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I LXI Sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione femminile (CSW) (13-24 marzo 2017) II parte Documentazione per i colloqui bilaterali Marzo 2017

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I

LXI Sessione della Commissione

delle Nazioni Unite sulla

condizione femminile (CSW)

(13-24 marzo 2017)

II parte

Documentazione per i colloqui bilaterali

Marzo 2017

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SERVIZIO AFFARI INTERNAZIONALI

TEL. 06 6706-3666 – [email protected]

Dossier n. 28

SERVIZIO STUDI

Dipartimento Affari esteri

Tel. 06 6760-4172 - [email protected] - @CD_esteri

Documentazione e ricerche n. 289 (II parte)

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata

alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni

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I N D I C E DELLA I I P A R T E

AFGHANISTAN

Scheda-paese (a cura del Ministero degli Affari esteri e della

Cooperazione Internazionale)............................................................... 3

Rapporti parlamentari (a cura del Servizio Rapporti

internazionali della Camera) .............................................................. 15

Profili della condizione femminile in Afghanistan (a cura del

Servizio Studi della Camera) .............................................................. 31

CANADA

Scheda-paese Canada (a cura del Ministero degli Affari esteri

e della Cooperazione Internazionale) ................................................. 41

Rapporti parlamentari (a cura del Servizio Rapporti

internazionali della Camera) .............................................................. 73

Profili della condizione femminile in Canada (a cura del

Servizio Studi della Camera) .............................................................. 77

CINA

Scheda-paese (a cura del Ministero degli Affari esteri e della

Cooperazione Internazionale)............................................................. 83

Rapporti parlamentari (a cura del Servizio Rapporti

internazionali della Camera) .............................................................. 93

Profili della condizione femminile in Cina (a cura del Servizio

Studi della Camera) .......................................................................... 105

LIBIA

Gli ultimi sviluppi della situazione in Libia (a cura del

Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione

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II

internazionale) .................................................................................. 109

Rapporti parlamentari (a cura del Servizio Rapporti

internazionali della Camera) ............................................................ 111

Profili della condizione femminile in Libia (a cura del

Servizio Studi della Camera) ............................................................ 115

Il memorandum d’intesa Italia-Libia (a cura del Servizio

Rapporti internazionali della Camera) ............................................. 117

TUNISIA

Scheda-paese (a cura del Ministero degli affari esteri e della

Cooperazione internazionale) ........................................................... 123

Rapporti parlamentari (a cura del Servizio Rapporti

internazionali della Camera) ............................................................ 135

Profili della condizione femminile in Tunisia (a cura del

Servizio Studi della Camera) ............................................................ 141

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Afghanistan

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SCHEDA-PAESE

(A CURA DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE)

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1. Dati geografici

Superficie: 647.500 km² Confini: Confina a nord con il Turkmenistan (lunghezza della

frontiera: 744 km) e l’Uzbekistan (137 km); a nord e nord-

est con il Tagikistan (1.206 km) e nell'estremo oriente del

corridoio del Vacan con la Cina (76 km); a est e sud con il

Pakistan (2.430 km) e a ovest con l’Iran (936 km).

Capitale: Kabul (3.097.000 abitanti) Principali città

(abitanti):

Herat (349.000), Kandahar (324.800), Mazar-e-

Sharif (300.600)

2. Popolazione ed indicatori sociali

Popolazione: 32,6 milioni (stima luglio 2015)

Crescita demografica

annua:

2,4% Aspettativa di vita

alla nascita: 49,1

Gruppi etnici: Pashtun 42%,Tagiki 27%, Hazara 9%, Uzbeki 9%,

Aimak 4%, Turkmeni 3%, Baloch 2%, altro 4%

Religioni: Mussulmani sunniti 80%, Mussulmani sciiti 19%,

altro 1%

Lingue: Dari (ufficiale) 50%,Pashto (ufficiale) 35%, Lingue turche

(principalmente Uzbeko e Turkmeno) 11%, Lingue minori

(principalmente Balochi e Pashai) 4%

3. Struttura istituzionale

Nome Ufficiale: Repubblica Islamica di Afghanistan Costituzione: 2004 Forma di Governo: Repubblica presidenziale Amministrazione del

territorio

34 province, a loro volta suddivise in 398 distretti Presidente della

Repubblica:

Ahsraf Ghani (dal 29 settembre 2014) Capo del Governo: Ahsraf Ghani Potere esecutivo: Governo nominato dal Presidente della Repubblica

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Potere legislativo: Il Parlamento è articolato in due Camere: la

Meshrano Jirga (Camera Alta) e la Wolesi Jirga

(Camera Bassa).

Attualmente la Meshrano Jirga è composta per un

terzo da membri nominati e per due terzi da membri

eletti indirettamente, per un totale 102 membri. 68

membri sono stati selezionati da 34 consigli

provinciali (2 per ogni provincia) e 34 sono di

nomina presidenziale. Presidente: Fazel Hadi

Muslimyar.

La Wolesi Jirga ha 249 membri eletti per 5 anni

direttamente dal popolo. Presidente: Abdul Raouf

Ibrahimi.

Potere giudiziario: Corte Suprema, Procuratore Generale

Scadenze elettorali Risultati elezioni presidenziali (ballottaggio) –

luglio 2014

Ashraf Ghani – 55% - Abdullah Abdullah 45%

Prossime elezioni legislative: non prima del 2018

(da confermare), durata del mandato 5 anni, ultime

elezioni: 2010

Quadro politico interno: Dal settembre 2014 è in carica in

Afghanistan un Governo di Unità Nazionale (GUN) basato

sull’intesa tra i due ex-candidati presidenziali, l’attuale Presidente

della Repubblica Ashraf Ghani, insediatosi il 29 settembre 2014, ed

il Chief Executive Abdullah Abdullah, resa necessaria per superare la

grave fase di incertezza politica generata dalle controverse elezioni

presidenziali dell’estate 2014, contraddistinte da pesanti accuse di

brogli.

Tale intesa, che ha richiesto l’attiva mediazione di USA e ONU,

poggia su una ripartizione di poteri e prerogative tra i due leader (cui

fanno riferimento gli schieramenti rispettivamente di etnia pashtun

per Ghani e tagika/Alleanza del Nord per Abdullah), inclusa

l’istituzione della figura del Chief Executive, assegnata ad Abdullah,

assimilabile a quella di Primo Ministro, ma con funzioni non

chiaramente definite.

Difficoltà di coabitazione, che avevano rallentato in una prima fase

l’azione del governo, sono riemerse pubblicamente lo scorso agosto,

a seguito delle dure critiche del Chief Executive Abdullah nei

confronti del Presidente Ghani accusato di una gestione centralistica

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del potere. Anche a seguito di un’azione di sensibilizzazione della

comunità internazionale, i contrasti più acuti sembrano essere stati

successivamente ricomposti, anche se permangono latenti le

divergenze tra i due leader. Il Governo di Unità Nazionale rimane, in

ogni caso, l’unica opzione praticabile oggi in Afghanistan e

sostenuta da tutta la comunità internazionale.

Oltre alla sicurezza, il Governo deve attuare le necessarie riforme

per superare l’attuale crisi economica in vista del raggiungimento

di uno sviluppo autosostenibile (oggi il 70% del bilancio pubblico

afghano dipende dagli aiuti internazionali). In tale contesto è

fondamentale la lotta alla corruzione, endemica nel Paese,

dichiarata prioritaria dal Presidente Ghani, e richiesta anche a gran

voce dalla comunità internazionale. Prioritaria per l’Italia ed altri

Paesi occidentali è anche l’azione per il miglioramento della

situazione femminile.

Tra i motivi di controversia vi è la delicata questione della riforma

elettorale prevista dall’intesa Ghani-Abdullah, che ha subito un

pesante ritardo e non è ancora stata varata, determinando un rinvio

delle elezioni parlamentari e provinciali, che avrebbero dovuto

tenersi nel 2015 e che potrebbero tenersi non prima dei primi

mesi del 2018, anche se il Presidente Ghani intenderebbe

calendarizzarle entro il corrente anno. Allo svolgimento di tali

elezioni - che siano credibili, trasparenti ed inclusive - è a sua volta

condizionata la convocazione di una Loya Jirga (assemblea di

notabili) per modificare la Costituzione e istituire ufficialmente la

carica di Primo Ministro, che avrebbe dovuto tenersi entro due anni

dalla nascita del GUN (fine settembre scorso).

Sinora l’iter della riforma elettorale ha prodotto la nomina dei 7

Commissari per la Commissione Elettorale Indipendente e dei 5

componenti della Commissione nazionale per i Ricorsi (tra i dodici

membri dei due organismi 3 sono donne), oltre che, nei giorni scorsi,

il Chief Electoral Officer, capo del Segretariato della Commissione

Elettorale Indipendente. Rimangono tuttora irrisolti nodi quali

l'effettivo ruolo della Indipendent Electoral Commission (IEC), di

altre commissioni tecniche, il tipo di sistema elettorale (uninominale

od altro), l’aggiornamento del registro dei votanti, mentre appare di

difficile realizzazione l’emissione di carte d’identità elettroniche e-

tazkira, e, non ultimo, la questione del finanziamento delle elezioni.

Sicurezza: Dopo il termine della missione ISAF a fine 2014, e

l’assunzione della responsabilità diretta della sicurezza in capo per la

prima volta alle forze di difesa e sicurezza afghane (ANDSF), si è

registrato in Afghanistan un deterioramento della sicurezza a

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seguito di una recrudescenza nell’offensiva dei movimenti insorgenti

che ha portato nel 2016 ad un record di vittime tra la popolazione

civile (secondo dati ONU oltre 11.400, tra morti e feriti). Meno del

60% del territorio sarebbe oggi sotto controllo governativo, il

10% (25-30% secondo altre fonti) sotto controllo talebano, in

particolare nelle zone rurali, il restante 30% ancora conteso. I

Talebani non sono riusciti a conquistare capoluoghi di provincia di

valore strategico (unico caso quello di Kunduz, quinta città del

Paese, occupata per alcuni giorni nel settembre 2015), ma le forze

afghane, nonostante i progressi dimostrati, grazie anche

all’assistenza della NATO, hanno sofferto elevate perdite, palesando

ancora gap capacitivi in termini di catena di comando, intelligence,

supporto aereo. In varie occasioni è stato necessario l’intervento

diretto, in particolare aereo, delle forze USA. Parallelamente sono

proseguiti gli attacchi terroristici, in prevalenza a Kabul.

Desta inoltre preoccupazione la presenza, anche in Afghanistan - per ora

solo in alcune aree orientali - di gruppi riconducibili al Daesh. Anche Al

Qaida, per quanto molto indebolita, sarebbe tuttora attiva nel Paese.

Nell’ambito della galassia talebana, è in particolare la Rete Haqqani ad

essersi distinta per atti di natura terroristica.

A seguito del peggioramento della sicurezza si è aggravata nel

Paese anche la situazione umanitaria: solo nell'ultimo anno e

mezzo si sono contati 500.000 nuovi IDPs (su un totale di circa 1,2

milioni); è inoltre fortemente aumentato il numero di rifugiati

afghani in rientro dal Pakistan e, in misura minore dall’Iran, che

ammontano a circa 625.000 nel 2016 e che sta generando, secondo

l’UNHCR, un’acuta emergenza umanitaria in Afghanistan.

Collaborazione con la NATO e impegno militare italiano: il

deterioramento della sicurezza in Afghanistan ha spinto la NATO,

inclusa l’Italia, a prolungare la propria presenza militare in

Afghanistan estendendo oltre il 2016 la missione “non combat”

Resolute Support (RSM), sulla base di un modello regionale

flessibile, al momento articolato su quattro spokes regionali: Kabul,

Nord, Sud-Est e Ovest (sotto comando italiano ad Herat).

Al Vertice NATO di Varsavia (luglio 2016) gli Alleati si sono impegnati

a sostenere la missione a guida NATO Resolute Support (RSM) oltre il

2016, attraverso un modello “flessibile e regionale” per fornire

formazione e assistenza ed a proseguire il sostegno finanziario alle

Forze di Sicurezza e di Difesa Nazionali Afghane (ANDSF) fino al

2020. Quest’anno la NATO dovrà assumere decisioni sul futuro di

RSM.

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Nel 2016 l’Italia è stata il secondo contributore di truppe in RSM

dopo gli USA e prima della Germania (950 unità in media su circa

13.000 complessive) ed il terzo contributore finanziario delle ANDSF

dopo USA e Germania con 120 mln di euro erogati nel 2015 e nel 2016

(72 per l’esercito, 48 per la polizia).

La Deliberazione sulle missioni internazionali prevede, per il 2017: a) il

mantenimento di circa 900 unità (quindi in leggero calo rispetto al

2016) in gran parte distaccate presso il Comando Ovest di Herat dove

l’Italia è Framework Nation; b) la conferma di un contributo di 120 mln

di Euro alle ANDSF tramite Fondi Fiduciari NATO e ONU,

condizionati a progressi da parte afghana in termini di trasparenza,

efficacia nella gestione dei fondi, riforme interne. Superata l’esame delle

Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, la delibera è in attesa

ora di approvazione delle due Camere in plenaria.

Posizione USA: l’Amministrazione Obama aveva rivisto il proprio

impegno militare in Afghanistan prevedendo da gennaio 2017 8.400

unità rispetto alle 5.500 precedentemente programmate, prospettando

il proseguimento dell’impegno di RSM oltre il 2017 e lasciando una

legacy nel segno della continuità. La nuova Amministrazione deve

tuttavia ancora esprimere la propria linea sul dossier.

Prospettive processo di pace e quadro regionale: le prospettive per

l’avvio di un possibile processo di pace e di riconciliazione interna in

Afghanistan, obiettivo del Governo di Kabul e della Comunità

internazionale come soluzione preferibile al conflitto afghano. I

Talebani non hanno manifestato finora segnali concreti di

disponibilità e le iniziative diplomatiche avviate per facilitare

possibili negoziati di pace tra le due parti non hanno prodotto ad

oggi risultati.

Incoraggiante, in quanto potrebbe facilitare auspicabilmente una

successiva intesa anche con i Talebani, è l’accordo di pace tra

Governo di Kabul e movimento Hizb el Islami (HIG), guidato da

Gulbuddin Hekmatyar, gruppo insorgente minore che da alcuni anni

ha abbandonato di fatto la lotta armata, firmato nel settembre scorso,

che dovrà ora essere pienamente attuato.

Per facilitare le condizioni di un processo di pace in Afghanistan è

considerato fondamentale il ruolo dei Paesi della regione in

particolare quello del Pakistan, in virtù del proprio leverage sul

movimento talebano. Le relazioni tra Kabul e Islamabad sono state

tuttavia tradizionalmente improntate a sfiducia reciproca e, spesso, a

tensione, e, negli ultimi mesi, si sono deteriorate nuovamente

sempre sull’annosa questione della mancanza di collaborazione

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del Pakistan nella lotta contro i gruppi insorgenti afghani, di cui

Islamabad è accusato da Kabul, anche per la protezione che tali

gruppi riceverebbero nel suo territorio (presenza di “santuari” ecc.).

A rendere ancora più tesi i già difficili rapporti tra i due Paesi hanno

contribuito, da ultimo, anche alcuni attentati, tra cui quello contro un

santuario sufi situato nella cittadina di Sehwan, a nord di Karachi,

che, secondo quanto riferito dalle autorità pakistane, sarebbe stato

pianificato da terroristi le cui basi si troverebbero in territorio

afghano.

Per far sedere i Talebani al tavolo di pace, viene auspicato un

coinvolgimento costruttivo anche degli altri principali Paesi della

regione quali, oltre a Cina ed India, Iran e Russia. Mosca e Teheran

hanno tuttavia manifestato finora un atteggiamento ambiguo,

intrattenendo rapporti con i Talebani.

Economia: Nonostante gli indubbi progressi raggiunti dalla caduta

del regime dei Talebani, dal 2001 in poi, in materia di

consolidamento democratico, sanità ed educazione, in particolare di

accesso all’istruzione da parte femminile, l’Afghanistan si trova

ancora oggi in coda alle classifiche dei principali indicatori di

sviluppo, mentre la situazione economica si è aggravata. A seguito

anche della riduzione negli ultimi anni della presenza militare

internazionale e del relativo indotto, l’Afghanistan ha registrato

infatti dopo il 2013 un netto calo della crescita del PIL ed un

aumento di disoccupazione e povertà: la crescita economica è scesa

all’1,3% e 0,8% annuo rispettivamente nel 2014 e 2015, contro una

media del 9,4% tra il 2003 e il 2012, mentre la disoccupazione è

passata dal 25% al 39% nello stesso arco temporale, e la quota della

popolazione a quasi il 40%).

Il raggiungimento di uno sviluppo sociale ed economico

autosostenibile per l’Afghanistan è considerato l’obiettivo prioritario

del Governo di Unità Nazionale. Il Paese continua infatti a dipendere

in larghissima parte dagli aiuti internazionali, che contano per quasi

il 70% del proprio bilancio nazionale. A tal fine le Autorità di

Kabul hanno avviato un ambizioso programma di riforme

interne, che riguardano i settori della governance politica (riforma

elettorale), economica, amministrativa e rule of law, soprattutto la

lotta alla corruzione, endemica nel Paese, diritti umani, in particolare

quelli delle donne, tema quest’ultimo che riveste priorità nell’ambito

della politica italiana verso l’Afghanistan. In tale contesto, si sono

registrati alcuni risultati apprezzabili, in materia ad esempio fiscale,

aumento della presenza femminile a livello di cariche di Governo

(oltre che parlamentare in quest’ultimo caso previsto da quote di

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legge, pari al 27%; sono donne 4 Ministri su 16 e 2 Governatori su

34), varo misure anticorruzione (tra cui l’istituzione di un organismo

e giudiziario ad hoc), ma, in generale, tenuto anche conto del

difficile contesto afghano, rimane ancora molto da fare.

La Comunità internazionale, consapevole che il successo delle

riforme in Afghanistan richiede ancora il proprio rilevante sostegno,

ha rinnovato lo scorso 5 ottobre (Conferenza di Bruxelles) la propria

assistenza all’Afghanistan nel settore degli aiuti civili (complessivi

pledges per 15,2 miliardi di USD per il quadriennio 2017-2020). UE

e Stati membri, con 5,6 miliardi USD, costituiscono il primo

Donatore dell’Afghanistan. Da parte italiana è stato confermato un

pledge (182 milioni di Euro complessivi) analogo a quello espresso

alla precedente pledging conference di Tokyo del 2012.

A tale eccezionale sostegno dovranno corrispondere, in base al

principio della condizionalità degli aiuti, risultati concreti da parte

afghana nell’attuazione dei piani di riforme indicate.

Migranti afghani: Dopo il fortissimo flusso di migranti afghani

verso l’Europa registratosi nel 2015 (oltre 200.000), di cui molti

destinati in Germania, gli arrivi si sono ridotti considerevolmente

nel 2016 (43.000 circa, 12% del totale), soprattutto dopo la firma

dell’accordo UE-Turchia. Ad ottobre scorso, UE e Afghanistan

hanno firmato la "Joint Way Forward", un documento su rimpatri e

reinserimento di natura non giuridicamente vincolante. In Italia sono

state solo alcune centinaia gli arrivi di Afghani sia nel 2015 che nel

2016, mentre ammontano a circa 2.800 i richiedenti asilo lo scorso

anno.

COOPERAZIONE BILATERALE:

a) Cooperazione allo sviluppo: L’Afghanistan rimane il primo

Paese beneficiario di aiuto italiano allo sviluppo. Dal 2001 ad

oggi sono stati approvati da parte italiana interventi di cooperazione

a favore dell’Afghanistan, per 843 milioni di Euro (di cui 722 a

dono e 121 a credito di aiuto).

I settori prioritari degli interventi della cooperazione italiana,

richiamati dall’Accordo bilaterale di partenariato e cooperazione di

lungo periodo del gennaio 2012, riguardano: la governance, con

l’inclusione della giustizia e dei diritti umani; l’agricoltura e lo

sviluppo rurale; lo sviluppo infrastrutturale nel settore dei trasporti.

Particolarmente significativi sono anche gli interventi indirizzati alle

politiche di genere, alla promozione della società civile, alla

realizzazione di programmi di emergenza e sanitari, nonché i

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programmi miranti alla salvaguardia e valorizzazione del rilevante

patrimonio culturale del Paese. Vari interventi sono stati inoltre

forniti nel settore umanitario, anche in relazione all’attuale

emergenza di rifugiati afghani in rientro dal Pakistan.

Le politiche di genere della cooperazione italiana in Afghanistan

L’Italia ha avviato una collaborazione con il Governo Afghano nel

settore dell’uguaglianza di genere sin dal 2003, realizzatasi

principalmente attraverso iniziative a sostegno dei diritti umani e

dell’imprenditoria femminile a Kabul Herat e Baghlan, affiancando

alle attività imprenditoriali, un crescente numero di iniziative di

formazione. A partire dal 2013, l’azione italiana nel settore ha

assunto i tratti di una vera e propria strategia in quattro aree

principali di intervento su cui concentrare le iniziative finanziate, in

linea con quanto previsto dal National Action Plan for the Women of

Afghanistan (NAPWA): sostegno istituzionale al Ministero degli

Affari Femminili; salute riproduttiva; lotta alla violenza contro le

donne e sostegno all’empowerment economico delle donne. A

completamento di tale strategia, una parte dei finanziamenti

disponibili sono stati utilizzati per favorire programmi di educazione

primaria e di alfabetizzazione delle donne. Più di 670.000 donne

sono state beneficiarie degli interventi della Cooperazione

Italiana nel Paese. In tale contesto si sono dimostrati

particolarmente efficaci i programmi per la salute delle donne gestiti

dall’Italia in collaborazione con UNFPA e le attività di

mainstreaming per i programmi a sostegno della salute in

collaborazione con il WHO e le azioni di prevenzione e protezione

delle donne e le bambine vittime di violenza di genere e di violenza

sessuale. Di particolare efficacia si è ugualmente dimostrato il

programma di sostegno al piano d'azione nazionale per le donne in

Afghanistan (NAPWA) per la riduzione della violenza contro le

donne.

La Cooperazione Italiana in Afghanistan ha, infatti, iniziato tra il

2014 e il 2015 un lavoro di mainstreaming delle altre iniziative

settoriali, al fine di assicurare che gli interessi e i bisogni delle donne

vengano presi in considerazione in tutte le attività realizzate

dall’Italia nel Paese, dal supporto allo sviluppo rurale, alla

microfinanza, all’agricoltura. In proposito si sono avviate iniziative

specifiche di gender mainstreaming in relazione ai programmi di

“Sostegno alla Micro-finanza e alla piccola e media impresa afgana

nelle province di Herat, Farah e Badghis” (ISAME) e di “Sostegno

all’Agricoltura e allo Sviluppo Rurale”; per l’accesso alla giustizia

per le donne nell’ambito del programma Justice and Human Rights

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in Afghanistan (JHRA) e di UNDP e del progetto “Vite Preziose” di

COSPE¸ per l’accesso alla salute nei programmi con il WHO

(Attuazione del protocollo di trattamento del GBV) e con UNFPA

(Family Health Houses).

I partner della cooperazione italiana nel raggiungimento

dell’obiettivo dell’uguaglianza di genere e dell’empowerment

femminile sono stati il Governo, la società civile e le agenzie delle

Nazioni Unite presenti sul territorio. Indubbiamente, nonostante un

quadro difficile, i progressi registrati nell’ultimo decennio nel

miglioramento dell’accesso femminile all’educazione e ai servizi

sanitari di base, lo sviluppo del primo Piano di Azione Nazionale di

Attuazione della Risoluzione 1325 delle Nazioni Unite, e

l’approvazione della legge di Eliminazione della Violenza contro le

Donne (EVAW Law) sono visibili. Tuttavia, l’esperienza italiana

dimostra che, al fine di garantire una maggiore efficacia degli

investimenti internazionali per l’uguaglianza di genere, soprattutto in

termini di lotta alla violenza, è necessario un lavoro costante di

monitoraggio e la partecipazione attiva ai diversi esercizi di

mappatura delle attività in corso, secondo gli indicatori riconosciuti

nel piano nazionale NAPWA. Tutta l’attività di assistenza tecnica

necessita comunque un sostegno politico costante da parte

governativa affinché possano effettivamente contribuire al

miglioramento della condizione femminile in Afghanistan.

Altri settori di cooperazione bilaterale:

La volontà di proseguire e rafforzare la cooperazione bilaterale è stata

da ultimo ribadita nella Prima riunione della Commissione mista italo-

afghana, svoltasi nel corso della visita dell’allora Ministro degli Esteri e

della Cooperazione Gentiloni in Afghanistan il 19 e 20 aprile 2016.

b) Rapporti commerciali: l’interscambio commerciale tra Italia e

Afghanistan è molto limitato, circa 8 milioni di Euro nel 2016, in gran

parte nostre esportazioni. Le principali voci dell’export italiano sono

rappresentate da macchinari ed apparati di telecomunicazioni. Per quanto

riguarda le importazioni si tratta in gran parte di prodotti agricoli. Il settore

che ha registrato finora manifestazione di maggiore interesse per lo

sviluppo di iniziative imprenditoriali italiane è stato soprattutto quello del

marmo, in subordine l’agroalimentare (food processing, packaging) ed il

tessile, le cui potenzialità di collaborazione commerciale rimangono

tuttavia da sviluppare.

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Principali recenti visite bilaterali a livello governativo:

- 20-21 settembre 2016, visita ad Herat del Ministro della Difesa Sen.

Pinotti;

- 19-20 aprile 2016, visita a Herat e Kabul del Ministro degli Esteri e della

Cooperazione Gentiloni;

- 1 dicembre 2015, visita ufficiale in Italia del Presidente Ghani;

- 1 giugno 2015, visita ad Herat del Presidente del Consiglio Matteo Renzi.

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RAPPORTI PARLAMENTARI

(A CURA DEL SERVIZIO RAPPORTI INTERNAZIONALI DELLA CAMERA)

Presidente della Wolesi Jirga

(Assemblea Nazionale /Camera del

Popolo)

ABDUL RAOUF IBRAHIMI (DAL 28

FEBBRAIO 2011, DI ETNIA UZBEKA)

Presidente della Meshrano Jirga

(Assemblea Nazionale / Camera

degli Anziani)

FAZAL HADI MUSELIMYAR

(DAL 29 GENNAIO 2011)

AMBASCIATORE D’ITALIA

A KABUL

Roberto CANTONE (dal 3 maggio 2016)

AMBASCIATORE AFGHANO

IN ITALIA

Waheed OMER (dal 20 giugno 2016)

Nota sintetica dei rapporti parlamentari con l’Afghanistan

Nel corso delle ultime quattro legislature, la Camera dei Deputati italiani

ha affiancato l’impegno profuso dal Governo italiano nel sostenere il

processo di democratizzazione del Paese, fornendo assistenza

all’Afghanistan e al Parlamento afgano.

Per quanto riguarda l’attività presidenziale, i Presidenti della Camera

hanno ricevuto frequenti visite di alto livello da parte afgana, mentre le

visite presidenziali si sono fino ad oggi limitate ad incontri con le truppe

presenti nel Paese.

Nella XVII legislatura è proseguito lo scambio di visite al più alto

livello. Infatti, la Presidente della Camera, Laura Boldrini, ha ricevuto lo

Speaker della Camera del popolo afghana, Abdul Rauf Ibrahimi, lo scorso

26 ottobre 2016 , ed in precedenza aveva ricevuto l’attuale Presidente della

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Repubblica Islamica dell'Afghanistan , Ashraf Ghani, in visita ufficiale in

Italia, il 1° dicembre 2015. Nel corso di tali incontri, la Presidente è stata

invitata a compiere una visita in Afghanistan.

L’importanza che la Camera dei Deputati attribuisce all’Afghanistan è

dimostrata dalla immediata ricostituzione da parte della Presidente Boldrini,

all’inizio della legislatura, del Gruppo di contatto delle deputate italiane

con le donne afghane, coordinato dalla Vice Presidente Marina Sereni

(PD) e composto dalle deputate Deborah Bergamini (FI-PdL), Donatella

Duranti (SEL), Marta Grande (M5S), Pia Locatelli (Misto-PSI-PLI) e

Gea Schirò (PD)1. Il 28 novembre 2013 si è tenuto alla Camera un

Seminario dal titolo: “Afghanistan 2014, anno di svolta: bilancio e

prospettive per le donne afghane”, promosso dal Gruppo di contatto in

occasione della visita in Italia - su invito dell’organizzazione non

governativa Actionaid per un progetto a favore delle donne denominato:

Stop alla violenza contro le donne (approccio integrato per la riduzione

della violenza contro le donne in Afghanistan) -di una delegazione di

parlamentari afghane, guidate da Fawzia Habibi, Vice Ministro per gli

Affari femminili dell’Afghanistan, e composta dalle deputate Shukria

Barakzai, Presidente della Commissione Difesa della Wolesi Jirga, Nilufar

Ibrahimi, membro della Commissione Sanità, Attività Sportive, Giovani e

Lavoro, Raihana Azad, membro della Commissione per la Società Civile, i

Diritti Civili e le pari opportunità.

Inoltre, nelle scorse legislature la Camera dei Deputati è stata

costantemente attiva nel fornire una cooperazione amministrativa

all’Afghanistan. Tra le varie iniziative realizzate si sottolinea, per la sua

importanza, la partecipazione della Camera, nella XIV legislatura al

programma biennale “Sostegno alla ricostruzione del Parlamento

afgano” (SEAL-Support to establishment of Afghan legislature), dal

febbraio 2005 al febbraio 2007.

Nelle precedenti legislature, l’ex Presidente Karzai è stato più volte in

visita alla Camera. Nel corso della XIV legislatura ed è stato ricevuto

dall’allora Presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, in quattro

occasioni: dapprima nella veste di Presidente del Governo Transitorio

afgano, il 18 dicembre 2001, il 16 aprile 2002 ed il 19 dicembre 2002;

1 Il Gruppo venne costituito per la prima volta nella XIV legislatura e promosse due

eventi: lo svolgimento di una Conferenza internazionale a favore delle donne afgane,

tenutasi presso la Camera dei Deputati il 28 novembre 2002, ed una missione in

Afghanistan dal 1° al 5 maggio 2005 per rinsaldare i vincoli di amicizia tra deputate italiane e

donne afgane e per sostenere le donne afgane in vista del successivo svolgimento delle elezioni

parlamentari, le prime dalla fine della guerra.

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quindi, come Presidente della Repubblica dopo le elezioni presidenziali

dell’ottobre 2004, il 21 luglio 2005. L’ultima visita si è svolta nella XVI

legislatura, il 26 gennaio 2012 (vedi infra). Sempre nella XVI legislatura il

Presidente Fini si è recato due volte (nel 2010 e nel 2008) in visita a Herat

presso il contingente italiano.

È opportuno segnalare, infine, che, nel corso dell’ultima visita del

Presidente Karzai a Roma, avvenuta nel gennaio 2012 (vedi infra) è stato

sottoscritto un Accordo di partenariato e cooperazione di lungo termine,

che, all’articolo 1, comma 4, prevede un versante di sostegno al

rafforzamento del ruolo e della capacità del Parlamento afgano, con

particolare riguardo al procedimento legislativo.

XVII LEGISLATURA

Incontri della Presidente

Il 26 ottobre 2016 la Presidente della Camera, Laura Boldrini, ha

incontrato lo Speaker della Camera del popolo afghana (Wolesi Girga),

Abdul Rauf Ibrahimi.

Il Presidente Ibrahimi ha ringraziato l’Italia per il suo sostegno nella

ricostruzione in Afghanistan. Molte persone però cercano ancora di andare

via dal paese, principalmente a causa della situazione di insicurezza, per la

povertà e per la disoccupazione. La Presidente Boldrini ha ribadito

l’intenzione di firmare un protocollo di intesa tra le due assemblee

parlamentari, che avrebbe dovuto essere sottoscritto durante una visita

ufficiale in Afghanistan rimandata nel 2013 per ragioni di sicurezza. I

rapporti tra le due Assemblee si sviluppano con continuità grazie all’attività

del gruppo di contatto e dal sostegno all’Institution building.

