Scintilla

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LA SCINTILLA Periodico degli studenti del Liceo Scientifico Marconi Gennaio-Febbraio 2013 Situazione in Egio dopo la rivoluzio- ne: intervista a Omar , giovane guida turisca di Luxor , con un occhio all’I- talia. “1984” di George Orwell., un libro rimasto nella storia e nella mente di tu coloro che lo hanno leo. Banksy, un arsta e writer inglese ed uno dei maggiori esponen della street art.

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GENNAIO/FEBBRAIO

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LA SCINTILLA Periodico degli studenti del Liceo Scientifico Marconi

Gennaio-Febbraio 2013

Situazione in Egitto dopo la rivoluzio-

ne: intervista a Omar , giovane guida

turistica di Luxor , con un occhio all’I-

talia.

“1984” di George Orwell., un libro

rimasto nella storia e nella mente di

tutti coloro che lo hanno letto.

Banksy, un artista e writer inglese

ed uno dei maggiori esponenti della

street art.

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Editoriale scintilla

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Come in tanti forse saprete in que-sti freddi mesi invernali, a distanza di soli quattordici giorni tra loro, cadono ben due "giornate della memoria", che ci ricordano alcuni dei più grandi orrori della storia dell'umanità. La prima, e forse la più conosciuta, è quella del 27 gennaio, durante la quale ogni an-no si commemorano le empietà compiute dal regime nazista e da

quello fascista nella seconda guerra mondiale, con lo sterminio degli ebrei all'interno dei campi di concentra-mento. La seconda è invece quella del 10 febbraio (data nella quale nel 1947 venne firmato a Parigi il trattato di pace che sancì la fine della seconda guerra mondiale) e riporta alla memoria i massacri delle foibe, cavità natura-li carsiche all'interno delle quali venivano gettati, vivi o morti, gli oppositori del regime comunista di Tito e tutti coloro che in Istria rappresentavano lo stato italiano. È difficile, se non impossibile, trovare le parole adatte a descrivere la tragicità degli eccidi del ventesimo secolo senza risultare troppo convenzionali o, peggio, superfi-ciali. Potrei menzionare i terrificanti numeri della strage ebraica, che conta almeno 6 milioni di vittime, o parlarvi delle barbarie compiute all'interno dei lager dai nazisti che, disprezzando a tal punto la vita umana, facevano di tutto per togliere ai prigionieri la loro dignità, prima della vita. Potrei inoltre citare l'atroce caso della foiba di Ba-sovizza, destinata all'eliminazione di italiani da parte di partigiani jugoslavi, che come tante altre divenne fossa comune, più che muta tomba, di migliaia di uomini. Ma ciò che di più tengo a sottolineare è che l'atto di impres-sionarsi e indignarsi di fronte alle crudeltà che l'uomo ha compiuto nel corso della storia, nel nome di ideologie politiche estremizzate all'inverosimile, non è sufficiente. Occorre riflettere su quanto sia diversa la nostra vita da quella di chi ha vissuto la guerra, e renderci conto non

solo di quanto siamo fortunati, ma soprattutto dell'enor-me responsabilità che abbiamo nei confronti tanto dei nostri avi quanto dei posteri: mantenere vivo il ricordo. È questo che hanno cercato di fare sopravvissuti ai campi di concentramento come Primo Levi e Liliana Segre con le loro toccanti testimonianze, nel desiderio che ogni giorno diventi quello della memoria.

Pertanto, a ulteriore dimostrazione che le loro parole

non sono state spese invano, non lasciamo che gli orrori

avvenuti all'interno delle camere a gas o degli inghiottitoi

carsici rimangano confinati in quei perimetri geografici,

rendiamoci partecipi della sofferenza altrui, meditiamo

che questo è stato, e da giovani cittadini quali siamo ba-

diamo di portare sempre dentro di noi l'amaro ricordo,

tramandandolo ai nostri figli, con l'unico ma essenziale

obiettivo di far sì che gli errori della storia non si ripeta-

no. Tuttavia se lo scrittore russo Varlav Šalamov, rinchiu-

so per anni nei gulag, scrive che «il ricordo non serve a

nulla, perché le esperienze non educano gli altri», non

possiamo certo biasimarlo. Perché è indubbiamente vero

che l'esperienza di ognuno è prettamente personale, e

per quanto si possa raccontare non si potrà mai rendere

completamente partecipi dello stato d'animo di un de-

portato o di un condannato a morte senza colpa, né tan-

tomeno sperare di poter cambiare l'umanità attraverso il

ricordo. Ciò nonostante, rischiando di passare per visio-

naria, ritengo che costruire una società basata su sani

principi di pace e rispetto reciproco, a partire dall'opera-

to di noi giovani, sia ancora possibile e mai come ora in-

dispensabile. È solo così che il potere di rifuggire gli erro-

ri del passato si farà via via più concreto e ci lascerà, se

non in abbondanza, almeno un briciolo di speranza da

riporre in questo consunto uomo.

Giulia Galeazzi

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PRIMO PIANO scintilla

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Pesaro,08-02-2013

Nessuno credeva di poterti rivedere sola-mente in un ricordo, nessuno pensava che

non saresti stata più con noi, lì nel tuo banco nascondendo quella grande paura

dell'interrogazione che tutti avevamo. La cosa più triste è il pensare che solamen-

te pochi giorni fa eri qui insieme a noi a condividere quelle ore di lezione che non passavano mai, ma che riuscivamo a tra-

scorrere tra scherzi e risate. E' accaduto tutto troppo velocemente, non abbiamo avuto neanche il tempo di capire

ciò che stava realmente succedendo, il tempo per approfondire la nostra amicizia e soprattutto il tempo di salutarti:di salu-

tare quella persona dal viso gioioso, solare che nonostante la sua riservatezza si espri-meva attraverso un semplice ma bellissi-

mo sorriso. Vogliamo ricordarti per la tua sincerità, e

per quella tua timidezza che diventava estrema simpatia dopo averti conosciuta

meglio. È proprio vero: LE PERSONE MIGLIORI SO-

NO QUELLE CHE SE NE VANNO VIA PER PRIME.

Hai avuto quel coraggio che solo poche persone possiedono; sei stata forte Nicole, tanto forte da riuscire a combattere fino

alla fine. Non riusciamo e non vogliamo accettare il

fatto che tu ora non sia più tra noi. Non esistono parole per descrivere ciò che

proviamo in questo momento... E' difficile riuscire a scrivere in una lettera le mille e più emozioni che ci travolgono.

Ci sarebbe piaciuto tanto trascorrere insie-me il percorso appena iniziato, aiutandoci e sostenendoci a vicenda come ci eravamo

promessi. L'addio che siamo costretti a darti è per

noi un “ciao” perchè terremo una parte di te sempre con noi; quella piccola parte

che, anche se per poco tempo è riuscita a darci migliaia di emozioni.

CIAO PICCOLA NICOLE

Ci mancherai tantissimo La tua 1G

NICOLE

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attualità scintilla

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La scintilla si accende al caldo dell'Egitto

“Non date i soldi ai bambini che vedete per strada perché altrimenti da grandi finiranno per chiedere l’elemosina, piuttosto dategli qualcosa da mangiare.” Questo è il consiglio di Omar, una guida del posto, riferendosi ai numerosi bambini che affollavano le vie, il resto ve lo potete e dovete immaginare. Siamo in Egitto, paese nel quale un litro di acqua vale più di uno di coca cola, nel quale se ti guardi attorno ti sembra di essere stato catapultato da una mac-china del tempo all’epoca di Gesù, eccezion fatta per il pallido colore delle case, che ci ricorda la no-stra vera posizione geografica e collocazione temporale. Un mulo carico trasporta un signore di età avanzata; bambini sporchi quanto i marciapiedi che chiedono ai turisti qualche soldo, da mangiare, in-somma qualcosa che per un attimo li faccia dimenticare la loro sciagurata vita; una signora che lava i panni in un fiume talmente torbido che alla sola immersione questi scompaiono alla vista. Questo è l'Egitto, paese di condizioni molto lontane dalle nostre e da ogni nostra più grigia immaginazione, che sembra distare anni luce da quei secoli di splendore e benessere che resero la stessa terra la culla del-la civiltà umana. Le cause di questa di situazione sono molteplici, non ultimo il peso di una religione applicata ad uso e consumo della classe dominante per mantenere i propri privilegi, unita a decenni nei quali il potere era concentrato nelle mani di una sola persona. Pensate che in trenta anni di gover-no Mubarak, o ‘Rubarak’ come preferiscono chiamarlo qua, ha accumulato circa sessanta miliardi di dollari, usufruendo anche della prima miniera d’oro del mondo presente nel Sud dell’Egitto. Fino al punto in cui qualcuno ha giustamente ritenuto che ciò dovesse finire, e quel qualcuno sono stati i gio-vani egiziani che sono riusciti a interrompere la dinastia di Mubarak, il quale aveva già come suo suc-cessore il figlio. I giovani egiziani ci hanno insegnato che dei semplici ragazzi contano e possono cam-biare. A questo punto se abbiamo, o non, la sana presunzione di voler migliorare la società dobbiamo comunque essere informati: l’informazione però non è lo strumento che sovrasta le voci degli altri, bensì il mezzo indispensabile per poter parlare. Ma ragazzi l’informazione, da sola, non cambia nulla, se non è abbinata alla voglia che solo un giovane come noi ha e deve sfruttare. Eccovi la storia di un ragazzo egiziano che si è informa-to, ci ha creduto ed ha contribuito al cambiamento. Nome: Omar Anni: 27 Paese d'origine: Il Cairo (Egitto) Titoli di studio: laurea in egittologia, laurea in lingue Lavoro: guida turistica di Luxor Raccontaci in breve la tua vita. Io innanzitutto ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia rispettabile, e questo è già molto in Egitto, che mi ha dato l’opportunità di studiare fino al raggiungimento di due lauree: una in egittologia e una

