Ucuntu n.101

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130111 www.ucuntu.org - [email protected] APU E I RAZZISTI I RAGAZZI DI GAZA IL MURO D'EUROPA Dopo venticinque anni, ancora tempeste sulla Procura di Catania. Cordate rivali si fronteg- giano, emergono fre- quentazioni inquietanti. Sullo sfondo una Sicilia ormai Atlantide, coi Palazzi che ondeggiano e i baroni dell'isola che si tradiscono e ritradiscono a vicenda “E voi, siete con Bianco o con Lombardo? Con D'Agata o con Gennaro? Che sindaco volete? E alla Regione? Chi avete dietro?”. “Scusi, Eccellenza, siamo dei poveri contadini. O giornalisti, che fa lo stesso: semplici mestieri. Semini e vanghi, e d'altro non ti curi” e e Appello al Csm per la giustizia a Catania Appello al Csm per la giustizia a Catania e e Scidà Mazzeo Veltri Fernandez-Diaz Sini || 13 gennaio 2011 || anno IV n.101 || www.ucuntu.org || Poteri

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il numero del 12 gennaio 2011

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130111 www.ucuntu.org - [email protected]

APU E I RAZZISTI I RAGAZZI DI GAZA

IL MURO D'EUROPA

Dopo venticinque anni,ancora tempeste sullaProcura di Catania.Cordate rivali si fronteg-giano, emergono fre-quentazioni inquietanti.Sullo sfondo una Siciliaormai Atlantide, coiPalazzi che ondeggianoe i baroni dell'isolache si tradisconoe ritradiscono a vicenda

“E voi, siete con Bianco o con Lombardo? Con D'Agata o con Gennaro? Che sindaco volete? E alla Regione? Chi avete dietro?”.

“Scusi, Eccellenza, siamo dei poveri contadini. O giornalisti, che fa lo stesso: semplici mestieri. Semini e vanghi, e d'altro non ti curi”

e e Appello al Csm per la giustizia a Catania Appello al Csm per la giustizia a Catania ee Scidà Mazzeo Veltri Fernandez-Diaz Sini

|| 13 gennaio 2011 || anno IV n.101 || www.ucuntu.org ||

Poteri

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Italiani Italiani

Gli amici di Babacontro i razzistiVenerdì corteonel quartiere

Apu, quello dei “Simpsons”, lo conosce-te? Bene, esiste davvero, è davvero indiano e ha davvero un locale cui dedica la vita; l'unca differenza è' che non si chiama Apu ma Baba e non un locale a Springfield ma qua da noantri, a Roma, in via Casilina.

Allora, è un po' di tempo che nel locale di Apu, pardon di Baba, arrivano dei tipi strani, coatti o peggio. Siedono, magnano, bevono, e al momento di pagare non cac-ciano una lira. Anzi, con le cattive, si fanno dare soldi lor da Baba: oggi cinquanta euri, domani cento e così via. Un giorno Baba ri-sponde: “Non ce ne ho”. I tizi, incazzati, escono. La sera, sulla serranda, quattro col-pi di pistola.

Baba, buon cittadino, avverte la polizia. Ma non si fa vivo nessuno, dal commissa-riato. Tornano invece i coatti, più inferociti di prima. Il sette gennaio portano una tani-ca di benzina, in pieno giorno, con sette clienti dentro, e danno fuoco al locale. An-cora polizia assente, ancora silenzio dei giornali. Ci vuole l'intervento di un avvoca-to (Simonetta Cresci) per mettere in moto un giudice, che per prima cosa chiede al commissariato come mai non l'ha ancora informato.

La gente però comincia a essere stufa al Casilino, specie (ma non soltanto) i lavora-tori immigrati. 'Sti razzisti hanno proprio rotto, non se ne può più. Così si organizza un corteo, pacifico ma deciso, per venerdì. Appuntamento alle cinque, al locale di Baba. E poi via per la strada, tutti assieme.

* * *Prima di darvi il testo del volantino (un

(un momento, arriva) voglio dirvi però qual è stata la scalogna di quei coatti (uno è già dentro), come state leggendo questa pagina (mica le notizie arrivano da sole) e come là al Casilino s'è messa in moto la gente.

C''è un amico mio, da quelle parti. un Si-ciliano ad honorem di Addis Abeba. E' etio-pe e italiano: a vent'anni ha servito la patria in prima fila, rischiando ogni giorno la pel-

le con serietà e disciplina: Palermo, servi-zio scorte, scorta armata - negli anni di Fal-cone - dei magistrati. Si chiama Rudi Co-longo. E' uno che fa di più per l'Italia in un mese che dieci italiani “perbene” in un anno (e cento leghisti in tutta la vita). Vive, aiuta la gente, dirige un'associazione di im-migrati (“I Blu”: che nome), è coraggioso. E, nel caso di Baba, è intervenuto.

Se lo incontri e sei un compagno, salutalo con simpatia. Se sei poliziotto, fagli - ché se lo merita - un bel saluto alla visiera. Se sei un italiano vecchio e nuovo, carte in re-gola o senza, con la faccia di qualsiasi colo-re ma col cuore rosso e l'anima sveglia - un italiano - allora stringigli la mano, amico mio. Mani così, da stringere, ne troverai ben poche.

Bene, e ora ecco qua il volantino. (R.O.)

NO RAZZISMO!

Qui da noi l'immigrato è il capro espiato-rio su cui riversare tutta l'ipocrisia di un in-granaggio assassino: sui giornali e nelle pa-role dei politici lo straniero è pericoloso, delinquente, clandestino, terrorista. Ma se c'è da spaccarsi la schiena a costo zero, lo straniero fa comodo. Fa comodo al padrone e al politico. Sempre più numerosi, gli im-migrati abbandonano il sud del mondo, de-predato e sfruttato dai governi e dalle mul-tinazionali, per cercare una possibilità.

Per noi non ci sono stranieri!L'unica cosa straniera è la logica dell'e-

sclusione, dello sfruttamento e della discri-minazione. Tra il '98 e il 2001 Centrosini-stra e Centrodestra hanno messo a punto

una legislazione che annienta la vita di ogni immigrato. Così gli immigrati sono schiavi per legge. Vengono internati nei Centri di Permanenza Temporanea, i lager del nuovo millennio. Umiliati, picchiati, deportati.

Alle frontiere le polizie sparano, li fanno affondare a bordo delle loro precarie imbar-cazioni, oppure chiudono un occhio sui traffici dei mafiosi che gestiscono i viaggi: stati e mafie, due facce dello stesso potere.

A Roma c'è una campagna continua con-tro gli immigrati: aggressioni, sfruttamento, canoni in nero, negazioni di diritti. Non ultima la devastazione del negozio di Babain via Casilina, a cui nè il municipio, nè il comune hanno dato pronta risposta

Noi vogliamo libertà e uguaglianza, ora. Per tutte e tutti, ovunque. Vogliamo un mondo in cui non conta il luogo in cui nasci per avere una vita autonoma e consapevole. Vogliamo costruire una società in cui ciascuno è libero di progettare la propria vita con gli altri e non contro gli altri.

Essere contro ogni razzismo, significa sbarazzarsi di tutte le barriere fisiche e cul-turali perché è proprio su queste barriere che gli stati e i governi fondano la loro pre-tesa di dominio.

Contro il razzismo per esprimere solida-rietà a Baba e per la chiusura dei Cpt.

Venerdi’ 14 ore 17 in via Casilina (ferma-ta tram Walter Tobagi) manifestazione an-tirazzista a cui sono invitate tutte le asso-ciazioni,le forze politiche e sociali, le co-munità degli immigrati dell'VIII Municipio e della citta di Roma.

Associazione Diritti in Movimentoe Comitato Contro la Precarietà, Roma

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A Roma, al Casilino, mobilitazione popolareA Roma, al Casilino, mobilitazione popolare

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Rete Rete

“Un salutoe buon lavoro”Le idee nuovedi Ucuntu 2011

Forum 4 gennaio a Palazzolo. Report:1. 1. Creazione mailing list: informazio-

[email protected],2. 2. Ciclo di 4 workshop di giornalismo

destinati a noi e a tutti coloro che vogliono accostarsi al giornalismo e all'uso degli strumenti di comunicazione multimediali.

Ecco alcune proposte dei possibili temi dei workshop: video inchiesta, tecniche dell’intervista, cronaca giudiziaria, quadro legale dell’informazione, free software per l’impaginazione e per il web.

I laboratori si terranno a: Modica, Cata-nia, Raffadali e Corleone.

Ogni testata si occuperà dell’ organizza-zione del workshop che si terrà nella pro-pria città.

I workshop saranno di uno o più giorni in base al periodo, alla disponibilità dei parte-cipanti e del coordinatore, al programma e alla struttura dell’incontro.

Bozza di calendario:a. marzo a Corleone (Corleone Dialogos)b. 25 aprile-1 mag. a Raffadali (Ad Est)c. giugno a Catania (Lavori in corso)d. agosto a Modica (Il Clandestino)Periodo, tema, programma e coordinatori

dei workshop devono essere definiti e co-municati entro e non oltre il 15 febbraio.

Tutte le testate devono occuparsi della pubblicizzazione nel proprio territorio.

3. 3. Raccolte di articoli-dossier. Ogni numero comprenderà due pezzi di appro-fondimento scritti da ciascuna testata.

Argomenti proposti:a. sanitàb. immigrazionec. rifiutiIl primo numero sarà sulla sanità e sarà

coordinato dal Clandestino che si occuperà di definire il palinsesto e raccoglierà gli ar-ticoli che verranno impaginati con Open Office. Deadline per l’invio dei pezzi al Clandestino: 5 febbraio. Il secondo dossier sarà sui rifiuti (coordinato da Corleone Dia-logos) e il terzo sull’immigrazione (coordi-nato da Lavori in corso).

4. Presto Luca manderà le istruzioni per la creazione della finestra-contenitore di

notizie che verrà ospitata in tutti i nostri siti e che raccoglierà le principali notizie posta-te da ogni testata. Il sistema dei feed rss proposto a Modica in estate presenta forti limiti dovuti all'automatismo del meccani-smo che crea una moltitudine di notizie in-discriminate e senza criterio. Luca vi forni-rà una spiegazione attenta e dettagliata del-le possibili soluzioni agli inconvenienti si-nora riscontrati.

