Vulcano n° 79

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Periodico di Politica, Cultura, Attualità, Sport

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Dai comuni, Decimomannu N° 792 www.vulcanonews.it

La classe decimese 1963, l'8dicembre scorso, ha festeggiatoil mezzo secolo di vita. I neo-cin-

quantenni si sono ritrovati alle ore10,30 nella chiesa di Santa Grecadove il vice parroco don Fabio Truduha officiato la Santa Messa alla pre-senza della sindaca Anna PaolaMarongiu. Al termine vi è stato unbreve passaggio al camposanto doveè stato depositato un mazzo di fiorisulle tombe dei coetanei e compian-ti Antonello Loru e Stefano Loche,scomparsi prematuramente neglianni scorsi. Successivamente lacomitiva si è riunita al ristorante dove,dopo un succulento pranzo, ci si èlasciati andare in danze e balli. La"baldoria" è proseguita per tutta laserata e il gruppo ha fatto di tutto perritrovare e ricordare quelle atmosfereche il tempo trascorso non ha fattodimenticare. Questo l'elenco dei neo-cinquantennidecimesi: Patrizia Milia, Patrizia

Muggironi, Antonio Caria, Laura Orrù,Vincenza Palermo, Crocina La Corte,Salvatore Mancuso, Monica Zanasi,Annalisa Murenu, GiuseppinaConcas, Annamaria Piras, EttoreMelis, Giustino Onnis, CarmenSarigu, Anna Paola Tuveri, MarinaCasti, Massimo Floris, RobertoGarau, Roberta Pisano, MarisaSimbula, Ignazia Mocci, LoredanaPorceddu, Tetiana Naumliuk,Ferdinando Orrù, Franca Serra,Fabrizia Atzeni, Ines Onnis, PatriziaMasala, Marina Pietrini, MarinaPireddu, Enrica Marini, VincenzaPala, Giampiero Simbula, LuisaPasserò, Giuliana Dessì, Eliana Cao,Manuela Mereu, Sandro Bandu, GinoLoi, Eliano Piras, Rita Pili, Rita Onnis,Marilena Mameli, Ignazia Mereu,Elisabetta Aresu, Susanna Meloni,Elio Garau, Anna Rita Aru, DanielaManca, Andreina Pistis, AntonioMelis, Sergio Pani, Pietro PaoloMelis.

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dai comuniDecimomannu. La festa della Classedecimese del ‘63Decimomannu. Una passione di riconciliazioneVillaspeciosa. Intervista a Matteo Sedda ex combattente di VillaspeciosaDecimomanni. Insieme per Voi…Uta. I cento anni di tzia Nararena GirinaDecimoputzu. Sa “Via Crucis” cumentisi cantat a DeximeputzuDecimoputzu. Un disegno per predicareil VangeloI Missionari Vincenziani a Decimoputzuuna festa lunga due settimaneUta. 1° raduno delle 500 d’epoca

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le ns inchieste: l’Europa unisce o uccideUta. Is messadoris de UdaAncora IUC!Villaspeciosa. L'agricoltura nelle mani dei giovani:una scommessa vincente!Sfatiamo qualche falso mitoVillasor. “Sorres in fiera” tutti insieme contro la crisiDecimoputzu-Villasor. Giovanni CualbuDecimoputzu-Villasor. ... Il commento del presidente di “Terra Sana” Luca SerpiAssemini. Un artigiano contro la crisiUta. Antonio Lai e la vita da capraroDecimomannu. Martina e Filippo in fuga dalladisoccupazioneAmbiente, politica e futuro a Decimoputzu visticon gli occhi della gioventù

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economia e politicaCome i polli di Renzo…6

lo sportDecimomannu. Decimo 07 incognita playoutDecimomannu. Atletica Valeria il sogno continuaAssemini. Giocabimbi piccoli sportivi crescono

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ambienteDacci oggi il nostro pane quotidiano24

la politica nazionaleCinque stelle, grandi battaglie perse (e vinte) trail surreale e il comico

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Dai comuni, Decimomannu N° 794 www.vulcanonews.it

di Ettore Massa

Acura del gruppo spontaneo guidatoda Rinaldo Littera, in collaborazionecon l’Amministrazione Comunale, si

è realizzata domenica 13 aprile, in seratainoltrata nella centralissima Piazza Balli,la 2^ edizione della “Passione di Cristo”.Circa un centinaio tra figuranti, tecnici,musicisti, oratori e i cantori dei due coriuniti insieme diretti da Don Fabio Trudu,tutta gente comune decimese, per far rivi-vere in diretta i momenti cruciali dell’ultimasettimana di vita terrena di Gesù davanti aun numeroso pubblico, attento e parteci-pato. I Momenti atroci, altamente intensi e toc-canti soprattutto quello della crocifissione,espressi con semplicità e grande disinvol-tura da tutti i protagonisti, sotto effetti sce-nografici, di costumi, luci e colori, interca-lati con musiche e canti, generando unacrescente esplosione di emozioni che

hanno appassionato i numerosi presenti. Ancora più ricco di intensità ed emozioneil momento dei saluti finali, con il sindaco,il vescovo Arrigo Miglio che ha assistitocon grande partecipazione alla rappresen-tazione e il nostro parroco Don BeniaminoTola che ha lanciato pubblicamente unsignificativo messaggio di riconciliazione.La passione di Cristo, iniziata con laDomenica delle palme e ci porterà allaDomenica di Pasqua con la Resurrezione,deve essere vissuta insieme con grandeumiltà, così ha espresso Don Tola, ringra-ziando tutti, coro compreso, e chiedendodi mettere “una pietra sopra”, come quella“pesante” del santo sepolcro per ricomin-ciare “uniti” a collaborare per il bene dellacomunità locale. Tutti i presenti hanno apprezzato il mes-saggio con vero entusiasmo e la piazza,ancora gremita di gente, ha applauditocon la speranza che presto si possanoricucire quelle ferite che da qualche tempo

condizionano l’attività ecclesiale dellanostra comunità. Non sarà certamenteun’azione a effetto immediato, avrà biso-gno di tempo, ma alla fine della rappre-sentazione, sottolineata come “momentodi preghiera” da Rinaldo e dal VescovoMiglio, in quella atmosfera di pace e sere-nità, si sono ricreati tutti i presupposti perriprendere i contatti e la reciproca collabo-razione, nel modo che ci ha insegnatoGesù Cristo nella sua vita terrena, in par-ticolare nell’affrontare con indiscussocoraggio il suo triste destino quale sacrifi-cio per redimere l’umanità. La settimana di “Passione”, iniziata con lepromesse di riconciliazione, in attesa dellaSanta Pasqua con la speranza che possatrasmettere quel richiamo di risurrezioneche la nostra Comunità merita di riavere.

Le fotografie di Salvatore Littera e Tomaso Fenu ritrag-gono il momento cruciale della Passione e il saluto del

Vescovo Arrigo Miglio a tutti i partecipanti

UNA PASSIONE DI RICONCILIAZIONE

In piazza la 2^ edizione della rappresentazione dal vivo

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Anche in questo editoriale enelle pagine successiveparleremo di crisi, di azien-

de che chiudono, di giovani chescappano dall’Italia, di Europache con le misure di austeritànon sta dando una mano, anzi. Parleremo anche delle iniziativeimprenditoriali di alcuni giovanidel nostro territorio che timida-mente cercano di farsi largo etentano di far decollare la propriaazienda. Ma la situazione è diffi-cile, tremendamente difficile. Infatti, a queste iniziative fannoda contraltare le file dei disoccu-pati che ogni giorno cercano unsostegno presso i Comuni, pres-so gli assistenti sociali, per chie-dere un contributo economi-co, per chiedere una boccatad’ossigeno: ma i soldi non cisono per tutti e le briciole chevengono ripartite tra i menoabbienti non bastano più. La situazione sta diventandoesplosiva. Chi non ha la forza o non trovaaltro rimedio scappa dall’Italia;altri invece si lasciano andare earrivano alle situazioni piùestreme: non si contano più isuicidi di imprenditori, maanche di cittadini che nonaccettano e non vogliono più lot-tare per una società che stadiventando sempre più dura epiù ingiusta.Questo, purtroppo, è lo scenarioche abbiamo davanti tutti i giorni:e non abbiamo ancora raggiuntoil fondo.È ormai opinione comune cheall’origine di gran parte di questasituazione, come si dicevaprima, siano le misure che civengono imposte dell’UnioneEuropea.Molti provvedimenti, come ilfamoso Fiscal Compact, ven-gono messi in discussione consempre più forza da imprenditori,esperti economici e anche dapolitici che nell’estate del 2012 loavevano addirittura votato. Infatti, a distanza di due anni,alcuni importanti esponenti deipartiti che nel 2012 ne approva-rono l’entrata in vigore in Italiahanno detto che aderire al FiscalCompact fu uno sbaglio, alimen-tando il dibattito. StefanoFassina, ex viceministroall’Economia e responsabileeconomico del Partito

Democratico nel momento incui il PD votava sì al FiscalCompact, ha detto che si trattò di“un errore”; l’ex presidente delConsiglio Enrico Letta, sempredel PD, ha detto pochi giorni fache “così com’è sarebbe terribileper l’Italia”. Silvio Berlusconi,all’epoca leader del PdL, chevotò sì al Fiscal Compact, recen-temente ha detto che l’accordo“esprime in sé tutte le idee di unapolitica imposta all’Europa dauna Germania egemone”. Pernon parlare di Beppe Grillo chescrive sul suo blog: “il debito èin salita verticale e gli interes-si aumentano, mentre il Pil è indiscesa. In questa situazione ilFiscal Compact, che tagliereb-be la spesa pubblica dai 40 ai50 miliardi all’anno per ven-t’anni in mancanza di una for-tissima crescita, del tuttoimpossibile, è irrealistico.Consegnerebbe l’Italia allamiseria”; secondo il comicogenovese la misura uccidereb-be ogni possibilità di ripresaper i tagli sconsiderati allaspesa sociale, dalla scuolaalla sanità. Il 19 luglio 2012 conil governo di Rigor Montis, presi-dente del Consiglio non eletto danessuno, fu approvata la con-danna a morte del nostroPaese detta ‘Fiscal Compact’.La solita parola inglese che dàspessore intellettuale a chi la usae che non fa capire di che si trat-ta”, conclude Grillo che giura,inoltre, che quando riuscirà agovernare lo cancellerà.A questo punto la domanda èd’obbligo: perchè gli italiani stan-no accettando passivamentetutto questo?Perchè finalmente non ci siribella e si fa sentire la propriavoce?Ormai è chiaro dove ci voglionoportare, ma è anche noto che,mentre in Grecia, Portogallo eSpagna le sollevazioni di massasono all’ordine del giorno e moltospesso non vengono rese notein Italia dai mass-media, gli ita-liani non muovono un dito erimangono in attesa di chissàquale nuovo evento. L’Europa,cari amici, è questa e forsesarebbe bene rimettere in dis-cussione tutto prima che sia trop-po tardi.Con queste misure le nostre

aziende non partiranno mai,anzi, anche le poche rimastestanno chiudendo i battenti eallora dove vogliamo andare? Setutte le attività commerciali chiu-deranno chi pagherà le impo-ste per sostenere i servizidello Stato, come la scuola ela sanità in primis? Come potràlo Stato dare una mano ai giova-ni che si affacciano nel mondodel lavoro?Andate a vedere come laGermania, la Francia e altri Statinord-europei, su internet c’èun’ampia possibilità di documen-tazione, sostengono i propri gio-vani e anche i meno giovani cheimprovvisamente perdono illavoro.Da noi queste cose ce le sognia-mo.La Germania sta vincendo laterza guerra mondiale con lafinanza e più di un operatoreeconomico dice ormai aperta-mente che è tutto studiato atavolino, in maniera che i nostrigiovani, non trovando niente dafare qui in Italia, vadano a lavo-rare in Germania per fare i lavoripiù umili, che i tedeschi nonvogliono più fare, e con salarimiseri. Nelle pagine più avanti,dedicate alla nostra inchiesta vi èanche un’intervista a una giova-ne coppia decimese che lo scor-so anno ha deciso di lasciareDecimo per andare a lavorare inGermania.Qui in Italia la disoccupazionegiovanile ogni giorno tocca unnuovo record, così come ildebito pubblico italiano che haraggiunto la strabiliante cifra di2mila miliardi e cento milioni.Cento milioni di miliardi solo nel-l’ultimo anno. Ma allora tutti i

nostri sacrifici dove vanno a fini-re? Ormai il nostro potere diacquisto si sta assottigliandosempre di più e più di un cittadi-no rimpiange la vecchia lira. Nel2002, anno in cui è partito l’euro,con uno stipendio di un1.800.000 lire si campavaancora bene e ci si poteva per-mettere il lusso di mettere daparte qualcosa, oggi con 1500euro, non si arriva a fine mese.Se vi fate un giro nelle varie zoneindustriali delle nostre città epaesi non si contano più leaziende chiuse e le fabbricheche hanno deciso di licenziaretanti operai pur di sopravvivere. Ecco perchè monta la protesta ecresce l’odio contro l’Europa;ecco perchè i partiti estremisticome quello filonazista di LePen in Francia raggiungonouna percentuale altissima diconsenso, mentre qui in Italia almassimo non si va a votare: isondaggi sulle prossime elezionieuropee danno all’astensioni-smo la più alta percentuale mairaggiunta in Italia, si pensa addi-rittura oltre il 50 %.Adesso si spera in MatteoRenzi, un giovane politico cheha già messo in campo alcunemisure e ha leggermente cam-biato il clima generale di incer-tezza in un clima di moderatafiducia, e, a differenza deigoverrnanti che lo hanno prece-duto, ha elencato delle date benprecise, dicendo anche che sedovesse fallire gli italiani sonoautorizzati a cacciarlo. Direi cheè già un segnale di discontinuitàcon il passato, ma ci deveanche far capire se l’Europa,se ci riuscirà e\o glielo permet-teranno, unisce o uccide.

L'EUROPAUNISCE O UCCIDE?

Editoriale di Sandro BanduN° 79 5www.vulcanonews.it

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di Gianni Rallo

Riprendiamo il discorso econcentriamoci sulNuovo Ordine

Mondiale. Avverto che, per lasua complessità, questaseconda parte sarà a suavolta divisa in due articoli. Peressere il più esauriente possi-bile nel poco spazio a disposi-zione, vorrei partire da unasemplice constatazione: nonsarà possibile rispettare ilFiscal Compact. Il Parlamentoitaliano ha assunto infatti l’ob-bligo, con la legge 23 luglio2012 n. 114, di ridurre al 60%l’incidenza del debito pubblicosul Prodotto Interno Lordo(PIL). Ciò a partire dal gen-naio 2015, ora spostato dallaUE al gennaio 2016 per gliovvi motivi contabili, cheandiamo a vedere, ma ancheper allontanare i relativi, pre-vedibili disordini sociali.Secondo calcoli complessiche qui non è possibile ripor-tare, e immaginando unasituazione ideale a livello diimposizione fiscale (chedovrebbe crescere ancorasenza creare cali di consumo -la botte piena e la moglieubriaca, cioè), di inflazione edi crescita economica costan-te, per arrivare nel termineindicato a quel famoso 60%occorrerebbe che l’avanzo pri-mario (saldo tra spese eincassi dello Stato, attualmen-te attivo, non fosse per i debiticon le banche private a cui loStato, non potendo più batteremoneta per proprio conto,

deve far ricorso per le suespese correnti) si mantenessealmeno al 4,5% e che la cre-scita del PIL non scendessesotto l’1,6%. Per i prossimivent’anni. Ognuno è in gradodi capire da sé che stiamoparlando di sogni. Insomma, ilFiscal Compact non potràessere rispettato, altro chepareggio di bilancio (ficcato inCostituzione, come si sa, inbarba alle più che lecitedenunce di incostituzionalità,con legge 20 aprile 2012: gra-zie, sig. Monti, per l’una e perl’altra cosa!). A programmaree imporre questa strage eco-nomica e sociale è la cosid-detta Troika, sigla che fa riferi-mento a Fondo monetariointernazionale, BancaEuropea e Unione Europea,tutte al servizio della grandefinanza speculativa, come èfin troppo facile dimostrare. E’bene sapere subito, senzaentrare troppo nel dettaglio,che il funzionamento della UEnon ha nulla a che vedere conla trasparenza e la democra-zia, e perché non si pensi chea dirlo sia un populista dellapeggiore specie, basta ricor-dare che la CorteCostituzionale tedesca – ripe-to, TEDESCA – ha stabilitoche, poiché il funzionamentodegli organi istituzionali euro-peo non è democratico, ILPARLAMENTO TEDESCOCONTINUERA’ AD AVEREL’ULTIMA PAROLA SUI COM-PORTAMENTI DELLA GER-MANIA RISPETTO ALLEDIRETTIVE UE. La nostra

Corte Costituzionale è forse didiverso avviso? Si stanno, poi,sventolando tante parole inuti-li sulle prossime elezioni euro-pee, ma è bene sapere ancheche il Parlamento europeoNON HA POTERE LEGISLA-TIVO, l’ultima parola spettaalla Commissione europea,che non è eletta dai cittadinieuropei ma dal Consiglioeuropeo (l’insieme dei primiministri) sulla base del gradi-mento dei suoi membri piùinfluenti e dei mega interessidella finanza internazionale.La Commissione esercita,perciò, il potere esecutivo;essa ha, inoltre, una preroga-tiva che non esiste in nessunademocrazia: il MONOPOLIOdella iniziativa legislativa, cioèa lei sola spetta presentareregolamenti o direttive che, senon approvati dagli altri orga-ni, può ritirare. In questomodo, per farla breve, il 70%delle leggi che i Parlamentinazionali approvano sono det-tate dalla UE. Una rapidaricerca su internet fornirà (enon la stampa nazionale!), achiunque voglia approfondirela complessa questione, glielementi necessari. Fatto stache alla Commissione i gover-ni devono presentare un pro-gramma di stabilità di contisecondo le linee indicate dallaUE: addio all’autonomia deiParlamenti. Le chiacchiere deipolitici, le loro promesse, leloro prese di posizione sonopatetico fumo negli occhi. Gliultimi tre presidenti delConsiglio, non eletti, hannoavuto il gradimento dellaTroika o ne sono stati unaemanazione diretta. Ad es.,per limitarci al presente, chic’è dietro Renzi? Uno dei suoiconsulenti di politica estera èl’americano Michael Ledeen,già al servizio di Reagandurante la Guerra Fredda, ècolui che ha ideato gli squa-droni della morte inNicaragua, teorico della guer-ra in Iraq e Iran sotto Bush,

consulente del Sismi al tempodella strategia della tensione.In America Renzi è visto consimpatia dalla destra repubbli-cana (non per nulla lo stessoD’Alema lo definì come stru-mento dei “poteri forti chevogliono liquidare la sinistra”:lo sta facendo bene, niente dadire). Uno dei consulenti eco-nomici di Renzi è DavideSerra, definito da Bersani “ilbandito della Cayman”, inforza alla Morgan Stanley(considerata una delle respon-sabili della crisi mondiale)dove dal 2006 è direttoregenerale e capo degli analistibancari. Costui si arricchiscescommettendo sui ribassi inBorsa (noi gente semplice lichiamiamo “crisi”) che ha ilpotere di influenzare. Puòbastare, credo, per capire seRenzi sta facendo il benedell’Italia o di qualcun altro: èsconvolto dai mille nuovi dis-occupati al giorno, ma forsenon sa che il tutto avviene nel-l’interesse della Germania cherichiede a gran voce i disoccu-pati del Sud Europa per utiliz-zarli (sottopagati, è ovvio: lacomunità italiana in Germaniaè seconda, ormai, solo a quel-la turca) nella crescita dellapropria economia. Il Job Actrenziano – già denunciato allaCommissione Europea per-ché, di fatto, legalizza la pre-carizzazione dei rapporti dilavoro - corrisponde forse allacinica risposta: “Per sfruttarli,tanto vale sfruttarli in Italia”? Echi è Padoan, attuale ministrodell’Economia? Dal 2001 al2005 è stato Direttore esecuti-vo italiano al Fmi, consulentedella Banca Mondiale, dellaBCE e Commissario Europeo(anche il precedente ministroSaccomanni ha lavorato per ilFmi, per la BCE, per la UE).Cottarelli, il tecnico che staindividuando i costi dal taglia-re (85.000 statali, per comin-ciare, gli sono subito apparsiinutile zavorra), viene pure luidal Fmi. Insomma, la Troika ci

Economia e politica N° 796 www.vulcanonews.it

COME I POLLI DI RENZO…Ne I promessi sposi Renzo va a chiedere consi-

glio al dottor Azzeccagarbugli (specie mai estin-ta, del resto…) e gli porta in omaggio dei polli

da mettere in pentola. Questi, tenuti per lezampe dal nervosissimo Renzo, non trovanoniente di meglio da fare che beccarsi furiosa-

mente a vicenda.A buon intenditor…

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La politica NazionaleN° 79 7www.vulcanonews.it

ha messo nelle mani dei suoiuomini migliori, possiamostare tranquilli. Sapendo benissimo, poi, chele economie europee sareb-bero state distrutte - comequelle sudamericane, un déjavu del quale siamo statiampiamente ma inutilmenteavvertiti - da questa folle (einutile, ormai è chiaro) austeri-tà, ha promosso la creazionein Europa del MES, il Fondo

Salva Stati, un meccanismo diricatto delle politiche internedegli Stati attraverso il condi-zionamento dei prestiti (resinecessari dall’austerità) all’at-tuazione di politiche di riduzio-ne del welfare, dei salari e deidiritti dei popoli (non stupia-moci troppo, è il vero obiettivo,sta puntualmente accadendoed è altrove accaduto, vediGrecia, Portogallo, etc.). Perinciso, gli uffici, gli atti, i docu-

menti, i funzionari a tutti i livel-li del MES sono fuori dal con-trollo di ogni magistratura e diogni polizia. Comel’Eurogendfor, la gendarmeriaeuropea (di cui nessuno saniente, peraltro) che avràcarta bianca nell’affrontare leinevitabili rivolte di piazza inarrivo. Che saranno cieche eselvagge purtroppo, perché,almeno da noi, non esisteancora nessuna coscienza

politica correlata all’enormitàdi quanto sta accadendo: stia-mo sperando in Renzi, eccocome siamo messi. Per quanto riguarda la situa-zione macroeconomica e geo-politica, non è che siamomessi molto meglio, cometenterò di illustrare nel prossi-mo intervento.

- Continua

di Tonino Uscidda

Fiumi di inchiostro sui giornali (newstelevisive e radiofoniche, talk show ecommenti infiniti nei recinti social

senza rete della rete) sono stati versati sino-ra per interpretare il “movimento spettacolo”di Grillo & Co. Il capolavoro di uno dei piùstraordinari artisti comici contemporanei.Un movimento populista “bastian contrario”,vittorioso nelle elezioni di febbraio delloscorso anno, che è stato capace di (non)raggiungere un risultato concreto qualesarebbe stato l’abolizione del reato di immi-grazione clandestina, sconfessato (‘à rìdaie’dicono a Roma) dal duo supremo Grillo-Casaleggio. Per non parlare – cosa ancorpiù grave – dell’ormai accantonata riforma,in salsa grillina, della legge elettorale: caval-lo di battaglia per cui è nato il movimento(ricordate il sondaggio online tra gli iscrittiche decretò la vittoria del più logico propor-zionale?). Battaglie perse, certo, ma anchevinte come quella della cacciata - sostenutaanche da altre forze politiche - del condan-nato (Berlusconi) dal Senato dellaRepubblica, con voto palese. Vittorie einsuccessi che si rincorrono al pari delle

beghe interne al Movimento tanto che nelfrattempo, è bene ricordarlo, il M5S haperso oltre venti parlamentari tra espulsie fuoriusciti per protesta.Inciampi di percorso, peccati veniali (‘previ-sti..’, a detta del guru genovese) che rendo-no più arduo un futuro governo di cambia-mento radicale a guida “Five Stars”. Ipotesifantasiosa (…) quella di un governo mono-colore fin tanto che il sangue nobile penta-stellato non potrà essere mai e poi mai -l’ordine dei due comandanti in capo èperentorio – miscelato con quello annac-quato della “destra” o “sinistra” (altrettantoconfusamente demagogiche e litigiose) delPaese dei balocchi. Lo impone nell’ambitodei Cinque Stelle il pensiero unico “Wehave a dream”e la speranza, sempre ultimaa morire, di un “prossimo” mandato eletto-rale a governare: soli, senza alleati collusicol sistema. Chissà, non prima del 2018,salvo sorprese (vista l’aria che tira) derivan-ti dal prossimo voto europeo di maggio. Cisperano (ma quanto?) milioni di italianidisperati e totalmente sfiduciati dalla incon-cludente e macchinosa (ma con “turboRenzi” è differente, promettono i nuoviinquilini istituzionali, sic!) politica italiana.

