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QUESTO SUPPLEMENTO È STATO REALIZZATO DA MEDIAPLANET. IL SOLE 24 ORE NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÁ PER IL SUO CONTENUTO

MARZO 2009

S A L U T E D E L C U O R E

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L’ipertensione arteriosa rappre-senta al tempo stesso una del-le patologie più diffuse (oltre il 20% della popolazione dei paesi occidentali ne è affetto) e più misteriose. Se, infatti, è facile diagnosticarla non è possibile in circa il 95% dei casi stabilirne la causa e si parla di “ipertensione essenziale”.Nel tempo i valori normali sono stati progressivamente ridotti e quindi la soglia di ipertensione coerentemente abbassata. Si è così avuta l’impressione di una malattia che con il trascorrere degli anni è divenuta più peri-colosa, il che è probabilmente l’opposto della realtà. Infatti la disponibilità di farmaci efficaci e ben tollerati ha consentito di migliorare la prognosi della ma-lattia ipertensiva.

Contemporaneamente, dal mo-mento che la relazione tra valori pressori e rischio cardiovascola-re esiste per tutti i valori di pres-sione arteriosa, l’ipertensione è stata definita come il livello di pressione arteriosa per cui il trattamento è più utile che dan-noso. I valori soglia dell’iperten-sione sono stati così “abbassati” per ammettere ai benefici del trattamento il gran numero di soggetti con un “lieve” incre-mento dei valori pressori, che fornisce il contributo più signifi-cativo in termini di prevenzione cardiovascolare di popolazione proprio per il gran numero di in-dividui che consente di proteg-gere dai danni collegati all’au-mento dei valori pressori. La variabilità del livello pressorio soglia per stabilire la necessità di un trattamento antiipertensi-vo trova oggi giustificazione an-che nella filosofia del rischio car-

diovascolare globale, cioè della probabilità che una persona ha di sviluppare un evento cardio-vascolare nei successivi 10 anni.

Questo approccio si basa sul-la osservazione che il paziente iperteso difficilmente ha l’au-mento dei valori pressori come unico determinante del suo ri-schio cardiovascolare. Molto più spesso questi individui presen-tano contemporaneamente altri fattori di rischio cardiovascolare ben codificati (ad esempio l’obe-sità, il diabete mellito, alterazioni della colesterolemia e la familia-rità per accidenti cardiovascola-ri) che, quando presenti, ampli-ficano il rischio dell’ipertensione arteriosa rendendo necessario il mantenimento di livelli pressori particolarmente bassi. In questo modo, sottolineando che i valo-ri pressori elevati sono solo un determinante del rischio cardio-vascolare del paziente iperteso, si riconosce che l’ipertensione arteriosa più che una malattia o un semplice fattore di rischio si caratterizza come un insieme di malattie che hanno come comune denominatore livelli elevati di pressione arteriosa ma cause, quadro clinico e progno-si diversi.Va precisato che il riscontro oc-casionale di valori pressori supe-riori alla norma non consente di porre immediatamente diagnosi di ipertensione arteriosa, questa prevede infatti ripetute misura-zioni con reperto costante di va-lori pressori elevati e, soprattut-to, l’esclusione di possibili cause contingenti (tensione emotiva, assunzione di sostanze con ef-fetto sui valori pressori, quali la liquirizia o gli spray nasali a base di farmaci vasocostrittori)

che possano determinare un au-mento dei valori pressori.La strategia suggerita dalle So-cietà Scientifiche per la gestione dell’ipertensione prevede inol-tre che quando i valori pressori elevati non sono tali da configu-rare un pericolo imminente per il paziente è opportuno procra-stinare l’inizio del trattamento farmacologico per dare spazio alle misure igienico dietetiche (incremento dell’attività fisica, riduzione del peso corporeo se elevato, sospensione dell’abi-tudine al fumo, ecc). Infatti in alcuni casi l’aumento dei valori pressori è conseguente a que-ste abitudini. L’esempio più ti-pico è quello dell’ipertensione dell’obeso che non sempre è una vera e propria ipertensione essenziale e spesso è soltanto conseguenza dell’eccesso di peso e scompare con la riduzio-ne di quest’ultimo. Nel caso in cui anche dopo la correzione di eventuali abitu-dini incongrue i valori pressori rimangono elevati è opportuno l’inizio di un trattamento farma-cologico.

