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NEUROLOGIA No. 3 / Set. ’11 UNO SPECIALE REALIZZATO DA MEDIAPLANET I.R.C.C.S Eccellenza e territorio Parkinson Alternative alla terapia medica Sclerosi Multipla Terapia orale e nuove frontiere 6 IDEE FOTO: PER GENTILE CONCESSIONE DELLA LICE (LEGA ITALIANA CONTRO L’EPILESSIA) QUESTO SUPPLEMENTO È STATO REALIZZATO DA MEDIAPLANET. LE SCIENZE NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÁ PER IL SUO CONTENUTO “ORIZZONTI TERAPEUTICI E SINERGIE D’INTERVENTO”

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NEUROLOGIANo. 3 / Set. ’11

UNO SPECIALE REALIZZATO DA MEDIAPLANET

I.R.C.C.S Eccellenza eterritorio

ParkinsonAlternative allaterapia medica

Sclerosi MultiplaTerapia orale e nuove frontiere

6IDEE

FOTO: PER GENTILE CONCESSIONE DELLA LICE (LEGA ITALIANA CONTRO L’EPILESSIA)

QUESTO SUPPLEMENTO È STATO REALIZZATO DA MEDIAPLANET. LE SCIENZE NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÁ PER IL SUO CONTENUTO

“ORIZZONTI TERAPEUTICI E

SINERGIED’INTERVENTO”

2 · NEUROLOGIA UNO SPECIALE REALIZZATO DA MEDIAPLANET

Un momento di rivoluzione,non solo scientifi ca

Grazie alle nuove tecniche di imaging e di funzioneil sistema nervoso non è più una scatola nera.

Le nuove strumen-tazioni riescono non solo a vede-re le strutture del cervello ma anche a valutarne le fun-zioni attraverso

biomarcatori in grado di quanti-fi care ciò che prima veniva solo descritto. Spettrometria RMN e PET possono valutare la biochi-mica cerebrale, determinando le alterazioni nelle patologie. La neurofi siologia indaga sempre meglio le funzioni elettrofi sio-logiche del sistema nervoso in-dividuando le alterazioni in at-to. Grazie alla ricerca sul genoma umano oggi possiamo e� ettuare un’analisi pre-clinica di malattie genetiche che possono insorgere in età tardiva. Ma non solo. L’in-dividuazione di markers liquora-li riesce a defi nire se il defi cit co-gnitivo minimo (MCI) possa evol-vere in demenza, aprendo note-voli prospettive terapeutiche e la ricerca sulle malattie neurologi-che rare vede il neurologo come principale attore nell’assistenza

e nella comprensione di funzio-ni e disfunzioni del sistema ner-voso. Malattie di cui si conosce-vano solo i sintomi oggi trovano cause specifi che e patologie che chiamavamo con lo stesso nome sappiamo che hanno aspetti pa-togenetici diversi: la medicina diventa sempre più mirata grazie a terapie ‘intelligenti’. Tutto ciò porta ad una via nuova di classi-fi cazione che è una vera e propria rivoluzione. Malgrado la carenza di risorse, la ricerca italiana ha un ruolo importante nel panora-ma europeo, tanto che siamo la seconda nazione per produzione scientifi ca dopo la Germania.

Modelli assistenzialiQuella italiana è una re-altà estremamente va-riegata dal punto di vista

dell’assistenza, sia per il modello regionale vigente che per la mol-teplicità di attori coinvolti, ma è un modello organizzativo che va cambiato se si vuole raggiun-gere la salvaguardia della salute in ambito neurologico. È quanto

conferma anche lo studio “Siner-gia”, i cui risultati saranno pre-sentati ad ottobre al Senato della Repubblica e al Congresso SIN di Torino. Il ruolo della rete ospeda-liera deve essere centrale e orga-nizzato su diversi livelli di com-petenza cooperando con il terri-torio attraverso reti specifi che, non solo in ambito di emergen-za-urgenza ma anche per le te-rapie innovative ad alto rischio e complessità. Le Unità Neuro-logiche dovranno garantire una copertura h24, ne deriverà una riduzione nel numero e un forte potenziamento qualitativo. È un processo complesso, ma stiamo parlando della salute del citta-dino che ha diritto in qualunque parte del Paese ad avere la stessa qualità di assistenza. In questo, la Società Italiana di Neurologia assume l’impegno di mettere in atto tutti gli stimoli necessari e le iniziative che consentano di perseguire quest’obiettivo.

“Un’alternativa alla terapia medica è la chirurgia funzionale:si tratta dell’impianto nel cervello di elettrodi stimolanti,che consentonoun benefi cioclinico rilevante.”

IN EVIDENZAGiovanniAbruzzeseProf. di Neurologia Dipartimento di Neuroscienze,Universitàdi Genova.PAGINA 09

NEUROLOGIA, TERZA EDIZIONE, SETTEMBRE 2011

Managing Director: Ginevra De Fassi

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EDITORIALE

Malattie neurodegenerative in primo piano

Le malattie neurodegenerative rappresentano uno dei capito-li più impegnativi per la neuro-logia perché hanno un decorso generalmente lento, ma ineso-rabilmente progressivo e si dia-gnosticano quando il danno neu-ronale è ormai in fase avanzata. Le più di� use nella popolazione sono le malattie di Alzheimer e Parkinson, come vengono tratta-te all’Istituto Mondino?

Ricerca e Assistenza,

un approccio combinato“Presso l’Istituto Mondino, l’Uni-tà Parkinson e Disordini del Mo-vimento e l’Unità Valutativa Al-zheimer, che opera in stretta con-nessione col Laboratorio di Neu-ropsicologia Clinica, sono unità cliniche espressamente dedicate a queste malattie - a� erma Fabio Blandini, Responsabile del Cen-tro di Ricerca Interdipartimen-tale per le Malattie Neurodege-nerative dell’IRCCS Istituto Neu-rologico Nazionale “C. Mondino” – mentre una delle linee di Ricer-ca Corrente dell’istituto, fi nanzia-ta dal Ministero della Salute, stu-dia queste malattie con approccio misto, basato sia sull’attività di ri-cerca neurobiologica sperimenta-le che sulla ricerca clinica condot-ta direttamente nel paziente. Gli

obiettivi sono molteplici: dallo studio dei meccanismi patogene-tici e fi siopatologici dei processi neurodegenerativi alla valutazio-ne di nuovi approcci terapeutici o diagnostici, con il fi ne di trasferi-re alla pratica clinica prodotti del-la ricerca che siano di reale bene-fi cio per il paziente”.

Neuroriabilitazione“Le Malattie Degenerative rap-presentano un importante set-tore di attività clinica e di ricerca per la neuroriabilitazione all’IRC-

CS Mondino. Quasi il 40% dei pa-zienti ricoverati nella nostra Ria-bilitazione sono a� etti da malat-tie neurodegenerative – dichiara Giorgio Sandrini, Direttore del Di-partimento di Neurologia e Neu-roriabilitazione dell’IRCCS Istitu-to Neurologico Nazionale C. Mon-dino – e progetti specifi ci riguar-dano la gestione di alcune com-plicanze delle fasi avanzate, come la disfagia. Programmi di ricerca con forti contenuti assistenziali/traslazionali riguardano l’impie-go di nuove tecnologie (robotica e

teleriabilitazione), metodiche in-novative nella riabilitazione del cammino (condizionamento sen-soriale, sospensione di carico par-ziale) e trattamento riabilitativo integrato all’uso di tossina bo-tulinica nelle distonie. Infi ne, la neuromodulazione con stimola-zione elettrica o magnetica tran-scranica sta dando interessan-ti risultati: dati recenti indicano come possa infl uenzare positiva-mente il recupero motorio e del-le funzioni cognitive rappresen-tando un’utile integrazione alla riabilitazione neuromotoria e co-gnitiva”.

