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NEUROLOGIA Ictus diagnosi, assistenza e riabilitazione Cellule Staminali per le malattie neurologiche Stimolazione magnetica transcranica nuovo approccio terapeutico SM danno cognitivo oltre alla disabilità motoria PER USARLA AL MEGLIO 8 IDEE QUESTO SUPPLEMENTO è STATO REALIZZATO DA MEDIAPLANET. IL SOLE 24 ORE NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÁ PER IL SUO CONTENUTO UNO SPECIALE REALIZZATO DA MEDIAPLANET No 2./Settembre 2010

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neUroloGia

ictusdiagnosi, assistenza e riabilitazione

cellule staminaliper le malattie neurologiche

stimolazione magnetica transcranica nuovo approccio terapeutico

sMdanno cognitivo oltre alla disabilità motoria

PER USARLA AL MEGLIOPER USARLA

8IDEE

QUESTO SUPPLEMENTO è STATO REALIZZATO DA MEDIAPLANET. IL SOLE 24 ORE NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÁ PER IL SUO CONTENUTO

uno speciale realizzato da Mediaplanet

no 2./settembre 2010

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2 · Neurologia uno speciale realizzato da Mediaplanet

editoriale

Verso nuovimodelli assistenziali

Neurologia d’urgenza e neurologia della complessità: due facce della stessa medaglia che indicano l’impor-tanza della riorganizzazione dei percorsi assistenziali.

le scienze mediche hanno avuto negli ultimi anni un tu-multuoso sviluppo soprattutto in rela-zione alle numero-se nuove scoperte

scientifiche e tecnologiche che hanno migliorato i livelli diagno-stici e hanno consentito una mi-glior comprensione delle caratte-ristiche patogenetiche e dei pro-cessi fisiopatologici che caratte-rizzano le malattie neurologiche; purtroppo però qualche eccezio-ne riguarda soprattutto le malat-tie disimmuni, per le quali non si sono avuti sviluppi proporzionali per quanto attiene agli aspetti te-rapeutici.

D’altra parte, l’allungamento della vita media ha determi-

nato un incremento della preva-lenza delle patologie neurodege-nerative e cerebrovascolari per cui si sta assistendo a un fenomeno paradossale: corpi sempre più ap-parentemente o realmente giova-ni con cervelli che purtroppo han-no la loro reale età biologica. I dati dell’OMS indicano che circa il 50%

della disabilità mondiale è dovuta a Malattie del Sistema Nervoso e in Europa un terzo dei costi medi-ci, pari a 386 bilioni di euro all’an-no, è legato a patologie neurologi-che. Dato che le risorse disponibili sono limitate è indispensabile ri-organizzare i modelli assistenzia-li in ambito neurologico sia in ter-mini quantitativi che qualitativi.

I cardini su cui poggiano i modelli assistenziali sono 2:

perfezionamento della neurologia d’urgenza per la diagnosi e la cu-ra delle patologie acute, prima fra tutte l’ictus, e costruzione di reti assistenziali per grandi patologie croniche quali Alzheimer, Parkin-son, Sclerosi Multipla. L’organiz-zazione di strutture adeguate per fronteggiare le urgenze neurolo-giche è indispensabile per la com-plessità strutturale e funzionale del tessuto nervoso e per gli incre-dibili progressi neuroradiologici e neurofisiologi, che ci consento-no di visualizzare e quantificare in pochi minuti i danni del tessu-to nervoso: ad esempio nell’ictus abbiamo oggi strumenti per inter-venire in modo efficace, ma è indi-

spensabile che il paziente sia indi-rizzato alle stroke unit del livello richiesto in tempi brevissimi e ciò purtroppo succede ancora in una percentuale limitata di casi.

Le terapie tendono a esse-re sempre più sofisticate e

richiedono di conseguenza una preparazione più approfondita del medico mentre le patologie croniche richiedono la creazione di reti assistenziali che garanti-scano la continuità assistenzia-le accoppiata a un’elevata com-petenza professionale: solo una stretta ed efficiente collabora-zione tra i vari operatori sanita-ri dell’ospedale e del territorio la possono garantire.

Neurologia d’urgenza e neu-rologia della complessi-

tà sono due aspetti di una stessa medaglia dove l’integrazione tra scienza, assistenza, formazione e solidarietà devono determina-re le condizioni per un approccio sempre più efficace all’assistenza e alla terapia delle malattie neu-rologiche.

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“la ricerca ha fatto davvero grandi progressi sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico e questa unione è un binomio che simboleg-gia quantità e qualità di vita per i pazienti.”

Aldo Quattronedir. della clinica neurologica univer-sitaria e dell’unità di ricerca “neuroim-magini” del cnr di catanzaro

in evidenza

pagina 06

Quando si è colpiti da un ictus ischemico p. 05

Parkinson: fondamentale è la diagnosi p. 06

neurologia,seconda edizione,setteMbre 2010

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“le terapie ten-dono a essere sempre più so-fisticate e richie-dono di con-seguenza una preparazione più approfondita del medico.”

Giancarlo Comipresidente-eletto società italiana di neurologia(sin)

Antonio Federicopresidentesocietà italianadi neurologia (sin)

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Neurologia · 3uno speciale realizzato da Mediaplanet

Negli ultimi anni l’imaging molecolare ha fatto grandi pas-si nella ricerca e nello sviluppo di traccianti diagnostici a sup-porto del clinico nella diagno-si precoce di malattie neurode-generative e non solo. Infatti, la ricerca mediante il neuroima-ging è fondamentale per la com-prensione dei processi neuro-chimici che caratterizzano le malattie neuro-degenerative: ciò è stato reso possibile sia per fattori di ordine scientifi co che per fattori di ordine tecnico co-me la risoluzione spaziale delle immagini acquisite al millime-tro, la riduzione dei tempi di ac-quisizione e della dose di radio-attività assorbita dal paziente oltre che la riduzione dei costi degli esami stessi. La tecnica che utilizza il tracciante iofl u-pane (DaTSCAN) con il tomo-grafo SPECT è quella oggi più utilizzata. Dal 2006 il traccian-te iofl upane (DaTSCAN) è indi-cato nella diagnosi diff erenzia-le delle demenze, in particolare delle due forme di demenza più frequente quali la Malattia di Alzheimer e la Demenza a Cor-pi di Lewy.

Alzheimer e Demenza a Corpi di Lewy: l’utilizzo del DaTSCAN

L’Alzheimer e la Demenza a Corpi di Lewy sono malattie de-generative incurabili che colpi-scono attualmente circa 30 mi-lioni di persone in tutto il mon-do ed i cui sintomi sono spesso confusi con semplici cambia-menti legati all’età. “L’inca-pacità di ricordare eventi re-centi, i cambiamenti di umo-re e la confusione sono solo alcuni dei sintomi più comu-ni dell’Alzheimer e si presen-tano normalmente in persone al di sopra dei 65 anni, mentre – spiega Alessandro Padovani, Direttore della Clinica Neurolo-gica dell’Università degli Studi Brescia - la Demenza a Corpi di Lewy, malattia meno conosciu-ta ma che rappresenta la secon-da causa più comune di demen-za dopo l’Alzheimer, si presen-ta soprattutto con la presenza di decadimento cognitivo con disturbi visuospaziali ed asso-

ciazione a disturbi comporta-mentali dispercettivi e parkin-sonismo. Sono queste le mani-festazioni che il clinico deve valutare per avere una diagno-si ma non è semplice e l’uti-lizzo del DaTSCAN è un valido supporto per la conferma dia-gnostica”. Il DaTSCAN è presen-te da circa 10 anni mentre l’in-dicazione alla diagnosi diff e-renziale delle demenze di fatto viene dimostrata nel 2006 con uno studio europeo su più di 300 malati. Quando va richiesto questo esame? “Può essere di aiuto in tutti quei casi in cui ci si trovi di fronte ad una diagno-

si incerta fra Demenza a Corpi di Lewi e Malattia di Alzheimer ma è utile anche – continua il prof. Padovani – per diff eren-ziare le patologie nelle quali è presente una degenerazione dei neuroni nigro-striatali co-me il Parkinson e i parkinsoni-smi atipici, soprattutto quan-do ci si trovi alle fasi iniziali di queste malattie e la sintomato-logia può non essere ancora di-rimente”. Ma qual è il livello di accuratezza di questa indagine e come valuta la sua importan-za? “Nel dubbio fra Alzheimer e Lewy si ha il 97% di accuratezza perché dal punto di vista neu-rologico l’Alzheimer interessa la corteccia cerebrale e non ha il coinvolgimento delle struttu-re extrapiramidali e questa dif-ferenza neuropatologica è pre-sente anche prima che le ma-lattie si manifestino – risponde il prof. Padovani continuando -. Ciò che è importante è che pa-zienti aff etti dalla Demenza a Corpi di Lewy richiedono cu-re particolari in quanto spesso gravati da instabilità dei valo-ri di pressione arteriosa e dalla comparsa di allucinazioni visi-ve e disturbi del pensiero. Inol-tre, in questi pazienti è presen-te un’ipersensibilità a farmaci

neurolettici (spesso usati per il trattamento dei disturbi del comportamento) tale da deter-minare eff etti collaterali gravi, potenzialmente fatali Anche per questo motivo l’accuratez-za della diagnostica per imma-gini con DaTSCAN è di grande aiuto”.

