Ucuntu n.74

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240410 www.ucuntu.org - [email protected] Il governo esplode. Bossi, il Caimano, Lombardo, Fini, Bondi, il Miccichè, Ferraù, Sacripante... Forza pupi! E c'è a chi la platea urla: Cioè Gano di Magonza, il paladi no traditore nell'Opera de Pupi. Si gridava, nella Sicilia d'un tempo, al “cattivo” dei western oppure all'”arbitru curnutu” platealmente comprato dall'avversario. A noi, che pure di politica non ci appassioniamo (e men che mai del duello Fini-Berlusconi) un personaggio di questi giorni ricorda irresistibilmente il vecchio “Ganu u traituri”... Vabbe', che se la vedano fra di loro. E quanto a noi... buon 25 aprile! Marescotti/ Morrione/ Mazzeo/ Finocchiaro/ Acquaviva/ Fuoribusta/ Biani L'articolo che non dovevate leggere - a pagina 4 E' tornato Enzo Baldoni – pagina 7 || 24 aprile 2010 || anno III n.74 || www.ucuntu.org || “Ganu di Maganza!”

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il numero del 24 aprile 2010

Transcript of Ucuntu n.74

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240410 www.ucuntu.org - [email protected]

Il governo esplode. Bossi, il Caimano,Lombardo, Fini, Bondi, il Miccichè,Ferraù, Sacripante... Forza pupi!

E c'è a chi la platea urla:

Cioè Gano di Magonza, il paladino traditore nell'Opera de Pupi. Si gridava,

nella Sicilia d'un tempo, al “cattivo” dei western oppure all'”arbitru curnutu”

platealmente comprato dall'avversario. A noi, che pure di politica non ci

appassioniamo (e men che mai del duello Fini-Berlusconi) un personaggio di

questi giorni ricorda irresistibilmente il vecchio “Ganu u traituri”...

Vabbe', che se la vedano fra di loro. E quanto a noi... buon 25 aprile!Marescotti/ Morrione/ Mazzeo/ Finocchiaro/ Acquaviva/ Fuoribusta/ Biani

L'articolo che non dovevate leggere - a pagina 4 E' tornato Enzo Baldoni – pagina 7

|| 24 aprile 2010 || anno III n.74 || www.ucuntu.org ||

“Ganu di Maganza!”

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Guerra e pace Guerra e pace

Gli amici della guerra

Hanno confessato

Hanno confessato di essere scorretti, sleali, bugiardi: i sostenitori di questa guerra ci hanno imbrogliato. Lo hanno di-mostrato in questi lunghi giorni di ridicola propaganda contro Emergency. Loro sì che hanno confessato. E adesso basta con le bugie: la finta "missione di pace" è in mutande. E non va più rifinanziata.

* * *Avevano "confessato" i volontari di

Emergency. Dai media internazionali ar-rivava un messaggio agghiacciante: i volontari di Emergency erano terroristi. Avevano complottato per uccidere. Ma ora la grande menzogna è finita. Nessuna delle prove raccolte ha retto. Il popolo della pace è sceso ieri in piazza a Roma. Il governo

italiano ha vacillato di fronte alla prova della verità. Ora possiamo dire una cosa ragionevole: questa è la guerra delle menzogne. E "infowar": l'informazione programmata al servizio della guerra. Chi fa questa guerra ci somministra informazioni che non possiamo controllare e usa la TV per raccontarci un'altra realtà.

La stessa definizione di "missione di pace" è una menzogna. Ma noi, ancora una volta, non crederemo più a nulla della propaganda di guerra. La vera missione di pace la stava facendo Emergency. Per questo è stata colpita. Ne abbiamo abbastanza di questa costosa farsa: a casa i soldati italiani.

I sostenitori di questa guerra hanno

"confessato" la loro ipocrisia dimostrando nei fatti di essere scorretti, sleali, bugiardi. In questi lunghi giorni di ridicola propaganda contro Emergency abbiamo toccato il senso dell'assurdo. I militari che uccidevano i bambini erano liberi, chi li curava veniva arrestato.

* * *Abbiamo visto per un attimo il mondo

della guerra per il buco della serratura e ne siamo rimasti inorriditi. E adesso basta con le bugie: la finta "missione di pace" è in mutande. E non va più rifinanziata. Scrisse Prevert: “Quelle connerie est la guerre”. Sì, la guerra è proprio una gigantesca fesseria.

Alessandro Marescotti,www.peacelink.it

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“In questa strana terra di Sicilia...” “In questa strana terra di Sicilia...”

Le formichine

“Nessuno è auto-sufficiente, nessuno sa fare tutto, nessuno e nessuna storia vin-cono da soli. Ragio-niamo invece fra noi con fiducia reciproca e su obiettivi concre-ti, in modo aperto e costruttivo, per con-trastare il monopolio di Ciancio e a poco a poco spazzarlo via”. Perché cominciare con queste parole di uno di noi?

Un anno e mezzo fa, alcune testate di base catanesi, telematiche e cartacee, de-cidono di lavorare assieme e di costituir-si nell’associazione “Lavori in corso”.

“La periferica”, “Ucuntu”, “I Cordai” e “Catania Notizie”, ma anche tante per-sone assetate di cambiamenti e di verità s’imbarcano in un progetto che è possi-bile solo se uniti: fare informazione.

Era il gennaio del 2009. Ci siamo det-ti:

- “Facciamo circolare le notizie! Fac-ciamo rete!”

- “Tu cosa sai fare?”- “Allora fallo! Intanto io mi occupo

del web?”- “Io di giudiziaria!”- “Noi raccontiamo storie di quartie-

re.”E siamo partiti.Da allora abbiamo fatto tanti piccoli

passi. Attraverso alcune inchieste abbia-

mo sperimentato forme e metodi diversi di cooperare, cercando di valorizzare le potenzialità di ciascuno. Abbiamo tentato di allargarci. L’anno scorso abbiamo prodotto tre dossier “Mun-nizzopoli - Catania tra rifiuti ed affari”, “Toccata e fuga”e “Case”. Il 7 aprile ab-biamo presentato l’ultimo, i “Privati del-l’acqua”, sulla privatizzazione dell’ac-qua in Sicilia. Un dossier fatto con i ra-gazzi del mensile ragusano “Il Clande-stino” e tanti piccoli gruppi che in Sicilia si battono per l’acqua pubblica.

* * *A Palermo, Ragusa, Modica, Enna,

Agrigento e in tutta la Sicilia è in atto lo stesso processo, a più voci denunciato in oltre 40 pagine: l’acqua è diventato un business troppo grosso, poche persone stanno lucrando su un bene pubblico. Nel dossier si analizzano le gestioni e i metodi adottati, le società sommerse dai debiti, le consorterie e le persone che ci stanno dietro. Ci sono nomi e cognomi

di tutti. Poi ci sono le storie dei comitati che da anni lottano contro la privatizza-zione.

Il 7 aprile sono intervenuti Carlo Ruta, giornalista e curatore di un sito oscurato nel 2004, Sara Giorlando del “Forum ca-tanese per l’acqua pubblica”, Piero Ci-maglia della nostra associazione, Gio-vanni Lonico de “Il Clandestino” e Bar-bara Grimaudo di “Cittadini invisibili” di Palermo. Raccontando luci e ombre del movimento siciliano, Barbara ha concluso così: “In questa nostra strana terra di Sicilia tante piccole formiche sono estremamente determinate a spor-carsi le mani ed a spendersi per la co-struzione di un mondo migliore possibi-le. E non molleremo!”

* * *.Anche noi di “Lavori in corso” non

molleremo, continueremo ad informare perché sapere è un diritto, garanzia di li-bertà e democrazia.

Sonia Giardina

|| 24 aprile 2010 || pagina 03 || www.ucuntu.org ||

“Estremamente determinate a spor“Estremamente determinate a sporcarsi le mani e a spendersicarsi le mani e a spendersiper la coper la costruzione di un mondo migliore, a non mollare”.struzione di un mondo migliore, a non mollare”.

“Perché sapere è un diritto, garanzia di li“Perché sapere è un diritto, garanzia di libertà e democrazia” bertà e democrazia”

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L'articolo che non dovevate leggere L'articolo che non dovevate leggere

“Il serial killerdella memoria

e dell'informazione”

Immersi nelle notizie del braccio di ferro di Gianfranco Fini contro l'asse Berlusconi-Bossi all'interno del Pdl e del governo, ab-biamo sottovalutato in questi giorni l'attac-co che il premier ha rivolto il 16 aprile con-tro le fiction e i libri sulla mafia, accanen-dosi nei confronti di Roberto Saviano e di Gomorra.