FabioBlandiniIRCCSNeurologicalInstituteC. Mondino

GiorgioSandriniDirettore del Di-partimento di Neurologia eNeuroriabilita-zione dell’IRCCS C.Mondino

Domanda: ■ È possibile cu-rare le malattie neurodegene-rative?

Risposta: ■ No, ma assi-stenza e riabilitazione rendo-no migliore la qualità di vita dei pazienti.

VANESSA SALZANO

[email protected]

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“Malgrado la carenza di risorse, la ricerca italiana ha un ruolo impor-tante nel panora-ma europeo, tanto che siamo la seconda nazione per produzione scientifi ca dopola Germania.”

Giancarlo ComiPresidente-eletto Società Italiana di Neurologia(SIN)

Antonio Fede-ricoPresidenteSocietà Italianadi Neurologia (SIN)

NEUROLOGIA · 3UNO SPECIALE REALIZZATO DA MEDIAPLANET

La Risonanza Magnetica è una tecnica estremamente sensibi-le nel rilevare sia la presenza del-le lesioni della SM che la loro “at-tività”, ossia la presenza di lesio-ni captanti il gadolinio o la com-parsa di nuove lesioni su esami di controllo seriati. Ne parliamo con Massimo Filippi, Professore di Neurologia, Unità di Neuroima-ging Quantitativo, INSPE, Divisio-ne di Neuroscienze, Università Vi-ta-Salute e Istituto Scientifi co San Ra� aele di Milano.

Il ruolo della RMStudi di RM convenzionale han-no dimostrato che, in pazienti con SM sospetta, il carico lesiona-le all’esordio clinico è signifi cati-vamente correlato con il rischio di sviluppare la malattia nella sua forma conclamata. Per que-sto, la RM è parte centrale del pro-cesso diagnostico in pazienti con sindromi isolate a rischio di evo-luzione verso una forma defi nita di malattia. In ambito terapeuti-co, l’estrema sensibilità della RM

convenzionale nel riconoscere le lesioni della malattia e le loro modifi cazioni nel tempo ha fat-to sì che tale metodica sia diven-tata uno strumento insostituibi-le in tutti i trial intesi a valutare l’e� cacia di nuovi approcci speri-mentali.

La ricercaLe moderne tecniche quantitati-ve di RM hanno permesso di su-perare, in parte, alcune limitazio-ni della RM convenzionale. Misu-re derivate dalla RM con trasferi-mento di magnetizzazione e dalla RM pesata in di� usione rendono possibile una quantifi cazione del danno tissutale a carico delle le-sioni macroscopiche e dei tessuti apparentemente normali con una specifi cità patologica maggiore della RM convenzionale. La spet-troscopia in RM fornisce informa-zioni preziose circa la natura bio-chimica delle alterazioni strut-turali, consentendo di migliorare notevolmente la nostra capacità di monitorare due aspetti fonda-

mentali della SM: la demieliniz-zazione e il danno neuro-assona-le. La RM funzionale è in grado di fornirci un quadro accurato della riorganizzazione del sistema ner-voso centrale secondaria al dan-no tissutale della SM e potrebbe contribuire a migliorare la cono-scenza dei fattori associati all’ac-cumulo di disabilità neurologica irreversibile in questi pazienti. L’applicazione di queste tecniche ha modificato sostanzialmen-te la comprensione dei meccani-

smi che conducono all’accumulo di disabilità irreversibile in corso di SM e sta comportando una rivi-sitazione del concetto “classico” della SM che non è più esclusiva-mente intesa come una malattia infi ammatorio-demielinizzante.

Il Ruolo dell’Unità di Neuroimaging Quantitativo (UNIQ)Nata nel 1996, l’UNIQ ha come pri-ma attività l’utilizzo, a fi ni di ri-cerca, di metodiche di RM per la defi nizione dei meccanismi re-sponsabili dell’accumulo di disa-bilità fi sica e defi cit cognitivi irre-versibili in corso di patologie neu-rologiche. L’UNIQ, inoltre, è coin-volta nel monitoraggio di terapie sperimentali volte a modifi care favorevolmente l’evoluzione cli-nica di queste condizioni neuro-logiche.

MASSIMO FILIPPIProfessore di Neurologia. Unità di Neuroimaging Quantitativo, IN-SPE, Divisione di Neuroscienze,Università Vita-Salute e Istituto Scientifico San Raffaele di Milano

MICHELA CANTARELLA

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La RM è fondamentaleSclerosi Multipla: circa 1,3 milioni le persone colpite nel mondo

Nel mondo, si contano circa ■

1,3 milioni di persone con SM, di cui 400 mila in Europa e ol-tre 61 mila in Italia. Dopo un evento neurologico acuto sug-gestivo di SM, la probabilità di sviluppare la malattia nella sua forma clinicamente defi -nita è variabile tra il 40 e il 70% nei due anni immediatamen-te successivi all’esordio ed è più elevata in pazienti con un maggior numero di lesioni al-la RM. Vari studi hanno dimo-strato che la SM non risparmia la sostanza grigia cerebrale, il cui danno è, in parte, il risulta-to della presenza di lesioni non evidenziate dalla RM conven-zionale.

IN BREVE

NEWSUNO SPECIALE REALIZZATO DA MEDIAPLANET

1IDEA

4 · NEUROLOGIA UNO SPECIALE REALIZZATO DA MEDIAPLANET

L’interferone BETA 1a ritarda l’insorgere della SM

Domanda: ■ Come è pos-sibile ridurre il rischio di insor-genza di SM?

Risposta: ■ Utilizzando l’interferone beta 1a fi n dal-la prima manifestazione. È quanto ha dimostrato lo Stu-dio Refl ex.

L’acquisizione del concetto che nella Sclerosi Multipla il destino futuro viene immediatamente giocato nelle fasi iniziali della malattia è stata fondamentale in ambito medico: è in questa fase che vanno concentrati gli sforzi terapeutici per garantire una vita migliore al malato.

Lo Studio ReflexÈ uno studio internazionale di Fase III a due anni, che ha va-lutato positivamente l’e� cacia dell’interferone beta 1a in pa-zienti che sono all’esordio clini-co della sclerosi multipla.Come si è svolta la ricerca?“Sono sati inclusi 517 malati che avevano avuto un attacco sug-gestivo di malattia oppure che presentavano alterazioni di ri-sonanza magnetica compatibi-li con essa – risponde Giancarlo Comi, membro dello studio Re-fl ex e primo autore della pubbli-cazione –. I pazienti sono stati suddivisi in 3 gruppi: al 1° è sta-

to somministrato il farmaco al-la dose di 44 microgrammi per 3 volte alla settimana, che è la do-se che usiamo abitualmente, al 2° gruppo una singola dose set-timanale e il 3° ha ricevuto un placebo. Dopo 24 mesi si è visto che i pa-zienti che avevano ricevuto il trattamento 3 volte alla settima-na, rispetto al placebo, avevano avuto una riduzione signifi cati-va del rischio di sviluppare il se-condo attacco di malattia che è poi quello che porta alla diagno-si defi nitiva. Anche nel 2° grup-po di pazienti, coloro che hanno ricevuto una sola dose settima-nale, si sono avuti risultati si-gnifi cativi ma la terapia si è ri-

velata meno e� cace nel ridurre il rischio di conversione a ma-lattia. Tutto questo si associava per en-trambi i gruppi con una marca-ta riduzione del numero di nuo-

ve lesioni che si andavano a for-mare nel cervello”.