in lingue. Per fortuna non ho preso parte alla leva militare obbligatoria, essendo l’unico figlio maschio della mia famiglia. Successivamente ho iniziato il mio lavoro di guida turistica e mi ritengo un ragazzo privilegiato in quanto svolgo un lavoro e conduco una vita dignitosa. Tu che conosci cosa vuole dire essere povero, essendo stato a contatto con realtà difficili, cos'è per te la ricchezza?Soprattutto qua in Egitto la ricchezza è sinonimo di istruzione, essa è l’unico modo per cercare di tra-sformare la propria nascita in qualcosa di almeno paragonabile alla vita, ovvero la strada per com-battere la fame e la miseria. L’istruzione è il perno attorno al quale gira e non gira la mia nazione. Sono stato ovviamente molto aiutato anche dalla conoscenza delle lingue che mi ha permesso di lavo-rare nel settore turistico egiziano; il quale da sempre grosse possibilità a noi giovani, date le numerose e stupende testimonianze dell’epoca egiziana arrivate fino a noi. Un breve e semplice riassunto di quanto successo ultimamente in Egitto?Prima di spiegare quanto successo bisogna puntualizzare che l’Egitto non è solo fatto di cammelli e pi-ramidi ma anche di grosse metropoli come il Cairo che ha circa 20 milioni di abitanti, questa città cao-tica e disorganizzata è spesso teatro di malcontenti e sollevazioni popolari.Quella che è stata definita “primavera araba” degli inizi del 2011, è stata una rivoluzione partita dai giovani che volevano porre fine alla dinastia di Mubarak, opponendosi inizialmente in maniera pacifica e in seguito con la forza. Avendo partecipato personalmente a questa rivolta posso affermare che l’er-rato arrivo alla violenza è stato dettato dalla grande testardaggine dei giovani egiziani che hanno avuto atteggiamenti proporzionali alla loro età. L’obiettivo per il quale ci eravamo mossi è stato raggiunto, ovvero quello di spezzare la dinastia di Mubarak, ma il suo posto al governo non è stato rimpiazzato dai giovani, bensì dai fratelli mussulmani che attualmente detengono una grande fetta del potere in Egitto. Tu che conosci la cultura egiziana e quella italiana cosa vorresti portare dall’Egitto in Italia e viceversa?L’Egitto è ancora un paese del terzo mondo, poca pulizia e tanta disorganizzazione: ci sono ancora problemi generati da una mentalità troppo chiusa, quindi mi piacerebbe importare la vostra definita struttura all’interno della società. Al contrario vorrei poter portare in Italia quella ormai dimenticata dagli italiani dedizione alle tradizioni, sarebbe fantastico che un paese con le vostre uniche e straordi-narie usanze potesse coltivarle come una tipica famiglia egiziana.

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attualità scintilla

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“Non date i soldi ai bambini che vedete per strada perché altrimenti da grandi finiranno per chiedere

Questo è il consiglio di Omar, una guida del posto, riferendosi ai numerosi bambini che affollavano le vie, il resto ve lo potete e dovete immaginare. Siamo in Egitto, paese nel quale un litro di acqua vale più di uno di coca cola, nel quale se ti guardi attorno ti sembra di essere stato catapultato da una mac-china del tempo all’epoca di Gesù, eccezion fatta per il pallido colore delle case, che ci ricorda la no-stra vera posizione geografica e collocazione temporale. Un mulo carico trasporta un signore di età avanzata; bambini sporchi quanto i marciapiedi che chiedono ai turisti qualche soldo, da mangiare, in-somma qualcosa che per un attimo li faccia dimenticare la loro sciagurata vita; una signora che lava i panni in un fiume talmente torbido che alla sola immersione questi scompaiono alla vista. Questo è l'Egitto, paese di condizioni molto lontane dalle nostre e da ogni nostra più grigia immaginazione, che sembra distare anni luce da quei secoli di splendore e benessere che resero la stessa terra la culla del-la civiltà umana. Le cause di questa di situazione sono molteplici, non ultimo il peso di una religione applicata ad uso e consumo della classe dominante per mantenere i propri privilegi, unita a decenni nei quali il potere era concentrato nelle mani di una sola persona. Pensate che in trenta anni di gover-

come preferiscono chiamarlo qua, ha accumulato circa sessanta miliardi di dollari, usufruendo anche della prima miniera d’oro del mondo presente nel Sud dell’Egitto. Fino al punto in cui qualcuno ha giustamente ritenuto che ciò dovesse finire, e quel qualcuno sono stati i gio-vani egiziani che sono riusciti a interrompere la dinastia di Mubarak, il quale aveva già come suo suc-cessore il figlio. I giovani egiziani ci hanno insegnato che dei semplici ragazzi contano e possono cam-biare. A questo punto se abbiamo, o non, la sana presunzione di voler migliorare la società dobbiamo comunque essere informati: l’informazione però non è lo strumento che sovrasta le voci degli altri, bensì il mezzo indispensabile per poter parlare. Ma ragazzi l’informazione, da sola, non cambia nulla,

che mi ha dato l’opportunità di studiare fino al raggiungimento di due lauree: una in egittologia e una

in lingue. Per fortuna non ho preso parte alla leva militare obbligatoria, essendo l’unico figlio maschio della mia famiglia. Successivamente ho iniziato il mio lavoro di guida turistica e mi ritengo un ragazzo privilegiato in quanto svolgo un lavoro e conduco una vita dignitosa. Tu che conosci cosa vuole dire essere povero, essendo stato a contatto con realtà difficili, cos'è per te la ricchezza? Soprattutto qua in Egitto la ricchezza è sinonimo di istruzione, essa è l’unico modo per cercare di tra-sformare la propria nascita in qualcosa di almeno paragonabile alla vita, ovvero la strada per com-battere la fame e la miseria. L’istruzione è il perno attorno al quale gira e non gira la mia nazione. Sono stato ovviamente molto aiutato anche dalla conoscenza delle lingue che mi ha permesso di lavo-rare nel settore turistico egiziano; il quale da sempre grosse possibilità a noi giovani, date le numerose e stupende testimonianze dell’epoca egiziana arrivate fino a noi. Un breve e semplice riassunto di quanto successo ultimamente in Egitto? Prima di spiegare quanto successo bisogna puntualizzare che l’Egitto non è solo fatto di cammelli e pi-ramidi ma anche di grosse metropoli come il Cairo che ha circa 20 milioni di abitanti, questa città cao-tica e disorganizzata è spesso teatro di malcontenti e sollevazioni popolari. Quella che è stata definita “primavera araba” degli inizi del 2011, è stata una rivoluzione partita dai giovani che volevano porre fine alla dinastia di Mubarak, opponendosi inizialmente in maniera pacifica e in seguito con la forza. Avendo partecipato personalmente a questa rivolta posso affermare che l’er-rato arrivo alla violenza è stato dettato dalla grande testardaggine dei giovani egiziani che hanno avuto atteggiamenti proporzionali alla loro età. L’obiettivo per il quale ci eravamo mossi è stato raggiunto, ovvero quello di spezzare la dinastia di Mubarak, ma il suo posto al governo non è stato rimpiazzato dai giovani, bensì dai fratelli mussulmani che attualmente detengono una grande fetta del potere in Egitto. Tu che conosci la cultura egiziana e quella italiana cosa vorresti portare dall’Egitto in Italia e viceversa? L’Egitto è ancora un paese del terzo mondo, poca pulizia e tanta disorganizzazione: ci sono ancora problemi generati da una mentalità troppo chiusa, quindi mi piacerebbe importare la vostra definita struttura all’interno della società. Al contrario vorrei poter portare in Italia quella ormai dimenticata dagli italiani dedizione alle tradizioni, sarebbe fantastico che un paese con le vostre uniche e straordi-narie usanze potesse coltivarle come una tipica famiglia egiziana.

Filippo Gennari

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Tempo fa lessi un classico delle letteratura moderna, un libro rimasto nella storia e nella mente di tutti coloro che lo hanno letto, “1984” di George Orwell. Questo libro non mi lasciò indifferente e anzi mi spinse a leggere anche un altro celebre lavoro di Orwell, “La fattoria degli animali”. Ciò che fin dalla prima volta mi colpì del suo modo di scrivere, e che mi continua ad affascinare tuttora, è la sua capacità di riuscire ad analizzare la realtà e trovare un modo per coinvolgere il lettore e allo stesso tempo anche terrificarlo, per la sua capacità di portare tutto alle estreme conseguenze, tra-sportandolo con anima e corpo in ciò che i critici definiscono “distopia”. Con l'utilizzo di questo termine si vuole intendere una società indesiderabile sotto tutti i punti di vista, risultando quindi un significato contrario a quello di “utopia”, con l'unica sostanziale differenza che la distopia si ba-se su una società e un mondo attuale e reale. Dalle opere e dai lavori dello stesso Orwell ma an-che di altri scrittori, si è creata la cosiddetta letteratura distopica che nella prima metà del ventesi-mo secolo ebbe il suo massimo sviluppo in quanto la presenza consistente di stati totalitaristi, co-me la Germania di Hitler e la Russia di Stalin, dava ampio spazio a questo filone letterario, dato che già essi rappresentavano delle società in cui nessuno avrebbe voluto vivere. Nonostante Orwell abbia scritto un'infinità di articoli e saggi nella sua carriera, 1984 e La fattoria degli animali rimangono i suoi capolavori per eccellenza ed è proprio in queste due opere che si può ammirare al meglio lo stile orwelliano. 1984 è considerato il romanzo distopico per eccellen-za, dove Orwell catapultò i suoi contemporanei del 1948 a qualche decennio dopo invertendo le cifre dell'anno. Ci si ritrova in una società governata dall'onnipresente Grande Fratello (il nome del reality televisivo deriva proprio da qui), capo dell'unico partito presente in Oceania, l'equivalente dell'Inghilterra dei tempi di Orwell, ma che nessuno, nonostante i milioni di cartelloni e manifesti, è mai stato in grado di vedere. Il Grande Fratello governa seguendo i principi del Partito Socialista, il Socing, dove «la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l'ignoranza è forza» sono i fondamenti della società. Senza addentrarmi troppo nella storia, il protagonista è un impiegato come tanti altri del partito, Winston, che insieme alla sua “compagna” Julia cerca in tutti i modi di sopravvivere in un mondo dove ogni cosa e ogni persona è sempre sotto il controllo e la legge del Grande Fratello, dove nessuno è libero di pensare e dove anche la storia dei Paesi viene manipolata attraverso la stampa. La prima cosa che mi venne in mente quando lo lessi fu che, nonostante le basi di quella società erano già state presenti nella nostra storia e che molto probabilmente sono tuttora pre-senti, cose del genere non potessero mai succedere e che mai sarebbero successe nel nostro “mondo reale”. In seguito però dovetti analizzare che all'epoca di Orwell mancavano molte tecno-logie e scoperte ormai normalissime a noi cittadini del 21esimo secolo. Come teorizza anche il filo-sofo francese Michel Foucault, al giorno d'oggi chi comanda e governa ha tantissimi modi di sfruttare il proprio potere; ad esempio la privacy di ognuno di noi è terribilmente a rischio se si pensa che solo rintracciando i tabulati telefonici dei nostri cellulari o controllando gli estratti conto