Sull'argomento Silvio Berlusconi è recidivo. Già nel novembre scorso, infatti, si era scagliato inaspettatamente contro le storiche serie della Piovra e in generale le fiction televisive sul tema, che a suo dire lederebbero l'immagine del Paese all'estero, arrivando a una sorta di sfogo dell'anima "...strozzerei gli autori della Piovra e chi scrive libri sulla mafia".

La reazione a questa uscita era stata allo-ra vasta, sul piano culturale e della comuni-cazione oltrechè su quello politico. Michele Placido, che nella Piovra era l'indimentica-bile commissario Cattani, gli aveva ironica-mente ricordato che le più note e seguite fiction televisive, dal Capo dei Capi alla vi-cenda di Provenzano, fino alle figure di Falcone e Borsellino, erano state ideate e prodotte da Mediaset...

L'offensiva era poi proseguita il 28 gen-naio al termine del Consiglio dei Ministri a Reggio Calabria, quando alle critiche alle

fiction sulla mafia aveva aggiunto una va-lutazione sull'immigrazione clandestina, so-stenendo che "una riduzione degli extraco-munitari in Italia significa meno forze che vanno a ingrossare le schiere dei criminali".

Ancora una volta la reazione di sdegno era stata ampia: c'era chi aveva sottolineato come la camorra e la 'ndrangheta sono così attente a ingrossare le proprie file con gli extra-comunitari da farne strage a Castel-volturno e da espellerli con la forza a Ro-sarno, dopo averli sfruttati e schiavizzati nei campi...

E infine ecco la nuova sortita di pochi giorni fa, nella quale Berlusconi ha affer-mato che la mafia italiana, pur essendo per potenza solo "la sesta al mondo", è la più conosciuta, proprio per i film, le fiction e i libri che ne hanno parlato, a partire da Go-morra.

Nella stessa conferenza, coadiuvato dai ministri Maroni e Alfano, il presidente del consiglio ha per l'ennesima volta magnifi-cato l'azione del suo governo contro la cri-minalità organizzata, con 500 operazioni di polizia giudiziaria, 5000 arresti di mafiosi, enormi quantità di beni sequestrati, ecc. A questo punto emergono domande allarman-ti, che abbiamo il dovere di estendere ai cit-tadini.

Questa brutale e reiterata offensiva è solo il frutto di una insensibilità e di un'incultura insita nella formazione del personaggio, nella sua vocazione a improvvisare e a stu-pire fino a contraddirsi e a rasentare la schi-zofrenia, di un'incapacità nel valutare i pas-saggi critici del problema e il rapporto cau-sa-effetto fra la realtà e la sua comunicazio-ne ai cittadini, in una visione mercantile avulsa da ogni responsabilità pubblica come da una scala di valori etici e civili?

O è anche un obiettivo freddamente me-ditato, parte di una strategia volta a distrar-re l'opinione pubblica dalla gravità dell'e-spansione criminale, chiamando in causa le connivenze e le responsabilità del governo, estese ormai in gran parte del Meridione al-l'intero schieramento politico, attraverso quel sistema illegale che ha nella corruzio-ne e nel voto di scambio i motori?

E hanno un peso in questo sconcertante approccio di Berlusconi le incognite che gravano nelle inchieste aperte sulle stragi mafiose degli anni '90 e sulla trattativa fra lo Stato e Cosa Nostra che segnò la fine della prima Repubblica, coincidendo con l'ascesa politica di Forza Italia e, anche se non definitivamente provato, con l'avvio stesso delle fortune economiche del Cava-liere?

|| 24 aprile 2010 || pagina 04 || www.ucuntu.org ||

Questo pezzo, del direttore di Liberainformazione (giornalisti antimafia da tutta Italia),Questo pezzo, del direttore di Liberainformazione (giornalisti antimafia da tutta Italia),

forse contiene qualcosa che a qualcuno non è piaciuta, visto che misteriosi “pirati” hannoforse contiene qualcosa che a qualcuno non è piaciuta, visto che misteriosi “pirati” hanno

provveduto a cancellarlo dai siti di Liberainformazione, di Articolo 21, ecc.., menprovveduto a cancellarlo dai siti di Liberainformazione, di Articolo 21, ecc.., mentre mistetre miste--

riosi ladri rubavano di notte i relativi computer. Ma insomma, di che diavolo parlariosi ladri rubavano di notte i relativi computer. Ma insomma, di che diavolo parlava, perva, per

farli incazzare così? Semplice: dei rapporti fra governo e culture mafiose. Ahhh... Vabbe',farli incazzare così? Semplice: dei rapporti fra governo e culture mafiose. Ahhh... Vabbe',

leggeteleggetevelo qui lo stesso, alla faccia dei ladri, dei pirati e soprattutto di chi li pagavelo qui lo stesso, alla faccia dei ladri, dei pirati e soprattutto di chi li paga

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L'articolo che non dovevate leggere L'articolo che non dovevate leggere

Il ruolo di Marcello Dell'Utri nei rapporti con Cosa Nostra, il giudizio pendente in Appello dopo la sua condanna in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, sono oggettivi e inquietanti indizi in questa direzione...

Una cosa è certa: le ripetute sortite contro una comunicazione antimafia che ha segna-to un positivo salto di qualità nella cono-scenza degli italiani di un fenomeno che mina le basi stesse dei diritti e dello svilup-po dell'Italia, richiamano nell'immaginario, ma anche alla ragione, i comportamenti di una sorta di "serial killer".

* * *Killer della memoria , perché il silenzio

sui crimini del passato fa parte di una sotto-cultura mafiosa che ne fa la condizione stessa della propria forza nel presente. Kil-ler della realtà, perché chiama in causa chi denuncia un problema e non il problema in quanto tale, che passa così in secondo pia-no, come prendersela al solito con il dito che indica la luna. Killer della buona infor-mazione, perché si integra ogni volta con capziose e incomplete notizie che nascon-dono dati decisivi di conoscenza.

E'vero che vi sono stati importanti arresti e sequestri di beni mafiosi, ma questo vuol dire soprattutto che il problema è diventato

enorme: visto che gli interessi criminali stanno dilagando in tutt'Italia e nel mondo, e' chiaro che la pur eccellente azione re-pressiva non tocca i gangli vitali e le fortis-sime complicità politiche, imprenditoriali e sociali di cui godono le mafie.

Per non parlare dei Pm che rendono pos-sibili le operazioni di polizia e che al con-tempo vengono attaccati, vilipesi, minac-ciati sul piano legislativo o della mancanza di risorse a cui sono sottoposte le forze in-vestigative, costrette a supplire con l'abne-gazione e un faticoso impegno personale. Killer della libertà e dell'autonomia creativa di tanti autori, scrittori, giornalisti, registi, attori, che dedicano la loro professionalità e l' impegno civile ai fatti e ai protagonisti della realtà, stabilendo con spettatori e let-tori un patto di trasparenza e di lealtà am-piamente ricambiato.

L'insieme di queste "uscite" berlusconia-ne rappresenta infine non solo un più o meno velato desiderio di una sorta di "min-culpop" di impronta fascista, ma per alcuni, come Roberto Saviano o l'autore teatrale Giulio Cavalli, già costretti per la loro de-nuncia a una vita blindata, ulteriore isola-mento e minacce da non sottovalutare.

Roberto Morrione,www.liberainformazione.org

“NOI NON CI FACCIAMOINTIMIDIRE”

Nel giro di pochi giorni si sono ripetuti tentativi di intimidazione nei confronti di Articolo 21 e di Libera Informazione.

Dopo l'incursione notturna di ignoti nella sede di Articolo 21, con il furto di 7 com-puter, gli hackers sono entrati nel sistema informatico di quel sito distruggendo un ar-ticolo di Roberto Morrione sugli attacchi che il Presidente del Consiglio ha mosso contro le fiction e i libri sulla mafia, con ri-ferimento a Gomorra e a Roberto Saviano.

