Ucuntu n.79

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240610 www.ucuntu.org - [email protected] Fra un ombrellone e l'altro, qualcosa sta cambiando qui da noi. Alla vecchia e obsoleta costituzione “comunista” ne stanno sostituendo una più moderna, modello Antico Egitto, con meno diritti e più frustate. Agli imprenditori va bene. E ai lavoratori? «Lavoratori? Quali lavoratori? Che cosa sono?». Beh, buone vacanze... De Gennaro/ Saramago e l cardinale Acquaviva/ Il golpe Fiat Lettera da Ponte Galeria Bologna/ I piccoli maestri Jack Daniel/ Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto || 24 giugno 2010 || anno III n.79 || www.ucuntu.org || «Lavoratoriii...»

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il numero del 24 giugno 2010

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240610 www.ucuntu.org - [email protected]

Fra un ombrellone e l'altro, qualcosa sta cambiando qui da noi. Alla

vecchia e obsoleta costituzione “comunista” ne stanno sostituendo una

più moderna, modello Antico Egitto, con meno diritti e più frustate.

Agli imprenditori va bene. E ai lavoratori? «Lavoratori? Quali

lavoratori? Che cosa sono?». Beh, buone vacanze...De Gennaro/ Saramago e l cardinale Acquaviva/ Il golpe Fiat

Lettera da Ponte Galeria Bologna/ I piccoli maestriJack Daniel/ Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

|| 24 giugno 2010 || anno III n.79 || www.ucuntu.org ||

«Lavoratoriii...»

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Internazionale Internazionale

“Noi operai polacchie voi operai

italiani...”

La maggioranza degli operai di Fiat Polonia (che per conser-vare il posto e rispettare i piani di produzione, secondo quando dichiarano i loro rappresentanti sindacali, hanno lavorato anche su 21 turni) vede la vittoria del sì a Pomigliano come una mi-naccia. La Fiat ha assicurato che sposterebbe a Tychy la produzione della nuova Lancia Y, ma Wanda Strozyk di Solidarnosc, che a Tychy è il sindacato di maggioranza, chiede che la produzione della Panda resti in Polonia. Scene da una guerra fra poveri? Secondo fonti sindacali, gli operai Fiat in Polonia prendono un lordo medio annuo di 11 mila e 580 euro per 48 ore a settimana, contro i 24 mila dei colleghi italiani.

In questa lettera di solidarietà, gli operai di Tychy descrivono con crudezza i rapporti con la proprietà.

* * *

“La Fiat gioca molto sporco coi lavora-tori. Quando trasferirono la produzione qui in Polonia ci dissero che se avessimo lavorato durissimo e superato tutti i limiti di produzione avremmo mantenuto il no-stro posto di lavoro e ne avrebbero creati degli alti. E a Tychy lo abbiamo fatto. La fabbrica oggi è la più grande e produttiva d’Europa e non sono ammesse rimostran-ze all’amministrazione (fatta eccezione per quando i sindacati chiedono qualche

bonus per i lavoratori più produttivi, o contrattano i turni del weekend).

A un certo punto verso la fine dell’anno scorso è iniziata a girare la voce che la Fiat aveva intenzione di spostare la pro-duzione di nuovo in Italia. Da quel mo-mento su Tychy è calato il terrore. Fiat Polonia pensa di poter fare di noi quello che vuole. L’anno scorso per esempio ha pagato solo il 40% dei bonus, benché noi avessimo superato ogni record di produ-zione.

Loro pensano che la gente non lotterà

per la paura di perdere il lavoro. Ma noi siamo davvero arrabbiati. Il terzo “Giorno di Protesta” dei lavoratori di Tychy in programma per il 17 giugno non sarà edu-cato come l’anno scorso. Che cosa abbia-mo ormai da perdere?

Adesso stanno chiedendo ai lavoratori italiani di accettare condizioni peggiori, come fanno ogni volta. A chi lavora per loro fanno capire che se non accettano di lavorare come schiavi qualcun altro è di-sposto a farlo al posto loro. Danno per scontate le schiene spezzate dei nostri col-leghi italiani, proprio come facevano con le nostre.

In questi giorni noi abbiamo sperato che i sindacati in Italia lottassero. Non per mantenere noi il nostro lavoro a Tychy, ma per mostrare alla Fiat che ci sono la-voratori disposti a resistere alle loro con-dizioni. I nostri sindacati, i nostri lavora-tori, sono stati deboli. Avevamo la sensa-zione di non essere in condizione di lotta-re, di essere troppo poveri. Abbiamo im-plorato per ogni posto di lavoro. Abbiamo lasciato soli i lavoratori italiani prenden-doci i loro posti di lavoro, e adesso ci tro-viamo nella loro stessa situazione.

E’ chiaro però che tutto questo non può durare a lungo. Non possiamo continuare a contenderci tra di noi i posti di lavoro. Dobbiamo unirci e lottare per i nostri inte-ressi internazionalmente.

Per noi non c’è altro da fare a Tychy che smettere di inginocchiarci e iniziare a combattere. Noi chiediamo ai nostri colle-ghi di resistere e sabotare l’azienda che ci ha dissanguati per anni e ora ci sputa ad-dosso”.

Operai Fiatdi Tychy, Polonia

|| 23 giugno 2010 || pagina 02 || www.ucuntu.org ||

Un gruppo di lavoratori della fabbrica Fiat di Tychy in Polonia scrive ai colleghiUn gruppo di lavoratori della fabbrica Fiat di Tychy in Polonia scrive ai colleghi lavoratori Fiat di Pomigliano d'Arco. “Non cedete, non cedete, anche per noi....”lavoratori Fiat di Pomigliano d'Arco. “Non cedete, non cedete, anche per noi....”

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Noi e dintorni Noi e dintorni

«¡Que vivan las companeras!»Oggi sifesteggia

A Napoli, come sapete, si paga il pizzo. Il camorrista va dal commerciante e gli fa: “O paghi o ti faccio saltare in aria”. Il commer-ciante liberamente decide che pagare è molto meglio di saltare per aria. “Bravo – gli fa la camorra – tu sì che sei un uomo saggio e perspicace”.

I napoletani che hanno la disgrazia di es-sere anche operai di fabbrica, tuttavia, il pizzo lo pagano due volte. La prima volta alla camorra, secondo le democratiche mo-dalità sopra indicate. E la seconda alla Fiat, sempre in maniera libera e nel pieno rispet-to della democrazia. “O paghi – gli fa la Fiat – e cioè mi vendi il tuo lavoro per un pezzo di pane, o ti levo la fabbrica e ti ridu-co alla fame. E l'operaio – non tutti – libe-ramente e democraticamente paga.

Tutto questo per dire che è anche per questo che Saviano e alcuni altri, invece di parlare semplicemente di camorra, parlano di Sistema. Il Sistema comprende la camor-ra, e comprende la Fiat. La Fiat, man mano che ammazza Keynes, si fa camorra; e la camorra, man mano che reinveste i soldi, si fa Fiat. Sempre più evanescenti le differen-ze fra l'una e l'altra, e tendenti a sparire. Onde è saggio e scientifico considerarle come un tutto unico, il vecchio Establish-ment, modernamente 'O Sistema.