glianza e libertà vengano sempre sopraffatti dal desiderio di potere dell'uomo. Qui è evidente come ciò non faccia parte di un immaginario lontano dalla realtà moderna ma invece sia proprio un esempio lampante di come nella storia molte rivoluzioni spinte da motivazioni di questo tipo siano poi invece finite in un fallimento, come la Russia comunista di Stalin, nemico giurato e neanche mai troppo nascosto dello stes-so Orwell, o la rivoluzione cubana di Fidel Castro.Il lavoro di questo grandissimo del 1900 ci fa capire quale importanza e di quale por-tata possa godere la letteratura, grazie alla quale si possa comunicare in modo mera-viglioso la realtà nella quale viviamo e aprire gli occhi a molte persone. Orwell porta ciò a livelli strepitosi, risaltando anche la sua vena di attivista e giornalista, in un'epoca nella quale tantissime persone vivevano in paesi dove libertà e uguaglianza erano ve-

ramente un'utopia

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Tempo fa lessi un classico delle letteratura moderna, un libro rimasto nella storia e nella mente di tutti coloro che lo hanno letto, “1984” di George Orwell. Questo libro non mi lasciò indifferente e anzi mi spinse a leggere anche un altro celebre lavoro di Orwell, “La fattoria degli animali”. Ciò che fin dalla prima volta mi colpì del suo modo di scrivere, e che mi continua ad affascinare tuttora, è la sua capacità di riuscire ad analizzare la realtà e trovare un modo per coinvolgere il lettore e allo

sportandolo con anima e corpo in ciò che i critici definiscono “distopia”. Con l'utilizzo di questo termine si vuole intendere una società indesiderabile sotto tutti i punti di vista, risultando quindi

me la Germania di Hitler e la Russia di Stalin, dava ampio spazio a questo filone letterario, dato

La fattoria rimangono i suoi capolavori per eccellenza ed è proprio in queste due opere che si

za, dove Orwell catapultò i suoi contemporanei del 1948 a qualche decennio dopo invertendo le cifre dell'anno. Ci si ritrova in una società governata dall'onnipresente Grande Fratello (il nome del reality televisivo deriva proprio da qui), capo dell'unico partito presente in Oceania, l'equivalente dell'Inghilterra dei tempi di Orwell, ma che nessuno, nonostante i milioni di cartelloni e manifesti, è mai stato in grado di vedere. Il Grande Fratello governa seguendo i principi del Partito Socialista,

sono i fondamenti della società. Senza addentrarmi troppo nella storia, il protagonista è un impiegato come tanti altri del partito, Winston, che insieme alla sua “compagna” Julia cerca in tutti i modi di sopravvivere in un mondo dove ogni cosa e ogni persona è sempre sotto il controllo e la legge del Grande Fratello, dove nessuno è libero di pensare e dove anche la storia dei Paesi viene manipolata attraverso la stampa. La prima cosa che mi venne in mente quando lo lessi fu che, nonostante le basi di quella

senti, cose del genere non potessero mai succedere e che mai sarebbero successe nel nostro

sofo francese Michel Foucault, al giorno d'oggi chi comanda e governa ha tantissimi modi di sfruttare il proprio potere; ad esempio la privacy di ognuno di noi è terribilmente a rischio se si pensa che solo rintracciando i tabulati telefonici dei nostri cellulari o controllando gli estratti conto

delle carte di credito si possono ottenere un sacco di informazioni; come del resto anche attraver-so social network si può venire a conoscenza dei gusti, di ciò che fa e di ciò che pensa una qualsia-si persona. Riflettendoci questa è una cosa molto grande e anche al di fuori dalla portata di un normale cittadino che quindi è sottoposto al “possibile” controllo totale da parte di chiunque vo-glia controllarlo. Quindi ciò che Orwell predicava più di 60 anni fa e che all'epoca si poteva pensa-re inimmaginabile, irrealizzabile e appunto distopico , è ormai una realtà pratica e concreta ai gior-ni nostri. Una diversa analisi della società e della realtà totalitarista della prima metà del Novecento la pos-siamo trovare nell'altro capolavoro di Orwell, La fattoria degli animali. Il libro narra della storia di una fattoria inglese dove tutti gli animali si organizzano in una vittoriosa rivolta a danno del padro-ne umano e cercano di instaurare un'autogestione della fattoria, seguendo i principi della teoria marxista, dove appunto la fattoria dovesse appartenere e essere governata da chi ci lavora e non da altri. In una continua allegoria fra la fattoria e il mondo reale, dove ogni animale simboleggia una determinata categoria umana, il maiale Napoleon, anche il nome non è casuale, prende le re-dini della situazione, portandola naturalmente a proprio vantaggio. Di sottile ironia e satira sono i principi su cui si basa la fattoria, come il celebre “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali di altri”, ci fanno capire come in realtà i tempi felici della rivolta siano velocemente terminati e che l'unica differenza rispetto al passato sta nel fatto che il capo crudele non sia l'uo-mo bensì il maiale. Il libro termina con un'altra frase passata alla storia: “le creature di fuori guar-davano dal maiale all'uomo, dall'uomo al maiale e ancora dal maiale all'uomo, ma già era loro im-

possibile distinguere fra i due”; facendoci riflettere su come anche i migliori ideali di ugua-glianza e libertà vengano sempre sopraffatti dal desiderio di potere dell'uomo. Qui è evidente come ciò non faccia parte di un immaginario lontano dalla realtà moderna ma invece sia proprio un esempio lampante di come nella storia molte rivoluzioni spinte da motivazioni di questo tipo siano poi invece finite in un fallimento, come la Russia comunista di Stalin, nemico giurato e neanche mai troppo nascosto dello stes-so Orwell, o la rivoluzione cubana di Fidel Castro. Il lavoro di questo grandissimo del 1900 ci fa capire quale importanza e di quale por-tata possa godere la letteratura, grazie alla quale si possa comunicare in modo mera-viglioso la realtà nella quale viviamo e aprire gli occhi a molte persone. Orwell porta ciò a livelli strepitosi, risaltando anche la sua vena di attivista e giornalista, in un'epoca nella quale tantissime persone vivevano in paesi dove libertà e uguaglianza erano ve-

ramente un'utopia.. Andrea Gasperini

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Non fatevi spaventare dal titolo, questa non è la solita recensione noiosa che vuole costringervi a tutti i costi a farvi leggere quel libro o farvi guardare quel determinato film, ma è semplicemente una riflessione che volevo piacevolmente condividere con voi. Poco tempo fa ero intento a cerca-re un nuovo libro da leggere e, stanco di leggere i soliti vecchi libri impolverati, ho provato a dare un’occhiata su internet per farmi un’idea di quali nuovi libri occupassero le classifiche dei più ven-duti in Italia. Purtroppo, dovevo aspettarmelo, ho trovato solamente l’inesorabile Benedetta Paro-

di con il suo ennesimo manuale di ricette, una tale James E. in grado di scrivere solo cinquanta sfumature di qualsiasi colore sulla Terra, ed infine il buon vecchio Paolo Fox nel suo imperdi-bile oroscopo del 2013. Di fronte a questo triste spettacolo, l’u-nica cosa che ho pensato è stata questa: sono davvero così stanco dei “soliti vecchi libri impolverati” da dover ridurmi a leggere queste cose?! Questa volta la fortuna è stata benevola nei miei confronti e sono così riuscito a rifugiarmi nel primo libro che mi è capitato fra le mani. Avendovi promesso che questa non sarebbe stata la solita banale recensione non vi di-rò di che libro si trattasse, però posso dirvi che esso era ciò che solitamente viene definito un “classico”. Una volta finito, chiesi un’altra volta a me stesso perché avevo anche solo pensato di essermi stancato di questi vecchi libri. Forse perché essendo nel pieno della nostra gioventù noi adolescenti siamo protesi verso il futuro, verso nuove avventure e spinti da nuove spe-ranze mentre tutto ciò che è stato prima non ci interessa, or-

mai è passato, è qualcosa che ormai ha già avuto la sua parte di storia e secondo noi non ha più niente da dire. Senza addentrarmi in discorsi filosofici sul rapporto fra il passato e la nostra socie-tà, e limitandomi a parlarne solo in ambito culturale, spesso ho potuto constatare come i classici del passato, sia quando si parla di letteratura, sia per la musica e il cinema, sono ormai accompa-gnati dalla solita idea stereotipata che essi siano solo noiose opere ormai lontane dalla nostra con-temporaneità, perché ciò a cui siamo abituati tutti i giorni viene considerato migliore solo per il semplice fatto che esso è attuale. In realtà è proprio qui la grandiosità e il fascino dei classici, nella loro capacità di essere opere meravigliose che durano nel corso dei decenni e talvolta dei secoli, in grado di andare oltre il contesto temporale e sociale, riuscendo a mantenere intatto il loro mes-

saggio e la loro importanza. Questo è dovuto al fatto che l’arte non ha costrizioni né temporali né spaziali, poiché se una qualsiasi opera di qualsiasi genere ha del valore esso rimane invariato qualunque sia l’e-poca e il luogo da cui proviene. Senza continuare a parlare a vuoto, penso sia meglio fare degli esempi di cosiddetti classici ormai rimasti nella storia e che, nonostante ormai essi possano sembrarci lontani an-ni luce, rimangono tuttora dei capolavori, e penso che per fare ciò non vi sia miglior esempio della musica. Vi sono certi gruppi infatti che or-mai da tempo non suonano più ma che vivono ancora attraverso le loro canzoni: sono band come i Beatles, i Led Zeppelin, i Doors, solo per fare alcuni esempi. E lo stesso discorso può essere riportato sia nel cinema, citando alcuni film senza tempo come sia nella letteratura dove libri come Siddhartaculto. Perciò è un errore considerare l’opera del passato come qualco-sa di distante dalla nostra realtà, basti anche solo pensare che tutto ciò che noi abbiamo nel nostro presente ha subito consapevolmente o inconsapevolmente l’influsso di ciò che è stato prima perché senza ciò che è stato prima non avremmo praticamente nulla del nostro presente. Perciò quando la prossima volta dovrete scegliere un film da guardare in tv o un libro da leggere, non accontentavi dell’ultimo uscito, ma provate a vedere che effetto vi fa trovarvi davanti a un “classico” che, molto probabilmente, a differenza dell’ultimo arrivato ha sicuramente una marcia in più: è il tempo a dircelo.