I RisultatiL’endpoint primario è sta-to quindi raggiunto e i risulta-ti sono stati recentemente pre-sentati alla American Academy di Neurologia di Honolulu e al Congresso Europeo di Neurolo-gia. “Per dare un’idea della rile-vanza di quanto ottenuto occor-re capire che il rischio di conver-sione a malattia è stato ridotto del 51% nel 1° gruppo di pazienti e del 31% in chi ha ricevuto una sola dose settimanale – a� erma il prof. Giancarlo Comi -. Ciò è importante non solo per l’evidente dimezzamento del ri-schio e per la copertura maggio-re data dalla dose piena, ma an-che perché dimostra che la sin-gola dose settimanale comun-que dà risultati e ciò è importan-te per chi non vuole proprio fare 3 iniezioni a settimana ciò faci-lita l’approccio al trattamento”. Attualmente è in corso Refl e-xion, un’estensione dello studio Refl ex a 3 anni, con l’obiettivo di fornire dati di follow up a lungo termine.

VANESSA SALZANO

[email protected]

NEWS

FOCUS

UNO SPECIALE REALIZZATO DA MEDIAPLANET

Diffusione della malattia ■

Si stima che, nel mondo, le persone affette da sclerosi multipla siano circa due milio-ni: costituisce il più comune disturbo neurologico di origi-ne non traumatica nei giovani adulti.

Sintomi ■ Nonostante la sclerosi multipla sia caratterizzata da un’am-pia varietà di sintomi, i più fre-

quenti comprendono disturbi della coordinazione e diminu-zione della forza muscolare, intorpidimento e formicolio agli arti, disturbi focali.

Quale Sclerosi Multipla? ■ Nel 90% dei casi la SM si ma-nifesta nella sua forma recidi-vante remittente, la sua forma giovanile. Varianti cliniche so-no le forme progressive, tran-sazionali, benigne e maligne.

IDEA

GIANCARLO COMIPresidente-eletto Società Italiana di Neurologia (SIN).Direttore,Dipartimento Neurologico e IN-SPE, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano

L’ interferone beta 1a

VANESSA SALZANO

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È un farmaco che dà mag- ■giori chance quanto più pre-cocemente viene trattato il paziente e che risulta un’ar-ma vincente se sommini-strato fi n dal primo sintomo di sclerosi multipla. In par-ticolare, l’interferone beta 1a deve essere usato quando la malattia si manifesta nel-la sua forma recidivante re-mittente, che è la più tipica e che inizia con una fase di in-fi ammazione che, nel tempo, porta a distruggere il siste-ma nervoso.

Dimostrando la riduzio-ne del rischio di conversio-ne a sclerosi multipla anche in coloro che hanno assunto interferone beta 1a solo una volta alla settimana, lo Stu-dio Refl ex ha proposto un da-to considerevole e cioè che non per tutti i malati è indi-spensabile la dose piena. Ciò è davvero importante se si considera che la problema-tica degli interferoni è che molti malati vengono indot-ti ad abbandonare la terapia a causa degli e� etti spiace-voli che comporta ma che co-munque non sono e� etti col-laterali veramente dannosi per l’organismo, come dimo-stra il loro utilizzo ormai ul-tradecennale. In questi casi bisogna insistere ed il medi-co dovrebbe far capire ai pa-zienti l’importanza di con-tinuare la terapia in quanto gli e� etti collaterali tendono a diminuire nel tempo: un prezzo basso rispetto a ciò che comporta questa patolo-gia una volta sviluppatasi.

Ancora oggi che nuovi far-maci davvero potenti ven-gono brevettati per combat-tere questa malattia, l’inter-ferone beta 1a in pazienti adeguati, ovvero che non ab-biano una sclerosi multipla aggressiva, resta un ottimo modo di fare terapia senza far correre rischi al malato di sclerosi multipla.

IN BREVE

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NEUROLOGIA · 5UNO SPECIALE REALIZZATO DA MEDIAPLANETNeuromed tra le 100 eccellenze segnalate dall’Eurispes nel III Rapporto “Nostra Eccellenza, Cento casi di successo del sistema Italia”. Una conquista anche per il

Molise, che vanta un’istituzione privata impegnata nella ricerca traslazionale.

L’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed è un centro monospecialistico dedicato a Neurologia, Neurochirurgia e Neuroriabilitazione. Fondato nel 1976, è stato riconosciuto nel 1983 come Istituto di Ricovero e Cura a carattere Scien-ti� co (IRCCS) ed è convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale. Si pratica la ricerca di base e si pone attenzione alla ricerca traslazionale e cioè alla ricerca che produce risul-tati rapidamente trasferibili all’attività clinica.

La RicercaGenetica molecolare. Nuovi stabulari. Malattie rare. Cellule staminali. Sono questi alcuni dei piani di ricerca in Neuro-med. L’Istituto è dotato di un parco tecnologico destinato alla ricerca, dove esistono molti laboratori ed in cui ven-gono e� ettuati continui investimenti. “Stiamo lavorando per realizzare un nuovo laboratorio di diagnostica gene-tico-molecolare, dotandolo di un sequenziatore del DNA estremamente moderno, ed un laboratorio per lo studio delle cellule staminali con applicazione nelle neuroscien-ze – a� erma Edoardo Romoli, Direttore Sanitario dell’IRCCS Neuromed -. Il laboratorio delle malattie rare si occupa in particolare della Malattia di Huntington e stiamo lavoran-do per la Sindrome di Rett. Invece fra i settori di ricerca più consolidati ci sono la neuroangiocardiologia e la farmaco-logia. Nel 2010 abbiamo prodotto oltre 150 pubblicazioni e l’Impact Factor Normalizzato del 2009 è stato pari a 610,8 (Impact factor journal accident on people di 5007,68), un valore elevato che indica quante volte le pubblicazioni ven-gono citate da altri autori”.

Le StrumentazioniLa ricerca clinica, con diagnosi e cura delle patologie, avvie-ne nell’area clinica dell’Istituto e si avvale delle più moder-ne e so� sticate apparecchiature. “Negli studi con risonanza magnetica facciamo a� damento su 5 strumentazioni di cui una a 3 TESLA ed una aperta mentre la disponibilità di un angiografo biplano rotazionale 3D consente di e� ettua-re studi angiogra� ci di altissima precisione per studiare e trattare patologie complesse come gli aneurismi. Facciamo

ricerca – prosegue il prof. Romoli - anche con la PET utiliz-zando radiofarmaci tradizionali e sperimentali come la F-Colina, la F-Dopa e la F-Naf. In� ne stiamo aggiornando i si-stemi di monitoraggio video EEG per il centro dell’epilessia per raggiungere i massimi standard”.