Poi l'aggressione informatica ha colpito il sito di Libera Informazione, avendo ancora di mira esclusivamente quell'editoriale. Al di là della gravità del reato, sorge spontanea la domanda su chi e perché non vuole che si esprima liberamente un'opinione critica su una posizione di Berlusconi che sta su-scitando forti reazioni e sdegno nella socie-tà civile, fra i famigliari delle vittime di mafia e nel mondo della comunicazione.

Su questa sconcertante e violenta aggres-sione Libera Informazione, come già Arti-colo 21, ha inoltrato denuncia alla polizia, chiedendo con fermezza che sia fatta piena luce sugli autori e che sia garantita in con-dizioni di sicurezza la libertà di stampa. Una cosa comunque è certa: noi non ci fac-ciamo intimidire e proseguiremo con tutte le nostre forze e a testa alta nell'impegno per la legalità, contro le mafie, di denuncia delle complicità che a ogni livello ne con-sentono l'espansione.

LiberaLibera Informazione

|| 24 aprile 2010 || pagina 05 || www.ucuntu.org ||

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Sud Sud

Mafia eponte:attentatonumero uno

La trivella si trovava parcheggiata nel quartiere di Cannitello Case Alte, nei pressi della stazione di servizio ovest dell’auto-strada Salerno-Reggio Calabria.

Appena un mese fa il ministero dell’In-terno, la Società Stretto di Messina, il gene-ral contractor “Eurolink” a cui è affidata la progettazione e la costruzione del Ponte, e i sindacati Cgil, Cisl e UIl avevano sotto-scritto un “protocollo di legalità” per preve-nire i tentativi d’infiltrazione da parte della criminalità nei lavori della cosiddetta Va-riante di Cannitello, consistenti nello spo-stamento a monte della stazione e della li-nea ferroviaria per evitare interferenze con i futuri cantieri del Ponte.

Il protocollo prevede l’implementazione di misure di controllo quali la «tracciabilità dei flussi finanziari», la «definizione di una white list delle aziende con i requisiti in re-gola», una «Banca Dati a cui avranno ac-cesso tutti i soggetti istituzionali interessati alle attività di monitoraggio sulle opere e sulle procedure di reclutamento della ma-nodopera».

Il piano per la Variante di Cannitello è stato indicato con sin troppo entusiasmo dal ministro Maroni come «lo scudo che il Go-verno mette in campo per proteggere i can-tieri del Ponte dalla ‘ndrangheta» e «il la-boratorio su cui lavorare per bonificare in via definitiva il settore dei lavori pubblici da appetiti malavitosi».

L’attentato di adesso prova tuttavia che ‘ndrine e cosche non devono essere rimaste particolarmente impressionate dai contenuti delle nuove misure anti-infiltrazione. E co-munque sino ad oggi il Viminale si è guar-dato bene di specificare quando e quali ri-sorse finanziarie verranno messe in campo per rendere operativi gli interventi pro--legalità nella criticissima area dello Stretto di Messina.

I lavori ferroviari di Cannitello, per un valore di circa 26 milioni di euro, sono stati

affidati ad “Eurolink”, l’associazione tem-poranea d’imprese guidata da Impregilo che si è aggiudicata la gara per la realizza-zione del Ponte. Presentati dalla Società Stretto di Messina come «propedeutici» alla costruzione del manufatto, i lavori per la nuova tratta ferroviaria di Cannitello sono stati duramente stigmatizzati dalla Rete No Ponte e da alcune delle maggiori associazioni ambientaliste (Fondo Ambien-te Italia, Italia Nostra, Legambiente, Wwf).

In un documento congiunto, il progetto di variante viene descritto come «estrema-mente schematico e stringato e del tutto inadeguato all’opera che si intende realiz-zare». «Del resto - si aggiunge - i documen-ti progettuali sembrano l’ovvia conseguen-za delle carenze di analisi e di programma-zione territoriale e ambientale che connota-no tutta l’operazione e che è riscontrabile nelle anomalie procedurali».

Per il WWF Italia, in particolare, la “bre-tellina di Cannitello” (appena 1,1 km di li-nea ferroviaria) è «una grottesca rappresen-tazione da cui i cittadini di Calabria e Sici-lia non ne ricaveranno alcun vantaggio, mentre l’aver avocato a Stretto di Messina (SDM) SpA, e quindi al General Contractor “Eurolink” la realizzazione della variante, affidata originariamente (com’era logico) a RFI SpA, quale opera funzionale al ponte, darà al GC, ancor prima dell’approvazione del progetto definitivo, una formidabile arma di ricatto nei confronti dello Stato”.

Secondo il contratto tra la concessionaria pubblica e il general contractor, infatti, dal momento in cui verrà aperto anche un solo cantiere in qualche modo collegato al pon-te, quest’ultimo potrà chiedere, nel caso non venga poi realizzata l’infrastruttura, penali che vanno da un minimo di 390 mi-lioni di euro (10% del valore di aggiudica-zione di gara) ad un massimo di oltre 630 milioni di euro (10% del costo totale del-l’investimento).

Quello odierno non è il primo tentativo da parte delle organizzazioni criminali d’in-serirsi “militarmente” nei sondaggi idro-geologici propedeutici ai lavori del Ponte. Secondo quanto emerso in occasione del processo Olimpia 4, condotto contro alcuni dei gruppi ‘ndranghetisti responsabili di una serie di episodi delittuosi nella provin-cia di Reggio Calabria, a fine anni ’80 il presunto boss di Campo Piale, Ciccio Ra-nieri, avrebbe sottoposto ad estorsione i re-sponsabili della ATP - Giovanni Rodio Spa, la società di Milano incaricata delle trivel-lazioni per gli studi di fattibilità del Ponte. Per questa estorsione, Ciccio Ranieri è stato condannato in appello a tre anni e quattro mesi di reclusione; ad accusarlo, il pentito di mafia Maurizio Marcianò, che ha pure identificato i dirigenti della società che gli avevano versato alcuni milioni di lire.

Un importante collaboratore di giustizia, il messinese Gaetano Costa, a capo della cosca locale durante tutti gli anni ’80, ha inoltre riferito di un incontro tenutosi a Roma intorno all’82-83 tra il suo ex braccio destro Domenico “Mimmo” Cavò, poi as-sassinato, e il boss di Porta Nuova, Pippo Calò, mente economica della mafia e vero e proprio ambasciatore di Cosa Nostra nella capitale.

«Il tramite di quell’incontro fu Michelan-gelo Alfano», ha raccontato Costa. «Si do-veva discutere una questione concernente l’inserimento della mafia nella gestione di alcune somme che dovevano essere stanzia-te per realizzare alcuni sondaggi geologici in vista della possibile realizzazione del Ponte di Messina. Mimmo Cavò mi raccon-tò che grazie sempre alle garanzie di Mi-chelangelo era riuscito ad ottenere la conse-gna di grosse partite di eroina da parte dello stesso Leonardo Greco». Trent’anni dopo, il Ponte mantiene inalterata la sua vocazio-ne criminale e criminogena.

Antonio Mazzeo

|| 24 aprile 2010 || pagina 06 || www.ucuntu.org ||

In attesa del via aiIn attesa del via ai lavori del Ponte, lalavori del Ponte, la

'ndrangheta incendia'ndrangheta incendia la trivella di una dittala trivella di una ditta

palermitanapalermitana incaricata deiincaricata dei

sondaggi geologici asondaggi geologici a Cannitello doveCannitello dove

sorgerà uno dei pilonisorgerà uno dei piloni

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Nostoi Nostoi

BentornatoEnzoAdessosorridi in pace

Poveri resti e una grande anima recupe-rati da carabinieri e agenti segreti in Iraq che hanno pazientemente ricostruito le fasi del suo assassinio. Il Dna studiato da-gli scienziati forensi del Ris conferma, quelle ossa sparse tra la sabbia apparten-gono a quel ficcanaso di Enzo.

"Sì, siamo stati avvertiti e ora abbiamo avuto anche la conferma che quei resti sono quelli di mio marito. Siamo tutti emozionati". Conferma Giusy Bonsigno-re, vedova di Enzo Baldoni. "Sapevamo che ad ucciderlo erano stati quelli dell'E-sercito islamico in Iraq e siamo contenti che siano stati individuati anche gli esecu-tori materiali"

Collega per pochi di noi, Collega per quelli che non si accontentano dei take di agenzia, collega non certamente di quelli che lo hanno diffamato anche da morto.