Ipotesi, questa, non troppo peregrina cheprenderebbe il via (“We have a dream..”) aseguito della, ipotetica, rovinosa caduta –tanto auspicata in casa Grillo Casaleggio –dell’attuale governicchio sprint di illusionenazional-renziana (sprovvisto di mandatoelettorale) e sostenuto, niente poco dimeno, dai fuoriusciti alfaniani del partito digomma dell’(ex) Cavaliere nonché pregiudi-cato in prova ai servizi sociali: per sole quat-tro ore a.. settimana (!)A quel punto che ne sarà dell’Italia? “Megliosoli a governare che male accompagnati!”.Già, sembra di sentirla questa rispostasecca, “sprezzante”, proveniente dagli innu-merevoli – seppur diradati - deputati dell’op-posizione parlamentare grillina (e pensareche c’è chi dubita che esista per davvero)nonché dalle migliaia di internauti della reteamica. Ma attenzione perché sappiamoche gli italiani sono talmente disillusi daipoliticanti nostrani – ‘duri’ & ‘puri’ compresi- che non sarà, forse, neppure un ipoteticogoverno di riscatto dei “Vaffa Day” a restitui-re loro una parvenza di speranza per unfuturo migliore. A meno che…

Un movimentopopulista velleitario

e “bastian contrario”alla ricerca del consenso

(perduto?) e del governoin solitaria nell’Italia della crisi

sommersa dal debito pubblicoe dall’illegalità

MA IL MOVIMENTO PENTASTELLATO…

CINQUE STELLE, GRANDI BATTAGLIEPERSE (E VINTE) TRA IL SURREALE

E IL COMICO

®Tonino U

scidda / Fotogram

ma

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Le nostre inchieste, Uta N° 798 www.vulcanonews.it

IS MESSADORISDE UDA

di Daniela Corda

Un mestiere antico quellode ‘su messadori‘, di cuioramai si sono perse le

tracce. Ma c’è chi, animatodalla voglia di rispolverare levecchie tradizioni e nell’intentodi portarlo a conoscenza dellenuove generazioni, ha decisodi farlo rivivere ai giorni nostri.E’ infatti così che nel 2010nasce il gruppo spontaneo de‘is messadoris’ di Uta che sfilaper le strade del paese inoccasione della festa diSant’Isidoro.Inizialmente il gruppo era for-mato da otto persone, seiuomini e due donne, come ciracconta il coordinatore,Angelo Coghe, da cui ci faccia-mo raccontare la genesi delgruppo.A chi è venuta l’idea di for-mare questo gruppo?L’idea nasce da due persone,io e Efisio Cuncu.Cos’è che vi ha spinto hamettere su questo gruppo?Un giorno durante la proces-

sione di Sant’Isidoro ci siamoresi conto che era una proces-sione molto povera, non c’era-no più i carri allegorici di unavolta e abbiamo realizzato chesi stavano perdendo le tradi-zioni. Quindi ci siamo ripro-messi che l’anno successivoavremo organizzato qualcosa.Così in breve tempo e conmolta fatica abbiamo messo suun gruppo inizialmente formatoda otto persone. Persone cheio sono riuscito a coinvolgereall’ultimo momento, alcuni nonabitano nemmeno più a Uta.E’ stato difficile coinvolgeredelle persone in questo proget-to, perché molti si vergognava-no di sfilare vestiti così per levie del paese. Infatti la gente ciprendeva in giro, a me prende-vano in giro.Quindi inizialmente questogruppo è nato solo per par-tecipare alla processione diSant’Isidoro, così da arric-chirla e abbellirla rispolve-rando vecchie tradizioni?Sì, pensa che una signora si ècommossa vedendoci sfilare inprocessione perché le abbia-

mo ricordato il nonno quandorientrava dai campi. Certo poi iragazzi che stanno fuori daibar si mettono a ridere e ciprendono in giro, ma sempli-cemente perché non conosco-no la tradizione, non sannonulla.Ci può raccontare cosa suc-cedeva in antichità? Quandoè nata la cultura de ‘is mes-sadoris‘?La cultura de ‘is messadoris’ èsempre esistita. Esisteva ilgranaio di Roma che era situa-to a Guamaggiore, Ortacesus,Guasila, Senorbì e tutta quellapiana della Trexenta. Romaaveva schiavi che portava quie li faceva lavorare. Loro poivenivano sulle imbarcazioni ecaricavano il prodotto finito,come la farina e i legumi.Infatti, si dice che l’imperato-re romano Giulio Cesareconsiderasse la Sardegna “ilgranaio di Roma”, per lagrande produzione di fru-mento favorita dalla fertilitàdelle campagne dell’isola.Le importanti bonifiche dellezone paludose e il riordino

delle acque, cominciate pro-prio durante l’occupazionedegli antichi romani, ha resoi terreni particolarmenteadatti alle colture di cereali.I contadini quindi una partedel raccolto la portavano algranaio di Roma e l’altra latenevano per il propriosostentamento, immagino.Sì, ma esistevano gli schiavi.Obbligavano le persone alavorare per loro e gli davano ilminimo per sopravvivere. Noiabbiamo sempre vissuto dipastorizia e di agricoltura.C’erano i carri trainati dai buoi

con cui si arava, poi si semina-va il grano e si zappava, per-ché non esistevano i diserban-ti, poi lo mietevano, lo legava-no, lo caricavano sui carri e loportavano a ‘Is argiolas’ doveveniva ripulito dalla spiga eveniva selezionato. Infatti lavia si chiama ‘Argiolas Manna’proprio perché era il luogo incui veniva portato il granodopo raccolto.Com’è organizzato il vostrogruppo?Da quest’anno abbiamo anche

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l’aratro. Ci sono due chehanno ‘sa spotta’ (la saccadove contenevano il grano),che seminavano. Poi c’è lafigura de ‘su marradori‘, chezappava e toglieva ‘saambuatza’ (le erbacce) inmodo che non soffocassero ilgrano. In ordine poi viene ‘sumessadori’ che mieteva con lafalce. ‘Sa spigadrixi’ che racco-glieva le spighe che sfuggiva-no a ‘su messadori’ e le racco-glieva in un panno, perché nonsi buttava via niente. ‘Sa spi-garixi pottada su mallu‘, avevacioè un bastone simile a unmattarello con cui si batteva ilgrano per separarlo dallaspiga. Poi abbiamo ‘sa chipota sa mariga‘, cioè chi porta-va l’acqua per chi lavorava. Cisono poi quelli che hanno l’at-trezzatura per lavorare in ‘s’ar-giolas’, c’è chi porta il pane eaffianco chi porta l’attrezzaturaper il forno, come ‘sa palia‘, lapala, ‘sa scova’, la scopa per ilforno, e ‘su fruconi‘, cioè il for-cone. Infine c’è la figura delpastore che chiude il ciclo, per-ché alla fine il terreno vieneripulito dalle pecore prima dipoter essere coltivato nuova-mente. In prima fila, durante laprocessione, ci sono due bam-bini che tengono lo stendardoe il suonatore di organetto,Andrea Ecca. Dimenticavo,un’altra figura importante èquella de ‘su messaiu’, che haun abbigliamento diverso da ‘ismessadoris’, che erano glioperatori, perché era il padro-ne. Non era il proprietario delterreno ma era quello checoordinava la squadra de’ismessadoris’. Una particolare tecnica usatain antichità era quella eseguitaper mezzo delle coperte.Quando non c’era il vento,venivano sventolate affinché laparte della spiga priva digrano, quella che pesavameno, volasse via. E così veni-va separata la spiga dal chic-co.Ne ‘is argiolas‘ c‘era sempreun guardiano (lo è stato ancheun mio zio), e si portava tutto lì:

il grano, i ceci, le fave. E poiognuno si prendeva il suo.Anche via Montegranatico sichiama così perché c’era ilgranaio lì.Quindi ognuno di voi ha unruolo preciso?Sì, e siccome durante le pro-cessioni ci sono persone daentrambi i lati della strada,abbiamo un figurante a destrae uno a sinistra che ricopronolo stesso ruolo. E i figurantisono in fila indiana. E’ tutto stu-diato nei minimi dettagli, mal-grado in molti non lo capisca-no. Vengono rappresentatetutte le fasi, da quando vienepiantato il grano fino a quandoil pastore porta il pascolo perripulire il terreno.Da quante persone è compo-sto attualmente il gruppo?Attualmente siamo 28 perso-ne, in parte residenti a Uta e inparte originari di Uta.Ci racconta un po’ l’attinen-za de ‘is messadoris’ con lafesta di sant’Isidoro?Sant’Isidoro era un santo spa-gnolo. Era molto religioso elavorava alle dipendenze di unlatifondista, tutti i giorni. Peròvoleva andare anche allamessa e, un giorno, gli appar-ve un angelo che gli disse diandare tranquillo alla messache al lavoro ci avrebbe pen-sato lui . Secondo la leggenda,mentre lui era a messa, l’ange-lo fece il lavoro al posto suo ecosì il padrone non ebbe daridire. In ogni paese c’è sem-pre sant’Isidoro che è il santodei contadini , soprattutto inpaesi agricoli come il nostro. Equest‘anno farò il possibile perintrodurre la figura dell‘angelo.E la festa coincide con ilperiodo della raccolta delgrano?Sì, infatti ci troviamo in difficol-tà perché essendo festeggiatoin molti paesi in contempora-nea non possiamo parteciparea tutte le feste. Poi veniamoinvitati anche in altre occasio-ni, come ad esempio alla festadi San Giorgio, aDecimoputzu, che si tiene il 18di maggio, e lì fanno ‘is trac-

cas’ e distribuiscono ‘su coc-coi’ a tutti. Tra l’altro a Decimoputzupartecipano anche i giovani,e ci tengono a queste usan-ze, a differenza dei ragazzi diUta.Sì, lì ci tengono molto. E perché invece i ragazzi diUta sono disinteressati?Forse perchè sono demotivati.Non c’è quella cultura… nonc’è una sensibilità verso le tra-dizioni. Il 25 aprile, invece, saremo allafesta di sant’Isidoro di Sinnai.L’anno scorso abbiamo parte-cipato a dieci eventi, mentrel’anno prima solo tre, quindistiamo crescendo, veniamosempre più apprezzati e rice-viamo sempre nuovi inviti.Noi ci autofinanziamo e anchel’abito ognuno se l’è fatto persé a ‘s’antiga‘. Siamo un grup-po spontaneo. Qualcuno ha‘su corru‘, dove si metteva ilsale, perché prima ci si sposta-va da un campo all’altro e nonsempre si poteva rientrare acasa, quindi si prendeva ilnecessario per magiare, disolito pane e pomodori, ocipolle, la stuoia su cui poterdormire e ‘sa burra de saccu’(la coperta), ‘su frascu’, cioèun contenitore di terra cottadove si metteva l’acqua.Oppure ‘sa crocoriga‘(una par-ticolare zucca che venivaessiccata) dove si metteva ilvino.Ma come mai vi chiamate ‘ismessadoris’ quando poioltre ai mietitori ci sono altrefigure?Perché spesso, in antichità,tutti questi lavori venivanosvolti dalla stessa persona,perché non venivano fatti con-temporaneamente. Oggi chia-ramente il lavoro è agevolatodalle macchineIl lavoro de ‘su messadori’ èstato sostituito da prima con lamietilega e poi dalla mietitreb-bia Perché non vi costituitecome associazione, regolar-mente registrata con unostatuto e un atto costitutivo?

Perché con l’associazione sicreano delle gerarchie, invecenoi qui siamo tutti uguali eanche il coordinatore che rap-presenta il gruppo all’esterno èuguale esattamente a tutti glialtri. Con le gerarchie, si èvisto, si creano sempre dellefratture nei gruppi, nonostantesiano ben organizzati. Io inquesto caso sono il mediatore,niente di più. Quando poi cisono i soldi di mezzo, comediceva Lutero “i soldi sono losterco del diavolo”, quando cisono troppi soldi in giro è peri-coloso.Anche quando ce ne sonotroppo pochi, se è per quel-lo. A noi quando c’invitano, cidanno solo il rimborso dellespese per il viaggio e ci offronoil pranzo. Noi siamo felici così.Con i rimborsi organizziamouna o due pizzate all’anno,stiamo in compagnia e trascor-riamo delle belle serate.Abbiamo partecipato ad unmetting internazionale l‘annoscorso, a San Sperate, dovec’erano persone di nazionalitàdiverse, 800 persone in piazzaGramsci, che sentendo noicantare ‘su trallallera’ ci imita-vano, incuriositi da quel ritmoorecchiabile. Perché primanon c’erano le radio e per pas-sare il tempo e sentire meno lafatica del lavoro, i lavoratori neicampi improvvisavano dei‘mutetus’, con cui si sfottevanoa vicenda e ridevano.Ringraziamo Angelo Cogheper la disponibilità e il tempoconcessoci.Un mondo, quello agropasto-rale sardo, più simile adun‘opera d‘arte in cui ancoraoggi sembra di udire echeggia-re dei suoni poetici, che ciricordano le radici che ci ten-gono legati alla nostra terra eche sarebbe bene non scorda-re mai. Un sincero augurio a ‘IsMessadoris‘ affinché prose-guano su questa strada per-ché, per usare le parole di unoche di arte se ne intendeva,Leonardo da Vinci, “chi seminavirtù raccoglie fama”.

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di Maria Angela Casula

In una trattazione preceden-te ci eravamo chiesti se laIUC, Imposta Unica

Comunale, fosse una nuovaimposta, in aggiunta alle mol-teplici altre imposte e tasseche il governo ci impone,oppure una semplice rivisita-zione di quelle che purtroppogià conosciamo.Di fatto sono tre in una, ma giàdalla definizione giuridica sicapisce che l’operatività appli-cativa sarà tutta un po’ confu-sa, infatti la IUC viene definitaimposta, mentre racchiude insé, oltre alla oramai conosciu-ta IMU, imposta municipaleunica, ora esclusa per gliimmobili destinati ad abitazio-ne principale, la tari e la tasiche invece sono due tasse.Pertanto si parla congiunta-mente sia di imposte che ditasse in un’unica definizione,mentre nel diritto italiano leimposte e le tasse vengonoidentificate come due fattispe-cie di imposizione completa-mente distinte.La tari è la nuova definizionedella tares, tassa sui rifiutiurbani, che molti hanno già

conosciuto nel corso dell’anno2013 e che ha causato inmolte comunità non pochi pro-blemi e contestazioni per illivello eccessivo dell’imposi-zione tributaria relativa.La tasi sembrerebbe unanuova tassa, viene definitatassa sui servizi indivisibili, cheè chiamata a coprire i serviziforniti dal comune, quali lapubblica illuminazione, la sicu-rezza stradale, la manutenzio-ne delle strade e così via.Dopo l’approvazione dellalegge di stabilità 2014 sonostate evidenziate notevoli criti-cità nell’applicazione di talefattispecie di tassa, provocan-do non poche polemiche perl’innalzamento dell’aliquota,tanto che è allo studio dell’at-tuale governo la modifica ulte-riore, rispetto a quella già inter-venuta con la conversione deldecreto n. 150/2013, così dettodecreto milleproroghe.In particolare si sottolinea ilproblema dell’aliquota dellatasi e della platea di contri-buenti che va a colpire, infatti,a parere di chi scrive, si trattadi un’altra IMU mascherata datasi, infatti attualmente veste insostanza i nuovi panni dellavecchia IMU.In altri termini da una parte è

stata eliminata l’IMU sull’abita-zione principale e tutti siamorimasti contenti e soddisfattiper la “promessa mantenutadal governo”, dall’altra è stataintrodotta una nuova tassa chela sostituisce di fatto, perché latasi ha la stessa metodologia ela stessa base di calcolodell’IMU, colpisce non solo ilpossessore dell’immobile, maanche l’utilizzatore, e soprat-tutto grava anche sull’abitazio-ne principale, che invece erastata esentata dall’IMU nel2013. Quindi dall’anno 2014 gliimmobili destinati ad abitazio-ne principale, esclusi quelli dilusso, costituiscono di nuovobase imponibile.Ora le domande che verrebbe-ro spontaneamente sono “per-ché la tasi viene legata ai costiche sostiene il comune per iservizi indivisibili?” “Qual è ilcollegamento?” Non esisteneanche una disciplina precisache identifichi i servizi indivisi-bili. Si sa che sono servizi resia favore dell’intera collettività,e che non sono servizi offertiprevia domanda del cittadino,in quanto sono goduti da tuttala collettività indistintamente inquanto tale.In realtà non vi è alcuna con-nessione in quanto la motiva-zione per cui nasce la tasi èmolto semplice, lo Stato nonavendo risorse finanziarie datrasferire agli enti locali, dis-pone nuove imposizioni tribu-tarie a carico della collettivitàgovernata, determinando isoggetti passivi, l’oggetto del-l’imposizione e i limiti dellealiquote da applicare, ridu-cendo al minimo la potestàregolamentare degli enti loca-li e soprattutto le risorsefinanziarie da trasferire. I comuni si trovano da unaparte a disporre di sempre

minori risorse finanziarie tra-sferite dallo Stato e dall’altra adover imporre sempre maggio-ri tributi a carico dei loro citta-dini.Le aliquote della tasi possonooscillare tra l’1 e il 2,5 permille, e ora, solo per il 2014,fino al 3,3 per mille. Se ilcomune applica delle riduzionio agevolazioni, il minore introi-to graverà sull’altra parte deicontribuenti che non ne benefi-ciano.Lo Stato, in pratica, scarica suicomuni il compito di esattore,come è già avvenuto per lamaggiorazione tares una tan-tum che hanno dovuto richie-dere ai loro cittadini nel mesedi dicembre 2013.I riflessi della IUC sulle taschedei contribuenti saranno abba-stanza pesanti, infatti rispettoall’anno scorso, ora pagheran-no anche i possessori di immo-bili non di lusso destinati adabitazione principale, esatta-mente come accadeva conl’IMU, anche se con un’aliquo-ta inferiore. I contribuenti mag-giormente colpiti però sarannocoloro che possiedono più diun immobile, in quanto le ali-quote applicate potrannosuperare il 10,6 per mille percoprire le eventuali agevola-zioni a tutela della prima casa,fino all’0,8 per mille, misuraquesta che rappresentaappunto l’aumento delle ali-quote tasi stabilite dal decretomilleproroghe, recentementeapprovato, che potrebbe esse-re riversato esclusivamentesulle seconde case.Al momento attuale l’argomen-to tasi e aliquote 2014 è anco-ra da definire nel dettaglio ed èoggetto di dibattito da parte delGoverno che sta cercando didelineare meglio tutta la que-stione.

ANCORA IUC!

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di Giuliana Mallei

Se la passione e l’entusia-smo avessero un volto,questo sarebbe sicura-

mente quello di Marcello Gallus.E’ un piacere raccontare ai letto-ri di Vulcano la storia positiva diquesto giovane lavoratore diVillaspeciosa, dato che è sem-pre più raro incontrare giovanicon le idee ben chiare.Marcello ha 22 anni, si è diplo-mato presso l’Istituto TecnicoAgrario “Duca degli Abruzzi” diElmas e lavora nell’azienda agri-cola di famiglia.Ciao Marcello, cosa ha deter-minato la tua scelta di studi?Mi è sembrato il percorso piùlogico. Fin da bambino ho fre-quentato l’azienda, i miei genito-ri mi portavano spesso con loro eio giocavo mentre loro lavorava-no. Poi pian piano mi sono inte-ressato al loro lavoro, è diventa-to parte di me.Che tipo di azienda agricola èla vostra?Lavoriamo esclusivamente conla produzione in serra, infatti l’a-zienda si chiama “Sa Serra” edeffettuiamo una produzione arotazione con due colture annua-li una in primavera e una inautunno. In primavera raccoglia-mo meloni, invece in autunno è

la volta di melanzane (nere eviola), pomodori e peperoni.Raccontaci una giornata tipodi questo periodo.In questo periodo tutte le serreospitano una coltivazione ugua-le: i meloni “Eminenza” checominceremo a cogliere da metàaprile fino a giugno. Arrivo lamattina presto e apro i pannellilaterali delle serre, per arieggiareed evitare che il prodotto vengaattaccato dalla muffa, quindi con-trollo che le piante non abbianoinvaso le corsie laterali, se ciò èavvenuto devo riposizionarle perevitare di calpestarle (se si dan-neggiano le infiorescenze sirischia di compromettere il futuroraccolto). Ovviamente non sono da solo adoccuparmi dell’azienda, infatti cisono, oltre ai miei genitori, i mieizii e mio cugino, inoltre lavoranoper noi anche diversi operai. Illavoro viene equamente suddivi-so in base alle esigenze che sipresentano.La sera, prima di tornare a casa,si deve compiere l’operazioneinversa: chiudere i pannelli late-rali delle serre.Se l’azienda richiede tantolavoro significa che è grande.In tutto sono quasi cinque ettaridi coperto in un terreno di setteettari.Sei molto giovane e questolavoro sembra molto faticoso.Si, è un lavoro faticoso che

richiede anche costanza e impe-gno mentale, ma alla fine la sod-disfazione ripaga pienamente.Devo dire che è molto gratifican-te e alla fine la fatica te la scordi.Per tornare al tuo percorso distudi, hai pensato di potercontinuare iscrivendoti allafacoltà di Agraria?Si, ci ho pensato più volte, maper il momento ho deciso didedicarmi esclusivamente all’a-zienda. Entro breve tempo peròvorrei iscrivermi all’albo comePerito Agrario.Ritieni che aver conseguito ildiploma in Agraria sia un van-taggio per fare questo mestie-re?Indubbiamente è una marcia inpiù. Infatti, al giorno d’oggi, non sipuò pensare di mandare avantiun’azienda senza la preparazio-ne culturale adeguata. D’altraparte è vero che l’esperienza hail suo peso. Infatti i mie genitori ei miei zii hanno dalla loro parteanni di esperienza sul campo eio conto di continuare la mia for-mazione grazie al loro contribu-to.Che progetti hai per il futurolavorativo?Intendo formarmi ulteriormentecon l’esperienza sul campo e poicercare di ingrandire l’aziendacon una maggiore estensione diterreno e aumentando il numerodelle serre. Questo significherebbe lavo-

rare di più.Certamente, ma significherebbeanche creare posti di lavoro.Cosa pensano i giovani comete del lavoro in agricoltura?E’ diffusa l’idea che sia un lavoroeccessivamente faticoso e pocogratificante, ma non c’è niente dipiù falso. Non esiste il lavorocomodo e non faticoso.Sicuramente dopo la fatica arrivala gratificazione e la soddisfazio-ne di vedere la produzione con-cretizzarsi nella vendita e neiproventi che da essa derivano.Purtroppo i giovani di questo ter-ritorio circostante hanno persol’amore per l’agricoltura e inpochi si iscrivono all’IstitutoTecnico Agrario. Solo il paese diVallermosa può vantare una gio-ventù entusiasta per il mondoagricolo.Una curiosità: dedichi tantotempo al lavoro, ti rimanetempo per te stesso?Direi di si. Ritengo di essere ungiovane come tanti, la sera escocon gli amici e spesso, dopo illavoro, vado a giocare a calcio.Anche il divertimento, dopo illavoro, ha tutto un altro sapore.Ringraziamo Marcello per la dis-ponibilità nei confronti di Vulcanoe ringraziamo la sua famiglia peraverci permesso di visitare l’a-zienda. E’ un onore che un’attivi-tà aziendale di questo genere siacosì bella e florida e prosperi nelterritorio di Villaspeciosa.