La Vice Presidente della Camera e Coordinatrice del Gruppo di contatto

con le donne afghane, Marina Sereni, ha partecipato insieme alla deputata

Gea Schirò alla cena offerta dall’Ambasciata afghana in onore del

Presidente Ibrahimi il 26 ottobre 2016.

Il 1° dicembre 2015 la Presidente della Camera, Laura Boldrini ha

incontrato il Presidente della Repubblica islamica dell’Afghanistan, Ashraf

Ghani.

L'incontro tra la Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, e

il Presidente della Repubblica islamica dell'Afghanistan, Ashraf Ghani è

giunto al termine di un anno difficile per l'Afghanistan, dove centinaia di

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civili sono morti a causa del perdurante conflitto e milioni di persone sono

ancora sfollate. "La cronaca di questi giorni, con l'arrivo di numeri crescenti

di uomini, donne e bambini afgani sulle coste greche, ci ricorda che

l'Afghanistan non è ancora in pace e che deve far fronte a vecchie e nuove

sfide, come quella dei talebani che controllano parti importanti di territorio

e quella dei miliziani che si richiamano al sedicente Stato islamico", ha

dichiarato la Presidente. "Conosco le straordinarie potenzialità ed il calore

degli abitanti dell'Afghanistan grazie alle numerose missioni effettuate nel

Paese per conto delle Agenzie delle Nazioni Unite a partire dagli Anni

Novanta", ha continuato la Presidente Boldrini, convenendo con il

Presidente Ghani sulla necessità di perseguire in maniera congiunta la lotta

contro la povertà e quella per raggiungere finalmente la pace. "Negli ultimi

quindici anni, l'Afghanistan ha compiuto progressi nel campo

dell'istruzione, dell'accesso alle cure mediche e della democratizzazione.

Molto rimane da fare, soprattutto per quanto riguarda i diritti e la

condizione delle donne e delle bambine. E' proprio per questo - ha concluso

Laura Boldrini - che la comunità internazionale deve continuare a sostenere

la società afgana in questo frangente particolarmente delicato". "La Camera

dei deputati contribuirà a questi sforzi rafforzando ulteriormente i

programmi di sostegno alla Wolesi Jirga, la Camera bassa afgana,

soprattutto in vista delle elezioni legislative del prossimo anno". Il

Presidente Ghani ha invitato la Presidente Boldrini a tornare quanto prima

in Afghanistan in visita ufficiale.

La Presidente della Camera, on. Laura Boldrini, ha incontrato, il 28

novembre 2013, una delegazione di parlamentari afghane, guidate da

Fawzia Habibi, Vice Ministro per gli Affari femminili dell’Afghanistan,

e composta dalle deputate Shukria Barakzai, Presidente della

Commissione Difesa della Wolesi Jirga, Nilufar Ibrahimi, membro della

Commissione Sanità, Attività Sportive, Giovani e Lavoro, Raihana Azad,

membro della Commissione per la Società Civile, i Diritti Civili e le pari

opportunità, in occasione dello svolgimento alla Camera un Seminario dal

titolo: “Afghanistan 2014, anno di svolta: bilancio e prospettive per le

donne afghane”, promosso dal Gruppo di contatto delle deputate

italiane con le donne afghane - coordinato dalla Vice Presidente Marina

Sereni (PD) e composto dalle deputate Deborah Bergamini (FI-PdL),

Donatella Duranti (SEL), Marta Grande (M5S), Pia Locatelli (Misto-

PSI-PLI) e Gea Schirò (PD)2 – che ha partecipato all’incontro.

2 Il Gruppo venne costituito per la prima volta nella XIV legislatura e promosse due

eventi: lo svolgimento di una Conferenza internazionale a favore delle donne afgane,

tenutasi presso la Camera dei Deputati il 28 novembre 2002, ed una missione in

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La Presidente della Camera, on. Laura Boldrini, ha ricevuto la visita

dell’Ambasciatore italiano in Afghanistan, Luciano Pezzotti, l’11 ottobre

2013.

La Presidente della Camera, on. Laura Boldrini, ha partecipato, il 27

maggio 2013 alla Camera, alla presentazione dei risultati della ricerca-

progetto europeo DelPHE: "La cultura come sfida per la ricostruzione, le

opinioni e le proposte della società civile afghana sul potere delle donne e

lo sviluppo educativo dei bambini e dei giovani nel loro Paese". Dopo il

saluto introduttivo della Presidente della Camera, i lavori sono stati

introdotti dalla Vicepresidente Marina Sereni.

Altri incontri

La Vice Presidente della Camera e coordinatrice del Gruppo di contatto,

Marina Sereni, il 26 ottobre 2016 ha incontrato lo Speaker della Camera

del popolo afghana (Wolesi Girga), Abdul Rauf Ibrahimi nel corso di

una cena alla quale era presente anche l’on. Gea Schirò.

La Vice Presidente della Camera e coordinatrice del Gruppo di contatto,

Marina Sereni, ha ricevuto, il 24 ottobre 2013, la visita dell’Ambasciatore

afghano, Zia Uddin Nezam.

La Vice Presidente Marina Sereni, e le componenti il Gruppo di

Contatto delle deputate italiane con le donne afghane (cfr. infra) hanno

ricevuto, il 10 ottobre 2013, l’Ambasciatore italiano a Kabul, Luciano

Pezzotti, che la Vice Presidente aveva già incontrato, il 12 giugno 2013.

L’Ambasciatore ha ricordato come l’Afghanistan stia

affrontando una fase di transizione. Ha segnalato che anche la

cooperazione allo sviluppo potrebbe finanziare dei progetti. La

Sereni ha ricordato la visita, programmata per novembre, delle

donne parlamentari di Actionaid. L’impegno occidentale è

destinato a durare anche dopo la fine della missione ISAF, ma il

numero dei militari sarà drasticamente ridotto, ha affermato

Pezzotti, il quale ha infine ricordato come l’Italia sia il primo

contributore a livello internazionale per la tutela del patrimonio

UNESCO del Paese,

Afghanistan dal 1° al 5 maggio 2005 per rinsaldare i vincoli di amicizia tra deputate italiane e

donne afgane e per sostenere le donne afgane in vista del successivo svolgimento delle elezioni

parlamentari, le prime dalla fine della guerra.

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Commissioni

Il 9 settembre 2015 il Presidente della Commissione esteri della Camera,

on. Fabrizio Cicchitto, ha incontrato il Vice Ministro degli affari esteri della

Repubblica Islamica dell’Afghanistan, Khalil Karzai.

Il 26 novembre 2013, una delegazione di parlamentari afghane, guidate

da Fawzia Habibi, Vice Ministro per gli Affari femminili

dell’Afghanistan, e composta dalle deputate Shukria Barakzai, Presidente

della Commissione Difesa della Wolesi Jirga, Nilufar Ibrahimi, membro

della Commissione Sanità, Attività Sportive, Giovani e Lavoro, Raihana

Azad, membro della Commissione per la Società Civile, i Diritti Civili e le

pari opportunità, è stata audita informalmente dal Comitato permanente

agenda post-2015, la cooperazione allo sviluppo e il partenariato pubblico-

privato e dal Comitato permanente diritti umani costituiti in seno alla

Commissione Affari esteri con una delegazione di donne parlamentari

afghane.

Il 7 novembre 2013, il Presidente della Commissione Affari Esteri, on.

Fabrizio Cicchitto, ha incontrato Issa Eshaqzey, Presidente del National

Congress Party of Afghanistan.

Nel corso dell’incontro il signor Eshaqzey ha illustrato l’attività

Presidente del National Congress Party of Afghanistan, che ha lo scopo di

coagulare le forze liberali presenti dentro e fuori l’Afghanistan al fine di

lottare contro la corruzione presente nel suo Paese, soprattutto a livello

governativo. Il signor Eshaqzey ha fortemente criticato tutti i candidati alle

prossime elezioni presidenziali afghane, che si celebreranno il 5 aprile 2014

ed ha proposto invece la formazione di un Governo di transizione.

Dall’11 al 14 settembre 2013 si è svolta la missione in Afghanistan

di una Delegazione di parlamentari, composta dagli onn. Gennaro

Migliore, Gianluca Pini e Maria Edera Spadoni e dal sen. Federico

Petrangeli con il Vice Ministro degli Affari esteri, Lapo Pistelli.

Nel corso della missione, svoltasi tra Kabul ed Herat, oltre alla

visita dei progetti di cooperazione, si sono avuti incontri con il NATO

Senior Civilian Rapresentative, Amb. Maurits Jochems, il Chief of

Staff, Gen. C.A. Giorgio Battisti, una delegazione di parlamentari

afgani e rappresentanti della società civile afghana, il Procuratore

Generale, Maria Bashir ed il Governatore di Herat, Sayed Fazlullah

Wahedi.

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Audizioni ed informative

L’8 giugno 2016, dinanzi alle Commissioni Riunite Esteri e Difesa di

Camera e Senato si è svolta l’audizione dei ministri degli Esteri, Paolo

Gentiloni, e della Difesa, Roberta Pinotti, per comunicazioni del Governo

sullo stato delle missioni in corso e degli interventi di cooperazione allo

sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione.

Il 10 novembre 2015 si è tenuta una audizione dei Ministri degli Esteri,

Paolo Gentiloni Silveri, e della Difesa, Roberta Pinotti, alla Camera,

dinanzi alle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato.

L’audizione ha avuto come tema l’evoluzione della partecipazione

dell’Italia alla Missione NATO in Afghanistan. La Ministra Pinotti ha

spiegato che l’incremento di 200 unità del contingente italiano è stato

motivato dalla necessità di rimpiazzare il contingente spagnolo. La Ministra

ha ricordato come la regione Ovest del Paese, sede del contingente italiano,

è considerata una delle più sicure, anche se non mancano attacchi. La

continua perdita di forze afghane rende necessaria una costante opera di

addestramento delle nuove reclute, senza che questo comporti tuttavia la

partecipazione di effettivi italiani alle operazioni in campo. Grandi

progressi sono stati registrati, hanno infine ricordato i Ministri, nel campo

della scolarizzazione.

Il 20 novembre 2014, il Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni Silveri,

ha tenuto un’audizione di fronte alle Commissioni esteri di Camera e

Senato per esporre le linee guida della politica estera italiana. Il Ministro

degli esteri ha affermato che la presenza italiana in Afghanistan cambierà –

a livello militare – per limitarsi ad aiutare e rafforzare le forze di sicurezza

nazionali secondo modalità che saranno stabilite dal Parlamento. Nel

complesso, la cooperazione italiana si sposterà dal piano della sicurezza a

quello dell’economia.

Si è tenuta il 17 ottobre 2013, presso il Senato della Repubblica

un’audizione congiunta dei Ministri degli Esteri, Emma Bonino, e della

Difesa, Mario Mauro, da parte delle Commissioni congiunte Esteri e

Difesa della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Il Ministro Mauro ha ricordato come l'operato della comunità

internazionale in Afghanistan non debba essere analizzato esclusivamente

dal punto di vista della sicurezza. Per valutare compiutamente la missione

Isaf, non si può prescindere dal prendere in considerazione aspetti quali la

capacità di governance, il processo di ricostruzione e lo sviluppo

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economico-sociale. A partire dal 2002 nel Paese sono state realizzate con

queste condizioni di sicurezza migliaia di scuole e reclutate decine di

migliaia di insegnanti. Oggi, ci sono tra i 7 ed i 9 milioni di ragazzi e

ragazze afgane che vanno a scuola regolarmente. Erano all'inizio di

Isaf poco meno di 900mila e tutti maschi. L'Afghanistan ha compiuto

impressionanti progressi anche nel settore medico e sono inoltre in calo i

dati sulla mortalità infantile. Nel Paese sono stati costruiti oltre cento

ospedali e la possibilità di ricevere cure mediche raggiunge oltre il 70

per cento della popolazione. Circa il 60 della popolazione si trova a

meno di un'ora di spostamento a piedi dal più vicino punto di assistenza

sanitaria. Quanto alla mortalità infantile, è diminuita negli ultimi 10

anni di circa il 60 per cento, mentre l'aspettativa di vita è cresciuta

rapidamente ed è ora di circa 64 anni per le donne come per gli

uomini. L'economica cresce inoltre a ritmi velocissimi e sono state

costruite decine di migliaia di chilometri di strade. L'effetto di sicurezza

procurato dalla missione Isaf ha contribuito allo sviluppo in un'accezione

più generale. Per questo il decennio 2014-2024 è stato ribattezzato il

decennio della trasformazione, una fase che prenderà simbolicamente il

via con le elezioni presidenziali della primavera del prossimo anno.

Relativamente al contingente italiano, il piano per il ripiegamento,

battezzato Itaca 2, è stato avviato nel settembre 2012 e si sta svolgendo

contestualmente all'assunzione della piena sovranità sulla regione ovest

da parte del governo afgano. Il contingente nazionale si ridurrà da

circa 2.900 unità in media nell'ultimo trimestre 2013, alla fine del

2014 in cui si attesterà su circa 1800 unità. Dopo il 2014 il governo

intenderebbe proseguire il proprio impegno in Afghanistan nella missione

Resolute Support, in coerenza con quelle che saranno le decisioni del

Parlamento in termini di assistenza e addestramento alle forze afgane.

Non saranno più previsti compiti di contrasto all'insorgenza né di lotta al

terrorismo o al narcotraffico, interamente devoluti alle forze di sicurezza

afgane, ma di sostegno e formazione alle forze afghane per consolidarne

la piena ed efficacia autonomia di azione.

Il 12 giugno 2013 il Ministro della difesa, Mario Mauro, ha svolto

dinanzi all’Assemblea della Camera dei deputati un’informativa urgente del

Governo sul grave attentato in Afghanistan che ha causato la morte del

capitano Giuseppe La Rosa nonché il ferimento di altri tre militari italiani.

E' seguito un dibattito al quale ha partecipato un oratore per gruppo. Il

capitano Giuseppe La Rosa è la 53ma vittima dall’inizio dell’impegno

italiano in Afghanistan.

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Per l’attività del Gruppo di contatto delle deputate italiane con le donne

afghane v. la scheda successiva su “Profili della condizione femminile in

Afghanistan”

INSTITUTION BUILDING

Nelle precedenti legislature, la Camera dei deputati ha partecipato

attivamente ai seguenti progetti di institution building:

1. nella XIV legislatura al programma biennale “Sostegno alla

ricostruzione del Parlamento afgano” (SEAL-Support to

establishment of afghan legislature), dal febbraio 2005 al febbraio

2007, promosso dal Governo di Kabul, dall’Unione

interparlamentare, dal Programma delle Nazioni Unite per lo

sviluppo (PNUD) e dal Fondo delle Nazioni Unite per le donne

(UNIFEM), con il supporto di alcuni Paesi donatori, tra i quali

figurava anche il Governo italiano con un contributo di un milione di

euro. L’Amministrazione della Camera ha fornito la propria

assistenza in alcune delle componenti del progetto (documentazione

ed informatizzazione; training del personale amministrativo, in

partnership con l’Assemblea nazionale francese; definizione del

nuovo quadro legislativo, attraverso la predisposizione di un

nuovo regolamento parlamentare). In tale contesto si è svolto, dal

18 al 29 luglio 2005, un seminario di formazione, riservato ad una

delegazione di dodici funzionari parlamentari afgani che hanno

effettuato, oltre ad alcuni incontri a carattere generale

sull’organizzazione e sul funzionamento del Parlamento italiano, dei

percorsi individuali di affiancamento al personale della Camera

operante nei servizi dell’area legislativa, amministrativa e della

documentazione.

2. nella XV legislatura, nel luglio 2006, ha avuto luogo una missione

presso la Camera di una delegazione parlamentare della

Commissione giustizia della Wolesi Jirga (la Camera bassa del

Parlamento afgano). La visita rispondeva alle esigenze, prospettate

dallo stesso Parlamento afgano, di valutare la riforma del sistema di

giustizia in atto in Afghanistan, alla cui realizzazione l’Italia ha

partecipato attivamente, in quanto ‘paese leader’ per la riforma della

giustizia.

3. nella XVI legislatura, il 17 maggio 2011 una delegazione di

funzionari, magistrati e giuristi afghani si è recata in vista presso la

Camera dei Deputati allo scopo di approfondire il sistema

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costituzionale italiano e l'organizzazione delle funzioni

parlamentari".

Unione Interparlamentare

In ambito UIP opera la sezione di amicizia ASIA MERIDIONALE

(Afghanistan, Bangladesh, Bhutan, Maldive, Nepal, Sri Lanka di cui è

Presidente la senatrice Valeria Fedeli (PD).

Attività legislativa

Legge n. 13/15 del 10 febbraio 2015, GU n. 50 del 2 marzo 2015,

“Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra il Governo della

Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica islamica

dell'Afghanistan in materia di prevenzione e contrasto al traffico illecito di

stupefacenti, sostanze psicotrope e loro precursori, fatto a Roma il 2 giugno

2011”

Legge n. 131/16 del 14 luglio 2016 Conversione in legge, con

modificazioni, del decreto-legge 16 maggio 2016, n. 67, recante proroga

delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di

cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e

partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il

consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché misure

urgenti per la sicurezza. Proroga del termine per l'esercizio di delega

legislativa (Decreto Missioni) Il decreto contiene disposizioni relative

all’Afghanistan al Capo I, art. 2.

E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e fino al 31 dicembre

2016, la spesa di euro 179.030.323 per la partecipazione di personale

militare alla missione della NATO in Afghanistan, denominata Resolute

Support Mission (RSM), di cui alla risoluzione del Consiglio di sicurezza

delle Nazioni Unite 2189 (2014), e per la proroga della partecipazione alla

missione EUPOL Afghanistan, di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-

legge 30 ottobre 2015, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 11

dicembre 2015, n. 198.

ed al Capo II, art. 1 (Iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno

ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle

organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e

di stabilizzazione).

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1. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e fino al 31 dicembre

2016, a spesa di euro 90.000.000 a integrazione degli stanziamenti di cui

all'articolo 8, comma 2, lettera c) della legge 11 agosto 2014, n. 125, per

iniziative di cooperazione volte a migliorare le condizioni di vita della

popolazione e dei rifugiati e a sostenere la ricostruzione civile in favore di

Afghanistan, Burkina Faso, Etiopia, Repubblica Centrafricana, Iraq, Libia,

Mali, Niger, Myanmar, Pakistan, Palestina, Siria, Somalia, Sudan, Sud

Sudan, Yemen e, in relazione all'assistenza dei rifugiati, dei Paesi ad

essi limitrofi, nonché per contribuire a iniziative europee e

multilaterali in materia di migrazioni e sviluppo.

Le relazioni bilaterali italo-afghane si sviluppano entro la cornice

rappresentata dall'Accordo bilaterale di partenariato di lungo periodo

firmato a Roma il 26 gennaio 2012 dal Presidente del Consiglio italiano

Monti e dal Presidente afghano Karzai e ratificato con la L. 239/2012, che

riconduce ad un quadro unitario la cooperazione svolta dall’Italia nei vari

settori.

XVI LEGISLATURA

Incontri del Presidente

Il 26 gennaio 2012 il Presidente della Camera, on. Gianfranco Fini, ha

ricevuto il Presidente dell’Afghanistan Hamid Karzai, in visita ufficiale in

Italia3.

Nel corso dell’incontro è stato trattato l’andamento dei rapporti bilaterali

e le loro prospettive alla luce dell’Accordo di Partenariato4 che il

Presidente afghano ha firmato nel corso della visita ufficiale. Karzai ha

ricordato l’impegno ed il sacrificio dei militari italiani per stabilizzare il

Paese ed ha espresso grande fiducia nelle possibilità di cooperazione future.

Il Presidente Fini ha ricordato le sue visite al contingente italiano di stanza

ad Herat ed ha espresso soddisfazione per i risultati ottenuti nel campo della

sicurezza. Resta da risolvere il difficile nodo della pacificazione interna,

3

Nel corso della sua visita il Presidente Karzai è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica,

Giorgio Napolitano, dal Presidente del Senato, Renato Schifani, e dal Presidente del Consiglio,

Mario Monti. 4 Si ricorda che, nel corso della visita, è stato sottoscritto un Accordo di partenariato e

cooperazione di lungo termine, che, all’articolo 1, comma 4, prevede un versante di

sostegno al rafforzamento del ruolo e della capacità del Parlamento afgano, con

particolare riguardo al procedimento legislativo.

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obiettivo che può essere realizzato solo attraverso il dialogo con i talebani

ed il coinvolgimento di tutti i principali attori della regione, compresa la

Turchia e l’Arabia Saudita. Karzai ha invitato l’Italia a promuovere

maggiori investimenti nel Paese, e Fini ha ricordato che un potenziamento

delle relazioni economiche passa attraverso un miglioramento della fiducia

reciproca, fiducia che può essere rafforzata attraverso i rapporti

parlamentari, il rispetto dello stato di diritto e dei rapporti umani. Karzai ha

infine ricordato come, anche grazie all’Italia, l’Afghanistan abbia compiuto

notevoli progressi nell’organizzazione del suo quadro giuridico e

giudiziario. Spetta agli imprenditori italiani intervenire con tempestività per

cogliere le opportunità che il Paese con le sue risorse può offrire.

Il 1° ottobre 2010, il Presidente Fini ha indirizzato un messaggio di

saluto al meeting di “Alliance of Democrats” che si è tenuta presso la

Camera dei deputati. Al meeting, intitolato “Sicurezza, Sviluppo e

Democrazia”, ha partecipato anche il Capo del Consiglio di Sicurezza

dell’Afghanistan, Rangeen Dafdar Spanta, il quale ha tenuto un intervento

dal titolo: “Afghanistan, abbiamo bisogno di un aumento della presenza

civile e militare?”. Al convegno ha inoltre partecipato la parlamentare

Shukria Barakzai.

Il 2 giugno 2010, il Presidente Fini si è recato ad Herat presso il

contingente militare italiano in Afghanistan, in occasione della Festa

della Repubblica italiana. Il Presidente Fini si era già recato ad Herat il 22

dicembre 2008, per rendere visita al contingente militare italiano. In tale

occasione il Presidente della Camera era accompagnato dall’on.

Gianfranco Paglia (PdL) e dall’on. Rosa Maria Villecco Calipari (PD).

Una delegazione di parlamentari italiani, guidata dal Vice Presidente, on.

Maurizio Lupi, e composta da otto deputati, Aldo Di Biagio (PDL),

Gregorio Fontana (PDL), Gianfranco Paglia (PDL), Luciana Pedoto (PD),

Caterina Pes (PD), Manuela Repetti (PDL), Ettore Rosato (PD), Francesco

Tempestini (PD) si è recata in visita in Afghanistan dal 2 al 5 maggio

2009. La delegazione ha visitato le province di Herat e Farah. In

particolare, la delegazione ha visitato l’Ospedale pediatrico di Herat e la

sede del Regional Command – West, accolta dai gen. Castellano e

Bartolini. La delegazione ha partecipato anche alla cerimonia di posa della

prima pietra della “guest house” che verrà costruita a beneficio dei genitori

dei bambini in cura presso l’ospedale. Nel corso della visita, Lupi e gli altri

deputati sono stati informati dell’incidente che ha causato la morte

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accidentale di una bambina afghana nei pressi di Camp Arena5. L’on.

Lupi ha espresso alle autorità afghane presenti il profondo cordoglio della

delegazione. Successivamente la delegazione si è recata a Farah, nell’ovest

dell’Afghanistan, per visitare una base militare che ospitava 150

paracadutisti.

Si ricorda che l’on. Margherita Boniver (PDL), Presidente del Comitato

Parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Shengen, di

vigilanza sull’attività dell’Europol, di controllo e vigilanza in materia di

immigrazione, era stata incaricata di coordinare i rapporti parlamentari

con l’Afghanistan ed il Pakistan per la XVI legislatura.

Incontri delle Commissioni

Una delegazione della Commissione Esteri della Camera guidata dall’on.

Stefano Stefani, Presidente della Commissione, e composta dagli onn.

Margherita Boniver (PdL), Leoluca Orlando (IdV) e Francesco

Tempestini (PD) ha effettuato una missione in Afghanistan dal 22 al 24

giugno 2010.

La missione, che ha avuto un prosieguo in Pakistan, aveva lo scopo di

riaffermare l’importanza della stabilità regionale quale chiave per arrivare

ad una soluzione del conflitto afgano.

In Afghanistan la delegazione ha incontrato il Ministro degli Esteri,

Zalmay Rassoul, con il quale sono state affrontate le prospettive della

presenza internazionale nel Paese, nell’esigenza di un approfondimento

della cooperazione civile indirizzata al miglioramento delle condizioni di

vita della popolazione. Il Ministro Rassoul ha insistito sulla necessità che

alle operazioni militari, cui sta iniziando a contribuire anche l’esercito

afgano, faccia seguito la costituzione di un’amministrazione funzionante al

servizio dei cittadini che possa prevenire il ritorno dei talebani. Da parte

sua, il Presidente Stefani ha affermato che è necessario dare concrete

speranze di vita e di benessere alla popolazioni, senza le quali è difficile

garantire una transizione graduale alle forze afgane delle responsabilità di

governo e di sicurezza del territorio.

5 Una pattuglia italiana dell’Operational Mentoring Leason Team (OMLT, addestratori) ha

esploso dei colpi di arma da fuoco contro un’auto che non aveva rispettato le segnalazioni di

avvertimento e sicurezza. L’episodio non ha causato reazioni ostili o manifestazioni popolari di

protesta contro i militari italiani.

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La delegazione ha inoltre visitato il quartier generale ISAF a Kabul.

La delegazione è stata ricevuta dal gen. Claudio Mora, rappresentante

italiano presso l’ISAF, il quale ha riferito alla delegazione l’evoluzione

strategica in atto sul territorio afgano. Successivamente, la delegazione è

stata ricevuta dal Presidente della Wolesi Jirga, Mohammad Younus

Qanooni, il quale si è soffermato sull’esigenza di un rafforzamento del

potere legislativo nell’ordinamento istituzionale afgano. L’on. Boniver,

rappresentante del Presidente Fini per le relazioni parlamentari con

Afghanistan e Pakistan, ha offerto al Presidente della Wolesi Jirga la più

ampia disponibilità della Camera nell’ambito della ricostruzione civile e

democratica del Paese. La delegazione ha infine incontrato il Consigliere

per la Sicurezza Nazionale, Rangeed Dafdar Spanta. Nel corso del

colloquio è stato affrontato il contesto regionale della crisi afgana, con

particolare riguardo al ruolo del Pakistan.

Una nutrita delegazione di giornalisti afghani, rappresentativi delle

principali testate operanti nel Paese, si è recata in visita in Italia dal 14 al 20

marzo 2010 per partecipare ad un Forum organizzato dal Ministero degli

Affari Esteri. Obiettivo del Forum dedicato ai giornalisti afghani è stato di

far conoscere loro in modo più approfondito la presenza dell’Italia in

Afghanistan soprattutto sul versante della ricostruzione civile. Nel corso

della visita in Italia, la delegazione ha incontrato il 16 marzo alla Camera il

Presidente della Commissione Affari Esteri, on. Stefano Stefani, e

successivamente il Presidente del Comitato parlamentare di controllo

sull’attuazione dell’accordo di Shengen, on. Margherita Boniver,

incaricata di coordinare i rapporti parlamentari con l’Afghanistan. Il 17

marzo la delegazione ha incontrato gli Uffici di Presidenza, integrati dai

rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni Esteri e Difesa.

I colloqui sono stati incentrati sull’impegno italiano per la

ricostruzione del Paese, sull’inscindibile rapporto tra democrazia e

sicurezza, sul contributo di media liberi per la crescita della società. La

delegazione, oltre agli incontri presso il Ministero degli Esteri, ha anche

potuto visitare alcune delle testate giornalistiche operanti nel nostro

Paese.

Il 25 maggio 2009, l’on. Margherita Boniver (PDL), Presidente del

Comitato Parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di

Shengen, di vigilanza sull’attività dell’Europol, di controllo e vigilanza in

materia di immigrazione, nonché incaricata di coordinare i rapporti

parlamentari con l’Afghanistan, ha ricevuto la visita del Governatore della

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provincia afghana di Herat, Yusuf Nouristani. Nouristani è stato

ascoltato anche dalle Commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera

riunite il 27 maggio 2009.

La visita in Italia del Governatore, accompagnato da esponenti della

società civile ed imprenditori, ha avuto come scopo quello di presentare la

situazione economica della provincia di Herat al fine di sollecitare

investimenti italiani che possano contribuire al consolidamento economico

dell’area. Fra i settori in cui è stata chiesta la cooperazione, si segnalano la

lavorazione del marmo, lo sviluppo della coltivazione dell’olivo.

Dal 19 al 21 aprile 2009 si è avuta la visita a Roma di una delegazione

di Governatori afgani, composta da Habiba Sarabi, Governatore del

Bamiyan, e da Rohul Amin, Governatore del Farah (il nuovo Governatore

della Provincia di Khost, Hamidullah Qalandarzai, che avrebbe dovuto far

parte della delegazione, non ha potuto partecipare all’incontro). Il 20 aprile

la delegazione è stata ricevuta dall’on. Margherita Boniver (PDL),

Presidente del Comitato Parlamentare di controllo sull’attuazione

dell’Accordo di Shengen, di vigilanza sull’attività dell’Europol, di controllo

e vigilanza in materia di immigrazione, nonché incaricato di coordinare i

rapporti parlamentari con l’Afghanistan, e dal sen. Mauro Del Vecchio

(PD). Il 21 aprile 2009 la delegazione è stata ricevuta dalle Commissioni

riunite Esteri e Difesa della Camera.

Nel corso della visita, sono stati trattati i temi della sicurezza e della

ricostruzione del Paese. In particolare è stato evidenziato il ruolo

dell’Italia, che è stato uno dei primi Paesi occidentali a riaprire la propria

ambasciata e sta svolgendo un lavoro proficuo nel campo della sicurezza

e della formazione delle istituzioni giudiziarie. Da entrambe le parti è

stata evidenziata la necessità di non abbassare la guardia nei confronti dei

produttori e dei trafficanti di oppio, anche in considerazione dei vantaggi

che traggono i talebani dal commercio di stupefacenti. Dal punto di vista

della sicurezza, è stato trattato in particolare l’suo degli elicotteri nella

lotta al terrorismo e l’eventualità di un potenziamento dell’impegno

militare italiano nell’Afghanistan, sollecitato, insieme ad un maggiore

impegno finanziario, dai Governatori afghani. I due Governatori si sono

inoltre dimostrati favorevoli nei confronti del tentativo promosso dal

Presidente Karzai di avviare un dialogo con le frange moderate dei

talebani, purché questi accettino la Costituzione in vigore nel Paese.

La delegazione ha accolto con favore la decisione del Governo italiano

di inviare rinforzi per garantire il corretto svolgimento delle elezioni

presidenziali previste per il 20 agosto 2009. ed ha infine ricordato come

la popolazione afghana non ami i talebani e sia portata a schierarsi con

loro solo in mancanza di alternative. Per scongiurare quindi tale

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eventualità, è necessario che la comunità internazionale continui nel suo

sforzo di ricostruzione del Paese, nella consapevolezza che gli afghani

non possono farcela da soli.

Il Presidente del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione

dell'Accordo di Schengen, On. Margherita Boniver, ha incontrato il 24

novembre 2008 la Responsabile del programma dei diritti delle donne per

Action Aid in Afghanistan, sig.ra Nasima Rahmani.

Nel corso dell’incontro sono stati trattati i temi della stabilizzazione nel

Paese, della presenza di truppe straniere e della condizione femminile.

L’on. Boniver ha giudicato ancora prematura l’ipotesi di ritiro delle truppe

straniere ed ha ricordato la riapertura dell’Ambasciata italiana a Kabul

quale segnale positivo verso una normalizzazione della situazione. La crisi

economica che sta attanagliando tutto il mondo, ha ricordato Boniver, avrà

sicuramente ripercussioni negative anche sull’Afghanistan.

Si segnala che il 15 maggio 2009 si era costituito, presso la Wolesi Jirga,

un Comitato di Amicizia interparlamentare, composto dagli onn.