Un saluto e buon lavoro, Sonia* * *

Beh, io se fossi un imprenditore mafioso mi preoccuperei. “Guarda un po'! - penserei - Son passati trent'anni da quando Giuseppe Fava cominciò ad attaccarci a Catania e an-cora ne saltano fuori. E questi debbono es-sere giovani, fra l'altro. E almeno fossero tipi entusiasti, di quelli che gridano gridano e poi non fanno niente. Questi sono freddi e cattivi, tipo bolscevichi. Prenderli per le buone? Una carriera politica, magari nei progressisti? Mi sa che neanche ci pensano. Ma qual è il punto debole, quale?”.

* * *Eh, caro mio. Di buchi ne abbiamo tanti,

ma almeno non siamo superbi e quindi sap-piamo accorgercene e rimediarli. Contiamo l'uno sull'altro, abbiamo pazienza (“dammi tempu e ti perciu”, disse alla pietra l'acqua, in siciliano) e sappiamo fare il nostro me-stiere, sia di giornalisti che di rivoluzionari. Che più? Ma mi scusi, lei mi sta facendo perdere tempo. Se ne tornasse a mafiare, voscenza, se crede che serva a qualcosa, ché noi qua c'è da lavorare

* * *Dunque: buone le idee di Sonia (special-

mente le inchieste insieme), ma proviamo ad aggiungerne altre per andare anche più in fretta. Una, i libri elettronici (mobi, epub, pdf e quant'altro) che dovrebbero di-ventare una routine; tutti i nostri lavori, dossier compresi, dovrebbero uscire in ver-sione elettronica oltre a quella “normale”.

Due: stiamo usando pochissimo Ucuntu che ormai, ridendo e scherzando, è abba-stanza diffuso e ha superato il numero cen-to. Dal prossimo mese, svoltiamo: due pa-

gine di Ucuntu le fa, colla propria testata, il Clandestino, altre due Corleone Dialogos (sempre con la propria testata e senza smet-tere ovviamente quel che già sta facendo), e così via. E' facile, basta usare le pagine--base. Il punto di forza di Ucuntu è che, gra-zie a Luca e alla sua idea di usare Open Of-fice per impaginare, si produce velocemen-te e senza problemi. Questo finora l'abbia-mo sfruttato poco.

Ucuntu rinnovato non interferisce, ovvia-mente, col progetto “grosso” (il giornale nazionale di internet con Agoravox GliIta-liani, Liberainfo, Antimafia2000 ecc.) che va avanti proprio in queste settimane.

Non interferisce nemmeno col tentativo di giornale cittadino unitario, sempre con tecnologia OpenOffice, fra i siti d'informa-zione messinesi (c'incontreremo a febbraio) che, se funziona, può diventare un modello anche per altre città.

Ucuntu però può diventare il giornale unitario dei “rivoluzionari” siciliani - è la seconda volta oggi che trovo 'sta parola e mi sta piacendo moltissimo, dopo quaran-t'anni che non l'usavo :-) - e se funziona può portare a degli sviluppi inaspettati.

Non dimentichiamo che siamo in tempo di crisi e di scombussolamento generale, e che se si è forti e chiari si può essere ascol-tati anche da molti che in tempi normali re-sterebbero muti.

* * *Resta pochissimo spazio per parlare del

resto. Che dire? Io sono “un cattivo mae-stro”, Scidà si dedica al “dossieraggio” e il povero Pino Finocchiaro ha commesso de-litti orrendi trent'anni fa. E tutto perché ab-biamo pubblicato una certa foto, su un cer-to giudice e un tal certo mafioso, della qua-le: o è truccata, e allora querelateci; o è vera, e allora spiegateci che cosa siete.Tutto il resto è “dibbattito” e vale zero.

Tre righe ancora: benvenuti nei Siciliani , caro scrittore Massimo Gamba e cari (igno-rati dai nobili, ma efficientissimi e combat-tivi) ragazzi barcellonesi di “Gramigna”. Insieme, faremo grandi cose. No?

Riccardo Orioles

|| 13 gennaio 2011 || pagina 05 || www.ucuntu.org ||

Si allarga il circuito delle testate in rete. E allora...Si allarga il circuito delle testate in rete. E allora...

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Informazione Informazione

Questa fotochiede giustiziae verità

DIDASCALIANella foto, a sinistra il costruttore edile Carmelo Rizzo, imprenditore contiguo al clan Laudani, ucciso nel 1997 dai "mussi" braccio arma-to di Cosa Nostra catanese; accan-to, con la giacca, il procuratore ag-giunto di Catania, Giuseppe Genna-ro, proprietario di una villetta co-struita a San Giovanni La Punta dall'impresa controllata dai Rizzo per conto dei "mussi".Da: “Il nuovo procuratore chiamato a sfi-dare la borghesia mafiosa catanese”,http://pinofinocchiaro.blogspot.com

La giustiziae la città

Dobbiamo batterci per leggicome per mura della città.

Eraclito

E' in corso l'attività di copertura del posto di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, la quale impegna nel-la formulazione di parere sulle singole istanze, anche i Consigli Giudiziari dei Di-stretti in cui prestano servizio gli aspiranti. Concorrono al posto i magistrati, operanti a Catania, Gennaro, Scalia, Siscaro e Tine-bra. Il posto fu vacante nel '96; lo è stato di nuovo nel 2006; lo sarà nel prossimo feb-braio per collocamento a riposo dell'attuale titolare, dott. D'Agata.

Nella prima di dette occasioni pervenne al Csm un ampiamente motivato auspicio, si facesse cadere la nomina sopra un estra-neo all'ambiente : a costo, se necessario, di riapertura dei termini per la presentazione di istanze.

L'autore di quello scritto, Presidente da molti anni del TpM di Catania, tornava ad affermare sia la responsabilità della devian-za amministrativa nel sinistro primato loca-le di criminalità minorile (messo in luce dal suo Ufficio, nel '94, con accurata indagine comparativa estesa a tutto il Paese) e sia la dipendenza del malaffare dilagante dalla inadeguatezza dell'azione repressiva, o dall'aperto rifiuto di reprimere.

La corruzione, impunita, distraeva dal soddisfacimento di pubblici bisogni (bonifica dei quartieri deprivati; impianto di forme adeguate di assistenza educativa) risorse pubbliche ingenti : come le relazioni

a sua firma, indirizzate al Procuratore Generale, deploravano da tempo; e un clamoroso appalto, a tangenti, di importantissima opera pubblica, restava senza conseguenze per il protagonista. Da questo sostrato cresceva la foresta mafiosa.

Dieci anni dopo, nel 2006, lo stesso ma-gistrato - da tempo in pensione, ma non più solo - rinnovava quella pressante invoca-zione, mediante scritti e con interventi in pubbliche affollate riunioni. E ora, nel 2010, di nuovo solo, nella città più rasse-gnata che mai, egli ha depositato presso la Segreteria del Consiglio Giudiziario, in vi-sta dei pareri accennati in principio, una circostanziata scrittura (Per capire il caso Catania, pag. 3 + 30) della quale saranno qui pubblicati la premessa e l'indice, insie-me con una delle pagine conclusive.

Giovambattista ScidàPresidente emerito Trib. Minori, Catania

|| 13 gennaio 2011 || pagina 04 || www.ucuntu.org ||

Un alto funzionario dello Stato, addirittura un Magistrato,Un alto funzionario dello Stato, addirittura un Magistrato, fotografato con un mafioso. L'opinione pubblica attendefotografato con un mafioso. L'opinione pubblica attende spiegazioni. E, nel frattempo, non può ignorare cio che èspiegazioni. E, nel frattempo, non può ignorare cio che è

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Istituzioni Istituzioni

Appello al Csmper la giustiziaa Catania

L'appello che riportiamo di seguito circo-la in queste ore fra gli esponenti della so-cietà civile catanese, uniti – nelle loro varie associazioni e correnti culturali – da una le-gittima inquietudine circa il destino della loro città, tormentata da un sistema politi-co-mafioso fra i più potenti d'Italia ma non adeguatamente contrastato, in tutti questi anni, da un impegno giudiziario anche lon-tanamente paragonabile a quello del pool palermitano.

Questa inquietudine si accresce, e trova forse un' “ultima gocccia” decisiva, nella pubblicazione di un documento (v.pagina accanto) che ritrae insieme un boss mafio-so e il principale candidato alla Procura di Catania, Giuseppe Gennaro.

Una simile compresenza, peraltro lunga-mente e formalmente negata dall'interessa-to, può benissimo non avere (ed è auspica-bile che non abbia) significati penalmente rilevabili ed essere spiegata in termini ac-cettabili e privi di qualunque ombra. Ma essa è, qui e ora, lesiva della totale e incon-dizionata fiducia che una città come Cata-nia deve poter riporre nei suoi Magistrati.

Il nostro mestiere di giornalisti ci impone (come già al collega Pino Finocchiaro, il primo ad ospitarla sul suo blog) di accertare e diffondere una notizia che non può essere negata all'opinione pubblica. Non certo per nostra scelta, per avversioni o simpatie per-sonali o per volere schierarsi nelle faide che, disgraziatamente, consumano in questi tempi non solo la classe politica, ma parte della giustizia siciliana. Ma perché non è in nostro potere di privare i lettori del loro di-ritto alla verità.

Il nostro non è prevalentemente, come si dice oggigiorno, “giornalismo investigati-vo” (non lo fu quello di Giuseppe Fava), né corre dietro agli scoop; per noi l'investiga-zione è solo una parte di un processo com-plesso di ricostruzione e racconto della re-altà che al centro ha la cultura e la società.

La nostra verità, insomma, non si estriun-seca mai in un “viva questo e abbasso quel-lo”, non grida, non cerca facili notorietà; ma cerca di rappresentare al lettore un qua-dro il più possibile fedele e veritiero di un mondo che, come i veri giornalisti sanno, è articolato e difficile e non si lascia rinchiu-dere in facili ovvietà.