La scelta del farmaco con cui iniziare questo trattamento è affidata alla discrezione del me-dico in quanto non esistono ele-menti che possano consentire di predire con sicurezza la risposta del singolo paziente alle diverse classi di farmaci antiipertensivi.Va anche detto che la maggior parte dei pazienti ipertesi ri-chiede più di un farmaco per il controllo adeguato dei valori pressori. Un elemento importante è cer-tamente la tollerabilità da parte del paziente considerando che si tratta di un trattamento croni-

co che deve essere mantenuto per tutta la vita, sia pure con ag-giustamenti delle dosi necessa-ri per il modificarsi delle condi-zioni ambientali e personali nel corso dell’anno e degli anni.

Va infatti considerato che il 30% circa delle prescrizioni di anti-ipertensivi non viene ripetuta nel tempo suggerendo che quest’ampia quota di pazienti assume al massimo una o due confezioni di antiipertensivo rimanendo poi esposti a que-sto importante fattore di rischio cardiovascolare che, se non cu-rato adeguatamente, determina danni gravi a livello del cervello, del cuore, del rene e delle arterie in genere. In particolare, a livel-lo cerebrale se la patologia più conosciuta è l’ictus emorragico o ischemico, il danno da iper-tensione inizia molto precoce-mente con una perdita di cellule cerebrali che inizialmente non produce sintomi ma nel medio e lungo termine può determina-re anche una demenza precoce. A livello cardiaco l’ipertensione comporta un ispessimento del-le pareti del ventricolo sinistro, cioè della parte del cuore che deve sostenere un maggior ca-rico lavorativo a causa dell’au-mento dei livelli pressori. Questa alterazione a sua volta facilita lo sviluppo di insufficienza cardiaca direttamente o attraverso com-plicanze come l’infarto del mio-cardio. Infine gli elevati valori di pressione arteriosa determinano danno anche a livello renale si che l’ipertensione arteriosa co-stituisce, insieme con il diabete mellito, la causa più frequente di insufficienza renale cronica con necessità di emodialisi o di tra-pianto renale.

Per fortuna, nonostante non conosciamo le cause che deter-minano l’ipertensione arteriosa, al di là del fatto che è evidente una predisposizione familiare dimostrata per esempio dall’os-servazione che soggetti con uno o entrambi i genitori ipertesi hanno una probabilità di essere loro stessi ipertesi che è ripetti-vamente doppia e tripla rispet-to alla popolazione generale, abbiamo farmaci molto efficaci e ben tollerati che consentono una oltre alla riduzione dei va-lori pressori una regressione del danno degli organi bersaglio. È opportuno ricordare, però, che si tratta di sostanze che riducono la pressione ma non risolvono le cause che hanno determinato l’ipertensione per cui non devo-no assolutamente essere sospesi una volta che è stato raggiunto l’obiettivo terapeutico. La speranza, comunque, è quel-la che la ricerca scientifica nel campo dell’ipertensione arterio-sa possa arrivare al più presto a cancellare l’aggettivo essenziale definendo quindi le cause che nel singolo paziente inducono aumento dei valori pressori così da consentire una terapia che risolva il problema all’origine o ancora meglio da permettere una reale prevenzione dell’iper-tensione arteriosa.

EDITORIALE

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S O M M A R I O- La terapia farmacologica dell’ipertensione arteriosa............................................................................................. 3

- Dai miti alimentari alle innovazioni salutistiche....................................................................................................... 4

- La pressione Arteriosa domiciliare................................................................................................................................ 6

- Cos’è l’ipertensione e come curarla attraverso un corretto stile di vita........................................................... 6

- Scompenso cardiaco in Italia.......................................................................................................................................... 7

2 SALUTE DEL CUORE

QUESTO SUPPLEMENTO È STATO REALIZZATO DA MEDIAPLANET. IL SOLE 24 ORE NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÁ PER IL SUO CONTENUTO