Diagnosi e terapie: un fu-turo a due velocità

Durante l’ultimo congresso mondiale ICAD, è stato presen-tato uno studio clinico, condot-to con l’impiego del tracciante diagnostico PET Flutometamo-lo mercato con F-18; i primi ri-sultati mostrati hanno eviden-ziato la capacità del tracciante nell’individuare la formazio-ne di placche amiloidi nel cer-vello, presenti nella Malattia di Alzheimer ma non solo. “La ri-cerca è focalizzata sullo svilup-po di nuovi traccianti in grado di individuare la formazione di placche amiloidi che potreb-bero indicare la presenza di un precoce sviluppo di Alzheimer ma – avverte Alessandro Pa-dovani – bisogna sottolineare che ci sono persone 95enni in perfette condizioni di lucidità pur presentando placche ami-loidi, per cui l’assunto presen-

za di placche uguale malattia non può ad oggi essere ritenu-to assoluto; inoltre al momen-to non abbiamo farmaci per i quali si può prevenire l’Alzhei-mer anche se ci sono delle pro-poste. Senz’altro la diagnostica per immagini, in quanto inda-gine non invasiva e comunque molto accurata, sarà la stra-tegia vincente per la diagnosi precoce delle malattie neuro-degenerative. Tuttavia, è bene tener conto che l’utilizzazione di queste metodiche diagnosti-che, quando i nuovi traccianti saranno disponibili commer-cialmente, porranno rilevanti problematiche dal punto di vi-sta etico, scientifi co, economi-co e normativo per le quali sono necessarie soluzioni al fi ne di limitare usi impropri e diagno-si aff rettate dal momento che – conclude Alessandro Padova-ni – l’individuazione di plac-che senili o depositi di amilode, seppure elementi tipici nella Malattia di Alzheimer, non ga-rantisce la presenza della ma-lattia e tantomeno la sommini-strazione di farmaci preventivi effi caci.

imaging molecolare per le malattie neurodegenerative

Domanda:■■ É possibile indi-viduare e differenziare le ma-lattie neuro-degenerative at-traverso la diagnostica per im-magini?

Risposta:■■ si. già da qual-che anno sono disponibili traccianti e apparecchiature in grado di effettuare queste in-dagini.

VANESSA SALZANO

[email protected]

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imaging molecolare per le 1

IDEA

IMMAGINI SU GENTILECONCESSIONE DEL SOUTHAMPTON GENERAL HOSPITAL.

ALESSANDRO PADOVANIDirettore della Clinica Neurologica dell’Università degli Studidi Brescia

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4 · Neurologia uno speciale realizzato da Mediaplanet

Trattamento precoce e aderenza alla terapia. So-lo così può migliorare la qualità della vita nei pa-zienti affetti da sclero-si multipla: una patolo-gia che conta circa 57.000 pazienti in Italia ma la cui evoluzione può essere og-gi notevolmente ridotta. Farmaci immunomodulan-ti con interferone beta-1b e strategie che ne facilitano un utilizzo costante, con-sentono di diminuire la pro-gressione della disabilità. Ne parliamo con tre esper-ti della ricerca e dell’eccel-lenza italiana: tre autorità nello studio di questa pato-logia.

Dott.ssa Cocco, ci so-■■no dati che supportano il trattamento precoce nell’ambito della Sclerosi Multipla?

Certo. I risultati di studi mul-ticentrici, ampiamente appro-vati dalla letteratura scien-tifi ca, evidenziano l’effi cacia dell’adozione di una cura pre-coce perché impatta favorevol-mente sull’evoluzione clinica della malattia. In particolare lo studio BENEFIT, che ha preso in considerazione il trattamen-to precoce con interferone beta 1-b, ha messo in evidenza l’effi -cacia di tale terapia a lungo ter-mine: a 5 anni è stato visto che questo trattamento rallenta la progressione della malattia in termini di disabilità. Il senso è quello di bloccare l’infi amma-zione a carico dei neuroni pre-venendo i disturbi permanen-ti e per questo prima si inizia e meglio è. Inoltre sono numero-se le evidenze che dimostrano come il deterioramento delle funzioni cognitive sia propor-zionale al grado di neurode-generazione che, a sua volta, è connesso con l’infi ammazio-ne. Ebbene, lo stesso studio BE-NEFIT ha messo in luce come il trattamento precoce con in-terferone beta-1b, riducendo l’infi ammazione e l’evoluzione della malattia in fase precocis-sima, riesca a migliorare anche le funzioni cognitive.

La risonanza magne-■■tica può essere un’inda-gine utile a valutare in-fiammazione e neurode-generazione?

È senza dubbio molto utile in quanto i segni neuroradiologici

di danno assonale irreversibile (e cioè la neurodegenerazione) sono i così detti “buchi neri” che all’esame di risonanza ma-gnetica appaiono come lesioni ovalari ipointense: i dati di ri-sonanza magnetica sembrano confermare che il trattamento con interferone beta 1b riduca il danno assonale e in partico-lare con BECOME, un recente trial clinico che confronta due farmaci immunomodulato-ri in commercio, evidenzia co-me la percentuale di nuove le-sioni attive, che si convertono in “buchi neri” cronici e quindi in danno assonale irreversibi-le, sia minore in pazienti trat-tati con interferone beta-1b ri-spetto a quelli trattati con gla-tiramer acetato.

Si potrebbe utilizzare ■■

lo slogan “Time is brain” per questa patologia?

“Il tempo è cervello” è uno slogan coniato per le malattie cerebrovascolari come l’ictus, in cui si parla di minuti e di ore, nel caso della sclerosi multipla parliamo di mesi ed anni ma lo slogan resta comunque appro-priato perché prima blocchia-mo l’infi ammazione, e quindi la neuro degenerazione, e pri-ma riusciamo a bloccare il dan-no permanente: per questo è di fondamentale importanza il trattamento precoce.

Ascoltiamo un altro esperto

Prof.ssa Lugaresi, ■■l’aderenza al trattamento è un punto cruciale nel-la gestione del paziente affetto da Sclerosi Mul-tipla, ma anche un punto critico. Perché?

Gli interferoni hanno un consolidato ruolo di farmaci di prima linea nella SM per il loro profi lo di effi cacia e sicurezza. Come per ogni patologia croni-ca, il trattamento accompagna il paziente per lunghi periodi, causando talora eff etti collate-rali nel sito di iniezione, come eritemi o ecchimosi, che pos-sono invogliare il paziente a sospendere la terapia. Nel caso dell’interferone beta-1b, l’au-tosomministrazione si prati-ca sotto cute per cui il pazien-te entra inevitabilmente a con-tatto con l’ago.

Nella pratica clinica abbia-mo osservato che numerosi soggetti sono agofobici. Questi fattori rappresentano le cau-se più frequenti di abbandono della terapia. Oggi però, grazie all’utilizzo di programmi in-fermieristici e dispositivi in-novativi è possibile migliorare l’aderenza dei pazienti SM in terapia interferonica.

Come si è riusciti a ov-■■viare a queste problema-tiche?Un esempio di strategia vin-cente è Betaplus, un program-ma infermieristico gratuito a domicilio. Si tratta di un ser-vizio molto utile perché ha lo scopo di spiegare al paziente come gestire la somministra-zione del farmaco ed i possibili eff etti collaterali. Infatti la SM è una malattia che può essere attiva, anche in assenza di sin-tomi e quindi proprio quando si notano dei miglioramenti è

importante proseguire le cure con costanza per poter mante-nere i risultati ottenuti.Nell’ambito del programma Betaplus viene fornito un nu-mero verde per contattare di-rettamente un infermiere che si reca presso il domicilio del paziente e che lo affi anca du-rante la somministrazione del farmaco, sin dal primo mese. Un’innovazione importan-te per migliorare l’aderenza al trattamento è rappresen-tata dalla nuova generazione di auto-iniettori dotati di ago a scomparsa, specialmente a benefi cio degli agofobici. Per spiegarsi meglio nei nuovi au-toiniettori l’ago, non essendo mai esposto, non induce nel paziente alcuno stato d’ansia e riduce anche il rischio di con-taminazione. Sono state con-dotte diverse inchieste ed è ri-sultato che la maggioranza dei pazienti apprezza questi dispo-sitivi e trova che le iniezioni siano meno dolorose. Grazie dunque all’introduzio-ne del programma Betaplus e dei nuovi auto-iniettori è stato possibile ridurre in maniera si-gnifi cativa le reazioni nel sito di iniezione, specie necrosi ed ecchimosi imputabili ad errata tecnica iniettiva, riducendo di conseguenza l’abbandono della terapia. Rispetto al 1996, quan-do è stato introdotto il farma-co in Italia, ora non capita più di vedere le complicanze che si notavano prima. In Abruzzo poi, dove non esiste un servizio pubblico a domici-lio, il programma Betaplus di-venta ancora più importante, specialmente se si riesce ad at-tuare un intervento integrato fra gli operatori sanitari e tutte le fi gure che intervengono sul paziente per un approccio a 360 gradi.