R.O.* * *

L'appelloRecenti e qualificate ricerche hanno deli-

neato una Sicilia marchiata dall'economia sommersa, "della complicità o dell'alleanza con le organizzazioni criminali". Al declino della violenza esplicita mafiosa fa da con-traltare l'estensione delle mafie nell'econo-mia formalmente legale, dove l'accumila-zione della ricchezza avviene attraverso re-lazioni sociali e attività economiche costruite sulla base del coinvolgimento di-retto e dei favori scambiati con i potentati economici,politici,professionali, fino a go-dere della complicità di specifici e decisivi ambiti istituzionali.

Si è creato uno spazio dove lecito e illeci-to finiscono per entrare in commistione, una commistione ove le classi dirigenti sono tali in quanto espressione degli inte-ressi della borghesia mafiosa dominante.

Le scelte di poltica economica e finanzia-ria più rilevanti, dall'urbanistica agli inter-venti nel settore energetico, dai servizi alla gestione dei beni pubblici, alle grandi ope-re, sono ispirate da questo contesto e dal dominio della borghesia mafiosa. Scelte che comportano gravi danni ai bisogni so-ciali, alla salvaguardia dell'ambiente e del patrimonio collettivo.

In questo quadro la città di Catania viene considerata, oggi anche dal presidente di Confindustria Sicilia, l'epicentro dell'"area grigia", dove massimamente si compenetra-no mafia ed economia legale. Una città

dove, diversamente che a Palermo o Calta-nissetta o Agrigento,l'azione di contrasto delle istituzioni delegate risulta o inefficace o largamente insufficiente. Aggiungiamo, incapace o deliberatamente inerte nel colpi-re i ceti politici ed economici dominanti della città. Emblematica ed evidente, da questo punto di vista, è apparsa la gestione delle indagini relative al governatore Lom-bardo, al fratello Angelo, a rilevanti am-bienti imprenditoriali. L'intervento del Pro-curatore D'Agata è apparso ai più quello del difensore dei potentati piuttosto che quello del difensore della legalità repubblicana e costituzionale. Ne è conferma il contenuto dell'intervista rilasciata a Toni Zermo sul quotidiano di Mario Ciancio, anch'esso in-dagato, rivolto contro le considerazioni espresse da Ivan Lo Bello.

Alla vigilia della nomina del nuovo Pro-curatore della Republica di Catania,faccia-mo appello al Presidente della Repubblica, acchè non si ripeta quando avvenne tre anni nel 2008 quando il Csm,allora presieduto da Mancino,con una decisione ispirata dai Palazzi romani e dai potentati politici ed economici catanesi, nominò D'Agata,sov-vertendo l'indicazione largamente maggio-ritaria della Prima Commissione favorevole ad una figura esterna avente le caratteristi-che della impermeabilità e dell'internità al sistema di potere catanese.

La società civile catanese

|| 13 gennaio 2011 || pagina 05 || www.ucuntu.org ||

La società civile catanese chiede al Cms e al suo PresidenteLa società civile catanese chiede al Cms e al suo Presidente di intervenire per garantire la trasparenza dell'amministradi intervenire per garantire la trasparenza dell'amministra--zione della giustizia nella drammatica situazione di Cataniazione della giustizia nella drammatica situazione di Catania

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Ventidue anni dopo la caduta del Muro di Berlino Ventidue anni dopo la caduta del Muro di Berlino

Il Murod'Europa

Nuove barriere contro i poveri nel vecchio (anzi vecchissimo...) continenteNuove barriere contro i poveri nel vecchio (anzi vecchissimo...) continente

Dopo quelli di Berlino, Messico e Israele, l’Europa prepara il suo muro anti-immigrati. Comincia la Grecia, primo Stato Ue: linea Maginot al confine turco dal quale "passa l'80 per cento degli extra che invadono il nostro Occidente".

Christos Papoutsis, ministro greco alla “protezione dei cittadini” ha annunciato in un’intervista alla Athens News Agency (ANA) che la Grecia pianifica la “costru-zione di una rete divisoria ai confini con la Turchia per impedire l’ingresso di immi-grati illegali”.

La struttura presa a modello è quella del cosiddetto “muro della vergogna” realizza-to in California, Arizona, Nuovo Messico e Texas lungo la frontiera con il Messico: la barriera greco-turca sarà lunga 206 chilo-metri e dotata di sofisticati sensori elettro-nici e strumenti per la visione notturna.

Uomini armati di tutto punto presidieran-no 24 ore al giorno il muro di lamiere e filo spinato con l’ausilio di veicoli terrestri ed elicotteri.

Per chi riuscirà a superare la nuova trin-cea militare tra la “civile” Europa e l’ignoto universo del Sud ci sarà la deportazione in uno dei tanti campi-lager che popolano i centri di frontiera dell’Unione.

“In Grecia viene intercettato attualmente il 90% degli attraversamenti illegali dei confini dell’Unione europea”, affermano i rappresentanti di Frontex, l’Agenzia per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’U-nione europea.

“Nella prima metà del 2010 sono stati re-gistrati dalle autorità greche 45.000 attra-versamenti illegali dei confini nazionali”, aggiunge Frontex.

“È in atto uno spostamento rapido e bru-tale dei luoghi di passaggio delle frontiere marittime verso la frontiera terrestre greco-turca a nord del Paese. Si tratta in particola-re di afgani o migranti arrivati dall’Algeria e da altri paesi del nord Africa, dal Paki-stan, dalla Somalia e dall’Iraq”. Donne e uomini in fuga dunque da guerre, repressio-ni e dai bombardamenti dell’alleanza atlan-tica, il cui flusso – nonostante gli allarmi

terroristici dei governi – non assume asso-lutamente le caratteristiche dell’esodo di massa.

Sempre secondo Frontex, lo scorso anno il numero di attraversamenti illegali delle frontiere marittime tra la Grecia e la Tur-chia ha subito una riduzione del 16% ri-spetto all’anno precedente, mentre quelli attraverso le frontiere terrestri di Grecia e Bulgaria sono crollati del 40%.

La “pressione” al confine con la Turchia è dunque frutto di un cambio delle rotte mi-gratorie nel Mediterraneo e nell’area sud-o-rientale del continente, complice la politica di contrasto iper-militarizzata dell’Ue e dei partner nord-africani.

Christos Papoutsis non ha chiarito se l’U-nione è stata informata del programma di allestimento del “muro” anti-immigrati con la Turchia, ma appare poco credibile che la decisione sia stata assunta unilateralmente dal governo greco.

* * *Lo scorso mese di novembre, a seguito di

una richiesta dello stesso ministro per la “protezione dei cittadini”, Frontex ha deci-so d’inviare ad Orestiada, nella regione del-la Tracia, 175 specialisti dei Rapid Border Intervention Teams (RABIT) le squadre di intervento rapido create per essere utilizza-te “in situazione d’emergenza nei momenti di forte flusso migratorio”.

“L’intervento dei RABIT serve ad accre-scere i livelli di controllo e sorveglianza al confine esterno della Grecia con la Turchia e le aree vicine”, spiegano gli alti funziona-ri di Frontex.

“Si tratta del primo invio in uno stato membro dell’Ue dalla creazione dei RABIT nel 2007. Tutti gli uomini operano sotto il comando e il controllo delle autorità di po-lizia greche. Sono armati, ma potranno usa-re le loro armi solo per autodifesa. Si tratta di specialisti ed esperti in attività d’intelli-gence, screening di documenti falsi, ingres-si clandestini, controlli di frontiera, auto ru-bate, perquisizioni con l’ausilio di cani”.

I RABIT coordinano il loro intervento con la Joint Operation Poseidon, l’opera-zione terrestre e marittima anti-immigrati lanciata da Frontex nel 2006 ai confini tra Grecia, Bulgaria e Turchia.

Congiuntamente ai 175 specialisti, Fron-tex ha trasferito in Grecia attrezzature tec-niche e di supporto logistico: tra esse un elicottero, 9 autobus, 19 fuoristrada da pat-tugliamento, una serie di visori termici e notturni. Le apparecchiature sono state messe a disposizione da Austria, Bulgaria, Danimarca, Germania, Romania e Ungheria, ma i costi totali degli interventi verranno assunti collegialmente da tutti i membri dell’Unione.

Programmata inizialmente per durare solo due mesi, a fine anno la missione RA-BIT è stata prorogata sino al 3 marzo 2011.

La decisione di inviare i RABIT al confi-ne greco-turco è giunta subito dopo che un funzionario delle Nazioni Unite ha denun-ciato come i migranti illegali sono “fre-quentemente tenuti in Grecia in condizioni disumane all’interno di centri di detenzione sporchi e sovraffollati, controllati da poli-ziotti scarsamente formati”.

Nel paese sono pure “inadeguate le con-dizioni di accoglienza dei profughi” e del tutto inesistente l’applicazione delle proce-dure previste internazionalmente per i ri-chiedenti asilo.

Nell’aprile 2008, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha perfi-no chiesto agli stati membri dell’Ue di non trasferire in Grecia gli immigrati sospen-dendo l’applicazione del cosiddetto “Rego-lamento di Dublino” che prevede che i ri-chiedenti asilo siano rinviati verso il primo paese in cui hanno fatto ingresso dopo esse-re entrati nell’Unione.

|| 13 gennaio 2011 || pagina 06 || www.ucuntu.org ||

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Ventidue anni dopo la caduta del Muro di Berlino Ventidue anni dopo la caduta del Muro di Berlino

(foto di Claudio Pagano)

Ciononostante, 995 richiedenti asilo pro-venienti da Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Olanda e Svizzera sono stati trasferiti in Grecia nei primi dieci mesi del 2009.

Amnesty International, in un rapporto pubblicato nel luglio 2010, ha documentato il grave trattamento subito dagli immigrati detenuti nei campi e nei posti di polizia di frontiera.

“Scarse se non inesistenti sono le possibi-lità di accedere all’assistenza sanitaria, so-ciale e legale”, scrive l’organizzazione per i diritti umani.

“La detenzione prima dell’espulsione può durare fino a sei mesi per i richiedenti asilo e i migranti irregolari.

Essi non vengono informati circa la dura-ta della loro detenzione o sul loro futuro.