'O Sistema ha un governo che caccia i giudici (vedi Caselli) minaccia d'ammazza-mento i pentiti (vedi Spatuzza), ruba ai pro-duttori le fabbriche (vedi Pomigliano). Tut-to ciò è tuttavia secondario, non essendo ormai più da tempo – come lucidamente previsto dal Vecchio Maggiore della Fatto-ria – il governo ormai più che una specie di stanza in cui i rappresentanti della Fiat, del-la camorra e degli altri poteri ogni tanto si siedono per dirimere fra amici i loro affari.

* * *E' un tempo malinconico - o forse no: di

ricordi - questa fine di giugno, per il vostro

corrispondente. Trent'anni esatti - ahimè, quantum mutatus – da quando la musa del giornalismo ci arruolò, freschi e ingenui, al suo servizio. Venti da quando, un po' meno freschi ma non domi, si navigava con Fra-cassi e la sua redazione (valorosissima) di ragazzi su Avvenimenti. E quindici da quando è morto il nostro maestro Giuseppe D'Urso, quello che c'insegnò le forme del potere moderno, la massomafia.

E il mio amico Fratangelo, procuratore di Avvenimenti e poi del Siciliani quotidia-no, grasso, compagno, sfottente, coraggio-so? Anche lui via con l'estate, cinque anni fa. E così pure Maoloni, il grande grafico (le pagine su cui ci state leggendo discen-dono da un suo capolavoro) che accompa-gnò per tanti anni, lui, grande artista, noi giornalisti pirati.

E Turone, e il buon Gnasso, e padre Bal-ducci, e Pratesi? Tutte penne grandissime, appuntite, ma al servizio dei poveri e non dei padroni. A tutti è toccato dunque il pre-mio massimo – la dimenticanza ufficiale, la damnatio memoriae - con cui i potenti se-gnano chi ha fatto loro veramente paura.

* * *Non volevamo scrivere di questo, ma del

lavoro di ora. Pochi giorni fa i redattori di Ucuntu si sono rinchiusi per un paio di giorni a studiare, a fare il punto del cammi-no percorso e a cercar di capire quel che re-sta da fare. Ne parleremo ancora, sia qui su Ucuntu che in redazione fra di noi.

Operativamente, hanno deciso di fare uno sforzo per estendere la rete, sempre con poche chiacchiere e molti fatti: una nuova inchiesta collettiva sui poteri mafiosi, una mappa aggiornata (sempre collettiva) delle lotte sociali, un'inchiesta (collettiva an-ch'essa) sull'emigrazione africana. Colletti-va per noi vuol dire, come sempre, che non siamo autosufficienti, che lavoriamo con al-tri, che insegniamo/ impariamo continua-

mente, che facciamo rete.Sono sempre le stesse due cose che s'in-

trecciano, da noi: da un lato una storia for-tissima, veramente alternativa (I Siciliani, Siciliani/Giovani, Avvenimenti, l'Alba, Ca-sablanca, poi Ucuntu, poi la rete di Lavori in corso, poi chissà cosa, sempre nell'anti-mafia e nel collettivo), dall'altro una serietà “professionale” e tecnica che ci fa scoprire prima degli altri le ricadute pratiche (e “po-litiche”) di ogni tecnologia.

Se guardate l'ultimo menù di Repubbli-ca.it, per esempio, trovate un “giornale elet-tronico” (pdf, tecnica Issuu, web sfogliabi-le, ecc.) che è esattamente un Ucuntu molto più in grande: ma due anni dopo...

Rete e tecnologie invadono sempre più il giornalismo, e noi non ne abbiamo paura; anzi. Un internet di esseri umani – non di semplici macchine, e men che mai di mer-cato – è quello dentro cui navighiamo. E tanto si estenderà, grazie a noi e a tutti gli altri, che alla fine – alla faccia di 'O Siste-ma – cambierà il Paese.

* * *Le righe che restano, le dedichiamo a fe-

steggiare. Due nostre brave compagne, Chiara Zappalà e Sonia Giardina (per un di-sguido i due nomi, ufficialmente, son di-ventati uno) hanno vinto il Premio Alpi per miglior reportage locale con “Una rovina di città”, video-inchiesta sulle periferie cata-nesi. Tutto il giornalismo ufficiale d'Italia è dunque lì a bocca aperta ad ammirare il ca-polavoro di queste due ragazze siciliane.

Per me, veramente, è un guaio perché i numerosi bicchieri che sto bevendo alla loro salute (più quelli di poco fa, “di malin-conia”) non mi hanno certo fatto bene alla glicemia. Ma chi se ne frega! Viva Chiara, viva Sonia, ¡viva las compañeras! e viva la vita che va avanti e non si ferma.

Riccardo Orioles

|| 24 giugno 2010 || pagina 03 || www.ucuntu.org ||

Le Siciliane vincono il Premio Alpi. E non dovremmoLe Siciliane vincono il Premio Alpi. E non dovremmo festeggiare? Mafia, camorra, Fiat:festeggiare? Mafia, camorra, Fiat:

è tutto alla faccia vostra!è tutto alla faccia vostra!

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Italia Italia

“Noi, detenutidel campo

di Ponte Galeria...”

Qui dentro ci danno da mangiare il cibo scaduto, le celle dove dormiamo hanno ma-terassi vecchi e quindi scegliamo di dormi-re per terra, tanti tra di noi hanno la scabbia e la doccia e i bagni non funzionano. La carta igienica viene distribuita solo 2 giorni a settimana, chi fa le pulizie non fa nulla e lascia sporchi i posti dove ci costringono a vivere. Il fiume vicino il parcheggio qui fuori è pieno di rane e zanzare che danno molto fastidio tutto il giorno, ci promettono di risolvere questo problema ma continua ogni giorno.

Ci sono detenuti che vengono dai CIE e anche dal carcere che sono stati abituati a prendere la loro terapia ma qui ci danno sonniferi e tranquillanti per farci dormire tutto il giorno. Quando chiediamo di andare in infermeria perché stiamo male, l’Auxi-lium ci costringe ad aspettare e se insistia-mo una banda di 8-9 poliziotti ci chiude in una stanza con le manette, s’infilano i guanti per non lasciare traccia e ci picchia-no forte. Per fare la barba devi fare una do-mandina e devi aspettare,un giorno a setti-mana la barba e uno i capelli. Non possia-mo avere la lametta. Ci chiamano ospiti ma siamo detenuti.

Quello che ci chiediamo è perché dopo il carcere dobbiamo andare in questi centri e dopo che abbiamo scontato una pena dob-biamo stare 6 mesi in questi posti senza ca-pire il perché. Non ci hanno identificato in carcere? Perché un’altra condanna di sei mesi?