Intervista a Marcello Gallus, giovane rampollo di unafamiglia di Villaspeciosa che da anni si dedica

all'agricoltura con passione

L'AGRICOLTURA NELLE MANI DEI GIOVANI:UNA SCOMMESSA VINCENTE!

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di Daniela Corda

- terza parte -

Se lo Stato ha la sovranità monetaria:1) è monopolista della moneta;2) spende per primo, e solo successiva-

mente raccoglie le tasse (che non finan-ziano la spesa);

3) può acquistare qualsiasi cosa vengamessa in vendita nella propria valuta(compreso il lavoro);

4) può sempre onorare i debiti contrattinella propria valuta perché non può<<terminare>> la valuta;

5) deve spendere a deficit (cioè deve tas-sare meno di quanto spende) per per-mettere al settore privato di vivere digni-tosamente e di risparmiare,

6) il debito pubblico contratto nella valutaemessa dallo Stato è un debito fittizio e,solo se denominato in una valuta estera(non controllata dallo Stato), rappresentaun debito reale.

“Lo Stato che non garantisce la possibilità dilavoro ma obbliga a pagare le tasse è unostato TIRANNO”. “La disoccupazione è uncrimine contro l’umanità” dott. WarrenMosler- macroeconomista - Stati Uniti, fon-datore della MMT (Modern Money Theory).

L’INFLAZIONE NON È UN FENOMENOMONETARIO

Per inflazione s’intende l’aumento generaledei prezzi. L’emissione di moneta causereb-be inflazione solo se ci fosse un pienoimpiego dei fattori produttivi, cioè se lo Statocontinuasse a spendere in un regime dipiena occupazione. Ma, fin tanto che sussi-ste un tasso di disoccupazione che si aggi-ra intorno al 13% e un tasso di disoccupa-zione giovanile intorno al 40% (due para-metri che non prendono in considerazionegli ’inoccupati’ e i ‘sottoccupati’, che perce-piscono paghe che si aggirano tra i 250 e i500 euro mensili, aggravando dunque ilquadro generale), il timore dell’inflazione èassolutamente infondato (anche se utile agiustificare di fronte all’opinione pubblica losmantellamento del welfare state).Ma, a chi spaventa in realtà l’inflazione? Ailavoratori? Certo che no. Negli anni ‘80

l’Italia aveva il 21% d’inflazione (cosiddettainflazione importata, cioè causata dall’au-mento del prezzo di materie prime importa-te, nello specifico il petrolio) , ma era ancheil paese al mondo col più alto risparmio pri-

vato, e un operaio con un solo stipen-dio riusciva a mantenere la propriafamiglia e a comprare una casa.Mentre oggi, con un’inflazione orascesa all’1,2%, un operaio (se nel

frattempo non perde il lavoro) con unsolo stipendio riesce a malapena asopravvivere. L’inflazione rappre-

senta un problema solo per i ‘rentiers’,per coloro cioè che detengono renditefinanziarie, infatti, mentre i salari e gli sti-pendi vengono indicizzati, le rendite finan-ziarie vengono erose dall’inflazione. E que-sto spiega il motivo del perché la BancaCentrale Europea abbia nel proprio statutocome unico obiettivo quello di mantenerel’inflazione bassa, per compiacere i ‘merca-ti‘ (i rentiers).

IL FALSO MITO DELL’INFLAZIONEDELLA REPUBBLICA DI WEIMAR

Spesso i detrattori della Lira terrorizzanol’opinione pubblica prospettando che unritorno alla Lira porterebbe ad andare a farela spesa con la carriola. Intanto quello cheavvenne nella Repubblica di Weimar, e cheagevolò l’ascesa di Adolf Hitler al potere,non fu un fenomeno di inflazione, bensì diiperinflazione. Quello che avvenne veramente fu che laGermania, in seguito alla sconfitta dellaprima guerra mondiale, fu obbligata permezzo del Trattato di Versailles a pagare idanni di guerra ai Paesi vincitori: fu obbliga-ta a pagare un prezzo eccessivo in oro e intempi stretti. Lo stesso J. M. Keynes previsse il verificar-si di tale fenomeno nel libro “Le conseguen-ze economiche della pace” pubblicato nel1919, esattamente due anni prima. Quindiaccadde che dopo la guerra il sistema pro-duttivo tedesco era fortemente danneggia-to, la Francia e il Belgio si erano imposses-sati della regione più produttiva dellaGermania, la Rurh, e lo Stato incentivò leesportazioni per ricavare i soldi, ma soprat-tutto l’oro (perché all‘epoca esisteva il siste-ma aureo, cosiddetto ‘gold standard‘), perripagare i paesi vincitori. I prodotti per il mer-cato interno scarseggiavano (mentre oggi lemerci rimangono invendute), i prezzi lievita-vano e il governo non volle aumentare lapressione fiscale per drenare liquidità dalsistema per abbassare i prezzi. Per di più ilsettore pubblico si ritrovò a competere conquello privato aggravando la spirale infla-zionistica. Furono queste le reali cause del-l’iper-inflazione, che si verificarono in uncontesto completamente diverso da quelloodierno: non ci sono danni di guerra da ripa-gare; non c‘è un tessuto produttivo danneg-giato (servono solo redditi sufficienti affin-chè la gente consumi), non esiste più il goldstandard, e il regime di cambio è fluttuante,

non più fisso. Paradossalmente, benché molti “analfabeti”sul funzionamento dei sistemi monetarisostengano che ‘stampare moneta’ causiinflazione, succede esattamente l‘opposto:è l’inflazione che determina un aumentodella spesa pubblica, quindi dello stampo dimoneta: l’aumento dei prezzi porta lo Statoa spendere di più e l’iperinflazione agevolala creazione di deficit.In ogni caso le iperinflazioni sono state cau-sate, nella storia, da circostanze specifiche.Il noto analista finanziario, Cullen Roche, haanalizzato 10 iperinflazioni moderne(Weimar, Zimbawe, Grecia, Argentina,Ungheria, Austria ecc.), verificatesi dopo il1900, e ha rilevato alcuni tratti comuni: ten-sioni politico sociali, guerra civile, collassocapacità produttiva (che può essere dovutoalla guerra), governo debole, debito esterodenominato in valuta estera o oro. Tuttecondizioni difficilmente ripetibili oggi.Non si capisce, poi, come mai se la bancacentrale fa il ‘quantitative easing‘, cioè leiniezioni di liquidità alle banche (per trilionidi euro, o di dollari negli USA), questo noncausi inflazione e, invece, se la banca cen-trale spende per lo stato sociale e per crea-re occupazione (quindi per l’economiareale) crea i-ne-vi-ta-bil-men-te, secondo glieconomisti falsari al potere oggi, l’inflazione.Noam Chomsky, il noto intellettuale ameri-cano, lo definisce ‘socialismo al limone’,ovvero socialismo per i ricchi e capitalismoper i poveri.Inoltre, va ricordato che negli anni ‘90 gliUSA si ritrovarono ad avere una bassissimainflazione e una bassissima disoccupazio-ne, a dimostrazione che si può spendereper creare occupazione e al contempo sipuò contenere l’inflazione. A meno che,come sostenne un importante economistacui si ispira la teoria economica dominanteoggi in Europa, in realtà ‘la disoccupazionenon esista’, perché essendo gli individui tuttirazionali la scelta di non lavorare è unascelta razionale. E siccome è una scelta ladisoccupazione non esiste: Robert Lucas. Infine recenti ricerche scientifiche, condottesoprattutto nel Centro per il Pieno impiego ela Stabilità dei Prezzi (UMKC) di KansanCity, hanno dimostrato che un programmadi lavoro garantito (che non entrerebbe inconflitto col settore privato perché si occu-perebbe di settori in cui il privato non è inte-ressato ad investire, ad esempio: i greenjobs, i servizi alla persona, le manutenzionie la pulizia delle strade, la tutela del verdepubblico e così via) consente al governo diavere un giusto deficit, né troppo basso nétroppo alto, così da fungere da termometroper il controllo dell‘economia.“Fare sacrifici per scongiurare la deflazionecausata dalla scarsità di denaro, che in real-tà potrebbe essere stampato, non ha sensoquanto astenersi da un’un importante azio-ne di governo, solo perché sono terminati imoduli necessari o la cancelleria” AbbaLerner, Economist of Employment (1951).

Le nostre Inchieste N° 7912

SFATIAMO QUALCHE FFAALLSSOO MMIITTOO«Meno male che la popolazione non capisce il nostro sistema bancario e monetario, perchè se lo

capisse, credo che prima di domani scoppierebbe una rivoluzione.» Henry Ford.

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Le nostre inchieste, VillasorN° 79 13www.vulcanonews.it

di Giuliana Mallei

La crisi economica che stiamo vivendoda diversi anni in tutto il territorio nazio-nale, europeo e occidentale in genere,

sfocia spesso nello sconforto. La solitudine el'incomprensione determinano stati d'animo,nei singoli individui, che non permettono ditrovare vie d'uscita. Eppure esiste un anticomotto che dice “l'unione fa la forza”.Probabilmente hanno pensato proprio a que-sto le diverse componenti socio-economicheche hanno allestito una manifestazione bellae interessante che si è tenuta al castelloSiviller di Villasor domenica 6 aprile.La manifestazione denominata “Sorres inFiera”, alla sua prima edizione, è stata forte-mente voluta dal CCN (Centro CommercialeNaturale) di Villasor. Trattasi di un'associa-zione di commercianti che da due anni lavo-ra con un Direttivo di 11 persone, tutti com-mercianti, che sono riusciti a comunicare traloro per affrontare la crisi.Il presidente, Antonella Matta, nell'introduzio-ne alla tavola rotonda della mattina, dedicataall'agricoltura, ha sottolineato che il territoriodi Villasor ha delle specificità particolari chesono da considerare in positivo. Nell'aprire ilavori della giornata ha passato la parola alsindaco di Villasor Walter Marongiu, il qualenel salutare i convenuti ha ringraziato tutticoloro che hanno reso possibile la manife-stazione che si è tenuta grazie al patrociniodel CCN, della Cooperativa OrtofrutticolaVillasor, del Comune di Villasor e dellaRegione Sardegna. Il primo cittadino hatenuto a sottolineare il fatto che, per la primavolta, il commercio, l'artigianato, l'agricolturae la cultura si sono incontrati, ha auspicatoche tale manifestazione, il prossimo anno,

possa non solo ripetersi ma essere ancorapiù bella dato che si festeggeranno i seicen-to anni del Castello Siviller.Alla tavola rotonda hanno preso parte diver-se personalità del mondo dell'agricolturacome il sig. Pinna (Referente Territorialedella Coldiretti), il dott. Efisio Perra(Presidente Interprovinciale Coldiretti), il dott.Ibba (Agenzia Laore), la dott.ssa Cancedda(Direttrice filiale banco di Credito Sardo) e ilsig. Tuveri (Cooperativa OrtofrutticolaVillasor).Dalla tavola rotonda è emerso che l'Italia ingenerale si distingue, a livello europeo, per loscarso utilizzo di anticrittogamici e ciò con-sente ai nostri prodotti di mantenere inaltera-te le caratteristiche organolettiche. In partico-lare il carciofo sardo spinoso ha una denomi-nazione di origine protetta che lo tutela e loprotegge all'interno del mercato internazio-nale. E' pertanto indispensabile che anche gliagricoltori di Villasor (massimi produttori delcarciofo spinoso) si riuniscano inOrganizzazione per difendere ulteriormente ilprodotto, così come stanno già facendo nelnord Sardegna. Questo permetterà di acce-dere ai programmi europei di tutela del pro-dotto.L'agricoltura inoltre dovrebbe riappropriarsi diquello che è il suo ruolo principale: produtto-re di cibo. E' pertanto indispensabile conti-nuare a combattere affinché sia imposta perlegge un'etichettatura dei prodotti che neattesti la provenienza e le componenti.La manifestazione, allestita nel cortile internodel Castello, ha ospitato diversi stand conesposizioni provenienti dalle diverse attivitàcommerciali presenti nel territorio. E' statopossibile inoltre visitare gli spazi aperti delCastello e degustare pietanze e prodotti tipi-ci. Al pomeriggio ha avuto luogo la seconda

tavola rotonda dedicata al commercio, all'ar-tigianato e al turismo. Ad essa hanno presoparte: Concetta Sangermano (Assessorealla Cultura e al Turismo del Comune diVillasor), Enrico Pusceddu (PresidenteAssociazione Nazionale Città Terra Cruda),Nicolò Mighelli (Sociologo) e FerruccioSanvido (in rappresentanza della RegioneSardegna). Durante la seconda tavola roton-da sono stati proiettati i cortometraggi “Sadomu nostra”, “Visoni dal futuro” e “Ladiri”rispettivamente realizzati da FrancescaPittau, Federico Rescaldani e Andrea Mura.Subito dopo la conclusione della tavolarotonda ha avuto inizio il momento culturalecurato da Aldo Pillitu, dell'Archivio di Stato diCagliari, con la partecipazione di MichelaPillitu e Sara Onnis. I tre studiosi hanno ricostruito il processo ditrasformazione del monumento simbolo diVillasor (il Castello) attraverso lo studio dinuovi documenti d'archivio. Il momento cul-turale è proseguito con la presentazionedella cartografia di Villasor prodotta tra il1841 e il 1852 dal Real Corpo di StatoMaggiore Generale, essa è la prima carto-grafia realizzata all'indomani dell'Editto sulleChiudende del 1820 e successiva all'aboli-zione dei feudi del 1836, che determinò suc-cessivamente la Proprietà perfetta. Ilmomento culturale si è concluso con la nar-razione di un evento di ribellione popolareche ebbe luogo tra il 1835 e il 1839 proprio aVillasor e si concluse nel cortile interno delpalazzo Baronale.Nel congratularci con gli organizzatori dell'e-vento, perfettamente riuscito, auspichiamoche esso possa ripetersi in futuro perché èdavvero confortevole vedere un intero paesepartecipare in modo così attivo ad una inizia-tiva concreta e coinvolgente.

“SORRES IN FIERA”Il Commercio l'artigianato e l'agricoltura di Villasor si incontrano

per discutere della crisi e le possibili vie d'uscita

TUTTI INSIEME CONTRO LA CRISI

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Le nostre inchieste, Decimoputzu-Villasor N° 7914 www.vulcanonews.it

di Sandro Bandu

Racconteremo oggi, perchi non ne fosse ancoraa conoscenza, di una

vicenda che sa tanto di unavera e propria guerra, sullacarta impari, che vede coinvol-ti una multinazionale (laFlumini Mannu Limited consede legale a Londra mentre lasede fiscale è a Macomer) euna famigliola di Decimoputzu,con profonde radici nel paesebarbaricino di Fonni, che stadifendendo, con diritto e con identi, 80 ettari di fertile terrenoagricolo, in zona “Sa Doda-RiuPorcus-Su Planu, che ricado-no per 20 ettari nel Comune diVillasor e per 60 nel Comunedi Decimoputzu.La società Flumini MannuLimited è intenzionata a rileva-re i terreni dei Cualbu per unir-li ad altri 180 ettari, già acquisi-ti, per costruirvi una mega cen-trale di energia solare dellapotenza di 55 Mwe.Ma i Cualbu, con a capo ilpatriarca Giovanni di anni 75,la moglie Anna Mulas e i duefigli Salvatore e Maria, hannorespinto con veemenza tutte leproposte della multinazionale.Ma i colpi tentati dalla FluminiMannu Limited non si fermano,e se inizialmente ha tentatocon le buone, prima con l’ac-quisto diretto e poi con l’affitto,ora è partita lancia in resta conl’intimidazione dell’esproprioper la realizzazione di un’ope-

ra di pubblica utilità.Senza scomodare la mitologia,questa storia ha tanto il saporedel famoso episodio biblicoche vide coinvolti il piccoloDavide contro il gigante Golia.Siamo stati invitati dal nostroamico e collaboratore localeAttilio Piras, a occuparci dellavicenda, e così io e il fido foto-grafo Tonino Uscidda, ci siamorecati in agro di Decimoputzuper andare a sentire la profon-da e forte voce del signorGiovanni Cualbu. “È inutile che continuino a tele-fonare, a scrivere e adessoanche a minacciare: noi questiterreni, che abbiamo ereditatodai nostri nonni non li vendia-mo; non li ce-di-a-mo. Noi nonci siamo mai arricchiti, peròquesti terreni li abbiamo sem-pre lavorati e non abbiamoassolutamente bisogno deisoldi di questi signori. Si met-tano il cuore in pace e vadanoaltrove a cercare i terreni percostruire il loro impianto”.Lo sa, signor Cualbu, che siè messo contro una multina-zionale?“Loro possono essere anche ipiù ricchi della terra, ma a menon mi comprano. Io alla terraereditata da mio padre, cheereditò dai miei nonni e cosìvia, ci tengo e non la cederòmai”.Le possiamo scattare unafoto?“No, gradirei di no. Non amo ilprotagonismo. Questa vicendami ha tirato in ballo mio mal-

grado”.Signor Cualbu, da quando lasua famiglia possiede questiterreni?“La nostra famiglia, provenien-te da Fonni dove abbiamo tut-tora forti legami, ha acquisitoquesti terreni agli inizi dell’otto-cento”.Cosa coltivate in questi ter-reni? E quante persone cilavorano?“Guardi qui io personalmenteci lavoro dal 1954 e coltiviamo,ad annate alterne, grano,avena, ieto e trifoglio. Qui connoi, oltre ai componenti dellanostra famiglia, ci lavoranoanche tre operai che ci dannouna mano nelle coltivazioni enell’allevamento degli animali,ovini e bovini”.Ma qual è la vera intenzionedei dirigenti della FluminiMannu limited? Con qualiproposte si sono avvicinati alei e ai suoi familiari?“All’inizio sono venuti qui peracquistare i terreni dicendoche dovevano costruire unimpianto favoloso che sarebbestato utile per tutta la comunitàivi compresa la mia famiglia.Poi quando hanno capito chenon vendevamo ci hannominacciato dicendo checomunque questi terreni ver-ranno requisiti per costruireun’opera di pubblica utilità. Mifanno ridere: quale sarebbel’opera di pubblica utilità se poia guadagnarci sono dei priva-ti? Hanno anche prodotto unaperizia dove si dice che questi

terreni sono al limite dellasopravvivenza, che non dannoun reddito alto se paragonatoa un settore come quello indu-striale. Ma a noi cosa ce nefrega di quello che dicono epensano loro? Noi abbiamosempre lavorato la terra, fac-ciamo gli allevatori da genera-zioni, viviamo dalla venditadella carne e del latte e faccia-mo una vita sana e genuina.Perché non ci lasciamo inpace e cercano di sottrarci conl’inganno e con la forza questiterreni?”.Signor Giovanni, siete soli inquesta battaglia o la comuni-tà putzese vi sta aiutando?“Per fortuna non siamo soli: ciaiutano Gli amici della Terra egran parte della comunità diDecimoputzu con in testa ilComitato spontaneo “TerraSana”. Lo stesso Consigliocomunale per questo progettosi è espresso negativamentein una delle ultime sedute con-siliari”.Ultima domanda. In cuor suocome prevede che finiràquesta vicenda?“La soluzione per me e la miafamiglia è solo una: questaazienda a conduzione fami-gliare, che lavora questi terrenida quasi due secoli, deve con-tinuare a lavorarli senza chenessuno ci metta il becco. Ionon darò mai l’autorizzazionealla vendita e se cercherannodi prenderceli con la forza,giuro che dovranno passaresul mio cadavere”.

GIOVANNI CUALBU:

“I NOSTRI TERRENI NON SONO IN VENDITA,SE CERCHERANNO DI PORTARCELI VIA

CON LA FORZA, DOVRANNO PASSARESUL MIO CADAVERE”

Intervista all'irriducibile allevatore che si è messo contro una multinazionale

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Le nostre inchieste, Decimoputzu-VillasorN° 79 15www.vulcanonews.it

...IL COMMENTO DEL PRESIDENTEDI “TERRA SANA” LUCA SERPI

Riportiamo il commento di Luca Serpi – presidente del Comitato ambientalista spontaneo “Terra Sana” di Decimoputzu - rilasciato a Tonino Uscidda al termine del Consiglio comunale

del 19 marzo scorso con all’ordine del giorno la discussione e la messa al voto (risultato contrario)del quesito - scadente il 28 dello stesso mese - sul progetto trans-regionale di un mega impianto

solare termodinamico della multinazionale “Flumini Mannu Ltd” che potrebbe sorgerenelle campagne tra Decimoputzu e Villasor. Nel corso dell’incontro pubblico è stata ribadita

la preoccupazione per l’impatto ambientale che tale opera può comportare

Non bastava la presenzadella Centrale a biogas,già attività dallo scorso

anno nelle campagne delpaese, che ora è la volta di unaltro “controverso” progettotrans-regionale per un megaimpianto solare termodinami-co: da realizzare in una vastaarea agricola – ubicata nellazona Sa Doda-Riu Porcus-SuPlanu - dove risiedono e lavo-rano di agricoltura e pastorizia(da oltre un secolo) i Cualbu,gente originaria di Fonni e pro-

prietaria di un fondo di oltre 80ettari.Luca Serpi si fa interprete delpensiero suo e del Comitatoambientalista che presiede:“Improponibile – tuona Serpi -un impianto del genere cheandrebbe ad occupare una fer-tile area agricola di oltre 250ettari. Per fortuna il Consiglioha deliberato, a maggioranza,la contrarietà al progetto siaper l’impatto ambientale eagronomico deleterio che perle mancate ricadute occupa-zionali sul territorio. Ora - spie-ga - non resta che consegnarela relazioni tecniche comunali

(prodotte da un consulente diparte sia per il ComuneDecimoputzu che per quello diVillasor) e sfiduciare quindi laprogettualità presentata dall’a-zienda che ci vuole rifilare que-sta mega struttura. Speriamo -auspica il presidente di “TerraSana” - che i due Comuni inte-ressati si muovano concreta-mente e in maniera parallelaportando tutta la documenta-zione necessaria ed esaustivain Regione. A questo punto eprima di intraprendere ulterioriiniziative di contrasto non ciresta che aspettare: anche se -ha ricordato - rimane tutt’ora in

piedi il grande interrogativo sulventilato esproprio ai dannidella famiglia Cualbu. E’ vero -ammette l’ambientalista - que-sta sera l’Amministrazionecomunale si è esposta, rispet-to alla posizione assunta sul-l’impianto a biogas, in manierapiù chiara e solidale e, sispera, definitiva nei confrontidel proprietario coinvolto daquesta spinosa questione.Tuttavia – ammonisce Serpi -sappiano che rimarremo vigili”.

