Ucuntu n.67

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190210 www.ucuntu.org - [email protected] Più ladri dei democristiani, più feroci dei fascisti: fra uno scandalo e l'altro, leghisti e berluschisti si dimostrano la peggior classe dirigente della storia d'Italia, che pure da questo punto di vista non scherza. La tv parla d'altro, i giudici sempre più intimiditi, la malavita - dagli uomini di Bertolaso a quelli di Riina - ride senza pudore. Serve un nuovo partito, servono i partiti vecchi o non serve piuttosto un vero e proprio Comitato di Liberazione? Catania/ Il processo Scuto Siracusa/ Fuorilegge il Vangelo || 19 febbraio 2010 || anno III n.67 || www.ucuntu.org || Classedirigente

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il numero del 19 febbraio 2010

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190210 www.ucuntu.org - [email protected]

Più ladri dei democristiani, più feroci dei fascisti: fra uno scandalo e l'altro,

leghisti e berluschisti si dimostrano la peggior classe dirigente della storia

d'Italia, che pure da questo punto di vista non scherza. La tv parla d'altro, i

giudici sempre più intimiditi, la malavita - dagli uomini di Bertolaso a quelli

di Riina - ride senza pudore. Serve un nuovo partito, servono i partiti vecchi

o non serve piuttosto un vero e proprio Comitato di Liberazione?

Catania/ Il processo Scuto Siracusa/ Fuorilegge il Vangelo

|| 19 febbraio 2010 || anno III n.67 || www.ucuntu.org ||

Classedirigente

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Antimafia Antimafia

Che cosa ci insegnaquel ragazzo qualunque

"Sono nato ad Agrigento il 18/10/1986, residente a Campobello di Licata (AG), cittadino libero. Ho voluto specificare il mio status per combattere il servilismo che ogni giorno di più avvolge il nostro Paese. Ho scelto di rimanere in Sicilia, di non andare via anche se vivere qui è duro...".

E' l'incipit del blog di Giuseppe Gati, morto un anno fa d'incidente mentre aiutava suo padre al lavoro, in campagna.

Della sua breve vita, qualcuno ricorda ancora le fiere parole - “Viva l'antimafia! Viva Caselli!” - con cui interruppe gli insulti di un servo del potere mafioso venuto a fare il suo sporco lavoro.

Lo afferrarono le guardie e se lo portarono via. Lui ricominciò la sua esistenza normale: organizzare l'antimafia, aiutare la famiglia, portare avanti il blog. Il filo era diventato assai breve, tutto ciò che Giusepep avrebbe mai potuto dare al mondo era ormai concentrato in quei diciannove anni. Ma abbastanza per ricordarlo, per essere orgogliosi di lui, e profondamente grati. Servono le persone così, molto più che i grandi eroi.

La storia di Giuseppe ci è venuta provvidenzialmente davanti mentre ci arrabbattavamo per esprimere

l'indignazione per le ruberie, per le prostituzioni, per le insolenze di piccoli e grandi mascalzoni che sono ormai la fauna abituale di questa decadenza in cui viviamo. Difficile trovare le parole, e trovarne soprattutto di non volgari; perché la volgarità è contagiosa.

A furia di scrivere e raccontare di anime basse qualcosa di quel grigiore s'insinua dentro di noi; e la mediocrità, la povertà umana, la svendita di se stessi, a un certo punto appaiono, senza accorgersene, qualcosa di riposante e di normale.

Non puoi scrivere di Bertolaso senza diventare almeno per un milionesimo di te stesso arrogante e servile. Non puoi attraversare le elucubrazioni dei Di Pietro, dei Bersani o dei D'Alema senza vergognarti impercettibilmente dei compromessi compiuti dal te stesso politico (certamente minori e, anche qui, “a fin di bene”). E Bossi, e Berlusconi, le due violenze, non hanno davvero nulla, per un maschio adulto italiano, di machiavellicamente affascinante?

Ecco: a tutte queste putredini, a queste debolezze, risponde come un soffio d'aria un essere come il nostro Giuseppe. Non ha vissuto niente di tutto questo, Giuseppe.

Non si è mai rapportato coi Vip, non ha mai voluto esserlo e nemmeno, per un istante fugace, gli è apparso il fascino del rifiutare (che è quasi esercitare) un potere; queste cose nel suo mondo non sono mai esistite, semplicemente.