Tutti noi non siamo d’accordo per questa legge, sei mesi sono tanti e non siamo mica animali per questo hanno fatto lo sciopero della fame tutti quelli che stanno dentro il centro e allora, la sera del 3 giugno, è co-minciata così: ci hanno detto: "se non man-gi non prendi terapie" ma qui ci sono per-sone con malattie gravi come il diabete e se non mangiano e si curano muoiono.

Uno di noi è andato a parlare con loro e l’hanno portato dentro una stanza davanti l’infermeria dove non ci sono telecamere e

l’hanno picchiato. Così la gente ha iniziato ad urlare di lasciarlo stare. In quel momen-to sono entrati quasi 50 poliziotti con il loro materiale e con un oggetto elettrico che quando tocca la gente, la gente cade per terra. Le guardie si sono tutte spostate sopra il tetto vicino la caserma dei carabi-nieri qui dentro, dove sta il campo da cal-cio. Dalla parte sinistra sono entrati altri 50 poliziotti.

Quando abbiamo visto poliziotti, militari, carabinieri, polizia, finanza e squadra mo-bile ufficio stranieri (che sono i peggiori) sui tetti, uno di noi ha cercato di capire per-ché stavano picchiando il ragazzo nella stanza. «Vattene via sporco » un poliziotto ha risposto così. In quel momento siamo saliti tutti sopra le sbarre e qualcuno ha bruciato un materasso e quindi i poliziotti si sono spaventati e sono andati fuori le mura per prendere qualcuno che scappava.

Da quella notte non ci hanno fatto man-giare né prendere medicine per due giorni.

Abbiamo preso un rubinetto vecchio e abbiamo spaccato la porta per uscire e quando la polizia ha visto che la porta era aperta hanno preso caschi e manganelli e ha picchiato il più giovane del centro, uno egiziano. L’hanno fatto cadere per terra e ci hanno picchiati tutti anche con il gas, han-no rotto la gamba di un algerino e hanno portato via un vecchio che la sua famiglia e

i sui figli sono cresciuti qui a Roma, hanno lanciato lacrimogeni e hanno detto che noi abbiamo fatto quel fumo per non far vedere niente alle telecamere. Così hanno scritto sui giornali.

Eravamo 25 persone e alcune uscivano dalla moschea lontano dal casino, ma i giornali sabato hanno scritto che era stato organizzato tutto dentro la moschea e ora vogliono chiuderla. La moschea non si può chiudere perché altrimenti succederebbe un altro casino.

Veniamo da paesi poveri, paesi dove c'è la guerra e ad alcuni di noi hanno ammaz-zato le famiglie davanti gli occhi. Alcuni sono scappati per vedere il mondo e dimen-ticare tutto e hanno visto solo sbarre e can-celli.

Vogliamo lavorare per aiutare le nostre famiglie solo che la legge è un po' dura e ci portano dentro questi centri. Quando arri-viamo per la prima volta non abbiamo ne-anche idea di come è l'Europa. Alcuni di noi dal mare sono stati portati direttamente qui e non hanno mai visto l'Italia.

La peggiore cosa è uscire dal carcere e fi-nire nei centri per altri 6 mesi.

Non siamo venuti per creare problemi, soltanto per lavorare e avere una vita diver-sa, perché non possiamo avere una vita come tutti? Senza soldi non possiamo vive-re e non abbiamo studiato perché la povertà è il primo grande problema. Ci sono perso-ne che hanno paura delle pene e dei proble-mi nel proprio paese. Per questi motivi ve-niamo in Europa.

La legge che hanno fatto non è giusta perché sono queste cose che ti fanno odiare veramente l'Italia. Se uno non ha mai fatto la galera nel paese suo, ha fatto la galera qua in Italia. Vogliamo mettere apposto la nostra vita e aiutare le famiglie che ci aspettano.

Speriamo che potete capire queste cose che sono veramente una vergogna.

Un gruppo di detenutidel CIE di Ponte Galeria (Roma)

|| 23 giugno 2010 || pagina 04 || www.ucuntu.org ||

“A tutte le persone che vivono in questo paese. A tutti coloro“A tutte le persone che vivono in questo paese. A tutti coloroche credono ai giornali e alla televisione...” che credono ai giornali e alla televisione...”

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Italia Italia

Il golpe della Fiat

Senza perderci nel labirinto delle analisi politiche, stiamo sul punto: quali sono i punti dell'accordo Fiat sullo stabilimento di Pomigliano d'Arco, e perché sono anticosti-tuzionali?

1. ScioperoSanzioni disciplinari fino al licenziamen-

to per il lavoratore che sciopera mettendo in discussione l'accordo con l'azienda.

Perché è anticositituzionale? -> Art. 40 della Costituzione: Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo rego-lano [Ndr LEGGI NAZIONALI valide per tutti e non accordi particolari per una sin-gola azienda. E in ogni caso il diritto di sciopero non può essere messo in discus-sione (sennò non sarebbe un diritto), ma solo regolato da opportune leggi.]

2. Iniziativa sindacaleSanzioni per sindacati e Rsu che procla-

mano iniziative di lotta contro l'accordo: sospensione dei contributi e dei permessi sindacali.

Perché è anticositituzionale? -> Art. 39 della Costituzione: L'organizzazione sinda-cale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro regi-strazione presso uffici locali o centrali, se-condo le norme di legge.

3. MalattiaIn caso di picchi di assenteismo, l'azienda

comunque non verserà i contributi per ma-lattia, a prescindere dai controlli.

Perché è anticositituzionale? -> Art. 38 della Costituzione: I lavoratori hanno dirit-to che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

4. Permessi elettoraliDurante le elezioni, l'azienda non per-

metterà il recupero dei giorni trascorsi ai seggi dai rappresentanti di lista.

Perché è anticositituzionale? -> Art. 3 della Costituzione: È compito della Repub-blica rimuovere gli ostacoli di ordine eco-nomico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini,

impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

5. Pausa mensaPer l'azienda si può lavorare anche otto

ore di fila senza la mezz'ora di pausa per il pranzo, considerata come straordinario.

Perché è anticositituzionale? -> Art. 41 della Costituzione: L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in con-trasto con l'utilità sociale o in modo da re-care danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

DOMANDA 1: Come si può definire un governo che accetta accordi anticostituzio-nali tra aziende e lavoratori?

1) Golpista2) Eversivo3) Illegittimo4) Illegale5) Fascista6) Totalitario7) AbusivoDOMANDA 2: Come si può definire una

azienda che viola le leggi sul lavoro, i prin-cipi della Costituzione Repubblicana, i di-ritti stabiliti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e utilizza il suo potere per sovvertire l'ordinamento giuridico e intro-durre lo schiavismo con l'aiuto di un capo di governo che ha militato in una organiz-zazione massonica illegale?

1) Associazione a delinquere

2) Organizzazione sovversiva3) Gang criminale4) Mafia legalizzata5) Gruppo terrorista6) Azienda schiavista7) AntistatoDOMANDA 3: Cosa sarebbe successo

nell'"autunno caldo" del 1969 se fosse stato varato un accordo simile?