C’è chi narra la vita e chi la morte.Noi di Articolo 21 vogliamo ricordaarlo

con le parole di uno dei blog, “Balene”, che hanno consentito agli italiani di non dimenticarlo in questi lunghi anni di lim-bo.

“Non c'è niente da fare: quando uno è ficcanaso, è ficcanaso. E' insopprimibil-mente curioso, gli intaeressano i lebbrosi, quelli che vivono nelle fogne, i guerriglie-ri. E poi non gli basta fare il pubblicitario, deve occuparsi anche di critica di fumetti, di traduzioni, di temi civili e perfino di robbe un sacco zen. Ma soprattutto di fic-care il naso dove i governi non vorrebbe-ro: dal Chiapas alle fogne di Bucarest, dallo sterminio dei Karen birmani ai mas-sacri di Timor Est, dal lebbrosario di Ka-laupapa ai dissidenti cubani fino alle mon-

tagne della Colombia dove si annida il più potente esercito guerrigliero del mondo: le Farc...”.

Insomma, come spiegano le agenzie, I resti del corpo di Enzo Baldoni, il freelan-ce rapito il 24 agosto 2004 e ucciso il 27 agosto dello stesso anno a Latifia (Iraq), sono giunti nei giorni scorsi a Roma. Da-gli esami effettuati dal Ris dei carabinieri, in particolare dalla comparazione del pro-filo genotipico, è arrivata la certezza che si tratta proprio del corpo del giornalista assassinato. Non solo, attraverso la colla-borazione dei servizi segreti dell'Aise, i carabinieri del Ros, coordinati dal pool

antiterrorismo della procura di Roma han-no definitivamente individuato gli ese-cutori materiali del sequestro e dell'omici-dio di Baldoni, tutti appartenenti al grup-po "Esercito Islamico in Iraq"

Questa la fredda cronaca. Quel che im-porta. L’impareggiabile narratore di ribelli e umanità afflitta è tornato tra noi. Adesso può ridere in pace di noi, dei nostri timori e delle nostre incongruenze. Enzo ha dato la vita da uomo libero in un mondo di oppressi. Ridi Enzo. Ridi. Bentornato in Italia.

Pino Finocchiaro,www.articolo21.info

|| 24 aprile 2010 || pagina 07 || www.ucuntu.org ||

Enzo Baldoni èEnzo Baldoni è tornato in Italia.tornato in Italia.Col suo stile.Col suo stile.In punta di piedi.In punta di piedi.Con quel sorrisoCon quel sorriso curiosocuriosoriservato a pochiriservato a pochi

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Allegri editori/ 1 Allegri editori/ 1

Ciarrapicoe i pupazzettidi marzapound

Il termometro del cambiamento è l'orga-nizzazione a Roma di un convegno sull'"editoria non conforme" che vede come ospite d'onore nientemeno che l'"onorevole Giuseppe Ciarrapico, editore", dove il titolo di onorevole e quello di editore sono sfog-giati simultaneamente e con orgoglio sul manifesto di presentazione come un segno di modernità che celebra due diversi inte-ressi liberati da qualunque conflitto.

Un teatrino così ce lo aspettiamo dai vec-chi parrucconi della politica, da mamma-lucchi senza passione che non sentono più ribollire il sangue nelle vene per le cose in cui credono, da gente ormai rassegnata al compromesso, abituata a scendere a patti col potere e i potenti, al massimo in qual-che libreria Mondadori. Ma a sorpresa l'al-tare che celebra la trasfigurazione mistica di Ciarrapico è allestito nientemeno che dai giovani e focosi "camerati" di Casapound, il cuore pulsante di quelli che si definisco-no i "fascisti del terzo millennio".

Viene da piangere a vedere come si è ri-dotta gente che aveva come riferimenti cul-turali l'universo fantasy di Tolkien e la poe-sia di D'Annunzio, e che ora celebra come eroi dell'"editoria non conforme" piccoli "berluschini" come Ciarrapico.

E piangendo mi chiedo che speranze ci sono per un paese dove i ragazzi imparano la "non conformità" con il potere dominan-te guardando anziani di 76 anni da sempre organici al potere. che hanno usato i media per costruire e rafforzare i loro feudi priva-ti, in perfetta conformità con l'ecosistema politico ed economico nel quale si sono ri-

tagliati una nicchia di sopravvivenza.Vedere i giovani di destra che si affidano

a Ciarrapico come guida culturale è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: ave-vo appena elaborato il passaggio da De An-drè a Morgan come riferimento musicale dei giovani di sinistra, il primo bocciato dal Vaticano per l'uso musicale dei vangeli apocrifi, il secondo bocciato da Sanremo per l'uso personale di "sostanze rilassanti" tipo cocaina.

Ma non vogliamo essere generici e qua-lunquisti: scendiamo nel merito e soffer-miamoci per un attimo sullo specifico cur-riculum che Wikipedia associa a Ciarrapi-co: gioventù da simpatizzante fascista, poi dc della corrente andreottiana, condannato con sentenze passate in giudicato per fac-cende legate a lavoro minorile, bancarotta, finanziamento illecito ai partiti e perfino persecuzioni a mezzo stampa ai danni di una giornalista che gli stava antipatica. In effetti ce n'è quanto basta per trasformarlo in un eroe del nostro tempo, un perfetto modello della cultura dominante.

Con questa immeritata apparizione misti-ca nei circoli più ribelli della destra giova-nile, Ciarrapico si è conquistato sul campo il titolo di "pupazzetto di marzapound": una marionetta da esibire in pubblico come i pupazzetti di marzapane dei giorni di festa, buoni solo per riempire la pancia nelle tre ore necessarie ad espellerli con una forma materiale più consona al loro valore cultu-rale.

Cari pasticcieri dei pupazzetti di Marza-pound, sul vostro manifesto leggo lo slogan

"dove il confronto è libero", e allora mi di-chiaro pronto a confrontarmi: mi dite che cosa ha detto Ciarrapico di così esaltante in quel dibattito? Sono pronto a rimangiarmi tutto quello che ho detto se si è trasformato nel nuovo D'Annunzio pronto a trascinare folle di giovani sull'onda di un ideale, per quanto stronzo possa essere questo ideale.

In caso contrario, lancio un accorato ap-pello ai dirigenti di Casapound: tirate fuori le palle. Ridateci i vecchi dibattiti, quelli che ci facevano incazzare con posizioni diametralmente opposte alle nostre, quelli dove si intravedeva un barlume di sincera passione anche dietro tesi e iniziative che ci apparivano odiose, quelli dove parlavano persone giovani con gli occhi accesi che ti davano voglia di sfidarli ad una battaglia di idee, e non vecchi potenti, ammuffiti e no-iosi con gli occhi spenti che ti ammosciano la tensione politica togliendoti ogni voglia di combattere per quello in cui credi.

Ma forse avete ragione voi, lasciamo per-dere le battaglie d'idee, l'onestà intellettua-le, le ideologie e altri vecchi orpelli del se-colo scorso. Meglio affidarci agli uomini d'affari, tanto è tutto inutile: a destra, a sini-stra, tra i vecchi e i giovani, nei grandi par-titi e nei piccoli circoli alla fine chi ha ra-gione sono sempre loro: gli "onorevoli edi-tori" seduti sui banchi più alti del parla-mento a farsi i cazzi loro predicando grandi valori ai giovani che hanno lasciato senza futuro mentre nel frattempo devastano il paese. E viva la non conformità.

Ulisse Acquavivawww.mamma.am

|| 24 aprile 2010 || pagina 08 || www.ucuntu.org ||

In piena crisi delle ideologie, Tolkien e D'Annunzio diventano obsoleIn piena crisi delle ideologie, Tolkien e D'Annunzio diventano obsole--

ti: nei centri sociali più a destra perfino Ciarrapico adesso è un rifeti: nei centri sociali più a destra perfino Ciarrapico adesso è un rife--

rimento culturale. Noi lo avevamo detto già da tempo: il problemarimento culturale. Noi lo avevamo detto già da tempo: il problema

con i neo-post-paleofascisti è che non sono più quelli di una volta...con i neo-post-paleofascisti è che non sono più quelli di una volta...

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Allegri editori/ 2 Allegri editori/ 2

“Clandestinolei?Ma mi facciil piacere!”