La Neurochirurgia FunzionaleNeuromed è uno dei pochi centri in Italia in cui si eseguono interventi di neurochirurgia per epilessia farmaco-resisten-te, grazie ad una diagnostica estremamente so� sticata ed apparecchiature di monitoraggio complesse. “Per interve-nire su questa patologia bisogna individuare l’area epilet-togena con estrema precisione perché – spiega il Direttore Sanitario - è lì che il neurochirurgo interviene; sotto il pro� -lo degli outcome abbiamo ottenuto un risultato positivo in oltre il 90% dei casi. Accanto a questo c’è anche un centro molto so� sticato per lo studio del Parkinson, anch’esso ido-neo ad interventi di neurochirurgia funzionale”.

I Dati CliniciNel 2009 sono stati e� ettuati 1516 interventi di neurochirur-gia con un valore del DRG pari a 1,7746 e un indice di case mix di 1,6458. Nel 2010 gli interventi sono aumentati a 1640 e sono stati più complessi, per un DRG medio pari 1,8772 e con indice di case mix in corso di calcolo. La mobilità attiva nel 2010 è stata superiore all’82% con pazienti provenienti non solo da regioni limitrofe ma anche da regioni lontane in virtù della valenza dei professionisti, delle tecnologie e delle buone pratiche.

È questo il tema del congresso scienti� co che si svolge ogni 3 anni a Taormina e che quest’anno è alla sua VII edizione. L’International Me-eting on Metabotropic Glutamate Receptors si terrà dal 2 al 7 ottobre e annovererà più di 350 partecipan-ti, di cui l’80% proveniente da Stati Uniti e Giappone, per un parterre costituito dai principali nomi ope-ranti nel settore delle neuroscienze: Roger Nicoll, Robert Malenka, Rick Huganir, Paul Warley, David Lodge, Graham Collingridge sono solo al-cuni dei relatori che interverranno.

Il tema“Il glutammato è il principale neu-rotrasmettitore eccitatorio del si-stema nervoso – spiega Ferdinando Nicoletti, Responsabile dell’Unità di Neurofarmacologia presso il Parco

Tecnologico dell’IRCCS Neuromed – ed è presente nel 50% delle cellule del nostro cervello e l’interesse per il tema deriva dal fatto che i recettori per il glutammato sono bersaglio di farmaci innovativi per le principali patologie del sistema nervoso cen-trale. Molti di questi farmaci sono in fase avanzata di sperimentazione clinica ed alcuni potrebbero essere in commercio già dal 2012”. In alcuni casi tali farmaci rappresentano delle alternative alle terapie correnti ed in altri casi sono farmaci nuovi ovvero utili a patologie che attualmente si curano con di� coltà.

Il congressoI primi giorni saranno dedicati alla scienza di base e verranno descrit-te le ultime scoperte su struttura, funzione e localizzazione di questi

recettori nel nostro organismo ed in particolare nel nostro cervello. Nei giorni successivi ci saranno i simpo-si speci� ci per i temi di applicazione. “Le patologie trattate nel convegno sono di varia natura: ad alto impatto sociale come la schizofrenia, l’epi-lessia, la depressione e la malattia di Parkinson – descrive Ferdinando Nicoletti – e patologie più rare ma altrettanto importanti come l’auti-smo ed i tumori cerebrali. In parti-colare si parlerà del ruolo di questi recettori nel dolore cronico, nella sindrome dell’X Fragile (malattia genetica complicata dall’autismo), nelle tossicodipendenze e nei di-sturbi ansiosi, oltre alle patologie neurodegenerative con riferimento al Parkinson ed alla sclerosi laterale amiotro� ca”.

Neuromed, un’eccellenza italiana

I recettori metabotropici del glutammato

Edoardo RomoliDirettore Sanitariodell’IRCCS Neuromed.

Pazienti e familiari costituiscono il pubblico che a� erisce all’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuro-med, non solo fra le mura dei re-parti ma anche fuori: sono molte le iniziative che l’IRCCS ha intrapreso negli anni, dalla costituzione di As-sociazioni per assistere malati e pa-renti ai progetti sul web.

ParkinZone ONLUS e� ettua teatro-terapia per combattere la malattia di Parkinson e migliorare la qualità della vita dei pazienti, mentre le Onlus AICH (Associazione Italiana Corea di Hungtington) e Alice Mo-lise (Associazione per la Lotta all’Ic-tus Cerebrale) rappresentano i ma-lati presso le istituzioni e procurano assistenza alle persone colpite da queste malattie.

Non solo. Per un contatto diretto con il personale dell’Istituto, è pre-sente on-line la pagina Facebook di Neuromed, alla quale tutti possono accedere non solo per informarsi sulle nuove iniziative ma anche per lasciare messaggi, porre domande e partecipare a discussioni e, per rinnovare l’immagine sul web, pre-sto on-line sarà visibile il nuovo sito istituzionale.

E GLI UTENTI?

6 · NEUROLOGIA UNO SPECIALE REALIZZATO DA MEDIAPLANET

il ruolo della modulazio-ne del mastocita e della microglia

La prestigiosa rivista Nature Medicine ha pubblicato recen-temente una importante review sulle interazioni tra il Sistema Immune e il Sistema Nervoso nel dolore (Ren K. & Dubner R, Nature Medicine - ottobre 2010); una messa a fuoco di grande au-torevolezza sul ruolo di cellule non neuronali in grado di inte-ragire con i neuroni per alterare la sensibilità al dolore e per me-diare l’insorgenza del dolore neuropatico.

A di� erenza del dolore nocicet-tivo e di quello infi ammatorio, il dolore neuropatico costitui-sce la risposta maladattativa a una lesione o a una disfunzione che direttamente coinvolgono il sistema somato-sensoriale e si manifesta con iperalgesia, al-lodinia e dolore spontaneo; può insorgere normalmente come conseguenza di noxae periferi-che, sia tissutali che endoneu-

rali, ma può determinarsi an-che per noxae primariamente spinali, generalmente di natu-ra traumatica o degenerativa, o per noxae sovraspinali di natura traumatica, dismetabolica o de-generativa.

Rilevanti evidenze scientifi che dimostrano ormai con chiarez-za come cellule non neuronali - il mastocita in periferia e la mi-croglia a livello spinale - siano in grado di infl uenzare lo sviluppo, la persistenza e l’intensità del dolore neuropatico interagendo con le strutture nervose, sia a li-vello periferico che centrale.

Il mastocita, cellula residente nei tessuti innervati e nel com-partimento endoneurale, se non adeguatamente controllato, è in grado sia di indurre e sostenere l’abbassamento della soglia pe-riferica del dolore, sia di deter-minare lesione proteolitica del-la mielina e dello stesso assone.

La microglia, cellula normal-mente adibita a funzioni di sup-

porto trofi co del neurone cen-trale, se attivata da segnali pro-venienti da strutture nervose danneggiate e/o cronicamente so� erenti, si trasforma anche morfologicamente divenendo particolarmente aggressiva e inducendo elevata amplifi cazio-ne del segnale doloroso.