MARZO 2009

S A L U T E D E L C U O R E

Bruno Trimarco Professore ordinario di medicina Interna

Direttore Centro Ipertension ed UTIC

Dipartimento di Medicina Clinica Scienze Cardiovascolari

ed Immunologiche Università Federico II - Napoli

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SALUTE DEL CUORE

L’ipertensione arteriosa è il più diffuso fat-tore di rischio cardiovascolare modificabile e come tale, essa rappresenta un “target” ideale per la prevenzione delle malattie car-diovascolari, attraverso modificazioni dello stile di vita e/o interventi farmacologici fi-nalizzati al controllo dei valori pressori. Una riduzione efficace della pressione arterio-sa è associata, infatti, ad un abbattimento degli eventi cardiovascolari (riduzione del -40% di ictus cerebrale, del -15% di infarto del miocardio e del -25% di insufficienza re-nale terminale e dialisi).Tale risultato è particolarmente favore-vole quando la terapia instaurata riesce a riportare i valori pressori entro i livelli di normalità (pressione arteriosa inferiore a 140/90 mmHg). Nella grande maggioranza dei pazienti ipertesi, tuttavia, per raggiun-gere la normalizzazione dei valori presso-ri, è necessaria una terapia farmacologica, che una volta iniziata, quando la diagnosi di ipertensione arteriosa è certa, dovrebbe essere proseguita per tutta la vita. D’altra parte, la terapia farmacologica, integrata con le modificazioni dello stile di vita, e ba-sata sull’impiego dei farmaci più moderni, è generalmente molto ben tollerata e non determina un impatto particolarmente ne-gativo sulla qualità di vita dei pazienti. Tut-tavia, al fine di convincere i pazienti ipertesi ad intraprendere e continuare una terapia “vita natural durante” per una malattia che è sostanzialmente asintomatica, è neces-

sario, specialmente nei primi incontri, sot-tolineare e spiegare gli effetti deleteri che valori di pressione arteriosa elevati posso-no determinare sui cosiddetti “organi ber-saglio” ossia sul cuore, sui vasi, sul cervello e sul rene. La terapia moderna dell’ipertensione arte-riosa è basata sull’impiego di farmaci ap-partenenti a 5 classi principali: ACE Inibito-ri, antagonisti recettoriali dell’angiotensina II (o sartani), beta-bloccanti, calcio-anta-gonisti, diuretici. Queste classi di farmaci, che annoverano diversi composti, sono in grado di ridurre la pressione arteriosa attra-verso i principali meccanismi di regolazione della pressione arteriosa (la costrizione dei vasi, la ritenzione di acqua e di sale, l’azione di neuro-ormoni come l’angiotensina II o il sistema nervoso simpatico) e sono molto efficaci nel ridurre la pressione arteriosa senza determinare, a differenza dei farma-ci usati nel passato, effetti collaterali parti-colarmente rilevanti e senza determinare nel lungo termine eventuali conseguenze. Accanto alla capacità di ridurre la pressio-ne arteriosa, alcune di queste classi, come soprattutto gli ACE Inibitori, i sartani ed i calcio-antagonisti, sono in grado di limita-re la progressione del danno d’organo, che nella grande maggioranza dei pazienti iper-tesi si sviluppa nel corso del tempo. Infatti, questi farmaci riducono l’ingrandimento del cuore, la progressione dell’aterosclerosi a livello dei vasi, il danno oculare, il deficit

cognitivo e lo sviluppo di proteinuria e di insufficienza renale cronica.Ma soprattutto, i grandi studi clinici di in-tervento condotti con i farmaci antiiperten-sivi hanno dimostrato la capacità di queste classi di farmaci di ridurre gli eventi cardio-vascolari maggiori, come infarto del mio-cardio, ictus cerebrale e morte per cause cardiovascolari. In oltre 7 pazienti ipertesi su 10, tuttavia, è necessario utilizzare que-ste classi di farmaci in combinazioni, anche precostituite in una singola compressa, per ottenere la normalizzazione dei valori pres-sori. Le combinazioni più razionali ed effica-ci sono quelle rappresentate dall’impiego dei farmaci che bloccano il sistema renina-angiotensina (ACE Inibitori e sartani) con i diuretici tiazidici a basso dosaggio o con i calcio-antagonisti. In molti casi ancora, è necessario utilizzare fino a tre o più farmaci per raggiungere l’obiettivo della terapia far-macologica, ossia il controllo adeguato dei valori pressori. Nell’ottica del fatto che la maggioranza dei pazienti ipertesi presenta altri fattori di ri-schio (soprattutto dislipidemia, diabete, obesità, etc) o altre malattie cardiovascolari e renali, alla terapia con i farmaci antiiper-tensivi è in molti casi necessario ed utile associare altri presidi terapeutici, al fine di ridurre il rischio cardiovascolare totale (aspirina a basso dosaggio, statine, ipogli-cemizzanti, etc). In conclusione, la terapia farmacologica

dell’ipertensione arteriosa rappresenta pro-babilmente il presidio più importante della moderna prevenzione cardiovascolare, so-prattutto in relazione alla enorme prevalen-za dell’ipertensione arteriosa nella popola-zione adulta nei paesi occidentali, ma anche in rapporto all’impatto considerevole che l’aumento dei valori pressori determina sul rischio cardiovascolare di ciascun individuo. Nonostante queste considerazioni, appare oggi evidente che l’impiego di un’adeguata terapia antiipertensiva nella popolazione generale è ancora largamente insoddisfa-cente dal momento che poco più del 20% dei pazienti ipertesi in molti paesi ed anche in Italia non raggiunge la normalizzazione dei valori pressori. Resta quindi, un ampio margine di intervento e di miglioramento per un efficace controllo dell’ipertensione arteriosa e delle sue temibili conseguenze.