Possono essere trattenuti per lunghi pe-riodi di tempo in strutture sovraffollate dove i minori non accompagnati sono dete-nuti insieme agli adulti”.

Amnesty ha inoltre raccolto diverse de-nunce di maltrattamenti a danno dei mi-granti da parte della guardia costiera e della polizia greca.

Uno dei campi visitati nel giugno 2009 dalla ONG è quello che sorge nei pressi di Soufli, a pochi chilometri dalla città di Ori-stiade, attualmente “monitorato” dai RA-BIT di Frontex.

“Più di 40 tra uomini e donne sono tenuti separatamente in due celle che sono picco-lissime e sudice”, scrive Amnesty.

“Non ci sono abbastanza materassi per tutti e i detenuti devono dormire in posizio-ne seduta o nei bagni. La luce naturale e la ventilazione sono insufficienti. È stata denunciata la presenza di scorpioni, insetti e serpenti all’interno delle celle. Segni di morsi di insetti sono visibili nelle braccia e nelle gambe di alcuni degli immigrati”.

Frontex è stata fondata con decreto del Consiglio d’Europa nel 2004 e la sede cen-trale è stata insediata a Varsavia nell’otto-bre dell’anno successivo.

Scopo ufficiale, quello di “assistere gli Stati membri in materia di formazione delle guardie di frontiera, seguire gli sviluppi nel settore della ricerca relativi al controllo e

alla sorveglianza delle frontiere esterne, of-frire il sostegno necessario per organizzare operazioni congiunte di rimpatrio”.

Frontex è l’agenzia che più di tutte ha vi-sto crescere rapidamente la propria disponi-bilità finanziaria: da un bilancio di 6 milio-ni di euro al momento della sua attivazione, Frontex ha avuto a disposizione risorse per 88,3 milioni nel 2009.

Nell’ultimo bilancio operativo, il 55% dei fondi disponibili è andato alla gestione delle operazioni marittime per l’individua-zione delle imbarcazioni illegali di migran-ti, anche se “solo il 38% del numero totale di intercettazioni di clandestini nell’area operativa è avvenuto in mare, mentre circa il 62% ha avuto luogo sulla terraferma”.

L’11% del bilancio 2009 è stato assegna-to invece alle “attività di formazione del personale” mentre il restante 18% è stato diviso per “la cooperazione in materia di rimpatri” e “le operazioni alle frontiere ter-restri”.

Sono state proprio le attività di rimpatrio ad assorbire l’aumento più significativo del bilancio 2009.

“Il numero di voli di rimpatrio cofinan-ziati ed effettuati è raddoppiato, passando da 801 a 1.622 rimpatriati e da 15 a 32 ope-razioni congiunte di rimpatrio”, si legge nell’ultimo rapporto di Frontex.

Che proprio la Grecia costituisca il bari-centro di buona parte delle attività anti-im-migrati dell’agenzia europea viene confer-mato dal processo di decentramento avviato da poco dall’agenzia.

Nel 2009 Frontex ha attivato un “centro di coordinamento internazionale” al Pireo e quattro “centri di coordinamento locali” a Lesvos, Samos, Chios e Leros.

Nell’ottobre 2010 è stato invece aperto ad Atene l’”Ufficio operativo regionale Frontex per il Mediterraneo” in cui è pre-sente personale proveniente da Italia, Gre-cia, Cipro e Malta.

La struttura opererà per un periodo di prova di nove mesi “per verificare la neces-sità e l’opportunità di rafforzare ulterior-mente la presenza regionale dell’agenzia”.

Antonio Mazzeo

|| 13 gennaio 2011 || pagina 07 || www.ucuntu.org ||

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Società civile Società civile

|| 13 mese 2011 || pagina 08 || www.ucuntu.org ||

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Società civile Società civile

Consumatoriper necessitàCriticiper scelta

Le associazioni antiracket hanno l’obiettivo comune di contrastare, per quan-to loro possibile, la presenza delle organiz-zazioni criminali e soprattutto di dare sostegno a chi è già stato vittima di estor-sioni e a chi dichiara che, pur non avendo subito minacce a scopo estorsivo, non ha intenzione di sottomettersi ad eventuali richieste future

Una caratteristica che distingue Addi-oPizzo dalle altre associazioni è quello di

aver dato vita e di diffondere (a livello di associazioni antiracket, ma ancor più tra i cittadini) la cultura del consumo critico.

Il consumo critico è un progetto che dovrebbe coinvolgere tutti quanti in prima persona, perché se è vero che non tutti ab-biamo a che fare direttamente con le minac-ce estorsive, è anche vero che queste rica-dono indirettamente su di noi, poiché at-traverso la richiesta del pizzo la mafia ri-esce ad avere delle entrate costanti, anche se non sono le maggiori, e ancor più riesce a controllare il territorio circostante.

Per questo, come consumatori abbiamo il dovere morale di sostenere chi ha pubblica-mente dichiarato di non pagare il pizzo, per far si che vi sia una crescita dell’economia legale.

Consumare criticamente significa sceg-liere consapevolmente al momento dell’acquisto, non solo in base al prezzo e alla qualità del prodotto/servizio, ma anche in base al comportamento delle aziende che lo offrono.

Ciò non vuol dire boicottare i commer-cianti che non hanno denunciato pubblica-mente, si tratta semplicemente di scegliere, un po' come quando si va a votare, di dare

la preferenza a chi ha avuto il coraggio di ribellarsi e di non cedere al sistema, il motto è infatti “pago chi non paga”, tutto ciò affinché gli altri commercianti siano invogliati ad entrare nel circuito della legalità.

Per promuovere e diffondere il progetto del consumo critico l’associazione Addio Pizzo Catania organizza degli incontri nelle scuole e nelle varie facoltà della città.

Vengono allestiti, durante manifestazioni di vario genere, dei banchetti informativi, nei quali si possono avere tutte le infor-mazioni in merito e dove si può sottoscri-vere il manifesto del consumatore critico.

Tramite la sottoscrizione di quest’ultimo il cittadino si impegna a scegliere prodotti e servizi forniti da imprenditori, esercenti e professionisti che non pagano il pizzo o che essendo state vittime di richieste estorsive ne abbiano fatto denuncia.

Un piccolo impegno che comporta solo una presa di coscienza maggiore al momen-to di un acquisto, ma che complessiva-mente ha una grande incidenza per un cam-biamento reale.

Angela Bellomo

|| 13 gennaio 2011 || pagina 09 || www.ucuntu.org ||

Addiopizzo è anche un’associazione antiracket, ma porAddiopizzo è anche un’associazione antiracket, ma por--ta avanti un progetto che la rende diversa da tutte leta avanti un progetto che la rende diversa da tutte le altre associazioni: il Consumo Critico. Angela ci spiegaaltre associazioni: il Consumo Critico. Angela ci spiega perchéperché

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Condizione umana Condizione umana

La scuola del dolore Scrivere della malattiaScrivere della malattia

Non è facile penetrare nella malattia sen-za viverla, non è materiale docile o mallea-bile a volontà. Nonostante ciò, la scrittura è l'unico scongiuro che conosco contro i ma-lefici convocati dal tempo. Scrivo sulle sab-bie umide sapendo bene che il morso di Chronos si porterà via i resti del tuo nome, Paola. Ma Chronos non ha conscienza né della mia pazienza né della mia tenacità; lui sarà costante nella sua strategia erosiva, e io accorrerò ogni giorno a riscrivere il tuo viso e la tua vita dove appena rimangono traccie di quello che sei stata.

Sì, la malattia si può e si deve scrivere. Dobbiamo dare forma al dolore, dargli ripa-ro; dobbiamo canalizzare il suo senso, se c’e. Dobbiamo entrare nel suo mondo e co-noscerlo, benché sia alla cieca o con i sotti-lissimi polpastrelli delle dita. La malattia lo spia tutto con occhio onnipresente. Si acco-vaccia in qualsiasi angolo, del corpo e del pianeta, assale ed insegue, entra nella vita con una familiarità atroce, ossessiva ed oscena. Conviviamo con il suo afferramen-to, ma anche col il suo linguaggio veemen-te o il gesto amaro della nostra negazione –la malattia è quello che succede sempre agl’altri-. Scrivo per farti giustizia, Paola, a te ed alla tua lotta solitaria.

Non abbiamo un’educazione nella “scuo-la del dolore”. Ci preparano per la felicità a comode rate, per la frivolezza e per la di-menticanza, perciò la vita si spezza in due quando qualcuno amato diventa gravemen-te malatto.

So bene che a tutti piace un Natale in pace, lontano dal rumore del mondo, in una sorte d’abolizione metafisica della sofferen-za, celebrando il piacere e la felicità che siamo sicuri di meritare, sprangando le por-te del cuore per non sentire e non vedere al

di là delle luci incandescenti della nostra confortevole gioia ufficiale. Ma –mi scuso- la storia di Paola Favaretti è una storia di dolore e di Natale. Malata di leucemia acu-ta, aveva bisogno di un trapianto di midollo ed aveva l’immensa fortuna di conoscere la donante cento per cento geneticamente compatibile: sua sorella. Ma la sorella ha detto no. Aveva paura di rischi che non esistevano. E Paola è morta nella notte di Natale.

Nessuno ha descritto con tanta precisione il dolore della malattia come lo scrittore svizzero Fritz Zorn, al quale un fatidico lin-foma mise fine alla sua vita. Lui parlava del cancro come “lacrime non versate”. Rilke, anche lui malato di leucemia, come Paola, alluse, in versi splendenti e nella sua corri-spondenza privata, al tradimento del suo corpo e a quella rosa “fresca, chiara e come mille palpebre sovrapposte”. La rosa, quel-lo che lui amava di più, l’aveva tradito col-le sue pungenti spine.