Khudainazar Sarmchar, Obaidullah Halali, Sayed Dawood Hashemi, sig.ra

Shukriya Barakzai, sig.ra Hawa Alam Nurestani, sig.ra Faoziya Roofi,

sig.ra Homeyra Akakhil, Mohammad Esmail Safdari, Mohammad Aref

Noorzai.

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PROFILI DELLA CONDIZIONE FEMMINILE IN AFGHANISTAN

(a cura del Servizio Studi della Camera)

Gli sforzi congiunti del governo, della Comunità internazionale e delle

organizzazioni locali della società civile, hanno portato a progressi

sostanziali per le donne e le ragazze afgane, anche in termini di istruzione,

partecipazione politica e ruolo nell’economia. L’empowerment delle donne

è ritornato ad essere una questione cruciale per l'Afghanistan dopo anni

di oblio legati ad emergenze politiche, economiche e di sicurezza. Il

National Unity Government (NUG) si è impegnato per l’empowerment delle

donne, per l’eradicazione della violenza contro le donne e per il

cambiamento di una mentalità sociale sessista, riconoscendo, inoltre, che se

non verrà istituzionalizzata la parità dei diritti delle donne, il paese non sarà

mai in grado di stabilizzarsi e svilupparsi in modo sostenibile.

Nel paese asiatico ci sono più donne che ricoprono posizioni di potere

che in qualsiasi altro momento della storia: 27,7% dei seggi della Camera

bassa (Wolesi Jirga) del Parlamento afghano sono occupati da donne,

quattro ministeri e la Commissione indipendente afghana per i diritti umani

sono guidati da donne e tre donne sono state nominate ambasciatrici.

L'Afghanistan si è dotato di un piano d'azione nazionale per l'attuazione

della risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite 1325/2000

su donne, pace e sicurezza, prova di un impegno a promuovere le donne

come partecipanti nella leadership e nella costruzione della pace.

Nonostante l’ambiziosa tabella di marcia del governo per

raggiungimento della parità di genere e nonostante il sostegno di UN

Women, la strada da percorrere è ancora lunga. Le donne e le ragazze in

Afghanistan continuano a subire discriminazioni persistenti, violenza,

molestie di strada, matrimoni forzati e infantili, severe restrizioni in

materia di lavoro e studio fuori casa, nonché un accesso limitato alla

giustizia. Studi riportano che l’87% delle donne in Afghanistan nel corso

della vita subisce violenza fisica, sessuale o psicologica nel corso della vita,

mentre ben il 62% sperimenta più forme di violenza. I sistemi di giustizia

tradizionali continuano a lavorare contro i diritti delle donne, minando la

riforma giuridica formale, e le donne che cercano aiuto per sfuggire alla

violenza spesso affrontare l'indifferenza o sanzioni penali per aver

commesso crimini morali.

La legge per l’eliminazione della violenza contro le donne, approvata

con decreto del Presidente nel 2009, ha il potenziale per contribuire a

migliorare l'accesso delle donne alla giustizia, a condizione che sia

effettivamente applicata. Il governo ha approvato l’Anti-Harassment

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Regulation and Family Law ora in fase di attuazione, col supporto di UN

Women.

La partecipazione delle donne al mondo del lavoro è in costante

aumento dal 2001, raggiungendo il 19% nel 2016. Tuttavia, sebbene circa il

64% degli afghani concordi sul fatto che alle donne dovrebbe essere

permesso lavorare fuori casa, esse devono ancora affrontare una moltitudine

di barriere, comprese le restrizioni, le molestie, la discriminazione e la

violenza, così come gli ostacoli pratici quali la mancanza di esperienza di

lavoro, di competenze specifiche e di istruzione. Il tasso di

alfabetizzazione delle donne in Afghanistan è del 17%, ma vi sono

province che lo vedono attestarsi al di sotto del 2%.

Sul versante della salute, va rilevato che oltre il 57% della popolazione

vive ad un'ora di cammino da una struttura sanitaria, il che consente a molti

afgani di potersi rivolgere a un medico. Dal 2003 ad oggi il numero delle

ostetriche formate presenti alla nascita è più che triplicato, con conseguente

riduzione dei tassi di mortalità materna da 1.600 ogni 100.000 nati vivi

nel 2002 a 396 nel 2015. Anche il tasso di fertilità si è drasticamente

ridotto, scendendo a 5.1 figli per donna e crollando ulteriormente a 2,8 per

le donne con livelli più elevati di istruzione. I costi di accesso alla sanità,

tuttavia, sono troppo elevati per molte famiglie afgane e del tutto fuori

portata per molte altre: da qui la rinuncia delle donne ad accedere alle

prestazioni sanitarie.

Con una popolazione che, nella misura del 63% ha un’età inferiore ai 24

anni, e con una stima di 400.000 nuovi lavoratori sul mercato ogni anno per

il prossimo decennio l’Afghanistan è uno dei paesi più giovani del

mondo. Gli studenti iscritti a scuola sono più di 8 milioni, e tra questi oltre

2,5 milioni sono bambine alla crescita culturale delle quali il perseverare

dello stigma contro l’istruzione femminile e il crescente impatto

dell’estremismo violento pongono sfide crescenti.

Nell’attuale fase politica e di sicurezza sono sempre possibili eventi

suscettibili di avere un impatto negativo se alle donne non sarà garantita

una partecipazione attiva; si tratta di elezioni, negoziati di pace, nonché

dell’impegno generale nella governance e nel governo a livello nazionale e

subnazionale. In tali contesti è necessario preservare le conquiste sin qui

realizzate creando resilienza nelle istituzioni responsabili per l'agenda di

genere dell'Afghanistan.

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Il Gruppo di contatto delle deputate italiane con le donne afgane6

È stato ricostituito nella XVII legislatura il Gruppo di contatto con le

donne afghane, già costituito ed operante nella XIV legislatura.

Il Gruppo è coordinato dalla Vice Presidente Marina Sereni (PD) e

composto dalle deputate Deborah Bergamini (FI-PdL), Donatella Duranti

(SEL), Marta Grande (M5S), Pia Elda Locatelli (Misto-PSI-PLI) e Gea

Schirò Planeta (SCI).

Nella XVII legislatura ha svolto le seguenti attività:

Seminario “Afghanistan 2014, anno di svolta: bilancio e prospettive

per le donne afghane”

Il 28 novembre 2013, il Gruppo di contatto ha tenuto, presso la Sala

della Regina della Camera dei Deputati, di un Seminario dal titolo:

“Afghanistan 2014, anno di svolta: bilancio e prospettive per le donne

afghane”, organizzato dalla Vice Presidente della Camera dei Deputati, on.

Marina Sereni, nella qualità di coordinatrice del Gruppo di contatto delle

deputate italiane con le donne afghane, insieme alle altre componenti del

Gruppo medesimo: le deputate Deborah Bergamini, Donatella Duranti,

Marta Grande, Pia Elda Locatelli e Gea Schirò.

Hanno partecipato per il Parlamento afghano: le deputate Shukria

Barakzai, Presidente della Commissione Difesa della Wolesi Jirga,

Nilufar Ibrahimi, della Commissione Sanità, Attività Sportive, Giovani e

Lavoro, Raihana Azad, della Commissione per la Società Civile, i Diritti

Civili e le pari opportunità. La delegazione afghana era guidata da Fawzia

Habibi, Vice Ministro per gli Affari femminili dell’Afghanistan.

Il Seminario si articolava nelle sessioni:

I sessione: Progressi e criticità dal punto di vista delle istituzioni

II sessione: Progressi e criticità dal punto di vista della società civile

Ha aperto la prima sessione dei lavori che ha valutato progressi e criticità

dal punto di vista delle istituzioni, la Vice Presidente e coordinatrice del

Gruppo, Marina Sereni, e sono intervenute la Ministra degli Affari esteri,

6 A cura del Servizio Rapporti internazionali della Camera.

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Emma Bonino, e la Vice Ministra per gli Affari femminili

dell’Afghanistan, Fawzia Habibi.

Nella seconda sessione, dedicata a progressi e criticità dal punto di vista

della società civile, sono interventure Maliha Malikpour, del Women’s

rights office di ActionAid Afghanistan, Emanuele Giordana, portavoce

della Rete Afgana, e Luisa Del Turco, esperta in politiche di genere e

cooperazione internazionale.

Ha coordinato i lavori l’inviata Rai Lucia Goracci.

Ha altresì partecipato l’onorevole Federica Mogherini.

La delegazione afghana si trovava in Italia dal 25 al 30 novembre 2013,

su invito dell’organizzazione non governativa ActionAid, per un progetto a

favore delle donne denominato: Stop alla violenza contro le donne

(APPROCCIO INTEGRATO PER LA RIDUZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE

DONNE IN AFGHANISTAN), che comprendeva, oltre al Seminario

parlamentare, i seguenti eventi:

la partecipazione ai lavori del Seminario del Gruppo Speciale

Mediterraneo dell’Assemblea parlamentare della Nato, ospitato a

Montecitorio, il 25 novembre 2013,

una audizione informale da parte dei Comitati permanenti della

Commissione Affari esteri, sull’Agenda post-2015, la cooperazione

allo Sviluppo e il Partenariato pubblico-privato e diritti umani, il 26

novembre 2013 alle ore 10

un incontro con la Presidente della Camera dei Deputati,

onorevole Laura Boldrini, il 28 novembre alle ore 14.

Il programma di Institution Building

Dal 25 al 28 maggio 2015 si è svolto presso la Camera dei deputati, a

Palazzo Montecitorio, il Corso di Formazione per funzionari

parlamentari afghani organizzato dalla Camera dei Deputati in

collaborazione con la LUISS - Libera Università Internazionale delle

Scienze Sociali Guido Carli, con il contributo del Ministero degli Affari

Esteri e della Cooperazione Internazionale. Si tratta del primo

appuntamento del Programma di Institution Building promosso dalla

Camera dei deputati italiana nella legislatura.

Il progetto, fortemente voluto dalla Presidente della Camera dei deputati,

Laura Boldrini, e dalla vice Presidente e coordinatrice del Gruppo di

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contatto con le donne afghane, Marina Sereni, nonché dalle componenti del

Gruppo, le deputate Deborah Bergamini, Donatella Duranti, Marta Grande,

Pia Elda Locatelli e Gea Schirò, intende contribuire al rafforzamento delle

capacità istituzionali del Parlamento afghano, in attuazione di quanto

previsto dall’Accordo di Partenariato e Cooperazione bilaterale di lungo

periodo, firmato a Roma nel gennaio 2012, che prevede un versante di

sostegno al rafforzamento del ruolo e della capacità del Parlamento afgano.

Il progetto ha consentito ai partecipanti di conoscere in modo approfondito

il funzionamento della Camera dei deputati italiana in tutte le sue

articolazioni: dal settore legislativo a quello della documentazione, inclusa

una visita alla Biblioteca della Camera, dall’ambito amministrativo a quello

informatico. Hanno partecipato al progetto sei funzionari della Wolesi

Jirga, la Camera Bassa afghana, metà dei quali donne, in linea con una delle

priorità dell’azione italiana verso l’Afghanistan, costituita dalla promozione

dei diritti di genere ed il miglioramento della condizione femminile, linea

fortemente sostenuta dalla Presidente Boldrini e finalità primaria

dell’attività del Gruppo di contatto.

Attività del Gruppo di contatto nelle precedenti legislature

Nella XIV legislatura il Gruppo era coordinato dall’onorevole Paola

Manzini, Questore della Camera, e si era distinto per aver promosso due

eventi di grande rilievo:

1) La Conferenza internazionale a favore delle donne afgane, Roma,

28 novembre 2002

Il Gruppo di contatto delle deputate italiane con le donne afgane,

coordinato dall’onorevole Paola MANZINI, Questore della Camera dei

Deputati nella XIV legislatura, ha promosso, sotto l’alto patrocinio della

Presidenza della Camera, una Conferenza internazionale, che si è svolta a

Roma, presso la Camera dei Deputati , il 28 novembre 2002.

L’iniziativa ha costituito un’occasione per incontrare le donne afgane, tra

cui Habiba SARABI e Sima SAMAR.

La Conferenza si è aperta con un indirizzo di saluto del Presidente della

Camera, on. Casini, cui hanno fatto seguito gli interventi della coordinatrice

del Gruppo di contatto con le donne afgane, on. Paola Manzini, dell’allora

Ministro degli Affari Esteri, on. Franco Frattini7, del Sottosegretario di

7 L’intervento del Ministro degli Affari Esteri è stato pronunciato da Guido Martini, Direttore

generale per i Paesi dell’Asia del Ministero degli Affari Esteri.

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Stato agli Affari Esteri, on. Margherita Boniver, del dottor Mario Serio,

Capo Gabinetto del Ministro per le pari opportunità, che ha portato un

saluto del ministro, on. Stefania Prestigiacomo, e dell’on. Luana Zanella,

componente del Gruppo di contatto con le donne afgane.

I lavori della Conferenza si sono articolati in due sessioni.

Nella prima sessione, dedicata al tema:”La ricostruzione

dell’Afghanistan”, sono intervenute le on. Monica Baldi e Laura Cima, le

giornaliste Nicoletta Tamberlich, Tiziana Ferrario, Giuliana Sgrena e

Mimosa Martini, nonché, per la parte afgana, Orzala Ashraf, Presidente

della ONG HAWCA (Humanitarian Assistance for Women and Children in

Afghanistan), Hakemah Mashal, operatrice sociale. La sessione è stata

conclusa dall’intervento dell’allora Ministro per gli affari femminili

afghano, Habiba Sarabi.

Vi è stato quindi un incontro della delegazione delle donne afgane con il

giudice della Corte Costituzionale italiana, Fernanda Contri, in cui sono

intervenute l’on. Paola Manzini, il Ministro Habiba Sarabi, la direttrice del

Dipartimento legale per gli affari femminili, Parwin Rahemi, la Presidente

del Tribunale dei minori afgano, Anisa Rassoli, la Presidente della ONG

HAWCA, Orzala Ashraf, e Hakemah Mashal.

Nella seconda sessione, dedicata al tema: “La democratizzazione

dell’Afghanistan”, sono intervenute le on. Marina Sereni, Franca Bimbi ed

Alberta De Simone, nonché la deputata al Parlamento europeo Fiorella

Ghilardotti. Sono quindi intervenute le delegate afghane Tahmeena Faryal,

rappresentante dell’ONG RAWA (Revolutionary Association of the Women

of Afghanistan), Shafeeqa Habibi, giornalista e membro dell’Association

New Afghan Women e della Commissione di stato per la Televisione e la

Radio, Hangamah Angari, avvocato e funzionario di UN-Habitat, e il

Ministro Habiba Sarabi .

L’allora Sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri, on. Mario Baccini,

ha svolto un intervento conclusivo.

A seguito della Conferenza, la Camera dei deputati ha stanziato la

somma di 20.000 euro per approvvigionamento idrico a favore di due

scuole per bambine in Afghanistan. I fondi sono stati destinati alle

scuole di Ghazi Adeh e Deh Dana a Kabul /distretto n. 7.

2) La missione in Afghanistan di una delegazione del Gruppo di

contatto, 1° al 5 maggio 2005

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Una rappresentanza del Gruppo di Contatto, coordinata dall’On.

Paola Manzini, si è recata in Afghanistan dal 1° al 5 maggio 2005 per

rinsaldare i vincoli di amicizia tra deputate italiane e donne afgane e

per sostenere le donne afgane in vista del successivo svolgimento delle

elezioni parlamentari, le prime dalla fine della guerra.

Della delegazione facevano parte, oltre all’onorevole Paola Manzini

(DS), Questore della Camera e Coordinatore del Gruppo di contatto con le

donne afgane, le onorevoli Monica Baldi (FI), Giovanna Bianchi Clerici

(Lega nord), Dorina Bianchi (Margherita), Carla Castellani (AN), Elettra

Deiana (Rifondazione comunista), Anna Maria Leone (UDC), Elena

Montecchi (DS) e Luana Zanella (Misto-Verdi).

Durante la visita, la delegazione ha incontrato il Presidente della

Repubblica, Hamid Karzai, il Ministro per gli Affari Femminili,

Massouda Jalal, il Ministro dell’Istruzione, Noor Mohammad Qarqeen,

e la Presidente della Commissione per i Diritti Umani, Sima Samar. Il

gruppo è stato anche ricevuto in visita di cortesia dall’ex re Mohammad

Zahir. La delegazione ha inoltre visitato la radio femminile “Voice of

Afghan Women” e ha incontrato donne afgane candidate alle elezioni

parlamentari svoltesi il 18 settembre 2005. Il Gruppo di contatto aveva

inoltre espresso l’intenzione di incontrare una delegazione di donne

parlamentari, dopo lo svolgimento delle elezioni parlamentari in

Afghanistan.

Successivamente alla missione in Afghanistan del Gruppo di

contatto, il Collegio dei deputati Questori della Camera dei Deputati ha

deliberato, in data 15 dicembre 2005, di stanziare ulteriori 15.000 euro

da destinare al sostegno del diritto all’istruzione delle alunne di due

scuole femminili di Ghazi Adeh e Deh Dana a Kabul /distretto n. 7.

Nella XV legislatura, il Presidente della Camera Fausto Bertinotti

conferì alla Vice Presidente Georgia Meloni l’incarico di coordinare

l’attività del Gruppo di Contatto delle deputate italiane con le donne

afghane.

In tale veste la Vice Presidente Giorgia Meloni effettuò i seguenti

incontri:

il 14 febbraio 2007, con la Vice Presidente della Camera del

Popolo, Fauzia Kofi, venuta in Italia, insieme ad una delegazione di

donne afghane, esponenti del Parlamento e di altre istituzioni,

nonché dell’imprenditoria, della magistratura e della società civile,

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per partecipare, il 16 febbraio, ad un Conferenza organizzata dal

Ministero degli Affari Esteri sul Tema “Afghanistan. Democrazia,

giustizia e sviluppo: il ruolo delle donne”. In tale occasione la Vice

Presidente afgana ha elogiato il ruolo giocato dall’Italia nella

ricostruzione dell’Afghanistan, considerandolo essenziale,

soprattutto nel settore giuridico. La condizione nella donna ha

subito miglioramenti negli ultimi anni, dal momento che è stata

garantita la presenza femminile nel Governo e nel Parlamento.

Tuttavia, molte donne afgane ancora sono vittime di abusi, si

verificano molti suicidi e spesso sono costrette a lavori inadeguati.

La Kofi ha infine chiesto il miglioramento delle relazioni

parlamentari, incontrando il favore dell’on. Meloni.

Il 25 maggio 2006, ha ricevuto insieme al Vice Presidente Carlo

Leoni la deputata afgana Malalai Joya; all’incontro erano presenti

anche le onorevoli Elettra Deiana e Marisa Nicchi e le senatrici

Silvana Pisa e Tiziana Valpiana. Nel corso dell’incontro, la

deputata Malalai ha fatto appello all’impegno, condiviso anche dai

parlamentari italiani, a lottare contro i fondamentalismi, e ha

ricordato che l’obiettivo della sua visita era di informare il governo

italiano sulle questioni più importanti relative alla situazione politica

afgana. Ha nuovamente denunciato il ruolo che i narcotrafficanti

rivestono nel Paese ed ha parlato dell’aggressione subita nel

Parlamento afgano pochi giorni prima. La Malalai ha poi richiamato

l’attenzione sulla drammatica situazione sociale del paese dove 700

bambini e 50-60 donne al giorno muoiono per mancanza di

assistenza sanitaria. La sua voce, ha sostenuto la deputata afgana, è

quella del suo popolo che l’ha ampiamente sostenuta eleggendola al

Parlamento, e di quanti credono ancora nella democrazia e nella

libertà ma hanno difficoltà ad emergere in un quadro dominato dai

talebani, sostenuti da al-Qaeda e dai fondamentalisti criminali

dell’Alleanza del Nord, appoggiati dagli americani. La Malalai si è

poi appellata ai presenti sostenendo che, se l’Europa e l’Italia

vogliono sostenere i democratici afgani e aiutare il suo popolo,

devono agire in maniera indipendente, al di fuori del quadro di

Enduring freedom, ascoltando i bisogni e le speranze degli afgani.

Nella XVI legislatura il Gruppo di contatto non era stato ricostituito.

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Canada

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SCHEDA-PAESE CANADA

(A CURA DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE)

DATI DI BASE

1.1 Struttura istituzionale

Nome Ufficiale: Canada

Forma di Governo: Monarchia parlamentare

Capo dello Stato: Regina Elisabetta II;

Governatore Generale: David Johnston

(dal 1° Ottobre 2010)

Superficie: Kmq 9.976.000

Capitale: Ottawa

Principali città: Toronto, Montréal, Vancouver, Calgary,

Edmonton, Winnipeg

Capo del Governo: Justin Trudeau

Ministro degli Esteri Chrystia Freeland

Sistema legislativo: Parlamento bicamerale

Sistema legale: Common Law di tipo anglo-sassone e

diritto codificato di tipo continentale

(Québec)

Suffragio: Universale diretto al compimento del 18°

anno

Partecipazione a

Organizzazioni Internazionali:

Tutte le principali a vocazione universale e

a carattere regionale

1.2 Popolazione ed indicatori sociali

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Popolazione: 35.702.707 (gennaio 2015)

Gruppi etnici: discendenti britannici (28%), discendenti

francesi (23%), discendenti italiani (3%),

popoli aborigeni (2%), minoranze

significative di discendenti tedeschi,

ucraini, olandesi, greci, polacchi e cinesi.

Religioni: Cattolica (42.6%), protestante (23.3%) e

minoranze di tutti i più diffusi culti nel

mondo.

Lingue: Inglese (59,3%) e francese (23,2%) quali

lingue ufficiali; diffuso l’italiano e

numerosi altri idiomi, oltre a 53 lingue

autoctone.

Partiti politici principali: Partito Liberale Canadese, Nuovo Partito

Conservatore, Partito Neodemocratico,

Partito Quebecchese.

1.3 Quadro Istituzionale

Il Canada è una monarchia costituzionale federale ed una democrazia

parlamentare composta da 10 province e 3 territori. Ha due lingue ufficiali:

l'inglese e il francese. Il Capo di Stato è la Regina Elisabetta II, Regina del

Canada, che delega i suoi poteri al Governatore Generale del Canada, suo

rappresentante, mentre il Primo Ministro ed il suo Consiglio esercitano il

potere esecutivo.

Il Parlamento è composto da due camere: il Senato, formato da 105

senatori nominati dal Governatore su indicazione del Primo Ministro in

rappresentanza delle Province e dei Territori8 e la Camera dei Comuni (i

8 Secondo quote numeriche stabilite nel 1999 che non riflettono più la realtà demografica ed

economica del Paese. Con il “Discorso del Trono” del 4 dicembre 2015 il Governo anticipò

che, senza modificare la Costituzione, i Senatori vacanti sarebbero stati designati da un

"Independent Advisory Board on Senate Appointments" sulla base di criteri meritocratici

bipartisan. In marzo e ottobre scorso si è pertanto proceduto alla nomina di 16 senatori

indipendenti e i rimanenti seggi vacanti sono stati coperti il 2 novembre u.s.. La riforma così

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cui 338 membri sono eletti uno per ogni distretto elettorale, a suffragio

universale con un sistema maggioritario), che è l'organo legislativo

principale e viene eletta ogni quattro anni per un mandato massimo di

cinque anni9.

Il partito che ottiene il maggior numero di rappresentanti alla Camera dei

Comuni forma il Governo. Nell'ambito della struttura federale, il

Consiglio dei Ministri, composto da parlamentari guidati dal Primo

Ministro, è il principale organismo decisionale. Il Governo federale è a capo

del sistema di governo democratico del Paese ed intrattiene un dialogo

istituzionale con i parlamentari, con i rappresentanti provinciali e

municipali e con la società civile. Le sue competenze comprendono difesa

nazionale, commercio e scambi interprovinciali e internazionali,

immigrazione, sistema bancario e monetario, diritto penale e politiche della

pesca. Il governo federale controlla anche settori strategici dell'industria

quali aeronautica, navale, ferrovie, telecomunicazioni ed energia atomica. I

governi delle Province e dei Territori ricalcano la struttura del governo

federale e sono competenti per questioni quali istruzione, proprietà e diritti

civili, amministrazione della giustizia, sicurezza sociale, sanità, risorse

naturali all'interno dei loro confini ed enti comunali.

Il Canada ha due ordinamenti giuridici: il sistema di Common Law, di

ispirazione britannica, su cui si basano il diritto federale, quello provinciale

(in 9 province su 10) e dei Territori ed il Code Civil che vige nella provincia

del Quebec.

2. POLITICA INTERNA

Al termine della più lunga campagna elettorale della storia recente del

Canada, il Partito Liberale guidato dal popolare Justin Trudeau ha vinto le

elezioni del 19 ottobre 2015 con il 39,5% dei voti, ottenendo la

maggioranza assoluta dei seggi alla Camera dei Comuni (184 su 338,

mentre nella precedente legislatura il partito aveva ottenuto solo 34 seggi).

introdotta ha inteso porre fine alle nomine con ottica partitica rafforzando la rappresentanza

regionale dei Senatori. 9 A seguito del censimento del 2011 il numero dei membri della Camera dei Comuni è stato

elevato, aggiungendo 30 Collegi elettorali nelle Provincie in cui si è registrata la maggior

crescita demografica: Ontario (15), British Columbia (6), Alberta (6), Quebec (3).

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La distribuzione regionale del voto ha visto i Liberali prevalere nelle

Province atlantiche, Quebec, Ontario, Manitoba e British Columbia, mentre

i Conservatori hanno tenuto solo in Alberta e Saskatchewan. Il Nuovo

Partito Conservatore, del Primo Ministro uscente Stephen Harper

dimessosi a seguito del risultato elettorale ed ora guidato ad interim da

Rona Ambrose (deputato dell’Alberta, in passato è stata ministro ed ha

ricoperto diversi incarichi), con il 31,9% dei voti ha ottenuto 99 seggi. Il

terzo partito è il Neodemocratico, (44 seggi, 19,7% dei voti), guidato dal

dimissionario Thomas Mulcair, seguito dal Bloc Quebecois, partito

indipendentista del Quebec (10 seggi, 4,7 % dei voti, di cui in ottobre

scorso è diventato leader Jean-François Lisée) e dal Green Party (1 seggio,

3,5% dei voti, leader Elizabeth May).

Nella attuale Legislatura il Partito Conservatore rappresenta

l'Opposizione Ufficiale, mentre il liberale Justin Trudeau, che ha assunto la

carica di Primo Ministro il 4 novembre 2015, ha formato un Governo

composto da 30 Ministri (erano 38 nel precedente Governo Harper) che si

propone, secondo quanto affermato dallo stesso Trudeau, di essere "il ritratto

del Canada di oggi" e della sua "magnifica diversità"; in questo senso rispetta

criteri di pari opportunità (è composto per il 50% da donne), equa

rappresentanza regionale, presenza di ministri francofoni, delle c.d. "comunità

culturali" (4 originari dell'India e 1 dell'Afghanistan) e di due appartenenti alle

comunità aborigene.

Crescita economica, riforme istituzionali, tutela dell'ambiente,

valorizzazione della diversità culturale e sicurezza sono state le cinque macro-

aree poste al centro del programma di governo annunciato. Lo storico risultato

del Partito liberale, del tutto inaspettato, oltre ad essere stato il frutto di una

brillante campagna elettorale focalizzata sul ceto medio (incentivi alle

famiglie, sgravi fiscali e revoca agevolazioni fiscali ai ceti più abbienti) e

un imponente piano di spesa pubblica, è stato anche conseguenza diretta

della volontà di cambiamento, fortemente avvertita in Canada dopo quasi

10 anni di governo conservatore e di una campagna elettorale dei

conservatori percepita come molto “divisiva”10

. Ha avuto inoltre un peso il

peggioramento della congiuntura economica del Paese, che era l'unico Stato

occidentale non interessato dalla crisi economico-finanziaria del 2008-2009

e che aveva mantenuto una costante crescita, e proprio nella seconda metà

10

La strategia elettorale del Governo conservatore uscente aveva puntato a valorizzare i risultati

della disciplina fiscale, l’obiettivo dell’equilibrio fiscale, la finalizzazione di una legge sulla

protezione delle vittime dei reati di terrorismo, preannunciando una riforma della legge

elettorale e valorizzando la decisione di partecipare alle operazioni militari contro l'ISIS in Iraq.

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del 2014 ha subito invece l’effetto del crollo del prezzo del petrolio,

entrando in recessione nel primo semestre 2015.

Gli esiti del vertice UE-Canada a Bruxelles del 30 ottobre 2016 (con

la firma del Comprehensive Economic and Trade Agreement, oltre che

della Strategic Partnership Agreement, approvata dal Parlamento Europeo

lo scorso 15 febbraio presso il quale si è recato il giorno seguente lo stesso

Trudeau), sono stati accolti da parte canadese con marcata, comprensibile

soddisfazione. Il Primo Ministro canadese Justin Trudeau ha sottolineato

come i due accordi segnino una nuova tappa nel percorso di crescita delle

relazioni bilaterali tra Unione Europea e Canada, “a vantaggio del ceto

medio di entrambe le sponde dell'Atlantico”. Sin dal momento

dell'insediamento dell'Esecutivo guidato da Justin Trudeau era stato chiaro

che il CETA avrebbe rappresentato il primo autentico banco di prova della

politica commerciale liberale, impegnata - come quella del precedente

governo Harper - alla ricerca di nuovi mercati di sbocco delle esportazioni

canadesi (essenziale per la crescita economica di un Paese molto esteso, ma

con una popolazione di soli 35 milioni di abitanti). Sul piano della politica

interna è prevedibile che Trudeau vorrà considerare il CETA non solo come

un successo della politica commerciale, ma anche come primo grande

successo delle sue ricette di politica economica. Il Canada diventa infatti il

primo Paese G7 ad avere un accordo di libero scambio con l'Unione

Europea (all'interno della quale figurano 11 tra i primi 21 Paesi destinatari

di investimenti canadesi). Toni di grande entusiasmo anche da parte

dell’allora Ministro del Commercio Internazionale Chrystia Freeland (oggi

Ministro degli Affari Esteri), che ritiene che il CETA confermi il primato

della politica volta a rafforzare le relazioni commerciali rispetto a quella

tesa a 'costruire muri'. Sul piano teorico, il CETA è divenuto, nella narrativa

dell'Esecutivo e nella sua concezione di politica commerciale, il 'gold

standard' degli accordi di libero scambio di nuova generazione. Sul piano

pratico l'Esecutivo ha avviato un'intensa azione di lobbying, con numerosi

viaggi presso le cancellerie dei Paesi europei dove maggiori erano le

perplessità sull'accordo e rimettendosi al tavolo negoziale con la

Commissione UE, in particolare per superare le criticità legate al

meccanismo ISDS (Investor-State Dispute Settlement). Il CETA suscita

reazioni positive anche tra le altre forze politiche: Rona Ambrose, leader ad

interim del partito conservatore, che ne aveva promosso e gestito i

negoziati, aveva salutato con favore la firma dell'accordo, definito come 'il

risultato di anni di duro lavoro', sottolineando l'importanza di ascrivere la

paternità di questo successo anche al precedente governo, in particolare al

suo leader Stephen Harper. Di segno differente le reazioni dell'altra forza

politica di opposizione, il Partito Neodemocratico: Tracey Ramsey,

responsabile neodemocratica per il commercio, si è espressa in modo critico

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sul risultato negoziale raggiunto, ritenendo che le preoccupazioni per la

sorte del comparto agricolo, la possibile lievitazione del costo dei farmaci e

per il meccanismo di protezione degli investimenti sono rimaste non

superate.

La pubblicazione delle lettere di incarico inviate ai Ministri al momento

della loro assunzione di funzioni ha sottolineato la volontà di adottare un

nuovo stile di Governo basato su maggiore trasparenza, condivisione e

responsabilità nei confronti degli elettori, con un netto segnale di discontinuità

rispetto al precedente esecutivo conservatore, ritenuto accentratore, divisivo e

poco trasparente. Le priorità assegnate ai singoli Ministri, che rispecchiano le

anticipazioni presentate nella piattaforma elettorale, vengono periodicamente

aggiornate.