Quali sono i numeri del ■■programma BETAPLUS?I numeri sono incoraggianti. Dall’introduzione del servizio in Italia i pazienti assistiti so-no oltre 5500, seguiti da 19 in-fermieri.Il numero verde riceve circa 15000 contatti/anno e sono ol-tre 7000 le visite domiciliari eseguite, con un numero/pa-ziente più elevato all’inizio del trattamento, quando il pazien-te è ancora “inesperto”. Il risparmio per il SSN legato al servizio è stimabile, in base al-le prestazioni degli ultimi an-ni, in circa 3,4 milioni €/anno.

news

sM: fondamentale una terapia a 360°

uno speciale realizzato da Mediaplanet

sM: fondamentale 2

IDEA

BoTTa&RiSpoSTa

Mai come oggi si guar-■■da anche alla sicurezza del farmaco. Dott. Bertolot-to, qual è l’esperienza nel campo della SM per il trat-tamento con interferone beta?

! ”Numerosi trials clinici e studi osservazionali hanno

ormai dimostrato l’ottimo profi lo di sicurezza degli interferoni. Ad oggi sono stati trattati oltre 300.000 pazienti con IFNbeta e non si sono mai verifi cati eventi avversi seri. Quest’ottimo profi lo di sicurezza deriva dalla natura stessa del farmaco: una citochina naturale che con la terapia viene introdotta in grande quantità nell’organismo; di conseguenza non si distruggono o eliminano parti del sistema immunitario ma si modulano vie che regolano l’infi ammazione e l’attivazione del sistema immunitario.

L’interferone beta-1b■■ ha dimostrato di avere un profilo di sicurezza eccel-lente dopo 16 anni di trat-tamento. Quali sono gli al-tri dati emersi dallo studio “16-year Long Term Follow up (LTF)”?

! ”Con questo studio multi-centrico-osservazionale è

stata osservata una minore proba-bilità di progressione a EDSS 6.0 e si è avuta una minore percentuale di pazienti con decorso seconda-riamente progressivo; invece rela-tivamente alla frequenza di riacu-tizzazioni, è stata osservata una ri-duzione rispetto al baseline per tutti i gruppi trattati.

Oggi nel campo della me-■■dicina si utilizzano sempre di più gli anticorpi mono-clonali. Quali sono le pro-spettive future per questa tipologia di farmaci e, nel-lo specifico, dell’Alemtuzu-mab?

! ”Lo studio di fase II sull’an-ticorpo monoclonale Alem-

tuzumab (Campath-1H) ha evi-denziato una riduzione del 70% circa sia nel tasso di accumulo di disabilità sia in riacutizzazioni, rispetto al gruppo inteferone be-ta 1-a 44 microgrammi. La gran-de effi cacia riscontrata ha porta-to all’organizzazione di due stu-di multicentrici di fase III i cui risultati sono attesi nel 2011. L’Alemtuzumab rappresenta un farmaco potenzialmente molto utile per il trattamento di pa-zienti aff etti da SM-RR e la sua modalità di infusione, che pre-vede un ciclo all’anno, risulta molto agevole per il paziente.

AntonioBertolottodirettore neurolo-gia 2 (centro rife-rimento regionale sclerosi Multipla) aou s.luigi,orbassano

“la sM, una patologia che conta circa 57.000 pazienti in italia ma la cui evoluzione può essere oggi notevolmente ridotta”.

Eleonora Coccouniversità degli studi di caglia-ri, Vincitrice del premio rita levi Montalcini

Alessandra Lugaresiresponsabile centro di riferi-mento regionale per la sM. dipartimento di neuroscienze e imaging università “g.d’annunzio”di chieti.

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Nel 90% dei casi la Sclerosi Mul-tipla si manifesta nella sua forma recidivante remittente: è la forma giovanile della patologia e la più tipica, che si manifesta con una fa-se di infi ammazione ripetuta che, nel tempo, porta alla distruzione

del sistema nervoso. È in questi ca-si che può essere utilizzato il be-ta interferone 1a, che dà maggiori

chance quanto più precocemen-te viene trattato il paziente e che risulta un’arma vincente se som-ministrato già dal primo sintomo della malattia. “Il beta interferone 1a viene utilizzato da circa 10 anni e pertanto se ne conoscono pregi e reazioni avverse – spiega Maria Giovanna Marrosu, Responsabile del Centro Sclerosi Multipla del-la Clinica Neurologica dell’Uni-versità di Cagliari – e può essere somministrato in due modalità: sottocute o intramuscolo”. Cosa cambia nelle due tipologie di som-ministrazione? “La terapia intra-

muscolo si eff ettua una volta alla settimana, mentre quella sotto-cute va eseguita tre volte alla set-timana con due dosaggi diff eren-ti – risponde la prof.ssa Marrosu –. Le iniezioni sottocute sono for-nite con un contenitore ed un au-to-iniettore con un device parti-colare che viene caricato solo una volta alla settimana ed il pazien-te può fare da sé. Naturalmente viene concordata con il paziente la tipologia di somministrazione che preferisce a seconda della vita che conduce”. La problematica de-gli interferoni è che hanno eff etti

collaterali spiacevoli soprattutto nelle fasi iniziali della malattia e ciò, come in molte patologie cro-niche, induce molti pazienti ad abbandonare la terapia. “E’ fonda-mentale parlare con i malati e far capire l’importanza di continuare la terapia perché gli eff etti collate-rali tendono a diminuire e – con-clude la Responsabile - il prezzo è quindi basso rispetto allo sviluppo della patologia”.

A diff erenza dell’infarto mio-cardico, l’Ictus (che signifi ca col-po – stroke - e si riferisce all’im-mediatezza con cui avviene) può colpire diverse zone del cervel-lo, ma vi è comunque una forma più frequente. “Improvvisamen-te si perde la forza o la sensibi-lità in una metà intera del cor-po o la capacità a parlare bene. Talvolta sono presenti anche di-

sturbi dell’equilibrio, cioè il pa-ziente sbanda quando cammina, o lamenta vertigini o presenta disturbi della coscienza – avver-te Roberto Sterzi, Direttore della Struttura Complessa di Neurolo-gia-Stroke Unit dell’Ospedale Ni-guarda -.

Quando si presentano que-sti sintomi l’unica cosa da fare è chiamare il 118 senza perder tem-po avvisando medico di famiglia o parenti perché bisogna arriva-re nel minor tempo possibile in

un ospedale che abbia una Stro-ke Unit dedicata mentre non va-le l’ospedale più vicino se ne è pri-vo”. Dal 2003 anche in Europa è disponibile il trattamento trom-bolitico, cioè la dissoluzione del trombo che ha occluso il vaso ar-terioso. Se si interviene nelle pri-me 3-4 ore, ci sono anche altre armi terapeutiche per riuscire a cambiare le sorti dei pazienti.

Quando si viene colpiti da un ictus, ogni minuto vengono di-strutti un milione di neuroni ce-

rebrali e quindi comunque vale il concetto che prima si arriva in ospedale e meglio è. Ma cos’è una Stroke Unit e perché è così impor-tante? “Il punto è che ci vuole un percorso organizzato per eff et-tuare le indagini ed ottenere in breve tempo le risposte – spiega Domenico Inzitari, Responsabi-le della Stroke Unit dell’Ospedale Careggi di Firenze -.

Si tratta di esami quali TAC ed indagini del sangue, oltre ovvia-mente ad una valutazione da par-te di un medico ben addestra-to; questo percorso non richiede tante cose ma soprattutto adde-stramento degli operatori sani-tari, i laboratori devono fornire una risposta entro 20 minuti ed è indispensabile la reperibilità

di personale esperto per attua-re la trombolisi: solo così si può salvare una parte dei neuroni”. Al concetto di Stroke Unit è poi le-gato quello di un’unità di degen-za dedicata all’ictus che può assi-curare la migliore assistenza, la prevenzione delle complicanze e l’avvio del processo di riabilita-zione. Fortunatamente negli ul-timi 10 anni qualcosa è cambiato anche in Italia e la cultura delle Stroke Unit si sta diff ondendo ma in molte regioni la rete ictus non è ancora operativa o vi sono mol-te disfunzioni.

intervenire precocemente e in modo costante nella sM

Domanda:■■ cosa fare in presenza di sclerosi Multipla?

Risposta:■■ e’ importante in-tervenire già dal primo sinto-mo della malattia, ma è fon-damentale che il paziente non abbandoni la terapia.

VANESSA SALZANO

[email protected]

VANESSA SALZANO

[email protected]

news

Innovazione in primo piano al “Carlo Besta”Avvicinare la ricerca al letto del paziente: con questa mission la Fondazione IRCCS Istituto Neurologico “Carlo Besta” aff ron-ta l’aumentare delle aspettative di vita della popolazione. Si conta che nel 2025 in Italia avremo due milioni di anziani in più rispetto ad oggi e ciò signifi ca che dovremo misurarci con la crescita esponenziale delle malattie neurodegenerative.

