No. 4 / Mag. 2011 GLI AnnI D’ORO -...

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LA SALUTE OSTEOARTICOLARE Nutrizione Un’arma giusta contro la fragilità Incontinenza Come sfatare questo tabù Acufeni Sintomi, effetti e terapie adeguate GLI ANNI D’ORO No. 4 / Mag. 2011 Consigli e suggerimenti per mantenere sane ossa e articolazioni e prevenire i disturbi dell’età. AN ADVERTISING INSERT BY MEDIAPLANET PHOTO: JAHN TEIGEN/SCANPIX Dolore Osteoarticolare Innovazioni terapeutiche contro l’infiammazione Artrite Reumatoide L’importanza di una diagnosi precoce Osteoporosi Come preve- nire le fratture vertebrali e femorali PER MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA 6 IDEE Coadiuvante nelle problematiche dell’infertilità maschile Coadiuvante nelle affezioni benigne della prostata Coadiuvante nelle situazioni di infiammazione ed edema dell’apparato uro-genitale Coadiuvante nel trattamento della diminuzione della libido maschile e femminile www.ferpharma.it QUESTO SUPPLEMENTO È STATO REALIZZATO DA MEDIAPLANET. IL SOLE 24 ORE NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÁ PER IL SUO CONTENUTO

Transcript of No. 4 / Mag. 2011 GLI AnnI D’ORO -...

LA SALUTE OSTEOARTICOLARE

nutrizioneun’arma giustacontro la fragilità

incontinenzacome sfatarequesto tabù

acufenisintomi, effettie terapie adeguate

GLI AnnI D’ORONo. 4 / Mag. 2011

Consigli e suggerimenti per mantenere sane ossa e articolazioni e prevenire i disturbi dell’età.

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dolore osteoarticolareinnovazioni terapeutiche contro l’infi ammazione

artrite reumatoidel’importanza di una diagnosi precoce

osteoporosicome preve-nire le fratture vertebrali e femorali

PER MIGLIORARELA QUALITÀDELLA VITA

PER MIGLIORARE

6IDEE

Coadiuvante nelle problematiche dell’infertilità maschile

Coadiuvante nelle aff ezioni benigne della prostata

Coadiuvante nelle situazioni di infi ammazione ed edema

dell’apparato uro-genitale

Coadiuvante nel trattamento della diminuzione della libido

maschile e femminile

www.ferpharma.it

QUESTO SUPPLEMENTO È STATO REALIZZATO DA MEDIAPLANET. IL SOLE 24 ORE NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÁ PER IL SUO CONTENUTO

2 · Gli anni d’oro uno speciale realizzato da Mediaplanet

eDITORIALe

L’impatto dellemalattie reumatiche

Le malattie reumatiche, se non tempestivamente riconosciute e appropriata-mente trattate, sovente comportano perdita dell’autosu� cienza, discontinuità lavorativa, abbandono anticipato dell’impiego e, quindi, elevati costi sociali.

sono oltre cento le malattie reuma-tiche, la maggior parte delle quali di tipo degenera-tivo, infi ammato-rio, immunologico

o dismetabolico. Sono almeno sei milioni gli italiani che soff rono di malattie reumatiche, senza con-siderare quelli aff etti da osteopo-rosi. Ben quattro milioni sono in Italia i pazienti aff etti da artrosi, la più diff usa malattia reumatica cronica di tipo degenerativo. Tut-te le patologie reumatiche han-no un forte impatto sociale e sul-la qualità di vita. I soggetti porta-tori di malattie reumatiche dege-nerative e quelli con aff ezioni reu-matiche infi ammatorie e autoim-muni (tra cui l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica, le spondiliti, il lupus eritematoso sistemico, la sclerodermia, la sindrome di Sjö-gren, le vasculiti) presentano pro-blematiche comuni, quali la con-vivenza cronica con la disabilità e la necessità di cure e controlli a tempo indeterminato. Per quanto riguarda le malattie reumatiche più gravi, quali quelle di natura infi ammatoria o con componen-te autoimmune, va ricordato che si tratta di patologie di estrema rilevanza clinica in grado di inci-

dere sulla durata media della vita. Tuttavia è dimostrato che la mag-gior parte delle malattie reumati-che, anche le più gravi, se trattate correttamente e tempestivamen-te, possono essere molto ben con-trollate e consentire ai malati una qualità di vita simile a quella di un soggetto sano.

La conoscenza delle malattie reumatiche

La rilevanza sociale delle pa-tologie reumatiche e le nuo-

ve possibilità di cura hanno indot-to l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’ONU a dedicare la deca-de 2000-2010 alla loro prevenzio-ne e al loro trattamento. Inoltre, il Parlamento europeo nel maggio del 2008 ha emanato una dichiara-zione scritta sulle malattie reuma-tiche sollecitando gli Stati mem-bri a sviluppare strategie intese a migliorare la loro conoscenza, ad adottare programmi di prevenzio-ne e a favorire l’accesso alle cure dei malati reumatici. Attualmente le Autorità italiane hanno a dispo-sizione dati e informazioni utili che possono consentire l’attuazio-ne di interventi effi caci nella lot-ta alle malattie reumatiche. L’ap-proccio alle patologie reumatiche oggi è profondamente cambiato rispetto al passato e i Reumatologi

sono in grado di eff ettuare diagno-si precise e precoci grazie a nuovi mezzi diagnostici e di intrapren-dere trattamenti effi caci grazie ai farmaci innovativi oggi disponibi-li, molti dei quali prodotti con tec-niche di biologia molecolare.

Informazione corretta, diagnosi tempestiva, risorse adeguate

Le malattie reumatiche sono spesso patologie complesse

che richiedono competenze e cure specifi che e che possono interes-sare, se trascurate o sottovaluta-te, non solo articolazioni e ossa ma anche organi interni; in tali casi la diagnosi precoce della malattia e delle sue complicanze risulta fon-damentale. Per trattare adeguata-mente le malattie reumatiche più gravi e importanti occorre che le Autorità competenti cerchino di avvicinarsi agli standard europei, realizzando programmi assisten-ziali concreti, e non propagandi-stici, che prevedano, nell’esclusivo e fondamentale interesse dei ma-lati, l’accesso incondizionato alle cure più effi caci oggi disponibili, il potenziamento delle poche strut-ture reumatologiche esistenti in Italia e l’istituzione di nuove nel-le numerose zone del nostro Paese ove sono ancora assenti.

“per trattare ade-guatamente le malattie reumatiche più gravi e impor-tanti occorre che le autorità competenti cerchino di avvici-narsi agli standard europei, realizzando programmi assisten-ziali concreti, e non propagandistici.”ziali concreti, e non propagandistici.”

Giovanni Minisola presidente della società italiana di reumatologia. primario reumatologo dell’ospedale di alta specializzazione “san camillo” di roma.

“il dolore improvviso va discriminato dal dolore cronico; è molto forte e ha un picco di intensità rapido e devastante nei primi 3 o 4 minuti”

Alberto CesterMembro del Grup-po di studio “la cura nella fa-se terminale della vita”istituto presso la società italiana di Gerontologia e Geriatria (siGG).

in eviDenZA

paGina 06

Sclerodermia: malattia rara e poco conosciuta p. 04.

Nutrizione corretta contro la fragilità p. 11

Gli ani d’oro,Quarta edizione,MaGGio 2011

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Quali sono le patologie più diff use a carico della colonna cer-vicale?Sono le ernie e i fenomeni artrosici che insorgono dopo i 40 anni d’età e che sono collegati sia alla postura sia al tipo di lavoro svolto. I camionisti e i conducenti d’autobus, per esempio, sono tra i più colpiti perché la colonna è sottoposta a continui micro-traumi.Come ci si accorge di avere un problema alla colonna cervi-cale?I pazienti avvertono un fastidio dietro la testa e poi un dolore che si irradia dal collo fi no al braccio con formicolii e diminuzione di

forza nelle mani. Come si curano queste patologie?La soluzione migliore è quella dell’intervento chirurgico che ri-muove la compressione sui nervi con una piccola incisione sul collo. Si introduce un microscopio, si rimuove il disco e si inse-risce uno spessore (Cage) tra le vertebre che sostituisce il disco danneggiato. Dopo il paziente non è più costretto ad indossare il collare perché le cage mimano bene il lavoro del disco vertebrale. Ne sono una dimostrazione i numerosi interventi (oltre 100 in un anno) che eseguiamo presso la casa di cura Ge.Po.S. di Telese Ter-me che rappresenta un centro d’eccellenza in Campania.

Quali sono le patologie degenerative della colonna lombare?Sono la discopatia degenerativa, l’ernia del disco, la stenosi, la spondilolistesi degenerativa e l’artrosi delle articolazioni “poste-riori” della colonna.Come ci si accorge di avere un problema alla colonna lom-bare?La discopatia può causare dolore lombare. L’ernia comprime una radice nervosa lombare con conseguente dolore all’arto inferiore. La stenosi causa dolore e debolezza agli arti inferiori durante il cammino mentre la spondilolistesi può causare solo lombalgia o anche una stenosi, analogamente all’artrosi.

Come si curano queste patologie?Tutte possono essere trattate con anti-infi ammatori, fi sioterapia o ginnastica. Se questi trattamenti sono ineffi caci può essere indi-cato un intervento chirurgico. Nella discopatia, esso consiste nel limitare il movimento delle due vertebre tra cui è interposto il di-sco. Per l’ernia esistono trattamenti percutanei con cui si asporta una piccola parte del contenuto del disco. Nelle stenosi si asporta la parte posteriore delle vertebre per decomprimere le strutture nervose. Per la spondilolistesi si eff ettua una fusione della verte-bra scivolata a quella sottostante.