Così, questo ragazzo come tanti altri, semplice buono e civile, assolutamente non-eroe, è quello che ci insegna di più; almeno a me. Vogliamo sconfiggere Berlusconi ma così, distrattamente, senza troppo appassionarcene nè dargli maggior peso del dovuto. Combattemo il razzismo e le altre cose disumane per quello che sono, cioè estranee alla vita, indialogabili. Cammineremo nella storia, faremo la nostra parte, ma senza mai prenderla sul serio più di tanto. Sapendo che la storia profonda, quella che gl'intellettuali non vedono e che non è potere, è la più importante di tutte.

E neanche sapremo esprimere queste cose in parole lucide, da poveri intellettuali del Novecento; ma ci arrenderemo a questo limite, umilmente. Infatti, basta il viso di un ragazzo buono qualunque - il viso di Giuseppe, per esempio - per raccontare con chiarezza ciò che serve. Che altro?

Riccardo Orioles

|| 19 febbraio 2010 || pagina 2 || www.ucuntu.org ||

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Antimafia Antimafia

“La veritànon ha prezzo”

Mario Ciancio

A seguito dello splendido e docu-mentatissimo servizio giornalistico “I Vicerè’” di Sigfrido Ranucci, trasmes-so da Report il 15marzo del 2009 da Rai tre, il direttore/editore de La Sici-lia Mario Ciancio Sanfilippo ha pensa-to bene di richiedere un risarcimento danni di 10.000.000,00 di euro. Cian-cio ha tenuto a precisare l’intenzione di devolvere in beneficienza ad un isti-tuto per anziani le somme. Sembra però che in questi giorni abbia medita-to a lungo, decidendo di devolvere le somme richieste a Report, ad Associa-zioni di familiari delle vittime della mafia.

Devo confessare che nutro, in pro-posito, qualche remora; sono, infatti, il fratello del commissario Beppe Mon-tana, capo della sezione catturandi del-la squadra mobile di Palermo, ucciso dalla mafia il 28 luglio 1985, che ha visto rifiutare la pubblicazione del ne-crologio per il trigesimo dell’omicidio sul giornale diretto proprio da Mario Ciancio Sanfilippo; nel corpo della ri-costruzione delle vicende catanesi fat-ta dalla trasmissione, oggi incriminata, ho mostrato copia del testo del necro-

logio respinto allo sportello su “insin-dacabile decisione del direttore Mario Ciancio e del condirettore Corigliano”.

Penso di poter affermare a titolo personale e a nome dei miei familiari che la verità non ha prezzo; e credo che tale affermazione sia condivisa an-che dai tanti parenti di vittime della mafia che si sono riconosciuti nell’as-sociazione Fare Memoria, che ho l’onore e l’onere di rappresentare, che aderisce a Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, e dai tantissimi parenti che ogni anno incontriamo il 21 marzo in occasione della giornata della memoria e dell’impegno, dedicata a tutte le vittime delle mafie.

Consideriamo offensiva l’idea di ve-derci beneficiare delle somme che rap-presentano il prezzo della negazione della libertà di informazione, costituzionalmente garantita, e del diritto di ogni cittadino di essere informato su quanto accade nei nostri territori.

Riteniamo inconcepibile che proprio un direttore/editore di un giornale

possa ricorrere ad un’azione giudiziaria di risarcimento danni, per impedire e limitare il diritto di informazione: se ci si ritiene diffamati si presenti una querela al giudice penale e non un’azione di risarcimento civile, si abbia il coraggio di affrontare un pubblico dibattimento che accerti la verità dei fatti.

Invitiamo Mario Ciancio Sanfilippo a risarcire direttamente i parenti delle vittime delle mafie mandando in stampa ogni giorno un giornale rispettoso della verità dei fatti e non omissivo, invitandolo a far sua la lezione di Pippo Fava: “Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza la criminalità, accelera le opere pubbli-che indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo. Se un giornale non è capace di questo, si fa carico anche di vite umane”.