“Ci stiamo attrezzando a diversi livelli per dare il no-stro contributo nell’aff rontare lo scenario dell’innal-zamento dell’età media che – aff erma Carlo Borsani, Presidente della Fondazione IRCCS Istituto Neurolo-gico “Carlo Besta” - richiede una visione non di breve periodo e scelte complesse. Il Besta si sta muovendo su due piani: riorganizzazione della struttura e inno-vazione diagnostica e terapeutica. La realizzazione della Città della Cura e della Ricerca a Vialba ci vede impegnati, assieme alla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori e l’Azienda Ospedaliera ‘Luigi Sacco’, in un progetto fortemente voluto dalla Re-gione Lombardia. Si tratta di un investimento di 520 milioni di euro, fi nanziato per 228,7 milioni dalla Re-gione Lombardia, fi nalizzato ad ottimizzare le risor-se e mantenere elevati gli standard di eccellenza”. Nell’attesa l’Istituto Besta continua a fare ricerca e cura nel campo delle malattie neurodegenerative

come l’Alzheimer, in quelle autoimmuni come la Sclerosi Multipla e la Miastenia Gravis e, più in ge-nerale, nei confronti di tutte le patologie neurologi-che. “L’Unita’ Produttiva per Terapie Cellulari (UPTC) della Fondazione – spiega Carlo Borsani - ha otte-nuto l’autorizzazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per la produzione di ‘farmaci cellulari’ per uso clinico sperimentale divenendo la prima offi cina farmaceutica in una struttura mono-specialistica in ambito neurologico. Inoltre ci stiamo dotando di metodologie di lavoro interdisciplinari e delle più moderne innovazioni tecnologiche, fra cui l’utilizzo di strumentazioni tecniche particolarmen-te innovative come un Cyberknife di ultima gene-razione e la Microscopia a Forza Atomica (AFM) che a diff erenza dei microscopi tradizionali consente di ottenere proiezioni estremamente dettagliate non solo di cellule ma anche di macromolecole protei-

che e acidi nucleici quali la doppia elica di DNA”. Inoltre, tra le molte collaborazioni in corso a livello nazionale ed internazionale, l’Istituto Besta parteci-pa alla Fondazione Centro Europeo di Nanomedici-na: “Si – conclude il Presidente - a partire dal fi nan-ziamento della ricerca condotta dal prof. Francesco Stellacci, che per questo incarico ha lasciato il presti-gioso M.I.T. di Boston. Ricerca che avrà come focus lo sviluppo di nuovi materiali e nuove tecnologie utili per l’avanzamento delle cure in neurologia”.

Carlo Borsani,Presidente dellaFondazione IRCCSIstituto Neurologico “Carlo Besta”

Neurologia · 5uno speciale realizzato da Mediaplanet

intervenire precocemente e in

uno speciale realizzato da Mediaplanet

3IDEA

MARIA GIOVANNA MARROSUResponsabile del Centro Sclerosi Multipla della Clinica Neurologica dell’Università di Cagliari.

Quando si è colpiti da un ictus ischemicoDomanda:■■ come fare per

ridurre al minimo i danni deri-vanti dall’ictus?

Risposta:■■ É fondamenta-le conoscerne i sintomi per at-tivare immediatamente il 118, perché soltanto le stroke unit possono avviare le terapie idonee.

Roberto Sterzidirettore della struttura com-plessa di neuro-logia -stroke unit dell’ospedale ni-guarda

DomenicoInzitariresponsabile della stroke unit dell’ospedale ca-reggi di Firenze.

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6 · Neurologia uno speciale realizzato da Mediaplanet

Diffusione della malattiaSono più di 150.000 i malati

di Parkinson in Italia, con cir-ca 10.000 nuovi casi ogni anno e un esordio stimato intorno ai 60 anni.

Il Parkinson si manifesta con tremore a riposo, lentezza nei movimenti e rigidità degli arti ed è una malattia progres-siva dovuta alla degenerazione dei neuroni della sostanza ne-ra, l’area cerebrale in cui viene prodotta la dopamina, un neu-rotrasmettitore essenziale per il controllo dei movimenti cor-porei. Non vi è prevenzione in quanto si conoscono solo i fat-tori di rischio della malattia, ma le cause sono ancora scono-sciute.

Parkinson e Parkinsoni-smi: quali indagini?

Il Parkinson si riesce a dia-gnosticare clinicamente: “Esi-stono quattro sintomi cardina-li e se si presentano almeno tre di questi sintomi la diagnosi è quasi sicura (l’errore diagno-stico è di circa il 20-25%) – spie-ga Aldo Quattrone, Direttore

della Clinica Neurologica Uni-versitaria e dell’Unità di Ricer-ca ‘Neuroimmagini’ del CNR di Catanzaro -.

Però nella diagnosi è fonda-mentale distinguere il Parkin-son dai Parkinsonismi, ovvero malattie degenerative caratte-rizzate da un quadro clinico si-mile, ma diverse per prognosi e sensibilità ai farmaci”. Come distinguere le diverse patolo-gie? “Se clinicamente vi sono incertezze – risponde il prof. Quattrone - bisogna ricorrere a specifi ci e moderni esami dia-gnostici strumentali quali la scintigrafi a cardiaca con me-taiodobenzilguanidina e la ri-sonanza magnetica morfome-trica. La scintigrafi a cardiaca permette di valutare l’integrità

dei terminali nervosi simpati-ci che innervano il cuore e aiu-ta a distinguere i pazienti con malattia di Parkinson da quelli aff etti da Parkinsonismi: nel-la malattia di Parkinson i ter-minali nervosi simpatici che innervano il cuore sono gra-vemente danneggiati mentre nei Parkinsonismi queste fi bre nervose risultano integre.

La risonanza magnetica morfometrica aiuta, invece, a distinguere i diversi parkinso-nismi tra di loro perché met-te in evidenza l’atrofi a di aree cerebrali selettivamente dan-neggiate”.

Importanza della diagno-si precoce

Quanto più è precoce la dia-

gnosi di Parkinson tanto più la terapia può essere indivi-dualizzata e si può program-mare un corretto trattamen-to farmacologico. “Sono molti i farmaci oggi in commercio e le loro combinazioni van-no individuate sulla scorta dell’età del paziente, della gra-vità di malattia, dell’esordio e del lavoro svolto – afferma Al-do Quattrone -.

Il Parkinson rallenta i movi-menti e compromette la quali-tà della vita quindi la diagnosi precoce è fondamentale affi n-chè il clinico scelga il corret-to farmaco in quanto non tutti devono prendere la stessa me-dicina ed alla stessa dose”. Og-gi il Parkinson non accorcia più l’esistenza e la qualità della vita è migliorata grazie ai nuo-vi farmaci e alle loro combina-zioni che hanno permesso di ridurre gli eff etti indesiderati più comuni come i movimen-ti involontari e le fl uttuazioni della mobilità nella giornata.

“La ricerca ha fatto davvero grandi progressi sia dal pun-to di vista diagnostico che te-rapeutico e – conclude il prof. Quattrone - questa unione è un binomio che simboleggia quantità e qualità di vita per i pazienti”.

Parkinson: fondamentale è la diagnosi

ALDO QUATTRONE. Direttore della Clinica neurologica Universitaria e dell’Unità di Ricerca “Neuroimmagini” del CNR di Catanzaro

Domanda:■■ perché è tan-to importante la diagnosi nella malattia di parkinson?

Risposta:■■ perché solo con una diagnosi precisa e preco-ce è possibile personalizzare le terapie per guadagnarne in qualità e durata di vita.

VANESSA SALZANO

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Parkinson: fondamentale 4

IDEA

Soffri d’insonnia? Parlane con il tuo medico

Non riuscite a cadere tra le braccia di Morfeo o ma-gari vi risvegliate nel bel mezzo della notte senza più riuscire a prender sonno? Meglio non affi darsi a soluzioni “fai da te” o all’assunzione di farmaci poco indicati, magari su consiglio di amici o parenti. Tutto questo potrebbe peggiorare la situazione e ampli-fi care le conseguenze dell’insonnia che si rifl ettono sulle attività quotidiane. Diventa più diffi cile lavora-

re e studiare, ci si sente nervosi, si rischia di più alla guida. Con il tempo, poi, l’insonnia può avere pesan-ti ripercussioni sulla salute, favorendo lo sviluppo di ipertensione arteriosa, aumentando il rischio di svi-luppare depressione e altre malattie psichiatriche e metaboliche.

Chi dorme poco e male trova la giusta risposta nel-lo studio del medico di medicina generale, che può indagare l’origine del problema e off rire la soluzione migliore e più sicura per vincere l’insonnia. Da ormai 10 anni, sano� -aventis, prima realtà industriale nel settore farmaceutico in Italia e da sempre impegna-ta nella tutela della salute, e AIMS (Associazione Ita-liana Medicina del Sonno) collaborano al Progetto “Morfeo Dormiresano”. Si tratta del primo progetto nazionale nato per favorire la diff usione della cultura sui disturbi del sonno e sensibilizzare i cittadini sul pesante impatto che questi hanno sulla vita quoti-diana.

Specialisti e medici di medicina generale si sono al-leati per aiutare chi deve fare i conti con l’insonnia, lavorando ad una vera e propria Guida pratica per la gestione dell’insonnia. Gli esperti di AIMS e SIMG

(Società Italiana di Medicina Generale), infatti, sem-pre grazie al supporto incondizionato di sanofi -aven-tis, hanno reso disponibile un documento di consen-so destinato a costituire una base di lavoro comune per aff rontare al meglio la patologia. Un patrimonio di conoscenze messo a disposizione dei medici di medicina generale italiani, principali interlocutori per chi soff re di questo disturbo, per permettere una prima diagnosi e un corretto trattamento dell’inson-nia nella pratica ambulatoriale quotidiana. La Guida Pratica per la gestione dell’insonnia rappresenta un valido ausilio affi nché il Medico di Medicina Genera-le possa rispondere con competenza ai bisogni del paziente tutelandone la salute.