La terapia farmacologica dell’ipertensione arteriosa3

Prof. Massimo Volpe Cattedra e Struttura Complessa

di Cardiologia II Facoltà di Medicina e Chirurgia

Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

Azienda Ospedaliera Sant’Andrea

Roma – Italia e-mail:

[email protected]

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L’alimentazione è uno degli aspetti del-la nostra vita dove siamo meno disposti ad accettare cambiamenti o innova-zioni. Eppure, questa ritrosia emotiva, guardiana delle tradizioni gastronomi-che come dei ricordi dell’infanzia, non basta a fermare gli adattamenti o le rivoluzioni che tra fast food, paninote-che e pizzerie, novel e functional food, hanno ridisegnato, al passo con i tempi, la prima colazione o il vec-chio pranzo all’italiana.Nell’ultimo decennio la crescente attenzione per il benessere fisico e per una longevità godibile ha tra-sformato i nutrizionisti in “opinion leader” e l’industria alimentare è diventata mol-to più attenta a muoversi nella direzione proposta o almeno accettata dal mon-do scientifico. In questa nuova dimensio-ne è aumentata l’offerta di alimenti finalizzati al salu-tismo, ovvero al potenzia-mento vero o presunto del benessere fisico, con offerte di ogni tipo: dai prodotti registrati come “dietetici” (sempre di gran moda, fra gli sportivi ed ancor più nel mondo delle palestre) agli integratori a base di amino-acidi ramificati, di carnitina o di improbabili potenzia-tori muscolari.In particolare, dopo gli stu-di sulla dieta mediterranea i cardiologi hanno rafforzato il convin-cimento che la quantità e la qualità dei grassi alimentari ha, non meno del co-lesterolo e delle sue frazioni, una serie di correlazioni con la patologia cardio-circolatoria e la precoce degenerazione aterosclerotica.È aumentata allora l’offerta di alimenti innovativi: creati dall’industria con l’in-tento, talvolta troppo enfatizzato ma non infondato, di proteggerci da peri-coli un tempo sconosciuti o di poten-ziare le difese organiche con molecole particolari non sufficientemente pre-senti nella realtà alimentare dei nostri tempi. Tuttavia, il consumatore moderno si trova spesso in difficoltà fra spot pub-blicitari e promesse giornalistiche, per-ché non può disporre delle cognizioni necessarie per distinguere i probiotici dai prebiotici o la diversa utilità delle fibre solubili da quelle insolubili; op-pure, non sa quale sia la reale efficacia preventiva o il contributo terapeutico di cui sono accreditati alcuni nuovi pro-dotti utilizzabili nel contenimento di un’ipercolesterolemia borderline, cioè non tale da richiedere già in prima bat-tuta l’impiego di veri e propri farmaci (statine, fibrati) ma da affrontare con specifiche attenzioni dietetiche (fibra alimentare, betaglucani, ecc.) e con una revisione del proprio stile di vita (rinun-cia al fumo, alla sedentarietà, al sovrap-

peso e ai fattori di rischio identificati nella moderna “sindrome metabolica”).

La Fibra alimentare e i betaglucaniL’impegno delle maggiori Società scien-tifiche internazionali nel raccomandare un maggior consumo di verdure e frutta è coerente con gli studi “caso-controllo” e con i risultati di studi prospettici o