Dario MontanaLibera

|| 19 febbraio 2010 || pagina 3 || www.ucuntu.org ||

L'editore Ciancio chiede un mega-risarcimento aiL'editore Ciancio chiede un mega-risarcimento ai giornalisti di Report. Lo devolverà - annuncia - allegiornalisti di Report. Lo devolverà - annuncia - alle vittime della mafia. Gli risponde Dario Montana:vittime della mafia. Gli risponde Dario Montana: “Sarebbe il prezzo della negazione della li“Sarebbe il prezzo della negazione della libertà. E'bertà. E' offensivo pensare che possiamo essere noi a benefioffensivo pensare che possiamo essere noi a benefi--ciarne. Ciancio affronti il dibattito, piutciarne. Ciancio affronti il dibattito, piuttosto”.tosto”.

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Catania/ Trasporti pubblici Catania/ Trasporti pubblici

“Avanti,avantic'è posto...”

Un autobus che va a marcia indietro non è facile da guidare, pensate cosa può accadere in una città ingolfata dal traffico in cui centinaia di autobus camminano solo con la retromarcia. Questa città è Catania.

Qui ogni anno l'Azienda Municipale Trasporti produce una ventina di milioni di passivo. «Abbiamo avviato una sana gestione ed i risultati cominciano a vedersi»: dichiara il sindaco Raffaele Stancanelli gloriandosi di avere ridotto il passivo ad un paio di milioni. Ma è tutta una presa in giro ed il primo cittadino cerca di nascondere un giochetto contabile che si ripete periodicamente nei bilanci dell'AMT. È bastato prevedere una contribuzione per “costi sociali”, a carico del Comune, di circa 18 milioni, per fare finta di coprire il buco e disegnare sul suo viso un sorriso appuntato con gli spilli. Il Comune è notoriamente sommerso dai debiti e chissà quando potrà versare il contributo. I tempi ed i modi dell'operazione non sarebbero stati diversi se il contributo non fosse stato inserito in bilancio. Il Comune avrebbe comunque dovuto farsi carico delle perdite della propria azienda, solo che

così non avrebbe potuto farsi bello con meriti che non possiede.

A forza di andare a marcia indietro, intanto, i debiti raggiungono il record di quasi cento milioni. Pur vantando un credito verso il Comune di oltre 75 milioni, l'AMT è costretta a pagare interessi bancari sempre più alti ed a sopportare diverse azioni di pignoramento da parte di fornitori che non sanno quando potranno incassare i pagamenti che gli sono dovuti.

Quest'anno però c'è una novità. Gli amministratori dell'azienda di trasporti hanno appena presentato all'amministrazione comunale il “piano di previsione pluriennale” e, nello stesso documento, dicono di avere fatto tutti i passi necessari per risanare la gestione, come deciso insieme alla giunta Stancanelli. Hanno eliminato una decina di linee, ne hanno ridotto il percorso di altre ed hanno ridotto le spese al minimo.

L'amministrazione comunale invece – almeno secondo il documento appena citato – non avrebbe fatto la sua parte. Il Comune non avrebbe adottato e fatto rispettare i provvedimenti promessi. Provvedimenti che dovevano togliere l'intralcio del traffico privato in alcuni

determinati tratti percorsi dai mezzi pubblici.

Fino all'anno scorso, in Consiglio comunale durante la discussione sui bilanci dell'AMT, la maggioranza dichiarava di avere trovato l'uovo di Colombo: sarebbe bastato aumentare la velocità degli autobus per aumentare i contributi regionali. La velocità è invece diminuita così come i passeggeri trasportati, forse anche perché i 400 autobus sono pure invecchiati, portandosi ad un'età media di 11 anni ed in qualche caso raggiungendo la venerabile età di 34 anni.

Eppure, per i prossimi anni, continuano a prevedere un aumento di passeggeri, di chilometri percorsi e di velocità dei mezzi accompagnati però da una riduzione delle ore di servizio dei dipendenti, del numero degli autobus e di quello dei dipendenti.

Se è facile capire che al Comune di Catania due più due non fa quattro, è anche facile immaginare già adesso se le previsioni dell'amministrazione si realizzeranno e se i contribuenti catanesi perderanno un'altra ventina di milioni pure nel 2010.