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saggio e la loro importanza. Questo è dovuto al fatto che l’arte non ha costrizioni né temporali né spaziali, poiché se una qualsiasi opera di qualsiasi genere ha del valore esso rimane invariato qualunque sia l’e-poca e il luogo da cui proviene. Senza continuare a parlare a vuoto, penso sia meglio fare degli esempi di cosiddetti classici ormai rimasti nella storia e che, nonostante ormai essi possano sembrarci lontani an-ni luce, rimangono tuttora dei capolavori, e penso che per fare ciò non vi sia miglior esempio della musica. Vi sono certi gruppi infatti che or-mai da tempo non suonano più ma che vivono ancora attraverso le loro canzoni: sono band come i Beatles, i Led Zeppelin, i Doors, solo per fare alcuni esempi. E lo stesso discorso può essere riportato sia nel cinema, citando alcuni film senza tempo come Shining, Il Padrino, Pulp Fiction, sia nella letteratura dove libri come Sulla Strada di Jack Kerouac o Siddharta di Herman Hesse sono a mio parere dei veri e propri libri di culto. Perciò è un errore considerare l’opera del passato come qualco-sa di distante dalla nostra realtà, basti anche solo pensare che tutto ciò che noi abbiamo nel nostro presente ha subito consapevolmente o inconsapevolmente l’influsso di ciò che è stato prima perché senza ciò che è stato prima non avremmo praticamente nulla del nostro presente. Perciò quando la prossima volta dovrete scegliere un film da guardare in tv o un libro da leggere, non accontentavi dell’ultimo uscito, ma provate a vedere che effetto vi fa trovarvi davanti a un “classico” che, molto probabilmente, a differenza dell’ultimo arrivato ha sicuramente una marcia in più: è il tempo a dircelo.

Andrea Gasperini

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Dalla rivoluzione industriale ai giorni d’oggi, le risorse del pianeta sono state sfruttate fino all’osso. Di risorse del pianeta sentiamo parlare quotidianamente soprattutto quando ci ritroviamo faccia a faccia con i costi della benzina e delle bollette da capogiro. Si sono trovati delle possibili idee innovative in grado di salvaguardare il nostro pianeta pensando alle generazioni future. La green economy. La green economy infatti è da qualche anno ormai sulla bocca di tutti, ma cos’è veramente? La commissione europea l’ha definita “una economia che genera crescita, crea lavoro e sradica la po-vertà investendo e salvaguardando le risorse del capitale naturale da cui dipende la sopravvivenza del nostro pianeta”.In sostanza si tratta di un nuovo modello economico basato sulle energie rinnovabili. Cosa sono le energie rinnovabili? Con il termine energie rinnovabili si intendono le forme di energia prodotte da fonti di energia che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano almeno alla stessa velo-cità con cui vengono consumate o non sono "esauribili" nella scala dei tempi "umani" e, per estensio- ne, il cui utilizzo non pregiudica le risorse naturali per le generazioni future. Sono dunque forme di energia alternative alle tradizionali fonti fossili e molte di esse hanno la peculiarità di essere anche ener- gie pulite ovvero di non immette-re in atmosfera sostanze nocive e/o climalteranti quali ad esempio la CO2. Le fonti di energia tradizionali (di origine fossile) sono affianca-te, se non sostituite, dalle fonti di energia alternative. In particolar modo svolgono un ruolo di prima- ria importanza le energie rinno-vabili, come ad esempio l'eolico, le biomasse, il solare, la geotermia, l'idroelettrico, eccetera. Ma perché ci devono interessare queste nuove forme di energie? Prima di tutto bisogna sapere che gli am-biti in cui la green economy interviene sono quelli dell'energia alternativa, dell'efficienza energetica (ovvero il risparmio e la riduzione degli sprechi di energia e di risorse), del ciclo dei rifiuti e dell'am-biente. Il ciclo dei rifiuti è ormai un argomento che vive quotidianamente con noi, ma non ci limitiamo solo a differenziare i rifiuti, dobbiamo saperne di più! Perché lo facciamo? Nelle economie verdi il ciclo di produzione-consumo è studiato per ridurre al minimo la produzione dei rifiuti e degli scarti e reim-mettere le materie prime in un nuovo ciclo di produzione. I rifiuti non riciclabili sono stoccati nelle di-scariche speciali o distrutti mediante termoincenerimento o biodistruzione (smaltimento chimico dei rifiuti). Nella green economy l'ambiente non è più considerato come fonte di pericolo o come risorsa da sfruttare fino all'osso, bensì come una risorsa da gestire con attenzione. L'ambiente è preservato per proteggere la biodiversità, per produrre in modo sostenibile senza penalizzare le generazioni futu-

re, a tutela del paesaggio e per ridurre al minimo le conseguenze dell'inquinamento sulla salute dell'uomo.È una nuova forma di vita che ci sta investendo tutti e nei prossimi anni ci travolgerà. Entro il 2020 in-fatti, secondo il delil consumo di fonti rinnovabili. Il pacchetto comprende provvedimenti sul sistema di scambio di quote di emissione e sui limiti alle emissioni delle automobili. In Italia il Parlamento ha approvato una di-rettiva che stabilisce obiettivi nazionali obbligatori (17% per l'Italia) per garantire che, nel 2020, una media del 20% del consumo di energia dell'UE provenga da fonti rinnovabili. La direttiva fissa poi al 10% la quota di energia "verde" nei trasporti e i criteri di sostenibilità ambientale per i biocarburanti. La green economy potrebbe essere la soluzione per terminare quanto prima lo stressante circolo vi-zioso di selezionare annunci, aggiornamenti e invio curriculum vitae e colloquio per i più fortunati, che alla fine si conclude sempre in un nulla di fatto. Ebbene, per molti tutto questo sta per finire: entro il 2020 sono previste addirittura 110 mila nuove assunzioni. Le posizioni di lavoro della green econo-my(28.259); biomasse (26.214); geotermico (per il quale, però si prevedono non oltre 800 addetti circa). A Pesaro sono ben evidenti le iniziative rivolte a un mondo più pulito: dalla raccolta differenziata (che quest’anno ha raggiunto il 65%), ai pannelli fotovoltaici sparsi in varie zone e all’aumento delle zone blu e delle piste ciclabili per ridurre l’inquinamento delle automobili. È un argomento che si sta già insegnando nelle scuole come ad esempio in questo liceo con un corso complementare introdotto dal Professore Alfredo Bottazzo. È bene informarsi perché la green econo-my è un argomento che verrà introdotto in ogni campo lavorativo e scolastico. Inoltre per i giovani che stanno per intraprendere una carriera e sono rivolti con lo sguardo verso il futuro in cerca di un'aspira-zione o semplicemente alla ricerca di un lavoro, visto che è difficile trovarlo ai giorni d’oggi, e conviene inoltre valutare l’idea di una laurea o un corso di specializzazione nell’ambito delle energie rinnovabili.

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Ecologia ecologia

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Dalla rivoluzione industriale ai giorni d’oggi, le risorse del pianeta sono state sfruttate fino all’osso. Di risorse del pianeta sentiamo parlare quotidianamente soprattutto quando ci ritroviamo faccia a faccia con i costi della benzina e delle bollette da capogiro. Si sono trovati delle possibili idee innovative in

La commissione europea l’ha definita “una economia che genera crescita, crea lavoro e sradica la po-vertà investendo e salvaguardando le risorse del capitale naturale da cui dipende la sopravvivenza del

Cosa sono le energie rinnovabili? Con il termine energie rinnovabili si intendono le forme di energia prodotte da fonti di energia che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano almeno alla stessa velo-

non sono "esauribili" nella scala ne, il cui utilizzo non pregiudica le

. Sono dunque forme di fonti fossili e molte di esse hanno gie pulite ovvero di non immette-climalteranti quali ad esempio la (di origine fossile) sono affianca-energia alternative. In particolar ria importanza le energie rinno-biomasse, il solare, la geotermia, ci devono interessare queste tutto bisogna sapere che gli am-

biti in cui la green economy interviene sono quelli dell'energia alternativa, dell'efficienza energetica (ovvero il risparmio e la riduzione degli sprechi di energia e di risorse), del ciclo dei rifiuti e dell'am-biente. Il ciclo dei rifiuti è ormai un argomento che vive quotidianamente con noi, ma non ci limitiamo solo a differenziare i rifiuti, dobbiamo saperne di più! Perché lo facciamo? Nelle economie verdi il ciclo

consumo è studiato per ridurre al minimo la produzione dei rifiuti e degli scarti e reim-mettere le materie prime in un nuovo ciclo di produzione. I rifiuti non riciclabili sono stoccati nelle di-scariche speciali o distrutti mediante termoincenerimento o biodistruzione (smaltimento chimico dei rifiuti). Nella green economy l'ambiente non è più considerato come fonte di pericolo o come risorsa da sfruttare fino all'osso, bensì come una risorsa da gestire con attenzione. L'ambiente è preservato per proteggere la biodiversità, per produrre in modo sostenibile senza penalizzare le generazioni futu-