Che cosa c’è dietro al quotidiano Il Clan-destino? Il giornale vicino ai Minardo, alla ricerca di finanziamenti pubblici, fa suo “Il campanile” di Mastella. Ma questo non ba-sta. E intanto tra dimissioni e scandali loro sono in crisi e noi del “Clandestino” vero, quello libero e giovane di Ragusa, restiamo qua.

“Un direttore del nord e un gruppo edito-riale radicato nel centro sud. Un matrimo-nio originale. Perché un imprenditore di Modica punta sull’editoria e sul web?” “Questa iniziativa dimostra che il Mezzo-giorno può essere motore di innovazione. E investire nella rete e nella buona informa-zione contribuisce alla crescita del Paese”. A fare la domanda è il giornalista Andrea Camaiora e l’imprenditore modicano che risponde alla domanda è Raimondo Minar-do, figlio del noto petroliere Rosario.

“Con il direttore, David Parenzo, e con Caso - continua Minardo - abbiamo un’am-bizione che è parte integrante del nostro dna e della nostra storia: fornire ai lettori italiani un prodotto di qualità”.

Ma stanno parlando di un prodotto che sa tutt’altro che di qualità, anzi alimenta serie perplessità: il quotidiano Il Clandestino. Questo, dopo una pomposa campagna pub-blicitaria, è apparso in edicola il 24 novem-bre. Grandi aspettative, tv in ansia, città tappezzate da manifesti. Ma la qualità di cui parla Minardo è latitante sin dall’inizio.

Facciamo un passo indietro. Tempo fa il gruppo modicano, tramite la Filgest srl, ha acquistato Ergon srl, proprietaria dei mar-chi Ekma, istituto di ricerche e sondaggi, e

Clandestinoweb. Così facendo i Minardo, hanno rafforzato la loro presenza nel campo dell’informazione. Infatti, tra le loro mani possiamo contare: l’emittente locale Video Regione, Blue Tv; giornali on line come Il-giornalediRagusa, di Siracusa e di Gela; ol-tre a riviste come Dodici.

Ma forse il bottino sembrava ancora ma-gro. Infatti, il quotidiano Il Clandestino na-sce come seguito del sito ilclandestino-web.com, animato dai fratelli Luigi e Am-brogio Crespi, e viene fuori da un accordo tra il gruppo modicano e l’editore Fabio Caso. Il primo direttore è David Parenzo, supportato da Pierluigi Diaco, collaboratore di Sky, il Foglio, Libero e altro ancora.

I dubbi che suscita questa nuova iniziati-va editoriale sono molti. Infatti, l’editore Caso ha acquistato il giornale di partito del-l’Udeur, edito dalla cooperativa “Il Campa-nile nuovo”, che ha percepito nel 2008 1,15 milioni di finanziamento pubblico. Questo è confermato anche per il 2009. E se il nuo-vo Il Clandestino si dimostra sin dall’inizio in difficoltà, dato lo scarso successo, quale miglior modo per fare cassa?

Ma non finisce qui, infatti, per avere di-ritto ai fondi pubblici, il giornale dovrebbe appartenere ad una cooperativa. Invece, sembra che il giornale sia ancora edito da “Datamedia”, e i giornalisti non facciano parte di nessuna cooperativa da quanto dice, sul CorrierediRagusa.it, Antonio Di Raimondo, in un articolo apparso il 20 feb-braio. Stupiti? Ce n’è ancora. Caso ha di-chiarato una tiratura di 25 mila copie ma misteriosamente Il Clandestino è difficil-

mente trovabile nell’edicole. Cosa signifi-ca? Malignamente si potrebbe pensare che il giornale sia nato per intascare soldi pub-blici, o se vogliamo pensare bene potrem-mo dire che l’acquisto della cooperativa “Il Campanile nuovo” di Mastella sia stato uno stratagemma per non fallire. Dubbi venuti prima di noi al giornalista del Fatto Alfredo Faieta, che il 19 febbraio, ha narrato di tra-scorsi editoriali poco edificanti di Caso. La famiglia Caso ha minacciato querela, che però finora sembra non essere arrivata.

Concedeteci una soddisfazione, noi non abbiamo ancora cambiato, in un anno di vita, direttore. Loro vantano il triste record di due in tre mesi: David Parenzo e Pierlui-gi Diaco. Non si sanno i motivi di queste dimissioni, ma forse si possono intuire.

E intanto pure i fratelli Crespi abbandono il carro. Ambrogio, anima del sito ilclande-stinoweb, tiene a precisare, il 16 marzo, che “deve essere chiaro che io non ho più nien-te da spartire con questo progetto, non si tratta di una presa di distanza con la reda-zione e il direttore che hanno svolto un egregio lavoro in condizioni oggettivamen-te di difficoltà, ma bensì di una secca e de-cisa presa di distanza dall’editore Fabio Caso. Una presa di distanza dai suoi metodi di gestione”. Alla fine, arriva la Finanza e fa piazza pulita di tutto quanto.

Insomma il prodotto di qualità di cui par-lava Minardo dov'è mai stato? A noi sembra tutta una bella presa in giro. Ascoltateci: comprate il vero Clandestino. Il nostro...

Giorgio Ruta,Redazione Il Clandestino (Ragusa)

|| 24 aprile 2010 || pagina 09 || www.ucuntu.org ||

“Il Clandestino” è un giornale libero di Ragusa, fatto da un gruppo di“Il Clandestino” è un giornale libero di Ragusa, fatto da un gruppo di

ragazzi impegnati nel sociale. Improvvisamente a Roma è venuto fuoragazzi impegnati nel sociale. Improvvisamente a Roma è venuto fuo--

ri un altro “Clandestino”, un quotidiano con un sacco di soldi e padrori un altro “Clandestino”, un quotidiano con un sacco di soldi e padro--

ni “importanti”. Che confusione, direte voi. Già. Però a un certo puntoni “importanti”. Che confusione, direte voi. Già. Però a un certo punto

al “Clandestino” numero due (quello “copiato”) è successo che... al “Clandestino” numero due (quello “copiato”) è successo che...

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Schegge di storia siciliana Schegge di storia siciliana

La rivolta, l'incendio,don Calò

e una mamma siciliana

IL SETTE E MEZZO

Le famose gocce che fecero traboccare il vaso furono l’abolizione della festa di S. Rosalia e l’introduzione del monopolio sui tabacchi e allora nella notte tra il 15 e il16 settembre 1866 piombarono su Palermo tremila e più uomini provenienti dalla cam-pagna.Erano guidati dagli stessi volontari che era-no stati con Garibaldi nel 1860. Sollevaro-no una folla di 30, 40 mila palermitani, esausti per le disastrose condizioni econo-miche, per la feroce pressione fiscale e po-liziesca della Destra, nel contesto nazionale della fallimentare conduzione della terza guerra d’indipendenza a causa delle scon-fitte per terra a Custoza e per mare a Lissa.I rivoltosi tennero in scacco per sette giorni e mezzo le forze al comando del generale Cadorna che con 40.000 uomini riconqui-stò casa dopo casa, via dopo via, quartiere dopo quartiere, il controllo dell’intera città, presa pure a cannonate dalla flotta.Si contarono, alla fine, circa duecento ca-duti tra i soldati di Cadorna, non si contaro-no quelli tra i rivoltosi e tra la popolazione civile, o meglio, non si volle contarli. Furo-no migliaia, secondo gli storici, i caduti e migliaia quelli passati per le armi.La rivolta del 1866 rappresentò l’ultimo ri-gurgito rivoluzionario delle componenti or-mai isolate, solitarie, disperate dei demo-

cratici, repubblicani, garibaldini e mazzi-niani della prima ora.“… fu un evento annunciato da prima, nel-la tradizione ormai consolidata del cartello di sfida lanciato dalla popolazione palermi-tana ai poteri costituiti. Ma annunciata so-prattutto in quanto in essa si coagulano tutti i problemi di un equilibrio di potere non ri-solto nel 1860”. (Brancati, Muscetta, La letteratura sulla mafia, Roma, Bonacci, 1988)Le cause vere e profonde del moto si ricon-ducono alla mancata distribuzione delle ter-re demaniali ed ecclesiastiche, all’insoste-nibilità dei provvedimenti di ammonimento e di confino, alle conseguenze della leva obbligatoria, alla diffusione della renitenza e al riflusso nelle bande brigantesche e al-l’introduzione della carta moneta che causò il panico, la svalutazione della moneta e la riduzione del potere d’acquisto. Altro che sigari e Festino!