di coorte di vaste dimensioni. Il ruolo protettivo della frutta e delle verdure fresche è convalidato ormai da un gran numero di indagini epidemiologiche ed è citato nelle Linee Guida dell’Alimen-tazione adottate dai maggiori Paesi mondiali o si evince dalla discussa ma significativa immagine della Piramide alimentare, dove ormai occupa stabil-mente una collocazione strategica. Tuttavia, il mondo vegetale detiene un patrimonio immenso di molecole po-tenzialmente utili che non va ristretto soltanto a verdure e frutta ma che coin-volge anche cereali e legumi, indipen-dentemente dal loro prioritario contri-buto energetico. Perciò, la proposta di recuperare queste fonti naturali, rivalu-tando proprio quelle frazioni che sono state allontanate, tramite tecniche di raffinazione esasperate, può aiutarci a recuperare il necessario apporto di fibre alimentari (senza cibi “integrali” è quasi impossibile totalizzare i 30 gram-mi di fibra raccomandati giornalmente dalle Linee Guida dell’INRAN).Al riguardo, la proposta di utilizzare ce-reali ricchi di fibra solubile e betagluca-ni ha una logica che riconcilia le finalità dietetiche con il rispetto del gusto e del-la tradizione. E qui vale la pena di ricor-dare, non certo ai tecnologi o ai medici, che la fibra solubile ricavata dall’avena può aiutare i consumatori abituali a “controllare” meglio non soltanto le fasi

della digestione e dell’assorbimento in-testinale ma anche una colesterolemia borderline, oppure a modulare la glice-mia post-prandiale, rispetto a quanto avverrebbe con prodotti di gusto ana-logo però meno dotati di betaglucani.Queste nozioni sono note e comprovate sperimentalmente da almeno due de-cenni; al riguardo ricordo di aver contri-buito a validarle sui diabetici (Am J Clin

Nutr 1988;47:243-6) e ad approfondir-le in vitro, con i ricercatori dell’Istituto Nazionale della Nutrizione (European Journal of Clinical Nutrition 1995; 49, Suppl.3, S264-S267) segnalandone gli evidenti vantaggi metabolici. Purtroppo, le industrie alimentari non avevano maturato, all’epoca, quell’at-tenzione salutista e innovativa che oggi ne caratterizza buona parte della pro-duzione e sono dovuti trascorrere di-versi anni per passare dai primi ma non gradevoli prodotti, addizionati di guar e glucomannani, agli attuali e perfino gustosi prodotti naturalmente ricchi di betaglucani.

Il riconoscimento del Food and Drug Administration (F.D.A.)Il progresso tecnologico ha permesso di innalzare il contenuto di betaglucano nelle comuni varietà di avena, in modo da raggiungere con più facilità e sen-za rimbalzi negativi sul gusto, il totale di fibre solubili richiesto dalla FDA per concedere ai produttori un messaggio salutistico.Esistono altre fonti di betaglucani che, all’atto pratico, sono assai meno utili di quelli derivati dall’avena, perché poco solubili o insolubili in acqua, perciò di scarsa duttilità biologica.Bisogna convenire che la possibilità di riportare sull’etichetta dei prodotti, in regola con i requisiti richiesti dal FDA,

una dizione salutista sulla prevenzione delle patologie degenerative cardio-va-scolari ha il merito di impedire messag-gi impropri ma ha anche il pregio di sti-molare le industrie a produrre alimenti innovativi, capaci di sollecitare l’interes-se di una considerevole aliquota della popolazione sulla prevenzione e non solo sulle terapie farmacologiche.La riduzione della colesterolemia è

proporzionale alle dosi e dura finché si continua ad assume-re almeno 3 g/die di betaglucano. Il mec-canismo di azione è legato, come per altre fibre solubili, allo svi-luppo di viscosità nel bolo intestinale (ef-fetto gel forming) con minore assorbimento di grassi e colesterolo e minore o ritardato assorbimento di car-boidrati disponibili. Queste particolarità suggeriscono di as-sumere i prodotti na-turalmente ricchi di betaglucani nel corso dei pasti, elettivamen-te alla prima colazio-ne, in modo da influire favorevolmente anche sulla curva glicemica e insulinemica post-prandiale.Non ultimo, la mag-giore viscosità del

bolo alimentare, innescata dai betaglu-cani dell’avena, induce un precoce sen-so di sazietà, non ancora adeguatamen-te studiato ma indubbiamente utile nel trattamento di soggetti in sovrappeso o già in stato di obesità, ovvero con Indice di Massa Corporea (Peso, in kg, diviso per il quadrato dell’Altezza, in metri) su-periore a 30.