1) Sciopero generale a oltranza con mo-bilitazione massiccia dei sindacati

2) Crisi di governo con elezioni anticipa-te

3) Barricate nelle piazze4) Scontri nelle strade e repressione ar-

mata5) Occupazione totale delle università6) Assemblee permanenti nelle fabbriche7) Tutti i punti dall'1 al 6DOMANDA 4: Perché oggi non succede

niente?1) Non lo so e non mi interessa2) La crisi globale3) L'11 settembre4) Il tramonto delle ideologie5) Il riflusso6) Il bipolarismo7) Niente di tutto questoDOMANDA 5: E mò che si fa?1) Ci penserò dopo i mondiali2) Boicottiamo la Fiat e non compriamo

più nulla3) Rivolta nonviolenta alla Gandhi: orga-

nizziamo gruppi clandestini di resistenza non armata

4) Rivolta violenta 1: Uccidiamo Berlu-sconi, così scopriremo che il problema non è lui

5) Rivolta violenta 2: Uccidiamo i boiar-di del PD, così scopriremo che la soluzione non erano loro

6) Si salvi chi può 1: Emigrazione di massa in Svizzera, per asilo politico

7) Si salvi chi può 2: formiamo un grup-po di intellettuali ribelli che cavalchi il dis-senso per diventare classe dirigente tra 20 anni e mangiarsi gli avanzi dei sessantottini

Ulisse Acquaviva

|| 23 giugno 2010 || pagina 05 || www.ucuntu.org ||

Come si chiama un'azienda che utilizza il suo potereCome si chiama un'azienda che utilizza il suo potereper sovvertire l'ordinamento giuridico?per sovvertire l'ordinamento giuridico?

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Cronaca giudiziaria Cronaca giudiziaria

Indagine su un cittadinoal di sopra

di ogni sospetto

«Fate entrare l’accusato» ordinò il Can-celliere al quale, sottovoce, si rivolse l’in-quirente chiedendo di chi si trattasse.

«Tal Gesù, fu Giuseppe, nato a Betlem-me 33 anni fa. Ultimo domicilio conosciu-to: Nazareth».

«Di cosa è accusato?»«Sedizione, abuso di credulità popolare,

falso ideologico...».«Falso ideologico?»«Sostiene di essere Re dei Giudei e Fi-

glio di Dio».Il Governatore allora si alzò in piedi e si

rivolse all’uomo incatenato. «Sei tu il Re dei Giudei?».«Tu lo dici» gli rispose il prigioniero

guardandolo negli occhi, senza ombra di timore reverenziale nei confronti del po-tente inquisitore. Il Cancelliere si era in-tanto avvicinato nuovamente al Governa-tore e gli sussurrò alcune parole nell’orec-chio indicandogli un gruppetto di Giudei che prendevano appunti vergando vigoro-samente delle tavolette di cera.

«Voi – chiese il Governatore – chi siete? Cosa state facendo? Come vi chiamate?»

«Luca» rispose il primo, «Marco» aggiunse il secondo e «Matteo» concluse il terzo.

«Ma non ce n’era un altro fino a poco fa? Dov’è andato?».

«Ecco... dietro, lì. Insomma, aveva un bisogno». «Un po’ costipato». «Sì sì, costi-

patello. Devono essere state le locuste frit-te di ieri sera». «E’ da stamattina che non si sente bene». «L’ha detto anche a me, è vero. “Marco - mi ha detto - la cena di ieri sera è stata veramente l’ultima per me. Da ora in poi dieta...” Forse però è stato anche il vino, non solo le locuste fritte nel grasso di montone...».«Eccomi, eccomi...».

«Ora che siete tutti qui, ditemi, cosa sta-te scrivendo su quelle tavolette?»

«Prendiamo appunti». «Sì, infatti, gli atti dell’inchiesta». «Questa sì che è un’in-chiesta che farà molto rumore». «Oh sì, proprio».

«Per quale giornale collaborate?»«Giornale?». «Ecco noi... Cosa sono i

giornali, scusi, Governatore?». «Già, infat-ti, cosa sono?».

«Siete iscritti all’Ordine dei giornalisti?».

«Ordine dei Giornalisti? No io no e tu?». «No, mai sentito nominare. Chi sono? I lavoratori a giornata?». «Non cre-do... Però, Governatore, ho il tesserino dell’ordine degli Evangelisti». «Vero, ce l’ho pure io.». «Anche io.». «Il nostro è autentico, ma ne girano un sacco di falsi e apocrifi, sa? Governatore...».

«Non ignorate, immagino, che con le nuove norme emanate da Roma non è leci-to trascrivere atti di un’inchiesta. Chi è il vostro Editore?».

«Buona domanda». «Potrebbe essere il

Padre Eterno?». «In un certo senso, però Lui non firma i contratti». «Però ci ispira la linea editoriale». «Vero.».

«Centurione – ordinò il Governatore – sequestri quelle tavolette.»

«Ma non si fa.». «Non è bello». «Vero, non è per niente bello.». «O mannaggia, devo ritornare alla latrina».

Il Centurione consegnò le tavolette al Cancelliere che cominciò a scorrerle men-tre il Governatore «Dove eravamo rimasti? Ah, sì. Dunque, Giuseppe, sei tu il Re dei Giudei?»

«Giuseppe era suo padre...»«Già. Allora, Giosuè, sei tu il Re dei

Giudei?».«No, non si chiama Giosuè. Comincia

con la G ma ...».«Giuda, sei tu il Re dei Giudei?»«Giuda? No, per carità, quello era il no-

stro infiltrato».«Insomma: sei tu il Re dei Giudei?»«Governatore!»«Che c’è ora, Cancelliere?».«Nelle tavolette c’è un riferimento al Pa-

dre Suo che è nei Cieli».«Il fu Giuseppe?».«No, un altro.».«Imputato complicato... Quasi quasi me

ne lavo le mani di questo caso... Ma questo Padre Suo che è nei Cieli è iscritto nel re-gistro degli indagati?».

«Non risulta».

|| 23 giugno 2010 || pagina 06 || www.ucuntu.org ||

«Per quale giornale collaborate?». «Giornale?». «Ecco noi… Cosa sono i«Per quale giornale collaborate?». «Giornale?». «Ecco noi… Cosa sono i giornali, scusi, Governatore?». «Già, infatti, cosa sono?». «Siete iscrittigiornali, scusi, Governatore?». «Già, infatti, cosa sono?». «Siete iscritti

all’Ordine dei giornalisti?». «Ordine dei Giornalisti? No io no e tu?». «No,all’Ordine dei giornalisti?». «Ordine dei Giornalisti? No io no e tu?». «No, mai sentito nominare. Chi sono? I lavoratori a giornata?». «Non credo...mai sentito nominare. Chi sono? I lavoratori a giornata?». «Non credo...

Però, Governatore, ho il tesserino dell’ordine degli Evangelisti» Però, Governatore, ho il tesserino dell’ordine degli Evangelisti»

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Cronaca giudiziaria Cronaca giudiziaria

«Avete sentito – alzò la voce il Governatore rivolgendosi ai quattro – Il Padre Suo non è indagato. Non potete no-minarlo nei vostri resoconti».