Piero Cimaglia

|| 19 febbraio 2010 || pagina 4 || www.ucuntu.org ||

L’AMT va verso il risanamento, grazieL’AMT va verso il risanamento, grazie all'impegno del sindaco Stancanelli. Ma è tuttoall'impegno del sindaco Stancanelli. Ma è tutto un bluff e si continuano a perdere decine diun bluff e si continuano a perdere decine di milioni di euro ogni anno. Nei prossimi anni lamilioni di euro ogni anno. Nei prossimi anni la situazione invece...situazione invece...

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Catania/ Processo Scuto Catania/ Processo Scuto

Pentiti,vittime, bosse lingotti d'oro

Da questi lingotti - parte dell'eredità di un nonn della moglie - comincerebbe una for-tuna nei supermercati, secondo la deposi-zione di Eugenio Sturiale (udienza dell'11 febbraio), pentitosi poco dopo l'arresto av-venuto nell'ottobre dello scorso, nell'opera-zione di polizia “Revenge”.

Sturiale, mafioso dal lessico ricco e lin-guaggio ben articolato, ha militato per anni nel clan Santapaola, per breve tempo nei Cappello, e infine dal 2003 nei Laudani. Da qui le sue presunte conoscenze dirette sul-l'affare Scuto, suo parente di settimo grado dalla parte della moglie, tanto da riferirsi a lui (come la moglie, interrogata dopo), col titolo di “zio”:

“Scuto era un colluso, non un impresario estorto - risponde alla domanda ripetuta dell'accusa (pg Siscaro ) - Vedevo Scuto solo per le feste comandate e occasioni fa-miliari, non avevamo alcun rapporto d'ami-cizia, ma nel 2001, dopo il suo anno di carcere a Parma, mi incontra e mi chiede di fare pressioni su Aldo Ercolano (di cui Stu-riale era uomo di fiducia) perchè dica che non è vero che lui prendeva soldi dai Lau-dani, e mi dice pure che ci sono 5 miliardi pronti per Siscaro, da lui definito “la mia spina nel fianco”, per ammorbidirlo. Dove-vo utilizzare le amicizie che Ercolano, se-condo Scuto, aveva in politica per farlo in-tervenire sulla magistratura. Ma non se ne fece niente”.

Sturiale parla per ore, e rivela pure il se-condo incontro con Scuto, specificando che lui gli disse, nel Settembre 2009, di essere sicuro di una sua assoluzione nel dicembre dell'anno scorso 2009 e che solo dopo avrebbe potuto pagare qualcosa ai Laudani, che secondo Sturiale pretendevano 15 milioni di euro, mentre Scuto avrebbe potuto sforzarsi solo per 100.000 euro.

Sturiale dà pure i particolari del seque-stro di Turi Scuto, figlio dell'ex re dei su-permercati, ideato da Iano Laudani per con-

vincere Scuto a pagare i 15 milioni di euro: “Prima dovevamo fare un finto rapimento: lo circondavano in 100, lui scappava e ma-gari il padre si spaventava e pagava. Altri-menti si sequestrava per davvero, si portava in una masseria, e si mandavano pezzi di Turi Scuto al padre, per convincerlo a pa-gare. Poi Scuto lo viene a sapere, il figlio si barrica in casa del padre per sette giorni, e poi i Laudani si calmano e cambiano idea. Credo perchè Scuto era intervenuto per sa-nare il debito”.

L'accusa ritiene Sturiale attendibile in particolare perchè il pentito ha raccontato un pedinamento di Scuto da parte di Iano Laudani con una Bmw nera da San Giovan-ni la Punta a via Vincenzo Giuffrida; parti-colare confermato da una denuncia di pedi-namento fatta dallo stesso Scuto ai carabi-nieri, in cui i particolari coincidono. La de-nuncia non era a conoscenza di nessuno, dunque, per l'accusa, Sturiale è molto attendibile. Non la pensa così la difesa né lo stesso Scuto, che a fine udienza dichiara spontaneamente e in lacrime al presidente di odiare i Laudani, di essere una vittima, di non aver mai preso soldi dai mafiosi, e di avere incontrato lo Sturiale per chiedergli se era a conoscenza di un progetto di rapimento del figlio, fatto dolorosissimo che provocò a Scuto ansia e dolore.