I media ci hanno convinto, con discorsi fallaci, che i malati sono dei perdenti. La preferenza collettiva esalta le storie di su-

perazione personale, dove un guerriero im-maginario, senze altre armi che la forza dell’impegno, amazza il dragone della ma-lattia. Il mondo appartiene ai trionfatori che ci guardano dalle pagine iridescenti dei me-dia dove se fabbricano le varie faccie del successo. Nella malattia, come nel busi-ness, chi non sopravvive è perché non ha lottato abbastanza. Forse quello è stato il ragionamento della sorella. Meglio l’accet-tazione della paura, meglio la rassegnazio-ne per la quale sono gli altri che pagano un prezzo altissimo, meglio un Natale dove niente disturbi la festa ed il suo sogno della “pace sulla terra”. Povera, non sapeva –ma non è troppo tardi per capirlo- che la gran-de perdente in questa storia è lei, e non la sorella morta. Chi rischia guadagna o per-de. Ma chi non rischia, perde sempre. Detto questo, faciamo un pò di spazio alla verità: un midollo puo aprire il canale della possi-bilità, ma non è in sé stesso una garanzia di guarigione; comunque, da accesso al magi-co e mantrico animale di nome speranza.

Ricordo ancora con stupore quando una collega di lavoro, quindici anni fa, mi do-mandò se era stato difficile prendere la de-cisione di diventare donante di midollo os-seo per mio fratello Paolo. Non sono riusci-ta a trovare le parole giuste per spiegare che certe decisioni non si prendono: vengo-no da sole. La decisione veniva dal fondo del dna, dall'oscuro e millenario grido del sangue o del destino…quello che altri chia-mano pietà e che per me era il segno ine-quivocabile negli occhi del mio fratello, che mi chiedeva mansuetamente una secon-da opportunità per vivere e che malgrado la donazione - il dono- delle mie cellule sta-minali, non è mai arrivata.

Natalia Fernandez Diaz

|| 13 gennaio 2011 || pagina 10 || www.ucuntu.org ||

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Altri Sud Altri Sud

I ragazzi di Gaza Una firma collettiva, un'identità comune e soffocataUna firma collettiva, un'identità comune e soffocatalancia un grido di dolore nello spazio libero del weblancia un grido di dolore nello spazio libero del web

"Vaffanculo Hamas. Vaffanculo Israele. Vaffanculo Fatah. Vaffanculo Onu. Vaffan-culo Unrwa. Vaffanculo Usa!

Noi, i giovani di Gaza, siamo stufi di Israele, di Hamas, dell'occupazione, delle violazioni dei diritti umani e dell'indifferen-za della comunità internazionale!

Vogliamo urlare per rompere il muro di silenzio, ingiustizia e indifferenza, come gli F16 israeliani rompono il muro del suono; vogliamo urlare con tutta la forza delle no-stre anime per sfogare l'immensa frustrazio-ne che ci consuma per la situazione del caz-zo in cui viviamo; siamo come pidocchi stretti tra due unghie, viviamo un incubo dentro un incubo, dove non c'è spazio né per la speranza né per la libertà. Ci siamo rotti i coglioni di rimanere imbrigliati in questa guerra politica; ci siamo rotti i co-glioni delle notti nere come il carbone con gli aerei che sorvolano le nostre case; sia-mo stomacati dall'uccisione di contadini in-nocenti nella buffer zone, colpevoli solo di stare lavorando le loro terre; ci siamo rotti i coglioni degli uomini barbuti che se ne vanno in giro con le loro armi abusando del loro potere, picchiando o incarcerando i giovani colpevoli solo di manifestare per ciò in cui credono; ci siamo rotti i coglioni del muro della vergogna che ci separa dal resto del nostro Paese tenendoci ingabbiati in un pezzo di terra grande quanto un fran-cobollo; e ci siamo rotti i coglioni di chi ci dipinge come terroristi, fanatici fatti in casa con le bombe in tasca e il maligno negli oc-chi; abbiamo le palle piene dell'indifferenza da parte della comunità internazionale, i co-siddetti esperti in esprimere sconcerto e sti-lare risoluzioni, ma codardi nel mettere in pratica qualsiasi cosa su cui si trovino d'ac-cordo; ci siamo rotti i coglioni di vivere una vita di merda, imprigionati dagli israe-liani, picchiati da Hamas e completamente ignorati dal resto del mondo.

C'è una rivoluzione che cresce dentro di noi, un'immensa insoddisfazione e frustra-zione che ci distruggerà a meno che non troviamo un modo per canalizzare questa energia in qualcosa che possa sfidare lo sta-tus quo e ridarci la speranza. La goccia che ha fatto traboccare il vaso facendo tremare i nostri cuori per la frustrazione e la disperazione è stata quando il 30 novembre

gli uomini di Hamas sono intervenuti allo Sharek Youth Forum, un'organizzazione di giovani molto seguita con fucili, menzogne e violenza, buttando tutti i volontari fuori incarcerandoni alcuni, e proibendo allo Sharek di continuare a lavorare.

Alcuni giorni dopo, alcuni dimostranti davanti alla sede dello Sharek sono stati picchiati, altri incarcerati. Stiamo davvero vivendo un incubo dentro un incubo. E' dif-ficile trovare le parole per descrivere le pressioni a cui siamo sottoposti. Siamo so-pravvissuti a malapena all'Operazione Piombo Fuso, in cui Israele ci ha bombar-dati di brutto con molta efficacia, distrug-gendo migliaia di case e ancora più persone e sogni.

Non si sono sbarazzati di Hamas, come speravano, ma ci hanno spaventati a morte per sempre, facendoci tutti ammalare di sindromi post-traumatiche visto che non avevamo nessuno posto dove rifugiarci. Siamo giovani dai cuori pesanti. Ci portia-mo dentro una pesantezza così immensa che rende difficile anche solo godersi un tramonto. Come possiamo godere di un tra-monto quando le nuvole dipingono l'oriz-zonte di nero e orribili ricordi del passato riaffiorano alla mente ogni volta che chiu-diamo gli occhi? Sorridiamo per nasconde-re il dolore. Ridiamo per dimenticare la guerra. Teniamo alta la speranza per evitare di suicidarci qui e adesso. Durante la guerra abbiamo avuto la netta sensazione che Israele voglia cancellarci dalla faccia della Terra.

Negli ultimi anni Hamas ha fatto di tutto per controllare i nostri pensieri, comporta-menti e aspirazioni. Siamo una generazione di giovani abituati ad affrontare i missili, a portare a termine la missione impossibile di vivere una vita normale e sana, a malapena tollerata da una enorme organizzazione che ha diffuso nella nostra società un cancro maligno, causando la distruzione e la morte di ogni cellula vivente, di ogni pensiero e sogno che si trovasse sulla sua strada, oltre che la paralisi della gente a causa del suo regime di terrore. Per non parlare della pri-gione in cui viviamo, una prigione giustifi-cata e sostenuta da un paese cosiddetto de-mocratico.

La storia si ripete nel modo più crudele e

non frega niente a nessuno. Abbiamo paura. Qui a Gaza abbiamo paura di essere incar-cerati, picchiati, torturati, bombardati, ucci-si. Abbiamo paura di vivere, perché dobbia-mo soppesare con cautela ogni piccolo pas-so che facciamo, viviamo tra proibizioni di ogni tipo, non possiamo muoverci come vogliamo, né dire ciò che vogliamo, né fare ciò che vogliamo, a volte non possiamo ne-anche pensare ciò che vogliamo perché l'occupazione ci ha occupato il cervello e il cuore in modo così orribile che fa male e ci fa venire voglia di piangere lacrime infinite di frustrazione e rabbia!

Non vogliamo odiare, non vogliamo sen-tire questi sentimenti, non vogliamo più es-sere vittime. BASTA! Basta dolore, basta lacrime, basta sofferenza, basta controllo, proibizioni, giustificazioni ingiuste, terrore, torture, scuse, bombardamenti, notti inson-ni, civili morti, ricordi neri, futuro orribile, presente che ti spezza il cuore, politica per-versa, politici fanatici, stronzate religiose, basta incarcerazioni! DICIAMO BASTA!

Questo non è il futuro che vogliamo!Vogliamo tre cose. Vogliamo essere libe-

ri. Vogliamo poter vivere una vita normale. Vogliamo la pace. E' chiedere troppo? Sia-mo un movimento per la pace fatto dai gio-vani di Gaza e da chiunque altro li voglia sostenere e non si darà pace finché la verità su Gaza non venga fuori e tutti ne siano a conoscenza, in modo tale che il silenzio-as-senso e l'indifferenza urlata non siano più accettabili.

Questo è il manifesto dei giovani di Gaza per il cambiamento!

Inizieremo con la distruzione dell'occu-pazione che ci circonda, ci libereremo da questo carcere mentale per riguadagnarci la nostra dignità e il rispetto di noi stessi. An-dremo avanti a testa alta anche quando ci opporranno resistenza. Lavoreremo giorno e notte per cambiare le miserabili condizio-ni di vita in cui viviamo.

Costruiremo sogni dove incontreremo muri.

Speriamo solo che tu - sì, proprio tu che adesso stai leggendo questo manifesto! - ci supporterai. Per sapere come, per favore la-sciate un messaggio o contattaci diretta-mente a:

[email protected]

|| 13 gennaio 2011 || pagina 11 || www.ucuntu.org ||

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Scuola Scuola

Gli anni della Gelmini Intervista a Sebastiano GulisanoIntervista a Sebastiano Gulisano

Sebastiano Gulisano, giornalista e foto-grafo, 52 anni, collabora stabilmente con GliItaliani.it e Ucuntu.org. È stato redattore de I Siciliani e di Avvenimenti, è autore di alcuni libri sulla mafia e di un romanzo di fantapolitica, Porcilandia, pubblicato all’inizio del 2010. Alla fine di novembre è uscito il suo nuovo libro-inchiesta Un ta-glio al futuro. L’istruzione ai tempi della Gelmini (Editori Riuniti, 312 pagine, 15 euro), ne parliamo con l’autore.

«Continuano a essere convinti che il fine del governo sia ridistribuire il reddito con le tasse, rendendo uguali il figlio del professionista e il figlio dell’operaio». Ruota intorno a questa frase di Silvio Ber-lusconi, pronunciata durante un dibattito tv nel 2006, Un taglio al futuro – L’istruzione ai tempi della Gelmini, il libro-inchiesta di Sebastiano Gulisano su scuola e università, nelle librerie dalla fine di novembre.

Perché ha deciso di scrivere questo li-bro, che l’editore, in copertina, presenta come «il primo reportage, spietato e obiettivo, sullo stato disastroso della scuola, dell’università e della ricerca in Italia»?