Nelle foto i terreni contestatidella famiglia Cualbu

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Le nostre inchieste, Assemini N° 7916

Uno degli ultimi calzolai asseminesi ci parladella sua attività, della crisi globale e del settore

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di Luca Pes

Emilio Arangino, classe1931, 83 anni di vita e 67di effettiva attività come

calzolaio. Nato a Belvì, inBarbagia, è in un laboratorio diAritzo che, nel secondo dopo-guerra, inizia a lavorare e adapprendere i primi segreti delmestiere.Insignito, nel 2007, del premio“Fedeltà al Lavoro ed alProgresso Economico”, ricono-scimento ufficiale che laCamera di Commercio IndustriaArtigianato Agricoltura conferi-sce ogni anno a imprenditori elavoratori dipendenti che sisono distinti per impegno, capa-cità, costanza e longevità sulterritorio provinciale, ci mostraorgoglioso le foto di quel giornoper lui memorabile. E ci parladelle sue prime, convinte batta-glie sindacali.Signor Arangino, perché a 83anni non ha ancora messo daparte gli strumenti del mestie-re?Sono costretto a lavorare, lamia modesta pensione non mipermetterebbe di vivere se non

arrotondassi col mestiere di cia-battino. Ho la fortuna che lacasa e il locale dove lavorosono di mia proprietà, se doves-si pagare anche un affitto riusci-rei a stento a sopravvivere. Come mai tanti anni fa ha

deciso di trasferirsi proprioad Assemini?La mia intenzione era quella disvolgere la professione di arti-giano in una città, così nel lon-tano 1953 sono stato chiamatoda un amico calzolaio che mi hafatto lavorare nel suo laborato-rio di Assemini.Successivamente ho prodottoscarpe artigianali per gli operai,delle miniere prima e delle sali-ne poi. Dopo questa esperien-za, essendo ormai conosciutoad Assemini, ho deciso di rima-nere qui e di aprire un’attività inproprio.Tempo fa quanti calzolai c’e-

rano ad Assemini?Quando il paese era piccolo,siamo arrivati ad essere in sei.Ora siamo rimasti in tre, dueanziani ed un giovane, il qualenon riesce ad ottenere grossiguadagni. Colpa delle tassetroppo elevate e, di conseguen-

za, dei prezzi poco competitiviche può offrire.Ci parli delle prime battaglie

sindacali, di cui lei era prota-gonista.Nel 1955, dopo aver conosciutomolti personaggi politici di uncerto livello, mi chiedevo conti-nuamente come fosse possibileavere il lavoro e non avere dirit-ti come, ad esempio, quello del-l’assistenza medica. Ho iniziatocosì una propaganda, inizial-mente tra gli artigiani a livellocomunale, per poi farci cono-scere a livello regionale. Io sonostato una sorta di punto di riferi-mento nel sindacato per circaotto anni, uno dei primi a farottenere alcuni diritti agli artigia-ni sardi. Sono stato presidentecomunale del sindacato edemettevo le tessere agli artigia-ni. In seguito il sindacato diven-ne unitario, accorpando artigia-nato, commercio e agricoltura.Solo qualche anno dopo nac-que la CNA, che ancora esiste edi cui io ho fatto parte. La fasepiù florida della conquista deidiritti è durata fino alla metàdegli anni ’80, dopodiché c’èstato un calo sempre costanteper quanto riguarda l’attenzioneper la tutela dei lavoratori. Cosa pensa della crisi che,

pur essendo mondiale, coin-volge in modo brutale lanostra regione?Io mi chiedo, soprattutto, dovesiano andati a finire i fondiregionali spesi senza che noisardi ne abbiamo tratto alcunbeneficio. Molti dei contributi danoi versati, in effetti, non sap-piamo che fine abbiano fatto.Uno spreco di soldi immane cheaccentua la crisi sarda, già piùacuta rispetto a quella naziona-le. E noi ora siamo costretti apagare, sotto forma di tasse, isoldi sottratti alle casse regiona-li, o comunque resi improduttivi,per giunta non avendo alcunosgravio fiscale. È come il caneche si morde la coda: che con-tributi possiamo pagare se mol-tissimi cittadini sardi sono disoc-cupati?Ci spieghi meglio quali sono,a suo parere, le cause dellacrisi in SardegnaL’agricoltura e la pastoriziahanno perso la propria forzaproduttiva e propulsiva per glialtri settori. Prima agli agricolto-ri e ai pastori concedevanoparecchi contributi, forse anche

oltre i limiti. Riuscivamo a pro-durre e ad esportare la merce,ora la importiamo sottocosto. Igrandissimi imprenditori deicentri commerciali, in gran partestranieri, importano merce dal-l’estero, come frutta e verdura,a prezzi che sono diventati noncompetitivi per gli agricoltorisardi. Ecco la rovina dei nostriterritori: i costi di produzionesono elevatissimi, l’energia ètroppo cara, le imposte dapagare sono esagerate. Siamocostretti ad importare i prodottidall’estero e le aziende sarde,giunte allo stremo, chiudono.Idem per migliaia di piccoli com-mercianti e di artigiani che, acausa delle tasse troppo eleva-te e degli affitti dai costi esage-rati, sono stati costretti a cessa-re l’attività.Parliamo del vostro settore.

La crisi ha portato più lavorooppure la gente si “rifugia” inscarpe sottocosto e di scarsaqualità piuttosto che farleaggiustare? Io mi dedico a fare piccoli lavo-retti perché ormai sono in pen-sione e per me questo è ancheun passatempo. Ma ad un gio-vane che ha un’attività in regolae deve pagare tutte le imposte,non converrebbe fare questepiccole riparazioni perchédovrebbe imporre prezzi troppoalti e la gente preferirebbe com-prare le scarpe a basso prezzo.Le persone preferiscono il“vuoto a perdere”, la scarpa discarsa qualità prodotta a bassocosto nelle fabbriche orientali.La mia gioia, invece, è quella difar risparmiare molti soldi a per-sone in difficoltà economiche. Iopermetto a molti cittadini dirisparmiare ogni anno decine dimigliaia di euro e, nonostanteciò, il lavoro è diminuito parec-chio rispetto agli anni passati. I giovani si sono mai propo-

sti per imparare il mestiere?No, a dir la verità non si è maipresentato nessun giovane. Ioinsegnerei volentieri il mestierema sconsiglierei questa stradacon tutto me stesso. Ci sonotanti diplomati e laureati che,dopo tanti sacrifici, meriterebbe-ro posti migliori. E poi, comedicevo prima, tra imposte, parti-te IVA, affitti, un giovane ciabat-

UN ARTIGIANO CONTRO LA CRISI

In alto Emilio Arangino.A destra la fotodella tessera della confederazione gene-

rale dell'artigianato italiano del 1955

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Le nostre inchieste, UtaN° 79 17www.vulcanonews.it

tino non riuscirebbe a produrre guada-gni sufficienti. Lei, data la sua esperienza, ha in

mente qualche soluzione per la crisi?A mio parere, la merce che noi consu-miamo dovrebbe essere interamente diproduzione interna, assolutamente nonstraniera, e l’ingresso degli extracomuni-tari non regolari dovrebbe essere limitato.Per quanto riguarda la politica, non homai ritenuto fondamentale il colore o labandiera. Io appoggio chiunque si impe-gni per dare un futuro ai giovani e per

migliorare la nostra condizione. Ma purtroppopare che questa crisi non abbia una via d’usci-ta e stia peggiorando di anno in anno; perfinoin tempo di guerra la situazione era meno sta-gnante e più produttiva… Infine, vorrei fare unrimprovero, soprattutto alle giovani generazio-ni: troppi sprechi. Anche il povero non si èarreso all’evidenza e ha cercato di fare la bellavita, facendo stravizi anche quando la situa-zione economica stava peggiorando e maga-ri un sacrificio in termini di vestiario, macchinee altri beni superflui, avrebbe potuto migliora-re le cose.

di Daniela Corda

Tra i tanti mestieri che rischiano discomparire spicca quello del capraro.Un mestiere antichissimo ma soprat-

tutto uno stile di vita, come tiene a precisa-re Antonio Lai, attualmente l’unico capraropresente a Uta.Una collaborazione, quella nata tra Antonioe l’oasi WWF di monte Arcosu, che sembradimostrare la complementarietà della figuradel capraro con la gestione dell‘oasi confi-nante col terreno del signor Lai. Inizialmente, ci racconta Maria GraziaDedoni, educatrice ambientale che lavorapresso l’oasi del WWF, c’era un po’ di diffi-denza verso i caprari per l’errata convinzio-ne che la capra avesse la stessa alimenta-zione del cervo e che quindi ne compro-mettesse la sopravvivenza. E solo le lungheconversazioni con Antonio Lai, che “si èsempre dimostrato ben aperto al dialogo eal confronto e che sapeva argomentare lesue ragioni, ma soprattutto perché si èdimostrato una persona affidabile“, puntua-lizza la Dedoni, sono valse a sfatare questofalso mito. Infatti le capre, sottolinea Lai“sono come dei giardinieri“, perché permet-tono alla vegetazione di crescere meglio epiù florida. E da quando stanno scomparen-do i caprari, e di conseguenza ci sono meno

capre, anche la montagna si sta deterio-rando. Il WWF rappresenta un’ottima vetri-na per l’azienda di Antonio, e quest’ultimarappresenta una fattoria didattica che acco-glie da diversi anni tantissime persone, daigruppi degli studenti agli stranieri.Figlio di pastore, 59 anni, originario diDesulo, arriva a Uta intorno agli anni ‘70quando, in seguito alla Legge ‘De Marzi-Cipolla’ entrata in vigore nel 1971, che in uncerto senso pone fine alle lotte per il pasco-lo e permette ai pastori di diventare proprie-tari della terra, il padre decide di abbando-nare la terra e il mestiere di pastore. Perchénon se la sentì di appropriarsi di una terrache in fondo riconosceva non essere sua.A Uta i fratelli Lai aprirono un bar, il ‘barFirenze’, tutt’oggi in piena attività.Dopo diversi anni trascorsi al bar, Antoniocomincia a sentire una nostalgia sempre piùincontenibile: “dopo tanto tempo che lavora-vo al bar iniziai a sentire sempre più pres-sante la nostalgia di quella vita, avevo quasil’impressione che la mia pelle si stesse sec-cando, come se la pelle fosse morta.Sentivo la mancanza del vento, della piog-gia e del sole: ero vestito bene e mi sentivoterribilmente povero“. Decise così di com-prarsi le capre e riprendere quel mestiereinterrotto dal padre (che invece aveva lepecore) anni prima, continuando a lavorareal bar alternandosi con i fratelli. E così finoal giorno d’oggi. Tra i fratelli, sei in tutto,

quello che si dedica di più all’attività dell’a-zienda è Pino. Ci spiega che le capre sonopiù intelligenti delle pecore. E la lavorazionedel formaggio è più complicata rispetto aquella del pecorino, tanto che lui ha impie-gato due anni, dopo svariati tentativi, aimparare a fare il formaggio caprino. Un for-maggio molto pregiato, cosiddetto a ’lattecrudo’ (che non viene pastorizzato) dove lamicroflora batterica positiva del latte è man-tenuta inalterata con effetti specifici sullecaratteristiche organolettiche del formaggio.La giornata del capraro comincia alle primeluci dell’alba: si accompagnano le capre alpascolo, si trascorrono diverse ore con loro,dopodiché il capraro rientra e le capre resta-no sole. Infatti, a differenza delle pecore, lecapre tornano sole all’ovile. «Mio padre era pastore quindi ho conosciu-to il mestiere in famiglia, sin da bambino,per me era una gioia andare in ovile e nonmi pesava alzarmi prima dell’alba, tanto chemi alzavo senza bisogno della sveglia.Eppure prima era facile trovare lavoro, veni-vano nelle case a cercarti per fare il carabi-niere, ma a me non interessava.»Aldilà dello stile di vita che mal si conci-lia con i costumi e il sistema in cui vivo-no i giovani d’oggi, se chiudeste il barpotreste vivere solo del lavoro del capra-ro? No, non si vive più facendo il capraro. Equesta è la ragione del perché è un mestie-re che sta scomparendo.

ANTONIO LAI E LA VITA DA CAPRARO

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Le nostre inchieste, Decimomannu N° 7918

MARTINA E FILIPPOIN FUGA DALLA DISOCCUPAZIONE

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di Tonino Uscidda

Giovani in fuga dalla crisidisoccupativa che atta-naglia, da sempre, il

nostro Paese. Giovani in cercadi un presente e di un futuroaccettabile. Ecco chi sonoMartina e Filippo – decimesi,entrambi in possesso di undiploma di scuola media supe-riore - trasferitisi da oltre unanno a Duisburg, popolosacittà industriale e commerciale(poco meno di 500.000 ab. nelcentro ovest della Germania)nonché sede del più importan-te porto fluviale d’Europa. E’ bene ricordare che gli italia-ni emigrati nel Paese dellaMerkel nel solo 2012 sono statinel complesso ben oltre42.000. Una ricca nazioneeuropea la Germania “locomo-tiva d’Europa” dove non tutto èrose e fiori…Perché siete partiti inGermania, quale lavoro svol-gete?M. “Per la mancanza di unimpiego stabile – esordisceMartina - e per poter vivereinsieme dopo tanti anni difidanzamento. Ora lavoro inuna gelateria e nel contempofrequento da mesi anche unascuola di tedesco: ciò miconsentirà di trovare, stra-da facendo, una occupa-zione migliore”.

F. “Ho preso la decisio-ne di partire all’estero– risponde Filippo -dopo anni di lavoriqualsiasi, mal retri-buiti e mal organizzatie soprattutto senzapossibilità di crescita

sia professionale che econo-mica. Ora lavoro in qualità diautista di autotreni per la DHL,nota azienda internazionale ditrasporti su ù gomma”.

Avete avuto, prima di emi-grare, qualche esperienzalavorativa nell’Isola?M. “Si, i soliti lavori: in primoluogo quello di call-center..Impieghi come tutti sannopoco retribuiti e con nessunapossibilità di crescita dal puntodi vista formativo”.

F. “Ho incominciato a lavora-re, in nero, dall’età di 12 anni.Lavoravo – ricorda - nelleserre di fiori e bene o malesono andato avanti così finoall’anno del diploma di peritoindustriale. Dopo aver conse-guito il titolo di studio ho conti-nuato a lavorare, sempre innero per circa un anno, comeelettricista. A seguire, contrat-tualizzato, nel settore metal-meccanico e in quello del rici-clo dei rottami metallici. Infineè stata la volta di una aziendaflorovivaistica e, poco prima dilasciare l’Isola, del portalettere

per Poste

Italiane con un contratto persoli tre mesi estivi. In queglianni ho partecipato, senzasuccesso, anche a svariaticoncorsi pubblici statali e fre-quentato con profitto alcunicorsi di specializzazione pro-fessionale”. Quali difficoltà avete incon-trato sinora? (i pro e i con-tro)M. “La lingua prima di tutto.Conoscere benino solo l’ingle-se scolastico può aiutarti soloin parte. Anche trovare lavoronon è facile e finché nonapprendi il tedesco devi accon-tentarti di lavorare per glimprenditori italiani. Al contrario– assicura Martina - la cosabuona che offre questa nazio-ne è la possibilità di crescereprofessionalmente perché chimerita viene premiato e i diritti,nel lavoro, sono assicurati.Invece i rapporti interpersonalicon la gente sono difficili pervia della loro mentalità assaidiversa dalla nostra”.

F. “Posso dire con certezzache le più grandi difficoltà concui abbiamo ancora a che faresono, oltre alla lingua, l’inte-grazione: ‘eh!, gli usi e i costu-

mi dei tedeschi’.. Per quan-to riguarda la lingua

poco male perchéè solo questione

di tempo… Ilp r o b l e m a

m a g g i o r esta, come

d e t t o ,n e l

socializzare. Tuttavia credo divivere una grande esperienzaanche per il fatto di rapportar-mi con una etnia differentedalla mia. Tutto ciò aiuta a cre-scere”.

Quale suggerimento o con-siglio dare ai giovani cheintendono raggiungere l’e-stero per lavoro?

M. “Di non arrendersi mai, inprimis nel proprio Paese, econtinuare a lottare studiandoper specializzarsi nei più sva-riati settori. Se poi, dopo averprovato di tutto, si è inesorabil-mente chiusi in campo occupa-tivo, a quel punto tanto valeemigrare per veder migliorarela propria posizione personalenella società. E aggiunge:“Senza perdere mai la speran-za in un ritorno con al seguitoun bel bagaglio di esperienzae titoli. Comunque resto dell’i-dea che l’Italia per esserecompetitiva con gli altri Paesieuropei avrà sempre bisognodi persone volenterose e tena-ci come noi”.

F. “Sicuramente – concludeFilippo - studiare la lingua,almeno le basi, prima di parti-re. E poi informarsi bene sulladocumentazione necessariaper vivere e lavorare all’estero;leggi e procedure burocratichefra Paesi dell’UE, talvolta, noncombaciano perfettamentetanto che si possono avere, senon ci si premunisce pertempo, seri e inaspetta-ti problemi”.

foto di:Francesca

Mannias

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di Giuliana Mallei

Carlo Contu, 27 anni,Consigliere Comunale diopposizione al Comune

di Decimoputzu, aspiranteArchitetto.Da quanto tempo ricopre lacarica di ConsigliereComunale?Sono Consigliere dal 27 dicem-bre 2013, dopo le dimissioni diCenzino Basciu. Per la veritàsarebbe dovuto diventareConsigliere Leonardo Caria,che era il primo dei non eletti e,dopo di lui, Isabella Manca, laseconda dei non eletti. Si eradeciso da subito che a metàmandato ci sarebbe stato que-sto avvicendamento proprio perconsentirmi l’esperienza diConsigliere comunale e averequindi in Consiglio un voltonuovo.Come giudica questa espe-rienza?Non posso raccontare troppecose. Infatti ho potuto partecipa-re, fino ad ora, a pochi Consiglicomunali. Il primo è stato quellodel 27 dicembre, per il mio inse-diamento;un altro, che ritengomolto importante, è quello nelmese di marzo, convocato danoi dell’opposizione per discute-re di un problema serissimo perDecimoputzu: la costruzione delgrande impianto solare termo-dinamico, che occuperebbe 269ettari di territorio agricolo. Ci risulta che a Decimoputzuci sia stata anche un’assem-blea popolare per informarela popolazione proprio suquesto argomento.Proprio cosi. Il 15 gennaio, alCentro Sociale, si è tenutaun’assemblea pubblica organiz-zata dall’AmministrazioneComunale.La maggioranza come sipone davanti a questa temati-ca?Il Sindaco era presente all’as-semblea, ma pochissimi concit-tadini vi hanno preso parte.Infatti, al termine dell’incontro,ne abbiamo parlato col Sindacoe gli abbiamo chiesto una colla-borazione più stretta con i comi-tati e una partecipazione mag-giore agli incontri tenuti con lealtre amministrazioni vicinecoinvolte nel progetto. Lì per lì

ci ha detto di sì, poi però non hamai convocato nessunConsiglio comunale, lo abbiamodovuto convocare noi dell’oppo-sizione con una richiesta ufficia-le.Quindi che idea vi siete fattidella posizione del Sindacosul termo dinamico?Durante il Consiglio Comunaledi marzo, da noi convocato, èstato espresso all’unanimitàparere contrario. Purtroppodobbiamo registrare l’assenzaalle altre assemblee popolari,organizzate dalle amministra-zioni comunali vicine, da partedella nostra amministrazione.Ciò denota poca sensibilitàverso le tematiche ambientali.Eppure qualcuno afferma chela centrale termo dinamicapotrà portare posti di lavoro epotrebbe essere un modo peruscire dalla crisi.La normativa che regola questiimpianti è molto lacunosa e nonprevede, in questo caso, unapianificazione regionale ecomunale. La lacunosità dellanormativa dovrebbe essere col-mata dalla morale e dal buon-senso. La Centrale nasce daun’idea di un privato con finan-ziamenti europei. In quanto aiposti di lavoro trattasi di pure esemplici promesse che nonpotranno essere mantenute.Invece cosa propone peruscire dalla crisi?Sono convinto cheDecimoputzu abbia un enormepotenziale non sfruttato o sfrut-tato in modo inadeguato.Questo potenziale è l’agricoltu-ra. Lo dico a ragion veduta, iostesso sono figlio di agricoltori,amo la campagna e amo lavo-rare in campagna, infatti cono-sco questo mestiere in primapersona. Non si esce dalla crisisvendendo i terreni, quelli sisvendono una volta sola, ma ilproblema non si risolve.Sicuramente non possiamopensare di lavorare in agricoltu-ra come si faceva fino a nonmolto tempo fa. Oggi il mercatorichiede la genuinità con i pro-dotti biologici a kilometri zero euna vendita diretta senza troppiintermediari. Mi rivolgo ai giova-ni ,che si affacciano oggi in que-sto settore, affinché trovino ilcoraggio di proporsi con idee e

iniziative nuove tenendocomunque presenti i consigli egli insegnamenti di chi ha espe-rienza.Se fosse un componentedella maggioranza cosafarebbe a tal proposito?Sicuramente promuoverei politi-che agricole atte a incentivare ilsettore. Ricordo che alcuni annifa è stata organizzata una bel-lissima iniziativa intitolata“L’Agricultura”, fu allestita unasorta di fiera a San Basilio e c’e-rano tanti stand con esposizionidi prodotti agricoli locali, un pull-mino consentiva di fare un tournelle diverse aziende con l’ausi-lio di vere e proprie guide turisti-che. Iniziative di questo tiposono positive e dovrebbero ripe-tersi ogni anno.Purtroppo Decimoputzu pagaun prezzo elevato per nonavere un accesso diretto alla SS130 e per non avere una stazio-ne ferroviaria, ciò comporta unosvantaggio notevole dal puntodi vista economico che fa diDecimoputzu un paese non dipassaggio, lontano dalle arteriedi comunicazione. Per sopperi-re a tale svantaggiol’Amministrazione dovrebbe tro-vare una strategia urbanisticaadeguata. Il nuovo PUC è in viadi aggiornamento e si spera chevengano presi in considerazio-ne gli sviluppi economici esociali del paese.Cosa propone per migliorarel’aspetto estetico del paese?La conformazione urbana delpaese ha fatto sì cheDecimoputzu non avesse unavera e propria via principale, masolo una serie di incroci e dira-mazioni, infatti è carente la pre-

senza di piazze e di aree verdi.Pertanto si dovrebbe puntaresulla riqualificazione del centrostorico e sulla pavimentazionestradale.Difatti le vie urbane, ma anchequelle campestri, necessitereb-bero di urgente manutenzione.La manutenzione di questedovrebbe avvenire ogni 20 anni,ma l’eccessivo utilizzo delleauto comporta un dissesto inminor tempo. Pensiamo, adesempio, alla via Grande cheda sempre è la passeggiata diDecimoputzu, sarebbe belloripavimentarla e renderla esclu-sivamente pedonale, anche perrilanciare l’economia legata alleattività commerciali lì site. Lei è giovanissimo, comeimmagina il suo futuro?Prima di tutto vorrei laurearmientro breve tempo, poi vorreiapprofondire le mie conoscenzeculturali con qualche viaggio dibreve durata. Anche se il mioobiettivo è restare aDecimoputzu. Ho già viaggiato,sono stato 6 mesi in Francia,nella regione della Normandia,grazie al progetto Erasmus, eho fatto anche altri viaggi. Devodire che viaggiare apre la mentee aiuta a migliorare se stessi.Ritengo che tutti debbano speri-mentare i viaggi per poi tornarea casa più carichi culturalmente.Un sentito grazie al Carlo Contuper averci concesso questaintervista. Gli auguriamo di rea-lizzare tutti i suoi progetti e alcontempo auspichiamo che nonperda mai la curiosità di capire imeccanismi di questa nostrasocietà, a volte così complicatae spesso avara di esperienze edi spazio per i giovani.