LE PRINCIPALI PATOLOGIE DELLA COLONNA VERTEBRALE

FRANCESCO LO BIANCOspecialista in neurochirurgia

presso la casa di cura Ge.Po.S. di Telese Terme

FRANCO POSTACCHINIPrimario Clinica Ortopedica Policlinico Umberti I°, Roma

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Gli anni d’oro · 3uno speciale realizzato da Mediaplanet

L’artrosi è frequente ed è legata a una progressiva degenerazione della cartilagine delle articolazio-ni, che può essere dovuta all’età come a un utilizzo esagerato delle articolazioni stesse (sovrappeso o attività pesanti); l’artrite reuma-toide è invece più rara, colpisce lo 0,5% della popolazione contro il 10-15% dell’artrosi. L’artrite reu-matoide è una malattia più seve-ra che consiste nell’infi ammazio-ne dell’articolazione con conse-guente distruzione della stessa.

L’artrite reumatoideL’artrite reumatoide è una pato-logia cronica dovuta all’aggres-sione del sistema immunitario nei confronti del proprio organi-

smo ed è defi nibile come malattia autoimmune. “Il bersaglio prin-cipale sono le articolazioni dota-te di movimento, ma può colpire anche gli organi interni – chiari-sce Carlomaurizio Montecucco, Direttore della Clinica Reumato-logica del Policlinico San Matteo all’Università di Pavia -. Colpisce 3 volte più le donne degli uomini e a tutte le età, anche se il massi-mo picco di incidenza è fra i 40 e i 60 anni”.

Quali sintomi?Mentre in presenza di artrosi il dolore si manifesta solo quan-do si usa l’articolazione, quando si ha l’artrite reumatoide il dolo-re c’è sempre, anche di notte e a riposo. “L’artrite si esplicita con dolore e gonfi ore delle articola-zioni. Al mattino si accusa rigidi-tà, soprattutto alle mani, che du-ra almeno mezz’ora e spesso più di un’ora. Col passare del tempo si è impossibilitati a usare le ar-

ticolazioni perché – spiega il prof. Montecucco - vengono distrutte. È per questo che bisogna spegne-re la malattia nelle fasi iniziali, prima che abbia causato danni ir-reparabili”.

Artrite, l’importanza di una diagnosi precocePer poter guarire l’artrite è neces-saria una diagnosi precoce e per-tanto è fondamentale rivolgersi

allo specialista il prima possibile. Ma cosa signifi ca? “Bisogna re-carsi dal reumatologo entro 6 set-timane da quando sono comparsi i primi dolori o al massimo entro 3 mesi – risponde Carlomaurizio Montecucco -. È poi importante che sia il reumatologo a prescri-vere e a leggere le indagini perché spesso un risultato negativo non vuol dire che non si sia in presen-za di malattia”. La terapia è tanto più effi cace quanto prima si ini-zia. “Si tratta di una terapia far-macologica che parte dai farma-ci classici, e cioè il metotrexate o la Lefl unomide – conclude il reu-matologo – per passare ai farma-ci biologici laddove il primo trat-tamento non abbia raggiunto i ri-sultati sperati. Non ha senso ini-ziare dai farmaci biologici”.

CARLOMAURIZIO MONTECUCCODirettore della Clinica Reumato-logica del Policlinico San Matteo all’Università di Pavia.

vanessa salzano

[email protected]

Domanda: ■■ ci sono diffe-renze fra le due patologie?

Risposta:■■ sono due ma-lattie completamente diver-se, per sintomi, tempi e mo-dalità di intervento.

news

Artrosi o artrite reumatoide

uno speciale realizzato da Mediaplanet

1IDEA

C-NEWS (500)

in breve

È l’artrite che colpisce i pa-■■zienti con psoriasi cutanea o del-le unghie o di entrambe. “Recen-temente è stato stabilito che in assenza di psoriasi nel paziente possa considerarsi ai fi ni dell’in-quadramento diagnostico l’esi-stenza di una psoriasi nella sua famiglia – avverte Raff aele Scar-pa, Responsabile del Centro di Reumatologia dell’Università di Napoli Federico II -. Ciò ha am-pliato il concetto di artrite pso-riasica, che oggi trova un più completo inquadramento noso-logico e nosografi co. Mentre l’ar-trite reumatoide è tipicamente una sinovite, l’artrite psoriasica è un’entesite: una patologia cioè dei tendini, dei legamenti e delle capsule che si inseriscono all’os-so, dando origine nel punto di in-serzione alla cosidetta entesi”.

Raffaele Scarparesponsabile del centro di reuma-tologia dell’uni-versità di napoli Federico ii.

Dolore e rigidità in ReumatologiaNei pazienti aff etti da patologie reumatiche, il dolore è considerato ancora un sintomo o viene trattato e curato come una malattia a sé stante?È una delle domande poste a un campione di oltre 500 reumatologi che hanno partecipato a un son-daggio sul Tema “Dolore in reumatologia” – promos-so da Walters Kluewer. Il dolore è presente in oltre il 50% dei pazienti con patologie reumatiche, secondo il 68% dei medici intervistati. Ciononostante, solo 2/3 (65,2%) degli intervistati ini-ziano il trattamento analgesico sin dalla prima visi-ta; il 26% dei clinici decide di rimandare l’inizio della terapia antalgica solo dopo che la causa del dolore è stata chiaramente individuata, e addirittura il 6,7% dei medici lascia al paziente la decisione di iniziare il trattamento. FANS (25%) e oppioidi deboli in particolare tramado-lo associato a paracetamolo – (59,7%) sono i farmaci d’elezione per i clinici intervistati, che limitano l’im-piego di oppioidi forti solo al 15% dei trattamenti. Tra gli oppioidi forti, la molecola più utilizzata è l’ossico-done (63,3% delle preferenze). Questa scelta risulta essere dettata dalla maggior tollerabilità ed effi cacia del farmaco, unitamente a una maggiore conoscen-za della molecola da parte dei clinici.

Ma questi dati rispecchiano il reale approccio al dolore dei Reumatologi italiani? Lo abbiamo chiesto al prof. Giovanni Minisola, Presi-dente della Società Italiana di Reumatologia e Diret-tore della Divisione di Reumatologia dell’Ospedale “San Camillo” di Roma. “Nel corso degli ultimi anni stiamo assistendo a un cambiamento radicale per quel che concerne l’atteggiamento dei Reumatolo-gi di fronte al paziente con dolore cronico articolare, intendendosi come tale un dolore che dura oltre tre mesi correlato a una malattia reumatica. In passato la sintomatologia dolorosa cronica era trattata essen-zialmente con FANS (farmaci anti-infi ammatori non

steroidei), il cui impiego è indicato quando prevale la componente infi ammatoria. Attualmente c’è un crescente indirizzo a favore degli oppioidi deboli nel trattamento delle condizioni dolorose croniche, ivi comprese quelle reumatiche. Il passo successivo deve prevedere una maggior dimestichezza anche con gli oppioidi “forti”, farmaci di riferimento per il tratta-mento del dolore moderato – severo non responsivo ad altri interventi farmacologici. L’approvazione della Legge 38 del 15 marzo 2010 e la conseguente sem-plifi cazione della prescrizione di farmaci oppioidi ha sicuramente favorito un diff erente e più appropriato atteggiamento terapeutico nei confronti del dolore cronico anche in Reumatologia”.

Dolore e rigidità articolare.Insieme al dolore, la rigidità articolare mattutina è il sintomo che nei pazienti con artrite reumatoide più condiziona la loro qualità della vita (94% dei casi), in-cidendo in un caso su due anche sulle relazioni inter-personali e limitando fortemente la capacità di svol-gere le normali attività quotidiane. Sono i dati di una ricerca condotta in undici Paesi europei, tra i quali l’Italia, eff ettuata da IPSOS MORI: l’indagine ha coin-volto cento pazienti italiani con artrite reumatoide che, al risveglio, presentavano dolore e rigidità delle articolazioni. «Il mattino è in genere il momento peg-giore della giornata per i pazienti con artrite reuma-toide, a causa della diffi coltà nello svolgimento delle proprie attività, dovuta alla rigidità articolare, al do-lore e agli altri sintomi tipici della malattia. L’impatto è assai negativo sulla vita delle persone ed è correla-to al processo infi ammatorio che caratterizza l’artrite reumatoide», spiega il Primario Reumatologo prof. Giovanni Minisola. Una nuova possibilità di cura per questi pazienti arriva da un innovativo trattamento a base di prednisone a rilascio programmato, da poco disponibile anche in Italia e approvato per la terapia dell’artrite reumatoide associata a rigidità mattutina.

Assumendo la compressa alle ore 22.00, un mecca-nismo originale di rilascio programmato consente di erogare basse dosi di prednisone da 4 a 6 ore dopo l’assunzione del farmaco. Ed è proprio nel cuore del-la notte che si scatena il processo infi ammatorio e si aggrava il danno articolare. Il prednisone rilasciato è assorbito rapidamente, in coincidenza con il picco plasmatico di mediatori causa di infi ammazione (ci-tochine), contrastandone l’azione e riducendo così la rigidità articolari e il dolore avvertiti al risveglio mattutino. Negli studi clinici, rispetto al cortisone convenzionale somministrato al mattino, il nuovo farmaco ha determinato nei pazienti con artrite reu-matoide un signifi cativo miglioramento del dolore e della rigidità articolare, contrastando effi cacemente la sintomatologia mattutina, tanto fastidiosa quanto invalidante. «Gli steroidi sono farmaci di base nella strategia terapeutica globale dell’artrite reumatoide - prosegue il prof. Minisola - e il loro impiego mediante somministrazioni che intercettano con meccanismo crono-dipendente la portata infi ammatoria citochi-no-correlata della malattia ha eff etti favorevoli sulla sintomatologia».

v.s.

