “me-stiere più vecchio del mondo” è stato preso di mira, così sem-brerebbe ad una prima analisi, dall’attuale esecutivo e dalle sue propaggini territoriali con interventi mirati e capillari.In realtà, come tutti sanno, il fenomeno esiste da sempre, è stato liberalizzato, vietato, regolamentato ma ha conti-nuato ad esistere nel tempo e ad essere presente nelle civil-tà più diverse ed eterogenee, segno questo di radicamento forte con la natura umana in quanto tale, segno di un radi-camento che evidentemente esula da costruzioni sociali, influenze ideologiche o setta-rie. Il fenomeno c’è, esiste e, seppur con le debite differen-ziazioni, si sviluppa e consoli-da nei contesti più disparati. Spesso di fronte alla prostitu-zione si reagisce con indiffe-renza, a tratti con tolleranza, ma è di fronte al lenocinio che generalmente si reagisce con disprezzo e condanna. Se l’attività è una libera, au-tonoma e consapevole scelta

nulla si ha da obiettare ma lo sfruttamento no, è da condan-nare. Il dito puntato è sempre e costantemente nei confronti dell’offerta di questa antico “servizio” ma, come dovreb-be sempre farsi, bisognerebbe soffermarsi sul semplicissimo assunto che dove esiste offerta esiste necessariamente una do-manda, e la domanda cresce e si espande negli strati sociali verticalmente ed orizzontal-mente. Che alcune zone di Roma fossero diventate delle vere e proprie “case chiuse” all’aperto, veri e propri quar-tieri a luci rosse, era sotto gli occhi di tutti: Salario, Eur, Ti-burtino e non solo.Allora voci sempre più insi-stenti chiedevano di “levare dalla strada” le professioniste del settore e consentire loro di esercitare in più riservati appartamenti facendole costi-tuire anche in associazioni con controllo sanitari e previdenza sociale. Il problema è che fe-nomeni di questo tipo già esi-stono, basta fare un breve giro sulla Rete per notare come l’offerta di servizi in riservati appartamenti sia all’ordine del giorno, come l’offerta copra tutti i possibili ed immagina-bili gusti di una clientela sem-pre più eterogenea.Allora, forse, la prostituzione su strada non è una necessità ma un servizio diverso ed ul-teriore.

Analizzando il fenomeno per quello che effettivamente è, ossia un servizio commerciale (spogliamolo del fattore etico-morale), tante fantomatiche e pretestuose soluzioni verreb-bero escluse. Ragionando per paradosso ed considerando il fenomeno alla stregua di altri servizi commerciali si potreb-be arrivare a considerare la prostituzione in strada il “fast food” del sesso. La merce, il risultato finale e conclusivo, è lo stesso ma il servizio è dif-ferente: il modo, il tempo, il prezzo ed a volte, ma non ne-cessariamente, il cliente sono diversi. La prostituzione su strada copre quella fetta del settore prostituzione che gli altri non potrebbero coprire, ed ecco un’analisi di merca-to generale: il cliente che ha poco tempo a disposizione, il cliente che non ha voglia di farsi vedere mentre entra in un palazzo “sospetto”, il cliente che ha pochi soldi, il cliente che preferisce con la stessa somma andare più volte e casomai con diverse ragaz-ze piuttosto che con una sola anche se con i “confort” e la riservatezza garantiti da un appartamento anonimo. Ecco perché contrastare la prostitu-zione su strada non può tro-vare soluzione sostituendola con quella in appartamento: le due cose non sempre e non per forza si equivalgono! E’