re, a tutela del paesaggio e per ridurre al minimo le conseguenze dell'inquinamento sulla salute dell'uomo. È una nuova forma di vita che ci sta investendo tutti e nei prossimi anni ci travolgerà. Entro il 2020 in-fatti, secondo il ‘piano 20 20 20’, (pensato dall'Unione Europea ) le nazioni europee dovranno ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare del 20% il consumo di fonti rinnovabili. Il pacchetto comprende provvedimenti sul sistema di scambio di quote di emissione e sui limiti alle emissioni delle automobili. In Italia il Parlamento ha approvato una di-rettiva che stabilisce obiettivi nazionali obbligatori (17% per l'Italia) per garantire che, nel 2020, una media del 20% del consumo di energia dell'UE provenga da fonti rinnovabili. La direttiva fissa poi al 10% la quota di energia "verde" nei trasporti e i criteri di sostenibilità ambientale per i biocarburanti. La green economy potrebbe essere la soluzione per terminare quanto prima lo stressante circolo vi-zioso di selezionare annunci, aggiornamenti e invio curriculum vitae e colloquio per i più fortunati, che alla fine si conclude sempre in un nulla di fatto. Ebbene, per molti tutto questo sta per finire: entro il 2020 sono previste addirittura 110 mila nuove assunzioni. Le posizioni di lavoro della green econo-my saranno in specifici microsettori: fotovoltaico (che impiegherà ben 41.612 operatori); eolico (28.259); biomasse (26.214); geotermico (per il quale, però si prevedono non oltre 800 addetti circa). A Pesaro sono ben evidenti le iniziative rivolte a un mondo più pulito: dalla raccolta differenziata (che quest’anno ha raggiunto il 65%), ai pannelli fotovoltaici sparsi in varie zone e all’aumento delle zone blu e delle piste ciclabili per ridurre l’inquinamento delle automobili. È un argomento che si sta già insegnando nelle scuole come ad esempio in questo liceo con un corso complementare introdotto dal Professore Alfredo Bottazzo. È bene informarsi perché la green econo-my è un argomento che verrà introdotto in ogni campo lavorativo e scolastico. Inoltre per i giovani che stanno per intraprendere una carriera e sono rivolti con lo sguardo verso il futuro in cerca di un'aspira-zione o semplicemente alla ricerca di un lavoro, visto che è difficile trovarlo ai giorni d’oggi, e conviene inoltre valutare l’idea di una laurea o un corso di specializzazione nell’ambito delle energie rinnovabili.

Maria Belén Maceroni

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società scintilla

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Violenza, denigrazione, furto di identità: è il ‘cyberbullismo’ che si sviluppa nel mondo online. Il cyberbullo invia messaggi molesti alla vittima di solito tramite il programma di messaggistica istan-tanea msn, blog e chat, crea profili falsi e a nome di altri diffondendo immagini intime del proprio bersaglio per minacciarlo e diffamarlo. La vittima, a differenza del normale bullismo, non ha chance di difesa trovandosi di fronte ad uno schermo, ad una comunità online. Secondo la definizione di uno dei più importanti studiosi di bullismo, Peter Smith, per cyberbullismo si intende “una forma di prevaricazione volontaria e ripetuta, attuata attra-verso un testo elettronico, agita contro un singolo o un gruppo con l’obiettivo di ferire e mettere a disagio la vittima di tale comportamento che non riesce a difendersi” (2008). Ecco che allora si ma-nifestano nei soggetti più deboli effetti depressivi,

ansia, paura e pro-blemi relazionali che possono portare ad-dirittura al suicidio. Uno degli casi più re-centi è quello di Ca-rolina Picchio, quattordicenne nata e vissuta in provincia di Novara, amante dell’atletica, suicida-tasi buttandosi dal

balcone di casa sua nella notte tra Venerdì 4 e Sa-bato 5 Gennaio 2013. Gli amici, nonostante cono-scessero i disagi della povera ragazza, rimasero spiazzati dalla terribile notizia. Continuano tutt’ora a pubblicare su twitter messaggi come “l’avete uc-cisa con le vostre parole” al fine di difenderla e puntualizzare che il motivo della sua morte non è inspiegabile ma, al contrario, scaturito da crudeltà e superficialità. Poco prima anche Andrea, 15 an-ni, si trovò in una situazione simile a Novembre mentre era solo a casa. Iniziò a sentirsi isolato e deriso dai suoi coetanei per il suo modo di vestire e per alcuni suoi atteggiamenti. Si uccise con una sciarpa rosa stretta al collo. Il fenomeno del cyber-bullismo è in crescita, anche perché attraverso il web o il telefono cellulare il bullo si può nascon-dere dietro l’anonimato e agire indisturbato. Non solo: il bullismo elettronico può essere maggior-mente nascosto al mondo degli adulti poiché i ra-gazzi hanno in genere una competenza informati-ca maggiore rispetto ai genitori o agli insegnanti. Concludiamo con il dire a tutti i ragazzi che il cy-berbullismo è un reato, fate del male, create dolo-re… Pensateci!

Clara Recanatini Rebecca Rossi

Martina Carburi

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musica scintilla

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La nostra speciale classifica di dischi del 2012 è forse un po’ controcorrente all’onda Gangnam Style e One Direction che, musicalmente parlando, in questo pe-riodo hanno fatto tramortire la Terra peggio del pas-saggio dell’uragano Sandy creando non pochi dissensi fra gli appassionati di tutti i generi. Tralasciando questi spiacevoli dettagli, possiamo però ritenerci soddisfatti di come diverse band nell’arco di pochi anni siano riuscite ad affermarsi nell’ambito internazionale, lasciandoci di stucco nel vero senso della parola e siano state capaci di creare nuovi modi di concepire musica. Ma procediamo con ordine: Al quinto posto ritroviamo “The 2nd Law“ ”, sesto album dei britannici Muse che, forse fin troppo in-fluenzati dal genere dubstep e galvanizzati dalle pre-stazioni di Skrillex durante i suoi concerti, come affer-mato dallo stesso batterista Dom Howard, hanno creato un surrogato musicale non paragonabile ai precedenti album “Black Holes and Revelations” e “The Resistance”, lasciandoci con l’amaro in bocca. Insomma, li rimandiamo con un cinque in pagella. Al quarto posto, come la nascita della Venere di Botti-celli dalla schiuma del mare, ecco Lana Del Rey: sta-tunitense tuttofare e ingaggiata con un’etichetta indi-pendente (ci fa molto piacere!), sboccia nel paradiso del pop-elettronico con l’album “Born To Die”. Anche se la maggior parte dei pezzi ispira sentimenti per lo

più tristi e malinconici, “Blue Jeans” e “Diet Mountain Dew” ci fanno letteralmente innamorare e trasportare della sua vo-ce, dolce ma trafiggente. Sul gradino più basso del podio si affermano gli Alt-J, quartetto inglese alter-nativo che con “An Aweso-

me Wave” ha fatto il salto di qualità. La punta di diamante è il pezzo “Breezblocks”,

un mix di sonorità diverse tipico degli Alt-J e dal testo quasi confessionale, ci porta in un'altra dimensione. Me-daglia d’argento per gli xx, trio indie-pop britannico capace di creare basi da to-gliere il fiato a chiunque le ascolti. Forse l’ultimo al-bum “Coexist” è simile a quello del 2009 “XX”, ma il lavoro di Romy Madley Croft (voce, chitarra) Oliver Sim (voce, basso) e Jamie Smith (beats, tastiere, batteria) è veramente superlativo. Unica nota negati-va è forse la voce di Oliver, a nostro parere poco ap-propriata per un genere che sarebbe perfetto senza cantanti, ma in fondo va bene così. Ed Eccoci arrivati alla numero uno: come l’ascesa sulla Terra alla Felix Baumgartner dallo spazio vero e proprio, “Lonerism” dei Tame Impala rappresenta l’iconografia perfetta del nuovo genere psichedelico e di una nuova forma di fare musica. Fra sintetizzatori, effetti sonori di chi-tarra e batteria il gruppo australiano si è veramente superato. Può essere quindi soddisfatto Kevin Parker (voce) di ritrovarsi sul gradino più alto del podio an-che nella nostra classifica. In un’intervista lo stesso Kevin ha cercato di definire il particolare genere della band come «rock band hypno groove dal continuo fluire psichedelico che enfatizza una melodia oniri-ca»: mai tale affermazione fu più confusionaria! D’al-tronde è nel loro stile cercare di essere sempre un passo avanti agli altri; ne è una dimostrazione pratica “Elephant” e “Feels Like We Only Go Backwards” fluide e dinamiche come lo scorrere del sangue.

L’album è come una via d’uscita a un posto desolato (lo spazio?) e siamo quasi sicuri che farà da base a nuove band nasciture.

Stefano M. Morelli

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fotografia scintilla

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Cosa significa fotografare o scattare una foto? Il ter-mine deriva dal greco e letteralmente significa “scrivere con la luce”. Bisogna però interpretare quello “scrivere” come “raccontare”, perché scattare una foto vuol dire raccontare momenti della nostra vita che riteniamo debbano rimanere indelebili. Gra-zie alla fotografia l’uomo può per la prima volta nella storia rivivere tutta un'esistenza documentando “ciò che è stato” e “ciò che non è più”. Da quest’anno gli studenti del Liceo Scientifico Mar-coni hanno avuto l’opportunità di approfondire il concetto di "fotografia” grazie a un corso di due ore settimanali guidate dal docente G. Rotatori. In questo corso l’insegnante si è spesso soffermato sul significato della parola “fotografia”: non significa macchina fotografica, flash o studio fotografico e nemmeno prendere in mano un apparecchio in gra-do di scattare e premere un bottone, bensì la combi-

nazione tra la tecnica, gli strumenti e la capacità di chi pratica quest’arte e la capacità di guardare il mondo che ci circonda trasformando la visione di un’immagine oltre che in racconto anche in emozioni e sensazioni. La Fotografia è un arte preziosa, la sua versatilità ne ha consentito l’ utilizzo nei campi più diversi delle attività umane, dalla ricerca scientifica all’intrattenimento, dalla pubblicità fino al giornali-smo. Da quando è nata ad oggi, la fotografia ha su-bito numerosi ed intensi cambiamenti. Fino a non tantissimi anni fa i fotografi erano costretti a portare con se enormi strumenti per scattare foto ed il pro-cesso di sviluppo era lunghissimo, questo rendeva più scomoda ed impegnativa l’attività di fotografo ma senza dubbio faceva affezionare maggiormente chi scattava la foto al proprio strumento e la lunghezza del periodo di sviluppo della fotografia vera e propria causava un attesa che faceva gustare di più la foto-grafia finita e la faceva sentire più propria. Oggi invece è possibile, utilizzando tantissimi stru-menti, modificare foto a nostro piacimento e spesso si creano fotografie che sono totalmente diverse da ciò che il fotografo vedeva nel mirino al momento dello scatto e questo provoca una maggiore superfi-cialità da parte del fotografo perché sa già che se sbaglia potrà modificarla o farne un'altra (dato che non esiste più il problema della pellicola esaurita), mentre tempo fa si era costretti, per fortuna o pur-troppo, a concentrarsi tantissimo affinché quella foto rappresentasse perfettamente ciò che si voleva rac-contare. Il professore del corso ha sempre ricordato a noi ragazzi di non dar retta a certe pubblicità e slo-gan che diffondono tutta la superficialità che si può avere mentre si scatta una fotografia, al contrario bisogna pensare bene a ciò che si vuole raccontare, al modo in cui lo si vuole fare, e qual è il sentimento che si vuole trasmettere, perché fotografare, in fon-do, vuol dire questo: trasferire in un'immagine un'e-mozione.