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“La sclerodermìa, spiega il Professor Marco Matucci Ceri-nic - Ordinario di Reumatologia dell’Università degli Studi di Fi-renze - è una delle patologie più diffi cili da studiare e da curare in assoluto. Non se ne conoscono le cause, si presenta in modi sem-pre diversi tra loro, può apparire a qualunque età e manifestarsi in tempi estremamente variabi-li: da pochi mesi all’intera vita. E, soprattutto, non se ne conosce la causa e la cura. Inoltre, è una ma-lattia che è stata anche poco stu-diata”.

La sclerodermìa (che signifi ca letteralmente “pelle dura”) è una patologia cronica che colpisce in primo luogo la pelle, ma si può estendere ai tessuti di organi in-terni: cuore, apparato respirato-rio e digestivo.

Fortunatamente, la scleroder-mìa (o sclerosi sistemica) è una malattia relativamente rara: è stato calcolato che in Italia vi sia-no circa 70 mila persone aff ette da questa patologia e che ogni an-no questo numero aumenti di 300

casi. La malattia colpisce le don-ne in una misura circa tre volte superiore rispetto agli uomini e, pur potendosi manifestare a tut-

te le età, colpisce soprattutto tra i 30 e i 50 anni. In età fertile, il rap-porto tra gli ammalati di sesso femminile e quelli di sesso ma-

schile arriva a essere di un uomo aff etto da sclerodermìa ogni otto donne.

La sclerodermìa peraltro non è una malattia ereditaria le cui cau-se sono di fatto per ora sconosciu-te. Si sa che non si trasmette an-che se si pensa che possa essere un virus a causare la risposta im-munitaria verso i tessuti. Vi può essere comunque negli individui una predisposizione a sviluppare la malattia di origine genetica.

Allo stato attuale degli studi e delle ricerche, non è stata anco-ra trovata una cura per questa pa-tologia. Sono stati messi invece a punto diversi trattamenti sin-tomatici che procurano sollievo, rallentano il decorso della malat-tia e portano quindi anche a un miglioramento nella qualità del-la vita. Si tratta tuttavia, in tutti i casi, di trattamenti che non han-no funzione terapeutica ma sola-mente di carattere palliativo.

I malati di sclerodermìa, in Italia possono fare riferimento all’AILS (Associazione Italiana Lotta per la Sclerodermìa), al GILS (Gruppo Italiano per la Lotta alla Sclerodermia) e all’ASMAFF (As-sociazione Sclerodermia e Malat-tie Fibrosanti), che promuovono informazione, raccolgono fondi per la ricerca (anche con partner internazionali), gestiscono pro-grammi di sostegno ai pazienti e alle loro famiglie.

MARCO MATTUCCI CERINIC. Dipartimenti Reumatologia AVC, Biomedicina & Me-dicina Interna, SOD Reumatologia AOUC, Centro Denothe Università di Firenze.

Domanda:■■ che cos’è la sclerodermìa? come si mani-festa?

Risposta:■■ È una pato-logia cronica che consiste nell’ispessimento dei tessu-ti (principalmente della pelle), ma si può estendere ai tessuti di organi interni.

GIoRGIo vIzIolI

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FOCUS

La Sclerodermìa ■■ (deno-minata anche Sclerosi Si-stemica) colpisce 4 volte di più le femmine rispetto ai maschi, prevalentemente nell’età compresa tra i 25 e i 50 anni.

Ogni anno il GILS■■ (Grup-po italiano per la Lotta alla Sclerodermìa) organizza nel-le piazze italiane, la “Giorna-ta del ciclamino” per sensibi-lizzare e informare riguardo a una patologia ancora poco conosciuta.

il noto pittore di origine ■■svizzera Paul Klee morì di sclerodermìa nel 1940. Cele-bre il quadro “Gezeichneter”, più noto come “L’uomo se-gnato”: la prima opera dell’ar-tista dipinta nel 1935 dopo la diagnosi della malattia.

! Notizie dal web:

www.anmar-italia.itwww.sclerodermia.netwww.bresciareumatologia.it

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2IDEA

Actelion è un’azienda bio-farmaceutica multinazionale con sede a Basilea i cui obiettivi sono la scoperta, lo sviluppo e la commercializzazione di trattamenti e strategie farmacologi-che innovative fi nalizzate a soddisfare bisogni clinici ancora irrisolti, particolarmente nel campo delle malattie rare.

Fondata nel 1997, Actelion è leader mondiale nella ricerca sull’endotelio e sulle patologie endotelio-correlate, quali la vascolopatia sclerodermica.

La ricerca svolta in questo ambito ha permesso, nel corso dell’ultimo decennio, di ottenere importanti risultati clinici che hanno reso disponibili trattamenti specifi ci per due gravi complicanze della sclerodermia: l’ipertensione arteriosa pol-monare e le ulcere digitali.

Actelion è una società quotata in borsa allo SIX Swiss Exchan-ge (ATLN);

sclerodermìa: malattia rara e poco conosciuta

Ulteriori informazioni sono reperibili sul sito: www.actelion.com e www.pah-info.com

RICERCA E INNOVAZIONENEL TRATTAMENTO DELLA SCLERODERMIA

in breve

Malattia infi ammatoria do-■■vuta al deposito di cristalli di urato monosodico nelle artico-lazioni e in altri tessuti, la gotta è una patologia dolorosissima, che può portare alla distruzione delle articolazioni e a nefropa-tie. “La diagnosi, sicura al 100%, si esegue analizzando il liquido aspirato dall’articolazione col-pita per osservare la presenza dei cristalli che - aff erma Leo-nardo Punzi, Direttore della Cat-tedra e Unità Operativa di Reu-matologia Azienda Ospedaliera Università di Padova - si forma-no a causa di un’elevata iperuri-cemia”. Le crisi acute si curano con potenti antinfi ammatori di riferimento ormai da anni. “Ma è fondamentale ridurre l’urice-mia per non avere più attacchi– spiega il prof. Punzi -. Esistono farmaci che inibiscono la sinte-si dell’acido urico e farmaci uri-cosurici, ma questi ultimi non sono disponibili in Italia; qui si usa l’allopurinolo, che nel 20% di chi lo assume non dà rispo-sta o genera gravi intolleranze. Per fortuna da meno di un anno è disponibile un nuovo inibitore che si chiama febuxostat e per-mette di controllare meglio an-che nel nostro Paese questa ma-lattia”.

vanessa salzano

[email protected]

Curare la gotta

Leonardo Punzidirettore dellacattedra e unità operativa direumatologia azienda ospeda-liera università di padova.

In Italia si registrano oltre 94.000 ricoveri l’anno per fratture di femore nella sola popolazione over 65 anni, e il 78% di questi interessano la popolazione femminile. Con costi sociali correlati, diretti e indi-retti, che superano il miliardo di euro all’anno.Da anni si discute sull’utilità di un approccio educa-tivo alla corretta gestione diagnostico-terapeutica delle fratture da fragilità ossea, quali quelle di femo-re, dato che oltre la metà delle pazienti con frattura di femore non riceve gli accertamenti diagnostici raccomandati e il trattamento per evitare la ri-frattu-ra. Proprio queste pazienti, hanno invece un rischio maggiore di incorrere in una seconda frattura da fra-gilità ossea. In quest’ambito, l’iniziativa di sensibilizzazione “Stop alle Fratture”, fi rmata dalle principali società scienti-fi che di riferimento, e rivolta soprattutto alle donne over 65 che hanno già subìto una frattura di femore, off re la possibilità di informarsi, anche ponendo do-mande agli specialisti, sui metodi migliori per preve-nire ulteriori fratture da fragilità.

Per maggiori informazioni visitare il sitowww.stop-alle-fratture.it.

Osteoporosi: fratture e fragilità ossea

L’iniziativa“Stop alle Fratture”

Si stima che in Italia l’osteoporosi colpisca circa 5.000.000 di persone, di cui l’80% sono donne in post-menopausa. I siti scheletrici generalmente ri-conosciuti come sede di fratture da fragilità sono quelli a maggiore contenuto di osso trabecolare, ossia le vertebre, il femore, il polso, l’omero e la caviglia. Abbiamo intervistato Salvatore Minisola, professore ordinario di Medicina Interna presso l’Università di Roma “Sapienza” e Presidente del-la Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabo-lismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS), per saperne di più.

Nel nostro Paese si verifi cano ogni anno oltre 80.000 fratture di femore, con una netta preva-lenza (72%) nelle donne. Come mai?La frattura del femore è una conseguenza della fra-gilità ossea: non sempre, infatti, il trauma è l’unico responsabile, ma spesso il femore va incontro a frat-tura perché l’osso è fragile per l’osteoporosi. Infatti, quando l’osso è osteoporotico esso può non essere in grado di sostenere urti anche minimi e può per-tanto fratturarsi per traumi banali che in condizioni di normalità sarebbero stati sopportati senza alcun problema. La frattura femorale, di norma, viene trat-tata chirurgicamente ma la vera causa, ossia la fragi-lità ossea sottostante, in altre parole l’osteoporosi,

spesso non viene curata, per cui si potranno avere altre fratture.