come voler sostituire la circo-lazione su quattro ruote con quella su due ruote, sono e restano due servizi differenti con i loro pro e i loro contro. Oltretutto non è possibile cercare di colpire determinati fenomeni rappresentandoli in modo quanto mai generico e soggetto ad interpretazioni discrezionali come: “è fatto inoltre divieto di assumere at-teggiamento, modalità com-portamentali ovvero indossare abbigliamenti che manifestino inequivocabilmente l’inten-zione di adescare o esercitare l’attività di meretricio” ovvero “contattare soggetti dediti alla prostituzione”. Una sanzione necessita di un precetto che sia quanto più chiaro, semplice e lineare possibile. Non si col-pisce l’intenzione, se non per alcune eccezioni, ma il fatto.Che qualcosa andasse fatto non è certo in discussione, forse però quella di colpire con sanzioni amministrative generiche modalità comporta-mentali non sembra essere la soluzione migliore.Altro problema rilevante è il diffuso utilizzo in questi giorni del reato di cui all’art. 527 del codice penale, la fatti-specie di “atti osceni in luogo pubblico”, fattispecie che col-pisce testualmente “chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni è punito con la re-

clusione da tre mesi a tre anni” e “se il fatto avviene per colpa si applica la sanzione ammini-strativa pecuniaria da € 51 a € 309”. Per atti osceni gene-ralmente si intendono quegli atti che influenzano in modo intenso e grave il pudore ses-suale sia in senso negativo, provocando quindi disgusto e riprovazione, sia in modo positivo, suscitando sensazio-ni erotiche. E’ chiaro come il senso del pudore sia necessa-riamente collegato al contesto sociale nel quale ci si collochi. Ma se dovessimo analizzare il contesto sociale avremmo bi-sogno di valutare quello che è il modus vivendi della mag-gior parte delle persone che fanno parte della comunità in esame. Ora, se la domanda di determinati servizi cresce ciò non può significare altro che un accrescersi del numero di soggetti che usufruiscono di quei servizi. Nessuno nega che determinati situazioni di strade ad elevata densità di traffico fossero diventate in-sostenibili ma, provocazione, non sarebbe il caso di creare zone alternative distanti dalle zone residenziali di comune abitazione o da quelle di co-mune traffico?Altro discorso è quello poi della mancata regolamenta-zione che vige in materia. In realtà lo sfruttamento della prostituzione ed in particolare

di quella in strada è un’attivi-tà altamente redditizia per le associazioni criminali che ne hanno il controllo. I costi che vengono sopportati anche in termini di controlli delle for-ze dell’ordine e conseguenti “retate” sono un male minore facilmente ammortizzabile a fronte delle enormi ed ingenti entrate prodotte. Sicuramente male minore rispetto ad una regolamentazione capillare con conseguente tassazione dell’attività. Non è quindi solo un problema morale, spesso religioso, ad essere di ostacolo alla “legalizzazione” dell’attività quanto il fatto che chi ne ha il controllo non ha nessun interesse a vedersi sot-tratta una fonte di guadagno inesauribile e dagli enormi introiti.La lotta alla prostituzione “selvaggia” allora troverebbe il suo senso in una serrata lotta alle organizzazioni criminali andando a colpire non il feno-meno ma chi da esso ne trae benefici illeciti, cercando di sottrarre loro le risorse umane non con oramai retoriche ed inutili promesse di lavori poli-ticamente corretti quanto con garanzia di poter continuare anche quella stessa attività senza dover necessariamente sottostare a condizioni inu-mane ed al controllo di veri e propri “schiavisti”.

Francesco Di Rosa

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La Piazza D’Italia - Tempo Libero

Cibo: obiettivo radiciSettima edizione dell'evento "Il Salone del Gusto"

Il cielo di Hollywood è meno azzurro senza gli occhi di Paul

Paul NewmanGli occhi di Paul Newman si sono chiusi portando con sé il segreto di un magnetismo che andava al di là della sem-plice bellezza. Segreto che non stava solo nell'intensità del colore, ma sopratutto nella profondità dello sguar-do, nel mistero del fascino. Paul conosceva bene la forza del suo sguardo e lo sapeva usare alla perfezione.La sua recitazione non era il trionfo dell'underplaying, spesso si caricava di sottoli-neature, di tic, ma lo “sfor-zo” che compiva spariva dietro quello sguardo e quel sorriso disarmanti.In Nick mano fredda una scena lo dimostra meglio di mille parole, è quella in cui discute con altri detenuti: tutti parlano, gridano, si agitano, Newman sta prati-camente in silenzio. Lui, la star, si lascia sovrastare dai comprimari, ma i suoi oc-chi conquistano l'attenzio-ne dello spettatore. Non ha bisogno di parlare, di muo-versi, di “recitare”. Gli basta uno sguardo da offrire per un attimo alla macchina da presa.Nel 1953 debutta a Broa-dway in Picnic. Dopo aver subito la rivalità dei suoi omologhi James Dean e Marlon Brando, che gli sof-