Il profondo coinvolgimento del mastocita in periferia e della mi-croglia a livello spinale nei mec-canismi di sviluppo e di mante-nimento del dolore neuropatico costituisce il presupposto per lo sviluppo di innovativi approcci terapeutici orientati a modulare i fenomeni neuro-infi ammatori connessi con detti stipiti cellu-lari non neuronali; tali approc-ci consentono oggi di interveni-re e� cacemente sul dolore neu-ropatico e sulle sintomatologie neuropatiche connesse.

La modulazione farmacologi-ca di cellule non neuronali apre una nuova frontiera nella tera-pia del dolore neuropatico.

DOLORE NEUROPATICO E CELLULE NON NEURONALI

NEWS 0TIP/STEP

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3IDEA

FOTO: ISTOCKPHOTO

Verso la diagnosi precoce“Numerosi studi dimostrano che alterazioni organiche legate all’AD si rilevano molto precoce-mente rispetto – spiega Alessan-dro Padovani, Direttore della Cli-nica Neurologica dell’Università degli Studi Brescia – alla compar-sa dei primi sintomi della Malat-tia di Alzheimer”. La possibilità di diagnosticare precocemente l’Alzheimer è real-tà, anche se limitata a coloro con iniziale decadimento cogniti-vo. “L’utilizzo combinato di neu-roimmagini morfologiche (RMN) e di neuroimmagini funzionali (PET) sembra o� rire un aiuto con-creto in questo senso – continua Padovani -: con la RMN si misura l’atrofi a di alcune strutture come l’ippocampo che è particolarmen-te vulnerabile al Morbo di Alzhei-mer; con la PET, utilizzando dei radiotraccianti specifi ci, si posso-no già visualizzare aree con meta-bolismo ridotto e presto si potrà visualizzare l’amiloide depositata nel cervello, l’elemento patogene-tico più specifi co della malattia. A oggi questi appaiono i mezzi più idonei per identifi care i soggetti a rischio di sviluppare la demenza”.

Terapia multidisciplinareI pazienti a� etti da Alzheimer so-no attualmente trattati con far-maci sintomatici: si rallenta la progressione della malattia ma, non si guarisce. “I farmaci miglio-rano l’attività dei neuroni nelle aree cerebrali coinvolte, stimo-lando un più corretto funziona-mento dei processi cognitivi; ri-guardo sintomi neuropsichiatrici come apatia, depressione, aggres-sività ed altri il fi ne è la loro riso-luzione o, almeno, una riduzio-ne di frequenza e gravità - spiega Gianfranco Spalletta, Psichiatra e Direttore del Laboratorio di Neu-ropsichiatria dell’IRCSS Fonda-zione Santa Lucia di Roma – ma vanno utilizzate anche terapie non farmacologiche per stimola-re la riserva funzionale del cervel-lo: tecniche di stimolazione di at-tenzione, memoria, linguaggio ed orientamento spazio-temporale e tecniche all’avanguardia e� caci sui sintomi neuropsichiatrici. Ri-sultano poi fondamentali le tec-niche di supporto a coloro che si occupano dei pazienti e le tecni-che che migliorano la consapevo-lezza della malattia”.

Nuove speranze contro l’Alzheimer

Alessandro PadovaniDirettore della ClinicaNeurologia dell’Università degli Studi di Brescia

Gianfranco SpallettaPsichiatra e Direttore del Laboratorio di Neuropsichiatria dell’IRCSS Fon-dazione Santa Lucia di Roma

VANESSA SALZANO

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Hanno superato le aspettati-ve i risultati dell’analisi dello studio “Ideale”, svolto per va-lutare la sicurezza e i bene� ci dell’integratore Rischiaril: non solo miglioramento della me-moria e del sonno, ma anche dell’umore in una buona per-centuale dei soggetti coinvol-ti. “Manca soltanto il 10% dei dati e a settembre presente-remo i risultati conclusivi ma già possiamo dire con certez-za – a� erma Antonino Maria Cotroneo, Presidente della Sezione Piemonte/Valle d’Ao-sta dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria e Referente per i Rapporti con le Società Scienti� che dell’AGE (Associa-zione Geriatri Extraospedalie-ri) – che l’integratore Rischiaril apporta bene� ci per il decadi-mento cognitivo lieve come identi� cato al MMSE (Mini Mental State Examination), infatti i risultati sono davvero incoraggianti per i disturbi di memoria, di attenzione e com-portamentali perché i pazienti presentano miglioramento nelle attività quotidiane sen-za e� etti collaterali”. Di cosa è composto questo nuovo inte-gratore? “Vitamina C ed E, Coli-na e Acido Alfalipoico. Questo è un elemento importante per contrastare i danni da radicali liberi per le sue proprietà an-tiossidanti mentre – risponde il dott. Cotroneo – le vitamine C ed E ra� orzano la rete difen-siva ma l’elemento innovativo è la citicolina, presente nell’or-ganismo per la sintesi della colina citidina-5-difosfato, uti-le alla formazione e riparazio-ne delle membrane cellulari”. Infatti soltanto nel gruppo di studio in cui è stata sommini-strata la citicolina si sono avuti miglioramenti evidenti.

RISCHIARIL MIGLIORAIL DECADIMENTO COGNITIVO

Antonio MariaCotroneoPresidente della Sezione Piemonte/Valle d’Aosta dell’As-sociazione Italiana Pasicogeriatria

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8 · NEUROLOGIA UNO SPECIALE REALIZZATO DA MEDIAPLANET

Il campione13: 05: 59. Questo il famoso record dei 5000 con cui Salvatore Anti-bo ha segnato la storia del mezzo fondo italiano nel luglio di 21 an-ni fa. Quarto ai Giochi di Los An-geles del 1984 nei 10.000 metri; Argento a Seul nel 1988; Primo nei 10.000 alla Coppa del Mondo del 1989; Oro nel 1990, nei 5000 e nei 10.000, agli Europei di Spa-lato; 2 ori, 1 argento e 1 bronzo in Coppa Europa, sempre nel mez-zofondo. E pensare che lui si im-pegnava a giocare a calcio quan-do l’allenatore gli propose l’atleti-ca, in cuor suo già pregustando di portarlo a gareggiare ai mondiali, chissà se già immaginava che il suo pupillo avrebbe battuto per-sino gli etiopi.

Poi la prima crisi, proprio duran-te una gara importante, i mon-diali di Tokio del 1991, alla fi nale dei 5000 metri: “Prima di allora neanche sapevo cosa fosse l’epi-lessia e solo in seguito ho saputo cosa mi era successo. Quella era l’unica medaglia che mi manca-va per la carriera”. Dichiara ama-ramente Totò Antibo.

La malattiaA tre anni andò in coma per un incidente stradale, fu investito da un auto e i medici preannuncia-rono che all’età dello sviluppo sa-rebbe potuto accadere qualcosa, e invece no. Probabilmente un incidente suc-cessivo ha scatenato la malattia vera e propria. “Dopo Tokio ho co-minciato a curarmi con terapie farmacologiche, ho assunto fi no a 20 farmaci provandoli tutti ma col passare degli anni sono peg-giorato comunque e da un anno – a� erma l’atleta continuando – sto provando un nuovo farmaco che ha avuto tanta fortuna in Ameri-ca, in abbinamento ad altri medi-cinali. Si sa, per l’epilessia non c’è una cura defi nitiva ma si possono ridurre le crisi, che in alcuni casi portano anche alla morte. L’epilessia è la terza malattia al

mondo però ci si può convivere, negli ultimi 20 giorni ho avuto soltanto 5 crisi, mi sento meglio e meno a� aticato”.