Prof. Eugenio Del Toma Primario Emerito di Diabetologia e Dietologia, Ospedale San Camillo-Forlanini, Roma Presidente Onorario Associazione Italiana Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI)

Dai miti alimentari alle innovazioni salutisticheSALUTE DEL CUORE

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L’ipertensione arteriosa è una con-dizione largamente definita dal suo nome e che si identifica prin-cipalmente in un aumento della pressione arteriosa massima e mi-nima (rispettivamente sistolica e diastolica) al di sopra dei livelli di normalità che nella popolazione generale corrispondono a valori inferiori a 140/90 mmHg.Secondo stime accreditate, la pre-senza di ipertensione arteriosa coinvolge, in media, circa il 35-40% della popolazione adulta nel nostra Paese con un incremento della percentuale al crescere della età e senza sostanziale distinzione tra uomini e donne. Ciò significa che alle stime attuali, 12-14 milio-ni di pazienti in Italia sono affetti da ipertensione arteriosa e tali ci-fre sono destinate a incrementarsi rapidamente con il progressivo incremento della popolazione anziana atteso per i prossimi 2-3 decenni. In termini clinici l’aspet-to più rilevante che consegue alla presenza di ipertensione arteriosa

è la sua capacità di danneggiare progressivamente la parete delle arterie ed alterare il funzionamen-to di alcuni organi vitali contri-buendo allo sviluppo della ate-rosclerosi e delle sue più temibili complicanze cardiovascolari quali l’infarto miocardico, l’ictus e le in-sufficienza renale. La probabilità che ciò avvenga è direttamente correlata all’aumento dei valori di pressione arteriosa del soggetto e per questo motivo la terapia della ipertensione arteriosa si articola soprattutto sull’impiego di stra-tegie in grado di ridurre efficace-mente gli elevati valori pressori fino a farli rientrare entro quei li-miti di normalità con riduzione sostanziale del rischio cardiova-scolare. In questa ottica preventi-va un ruolo di primo piano è cer-tamente giocato dalla adozione di opportune modificazioni dello sti-le di vita in grado di contribuire al controllo della pressione arteriosa facendo leva sulla capacità indivi-duale di ogni singolo soggetto di

correggere quegli atteggiamenti potenzialmente in grado di pro-muovere o sostenere l’aumento dei valori pressori. Le modifica-zioni favorevoli dello stile di vita non rappresentano una strategia alternativa alla terapia farmacolo-gica e dovrebbero essere adottate da ogni soggetto iperteso inclusi quelli che presentano alterazioni marginali della pressione arterio-sa (es. pressione normale-alta). Tra le modificazioni dello stile di vita in grado di modificare favo-revolmente gli elevati valori pres-sori va certamente annoverato un adeguato controllo del peso corporeo il cui eccesso affligge una percentuale rilevante della popolazione ipertesa. In termi-ni pratici per ogni riduzione del peso corporeo di “soli” 5 kg si più osservare una caduta media della pressione arteriosa di 4-5 mmHg e tutto ciò può avere grande rile-vanza clinica. Un analogo bene-ficio sul controllo della pressione arteriosa può essere ottenuto con

un incremento della attività fisica giornaliera attraverso l’adozio-ne di programmi di esercizio di tipo “aerobico e isotonico” e non agonistico (es. marcia energica, jogging, bicicletta, nuoto) da pra-ticare 3-5 volte la settimana e che possono assicurare una riduzione dei valori di pressione arteriosa fino a 5-7 mmHg. Per quanto ri-guarda le altre possibilità di agire nei confronti degli elevati valori pressori, la abolizione dal fumo ha una efficacia preventiva ad ampio spettro che va oltre il controllo della pressione che invece può es-sere significativamente migliorato evitando la introduzione eccessi-va di alcool e sale (cloruro di so-dio), considerando però che una adeguata quantità di sale è indi-spensabile per un corretto funzio-namento dell’organismo e che la assunzione di una modica (ZZZ) quantità di alcool, magari ai pasti, ha effetti cardiovascolari comples-sivamente favorevoli. Le strategie di intervento nei confronti dello

stile di vita sono inoltre in grado di agire favorevolmente nei confron-ti degli altri fattori di rischio che si associano alla ipertensione arte-riosa (es. alterazioni glicemiche e lipidiche) e tutto ciò contribuisce alla protezione globale del pa-ziente iperteso. Tra le prospettive interessanti, studi recenti hanno focalizzato l’attenzione sul ruolo del contenuto di di alcuni compo-nenti specifici della dieta (es. acidi grassi omega-3) nei confronti del controllo pressorio aprendo una interessante prospettiva per un approccio “nutraceutico” al con-trollo non-farmacologico della pressione arteriosa che potrebbe contribuire alla prevenzione delle malattie cardiovascolari.