Sei donne su 10 che hanno subito una frattura di femore, presentano anche fratture vertebrali pur non essendone consapevoli. Perché?Ancora troppo spesso viene sottovalutata la stretta

correlazione fra la frattura femorale e un’altra tipo-logia di fratture, quelle vertebrali, con i gravi rischi che questo comporta. Per esempio, in chi ha ripor-tato una prima frattura vertebrale per fragilità ossea il rischio di frattura del collo femorale raddoppia. In maniera analoga, anche il rischio di rifrattura del fe-more dopo una prima frattura femorale è elevato: dal 9% di rischio entro il primo anno si passa a un aumento del rischio del 20% al quinto anno.

Quali sono i fattori di rischio che causano fragi-lità ossea?Esiste un’ampia quantità di evidenze scientifi che sull’importanza dei fattori genetici nel determinare la densità minerale ossea. Infatti, l’incidenza di frat-tura di femore è più elevata nelle fi glie di madri che hanno subito fratture da fragilità dopo l’età di 50 anni. Altri importanti fattori di rischio sono il fumo, il consumo di alcol, l’utilizzazione di steroidi e il ridot-to peso corporeo.

Come si può diagnosticare correttamente la fra-gilità ossea?Il migliore mezzo di cui attualmente disponiamo è la densitometria, anche se nuovi mezzi diagnostici appaiono all’orizzonte. La radiologia tradizionale mantiene il suo ruolo. Per esempio è fondamen-tale sottoporre le pazienti con pregressa frattura di femore ad una radiografi a del rachide dorsale e lombare (radiografi a della colonna vertebrale) per svelare fratture vertebrali molte volte asin-tomatiche.

L’OMS defi nisce l’osteoporosi come una vera e propria sfi da, considerando il progressivo invec-chiamento della popolazione. Quali sono gli stru-menti essenziali per vincere questa malattia?Vi sono tre linee su cui agire: prevenzione primaria, secondaria e terziaria. Bisognerebbe, in primo luo-go, cercare di migliorare l’apporto di calcio e vita-mina D e promuovere campagne di sensibilizzazio-ne sulla patologia e sull’importanza di corretti stili di vita. Si tratta di azioni apparentemente semplici ma che possono essere a lungo termine molto pro-duttive. È fondamentale, inoltre, cercare di riuscire a identifi care prima e meglio i pazienti a rischio per migliorare quelli che sono i costi della terapia, quin-di il rapporto costo-benefi cio. Infi ne, è necessario riuscire a trattare in modo appropriato pazienti che hanno già avuto una frattura femorale o vertebrale.

6 · Gli anni d’oro uno speciale realizzato da Mediaplanet

Se non è determinato da altre eziologie, può trattarsi del do-lore tipico e noto con il termine inglese di Breaktrough Cancer Pain (BTcP). Colpisce il 95% dei pazienti con dolore oncologico, non dura molto, ma può manife-starsi in media tre - quattro vol-te al giorno e in diverse parti del corpo che possono essere corre-late direttamente o indiretta-mente alla malattia di base, la neoplasia.

Da cosa deriva questo dolore e in cosa consiste? “Ha un’insor-genza spontanea e non è quin-di prevedibile, non ha una cau-sa specifica anche se talvol-ta potrebbe essere causato da scompenso di fi ne dose del trat-tamento analgesico che si è in-trapreso, o può essere idiopatico o incidente - spiega Alberto Ce-ster, membro del Gruppo di Stu-dio “La cura nella fase terminale della vita” istituito presso la So-cietà Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) -.

Va assolutamente discrimina-to dal dolore cronico, a cui spesso tuttavia si accompagna, perché è improvviso e molto forte, ha un picco di intensità molto rapido e

devastante nei 3 o 4 minuti, e la durata media maggiore è fra i 15 e i 30 minuti”.

Il Breaktrough Cancer Pain ri-duce notevolmente la qualità di

vita dei pazienti, già malati cro-nici, in quanto compromette ul-teriormente le relazioni sociali, il sonno, il riposo e ha anche un impatto di costo, diretto e indi-

retto, sia per la terapia farmaco-logica che per il tempo che sot-trae.

Quali rimedi?“Bisogna usare un farmaco ad azione molto rapida – aff erma Alberto Cester continuando. Ol-tre ai comuni farmaci fast per via trans mucosa, assimilabili a comuni lecca-lecca, di recente ha cominciato a farsi strada l’uso di preparati per via inalatoria, a base di fentanyl, ciò potrebbe su-perare le comuni problematiche di mucositi di cui soff rono molti di questi pazienti.

Sembra inoltre che i tempi di assorbimento della via inalato-ria, risultino più rapidi”. Effi ca-ce, breve nella durata, con eff etti collaterali minimi, di facile som-ministrazione e, soprattutto, ve-loce nell’azione. Sono queste le 5 caratteristiche del farmaco gold, ma in particolare la velocità d’azione diventa fondamentale per contraddistinguere l’effi ca-cia di una terapia contro il BTcP.

Il Gruppo di studio “La cura nella fase terminale della vita” della SIGG è coordinato dal prof. Massimo Petrini e ne fanno par-te Evelina Bianchi, Lorenzo Bon-cinelli, Maria Cristina Canavese, Flavia Caretta, Alberto Cester, Vi-to Curiale, Alberto Marsilio, Itala Orlando, Renzo Pegoraro e Fran-co Romagnoni.

Domanda:■■ Quali sono le caratteristiche del dolore im-provviso fra i malati oncolo-gici?

Risposta:■■ rapida e spon-tanea insorgenza, intensità se-vera e breve durata.

vanessa salzano

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FOCUS

La ■■ percezione dei dolo-ri varia da persona a persona. il dolore è un’esperienza indivi-duale e soggettiva. i dolori so-no spesso il motivo di una con-sultazione medica. i dolori acuti hanno un’utile funzione: metto-no in guardia da una possibile lesione tessutale o sono il sinto-mo di una malattia. Per questo i medici dell’antichità chiamava-no il dolore “il cane da guardia della salute”.

Per i ■■ dolori cronici il discor-so è diverso. essi non sono più un campanello d’allarme, ma in genere la conseguenza di un

male già presente da tempo. i cosiddetti dolori da cancro non sono causati dal tumore stesso, ma dal tessuto circostante su cui il tumore esercita un effetto (per es. una pressione). i dolo-ri cronici possono e devono es-sere curati. Se non curati questi dolori deprimono e debilitano. essi privano infatti il paziente di energie di cui ha assoluto bi-sogno.

! Notizie dal web:

www.schmerz.chwww.curadeldolore.it

newsuno speciale realizzato da Mediaplanet

3IDEA

Tradizione e ricerca nella cura del doloreMolteni Farmaceutici, con la sua lunga tradizione, ha la missione di fornire farmaci nuovi ad alta tecnologia e le migliori soluzioni terapeuticheper il trattamento dei pazienti con dolore.

Il dolore, antico quanto il mondo, ha nella sua medicina una scienza, seppur giovanissima estremamente vitale e promettente. Considerato per secoli il segnale di pa-tologie sottostanti, è tuttora uno dei principali moti-vi per cui ci si rivolge al proprio medico. Il 1892, anno della pubblicazione della prima Farmacopea italiana ufficiale, segna la nascita della Molteni Farmaceutici, azienda specializzata nella produzione di farmaci per le aree terapeutiche del dolore, tossicodipendenza e ane-stesia. Tradizione in continua evoluzione è il focus della Molteni Farmaceutici, nata dall’iniziativa di Leone Mol-

teni che svolse la sua prima attività nella preesistente Farmacia Molteni. È proprio dal piccolo retrobottega di questa antica farmacia che inizia il percorso, laborioso e appassionato, dei Fratelli Alitti, giovani intraprenden-ti che diressero l’azienda per molti anni e la cui storia è emblema dell’evoluzione industriale farmaceutica e della stessa medicina; la loro infatti è una generazione che ha coinciso con il maggiore e definitivo sviluppo scientifico e tecnologico della storia del farmaco. Dalla fine degli anni ’70, grazie alla guida della famiglia Se-ghi Recli, Molteni è diventata un’importante realtà in-dustriale, oggi custode dei migliori standard qualitativi, producendo i suoi farmaci nei propri stabilimenti secon-do le norme europee di buona fabbricazione. Il sito pro-duttivo di Firenze è un moderno complesso industriale di 10.000 m2 dotato di apparati tecnologici e scientifici innovativi, all’avanguardia per qualità e volumi di pro-duzione. Dispone di personale altamente qualificato e ha la sua punta di diamante nel nuovo reparto sterile per la produzione di soluzioni iniettabili in asepsi quali (fiale e tubofiale), sciroppi, gel e compresse.Le aree terapeutiche di maggior rilievo e prestigio della Molteni Farmaceutici sono quindi quelle della terapia del dolore e tossicodipendenze in particolare con i pro-dotti Oramorph, Morfina cloridrato, Depalgos, Petidina,

Cardiostenol, Metadone, Eptadone, Naloxone, Nalorex e quella degli anestetici, settori nei quali ha impegnato rilevanti risorse per un’assoluta sicurezza della qualità produttiva e nel quale opera con prodotti di massima affidabilità, in grado di coprire tutte le esigenze tera-peutiche. Grazie a un’efficace politica di penetrazione dei mercati esteri, la Molteni Farmaceutici commercia-lizza alcuni prodotti nei principali mercati Europei, diret-tamente da parte delle società del Gruppo o attraverso collaborazioni con aziende multinazionali e distributori locali. Apparati tecnologici e scientifici all’avanguardia, personale altamente qualificato e un’efficace politica di penetrazione dei mercati esteri, fanno di Molteni una re-altà aziendale leader nella terapia del dolore.

”Ha un’insorgen-za spontaneae non è quindi prevedibile,non ha unacausa specifi ca.”