Fin dal primo Consiglio dei Ministri (gennaio 2016), il Governo Trudeau ha

indicato quali proprie priorità il rafforzamento della classe media, la crescita

economica e consistenti programmi di spesa per dei progetti infrastrutturali11

,

con l'obiettivo a breve termine di rilanciare la creazione di posti di lavoro. In

una congiuntura economica caratterizzata dal calo del prezzo del petrolio, che

colpisce in particolare il Canada occidentale, e da un marcato deprezzamento

del dollaro canadese, in una prospettiva di più lunga durata Trudeau intende

ottenere maggiore produttività.

Mentre l'impegno elettorale era di mantenere il deficit di bilancio entro un

limite contenuto (10 mld CAD) il Governo Trudeau ha successivamente

deciso di lasciarne crescere l'entità a 29 mld CAD. In merito alla controversa

questione della costruzione di nuovi oleodotti, l'esecutivo liberale ha

approvato i progetti di costruzione degli oleodotti "Trans Mountain" (progetto

finalizzato ad assicurare al greggio estratto dalle sabbie bituminose dell'Alberta

uno sbocco sulla costa del Pacifico e da lì verso i mercati asiatici) e "Line 3"

(rifacimento di un'opera risalente agli anni '60 che ha avuto diversi problemi di

perdite nel corso degli anni), mentre ha rigettato il progetto "Northern

Gateway" che avrebbe dovuto collegare l’Alberta al terminal marittimo di

Kitimat in British Columbia, ritenendo il progetto “non nel migliore interesse

delle comunità locali, incluse le popolazioni indigene”.

Con riguardo all'attività legislativa, oltre al varo di norme per facilitare

l'impiego di fondi pubblici per finanziare i progetti infrastrutturali, già il 9

dicembre 2015 la Camera dei Comuni ha approvato un primo pacchetto di

11

Il programma elettorale dei Liberali prevedeva lo stanziamento di 60 mld di dollari per progetti

infrastrutturali nell’arco di10 anni, di cui 17,4 entro i primi 4 anni, destinati in particolare a

trasporti pubblici, infrastrutture d'importanza sociale e progetti per la tutela dell'ambiente.

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misure di politica fiscale12

. Sono stati inoltre ridefiniti i criteri dell'impegno

canadese nel quadro della Coalizione anti-Daesh, la legge sul suicidio assistito,

nonché effettuate le già menzionate nuove nomine senatoriali. Nonostante le

raccomandazioni del dicembre 2016 di una Commissione parlamentare

istituita ad hoc in favore dell'adozione di un sistema proporzionale, sostenuto

in particolare dai Neodemocratici e dai Verdi, il Governo Trudeau ha invece

definitivamente rinunciato all’impegno di superare il vigente sistema elettorale

maggioritario uninominale e allo svolgimento di un referendum popolare

sull'opzione finale prescelta, come richiesto dai Conservatori e dal Bloc

Quebecois. Tra le ragioni di tale decisione è stata in particolare sottolineata

l'impossibilità di raggiungere un consenso sulla modifica dell'attuale sistema.

Come osservato da alcuni analisti, il rischio di tale decisione è quello di

deludere l'elettorato giovanile o più orientato a sinistra (l'area di voti contesa ai

Neodemocratici nel 2015), per il contrasto con il "real change" promesso da

Trudeau. Anche per questo recenti sondaggi hanno registrato un ulteriore calo

della sua popolarità, scesa al 48% rispetto al 51% del dicembre 2016.

La posizione di ferma condanna dell’estremismo assunta dal Canada

anche a seguito degli attentati del 20 e del 22 ottobre 2014 aveva portato alla

conseguente approvazione del controverso “Anti-Terrorism Act, 2015” (Bill

C-51), un provvedimento votato anche dal Partito Liberale, consapevole della

rilevanza della lotta al terrorismo per l'opinione pubblica, che ha tra l’altro

rafforzato i poteri di sorveglianza della Canadian Security and Intelligence

Service (CSIS) sui cittadini canadesi sospettati di attività terroristiche. In linea

con quanto dichiarato da Trudeau al momento della sua approvazione esso

dovrà essere rivisto al fine di garantire un maggiore equilibrio tra sicurezza,

supervisione e diritti.

Mentre il Governo Trudeau ha ridefinito una propria “Security review”, il

Ministro per la Pubblica Sicurezza Ralph Goodale è stato incaricato di

verificare l’attuazione del Piano Nazionale per la Sicurezza Cibernetica

approvato nel 2010 dal precedente Governo Conservatore, riesaminando le

12

riducendo dal 1 gennaio 2016 l'aliquota marginale per i redditi compresi tra i 45.000 e gli

89.000 dollari dal 22 al 20,5 %, con un costo annuo stimato di 3 mld di CAD finanziato in

parte a debito (per circa 1,2 mld di CAD) ed in parte tramite un aumento dell'aliquota dal 29 al

33% per i redditi superiori ai 200.000 dollari. I partiti dell’opposizione hanno criticato tale

riforma sostenendo l'assenza di neutralità fiscale ed un conseguente possibile impatto negativo

sulle finanze pubbliche e rilevando che la popolazione a reddito più elevato (tra gli 89.000 ed i

200.000 dollari) ne avrà il beneficio fiscale maggiore mentre rimarrà escluso il 40% dei

contribuenti che rientra nella fascia di reddito da 30.000 a 75.000 dollari. Critica anche la

posizione del Ministro delle Finanze Morneau il quale ha sollevato dubbi sulla conciliabilità

della manovra con quanto promesso da Trudeau in merito a investimenti strutturali,

l’abbassamento del rapporto debito-PIL, il pareggio di bilancio che si è impegnato ad ottenere

entro il prossimo appuntamento elettorale ed al disavanzo di bilancio che avrebbe dovuto

essere limitato ad un tetto massimo di 10 mld nei soli anni fiscali 2016-17 e 2017-18.

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misure esistenti e proponendo di emendarle, ove necessario, a sostegno della

contrarietà del Canada ad ogni ipotesi di governance o gestione centralizzata di

Internet e a salvaguardia della libertà di accesso alla rete.

A livello provinciale sono stati molto positivi i commenti per la vittoria

elettorale di Trudeau da parte della Premier dell'Ontario, che ha sostenuto il

Primo Ministro designato sin dall'inizio, e forti sono state le aspettative di

stabilire una 'nuova sintonia' tra Ottawa e Toronto dopo i difficili rapporti avuti

tra la leadership liberale della Provincia ed il precedente Primo Ministro

conservatore. In British Columbia l'affermazione del partito Liberale di Justin

Trudeau (che ha forti legami con Vancouver, avendo tra l’altro studiato ed

insegnato presso la University of British Columbia-UBC) può certamente

definirsi storica: infatti i Liberali, avendo ottenuto 17 deputati su 42, rispetto ai

2 delle precedenti consultazioni politiche federali del 2011, vi hanno

conseguito il miglior risultato elettorale dal 1968 (quando il padre di Justin,

Pierre Trudeau, andò al potere e in British Columbia il partito liberale

guadagnò 16 seggi, rispetto ai 23 disponibili all'epoca). In Québec la

prospettiva quebecchese ha dominato le reazioni ed i commenti dei partiti

politici alle elezioni federali che nella Provincia hanno visto una chiara

affermazione del Partito Liberale (40 seggi) e un forte ridimensionamento

dell'NPD (16 seggi), mentre i conservatori, seppur registrando un consistente

aumento (passando da 4 a 12 seggi) sono rimasti una forza minoritaria. Il Bloc

Quebecois, il raggruppamento che intende esprimere anche a livello federale la

voce del Quebec autonomista, è risultato ultimo con soli 10 seggi. Diverso

l’atteggiamento dell’elettorato dell’Alberta che a livello federale ha

riconfermato il suo appoggio al partito Conservatore (85,3% dei voti) anche se

nelle precedenti elezioni anticipate del 5 maggio 2015 aveva favorito il NDP,

permettendogli di spodestare il partito Conservatore che vi aveva governato

per 44 anni.

Tracciando un primo bilancio dell'azione di governo condotta nel primo

anno, Trudeau ha evidenziato, in particolare, oltre all'accoglienza di 25.000

rifugiati siriani, il taglio alle aliquote fiscali delle classi medie, l'avvio di

consultazioni volte a delineare il quadro dell'inchiesta sulle donne aborigene

scomparse o uccise, la riaffermazione della presenza del Canada a livello

internazionale e gli investimenti per l'azione a livello globale sul cambiamento

climatico.

3. POLITICA ESTERA

Il Vertice G20 di Antalya ha rappresentato il primo appuntamento

internazionale per il Premier Justin Trudeau, che ha posto la crescita

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economica e la lotta ai cambiamenti climatici al centro della sua agenda

politica. Fin dai primi giorni il Governo Trudeau ha anticipato i principali temi

di politica estera lanciando alla comunità internazionale il messaggio di un

ritorno del Canada al multilateralismo che aveva caratterizzato la politica

estera canadese prima dell'avvento dei governi conservatori. Assi portanti della

politica estera del Governo Trudeau sono stati fin dai primi mesi il

bilanciamento tra valori e pragmatismo in base al principio della "convinzione

responsabile", la ripresa del dialogo con tutti gli interlocutori, il rilancio del

multilateralismo, con il quale Ottawa intende sostenere la candidatura al CdS

per il 2021 con un rinnovato impegno nel peacekeeping a partire dall'Africa

francofona. Le posizioni particolarmente 'principled’ che erano state sostenute

dal governo Harper sulle maggiori questioni di politica internazionale – tra cui

una ferma condanna dell'intervento russo in Ucraina, un sostegno

incondizionato a Israele, il contrasto senza concessione alcuna al regime di

Teheran (Paese con cui le relazioni diplomatiche sono state sospese dal

settembre 2012) - sono state quindi oggetto di una profonda revisione da parte

del governo Trudeau13

.

Durante la campagna elettorale Trudeau aveva anticipato che la posizione

del Canada dovrebbe tendere ad avvicinarsi a quella dei partner G7 e UE - e

dell'Italia - in numerosi dossier di politica estera, ad iniziare dalla lotta contro

lo Stato Islamico (come preannunciato sono state sospese le 'combat missions'

in Iraq e Siria, aumentando invece gli aiuti umanitari e le attività di

formazione), con una maggiore apertura al dialogo nei rapporti con l'Iran

e la Russia (pur mantenendo una ferma condanna delle violazioni dei diritti

umani da parte di Teheran e un convinto sostegno all’Ucraina e alle azioni di

“rassicurazione” in Europa orientale) e in Medio Oriente, dove pur

confermando il sostegno ad Israele Ottawa intende assumere posizioni più

equidistanti14

: l'amicizia con Gerusalemme non è intesa in modo "partisan",

come avvenuto con il precedente governo conservatore, ma maggiormente

equilibrata. Il Canada conta di aiutare infatti molto di più Israele migliorando

le sue relazioni con gli altri Stati e "partner legittimi" della regione e

13

Resta invece piuttosto controversa l’intenzione di Ottawa di sostenere gli Accordi di libero

scambio, ritenuti di particolare rilevanza per l'economia del paese: dopo l’entrata in vigore di

quello con la Corea del Sud (1.1.2015), il Governo Trudeau ha sottoscritto quello con i paesi

dell’area pacifica (TPP) nel febbraio 2016 ma ha fatto seguire una pausa al processo di ratifica

per ottenere un maggiore coinvolgimento degli interessi in gioco, mentre quello con l'Unione

Europea (CETA) – i cui negoziati si erano conclusi dal settembre 2014 – è rimasto a lungo

ostaggio delle resistente di alcuni paesi europei prima di essere firmato il 30 ottobre u.s.. 14

Dichiarazioni secondo cui gli insediamenti israeliani e la ricerca unilaterale del riconoscimento

della statualità rappresentano entrambi un ostacolo alla pace costituiscono una critica esplicita

formulata da questo Governo nei confronti di Israele, che conferma la posizione canadese di

sostegno alla soluzione dei due Stati, ma al tempo stesso marca la differenza con il precedente

Governo Conservatore, che si è sempre astenuto dal criticare Gerusalemme in pubblico.

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sostenendo la loro stabilità, ad iniziare dal Libano. Come anticipato in una

conversazione telefonica del 23 ottobre 2015 tra il Primo Ministro Trudeau e il

Primo Ministro Netanyahu, Ottawa intende ritrovare il suo ruolo tradizionale

nella regione attraverso uno "shift in tone".

Un deciso cambio di rotta (“Canada is back”) è stato inoltre messo in atto da

parte di Ottawa in materia di sostegno all’ONU, a un approccio

multilateralista e di contributi alle operazioni di pace (in termini di mezzi,

risorse finanziarie e personale), di politica nei confronti dei rifugiati: il Canada

aveva annunciato ad inizio settembre 2016 l’intenzione di procedere a una

ripresa del sostegno alle operazioni di pace delle NU, per le quali ha messo a

disposizione 600 militari e un nuovo programma triennale di $CAN 450

milioni, riconoscendo così la complessità delle situazioni di crisi nel mondo

contemporaneo e la necessità di adottare un approccio 'whole-of-government'

per farvi fronte; Trudeau ha inoltre posto in essere un piano per

l’identificazione in loco e il trasferimento in Canada di rifugiati siriani

(10.000 entro il 31 dicembre 2015 e altri 15.000 tra il 1° gennaio ed il 29

febbraio 2016, poi slittato di poco), l’accoglienza per il 2017 di circa 1200

sopravvissuti alle violenze perpetrate dal Daesh tra cui in particolare donne

yazide, bambini e le loro famiglie e un impegno coordinato tra governo

federale e province a sostegno della lotta al cambiamento climatico,

preannunciato in occasione della Conferenza COP21 di Parigi.

Il principale obiettivo per la proiezione internazionale del Canada è stato

quello di "restore constructive Canadian leadership", per la quale viene ribadita

l'importanza del legame tra politica estera, sicurezza e commercio

internazionale (con un riferimento esplicito al CETA e al TPP). Per la prima

volta è stato introdotto l'obiettivo prioritario della lotta ai cambiamenti

climatici, dove il Canada intende riassumere una posizione di "leadership"

internazionale. Tale ruolo è divenuto ancora più importante negli ultimi anni,

da quando, a fronte della riluttanza del precedente governo conservatore ad

assumere la leadership del contrasto ai cambiamenti climatici, le principali

Province canadesi hanno adottato dei piani locali di riduzione delle

emissioni15

. Il 9 dicembre u.s. è stato adottato un "Pan Canadian Framework

Plan" su cambiamenti climatici e crescita sostenibile che fa seguito

all'impegno assunto con la Dichiarazione di Vancouver del 4 marzo 2016, con

15

Al vertice del Commonwealth della Valletta, svoltosi pochi giorni prima della COP21 di Parigi

di dicembre 2015, Ottawa aveva annunciato un contributo di 2,65 mld USD in cinque anni per

sostenere la transizione dei PVS verso la "low carbon economy". Il Canada ha inoltre aderito

alla “Mission Innovation”, iniziativa lanciata nel corso della COP21 alla quale partecipano 20

paesi in totale, destinando 100 mln di dollari canadesi subito e 200 mln l’anno nei successivi

cinque anni a favore della ricerca ed a supporto di investimenti del settore privato nel campo

delle energie pulite.

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la quale Governo Federale, Provincie e Territori dichiararono di volere

lavorare insieme per ridurre le emissioni di gas climalteranti. Il

raggiungimento dell'accordo (il primo piano nazionale del Canada sui

cambiamenti climatici e la crescita sostenibile, sottoscritto da tutte le Provincie

ad eccezione di Saskatchewan e Manitoba16

), rappresenta un risultato storico

ottenuto grazie alla leadership del Governo Federale nel definire un piano

nazionale che fornisce le linee guida nei confronti dei cambiamenti climatici

ed armonizza le iniziative intraprese autonomamente da Provincie e Territori,

nelle cui competenze ricade la maggioranza delle attività che generano gas

climalteranti. Il piano prevede nuove misure di competenza federale e

provinciale quali il miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici e

della rete di distribuzione elettrica e la riduzione delle emissioni di metano

nell'industria energetica, che il Governo federale si è impegnato a sostenere

con importanti investimenti in infrastrutture, trasporti pubblici e ricerca e con

l'adozione di un "Carbon Pricing Scheme" a partire dal 2018. L'elemento

centrale è tuttavia rappresentato dall'adozione di un "Carbon Pricing Scheme"

da parte di ogni Provincia17

. Tale obiettivo dovrà essere raggiunto mediante

l'adozione di una "Carbon Tax", che è già in vigore in Alberta e British

Columbia, o di un meccanismo di "Cap and Trade" come quello già adottato

da Quebec e California che potrebbe presto essere esteso anche all'Ontario.

La priorità assegnata al Dicastero degli Esteri è ora divenuta il

miglioramento delle relazioni con gli Stati Uniti, compito reso più

complesso dalla ricerca di una intesa con la nuova amministrazione Trump18

ed il rafforzamento della cooperazione con il Messico. Il vertice trilaterale

svoltosi ad Ottawa il 29 giugno scorso aveva registrato in particolare un

16

Il Saskatchewan si è opposto sin dall’inizio all’introduzione di una tassa sul carbone.

Inaspettata invece l’opposizione del Manitoba, manifestata solo il giorno della firma

dell’accordo. Il Premier Pallister ha spiegato la sua posizione quale protesta contro l’intenzione

del Governo Trudeau di tagliare – entro aprile 2017 - i fondi destinati all’assistenza sanitaria. 17

che partirà da una tariffa di $CAN 10 nel 2018 per tonnellata con incrementi annuali di $CAN

10 fino a giungere a $CAN 50 nel 2022. 18

Il Governo di Ottawa aveva ribadito la centralità del rapporto con gli Stati Uniti, considerato

un partner essenziale per il Canada (anche se "Washington deve essere un alleato, non un

modello per Ottawa") e in questa prospettiva il Primo Ministro Trudeau aveva avuto il suo

primo incontro con il Presidente Obama a margine del vertice APEC del 19 novembre 2015

nelle Filippine, recandosi a Washington nel marzo 2016 ed ospitando ad Ottawa il vertice con

Obama e il Presidente messicano Peña Nieto il 29 giugno 2016. Anche la reazione di Trudeau

alla bocciatura statunitense del progetto di oleodotto Keystone XL (di delusione per l'industria

petrolifera canadese, ma al tempo stesso di rispetto per le scelte dell'alleato statunitense), aveva

ribadito la volontà del governo liberale di ridefinire la propria agenda di politica economica ed

ambientale, presentandosi sulla scena internazionale come più disponibile al confronto e alla

mediazione e meno intransigente rispetto al precedente esecutivo. Allo stesso tempo Ottawa

aveva così manifestato l’intenzione di stabilire una nuova relazione con gli USA su basi più

ampie ed aperte, non circoscritte a singoli dossier.

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significativo impegno comune in materia di energie rinnovabili, anche per

preparare un accordo regionale su ambiente ed energia pulita: i tre paesi

dell’America settentrionale si erano in effetti accordati per raggiungere

entro il 2025 il 50% della generazione del fabbisogno energetico da fonti

rinnovabili e abolire il visto d'ingresso per i cittadini messicani.

Nel gennaio 2017, con un rimpasto di governo il Primo Ministro Trudeau

ha deciso di rafforzare la sua squadra con personalità ritenute più idonee a

gestire la nuova fase nelle relazioni con gli USA, nominando Ministro degli

Affari Esteri Chrystia Freeland, il cui precedente incarico di Ministro per il

Commercio Internazionale è stato affidato a Francois-Philippe Champagne. La

nomina della Freeland rappresenta un elemento importante della strategia per

proteggere il Canada dal rischio di ripercussioni delle politiche

protezionistiche prospettate dalla nuova Amministrazione statunitense e

riconosce alla Freeland i meriti e l’abilità con cui ha negoziato le trattative che

hanno portato alla firma del CETA, ritenendola, allo stesso tempo, più idonea

a gestire la nuova fase nelle relazioni con Washington (alla Freeland sono

rimaste le competenze per le relazioni commerciali con gli USA). Altro aspetto

importante del mandato della freeland sarà "re-energize Canadian diplomacy"

su temi centrali quali la partecipazione alle operazioni delle Nazioni Unite per

il mantenimento della pace e il sostegno ai diritti umani. In questo contesto è

stato indicato come obiettivo specifico l'adesione del Canada allo Arms Trade

Treaty, che è stata annunciata in luglio.

Il Ministro della Difesa Harjit Sajjar, cui era stata assegnata come priorità la

cessazione delle operazioni di combattimento dell'aviazione canadese in Siria e

Iraq, ha il compito di mantenere la capacità delle forze armate al livello

necessario per proteggere la sovranità nazionale e partecipare alle operazioni

internazionali, nonché dedicare particolare attenzione al rafforzamento della

marina militare e alla sostituzione dei velivoli CF-18 in dotazione, che dovrà

avvenire attraverso una procedura di gara aperta. Il Canada auspica che un

limitato contingente delle forze di polizia canadesi (Royal Canadian Mounted

Police) possa collaborare con quelle italiane (Carabinieri) nel programma di

addestramento congiunto delle forze di polizia irachene. Già lo scorso anno il

Governo canadese aveva autorizzato la partenza per l'Iraq di quattro ufficiali di

polizia incaricati di pianificare le attività da svolgere con la missione di

formazione della polizia irachena guidata dall'Arma dei Carabinieri. Per

quanto riguarda la lotta contro il Daesh, il Governo di Ottawa ha ottenuto a

marzo 2016 l'approvazione della Camera dei Comuni sul nuovo piano

d'azione. Come aveva promesso sin dall'insediamento del suo Governo,

Trudeau ha infatti posto fine alle incursioni aeree in Iraq e Siria ed ha ritirato i

CF 18 impegnati nelle missioni di combattimento, mantenendo in operazione a

sostegno dei partner della coalizione impegnati nella regione il velivolo da

rifornimento CC-150 Polaris e i due aerei da ricognizione CP-140. Ottawa ha

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aumentato da 650 a 830 gli effettivi impegnati nella missione di assistenza a

Baghdad nelle operazioni contro il Daesh e da 69 a 230 i militari destinati

all'addestramento delle forze armate irachene. Aiuti previsti anche per le

autorità giordane e libanesi destinati alla prevenzione dell'estremismo violento

e messa a disposizione dei Ministeri della Difesa e dell'Interno iracheni di

appositi 'consiglieri strategici'. Circa 840 milioni di dollari sono destinati per

l'assistenza umanitaria mentre 270 milioni di dollari sono destinati al sostegno

quei Paesi che, come la Giordania e il Libano, accolgono i profughi fuga dalle

zone di guerra. In totale il contributo finanziario della nuova missione sarà di

1,6 miliardi di dollari, pari a circa 1,1 miliardi di euro, nei prossimi tre anni.

Nei confronti della nuova Amministrazione Trump Ottawa si è detta

pronta a gestire pragmaticamente i diversi dossier, ritenendo – in particolare

- che anche nella sua rinegoziazione il NAFTA non corra "rischi

esistenziali" e che non siano prevedibili cambiamenti sostanziali nelle

relazioni bilaterali, nelle quali si attendono tuttavia maggiori pressioni su

dossier sensibili quali il commercio del Softwood Lumber o l'incremento

delle spese per la difesa. In un video messaggio rivolto ai membri del

115mo Congresso USA in occasione del loro insediamento il Primo

Ministro Trudeau ha sottolineato le affinità tra i due Paesi, ribadendo la

disponibilità a discutere del miglioramento dell’accordo NAFTA;

l'Ambasciatore canadese a Washington ha precisato che un eventuale

negoziato dovrebbe essere centrato su temi concreti di interesse reciproco

senza essere influenzato dagli "irritants" nel commercio bilaterale, mentre il

Ministro per il Commercio Internazionale ha sottolineato la profonda

integrazione tra le due economie e la necessità di illustrare alla nuova

Amministrazione le relazioni economiche con il Canada.

Il Canada rimane l'unico Paese della NATO a non avere una presenza

militare permanente in Europa e questo rappresenta un "constraint" alla sua

capacità di contribuire alla VJTF (Very High Readiness Joint Force), che non

viene messa in discussione dal Governo di Ottawa, il quale ha peraltro

confermato il proprio sostegno all'adesione del Montenegro, la partecipazione

alla Baltic Air Patrol, la presenza navale nel Mar Nero, le esercitazioni terrestri

e le attività di addestramento e ritiene che i Paesi dell'Alleanza debbano

dimostrare la credibilità degli impegni assunti nell'ambito del 'Readiness

Action Plan'. Al vertice NATO di Varsavia è stato confermato che il Canada

assumerà il ruolo di “framing nation” per uno dei quattro battaglioni di

rafforzamento della “forward presence” che sarà di stanza in Lettonia.

Il primo colloquio di Trudeau con Putin, che ha avuto luogo a margine del

G20 di Antalya, ha rappresentato il segnale di una possibile mutazione di toni

nei confronti della Russia e di un'eventuale ripresa del dialogo con Mosca,

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anche se Ottawa appare intenzionata a mantenere una posizione di forte critica

per il ruolo svolto da Mosca nella crisi ucraina.

Per quanto riguarda l’Iran, Ottawa ha sospeso nel settembre 2012 le

relazioni diplomatiche per il timore di reazioni alla decisione di includerlo

tra gli Stati sponsor del terrorismo internazionale (in applicazione di una

legge che consente alle vittime del terrorismo di rivalersi sui beni di tali

Stati). Pur condannando ripetutamente il regime iraniano per le violazioni

dei diritti umani, il sostegno ad Hezbollah e l'approccio sulla questione

nucleare ed applicando rigorose sanzioni, allo stesso tempo le autorità

canadesi cercano di mantenere il dialogo con la società civile. Tale

approccio di totale chiusura nei confronti di Teheran potrebbe cambiare in

considerazione delle dichiarazioni del Primo Ministro Trudeau che, in

campagna elettorale, aveva espresso l’intenzione di assumere una posizione di

maggiore apertura.

Il dossier riveste importanza anche per le relazioni bilaterali avendo

l’Italia, assunto il ruolo di Potenza Protettrice per la tutela degli interessi

canadesi in Iran e per l'assistenza fornita in tale contesto dalla nostra

Ambasciata a Teheran in alcuni casi consolari particolarmente delicati.

Qualora richiesta l’Italia rimane disponibile ad adoperarsi per favorire un

riavvicinamento tra i due Paesi.

Rapporti con l’Unione Europea

Un importante passo in avanti nei rapporti tra Unione Europea e

Canada è stato registrato con l'annuncio della conclusione dei negoziati per

il “Comprehensive Economic and Trade Agreement” (CETA) e lo

“Strategic Partnership Agreement” (SPA) in occasione del vertice UE-

Canada tenutosi ad Ottawa nel settembre 2014. Nonostante il positivo

risultato negoziale, la ratifica del CETA, firmato il 30 ottobre 2016 ed

approvato dal parlamento Europeo il 15 febbraio scorso, rischia di

restare ostaggio del dilemma nel quale si dibatte la politica commerciale

dell'UE nel periodo post-Lisbona. Il compromesso raggiunto dal Governo

Federale belga con la Regione Vallonia, pur avendo consentito di sbloccare

l’impasse della firma, ha reso incerta la successiva ratifica dell’accordo da

parte di quel paese. I parlamenti locali hanno infatti dichiarato di non voler

ratificare il CETA fino a quando esso conterrà l'attuale sistema di

risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, considerato troppo

oneroso per le PMI. Proprio tale aspetto era stato oggetto di una riapertura

delle negoziazioni tra UE e Canada in quanto il Parlamento europeo e

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diversi SM avevano chiesto ed hanno ottenuto di sostituire l'arbitrato

commerciale tradizionale, particolarmente oneroso e dalla procedura

riservata, con l'introduzione di un tribunale arbitrale con costi prefissati,

garanzia di terzietà dei giudici, udienze pubbliche e doppio grado di

giudizio. Il nuovo sistema, che è peraltro corredato da disposizioni che

fanno espressamente salvo il diritto degli Stati a legiferare per l'interesse

collettivo, anche quando le nuove disposizioni possono danneggiare

l'interesse di investitori stranieri, come nel caso dell'eliminazione di

sovvenzioni a determinati settori, è dunque più garantista nei confronti dello

Stato ed ha lo scopo di limitare i costi che gli SM (compreso il nostro) si

trovano a dover sopportare a causa di un incremento esponenziale degli

arbitrati nei quali sono chiamati a difendersi. La predisposizione di uno

"Strumento interpretativo congiunto" UE-Canada (una dichiarazione

interpretativa dell'Accordo) e un gran numero di dichiarazioni unilaterali

degli SM o delle Istituzioni UE hanno permesso il superamento delle

perplessità manifestate da altri Stati Membri (Ungheria, Germania, Austria,

Slovenia, Grecia, Bulgaria e Romania).

I dossier più controversi del CETA sono stati il capitolo agricolo, le corti

arbitrali, quello delle gare ed appalti, la protezione della proprietà intellettuale

ed alcuni aspetti del negoziato sui servizi, mentre l’accordo include un

significativo compromesso sulla tutela delle indicazioni geografiche. Il

processo di ratifica dovrà ora avere luogo da parte dei Parlamenti dei 28

stati membri dell’UE, mentre in Canada esso dovrà essere recepito dal

diritto interno di Province e Territori19

e quindi essere ratificato dal

Governo federale. Già l’entrata in vigore parziale del CETA per la parte di

competenza della Commissione, prevista entro breve tempo, potrà dare

luogo a un considerevole incremento delle opportunità di scambio

economico-commerciale con l’Unione Europea e l’Italia in particolare,

permettendo così di realizzare le attese di crescita riposte nella sua

attuazione: l'abbattimento tariffario previsto è elevato, con un accesso al

mercato canadese delle merci tipo NAFTA plus e un consistente accesso al

mercato dei servizi e degli investimenti a livelli almeno pari al NAFTA. Per

gli appalti pubblici sono stati raggiunti risultati eccellenti per il settore

energia (apertura del 70%) e anche per quello più complicato dei trasporti

pubblici locali di Ontario e Quebec. Un risultato innovativo per un paese di

common law è stato raggiunto per la protezione delle Indicazioni

Geografiche nel contesto del settore IPR (Intellectual Property Rights,

inclusi i prodotti farmaceutici).

19

lo strumento tipico è uno scambio di lettere tra i Primi Ministri federale e delle Province e

Territori

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L'intesa raggiunta con il Canada potrà rappresentare un importante

precedente per i negoziati dell'UE tuttora in corso. Forte preoccupazione

per i seguiti dell'Accordo è emersa nel corso del Consiglio Europeo del 27-

28 giugno 2016: in questo periodo di particolare sensibilità politica, le

opinioni pubbliche chiedono il coinvolgimento dei parlamenti nazionali ma,

allo stesso tempo, il percorso parlamentare delle ratifiche del CETA appare

potenzialmente rischioso. L'Accordo potrebbe infatti incappare in una

richiesta di referendum in uno degli Stati membri, come già accaduto per

l'Accordo di Associazione UE-Ucraina nei Paesi Bassi, rischiando di

minare la credibilità dell'UE e di vanificare risultati negoziali che possono

apportare benefici alla nostra economia.

La formulazione iniziale della normativa europea di attuazione della

Direttiva sulla Qualità dei Carburanti (“Fuel Quality Directive” -

FQD), poi modificata20

e approvata tenendo conto anche delle aspettative

canadesi aveva costituito un "irritant" nelle relazioni UE-Canada. Nel

gennaio 2015, durante una visita in Italia, l’allora Ministro per il

Commercio Internazionale, Ed Fast, aveva ringraziato il nostro Governo per

il supporto prestato alle richieste canadesi nell’iter di approvazione della

Direttiva che nella sua formulazione potrebbe facilitare le prospettive di

esportazione anche in Europa del petrolio estratto dalle sabbie bituminose

dell’Alberta.