fiavano sistematicamente i ruoli, esordisce con Il calice d’argento che non gli por-ta certo fortuna. Giura che non interpreterà mai più un film in costume: giuramen-to mantenuto. Dovrà aspet-tare due anni per sfondare, col celebre Lassù qualcuno mi ama. Nel 1961 arriva la consacrazione con il ruolo di Eddie Felson, giocatore di biliardo, nel Lo spaccone. Newman è un numero uno. I sessanta sono il suo decen-nio. Il personaggio è pronto: è cinico ma non del tutto, ha un rapporto difficile con le donne, si connota come eroe moderatamente maledetto, in contrasto con l'autorità e dalla parte dei deboli, de-bole, apparentemente, a sua volta. Ha quarant'anni, è consapevole e maturo. De-tectiv’s story e Nick mano fredda non sono film perfet-ti ma è lì che Newman e più Newman. Esperienza diffi-cilissima con Hitchcock (Il sipario strappato). Il nuovo decennio lo vede confron-tarsi con ruoli diversi, più maturi, adeguarsi secon-do l'anagrafe e i tempi che cambiavano è stata la grande prerogativa di Paul. L'eroe invecchiava, ma bene. Ecco l’ineguagliabile La stangata, vero gioiello leggero, e il ko-

lossal Inferno di cristallo. Gli anni ottanta seguono l'evo-luzione naturale dell'attore: maggiore consapevolezza

direttamente proporzionata alla minore forma fisica. Lo vediamo nel ruolo del pre-sunto, ma innocente, mafio-

so perseguitato dalla stampa in Diritto di cronaca ed è av-vocato fallito, alcolizzato ma onesto ne Il verdetto.

Newman ha nel frattempo collezionato una serie di nomination, che diventano Oscar soltanto nel Colore dei soldi, nel quale ripro-pone l'antico personaggio di Eddie Felson dello Spac-cone. Negli anni novanta la sua attività rallenta. In La vita a modo mio è un anzia-no che sopravvive con lavo-retti umilianti ma che bacia con grande intensità una Melanie Griffith più giova-ne di quarant'anni. In Le parole che non ti ho detto è il tristissimo padre di Ke-vin Costner, ma in Twilight settantaquattrenne, eccolo ancora vitale e competiti-vo, a letto nudo con Susan Sarandon senza cadere nel ridicolo e nel 2002 è il pa-dre di Tom Hanks in Era mio padre. Schierato dalla parte liberal, spesso in pri-ma fila nelle manifestazioni sui diritti umani e sui temi sociali progressisti, da ol-tre quarant'anni era sposa-to con Joanne Woodward. Splendidi insieme nelle foto che immortalano la loro vita privata, anche se chi scri-ve avrà sempre stampata in testa la bellezza e il fascino della coppia che Paul e Litz Taylor formavano nel La gatta sul tetto che scotta, in stato di grazia entrambi.

Un’occasione duplice, per gli appassionati dell’enoga-stronomia, si è aperta anche quest’anno presso Lingotto Fiere di Torino durante l’ul-timo fine settimana di otto-bre: il Salone Internazionale del Gusto e la manifestazione Terra Madre.Due eventi che si sono svolti contemporaneamente, nel-lo stesso luogo, collegati da un corridoio della Fiera di Torino, a sottolineare che entrambe le manifestazioni erano legate da un denomi-natore comune: le radici del cibo.Il primo evento, il Salone del Gusto - organizzato da Slow Food, Regione Piemonte e Città di Torino che quest’an-no è giunto alla settima edizione - è orami un punto d’incontro per gli amanti del buon cibo e del buon bere, ma è anche un luogo di ag-gregazione per tentare di esal-tare la cultura gastronomica e stimolare la consapevolezza etica e sociale. La manifestazione Terra Ma-dre, nasce da un’idea di Slow Food - realizzata grazie al Mi-