Nelle due udienze successive è iniziata la requisitoria della difesa, la quale ha puntato su alcuni argomenti chiave: al contrario di quanto sostenuto dall'accusa e dal pentito Sturiale, i Laudani e i Santapaola non sa-rebbero alleati (almeno a quanto ha detto agli inquirenti Maurizio Avola e il Malpas-sotu); il riciclaggio presunto di Sebastiano Scuto sarebbe contraddetto da un rapporto della Guardia di Finanza – nel '97 – che scrisse che “l'attività finanziaria e gestiona-le di Aligroup è trasparente”; i Carabinieri hanno dichiarato che la Centergross (socie-tà di Scuto, poi venduta) non aveva nulla a

che fare con la criminalità organizzata; non sarebbe provato da nulla, sempre secondo la difesa, che i centri commerciali Despar a Palermo e provincia fossero gestiti in co-mune con il clan Laudani, Santapaola, con Provenzano e coi Lo Piccolo (i collaborato-ri Franzese e Pulizzi sarebbero inattendibi-li) e tra l'altro il pizzino di Matteo Messina Denaro, trovato nel covo dei Lo Piccolo, fa riferimento al tentativo di controllo dei De-spar di Agrigento, e non dimostrerebbe dunque il controllo dei Despar dell'intera area palermitana.

Fra questi anche il Centro Olimpo di Pa-lermo, nel quale Scuto era in società con l' imprenditore Vincenzo Milazzo, secondo l'accusa sarebbe stato gestito da Laudani, Santapaola e Piccolo, ma la difesa ha oppo-sto ancora l'inesistenza di rapporti tra Pa-lermo e Catania e ha riferito che secondo il rapporto del perito informatico Genchi, le relazioni tra Milazzo (forse legato a clan palermitani) e Scuto erano solo di lavoro, almeno secondo quanto rivelano le intercet-tazioni telefoniche. Infine la difesa sottoli-nea che i pentiti ascoltati hanno negato l'e-sistenza di rapporti tra clan palermitani e clan catanesi. La difesa ha pure messo in discussione che Scuto avesse rapporti con la criminalità calabrese, e che Scuto facesse estorsione all'azienda Zappalà.

Ma la difesa poggia parte delle sue ragio-ni sulle dichiarazioni dei pentiti Giuffrida e Di Giacomo. Quest'ultimo sostiene che Scuto fosse semplicemente un imprenditore estorto, ma nel confronto avuto con un al-tro collaboratore di giustizia, Salvatore Di Stefano, è stato contraddetto più volte e ha rivolto a Di Stefano una frase che il Pg ha fatto verbalizzare, perchè secondo l'accusa è suonata come una minaccia “Se ancora i tuoi genitori sono vivi, mi devi ringraziare...”.

Giuseppe Scatà

|| 19 febbraio 2010 || pagina 4 || www.ucuntu.org ||

“C'era una cassa“C'era una cassa--forte piena di linforte piena di lin--gotti d'oro, magotti d'oro, ma spasparirono, e in farirono, e in fa--miglia si dicevamiglia si diceva che fosse statoche fosse stato Scuto...”Scuto...”

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Quando il Vangelo è fuorilegge Quando il Vangelo è fuorilegge

I cristiani perseguitati

di Siracusa

Di cosa viene accusato padre Carlo? A parte le fantasiose accuse di essere a capo di un’organizzazione ramificata, di favorire lo sfruttamento della prostituzione, di ridu-zione in schiavitù, l’accusa che con più in-sistenza viene addebitata è il falso ideologi-co, cioè di aver firmato dei certificati di do-micilio o ospitalità in parrocchia per mi-granti che poi andavano via e quindi non erano di fatto ospiti presso la casa del par-roco.

Nella sua chiesa con il portone aperto sulla strada, sono entrati e passati dai 15 ai 18 mila migranti in questi dodici anni. Un afflusso enorme motivato dal fatto che, così come altre parrocchie o strutture Caritas in tutta Italia, anche questa chiesa di periferia era un punto di riferimento per coloro che le istituzioni hanno sempre lasciato e conti-nuano a lasciare in totale abbandono. Esseri umani, spaventati da una stretta razzista im-

pressa dal governo nei loro confronti. Gen-te sfuggita a massacri, fame, orrore, in que-sta parrocchia si è rimessa in cammino, è ripartita.