I rapporti con l’Italia

Gli incontri e i contatti a livello bilaterale con il Canada sono frequenti

e spesso hanno luogo anche a margine di eventi multilaterali: dopo quelli

tra l’allora Presidente del Consiglio Renzi ed il Premier Trudeau (a margine

del Vertice G20 di Antalya del novembre 2015 e del G7 di Ise-Shima nel

maggio 2016), da ultimo vi è stato quello del Ministro Alfano con la neo-

nominata Ministro degli Affari Esteri Freeland a margine della ministeriale

G20 di Bonn (20 febbraio 2017). In precedenza l’allora Ministro degli

Esteri Gentiloni aveva incontrato il Primo Ministro Trudeau e l’allora suo

20

La normativa FQD è stata alla fine approvata con un coefficiente unico di misurazione, mentre

la precedente versione prevedeva un sistema differenziato di misurazione e compensazione

dell'impatto ambientale dell'estrazione di greggio da fonti non convenzionali ritenute altamente

inquinanti ed era quindi avvertita da Ottawa come discriminatoria nei confronti del greggio

canadese estratto da sabbie bituminose.

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omologo Dion a margine della V Conferenza di Ricostituzione del Fondo

Globale (Montréal, 17 settembre 2016), aveva offerto una colazione di

lavoro al Ministro Dion a Roma (6 luglio 2016) e lo aveva incontrato a

margine della ministeriale NATO del dicembre 2015. Da segnalare anche

gli incontri tra il Ministro Alfano e l’allora suo omologo McCallum a New

York nel settembre 2016, del Sottosegretario Della Vedova con l’allora

Ministro degli Esteri Dion durante la sua visita ad Ottawa nell’aprile 2016,

tra il Ministro Pinotti ed il suo omologo canadese a margine della

ministeriale difesa NATO nel febbraio 2016.

Le ottime relazioni e gli stretti rapporti di amicizia e collaborazione

esistenti tra Roma e Ottawa sono fondate su una condivisione di vedute e di

valori. Quali alleati NATO ed unici partner del G7 che non abbiano un

seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU, né ambiscano ad

ottenerlo, Italia e Canada hanno posizioni vicine sulla maggior parte dei

temi di politica internazionale: un impegno congiunto nei teatri di crisi

internazionali21

, in particolare per il contrasto al terrorismo internazionale,

la Libia e l’ISIS in Siria ed Iraq e le tematiche globali di prioritario interesse

per entrambi i Paesi, come quella dei diritti umani, contro la pena di morte, la

lotta alle mutilazioni genitali femminili e i matrimoni forzati e la libertà di

religione; un fondamentale apporto della comunità italiana alla crescita del

Canada sia a livello economico che politico, rilevanti collaborazioni

particolarmente avanzate economico-commerciali, energetiche e

scientifiche.

Sul piano multilaterale sia lo status di osservatore dell’Italia nel Consiglio

artico, di cui il Canada è stato presidente fino all’aprile 2015 che la

partecipazione all'Organizzazione per l'Aviazione Civile Internazionale

(ICAO), con sede a Montreal (ove l’Italia è stata nominata Vice Presidente

ed ha aumentato la sua presenza passando da due a quattro Comitati), hanno

fornito importanti occasioni di comune interesse, a conferma anche della

solidità delle relazioni bilaterali: da un lato Ottawa apprezzò molto il

tempestivo ed incondizionato sostegno fornito dall'Italia al Canada in

relazione alla proposta del Qatar (aprile 2013) di trasferire la sede

dell’ICAO da Montreal a Doha, proposta poi prontamente ritirata, ma che

aveva molto allarmato le autorità canadesi; dall'altro, in occasione della

riunione ministeriale di Kiruna, del maggio del 2013, il Canada fornì un

decisivo sostegno per l'ammissione dell'Italia tra gli Stati Osservatori del

Consiglio Artico (status che Ottawa ha per lungo tempo rifiutato di riconoscere

21

Il Canada ha partecipato alla Conferenza internazionale sulla Libia svoltasi a Roma il 6 marzo

2014 con una delegazione guidata dal Ministro di Stato per gli Affari Esteri, Lynne Yelic

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all'Unione Europea22

), riconoscendo all’Italia una partecipazione attiva in tale

consesso grazie anche alla lunga tradizione delle nostre attività di ricerca nella

regione23

.

Nel campo dei diritti umani vi sono forti convergenze tra Italia e

Canada, come dimostra il comune impegno nelle campagne contro la pena

di morte, in materia di libertà religiosa e contro le mutilazioni genitali

femminili ed i matrimoni forzati che hanno dato luogo a eventi congiunti in

ambito ONU.

Secondo quanto previsto dalla Convenzione di Vienna sulle relazioni

diplomatiche, avendo Ottawa sospeso nel settembre 2012 le relazioni

diplomatiche con Teheran, l’Italia svolge - ufficialmente, dal novembre

2013, in base ad uno specifico Memorandum d’Intesa bilaterale - il ruolo di

Potenza Protettrice a tutela degli interessi canadesi in Iran. In tale ambito

va menzionata l'assistenza fornita dalla nostra Ambasciata a Teheran in

alcuni casi consolari e umanitari particolarmente delicati.

Tra le possibili direttrici future di cooperazione particolare rilievo riveste

quella del contrasto alla criminalità organizzata di matrice mafiosa, alla

luce della crescente consapevolezza della presenza di tale fenomeno

nell'economia canadese e delle difficoltà da parte delle autorità canadesi a

contrastarlo a causa di carenze normative (non esiste in Canada il reato di

associazione mafiosa), da tempo rilevata dalle autorità investigative

italiane.

Di notevole rilievo anche l’attività bilaterale in materia di ricerca

scientifica, in modo particolare con il Quebec24

e gli scambi

22

a causa del bando dei prodotti di foca. La questione si è risolta (nel settembre 2014, in

occasione del vertice UE/Canada) e il Canada ha sostenuto l’ammissione dell’UE come

osservatore al Consiglio artico di Iqualuit (24-25 aprile 2015) 23

In quest’ottica si è svolto il 22 ottobre 2014 ad Ottawa il seminario “Canada-Italy: Artic

Science and Technology collaboration”, organizzato dalla nostra Ambasciata e dalla Canadian

Polar Commission-CPC, in occasione del quale venne sottoscritta una lettera di intenti tra il

Consiglio Nazionale delle Ricerche e la Canadian Polar Commission (con l'obiettivo di

condividere dati e ricercatori, nonché di sviluppare progetti di ricerca congiunti tra Italia e

Canada). La partecipazione all’evento di qualificate aziende italiane e canadesi ha contribuito a

una sua connotazione e finalità non solo scientifica ma di complessiva promozione del sistema

Paese. 24

Nel quadro dell’Accordo culturale tra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo del

Canada, firmato il 17 maggio 1984, e come previsto dal Programma Esecutivo di cooperazione

italo-canadese, firmato il 29 novembre 2000, si svolgono periodicamente le riunioni della

Sottocommissione mista italo-quebecchese volte a stabilire il Programma Esecutivo di

cooperazione culturale, scientifica e tecnologica per il biennio successivo (l’ultima riunione si

è tenuta a Roma nel il 24 settembre 2013 per il periodo 2013-2015).

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59

interuniversitari25

.

La comunità italiana in Canada

I cittadini italiani residenti in Canada iscritti all’AIRE (al 31 gennaio

2017) sono 138.690 (Toronto 70.894; Montréal: 39.110; Vancouver:

23.407; Ottawa: 5.279). In base al censimento canadese del 2011 la

comunità italo-canadese è peraltro composta da 1.488.425 unità: circa 900

mila risiedono nell’Ontario, 300 mila nel Québec ed altrettanti nel resto del

Canada. È ormai ben integrata nel tessuto sociale del Paese, anche grazie

alla politica del "multiculturalismo" perseguita a partire dagli anni Sessanta

da Ottawa e include numerosi imprenditori di successo ed esponenti

politici. Alle elezioni federali dell’ottobre 2015 sono stati eletti alla Camera

dei Comuni 11 deputati di origine italiana, tutti nelle fila del Partito

Liberale. Si tratta di Mike Bossio, Marco Mendocino, Anthony Rota, Judy

Sgro, Francesco Sorbara, Filomena Tassi, eletti in Ontario; Nicola Di Iorio,

Angelo Iacono, David Lametti e Francis Scarpaleggia, eletti in Quebec e

Joe Peschisolido, eletto in British Columbia.

A gennaio 2016 nella nuova squadra dei 'Parliamentary Secretary'

annunciati dal PM Trudeau figurano l'italo-canadese Marco Mendicino,

nominato 'Parliamentary Secretary' del Ministro della Giustizia, David

Lametti, già 'Parliamentary Secretary' del Ministro del Commercio

Internazionale, viene trasferito a svolgere tale incarico per il Ministro per

l'Innovazione, la Scienza e lo Sviluppo Economico e l'italo-canadese

Filomena Tassi viene nominata 'Deputy Chief Whip' del Partito di Governo

in Parlamento.

Per dimensione la comunità italo-canadese si colloca al terzo posto nel

Paese dopo la componente anglosassone e quella francofona. Costituisce

uno straordinario volano per il rafforzamento delle relazioni tra Italia e

Canada ed è diventata anche particolarmente influente sul piano interno, in

particolare nell'area metropolitana di Toronto (ad esempio oltre il 40% della

popolazione di Vaughan è di origine italiana), in numerose altre località

dell'Ontario e nella regione di Montreal.

25

I 167 accordi interuniversitari esistenti fra i due Paesi riguardano 34 università italiane, tra cui

figurano Benevento (61), Pisa (42) e Bologna (35); tra le materie maggiormente presenti negli

accordi scienze economiche e statistiche (51) e ingegneria industriale e dell’informazione (34).

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Storicamente i primi flussi migratori verso il Canada risalgono alla

seconda metà dell’Ottocento; dopo un rallentamento tra le due guerre

mondiali, il flusso migratorio riprese raggiungendo il massimo verso la fine

degli anni Sessanta. La maggioranza dei nostri emigranti preferiva optare

per la naturalizzazione canadese - ai sensi dell’allora vigente legge sulla

cittadinanza – soprattutto per vantaggi su lavoro e residenza, oltre che

economici e previdenziali, riservati ai cittadini canadesi. Questa scelta

contingente spiega le numerose richieste di riacquisto della cittadinanza

italiana a seguito della legge 91/1992, che ha consentito agli italiani di

mantenere la propria cittadinanza: i cittadini italiani in Canada sono

prevalentemente doppi cittadini.

Insegnamento della lingua italiana - Sono più di 27.000 gli studenti

che seguono corsi di italiano nelle scuole canadesi, la maggior parte dei

quali sono concentrati nella Provincia dell'Ontario. La rapida integrazione

nel tessuto sociale canadese dei nostri connazionali ha comportato il

parziale abbandono dell'uso dell'Italiano soprattutto a partire dalla seconda

generazione di immigrati, ma oggi si registra un rinnovato interesse da parte

delle generazioni successive (la terza e la quarta), insieme ad altri gruppi

etnici locali, nei confronti della lingua italiana come strumento di accesso al

mondo della cultura e dello stile di vita italiano. Infatti, la lingua italiana

viene insegnata oggi come disciplina curriculare negli istituti scolastici

pubblici in Ontario, British Columbia e Quebec. Nella circoscrizione

consolare di Toronto risultano attivi 884 corsi curricolari nelle scuole

cattoliche gestite dal “Toronto Catholic School Board” con circa 20.000

studenti, mentre per quanto concerne i corsi extracurricolari, gli Enti gestori

organizzano 122 corsi con 1923 studenti. Nella circoscrizione consolare di

Montreal sono attivi 25 corsi curricolari di italiano in 5 scuole secondarie

statali, i Collegi internazionali “Marie de France” e “Marcellines” e quattro

scuole del “Programma d’insegnamento delle lingue d’origine – PELO” con

un totale di 1877 studenti. Per quanto riguarda i corsi extracurricolari

organizzati dagli Enti gestori si registrano 128 corsi con in totale 1695

studenti. Nella circoscrizione consolare di Vancouver sono attivi 51 corsi

curricolari di lingua italiana nelle scuole con 1037 studenti, mentre gli Enti

gestori organizzano 30 corsi extracurricolari con 378 studenti. Nella

circoscrizione di Ottawa l’Ente gestore Centro Giovanile Formativo italo-

canadese organizza 10 corsi extracurricolari con 184 studenti. Il CE.S.DA.

(Centro Scuola Dante Alighieri) ha promosso l’avvio di corsi di italiano

extracurriculari, a Montreal, presso la Scuola elementare Marie-Clarac per

l’anno scolastico 2015-2016. I Consolati Generali d’Italia a Toronto e a

Montreal hanno istituito un Osservatorio della Lingua Italiana, volto a

rafforzare la promozione della lingua italiana nel Paese. In Canada sono

attive 10 facoltà d’italiano (nelle università McGill, Concordia, Montréal,

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61

Ottawa, Carleton, Brock, York, Alberta / Calgary, Columbia Britannica /

Vancouver e Simon Fraser) mentre Dipartimenti di Italiano sono presenti in

13 Università. Presso l’Université de Montreal é stato inoltre istituito nel

2015 un Baccalaureat “par cumul” in Lingue Moderne, con l’italiano come

una delle tre lingue majeures, insieme al tedesco e allo spagnolo.

Gli italo-canadesi rappresentano un elemento di riferimento e di

arricchimento culturale per la multiforme società canadese, capace di

costituire un esempio di minoranza integrata, soddisfatta ed affrancata dalla

condizione di “nuovi cittadini” che l’opinione pubblica canadese le

attribuiva nel recente passato: la politica del “multiculturalismo” adottata

dal Governo canadese a partire dalla metà degli anni ‘60, diventata simbolo

dell’identità nazionale, ha infatti contribuito a promuovere l’eliminazione di

discriminazioni di natura giuridica o fattuale nei confronti delle comunità

linguistiche minoritarie. La nostra comunità ha saputo realizzare una

partecipazione concreta e attiva alla vita sociale locale e ha raggiunto

posizioni politiche rilevanti a vari livelli (comunale, provinciale o federale).

La presenza italiana in Canada è evidente anche nel mondo della finanza,

nella grande industria, nelle grandi società e negli organi di informazione,

analogamente a quanto si riscontra in ambito culturale, dello spettacolo e

dello sport. Attualmente sono oltre tremila gli scienziati italiani in Canada,

numerosi gli accordi di cooperazione tra le Università dei due Paesi e tre le

associazioni di ricercatori italiani: ARPICO con sede a Vancouver, ARIO

con sede a London in Ontario, CSIQ con sede a Montreal. Grazie al ruolo di

coordinamento svolto dalla nostra Agenzia per la Ricerca Europea (APRE)

con il progetto ERACANplus presentato ad Ottawa il 30 gennaio 2014,

l’APRE è stata scelta a coordinare ricerca e sviluppo tra Canada ed Europa

nell’ambito del Programma Quadro “Horizon 2020”. In Canada esiste un

sistema efficiente di assistenza sociale a livello locale, per cui il numero di

connazionali assistiti dalla rete consolare è esiguo. La collettività italiana in

Canada è attualmente rappresentata da cinque Comitati degli Italiani

all’Estero (Comites): Edmonton, Montréal, Ottawa, Toronto e Vancouver,

mentre sono 5 i Consiglieri nel Consiglio Generale degli Italiani all’Estero

(CGIE): Carlo Consiglio (Toronto); Alberto Di Giovanni (Toronto);

Domenico Marozzi (Edmonton); Giovanni Rapanà (Montréal).

La partecipazione al voto per corrispondenza per le elezioni politiche, in

linea con il dato medio della circoscrizione estero, nel 2013 si è ridotta al

32,54% rispetto al 39,71% del 2008.

Particolarmente delicata la questione del voto all’estero, tema sensibile

per Ottawa, il cui Governo aveva formalmente deciso, nel settembre 2011,

di non concedere più il proprio assenso (come espressamente richiesto dalla

nostra Legge 459/2001, ora modificata) allo svolgimento di consultazioni

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elettorali per il rinnovo di Parlamenti che includessero il Canada all'interno

di una circoscrizione estera. Tale posizione intendeva esprimere la

contrarietà all'elezione di candidati che possano essere percepiti quali

rappresentanti di cittadini canadesi in parlamenti stranieri e con il timore

che possano essere importate in Canada tensioni politiche e conflittualità

esterne al Paese.

4. ECONOMIA

Il Canada, che dispone di una considerevole base industriale e sfrutta una

rilevante dotazione di materie prime minerarie e agricole, è spiccatamente

interconnesso con gli Stati Uniti che ne influenzano direttamente la base

produttiva, i consumi e gli scambi commerciali (che ne risultano dipendenti

per il 60-70%)26

e, di conseguenza, l’andamento congiunturale.

Nell’ultimo anno l'andamento negativo dei prezzi delle materie prime

petrolifere ha ridotto i profitti legati all’estrazione ed alla raffinazione di

greggio da sabbie bituminose e, di conseguenza, rallentato e in molti casi

sospeso lo sviluppo sia di nuovi progetti infrastrutturali che dell'indotto del

settore petrolifero e dei servizi ad esso collegati.

I dati del Servizio Statistico canadese relativi al commercio estero di beni

nei primi otto mesi del 2016 (dati espressi in dollari canadesi, con

variazioni anno su anno) indicano che l'interscambio complessivo del Paese

ha subito una leggera riduzione, frutto di un calo sia delle esportazioni (-

2,9%, per un totale di 335,39 mld) che delle importazioni (-0,8%, per

352,66 mld), con l'effetto combinato di un aumento del deficit

commerciale, cresciuto da 9,81 a 17,27 miliardi.

L'alto livello di indebitamento privato, i ricorrenti timori di una “bolla

immobiliare” (che ha portato ad adottare misure di limitazione del credito al

settore) ed una elevata dipendenza della congiuntura dai prezzi delle

materie prime non hanno tuttavia rallentato l’interesse dell'industria

italiana, soprattutto in quei settori e specialmente nelle Province occidentali,

che negli anni precedenti erano arrivate a registrare ritmi di crescita più

sostenuti (fino a 4-5% annuo in Alberta e Saskatchewan, con bassi tassi di

26

Gli USA assorbono circa il 76% delle esportazioni canadesi

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63

disoccupazione, pressoché fisiologici, rispetto a quello nazionale

mantenutosi al 7%).

Soprattutto a seguito alla crisi finanziaria ed economica internazionale

iniziata nel 2008 era divenuta più forte l’aspirazione di Ottawa di riuscire

ad accrescere la capacità di emanciparsi dalla marcata dipendenza dal

mercato USA, accresciuta dalla contrazione nella domanda di energia da

parte di Washington, in buona parte dovuta a un impetuoso sviluppo delle

fonti non convenzionali statunitensi. Il precedente esecutivo, guidato

dell’ex Primo Ministro Harper, aveva pertanto avviato una convinta

politica commerciale, orientata a una diversificazione dei mercati di

esportazione, negoziando molteplici accordi di libero scambio, che il

Governo Trudeau intenderebbe poter mantenere, pur dovendo scontare le

riserve sulla ratifica del TPP (che peraltro ha dapprima firmato e solo in un

secondo tempo rinviato a più approfondite analisi dei vantaggi per le

diverse province) e il superamento delle opposizioni europee alle ratifiche

nazionali del CETA pure firmato lo scorso ottobre.

Potenzialmente problematico, oltre all’elevato indebitamento privato, è

l’aggiustamento della struttura produttiva canadese, soprattutto per

l’incertezza che caratterizza il futuro dei grandi progetti infrastrutturali

legati al settore energetico; i ritardi accumulati in questo campo e gli

ostacoli frapposti da istituzioni e società civile potrebbero rendere

strutturale il rallentamento dell'espansione del settore, che negli ultimi anni

aveva costituito una leva rilevante della crescita.

Tali rischi potrebbero essere ulteriormente esacerbati dal persistere di

condizioni sfavorevoli della congiuntura globale, riducendo la trazione della

domanda estera, dalla quale l'economia canadese resta in gran parte

dipendente.

La legge di bilancio federale 2016-2017, presentata in marzo 2016, ha

individuato due priorità programmatiche volte al rilancio dell'economia:

sostegno a famiglie e ceto medio e significativo piano di investimenti

infrastrutturali. Il primo bilancio del Primo Ministro Trudeau ha registrato

un deficit di 29,4 miliardi di dollari per l'anno, prevedendone 29 miliardi

anche per il successivo, seguendo poi con una progressiva riduzione, fino

ad arrivare a 14,3 miliardi nel 2020-21. Il documento non fa riferimento ai

due obiettivi dichiarati nel corso della campagna elettorale: pareggio di

bilancio entro il 2019-20 e mantenimento del deficit al di sotto dei 10

miliardi. Le previsioni di Ottawa riguardo alla crescita del PIL, che sarebbe

dovuto aumentare di mezzo punto percentuale per il primo anno, di un

punto percentuale per il secondo anno e tradursi in un aumento del livello

occupazionale pari a circa 100.000 nuovi posti di lavoro, non sembrano per

il momento essere state confermate.

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64

Nei primi dieci mesi del 2016 la Banca Centrale ha evidenziato che

l'andamento delle esportazioni è stato particolarmente fluttuante, facendo

registrare una costante sfasatura al ribasso rispetto alle previsioni: dopo la

forte crescita del 2015, che aveva ingenerato un certo ottimismo tra gli

analisti, i primi cinque mesi del 2016 si sono chiusi con una sensibile

riduzione, ed anche le previsioni di luglio sono state smentite al ribasso dai

dati di ottobre. Le cause sembrerebbero imputabili ad un duplice ordine di

ragioni: da un lato congiunturali, quali l'andamento dell'economia USA e

del commercio internazionale, ma dall'altro - ed in misura forse più

preoccupante - anche strutturali, quali perdita di capacità produttiva,

carenza di infrastrutture, costi relativamente alti dell'energia elettrica. A

testimonianza di ciò si è confermata anche nel periodo in esame una

stagnazione, ormai decennale, delle esportazioni 'non-energy' negli USA

(un mercato che assorbe circa il 75% dell'export canadese), a fronte però di

una significativa crescita dei più diretti concorrenti di Ottawa (Cina e

Messico in primis).

Degli interventi in campo infrastrutturale, finanziati per un ammontare

pari a 11,9 miliardi in un arco di tempo variabile dai due ai cinque anni, una

significativa quota (5 miliardi di dollari in 5 anni) sarà destinata a finanziare

la realizzazione di impianti idrici ed iniziative ecosostenibili (c.d.

infrastrutture verdi), nonché progetti tesi a ridurre le emissioni di gas a

effetto serra; un fondo del valore di 3,4 miliardi in tre anni sarà invece

destinato ai progetti di trasporto pubblico ed un fondo di 3,4 miliardi in 5

anni verrà stanziato per infrastrutture di tipo 'sociale' (edilizia abitativa

agevolata, musei, parchi, e progetti a sostegno delle comunità aborigene).

Tra i provvedimenti a beneficio delle famiglie l'istituzione del nuovo

'Canada Child Benefit' che prevede la corresponsione di un contributo

annuale esentasse (6.400 dollari per i figli al di sotto dei 6 anni e di 5.400

per quelli tra i 6 e i 17 anni), un incremento del sostegno alle spese per

l'istruzione universitaria ed un intervento sulla disciplina degli

ammortizzatori sociali, rifinanziati per oltre 2,5 miliardi di dollari nell'arco

di due anni. Un intero capitolo del documento è dedicato alle Prime Nazioni

del Canada, prevedendo 40 milioni di dollari in due anni per le attività di

inchiesta sulle donne aborigene scomparse o uccise, 10,4 milioni in tre anni

per nuovi centri di accoglienza per le donne e 8,4 miliardi nei prossimi

cinque anni per il miglioramento delle condizioni socio-economiche di

quelle popolazioni, in particolare nel campo dell'istruzione e della bonifica

idrica di alcune regioni.

Sul versante della difesa, è stato rinviato lo stanziamento di fondi per le

spese di ammodernamento delle forze armate, mentre sono allocati 3,7

miliardi di dollari per i veterani, disponendo altresì la riapertura di nove

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65

uffici per gli Affari dei Veterani di cui il precedente Governo conservatore

aveva decretato la chiusura.

Per il trasferimento e l’accoglienza di diecimila rifugiati siriani nel 2016

sono stati stanziati 245 mil CAD e 35 mil CAD in cinque anni per un neo

costituito Ufficio per il coordinamento delle attività anti radicalizzazione.27

Nel giugno 2016 il Ministro delle Finanze Bill Morneau aveva espresso

la piena soddisfazione dell'Esecutivo per il giudizio positivo delle

istituzioni finanziarie sulle misure di politica economica (in particolare,

investimenti pubblici e sostegno al ceto medio) ed ha enfatizzato le

risultanze dei rapporti OCSE e FMI, quale riconoscimenti sul piano

internazionale della validità della ricetta economica liberale.

La politica monetaria considera una riduzione delle stime di crescita

globale, un ridimensionamento degli investimenti nel settore energetico, un

leggero recupero della valuta nazionale e l’effetto delle misure di stimolo

fiscale adottate nel budget federale. Con riferimento all’inflazione la

marcata riduzione degli investimenti delle materie prime comporterà un

rallentamento del potenziale di crescita dell’economia.

Nei primi dieci mesi del 2016 il valore dell'interscambio commerciale

tra Italia e Canada è rimasto quasi invariato rispetto allo stesso

periodo del 2015: ad ottobre ha registrato un valore di poco inferiore ai 4

mld €, con le nostre esportazioni verso il Canada (circa 3 mld di €) in

leggero calo (-1%) rispetto allo stesso periodo del 2015 e le importazioni

dal Canada, pari a 1,1 mld di €, in lieve diminuzione (-3,9%) rispetto ai

primi dieci mesi del 2015, tornando così – rispetto a quanto si era registrato

nel primo trimestre del 2016 - ai valori medi del 2013 e degli anni

precedenti.

Nel 2015 il valore dell’interscambio aveva raggiunto i 5,1 mld di €, in

leggera flessione rispetto al 2014, anno in cui le importazioni dal Canada

avevano fatto registrare un sensibile aumento, dovuto soprattutto al valore

del greggio importato (triplicato rispetto all’anno precedente), con un saldo

positivo per l’Italia di circa 2,2 mld €; le nostre esportazioni verso il Canada

si erano mantenute a livelli pressoché invariati (aumentando da 3,1 mld. di

€ nel 2014 a 3,7 nel 2015).

27

Il fenomeno dei foreign fighters sarebbe in crescita rispetto ai numeri resi noti in precedenza

dal Ministero dell'Interno canadese in seno al quale è stato istituito l’Ufficio dedicato al

coordinamento delle attività antiradicalizzazione. Il Comandante della Polizia Federale

(RCMP) ha confermato l'attenzione delle forze di polizia verso circa 60 soggetti rientrati in

Canada dalle aree di combattimento.

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66

In tale contesto l'Italia mantiene una posizione vantaggiosa che potrà

avere ulteriori ampi margini di miglioramento, soprattutto nella prospettiva

degli effetti che potranno scaturire dalla finalizzazione del Comprehensive

Economic and Trade Agreement (CETA) tra UE e Canada.

I principali settori del nostro export sono stati : macchinari (+4,3%) e le

bevande e alcolici (vino28

in particolare +3,4%);

Gli investimenti diretti bilaterali rimangono tuttavia ancora limitati e

sbilanciati in favore del Canada, che ha lanciato da tempo concrete

iniziative di attrazione di IDE, rafforzate, nel corso degli ultimi 5 anni, da

campagne condotte da agenzie governative su base locale. Secondo i dati

riportati da Eurostat (fonte Istat-ICE) nel 2015 gli investimenti dell’Italia

oltreoceano sono stati pari a 199 mln. di euro, in netta crescita rispetto ai 62

mln del 2014 ed ai 18 mln del 2013 mentre il flusso proveniente dal Canada

(27 mln di euro nel 2015) interrompe il negativo del 2014 (-35 mln. euro) e

del 2013 (-73 mln di euro). Con riferimento alle consistenze (stock di

investimenti netti), nel periodo 1992-2014 il valore degli investimenti netti

italiani in Canada risulta pari a 1,6 mld di €, mentre quelli canadesi in Italia

sono stati di 191 mln di €.

In Canada operano ed investono molte aziende italiane, alcune con

propri stabilimenti produttivi e distributivi. Il paese è considerato dai nostri

operatori il punto di partenza ideale per penetrare il mercato nord-

americano, grazie alla vicinanza con gli Stati Uniti, ai benefici dell’area

NAFTA ed alla disponibilità e prossimità di materie prime. Ne è un

esempio il recente accordo firmato l’11 luglio u.s. tra il Governo del

Quebec e la Mecaer Aviation Group - MAG29

, per un investimento nel

settore della progettazione e della produzione di carrelli d'atterraggio di

40,4 mil CAD, da effettuarsi nei prossimi 5-10 anni30

.

Gli interessi di operatori italiani nel settore energetico si concentrano nel

manifatturiero, a sostegno dell'oil&gas e nel settore delle energie

alternative. Saipem-Snamprogetti è operativa come Saipem Canada per la

realizzazione di impianti ed infrastrutture a servizio dell'estrazione e

28

Per quanto riguarda il comparto vini, la performance delle esportazioni italiane è

particolarmente positiva: tra i Paesi fornitori del Canada l'Italia occupa infatti la prima

posizione per quantità (47,7 milioni di litri) e la seconda per valore (307 milioni CAD), dopo

gli Stati Uniti (316 milioni CAD) e prima della Francia (304 milioni), Paese che ha visto nel

tempo calare progressivamente la propria quota di mercato. 29

Gruppo di aziende italiano ad elevata specializzazione nel settore aeronautico presente in

Canada da oltre 15 anni 30

L'azienda finanzierà circa il 75% dell'investimento con capitali propri, a fronte dell'impegno

della provincia a coprire la parte restante, in parte (CAD 3 mil) come contributo non

rimborsabile, in parte (8 mil) come prestito agevolato di Investissement Quebec.

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67

raffinazione di petrolio greggio da fonti non convenzionali (sabbie

bituminose) in Alberta (e, in misura minore, nelle Province Atlantiche),

dove ha avviato una proficua collaborazione come contractor delle

principali compagnie petrolifere locali (Husky Oil, Canadian Natural

Resources - CNRL, sempre tramite contratti EPC), con commesse - ottenute

negli ultimi anni - dal valore totale superiore ai 3 miliardi di Euro31

. Nelle

Province occidentali sono inoltre operative diverse aziende del

manifatturiero a servizio dell'energetico (come Valvitalia, Technip,

Tenaris) che operano come subfornitori dei grandi operatori canadesi.

Nel settore delle energie alternative e rinnovabili, si segnala in

particolare l'attività di ENEL Green Power Nord America, che è stata da

tempo attiva in Quebec, Terranova e Labrador ed in Alberta. Dopo la

soluzione del contenzioso con il Governo di Terranova per l'impianto

idroelettrico di Starlake, restano operativi un impianto a biomassa (St-

Felicien, Quebec) e un investimento in più fasi per circa 1 mld di dollari nel

settore eolico in Alberta. In Ontario opera, tra gli altri, Silfab nel settore

solare, sebbene l'attività dell'azienda sia rallentata a seguito del

ridimensionamento dei fondi pubblici provinciali di sostegno allo sviluppo

di energie alternative.

Nel quadro del rafforzamento della presenza italiana in Canada, una

posizione di rilievo riveste anche la cooperazione industriale nel settore

della difesa e dell’aerospazio, con particolare riguardo ad alcuni rilevanti

programmi di ammodernamento delle capacità delle Forze Armate avviati

da Ottawa, di interesse per importanti gruppi italiani32

. Leonardo (ex

Finmeccanica) collabora da tempo con imprese canadesi sia in Canada (in

particolare vi sono consolidate relazioni industriali tra Alenia Aeronautica e

31

Saipem Canada deve peraltro fare fronte alle pressioni di un mercato del lavoro privo di figure

professionali qualificate, ma al tempo stesso restio ad assumere, anche solo temporaneamente,

personale specializzato dall'estero. 32

Si segnalano in particolare (i) "National shipbuilding procurement strategy": il Governo

canadese ha stanziato circa 35 mld di CAD per la costruzione di una flotta di fregate e unità

per l’artico che interessa Assonave, Fincantieri ed altre industrie del settore (nell’ambito della

quale SELEX ES si è pre-qualificata per il ruolo di 'combat systems integrator' nella gara per la

fornitura della nuova generazione di fregate, le 'Canadian Surface Combatant Ships'). Le

commesse saranno assegnate ai cantieri navali di Halifax (25 mld di CAD per la costruzione di

fregate) e di Vancouver (8 mld dollari per navi appoggio, ricerca oceanografica e

rompighiaccio). Nel luglio 2014 Fincantieri, attraverso la propria controllata Vard Holdings

Limited (norvegese quotata alla Borsa di Singapore) ha acquisito la STX Canada Marine di

Vancouver, attiva con sedi a Ottawa e Houston (TX) nel mercato Nord Americano del design e

dell'ingegneria navale, per circa 8 mil €; (ii) Selex ES si e' aggiudicata il 9 dicembre 2015 una

commessa a seguito della gara, gestita dall'ente di assistenza al volo canadese - NAV Canada,

per la sostituzione – in un arco temporale di trenta anni - dei sistemi radar dei maggiori

aeroporti del Paese (Ottawa, Montreal, Toronto, Hamilton, Calgary e Vancouver). Tra i

programmi in corso va anche segnalato l’equipaggiamento dei carri armati LAV 6.032.