un nuovo strumento per la diagnosie la cura dell’ipertensioneLa pressione arteriosa subisce, come noto, profonde modifi-cazioni nell’arco del periodo diurno, del periodo notturno, col variare delle stagioni e ovvia-mente nell’arco degli anni. Tali modificazioni assumono spesso considerevole rilevanza clinica, in quanto in grado di interferire con la diagnosi di ipertensione o con le modalità dell’approccio terapeutico antipertensivo. Una caratteristica peculiare del-la pressione arteriosa è che tale parametro è soggetto anche all’influenza di fattori emotivi che ne condizionano in maniera marcata i valori assoluti. È stato ad esempio osservato che incre-menti di 30-40 mmHg di pressio-ne sistolica (o massima) e di 15-20 mmHg di pressione diastolica si accompagnano a situazioni “emotivamente” importanti, qua-li l’effettuazione di un esame uni-versitario, la partecipazione ad eventi sportivi (partita di calcio) o a giochi di società (partita a car-te). Non immune dalla cosiddet-ta “reazione d’allarme” è la visita medica e più specificatamente la misurazione della pressione arteriosa da parte del personale medico. In uno studio effettuato alcuni anni fa dal nostro gruppo e pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “The Lancet”, avevamo infatti per la prima vol-

ta descritto il fenomeno della reazione d’allarme, e cioè l’incre-mento pressorio che si verifica per fattori emotivi nel paziente al momento della misurazione pressoria da parte del medico. Il fenomeno non è una “curiosità scientifica” di laboratorio, bensì un aspetto importante della va-riabile pressoria. Basti pensare che tale incremento pressorio, che si verifica in modo assai va-riabile e del tutto imprevedibile nei diversi pazienti, può “falsa-re” la diagnosi di ipertensione, etichettando come ipertesi dei soggetti che in realtà al di fuori dell’ambulatorio del medico pre-sentano valori del tutto normali. È in questa ottica che si inserisce il discorso delle cosiddette “pres-sioni alternative”, e cioè la pres-sione ambulatoria delle 24 ore, registrata mediante strumenti automatici e la cosiddetta pres-sione domiciliare, rilevata dal pa-ziente stesso al proprio domicilio con l’impiego di strumenti di rile-vazione pressoria semiautomati-ci. Sul piano clinico, la rilevazione della pressione domiciliare rive-ste diversi vantaggi rispetto alla pressione clinica misurata dal medico. In primo luogo la meto-dica ci fornisce una valutazione dei “reali” valori pressori del pa-ziente, scevri cioè dalla reazione d’allarme sopramenzionata. Inol-

tre essa è un indice più fedele ri-spetto alla pressione clinica della possibile presenza di “segni di sofferenza d’organo”. Sappiamo infatti che uno stato ipertensivo non trattato (o mal trattato) può portare a gravi danni sul cuore e sui vasi arteriosi. Avere una pres-

sione domicialire non controllata vuol dire, in base ai risultati degli studi di più recente pubblicazio-ne, avere una maggiore probabi-lità di sviluppo delle alterazioni del cuore e dei vasi. Vi è inoltre un ulteriore vantaggio relativo alla misurazione domiciliare del-la pressione arteriosa e cioè la possibilità reale da parte del pa-ziente di conoscere i suoi valori pressori e di registrarli su appositi diari. In questo modo, specie nel paziente iperteso in trattamento farmacologico antipertensivo, sarà possibile rendersi conto in maniera diretta degli effetti an-tipertensivi di una determinata terapia.

Due importanti aspetti relativi alla misurazione domiciliare del-la pressione arteriosa meritano di essere ricordati. In primo luo-go il fatto che i cosiddetti “valori di normalità”, che definiscono la soglia tra normotensione ed ipertensione arteriosa, sono infe-

riori rispetto ai valori sfigmoma-nometrici pressori misurati dal medico (vedi Tabella 1) e lieve-mente superiori a quelli misurati nelle 24 ore.Tale peculiarità è di non trascu-rabile importanza clinica quan-do il medico va a valutare il diario pressorio domiciliare del paziente. Infine, la misurazione della pressione domiciliare, pur essendo utile e poco costosa (in genere uno strumento per la mi-surazione pressoria domiciliare certificato può essere acquistato in farmacia per meno di cento euro), richiede alcune precauzio-ni. La prima è che lo strumento sia periodicamente soggetto al

controllo della taratura, procedu-ra quest’ultima che può essere effettuata in farmacia. La secon-da è che la misurazione pressoria domiciliare non deve diventare essa stessa una “patologia”. In al-tre parole non c’è bisogno che il paziente misuri molteplici volte

al giorno la pressione arteriosa a domicilio. Sono invece sufficien-ti 1 o 2 misurazioni pressorie (al mattino prima dell’assunzione della terapia) e nel tardo pome-riggio, per avere informazioni utili sul profilo pressorio.Sarà compito del medico di istru-ire il paziente a questa nuova e promettente metodica diagno-stica.