Cos’è l’elezione di domicilio? Per chi non lo sapesse è l’unica maniera per acce-dere al servizio sanitario, l’unica maniera per andare in Questura e chiedere di avvia-re le pratiche per valutare la propria posi-zione in Italia, compresa la richiesta d’asi-lo. Senza quello ti avvii lentamente verso la clandestinità, mentre i tuoi sfruttatori fanno sentire i propri risolini di felicità dalle cam-pagne, dai cantieri edili, dai mercati orto-frutticoli, da vari ambiti produttivi sparsi in tutta Italia.

Padre Carlo ha aperto la porta della sua umanità, non chiedendo a chi bussava quale fosse il suo patentino morale. Se qualcuno dei 15-18 mila ospiti, una volta andato via da qui sia finito in qualche giro poco losco a Napoli o in altre parti d’Italia, questo non lo si può sapere, a meno che non si pensi che sia possibile controllare e seguire la vita quotidiana di un tal numero di persone.

È chiaro che può accadere che qualcuno ritorna per l’appuntamento in Questura o per suoi motivi personali e magari passa dalla parrocchia, accompagnando una ragazza che dice essere la cugina o la fidanzata e ha bisogno del domicilio per recarsi presso l’Ufficio Immigrazione della

Questura. Spesso Antonio De Carlo, collaboratore della parrocchia, sospettava si trattasse di prostitute e rifiutava il domicilio, ma altre volte immagino non sia stato facile accorgersi di ciò.

Possiamo parlare di superficialità o inge-nuità, ma la malafede, la complicità, in questa parrocchia davvero è qualcosa che stona, stride con una storia di accoglienza volontaria, di sacrificio, di lotta dura in mezzo ad un deserto o, peggio, in mezzo ad un mare pieno di pirati pronti ad assaltare la nave.

Da cosa nasce tutto ciò? Non risultano movimenti di denaro (l’accusa, per il colla-boratore di don Carlo e per l’avvocato, par-la infatti anche di enormi quantità di soldi incassati in cambio di permessi), chi cono-sce gli accusati si rende conto che la loro non è mai stata una vita agiata, non risulta-no prove documentali schiaccianti, ma solo

|| 19 febbraio 2010 || pagina 6 || www.ucuntu.org ||

La Comunità di Bosco Minniti respinge le accuse assurde che sonoLa Comunità di Bosco Minniti respinge le accuse assurde che sono

piovute addosso a chi da anni combatte a fianco dei migranti, denunpiovute addosso a chi da anni combatte a fianco dei migranti, denun--

ciando gli atteggiamenti ostili e ambigui di buona parte delle istituziociando gli atteggiamenti ostili e ambigui di buona parte delle istituzioni.ni.

“Se seguire gli insegnamenti cristiani è reato,“Se seguire gli insegnamenti cristiani è reato,

allora colpevoli siamo tutti noi”allora colpevoli siamo tutti noi”

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Quando il Vangelo è fuorilegge Quando il Vangelo è fuorilegge

prove testimoniali (con testimonianze la cui attendibilità ci si augura sia dimostrata) e intercettazioni da contestualizzare e da chiarire meglio di come ha fatto in tv il procuratore della Repubblica di Catania, D’Agata, che ha utilizzato erroneamente il termine “carta di soggiorno” in luogo di “certificato di domicilio”.

C’è molta differenza tra i due termini, perché se si parla di carta di soggiorno fal-sa, allora si sarebbe dovuto contestare an-che il reato di contraffazione, dato che la carta di soggiorno può essere rilasciata solo dagli uffici competenti facenti capo al Ministero dell’Interno. La magistratura, ad ogni modo, farà il suo corso, ma mi auguro che non lo faccia con l’atteggiamento di chi vuole per forza condannare qualcuno. Le parole usate dal procuratore D’Agata (nell’intervista trasmessa da Telecolor) hanno irritato e deluso tante persone. Il garantismo che egli ha usato per se stesso su accuse a cui nessuno di noi aveva creduto non vale quando ad essere sotto accusa sono gli altri?

Il suo sorriso, la sua certezza che si tratta di prove da cui è impossibile discolparsi, la sua convinzione che l’umanità di questa comunità e della sua guida fosse solo un “paravento” per loschi traffici, tutto ciò è inopportuno per chi dovrebbe usare la pre-sunzione di innocenza come principio guida, ed è offensivo per tutti coloro che in

quella parrocchia, ogni giorno, da anni co-struiscono una società nuova, fatta di soli-darietà, tolleranza, accoglienza vera, non legata a circuiti economici, ma ad uno spi-rito di fratellanza e di accompagnamento di chi è rimasto indietro verso un futuro di in-clusione.