Per non trovarsi a contare le pecorelle, quindi, il con-siglio è uno solo: parlare con il proprio medico per avere le giuste risposte.Maggiori informazioni sono disponibili sul sito inter-net www.morfeodormiresano.it

iniziativa paneuropea contro alzheimer e Parkinson

Lo scorso aprile a Stoccolma si è tenuto il primo incontro del Progetto Europeo “Joint Pro-gramming Initiatives” rivol-to all’incremento di una stra-tegia paneuropea da adottare nei confronti di patologie neu-rogenerative come l’Alzheimer e il Parkinson, che sono state defi nite da Máire Geoghegan-Quinn, Commissario Europeo per la Ricerca, l’Innovazione e la Scienza, “le grandi sfi de sociali” dei prossimi anni.

Il programma prevede il con-fronto tra i 24 paesi partecipan-ti su queste tematiche, la pro-grammazione congiunta delle attività di ricerca e lo scambio di informazioni, tecniche e al-tre risorse. Scopo della program-mazione è accelerare i progressi nella comprensione delle cau-se di queste patologie neurode-generative per poter diagnosti-care le malattie precocemente, individuare terapie e nuovi in-terventi di prevenzione oltre a realizzare effi caci strutture me-dico-sociali. E’ già stato formato il Comitato Scientifi co forma-to da 15 dei maggiori scienziati esperti in malattie neuro gene-rative e dovrà off rire la propria consulenza sullo sviluppo di un’agenda relativa alla ricerca strategica.

VANESSA SALZANO

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Neurologia · 7uno speciale realizzato da Mediaplanet

La Stroke Unit del’IRCCS Istituto Mondino, istituita nel 1996, è stata una delle prime in Italia e oggi l’assetto della struttura è sempre più rivolto allo stroke di fase acuta e alle urgenze neurologiche. Lo svi-luppo di modelli gestionali in-formatizzati, oltre a numerosi progetti di ricerca e studi clini-ci, hanno permesso all’Istituto Mondino, quale unico Centro italiano, di far parte della “Stro-ke Unit Trialist Collaboration”: “una collaborazione interna-zionale fra clinici e strutture di ricerca che ha documentato la superiorità delle Stroke Unit rispetto ai reparti “generali-sti”, consentendo di confron-tare modelli di effi cienza ap-plicabili omogeneamente nel quotidiano – spiega Giuseppe Micieli, Direttore del Diparti-mento di Neurologia d’Urgen-za dell’Irccs Istituto Neurolo-gico Nazionale C. Mondino –; lavoriamo anche con modelli informatizzati di assistenza in quanto utilizziamo una cartel-la computerizzata associata a

un supporto decisionale delle scelte di cura che è stato codifi -

cato nel nostro gruppo. Queste procedure si sono dimostrate

valide nella verifi ca dell’ade-renza alle Linee Guida italiane SPREAD per l’ictus cerebrale e rappresentano modelli espor-tabili nelle realtà organizzate a confi gurare una Stroke Unit di qualunque livello”. Nell’ambito del trasferimento nella prati-ca delle best practice, nel 2001 l’Istituto Mondino è stato pro-motore di una rete denominata “Stroke Unit Network Lombar-dia” di cui il Dott. Micieli è at-tualmente coordinatore: “Nel-la nostra rete sono presenti cir-ca 40 Stroke Unit collegate in una sorta di consorzio e cioè di libero scambio fra i Centri e – illustra Giuseppe Micieli - dal 2006 abbiamo un database, un registro che permette di met-tere in comune le esperien-ze che vivono i vari Centri nel trattare l’ictus. Il registro SUN Lombardia, di cui è prossimo il trasferimento nell’ambito del sistema informatizzato regio-nale lombardo (CRS-SISS), an-novera oltre 10.000 casi e per-mette di valutare una serie di elementi importanti come ad esempio i fattori di outcome o l’applicazione delle linee gui-da per capire quali siano i per-corsi di cura migliori e sugge-rire alla programmazione re-gionale modelli organizzativi virtuosi”.

GIUSEPPE MICELI. Direttore del Dipartimento di Neurologia d’Urgenza dell’Irc-cs, Istituto Neurologico Nazionale C. Mondino

Domanda:■■ per combatte-re l’ictus c’è bisogno di un per-corso assistenziale adeguato. Quali sono le strategie attuate dall’istituto Mondino?

Risposta:■■ stroke unit in re-te e applicazione di metodolo-gie informatiche gestionali per il miglioramento delle perfor-mance.

VANESSA SALZANO

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FlaSH neWS

Associazione■■ tra arteriopa-tia periferica asintomatica ed eventi vascolari nei pazienti con ictus o attacco ischemico tran-sitorio

Aumentato rischio■■ di ic-tus dopo un attacco di herpes zoster

Le donne anziane■■ presen-tano una più bassa incidenza di ictus, eventi cardiovascolari e mortalità dopo ricovero per Tia

L’ictus emorragico■■ asso-ciato a una più alta mortalità ri-spetto all’ictus ischemico

Un efficace controllo■■ gli-cemico dell’iperglicemia è as-

sociato a un miglioramento dell’esito nell’emorragia suba-racnoidea aneurismatica

Anticonvulsivanti■■ dopo emorragia cerebrale: esiti non-favorevoli con la Fenitoina

Predittori■■ di esiti clinici po-sitivi, mortalità e rivascolariz-zazione nei pazienti con ictus ischemico acuto sottoposti a trombectomia

! Notiziedal web:

www.ictus.net

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5IDEA

istituto Mondino, stroke Unit verso l’eccellenza

Neuroprotezione con l’integratore Rischiaril

Antonio Maria CotroneoPresidente della Sezione Piemonte/Valle d’Aosta dell’As-sociazione Italiana di Psicogeriatria

Vitamina C ed E, Colina (sottofor-ma di colina citidina - 5 - difosfato) e Acido alfa lipoico, sono questi i componenti dell’integratore Ri-schiaril, il cui studio multicentrico volge al termine e dando risultati che hanno superato le aspettative: “Con lo studio “Ideale” stiamo valu-tando l’eff ettiva effi cacia e sicurez-za di Rischiaril per il decadimento cognitivo lieve come identifi cato al MMSE (Mini Mental State Examina-tion), il test per eccellenza – dichia-ra Antonino Maria Cotroneo, Presi-dente della Sezione Piemonte/Valle d’Aosta dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria – e i risultati sono davvero incoraggianti perché i pa-zienti presentano miglioramento nelle attività quotidiane senza ef-fetti collaterali. Un eff etto positivo e inaspettato riguarda la qualità del sonno: il 10% dei pazienti ha con-tinuato ad assumere Rischiaril per ottimizzarla. Il risultato generale è il miglioramento soggettivo degli an-ziani perché il 50% ha ripreso attivi-tà ormai abbandonate come fare la spesa, leggere il giornale o andare alle cerimonie. Inoltre il 10-15% dei soggetti ha ripreso un’attività fi sica lieve come passeggiare, giocare a tennis o nuotare e ciò è importante se si pensa che l’età media dei sog-getti coinvolti è di 77-78 anni”. Quali sono le caratteristiche dei compo-nenti del Rischiaril? “La colina inter-viene nell’organismo per la sintesi della colina citidina - 5 - difosfato, utile alla formazione e riparazione delle membrane cellulari – rispon-de Cotroneo – mentre l’acido alfa lipoico, per le sue proprietà antios-sidanti, è un elemento importante per raff orzare la rete difensiva ope-rata dalle vitamina C ed E”.

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8 · Neurologia uno speciale realizzato da Mediaplanet

Il morbo di Alzheimer colpisce circa 520.000 persone in Italia, ma coinvolge milioni di indivi-dui perché sono le famiglie dei malati a doversi occupare di que-ste persone. Questa malattia degenerativa altera il funzionamento cere-brale ed è associata a un indebo-limento nella trasmissione dei segnali tra le cellule nervose, in conseguenza alla diminuzione del neurotrasmettitore acetilco-lina.

Attualmente non è possibile curare defi nitivamente questa malattia ma sono in commercio alcuni farmaci che inibiscono l’ acetilcolinesterasi e l’unico tra i trattamenti a disposizione, che

permette di raggiungere alti do-saggi assicurando così anche la massima effi cacia terapeutica, è un cerotto transdermico in gra-do di curare i sintomi della ma-lattia di Alzheimer da grado lieve a moderatamente grave. “Il ce-rotto transdermico per il tratta-mento dell’Alzheimer contiene

rivastigmina, un inibitore dell’ acetilcolinesterasi - spiega Car-lo Francesco Caltagirone, Diret-tore Scientifi co della Fondazio-ne IRCCS Santa Lucia di Roma -; si applica una volta al giorno su schiena o petto o braccio e, ga-rantendo un rilascio graduale e continuo del principio attivo nell’arco della giornata, permet-te il raggiungimento della dose ottimale raccomandata e così la massima effi cacia”.

Approvato nel 2007 sia negli USA dalla Food and Drug Admini-stration che in Europa dall’Emea, il cerotto consente di raggiunge-re dosaggi più elevati associati ad una maggiore effi cacia: l’effi -cacia clinica di Rivastigmina ce-rotto è stata valutata nello stu-dio internazionale IDEAL, che ha coinvolto circa 1200 pazienti con malattia di Alzheimer da grado lieve a moderatamente grave. I risultati hanno evidenziato che il cerotto permette di ottenere un signifi cativo miglioramen-

to nella memoria e nella capaci-tà di svolgere le normali attivi-tà della vita quotidiana rispetto. “Con Rivastigmina cerotto è pos-sibile fornire un aiuto concreto sia ai malati che ai loro parenti perchè uno dei primi ostacoli al trattamento della malattia di Al-zheimer – conclude il prof. Cal-tagirone - è la scarsa precisione nell’assumere i farmaci, dovuta alla complessità di dover gestire molte pillole e procedure duran-te la giornata.