Gabriele Buffa

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Cinema scintilla

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“Bilbo Baggins è uno hobbit, che vive felice e tranquillo nella sua casa nella Contea. La sua vi-

ta viene sconvolta quan-do un suo conoscente, lo stregone Gandalf, lo obbliga a ospitare tredici nani vagabondi, che pro-gettano di invadere la tana di un drago per recuperare il tesoro dei loro antenati. Non si sa bene co-me, Bilbo finisce per aggregarsi alla compagnia di nani in qualità di scassinatore. E lì cominciano i suoi guai…” Chiunque abbia letto Lo Hobbit di J. R. R. Tolkien si è probabilmente chiesto come sia possibile che un agile romanzetto destinato principalmente ai bambini si sia trasformato, nelle mani di Peter Jackson, in un trilogia di film di almeno nove ore complessive di durata. La risposta è che non si sono limitati a tradurre in film la trama del romanzo, ma ci hanno inserito anche altre trame che provengono invece dal Signore degli Anelli, o dal meno famoso Silmarillion di Tolkien, in modo da ri-collegarsi alla precedente trilogia e spiegare in dettaglio tutti gli eventi accaduti in precedenza. Dopo un brevissimo riassunto di trama e di premesse, passerò a dirvi i pregi e i difetti a mio modico parere. Tra i pregi va messa sicuramente l’incredibile capacità di gestire il complicato universo tolkie-niano rimanendogli fedele. Credo che la scelta di mettere Martin Freeman nella parte di Bilbo sia sta-ta geniale, dato che mette in luce le affinità con il personaggio del dottor Watson che interpreta nella serie televisiva “Sherlock”: ambedue sono persone coraggiose ma tranquille, messe a dura prova dal confronto con dei compagni completamente fuori di testa. (Nei prossimi film arriverà anche Benedict Cumberbatch, alias Sherlock Holmes, nella doppia parte del Negromante e del drago Smaug). Tutto sommato un bel film, da vedere ma non con tanto entusiasmo. Consiglio a tutti di ascoltare as-solutamente Il Canto dei Nani tratto da una scenetta del film, è forse una delle parti più belle e tristi di tutta la trilogia che ne verrà. Non ha superato però le aspettative anzi, da ciò che do-veva essere il capolavoro, il seguito delle origini del film che ha dato il via al fantasy che conosciamo oggi, ci si aspettava molto di più. Voto 6.5.

Teobaldo Bianchini

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arte scintilla

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Banksy è un artista e writer inglese ed uno dei maggiori esponenti della street art. Nato e cresciuto a Bristol, la sua identità risulta ancora anonima nonostante i suoi quadri valgano migliaia di sterline e ven-gano comprati da star del cinema come Brad Pitt e Angelina Jolie. I temi dei suoi dipinti sono incentrati soprattutto sulla politica e sulla satira, e sono contro il capi-talismo, il consumismo, le guerre e riguar-dano anche l’etica. Banksy realizza i suoi graffiti utilizzando prevalentemente la tec-

nica stencil, che è una tecnica generalmente utilizzata a livello industriale perché è semplice e veloce da realizzare. Banksy ha iniziato la sua carriera di artista alla fine degli anni ottan-ta nella crew "Bristol's DryBreadZ" (DBZ), firmandosi Kato e Tes. Nel 1998 ha organizzato il maestoso raduno di graffitari Walls On Fire, insieme all'amico di Bristol e leggenda dei graffiti Inkie. Il lungo weekend di eventi richiamò artisti da tutto il Regno Unito e da tutt'Europa, e quest'organizzazione dell'evento pose il suo nome nello "starsystem" dei graffiti europeo. I suoi stencil hanno cominciato ad apparire inizialmente proprio a Bristol, poi a Londra e a se-guire nelle principali capitali europee, non solo sui muri delle strade, ma anche nei posti più impensabili come le gabbie dello zoo di Barcellona e sulla barriera di separazione israeliana nei territori della Cisgiordania.

Banksy è famoso anche per aver esposto di nascosto nei più famosi musei come il Louvre di Parigi dei suoi quadri in stile settecentesco ma con particolari moderni come bombolette spray, murales, dame di corte con maschere a gas, che sono restati esposti per molti giorni prima che qualcuno se ne accorgesse. Tra i suoi più famosi murales figurano: i famosi RATS, cioè degli stencil di topi sparsi per tutta Londra, in quanto essi sono odiati, perseguitati e cac-ciati, eppure capaci di mettere in ginocchio intere civiltà. Un altro famoso murales è quello con gli attori di Pulp Fiction che stringono banane anziché pistole, ed è stato recentemente rimosso: il suo valore stimato si aggirava intorno ai 400 000 euro.

Banksy ha realizzato un opera anche in Italia, precisamente a Napoli in Via Benedetto Croce,

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Arte scintilla

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che venne cancellata nel maggio del 2010: uno stencil che raffigurava una reinterpretazione della Santa Teresa del Bernini con in mano delle patatine e un panino, simbolo del consumismo. Alcune curiosità riguardanti l’artista: nel settembre 2006 Banksy fa circolare in 48 negozi sparsi in tutto il Regno Unito delle copie parodia dell'album Paris di Paris Hilton. Oltre a presentare delle versioni modificate sia nel titolo che nella musica delle canzoni della starlet, nell'album si possono vedere delle immagini che ridicolizzano la Hilton (in una il suo volto è sostituito da quello del suo cane). Invece nel 2010 l’artista ha disegnato lo storyboard e diretto la sequenza che segue la celebre "gag del divano": lavoratori asiatici, tra cui anche bambini e specie animali protette, producono in condizioni disumane i fotogrammi del carto-ne animato e il suo merchandising. La sequenza mostra provocatoriamente immagini di sfruttamento della manodopera minorile e violenza sugli animali (l'imbottitura delle bambole raffiguranti Bart Simpson è infatti ricavata dalla triturazione di gatti) e si conclude con il cele-bre stabile della Fox (quello che appare all'inizio di ogni film) trasformato in carcere di massima sicurezza.

Banksy è sicuramente un simbolo della libertà di espressione esternata attraverso i suoi murales che, anche se considerati da molti scontati e “vandalici”, hanno un significato implicito pro-fondo.

"Fa tutto questo e resta anonimo. Penso che questo sia fantastico. Nei nostri giorni tutti ten-tano di essere famosi. Ma lui ha l'anonimato."

Brad Pitt

Gregorio Bufalari

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storia scintilla

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Ma perché celebriamo ogni anno il 27 gennaio? Che cosa intendiamo con "shoah"? E perché è così tanto importante da doverla ricordare? Il 27 gennaio lo celebriamo ogni anno perché in questo giorno, 68 anni fa, le forze alleate liberaro-no Auschwitz dai tedeschi (Auschwitz è una cittadina della Polonia) aprendo i cancelli del triste-mente noto campo di concentramento. E così per la prima volta il mondo vide da vicino quel che era successo e conobbe lo sterminio in tutta la sua realtà e visse la pena che è ormai legata a que-sta giornata. Perché la seconda guerra mondiale rappresenta l'apice della violenza nazista: e la "soluzione finale" della questione ebraica rappresenta l'estremo orrore della storia umana. Shoah è una parola ebraica che vuole dire "catastrofe" che sostituiamo oggi al termine "olocausto" perché con il suo richiamo al sacrificio biblico quest'ultimo cercava implicitamente di dare un sen-

so e una giustificazione a questo evento e alla morte di 6 milioni di persone. L'evento del giorno della memoria è importante da ricordare tutti gli anni perché come abbiamo visto 68 anni fa gli ebrei sono stati trattati peggio di animali, ridotti in condizioni deplorevoli e poi uccisi. Ma come può un uomo essere capace di fare questo ad un'altra per-sona? Io direi che anche gli animali ad un certo punto si fermerebbe-ro e non ucciderebbero una persona o qualche animale. Ma certi na-zisti non avevano un cuore che potevano ascoltare. Dunque spero vi-

vamente che quel che è successo nel passato non accada mai più.