Ambiente, politica e futuro a Decimoputzuvisti con gli occhi della gioventù

Incontro con Carlo Contu, giovanissimoConsigliere Comunale di opposizione di

Decimoputzu

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di Giuliana Mallei

L’inesorabile e silenzioso scorrere deltempo relega i ricordi nei meandri piùnascosti della nostra mente. Fatti,

persone e situazioni assumono un aspet-to sbiadito e confuso, chi però li ha vissu-ti in prima persona, convive col ricordoche, nonostante gli anni, rimane vivo.E’ questa la sensazione che si prova nel-l’incontrare un ex combattente diVillaspeciosa, il signor Sedda Matteo.Nato il 6 novembre 1924 (presto festeg-gerà il suo novantesimo compleanno), èuno degli ultimi soldati italiani ad avercombattuto durante la seconda GuerraMondiale per la liberazione della Patriadal Nazifascismo. Nonostante il sig. Sedda non abbia unalaurea o un titolo di studio, la Natura lo hadotato di grande buon senso. Fortementerispettoso delle regole del vivere civile ha,per diversi anni e a più riprese, ricopertol’incarico di Consigliere Comunale dimo-strandosi sempre educato, rispettoso eonesto, senza mai trasgredire nessunanorma sancita dalla Legge. Totalmente adisposizione della Comunità, senza chie-dere privilegi o sconti per la carica rico-perta, un esempio per tutti i cittadini, sia di

oggi che di domani.Come è stata la sua giovinezza?Appartengo ad una famiglia povera e,stranamente, poco numerosa. Mio padrefaceva il pastore e mia madre era casa-linga. Io ero il secondo di due figli, avevouna sorella maggiore: Lucia.Iniziai a lavorare sin da ragazzino per iproprietari terrieri di Villaspeciosa, primada Cirillo Podda, poi andai ad Elmas daLuigino Suella e infine tornai aVillaspeciosa da Silvio Podda. Proprio nelperiodo in cui lavoravo da quest’ultimo fuichiamato per la visita di leva aDecimomannu e dovetti fare ilParamilitare.In cosa consisteva?Ogni sabato pomeriggio dovevo andare,assieme ad altri giovani della mia età, aDecimoputzu dove seguivamo un corso diaddestramento militare, in modo da esse-re pronti a partire per le zone di guerraquando fosse arrivata la chiamata allearmi.Questa chiamata quando giunse?Ricevetti la chiamata nei primi giorni diaprile del 1943, partii il 6 assieme adEugenio Podda. In realtà sarei dovuto

partire il 7, ma poiché il 6 partiva Eugenio,suo padre (che era il Podestà e io ero unsuo dipendente) decise di farci partireassieme. Con la carrozza andammo aDolianova, dove prendemmo il treno perLanusei per raggiungere il DistrettoMilitare di Cagliari che era stato trasferitolì. Da Lanusei ci mandarono a Tempiodove restammo 3 mesi. Io fui destinatoalla I Compagnia, Eugenio Podda invecealla Compagnia Mortai, 59° ReggimentoFanteria.Cosa ricorda di quel periodo aTempio?Dovevano addestrarci per la guerra e allostesso tempo educarci all’obbedienzacieca. Avvenne un fatto terribile che ciangosciò profondamente. Eravamo aTempio da poche settimane quando rice-vemmo l’ordine di riunirci tutti in localitàPischinaccia, nel campo per i tiri, perassistere ad un processo contro unCaporal Maggiore. Per l’occasione arriva-rono soldati da tutte le caserme del nordSardegna, ebbi modo così di incontrare ilmio compaesano Antonio Firinu che eradi stanza in una caserma di Sassari.Di cosa era accusato il Caporal

Maggiore sotto processo?Pare che qualche tempo prima avessechiesto una licenza, era continentale manon ricordo di dove (forse era veneto),per andare da sua madre che era grave-mente malata. La licenza gli fu negata. IlCaporale non si arrese e si presentò dal-l’ufficiale medico per marcare visita.L’ufficiale non riscontrò nessuna malattiae gli negò il congedo per malattia. A quelpunto, preso dalla rabbia e dalla dispera-zione, il Caporal Maggiore afferrò un fuci-le e sparò diversi colpi contro la tendadell’infermeria. L’ufficiale medico rimaseferito e il Caporale fu arrestato.Il processo che ne seguì fu affrettato esommario, a nulla valse l’auto difesa del-l’accusato, egli venne fucilato alle spallesotto i nostri occhi. Rimanemmo agghiac-ciati e capimmo che quello era un avver-timento per tutti.Una volta terminato l’addestramento aTempio, quale fu la sua destinazione?Fui destinato al 46° Reggimento FanteriaDivisione Sabauda, 1° Battaglione,Plotone Mitraglieri, fui mandato prima aSinnai, poi a Soleminis e infine a Ussana.Dove si trovava l’8 settembre?

Dai comuni, Villaspeciosa N° 7920 www.vulcanonews.it

INTERVISTA A MATTEO SEDDAEX COMBATTENTE DI VILLASPECIOSA

Incontro con l'ex combattentedi Villaspeciosa che partì

soldato alla vigliadell'Armistizio e combatté al

fianco degli Alleati per liberarel'Italia dal Nazifascismo

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Ero a Ussana. Ricordo che un Sergenteiniziò a sparare in aria per festeggiare, aparer suo, la fine della guerra. Anche iomi unii alla sua gioia e sparai in aria. Pocodopo si udì la tromba che annunciava laritirata, arrivarono le Ronde e toccaronole canne dei moschetti. Il Ten. Pagliola, ilmio superiore, accortosi che la canna delmio moschetto era calda mi chiese per-ché avessi sparato, gli risposi che la guer-ra era finita, mi colpì con uno schiaffone emi disse che la guerra stava iniziando inquel momento.Cosa accadde nei giorni successivi?Regnò un po’ di confusione, non era chia-ro cosa si dovesse fare, gli Americani nonavevano dato istruzioni immediate. DaUssana ci mandarono a Serramanna per15 giorni poi a Cagliari. Ci sistemarono inun accampamento laddove oggi c’è l’o-spedale Brotzu e restammo in attesa diessere imbarcati per Palermo.Dopo alcuni giorni ricevemmo l’ordine diimbarco, salpammo con l’Incrociatore“Raimondo Montecuccoli.”Quali furono le vostre mansioni inSicilia?Fummo sistemati in un accampamentoamericano nei pressi di Palermo e, in unprimo tempo, venimmo inviati a far servi-zio di scorta ai treni che percorrevano laSicilia. Successivamente fui indirizzato inlocalità Figuzza,vicino a Corleone, a farservizio di guardia ad una polveriera. Ungiorno incontrai Titino Suella, anche lui diVillaspeciosa, venne alla polveriera con

un camion americano (lo guidava lui) percaricare esplosivo. La gioia di vedere unviso conosciuto fu enorme per entrambi ela sera decidemmo di festeggiare aCorleone. Andammo a bere qualcosa, manon c’erano mezzi per tornare alla polve-riera e rientrammo a piedi. La Sicilia eraoccupata dagli Alleati, ma non era pacifi-cata. Infatti fummo vittime di un’imbosca-ta tesaci da sconosciuti che ci spararonoaddosso, noi eravamo armati fino ai dentie rispondemmo al fuoco lanciando duebombe a mano. Facemmo l’ultimo trattodi strada di corsa, ma nessuno risposealle esplosioni.Avete avuto molto sangue freddo! Poicosa avvenne?Di lì a poco fummo trasferiti a ReggioCalabria, dove sorvegliammo una digaper circa un mese. Decisi però di faredomanda come volontario per le zone diguerra, era necessario dare una manoper liberarci definitivamente dei fascisti emandar via dall’Italia i tedeschi. Fui cosìdestinato alla Divisione Mantova e aggre-gato alle salmerie da combattimento.Quale era il suo compito alle salmerie?Le salmerie si trovavano nell’AppenninoTosco-Emiliano, vicino a Bologna, dovevotrasportare viveri e munizioni con i muli super le montagne. Poco tempo dopo fuidesignato aiutante della guida a cavallodel Colonnello inglese che dirigeva leoperazioni in quell’area.Quindi si ritrovò sotto comando britan-nico?

Si, ma non solo io. Tutti gli italiani eranoagli ordini degli inglesi. Infatti mi diederola divisa inglese e anche le armi eranoquelle inglesi. Il mio compito era quello disecondo attendente del Colonnello (c’eraanche un attendente inglese), il quale eraun uomo molto capace, intelligente e giu-sto. Non aveva paura di scendere dacavallo per guadare un fiume, né temevail lavoro. Purtroppo non ricordo il suonome.Giunti in località Terra del Sole, tra Forlì ePredappio, il Colonnello ricevette l’ordinedall’Alto Comando di partire per ilGiappone, per studiare il territorio e piani-ficare un attacco di terra nell’ImperoNipponico, sarebbe tornato a prenderciper guidarci fino là. Non tornò perché gliAlleati cambiarono strategia, decidendodi sganciare la bomba atomica.Come trascorse l’ultimo periodo?Continuai a prendermi cura dei cavalli delColonnello inglese ancora per un po’, poifui aggregato al corpo dei Pionieri e conloro fui inviato nella zona di Cesena asmantellare tubature alleate per il traspor-to della benzina. Da lì fui destinato suc-cessivamente al 40° Artiglieria e andai aNapoli, dove rimasi per un mese in attesadi imbarco per la Sardegna. Era il dicem-bre 1945, facevo rientro a casa per laprima volta dopo due anni e otto mesi. Sitrattava però di soli 15 giorni, al terminedei quali dovetti rientrare in caserma aSassari. Il 18 Gennaio del 1946 fui man-dato in congedo assoluto e prosciolto dalservizio.Come è stato il ritorno alla vita quoti-diana?Molto lentamente ripresi la vita normale;per alcuni mesi dopo il mio rientro fuichiamato ripetutamente dalla casermadei Carabinieri di Decimomannu, dovevorestituire la divisa. Oggettivamente nonpotevo farlo: non avevo altri vestiti! Pergiunta la mia divisa era quella inglese...,insistettero per un po’, poi non mi cerca-rono più.Ricominciai a lavorare, dapprima nelcaseificio del sig. Lenigno, poi egli fuingiustamente arrestato (ma questa èun’altra storia di Villaspeciosa) e ripresi alavorare per Cav. Podda. Dopo diversianni iniziarono i grandi cantieri di ediliziameccanica e io fui assunto dall’impresaZaccarini, che costruì le strade daPaulilatino a Sardara, poi quelle diBuggerru, Pabillonis e San Gavino.Successivamente fui assunto dall’impre-sa Mambrini, dove facevo il rullista perasfaltare le strade. Andai infine a Milano afar l’autista fino al 1965. Quindi rientrai inSardegna dove ripresi a lavorare conMambrini, per finire con la Sitie (societàelettrica) fino alla pensione.Un sentito grazie va al sig Matteo Seddaper la grande disponibilità avuta a riper-correre con la mente quegli anni intensi,purtroppo per ragioni di spazio abbiamodovuto fare una sintesi di quanto ha rac-contato. Gli tributiamo la nostra profondagratitudine per aver dedicato parte dellasua vita al positivo ideale di libertà che haconsentito, dal dopoguerra in poi ad ogniitaliano di avere la libertà di fare, nellapropria vita, ciò per cui si sentiva portato.

Dai comuni, VillaspeciosaN° 79 21www.vulcanonews.it

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di Gianni Rallo

Da sempre il potere si regge sull’igno-ranza delle masse. Dal panem et cir-censes dei romani (pane e giochi

equestri, oggi si direbbe pane e stadio, enon occorre commento, mi pare), allasuperstizione medievale, alla violenza deimercenari (Cinquecento) o degli esercitiregi (Seicento e oltre), il potere ha sempretemuto e ostacolato con forza il diffondersidella conoscenza nei popoli. L’invenzionedella stampa, per dire, venne fortementetemuta dalla Chiesa e dai nobili, la stesuradell’Encyclopédie (che voleva far conosce-re al popolo il valore del lavoro e, soprattut-to, il suo diritto ad una vera partecipazionepolitica) venne a lungo ritardata da minac-ce e ostacoli di ogni genere. Per moltotempo, dopo l’affermazione della borghesiae la nascita del romanzo moderno, la lettu-ra fu appannaggio dei pochi che deteneva-no l’effettivo potere e le scuole erano soloper loro. Oggi le potenze non democratichedel Pianeta (vedi Turchia e la Cina, tantoper fare due soli esempi), temono internet,il “nuovo”, ambiguo, potentissimo strumen-to di conoscenza o di diffusione del falso, aseconda. Tutto questo per dire, scendendocon un tuffo a perdifiato nella nostra picco-lissima realtà locale, che un’opposizione è

possibile, nella consapevolezza tenace evincente che dalla conoscenza – nonvoglio utilizzare l’abusato termine culturache spaventa i molti che non ne conosconoil significato, a cominciare da molti ammini-stratori pubblici – può ri-nascere la speran-za di un futuro diverso dal disastro scrupo-losamente programmato da chi, ai varilivelli, ci “governa”. Annuncio in pompa magna, insomma, chea Decimo nasce un sodalizio fra tre orga-nizzazioni culturali, con lo scopo di offrire alterritorio – nel senso più ampio del termine– occasioni di riflessione e di conoscenzarispetto a varie tematiche e in vari ambiti(letteratura, politica, cinema, teatro, musi-ca, etc.).Le tre organizzazioni – senza fini di lucro,sia chiaro - sono l’Arci Bauhaus, da sempregenerosamente impegnata nel sociale, ilperiodico Vulcano, ormai al suo diciottesi-mo anno di pubblicazione e ben deciso a,come minimo, replicare tale record, laCompagnia (In)Stabile di Sardegna che,nata per un gioco didattico nell’Istituto “E.Mattei”, si occupa, oltre che di teatro, diimmaginare e organizzare eventi culturalidi vario genere. Grazie al piccolo spazio concesso dallaintelligente lungimiranza dell’Arci e deldirettore di Vulcano, Sandro Bandu, alla

C o m p a g n i a(In)Stabile (laquale, sia dettoper puro dovere dicronaca, lo hainvano ufficial-mente richiesto aduna amministra-zione comunaleche, apparendo –come, d’altronde,quella precedente- incapace dicogliere l’impor-tanza della que-stione, non ha

nemmeno saputo gestire l’opportunità dirinvigorire un tessuto culturale sempre piùpovero di spunti e proposte utili al confron-to ed alla crescita personale dei suoi giova-ni e meno giovani), le tre associazioni lavo-reranno in stretta sintonia nella sede di viaCagliari, 22. Qui nasceranno e verrannorealizzate – non escludendo l’utilizzo di altrispazi pubblici presenti nel territorio comu-nale – le varie iniziative che di volta in voltasi organizzeranno, anche su richiesta di cit-tadini che, in numero cospicuo, manifestas-sero specifici interessi. Tanto per inaugura-re questo ciclo di attività, verrà organizzatoquanto prima un convegno su AntonioGramsci, un pensatore di cui è urgente-mente necessario ritornare a studiare edapplicare il pensiero.Verranno poi avviati – a numero chiuso eprevia iscrizione - corsi di alfabetizzazioneteatrale per adulti e per ragazzi, riflessionisulla storia del cinema con proiezione difilm importanti, riflessioni (non utilizzo il ter-mine lezioni perché ritengo che l’insegna-mento possa e debba essere reciproco)sulla letteratura e la poesia con relative let-ture, corsi di dizione per chi volesse cimen-tarsi nella lettura stessa o nel teatro, rifles-sioni sulla storia passata e contemporaneacon proiezione di documentari specifici.Tutto questo, e ogni altra idea che imman-cabilmente scaturirà da una feconda inte-razione con la cittadinanza o almeno con lasua parte più attiva, sarà pubblicizzato sulsito di Vulcano (www.vulcanonews.it) e tra-mite locandine in sede e nei luoghi chesaranno ritenuti più adatti. Sarà possibile tenersi informati anchetelefonando ai seguenti numeri:Arci Bauhaus: 070962660Vulcano: 3385221040 (Sandro Bandu)Compagnia (In)Stabile di Sardegna:0709660229 (Gianni Rallo)

Dai comuni, Decimomannu N° 7922 www.vulcanonews.it

A Decimomammu, tre organizzazioni uniscono le forze per promuovere la conoscenza e il confronto

La Compagnia Teatrale In(stabile) di Sardegna in unafoto dello scorso anno, dove rappresentò con successo Il

malato immaginario di Molière. Foto di Tomaso Fenu

INSIEME PER VOI…

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Dai comuni, UtaN° 79 23www.vulcanonews.it

di Daniela Corda

Nazarena Girina, lo scorso 25 marzo, ha compiuto labellezza di 100 anni. Vedova dall’età di 26 anni condue figli che, nonostante le avversità della vita, è

arrivata a questa venerabile età più arzilla che mai. E che,nonostante l’imbarazzante totale indifferenza dell’ammini-strazione comunale di Uta, ha raccolto gli auguri di granparte della popolazione utese e non solo, ed è apparsa suSardegnaUno intervistata da Gennaro Longobardi.A nome di tutta la redazione di Vulcano, i nostri più sinceriauguri. Saludi e trigu!

I CENTO ANNIDI TZIA

NARARENAGIRINA

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Ambiente N° 7924 www.vulcanonews.it

di Antonello Secci

Nella Conferenza dell’Onu a Roma del1996 fu deciso di dimezzare gli affa-mati nel mondo entro il 2015. Il

Rapporto 2009 della Fao sullo Stato di sicu-rezza alimentare nel mondo dichiarava cheper ridurre gli affamati da 824 milioni a 412milioni, ogni anno il numero di condannatialla fame sarebbe dovuto diminuire media-mente di 31 milioni. La situazione attualevede invece una crescita esponenziale degliaffamati con una media annuale di 12 milioniall’anno: oggi nella nostra terra abbiamo,purtroppo, 1 miliardo di affamati.Al di là delle politiche alimentari verso ilcosiddetto Terzo Mondo da parte dellegrandi potenze industriali, mirate soprat-tutto al prosciugamento delle risorse(materie prime), siamo di fronte al parados-so, visti i lauti guadagni previsti dalle attualinormative energetiche, di una conversionedi territorio agricolo a fine alimentare interritorio agricolo a fine energetico.Queste considerazioni sono condivisedall’Unione Europea che, soprattutto finan-ziando ricerca e sviluppo, tende a favorire ladiffusione delle colture non alimentari. Dal1982 al 2002 gli stanziamenti per lo sviluppodel settore hanno superato 50 milioni di Euro(Karus e Kaup, 2003). Nei più ottimistici sce-nari proposti (non da tutti condivisi) sonoprevisti fino a 40 milioni di ettari destinatinel 2020 alle colture non alimentari, com-prese quelle per energia. Il nostro Paese non è più autosufficientenella produzione di alimenti a causa di unaprofonda crisi nel settore agricolo. Oggiimportiamo l’80 % dell’ortofrutta da paesicome la Spagna e il Marocco. Negli anni ’30,per 40 milioni di abitanti, esistevano 28,5milioni di ettari di superficie agraria e foresta-le, pari a circa il 94,6% del territorio naziona-le, ovvero 0,71 ettari a testa; oggi, per 60milioni di abitanti, abbiamo circa 13 milionidi ettari di superficie agraria e forestale utiliz-zata, pari a circa il 43,4% del territorio nazio-nale, ovvero 0,24 ettari a testa. In questocontesto, la Sardegna, che ha una storicavocazione agricola nelle aree pianeggianti ecollinari, ha visto aumentare la superficieagricola (SAU) che però è oggi ormai inbuona parte desertificata o abbandonata. Ilcomparto agricolo risente infatti della profon-da crisi che ha investito tutti i settori dell’eco-nomia isolana. Negli ultimi 10 anni il 40%delle aziende agricole isolane è scomparso.E’ ormai sotto gli occhi di tutti il fallimento

della politica industriale in Sardegna che inpoco più di 50 anni ha fatto della nostra isolala regione più inquinata d’Italia.Inquinamento industriale che si è trascinatoappresso migliaia di morti per tumori e altregravi patologie. Non si vuole negare l’op-portunità offerta dalle fonti rinnovabili,ma esse vanno inquadrate in piccoliimpianti a dimensione di azienda o dicomuni consorziati. Vanno combattuti imegaimpianti gestiti da imprenditori,quasi sempre non sardi, che hanno comeunico scopo il loro profitto, non certo ilnostro benessere. Dobbiamo decisamentepuntare soprattutto sulle peculiarità che il ter-ritorio isolano offre: la nostra storia millenaria,il nostro ambiente naturale (fatto non di solomare ma anche degli straordinari paesaggicampestri), la nostra cultura, le nostre tradi-zioni agro-alimentari. Il futuro inizia già daoggi puntando sull’incentivazione e sostegnodelle politiche regionali al comparto agroali-mentare, grazie ai programmi del PianoOperativo Regionale e ai fondi del bilancioregionale. E’ necessaria un’’inversione ditendenza, già in atto e rilanciata dai paesi piùindustrializzati. E’ quello che è emersonell’Assemblea generaledell’Organizzazione Mondiale degliAgricoltori (OMA) svoltasi recentemente aBuenos Aires. Il governo giapponese, adesempio, ha puntato su i disoccupati perrisollevare il comparto agricoli. Il presidenteportoghese ha spronato i giovani a puntaresull’agricoltura per evitare l’emigrazione.Negli Stati Uniti gli agricoltori giovani dai 25 ai35 anni sono aumentati del 2% per la primavolta nella storia recente. Barak Obama hafirmato un programma di sostegno quin-quennale al settore agricolo con un investi-mento pari a 956 miliardi di dollari. Dopo lacrisi finanziaria che ha messo in ginocchio leeconomie più sviluppate, si punta decisa-mente verso l’economia reale basata soprat-tutto sulle produzioni agroalimentari. Sel’Italia ottiene il primato in Europa di iscrizionialle facoltà di scienze agrarie forestali e ali-mentari e sono in aumento le aziende i cuititolari d’impresa hanno meno di 35 anni, inSardegna sembra che si vada in controten-denza.La terra viene barattata a poco prezzo perfavorire megaimpianti da FER(= FontiEnergetiche Rinnovabili) da guinness dei pri-mati: I progetti legati soprattutto allo sfrutta-mento delle energie rinnovabili in Sardegnasono aumentati in questi ultimi anni in modoesponenziale, senza che le popolazionifossero informate adeguatamente. Le

società coinvolte nei progetti hanno minimiz-zato gli impatti sul territorio ma, basta sem-plicemente esaminare i documenti ufficialiper capire che siamo di fronte a veri e propriprogetti di occupazione forzata del terri-torio in quanto, trattandosi di progetti dipubblica utilità, i terreni possono esseretranquillamente espropriati, volenti onolenti, sulla base del Dlgs 387/03 e delDPR 327/01. Nel solo periodo 2006-2010 siè registrato in Sardegna un progressivoincremento della quota annua di energiadestinata all’export dagli ~824 GWh del2006 ai ~1.020 GWh del 2010. Il confrontoevidenzia come a fronte di una produzionedestinata al consumo pressoché costante,l’energia richiesta per la domanda interna hasubito una flessione con la conseguenza cheil supero di produzione ha contribuito ad ali-

mentare una crescente esportazione(picco nel 2012: 2281 GWh). Nel periodo2001 – 2011, inoltre, si è verificata una dra-stica diminuzione dei consumi energia termi-ca (GPL/Gasolio) di circa il 52% legato prin-cipalmente alle difficoltà economiche dellefamiglie sarde(FONTE: TERNA 2012). LaRegione Sardegna si era posta come obietti-vo strategico del piano energetico regionale(PEARS) il raggiungimento della quota del17,8% (sul totale di energia prodotta) di pro-duzione da FER al 2020, obiettivo cherisulta già superato nel corso del 2012.Altro aspetto del piano riguarda il raggiungi-mento della quota del 22% della domandaelettrica interna da FER, obiettivoanch’esso praticamente raggiunto. Nonabbiamo quindi questa assoluta necessi-tà di ulteriore produzione di energia .Eppure una miriade di progetti sono già inattività e altrettanti sono in via di definizionepresso l’Assessorato Industria RAS, tutti dimatrice e profitti esterni alla nostra isola.

DACCI OGGI

QUOTIDIANOQuale futuro per la nostra terra?