Le rispondo con Primo Levi: Se non ora, quando? Sono trascorsi due anni e mezzo da quando, nel giugno 2008, il governo Berlusconi ha varato il decreto 112 (una manovra economica correttiva approvata col voto di fiducia) che gettava le basi per la cosiddetta riforma Gelmini, cioè di una serie di regolamenti ministeriali, approntati da gruppi di tecnocrati, che riportano la scuola dell’obbligo agli anni Cinquanta, snaturano le superiori e bastonano universi-tà e ricerca: una serie di norme ideologiche e anticostituzionali (rispondono al principio berlusconiano secondo il quale il figlio dell’operaio non deve avere le stesse op-portunità di quello del professionista, mal-grado la Costituzione dica esattamente l’opposto), nonché autoritarie, poiché vara-te attraverso regolamenti non soggetti al

confronto parlamentare. Allo stesso modo, non ha avuto alcuna voce in capitolo chi, nelle scuole e nelle università, lavora o stu-dia. Nelle elementari e nelle medie la con-troriforma è entrata in vigore un anno fa, nelle superiori quest’anno, mentre per l’università era in dirittura d’arrivo il disegno di legge che ha riportato in piazza studenti, insegnanti e ricercatori. Scrivendo ora il libro, potevo dunque fare un primo bilancio delle ricadute reali delle nuove norme sulla scuola pubblica e stare anche dentro l’attualità, raccontando anche la prima occupazione di una facoltà romana, quella di Ingegneria.

Perché un giornalista che si è sempre occupato di mafie decide di scrivere di istruzione?

Perché la scuola può essere un formidabi-le strumento contro le mafie, può creare cit-tadini consapevoli di diritti e doveri, e dota-ti di coscienza critica. Ma può anche non fare nulla di tutto ciò, come ha scelto di fare la maggioranza di centrodestra: hanno deciso di acuire la forbice tra Nord e Sud del Paese, diminuendo le opportunità per chi è più svantaggiato (i disabili, ad esem-pio, e il Meridione in generale), favorendo la dispersione scolastica e il potenziale con-tinuo ricambio di manodopera per le mafie. Nel primo capitolo racconto, anzi la rac-conta lo stesso dirigente scolastico (ché, a differenza della Gelmini, ho ascoltato e dato voce a studenti, insegnati, lavoratori precari e sindacalisti), le ricadute sul Circo-lo didattico Nazario Sauro di Palermo, quartiere Brancaccio, lo stesso dove nel 1993 è stato ammazzato padre Pino Puglisi, ucciso perché toglieva i ragazzini dalle strade, cioè dalle grinfie delle cosche: «Oggi – dice il dirigente, commentando gli effetti della “riforma” – mi sento come uno che sta mandando a fondo i bambini con maggiori difficoltà, uno che produce cada-veri pedagogici». Ecco: la nuova scuola crea esclusione, ridà manodopera ai clan e

colpevolizza gli insegnanti.Le cronache sono piene di studenti che

paralizzano le città, occupano scuole e università. Ha un senso tutto ciò?

Gli studenti usano gli strumenti a loro di-sposizione per farsi sentire, per gridare il loro “NO”, per essere ascoltati e potere dire la loro sull’istruzione che vorrebbero. Ho parlato con molti di loro e tutti, nessuno escluso, vivono le modifiche legislative in atto come la frapposizione di un muro di gomma tra loro e il futuro, futuro che riescono a immaginare solo all’estero. «Emigrazione» è la parola più ricorrente nelle centinaia di colloqui avuti. La Gelmini dice che sono strumentalizzati dai baroni, ma non dice che due anni fa ha stabilito che le commissioni di concorso debbano essere formate solo da docenti ordinari, cioè da quegli stessi baroni che nella sua propaganda sostiene di combattere. La verità è che la Gelmini non conta un bel niente, come dimostra un emendamento votato alla Camera nei giorni scorsi che, di fatto, la rende subalterna al ministro dell’Economia. Viene sancito per legge. Un fatto senza precedenti e di assai dubbia costituzionalità, visto che i ministri avrebbero pari rango.

Concetta Di Lunardo

|| 13 gennaio 2011 || pagina 12 || www.ucuntu.org ||

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Politica Politica

Lettera a Peppe Drago Disavventure politiche di un notabile della Sicilia profondaDisavventure politiche di un notabile della Sicilia profonda

Caro Peppe,penso che questo sia il momento giusto

per scriverti, ora che i tuoi colleghi depu-tati hanno accettato le tue dimissioni. Un noto detto dice che “gli amici si vedono nel momento del bisogno” e noi anche se amici non siamo vogliamo starti accanto.

Saremmo scorretti con noi stessi se in un momento di difficoltà come il tuo non ti faremmo sentire tutta la nostra solida-rietà. Abbiamo scritto e detto più volte che vogliamo dare voce e spazio agli ulti-mi, alle vittime di ingiustizie, a chi non arriva a fine mese.

E chi più di te rientra in questa triste ca-tegoria? “Resto senza stipendio con due mogli e quattro figli” rispondesti ad Anto-nello Caporale su Repubblica. Abbiamo lanciato una raccolta fondi per te, per ga-rantirti una vita degna. Sappiamo che è difficile vivere con una pensione parla-mentare, proviamo pena.

Come si fa ad arrivare a fine mese? Mica come quei poveri disgraziati dei gio-vani precari che si intascano 300 euro al mese senza nessuna garanzia, senza ma-ternità e ferie. Senza la minima possibilità di programmare un futuro.

Ti hanno incastrato, sei una vittima “di un mostro giuridico”, come ti ami defini-re. Hanno bruciato la tua sgargiante car-riera politica soltanto perché non sapevi che dovevi segnarti quei soldi che hai di-stribuito a destra e a manca con i fondi ri-servati alla presidenza della regione. Tu sostieni che con quei soldi hai fatto bene-ficenza, e noi come possiamo fare a non crederti. Noi abbiamo fiducia in te.

Non crediamo ai giudici (senz’altro ros-si) che hanno scritto nero su bianco che sei riuscito a documentare solo in minima parte l’utilizzo dei 238,5 milioni del fondo

riservato, mentre per il resto hai fornito – così scrivono – “ragioni che non potevano costituire valida giustificazione causale l’imputazione a spese riservate (opere di consulenza varia, rimborsi spese per preparazione dossier o convegni, spese di viaggio, beneficenza, sostegno dell’attività politica personale del Drago)”.

* * *Tu ti sei difeso dicendo “così hanno fat-

to tutti”, ma non è bastato. Anche tu forse – diciamocelo chiaramente – hai esagera-to. Potevi evitare di prevelare quei 100 milioni quando eri già dimissionario. Lì hai un po’ esagerato.

Ma ti perdoniamo anche questo. A te tutto è concesso non come quei “scassa-pagghiara” che si fanno mesi e mesi den-tro per aver rubato quattro gioielli in una casa o per aver guadagnato quattro soldi spacciando.

Non solo i giudici di Palermo ma anche quelli di Modica ti corrono appresso. Ti accusano di associazione a delinquere e concussione. Dicono che probabilmente ti intascavi i soldi dall’ufficio urbanistica e te li dividevi con i tuoi compagnetti di merenda (ex sindaco Piero Torchi com-preso).

Che vitaccia ti fanno fare. Sempre a do-verti difendere da accuse infamanti. E poi è di questi giorni la notizia che i tuoi com-pagnetti (in primis tuo fratello Carmelo e il solito Piero) sono rifiniti nei guai: accu-sati di abuso d’ufficio.

Caro Peppe, tu che vai dicendo in giro che la tua vita è la politica non puoi la-sciare tutto. Non puoi abbandonare la tua città. Noi ti vogliamo sindaco. Nel 2012 quando finirà l’interdizione che ti hanno dato ti sosterremo.

Lo faremo anche economicamente: lan-ceremo la raccolta fondi “Drago Sin-daco”. E siamo sicuri che sarà un succes-sone perché i modicani saranno con te. Anche perché nessuno ha capito che pecu-lato significa rubare. E se il ladro ruba, tu che sei condannato per peculato che cosa sei?

Giorgio RutaIl Clandestino

|| 13 gennaio 2011 || pagina 13 || www.ucuntu.org ||

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In questo Stato In questo Stato

Tre letteredi gennaio

4 gennaio 2011 alle 21:25Buon anno a I Siciliani, e siamo tanti, in-

tesi come capetoste oneste, terruni o pulen-tuni, ma onesti!

Jacopo Zalsburg von Brunich* * *

4 gennaio 2011 alle 08:17...alle persone perbene, spesso

silenziose , che lottano ogni giorno contro la radicata delinquenza di altri, vanno la sti-ma, l’ammirazione e l’affetto di tanti amici sconosciuti. buon anno.

Scarlattinarossa* * *

4 gennaio 2011 alle 00:58Ho “incontrato” Pippo Fava per caso nel-

la storica libreria Sciascia di Caltanissetta , tanti anni fa ,sfogliavo la sua raccolta di in-chieste sulla Sicilia pubblicata in un volu-me dal titolo”I Siciliani”, e rimasi subito affascinato dalla sua scrittura ,dagli argo-menti che trattava e da come li trattava ,e chiesi subito ai miei genitori di acquistare quel libro;tra l’altro fuori dalla libreria c’è tutt’ora uno dei pochi “sciuscià”rimasti e lui mi raccontò di essere stato intervistato proprio da Pippo Fava ,anche se non ho mai trovato l’articolo di riferimento.Comunque ancora oggi continuo a leggere e rileggere questo grande conterraneo , colpevolmente obliato ,e a divulgarlo presso quanta più gente possibile ,che a sua volta viene av-vinta da questa personalità ,da quella sua sicilianità appassionata , poetica ,umanissi-ma , ironica ,sottile ,nonchè dalla sua gran-de lezione di passione civile , di etica ,in definitiva di amore per la vita! Grazie dav-vero al direttore e maestro Pippo Fava e ai “suoi”ragazzi!

calogero casano

Mafia: duebrutte notizie

1) Il ministro della giustizia Alfano e il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Palamara hanno polemizzato perchè mancando i soldi per il funzionamento del sistema informatico del-la giustizia si rischiava la paralisi totale: nemmeno il rilascio di un certificato penale sarebbe stato possibile. Le cifre necessarie erano davvero risibili perchè si trattava di pochi milioni di euro e il ministro le aveva chieste a Tremonti il quale non ha nemme-

no risposto. Poi Alfano ci ha messo una pezza facendo una variazione di bilancio del suo ministero.