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Bombardier per la produzione delle “gondole” dei motori dei velivoli civili

per il trasporto regionale della serie C, insieme ad Avio, Demsa e Ivnesco)33

che in Italia (acquisizione motori Pratt&Whitney Canada per gli elicotteri

Agusta-Westland e i velivoli turboelica ATR 42-72). In tale settore, si

segnala inoltre l’interesse a sviluppare una collaborazione tra il distretto

aerospaziale pugliese e quello della regione metropolitana di Montreal. Di

rilievo anche la presenza della pisana IDS che fornisce tecnologia radar e

prospezione per il settore del traffico aereo, marittimo e terrestre.

Leonardo/Finmeccanica ha firmato nel 2016 con NavCanada (l’ente di

assistenza al volo canadese) un contratto per l’ammodernamento entro il

2027 del “Radar Network System” per il controllo del traffico aereo nei 12

maggiori aeroporti canadesi, con la previsione di opzioni per le successive

fasi di manutenzione e sostituzione di ulteriori apparati.

Fiat Chrysler Automobiles - FCA, presente in Canada con una

sussidiaria del gruppo (ex Chrysler) con sede legale a Windsor (Ontario),

dispone di tre stabilimenti localizzati a Brampton, Windsor ed Etobicoke

(tutti in Ontario), un centro di ricerca e sviluppo a Windsor, tre filiali

amministrative (Missisauga, Montreal, Calgary) e tre centri di distribuzione

e ricambi (Missisauga, Montreal, Red Deer) per un totale di circa 8.500

addetti. Sempre nel settore automotive sono presenti ed operative anche

altre imprese, tra cui si segnala Pirelli, con sede a Montreal.

Italcementi opera in Canada tramite la controllata americana Essroc sin

dal 1989. Astaldi ha iniziato a partecipare con successo a gare ed appalti

pubblici in Canada. Ad ottobre 2013, per il tramite della sua controllata

Astaldi Canada, venne selezionato come contractor per la realizzazione

delle opere civili relative all'Impianto idroelettrico di Muskrat Falls,

(Labrador), del valore di 1 miliardo di dollari canadesi (711 milioni di euro

circa). MAPEI ha aperto nel 1978 il proprio primo stabilimento estero e,

oggi, il più importante nei pressi di Montreal.

L'Italia è tra i maggiori importatori di produzione agricola canadese,

specialmente di materie prime non raffinate (grano e granaglie). Parte delle

nostre importazioni di materie prime viene poi riesportata in Canada come

prodotto trasformato: il Canada è uno dei primi 10 Paesi di destinazione

delle esportazioni agroalimentari, in continua crescita34

. Il gruppo

33

Circa il 6% delle componenti dei velivoli Bombardier della serie C è assicurato da imprese

italiane 34

Vi sono peraltro state alcune rigidità del mercato agroalimentare canadese, principalmente

riconducibili alla legislazione in materia di marchi, che contrasta con alcune denominazioni

d'origine italiana (v. in particolare i contenziosi che hanno coinvolto i Consorzi dei Prosciutti di

Parma, San Daniele e Toscano) e che al contempo resta lacunosa per la protezione degli aspetti

commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (c.d. Italian Sounding). Tali problematiche

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Campari ha acquisito (3 giugno 2014) la Forty Creek Distillery Ltd,

azienda leader e marchio storico nel mercato delle bevande alcooliche in

Canada, per circa 198,2 milioni di dollari canadesi (pari a 133,7 milioni di

euro). Ferrero Canada è presente nel paese con grande successo dal 1974

ed ha uno stabilimento a Brantford la cui produzione rifornisce sia il

mercato nordamericano, sia il mercato australiano. Nel 2013 il Gruppo

Ferrero decise di avviare nel sud dell'Ontario, d'intesa con l'Università di

Guelph e con le istanze rappresentative del settore primario canadese, una

innovativa coltivazione di nocciole, in vista di un investimento industriale

di lungo periodo volto a controllare anche in Canada il rischio delle

oscillazioni legate del prezzo della nocciola ed a potenziare la

diversificazione degli approvvigionamenti.

Funzionale al rafforzamento della cooperazione commerciale ed

industriale tra Italia e Canada è la cooperazione scientifica e tecnologica

ed accademica, colonna portante delle relazioni bilaterali tra Roma ed

Ottawa, anche in virtù della priorità attribuita dalle Autorità canadesi al

reperimento e sviluppo di nuove tecnologie in tutti i settori 'sul crinale' tra

scienza e mondo degli affari e caratterizzata da un elevatissimo numero di

collaborazioni tra i centri di ricerca e le università italiane con omologhi

enti canadesi (più di un centinaio) e da una forte presenza di ricercatori

italiani in Canada (stimati in oltre 3000). In considerazione dell'ampiezza

della cooperazione tecnologica finalizzata all'innovazione tra Italia e

Canada, è stato concordato un Piano d'Azione che ne costituisce la cornice

strategica e ne identifichi le modalità di finanziamento prevedendo anche il

coinvolgimento del settore privato.

Nel settore agroalimentare esiste una collaborazione tra il distretto

lombardo Parco Padano e quello quebecchese di St-Hyacinthe; il CNR ha la

guida di un progetto COST sulla qualità dell'alimentazione, su fondi UE,

che coinvolge Agriculture and Agro-Food Canada; in quello

dell’automotive vi è un progetto di collaborazione, sostenuto da FIAT-

Chrysler (FCA) in supporto al settore automobilistico canadese, tra il

Politecnico di Torino, l'Università di Windsor ed il Distretto Tecnologico

Italiano IMAST.

La presenza dei ricercatori italiani è stata valorizzata sia promuovendo la

costituzione di associazioni di ricercatori italiani in Québec, Ontario e

British Columbia, sia organizzando, in collaborazione con le Università

locali, Tavole Rotonde annuali con la partecipazione di esponenti italiani e

potranno tuttavia trovare soluzione con l’attuazione delle misure previste dall’accordo UE-

Canada CETA.

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70

canadesi di primo piano della ricerca e dell'industria35

. L'Italia si è inoltre

ritagliata un apprezzato ruolo di "facilitatore" dell'accesso dei ricercatori

canadesi ai fondi per la ricerca stanziati dall'Unione Europea per i progetti,

che sono stati coordinati dall'Agenzia per la Ricerca Europea (APRE),

ERA-Can ed ora ERA-Can Plus, finalizzati a diffondere la conoscenza in

Canada degli strumenti finanziari previsti dal programma quadro UE

Horizon 2020. Tra i settori di cooperazione che presentano le potenzialità

più interessanti vi è in particolare quello dell'osservazione della Terra

dallo spazio, alla luce dell'interesse dell'Agenzia Spaziale Italiana e dalla

Canadian Space Agency a rendere interoperabili i due rispettivi sistemi di

satelliti (Cosmo-SkyMed e Radarsat-2) per estendere l'utilizzo dei relativi

dati.

Per quanto riguarda il turismo il Canada occupa una posizione di

assoluto rilievo (è il settimo Paese per spesa turistica internazionale, con 35

mld di dollari) e - visto il benessere diffuso e la costante crescita economica

- vanta ulteriori margini di crescita. Per le forti affinità etnico-culturali

l’Italia è percepita come una destinazione ideale e dopo Regno Unito e

Francia si colloca quale 3^ meta tra i Paesi europei. Mentre negli anni

passati il rapporto di cambio euro/dollaro canadese aveva costituito un

potenziale deterrente, con conseguente necessità di offrire un miglior

rapporto tra qualità e prezzo, l’attuale corso dell’Euro contribuisce a

confermare che l'Italia rimane tra le destinazioni maggiormente preferite in

Europa, con dati relativi a numero di viaggiatori, numero di pernottamenti e

spesa in costante aumento: secondo la Banca d'Italia nel periodo gennaio-

novembre 2015 sono stati rilevati 840 mila arrivi di cittadini canadesi alle

frontiere italiane (+11,6% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno)

con una spesa di 966 milioni di euro (+4,2% rispetto allo stesso periodo del

2014) ed un +1,7% sul numero di pernottamenti; nell’anno 2014 si erano

registrati 783.000 arrivi di cittadini canadesi (+21% rispetto al 2013: tale

cifra esclude quanti hanno viaggiato con passaporto italiano), con una spesa

totale di 958 mln di € (+28,8% in più rispetto al 2013).

35

In vista dell’EXPO 2015 nell’ottobre 2013 si era svolto a Montreal e a Toronto un rilevante

evento dedicato al tema "Nutrition: research, innovation and markets".

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71

Indicatori economici a confronto Italia – Canada

ITALIA CANADA

2013 2014 2015

2016

prev.

novemb

re

2013 2014 2015

2016

prev.

novemb

re

PIL

nominale

2.148

(US $

bn)

1.609

(€ bn)

1.978

1.616

1.814

1.635

1.815

1.675

1.837

(mld

USD)

1.786 1.551 1.541

Variazione

del PIL reale

-1,7% -0,3% 0,8% 0,7% 2,2% 2,5% 1,1% 1,3%

PIL pro

capite

34.91

8

(US $)

26.53

1

(€ bn)

35.25

7

26.58

1

36.73

8

26.80

2

37.620

27.400

43.25

3

(mld

USD)

44.96

8

45.30

5

46.365

Deficit/PIL -2,9% -3,0% -2,6% -2,4% -2,7% -1,6% 1,9% -2,9%

Debito

pubblico/PIL

128.5

%

132.5

%

132,7

% 133,0%

92,4

%

94,7

%

95,3

% 95,7%

Tasso di

disoccupazio

ne

12,1% 12,7 11,9 11,5 7,1% 6,9% 6,9% 7,0%

Tasso di

disoccupazio

ne giovanile

(fino a 25

anni) (*)

40% 42,7% 40,3% 37,1** 16%

12%

12,9

% 13,3%

Tasso di

inflazione 1,3% 0,2% 0,1% 0,0% 1,5% 2,0% 0,7% 1,5%

Fonte: Commissione Europea (DG Affari Economici e Finanziari)

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72

E.I.U Economist Intelligence Unit

(*) :OCSE/ISTAT e Statistics Canada (**) dato relativo al mese di

maggio 2016

Dati statistici bilaterali interscambio commerciale

(milioni di euro)

2012

2013

2014

2015

2016

(gen-ott.)

Esportazioni italiane 2.888 3.030 3.101 3.680 3.040

Variazione % 7,0% 4,9% 2,4% 17% -1% (*)

Importazioni italiane 1.735 1.610 2.473 1.460 1.148

Variazione % 5,1 - 7,0 53,6 -41 -3,9% (*)

Totale 4.621 4.640 5.574 5.140 4.188

Variazione % n.d. 0,4% 20,2% -8,3% -1,8%

Saldo per l’Italia 1.153 1.420 628 2.220 1.892

Fonte: ISTAT

(*) variazione rispetto allo stesso periodo del 2015

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RAPPORTI PARLAMENTARI

(A CURA DEL SERVIZIO RAPPORTI INTERNAZIONALI DELLA CAMERA)

Presidente della Camera dei Comuni Geoff REGAN, dal 3 dicembre 2015

Presidente del Senato George FUREY, dal 3 dicembre 2015

RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE

Ambasciatore in Canada:

Gian Lorenzo CORNADO,

dal 2 aprile 2013

Ambasciatore in Italia:

Peter McGOVERN, dal luglio 2013

XVII LEGISLATURA

Parlamentari eletti all’estero

Nell’ambito della Ripartizione America settentrionale e centrale, è stata eletta

l’on. Francesca La Marca (PD), residente a Toronto, Canada.

Corrispondenza

Invitata a svolgere una visita in Canada, la Presidente Boldrini ha accolto

l’invito da fissare in data successiva allo svolgimento delle elezioni canadesi

(19 ottobre 2015).

La Presidente della Camera dei Deputati, on. Laura Boldrini, ha inviato, il 12

luglio 2013, allo Speaker della Camera dei Comuni, Andrew Scheer, una lettera

di cordoglio per il grave incidente ferroviario di Lac-Mégantic.

Incontri bilaterali

Il 28 gennaio 2016, il Vice Presidente Di Maio ha incontrato l’Ambasciatore

del Canada, Peter McGovern.

L'8 settembre 2014, la Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini,

ha incontrato lo Speaker della Camera dei Comuni del Canada Andrew Scheer.

Il 2 settembre 2013, il Presidente del Senato canadese, Noël Kinsella, è stato

ricevuto dal Vice Presidente della Camera, Luigi Di Maio.

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74

Nella XVI legislatura, il 15 ottobre 2009, il Presidente della Camera,

Gianfranco Fini, aveva incontrato il Presidente Kinsella e il Presidente

dell'Assemblea Nazionale del Québec, Yvon Vallieres.

Commissioni

Il 15 aprile 2014, il Vice Presidente della Commissione Affari esteri, Andrea

Manciulli, ha ricevuto una Delegazione di parlamentari canadesi, membri del

Gruppo interparlamentare di amicizia Europa-Canada, guidata dall’on.

David Tilson.

Il 18 dicembre 2013, il Vice Presidente della Commissione Affari Esteri,

Andrea Manciulli, ha incontrato il Ministro delle Relazioni internazionali del

Québec, Jean-François Lisée.

Nella XVI legislatura, l’allora Ministro delle Relazioni internazionali e

Ministro responsabile della Francofonia del Quebec, on. Monique Gagnon-

Tremblay aveva effettuato due missioni in Italia incontrando il 23 giugno 2011, il

Presidente della Commissione Affari esteri, on. Stefano Stefani, e il 14 ottobre

2010, il Vice Presidente della Commissione Affari Esteri, on. Franco Narducci.

Attività legislativa

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di sicurezza sociale tra il Governo della

Repubblica italiana e il Governo del Canada, fatto a Roma il 22 maggio 1995,

con Protocollo aggiuntivo, fatto a Roma il 22 maggio 2003.

Legge n. 93/15 del 16 giugno 2015, GU n. 154 del 6 luglio 2015.

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75

Cooperazione multilaterale

Il Canada invia proprie delegazioni parlamentari alle Assemblee

parlamentari della NATO e dell’OSCE. Nel 2001 il Canada ha ospitato, ad

Ottawa, la 47ma

Sessione annuale dell’Assemblea parlamentare della NATO e

dal 13 al 17 novembre 2006 ha ospitato a Quebec la 52ma

Sessione annuale

dell'Assemblea NATO.

La senatrice Raynell Andreychuk ha partecipato ai lavori del Gruppo

Speciale per il Mediterraneo della NATO che si è tenuta a Firenze dal 25 al 26

novembre 2015.

Nell’ambito dell’Assemblea NATO, dal 30 aprile al 3 maggio 2014 si è svolta

una missione a Vancouver e Victoria cui hanno partecipato gli onorevoli Paolo

Alli e Andrea Causin e la sen. Cristina De Pietro. I parlamentari hanno avuto

incontri: all’Università del British Columbia per discutere di difesa e sicurezza

nella regione Asia Pacifico e delle risorse energetiche non convenzionali del

Canada; all’Assemblea legislativa del British Columbia, e infine hanno svolto

una visita al Port Metro di Vancouver e alla Base navale Esquimalt.

Dal 17 al 21 ottobre 2008 il Canada ha ospitato a Toronto la Riunione

autunnale dell'Assemblea parlamentare dell'OSCE.

Dimensione parlamentare del G8

Il Canada partecipa alla dimensione parlamentare del G8. L’ultima riunione

ha avuto luogo a Tokyo dall’ 1 al 4 settembre 2016. La prossima riunione

dovrebbe tenersi nel 2017 in Italia.

Cooperazione amministrativa

Il 25 settembre 2007 la Vice Direttrice del Servizio Rapporti

interparlamentari e internazionali dell’Assemblea nazionale del Quebec,

Dominique Drouin, ha incontrato, presso la Camera dei deputati, i responsabili

del Servizio Rapporti internazionali e dell’Ufficio del Cerimoniale.

In occasione della visita in Italia di una delegazione del Senato canadese, il

Segretario Generale del Senato canadese, Paul Bélise, ha incontrato il 10 ottobre

2006 il Segretario Generale della Camera dei deputati Ugo Zampetti.

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76

Sul piano della cooperazione amministrativa in ambito G8, a seguito di

un'indicazione ricevuta dai Presidenti, i responsabili dei servizi di sicurezza

delle Camere Basse dei Paesi G8 si sono riuniti a Roma, il 21 e 22 novembre

2003, per confrontare le rispettive esperienze.

UIP

Nella XVII legislatura è sta designata a presiedere la sezione di amicizia

Italia-Canada l’onorevole Francesca La Marca (PD), nata a Toronto.

Il 15 aprile 2014, la Presidente La Marca ha ricevuto una Delegazione di

parlamentari canadesi, membri del Gruppo interparlamentare di amicizia

Europa-Canada, guidata dall’on. David Tilson.

Il 18 dicembre 2013, l’on. La Marca ha incontrato il Ministro delle Relazioni

internazionali del Québec, Jean-François Lisée, in visita in Italia.

Il Canada ha ospitato, dal 21 al 26 ottobre 2012, a Quebec City, la 127ma

Assemblea dell’Unione interparlamentare.

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PROFILI DELLA CONDIZIONE FEMMINILE IN CANADA

(A CURA DEL SERVIZIO STUDI DELLA CAMERA)

Il paese si colloca al 35°posto su 144 nel global gender gap 2016 index;

il settore dove la parità è più in sofferenza è quello dell’empowerment

politico (donne in Parlamento, donne Ministro, donne Capo di Stato)

seguito da quello economico (tasso di occupazione, parità del compenso per

pari lavoro, salari e stipendi annuali, figure apicali e manageriali); in

controtendenza il dato relativo all’impiego in lavori professionali e tecnici

dove le donne superano gli uomini spingendo il Canada al primo posto nel

index 2016.

La parità di genere è un valore fondante dello Stato canadese, sancito

dalla Carta dei diritti e delle libertà, che è parte della Costituzione. Parità di

genere significa che le donne e gli uomini, in tutta la loro diversità, sono in

grado di partecipare pienamente a tutti gli ambiti della vita canadese,

contribuendo ad una società inclusiva e democratica.

L'uguaglianza di genere, l'empowerment delle donne e delle ragazze e la

promozione e protezione dei loro diritti sono pertanto valori chiave in

Canada, dove è radicata la consapevolezza che la promozione

dell'uguaglianza di genere è un presupposto indispensabile per una crescita

economica sostenibile, per il progresso sociale e per ogni forma di sviluppo

culturale.

A tale scopo il paese ha promosso nel 1995, nell'ambito della ratifica

della Piattaforma di Pechino delle Nazioni Unite, l'analisi di genere GBA

(gender based analysis) e il governo ha adottato il piano federale per

l'uguaglianza di genere, con l'impegno fondamentale di implementare

l'analisi di genere in tutti dipartimenti e le agenzie federali. Tale impegno è

stato recentemente rinnovato e il governo sta lavorando per rafforzarne

l’attuazione.

La pagina web governativa dedicata al GBA presenta una sezione

dedicata a sfatare alcuni “miti” in materia di inutilità di tale tipologia

analitica che consente di cogliere una eco del dibattito nel Paese

sull’utilizzo di indicatori di genere. Questi gli argomenti:

la presunta parità di genere, esistente in Canada secondo alcune voci,

è smentita dal fatto che le donne in media guadagnano 73,5

centesimi per ogni dollaro guadagnato dagli uomini. Le donne sono

più spesso vittime di violenza domestica e sessuale e continuano ad

essere sottorappresentate nelle posizioni di leadership e decisionali,

occupando solo il 10,3% delle posizioni nei boards. Ciò è

particolarmente evidente per alcuni gruppi di donne quali quelle

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78

delle comunità del nord e rurali, più vulnerabili alla povertà, le

donne aborigene più esposte alla violenza del partner e le donne

immigrate, che sperimentano più alti tassi di disoccupazione;

all’osservazione che, in una condizione di generale uguaglianza tra

donne e uomini in Canada, l’analisi di genere GBA si applica solo a

questioni femminili e rappresenterebbe una sorta di patrocinio per le

donne, si replica che GBA è uno strumento progettato per

incrementare le capacità di analisi critica e per identificare potenziali

impatti delle decisioni e delle situazioni; una volta che un problema è

stato analizzato utilizzando il processo GBA, la diversità di genere

può emergere come il fattore più rilevante ma tale fattore, in altri

casi, potrebbe essere rappresentato da cultura, geografia, o da una

combinazione di fattori capaci di mettere un particolare gruppo a

maggior rischio;

all’ osservazione che GBA abbia valore solo per i settori "sociali" il

governo replica argomentando che tutte le politiche colpiscono

persone e il fatto che le questioni di genere possano avere più risalto

in alcune aree (ad esempio istruzione e sanità) e meno in altre (quali

risorse naturali e difesa), non comporta che il genere non sia

rilevante.

Il Canada è impegnato, altresì, nella promozione dell’eguaglianza di

genere e dei diritti umani di donne e ragazza anche in ambito

extradomestico, dove la promozione dell'uguaglianza di genere è al centro

delle attività di assistenza internazionale e dove gli obiettivi per

l'empowerment delle donne sono integrati nei programmi di cooperazione

allo sviluppo e nei progetti finalizzati alla loro realizzazione. La protezione

e la promozione dei diritti delle donne e delle bambine è una delle priorità

della politica estera canadese e ne innerva il confronto con gli altri paesi e

nei forum multilaterali.

Il Canada ha fortemente sostenuto la promozione della parità di genere e

l'empowerment delle donne e delle ragazze come obiettivo dell’Agenda

2030 per lo sviluppo sostenibile ed è stato tra i primi paesi a firmare e

ratificare la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di

discriminazione contro le donne (CEDAW).

All’interno dell’Onu, in ambito UNWomen, in Consiglio dei diritti

umani e nelle altre sedi, il Canada supporta le risoluzioni che chiedono

l'eliminazione della violenza contro le donne anche per quanto riguarda le

ragazze, i delitti d'onore e l'eliminazione delle pratiche tradizionali o

consuetudinarie dannose per la salute di donne e ragazze (tra cui la

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mutilazione genitale femminile). Il paese si è anche impegnato per garantire

che reati sessuali e di genere fossero inclusi nel progetto di statuto della

Corte penale internazionale.

Il Canada si è dotato di un piano d'azione nazionale piano d’azione

nazionale per l'attuazione della risoluzione 1325 (2000) del Consiglio di

sicurezza delle Nazioni Unite su donne, pace e sicurezza e successive

risoluzioni.

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Cina

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83

SCHEDA-PAESE

(A CURA DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE)

CINA REPUBBLICA POPOLARE

Quadro generale

La Cina è una repubblica democratica popolare con capitale Pechino.

Territorialmente è divisa in 23 province (il Governo Cinese considera

Taiwan come sua 23a Provincia), 5 regioni autonome e 4 municipalità; vi

sono inoltre le Regioni Amministrative Speciali di Hong Kong e Macao,

che godono di autonomia in tutti i settori fatta eccezione per la politica

estera e la difesa.

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La popolazione della Cina è di circa 1.355 milioni di abitanti, di cui il

91,6% di etnia han (tasso di crescita 0,44%). Il governo cinese riconosce

ufficialmente 56 gruppi etnici La religione prevalente è il buddismo

(18,2%). I cristiani costituiscono il 5,1% dei credenti, mentre i

musulmani costituiscono l’1,8%.

La Costituzione attribuisce al Partito Comunista Cinese il ruolo di

leadership nel processo di “dittatura democratica popolare” su cui si

fonda lo Stato. La struttura politica di base rimane quella di uno Stato

autoritario governato da un solo partito: le strutture del Partito

Comunista Cinese si sovrappongono e controllano tutti i livelli

istituzionali. Non esiste un’opposizione.

Il Partito convoca ogni cinque anni i Congressi Nazionali e in quel

contesto vengono decisi i nomi dei massimi dirigenti del Partito,

decisioni che il Parlamento ratifica. Il XVIII ed ultimo Congresso si è

svolto nel 2012. Il prossimo Congresso, il XIX, è previsto nel 2017.

Nel corso del XVIII Congresso Xi Jinping è stato scelto quale

Segretario generale del Partito e Presidente della Repubblica

(incarico che ha avuto il suo passaggio formale nel voto del

Parlamento a marzo 2013). Il Congresso del novembre 2017

sceglierà il successivo leader e il Parlamento ratificherà

l’incarico a marzo 2018.

Il principale organo del Partito è il Comitato Centrale, il quale annovera

205 membri permanenti (171 i supplenti) e si riunisce in sessione plenaria

almeno una volta l’anno. La gestione quotidiana degli affari partitici è

affidata, ai massimi livelli, al Politburo del Comitato Centrale,

composto da 25 membri, e ad un organo ancora più ristretto, il Comitato

Permanente del Politburo, vero centro di potere, ove siedono i 7

massimi dirigenti del Paese: in ordine gerarchico, 1) Xi Jinping

(Segretario Generale del Partito, Presidente della Repubblica e Capo delle

Commissioni Militari Centrali dello Stato e del Partito- resterà in carica

fino al 2017); 2) Li Keqiang (Primo Ministro del Consiglio di Stato-

resterà in carica fino al 2017); 3) Zhang Dejiang (Presidente

dell’Assemblea Nazionale del Popolo) 4) Yu Zhengsheng, Presidente del

Comitato Nazionale della Conferenza Consultiva Politica del Popolo

Cinese; 5) Li Yuanchao, Vice Presidente della Repubblica; 6) Wang

Qishan, Segretario della Commissione Centrale per le Ispezioni

Disciplinari di Partito; 7) Zhang Gaoli, Vice Ministro Esecutivo.

Il Parlamento è monocamerale. L’Assemblea Nazionale del Popolo

(ANP), composta da 2978 deputati, si riunisce in seduta plenaria una

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85

volta l’anno (il suo organo permanente è il Comitato Permanente

dell’ANP) e rimane in carica per 5 anni.

Il Presidente dell’Assemblea Nazionale del Popolo (parlamento) è

Zhang Dejiang. Le ultime elezioni si sono tenute a marzo 2013. Le parlamentari

donne sono 699 ovvero il 23,40%36

. Le prossime si terranno nel

marzo 2018. Quella attuale è la XII legislatura.

L’elettorato attivo e passivo è 18 anni. I deputati sono eletti

indirettamente dalle 31 “Assemblee del Popolo” locali, elette a livello

cittadino, di contea, distrettuale, provinciale e regionale e delle regioni

amministrative speciali nonché dalle forze armate, sulla base di collegi

plurinominali a maggioranza assoluta dei voti. E’ garantita altresì la

rappresentanza delle nazionalità minoritarie.

L’ANP ha il compito di emendare la Costituzione e controllarne

l’applicazione; fare proposte di legge e approvare le leggi dello Stato;

eleggere e dimettere dalle loro funzioni i principali dirigenti dello

Stato (il Presidente e il Vice-Presidente della Repubblica, il Primo

Ministro e i Ministri; il Presidente della Commissione Militare Centrale,

il Presidente della Corte Suprema ed il Presidente della Procura

Suprema); esaminare e approvare le principali decisioni del governo

(piani economici e di sviluppo sociale, rapporti sul bilancio statale e loro

applicazione); dichiarare la guerra o concludere la pace; modificare o

annullare le decisioni del Comitato Permanente; interpellare il governo.

L’ANP è articolata in 9 Commissioni con il compito di studiare,

esaminare ed elaborare le proposte di competenza.

PRINCIPALI CARICHE ISTITUZIONALI

CAPO DI STATO XI Jinping (Segretario Generale del

Partito, Presidente della Repubblica e

Capo delle Commissionii Militari

Centrali)

PRESIDENTE

DELL’ASSEMBLEA

GENERALE DEL POPOLO

ZHANG Dejiang

PRIMO MINISTRO LI Keqiang

MINISTRO DEGLI AFFARI

ESTERI

WANG Yi

36

Fonte UIP

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86

POPOLAZIONE, SOCIETA’ E DIRITTI37

POPOLAZIONE 1.357.000.000 ab.

91,6% di etnia han (tasso di crescita

0,5%). Il governo cinese riconosce

ufficialmente 56 gruppi etnici.

CAPITALE Pechino

Territorialmente è divisa in 23

province (il Governo Cinese considera

Taiwan come sua 23a Provincia), 5

regioni autonome e 4 municipalità; vi

sono inoltre le Regioni

Amministrative Speciali di Hong

Kong e Macao, che godono di

autonomia in tutti i settori fatta

eccezione per la politica estera e la

difesa.

LINGUA UFFICIALE Cinese mandarino

RELIGIONI Buddisti 18,2%, Cristiani 5,1%,

Musulmani 1,8%

PUNTEGGIO DIRITTI POLITICI

(1 max-7 min)

7, non libero

PUNTEGGIO LIBERTA’ CIVILI

(1 max-7 min)

6, non libero

LIBERTA’ DI STAMPA (0-100) 86, non libera

LIBERTA’ SU INTERNET (0-

100)

88, non libera

INDICE CORRUZIONE

PERCEPITA (0-100)

36

DEBOLEZZA DELLO STATO

(20 min. -114 max)

76,4

INDICE DI SVILUPPO UMANO

(0-1)

0,719

DATI ECONOMICI38

PIL 11.385 miliardi $

37

Fonte: Treccani, Atlante geopolitico 2016, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma. 38

Fonte: Treccani, Atlante geopolitico 2016, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma.

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87

TASSO DI CRESCITA 6,8%

PIL PRO CAPITE 14.190 $

COMPOSIZIONE DEL PIL 9,2% (primario); 42,6% (secondario);

48,2% (terziario)

TASSO DI DISOCCUPAZIONE 4,1

RAPPORTO DEBITO/PIL 43,2%

SPESA MILITARE/PIL 2,06%

Rappresentanze diplomatiche

Ambasciatore d’Italia a

Pechino

ETTORE SEQUI (da agosto

2015)

Ambasciatore della RPC a

Roma

LI RUIYU (dal 15 gennaio 2014)

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88

Rapporti parlamentari

Anche i rapporti tra la Camera dei deputati e il Parlamento cinese

sono molto intensi. Nelle ultime legislature, gli incontri parlamentari

sono stati rilevanti non solo per la loro frequenza (16 a livello delle sole

Commissioni parlamentari nella sola XVI legislatura), ma anche per il

loro livello, giungendo ad investire le più alte cariche dello Stato.

Tra gli incontri più recenti si segnalano:

Il 15 ottobre 2014 la Presidente della Camera Laura Boldrini ha

incontrato il Primo Ministro, Li Keqiang. Tra i temi affrontati, la

ricostituzione della Commissione bilaterale di collaborazione; la

comunità cinese in Italia e presenza degli studenti cinesi nelle

università italiane. Nell'incontro si è discusso, inoltre, di sviluppo

sostenibile e di sicurezza alimentare, temi di Expo2015 dove la Cina

allestirà uno dei padiglioni più estesi. All'incontro hanno preso parte

anche il ministro degli affari esteri Wang Yi, l'ambasciatore cinese in

Italia Li Ruiyu, e l'ambasciatore d'Italia a Pechino, Alberto Bradanini.