nistero delle Politiche Agrico-le Alimentari e Forestali, alla Cooperazione Italiana allo Sviluppo-Ministero Affari Esteri, alla Regione Piemon-te, alla Città di Torino e a Slow Food in collaborazione con Coldiretti Piemonte e Fondazione CRT- parte dal presupposto che una rete fit-ta di contatti e connessioni tra coloro che sono attivi e partecipi nel mondo del cibo (coltivatori, commercianti, cuochi…) possano rafforza-re le modalità di produzione locale, tradizionale e sosteni-bile.Le comunità di Terra Madre hanno radunato vari rappre-sentanti dei cinque continen-ti con l’intento di diffondere il messaggio che la produzio-ne del cibo deve mantenere un rapporto armonico con l'ambiente, per affermare an-che una precisa dignità cul-turale.I cinque giorni, all'interno dei padiglioni di Lingotto Fiere, avevano l’obiettivo di fornire ai consumatori-visi-tatori le chiavi di lettura per conoscere un altro aspetto

del mondo legato all’alimen-tazione e comprendere le caratteristiche e la storia di alcuni prodotti eccellenti ma purtroppo ancora poco cono-sciuti. Quindi un “viaggio” al di là dell’involucro del cibo. Per meglio dire, un viaggio alle radici del cibo, dalla ta-vola alla terra e dalla terra alla tavola e ancora…viceversa.Le due fiere, si sono integrate e compensate. La flora po-trebbe essere una chiave di lettura per vedere allegorica-mente lo stretto legame tra le due manifestazioni. Il Salone del Gusto potrebbe essere raffigurato come il tronco da cui dipartono vari rami e Terra Madre le radici che af-fondano nel terreno della sto-ria e della cultura dei popoli. Questo spiega il logo della manifestazione nel quale è rappresentato un grande al-bero. I cui simboli si possono così leggere: i rami e i frutti corrispondono alla natura e al savoir faire dell’uomo che si manifestano sotto forma di cibo. Le radici sono il substra-to da cui nasce la vita grazie ai produttori di cibo quotidiano

– contadini, allevatori, pasto-ri… che sono la linfa vitale dell’albero stesso. Il binomio Salone del Gusto-Terra Madre è un esempio di un nuovo modo di fare fiera. Portare all’attenzione del grande pubblico non solo i sapori e le tradizioni, ma anche esempi virtuosi della valorizzazione di patrimoni storici-ambientali nel campo dell’alimentazione: questa in estrema sintesi l’obiettivo che si prefiggono i due eventi.Queste genere di manifesta-zioni, seppur possiedono un carattere goloso, vogliono spingere i consumatori alla riflessione, alla consapevolez-za e alla motivazione di creare una rete più forte, capace di far sentire le istanze d’aiuto e divulgare la cultura gastrono-mica nel mondo. Le radici vanno preservate così come devono essere tute-lati quei prodotti tradizionali che sono un patrimonio di agrobiodiversità che l’indu-stria alimentare tende a sop-primere favorendo la standar-dizzazione dei gusti.Come il caso dell’Arca del

Gusto, un’iniziativa Slow Food, che cataloga le biodi-versità agroalimentare a ri-schio estinzione, e attraverso i suoi Presìdi, tenta di portare avanti progetti concreti per la salvaguardia di prodotti tradizionali. Tutelare un pro-dotto significa anche dare la possibilità di nuovi sbocchi di mercato per rendere eco-nomicamente remunerativo il faticoso lavoro dei piccoli

produttori. E’ importante rafforzare il rapporto tra il mondo della produzione e quello dei con-sumatori. Una relazione più stretta, fiduciosa, reciproca, che cancelli l'idea negativa del consumare, del distrug-gere, sostituendola con quel-la della condivisione, della consapevolezza e della cono-scenza.

Alice Lupi