Combattereil dolore improvviso

Alberto CesterMembro del Gruppo di studio “la cura nella fase terminale della vita” isti-tuito presso la società italiana di Gerontologia e Geriatria (siGG).

in breve

“La cervicalgia non è una ma-■■lattia, ma un sintomo, spiega il Professor Luigi Di Matteo (Uni-tà Operativa Complessa di Reu-matologia di Pescara). Per questo è fondamentale una tempestiva diagnostica diff erenziale: non basta infatti trattare il sintomo e lenire il dolore cervicale (che, anzi, con una terapia sbagliata potrebbe addirittura peggiora-re): occorre risalire alle cause per mettere in atto una terapia ade-guata”. Nella cervicalgia i livelli di dolore possono essere diversi: “Non sempre, spiega il professor Di Matteo, vi è relazione diretta tra l’intensità del dolore e la pa-tologia che lo ha originato”.

Ma quali sono le cause prin-cipali della cervicalgia? “Possia-mo identifi care tre modelli prin-cipali: la disco-artrosi cervicale (dai 40-50 anni in avanti), l’er-nia discale (con relativi proble-mi di carattere neurologico), la contrattura muscolare dovuta a tensione o a posture sbagliate”. Qualunque sia l’origine del ma-le “l’esercizio fi sico che manten-ga un buon tono muscolare, con-clude il prof. Di Matteo, una gin-nastica dolce di tipo posturale o esercizi in acqua, possono ga-rantire alle nostre ossa cervicali un’effi cace protezione e una mi-gliore reazione alle cure farma-cologiche”.

Cervicalgia: è fondamentale la diagnosi differenziale

Luigi Di Matteodirettore u.o.c. di reumatologia – asl di pescara.

Gli anni d’oro · 7uno speciale realizzato da Mediaplanet

newsin breve

Quest’anno sarà Londra, la location di uno dei più ■■prestigiosi congressi di reumatologia a livello inter-nazionale. L’EULAR 2011 (Annual Congress of the Eu-ropean League Against Rheumatism) avrà luogo dal 25 al 28 maggio nella capitale inglese. Fin dalla sua introduzione, nel 2000, il Congresso EULAR ha rap-presentato un’importante tribuna per raccogliere e scambiare informazioni scientifiche e presentare le innovazioni nell’ambito della ricerca clinica.

Congresso EULAR 2011

in breve

Il dolore osteoarticolare è l’origine più ■■frequente di dolore cronico non oncologi-co e una delle più frequenti cause di disa-bilità. Studi epidemiologici dimostrano che circa il 30% degli ultra 65enni soffre di dolori artrosici delle ginocchia o delle mani e circa il 10% delle articolazioni del-le anche.

Nel 70-75% dei casi, l’artrosi è localiz-

zata prevalentemente a un’articolazio-ne, mentre nei casi restanti sono colpite contemporaneamente più articolazioni. Una recente indagine condotta negli Stati Uniti sullo studio dell’artrite reumatoide in soggetti over 60, ha evidenziato come l’incidenza della patologia salga da circa 1,6-1,9% tra i 60 e i 69 anni a 2,5 – 2,8% ne-gli individui oltre i 70 anni.

Il dolore reumatico nell’anzianoLa lombalgia

Il dolore lombare più frequen-te, tanto che è difficile pensare che qualcuno non lo abbia avu-to, è quello di tipo meccanico; può essere dovuto a un sovraccarico delle strutture della colonna ver-tebrale e più spesso è legato alle patologie del disco intervertebra-le e ai legamenti che sorreggono la colonna. Il dolore di origine in-fiammatoria è più raro ma più fa-cilmente riconoscibile: è nottur-no, più marcato e invalidante al mattino e non peggiora durante il giorno o alla sera, al contrario del dolore meccanico che è massimo alla sera ed è assente di notte.

SciaticaQuando il dolore lombare è do-

vuto alle patologie del disco in-tervertebrale esiste un continu-um doloroso dovuto al susseguir-si degli eventi: “La patologia del disco è responsabile della fuo-riuscita di materiale discale che comprimendo i legamenti gene-ra una contrattura muscolare (la classica lombalgia) che – spiega il prof. Gerolamo Bianchi, Diretto-re del Dipartimento Apparato Lo-comotore e Unità Operativa Reu-matologia dell’Azienda Sanitaria Genovese - tende a bloccare la co-lonna impedendo che la fuoriu-scita si aggravi, ma la contrattura è di per sé molto dolorosa. Queste forme vengono curate bene con miorilassanti e antinfiammatori. L’aggravamento è l’ernia del disco che comprime le radici nervose che vanno agli arti inferiori. Que-sta è la cosiddetta sciatica, la cui sintomatologia cambia a seconda del livello vertebrale di compres-sione della radice nervosa”.

Fratture vertebraliSono una causa importante del

dolore lombare eppure vengo-no spesso sottovalutate, soprat-tutto negli uomini. “Sì, perché in presenza di una donna adulta con dolori lombari si considera la possibilità di una frattura dovu-ta all’osteoporosi mentre – con-clude il prof. Bianchi – non avvie-ne lo stesso con il sesso maschi-le, dimenticando che comunque gli uomini osteoporotici sono un terzo delle donne e non sono quindi pochi”.

vanessa salzano

[email protected]

Domanda:■■ esistono diversi tipi di dolore lombare. in cosa si differenziano?

Risposta:■■ essenzialmente sono due le tipologie di origine meccanica e infiammatoria.

GirolamoBianchidirettore diparti-mento di locomo-tor systemdirettore divisione di reumatologia,azienda sanitaria Genovese.

Le tipologie di dolore nelle malattie osteoarticolari

Dott. Piercarlo Sarzi PuttiniResponsabile U.O.C di Reumatologia,

Ospedale Luigi Sacco,Milano

Uno dei sintomi che più frequentemente conducono il paziente dal reumatologo è il dolore. Il dolore osseo, articolare e musco-lare è un sintomo che caratterizza le ma-lattie reumatiche, sia infiammatorie (artriti) che degenerative (artrosi), sia di tipo neu-ropatico (sindromi compressive radicolari, sindrome del tunnel carpale) che da sensi-bilizzazione centrale (sindrome fibromialgi-ca). Ovviamente il dolore può assumere va-rie caratteristiche cliniche: può manifestarsi acutamente, può essere persistente o in-termittente, può essere un sintomo promi-nente di malattie infiammatorie o degene-rative che non si riescono a controllare con la terapia oppure diventare una malattia di per sé assumendo caratteristiche di cronici-tà indipendenti dalla causa iniziale.

Tipologie di doloreIl dolore dal punto di vista fisiopatologico può essere suddiviso in: - Nocicettivo: insorge in un tessuto in se-guito a trauma o a insulto termico o chimi-co per stimolazione dei nocicettori; - Neuropatico: dovuto a un danno del si-stema nervoso centrale e/o periferico; è spesso percepito come una sensazione di bruciore, formicolio o scossa elettrica; - Da sensibilizzazione centrale: risiede in un’alterata processazione degli stimoli periferici a livello del Sistema Nervoso Centrale. In base alla durata, il dolore può essere suddiviso in:1. acuto: insorge in un soggetto sano per stimoli d’elevata intensità, potenzialmen-te nocivi, in grado di attivare i recettori ad alta soglia e può essere a sua volta suddi-viso in transitorio o acuto;2. cronico: sebbene scatenato da un evento lesivo, può persistere a causa di fattori non direttamente correlati alla cau-sa iniziale.

Il dolore cronicoIl dolore cronico rappresenta uno dei pro-blemi sanitari più gravi in quanto colpisce milioni di individui e causa sofferenze e invalidità a esso associata. Contrariamente al dolore acuto, il dolore cronico non ha funzione protettiva, ma genera sofferenza sia dal punto di vista emotivo, economico

e sociale tanto per il paziente quanto per i suoi familiari. Il dolore è un sintomo sog-gettivo e la percezione del dolore è diversa da malato a malato e, anche la stessa per-sona, può percepire lo stimolo doloroso in modo diverso in momenti diversi della pro-pria vita. La prevalenza del dolore cronico continua ad aumentare particolarmente negli anziani a causa dell’associazione con diverse comorbidità.

Artrite reumatode e fibromialgiaLa causa più frequente di dolore cronico è rappresentata dalle malattie reumatiche, in particolare artrosi e artrite reumatoide che colpiscono il 35-48% della popolazione. Per citare alcuni esempi, vengono riportati 2 modelli di malattia reumatica in cui il dolo-re rappresenta un sintomo assolutamente rilevante, uno di tipo infiammatorio (artrite reumatoide) e il secondo da sensibilizzazio-ne centrale (fibromialgia).L’artrite reumatoide (AR) è una malattia in-fiammatoria cronica a eziologia sconosciu-ta che coinvolge prevalentemente le artico-lazioni diartrodali (sinoviali), anche se può interessare ogni distretto dell’organismo. È una patologia altamente invalidante che colpisce lo 0.5-1% della popolazione e che comporta una significativa modificazione della qualità della vita e perdita della capa-cità lavorativa entro 10 anni dall’esordio dei primi sintomi in oltre il 50% dei pazienti. La fibromialgia (FM) o sindrome fibro-mialgica è una patologia caratterizzata da dolorabilità muscolo-scheletrica diffusa e astenia, che colpisce approssimativamente 1,5-2 milioni di italiani. La FM è una pato-logia caratteristica dell’età media con una prevalenza maggiore tra i 20 e i 50 anni, che interessa circa il 2% della popolazione ge-nerale; si può comunque osservare anche in età giovanile o dopo l’età di 60 anni. Ol-tre al dolore cronico diffuso i pazienti affetti da FM riferiscono molteplici sintomi extra-scheletrici tra i quali i più frequenti sono la depressione, la cefalea, le alterazioni del sonno, l’astenia, la rigidità mattutina, pare-stesie agli arti, toracoalgie atipiche, colon e vescica irritabili.La FM deve essere distinta (sebbene a volte possa con loro coesistere) da altre condi-zioni neurologiche, psichiatriche e reuma-

tologiche e la diagnosi, per questo, non è sempre facile. Infatti non vi sono esami o indagini strumentali che la caratterizzino.La terapia della fibromialgia si basa su far-maci, sostegno psicologico e attività mu-scolare aerobica. Spesso il beneficio indot-to dai farmaci tende a ridursi e a scomparire nel tempo se non viene associato un pro-gramma di esercizio muscolare da prose-guirsi con volontà e costanza.