Il 22 aprile 2016, a margine della riunione ASEP9 ospitata dalla

Mongolia, la Vicepresidente Marina Sereni ha incontrato la deputata

Zhao Shaohua, Vice Presidente della Commissione Affari esteri della Assemblea Nazionale della Repubblica cinese e Presidente della

parte cinese della Commissione di collaborazione bilaterale. In

precedenza (6 novembre 2014) la Vicepresidente aveva incontrato

Zhang Ping, VicePresidente del Comitato Permanente

dell'Assemblea Nazionale.

il 21 e 22 aprile 2016 si è svolta in Mongolia la nona riunione

dell’Asia-Europe Parliamentary Partnership Meeting (ASEP9),

incentrata sul tema: “The Role of Asia-Europe Parliamentary

Partnership in ASEM”. Alla riunione ha preso parte, in rappresentanza

della Camera dei deputati, la Vicepresidente Marina Sereni. Per

l’ANP hanno partecipato Ms Zhao Shaohua, Vice Presidente della

commissione Affari Esteri, e Gao Xiang.

Dal 30 maggio al 4 giugno 2016 il Presidente della Commissione

Affari sociali Mario Marazziti, insieme agli onorevoli Donata Lenzi e

Giulia Grillo ha svolto una missione in Cina nel corso della quale

hanno avuto incontri con i parlamentari cinesi sui temi sociali e

sanitari. I parlamentari hanno anche incontrato alcuni funzionari della

Food and Drugs Administration e alcuni componenti dell’Assemblea

della Municipalità di Shanghai.

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89

Si ricorda che, nella precedente legislatura, il Presidente della

Camera ha ricevuto la visita delle prime quattro cariche del paese: il

Presidente della Repubblica Hu Jintao nel 2009; il Primo Ministro Wen

Jiabao nel 2010; il Presidente dell’Assemblea Nazionale del Popolo, Wu

Bangguo, nel 2009; il Presidente del Comitato Nazionale della Conferenza

Consultiva Politica del Popolo Cinese e quarta carica dello Stato, Jia

Qinglin, nel 2012.

Più in generale, i rapporti parlamentari tra le due Assemblee sono in

continuo sviluppo a partire dalla visita ufficiale in Cina del Presidente

Luciano Violante (settembre 2000) nella XIII legislatura, che ha portato

alla firma, nel 2001, di un Protocollo di cooperazione bilaterale, il quale

prevede la costituzione di una Commissione parlamentare di

collaborazione, che ad oggi si è riunita quattro volte (l’ultima, la quarta a

Roma, presso la Camera dei deputati, nell’ottobre 2011).

La Commissione di collaborazione italo-cinese svolge un ruolo

propulsore nelle relazioni sino-italiane, tenendo riunioni periodiche ed

incontrando sistematicamente le delegazioni che visitano la Camera dei

Deputati. Nella XVII legislatura la Commissione è presieduta

dall’onorevole Guglielmo Epifani (PD), Presidente della Commissione

attività produttive, e composta dagli onorevoli Dorina Bianchi (AP),

Edmondo Cirielli (FDI-AN), Matteo Colaninno (PD) e Pietro Laffranco

(FI-PDL). La prossima riunione della Commissione, la quinta, dovrà aver

luogo in Cina nel settembre 2016.

Vi è inoltre, una sezione di amicizia con la Cina, costituita in ambito

UIP, che è presieduta dall’onorevole Vinicio Giuseppe Guido Peluffo

(PD) ed è composta dagli onn. Nicola Stumpo (PD), Roberta Agostini

(PD), Pietro Laffranco (FI), Davide Caparini (Lega Nord e Autonomie).

Si segnala inoltre che il Parlamento italiano ha approvato le seguenti

leggi:

- Legge n. 96/15 del 18 giugno 2015 (GU n. 155 del 7 luglio

2015) relativa a Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il

Governo della Repubblica italiana e il Governo della Regione

amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare

cinese per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte

sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo,

fatto a Hong Kong il 14 gennaio 2013;

- Legge n. 161/15 del 24 settembre 2015 (GU n. 235 del 9 ottobre

2015) relativa a Ratifica ed esecuzione del Trattato di

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estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica popolare

cinese, fatto a Roma il 7 ottobre 2010;

- Legge n. 64/15 del 29 aprile 2015 (GU n. 114 del 19 maggio

2015) relativa a Ratifica ed esecuzione del Trattato tra il Governo

della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica

popolare cinese, in materia di reciproca assistenza giudiziaria

penale, fatto a Roma il 7 ottobre 2010.

- Legge n. 54/16 del 4 aprile 2016 (GU n. 97 del 27 aprile 2016)

“Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sul reciproco

riconoscimento dei titoli attestanti studi universitari o di

livello universitario rilasciati nella Repubblica italiana e nella

Repubblica popolare cinese, con Allegati, firmato a Pechino il 4

luglio 2005”.

- La Commissione esteri del Senato ha concluso l’esame del ddl

di “Ratifica ed esecuzione dell'Accordo istitutivo della Banca

asiatica per gli investimenti in infrastrutture”, con Allegati,

fatto a Pechino il 29 giugno 2015 (S. 2407, la Camera lo ha

approvato il 18 maggio 2016).

La Banca asiatica per gli investimenti in infrastrutture (AIIB)

è stata istituita il 29 giugno 2015 con la firma a Pechino

dell’Accordo istitutivo. 57 sono i Paesi aderenti.

Complessivamente, tra i membri fondatori, 20 sono non

regionali; tra questi vi sono 14 Paesi dell’Unione europea (tra

cui Italia, Regno Unito, Germania e Francia), 3 Paesi europei

non-UE (Svizzera, Norvegia e Islanda) e 3 Paesi extra-europei

(Brasile, Egitto e Sud Africa). Il mandato della Banca è

promuovere lo sviluppo economico sostenibile dell’Asia

attraverso l’investimento in infrastrutture. Le operazioni si

concentreranno nei settori dell’energia, dei trasporti, delle

telecomunicazioni, delle infrastrutture rurali, dello sviluppo e

della logistica urbana. Esse assumeranno la forma di prestiti,

partecipazioni al capitale e garanzie.

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91

CINQUE TENDENZE DELLA CINA CONTEMPORANEA

1. Xi Jinping: primus inter inferiores

Gli ultimi quattro anni hanno registrato una eccezionale concentrazione

di potere nella figura carismatica del Presidente della RPC e Segretario

generale del PCC, Xi Jinping. L’ordinamento cinese comprime oggi

fortemente il naturale dinamismo della società e lo sviluppo di spazi

intermedi di interazione tra Stato e società. L’azione e il ruolo delle ONG

risultano fortemente condizionati. I loro legami con partner stranieri sono

visti con estremo sospetto e scoraggiati dalle autorità che hanno più volte

denunciato il ruolo di catalizzatore occulto giocato da ONG straniere

nella promozione delle “rivoluzioni colorate” in vari paesi.

2. La “nuova normalità”: minor crescita, crescenti ineguaglianze e

lotta alla corruzione

La Cina è attraversata da forti iniquità sociali con squilibrio nella

distribuzione della ricchezza, ridotta mobilità sociale con il rischio di una

diffusa instabilità. Tali squilibri sono particolarmente tangibili negli

ambiti dell’istruzione e della sanità, dell’assistenza ad anziani, bambini e

malati. L’economia cinese si avvicina al termine di un ciclo di

espansione caratterizzato da tassi annuali di incremento del PIL a doppia

cifra. La leadership fa sempre più frequente e esplicito riferimento a una

“nuova normalità” con una crescita dai ritmi più moderati e rispettosa

dell’ambiente. Sempre più saliente è inoltre l’impegno a costruire un

originale Stato di diritto che coniughi le istanze di una società in

continua e dinamica evoluzione con le esigenze di stabilità politica

mediante una amministrazione ricettiva, meno corrotta e più efficiente in

una logica che vede comunque insindacabilmente il PCC in posizione di

monopolio.

3. Urbanizzazione e sfida ambientale

Nelle scorse tre decadi la Cina ha cambiato il suo tradizionale volto di

paese rurale. La Cina oggi ha più di 100 città con almeno un milione di

persone. Shanghai (23 milioni), Pechino (19.5 milioni), Chongqing (13

milioni), Guangzhou (12 milioni), Shenzhen (11 milioni) e Tianjin (11

milioni).Una nuova fase di sviluppo urbano è promossa dal governo che

vede in essa il motore di una nuova stagione di crescita economica e

innovazione. La Banca Mondiale stima che entro il 2030 oltre un

miliardo di cinesi saranno urbanizzati. Rovescio della medaglia

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dell’urbanizzazione cinese è il grave tasso di inquinamento dei centri

urbani e la bassa qualità della vita. L’essere il maggior emittore di

biossido di carbonio e anidride solforosa (il 25% delle emissioni

mondiali) determina pesanti ripercussioni socio-sanitarie e economiche: il

numero dei decessi annuali riconducibili all’esposizione a agenti

inquinanti è stimato tra i 1,2 e 1,6 milioni. Il costo di morti premature e

malattia è stimato tra il 7 e il 13% del PIL.

4. L’integrazione nell’economia globale

L’ambizioso progetto di connettività euroasiatica “Una cintura, una

strada”, teso a riproporre una nuova “Via della Seta” tra Pechino e

l’Europa (e dunque anche l’Italia), è solo la più recente manifestazione di

una crescente integrazione dell’economia cinese nei processi di

globalizzazione. Il ruolo di primo piano nell’erogazione di investimenti

diretti esteri costituiscono ulteriori manifestazioni di una proiezione

esterna sempre più irreversibile e responsabile della Cina.

5. Una emergente potenza navale

Ulteriore manifestazione della suddetta proiezione è la trasformazione

della tradizionale mentalità strategica della Cina, storicamente

continentale e isolazionista, in quella di una grande potenza navale. Alla

consapevolezza del ruolo acquisito di potenza globale si è accompagnata

l’esigenza di proiettare una capacità strategica a tutela di asset cinesi

(investimenti, connazionali, vie di comunicazione e rifornimento, ecc.).

Negli ultimi 25 anni la Cina si è dotata di forze navali che non sono solo

capaci di assicurare il pattugliamento delle acque territoriali bensì di

proiettarsi ben al di là di esse. La Marina cinese è oggi in grado di

eseguire operazioni tecnicamente complesse quali quelle anti-pirateria

nell’Oceano Indiano, esercitazioni navali nel Pacifico occidentale, e

finanche nel Mediterraneo (in sinergia con forze russe), sviluppo di basi

mediante la costruzioni di isole artificiali nel Mar cinese meridionale.

Tale ultima attività, contrastata da paesi vicini quali il Vietnam e le

Filippine, costituisce motivo di frizione diplomatica e alimenta il sospetto

che al di là degli slogan dell’”ascesa pacifica” la Cina nutra invece

intenzioni egemoniche nella regione e che il sofisticato hardware navale

di cui essa va attrezzandosi sia lo strumento di un crescente outreach

geopolitico di Pechino e di una sua “volontà di potenza”.

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RAPPORTI PARLAMENTARI

(A CURA DEL SERVIZIO RAPPORTI INTERNAZIONALI DELLA CAMERA)

Presidente dell’Assemblea

Nazionale del Popolo

ZHANG DEJIANG (da marzo 2013)

Rappresentanze diplomatiche

Ambasciatore d’Italia a

Pechino

ETTORE SEQUI (da agosto

2015)

Ambasciatore della RPC a

Roma

LI RUIYU (dal 15 gennaio 2014)

I rapporti parlamentari tra le due Assemblee sono intensi ed in

continuo sviluppo a partire dalla visita ufficiale in Cina dell’allora

Presidente della Camera Violante (settembre 2000) nella XIII legislatura,

che ha portato alla firma, nel 2001, di un Protocollo di cooperazione

bilaterale tutt’ora in vigore (vedi infra).

XVII LEGISLATURA

Incontri bilaterali

Il 30 giugno 2015 la Presidente Boldrini ha incontrato l’Ambasciatore

Ettore Sequi in vista dell’assunzione ufficiale del suo incarico di

Ambasciatore d'Italia nella Repubblica Popolare Cinese

Il 15 ottobre 2014 la Presidente Boldrini ha incontrato il Primo

Ministro, Li Keqiang. Tra i temi affrontati, la prossima ricostituzione della

Commissione bilaterale di collaborazione; la comunità cinese in Italia e

presenza degli studenti cinesi nelle università italiane. Nell'incontro si è

discusso, inoltre, di sviluppo sostenibile e di sicurezza alimentare, temi di

Expo2015 dove la Cina allestirà uno dei padiglioni più estesi. All'incontro

hanno preso parte anche il ministro degli affari esteri Wang Yi,

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l'ambasciatore cinese in Italia Li Ruiyu, e l'ambasciatore d'Italia a Pechino,

Alberto Bradanini.

Il 4 marzo 2014, la Presidente Boldrini ha incontrato l'Ambasciatore

della Repubblica popolare cinese, Li Ruiyu. Al centro del colloquio il

rafforzamento della cooperazione bilaterale anche a livello parlamentare, la

comunità cinese in Italia, il dialogo intercoreano e il ruolo della Cina.

Il 22 aprile 2016, a margine della riunione ASEP (vedi infra) ospitata

dalla Mongolia, la Vicepresidente Marina Sereni ha incontrato Zhao

Shaohua, Vice Presidente della Commissione Affari esteri della

Assemblea Nazionale della Repubblica cinese. Al centro del colloquio i

rapporti bilaterali e le relazioni Cina e UE (da entrambe le parti è stato

espresso l’auspicio per una cooperazione sempre più forte tra Cina, UE e

Italia; è stata altresì espressa soddisfazione per gli ottimi rapporti

parlamentari il cui perno è rappresentato dal Protocollo di collaborazione

parlamentare).

Il 6 novembre 2014 la Vicepresidente della Camera Marina Sereni ha

incontrato il Vicepresidente dell’Assemblea Nazionale del Popolo cinese

Zhang Ping, in visita in Italia dal 5 all’8 novembre a capo di una

delegazione di 16 persone.

Commissioni

Il 22 giugno 2016 una delegazione della Commissione Affari legali

dell’Assemblea Nazionale del Popolo cinese, guidata dal Vice Presidente

Zhang Haiyan, ha incontrato i deputati della Commissione Affari

costituzionali, il Presidente della Commissione di collaborazione italo-

cinese e Presidente della Commissione Attività produttive, Guglielmo

Epifani e l’onorevole Edmondo Cirielli, componente della Commissione

Affari esteri. I colloqui avevano come obiettivo l’approfondimento dei

seguenti temi: il sistema politico e costituzionale in Italia, tutele giuridiche

e status dei militari italiani.

Dal 30 maggio al 4 giugno 2016 il Presidente della Commissione Affari

sociali Mario Marazziti, insieme agli onorevoli Donata Lenzi e Giulia

Grillo ha svolto una missione in Cina nel corso della quale hanno avuto

incontri con i parlamentari cinesi sui temi sociali e sanitari. I parlamentari

hanno anche incontrato alcuni funzionari della Food and Drugs

Administration e alcuni componenti dell’Assemblea della Municipalità di

Shanghai.

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95

Il 24 maggio 2016 il Presidente Commissione Affari sociali, Mario

Marazziti, ed alcuni membri della Commissione medesima hanno

incontrato una delegazione della Conferenza Consultiva Politica

Nazionale del Popolo cinese, guidata dal Vice Presidente Chen

Xiaoguang

L’11 novembre 2015 la Commissione d’inchiesta sui fenomeni della

contraffazione ha ricevuto una delegazione di funzionari dell’Ufficio

legislativo del Congresso Nazionale del Popolo. La missione della

delegazione cinese è avvenuta nell’ambito del progetto di cooperazione in

materia di tutela della proprietà intellettuale attualmente in atto tra Unione

Europea e Cina per contrastare il fenomeno della contraffazione e della

pirateria. Nel corso della visita sono stati presentati alla delegazione il

nostro sistema giuridico e le buone prassi adottati dall'Italia nella lotta alla

pirateria e alla contraffazione.

Una delegazione della Commissione Affari interni e giudiziari

dell’Assemblea Nazionale del Popolo cinese, guidata dal Vice Presidente

Qin Guangrong è stata in visita alla Camera dei deputati il 7 maggio 2015,

con l’obiettivo di ricevere una informativa circa le politiche sociali e

legislative per gli anziani vigenti in Italia (è in atto in Cina la revisione della

legislazione a tale riguardo). La delegazione ha incontrato l’onorevole

Guglielmo Epifani, Presidente della Commissione di collaborazione italo-

cinese e Presidente della Commissione Attività produttive e gli onorevoli

Pierpaolo Vargiu, Presidente della Commissione Affari sociali, e Cesare

Damiano, Presidente della Commissione Lavoro pubblico e privato.

Il 4 febbraio 2015 il Presidente della Commissione Affari esteri,

Fabrizio Cicchitto, ha incontrato l'Ambasciatore della Repubblica

Popolare Cinese in Italia, Li Ruiyu.

Il 19 novembre 2014 il Comitato permanente sui diritti umani,

costituito in seno alla Commissione affari esteri, e presieduto da Mario

Marazziti ha svolto un incontro informale con rappresentanti del Comitato

centrale del Partito Comunista cinese in merito alla situazione nella

Regione Autonoma del Tibet. La delegazione era guidata dal vice

presidente della Chine Overseas Friendship Association, nonché vice

presidente della China Association for Preservation and development of

Tibetan Culture, sig. Si Ta.

Al centro del colloquio la questione tibetana, la libertà religiosa in Cina

e il ruolo del Dalai Lama. Da parte cinese è stata ribadita la necessità che

il Dalai Lama debba rinunciare “realmente” all’indipendenza per avviare

un dialogo sul Tibet.

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96

L’11 giugno 2014 la Vicepresidente della Camera, Marina Sereni, ha

ricevuto una delegazione dell'International Campaign for Tibet (ICT),

guidata dal Presidente Matteo Mecacci accompagnato dal dottor Vincent

Metten, direttore dell'ufficio ICT di Bruxelles. Al centro del colloquio la

consegna di una nota informativa contenente raccomandazioni sul Tibet che

l'ICT vuol far pervenire al Parlamento italiano in vista del semestre di

presidenza dell'Unione europea.

Il giorno successivo, Mecacci è intervenuto in un'audizione informale del

Comitato permanente sui diritti umani della Commissione Esteri. Nel corso

dell’incontro ha chiesto una posizione dell’Europa comune e più salda sulla

Cina e presentato le 5 raccomandazioni con le quali si chiedono maggiori

incontri dei governi con il Dalai Lama, accesso di ONG e giornalisti

indipendenti nel Tibet, l'istituzione di uno Special Coordinator per il Tibet

in Ue e un maggiore coinvolgimento delle Nazioni Unite.

Il 21 maggio 2014, il Comitato permanente sui diritti umani ha

incontrato una delegazione della Conferenza Consultiva Politica della

Regione autonoma del Tibet della Repubblica Popolare cinese. La

delegazione cinese ha sottolineato i progressi della regione a partire dal

sistema dei trasporti, dell’assistenza sanitaria e dell’istruzione,

evidenziando l’impegno di Pechino in tal senso. Da parte italiana è stata

tuttavia auspicata una soluzione condivisa alla questione tibetana e la

necessità di rafforzare il dialogo e la fiducia tra le due parti.

Il 24 ottobre 2013 Mario Marazziti, Presidente del Comitato permanente

e Lia Quartapelle, componente della Commissione affari esteri, hanno

incontrato Palden Gyatso, monaco buddhista tibetano del Monastero di

Drepung (Lhasa). Gyatso ha voluto testimoniare la difficoltà e la

drammaticità delle condizioni dei monaci tibetani (sofferenze e torture

subite), i duri contrasti e la conseguente repressione da parte cinese che

hanno spinto alcuni monaci al sacrificio dell’immolazione. Ai parlamentari

italiani è stato chiesto di attivarsi affinché sia mantenuta alta l’attenzione

nei confronti dei monaci tuttora incarcerati dalle autorità cinesi (è stata

presentata una lista di nomi) e di fare il possibile per la tutela del popolo e

della cultura tibetana.

Il 22 ottobre 2013 il Comitato permanente sui diritti umani ha

incontrato una delegazione della Commissione Affari etnici e religiosi della

Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese (CCPPC). Nel corso

dell’incontro la parte cinese ha tenuto a sottolineare il costante

miglioramento dei diritti umani in Cina e il rispetto delle minoranze etniche

da parte del governo cinese. E’ stato altresì osservato che non esiste una

questione tibetana ma che è il Dalai Lama a costituire un problema. Allo

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stesso tempo è stata stigmatizzata l’ingerenza da parte di altri paesi nelle

questioni interne cinesi.

Protocollo di collaborazione

E’ in vigore un Accordo di collaborazione parlamentare tra Italia e

Cina, sottoscritto nel 2001. Esso prevede la costituzione di una

Commissione parlamentare di collaborazione Italia – Cina, composta da

un Presidente e da otto deputati per parte, che si riunisce una volta l'anno,

alternativamente in Italia ed in Cina, per avviare il dialogo su temi di

comune interesse. Spetta al Presidente della Camera designare i deputati

che faranno parte della Commissione.

La parte italiana della Commissione è presieduta dall’onorevole

Guglielmo Epifani (PD), Presidente della Commissione Attività

produttive; sono stati designati39

a farne parte gli onorevoli Dorina Bianchi

(Area Popolare (NCD-UDC), Edmondo Cirielli (FDI-AN), Matteo

Colaninno (PD) e Pietro Laffranco (FI-PdL-Berlusconi Presidente).

La Camera dei Deputati ha ospitato a Roma, il 17 e il 18 ottobre 2011, la

quarta riunione della Commissione40

. La prossima riunione dovrebbe

tenersi in Cina. Si segnala, in proposito, che con lettera di giugno 2015 il

Parlamento cinese ha reiterato l’invito a recarsi in Cina per la quinta

riunione della Commissione, sottolineando la grande importanza che la

parte cinese attribuisce a tale forma di collaborazione.

UIP

La sezione di amicizia con la Cina è presieduta dall’onorevole Vinicio

Giuseppe Guido Peluffo (PD) ed è composta dagli onn. Nicola Stumpo

(PD), Roberta Agostini (PD), Pietro Laffranco (FI), Davide Caparini

(Lega Nord e Autonomie).

39

Lettera di designazione del 5 novembre 2015.

40 Si ricorda che la Commissione di collaborazione italo-cinese si è riunita precedentemente, la

prima volta nella XIV legislatura, nel luglio 2005, a Pechino, la seconda nella XV legislatura

nell’ottobre 2007, a Roma e la terza a Pechino dal 12 al 13 novembre 2009.

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Cooperazione multilaterale

Il Dialogo Eurasiatico

La Cina assieme ad altri Paesi asiatici partecipa al dialogo euro-asiatico

dell’ASEM (Asia Europe Meeting)41

e, quindi, agli incontri dell’Asia-

Europe Parliamentary Partnership (ASEP) che definiscono la parte

parlamentare della cooperazione.

L’ASEP (Asia-Europe Parliamentary Partnership) rappresenta il

versante parlamentare dell’ASEM42

. Le riunioni hanno cadenza biennale.

Al termine della riunione si approva una dichiarazione finale, che è poi

presentata al Vertice governativo ASEM.

La nona riunione si è tenuta il 21 e 22 aprile 2016 in Mongolia ed è

stata dedicata a: “The Role of Asia-Europe Parliamentary Partnership in

ASEM”. Alla riunione ha preso parte, in rappresentanza della Camera dei

deputati, la Vicepresidente Marina Sereni. Per l’ANP hanno partecipato

Ms Zhao Shaohua, Vice Presidente della commissione Affari Esteri, e

Gao Xiang.

Si ricorda che il Parlamento italiano ha la ottava riunione ASEP,

dal 6 all’8 ottobre 2014, sul tema: “The role of Parliaments in fostering

Europe-Asia dialogue, sustainable growth and stronger governance

structures”.

41

Il processo intergovernativo ASEM (Asia Europe Meeting), è stato avviato nel 1996 tra i 15

Paesi membri dell'Unione europea e 10 Paesi dell'area asiatica (Brunei, Cina, Corea del Sud,

Filippine, Giappone, Indonesia, Malesia, Singapore, Thailandia e Vietnam). In occasione del

Vertice di Hanoi dell’ottobre 2004 sono entrati a far parte dell’organismo di cooperazione

eurasiatico altri 13 paesi: Cambogia, Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Laos, Lettonia, Lituania,

Malta, Myanmar/Birmania, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. Al vertice ASEM di

Helsinki del 2006 era stato deciso di allargare la cooperazione a: Bulgaria, Romania, India,

Pakistan, Mongolia e al Segretariato ASEAN (Association of South East Asian Nations). Tale

allargamento è stato formalizzato in occasione del vertice ASEM di Pechino del 24 e 25 ottobre

2008 a cui tali paesi hanno partecipato per la prima volta. Nel corso del Vertice ASEM del 2010

Australia, Nuova Zelanda e Federazione Russa, hanno partecipato per la prima volta

all’esercizio e ne sono divenuti pertanto membri. In occasione del Vertice di Vientiane (5-6

novembre 2012) anche Bangladesh, Svizzera e Norvegia hanno aderito all’ASEM, il primo nel

gruppo asiatico, mentre per quanto attiene a Svizzera e Norvegia è stata concordata la costituzione

di un “sottogruppo non-UE” all’interno del gruppo europeo, portando il numero totale a 53 con

l’ingresso della Croazia e del Kazakhstan che è stato formalizzato in occasione del vertice ASEM

del 2014. 42

Si segnala che il Parlamento del Myanmar/Birmania nel 2012, ha preso parte per la prima

volta alla riunione dell’ASEP; in occasione della riunione di Helsinki del maggio 2006 si erano

infatti opposti alla sua partecipazione i rappresentanti dei Parlamenti UE.

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Per l’ANP hanno partecipato Ms Zhao Shaohua, Vice Presidente della

commissione Affari Esteri, che ha presieduto il Panel 1, vertente sul tema:

Economic and financial governance structures; e Li Yang, membro della

Commissione Affari economici e finanziari.

La dichiarazione finale, approvata nel corso della riunione, è stata

sottoposta al Vertice dei Capi di Stato e di Governo ASEM, svoltosi a

Milano il 16 e il 17 ottobre 2014.

Il Parlamento cinese ha ospitato la quinta riunione (ASEP V) a Pechino

dal 18 al 20 giugno 2008 (la Camera non ha partecipato)43

.

Dimensione parlamentare del G8

Si segnala anche che la Camera è stata il primo Parlamento ad

ospitare nel settembre 2009, nel corso della Presidenza italiana del G8,

una sessione allargata, riunione outreach, che ha visto la partecipazione

della Cina (insieme ai Presidenti delle Camera basse di Brasile, Egitto,

India, Messico e Sud Africa). Alla riunione è intervenuto il Vice

Presidente dell’Assemblea nazionale del Popolo Hua Jianmin. Tuttavia,

nelle ultime riunioni del G8 parlamentare (dal 2012 in poi) non è stato

previsto il formato outreach.

Attività legislativa

Legge n. 110/16 del 22 giugno 2016, “Ratifica ed esecuzione

dell'Accordo istitutivo della Banca asiatica per gli investimenti in

infrastrutture”, con Allegati, fatto a Pechino il 29 giugno 2015. La

Banca asiatica per gli investimenti in infrastrutture (AIIB) è stata

istituita il 29 giugno 2015 con la firma a Pechino dell’Accordo

istitutivo. 57 sono i Paesi aderenti. Complessivamente, tra i membri

fondatori, 20 sono non regionali; tra questi vi sono 14 Paesi

dell’Unione europea (tra cui Italia, Regno Unito, Germania e Francia),

3 Paesi europei non-UE (Svizzera, Norvegia e Islanda) e 3 Paesi extra-

europei (Brasile, Egitto e Sud Africa). Il mandato della Banca è

promuovere lo sviluppo economico sostenibile dell’Asia attraverso

43

Le precedenti riunioni ASEP si sono tenute: la settima, nel 2012 nel Laos (la Camera non ha

partecipato); la sesta a Bruxelles nel 2010, (la Camera è stata rappresentata dagli onorevoli

Lino Duilio e Alberto Torazzi); la quinta a Pechino nel 2008 (la Camera non ha partecipato); la

quarta a Helsinki (Finlandia) nel 2006 in occasione della quale è stato approvato il regolamento

dell’ASEP; la terza in Vietnam, nel 2004; la seconda a Manila, nelle Filippine, nel 2002; la

prima a Strasburgo, presso il Parlamento europeo, nel 1996 (si trattava di un incontro

propedeutico e nell’incontro, peraltro, erano stati coinvolti solo i Parlamenti dei 10 Paesi

asiatici e il Parlamento europeo).

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l’investimento in infrastrutture. Le operazioni si concentreranno nei

settori dell’energia, dei trasporti, delle telecomunicazioni, delle

infrastrutture rurali, dello sviluppo e della logistica urbana. Esse

assumeranno la forma di prestiti, partecipazioni al capitale e garanzie.

Legge n. 54/16 del 4 aprile 2016 “Ratifica ed esecuzione dell'Accordo

sul reciproco riconoscimento dei titoli attestanti studi universitari o

di livello universitario rilasciati nella Repubblica italiana e nella

Repubblica popolare cinese, con Allegati, firmato a Pechino il 4 luglio

2005”.

Legge n. 161/15 del 24 settembre 2015. Il 15 settembre 2015 il

Parlamento italiano ha approvato la legge di ratifica del Trattato di

estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica popolare cinese.

Legge n. 96/15 del 18 giugno 2015. Il 3 giugno 2015 il Parlamento

italiano ha approvato la legge di ratifica dell’Accordo tra il Governo

della Repubblica italiana e il Governo della Regione amministrativa

speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese per evitare

le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire

le evasioni fiscali.

Legge n. 64/15 del 29 aprile 2015. Il 22 aprile 2015 il Parlamento

italiano ha approvato la legge di ratifica del Trattato tra il Governo della

Repubblica italiana e il Governo della Repubblica popolare cinese in

materia di reciproca assistenza giudiziaria e penale.

Atti di indirizzo e controllo

Numerosi sono gli atti di indirizzo e controllo presentati nella Legislatura

in materia di rispetto dei diritti umani; rapporti commerciali e industriali;

concorrenza sleale e difesa del made in Italy; difficoltà di integrazione della

comunità cinese e fenomeno dell'immigrazione clandestina cinese.

Cooperazione amministrativa

Il 24 novembre 2008, una delegazione di funzionari cinesi della

Commissione per gli Affari Legislativi (LAC) ha effettuato una visita di

studio alla Camera. La LAC è un organo di funzionari dell’Assemblea

Nazionale Cinese, che ha la funzione di redigere proposte di legge e di

fornire, inoltre, supporto informativo e documentale al Comitato

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101

Permanente44

e ai deputati dell’Assemblea del Popolo Cinese. Nella

fattispecie, tale Commissione, è incaricata della revisione del sistema

giuridico cinese. Gli aspetti costituzionali del federalismo e il federalismo

fiscale sono stati i temi oggetto dell’incontro con i funzionari della Camera.

Il 17 giugno 2004 è stata in visita alla Camera una delegazione

dell’Ufficio Legislativo del Consiglio di Stato (governo) guidata dal

Vicepresidente dell’Ufficio legislativo Wang Yongqing. La delegazione ha

incontrato il vice Segretario Generale, dott. Alessandro Palanza e alcuni

funzionari del Servizio studi.

Il 16 e il 17 luglio 2002 si è svolto presso la Camera uno stage per

funzionari dell’Assemblea del Popolo.

PRECEDENTI LEGISLATURE

Nelle ultime legislature, gli incontri parlamentari sono stati rilevanti non

solo per la loro frequenza (16 incontri a livello delle sole Commissioni

parlamentari nella XVI legislatura), ma anche per il loro livello, giungendo

ad investire le più alte cariche dello Stato.

Si ricordano, in proposito, gli incontri con il Presidente della Camera

Fini delle prime quattro cariche del paese: Jia Qinglin45

, Presidente del

Comitato Nazionale della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese

e quarta carica dello Stato (novembre 2012); il Primo Ministro Wen

Jiabao46

(ottobre 2010); il Presidente della Repubblica Hu Jintao47

(luglio

44 Si segnala che il Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale del Popolo, che si compone

di 198 membri, è il vero motore del Parlamento, esso garantisce infatti la continuità dei lavori

tra una sessione e l’altra dell’ANP. 45

Tra i temi al centro del colloquio: rafforzamento dei rapporti parlamentari e l’ulteriore sviluppo

del partenariato strategico attraverso la promozione degli scambi tra vertici istituzionali, il

rafforzamento degli scambi tra organi legislativi e partiti politici, lo sviluppo dei rapporti fra

l’Unione Europea e la Cina con l’aiuto dell’Italia, e il rafforzamento dei rapporti economici,

commerciali e culturali. 46

Temi del colloquio: rapporti bilaterali (presenza in Italia di 6000 imprese) governance mondiale

dell’economia, opportunità di riconoscere alla Cina lo status di economia di mercato.