Rehma Baig

Quanti titoli così, quanti slogan, quante grida e quante proteste per reggere la verità di queste pa-role.Una verità che rifiutava il silenzio dettato dai vincitori, gente che voleva ricordare, voleva lotta-re per ottenere non una strada o una piazza, ma una semplice bara in nome delle vittime di un ge-nocidio senza motivo condotto da Tito e dai suoi partigiani. “Vecchi e bambini, gettati negli abissi, spinti giù nel vuoto dai gendarmi rossi… Maresciallo Assassi-no”

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storia scintilla

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Questo è il testo forse più famoso e allo stesso tempo meno ricordato che gli esuli andavano urlando per le strade di uno stato che ha rifiutato il diritto di esilio po-litico a gente che è stata massacrata, loro sola colpa es-sere nata italiana. Nata però non in Italia ma in Istria, Fiume, Dalmazia, Carnaro, territori italiani! La scuola tre anni fa tenne, attraverso i rappresentanti alla Consulta Principale degli Studenti, un comizio con un testimone, il professor Giovanni Scala, che narrò le tristi vicende dell’epoca. Il professore frequentava le scuole medie nei territori dominati dai partigiani di Tito e lentamente vide i suoi compagni di banco svanire, scomparire. Non seppe nulla di loro, nessuno sapeva o forse nessuno voleva sapere. Circa qua-rant’anni dopo il signor Scala è venuto a conoscenza che tutti quegli amici, compagni, erano stati Infoibati. Mi scuso, perché forse parte di voi (il biennio soprattutto) non sa cosa sono le Foibe. Ve lo riassumo in breve e nella maniera più diretta possibile. Mettiamo che un bel giorno del 1945 a Fiu-me (a guerra finita), vedete entrare in classe tre soldati durante la lezione di Italiano (perché la sto-ria vuole che all’epoca si studiasse italiano in quel territorio essendo appartenuto al Regno di Italia per oltre vent’anni), quei soldati prendono la vostra professoressa e voi non sapete più che fine fa. Per caso venite a sapere cosa sta succedendo da un amico cugino del compagno di classe della so-rella dello zio di un tipo e decidete di andare in Italia poiché avete diritto all’asilo politico (così sare-ste salvi). Arrivati al confine chiedete aiuto (il confine all’ora era tracciato con la vernice quindi non era nemmeno ufficiale), le guardie vi prendono e… Vi consegnano ai soldati di Tito che poi vi ucci-deranno. Ecco, questo era il comportamento dello stato italiano all’epoca (ed abbiamo avuto anche un presidente che ha baciato la bara dell’autore di tali scempi). Ora però vi dirò cosa sono le foibe in atto pratico. Sono una serie di persone legate tra di loro, alla prima viene sparato un colpo di fu-cile, il corpo pesante cade e trascina con se tutti gli altri (vivi) in un enorme fosso. Morirete se siete fortunati per l’urtare la testa contro qualche sasso o sennò soffocati dai corpi dell’altra gente (sempre viva) che cadrà su di voi. Il mondo, su queste scomode verità, sui trecentocinquantamila esuli è rimasto in silenzio per cinquant’anni e tutt’oggi il silenzio vive ancora. Nei libri di storia la co-sa è poco accennata e a scuola (fino alla quinta superiore) non se ne parla proprio. Il 10 febbraio è la giornata per il ricordo di tali morti e per i loro esuli ma a muoversi non è lo Stato, sono i tanti odiati e schifati “fascisti” e per questo l’evento viene etichettato come “evento per i fasci” mentre i morti da piangere sono morti italiani, innocenti e senza colpe. La scuola, come Pesaro in generale, non si è mai interessata a tali avvenimenti ma spero che almeno questo articolo, questo piccolo pensiero, possa aiutare a ricordare chi non dev’essere dimenticato. Noi siamo ancora qui per ricor-dare a chi vuol dimenticare che la verità non può essere Infoibata!

Teobaldo Bianchini

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videogames scintilla

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Questo è il quinto episodio della serie prodotta dalla IO Interactive che vede come protagonista l'as-sassino professionista denominato Agente 47. Questo gioco si basa essenzialmente sulla storia prin-cipale che si rivela ricca di colpi di scena. Le varie missioni sono basate sulle abilità del giocatore di proseguire seguendo lo stile di 47,ovvero senza mettersi a sparare a caso facendo una carneficina. Uno dei punti forti del gioco sono i luoghi ricchi di persone che rendono appunto più difficile il non essere scoperti e lo svolgimento lineare della missione, inoltre un altro ottimo aspetto del gioco è il fatto che per svolgere una missione ci siano varie strade differenti che portano allo stesso obiettivo finale, che possono andare dal uccidere tutte le guar-die al seguire un percorso più nascosto che fa evitare di essere scoperti e di far iniziare una sparatoria. Un difetto si può trovare forse nell'idea di mettere una specie di “contatore” che segna i punti in base alle abilità del giocatore e che può essere fonte di una continua ripresa del proprio stile di gioco. Ma alla fine rimane un ottimo gioco che riceve co-me valutazione da molti siti un 8 abbondante che sfiora il 9.

Una storia lunga ricca di risvolti umoristici e comici, una quantità di armi incredibile, tutte completa-mente differenti fra loro, che si possono distinguere in base alla rarità, e infine ambienti grandi, enorme varietà di nemici e personaggi. Sono questi i vari aspetti che hanno caratterizzato il primo capitolo di Borderlands e che continuano a farlo anche nel suo seguito; uno spara tutto ironico e tutt'altro che scontato che ha lo scopo di far divertire chi gioca e che sicuramente riesce nel suo obiettivo. La storia in singolo è segnata principalmente dal personaggio scelto all'inizio che ha varie caratteristiche ed abilità ma che può essere personalizzato ulteriormente, sia sotto l'aspetto fisico sia sotto quello delle abilità di combattimento e del vario tipo di armi. Ma il vero punto forte è la mo-dalità multiplayer che lo rende ancor più divertente ed appassionante. Presenta comunque dei di-fetti: la trama anche se lunga è praticamente uguale a quella del primo capitolo e , se giocato in sin-

golo, la sua monotonia può portare alla noia, però questo gioco si salva grazie all'ottima modalità on-line che rialza nettamente la sua valutazione che non raggiunge il 9 ma veramente di un nulla.

l quinto episodio della serie targata Ubisoft è uscito lo scorso ottobre ponendo fine ad un lunghissi-mo susseguirsi di trailer e pubblicità che forse avevano un po' stufato. Però è d'obbligo per una per-sona che si interessa di videogiochi mettere le mani su questo titolo che vede l'entrata in scena di un nuovo personaggio di umili origini che si prenderà a carico dell'eredità lasciata da Ezio ed Altair. An-che questo gioco si basa prevalentemente sulla storia (anche se presenta una modalità di sfida onli-ne) ambientata questa volta durante la rivoluzione americana in cui i patrioti si ribellano alle giubbe rosse ed agli inglesi. Particolarmente ben riuscite sono appunto le scene di guerra che mostrano una sceneggiatura eccellente al livello di un film. Il numero delle città da esplorare questa volta è 2, ovve-ro prima Boston e poi New York, che sono molto ampie e vive sotto l'aspetto della popolazione, in-fatti certe volte ci si può imbattere in una folla inferocita che impreca contro gli inglesi e incita la gente alla rivolta. Però questo gioco non vuole promuovere il classico spostamento per i tetti come nei capitoli precedenti ma propone un'avventura nella frontiera (particolarmente ben riuscita) in cui si deve cacciare una fauna attiva ed intelligente nel momento di scappare in cui il miglior modo per spostarsi è con una corsa acrobatica tra i rami degli alberi. Ma la miglior cosa di Assassin's Creed 3 che mi ha lasciato a bocca aperta è l'eccezionale stile delle battaglie navali: il modo perfetto in cui sono fatte le navi, i cannoni, i venti, gli scogli e la modalità di combattimento veramente realistica, che ti fa sentire un vero e proprio lupo di mare. Il gioco presenta comunque dei difetti e quello mag-giore rimane forse la presenza di bug in cui vediamo il personaggio continuare ad estrarre e rinfoderare l'arma mentre è in equilibrio sulla cima di una torre o rimanere seduto nel vuoto senza poter più rialzarsi (mi è capitato ed ho dovuto riavviare il gio-co). Comunque Assassin's Creed 3 rimane un titolo impeccabile sotto molti aspetti e come valutazione raggiunge tranquillamen-te il 9.

Il 2012 è stato caratterizzato dall'uscita di videogiochi molto prestigiosi: il solito Call of Duty, Fifa , e Pro Evolution Soccnulla di stravolgente e, certo giochi come Call of Duty subiscono migliorie anno per anno, però non hanno mai un qualcosa che li caratterizza princiSecondo un mio parere questi sono i migliori 5 titoli dell'anno sotto l'aspetto dell'innovazione e del divertimento:

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golo, la sua monotonia può portare alla noia, però questo gioco si salva grazie all'ottima modalità on-line che rialza nettamente la sua valutazione che non raggiunge il 9 ma veramente di un nulla.

l quinto episodio della serie targata Ubisoft è uscito lo scorso ottobre ponendo fine ad un lunghissi-mo susseguirsi di trailer e pubblicità che forse avevano un po' stufato. Però è d'obbligo per una per-sona che si interessa di videogiochi mettere le mani su questo titolo che vede l'entrata in scena di un nuovo personaggio di umili origini che si prenderà a carico dell'eredità lasciata da Ezio ed Altair. An-che questo gioco si basa prevalentemente sulla storia (anche se presenta una modalità di sfida onli-ne) ambientata questa volta durante la rivoluzione americana in cui i patrioti si ribellano alle giubbe rosse ed agli inglesi. Particolarmente ben riuscite sono appunto le scene di guerra che mostrano una sceneggiatura eccellente al livello di un film. Il numero delle città da esplorare questa volta è 2, ovve-ro prima Boston e poi New York, che sono molto ampie e vive sotto l'aspetto della popolazione, in-fatti certe volte ci si può imbattere in una folla inferocita che impreca contro gli inglesi e incita la gente alla rivolta. Però questo gioco non vuole promuovere il classico spostamento per i tetti come nei capitoli precedenti ma propone un'avventura nella frontiera (particolarmente ben riuscita) in cui si deve cacciare una fauna attiva ed intelligente nel momento di scappare in cui il miglior modo per spostarsi è con una corsa acrobatica tra i rami degli alberi. Ma la miglior cosa di Assassin's Creed 3 che mi ha lasciato a bocca aperta è l'eccezionale stile delle battaglie navali: il modo perfetto in cui sono fatte le navi, i cannoni, i venti, gli scogli e la modalità di combattimento veramente realistica, che ti fa sentire un vero e proprio lupo di mare. Il gioco presenta comunque dei difetti e quello mag-giore rimane forse la presenza di bug in cui vediamo il personaggio continuare ad estrarre e rinfoderare l'arma mentre è in equilibrio sulla cima di una torre o rimanere seduto nel vuoto senza poter più rialzarsi (mi è capitato ed ho dovuto riavviare il gio-co). Comunque Assassin's Creed 3 rimane un titolo impeccabile sotto molti aspetti e come valutazione raggiunge tranquillamen-te il 9.