Quindi dimenticanze, dubbi ed errori: il cerotto semplifi ca tutto questo”. Gli inibitori dell’ acetil-colinesterasi avranno sempre maggiore effi cacia ma resteran-no ancora per molti anni i far-maci di riferimento per la cura dell’Alzheimer in quanto le spe-rimentazioni cliniche sul Vacci-no sono ancora alle fasi iniziali.

Segnali elettrici alla ba-se del funzionamento del cervelloIl nostro cervello funziona tra-sformando segnali elettrici in se-gnali chimici (rilascio di neuro-trasmettitori) e viceversa. Attraverso questo meccanismo miliardi di cellule nervose comu-nicano in ogni istante e ci per-mettono di pensare, parlare e muoverci. In molte malattie neu-ropsichiatriche questi meccani-smi possono essere danneggia-ti in modo più o meno grave con conseguenti danni alle normali funzioni cerebrali. Il principale approccio terapeu-tico attualmente in uso è basato sull’impiego di farmaci che mo-dulano l’attività dei neurotra-smettitori con l’obiettivo di ripri-stinarne il livello fi siologico.

Il nuovo approccio tera-peuticoÈ una strategia ‘elettromagneti-ca’ in grado di modifi care la tra-smissione dei segnali elettrici che a loro volta possono modifi -care il rilascio dei neurotrasmet-titori. “È un approccio innovativo che si basa sull’uso di campi elet-trici e magnetici – spiega Vincen-zo Di Lazzaro, Prof. Associato di Neurologia, Policlinico Universi-tario Gemelli di Roma – L’antena-to di tali strategie è l’elettroshock, che per oltre mezzo secolo ha co-stituito l’unica ed estrema tera-pia elettrica disponibile in gravi patologie psichiatriche.Un ulteriore avanzamento del-le conoscenze ha portato negli ultimi decenni all’introduzione di una metodica di stimolazione elettrica diretta del cervello at-

traverso l’impianto di stimolatori nelle strutture profonde median-te un intervento neurochirurgi-co.In tempi più recenti, grazie a dispositivi applicati sullo scalpo, è diventato possibile modulare il funzionamento cerebrale in mo-do indolore e senza interventi chi-rurgici”.

A che punto siamo?Gli eff etti dei campi magnetici sono stati utilizzati nella depres-sione maggiore, ma anche pato-logie neurologiche degenerative o vascolari o condizioni quali il tinnito e l’abuso di sostanze so-no già state trattate con risulta-ti promettenti tuttora in corso di verifi ca. “Analogamente a quanto necessario per le terapie farma-cologiche, occorre dimostrare la superiorità del trattamento rea-

le rispetto al trattamento place-bo – avverte Letizia Leocani, Re-sponsabile del Centro MAGICS, Ospedale San Raff aele di Milano -. I risultati ottenuti con gli stru-menti tradizionali, che consento-no la stimolazione di aree super-fi ciali ed estese pochi centimetri, sono spesso limitati dalla ridot-ta accessibilità ad aree cerebrali profonde, ma lo sviluppo di que-sta metodica ha portato alla mes-sa a punto di caschi che, grazie al-la conformazione dei campi ma-gnetici generati da una comples-sa organizzazione dei cavi al loro interno, rendono possibile la sti-molazione non invasiva di ampie aree cerebrali anche profonde. Presso l’INSPE del San Raff aele di Milano è stato realizzato il centro MAGICS che valuterà l’effi cacia di questa nuova tecnica in diverse patologie neurologiche.Sono all’avvio studi su dolore cro-nico, emicrania, Parkinson, Al-zheimer, fatica e depressione che colpiscono i pazienti con sclerosi multipla, e sono in progettazio-ne studi per migliorare il recu-pero delle funzioni danneggiate dall’Ictus”.

VINCENZO DI LAZZAROProf. Associato di Neurologia,Policlinico Universitario Gemellidi Roma.

LETIZIA LEOCANIResponsabile del Centro MAGICS, Ospedale San Raffaeledi Milano

VANESSA SALZANO

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VANESSA SALZANO

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Domanda:■■ É possibile cu-rare i sintomi dell’alzheimer?

Risposta:■■ oggi si pos-sono curare i sintomi mode-ratamente gravi grazie agli achei, inibitori dell’ acetilco-linesterasi.

Domanda:■■ Quali sono le malattie che potrebbero es-sere curate con la stimolazio-ne magnetica transcranica?

Risposta:■■ depressione maggiore e patologie neuro-logiche degenerative o va-scolari sono state già trattate con risultati promettenti, ma sono molti gli studi all’avvio.

news

Come proteggerela memoria

stimolazione magnetica: la nuova frontiera

uno speciale realizzato da Mediaplanet

Come proteggere6

IDEA

CARLO FRANCESCO CALTAGIRONEDirettore Scientifico della Fonda-zione IRCCS Santa Lucia di Roma

in BReve

Antonio Uccelliresponsabile centro sclerosi Multipla università di genova.

Gianvito Martinodirettore divisione neuroscienzesan raffaele di Milano.

staminali per le malattie neurologiche

La speranza riposta nel-■■le cellule staminali è quel-la che possano prevenire e riparare i danni neurona-li e gli studi sono agli ini-zi. “Per la sclerosi multipla sono state già utilizzate le cellule staminali mesen-chimali che agiscono mo-dulando l’aggressione del sistema immunitario con-tro la mielina e rilasciando fattori neuro protettivi. Gli studi sono in fase 1 – spie-ga Antonio Uccelli, Respon-sabile Centro Sclerosi Multi-pla Università di Genova – ed indicano che vi è sicurezza per l’infusione di staminali autologhe”. Agiscono diver-samente le cellule stamina-li neuronali, i cui studi sono in fase pre-clinica: “Inizial-mente si pensava che le cel-lule del cervello potessero essere trapiantate e sostitu-ire quelle malate - aff erma Gianvito Martino, Direttore Divisione Neuroscienze San Raff aele di Milano - ma si è visto che una volta trapian-tate non prendono il posto delle cellule danneggiate, però stimolano la rigenera-zione del cervello con eff etto neuro protettivo”. La speranza è prevenire con le cellule staminali mesen-chimali e riparare con quelle del cervello.

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La battaglia contro la scle-rosi multipla (SM) si vin-ce se la malattia viene af-frontata adeguatamente sin dalle prime fasi perché i danni al sistema nervo-so centrale iniziano già pri-ma che la malattia si ma-nifesti clinicamente e per-ché la risposta alle terapie è migliore nei primi anni. Ne parliamo con due dei maggiori esperti italiani: il prof. Giancarlo Comi del Dipartimento Neurologico e INSPE dell’Università Vita Salute S.Raffaele (Milano) e il prof. Paolo Gallo del Di-partimento di Neuroscien-ze dell’Università degli Stu-di di Padova.

Meccanismi di tipo immu-nomodulanteRisale a poco più di 15 anni fa l’in-troduzione dell’interferone beta nella terapia della SM, seguita do-po pochi anni da quella del glati-ramer acetato, entrambe attive con meccanismi multipli di tipo immunomodulante. Studi più re-centi hanno dimostrato che que-sti farmaci hanno un’effi cacia so-stanzialmente sovrapponibile; al contempo il lungo impiego ha consentito di defi nire con certez-za la loro elevata sicurezza per cui costituiscono a tutt’oggi l’inter-vento di prima linea. L’impiego di interferone beta e glatiramer ace-tato è raccomandabile sin dal pri-mo attacco.

Per ogni paziente il trattamen-to adeguato va scelto conside-rando lo stato della malattia e la sua probabile evoluzione. Data la grande variabilità interindivi-duale di decorso useremo farma-ci più aggressivi, accettando an-che maggiori rischi di eff etti col-laterali, nei pazienti con prognosi peggiore, mentre prescriveremo farmaci meno potenti, ma più si-curi (come interferone e glatira-mer acetato) nei pazienti in cui prevediamo un decorso di malat-tia più favorevole.

Questo approccio basato sul rapporto rischio/benefi cio è già possibile perché disponiamo di farmaci molto potenti come il na-talizumab e il mitoxantrone. L’ar-mamentario terapeutico d’altra parte si arricchirà ulteriormen-te nei prossimi anni grazie all’in-troduzione di nuovi farmaci che

appartengono alla categoria delle terapie anticorpali ma soprattut-to della nuova categoria dei far-maci orali.

Tra gli anticorpi, che sono pe-rò in una fase di sviluppo meno avanzata, appare di grande inte-resse l’alentuzumab che ha una potente e prolungata azione im-munosoppressiva verso tutti i lin-fociti ed alcuni anticorpi diret-ti contro i linfociti B come il ritu-ximab e l’ocrelizumab. Per questa classe di farmaci il profi lo di si-curezza è più problematico. Alla nuova classe dei farmaci orali ap-partengono molecole come fi n-golimod, cladribina, laquinimod, terifl unomide, dimetilfumarato,. I primi due sono in fase avanzata di

valutazione e la loro disponibilità sul mercato dovrebbe essere pros-sima. Entrambi presentano carat-teristiche molto attraenti non so-lo per la rilevante effi cacia, ma an-che per la somministrazione orale e per il buon profi lo di sicurezza, che necessita d’altra parte di con-ferme mediante osservazioni più prolungate, attualmente in corso.