Limiti di normalità pressoria

Pressione rilevata dal medico 140/90 mmHg

Pressione domiciliare 135/85 mmHg

Pressione delle 24 ore 125/80 mmHg

(Tabella modificata dalla Linee Guida ESH/ESC dell’Ipertensione Arteriosa, 2007)

La pressione arteriosa domiciliare:

Cos’è l’ipertensione e come curarla attraversoun corretto stile di vita

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Prof. Giuseppe Mancia Clinica Medica, Università

Milano-Bicocca, Ospedale San Gerardo,

Monza, Milano.

Prof. Claudio Borghi Cattedra e Divisione di Medicina Interna

Policlinico S. Orsola - Malpighi

SALUTE DEL CUORE

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Misurarsi la pressione a casa7

L’automisurazione domiciliare della pressione arteriosa è una pratica sempre più consigliata dai medici ai pa-zienti ipertesi per via dei numerosi vantaggi che essa comporta. Permette infatti al medico di basare le dia-gnosi su serie di dati più ampie ed esenti dall’effetto camice bianco, vale a dire il rialzo pressorio di origine emotiva che il paziente può avere di fronte al medico, di aumentare l’aderenza del paziente alla terapia e di mo-nitorarne l’efficacia con costanza.L’aspetto basilare, evidentemente, è che i valori auto misurati e poi riportati al medico siano attendibili. Que-

sto non significa che i dati rilevati a casa devono essere identici a quelli rilevati dal medico in ambulatorio: al contrario, la pressione misurata a casa è mediamente di 5 mm di mercurio più bassa, tanto è vero che le linee guida recentemente pubblicate dalla European Society of Hypertension (ESH) stabiliscono limiti diversi tra le due misure per diagnosticare uno stato ipertensivo.Fondamentale la scelta di uno strumento accurato: oltre al marchio CE è necessario controllare che lo strumento risponda ai requisiti di accuratezza richiesti dalle società scientifiche internazionali.

Proprio per garantire questo aspetto, diverse di queste società di medici specialisti, a partire dalla ESH, hanno messo a pun-to dei protocolli di prova per validare la precisione dei vari strumenti. L’elen-co degli strumenti valida-ti e accurati secondo i vari protocolli è disponibile su diversi siti internet indi-pendenti tra cui www.du-bleducationaltrust.org. Nelle farmacie e nei ne-gozi di articoli sanitari uno strumento clinica-mente validato da polso o da braccio (questi ultimi i più consigliati dai medici) costa tra i 70 e i 130 euro;

acquistando lo strumento in questi canali specializzati è possibile sfruttare la competenza di operatori preparati e in grado di guidare alla scelta dello strumento più indi-cato alle proprie esigenze. Il misuratore di pressione ha una vita utile di diversi anni per cui è importante anche considerare il servizio post vendita: garanzia tecnica di diversi anni e possibilità di controllare periodicamente la taratura dello strumento.L’automisurazione con strumenti digitali è semplice ma come tutte le cose va fatta seguendo delle regole. Prima di procedere alla misurazione vera e propria è necessa-rio sedersi in un ambiente tranquillo e rilassarsi per al-meno 5 minuti.Vietato fumare, assumere cibo o alcolici per i 30 minuti precedenti alla misurazione, così come fare sforzi fisici. Ultima cosa: prima di provare la pressione bisogna ricor-darsi anche di andare in bagno!Il bracciale, che deve essere di misura adeguata al pro-prio braccio, va applicato 2/3 cm sopra la piega del go-mito, senza stringere eccessivamente. La misurazione va fatta stando seduti con la schiena diritta, con i piedi che poggiano a terra, il braccio appoggiato al tavolo di fron-te e con il bracciale sempre all’altezza del cuore.Durante la misurazione, che con gli strumenti più evolu-ti dura circa 30 secondi, bisogna rimanere in silenzio ed evitare qualsiasi movimento.La misurazione va ripetuta a distanza di un paio di minu-ti ed i valori di pressione sistolica, diastolica e pulsazioni da annotare sul proprio diario della pressione risultano dalla media delle due misurazioni.

SALUTE DEL CUORE

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