FUOCO A PALAZZO ELEFANTI

A Catania da qualche giorno i postini con-segnavano le “cartoline rosa” del richiamo alle armi per tutti i ragazzi nati nel 1922, 1923 e nei primi mesi del 1924. La prote-sta, la rabbia ed il rifiuto di partire scoppia-rono come a Catania, anche a Ragusa, Co-miso, Giarratana, Messina ed in tante altre città. (Cfr “scheggia” n. 14)

La rivolta del “non si parte” si alimentò a causa del blocco totale delle attività produt-tive, commerciali, dei servizi; la disperazio-ne portava la gente affamata a manifestare ogni giorno per le strade.La mattina del 14 dicembre 1944 il giovane artigiano Antonino Spampinato rimase a terra, colpito a morte da un ordigno esplo-sivo, che, fuori di metafora, provocò una terribile esplosione in tutta la città: l’ufficio leva fu incendiato, distrutta la sede del Banco di Sicilia e saccheggiato e distrutto il Palazzo degli Elefanti.L’attacco al Palazzo iniziò intorno alle 15,30 e il Sindaco Carlo Ardizzone, infor-mato dal Segretario Generale che le cose si stavano mettendo male, se la squagliò dal-l’uscita posteriore seguito dal Comandante dei Vigili Urbani, colonnello Pietro Musu-meci, dai vigili urbani in servizio, da consi-glieri ed assessori. La forza pubblica intervenne soltanto nel tardo pomeriggio, i vigili del fuoco domarono l’incendio a tarda sera sui resti di un Palazzo devastato.Il Prefetto Florindo Giammichele fu esone-rato in tronco con un telegramma e ne morì di crepacuore. Anche il questore Giuffrè fu esonerato, ma lui se ne fece una ragione.Palazzo degli Elefanti tornò ad essere la Casa municipale il 14 dicembre 1952, esat-tamente otto anni dopo quel 14 dicembre 1944, un giorno tra i più tristi della storia di Catania.

|| 24 aprile 2010 || pagina 10 || www.ucuntu.org ||

”Cari tutti, a causa dello squallore di questo periodo preferisco rifarmi alla Storia e quindi”Cari tutti, a causa dello squallore di questo periodo preferisco rifarmi alla Storia e quindi avrò il piacere di inviarvi settimanalmente schegge di storia siciliana. Croce diceva che laavrò il piacere di inviarvi settimanalmente schegge di storia siciliana. Croce diceva che la Storia è viva e la cronaca è morta, e aveva ragione. La cronaca vale un giorno, mentre laStoria è viva e la cronaca è morta, e aveva ragione. La cronaca vale un giorno, mentre la storia vale sempre...”. Così l'autore, che è un vecchio militante del movimento antistoria vale sempre...”. Così l'autore, che è un vecchio militante del movimento anti--mafia: ma forse non siamo d'accordo. La storia è un insieme di cronache di tante persomafia: ma forse non siamo d'accordo. La storia è un insieme di cronache di tante perso--ne comuni. E tutte le cose diventano anch'esse storia, prima o poi. Comunne comuni. E tutte le cose diventano anch'esse storia, prima o poi. Comunque, ecco leque, ecco le storie che Elio Camilleri sta facendo girare per l'internet. Antiche e attualisstorie che Elio Camilleri sta facendo girare per l'internet. Antiche e attualissime, siciliane sime, siciliane

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Schegge di storia siciliana Schegge di storia siciliana

LA MAFIA INDIPENDENTISTA

Prima di andare alla riunione Don Calò Vizzini era passato dalla piazzetta sul por-ticciolo di Mondello e aveva nei denti, nel palato e nella lingua il nero delle seppie e negli occhi il monte Pellegrino, l’Addaura e il liberty del Charleston.Nella villa di don Lucio Tasca, sindaco di Palermo, trovò il gotha dell’indipendenti-smo siciliano: Andrea Finocchiaro Aprile quasi sempre nel posto giusto al momento giusto, Antonino Varvaro su posizioni defi-nite di sinistra.Adocchiò una poltrona e vi lasciò cadere la sua abbondante corporatura dopo avere poggiato su un tavolinetto davanti a lui la pistola che aveva sfilato dalla cintura.Il gesto fu interpretato come una sorta d’in-timidazione, ma don Calò con un gran sor-riso rassicurò tutti: “Sulla pancia mi dà fa-stidio quando sono seduto”.Ma il bello doveva ancora venire! Quando Antonino Varvaro fece notare che tra gli in-dipendentisti della zona di Caltanissetta non figurava il nome di don Calò Vizzini, ancora una volta, l’ineffabile capo della mafia con un tono tra l’intollerante e l’infa-stidito ribatté: “Perché non pensa, piuttosto, agli iscritti di domani? In qualunque mo-mento, se sarà necessario, io faccio un cen-no e un’ora dopo tutte le Camere del Lavo-ro della provincia sono bruciate. Queste

sono le tessere che porto io”.Andò così, almeno fino a quando a don Calò Vizzini l’indipendentismo poteva far comodo; quando poi il movimento indipen-dentista si esaurì cercò e trovò porte aperte nella casa della Democrazia Cristiana, cri-stiano conforto tra arcivescovi e cardinali, oscuri contatti con i peggiori nostalgici del fascismo, con pezzi d’america particolar-mente interessati a certi pezzi di Sicilia.Comunque don Calò Vizzini tornò ancora nella piazzetta sul porticciolo di Mondello; nei denti, nel palato e nella lingua il nero delle seppie e negli occhi il monte Pellegri-no, l’Addaura e il liberty del Charleston.

LA MAMMA DI TURI

Francesca Serio aveva 18 anni e si trovò con un piccino appena nato e senza marito, abitava tra le montagne dei Nebrodi e an-che quell’anno seguì i suoi fratelli in quelle migrazioni stagionali per la raccolta delle olive. Capitò a Sciara e, pur sfiancata dalle fatiche dei campi tirò su il piccolo Salvato-re (Turi) Carnevale.Ai paesani intrigava alquanto quella ragaz-za senza marito e con quel bambino, ma Francesca Serio non era certo il tipo di ab-battersi per le dicerie, i commenti maligni e i pettegolezzi rivolti ingiustamente sulla sua persona.Quando Turi, ragazzo e poi soldato e poi

contadino non sopportò più i soprusi dei gabelloti della principessa Notarbartolo e si mise in testa che anche a Sciara bisognava applicare i Decreti Gullo sulla assegnazio-ne alle cooperative contadine delle terre in-colte e sulla diversa e più equa ripartizione del raccolto, la mamma avvertì tutto il peri-colo che cominciò a incombere su Turi.Lei stessa tenne botta alle minacce, alle in-timidazioni che il boss del paese le rivolge-va, ma ritenne di continuare a votare per la DC quando Turi già aveva aperto la sezione del PSI. “Tanto tu resterai sempre la madre di un socialista” le disse Turi a mò di rim-provero.Fu lei, però, a richiamarlo a Sciara quando avvertì che i contadini senza Turi erano persi, sbandati, impotenti. Lui tornò dalla Toscana e si mise a loro totale disposizione contro gli uomini della principessa e contro quelli della ferrovia per difendere diritti contadini ed operai.Francesca Serio adesso aveva fatto anche sua la battaglia che il figlio stava combat-tendo e per la quale sarebbe stato ucciso e quando lo uccisero volle reagire con tutte le forze al disorientamento, al dolore, alla paura e già, avvolgendo la bara con la ban-diera rossa, dimostrò tutta la volontà e la determinazione nella sfida contro la mafia. “Matri ti sugnu e cumpagna sincera!” ( Ignazio Buttita, Lamento per la morte di Turi Carnevale)

|| 24 aprile 2010 || pagina 11 || www.ucuntu.org ||

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Satira Satira

TOTO' Fight clan

Il protagonista è

Giuseppe, un agente di scorta, un appuntato dalla

carriera promettente. Lo scortato è un ex

presidente di Regione, Totò Smack and Clean,

molto amato e molto ricercato. Purtroppo,

alcune infelici amicizie del passato hanno portato

l’ex governatore a essere condannato a sette anni

per favoreggiamento della mafia. Giuseppe, vive così

un forte conflitto interiore. Deve proteggere il suo capo da possibili attentati

mafiosi, ma allo stesso tempo lo accompagna ogni giorno alle udienze in cui è accusato di concorso esterno in

associazione mafiosa. Un giorno Giuseppe capisce che se veramente l’ex governatore fosse un amico degli amici,

spetterebbe a lui difenderlo… da se stesso.