Fingolimod, la nuova gene-razione

Il fi ngolimod (FTY 720) è il capo-stipite di una nuova generazione di farmaci orali ad azione immu-nomodulatoria, che agiscono mo-dulando il recettore della sfi ngo-sina 1-fosfato (S1P), espresso sui linfociti e sulle cellule neuronali

e gliali. Dati preclinici in model-li animali suggeriscono due po-tenziali azioni: 1) un’azione a li-vello del sistema immunitario, che consiste nel blocco dell’usci-ta dei linfociti dai linfonodi, sen-za compromettere le difese im-munitarie. 2) un’azione a livello del sistema nervoso centrale, che consisterebbe nella riduzione dei fenomeni di gliosi reattiva e nella stimolazione locale di produzio-ne di fattori di crescita.

L’azione immunomodulatoria del fi ngolimod è particolarmente innovativa, in quanto il farmaco non provoca una deplezione lin-focitaria e quindi non modifi ca il repertorio di tali cellule ma ne determina solo la compartimen-talizzazione nei linfonodi. Questo eff etto, che si traduce in una mar-cata riduzione dei linfociti auto-reattivi circolanti potenzialmen-te patogeni per il sistema nervoso centrale, è transitorio e reversi-bile. Tali caratteristicherendo-no fi ngolimod un farmaco che, accanto ad una elevata effi cacia, possiede un buon profi lo di sicu-rezza, dimostrato anche nel lun-go termine.

Sperimentazioni cliniche con fi ngolimod I risultati delle due sperimentazioni cliniche di fa-se III sulla forma recidivante-re-mittente della sclerosi multipla, “Transforms” (fi ngolimod versus interferone beta 1a i.m. monoset-timanale) e “Freedoms” (fi ngoli-

mod versus placebo), pubblicati sul The New England Journal of Medicine, sono stati molto positi-vi. In particolare, la dose più bas-sa del farmaco (0.5 mg), che è at-tualmente in fase di registrazio-ne negli Stati Uniti e in Europa, ha dimostrato di ridurre il tasso annualizzato di ricadute del 52% rispetto all’interferone beta. Il fi ngolimod si è dimostrato inol-tre signifi cativamente più effi ca-ce di interferone beta nel ridurre l’attività di malattia osservata al-la risonanza magnetica cerebrale, sia per quanto riguarda le lesioni attive captanti gadolinio che nel carico lesionaletotale. Nello stu-dio “Freedoms” questi eff etti po-sitivi sull’attività di malattia si sono tradotti nella riduzione di un terzo della progressione di di-sabilità rispetto a placebo.

Sulla base del profi lo farmaco-logico di fi ngolimod è iniziata an-che la sperimentazione clinica nella forma primariamente pro-gressiva di SM.

Il farmaco ha mostrato un pro-fi lo di tollerabilità e sicurezza fa-vorevole. Gli eventi avversi severi di natura infettiva sono stati rari e osservati solo nei pazienti trat-tati con l’alta dose di Fingolimod (1.25 mg), che non sarà commer-cializzata.

nuovi orizzonti nella terapia della sM

Domanda:■■ Quali sono le te-rapie al vaglio della scienza?

Risposta:■■ la ricerca è rivol-ta verso farmaci orali e terapie con anticorpi: due categorie di farmaci particolarmente pro-mettenti

VANESSA SALZANO

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news

GIANCARLO COMIPresidente-eletto Società Italiana di Neurologia (SIN).Direttore,Dipartimento Neurologico e INSPE,Università Vita-Salute San Raffaele, Milano.

PAOLO GALLODipartimento di Neuroscienze dell’Università degli Studidi Padova.

Neurologia · 9uno speciale realizzato da Mediaplanet

RISONANZA MAGNETICA IN VARIE SEQUENZE DI UN PAZIENTE CON SM.

nuovi orizzonti nella

uno speciale realizzato da Mediaplanet

7IDEA

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10 · Neurologia uno speciale realizzato da Mediaplanet

Il deterioramento cognitivo nel-la Sclerosi Multipla è sempre stato sottostimato ma oggi è certo che si tratta di un sintomo frequente: interessa dal 40% al 60% dei sog-getti aff etti da SM ed è un fattore di forte impatto sulla qualità di vi-ta. “I problemi cognitivi creano di-sturbo alla vita quotidiana dei ma-lati di SM. Ma – spiega Maria Pia Amato, Responsabile del Settore Sclerosi Multipla SOD – Neurolo-gia 1 Azienda Ospedaliera Univer-sitaria Careggi – a seconda delle varie fasce di età le problemati-che possono essere più serie per-ché ne può derivare una riduzio-ne del quoziente intellettivo”. Per-ciò oggi c’è più sensibilizzazione verso il danno cognitivo oltre che verso la disabilità motoria e nuove molecole sono utilizzate per la cu-ra di questa patologia. “Fra le tera-pie disponibili natalizumab ha se-gnato un nuovo ordine di grandez-za nell’effi cacia terapeutica.

Inoltre – continua la prof. Ama-to - nel trial registrativo AFFIRM è stato considerato anche il test di funzione cognitiva PASAT che va-

luta attenzione, velocità di elabo-razione delle informazioni e me-moria a breve termine ed è stato riscontrato un signifi cativo van-

taggio in queste performance. L’impatto positivo sulla qualità di vita è stato confermato anche dalla vautazione dei pazienti stes-

si”. ‘AFFIRM’, lo studio registrati-vo, ha messo in evidenza risultati di grande rilevanza clinica anche sui parametri più frequentemen-te considerati: “é stato dimostra-to un eff etto positivo indiscutibi-le: le ricadute diminuiscono del 70% e – aff erma Angelo Ghezzi, Di-rettore dell’UO di Neurologia del Centro Studi SM dell’AO Gallarate di Milano - anche la progressione della malattia viene ridotta signi-fi cativamente rispetto al placebo, confermando un potente eff etto di riduzione della malattia”.

L’esperienza dei centri italia-ni, in particolare di 3 centri (San Raff aele di Milano, Azienda Ospe-daliera Gallarate e San Raff aele di Cefalù) che hanno analizzato una casistica di circa 300 malati, ha confermato questi dati: “Ab-biamo in cura pazienti che nella gran parte sono già stati trattati con farmaci tradizionali, una po-polazione molto attiva: l’eff etto di riduzione delle ricadute è sta-to consistente e in alcuni casi vi è stato anche un leggero migliora-mento clinico e un miglioramen-to della qualità di vita dei pazienti. Altri due aspetti positivi – conclu-de il dott. Ghezzi - sono la maggio-re effi cienza ed energia percepita dai malati e la comodità di utiliz-zo del farmaco, che va sommini-strato una volta al mese in ambito ospedaliero”.

Gli anticorpi monoclonali nella sclerosi Multipla

Domanda:■■ quali sono i ri-sultati innovativi ottenuti con natalizumab, il primo anticor-po monoclonale sviluppato per la gestione della sm?

Risposta:■■ studio registra-tivo ed esperienza sul campo indicano una riduzione nelle ricadute ma ci sono risposte positive anche circa il danno cognitivo.

VANESSA SALZANO

[email protected]

FlaSH neWS

La sonografia cerebra-■■le transcranica predice la pro-gressione della malattia nella sclerosi multipla.

Associazione■■ tra conver-sione clinica a sclerosi multipla nella sindrome radiologicamen-te isolata e risonanza magneti-ca per immagini

Fumo e progressione■■ della malattia nella sclerosi multipla

Alta prevalenza ■■ di insuffi -cienza venosa cerebrospinale cronica nella sclerosi multipla

Insufficienza venosa ce-■■rebrospinale cronica nei pa-zienti con sclerosi multipla

Trattamento endovasco-■■lare dell’insuffi cienza venosa cerebrovascolare cronica asso-ciata a sclerosi multipla: studio in aperto

Sclerosi multipla■■ : virus eBv nell’attività di malattia

La capacità ■■ di rimielinizza-zione nei pazienti con sclerosi multipla diminuisce con la cro-nicità della malattia

! Notiziedal web:

www.sclerosionline.net

newsuno speciale realizzato da Mediaplanet

Gli anticorpi monoclonali 8

IDEA

Un vaccino contro l’alzheimer?

Pur non conoscendone an-cora le cause, è ormai noto che i frammenti di una proteina, la be-ta amiloide, accumulandosi nel cervello portano gradualmente al danno dei neuroni e più speci-fi camente alla distruzione delle sinapsi provocando la comparsa della sindrome clinica della ‘De-menza di Alzheimer’. “Una strada terapeutica promettente è quel-la dei vaccini atti proprio a ridur-re la quantità di beta amiloide ce-rebrale e questo - spiega Claudio Mariani, Professore Ordinario di Neurologia presso l’Università Statale di Milano, Polo Ospedale Sacco - dovrebbe portare al mi-glioramento della sindrome cli-nica”. Oggi il vaccino è ancora in fase sperimentale, ma bisognerà aspettare la fase 3, quella multi-centrica, per ottenere una rispo-sta defi nitiva. “Recentemente i ricercatori hanno identifi cato an-che il ruolo che hanno in questa malattia le proteine ‘prioniche’ e cioè quelle tristemente famose perché alla base della cosiddet-ta ‘malattia della mucca pazza’ e questo – conclude il Prof. Maria-ni – molto probabilmente per-metterà in futuro di avere vacci-ni ancora più potenti”. La speran-za è che non vengano riscontrate nuovamente complicanze ed ef-fetti collaterali gravi e che si pos-sa fi nalmente avere una terapia effi cace contro questa patologia così devastante, che rappresenta la forma più diff usa di demenza senile.