Cosa c’entra la mafia? C’entra eccome perchè a più riprese Maroni e Alfano hanno sottolineato l’aumento delle confische dei beni e dei soldi delle cosche e l’istituzione del fondo Unico della Giustizia( FUG) nel quale confluisce il 49% dei soldi confiscati, ripartiti equamente tra i due ministeri. Ma-roni ha fornito cifra mirabolanti: l’1-9-2010 ha detto che erano stati confiscati 2 miliardi e 200 milioni di Euro in denaro contante. Solo che quei soldi in realtà non c’erano perchè, come si fa sempre prendendo in giro gli italiani, i soldi non erano stati con-fiscati ma solamente sequestrati e quindi inutilizzabili fino a confisca avvenuta. La somma mirabolante di Maroni era di 632 milioni di euro e solo il 25% era stato ripar-tito tra i due ministeri e cioè 79 milioni a testa.

Un piccolo imbroglio per rassicurare gli italiani sull’efficacia della lotta alla mafia. Quando, solo, e non mi stancherò mai di ri-peterlo, il 5-6 % dei beni e dei soldi viene effettivamente confiscato e di questi solo il 25 % viene utilizzato. Come si vede le bu-gie hanno le gambe corte.

La cosa più incomprensibile però è il si-lenzio delle opposizioni sul merito del pro-blema. Forse perchè non sono documentate. Ma noi potremmo scrivere delle dispense gratuitamente, ammesso che non vogliano lasciare il monopolio della lotta alla mafia al governo attuale.

2) La seconda notizia è anche più brutta e riguarda la nomina di Formigoni e della Giunta regionale del direttore dell’ASL n. 2 di Milano, una delle più grandi d’Italia, Pietrogino Pezzano, calabrese come me, ma ritratto insieme a due boss di tutto rispetto della Ndrangheta, Saverio Moscato e Can-deloro Polimeno, come documenta l’inda-gine del 13 luglio diretta dalla dottoresse

Bocassini. I nominati nelle ASL lombarde, con una lottizzazione di fronte alla quale i metodi della vecchia DC sarebbero sembra-ti metodi da bambini inesperti , sono stati 45 e Formigoni aveva anticipato che “sa-rebbero stati scelti uomini in sintonia con la Regione”. Se lo dice lui! Secondo l’avvocato Neri, capo della ndrangheta lombarda, quello che ha presieduto la riunione nel centro Falcone e Borsellino di Paderno Dugnano, “Pezzano è uno che si muove bene” e nuota come un pesce nel brodo della politica regionale. Se lo dice Neri che se ne intende non saremo noi a metterlo in dubbio. Speravamo che il caso Chiriaco, il potente direttore sanitario dell’ASL di Pavia, in galera da mese di luglio per concorso in associazione mafiosa, fosse una eccezione dovuta ad un grave errore della giunta Formigoni e del suo assessore regionale. Invece sembra essere un brutto vizietto.

Elio Veltri

Pourles italiensSubject: mobilisons nous en soutien aux révoltes des jeunes contre les régimes ma-fiosi dans le Maghreb

Chers amis, la révolte des jeunes en Tuni-sie et maintenant aussi en Algérie (après celle des années passées au Maroc ... pour ne pas parler d'autres) est très importante ! Maintenant meme les avocats tunisiens sont mobilisé contre le régime mafioso de Ben Ali tout comme les jeeuens algériens qui cherchent à se soustraire à la dictature de la nomenklatura et aux islamistes...

Il est très important qu'en Europe il y ait une mobilisation à soutien de ces révoltes. Que le réseau Terra ainsi que d'autres se mobilisent!

Pour les italiens: voirhttp://www.nena-news.com/?p=5917

Il colpo di statorazzista

La legge 94 del 2009 e le misure con essa coerenti (come la deportazione e reclusione dei migranti giunti in Italia nei lager libici) si configurano come palesemente in contra-sto con la Costituzione della Repubblica Italiana e con la Dichiarazione universale dei diritti umani.

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In questo Stato In questo Stato

L'esistenza nel territorio italiano di veri e propri campi di concentramento, introdotti dalla legge Turco-Napolitano, ribaditi dalla legge Bossi-Fini e confermati nella norma-tiva attualmente in vigore, si configura come palesemente in contrasto con la Co-stituzione della Repubblica Italiana e con la Dichiarazione universale dei diritti umani.

La criminalizzazione di persone non per qualche effettivo reato realmente commes-so ma per la loro mera condizione esisten-ziale, criminalizzazione flagrantemente raz-zista e specificamente nazista, si configura come palesemente in contrasto con la Co-stituzione della Repubblica Italiana e con la Dichiarazione universale dei diritti umani.

La persecuzione razzista così come di-sposta dal coacervo di norme e misure im-poste dal governo attualmente in carica si configura come palesemente in contrasto con la Costituzione della Repubblica Italia-na e con la Dichiarazione universale dei di-ritti umani; è un crimine contro l'umanità; è una scellerata infamia che viola i fonda-menti stessi dello stato di diritto, dell'ordi-namento democratico, della civile convi-venza.

I fatti che abbiamo sommariamente enun-ciato configurano un colpo di stato razzista.

Al colpo di stato razzista occorre opporre le ragioni della legalità democratica, della civiltà giuridica, della solidarietà umana.

Alla flagrante violazione della Costitu-zione della Repubblica Italiana e della Di-chiarazione universale dei diritti umani oc-corre opporre la resistenza nonviolenta dell'umanità.

Al regime hitleriano imposto dal governo in carica nei confronti degli emigranti oc-corre opporre la forza della verità, la legali-tà che salva le vite, l'affermazione della di-gnità e dei diritti umani di tutti gli esseri umani, e quindi di ciascun essere umano.

Le persone partecipanti all'incontrodi formazione alla nonviolenza

al centro sociale "Valle Faul", Viterbo

Se a ViboValentia...

Se a Vibo Valentia fosse stato un migran-te ad uccidere un padre italiano con i suoi quattro figli, avremmo schiere di calabresi con le spranghe per le strade, come un anno fa a Rosarno; giornali e giornalacci con ti-toli a nove colonne; salotti televisivi invasi per giorni con modellini del fienile; il mini-stro dell'interno a pianificare e far eseguire rastrellamenti di massa. Tutti uniti in una

santa alleanza razzista, invece... Invece, si tratta di un "normale" regolamento di conti tra calabresi. E quindi, solo un richiamo in prima e mezza pagina in diciannovesima e domani sparirà dai giornali. Anche da quelli locali, che avranno nuovi morti caldi di giornata a cui dar spazio.

In Calabria c'è una guerra che fa più mor-ti ammazzati cha a Belfast ai tempi della guerra civile. Ma è rimossa dalle cattive co-scienze locali e nazionali, ormai assuefatte e rassegnate alla lacerazione morale, civile e sociale di un pezzo di nazione.

Non è razzismo, anche contro se stessi, questo silenzio? Non è il miglior alleato della mafie?

Pasquale Pugliese

Noi volontaridi quartiereA: [email protected]

Buon giorno carusi e caruse, ieri c'è stato il primo incontro "dei volontari anonimi" così ribattezzato da brunetta (si ruba la cita-zione agli alcolisti anonimi).

Devo dire che c'è stata un'armonia quasi perfetta, abbiamo inauguraro il nuovo anno con un pranzo improvvisato ma completo dall'antipasto al dolce senza un preciso ac-cordo,che sintonia?! eravamo in 14 e abbia-mo iniziato raccontando le nostre esperien-ze ed espresso le nostre idee su come noi viviamo l'essere volontario.

Dono emersi diversi spunti su cui con-frontarci e riflettere, pensando che attraver-so lo scambio d'idee si arrivi senza dubbio ad una crescita, che sicuramente ci darà la possibilità di conoscerci meglio andando oltre una relazione superficiale e permet-tendo una partecipazione più sentita e col-laborativa da parte di ognuno di noi.

Alcuni punti su cui riflettere:- disciplina/autodisciplina

- contaminazione- protagonismo/regole- i doveri del volontario (e i limiti)- confronto con gli anni precedenti- partecipazione dei genitori- ascoltare- cosa vuol dire per noi insegnare?- metodologia- didattica- scambio di valori/crescita- sperimentare/mettersi in gioco- relazione con i ragazzi- trasmettere dei valori (educazione, ri-

spetto, dedizione, socializzazione, apprez-zare la diversità), attraverso le attività di la-boratorio.

Non è un elenco in ordine cronologico nè d'importanza. se qualcuno volesse aggiun-gere qualcosa che sicuramente per distra-zione manca sarebbe come sempre un arric-chimento.

Invito tutti coloro che sono venuti e che per vari motivi non erano presenti a parteci-pare al prossimo pranzo/riunione che sarà fissato martedi 17 gennaio in assemblea.

Vi assicuro che l'atmosfera era ricca di energia e allegria a parte le solite due teste calde(tra cui io e l'innominato) che terremo sotto tisane tranquillanti, gentilmente offer-te da paolo e marcella.

Scherzo. a prestoil compagno claudio

Scacciarei poveri: chil'ha ordinato?

Mi trovo a passare in via Etnea e dò una moneta a un uomo costretto da tempo a chiedere un contributo per poter continuare ad esistere. Subito una ronda di due poliziotti e due soldati si ferma per intimare al “mendicante” di sloggiare: non gli è per-messo chiedere l’elemosina, specialmente nel “salotto buono”, in via Etnea.

Eppure la ronda dovrebbe avere più nobili scopi, come quello di dissuadere con la propria presenza i malintenzionati dal compiere atti di criminalità (furti, scippi, estorsioni, minacce, intimidazioni, ecc.). Non certo quello che cacciare chi chiede qualcosa per riuscire a sbarcare il lunario peraltro, come il signore in questione, con tanto di dignità e compostezza.