Totò oggiLa crisi può arrivare in ogni mo-mento. Si viaggia sempre con i farmaci a portata di mano. La sua vita è cambiata radicalmente ma Totò corre ancora, tutti i giorni, con un amico.“Dopo l’esordio del-la malattia, ho avuto la splendi-da fortuna di conoscere Stefania, mia moglie, dalla quale ho avuto due fi gli, è lei la persona che mi ha aiutato di più, per me è stata tut-to, con lei ora sono più felice che durante le vittorie che ho conse-guito – confi da lo sportivo com-muovendosi -. Sono rimasto il Sal-vatore Antibo di sempre e mi pia-ce essere chiamato Totò piuttosto che “campione” perché gli ami-ci e le persone che davvero ti vo-

gliono bene quando sei il numero 1 ti vogliono bene anche adesso”. Non si vergogna assolutamente di essere epilettico e vuole aiu-tare le famiglie a superare i pre-giudizi, purtroppo tanto comuni, che esistono su questa malattia. Per questo negli ultimi anni è di-ventato testimonial della LICE (la Lega Italiana contro l’Epilessia) e ogni anno partecipa alla Giornata Nazionale dell’Epilessia correndo con grandi e piccini che so� rono del suo stesso male. “La mia vita è cambiata ma ho ca-pito che posso dare tantissimo a chi è epilettico e voglio farlo – continua Antibo -. Voglio convin-cere tutti quei genitori che si ver-gognano della malattia dei propri fi gli a non nascondere i ragazzi a casa perché siamo esseri umani e non animali, bisogna socializzare e avere degli amici che ti vogliano bene per superare i momenti dif-fi cili. E anche per questo ogni an-no, a Roma, partecipo alla grande passeggiata: ci sono persone che so� rono, che hanno crisi improv-vise perché è così che accade, che vomitano. Ma io ci sono, sono ac-canto a loro”.

IO HO FATTO COSÌ

Totò Antibo è ancora un esempio

INSPIRATION

“Non mi vergogno di es-sere epilettico. A vergo-gnarsi devono essere i genitori che costringono i propri bimbi epilettici a restare a casa, per pre-giudizio sociale o per pau-ra delle convulsioni. Non siamo animali e con l’epi-lessia si può convivere”

Epilessia e società

Erano epilettici Alessandro ■

Magno, Cesare, Giovanna d’Ar-co, Napoleone, e anche Petrar-ca, Van Gogh, Dostoevskij.

Eppure fi no a qualche de-cennio fa negli U.S.A. era proi-bito per legge il matrimonio alle persone con epilessia. Una forte discriminazione socia-le, scientifi camente infondata, ha da sempre contraddistinto questa malattia ed è sul lavoro che si manifesta la discrimina-zione maggiore.

Finalmente dall’11 gennaio 2011 è entrato in vigore il D.M. sull’idoneità alla guida per le persone epilettiche e la LICE (Lega Italiana Contro l’Epiles-sia) ha avuto un ruolo attivo di orientamento delle commis-sioni che hanno curato la nor-mativa: le nuove norme porta-no da due anni ad uno il perio-do di libertà da crisi necessario per la guida ad uso privato. Inoltre, sono riconosciute si-tuazioni di� erenziate che per-mettono la guida dopo periodi di tempo inferiori o addirittu-ra senza proibizioni.

E lo sport? A livello non ago-nistico nessuno sport è vietato in modo assoluto eccetto quel-li estremi, ma la diagnosi di epilessia non consente il rila-scio dell’idoneità sportiva alle autorità competenti.

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VANESSA SALZANO

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“La mia vita è cambiata, ma ho capito che posso dare tantissimo a chi è epilettico e voglio farlo.”

NEUROLOGIA · 9UNO SPECIALE REALIZZATO DA MEDIAPLANET

Il morbo di Parkinson e le malattie neurologiche più conosciute

Molte malattie neurologiche hanno una frequenza elevata e sono, quindi, note anche al pub-blico. Di solito corrispondono a quelle per cui le conoscenze scientifi che sono più avanzate. Tra queste l’ictus cerebrale, la demenza di Alzheimer, la ma-lattia di Parkinson, la sclerosi multipla e la sclerosi laterale amiotrofi ca.

Cos’è il Parkinson250 casi ogni 100 mila abi-

tanti: è questa la di� usione del morbo di Parkinson. La ma-lattia degenerativa descritta dall’omonimo James Parkinson circa 200 anni fa interessa le cellule nervose di una specifi ca parte del cervello (la cosiddetta sostanza nera), che si ammala-no e muoiono.

La riduzione del numero di questi neuroni comporta la ri-dotta produzione di dopami-na, un neurotrasmettitore fon-damentale per il normale svol-gimento di molte funzioni (da quella motoria a quella di con-trollo delle emozioni e degli im-pulsi). È probabile che le cause della malattia siano molteplici

e conducano alla via fi nale co-mune della degenerazione neu-ronale. Tra queste sono stati ipotizzati fattori ambientali (ad esempio tossici) e genetici.

La cura della malattiaDa oltre 40 anni la malattia è

curata con farmaci in grado di aumentare la concentrazione di dopamina nel cervello, ridu-cendo e controllando i sintomi principali (rigidità, lentezza nel movimento, tremore), pur sen-za modifi care l’evoluzione della malattia.

In anni più recenti la valigia terapeutica si è arricchita di al-tri farmaci (dopamino-agonisti diretti, inibitori degli enzimi COMT e MAO). Purtroppo que-sti farmaci (anche in rapporto all’evoluzione della malattia) perdono col tempo parte del-la loro e� cacia e, nelle fasi più avanzate di malattia, la terapia farmacologica può essere insuf-fi ciente a controllare i sintomi.

Tra l’altro emergono sintomi non-motori (alterazioni vegeta-tive, turbe equilibrio con cadu-te, disturbi del sonno e cogniti-vi) che non rispondono alle te-rapie attualmente disponibili.

I progressi della ricercaGran parte della ricerca scien-

tifi ca attuale è indirizzata a ri-conoscere il più presto possibi-le la malattia (ricerca di marca-tori biologici) e a trovare agenti farmacologici in grado di “pro-teggere” i neuroni e rallentare l’evoluzione della malattia (ri-cerca di neuroprotettori).

Un’alternativa alla terapia medica è la chirurgia funzio-nale: si tratta dell’impianto nel cervello di elettrodi stimolan-ti, che consentono un benefi -cio clinico rilevante. Tuttavia, anche questo approccio non è risolutivo e inoltre solo circa il 5-10% dei pazienti ha i requisiti per essere indirizzato a questo tipo d’intervento.

Parkinson: verso lenuove frontiere della ricerca

Domanda: ■ A quali obiet-tivi è indirizzata la ricerca at-tuale?

Risposta: ■ A una diagno-si precoce e alla ricerca di agenti farmacologici che pro-teggano i neuroni.

FOCUS

Degenerazione neuro- ■

nale: tra le molteplici cause del Parkinson, ipotizzati anche fattori ambientali e genetici.