2012 è stato caratterizzato dall'uscita di videogiochi molto prestigiosi: il solito Call of Duty, Fifa , e Pro Evolution Soccer 2013 però questi titoli, a parer mio, non segnano un anno perché alla fine non hanno , certo giochi come Call of Duty subiscono migliorie anno per anno, però non hanno mai un qualcosa che li caratterizza principalmente.

Secondo un mio parere questi sono i migliori 5 titoli dell'anno sotto l'aspetto dell'innovazione e del divertimento:

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Dishonored è un ottimo gioco che si basa sulla storia giocabile esclusivamente in singolo. La trama si rivela molto interessante con un colpo di scena iniziale che fa scaturire tutto quello che sarà la storia e le vicende di Corvo, ovvero il protagonista e guardia imperiale che viene accusato proprio dell'omicidio della sua protetta e che cercherà di vendicarsi contro chi l'ha ingannato e condannato. Il gioco ha un origine non proprio da spara tutto ma semplicemente d'azione in cui il personaggio principale, dopo essere riuscito a sfuggire alla condanna, diventa un assassino e, grazie a poteri ma-gici che gli vengono concessi e ad un arsenale di armi, riuscirà ad uccidere i cospiratori che puntano al trono e fa tornare la pace nel regno. Il maggior pregio di Dishonored è il vastissimo numero di al-ternative che ci si presentano per raggiungere lo scopo finale della missione, che è quasi sempre l'assassinio di un particolare obbiettivo. Il gioco rimane forse limitato nella quantità di armi che pos-siamo usare, infatti abbiamo principalmente a disposizione spada, pistola, balestra e diversi tipi di bombe ( che però rovinano l'indole silenziosa e furtiva del personaggio) e soprattutto è caratterizza-to da una non altissima qualità grafica che lo limita sotto l'aspetto visivo. Dishonored rimane un grandissimo titolo che secondo siti di recensioni ed i loro utenti aveva grandi possibilità di essere il gioco dell'anno. A livello di valutazione riceve tranquillamente un abbondante 9+.

Far Cry 3 è il secondo gioco targato Ubisoft che merita di entrare in questa classifica e che spazza via completamente la concorrenza di altri titoli per diventare gioco dell'anno. La storia ha un incipit molto semplice, si parte con un ragazzo californiano che ,in gita con i suoi amici, si diverte e pratica sport estremi come il paracadutismo però l'incontro con Vaas e i suoi pirati lo farà tornare (come dice una delle frasi più celebri del gioco) con il culo per terra. Jason, il protagonista, riesce a fuggire dai pirati grazie al fratello che però rimane ucciso proprio quando sembrava che fossero riusciti a scappare. Successivamente viene aiutato dagli abitanti del villaggio che respingono Vaas e decide di inoltrarsi nell'arcipelago per andare alla ricerca degli amici. E qui inizia una fantastica avventura che unisce una natura da spara tutto ad un manuale di sopravvivenza ad una giungla ricca di una fauna, a volte anche pericolosa. Il bello di Far Cry è che si cade spesso nella tentazione di lasciar stare per

un po' la storia principale e svolgere missioni del tutto secon-darie ma con la stessa importanza. Alla campagna memorabi-le il terzo titolo della serie aggiunge una modalità cooperativa online che lascia di stucco chi la gioca. Bisogna impegnarsi davvero tanto per trovare dei difetti in questo gioco, sempre se si riesce a trovarli. Come valutazione Far Cry 3 riceve (sempre a parer mio) un 9 e mezzo molto abbondante.

Gabriele Spadoni

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“Un gioco di ruolo, abbreviato spesso in GdR, GDR o RPG (dall'inglese role-playing ga-me), è un gioco in cui i giocatori solitamente assu-mono il ruolo di un personaggio, in un'ambienta-zione narrativa.” (wikipedia) “Il gioco di ruolo è una delle più costo-se droghe legalizzate dallo Stato (vedi Dungeons & Dragons). Ci sono vari giochi di ruolo, tutti acco-munati dallo stesso obbiettivo: interpretare un ruolo. Infatti nei giochi di ruolo non si vince, ma si guadagnano punti esperienza. Si può giocare da 3 a 27 giocatori, i quali devono essere seguiti da

un master: una sorta di guida spirituale che manda in trance i giocatori, spedendoli direttamente nella sua avventura.” (Non-Ciclopedia) Leggendo le due definizioni più famose sul web riguardanti i giochi di ruolo, potete comprendere in modo critico e non, cosa sono i gdr. Quest’articolo è dedicato in particolar modo al gdr per eccellen-za ovvero Dungeons & Dragons che noi chiameremo semplicemente D&D. Un gioco apparentemente tranquillo, si lanciano i dadi, si combatte contro goblin e orsi dalla faccia di gallina, si incontrano elfi, meduse, tirannosauri e ci si mostra per quel che si è realmente o che si vorrebbe essere. Si, perché i gdr hanno anche questa funzione. Ti portano in un mondo inesistente dove non puoi soffrire e dove non puoi far del male, le tue azioni hanno conseguenze solo in un gio-co e se sbagli c’è sempre un modo per correggere, basta ritirare il dado. Per questo i giocatori dei giochi di ruolo prendono così sul personale questo “percorso”. Nelle cam-pagne che affrontano loro utilizzano un personaggio creato in base ai loro standard, ai loro caratteri con i modi di fare che reprimono nella realtà ma che vorrebbero far venir fuori. Il personaggio praticamente, volenti o no, diventa il nostro alter ego. Il vero ritratto di noi stessi. C’è chi si fa logorare dal potere, chi fa il sapientone, chi il prepotente. Insomma, è una vita reale nel-la fantasia. Il master rappresenta Dio, colui che tutto decide e tutto sa e noi siamo come degli altri piccoli dei… Decidiamo, abbiamo il potere e per questo si finisce spesso e volentieri a fare a “mazzate”. Giocarci è stupendo, farsi coinvolgere ancora di più, rimanendo però sempre nei limiti. Si arriva delle volte al punto di credere che anche il mondo reale sia fantasia… E se pure noi fossimo dei semplici personaggi di un gioco di ruolo?

Teobaldo Bianchini

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POESIA

BUONGIORNO A TUTTI RAGAZZI! NOI SIAMO I “POETI MATTI”!

In questo esordio nel giornalino scolastico “La Scintilla” vorremmo

propor vi 3 brevi componimenti poetici. Abbiamo voluto tentare di sensibilizzare i

lettori ai temi attraverso uno strumento più insolito quale è la poesia. Il nostro obiettivo

primario è cercare di stimolare le menti dei lettori e provare ad attivarle attraverso la lettura. I

temi che tratteremo sono principalmente critiche d’attualità (nei confronti di chiesa, politica e

del sistema corrotto in generale). Vi invitiamo ad una lettura profonda dei testi, provando a

capire cosa abbiamo intenzione di esprimere attraversi questi pochi versi. Infine vorrei giustifi-

care il nostro anonimato ricordandovi che la piaga più triste dell’umanità sono i pregiudizi che

noi cerchiamo di evitarli attraverso questo espediente. Buona lettura a tutti!

PIOGGIA

Nel bosco c'è chi piange Piangon salici e bambini

Di vagiti e piena l'aria Ma nessun al mondo gl'ode

LA PRIGIONE INVISIBILE

Siamo qui riuniti ad offuscar la ragione

a bruciar la mente. Una gabbia invisibile cinge anima e corpo,

e in terra la giostra dell'uomo come fa non si ferma,

fino all'ultima sera.

AL MESTIER DI CACCIAR L'ALTRO Ognun sa 'l fatto suo

Il dio umano non c'addormenta Solo quando scende a terra

Le sue guardie invia nel mondo E i due soli ben il vede

Il lion e la gazzella sono entrambi nel burrone

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Un brivido. Quando Travaglio sferra la sua intervista al Cavaliere e ironizza sulle donne attratte dal "fascino" di Silvio, lui cosa fa? Sorride, ammicca, come per dire "Dubitereste del mio sex appeal?!". Sembra una scena del romanzo "1984", un esempio perfetto di quello che Orwell chiama "bipensiero". Perché l'ex premier sa benissimo che non è così, che attira donne come il miele solo grazie al suo sterminato patrimonio. Però allo stesso tempo ci crede, ci crede veramente! Proprio co-me i membri del partito esperti nella pratica del bipensiero, largamente sfruttata dai regimi totalita-ri, Berlu è consciamente convinto della veridicità dell'affermazione, pur essendo inconsciamente consapevole della sua falsità. La situazione a mio parere non è delle migliori, e non vorrei che questa strana puntata di Servizio Pubblico (del 10 gennaio 2013) riaprisse il campo a un mo-dello completamente sbagliato di far politi-ca, che sembrava debellato. Vi lascio con il pensiero di un altro scrittore "comunista":

«L'effetto della cura è più lento del diffon-

dersi della malattia. [...] è tanto più facile

soffocare l'intelligenza e le sue opere che

non rianimarle»

Tacito

Giacomo Bartolucci

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Il progetto BrainSteam nasce dall'idea di un gruppo di ex-studenti del Liceo Scien-tifico Marconi, che riflettendo sulle possibilità offerte dai nuovi sistemi di comuni-cazione hanno deciso di unire le proprie forze e le diverse competenze acquisite durante i percorsi universitari per metterle a disposizione degli studenti. Il nostro obbiettivo è creare una piatta-forma informatica che possa metterci in contatto via web con gli studenti e fornire così un supporto “in diretta” allo studio pomeridiano in grado di coprire la maggior parte delle materie. Grazie alla collabora-zione con il Liceo la fase speri-mentale del progetto partirà tra qualche settimana, seguiteci e scrivete le vostre opinioni, per-plessità, richieste (facebook.com/BrainSteam

([email protected]), ci aiuterete a dare forma ad un'idea che solo qualche anno fa, quando eravamo noi ad essere dietro gli stessi banchi, non era nemmeno concepibile.

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PERIODICO DI ATTUALITA’, CULTURA,

INTERESSE GIOVANILE

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