Di certo in tutta questa vicenda c’è che da qualche anno la parrocchia è osteggiata da istituzioni ottuse, da tutti coloro che vor-rebbero svuotare la città dagli immigrati, tranne quando servono per lavorare in nero e fare risparmiare il costo della manodope-ra a qualche nuovo padrone schiavista. Una parrocchia scomoda, un prete scomodo, considerato sovversivo solo perché vive l’essenza dell’essere prete, vale a dire stare in mezzo ai poveri, agli ultimi, a coloro che la società tratta da reietti.

Proprio qualche giorno prima dell’arre-sto, padre Carlo aveva inviato alla Procura della Repubblica e alla Questura di Siracu-sa un esposto per ottenere chiarimenti sul-l’atteggiamento ostile e sulle richieste basa-te non su leggi ma sul “si ritiene opportu-no” che un dirigente del locale Ufficio im-migrazione continuava a indirizzare alla parrocchia. Esposto che trovate, nella sua versione integrale, su www.ilmegafono.org.

Leggendolo molte più cose vi saranno chiare. Intanto, per fortuna, c’è tantissima solidarietà attorno alla comunità di Bosco Minniti. Non solo le associazioni, la Curia,

molti giornalisti, registi teatrali, ma anche semplici cittadini di ogni zona della città e anche di altre città d’Italia. Da ogni luogo arrivano messaggi di solidarietà, ovviamen-te anche dai tanti immigrati passati da qui, che si dicono scioccati da queste accuse, le respingono, lo vorrebbero urlare al mondo, ma non si fidano dei giornalisti (“quelli poi cambiano le tue parole, meglio lasciar stare”, mi dicono Ismail e Junior). Non possono accettare che quanti li hanno aiutati gratuitamente passino per mostri.

C’è scoramento, c’è paura per il futuro. Ma bisogna andare avanti fiduciosi. Perché tutto questo castello di sabbia crollerà. Dobbiamo aver fiducia nella magistratura, nonostante tutto, anche se siamo consape-voli che non c’è bisogno delle sentenze per conoscere l’innocenza di chi da sempre an-tepone l’aiuto agli altri alla propria stessa vita, senza ritorni economici, conducendo vite dure, fatte di lavoro e non di agi.

Per queste persone, per tutti coloro che ad esse somigliano, per le idee in cui la gente migliore di questo Paese crede, allora c’è davvero la necessità di dichiararci tutti colpevoli, colpevoli di solidarietà, perché tra chi condivide questo destino di campo e questa idea di mondo, senza divise e pol-trone dorate, non possono esserci distinzio-ni.

Massimiliano Pernailmegafono.org

|| 19 febbraio 2010 || pagina 7 || www.ucuntu.org ||

Foto di Sonia Giardina.Nella pagina accanto:

Georges Rouault,Crocefissione (1904)

e Nazareth (1902).

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Ridi, ridi... Ridi, ridi...

|| 19 febbraio 2010 || pagina 8 || www.ucuntu.org ||

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Politica Politica

Campania:vera destrae finta sinistra

Un politico italianoancora più abile di De Luca.Perché non candidare lui?

Il candidato alla regione Campania, l'uo-mo unico scelto dai baroni del PD e accla-mato da Tonino Di Pietro senza passare per le primarie, insulta gli esponenti di quella società civile che gli chiede di ragionare di-versamente da Bertolaso.

Mi interesso poco di cronaca, ancora meno dei politici Vip. Ma oggi scopro in rete un video del 2007 di un tizio che con fare serio e istituzionale sciorina il solito copione che sembra scritto da Bondi, Sgar-bi e Capezzone in stato di alterazione du-rante l'ennesimo festino in stile "centro be-nessere".

E vai con la consueta sfilza di cazzate: chi critica è un irresponsabile, chi vuole ve-derci chiaro sull'ambiente andrebbe denun-ciato per procurato allarme, chi disturba il manovratore va insultato, chi prova a met-tere insieme dati scientifici è un imbecille che non ha titolo per parlare, mentre il tizio in questione dall'alto della sua laurea in fi-losofia ha in mano la verità divina sugli ef-fetti dell'inquinamento.