Tralascio la mia richiesta al responsabile della ronda di chiarimenti in merito a tale loro inconsueto intervento nei confronti di un cittadino che per evidente necessità era costretto a chiedere un’offerta.

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In questo Stato In questo Stato

Ma non posso che chiedermi, rivolgendo tale dubbio ai superiori di tali militari oltre che al Prefetto e Questore, se tra le compe-tenze delle ronde vi fosse anche quello di cacciare i poveri dai luoghi in cui hanno qualche possibilità di avere qualche euro oppure il comportamento dei quattro milita-ri esula dai loro compiti istituzionali, dun-que commettendo essi stessi un atto di stra-potere.

Alfio LisiCatania

Nel cuoredi Scampia

E' con grande orgoglio che annunciamo a tutti gli amici che l'associazione Vodisca compie 4 anni. 4 lunghi anni di battaglie per ridare dignità ad Antonio Landieri, bat-taglie ancora in corso. Tanto è cambiato da quel giorno in cui decidemmo, giovanissi-mi, di fondare questa splendida realtà.

Oggi le attività della Vodisca Teatro van-no a gonfie vele, la casa editrice Marotta & Cafiero, che gestiamo, continua a crescere e produrre libri e le manifestazioni di Vodi-sca stanno diventando un appuntamento fis-so nel quartiere, dal Memorial al Premio Antonio Landieri, passando per il Coca Cola Killer Party e La Candela Verde.

Sentiamo il bisogno di ringraziare perso-ne per noi fondamentali come le associa-zioni Gridas, Chi Rom e Chi No, il Mam-mut, Il Circolo La Grù, Dream Team e il Centro Hurtado, e poi Libera, Acmos, Itaca, Sermais, NoMafie, il Centro Icaro, SUR, Maria De Marco, Roberta Carlotto, Gaeta-no Di Vaio, Maurizio Braucci, Arrevuoto, la scuola calcio Arci Scampia, i ragazzi di Mondovì, Arona, Cascina Arzilla, Mario Gelardi, Imma Villa, Carlo Cerciello, Nun-zia Schiano, Nico Mucci, Lello Serao, Casa Arcobaleno, il Pappice, Teatro di Legno e tutti gli altri che ci hanno sostenuto.

Siamo carichi, molto carichi per quest'an-no appena iniziato, anno per noi importante e decisivo su tanti fronti, dalla battaglia per Antonio all'apertura della sede. Affrontere-mo numerose difficoltà, ma grazie alle tan-te persone che hanno e ci sostengono, gra-zie a chi crede in noi andremo avanti in questa Italia che dobbiamo cambiare.

E vogliamo ripercorrere insieme a voi i momenti salienti di questo 2010 attraverso una Foto Story che potete qui:http: //www.youtube.com/watch

Vodisca Teatro, [email protected]/

Noi abruzzesiindignatie offesiData: 10 gennaio 2011 17:58Oggetto Abruzzo: offesi e indignati dalle parole di Borghezio

L'europarlamentare leghista si è lasciato andare ad esternazioni gravissime e offensi-ve della dignità delle popolazioni colpite dal terremoto e dell'intero Abruzzo.

Arrabbiati, indignati, offesi. Sono tante le sensazioni che affollano la mente e il cuore dopo aver ascoltato le parole di Borghezio. Un insulto gravissimo a chi ha sofferto sul-la propria pelle una terribile tragedia, e si vede rubato quotidianamente il proprio fu-turo. Parole ancora più gravi considerando che vengono da chi dovrebbe rappresentare l'Italia in un importantissimo consesso in-ternazionale come il Parlamento Europeo.

Borghezio è mai stato nel centro storico del capoluogo abruzzese? Ha visitato le tendopoli? Sa quante persone sono ancora oggi costrette a sopravvivere lontanissime dai propri luoghi d'origine? Ha forse vissu-to sulla sua pelle il post-terremoto e l'emer-genza retta da Bertolaso e dalla Protezione Civile?

La risposta a queste domande è totalmen-te negativa. Borghezio non l'abbiamo visto tra le macerie, non l'abbiamo sentito alzare la voce contro una ricostruzione che non ricostruisce, ma che sta lasciando spazio alla speculazione e persino a personaggi in odor di mafia.

Si domandi Borghezio, al posto di insul-tare i cittadini, perché tutte le opere (persi-no scuole e ponti) inaugurati negli ultimi mesi sono stati tutti ricostruiti da raccolte fondi tedesche, dalla Provincia di Bolzano, da privati o dalla Caritas. Si chieda il per-ché e chieda a chi di dovere perché la rico-

struzione ufficiale, quella di cui si doveva-no interessare le istituzioni, è totalmente ferma e ostaggio di veti contrapposti, di inefficienze e gravissime inadempienze.

Borghezio ignora, o fa finta di ignorare, che una delle prime presenze della crimina-lità organizzata in Abruzzo fu sgominata ol-tre 10 anni dall'inchiesta giudiziaria "Eba-no". Un'inchiesta che colpì un criminoso traffico di rifiuti solidi urbani che finivano nelle cave abbandonate in provincia de L'Aquila. Quei rifiuti provenivano dalla Lombardia.

Nei mesi in cui bisognava dar forza, fi-nanziare, avviare, la ricostruzione non furo-no gli abruzzesi a volere il G8 e le sue im-ponenti, quanto inutili, opere. Non furono i terremotati e gli sfollati a pavoneggiarsi in misere passerelle mentre migliaia di anziani morivano, nell'afoso caldo del luglio 2009, nelle tendopoli. Abbandonati a loro stessi e al loro destino. Non furono i terremotati e gli sfollati a rinchiudersi da soli, sotto un regime militarista e calato dall'alto, nelle tende. Impossibilitati a curare le loro attivi-tà, a progettare la rinascita mentre anche i pasti quotidiani venivano affidati a indu-strie lombarde. Dov'era allora Borghezio?

Dov'era Borghezio mentre le macerie ri-manevano lì, accompagnati dalla quotidia-na litania "non sappiamo dove metterli"? Anche se, nei giorni immediatamente suc-cessivi alla maledetta notte del 6 aprile 2009, prima dell'avvio delle inchieste della magistratura, la rimozione era iniziata.

Quindi in base a cosa Borghezio si per-mette di dileggiare e insultare i terremotati aquilani? Come può definire l'Abruzzo "un peso morto"? Quale distorta e strumentale lettura delle vicende dell'ultimo anno e mezzo l'hanno portato a ciò?

Alessio Di FlorioResponsabile PeaceLink Abruzzo

Ass. Antimafie Rita [email protected]

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Politica Politica

Due opinioni sulla FiatLa prima. La dirigenza della Fiat avanza

la pretesa di una sottomissione feudale dei suoi dipendenti. A quando il ripristino dello jus primae noctis?

Le chiamano relazioni industriali: è la vecchia incessante soverchiante lotta di classe dei ricchi contro i poveri, degli op-pressori contro gli oppressi, degli sfruttatori contro gli sfruttati. Chiamiamo le cose col loro nome.

Le pseudoconsultazioni da cui dovrebbe emergere il libero convincimento e la libera volontà dei lavoratori, pseudoconsultazioni condotte con la pistola padronale appoggia-ta alla tempia di ogni singolo operaio (e delle relative famiglie sovente monored-dito), sono una ignobile farsa.

Il ricatto della dirigenza Fiat è espresso con spudorata secchezza: "O sfruttamento in condizioni servili e precarie, o disoccu-pazione e fame". Questo criminale ricatto va combattuto e respinto.

Va combattuto e respinto non solo dalle sue vittime, che in questa distretta si trovano in una posizione terribilmente sfa-vorita nei concreti rapporti di forza rispetto a un potere che si presenta come dittatoriale e globalizzato; va combattuto e respinto dal popolo italiano, e dalle sue istituzioni democratiche; va combattuto e respinto in

nome della dignità e dei diritti di tutti gli esseri umani, va combattuto e respinto in nome dell'umanità che è una.

Occorre sostenere toto corde le ragioni e la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici che rifiutano di sottomettersi a patti leonini, che rivendicano la propria dignità umana, che combattono la buona battaglia della demo-crazia e della giustizia: la buona battaglia che vale sempre la pena di essere com-battuta, nella quale non devono essere las-ciati soli.

La buona battaglia che è la stessa dell'op-posizione alla guerra assassina, dell'oppos-izione al colpo di stato razzista, dell'oppos-izione al maschilismo femminicida, dell'op-posizione all'irreversibile devastazione della biosfera.

La buona battaglia per i diritti umani di tutti gli esseri umani, la buona battaglia per la salvaguardia della biosfera, la buona battaglia contro ogni violenza.

La seconda. Occorre cessare immediata-mente di produrre automobili con motori a scoppio.

Se autoveicoli vanno ancora prodotti essi devono essere ecologicamente sostenibili e quindi devono esser configurati in modo da essere alimentati da fonti energetiche pulite e rinnovabili, con tecnologie appropriate in

modo da non essere insostenibilmente in-quinanti. Ridurre immediatamente la produzione di automobili è una necessità urgente per l'umanità intera.

È evidente quante e quali conseguenze questo implica. In primo luogo si cessi di foraggiare coi pubblici denari ogni multinazionale la cui produzione confligge con gli interessi e i diritti dell'umanità.

In secondo luogo si imponga ai padroni delle ferriere la riconversione ecologica delle loro produzioni.

In terzo luogo, prima che sia troppo tardi si esca dal modello di mobilità centrato sull'automobilismo privato, sui motori a scoppio, sui combustibili fossili e loro suc-cedanei, e sulle ideologie della potenza e della velocità.

Occorre che l'umanità muova decis-amente verso un'economia e una società nonviolente. Questo passaggio richiede un consapevole urgente cammino di riforme strutturali adeguate e coerenti, in un quadro di comune responsabilità per il bene comune, di democrazia dispiegata e progressiva, di autentica legalità intransigentemente intesa al fine di salvare le vite e garantire e promuovere i diritti di tutti gli esseri umani. Qui e adesso.

Peppe Sini

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Siciliani come noi Siciliani come noi

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