Paracetamolo, FANS e oppioidiEsiste una crescente domanda per un trat-tamento del dolore efficace e sicuro. Una valutazione del dolore adeguato e appro-priato in clinica è un importante prerequi-sito nel formulare un piano di trattamento del dolore, sebbene esiste una evidenza considerevole che questo spesso non ven-ga fatto fuori dall’ambito specialistico. Il trattamento del dolore lieve-moderato è stato tradizionalmente basato sull’utilizzo di farmaci analgesici non oppioidi (parace-tamolo) e sui farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS). Sia il paracetamolo che i FANS sono efficaci, ne è raccomandato l’uti-lizzo in tutte le linee-guida e sono utilizzati estensivamente. La possibilità di utilizzare i farmaci oppioidi in maniera più semplifica-ta ci ha fornito un’arma in più nelle gestio-ne del dolore di intensità moderata-severa ed è importante che, oltre alla specialista, anche il medico di medicina generale fami-liarizzi con l’utilizzo di questi farmaci anche nel dolore cronico di natura non oncologi-ca. Esistono poi altre categorie di farmaci antidolorifici che agiscono a svariati livelli del sistema nocicettivo (v. antidepressivi e anticonvulsivanti) e che rappresentano la terapia elettiva di alcune sindromi doloro-se diffuse (ad es la sindrome fibromialgica) che occorre conoscere ed utilizzare in ma-niera appropriata. In particolare nel dolore cronico diffuso è importante gestire la tera-pia farmacologica e non farmacologica (v. terapia cognitivo-comportamentale) con il paziente prospettando un piano terapeuti-co che sia condiviso e chiaro allo stesso pa-ziente valutando i tempi appropriati della terapia, gli eventuali effetti collaterali ma anche il possibile miglioramento clinico e della qualità di vita.

8 · Gli anni d’oro uno speciale realizzato da Mediaplanet

Dott. De Caria che cosa so-■■no gli acufeni?Gli acufeni sono delle sensazioni sonore percepite in uno o entram-be le orecchie o, più generalmente, all’interno della testa. Interessano mediamente il 5% della popolazio-ne adulta, con uguale rapporto uo-mini/donne e sono rari nei bambi-ni. Possono essere avvertiti in mo-do continuo o intermittente come fi schi, ronzii, fruscii o altri innu-merevoli eff etti acustici.

Quali sono le cause che li ■■determinano? Tra i principali fattori predispo-nenti la presenza di acufeni ven-gono riconosciuti l’esposizione al rumore, la diminuzione dell’udito,

patologie pregresse dell’orecchio e del naso ed i traumi cranici. L’azio-ne ototossica di alcuni farmaci può determinare acufeni associati a calo dell’udito o solo acufeni.

Quali sono gli effetti sulla ■■persona?Gli eff etti degli acufeni sull’indi-viduo possono essere molteplici andando dalla totale disattenzio-ne verso il sintomo fi no al comple-to coinvolgimento emotivo. Nelle forme più estreme gli acufeni as-sumono vere e proprie caratteri-stiche invalidanti con ripercus-sioni sulla qualità della vita e sul benessere generale del soggetto. Spesso sono proprio gli eff etti ex-trauditivi dell’acufene quali irri-tabilità, tensione, ansia, disturbi del sonno e della concentrazione la vera causa del disagio.

Dott. De Caria parliamo di ■■terapia?La terapia degli acufeni, nel tem-po, ha cercato diverse soluzioni di tipo farmacologico, chirurgico, strumentale. In questi ultimi an-ni i progressi della medicina e la maggiore conoscenza del siste-ma uditivo e delle sue connessioni hanno permesso di mettere in at-to strategie terapeutiche estrema-

mente valide. Quali sono queste strate-■■

gie?Alla luce delle più recenti acqui-sizioni di neurofi siologia e di pla-sticità cerebrale, la terapia degli acufeni, per i quali sia stata esclu-sa attraverso indagini strumenta-li e radiologiche la presenza di si-tuazioni patologiche di pertinen-za farmacologica e/o chirurgica, si deve focalizzare su due livelli re-sponsabili dell’esperienza globa-le del sintomo: uno legato all’in-sorgenza del sintomo a livello dell’orecchio o delle vie acustiche e uno legato alla risposta emotiva del soggetto.

Quali sono le ultime sco-■■perte in tema di terapia?

La neuromodulazione acustica condizionata è un’innovativa te-rapia del suono basata sulle più re-centi conoscenze di plasticità ce-rebrale e ascolto condizionato.

Come funziona questo tipo ■■di terapia?L’obiettivo della neuromodulazio-ne acustica condizionata è quello di allenare il cervello nei confron-ti di segnali acustici esterni con fi -nalità terapeutica. La corteccia ce-rebrale allenata dai segnali sonori entra in competizione con le aree stimolate dalla costante presenza dell’acufene sottraendo all’acufe-ne stesso il substrato patologico e la possibilità di essere “ascoltato”.

Dott. De Caria un’ultima ■■domanda come agiscono questi suoni sui pazienti?I suoni erogati in questo tipo di te-rapia sono creati “su misura” per la singola persona. Tali suoni han-no precise e soggettive caratteri-stiche fi sioacustiche a cui si asso-ciano determinate valenze riabili-tative. L’ascolto condizionato con “rinforzo” positivo è in grado di accelerare i riarrangiamenti pla-stici delle aree uditive, determi-nando un blocco della percezione dell’acufene.

news

Incontinenza: untabù da abbattere

Acufeni: che cosa sono e come curarli

L’incontinenza urinariaL’incontinenza urinaria, defi nita come perdita involontaria di uri-na, interessa più di quattro milio-ni di cittadini in Italia: il 20-30% delle donne e il 2-11% dei maschi in età adulta. Tale percentuale sa-le nelle donne al 32-64% durante la gravidanza e al 55% nella popo-lazione anziana istituzionalizza-ta di entrambi i sessi. Nonostante la diff usione del pro-blema, solo il 43% delle perso-ne aff ette richiede un parere a un professionista confermando che questo problema è ancora un tabù che si accompagna a sen-so di colpa e vergogna portando all’isolamento dei soggetti aff et-ti e all’istituzionalizzazione degli anziani.I costi sono importanti sia da un punto di vista psico-sociale, per il livello di soff erenza dell’indivi-duo e dei famigliari, sia dal punto di vista socio-economico.Per inquadrare il problema è im-portante rivolgersi già dalle pri-me avvisaglie al medico di fi du-cia tenendo sempre conto che le

terapie per la incontinenza uri-naria esistono e sono diverse a se-conda del tipo di incontinenza. In genere le prime terapie possono essere la riabilitazione, vale a dire una “ginnastica specifi ca” per il pavimento pelvico, alcuni farma-ci, quali “antimuscarinici o anti-colinergici”, e, in caso di manca-to miglioramento esiste anche la terapia chirurgica. L’utilizzo di ausilii specifi ci (tipo pannolini o cateteri), di qualità e adeguati al-le diverse situazioni, possono poi

migliorare la qualità di vita an-che nelle persone ancora incon-tinenti.

Quali sono le cause?I normali eventi della vita fem-minile, come gravidanza e parto, contribuiscono a indebolire il pa-vimento pelvico, al pari di lesio-ni dovute a interventi chirurgici. Si aggiungono poi menopausa e invecchiamento. Non vanno co-munque sottovalutati anche fat-tori “governabili” con uno stile di

vita più sano e attento, quali sti-tichezza, obesità, fumo, eccessivo consumo di caff è e tè.Anche l’incontinenza urinaria maschile può essere dovuta ad un malfunzionamento della ve-scica, dell’uretra o di entrambe. La vescica può contrarsi e spinge-re fuori l’urina quando dovrebbe stare a riposo oppure non lasciar-si dilatare dall’urina che dovreb-be raccogliere. L’uretra invece può non avere una chiusura suffi cien-te per garantire la tenuta dell’uri-na quando aumenta la pressione in vescica, come per esempio al-zandosi in piedi, tossendo, cam-minando, facendo uno sforzo, ac-covacciandosi o, nei casi più gra-vi, anche a riposo.Nonostante questi dati, il pro-gressivo invecchiamento della popolazione italiana, la consape-volezza che esiste una cura o una gestione del problema, l’inconti-nenza rimane uno degli ultimi ta-bù da abbattere, ed è proprio que-sto uno degli obiettivi della Fon-dazione italiana continenza.

”È importanterivolgersi al medico di fi ducia tenendo sempre conto che le terapie esistono e sono diverse a seconda del tipodi incontinenza.”

uno speciale realizzato da Mediaplanet

4IDEA

Roberto Caronepresidente comitato scientifi co Fic(Fondazione italiana continenza)

ANTONIO DE CARIAAudiologo del Centro per lo Studio e la Cura degli Acufeni dell’Ospedale di Piacenza.