Questo dilemma morale spinge l’appuntato sul pericolosissimo crinale di uno psicothriller, in cui il confine

tra bene e male, tra vittima e carnefice, tra amici e nemici si confonde in continuazione.

Giuseppe, nel tentativo di salvare lavoro e morale, nella

speranza di dare una coerenza a tutto, prende a sorvegliare i bracci destri dell’ex presidente. E tra questi pericolosi

bracci destri, c’è lui stesso.

Giuseppe comincia a pedinarsi, a controllare i propri

conti bancari, a prendere informazioni su sè stesso. In un momento di distrazione, inserisce una microspia nella

tasca del proprio giubbotto.

Sono tante le notti insonni passate ad ascoltare le sue conversazioni telefoniche con l’ex governatore, in cerca di

un possibile indizio che lo porti a sventare un progetto d’attentato ai danni del suo protetto. Ma Totò non si

sbilancia. Difficile trovarlo a parlar male di se stesso. O è un genio, o è innocente. Giuseppe si avvia dunque verso la

pazzia. Se lo stato ha assegnato la scorta a Totò, vuol dire che rischia veramente la vita. E se lo stesso stato lo ha

condannato a 7 anni, non c’è dubbio che si tratta di un uomo pericoloso.

La matassa si ingarbuglia ancora di più quando Giuseppe

trova un cannolo smangiucchiato dentro la sua cassetta della posta. È se fosse lui, adesso, al centro del mirino? E se

fosse un avvertimento della serie “ti squagliamo nella ricotta”? E se invece le sue fossero soltanto allucinazioni

paranoidi?

Il finale, degno dei migliori fantathriller degli ultimi decenni, non possiamo svelarvelo. Vi toglieremmo il gusto.

E soprattutto lo toglieremmo all’ex governatore.

Hanno detto di questo film:“Quando Fight Clan inizia, è impossibile alzarsi dal

divano. Ma anche dopo”. Giuliano Ferrara

“Nonostante sia un esordiente, questo regista si conferma

un maestro del cinema”. Walter Veltroni

“Dall’inizio dell’anno abbiamo arrestato un mafioso a pasto”. Bobo Maroni

“Porcoddue, avevo promesso a Cinzia di prendere quello

con Brad Pitt”. Gianni er Pizzettaro

“Questo film è un pizzicotto all’interno-coscia della mafia. Comunque, anche io ho la scorta”. Roberto

Saviano

www.fuoribusta.com

|| 24 aprile 2010 || pagina 12 || www.ucuntu.org ||

Un film che vi inchioderà Un film che vi inchioderà alla poltrona. Una pellicolaalla poltrona. Una pellicola

surreale e nevrotica, tratta dasurreale e nevrotica, tratta da una storia vera, girata quasiuna storia vera, girata quasi

esclusivamente in interni esclusivamente in interni di lussuose auto blindate, dovedi lussuose auto blindate, dove

ogni vano portaoggettiogni vano portaoggetti rappresenta un’insidiarappresenta un’insidia

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25 Aprile 25 Aprile

Donnelibere

IERIPARTIGIANE

Negli anni del fasci-smo e dell’occupazio-ne nazista vi furono donne che lasciarono le proprie case, i pro-pri figli e si unirono alla lotta partigiana. Quella lotta armata è stata combattuta tra i boschi e le montagne, ma anche con gesti meno eclatanti, ma importantissimi, ai quali le donne, nasco-ste dietro la loro con-dizione femminile, si sono dedicate per libe-rarci dal nazifascismo, pagando anche con la vita. Ne presentiamo tre storie.

Mimma Bandiera. Prima fra le donne bo-lognesi a impugnare le armi per la lotta nel nome della libertà, si batté sempre con co-raggio. Catturata in combattimento dalle SS, sottoposta a feroci torture, non disse una parola che potesse compromettere i compagni. Dopo essere stata accecata fu barbaramente trucidata e il corpo lasciato sulla pubblica via.

Renata Agostini Pizzino durante l'occu-pazione nazifascista, prese parte alla lotta clandestina con generosità e passione.

Dopo la Liberazione, lo stresso entusia-smo lo mise nell'organizzazione dell'acco-glienza agli ex deportati, sopravvissuti ai campi nazisti. Avvalendosi del determi-nante apporto della “Compagnia unica”dei

portuali genovesi, avviò poi la straordina-ria esperienza di “Villa Perla”.

Cecilia Deganutti prese parte alla Resi-stenza, militando nelle Brigate "Osoppo-Friuli". Asolse coraggiosamente rischiosi compiti informativi, operando a Udine. Catturata dai tedeschi ad Udine seppe resi-stere alle più atroci torture delle SS. Finì rinchiusa nella famigerata Risiera di San Sabba. Qui a poche settimane dalla Libera-zione, fu uccisa e bruciata nel forno cre-matorio.

Cinzia Abramo

OGGIPRECARIE

Un passo avanti e dieci indietro, questa è la sensazione che sento sottopelle, da in-segnante “precaria”, oggi. Ma perché no-ialtri ci chiamiamo (e ci chiamano) inse-gnanti precari?

“Precario”assume nella terminologia co-mune una connotazione quasi di disprezzo, come per qualcosa di infelice. Invece noi abbiamo fatto un percorso di studi lun-ghissimo e paziente: lauree, concorsi, spe-cializzazioni; invece sembra che civenga fatto un favore a metterci nelle graduatorie o che siamo addirittura “fortunati” quando veniamo assunti nelle scuole.

Ma gli insegnanti, precari e no, conti-nuano a resistere, vogliono comunque svolgere il loro ruolo di educatori, liberare anime e menti, trasmettere valori e sapere! I valori della Costituzione, innanzitutto: la libertà, la civiltà, la tolleranza.

E mentre tentiamo faticosamente, giorno dopo giorno, di portare avanti questo lavo-ro alla Don Milani, c’è chi parla di pro-duttività nella scuola.

Produttività? Ma l'educazione ha per-corsi lunghissimi, l'educazione degli esseri umani non è un'azienda. Le servono conti-nuità didattica e stabilità. Non produce delle merci da spendere a comando qui e ora.

Per noi insegnanti la precarietà non con-siste solo nellinsicurezza del lavoro, ma anche nella “precaria” ricaduta delle pro-prie azioni educative, soprattutto nei con-testi più difficili, come le cosiddette “aree a rischio.

Ma alla fine, che importa? In questa Ita-lia così “flessibile” nelle strutture e nei va-lori, noi nsegnanti precari continuiamo a resistere ancora. Abbiamo una missione da svolgere. E la svolgiamo.

Raffaella Carrara

|| 24 aprile 2010 || pagina 13 || www.ucuntu.org ||

Al tempo del Duce. E al tempo della Gelmini...Al tempo del Duce. E al tempo della Gelmini...

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25 Aprile 25 Aprile

La Costituzioneperduta

Il 25 aprile di quest'anno arriva in un paese inquieto turbato da eventi che ne hanno minato l'unità e la coesione. Non credo sia opportuna una celebrazione unita-ria mettendoci dentro tutti anche coloro che non si sono mai riconosciuti e non si rico-noscono nei valori espressi dalla Resistenza e racchiusi nella Costituzione. Le forze che fecero il 25 aprile sono state sconfitte e sono diventate minoritarie e in preda al di-sorientamento ed a vere e proprie crisi di identità.

Il coacervo di forze antiresistenziali oggi maggioranza pretende riforme con cui cancel-lare i tratti fondamenta-li della democrazia ita-liana.

Una forza cresciuta come un tumore nel Nord del Paese, con una lucida strategia se-cessionistica, usa la sua presenza nel governo per accumulare potere e sottrarre risorse al Mezzogiorno d'Italia, risorse che alimentano enormi clientele eletto-rali del Nord. Ora go-verna il Veneto ed il Piemonte e ha già mes-so l'ipoteca su Milano. Chiede le Banche del Nord come compenso all'appoggio "leale" dato a Berlusconi

Il controllo leghista del Nord coincide con una decadenza dei di-ritti di cittadinanza. Nelle zone controllate

dalla lega se non si è un elettore di Bossi si hanno minori diritti nella fruizione dei servizi della pubblica amministrazione. Siamo al punto che viene negata la sepoltura ai musulmani e si invoca l'espulsione di tutti i meridionali a cominciare dalle scuole e dalla magistratura.