IL NOSTRO PANE

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AmbienteN° 79 25www.vulcanonews.it

Prendiamo come primo esempio la GraziellaGreen Power (GGP) società aretina (primooperatore privato in Italia sul fotovoltaico) chesta investendo 15 milioni di euro sull’eolico inSardegna e Calabria grazie ad un accordocommerciale con la irlandese C&F GreenEnergy. La GPP in Sardegna ha già realiz-zato il più grande parco eolico d’Italia fraBuddusò e Alà dei Sardi (138 MW).Recentemente ha inaugurato ad Ottana suun’area di 45 ha un parco fotovoltaico fra i piùgrandi d’Europa con 103.240 pannelli solariinstallati: ricadute occupazionali? Si contanosulle dita di una mano! Attenzione quindi aibluff dei posti di lavoro come i 5000 postipotenziali (sic!)sbandierati dal GruppoAngelantoni con un miliardo di euro di inve-stimento (sic!) per il megaprogetto delle 4centrali termodinamiche in Sardegna di cuiparleremo diffusamente più avanti.Pensiamo al progetto MATRICA diPortotorres (Chimica verde). Se esaminiamoil legame con la filiera agricola-industrialelocale ci rendiamo conto che per rendere ilprogetto fattibile sono necessari enormiestensioni di terreno per la produzionedel mais ( 8-10 mila ettari) e del cardo (230mila ettari) destinati per lungo tempo amonocoltura col dubbio che possano essereimpiegati in maniera estensiva OGM, ferti-lizzanti chimici, pesticidi etc, essendo pro-dotti non destinati all’alimentazione umana,con aggravamento del problema dell’inqui-namento in un ambiente già fortemente com-promesso. Nello studio d’impatto ambientaledel progetto, propedeutico alla VIA si dichia-ra l’utilizzo di 250 mila t di biomassa erba-

cea/legnosa utilizzata. Ma considerando ilridotto potere calorifero (classificato comemedio = paglia di cardo 10% umidità; cippa-to 40% umidità, misto 25% umid.) della bio-massa, esperti in discipline agrarie avanzanol’ipotesi che sia necessaria una produzio-ne di 5-600 mila t/a da cultura a cardo(Cynara cardunculus var Altilis) per ali-mentare le due centrali da 135 MWt e 43,5MWe. Questo discorso vale anche per i pic-coli impianti a biomasse sotto 1 MWe chestanno nascendo come funghi in Sardegna.Già il fatto che si realizzino impianti sotto 1MW permette di aggirare di fatto la procedu-ra di Valutazione d’Impatto Ambientale.Ognuno di questi impianti necessita di 300ha di terreni agricoli, in genere piantati amais, che poi diventano 900 se si effettua lanormale rotazione agraria. L’investimentoviene ammortizzato in 3-4 anni, dopodichéper almeno altri 15-16 anni usufruiscono diincentivi pari a circa 1 milione di euro/a,incentivi che paghiamo noi con le nostre bol-

lette energetiche. Pensiamo ai 17 progetti diricerca geotermica e di idrocarburi checoprono migliaia di kmq della nostra isola.Anche qui promesse di posti di lavoro per lecentrali geotermiche, ma basta andare avedere il sito della Geoenergy srl (interessa-ta a diversi progetti in Sardegna)per consta-tare che nelle 9 centrali geotermiche gestiteda questa società in Toscana ci lavorano….5addetti. Per non parlare dei rischi per la salu-te, negati o sottovalutati dalle società propo-nenti. Basta collegarsi col sito onlinedell’ARPA Toscana che oltre a confermarela presenza nelle centrali toscane di ele-menti inquinanti come Idrogeno solfora-to, mercurio e Arsenico ricorda che neesistono altri non normati dalla legisla-zione vigente (Selenio, Antimonio,Ammoniaca, Metano , Monossido di car-bonio). L’ARPAT ammette anche chenon esiste una tecnica normata e piena-mente affidabile per l’effettuazione deicampionamenti che sarebbero necessariper scongiurare pericoli per la salute.La potenza del fotovoltaico ed eolico oggiinstallate in Sardegna(fotovoltaico (400 MW)ed eolico (1000 MW) è superiore al fabbiso-gno interno (1300 MW). Per l’eolico già nel2010 la Sardegna produceva oltre l’11% del-l’intero comparto nazionale, dato oggi supe-rato ampiamente. Perché allora continuarecostruire pale eoliche e megaimpiantifotovoltaici da guinness dei primati?Tutto è legato al profitto garantito per 20anni a questo tipo di impianti. Pensiamoall’Impianto termodinamico di 50 MWe su160 ha di terreni agricoli noto come Campu

Giavesu previsto fra Cossoine /Giave, conconsumo di 450 mila mc H2O, gestito dallaENERGOGREEN (in attesa di proceduraVIA) che è poi una delle quattro centralisolari termodinamiche a concentrazionedel megaprogetto Archimede SolarEnergy del Gruppo Angelantoni e delpartner giapponese ChiyodaCorporation. Le altre sono Flumini Mannufra Villasor e Decimoputzu (55 MWe dipotenza su 237 ha), Giave/Bonorva (50MWe su 235 ha) e Gonnosfanadiga (50MWe su 211 ha) con una produzione elettri-ca ad impianto pari a circa 200 GWh/a. Se ciaggiungiamo il progetto termodinamico diVallermosa, grazie al sacrificio di 1000 ha diterreni agricoli avremo una produzione elet-trica pari a circa 1000 GWh/a, poco menodella quantità di energia che già esportiamoogni anno fuori dall’isola senza avere benefi-ci diretti, giacché sappiamo dove vanno afinire i profitti. Dura la battaglia del ComitatoS’Arrieddu contro l’impianto da 84 MW nel-

l’oristanese di cui 27MW nel territorio diNarbolia (S’Arrieddu), con consumo di 64 Haa vocazione agricola, posizionamento di 107mila pannelli ,1614 serre da 200mq cad. chegarantirà un incentivo di 7 milioni/a più 3milioni/a x vendita energia a ENEL (IV contoenergia x 20 anni). Per non parlare di Villasordove è stato inaugurato un impianto di 20MW su una superficie di 26 ha con 134 serredove non ci lavora neanche un operaio loca-le, o del recentissimo impianto fotovoltaico“Ottana” fra i più grandi d’Europa, dove glioperatori si contano sulle dita di una mano. Con legge 20 febbraio 2014, n.9, gli incentivisono stati rimodulati per pesare meno sulletariffe elettriche: gli operatori possono conti-nuare ad usufruire degli incentivi per il perio-do residuo (in tal caso non potranno usufrui-re di altre agevolazioni per 10 anni) o sce-gliere incentivo più basso prolungato di 7anni rispetto alla scadenza iniziale prevista.Ma questi provvedimenti tampone scalfiran-no minimamente i lauti profitti della cosiddet-ta lobby energetica che conta forti sostegni inParlamento e nelle sedi di numerosi consigliregionali.

Solo attraverso una radicale modificadelle politiche energetiche regionali enazionali sarà possibile eliminare questoscempio che sta deturpando i nostri straor-dinari paesaggi. E’ lecito pretendere chevengano incentivati e sostenuti solamen-te i progetti di mini impianti a misura d’a-zienda, famiglie o piccole comunità con-sorziate, con ricadute economiche sulterritorio. E’ quello che sta facendo adesempio il sindaco di Borutta con un mini

impianto eolico sufficiente a garantire il fabbi-sogno energetico locale, per di più con bene-fici economici ricadenti esclusivamente suquella comunità.E’ ora di dire basta al colonialismo ener-getico. Diciamo no ad una politica fatta diclientelismo e che porta al prosciugamentodelle nostre risorse e alla rapina del territorio.Difendiamo la nostra terra che ci è stata con-segnata ancora intatta dai nostri padri e chenoi invece cerchiamo ostinatamente di con-sumare per poi lasciarla, non più nostra, ainostri figli, non più protagonisti del propriofuturo ma spettatori passivi. Puntiamo acreare e consolidare nuove nicchie dei nostriprodotti DOP agroalimentari nei mercatinazionali e internazionali. Valorizziamo e fac-ciamo conoscere i nostri marchi di qualità inun mondo ormai globalizzato, dove chi non ècompetitivo è destinato al fallimento. Da quidobbiamo ripartire per garantire un futuro allegenerazioni che verranno, che hanno dirittodi essere artefici del proprio destino.

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di Giancarlo Pillitu

Può essere divertente,oltre che istruttivo, gioca-re ad interpretare una

storia sentita, letta o vista alcinema o a teatro sulla base diconcetti ricavati dalla storia delpensiero filosofico. Ci viene inmente, a questo proposito, unfilm che, pur non essendoesplicitamente “filosofico”,affronta il tema fondamentaledell’esistenza umana da unipotetico punto di vista trascen-dente, che potrebbe per certiversi coincidere con quellodella filosofia. Il film in questione è “Storia diuna ladra di libri” (2013) delregista Brian Percival, trattodall’omonimo libro di MarcusSusak. Nel film si descrive lacondizione umana in uno sce-nario particolarmente dramma-tico, quello della secondaguerra mondiale e dell’antise-mitismo che pervade laGermania nazista. Ma all’inter-no di questa macro-cornice, siinserisce il contesto più limita-to di un piccolo quartiere, unavia per la precisione, in cui sipossono osservare le vicendequotidiane, a metà strada tral’ordinario e lo straordinario,dati i tempi tragici che vengono

raccontati, di normalissimiesseri umani, con le loro catti-verie, bassezze, prepotenze o,al contrario, con le loro più omeno esplicite manifestazionidi generosità, solidarietà,bontà, amore. Ma ciò che col-pisce, è il punto di vista privile-giato sull’umanità: lo sguardosub specie aeternitatis, comeavrebbe detto Spinoza, dellaMorte. Tale sguardo è disincantato,distaccato, indifferente, perchébene o male le vicende umanesembrerebbero leggibili sem-pre alla luce della logica dell’u-tilità, più o meno grande, che sipuò ricavare dalle azioni che sicompiono. Ma, talvolta, taleatteggiamento di distaccoviene interrotto da una inaspet-tata curiosità: qualcuno si com-porta secondo una logicaincomprensibile, inafferrabile:compie gesti o atti rischiosi,privi di profitto, evidentementeo apparentemente in perdita.La Morte, fra le altre cose, è ingrado di valutare, o meglio dipercepire, al momento del tra-passo, il peso delle anime: leg-gere quelle dei buoni (ma labontà è una categoria morale,cioè umana, e dunque estra-nea all’ottica sovrannaturale),pesanti quelle dei cattivi.

La protagonista, una silenzio-sa ragazzina “abbandonata”dalla madre comunista perragioni politiche, pur essendoinizialmente analfabeta,comincia da subito il suo per-corso di “ladra di libri”. Liesel èaffascinata dai libri così come ilDestino (o la Morte) è affasci-nato dalla piccola e dalla suainspiegabile passione per que-sti strani oggetti umani, “troppoumani” (per ricordareNietzsche).Appresa con fatica e impegnola lettura, grazie anche all’a-morevole aiuto di Max (suopadre adottivo), troverà nei libriuna terapia contro il presenteavverso. I libri sono la memo-ria dell’umanità, e la memoriaè “lo scriba dell’anima”, secon-do la concezione aristotelicache ha il sapore della rivelazio-ne, quando sgorga dalla boccadel suo giovane amico ebreo,che trova protezione presso lacasa dei suoi genitori adottivi. Ilibri, le storie, la memoriairrompono nella linearità deltempo storico per istituire untempo circolare, che favoriscela meditazione e la valorizza-zione dell’attimo presente. Talemotivo nietzscheano fa dellaragazza una rappresentanteeccezionale dell’oltreumani-

smo e della volontà di potenzaumana che si oppone ad unavolontà di potenza disumana,antidemocratica, antiegualita-ria, autoritaria e portatrice diterrore.La memoria è una sorta di anti-doto contro la morte. La mortenon può nulla contro la memo-ria umana. Forse è addiritturaincapace di comprenderla. Inquesto senso, il furto di libri èun furto di tempo, un temposalvato dalla memoria, untempo indefinitamente percor-ribile, perché la memoria lorende circolare (si pensi alladottrina nietzscheana dell’eter-no ritorno dell’uguale) e ingrado di proteggere dall’ineso-rabile e irreversibile tempolineare della storia, con le sueimmani tragedie. La Morte si inscrive nella storiae resta a guardare dal di fuori iltempo che si fa memoria e cir-colo. Resta a guardare affasci-nata, con in mano la falce, allaquale è sfuggito qualcosa ditroppo leggero e imponderabi-le, l’anima umana, che si eter-nizza seguendo il filo di unanarrazione senza fine, destina-ta a ripetersi infinite volte.

Attualità filosofica N° 7926 www.vulcanonews.it

IL TEMPO, LA MORTEE LA MEMORIA

Sophie Nlisse e Geoffrey Rush in unasignificativa scena del film

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di Tonino Uscidda

Sebbene siano usciti 13album in studio di que-sto gruppo (25 i live),

non ne esistono nemmenodue registrati con la medesi-ma formazione e l’unico mem-bro presente dall’inizio allafine (è del settembre del 1975il primo scioglimento dei ‘ReCremisi’) è il chitarrista manci-no - nonché tastierista di mel-lotron - Robert Fripp (n.1946).La formazione iniziale com-prendeva oltre a Fripp il bassi-sta e cantante Greg Lake(passato durante le registra-zioni del secondo album al trioEmerson Lake & Palmer), ilbatterista Michael Giles, iltastierista Ian Mc Donald.Invece il paroliere principedella band, Pete Sinfield, eraaddetto a diverse altre man-sioni come quelle di tecnicodelle luci, roadie ed effettisonori. A quest’ultimo si deveanche il nome King Krimson.Emulazione. Il disco d’esor-dio In The Court of TheCrimson King – un capolavorosu cinque tracce di purezzaespressiva - ha reso respon-sabili Fripp e soci della grandeondata di romanticismo cheavrebbe invaso la scena ingle-se di lì a poco: Genesis,Gentle Giant e Van Der GraafGenerator furono tre tra i piùfamosi rappresentanti di que-sto genere raffinato (un soundcomprendente anche effettiorchestrali proposti artificial-mente con l’uso del mellotronal fine, soprattutto, di suscita-re grandi emozioni nell’animodell’ascoltatore) che tantaparte ha avuto nella musicaeuropea durante la primametà degli anni Settanta e allaquale praticamente tutti i grup-pi “progressive” italiani dell’e-poca si sono più che ispirati(ad esempio, il Banco, la PFMecc..) La fama dei King Crimson eragià notevole – specie nell’am-

biente underground dellaCapitale britannica - primaancora che si esibissero per laprima volta, sbalordendo l’udi-torio, al London Speakeasy il19 aprile 1969 e prima ancorache questo long playing d’e-sordio fosse pubblicato. E nonbisogna dimenticare che “l’esi-bizione spalla” ad Hyde Parkdel 5 luglio dello stesso anno(sul palco in attesa dei RollingStones che avevano organiz-zato un concerto-spettacolo,alla presenza di oltre 200.000persone, in memoria del chi-tarrista Brian Jones) aumentòulteriormente la loro popolari-tà. Quando In The Court ofThe Crimson King uscì (il 10ottobre), l’accoglienza delpubblico e della critica fu una-nimemente entusiasta.Considerato un classico inno-vativo già ai suoi tempi – PeteTownshend, funambolico chi-tarrista degli Who, dichiaròalla stampa che si trattava diun impeccabile capolavoro –innalzò sulla vetta della noto-riètà i Crimson sia inInghilterra che negli StatiUniti. Album musicalmente vario.

E pericolosamente futuribilevien da dire: come in “21stCentury Schizoid Man”, ener-gico brano di apertura(6’52’’min.) - nonché cavallo dibattaglia dell’intera carrieradel gruppo - nel quale si con-cretizza la violenza verbale ele intuizioni nei testi complessidel paroliere Sinfield. Invecele visioni di roghi di uominipolitici (!) e di bombe alnapalm rimandano - nelleparole intensamente strug-genti, disperate, accompagna-te dal “lieve”crescendo ritmicodi “Epitaph” (8’30’’) - alla pro-blematica ricerca di responsa-bilità che esprime, a forti tinte,il senso di distruzione (e fru-strazione) così amaramentepresentito dal duo Fripp-Sinfield. In The Court of The CrimsonKing è pertanto un albumcolmo di simboli, allegorie, earia che rimanda magicamen-te a tempi lontani. In questoentusiasmante lavoro non c’è– a detta di Fripp -, né ci saràmai, la presenza della droga(…) E ancora: “Siamo stati ilprimo gruppo ad articolaredeliberatamente la possibilità

di usare la testa nel Rock’ n’Roll..”.Il grande merito dei musici-sti. Fu quello di operare unasintesi inedita tra elementi chefino ad allora erano ritenuti“incompatibili” tra loro come ilpop, il jazz e la musica classi-ca: non disdegnando di attin-gere a piene mani al patrimo-nio del blues e a quello delfolk. Fripp e Giles provenivanoda un trio di chiara ispirazionepop, pur non avendo mainascosto le inclinazioni versoil jazz. Ian Mc Donald – sull’e-sempio di Keith Emerson giàmolto popolare con i Nice –aveva sviluppato uno stile chefondeva l’elemento classicocon il rock. Pete Sinfiled daroadie tuttofare avrebbe ela-borato uno stile compositivotra il rock romantico e lo psi-chedelico (copiato senza rite-gno da centinaia di futuri auto-ri). Greg Lake, bassista eclet-tico e al tempo strumentistaalquanto sottovalutato, con ilsuo modo di suonare compat-to e con la sua strana voce distampo coristico riusciva acoagulare attorno a sé que-st’insieme di tendenze assu-mendo l’ambigua posizione dipunto focale della band. Atto finale. E’difficile direcome avrebbero potuto evol-versi i King Crimson nel pro-seguo dei Settanta e Ottantase avessero mantenuto intattala formazione originale, tantopiù che le strade intrapresesuccessivamente da ognunodi loro sono state così diverse.Ma è un fatto che l’intelligentee riservato Robert Fripp -prima della “dissoluzione fina-le” avvenuta nel 1975 - haassicurato alla storia almenoaltri tre dischi eccellenti:Lizard (70’), Lark’s Tongues InAspic (73’) e Red (74’).Nessuno di questi, però, pote-va avere il sapore della novitàcosì intenso di In The Court ofThe Crimson King.

Compleanni Musicali:

King Krimson (E.G. Records/Polydor, 1969)“In The Court of The Crimson King”

MusicaN° 79 27www.vulcanonews.it

Battesimo sul finire dei Sessanta per gli inglesi King Crimson e il rock "progressive".In questo primo eccelso lavoro la band londinese seppe tessere un sound vincente senza cadere

nella retorica più classica. A quarantacinque anni (!) dalla pubblicazione “In The Court..”è il trionfo di una certa nostalgia melodico-romantica benché il leader del gruppo, Robert Fripp,

di grandi dischi ne realizzerà molti altri

La celeberrima copertina dell'album

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di Marco Massa, presidentedell'AssociazioneAstrofili Sardi

Gli scienziati che utilizza-no il telescopio spazialeXMM-Newton dell’ESA

hanno trovato una stella conuno dei campi magnetici piùgrandi mai scoperti nellanostra galassia. L’oggetto,denominato SGR 0418 5729, èuna magnetar, nome che deri-va dalla contrazione delleparole inglesi magnetic e star.Trattasi di un particolare tipo distella di neutroni di cui andre-mo a discutere nel seguito.1-Origine delle stelle di neu-troniLe stelle simili al nostro Sole,

al termine del ciclo vitale, sitrasformano in nane bianche.Le stelle con massa superiorea otto masse solari sono sog-gette alla seguente evoluzio-ne. Durante la maggior partedella vita, la stella passa il suotempo a trasformare l’idrogenodel suo nucleo in elio, con rea-zioni termonucleari che gene-rano energia sufficiente a con-trobilanciare la contrazionegravitazionale, alla temperatu-ra di circa 15 milioni di gradi.Poi, terminato l’idrogeno, lastella si contrae sotto il pesodegli strati superiori e nel suonucleo aumentano, di conse-guenza, la pressione e la tem-peratura, a valori tali da inne-scare la fusione che trasformal’elio in carbonio ed il carbonioin ossigeno. Finito l’elio, lacontrazione della stella prose-gue ancora perciò, quando siraggiunge la temperatura di600 milioni di gradi, i nucleivanno a compenetrarsi fabbri-cando neon e magnesio. A unmiliardo e mezzo di gradifonde l’ossigeno, generandotutta una serie di nuclei piùpesanti: zolfo, silicio e fosforo.

A tre miliardi di gradi il silicioscatena centinaia di reazioninucleari dando origine a nucleisempre più pesanti, fino adarrivare alla formazione deinuclei del ferro. Il nucleo delferro è costituito da 56 protonie neutroni e sono talmente sal-dati tra loro che non è più pos-sibile strappare loro altra ener-gia di fusione e la stella, riag-giusta il proprio equilibrio,espandendosi all’esterno edando origine a una supergigante rossa del diametro dicirca 1 miliardo di chilometri. Ilnucleo della stella, costituitoormai solo da ferro, non produ-ce più energia di fusione, per-ciò è sottoposto a una pressio-ne sempre crescente da partedegli strati superiori della stellastessa ed ha un improvviso eviolento collasso che porta latemperatura interna a cinquemiliardi di gradi. I fotoni gene-rati hanno tanta energia da faresplodere i nuclei di ferro ridu-cendoli in un insieme caoticodi nuclei d’elio. E’ questo ilfenomeno della fotodisintegra-zione che comporta la disinte-grazione dei nuclei nei lorocostituenti elementari: protonie neutroni. In queste condizio-ni di elevatissima temperaturae pressione, gli elettroni deglistrati esterni sono compressi espinti all’interno del nucleodella stella fondendosi con iprotoni. Le loro cariche elettri-che si neutralizzano dando ori-gine a un nucleo stellare di solineutroni super compressi.Venendo a mancare i protoni egli elettroni, il “volume di occu-pazione” dei neutroni divienemolto più piccolo perché nullaormai impedisce che i neutroniarrivino a toccarsi. La neutro-nizzazione comporta una velo-cissima implosione della mate-ria che porta la densità delnucleo della stella a un valoretale che, se fosse possibileriempire un ditale da cucitocon tali neutroni, peserebbecento milioni di tonnellate. Inseguito all’implosione del

nucleo della stella, gli stratiesterni precipitano sul nucleoalla velocità di 40.000 km/sece sbattendo, su una superficieincredibilmente dura, rimbalza-no di colpo generando un’ondad’urto. Le condizioni di tempe-ratura e pressione sono taliche l’ossigeno, il carbonio, l’e-lio e l’idrogeno, che si trovanostratificati esternamente alnucleo “bruciano” contempora-neamente. Avviene un’apoca-littica esplosione con l’ondad’urto che trasporta un’energiagigantesca verso l’esternodella stella. Gli strati stellarisono proiettati nello spazio convelocità di decine di migliaia dichilometri al secondo. Appareuna supernova. L’energia svi-luppata è tanta che, per qual-che settimana, la supernovasplende come alcuni miliardi distelle normali, poi si affievoli-sce e nel tempo di qualcheanno scompare. Resta, nelluogo dell’esplosione, unamassa informe di gas roventiin espansione, e al centro unafioca stella che è tutto quel cherimane della supernova. Lastella collassata si è ridottaormai a un globo minuscolo di15 chilometri di diametro che

contiene, dentro di sé, tantamateria quanto due o tremasse solari. E’ nata una stel-la di neutroni circondata dauna sottilissima atmosfera digas residui. La teoria prevedeche la stella di neutroni acqui-sti una velocità di rotazione suse stessa elevatissima pereffetto della conservazione delmomento angolare durante ilcollasso, per cui, raccogliendo-si la massa della stella intornoall’asse di rotazione, aumentala velocità con cui gira intornoa se stessa, come succedecon i pattinatori che sfruttanola stessa legge fisica quando,per aumentare la velocità dirotazione, raccolgono le brac-cia lungo il corpo.