«Ma noi non lo nominiamo mai invano.». «Oh no! Figurarsi!». «Però certe volte è necessario.». «Eccomi, mi sono perso qualcosa?». «Dice che non possiamo citare il Padre che è nei Cieli». «Oh però».

«Governatore!»«Che succede ancora, Cancelliere?».«Ci sono virgolettati!».«Virgolettati?»«Sì, c’è il resoconto dell’interrogatorio

davanti ad Anna e Caifa».Il Governatore si alzò, braccio teso mo-

nente nei confronti dei quattro.«Roma stabilisce che non si possono

pubblicare gli atti di un’inchiesta. Solo un riassunto.».

«Come? Un riassunto?». «Ma è assurdo!». «Si perde tutto, così». «E’ vero, la parola è importante.». «Se il Verbo do-veva parlare per riassunti mica si faceva carne!». «Vero, spediva un messaggio con la colomba.». «Ma non sarebbe stata la stessa cosa...». «Oh no, per niente». «Ecco, mi ritorna il mal di pancia.». «Resi-sti, è un momento abbastanza importante.». «Dici?».

«Dura lex, sed lex - sentenziò il Gover-natore che, segretamente, da anni sognava di potersene uscire in maniera così severa e lapidaria – Cancelliere! Proceda al se-questro delle tavolette.».

«Eh no! Così non si fa!». «Giusto! Il

pubblico deve essere informato». «Pubblico... – sorrise con scherno il Go-

vernatore – Ma chi credete che si interessi mai agli atti di un’inchiesta?».

«Bé, no, qualcuno c’è.». «Esatto, e cre-do, Governatore, che di questo processo se ne parlerà a lungo». «Vero. Sì, sì sì, pro-prio a lungo.». «Pensate che possa andar-mene ora? Non ce la faccio più. Poi mi fate un riassunto.». «Pure a te? Resisti». «Governatore, questa è una legge ingiusta!». «Vero, sì, proprio ingiusta.». «Non è democratica!». «No, no, per niente democratica.».

«Dite che non sia democratica? Ma se la maggioranza questo desidera, la legge non solo è democratica, è anche giusta- e, con gesto teatrale (Pilato in realtà sognava di fare l’attore) – Fatelo entrare!» ordinò.

I legionari condussero un omaccio con occhi iniettati di sangue, uno che si vedeva lontano le cento miglia che era un poco di buono. Sgomitando e scavalcando i quat-tro, un giovane cronista armato di tavolet-ta, seguito da una mezza dozzina di colle-ghi, si slanciò contro il nuovo arrivato.

«Onorevole Barabba – gli domandò – è stato difficile vincere il ballottaggio con Gesù?»

«Non mi ha mai impensierito, il mio programma era certamente superiore. E come tutti gli eletti, avendo vinto a larghis-sima maggioranza e godendo del largo fa-vore popolare, mi considero un Unto del Signore.».

«E il Cristo?».

«Il suo scarso seguito dimostra l’arretra-tezza delle sue idee, paraltro già sconfitte dalla storia».

Il Governatore, con gesto maestoso, congedò i quattro. «Attenzione a cosa scri-vete» li ammonì mentre venivano condotti via.

«E ora?». «Bel pasticcio.». «Un pastic-cio, sì, a queste condizioni mi sa che non scrivo niente». «Vero. Si perde tutto.». «Tutto, tutto.». «Io me ne torno alla latri-na. E ci resto.».

La settimana scorsa, calda mattina esti-va.

«Presto, cari, è ora, la funzione sta per cominciare».

«Eccoci, Mamma. Ma oggi cosa sacrifi-cheremo a Giunone?».

«Credo una giovenca. O una capra? Non so, chiedete a Papà, è lui che si occupa di queste cose.».

«Mamma, ma quanti animali hanno sa-crificato a Giunone in tutta la sua vita?»

«E chi lo sa? Migliaia, milioni...»«Ma, Mamma, è da tanto, quindi, che si

fanno sacrifici ai nostri Dei del Pantheon?».

«Da tantissimo.».«Ma, Mamma, non è mai venuto fuori

nessun altro Dio in tutto questo tempo?»«Un altro Dio? Fuori dal Pantheon? Ma

no, l’avremmo saputo, non credi?».Jack Daniel

http://dajackdaniel.blogspot.com/

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Catania Catania

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Catania Catania

Il solito assaltoalla scuola

230.000 euro, tanto sono costati gli "Sta-ti generali", organizzati e realizzati dall'amministrazione comunale catanese, guidata dal "podestà" Raffaele Stancanelli. 230.000 euro per un’iniziativa che vorreb-be risolvere i tanti problemi di Catania.

Ma di fatto gli "Stati generali" sono stati solo una passerella di politici, imprendi-tori, esperti e qualche associazione della cosiddetta "società civile" progressista che ha legittimato tale operazione.

E la scuola Andrea Doria?Voi direte cosa c'entra in questo discorso

degli "Stati generali" l'Andrea Doria?Le suore orsoline sono le proprietarie del

plesso che ospita l'istituto comprensivo “Andrea Doria” di via Cordai, nel quar-tiere di San Cristoforo, e, da cinque anni, inviano puntualmente verso luglio l’ingiunzione di sfratto per morosità all'amministrazione comunale.

Ad oggi il debito del Comune verso le proprietarie è di 123.000 euro, poco più della metà di quella somma impiegata per la farsa degli "Stati generali".

Allora ci chiediamo: non è meglio sal-vare un pezzo dello stato democratico?

Un diritto sancito dalla carta costituzion-ale, cioè, il diritto alla formazione ed is-

truzione?Un presidio di legalità, assediato da ab-

bandono, degrado e mafie, come la scuola Doria?

Ma evidentemente la giunta che guida la città non la pensa così; infatti, preferisce sprecare denari in consulenze clientelari, posteggi scambiatori costruiti per accon-tentare qualche amico di destra o sinistra e mai utilizzati, piattaforme balneari che servono per favorire aziende compiacenti e giovani catanesi che con le chiappe al sole potranno dire: "ma che bravi i nostri gov-ernanti!"

Sì, ma l'Andrea Doria?La domanda l'abbiamo girata al vecchio

assessore alle politiche scolastiche, Arcidi-acono, ma non c'è stata risposta. Poi l'abbiamo rivolta al nuovo assessore, la si-gnora Cinquegrana, ma anche questa tace.

Possiamo sempre chiederlo all' oppo-sizione politica (PD), ma chissà se ci ris-ponderanno, impegnati come sono ad ac-cordarsi con la maggioranza del consiglio regionale e comunale.

Oppure lo possiamo chiedere ad uno del comitato dei "saggi" che si sono autopro-posti di lavorare gratuitamente per il bene di Catania ricevendo il plauso del

“podestà” da Stancanelli, come ad esem-pio, l'illustrissimo, chiarissimo prof. "com-pagno" Pietro Barcellona, docente di "dir-itto costituzionale", sempre presente con le sue lettere sul quotidiano "La Sicilia”, a difesa dei "poteri forti"che opprimono Catania.