Dopamina ■ : neurotrasmet-titore fondamentale per il nor-male svolgimento di molte fun-zioni fra cui motoria e di con-trollo delle emozioni.

Sintomi ■ : tra i principali rigi-dità, lentezza nei movimenti, tremore.

Terapia Farmacologica ■ : nelle fasi più avanzate della malattia può risultare insuffi -ciente a controllare i sintomi.

Sintomi non motori ■ : al-terazioni vegetative, turbe dell’equilibrio con cadute, di-sturbi del sonno e cognitivi.

Valigia Terapeutica ■ : è stata arricchita da altri farma-ci, come i dopamino-agonisti diretti e gli inibitori degli enzimi COMT e MAO.

“Parte della ricerca è mirata anche a trovare agenti farmacologici in grado di protegge-re i neuroni e rallentare l’evoluzio-ne della malattia”

Giovanni AbruzzeseProfessore di Neurologia,Dipartimento di NeuroscienzeUniversità di Genova.

L’osservazionedel movimentoaiuta i pazientia camminare

Lo studio delle alterazioni ■

del controllo motorio e del-le capacità di apprendimen-to motorio nelle malattie ex-trapiramidali (Parkinson, tre-more essenziale, distonia) rappresenta un nostro punto d’interesse particolare. Stia-mo svolgendo ricerche per identifi care specifi ci proto-colli da usare nella riabilita-zione dei pazienti.La riabilitazione è fondamen-tale ma richiede approcci spe-cifici. Recentemente abbia-mo dimostrato che l’utiliz-zo d’informazioni sensoria-li e dell’osservazione del mo-vimento (tramite ad esempio video-clip) può migliorare la capacità di cammino dei pa-zienti.

MICHELA CANTARELLA

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La Sclerosi Multipla (SM) è la patologia neurologica più di� u-sa nella popolazione giovane e pertanto determina la causa più frequente di disabilità motoria nella fascia di popolazione so-cialmente e lavorativamente più attiva. I dati più recenti eviden-ziano come circa l’80% dei pa-zienti che esordiscono con la for-ma a ricadute e remissioni del-la malattia, progrediscono verso una disabilità motoria cronica e progressiva a distanza di 10-15 anni dall’esordio.

Le terapieGli approcci convenzionali vol-

ti al miglioramento della deam-bulazione si basano sulla riabili-tazione neuromotoria, insieme a terapie farmacologiche com-plementari. “La disponibilità dei farmaci cosiddetti “Disease Mo-difying” consente oggi di poter fronteggiare il rischio di progres-sione verso la disabilità irrever-sibile sin dalle prime fasi della malattia. Nonostante ciò – avver-te Paolo Rossi, Specialista Neuro-logo dell’Unità di Neuroriabilita-zione dell’ospedale San Ra� aele

di Milano - manca a oggi la pos-sibilità di un trattamento speci-fi co proprio per il momento più critico della malattia: la fase se-condariamente progressiva. Uno studio della American MS Society del 2010 identifi ca la riduzione dell’autonomia motoria e la fa-tica come i principali sintomi in grado di minare fortemente la QoL dei soggetti a� etti da SM. Chi si occupa quotidianamente della gestione clinica della per-sona con SM sa benissimo che la sfi da della terapia sintomatica è probabilmente quella che og-gi presenta le maggiori di� col-tà e frustrazioni riconoscendo spesso una parziale o completa impotenza di fronte alle richie-ste poste dai pazienti e dalle loro famiglie”.

FampridinaLo scorso anno l’americana

FDA (Food and Drug Administra-tion) e da pochi mesi anche l’EMA (Agenzia Europea per il Farmaco)

hanno approvato la fampridina come terapia che viene ricono-sciuta poter migliorare la mobi-lità del paziente con SM: un in-dubbio vantaggio nella gestione quotidiana dei pazienti. “La for-mulazione a rilascio prolungato della 4-aminopiridina o dalfam-pridina, rispetto alla formulazio-ne a rilascio immediato presenta il vantaggio – spiega il dott. Ros-si - di una maggiore stabilità dei livelli plasmatici con riduzione del rischio di crisi epilettiche in-nescate proprio da elevati picchi ematici del farmaco. La frequen-za di somministrazione bi-gior-naliera comporta inoltre una mi-gliore compliance del paziente”.

Come agisce Fampridina?“La fampridina agisce come

bloccante dei canali del potas-sio voltaggio-dipendenti presen-ti sulla membrana assonale che diventano esposti (e quindi atti-vi) a seguito del danno demieli-nizzante della SM - risponde Pao-

lo Rossi -. Il loro blocco si traduce in un miglioramento della con-duzione del potenziale d’azione che ha come risvolto clinico la capacità di ridurre la fatica del-la performance motoria miglio-randone così l’e� cacia”. Gli stu-di clinici condotti dal gruppo di Goodman tra 2008 e 2009 hanno evidenziato come fampridina sia in grado di migliorare il tempo di percorrenza al test dei 25 pie-di (25FWT) in circa il 37% dei sog-getti trattati costituendo questo il primo e� ettivo riscontro di un farmaco in grado di migliorare la performance motoria dei pazien-ti a� etti da SM. “Gli e� etti della dalfampridina nel migliorare la motricità possono essere me-diati anche ad altri livelli. Infat-ti – continua Rossi - i farmaci che bloccano i canali del potassio au-mentano anche l’infl usso di cal-cio a livello delle terminazioni sinaptiche e della placca neuro-muscolare, migliorando anche la trasmissione sinaptica nel siste-ma nervoso centrale e la trasmis-sione neuromuscolare. Questa molteplicità di azioni spiega l’ef-fi cacia del farmaco nel migliora-re la forza, la resistenza, la fatica e la funzione visiva”. Pur essendo stato approvato per migliorare la deambulazione il farmaco può quindi esercitare e� etti favore-voli anche in altri ambiti.

Migliorare la mobilitànella sclerosi multipla

Domanda: ■ Si può miglio-rare la mobilità nella Sclerosi Multipla?

Risposta: ■ La recente ap-provazione della fampridi-na da parte dell’Agenzia Eu-ropea per il Farmaco (EMA) consente di avere uno stru-mento in più per cercare di alleviare il sintomo maggior-mente invalidante i pazienti

VANESSA SALZANO

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”Pur essendo stato approvato per migliorare la deambulazione il farmaco può quin-di esercitare effetti favorevoli anchein altri ambiti”Paolo RossiDirettore dell’Unità di NeuroriabilitazioneCentro Sclerosi Multipla, Dipartimento di Neurologia Ospedale San Raffaele, Milano

Sm e deambulazione

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Il motivo per cui i distur-bi motori possono coinvol-gere soprattutto e più pre-cocemente gli arti inferiori è spiegabile anche con mec-canismo probabilistico. “La sclerosi multipla è una ma-lattia che colpisce le vie ner-vose in modo piuttosto casua-le, e sono dunque le vie più lunghe, quelle appunto mo-torie e somatosensoriali che devono percorrere la massi-ma distanza per connettere il cervello alle porzioni infe-riori del midollo spinale, ad avere la massima probabilità di subire lesioni - spiega Le-tizia Leocani, Responsabile dell’Unità di Neurofi siologia Sperimentale INSPE del San Ra� aele. Nelle aree di demie-linizzazione focale si deter-mina un’alterata distribuzio-ne dei canali di membrana, che consentono il passaggio di cariche elettriche, indi-spensabili per la conduzio-ne degli impulsi nervosi – po-tenziali d’azione - lungo gli assoni. In particolare, i po-tenziali d’azione possono su-bire un rallentamento nella velocità di conduzione oppu-re, se il tratto demielinizzato supera una determinata lun-ghezza di sicurezza, addirit-tura un blocco di conduzione, con comparsa di defi cit della funzione colpita”.