Anche il campo magneticodella stella originale, che eradistribuito su una superficieenorme, per effetto della con-trazione diventa intensissimo. 2-Le MagnetarGli astrofisici Duncan eThompson, già venti anni fa,avevano immaginato l’esisten-za di stelle di neutroni concampi magnetici ancora piùintensi, le magnetar. Secondo idue scienziati la presenza distelle con campi magnetici

Astronomia N° 7928

SCOPERTALA MAGNETARPIÙ POTENTEDELLA GALASSIA

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potentissimi poteva essere all’origine dialcune violente esplosioni cosmiche cheavvengono nella Galassia, così intense dadisturbare perfino le telecomunicazioniterrestri pur avendo luogo a migliaia dianni luce dal nostro pianeta. Ora alcuniscienziati italiani dell’Istituto Nazionale diAstrofisica sono riusciti a misurare ilcampo magnetico di questi oggetti celestianalizzando le emissioni di raggi X dellamagnetar SGR 0418+5729, distante6.500 anni luce, grazie a osservazionieffettuate con il telescopio spaziale XMM-Newton. Analizzando la frequenza deiraggi X, i ricercatori hanno ricavato lavelocità con cui le particelle si muovonoall’interno del campo magnetico, fattoremolto importante perché è direttamenteproporzionale all’intensità del campomagnetico. La misurazione ha dimostratol’esistenza sulla superficie della stella diuna regione con un campo magnetico piùintenso rispetto a quello complessivo dellamagnetar. Quest’aspetto è fondamentale,perché proprio la presenza di più campimagnetici di diversa intensità nella stessastella, è ritenuta una delle principali causedelle esplosioni cosmiche. In particolare,gli astrofisici italiani hanno identificato unapiccola zona sulla superficie della magne-tar con un campo magnetico di straordina-ria intensità, pari a un milione di miliardi diGauss. Per avere un’idea della sua poten-za basti pensare che la Terra ha un campomagnetico inferiore a 1 Gauss.3-StellemotiCosì come sulla Terra le onde sismicheprodotte dai terremoti forniscono un meto-

do d’indagine indiretta sulla struttura delleparti più profonde del nostro pianeta, allostesso modo, gli effetti di stellemoti osser-vati su stelle di neutroni dotate di fortissi-mo campo magnetico, possono aiutare afar luce sulla loro composizione interna.Le stelle di neutroni, e in particolare lemagnetar, rappresentano un laboratorionaturale ideale per comprendere come lamateria si comporti in condizioni estreme.Alcuni ricercatori hanno preso in conside-razione giganteschi lampi provenienti damagnetar osservati in passato. Questeemissioni in raggi X e gamma scaturisco-no da oscillazioni magneto-elastiche dellastella, “stellemoti”, che avvengono presu-mibilmente quando la crosta esterna sispacca e sprofonda nello strato interno.Nel corso di tale fenomeno l’emissione diraggi gamma e X è modulata in differentifrequenze che, come in un sismogramma,sono usate dai ricercatori per capirecom’è fatto l’interno della stella. I ricerca-tori hanno sviluppato un nuovo modello dimagnetar; si ritiene che la superficie diqueste stelle sia costituita da una speciedi crosta dello spessore di circa un chilo-metro in cui i nuclei sono disposti in unreticolo cristallino, immersi in un “mare” dielettroni. In profondità le condizioni estre-me di densità, pressione, temperatura,magnetismo e gravità farebbero sì che lamateria di cui è composta la stella, per lopiù neutroni, può assumere forme stranee inedite come la superfluidità in cui nonesiste attrito fra le particelle, non c’èviscosità e la conducibilità elettrica tendeall’infinito. L’universo è pieno di oggetti strani e incre-dibili, ma un posto speciale è sicuramenteoccupato dalle magnetar!

AstronomiaN° 79 29www.vulcanonews.it

PreparazioneDividere a metà le aragoste e disporle su una teglia unta di olio e sale, irrorare d'olio tuttala polpa, salarla e cospargerla di pane grattuagiato; mettere il recipiente in forno e cuo-cere per una ventina di minuti. A cottura ultimata il pane dovrà formare una costicinadorata. Il piatto va servito caldo. Buon appetito.

aragosta AL FORNOIngredienti

• 2 aragoste di piccole dimensioni• una cucchiata di pane grattugiato• poco olio

Magnetar, particolare

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di Sara Saiu

L’art. 1490 del codice civi-le, al secondo comma,stabilisce che il costrutto-

re/venditore è tenuto a garanti-re che la cosa venduta siaimmune da vizi che la rendanoinidonea all’uso a cui è desti-nata o che ne diminuiscano inmodo apprezzabile il valore.Quindi prevede due diversi tipidi tutela, una che si riferisce aidifetti strutturali ed una secon-da relativa a tutto ciò che la

rende non del tutto idoneaall’uso a cui è destinata. Un altro articolo, il 1667 delcodice civile, stabilisce che ilcostruttore/venditore è tenutoalla consegna di un’opera ter-minata “a regola d’arte”, quindisenza difformità o vizi. Le dif-formità sono eventuali differen-ze tra ciò che è stato progetta-to e ciò che è stato effettiva-mente costruito mentre i viziriguardano le differenze tra ilmodo previsto di costruirequalcosa, ad esempio l’utilizzodi un particolare tipo di mate-riale o uno spessore minimo,ed il modo in cui l’immobile èstato realmente costruito. Èimportante sottolineare che ivizi lievi, come ad esempio ildistacco di parte dei pavimenti,degli intonaci o delle tegole deltetto, difetti nell’impianto elet-trico vanno denunciati entro 60giorni dalla scoperta. Se il ven-ditore non provvede alla lorosistemazione il condominopotrà agire nei suoi confrontientro due anni dalla consegnadell’opera. In caso contrariol’azione è prescritta. In caso didifetti gravi, cioè quelli cheriguardano la sostanza e lastabilità dell’opera, la garanziadovuta è di 10 anni. A questo riguardo il più recen-

te orientamento giurispruden-ziale considera gravi difettianche quei vizi che riducono inmodo apprezzabile la funzio-nalità e l’uso dell’immobile. Traquesti rientrano anche lacarenza di impermeabilizza-zione che comporta infiltrazionidi acqua piovana, la carenza dicoibentazione che causa umi-dità, le lesioni strutturali ed imalfunzionamenti dell’impian-to centralizzato di riscalda-mento.I termini della denuncia parto-no dalla scoperta, cioè dal

momento in cui il denunciante“abbia acquisito un apprezza-bile grado di conoscenza, seriaed obiettiva, dei vizi/difetti edel nesso causale tra questi el’esecuzione dell’opera” (Cass.Civ. n. 12386/2003; Cass. Civ.11740/2003) ed ilcostruttore/venditore puòessere messo a conoscenzadei problemi anche con unasemplice raccomandata. I ter-mini per l’azione legale sonodue anni dalla consegna per ivizi lievi e un anno dalladenuncia e dieci anni dalla

Condominio, la parole dell’esperto N° 7930

INFILTRAZIONI E UMIDITÀPOSSO RIFARMI SUL COSTRUTTORE

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costruzione per quelli gravi.Tra l’altro l’art. 4 del D. Lgs.122/2005 prevede l’obbligo peril costruttore di contrarre unapolizza assicurativa indennita-ria di durata decennale abeneficio dell’acquirente coneffetto dalla data di ultimazionedei lavori che copra eventualidanni materiali e diretti all’im-mobile, ivi compresi danni aiterzi, derivanti da rovina totaleo parziale oppure da gravidifetti costruttivi. Fatto il punto su cosa prevedela Legge è opportuno conside-rare anche altri aspetti. A pre-scindere dall’età e dalla qualitàcostruttiva dell’immobile muffa,umidità e condensa sono pro-

blemi largamente diffusi. Unadelle principali cause della for-mazione di muffe è l’umidità dicondensa ed è caratteristica ditutti quegli ambienti con aerea-zione insufficiente. L’umidità dicondensa è la causa, oltre chedelle muffe sui muri, anche divetri e pavimenti bagnati.Tendenzialmente l’umidità dicondensa si presenta nei muriperimetrali e nelle zone dovela circolazione d’aria è moltoscarsa, come gli angoli vicinoai pavimenti o quelli vicino alsoffitto. Altro tipo di umidità molto diffu-sa è quella cosiddetta di risali-ta, dovuta ad un isolamentoorizzontale non idoneo o

assente. A queste cause sisommano protezioni deficitarieo danneggiamenti alle stesse. Se il nostro immobile non rica-de nelle casistiche di vizi edifetti da contestare al costrut-tore/venditore si dovrebberovalutare alcuni rimedi per limi-tare il problema. Un primo esempio può esserepensare di migliorare l’isola-mento termico (coibentazionetermica). Con questo accorgi-mento non solo si previene laformazione delle muffe ma siottiene oltre al risparmio ener-getico anche una qualità degliambienti decisamente superio-re. Altro rimedio potrebbeessere curare il livello di umidi-

tà ideale (generalmente tra il30 ed il 50%) attraverso unbuon deumidificatore oppureevitare di stendere i panni incasa considerando l’acquistodi un’asciugatrice o ancoralimitare il numero di piante incasa. A tutto ciò si dovrebbeaffiancare una regolare manu-tenzione delle tubature ed uncontrollo di eventuali difetti del-l’isolamento.In conclusione, se abbiamo ache fare con qualcuno di que-sti problemi, dovremmo valuta-re se questi sono riconducibilialla condotta deficitaria delcostruttore/venditore e quindirifarci su di lui oppure se toc-cherà a noi farcene carico.

Il nutrizionistaN° 79 31www.vulcanonews.it

Come possiamo fare a stare meglio?

di Simone Naitana

Con il pretesto dell'equili-brio alimentare e altrialibi scientifici si continua

a dispensare prescrizioni ali-mentari e diete di ogni genereilludendo milioni di persone chesia questa la strada per ripren-dere a stare bene con se stessie con il proprio corpo, alimen-tando nel lungo periodo soltan-to sofferenza e frustrazione. Ci si comporta allo stesso iden-tico modo di quando si cerca dirisolvere le questioni dell'animamettendo questa a tacere contanta innovativa e scientifica-mente testata buona chimica,illudendoci che sia questa lastrada per la felicità. E' sicura-mente un bene avere anchequesti strumenti a disposizionee meno male che li abbiamo,ma non ritengo giusto metteretutto a tacere per illuderci distare meglio. Ma se bastassedavvero una dieta a risolvere ilproblema mondiale dell'obesitàcome mai, non ostante tutte lediete e le prescrizioni sul giustomodo di alimentarsi (di cuipotremmo fare una collezioneinfinita), l'obesità non solo nonsi è arrestata ma è in continuacrescita? Come mai il 90%delle persone che vengono nelmio studio per un problema disovrappeso hanno affrontato

n e lcorsod e l l al o r ov i t achi tre,c h ic i n -q u e ,c h idieci,c h iv e n t iesperienzedi restrizionicaloriche, di cosi-dette diete?Probabilmente stiamosbagliando qualcosa?Decisamente si.Tutte queste diete eancor di più quell'atteg-giamento mentale del"mettersi a dieta" e del fardiventare anche il cibo undovere (come se non neavessimo già abbastanzadi doveri), continua a mantene-re la curva dell'obesità e di tuttele altre problematiche legate alcibo in continua crescita.Non siamo pasta da modellareal bisogno e tutti questi buoniconsigli sulla corretta alimenta-zione, che ci vorrebbero omolo-gare e far mangiare tutti le stes-se cose, non funzionano per-ché hanno la presunzione diignorare l'unicità dell'individuo,la sua identità alimentare e ilrapporto psicoemotivo cheognuno di noi ha con il cibo.Ognuno di noi è diverso daqualsiasi altra persona sullafaccia della terra e non esisteun unico modo di mangiarevalido per tutti.

Ma allora la soluzione quale è?La soluzione, anche in questocaso come per la stragrandemaggioranza dei problemi delvivere, è dentro di noi. Non per-dete tempo a ricercarla al difuori, magari in uno schema ali-mentare, in una prescrizione oin qualche altra formulettamagica, perchè non funziona enon dura. Questo lo dicono idati, lo dice l'attualità e io loconfermo con la mia esperienza, non funziona mai!Se stiamo male è perchè cisiamo persi di vista o perchèmagari non ci siamo mai trova-ti. Se il nostro corpo inizia alamentarsi e a cambiare le pro-prie forme è perchè lo abbiamo

trascurato, perchè abbiamosmesso di ascoltarlo. A volte,presi dalla frenesia della vita edagli eccessivi doveri della quo-tidianità, ci dimentichiamo diavere un corpo ed è per questoche poi Lui ci presenta il conto.Chi compie un lavoro di riabili-tazione nutrizionale diventaautonomo nei confronti del ciboe non avrà più bisogno di nes-suno che gli dica cosa devefare o cosa deve mangiare.Inoltre avrà la possibilità diriprendere a godersi il cibo e diriprendersi finalmente e definiti-vamente il proprio corpo.Per qualsiasi informazionewww.impariamoamangiare.com

La soluzione è alla portata di tutti

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di Roberto Fenu

Professor Marrocu,potrebbe prenderci unpo’ per mano e

mostrarci quali sono stati imomenti significativi chehanno caratterizzato la sini-stra italiana nella lotta perl’emancipazione dei ceti piùsvantaggiati, quelli, cioè,che tutt’oggi potrebberoessere ancora tangibili dachi si ritiene “scettico disinistra”?“Va da sé che la risposta a unadomanda così ampia non puòche essere approssimativa. Alcentro della vicenda storicadella sinistra italiana, sul lungoperiodo, io vedo la specificità diuna presenza egemonica delPartito comunista italiana. Unpartito che, soprattutto a partiredal 1943, è stato protagonistadella ricostruzione democraticadell’Italia. Allo stesso tempo,confermando, sino allo strappooperato da Berlinguer, il suolegame con l’Unione Sovieticasi è autoescluso dalla possibilitàdi governare. Quando dopo il1989 è caduta l’UnioneSovietica (e con essa è venutodel tutto meno il cosiddetto fat-tore K) il PCI non aveva piùragione di esistere o comunqueera chiamato a una trasforma-zione radicale. La sinistra cheha preso forma, in manieracomplessa, in Italia dopo il 1989è una sinistra nuova, nuova nelsenso che si è dovuta reinven-

tare. Questa è la difficoltà in cuisi trova il Partito Democratico.Non è facile reinventare qualco-sa. Pensiamo alla Sinistra fran-cese, inglese, tedesca, perfinospagnola: in tutti questi casi laSinistra si muove dentro unacultura e una tradizione politicache rimanda alla finedell’Ottocento, alla socialdemo-crazia classica, insomma. Contutte le differenze e le difficoltàdi adeguarsi a tempi nuovi, masenza una vera rottura con lapropria matrice originaria”.Cosa significava, in passato,per un cittadino italiano defi-nirsi di sinistra , e cosa vuoldire invece oggi votare per ilpartito democratico?“Prima essere di sinistra volevadire soprattutto essere dallaparte dei lavoratori e dei ceti piùsvantaggiati. Oggi votiamo per ilPD aderendo a un progetto diriforma del nostro Paese checoniughi la Rivoluzione Liberaledi Piero Gobetti con un’istanzadi giustizia sociale: quanto almetodo, per come la vedo io, èsempre quello che ci ha inse-gnato il compagno Keynes”.Saprebbe dirci quali sono iprincìpi che animano il partitodemocratico?“Credo che una difficoltà del PDsia appunto questa di non avereenucleati princìpi condivisi sucui basare i propri progetti diriforma. Per quanto mi riguardadovrebbero essere tradizionesocialdemocratica + Keynes +riforma liberale dello Stato”.Questi principi sono compa-rabili e compatibili con altreesperienze europee di partito,come ad esempio quella deilabour britannici? “Per quanto mi riguarda ovvia-mente sì. Per quanto riguarda ilPartito Democratico, l’ho dettoprima, non sono sufficientemen-te elaborati. Un’ulteriore difficol-tà viene dal fatto che nel PD siuniscono due culture politichedistinte e a lungo antitetiche:quella socialcomunista e quellasocialista”.La sinistra ha perso il suospirito rivoluzionario nellalotta politica, in Italia rimar-rebbero le garanzie costitu-zionali di programma che non

hanno avuto completamento,tuttavia anche queste sonosotto continuo attacco daparte di tutte le forze politi-che, non escluso il Partitodemocratico, quale sarà allo-ra l’ancora di salvezza? “Che la sinistra italiana abbiaperso il suo spirito rivoluzionariopotrebbe rivelarsi anche un fattopositivo se l’avesse sostituitocon un concreto realistico spiritoriformista”.Due articoli della costituzionefondamentali che attualmenteci permettono una chiave dilettura della posizionedell’Italia nello scenario inter-nazionale: l’art. 10 che, conun certo grado di forzatura, ciha permesso di aderire e ade-guare il sistema giuridicodell’Italia all’unione europea,l’art. 75, secondo comma,che, pensato per ovviare aiproblemi di adesionedell’Italia al patto atlantico,non permette ai cittadini diesprimersi nei confronti deitrattati internazionali; è que-sta, in questo scenario di sfi-ducia nei confrontidell’Unione Europea, unaposizione debole della socie-tà politica nei confronti dellasocietà civile, o comedovremmo interpretarla?“La debolezza non è solo unadebolezza della politica, il cuiatteggiamento in Italia versol’Unione Europea, è spessopuramente difensivo (“non cisono alternative all’Europa”,“non ci sono alternativeall’Euro”) ma della stessaUnione Europea che, comediceva oggi Z.Baumann su“Repubblica”, sta in una zonaindistinta tra “loro”, i poteri glo-bali, e “noi”, lo Stato-Nazione”.Rapporti finanza e partitodemocratico, teorie complot-tista o triste realtà? “Francamente non li vedo questirapporti, comunque non comeun problema. Sono altri i proble-mi”.In un mondo dove la battagliaè stata vinta dal capitalismofinanziario, c’è ancora spaziodi sovranità per gli Stati?“Beh, di questo stiamo parlan-do, della politica. Keynes parla-

va della politica come dellaforza capace di opporsi ai mec-canismi di dominio impersonaledel capitale finanziario”.L’Italia è condannata a convi-vere con l’immoralità politicao possiamo sperare in unmiglioramento?“L’immoralità politica esistedovunque. Il problema è lamisura di questa immoralità inItalia e che essa a volta dia l’im-pressione di pascolare indistur-bata nel nostro Paese”. Governo Renzi, ennesimoproclama di “si cambia tuttoper non cambiare niente”, overamente c’è da sperare?“Dobbiamo sperare”.Grillo frequentatore di amba-sciate straniere, il mondo ciguarda con paura e sospettoo con interesse?“Come sempre, con un misto disospetto e interesse: questo dalRinascimento in poi”.Elezioni regionali inSardegna: bassissimi livelli dipartecipazione al voto e unneonato partito indipendenti-sta che conquista una quotaconsiderevole di voti; fino ache punto si potrà tenere congli sbarramenti elettorali ilrevanscismo politico fuori dalsistema, vista anche l’espe-rienza di successo del movi-mento Le Pen in Francia?“Non ho nessuna simpatia per ilmovimento di Michela Murgia,ma non mi pare sia assimilabilea Le Pen”.Giunta Pigliaru: si riusciràfinalmente, in Sardegna, adavere una politica di qualitàcapace di raggiungere i puntidi programma o, per l’ennesi-ma volta, c’è il rischio di rima-nere impelagati nella paludedei compromessi partitici?“Mi pare di vedere una certamancanza di personalità com-plessiva della giunta, ed anchedella maggioranza consiliare.Ma quella è la giunta che colnostro voto abbiamo contribuitoa formare e quella giunta dob-biamo aiutare a realizzare senon tutti almeno qualche puntodel programma: io mi acconten-terei di una riforma, seria, dellamacchina regionale, in partico-lare della sanità”.

Le nostre interviste N° 7932 www.vulcanonews.it

Docente di Storia contemporanea

la facoltà di Lettere e Filosofiaall’Università di Cagliari presso

INTERVISTA A LUCIANO MARROCU

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Dai comuni, DecimoputzuN° 79 33www.vulcanonews.it

SA “VIA CRUCIS”CUMENTI SI CANTAT A DEXIMEPUTZU

di Giuliana Mallei

Nella simpatica confu-sione della sacrestiaparrocchiale di

Decimoputzu, abbiamo il pia-cere di conoscere TamaraCorona, giovane pittrice put-zese.Dotata di un talento naturaleper il disegno e la pittura,Tamara ha avuto modo diperfezionarsi grazie ad uncorso di tecnica pittoricatenuto dal maestro IgnazioSabiucciu, anche lui diDecimoputzu.La giovane artista è statacoinvolta dal parroco, donGian Marco Casti, in un'ini-

ziativa semplice e, al contem-po, innovativa: per l'interoanno liturgico Tamara dovràsintetizzare, attraverso deidisegni su cartoncino, ilVangelo della domenica.Il pubblico putzese conoscegià Tamara, per aver espostole sue opere in alcune mostrepaesane. Auspichiamo che lasua fama possa estendersiulteriormente oltre i confini diDecimoputzu anche se, perla verità, la giovane artista haavuto modo di esporre i suoilavori anche a Villacidro eOlbia.

UN DISEGNOPER PREDICAREIL VANGELO

di Giuliana Mallei

La Via Crucis del venerdì Santo, comesi celebra a Decimoputzu, è unica nelsuo genere in tutta la Sardegna. Solo

a Siurgus Donigala è molto simile, ma inrealtà trae origine proprio da Decimoputzu.La Via Crucis putzese è in lingua sarda esi canta a due voci, la sua caratteristicaprincipale è che trattasi di una Via Crucisliturgica e non di una sacra rappresenta-zione. L’origine della Via Crucis si perdenella notte dei tempi, ma è possibile ipotiz-zare che sia di importazione spagnola, -così come tutte le cerimonie che ancoraoggi si celebrano nella nostra Sardegna - eche quindi risalga al 1550-1600.Certamente nel 1850 era così celebrata. Iltesto fu pubblicato per la prima volta nel1953 da Mons. Cherchi, allora parroco diDecimoputzu. Esattamente un anno fa èstata edita una nuova edizione, per voleredell’attuale parroco, don Gian Marco Casti,con la preziosa collaborazione dell’Ing.Luigi Orrù, appassionato cultore e massi-mo esperto di questa celebrazione liturgi-ca, unica nel suo genere. La Via Crucis siapre con il dialogo tra Gesù e la Madonna,lungo 12 quartine, e prosegue con lo

Stabat Mater l’Agnello di Dio, quindi si ini-zia con la Prima Stazione. Le stazionihanno una lunghezza identica che oscillatra le 4 e le 5 quartine, solo la TredicesimaStazione ha 15 strofe (13 quartine e duedistici). Il canto si differenzia per la Quartae la Tredicesima Stazione. Nella QuartaGesù incontra sua Madre e vi è tra loro unbreve dialogo. Nella Tredicesima Gesù èdeposto dalla Croce e la Madonna parteci-pa con un canto funebre molto simile as’attitidu, testimonianza del grandissimodolore per la perdita dell’unico Figlio. Lanuova edizione della Via Crucis è statarealizzata anche grazie alla collaborazionedella dott.ssa Silvia Piras che ha curato latrascrizione delle invocazioni in sardocampidanese delle Stazioni. La celebra-zione liturgica della Via Crucis del venerdìSanto vede, da sempre, una partecipazio-ne numerosa e sentita, e il percorso, lungole vie del paese, è pressoché identico aquello del 1850. Tante volte per vivere lenostre tradizioni religiose più antiche ecaratteristiche non è necessario percorre-re tanti chilometri, del resto il sentimentoreligioso più puro è quello che ciascuno dinoi vive e coltiva nel proprio cuore con ipensieri e con le opere.