Certo, non c'è meglio di lui! Per rispon-dere ai tanti genitori di San Cristoforo che credono, nonostante tutto, che vale la pena alzarsi la mattina per accompagnare i figli a scuola, perchè fare questo vuol dire avere una speranza di vita, in un quartiere che a viverlo non ne dà di speranza.

Certo chi meglio di lui può spiegare qua-li sono i nostri diritti sanciti dalla Costituzione? E se ne ha voglia e coraggio, venga l'8 luglio, in via Cordai 59, sede del-la scuola media “Andrea Doria”, a chiarire a tutti e tutte noi perché un ufficiale giudiziario accompagnato dai carabinieri l'8 luglio chiuderà l'unica scuola media nel quartiere di San Cristoforo.

Se qualcuno di chi amministra questa città vuol rispondere ai genitori, agli inseg-nanti, al personale scolastico e ai ragazzini e alle ragazzine... noi ci siamo!

Giovanni Caruso,I Cordai

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La rete La rete

Bologna/ Piccoli maestri

di grandi utopie

Dovrebbe essere il periodo in cui ci si dedica al “privato”. Che in una città uni-versitaria significa scadenze, esami e pro-grammi per la stagione estiva. Potrebbe. Ma non così a Bologna, cuore della cultu-ra progressista europea e simbolo di tutte le città italiane affollate da giovani stu-denti. A volte ti capita di incontrarne di strani, come questi studenti con l’osses-sione della Politica e della Legalità che sono merce rara se declinate come passio-ne civile generosa e didinteressata verso la propria comunità, e sterilizzate da ogni carrierismo.

Solo così ti spieghi il desiderio ostinato di andare fino in fondo con incontri e con-ferenze, alle porte della sessione di esami, da parte di un gruppetto di ventenni che si è messo in testa che anche a Bologna bi-sogna parlare di mafie. Quelle al Nord, soprattutto. E li trovi lì, costanti e giova-nissimi, a ogni buona occasione per fare il banchetto coi prodotti biologici “Libera-Terra” che vengono dai terreni confiscati alle mafie . Ma non solo. Ci sono i “Per-corsi di Memoria, percorsi di Impegno”, che vengono battezzati ai locali di Radio Emergenza, nel cuore del centro storico.

Loro, gli studenti di diverse facoltà, mi-

litanti della “Rete No Name-antimafia in movimento” collettivo antimafioso con appena due anni di vita, parlano chiaro. E scelgono, infatti, per iniziare i Percorsi di Memoria, il 9 Maggio, la data del sacrifi-cio di Peppino Impastato che ci riporta a Cinisi (Pa), nel cuore di Cosa Nostra, dove Peppino profeticamente osava, negli anni ’60-’70, parlare di mafia con nomi e cognomi – un po’ difficile a “100 Passi” dalla casa del boss don Tano Badalamenti - , prima ancora delle pur importanti que-stioni internazionali.

Però il collettivo bolognese No Name non ci sta a fermarsi a celebrare il calen-dario dei morti ammazzati. E infatti questi giovani incazzati hanno un taglio ben chiaro:

si interpreta la lotta alla mafia come la nuova “Resistenza”, la nuova lotta di Li-berazione di cui oggi ha tanto bisogno questo paese, con buona pace del revisio-nismo di trasversale orientamento. Sarà per questo che, se li frequenti, se partecipi ai “Percorsi”, ti ritrovi accanto a pezzi della storia d’Italia. Quella migliore, s’in-tende.

Si inizia il 9 Maggio ricordando Impa-stato insieme a un partigiano, Ermenegil-

do Giugni, che dentro ha ancora il fuoco sacro di chi scelse, con anonimo eroismo a 17 anni nel ‘43, da che parte stare. Con l’ottantenne partigiano assediato dalle do-mande di Andrea e Simona, che conduco-no il programma “FM100Passi” ogni mer-coledì in onda dai locali di Radio Emer-genza, c’è anche Roberta Bussolari a sug-gellare la presenza di Libera, rete antima-fia presieduta da Luigi Ciotti, di cui il col-lettivo No Name fa parte.

L’Informazione, per questi sognatori, è strumento indispensabile di contrasto alla mafie. E’ la vera fissa di questi fuorisede dalle Marche alla Romagna alla Sicilia, che non a caso ti fanno incontrare i pochi e ultimi giornalisti non asserviti al Potere che abbiamo in Italia. Pino Finocchiaro, di Rainews24, che presenta il suo bel la-voro sul “Direttore” Giuseppe Fava, dal titolo “L’ultima Violenza”. Anche in que-sta serata di memoria e di impegno di metà Maggio, non c’è tempo per le litur-gie. Pino affonda la lama del suo sapere e del suo coraggio nell’incancrenita classe dirigente della Sicilia e dell’Italia, ormai ostaggio della “borghesia mafiosa”, fa-cendo nomi e cognomi senza tentenna-menti.

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Comincia l'estate, tutti in vacanza. Tutti? Beh, proprio tutti no: a Bologna,Comincia l'estate, tutti in vacanza. Tutti? Beh, proprio tutti no: a Bologna, ad esempio, i ragazzi di “No-Name” stanno già programmando le attivitàad esempio, i ragazzi di “No-Name” stanno già programmando le attività dell'anno prossimo. Antimafia, per dire. Antimafia a Bologna? Eh, non è chedell'anno prossimo. Antimafia, per dire. Antimafia a Bologna? Eh, non è che in Emilia la mafia non ci sia. E quindi ci dev'essere pure chi la affronta, senin Emilia la mafia non ci sia. E quindi ci dev'essere pure chi la affronta, sen--za timidezze e anzi con allegria. “Contro” la mafia ma anche “per” un saccoza timidezze e anzi con allegria. “Contro” la mafia ma anche “per” un sacco di piccole e grandi cose: così, senza nomi né capi, va crescendo una rete...di piccole e grandi cose: così, senza nomi né capi, va crescendo una rete...

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La rete La rete

I “Percorsi” vanno avanti e ci riservano un’altra sorpresa. Per me, siciliano di Ra-gusa, Raffadali (Ag) è sinonimo di un feu-do elettorale, quello di Totò Cuffaro, già governatore della Sicilia dimessosi dopo una condanna per mafia. Agli incontri è sempre presente un giovane sopra i trenta, con i capelli lunghi e la determinazione di un capo partigiano. E’ Gaetano Alessi, del-la testata indipendente di Raffadali “Ad Est” con cui, insieme ad altri valorosi compagni, ha messo a nudo gli intrighi del potere cuffariano facendo saltare appalti importanti, cosa che i familiari dell’ex go-vernatore non hanno gradito.