A ognuno di noi è capitato di sentire dei suoni fasti-diosi all’interno dell’orec-chio. Quando questi suoni persistono nel tempo di-ventano un sintomo no-to con il nome di acufene. Ne abbiamo parlato con il dott. Antonio De Caria audiologo del Centro per lo Studio e la Cura degli Acufeni dell’Ospedale di Piacenza.

Con l’invecchiamento cuta-neo si ha un diminuito con-tenuto di fi bre elastiche, pelle secca e sottile e maggiore su-scettibilità agli agenti esterni. A questi si sommano fattori come abitudini igieniche e l’utilizzo di prodotti specifi ci per la protezione, detersione e idratazione della cute, che contribuiscono ad aumen-tare l’irritazione della pelle. Inoltre nelle persone anziane, fattori intrinseci quali: ridotta mobilità, ridotta sensibilità, incontinenza, insuffi cienza circolatoria, defi cit nutrizio-nali, malattie ischemiche, me-taboliche e diabete, possono sviluppare una lesione come un’ulcera da pressione o pia-ga da decubito. La piaga da decubito è una lesione tissutale, con evolu-zione necrotica, che interessa l’epidermide, il derma e gli strati sottocutanei, fi no a rag-giungere, nei casi più gravi, la muscolatura e le ossa. Queste lesioni compaiono piu’ fre-quentemente sulla parte bas-sa del corpo, in particolare sul sacro, sul tallone e sui malle-oli laterali. Potenzialmente in tutti i punti di contatto con il piano d’appoggio si possono sviluppare lesioni da decubi-to. Il nuovo concept di medi-cazione avanzata, prevede la guarigione della ferita in am-biente umido, in quanto tutti i processi riparativi e rigenera-tivi, in condizioni di umidità, sono più veloci. In commercio i prodotti più effi centi, attual-mente a nostra disposizione, rispondenti a questa carat-teristica sono quelli a base di collageneIl collagene è una delle protei-ne strutturali più importanti del tessuto connettivo che da struttura al nostro corpo, pro-teggendo e sostenendo i tes-suti più molli connettendoli con lo scheletro. Per conclu-dere l’utilizzo del collagene facilita il processo globale di guarigione con una riduzione dei tempi di riparazione ed un miglior controllo della sinto-matologia dolorosa. Inoltre il collagene esplica anche un ra-pido eff etto emostatico. Molti studi hanno suggerito degli eff etti positivi del collagene nel trattamento delle lesioni cutanee del paziente anziano.

Fater: Innovazione al servizio degli utenti edei responsabili di acquisto

Innovazione, conoscenza del consuma-tore, qualità e sicurezza costituiscono il DNA di Fater:

INNOVAZIONEL’innovazione è da sempre il punto di forza di Fater. Circa 200 milioni di euro investiti solo negli ultimi 5 anni. La Ricerca e Svilup-po Fater, oltre ad avvalersi della rete mon-diale dei centri P&G, è un fiore all’occhiello della ricerca italiana. A Pescara è localizzato il centro di ricerca P&G per lo sviluppo dei prodotti assorbenti dove lavorano circa 130 ricercatori. E sempre in Abruzzo è localizza-ta l’azienda Fameccanica spa, controllata al 100% dalla Fater spa, che è leader mon-diale nella realizzazione di macchine per la produzione di prodotti per l’incontinenza.

CONOSCENZA DEL CONSUMATORE E DEL MERCATOE’ dal dialogo costante con i consuma-tori che nasce l’innovazione dei prodot-ti. Oltre 25.000 persone vengono inter-vistate ogni anno per cogliere le loro esigenze,comprendere l’evoluzione degli stili di vita e individuare i loro bisogni, iden-tificare le soluzioni più adatte a soddisfare le molteplici richieste dei consumatori ita-liani

SICUREZZA E QUALITÁFater produce ogni anno oltre 5 miliardi di prodotti per la salute e la cura della per-sona. In questo contesto, l’attenzione alla sicurezza e all’ambiente è un elemento de-terminante del lavoro quotidiano.

Tra i sistemi di gestione della qualità per cui Fater è certificata, sono da segnalare la UNI EN ISO 9001:2000 – che riguarda la progettazione, sviluppo e produzione di prodotti per incontinenti; pannolini, as-sorbenti ed altri prodotti similari; la OHSAS 18001:1999 e la UNI EN ISO14001 per la produzione e la gestione ambientale degli articoli sanitari monouso.Fater, inoltre, ha adottato il Regolamento EMAS volto al miglioramento continuo delle proprie prestazioni ambientali.Ad esempio, grazie all’alta qualità delle materie prime utilizzate, i prodotti FATER non provocano liberazione di gas tossici in sede di smaltimento.Fater utilizza infatti, materie prime qualifi-cate, acquistate da fornitori che,oltre a ri-

spettare rigidi protocolli, sono sottoposti a frequenti verifiche ispettive.Oltre a queste certificazioni esterne, Fa-ter adotta sistemi interni particolarmen-te accurati, per garantire la massima si-curezza nella produzione e distribuzione dei prodotti. In particolare, Fater dispone di un innovativo sistema di tracciabilità che permette la totale rintracciabilità su tutta la catena logistica.Fater è infine dota-ta di un proprio Sistema di Qualità Azien-dale.A testimonianza di questo impegno, nell’Ottobre 2009 Fater è stata insignita da Procter&Gamble del Gold Flag Award, come miglior stabilimento P&G nel mondo, per il rispetto della salute e sicurezza delle persone e per la tutela dell’ambiente.

Fater è azienda leader in Italia nella produzione e commercializzazione dei prodotti assorbenti per la cura della persona. Fondata nel 1958 dalla famiglia Angelini, Fater è dal 1992 una joint-venture paritetica fra il Gruppo Angelini – specializzato nel settore farmaceutico con marchi quali Tachipirina, Moment, Tantum, Amuchina, e la multinazionale Procter&Gamble. Fater ha sede e stabilimento di produzione a Pescara e i suoi marchi sono entrati a far parte della vita quotidiana di milioni di italiani contribuendo a migliorarla ogni giorno di più.

Fater è presente nel mercato dell’incontinenza sin dal 1980, con i prodotti assorbenti a marchio Linidor – tra i primi del mercato italiano. Dal 2002 si sono aggiunti i prodotti a marchio Dignity, arricchendo la linea degli ausili per incontinenti.L’impegno di Fater è costantemente rivolto allo sviluppo di prodotti innovativi e di qualità superiore, in grado di migliorare la qualità della vita dei consumatori ri-spondendo sempre meglio alle loro esigenze quotidiane. Esempi di questo impegno sono stati i pannolini Pampers, gli assorbenti ultrasottili Lines, e i primi prodotti per incontinenza severa in italia con dermoprotezione e specifica tecnologia antiodore.

La qualità degli ausili per incontinentiQuanto è ampio il fenomeno “incontinenza”? Esiste un profilo della persona incon-tinente?Il fenomeno incontinenza è molto ampio: si stima che al-meno 4 milioni di persone ne soffrano. Il fenomeno è in cre-scita, in linea con l’invecchia-mento della popolazione. Non esiste un profilo specifico della persona incontinente. Le stati-stiche dimostrano che l’inci-denza del fenomeno aumenta con l’aumentare dell’età, a se-guito di traumi da gravidanza, infezioni urinarie, menopausa, obesità, interventi chirurgici etc.

Qual è il ruolo degli ausili per incontinenti?

Gli ausili per incontinenti han-no un ruolo determinante nel-la vita degli utenti, aiutandoli a recuperare uno stile di vita il più possibile sereno. Proprio

per questo motivo l’offerta di prodotti è molto ampia e differenziata in base al grado di incontinenza o al profilo dell’utente (autonomo o assi-stito).Gli ausili per incontinenti sono generalmente indossati per circa 6 ore e devono contene-re carichi estremamente varia-bili – da 200 a oltre 500 ml.

Quali sono le caratteristiche più importanti nella qualità degli ausili?La ISO 15621 indica tra i para-metri identificativi per la qua-lità dei prodotti la protezione, la discrezione, il comfort e la salute della pelle

Quali sono le attese di mi-g l i o r a m e n t o più significative da parte degli utenti?Tutti i prodotti per incontinen-za devono avere il giusto livello di assorbenza, ma la capacità di controllare il ma-lodore dell’urina è una delle prin-

cipali aree di miglioramento. Oltre il 50% degli utenti si di-chiara infatti insoddisfatto del-la funzionalità in quest’area dei prodotti. Tutti i prodotti

attuali sono dotati di un siste-ma “tradizionale” di controllo degli odori dato dall’azione dei polimeri superassorbenti. Solo recentemente Fater ha introdotto nei propri prodotti un sistema specifico, in grado di ridurre attivamente la for-mazione di particelle malodo-ranti.Test condotti dal Politecnico di Milano mostrano come questo sistema specifico generi una ri-duzione del malodore statisti-camente significativa rispetto ai sistemi tradizionali.

I test in uso confermano che il sistema specifico migliora la qualità della vita di utenti e badanti.

Quanto è importante l’ausi-lio per mantenere la salute della pelle?Una pelle molto umida per in-continenza urinaria può dare origine a piaghe da decubito.Questo rischio è particolar-mente rilevante nell’area coc-cigea e negli utenti costretti alla immobilità o mobilità parziale. Per ridurre il rischio, è cruciale la capacità del pro-dotto di restare asciutto nella parte posteriore.Tra i vari elementi anche la presenza di lozioni dermopro-tettive – ad esempio con aloe – può contribuire a mantenere la pelle sana. Fater ha lanciato i primi prodotti con dermopro-tezione ed in grado anche di offrire funzio-nalità ottimali proprio nelle zone critiche come la parte posteriore.