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Cultura N° 7934 www.vulcanonews.it

IL MARMOLERO DOMINGOSPAZY A SILIQUA

di Vincenzo Sannae Antonello Secci

Sulle pagine della rivistaVulcano n. 70 del feb-braio/marzo 2011 rende-

vamo nota la scoperta dell’auto-re del paliotto d’altare della par-rocchia di Villaspeciosa, ovveroil marmoraro DomenicoAndrea Spazzi (Lanzo d’Intelvi1711- Cagliari 1765). Il paliottod’altare (1744) è tuttora visitatoe ammirato da semplici curiosi eda eminenti studiosi ed espertidella materia che vengono aVillaspeciosa per esaminare l’o-pera d’arte che si aggiunge allalunga tradizione di opere ese-guite dai marmorari di “nazionelombarda” che, fra la fine del XVIsecolo e il primo quarto del XIXsecolo, eseguirono in Sardegnaopere eccelse. Grazie alle minu-ziose ricerche d’archivio sco-priamo oggi che anche Siliquabeneficiò della maestrìa delmarmoraro comacinoDomenico Andrea Spazzi,appartenente ad una famiglia dimarmorari originari di Lanzod’Intelvi (CO) che attraversocomplessi intrecci familiari operòfra il ‘700 e il primo quartodell’800 soprattutto nelle Diocesidi Cagliari, Oristano e Ales conle famiglie Spazzi e Franco. Inquesto articolo comunichia-mo i dati essenziali della sco-perta rimandando ad un lavo-ro più completo (in stampa) idati esaustivi della nostra

ricerca che comprende anchela recentissima attribuzione aDomenico Andrea Spazzi del-l’altare maggiore e balaustra(1747-1752) nella parrocchiaSanta Barbara di Furtei(Furtei, Causa Pia n.1, anni1692-1755).Lo Spazzi può senz’altro esse-

re annoverato fra i migliori artistiche operarono nella nostra isolanel corso del XVIII secolo. Ilpregevole altare maggiore dellaparrocchiale di Villacidro, ese-guito su progetto dell’ingegneremilitare piemontese Augusto DeLa Vallea, è universalmente rico-nosciuto il suo capolavoro. Sullabase di documenti rinvenutipresso l’archivio storico diocesa-no della Curia Arcivescovile diCagliari (Causa Pia Siliqua n. 3,anni 1709-1766) possiamoaffermare che la maestrìa diDomingo Spazy marmolero èoggi ancor più documentatadallo splendido altare in marmipolicromi da noi individuatorecentemente nel presbiteriodella parrocchia dedicata a SanGiorgio a Siliqua, manufattoeseguito dallo Spazzi fra il 1749ed il 1753 per l’importo comples-sivo di 1100 lire sarde. L’ultimoacconto di 25 lire sarde venivapagato all’artista il 28 novembre1753 (pago a Domingo Spazymarmolero para cump.to de lafaena del altar de marmol).L’anno 1753 appare nella epi-grafe sulla cornice superiore delpaliotto d’altare: OCULI MEIERUNT, ET AURES MEAE

ERECTAE AD ORATIONEMEIUS QUI IN LOCO ISTO ORA-VERIT LIB. II PARALIP. CAP.VII AN DNI 1753 (trad. = I mieiocchi saranno aperti, e le mieorecchie attente alla supplica dicolui che avrà pregato in questoluogo, Libro II dei Paralipomeni(o Cronache) – Capitolo VIIanno del Signore 1753).L’altare rococò presenta prege-voli intarsi a marmi policromi uti-lizzando la tecnica della scaglio-la, tipica dei maestri intelvesi. E’senza dubbio una delle operemigliori dello Spazzi, le cui carat-teristiche e canoni esteticisaranno poi ripresi dall’artistaper realizzare l’altare nella par-rocchiale di San Biagio a Villasorfra il 1759 e il 1760. Il caratteri-stico scomparto centrale delpaliotto, ricco di motivi a giralifitomorfi, ha incastonato unovale centrale che raffigura SanGiorgio che uccide il drago. Idue scomparti laterali presenta-no anch’essi motivi floreali cheraffigurano girali d’acanto fiorito,una delle caratteristiche princi-pali della bottega degli Spazzi.Due magnifici angeli capoaltarein marmo di Carrara completanola base. La mensa è sovrastatada tre gradini reggicandelabriche si espandono lateralmenteverso l’alto, sempre in marmipolicromi a tarsie geometriche,su cui sovrasta una splendidaedicola di gusto neoclassico,sorretta da volute laterali e dadue colonnine con scanalaturebianche e rosso di Francia, con

una nicchia centrale con corniceinterna a tarsie che racchiude lapregevole e plastica raffigurazio-ne statuaria di san Giorgio cheuccide il drago. Sopra la mensa,il tabernacolo di squisita fattura,finemente lavorato a intarsiopolicromo. Sul lato destro dell’al-tare è presente un incavo rettan-golare con doppia cornice, privodella porticina (che fu commis-sionata allo Spazzi nel 1753 eoggi perduta) sede un tempo delreliquario. Abbiamo purtropponotato elementi di degrado delmanufatto. Da qui la necessità diun immediato restauro conser-vativo che ne preservi la monu-mentalità e la bellezza architet-tonica.Durante le nostre ricercheabbiamo individuato ancheun’altra opera commissionataallo Spazzi e oggi purtroppoandata perduta,ovvero il fontebattesimale eseguito fra il 1754e il 1755 per lire sarde 168.Abbiamo inoltre scoperto(Causa Pia n. 5 Siliqua, anni1750-1806)) l’esecutore del belpaliotto d’altare della cappelladel Rosario sempre nella par-rocchiale di Siliqua, ovvero ilmestre marmolero FranciscoFadda che eseguì il frontal demarmol nel 1758 per 104 liresarde, 2 soldi e 6 denari. I moti-vi geometrici e fitomorfi a giralid’acanto richiamano alla bottegadegli Spazzi da cui, probabil-mente, proveniva il Fadda.Dopo la scoperta del paliotto diVillaspeciosa (2011) e dell’altare

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Dai comuni, DecimoputzuN° 79 35www.vulcanonews.it

di Siliqua (2014), a cui vaaggiunta anche la recentissi-ma (2014) scoperta nella par-rocchiale Santa Barbara diFurtei, riportiamo l’elencoaggiornato delle opere diDomenico Andrea Spazzi ine-renti agli altari: 1740 - Assemini, parrocchiale

san Pietro1741-51 - Guspini, parrocchiale

S. Nicola di Mira1742 - Cagliari, Cattedrale

Altare S.Cecilia e SS.Sacramento

1742 – 1752 Villacidro - Altaremaggiore parrocchiale santaBarbara

1743-45 - Cagliari, SantuarioS.Ignazio da Laconi

(Sant’Antonio da Padova) –cappella S.Cuore/ S.Felicedi Cantalice e presbiterio

1744 – Villaspeciosa, paliottod’altare parrocchiale B.V.Assunta

1746-61 - Sinnai, parrocchialesanta Barbara

1747-48 - Furtei, parrocchialeSanta Barbara: Paliottod’altare; 1748-49 Sacrarioe sopragradi; 1751-1752balaustra.

1748-49 - Pirri, parrocchiaS.Pietro Apostolo

1749-50 - Muravera,Parrocchiale S. Nicola diBari

1749- 1753 - Siliqua, altaremaggiore presbiterio par-

rocchiale San GiorgioMartire

1752 - San Vito, ParrocchialeS.Vito

1752 - Serramanna, parrocchiasan Leonardo

1754 – 56 - Siurgus Donigala,parrocchiale

1756 – Gonnosfanadiga, par-rocchiale

1757-58 – Samassi, parrocchia-le B.V. Monserrato,

1759-60 – Villasor. ParrocchialeSan Biagio

1760 - Lunamatrona, chiesa sanGiovanni Battista, paliottodel Carmine

1763 – Dolianova, Parrocchialedi San Pantaleo ,

1764-65 – Villaputzu, Santa

Caterina d’Alessandria, 1765 - Settimo san Pietro,

Parrocchiale S.Pietro.

Desideriamo ringraziare in parti-colare il parroco della chiesa disan Giorgio Martire di Siliqua,don Giuseppe Orrù, per lapiena disponibilità e collabora-zione e per averci concesso dipubblicare le foto che appaiononel presente articolo. Altro doveroso ringraziamentova al direttore dell’ArchivioStorico Diocesano di Cagliari,Mons. Tonino Cabizzosu e aisuoi collaboratori per l’indispen-sabile supporto tecnico che hapermesso il successo dellanostra ricerca.

UNA FESTA LUNGA DUE SETTIMANEI MISSIONARI VINCENZIANI A DECIMOPUTZU

di Giuliana Mallei

L’annuncio missionario èpartito in sordina, per i soliabitanti di Decimoputzu,

con l’accoglienza alle quattromissionarie che hanno introdottol’evento con discrezione: SuorAngela, Suor Vittoria e le duemissionarie laiche, Raffaela eM.Pia.Sabato 29 marzo sono giunti inpaese i quattro missionaridell’Ordine di San Vincenzo de’Paoli: padre Bruno, padre Mario,padre Paolo e padre Roberto, iprimi tre appartenenti allaComunità missionariaVincenziana di Sassari, l’ultimoinvece appartenente allaComunità di Torino. Dal momento del loro arrivo,nulla è più stato uguale a prima:un vero tornado ha sconvolto laquotidianità putzese.Salve Padre Bruno, grazie peraver trovato il tempo per que-sta breve intervista. Cosa hareso possibile la vostra mis-sione a Decimoputzu?Abbiamo semplicemente ricevu-to un mandato da parte del par-roco e siamo stati felici di poteressere nuovamente qui aDecimoputzu, dopo 28 anni dal-l’ultima missione.In tanti ricordano ancora la missionedi 28 anni fa, non solo aDecimoputzu.Infatti, in quella occasione si svolseanche la missione nella vicinaVillaspeciosa.Come sta procedendo il vostro lavoroin questi giorni?In modo molto attivo e positivo, la parte-cipazione a tutte le iniziative è sempre

più numerosa e il paese sta rispondendocon grande entusiasmo e calore.Abbiamo suddiviso il paese in quattrozone e ogni sera, dalle 21,00, ci ritrovia-mo in una casa diversa in ogni zona peraffrontare tematiche riguardanti la cono-scenza della vita cristiana e la famiglia.Abbiamo constatato che a questi incon-tri, che chiamiamo “centri d’ascolto”, lapartecipazione degli adulti e dei giovaniè molto attiva e talvolta siam andati ben

oltre l’ora e mezza prefissata.Sicuramente i vostri incontrinon riguardano esclusiva-mente gli adulti e i giovani.Esatto. Infatti iniziamo la gior-nata con i bambini delle scuolePrimarie e i ragazzi delle scuo-le Secondarie. Per tutti l’appun-tamento è alle 8,00 in parroc-chia. E’ il momento più gioiosodella giornata, i bambini dannoil massimo e ogni mattina lachiesa è sempre più affollata.Dapprincipio i più riluttantierano i ragazzi delle Medie, maanche loro stanno dimostrandoun entusiasmo sempre maggio-re. Data la notevole distanzadella scuola Secondaria rispet-to alla parrocchia, questi ultimivanno via intorno alle 8,15,mentre i bimbi delle Primarieraggiungono la scuola in nostracompagnia tra canti e giochi.Anche alcune mamme fannocapolino in chiesa e si legge lostupore nei loro visi per la gioiadirompente dei propri figli.Quali saranno i momentisalienti della Missione?L’ultimo venerdì della missione(l’11 aprile) faremo una messaappositamente per tutti gliammalati e cercheremo di por-tarli in Chiesa. Il sabato suc-cessivo (il 12 aprile) si svolgeràuna grande fiaccolata per le vie

del paese in onore della Madonna. Laconclusione solenne della Missioneavverrà la domenica delle Palme quan-do tutte le coppie di sposati rinnoveran-no le promesse matrimoniali.Ringraziamo padre Bruno per la disponi-bilità. Auspichiamo che il vento positivoche soffia impetuoso a Decimoputzu inquesti giorni possa raggiungere prestoanche i paesi limitrofi.

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Lo sport, Decimomannu N° 7936 www.vulcanonews.it

di Tonino Uscidda

Potrebbe non finire neimigliore dei modi (prego,incrociare le dita..) lo

sconcertante campionato

disputato nel gironeA di Prima categoria daidecimesi della 07, presiedu-ta quest’anno dal cagliarita-no Fabrizio Aramu. Nelnumero scorso erano statiricordati i problemi dellasquadra e formulata, dall’al-lenatore Pooli, una strategiaper raggiungere una sal-vezza tranquilla. Purtropponulla, o quasi, si è avveratonel proseguo del girone di

ritorno. Le sconfitte tra lemura amiche e in tra-sferta - spesso imme-ritate - hanno conti-

nuato a fioccaretanto da far sal-

tare, a sei giornate dalla fine,la panchina del giovane misterdebuttante: l’argentino PabloPooli. L’arrivo di Davide Murgia -trainer temprato negli anni atutte le turbolenze che il calciosa dare - è riuscito a non fareprecipitare (magra consolazio-ne) la squadra oltre il terzultimoposto della graduatoria. Unaposizione che nonostante tuttogarantisce l’accesso ai playout.Partita secca quella da disputa-re sull’infuocato campo del Triei:compagine quart’ultima del giro-ne. Ma il mister di Dolianova è

uomo coraceo tanto da guarda-re anche oltre quest’ultimo diffi-cile ostacolo: “Non nego chequesta squadra, per via di nonpochi problemi, occupi la posi-zione che merita - Murgia nonusa mezzi termini - però atten-zione, noi abbiamo ancora unobbiettivo che è quello di merita-re ancora questa categoria. Miauguro che i miei uomini riesca-no a gettare il cuore oltre l’osta-colo. Quello che più conta - sot-tolinea - anche in caso di scon-fitta è uscire a testa alta conscidi aver fatto sino in fondo il pro-prio dovere”.

DECIMO 07 INCOGNITA PLAYOUT

Salvezza tutta da conquistare, mentre scriviamo, per i decimesi di mister DavideMurgia nella gara playout da disputare sul campo del Triei, quart’ultima classificata

del girone A di Prima categoria. L’allenatore: "Quello che più conta è, anche in caso disconfitta, uscire a testa alta dal campo..".

Nelle foto il misterDavide Murgia e un'azione d'attacco della Decimo 07- foto di Tonino Uscidda- Fotogramma

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Dai comuni, UtaN° 79 37www.vulcanonews.it

di Daniela Corda

Domenica 9 marzo si è tenuto, presso lapiazza S’Olivariu di Uta, in viaMarconi, il primo raduno delle Fiat 500

d‘epoca.All‘evento, organizzato da Roberto Loche edal ‘Club 500 4 mori’ di Cagliari, hanno par-tecipato circa una quarantina di auto storichee c‘è stata una discreta affluenza di visitatori.Incontriamo il presidente dell’associazione‘Club500 4 mori’, Giuseppe Melis.Buongiorno, può dirci com’è nata l’idea diorganizzare quest’iniziativa proprio aUta?Grazie a Roberto Loche e a Cristian Lecca:ce l’hanno proprosto dei nostri associati eabbiamo accolto la proposta.Quando e come nasce la vostra associa-zione?L’associazione è nata nel 2002. Diciamo chesiamo nati da una costola di un precedenteclub che non organizzava le cose. All’inizio siusciva la domenica e si andava in un agritu-rismo, io ho cercato di portare qualche altracosa: non dobbiamo uscire solo la domeni-ca per mangiare; non dobbiamo conosceresolo i ristoranti, dobbiamo conoscere anchequella che è la realtà dei paesi. Se io vado inuna località e ci sono cose interessanti davedere perché non conoscerle? Per anni adesempio abbiamo girato le grotte, vicino aCagliari e non solo. Quindi c’era un tema,non solo il pranzo. Devo dire poi che i Comuni ci hanno sempreaccolto, anche se poi parliamo di motori chehanno 40 anni e che quindi inquinano. Poi lanostra politica è il rispetto di tutto, della gentee dell’ambiente. Chi viene con noi o si com-porta bene o viene allontanato.Quindi, bene o male, abbiamo proseguito in

questo modo e abbiamo coronato la nostrastoria nel 2011 andando in Spagna, siamoandati con 70 macchine a Barcellona, orga-nizzato interamente da noi, dal viaggio con laGrimaldi alle location degli alberghi.Contiamo di ripeterci quest’anno, a giugno,partenza il 7 e rientro il 12 con l’intento diandare a Barcellona, dormire due notti aBarcellona, andare in macchina fino aValencia, dormire due notti a Valencia, visita-re la città delle scienze, rientrare aBarcellona, dormire un’altra notte aBarcellona e tornare in Sardegna.In Spagna avete collaborato con altri clubdi auto d’epoca?Lì in Spagna abbiamo conosciuto un club diauto storiche di Barcellona molto grosso, con4500 iscritti. E voi quanti iscritti siete?Noi come numero di tessere siamo a 1500però tenga conto che c’è chi ha venduto lamacchina e, chi l’ha comprata, ha a sua voltafatto la tessera. Quindi il numero di tesseratinon rispecchia il numero delle macchine, chesono un migliaio in tutta la Sardegna.Mi pare di capire che quello che vi legasia indubbiamente la passioneLa passione è quella che ha portato a restau-rare le macchine in questo modo. Noi, adesempio, non accettiamo macchine legate aspago o a fil di ferro, nel senso che chi vieneda noi è perché ha realmente la passionedella macchina.Fino a qualche anno fa facevamo i radunicon 100 macchine, adesso con 50, 60 mac-chine, non di più, per via anche della crisi.Non tutti si possono permettere di andare amangiare in ristorante, infatti oramai ci orga-nizziamo in maniera tale che chi vuole puòportarsi il pranzo al sacco.Il weekend del 25 aprile lo faremo a Palau,

dove siamo già stati e abbiamo visitato deiposti molto belli. Ci organizzeremo più avan-ti per andare a visitare anche la tomba diGaribaldi. Poi ne faremo uno Cagliari che,nonostante sia la sede del nostro club, nonl’abbiamo mai toccata con un raduno impor-tante. E vorremo organizzare una cosa sim-patica attraverso una caccia al tesoro.La 500 è un primo passo per gli appassiona-ti di auto storiche per entrare in questomondo, perché si compra ancora con dellecifre accettabili e molti riescono a restaurarlain casa, nel senso che sono macchine moltosemplici, non c’è elettronica, è tutto meccani-co. I raduni servono anche, se vogliamo, persocializzare e avvicinare nuovi appassio-nati.Sì, per condividere questa passione nelrispetto di tutto e di tutti.Ho potuto notare che non sono presentisolo le fiat 500, addirittura una Balilla del‘33, come mai?Si, noi quando organizziamo qualcosa, sec’è qualcuno che ha una macchina storica danoi trova le porte sempre aperte.Quanti sono iscritti di Uta?Circa una decina. Abbiamo diversi iscritti

anche a Decimomannu, ad Assemini e nell’-hinterland in generale.Tornerete a Uta?Questo è un primo assaggio e dobbiamo

ringraziare l’amministrazione comunale.Perché no? Uta s’altronde ha una posizionegeografica interessante, perché è vicino aCagliari. Se siamo bene accetti perché nontornare? Anche in concomitanza con altrieventi, e anche con una prova di abilità diguida visto che lo spazio non manca.Ringraziamo il presidente e restiamo in atte-sa del 2° raduno.

1° RADUNO DELLE 500 D’EPOCA

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ATLETICA VALERIA

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di Daniele Desogus

Eormai da un po di tempoche si sente parlare diquesto sogno chiamato

Atletica Valeria, ma forse l'im-portanza che viene data allasocietà di Decimomannu èrelativamente poca in relazio-ne al suo eccellente operato.La squadra decimese ormaida qualche anno sta regalan-do non poche soddisfazioni al

paese che rappresenta eall'atletica sarda, con unaserie di risultati straordinari,dalla più umile manifestazionedei piccoli sobborghi sardi aigrandi palcoscenici internazio-nali. Se venissero attribuitidegli Oscar per questo fanta-stico cammino, quello di “atto-re-protagonista” sarebbesenza dubbio contesto da tuttigli atleti, perchè ognuno, nelsuo piccolo sta contribuendocon le sue prestazioni e con ilsuo amore per l’atletica ad ali-mentare questo miracolosportivo. Parlare di miracolopotrebbe essere sbagliato,perchè dietro tanti risultati vi è

un lavoro portato avanti daanni, senza sosta, ponendogiorno dopo giorno le basi perquesta piramide che si spera,non abbia ancora raggiunto ilvertice. Non bisogna dimenti-care la straordinaria importan-za che ricoprono dirigenti,allenatori e genitori, che con iloro sforzi permettono il fun-zionamento di questa macchi-na che non sembra avereeguali in Sardegna. E a chiandrebbe se non a loro un ipo-tetitco Oscar per la “regia”?In mezzo a così tanti protago-nisti spiccano però alcuninomi che hanno arricchito labacheca della Valeria di

”metalli pregiati”. Partiamo dacolui che più che una promes-sa, nonostante la sua giovaneetà ed i notevoli margini dimiglioramento, nel giro di treanni è riuscito a mettersi alcollo, un titolo italiano(1000mIndoor), due argenti tricolo-ri(3000m allievi e 2000mcadetti) e 2 bronzi, di cui unoun poco più luccicante, vistoche arrivato con la magliaazzurra lo scorso anno agliEYOF svoltisi in Olanda.Stiamo parlando di RiccardoUsai che grazie ai suoi risulta-ti è stato ricoperto di unanomina che ben pochi posso-no vantare, quella di

IL SOGNO CONTINUA

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Ambasciatore dello Sport,conferitagli dal presidente delCONI Giovanni Malagò.Assieme a lui, vi è un altrotalento, di un anno più giova-ne, Andrea Usai, che fa il mez-zofondista. Verrebbe daaggiungere un mezzofondista“coi fiocchi!”, capace di realiz-zare da Cadetto il minimo peri Campionati Italiani Allievi nei2000 siepi, risultato che fareb-be gola a molti ragazzi piùgrandi di lui, di mettersi alcollo un bronzo nei 1000m aitricolori 2013 e un argentonegli italiani di cross dellostesso anno.Questi due ragazzi sono solo ipiù titolati di una “cantera” cheha ancora tanto da dire e chepuò vantare ragazzi del cali-bro di Stefano Cicalò poliva-lente atleta, capace di metterein fila molti suoi coetanei, enon, sia nel mezzofondo chenella marcia, o Carolina Farci,più volte campionessa sarda e13esima alla sua prima espe-rienza “nazionale” neiCampionati per Regioni dicross.Che dire quindi, in attesa dellastagione su pista che verrànon resta che applaudire tuttigli artefici di questo “sogno”da cui nessun vero appassio-nato di atletica vorrebbe maisvegliarsi. Qualcuno mi cor-reggerà (giustamente) riba-dendo che tutto questo non èun sogno, ma una realtà tangi-bile da cui tutti dovrebberotrarre ispirazione!

di Luca Pes

La Scuola Calcio AiaceTelamonio di Asseminibandisce, dal mese di

marzo fino al mese di luglio2014, la manifestazione-labo-ratorio "GIOCABIMBI", ideataper tutti i bambini della Scuoladell'infanzia dai 3 ai 6 anni. Lapartecipazione all’iniziativa èfondamentale per il migliora-mento della coordinazionemotoria e per il corretto svilup-po motorio e sensoriale deibambini.GIOCABIMBI è un laboratoriodi giochi sportivi multidisciplina-ri ideale per chi vuole fare ini-ziare ai propri figli la pratica diuna sana attività sportiva con igiochi della scuola e dell'attività

motoria di base. Le lezioni, tenute da tecniciqualificati F.I.G.C., C.O.N.I. eM.S.P. ITALIA, si svolgono ilmartedì ed il giovedì presso ilCampo Sportivo Coghinas, suun terreno in erba sintetica diultima generazione. L’impiantosportivo è sito in Corso Europa60, ad Assemini. La quota d’i-scrizione comprende il comple-tino per le lezioni.

Per informazioni: 389 0268223- 338 5226170 oppure rivolger-si alla segreteria presso ilCampo Sportivo Coghinas, ilmartedì e il giovedì, dalle ore17.00 alle ore 18.30.www.scuolacalcioaiace.it [email protected] .

GIOCABIMBIPICCOLI SPORTIVI CRESCONO

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