Queste forze di rottura dell'unità naziona-le non operano soltanto dentro il Nord ma controllano, assieme a Berlusconi ed agli

ex fascisti il Paese. Realizzano politiche e riforme che discriminano e colpiscono gli stranieri, i lavoratori, la scuola, il Sud.

Quest'anno spariranno altri 40 mila inse-gnanti. Con le nuove leggi sul lavoro si rea-lizzeranno strumenti di espulsione dalle aziende che permetteranno alle imprese di selezionare la manod'opera anche su base etnica. L'abolizione dell'art.18 si iscrive nel disegno di razzismo regionale dal momento che priverà di difese i lavoratori in atto oc-cupati.

La principale forza politica che dovrebbe garantire la difesa della Costituzione è in preda ad una schizzofrenia che ne distrugge l'identità. Finirà con il partecipare, come sollecita il Capo dello stato,alle riforme che vuole la destra italiana.

L'Italia perderà i suoi presidi democrati-ci: la Corte Costituzionale e la Magistratu-ra. Il Parlamento è già stato ridotto a mero orpello del Governo. La sinistra vi è stata esclusa con un colpo di mano bipartisan. Il PD ha fatto proprie le politiche leghiste law end order con due leggi sulla "sicurezza" che hanno stravolto il diritto.

L'Italia ha lagers per stranieri tra i più immondi del pianeta forse non molto al di-sopra di quelli della Libia e carceri popola-te in gran parte da stranieri dove il suicidio è quasi un evento quotidiano.

Bisogna fare di questo 25 aprile una gior-nata non di festa ma di lutto. Lutto per la li-bertà e la democrazia perdute, lutto per le leggi che rendono penosa la condizione dei lavoratori e che hanno il consenso di tutta l'Oligarchia, lutto per leggi elettorali che privato la cittadinanza del diritto di elegge-re i suoi rappresentanti, lutto per le riforme prossime venture che ci faranno rimpiange-re financo lo Stato Umbertino.

Pietro Ancona

|| 24 aprile 2010 || pagina 14 || www.ucuntu.org ||

Partecipiamo alle manifestazioni con una fascia nera di lutto al braccioPartecipiamo alle manifestazioni con una fascia nera di lutto al braccio

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25 Aprile 25 Aprile

Vecchiae nuova

Resistenza

Anche quest’anno si sono avviati i prepa-rativi per la Festa della Liberazione del 25 Aprile, data fondamentale per la costituzio-ne della Repubblica Italiana. È il 65° anni-versario della lotta di Resistenza che si conclude con la vittoria Partigiana e Popo-lare contro i nazifasciti. Lotta che ha pro-dotto circa 44.700 caduti (in combattimento o uccisi a seguito della cattura).

Claudio Longhitano responsabile del-l’ANPI di Catania presenta l’organizzazio-ne della Festa:

- lunedì 19 cena sociale al Nievski; nell’occasione verrà presentato il libro su Francesco Borghese, importante figura dell’antifascismo catanese;

- sabato 24 presso l’aula della Provincia ci sarà la com-memorazione del 65° anniversario dell’uccisione del professore Salanitro che pagò il suo antifascismo subendo l’espulsione dall’istituto Cutelli e trasferito in un campo di concentramento nazista dove venne ucciso il 24 Aprile del 1945 nel lager di Matausen”.

Claudio Longhitano continua: “Nel 2006 il Consiglio Provinciale ha dato il nome all’aula consiliare di Carmelo Salanitro, ma nonostante siano passati 4 anni ancora non è stata posta la targa di intesta-zione alla sala. L’ANPI si è incontrata con il presidente Castiglione e questi non ha dato una giustificazione, tergiver-sando e dando delle risposte vaghe. Infine l’associazione dei Partigiani ha sollecitato la partecipazione dell’alta carica

provinciale alla commemorazione del 24 Aprile, ma nessuno si è degnato di dare una risposta. Comunque l’ANPI, l’ANED e la CGIL hanno prenotato ugualmente la sala consiliare e saranno presenti Nunzio De Francesco e Maria Salanitro Scavuzzo e due insegnanti dell’istituto Cutelli organizzatrici del premio Salanitro;

- domenica 25 Aprile ci sarà il tradiziona-le corteo.”

“La prima forma di resistenza – dice an-cora Claudio - compare quando lo Stato si

avviava verso la dittatura e si conclude con la lotta armata, adesso che abbiamo conqui-stato la democrazia dobbiamo difenderla e custodirla con altre forme di lotta.”

Ha proprio ragione Claudio, adesso si fa Resistenza in modo diverso. Resiste l'Ex-peria, che svolgeva gratuitamente attività sociali nel quartiere Antico Corso Resiste il centro Iqbal Masih a Librino da più di 15 anni, effettuando sostegno scolastico ed at-tività sportive nel disagiato quartiere di Ca-tania grazie a giovani volontari.

Resistono le mamme degli studenti e gli insegnanti della scuola media Andrea Do-ria, istituto che svolge attività formative che incidono enormemente alla giusta cre-scita degli abitanti di San Cristoforo, ribel-landosi alla chiusura forzata della sede sco-lastica perché il comune di Catania intende risparmiare togliendo l’ultimo baluardo di democrazia nell’abbandonato quartiere.

Resiste il GAPA, associazione di volon-tariato, che realizza gratuitamente attività di doposcuola, palestra, danza, teatro, in-formatizzazione, pittura ed argilla nello stesso quartiere di San Cristoforo. Malgra-do lo sfratto effettuato nel 2001 dall’ammi-nistrazione comunale, questa associazione ha continuato a lottare riorganizzandosi e riprendendo le attività.

Oggi coloro che ci governano, dal Parla-mento al Comune, malgrado i tentativi di distruggere la Costituzione trovano negli italiani una nuova resistenza, persone che non si rassegnano a subire questi abusi. Credo che questi governanti 70 anni fa non si sarebbero schierati con la Resistenza ed avrebbero realizzato una costituzione molta diversa da quella attuata. Una Costituzione che tutto il mondo prende come esempio di democrazia.

Paolo Parisi,I Cordai

|| 24 aprile 2010 || pagina 15 || www.ucuntu.org ||

Adesso che abbiamo conquistato la democraziaAdesso che abbiamo conquistato la democraziadobbiamo difenderla e custodirla con altre forme di lottadobbiamo difenderla e custodirla con altre forme di lotta

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25 Aprile 25 Aprile UN VOLANTINO

La Resistenzache cos'è"Non rompere le scatole al tuo padrone. Non parlare di mafia. Non chiedere i soldi che ti spettano. Non dire mai "i miei diritti". Perché tu di diritti non ne hai. Tu non conti niente. Tu non sei nessuno".Te lo dicono ogni giorno e se non bastano le parole te lo dicono a legnate. A Catania Costanzo ha fatto sempre quello che ha voluto. Come i democristiani e i socialisti sotto Craxi. Come i gerarchi fascisti sotto il fascismo. Quando cambia il vento, cambiano il colore della camicia (viva il duce, viva Andreotti, viva Craxi, viva Berlusconi) ma restano sempre al potere.

Resistenza vuol dire che per almeno una volta nella storia non è andata così. Che almeno per una volta nella storia tu ti sei incazzato e hai detto "Adesso basta. Voglio contare anch'io". Questo è successo un venticinque aprile di molti anni fa. I padroni e i gerarchi ne hanno ancora paura. Perché se è successo una volta può succedere ancora. Per questo dicono che sono cose vecchie e superate, e non bisogna pensarci più. Ma noi invece ce lo ricordiamo.

Molte persone come noi e come te hanno combattuto perché gli operai non venissero bastonati per la strada, perché i mafiosi come Costanzo fossero inseguiti e non protetti dalla polizia, perché i ladri andassero in galera e non tornassero invece a governare sotto un'altra bandiera. E' grazie a loro che siamo un popolo, nonostante tutto, e non un gregge. Un popolo può sbagliare una volta, può lasciarsi imbrogliare. Ma alla lunga, prima o poi, ragiona.

Viva la Resistenza contro i fascisti e i mafiosiViva il Venticinque Aprile

I Sicilianiaprile 1994

|| 24 aprile 2010 || pagina 16 || www.ucuntu.org ||