Come i responsabili di acqui-sto (es. ASL, case di riposo,

farmacisti) possono dare il miglior servizio per il benes-sere degli utenti?Gli ausili per incontinenti sono prodotti sottoposti a continue innovazioni tecnologiche, tese a migliorare la qualità dei pro-dotti, con impatti sulla qualità della vita degli utenti, e sui costi per le amministrazioni pubbliche.Nel settore degli ausili per l’incontinenza, la valutazione della qualità è affidata princi-palmente al meccanismo dei capitolati di gara, che defini-scono le caratteristiche sulle quali i prodotti sono valutati.La valutazione qualitativa deve cercare di riflettere le reali esi-genze degli utenti finali.La ISO 15621 aiuta a identifi-care quali sono le caratteristi-che da considerare (controllo degli odori, dermoprotezione, asciuttezza, comfort e vestibi-lità).E anche importante considera-re i “fattori accessori” quali ad esempio il servizio di consu-lenza infermieristico, la capil-lare distribuzione dei prodotti, che rappresentano un servizio fondamentale agli utenti, e possono concorrere all’otti-mizzazione delle spese per la pubblica amministrazione.

TonoEdonico

Sistema Specifico 0,0

Sistematradizionale - 0.9

Diff. statistica SI

10 · Gli anni d’oro uno speciale realizzato da Mediaplanet

Sono circa tre milioni, in Italia, le persone che soff rono d’incon-tinenza (secondo Finco, Federa-zione Italiana Incontinenti). Un fenomeno che aumenta con l’età (per gli uomini, a partire dai 50 an-ni, per le donne dai 40) e del quale è diffi cile prendere le misure per l’alto numero di incontinenti sco-nosciuti al sistema socio-sanita-rio (si stima che siano quasi quat-tro volte di più rispetto a quelli co-nosciuti).

Per le donne, le cause dell’in-continenza sono legate principal-mente a due momenti chiave della loro vita fi siologica: la gravidanza e la menopausa. Durante l’attesa di un fi glio, peraltro, una modera-ta incontinenza è da considerarsi quasi normale (un terzo delle don-ne ne soff rono); è nella fase suc-cessiva al parto, invece, che le mo-difi che dell’organismo e del corpo

femminile dovute alla gestazio-ne e alla procreazione possono in-durre fenomeni cronici di perdite di urina e incontinenza.

In menopausa, invece, questo disturbo è provocato spesso da in-fezioni alle vie urinarie, debolezza della vescica, prolasso, stipsi: tut-ti fenomeni connessi con il muta-mento corporeo dovuto alla me-nopausa.

Ma, come si è visto, non sono so-lo le donne a soff rire di inconti-nenza. È stato calcolato che gli ita-liani maschi aff etti da debolezza della vescica sono almeno 700 mi-la, ma il numero è quasi certamen-te superiore in quanto l’argomen-to è, per la grande maggioranza degli uomini (più che per le don-ne), ancora un tabù. Moltissimi sono infatti i casi di incontinenza

non rivelati, nemmeno al coniuge o a parenti o amici, né tantomeno al proprio medico. Nell’uomo più che nella donna, l’incontinenza è dovuta principalmente all’avan-zare dell’età: un decimo degli uo-mini tra i 60 e gli 80 anni soff re di questo tipo di disfunzioni, dovute a problemi alla prostata o alla ve-scica, ma anche a particolari sforzi o a condizioni di forte stress. E que-sta percentuale aumenta di quat-tro volte negli uomini sopra gli 80 anni. L’incontinenza è quindi un problema diff uso, che riguarda sia i privati che le strutture ospeda-liere e le case di riposo per anziani. La tecnologia moderna mette og-gi a disposizione del pubblico pro-dotti assorbenti che consentono livelli elevatissimi di comfort, sia dal punto di vista delle prestazio-ni che sotto il profi lo della facilità d’uso; naturalmente, esistono di-verse fasce qualitative e di prezzo, oltre che vari canali distributivi: dalle farmacie alla GDO alla vendi-ta per corrispondenza (che garan-tisce maggiore riservatezza).

Sebbene sia tipicamente ■■correlata all’età, l’incontinen-za non è, come si ritiene di soli-to, una conseguenza inevitabi-le dell’invecchiamento. Questo problema spesso, anche nelle donne più giovani, è correlato a qualche malattia sottostan-te che può essere trattata. Con le cure appropriate circa il 70% dei casi può migliorare o addi-rittura guarire. Se non trattato, comunque, il problema potrà solo peggiorare.

Può portare a infezioni del-■■la vescica o del tratto urinario. La presenza di urine sulla cu-te può causare eruzioni fasti-diose o altre malattie della pel-

le. nei casi in cui il trattamento non funzioni, i pazienti possono evitare tali complicanze usan-do speciali pannolini assorben-ti ed altri tipi di presidi indicati per questo problema. Le donne sono più colpite degli uomini in parte perché hanno il pavimen-to pelvico (un gruppo di tessuti e muscoli) che si indebolisce e si rilascia con l’età e a causa dei parti, rendendo quindi l’inconti-nenza più probabile.

Domanda:■■ Quali sono le principali cause di incontinen-za?

Risposta:■■ nella donna gra-vidanza e menopausa, mentre nell’uomo prostata, vescica e stress.

GIoRGIo vIzIolI

[email protected]

FOCUS

newsuno speciale realizzato da Mediaplanet

5IDEA

Le acque delle Terme di Tresco-re (50 Km da Milano) vengono annoverate, insieme a poche altre in Italia, come sulfuree forti grazie all’elevata concentrazio-ne di idrogeno solforato e altri composti sulfurei. Per questo sono “acque d’elezione” nel trat-tamento di numerose e diff use patologie croniche che colpisco-no le vie respiratorie, l’orecchio, le articolazioni e la pelle. Il fango termale, inoltre, prelevato da una cava vicina alla falda dell’effi cace acqua sulfurea che, fi n dall’origi-ne, li arricchisce di benéfi che so-stanze, rende Trescore un luogo ideale per trattare reumatismi degenerativi e forme artrosiche. Da sempre fedeli al termalismo tradizionale, si caratterizzano per una scelta in controtendenza rispetto ai trend attuali: svilup-pare tutte le nuove attività in un ambito esclusivamente medico-sanitario.

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I dati reali di diffusione

Le Linee Guida sulla valutazio-ne multidisciplinare dell’anzia-no fragile della Società di Geria-tria e Gerontologia parlano chia-ro: lo stato di nutrizione e la sua eventuale correzione sono fon-damentali nella vita quotidia-na dell’anziano, anche per colui che non soff re della sindrome da fragilità, caratterizzata spesso da una malnutrizione proteico-energetica (MPE). Nell’anziano il fabbisogno energetico e proteico è ridotto a causa della perdita di

massa magra e della minore atti-vità fi sica, mentre sono invariati i fabbisogni di vitamine e oligoe-lementi.

Una dieta poco nutrienteÈ purtroppo quanto spesso avvie-ne nell’alimentazione degli an-ziani a causa della frequente pre-senza di malattie croniche, as-sunzione di farmaci che danno inappetenza, ricoveri in ospedale, digestione diffi coltosa e diffi coltà nella preparazione dei pasti. In-vece la dieta deve essere sempre varia e, comunque, deve rispetta-re i parametri previsti dal medico curante per ogni singola persona. Ad esempio, per coloro che soff ro-no di osteoporosi è fondamentale mantenere l’apporto di calcio sui 1500 mg al giorno ed, eventual-mente, aggiungere apporti di vi-tamina D; così come una dieta a basso contenuto di proteine è, in molte malattie del metabolismo, l’unica terapia possibile per evi-

tare danni gravi e permanenti all’intero organismo e allora, fra le altre cose, si dovranno abolire quasi del tutto del tutto la carne e il pesce.

Integratori alimentari e prodotti specialiIl Ministero della Salute, in ac-cordo con le Linee Guida dell’Or-ganizzazione Mondiale della Sa-nità, raccomanda l’utilizzo di in-tegratori laddove necessario. È lo stesso Ministero, ad esempio, a consigliare l’assunzione di 10 µg al giorno di vitamina D, soprat-tutto negli anziani istituziona-lizzati e a spiegare che per rag-giungere tali livelli con la dieta sarebbe necessario un consumo abbondante di pesce grasso e uo-va, mentre invece l’uso di inte-gratori vitaminici può essere uti-le per coprire i fabbisogni. Per le esigenze speciali (come il divieto di assumere glutine o l’esigenza di nutrirsi in modo ipoproteico)

alcune aziende hanno realizzato linee di prodotti alimentari appo-sitamente studiate e sono quindi in commercio pasta senza gluti-ne così come dolci e biscotti con ridotto contenuto proteico, privi di latte, uova e di grassi di origi-ne animale.

vanessa salzano

[email protected]

Domanda:■■ Quanto è fre-quente la malnutrizione pro-teico-energetica negli an-ziani.

Risposta: ■■ tra il 23 e l’85% delle persone oltre i 65 anni ha un indice di massa corporea (iMc) troppo bas-so, ovvero inferiore a 18; a parità di età, un basso valore dell’iMc aumenta il rischio di mortalità.

newsLa FERpharma opera nel settore degli inte-gratori terapeutici, i nostri prodotti sono utili per migliorare il benessere dell’appa-rato uro-genitale ma-schile e femminile.I marchi di maggior successo sono:Ferprost indicato nelle patologie benigne del-la prostata, Fertylor come coadiuvante nel-le dispermie, Ferdol utile nel trattamento delle fl ogosi edemato-se dell’apparato uro-genitale, Deseo indi-cato per contrastare la diminuzione della libido maschile e fem-minile.

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