VANESSA SALZANO

Claudio Marianiprofessoreordinario dineurologia presso l’università stataledi Milano, polo ospedale sacco

MARIA PIA AMATOResponsabile del Settore Sclerosi Multipla SOD - Neurologia 1 Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi

ANGELO GHEZZIDirettore dell’UO di Neurologia del Centro Studi SM dell’AO Gallarate di Milano

in collaborazione con Newronika, Spin off Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Milano ed Università degli Studi Milano

Page 11: neUroloGia - doc.mediaplanet.comdoc.mediaplanet.com/all_projects/5628.pdf · aderenza alla terapia. So-lo così può migliorare la qualità della vita nei pa-zienti affetti da sclero-si

in un gene, una causa rara di ictus nei giovani

newspillole

Dopo un trapianto renale per malattia di ■■Fabry, sto bene e lavoro. La Risonanza ma-gnetica cerebrale mostra piccole alterazio-ni. Significa che sto per avere un ictus? Le piccole alterazioni (probabilmente microische-mie) non sono segnale di ictus imminente, ma di modificazioni molto lente nel tempo, come quelle provocate dall’ipertensione arteriosa. Un colloquio con il neurologo è necessario per una valutazione personalizzata.

pillole

A quaranta anni ho avuto difficoltà ■■a usare gli arti di sinistra, per fortuna con ottimo recupero. Mi è stato dia-gnosticato un infarto cerebrale di pic-cole dimensioni. Approfondendo le ri-cerche, si è scoperto che ero affetta da Malattia di Fabry. Di che si tratta?é una mutazione genetica non faci-le da sospettare, a meno che non ci sia-no altre persone già diagnosticate nella

famiglia,infatti questa malattia si ma-nifesta in forma attenuata nelle donne. La conferma diagnostica è semplice: ba-stano due prelievi di sangue, uno per il dosaggio nei globuli bianchi dell’enzi-ma mancante , l’alfagalattosidasi A, l’al-tro per l’analisi del gene che sintetizza lo stesso enzima e che è mutato nella Ma-lattia di Fabry.

Un guerriero per sconfiggerele malattie rare

Per sconfiggere alcune malattie rare serve un guerriero, un condottiero le cui armi sono la ricerca e lo sviluppo di farmaci in grado di dare una risposta certa

ed immediata e migliorare la qualità della vita.Shire HGT è tutto questo: un’azienda farmaceutica fortemente impegnata nel

campo delle malattie rare quali la Malattia di Anderson Fabry patologia che fa parte delle malattie lisosomiali ossia gli “spazzini” del corpo umano

La paralisi improvvisa di una parte del corpo o un disturbo del linguaggio che non recupera ra-pidamente può derivare dal man-cato arrivo di sangue (ischemia) o da una emorragia, localizzati in un’area del cervello. A questa con-dizione ci riferiamo quando par-liamo di ictus cerebrale. E’ una pa-tologia più frequente dopo i 65 an-ni, per cui esiste una prevenzione efficace, basata sulla conoscenza, trattamento e/o eliminazione di fattori di rischio noti, come distur-bi cardiaci, fumo, ipertensione ar-teriosa, diabete mellito e ipercole-sterolemia. L’ictus tra le persone giovani è una patologia rara, ma non meno importante e più dif-ficile da prevenire. Le cause sono ancora poco note, a volte geneti-che. Una mutazione in un singolo gene può essere sufficiente.

E’ quanto avviene nella Malattia di Fabry, di cui oggi conosciamo il gene mutato e le conseguenze del-la mutazione. Per la mancanza di un enzima si accumulano sostan-ze grasse nelle cellule fino a com-promettere, nei casi più severi, il cuore o il rene. I vasi sanguigni, nel corso degli anni, si sfiancano e si ispessiscono. Il cervello è protet-to, ma il 20% delle persone affette ha ictus. Gli uomini sono colpi-ti prima (30 anni) delle donne (45 anni). I sintomi meno gravi (diffi-coltà a muovere una mano, devia-zione della bocca) regrediscono in alcuni giorni, grazie alle buone ca-pacità di compenso del circolo ce-rebrale. Un ictus in un soggetto giovane può essere il primo segno di Malattia di Fabry finora non diagnosticata. Il racconto di do-lori intensi agli arti e insofferen-za per il caldo fin da bambino, la presenza di piccole macchie della pelle di colore scuro raggruppate nella zona dei genitali, la presenza di proteine nelle urine: tutto que-sto aiuterà il medico a riconosce-re nella Malattia di Fabry la cau-sa dell’ictus. Il sospetto diagno-stico è più facile nelle persone di sesso maschile che nelle donne, dove le manifestazioni della ma-lattia sono meno appariscenti. La conferma della diagnosi si fa tra-mite un prelievo di sangue per il dosaggio dell’ enzima mancante e/o del gene mutato. La diagnosi corretta permette di contrastare la progressione della malattia con un trattamento personalizzato e multi-target, con lo scopo di pre-venire nuove ischemie cerebrali grazie alla sostituzione dell’enzi-ma mancante.

Walter Borsiniclinica neurologica ii dip. scienze & neu-rologiche e psichia-tricheuniversità degli studi di Firenzeospedali careggi

Neurologia · 11uno speciale realizzato da Mediaplanet

I lisosomi sono infatti dei minuscoli or-ganelli, che si trovano all’interno delle cellule di tutto il corpo la cui funzione è quella di distruggere i prodotti di scarto dell’organismo, agendo come una sorta di “tritatutto”.Quando questi spazzini non riescono a svolgere il proprio lavoro e a “demolire” i prodotti di scarto l’organismo umano di-venta come una città invasa dai sacchi dei rifiuti, con discariche e centrali di riciclag-gio inattive: così le cellule dei vari organi si “intasano” man mano di scarti, che ostrui-scono le normali “vie di scorrimento” com-promettendo l’efficienza e la funzionalità degli organi e intaccando anche la qualità della vita.La malattia di Fabry è dovuta alla mancan-za di un enzima, l’alfa galattosidasi A, che svolge un ruolo essenziale nel processo di riciclaggio all’interno delle cellule. A causa della sua mancanza, il materiale biologico non viene degradato.La costellazione dei sintomi che accompa-gna questa malattia, tutti diversi tra loro, rende la diagnosi difficoltosa. è bene sotto-lineare che uno dei sintomi più importanti della malattia, il più frequente e spesso è anche il primo a essere notato è il dolore che è causato dall’accumulo dei prodotti

di scarto nelle cellule nervose e può essere scatenato da stress, esercizio fisico o cam-biamenti della temperatura.Nelle persone affette da Malattia di Fabry compaiono spesso cefalea e vertigini, as-sociate con la percezione costante di “fi-schi” all’orecchio (tinnito). A causa dell’accumulo di sostanze di scar-to all’interno delle arterie del sistema ner-voso centrale, sono frequenti gli episodi di ictus giovanile.Grazie ai continui sviluppi della scienza oggi è possibile diagnosticare la Malattia di Fabry con un semplice prelievo del san-gue, da cui risulta la mancanza dell’enzima alfa galattosidasi A.E spesso l’esame del sangue è il “punto di arrivo” di una diagnosi che, a livello clinico, può rivelarsi problematica.Un’altra buona notizia è quella della cer-tezza della cura. Un trattamento efficace esiste: consiste nella terapia enzimatica sostitutiva. Somministrando l’enzima man-cante, viene ridotta la quantità del “mate-riale di scarto” accumulatosi nelle cellule, stabilizzando e migliorando la funzione renale e cardiaca e riducendo il dolore. Oggi, le tecniche di ingegneria genetica hanno permesso di produrre una quantità sufficiente di enzima identico all’alfa galat-

tosidasi A, la cui carenza provoca appunto la malattia.Attualemente grazie alla ricerca di Shire HGT, esiste un farmaco, agalsidasi alfa, che è un concentrato per soluzione per infusio-ne endovenosa indicato come terapia en-zimatica sostitutiva a lungo termine in pa-zienti con diagnosi confermata di Malattia di Fabry (carenza di alfa galattosidasi A).Il nostro impegno - spiega Francesco Sco-pesi, AD di Shire HGT, è guidato dalle ne-cessità di garantire un aiuto e una risposta a tutti coloro che fanno affidamento sulle nostre capacità e sulla ricerca e sviluppo dell’Azienda ossia i pazienti e i loro fami-liari. La nostra strategia è quella di focaliz-zarci nel soddisfare i bisogni dei pazienti affetti da malattia rara e di realizzare delle collaborazioni con i più importanti attori del panorama delle malattie rare ossia il personale che presta le cure, i medici, gli specialisti nonché le associazioni dei pa-zienti. La nostra Azienda - prosegue Sco-pesi - non ha voluto dare solo una risposta ai pazienti ma ha attivato anche dei servizi innovativi. Fino a oggi la somministrazione del farmaco poteva essere effettuata solo ed esclusivamente presso i Centri Clinici degli ospedali ora invece abbiamo a dispo-sizione un servizio domiciliare.

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