Per questo Gaetano si trova oggi espa-triato a Bologna e quando gli si chiede di dare una mano, instancabile, dice di si sen-za pensarci un attimo. Presentiamo il suo libro a fine Maggio, “Le Eredità di Vittoria Giunti”, una storia vera dove la lotta alla

mafia si traduce nelle gesta di questa scienziata, Vittoria, che per amore e pas-sione politica aderisce prima alla Re-sistenza da staffetta partigiana, e dopo, a guerra conclusa, da Firenze arriva – per seguire il marito, Totò Di Benedetto, esponente del Cln e originario di Raffadali - in Sicilia. Sarà il primo sindaco donna del dopoguerra e dirigente delle lotte contadine.

Dalla testimonianza di Vittoria e dalla storia del movimento contadino in Sicilia, Gaetano e quelli di “Ad Est” trovano linfa per sfidare l’intoccabile on. Cuffaro, il Potente, che dovrà cedere cioè alle denunce di questi giovani che in Gaetano Alessi trovano riferimento e convinzione, e che pensano che la “Libertà vale più della stessa vita”!

Alle iniziative del collettivo bolognese ha partecipato un esponente delle Istituzio-ni come Rosario Crocetta, già sindaco di Gela e primo parlamentare europeo sotto scorta. Cosa che la dice lunga da un lato sul coraggio dei siciliani e dall’altro sul li-vello di coscienza della lotta alla criminali-tà organizzata, ormai globalizzata, che il nostro continente ha sviluppato in questi anni di crescita del narcotraffico in-

ternazionale di cocaina. Per fortuna con noi non manca mai il giudice Libero Man-cuso, primo magistrato in Italia a rifiutare la scorta, impegnato nel contrasto all’e-versione e alle mafie, che interviene alla conferenza sulle “mafie al Nord” insieme al procuratore capo di Bologna Roberto Alfonso, già procuratore aggiunto alla Dna, che con altissima professionalità rendiconta di come la mafia sia ormai un serissimo problema anche al nord e in Emilia-Romagna!

Il 23 maggio, anniversario della strage di Capaci, il relatore è stato Ettore Borghe-san, amico di Impastato e di La Torre e ora insegnante di storia a Bologna.

E’ giugno, i Percorsi di Memoria termi-nano, i giovani sono esausti. Federico, uno del collettivo, sogna una vacanza dopo un anno di lavoro e di studio e magari di pote-re un giorno smascherare le imposture del Potere in una delle “province babbe” della sua isola.

Ma non c’è tempo per pensare troppo a se stessi, ci si deve incontrare per progetta-re le attività del prossimo anno. A presto, giovani di “No Name”, maestri di “belle utopie”!

Gianluca Floridia

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Libri Libri

In libreriaSangueAmaroAnnuario diNapoli Monitor

Il secondo annuario del mensile “Na-poli Monitor” dal titolo Sangue Amaro. Vite e morti all’ombra del Vesuvio rac-coglie nove reportage inediti illustrati dai disegnatori del giornale, oltre a due brevi storie disegnate. A differenza del primo annuario, l’obiettivo si concentra stavolta interamente su Napoli, intesa come arcipelago metropolitano, territorio ben più esteso dei suoi limiti am-ministrativi, saldato dal cemento di ab-usi e speculazioni, da emergenze am-bientali ormai conclamate e dall’omo-logazione dei consumi, ma anche da una condizione di spaesamento e in-certezza che accomuna buona parte dei vecchi e dei nuovi abitanti. Le storie raccontate sono salite alla ribalta della cronaca, non solo locale, nel corso dell’anno appena trascorso: luoghi, vicende e personaggi che han-no occupato lo spazio di un trafiletto o di qualche prima pagina per poi svanire nel giro di pochi giorni. Le riproponiamo, sottraendole alla velocità e superficialità dell’informazione ufficiale, attraverso un filtro comune, quello della biografia, del ritratto: ricostruendo il passato accanto al presente, cer-chiamo di dare profondità alle singole vite o all’esperienza di gruppi ac-comunati da una provenienza sociale o geografica. Messe in fila, una accanto all’altra, queste storie vogliono fornire uno spaccato critico e più articolato del nostro presente. È il nostro modo di raccontare la città, quel che facciamo ogni mese (da tre anni) con il nostro giornale. Un libro, un annuario, ci fornisce più tempo e più spazio per approfondire i dettagli, per arricchire la narrazione. È la tappa di un percorso collettivo. Lontano dal potere, quindi più difficile da tenere in vita. Ma il metodo è semplice, applic-abile ovunque. Per questo crediamo di aver fatto un libro che riguardi tutte le città, non solo la nostra.

1. Castel Volturno. La ricostruzione delle vite dei sei ghanesi ammazzati dalla camorra il 19 settembre 2008 sulla statale Domitiana. Le voci della comunità africana, i progetti sul litorale domizio, il ruolo della camorra e della società civile. (Salvatore Porcaro/Luca Rossomando)

2. Pomigliano. Gli operai dello stabili-mento Fiat tra una cassa integrazione infinita e il timore della chiusura: la vita,

le passioni, i desideri di uomini e donne della più grande fabbrica della Cam-pania. (Luca Rossomando)

3. Gli attori di Gomorra. Le vite paral-lele di quattro ex detenuti, quelli finiti male e quelli arrivati al successo sull’onda dei film di malavita. (Aless-andra Cutolo)

4. Vita di un abusivo. Pasquale, uomo dai mille mestieri, oggi fa il parcheggia-tore abusivo a piazza Mercato, teatro di tante vicende della sua vita, fino al recente sgombero da parte dei vigili e alla necessità di inventarsi un futuro a

cinquant’anni. (Marcello Anselmo)q5. I giovani infelici. Un tredicenne di Villaricca si impicca al soffitto di casa. Il padre è un boss di mezza tacca del na-poletano. Il figlio lascia un biglietto in cui chiede “scusa a tutti tranne a papà”. Perché lo ha fatto? Perché in questa terra le colpe dei padri ricadono ancora sui figli? (Massimiliano Virgilio)

6. Campi flegrei. Enzo, operaio per trent’anni nel depuratore di Cuma. Una

vita parallela a quella del grande depuratore, inaugurato all’inizio degli anni Ottanta come la soluzione all’inquinamento cronico del Golfo. Oggi il mare di fronte a Cuma è un’enorme cloaca. I liquami della città seppelliscono per sempre un paesaggio con pochi eguali al mondo. (Gianluca Vitiello)

7. Sotto il Vesuvio. La comunità cinese in Campania conta oltre quindicimila appartenenti. Molti luoghi comuni circolano su di loro. Cosa vi è di autentico e cosa è totalmente infondato in questi stereotipi? A farci da guida un ragazzo di Secondigliano, che ha studiato in Cina e ogni settimana insegna italiano ai giovani cinesi dei paesi vesuviani. (Marco Borrone)

8. Aversa, il centro di salute mentale. Ritratto del dottor Fabio Dito, psicologo friulano trapiantato al sud. Il suo centro ospita tra l’altro i corsi di Educazione per adulti, senza distinzione tra comuni

frequentatori e ospiti della struttura. Perché, dice il dottor Fabio, prendersi cura della propria igiene mentale, in una società che la mette in pericolo di continuo, è una cosa che riguarda tutti. (Giusi Marchetta)

9. Antonio di Gennaro, l’agronomo che qualche anno fa bloccò il piano territ-oriale della provincia di Napoli, scongi-urando ulteriori speculazioni su una terra oltraggiata da cemento e im-mondizia. Adesso di Gennaro è alle prese con l’elaborazione di un nuovo piano territoriale, quello della provincia di Caserta. (Bernardo De Luca)

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Libri Libri

In libreriaLuigi PolitanoPippo Fava -Lo spirito di un giornaleEdizioniRound Robin

Catania 1980. Nella Milano del sud il clan di Nitto Santa-paola domina, in una terra meravigliosa e maledetta, una città in cui coesistono cosa nostra e istituzioni in un gioco di potere fatto di morti ammazzati, grandi opere, cor-ruzione e fiumi di denaro.