E poi la sorpresa: questo tizio che avreb-be il titolo per parlare scientificamente non è uno dei soliti sgherri di regime, ma un rappresentante dell'opposizione, e non un rappresentante qualunque, ma un candidato

a governare la Campania, e non un candidato qualunque, ma uno sostenuto perfino da Di Pietro, che per una volta ha preferito glissare sulle indagini giudiziarie in corso che coinvolgono il personaggio in questione.

Senza fornire ulteriori spiegazioni o con-troargomentazioni, De Luca liquida le criti-che di Zanotelli e di chi ha osato mettere in discussione il suo operato come "cose che rimarranno nella storia dell'idiozia nel mondo dell'informazione".

Ma a noi di Mamma! non piacciono quel-li che criticano senza far nulla, e quindi per non metterci al livello di De Luca lanciamo un appello a tutti gli elettori che voteranno quest'uomo per disperazione e per assenza di alternative: regalate pure il vostro voto a questo personaggio, ma non premiatelo con il vostro silenzio. Chiamate il comitato elet-torale di De Luca al numero verde 800-589190 e provate a fare delle domande: "Salve, sto pensando se votare De Luca e vorrei alcuni chiarimenti sulle posizioni del candidato".

Di cose da chiedere ce ne sarebbero tan-te, e noi ci limitiamo a suggerirne alcune. Zanotelli è un irresponsabile o è la voce di una società civile che chiede chiarezza sui

dati ambientali? Chi solleva dei dubbi va ascoltato o denunciato per procurato allar-me? Il "Povero Bertolaso" ha ragione a dire che vanno costruite altre discariche o è me-glio seguire gli esempi virtuosi di riciclag-gio elencati dalla Commissione Europea nei suoi rapporti?

Paolo Borsellino diceva che "ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato quindi è un uomo onesto. Il sospetto dovrebbe indurre soprattutto i partiti po-litici quantomeno a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti facendo pulizia al loro interno di tutti colo-ro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti anche se non costi-tuenti reati".

Il candidato indagato De Luca è d'accordo con questa necessità di apparire onesti oltre che essere onesti? Condivide l'invito a fare pulizia mettendo da parte gli indagati (anche se innocenti) lanciato da Borsellino prima di morire?

Telefonate, telefonate, telefonate. E poi trascrivete le telefonate e raccontateci tutto scrivendo a [email protected]

Ulisse Acquavivawww.mamma.am

|| 19 febbraio 2010 || pagina 9 || www.ucuntu.org ||

Dopo la catastrofica stagione di Bassolino, ilDopo la catastrofica stagione di Bassolino, il centrosinistra corre ai ripari candidando... uncentrosinistra corre ai ripari candidando... un politico inquisito. Non tutti sono d'accordo: cerpolitico inquisito. Non tutti sono d'accordo: cer--tamente non lo sono i redattori di “Mamma”, iltamente non lo sono i redattori di “Mamma”, il giornale di satira che non le risparmia a nessugiornale di satira che non le risparmia a nessunono

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Società civile Società civile

LE ORGANIZZAZIONI MAFIOSE A MILANO

E IN LOMBARDIA

corso di formazione popolare Spazio Melampo - Milano, Via Tenca 7

MARTEDI' 23 FEBBRAIO 2010, ORE 21:CARLO SMURAGLIA, Avvocato

La vulnerabilità del sistema lombardo: Varchi, porte e portoni. “Perché le organizzazioni mafiose possono espandersi

nell’attuale contesto socio-economico e culturale regionale”

MARTEDI' 2 MARZO 2010, ORE 21: LUCA BELTRAMI GADOLA,

Docente al Politecnico Come difendersi - Le misure da adottare

sul piano civile, amministrativo e del governo locale

Presenta e coordina gli incontri:NANDO DALLA CHIESA

Docente all’Università Statale, Presidente della Scuola di Formazione Politica

Antonino Caponnetto, Presidente Onorario di Libera

Ingresso liberoInfo:

Libera Milano 02.7723210 - Melampo Editore [email protected] - [email protected]

|| 19 febbraio 2010 || pagina 10 || www.ucuntu.org ||