LetiziaLeocaniResponsabile Unità di Neurofi siologia Sperimentale INSPE San Raffaele

NEUROLOGIA · 11UNO SPECIALE REALIZZATO DA MEDIAPLANET

Diagnosi precoce: in relazione alla Sclerosi Multipla, rappresen-ta il fattore più importante. Se da un lato prevenire la malattia è im-possibile, dal momento che non se ne conoscono le cause, dall’al-tro intervenire tempestivamen-te signifi ca raddoppiare le possi-bilità di successo dei farmaci. Ne parliamo con il prof. Carlo Pozzil-li, ordinario di neurologia all’Uni-versità ‘La Sapienza’ e respon-sabile del Centro Sclerosi Multi-pla del S. Andrea di Roma e con il prof. Paolo Gallo, del Dipartimen-to di Neuroscienze dell’Universi-tà degli Studi di Padova.

La diagnosi precoceUna diagnosi precoce deve es-

sere necessariamente seguita da una altrettanto precoce terapia immunomodulatoria rivolta a prevenire ulteriori danni non so-lo della mielina, ma in particolare degli assoni e dei neuroni cortica-li. Trials clinici nelle sindromi cli-nicamente isolate suggestive di SM hanno infatti mostrato che più precoce è l’intervento tera-peutico, più rilevante è l’impatto sulla disabilità. L’interferone, te-rapia preventiva, previene nuo-ve lesioni nel cervello, alcune del-le quali possono anche non dare sintomi. Se, in altre parole, inter-vengo con l’interferone su un pa-ziente che ha subito il primo epi-sodio e presenta ancora poche le-sioni nel cervello, il farmaco avrà una protezione del 50-60%; in ca-so contrario, l’e� cacia si riduce della metà. Agire presto è fonda-mentale, in quanto le possibilità di successo sono maggiori. Studi di risonanza magnetica e neuro-patologici hanno dimostrato che la patologia a carico della sostan-za grigia corticale è precoce ed è strettamente correlata alla di-sabilità fi sica e cognitiva: inter-venendo con la terapia, si agisce sull’aspetto antinfiammatorio, proteggendo il tessuto cerebrale. L’intervallo tra l’esordio clinico e la diagnosi di SM defi nitiva, inol-tre, si è notevolmente accorciato negli ultimi anni, sia per l’e� etto

di una migliore diagnostica stru-mentale che di criteri diagnostici più ra� nati.

I Nuovi studiUn grande fi lone della ricer-

ca è orientato a studiare moleco-le per ritardare l’evoluzione della malattia. Se gli interferoni vengo-no usati da molti anni, tre anni fa il primo anticorpo monoclonale (il natalizumab) si è dimostrato più e� cace rispetto all’interfe-rone nel prevenire le nuove lesio-ni, rappresentando così un passo avanti. Ora la ricerca è orientata a trovare nuove molecole di tipo orale, la prima delle quali dovreb-be essere in commercio quest’an-no. Il vantaggio è quello di per-

mettere una migliore e� cacia terapeutica e una maggiore tol-lerabilità rispetto ai trattamen-ti disponibili. Tra il dover subire una terapia di tipo iniettivo a bre-ve distanza di tempo e la possibi-

lità di assumere un farmaco per via orale, la di� erenza è enorme. La speranza è quella di avere in futuro molecole adatte a blocca-re, e non solo rallentare, la malat-tia. Il Centro Sclerosi Multipla di Padova e anche il S. Andrea a Ro-ma sono impegnati in Trials cli-nici di fase I, II e III, con nuovi farmaci che dovrebbero superare per e� cacia e sicurezza quelli at-tualmente disponibili. L’impegno del Centro di Padova è mirato an-che a studi di Risonanza Magne-tica nucleare con metodologie non convenzionali, in particolare rivolte allo studio della corteccia cerebrale, e a studi di neuroim-munologia, rivolti a identifi ca-re correlazioni tra parametri im-munologici, parametri neurora-diologici e parametri clinici.

La diagnosi precoceè fondamentale

FOCUS

Fingolimod ■ : capostipite di una nuova classe di farmaci che agiscono sul sistema im-munitario, i modulatori dei re-cettori della sfi ngosina 1-fo-sfato (S1PR)

FDA ■ : Food and Drug Admi-nistration, approva il Fingoli-mod come terapia di prima li-nea per le forme recidivanti di SM.

Meccanismo ■ : l’innovativo meccanismo d’azione del Fin-golimod permette di ridurre

l’attacco del sistema immuni-tario al SNC, sequestrando al-cuni globuli bianchi (linfociti) nei linfonodi.

Oligodendrociti ■ : cellule che proteggono la mielina.

Sequestro ■ : con il seque-stro di alcuni linfociti nei linfo-nodi si impedisce ai linfociti di raggiungere il SNC dove po-trebbero attaccare le guaine di mielina che proteggono le fi bre nervose.

Domanda: ■ Perché la dia-gnosi precoce è così impor-tante?

Risposta: ■ Perché consen-te di agire tempestivamente, migliorando l’effi cacia dei far-maci

CARLO POZZILLIOrdinario di Neurologia all’Università La Sapienza e Responsabile del Centro Sclerosi Multipla del S. Andrea di Roma

PAOLO GALLODipartimento di Neuroscienze dell’Università degli Studi di Padova

MICHELA CANTARELLA

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Il primo trattamento orale approvato per la sclerosi multipla

Inserito dagli scienziati e dai medici della Cleveland University tra le 10 innova-zioni del 2011 in medicina, il Fingolimod è il capostipite di una nuova classe di farmaci che agiscono sul sistema im-munitario: i modulatori dei recettori della sfi ngosina 1-fo-sfato (S1PR).

Primo trattamento orale ap-provato per la SM, ha dimezza-to il tasso di ricadute a 1 anno rispetto alla terapia standard con interferone beta 1a i.m. ed è in grado di ridurre l’attività infi ammatoria di malattia e la progressione della disabilità in misura superiore alla tera-pia standard e al placebo.

“Il Fingolimod” ha spiegato il Prof. Paolo Gallo “costituisce una novità farmacologica sot-to diversi punti di vista e non si può non essere d’accordo con il giudizio dei ricercatori della Cleveland University. È il primo trattamento orale per la SM ed è stato approvato dal-la FDA (Food and Drug Admi-nistration) come trattamen-to di prima linea, senza restri-zioni di prescrizione.

Ha dimostrato, inoltre, un profi lo di e� cacia superiore agli immunomodulanti e un buon profi lo di sicurezza. “I ri-sultati provenienti dai Trials multicentrici sono convin-centi” ha aggiunto il Prof. Car-lo Pozzilli “sia per quanto ri-guarda la sicurezza che l’e� -cacia del trattamento”.

MICHELA CANTARELLA

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