A Catania vive e lavora un giornalista, Giuseppe Fava, che racconta la verità senza tralasciare nessun particolare. Amori, morte, disperazione e bellezza nelle parole di “Pippo” che diventa il pericolo da abbattere a tutti i costi.

Dalla pittura, ai racconti, alle opere teatrali tutto di Pippo Fava è pieno del-l'amore per la sua terra. Ed è proprio dopo un anno di pubblicazione de I Si-ciliani - un mensile di denuncia che farà storia nella lotta per la libertà di informazione - che il giornalista verrà ucciso con cinque proiettili sparati a sangue freddo da spietati killer che il 5 gennaio del 1984 decisero di giustizia-re colui che non sarebbero mai riusciti a far tacere.

Il fumetto narra l'esperienza di un uomo che affronta a viso aperto, e con la sola forza delle parole, un sistema che nessuno ebbe il coraggio di denun-ciare.Nel 1981 Pippo Fava scriveva: “A coloro che stavano intanati, senza il coraggio di impedire la sopraffazione e la violenza, qualcuno disse: 'Il giorno in cui toccherà a voi non riuscirete più a fuggire, né la vostra voce sarà così alta che qualcuno possa venire a salvarvi!'”

ROUND ROBINLa Round Robin

nasce nell'autunno del 2004dall'idea di giovani studenti

universitari, con l'ideadi costituire un nuovo

soggetto editorialeindipendente in grado d

entrare nel mondodell'informazione

con un giornale on line– rivistonline.com –

e con la pubblicazionidi romanzi e saggi

di giovani promessedella letteratura

italiana e straniera.Costituitasi come società

editrice nel maggioos 2005,vanta la produzione di un catalogo con titoli che ri-

scuotono un discreto successo nelle librerie.Oltre alla produzione di

romanzi e saggi, nelle collane “Parole inviaggio”,

“Fuori rotta”, “Fari”,“Corsari”, la casa

editrice continua aproporre ai suoi lettoritemi di stretta attualità

inaugurando lapubblicazione di una

serie di Graphic novel,certi dell'importanza

di sperimentarenuovi linguaggi.Fumetti dedicati

agli eroi dell'antimafiaprendono vita nellacollana “Libeccio”,in collaborazione

con l'associazione“DaSud onlus”.

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Ridi, ridi... Ridi, ridi...

Modello Fiat

Il nuovo contratto

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Ridi, ridi... Ridi, ridi...

Nel paese della P2

Quale bavaglio?

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Persone Persone

Lo scrittoree il Cardinale

José Saramago, di professione scrittore, e Crescenzio Sepe, di professione cardinale, sono due personaggi tra i più distanti tra loro. Eppure è accaduto che la morte del primo si sia paradossalmente incrociata con un aspetto della vita del secondo e che questo sovrap-porsi delle rispettive differenti vicende in un punto cronologicamente preciso, venerdì 18 giugno, abbia dato come risultato non la semplice somma di due notizie – il decesso del premio Nobel della letteratura e l’iscrizione nel registro degli indagati per corruzione dell’ex arcivescovo di Napoli – ma qualcosa in più, che è rivelatore della concezione dell’uomo delle gerarchie vaticane. Partiamo da qui: quali sono state le reazioni del Vaticano sui due avvenimenti? Una nota intrisa d’odio sull’Osservatore romano, il quotidiano della Santa Sede, contro lo scrittore marxista portoghese; una manifestazione di “stima e di solidarietà” al porporato indagato dalla magistratura di Perugia per bocca del direttore della sala stampa vaticana, Federico Lombardi.

Due uomini lontanissimi tra loro si sono trovati a confronto. “Un uomo e un intellettuale di nessuna ammissione metafisica, fino all’ultimo inchiodato in una sua pervicace fiducia nel materiali-smo storico, alias marxismo. Lucida-mente autocollocatosi dalla parte della zizzania nell’evangelico campo di gra-

no, si dichiarava insonne al solo pensie-ro delle crociate, o dell’inquisizione, di-menticando il ricordo dei gulag, delle 'purghe', dei genocidi, dei samizdat cul-turali e religiosi”. Così l’articolista dell’Osservatore romano su Saramago, definito “un populista estremistico”con la “mente uncinata da una destabiliz-

zante banalizzazione del sacro e da un materialismo libertario che quanto più avanzava negli anni tanto più si radica-lizzava”. Detto per inciso: brillante ag-gettivo “uncinata”! Crescenzio Sepe, vi-ceversa, è uno che ha sempre “lavorato in modo intenso e generoso per la Chie-sa”e da sempre è impegnato nell’opera di evangelizzazione e di sostegno dei più deboli.

Questo il punto. Dalla parte di chi sta Saramago? Dalla parte di chi sta l’alto prelato? Con i deboli e gli op-pressi, o con i ministri e i potenti ai quali magari regalare o affittare a poco palazzi in cambio di finanziamenti pub-blici (dello stato italiano) per la ristrut-turazione, fittizia, di altri palazzi (dello stato vaticano) ? Sulla scelta di Sarama-go non ci sono dubbi: l’intera produzio-ne letteraria, la sua vita e le sue prese di posizione da “cittadino”, parlano per lui, indubbiamente orientati alla difesa dell’uomo più anonimo e indifeso, ai “poveri uomini”, come il Cristo del ”Vangelo secondo Gesù Cristo”, come i ”vinti” dell’epopea contadina raccontata in “Una terra chiamata Alentejo”. Che cosa può opporre a tutto questo, Cre-scenzio Sepe, di professione cardinale? Forse la sua amicizia e frequentazione con l’ex ministro Pietro Lunardi e altri uomini di governo? Giudicheranno i magistrati. Quello che sappiamo ora è che la Chiesa cattolica, erede del verbo di Cristo, salva i mascalzoni della “cric-ca” e condanna lo scrittore. È questa la sua concezione dell’uomo?

Riccardo De Gennaro

|| 24 giugno 2010 || pagina 16 || www.ucuntu.org ||

Josè Saramago, scrittore, e Crescenzio Sepe, cardinale: per uno scherzo del destino,Josè Saramago, scrittore, e Crescenzio Sepe, cardinale: per uno scherzo del destino, sono venuti alle cronache nello stesso momento...sono venuti alle cronache nello stesso momento...