47Era presente anche l’onorevole Lorenzo Cesa, presidente della parte italiana della Commissione

di collaborazione parlamentare italo-cinese. Temi del colloquio: lotta alla povertà e difesa dei

diritti umani; importanza del Partenariato Strategico Globale Italia-Cina, forte crescita

dell’interscambio commerciale e necessità di promuovere la cooperazione nei settori della

ricerca, dell’energia, ambiente e turismo, e tra le PMI; crisi finanziaria internazionale e

necessità di sostenere i paesi in via di sviluppo.

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2009); il Presidente dell’Assemblea Nazionale del Popolo, Wu Bangguo48

(maggio 2009).

A questi si aggiungono la visita in Cina effettuata dalla Vicepresidente

Bindi a maggio 2011, su invito del Partito comunista cinese e le due

missioni della sezione bilaterale di amicizia Italia-Cina dell’UIP, guidata

dall'On. Barbi a gennaio e a dicembre 2010.

Per quanto riguarda le visite in Cina a livello presidenziale, si ricorda che

la prima missione è stata effettuata dal Presidente, Luciano Violante, (27-30

settembre 2000) insieme ad una delegazione di deputati, mentre il

Presidente Casini è stato l’ultimo Presidente della Camera a recarsi in

Cina, quando, nnella qualità di neo Presidente dell’Unione

interparlamentare, ha presieduto la quarta Conferenza parlamentare sul

WTO49

tenutasi ad Hong Kong dal 13 al 19 dicembre 2005 a latere della

VI riunione ministeriale.

A queste si aggiungono alcune missioni delle Commissioni di merito in

Cina come quelle, nella XIV legislatura, della Commissione Affari Esteri a

novembre 2004, della Commissione Affari sociali si è recata in missione in

India e Cina a marzo 2005; della Commissione Trasporti a Shangai, a

maggio 2005.

Giova segnalare, inoltre, l’attività svolta dal Comitato Diritti Umani della

Commissione affari esteri della Camera che, in particolare, nella XVI

legislatura, ha condotto varie audizioni nell’ambito dell’indagine

conoscitiva sulla violazione dei diritti umani nel mondo, tra essi:

l'audizione di rappresentanti del World Uyghur Congress (8 luglio 2009),

Rebiya Kadeer, Presidente del World Uyghur Congress, rappresentante del

popolo uiguro, della regione dello Xinjiang, nel Turkestan orientale (5

maggio 2009), il Presidente del National Democratic Party of Tibet, Chimi

Yung Drung (11 novembre 2008); John Kamm, Presidente della

Fondazione Dui Hua (una Fondazione istituita nel 1999 con il fine di

promuovere il rispetto dei diritti umani in Cina) (6 ottobre 2008); Ning Lan,

e Zhao Lili, Rappresentanti dell'Associazione italiana Falun Dafa (17 aprile

2012).

48

Erano presenti anche l’on. Lorenzo Cesa, e il presidente della sezione di amicizia UIP, on.

Antonello Soro. Temi del colloquio: rafforzamento dei rapporti bilaterali, crisi economica

internazionale e la riforma organismi finanziari internazionali. 49

Si ricorda che la Conferenza parlamentare del World Trade Organization è un’iniziativa

congiunta dell’Unione interparlamentare (UIP) e del Parlamento europeo mirante a rafforzare la

democrazia a livello internazionale e a dare una dimensione parlamentare alla cooperazione

multilaterale sulle questioni commerciali.

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103

Una riflessione a parte meritano gli incontri con il Dalai Lama. La

Camera, infatti, oltre ad avere presentato e approvato vari atti di indirizzo e

controllo sulla tutela dei diritti del popolo tibetano in Cina, ha più volte

ricevuto il leader spirituale Tibetano; dopo tali incontri sono sempre seguite

le proteste ufficiali dell’Ambasciata del Popolo Cinese in Italia. In

particolare si ricorda che il Presidente della Camera, Gianfranco Fini ha

ricevuto il Dalai Lama. il 18 novembre 2009 (il Dalai Lama nella stessa

giornata aveva partecipato ai lavori del V° Congresso mondiale dei

parlamentari sul Tibet organizzato dall’Intergruppo parlamentare per il

Tibet presieduto dall’On. Matteo Mecacci, che ha avuto luogo il 18 e 19

novembre 2009 presso la Camera dei deputati). Il 12 dicembre 2007 il Dalai

Lama ha svolto un discorso50

nella Sala della Lupa di Palazzo Montecitorio

di fronte ad un centinaio di deputati ed alla presenza del Sottosegretario agli

Affari esteri, Gianni Vernetti, del Presidente della Camera, Fausto

Bertinotti, e del Presidente della Commissione Affari esteri, Umberto

Ranieri. Il Dalai Lama era stato ricevuto dal Presidente del Senato e dal

Presidente della Camera anche il 12 ottobre 2006.

***

Si ricorda inoltre, inoltre, che la Camera dei deputati ha ospitato il 31

marzo 2004, presso la sala del Mappamondo, la presentazione del libro

“Deng Xiaoping e la rivoluzione culturale” da parte dell’autrice Deng

Rong, figlia del leader cinese.

50

Il leader religioso ha richiesto un sostegno morale, pratico e concreto, affinché siano riconosciuti

i diritti che spettano ai tibetani e che sono sanciti pure nella Costituzione cinese. Sempre in tale

occasione, il Presidente della Camera, Bertinotti, ha confermato l’amicizia italiana sia alla Cina

che al popolo tibetano e l’importanza di includere nei negoziati anche i rappresentanti dei

religiosi tibetani. Ha altresì ribadito l’importanza di sviluppare il dialogo interculturale. Il Dalai

Lama ha sottolineato che non è obiettivo del Tibet quello di ottenere l’indipendenza dalla Cina.

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PROFILI DELLA CONDIZIONE FEMMINILE IN CINA

(A CURA DEL SERVIZIO STUDI DELLA CAMERA)

Quanto alla Cina (99° nel global gender gap index 2016), UNWomen vi

opera dal 1998 fornendo assistenza tecnica e finanziaria a programmi e

strategie per l'uguaglianza di genere e l'empowerment delle donne, in

collaborazione con governi, ONG, agenzie delle Nazioni Unite, donatori,

comunità e reti per promuovere l'uguaglianza di genere.

Le aree dell’attività nel paese asiatico sono:

violenza contro le donne, una violazione fondamentale dei diritti delle

donne che resta molto diffusa. Le donne hanno pertanto bisogno di forti

strumenti normativi di tutela e della loro applicazione, nonché di servizi per

la protezione e la prevenzione;

leadership e partecipazione politica, in quanto le donne hanno un peso

limitato nelle decisioni che le riguardano. Si rendono necessarie misure

appropriate per ampliare la partecipazione politica delle donne ed aiutarle a

realizzare pienamente il loro potenziale di leadership.

economic empowerment femminile dal momento che le donne in misura

molto minore rispetto agli uomini possono accedere alla terra, al credito

nonché a posti di lavoro dignitosi sebbene evidenze scientifiche dimostrino

che il rafforzamento economico delle donne fa crescere le economie

nazionali;

considerazione della parità di genere nel delineare le politiche

economiche. La parità di genere, che dovrebbe essere un obiettivo

dichiarato di tutti i piani, va sostenuta con azioni specifiche per l'attuazione

nonché da adeguati finanziamenti.

I progetti e programmi di UNWomen in Cina nelle aree sopra ricordate si

svolgono nell’ambito, innanzitutto, della Convenzione sull'eliminazione di

tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) 1979, che la

Cina ha ratificato nel 1980 obbligandosi pertanto a prendere tutte le misure

adeguate ad eliminare la discriminazione nei confronti delle donne e a

promuovere la parità di genere.

Le Agenzie dell’Onu per la parità di genere presenti in Cina (UNWomen,

United Nations Theme Group on Gender – UNTGG e China Gender

Facility - CGF) intendono costituire un forum di scambio di esperienze ed

un canale di diffusione delle strategie di genere più efficaci. In particolare il

CGF, istituito nel 2004 con l'obiettivo di contribuire alla parità di genere e

all’empowerment delle donne in Cina, fornisce finanziamenti (con risorse

provenienti dalle Nazioni Unite, da donatori e dal settore privato) a

governo, società civile e istituzioni accademiche a sostegno di proposte e

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106

ricerche innovative a supporto della parità di genere; ad oggi i progetti

sostenuti ammontano a 44.

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Libia

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109

GLI ULTIMI SVILUPPI DELLA SITUAZIONE IN LIBIA

(A CURA DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE)

Ultimi sviluppi (al 3 marzo 2017)

La situazione sul terreno è caratterizzata da aree di fragilità in tutte le

regioni. A Tripoli, dopo la tensione seguita all’annuncio da parte di alcune

milizie ostili al GNA della creazione di una “guardia nazionale”, il 17

febbraio le celebrazioni per l’anniversario della rivoluzione del 2011 si

erano svolte in un clima pacifico.

Il 20 febbraio nella Capitale libica il convoglio sul quale viaggiava il

Presidente Serraj, con il Presidente del Consiglio di Stato Sweihli e il

Comandante della Guardia Presidenziale Nakua è stato oggetto di colpi di

arma da fuoco provenienti dall’area dell’Hotel Rixos, ancora sotto

controllo di milizie di Misurata vicine al premier di fatto Gweil.

Nei giorni scorsi, violenti scontri tra milizie hanno interessato l’area di

Abu Salim, provocando dieci morti. Grazie all’intervento del Consiglio

Presidenziale è stato raggiunto un cessate-il-fuoco tra le parti. Gli equilibri

di sicurezza nella Capitale si sono spostati a favore delle forze pro CP-

GNA, al termine di un confronto nato per il controllo di un quartiere

popoloso.

Sabato 25 febbraio è stata emessa una dichiarazione dagli

Ambasciatori dei Paesi P3 + Italia, Germania e Spagna per condannare

gli scontri e l’attacco al convoglio del Presidente Serraj, per reiterare il

fermo sostegno alle Autorità legittime e invitare tutte le parti al dialogo

politico inclusivo.

A Bengasi, nei giorni scorsi una autobomba ha ucciso Mahmoud Al-

Warfali, comandante delle forze speciali della LNA del Gen. Haftar, mentre

un altro esponente della LNA sarebbe stato rapito nei pressi di Derna. Il 1°

marzo, 19 effettivi della Operazione “Dignità” della LANA guidata dal

Gen. Haftar sono stati uccisi in scontri con elementi del Bengasi Shura

Council.

A Zuara, nell’ovest del Paese, il 1° marzo scorso uomini armati

hanno sequestrato un cargo turco per il trasporto di greggio, reclamando il

pagamento di “arretrati” da parte della compagnia.

Sul piano diplomatico, il tentativo egiziano di favorire un incontro

al Cairo tra Serraj e il Gen. Haftar il 14 febbraio non è andato a buon

fine a causa del rifiuto di Haftar di incontrare il Presidente libico. A

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seguito del mancato incontro, da parte egiziana è stato emesso un

comunicato che riflette i punti su cui, secondo gli egiziani, potrebbe essere

raggiunto un accordo: formazione di una commissione di 15 membri per

parte della HoR e del Consiglio di Stato per esaminare le questioni aperte

nell’accordo politico (i rispettivi membri sarebbero in corso di nomina);

approvazione dell’emendamento costituzionale per lo LPA; elezioni

parlamentare e presidenziale entro febbraio 2018 e continuità delle

istituzioni fino a quel momento. All’incontro ha fatto seguito, lo scorso 19

febbraio, un incontro organizzato dal Presidente Tunisino Essebsi tra i

Ministri degli Esteri tunisino, egiziano e algerino che, senza voler istituire

un nuovo formato, hanno riaffermato l’impegno a lavorare per la

stabilizzazione della Libia.

Nell’ambito dell’attivismo russo, il PM Serraj si è recato a Mosca in

visita il 2 marzo, accompagnato dal VPM Maitig, dal Ministro degli Esteri

Syala e dal Comandante della Guardia Presidenziale Nakua. La delegazione

libica ha incontrato il Ministro degli Esteri Lavrov e il Vice Bogdanov. Da

parte russa e’ stata ribadita la determinazione a contribuire, attraverso

contatti ad ampio spettro al consolidamento del quadro istituzionale del

Paese.

Sul piano bilaterale, il 6 febbraio l’Ambasciatore in Libia Perrone

si è recato a Tobruk nella sua prima visita nell’Est del Paese. Nella

missione, egli ha incontrato il Presidente della Camera dei Rappresentanti

Aghila Saleh e diversi parlamentari. Il 22 febbraio, egli si è recato a

Misurata per presenziare ad una distribuzione umanitaria di kit sanitari e

per svolgere colloqui con controparti locali, relativi anche al recente

attentato. E’ prevista una sua prossima visita a Zintan.

E’ in programma per il 14 marzo prossimo alla Farnesina un incontro

a livello Alti Funzionari sulla Libia cui parteciperanno delegazioni di

Algeria, EAU, Egitto, Francia, Italia, Tunisia, Regno Unito e Stati Uniti,

per favorire la coesione della Comunità Internazionale sul dossier.

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111

RAPPORTI PARLAMENTARI

(A CURA DEL SERVIZIO RAPPORTI INTERNAZIONALI DELLA CAMERA)

Incontri bilaterali

L’8 aprile 2015 la Presidente Boldrini ha ricevuto lo Speaker della

Camera dei Rappresentanti di Tobruk, Aghila Saleh.

In occasione dell’incontro sono stati ricordati gli storici rapporti di

amicizia fra la Libia e l’Italia, il cui ulteriore sviluppo è bloccato dalla

critica situazione in cui si trova il Paese. Il colloquio si è poi incentrato

sugli ultimi sviluppi del quadro politico e sui negoziati in corso per la

formazione di un governo di unità nazionale nonché sulla necessità di una

Libia forte e unita per sconfiggere la comune minaccia del terrorismo.

Condizione quest’ultima indispensabile anche per riprendere le iniziative di

cooperazione con il parlamento e la società civile libica, avviate prima del

conflitto, come quelle in materia di contrasto alla violenza contro le donne.

Il 2 luglio 2013 la Camera, in collaborazione con l’Iniziativa Ara Pacis, e

con il patrocinio del Ministero degli Affari esteri, ha ospitato un Convegno

dal titolo “La verità necessaria: i processi di riconciliazione nei Paesi

delle Primavere arabe”.

I lavori sono stati aperti dalla Presidente della Camera, Laura

Boldrini; è intervenuto il Vice Presidente del Congresso generale

nazionale della Libia, Giuma Ahmed Atigha. Durante i lavori due vittime

delle violenze avvenute in occasione del conflitto in Libia nel 2011 hanno

apportato la loro drammatica testimonianza.

Il 19 settembre 2014, il Ministro della giustizia della Libia, Salah Al-

Marghani, è intervenuto alla Conferenza "Al sicuro della paura, al

sicuro della violenza. L'entrata in vigore della Convenzione di

Istanbul", svoltasi a Roma, presso la Camera dei deputati. A latere della

Conferenza ha avuto luogo un incontro con la Presidente della Camera,

Laura Boldrini.

Incontri delle Commissioni

Il 19 febbraio 2015 la Presidente del Comitato Schengen, Laura

Ravetto, ha incontrato l’allora Ambasciatore d’Italia a Tripoli, Giuseppe

Buccino Grimaldi.

In apertura dell’incontro la Presidente Ravetto ha illustrato l’attività

svolta dal Comitato da lei presieduto sul tema dei migranti e della

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112

situazione in Libia. Su richiesta della Presidente Ravetto, ha fatto seguito

un’informativa dell’Ambasciatore in ordine alla condizione effettiva del

Paese e alle prospettive dell’immediato futuro con particolare riferimento

alle partenze dei migranti, alle possibili infiltrazioni jihaidiste tra di essi,

alle soluzioni praticabili per risolvere il problema, al possibile superamento

della guerra civile, al ruolo di IS nel Paese, all’opportunità – anche per

tutelare la popolazione libica – di una presenza internazionale in Libia.

Il 4 luglio 2013 si è svolto un incontro dell'Ufficio di Presidenza

integrato dai rappresentanti dei gruppi delle Commissioni esteri della

Camera e del Senato con l’allora Primo Ministro libico, Ali Zeidan.

Sedi multilaterali

Il Dialogo 5 + 5

La Libia partecipa alle riunioni dei Presidenti dei Parlamenti dei Paesi

del Mediterraneo Occidentale (Dialogo 5+5), che unisce, in un foro

informale di dialogo, 5 Paesi dell’Unione europea e 5 Paesi arabi che si

affacciano sul Mediterraneo occidentale (Italia, Francia, Spagna, Portogallo,

Malta e Algeria, Tunisia, Marocco, Libia e Mauritania)51

. Dal 2010 le

riunioni vengono promosse dal Segretariato dell’Assemblea Parlamentare

del Mediterraneo (PAM).

Dal 27 al 28 ottobre 2016 si è riunita a Marsiglia la dimensione

parlamentare del Dialogo 5+5 sul Mediterraneo.

La I Riunione dei Presidenti dei Parlamenti del Paesi del Dialogo 5+5 si

è tenuta a Tripoli dal 24 al 25 febbraio 2003. La Camera era stata

rappresentata dal Vice Presidente, Clemente Mastella.

Partenariato euromediterraneo

Il Congresso Generale del Popolo libico, pur regolarmente invitato in

qualità di osservatore nelle sedi della cooperazione parlamentare inerente il

Processo di Barcellona, non vi ha mai partecipato. La Libia, infatti, non ha

51

La cooperazione tra i Paesi delle due sponde del Mediterraneo occidentale nasce a livello

governativo a Roma nell’ottobre 1990 e si è inizialmente definita ad Algeri nella forma del

Dialogo 5+5 (ottobre 1991), con la partecipazione da un lato di Italia, Francia, Spagna,

Portogallo e Malta e dall’altro di Algeria, Tunisia, Marocco, Libia e Mauritania (i cinque Paesi

appartenenti all’Unione del Maghreb Arabo – UMA). Dopo il congelamento quasi decennale

dovuto alle sanzioni imposte dall’ONU alla Libia, l’esercizio si è riattivato nel gennaio 2001

con la Conferenza Ministeriale di Lisbona, cui ha fatto seguito quella di Tripoli del maggio

2002. La Tunisia ha quindi ospitato il primo Vertice dei Capi di Stato e di Governo il 5

dicembre 2003. La dimensione parlamentare si è attivata su iniziativa della Libia dal 24 al 25

febbraio 2003.

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113

aderito al Processo di Barcellona e di conseguenza non fa parte

dell’Assemblea parlamentare dell’Unione per il Mediterraneo52

.

Si segnala che i sindaci di alcune città libiche sono stati invitati a

partecipare alla riunione della Commissione Cultura dell’Assemblea

Parlamentare dell’Unione per il Mediterraneo (AP-UpM), presieduta dal

deputato Khalid Chaouki, che è stata ospitata dalla Camera dei deputati il

19 febbraio 2016.

Unione interparlamentare

Nell’Unione interparlamentare opera la sezione di amicizia Italia-Libia,

la cui parte italiana nella legislatura in corso non è stata ancora ricostituita.

*****

Cooperazione amministrativa

Nella scorsa legislatura, la Camera dei deputati ha partecipato, con una

delegazione formata dai deputati Margherita Boniver e Lapo Pistelli, ad un

progetto di sostegno, promosso dall’Unione europea, alle nascenti

organizzazioni parlamentari libiche, al fine di fornire ai membri del

Congresso Nazionale libico la formazione necessaria per il corretto

svolgimento della funzione parlamentare.

In particolare, il contributo italiano si è focalizzato sui settori Bilancio,

Legislazione e Costituzione. In tale ambito i deputati italiani sono

intervenuti in due sessioni: dal 19 al 21 novembre 2012 sul tema del

controllo parlamentare e dal 3 al 5 dicembre su quello della legislazione.

Ai lavori hanno preso parte anche funzionari della Camera.

52

Pur avendo presentato la richiesta di adesione al Partenariato nel gennaio 2000, la Libia l’aveva

ritirata dopo che l’Unione europea aveva chiesto a Tripoli una conferma dell’accettazione

piena e incondizionata dell’acquis di Barcellona. Da parte sua, la Libia sosteneva ufficialmente

che la presenza di Israele e dell’Autorità Nazionale Palestinese, prima che fosse risolto il

problema palestinese, avrebbe influito negativamente nei meccanismi del Partenariato.

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PROFILI DELLA CONDIZIONE FEMMINILE IN LIBIA

(A CURA DEL SERVIZIO STUDI DELLA CAMERA)

Non sono disponibili dati sulla situazione dell’empowerment femminile

il Libia e lo stesso Global gender gap report index non riferisce sul Paese

nord africano nelle ultime edizioni.

Qualche sommaria indicazione può essere tratta dalla pagina web53

di

Libya Women Economic Empowerment (LWEE), progetto sviluppato nel

triennio 2013-2016 da USAID, l’Agenzia governativa statunitense che

opera “contro la povertà estrema e per consentire alle società democratiche

di realizzare il proprio potenziale”. Il programma, finalizzato a liberare il

potenziale economico riconosciuto dell'imprenditorialità femminile ed a

valorizzare il contributo delle donne alla crescita economica ed alla stabilità

politica del Paese, si articola in attività quali:

rafforzamento delle associazioni delle imprese di donne per creare

reti di business e formazione alla leadership femminile;

potenziamento dei servizi per le donne imprenditrici, in

coordinamento con le organizzazioni locali, al fine sia di sviluppare

prodotti innovativi, sia di favorire un approccio più aperto alle

possibilità offerte dall’information technology;

miglioramento dell’accesso ai finanziamenti per le piccole e medie

imprese libiche attraverso lo sviluppo di un portale per i servizi

finanziari. Inoltre, il progetto include un fondo di ($ 125.000)

finalizzato ad aiutare le donne nella creazione di nuove imprese o

nella crescita di quelle esistenti.

Il progetto ha inoltre lanciato un programma di tutoraggio per

un’assistenza costante sul territorio alle donne imprenditrici.

53

https://www.usaid.gov/libya/fact-sheets/libya-women-economic-empowerment

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IL MEMORANDUM D’INTESA ITALIA-LIBIA

(A CURA DEL SERVIZIO RAPPORTI INTERNAZIONALI DELLA CAMERA)

Il Presidente del Consiglio italiano, Paolo Gentiloni, e il Primo ministro

del governo di unità nazionale libico Fayez al Sarraj, il 2 febbraio 2017,

hanno firmato a Roma un memorandum d'intesa sulla cooperazione nel

campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale, al traffico

di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza

delle frontiere.

Il memorandum prevede, in particolare, supporto tecnico e tecnologico

da parte del Governo italiano alle Autorità libiche che si occupano di

accoglienza e contrasto all’immigrazione clandestina, nel tentativo di

ridurre il traffico illegale via mare. E’ previsto altresì un sostegno dell’Italia

finalizzato al miglioramento dei centri di accoglienza in territorio libico,

finanziando l’acquisto di medicine e attrezzature mediche e la formazione

del personale lavora al suo interno.

Il 3 febbraio, il Consiglio europeo riunitosi a Malta ha espresso il

sostegno all’accordo italo-libico sui migranti.

L’accordo bilaterale è stato invece al centro di critiche da parte di diverse

organizzazioni non governative. In particolare la ONG Medici per i diritti

umani ha giudicato l’Accordo “probabilmente inefficace e certamente

inumano. Inefficace perché il governo di Serraj controlla ad oggi solo una

parte molto ridotta del territorio nazionale libico e non ha il pieno

controllo neanche della capitale Tripoli. Per il resto la Libia è oggi per i

migranti un grande campo di concentramento, sfruttamento e tortura

gestito da una miriade di milizie, gruppi armati e bande criminali di

dimensioni e caratteristiche tra le più svariate. Inumano nel suo impianto

perché ha palesemente come unico obiettivo quello di fare muro nel Canale

di Sicilia per bloccare gli sbarchi in Italia senza preoccuparsi della sorte di

centinaia di migliaia di donne, uomini e bambini destinati a rimanere

intrappolati nell’inferno libico.”

Anche Medici senza frontiere boccia l’intesa che “intende costruire in

mare una barriera che impedisca a chi fugge di raggiungere le frontiere

dell’Europa. Per migliaia di esseri umani, il muro virtuale in corso di

costruzione nel Mediterraneo Centrale avrà come immediata conseguenza

detenzioni arbitrarie, maltrattamenti, stupri, sfruttamento e respingimenti

nei paesi di origine. Senza alcun riferimento ad alternative sicure per

coloro che non possono più restare in Libia o che sarebbero in pericolo di

vita qualora venissero rimandati nei rispettivi paesi di origine ”.

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Anche l’UNHRC, tramite la portavoce per il sud Europa, Carlotta Sami,

ha dato una valutazione negativa del Memorandum che “parla di migranti

illegali mentre in realtà buona parte di coloro che fuggono avrebbe diritto

alla protezione internazionale. Nel 2016 il 38% dei richiedenti asilo l'ha

ottenuta”. Inoltre la Libia “non è un approdo in cui si possa rimpatriare chi

cerca asilo. È instabile, sul suo suolo sono praticate violenze e torture, non

ha firmato la convenzione di Ginevra”.

Amnesty International ha dichiarato che la chiusura della rotta avrebbe

messo «centinaia di migliaia di rifugiati a rischio di tortura e

sfruttamento”. Giudizio analogo è stato dato anche da Human Rights

Watch.

In un rapporto del dicembre 2016, l’ufficio dell’Alto Commissariato per i

Diritti Umani e la missione in Libia delle Nazioni Unite hanno documentato

diffusa malnutrizione, lavori forzati, malattie, maltrattamenti, abusi

sessuali, torture ed altri abusi nei centri di detenzione di migranti in Libia.

Il Rappresentante del Governo di Tobruck, Ali al-Qatrani, ha dichiarato

che il Memorandum è nullo in quanto "il Presidente del Consiglio

presidenziale e il suo governo designato non sono abilitati giuridicamente e

costituzionalmente a firmare qualsiasi accordo o intesa regionale o

internazionale” che necessità altesì della ratifica parlamentare.

Il Consiglio europeo informale di Malta, svoltosi il 3 febbraio scorso,

ha approvato la Dichiarazione sugli aspetti esterni della migrazione:

affrontare la rotta del Mediterraneo centrale, nella quale l’UE si

impegna a dare priorità ai seguenti aspetti:

supporto alla guardia costiera libica;

impegno per smantellare l’attività dei trafficanti mediante un’azione di

cooperazione rafforzata;

sostegno allo sviluppo delle comunità locali in Libia;

impegno volto a garantire capacità e condizioni di accoglienza

adeguate per i migranti, unitamente all'UNHCR e all'OIM;

sostegno all'OIM per intensificare le attività di rimpatrio volontario

assistito;

rafforzamento delle campagne di informazione e delle attività di

sensibilizzazione destinate ai migranti in Libia e nei paesi di origine e di

transito;

aiuti per la riduzione delle pressioni alle frontiere terrestri della Libia,

anche sostenendo progetti che rafforzino la loro capacità di gestione delle

frontiere;

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monitoraggio di rotte alternative e di possibili deviazioni delle attività

dei trafficanti, in cooperazione con i paesi vicini;

sostegno continuativo agli sforzi e alle iniziative dei singoli Stati

membri impegnati direttamente con la Libia. A tale proposito, l'UE accoglie

con favore il memorandum di intesa firmato il 2 febbraio 2017 dalle

autorità italiane e dal presidente del Consiglio di presidenza al-Serraj ed è

pronta a sostenere l'Italia nella sua attuazione;

approfondimento del dialogo e della cooperazione sulla migrazione

con tutti i paesi confinanti con la Libia, inclusa una migliore cooperazione

operativa con gli Stati membri e la guardia di frontiera e costiera europea

per quanto riguarda la prevenzione delle partenze e la gestione dei rimpatri.

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Tunisia

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SCHEDA-PAESE

(A CURA DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE)

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STRUTTURA ISTITUZIONALE

STRUTTURA ISTITUZIONALE E DATI DI BASE

Nome ufficiale: Repubblica Tunisina

Superficie: 163.610 km2

Capitale: Tunisi (728.453 abitanti)

Città principali: Sfax, Sousse, Ettadhamen-Mnihla, Kairouan, Gabès

Forma di Governo: Semipresidenziale

Capo dello Stato: Béji Caïd Essebsi

Sistema legislativo: Assemblea parlamentare monocamerale

Sistema legale: Fondato sul codice civile francese e la legge islamica

Suffragio: Universale (18 anni)

Partecipazione a organizzazioni internazionali : ABEDA, AfDB,

AFESD, AMF, AMU, AU, BSEC (osservatore), CD, EBRD, FAO, G-11,

G-77, IAEA, IBRD, ICAO, ICC (comitati nazionali), ICRM, IDA, IDB,

IFAD, IFC, IFRCS, IHO, ILO, IMF, IMO, IMSO, Interpol, IOC, IOM,

IPU, ISO, ITSO, ITU, ITUC (organizzazioni non governative), LAS,

MIGA, MONUSCO, NAM, OAPEC, OAS (osservatore), OIC, OIF,

OPCW, OSCE (partner), UN, UNCTAD, UNESCO, UNHCR, UNIDO,

UNOCI, UNWTO, UPU, WCO, WFTU (organizzazioni non governative),

WHO, WIPO, WMO, WTO

POPOLAZIONE ED INDICATORI ECONOMICO - SOCIALI

Popolazione: 11,15 milioni di abitanti (dati fine 2015

dell’Institut National de la Statistique)

Tasso di crescita (PIL):

2013: + 2,5%

2014: + 2,2%

2015: + 0,8%

2016: + 1,3%

Inflazione:

2013: + 5%

2014: + 5,5%

2015: + 4,9%

2016: + 4,0%

Disoccupazione:

2013: 15,8%

2014: 15,1%

2015: 15,4%

2016: 15,5%

Aspettativa di vita alla

nascita:

uomini: 73,9 anni; donne: 77,4 anni (dati

2014)

Gruppi etnici: arabi 98%; europei ed altri 2%

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Religioni: musulmana sunnita 98%; cristiana 1%;

ebraica 1%

Lingue:

arabo (lingua ufficiale); derubricazione del

francese come lingua ufficiale nella nuova

Costituzione.

Principali partiti politici:

Nidaa Tounes, nato da una costola

di Afec Tounes (liberali)

Ennhadha (movimento di

ispirazione islamica)

Congrès pour la République (CPR,

sinistra nazionalista)

Al-Aridha Chaabia ("Pétition

populaire”, populista)

Forum Democratico per il Lavoro

e le Libertà (FDTL – Ettakatol,

socialista)

Partito Democratico Progressista

(centro-sinistra)

L’Iniziativa (liberali e laici)

Harakat Ettajdid (centro-sinistra,

ex comunisti)

Partito Comunista degli Operai

Tunisini (PCOT)

Politica interna L’attuale esecutivo, guidato dal Primo Ministro Chahed, ha ottenuto la

fiducia lo scorso 26 agosto. A giugno, il Presidente della Repubblica

Essebsi aveva annunciato l’intenzione di formare un Governo di unità

nazionale per far fronte alle impegnative sfide che il Paese deve affrontare,

ritenendo l’Esecutivo tecnocratico in carica non in grado di condurre

un'azione di governo coraggiosa ed incisiva.

A luglio nove Partiti (Ennhadha, Nidaa Tounes, Afek Tounes e UPL

della attuale maggioranza; Mouvement projet Tunisie, Mouvement Echab,

Al Moubadra, e Al Joumhouri all'opposizione: circa l'80% delle forze in

Parlamento), il Sindacato UGTT, gli industriali di UTICA e l'Unione degli

agricoltori (UTAP), hanno firmato l'Accordo di Cartagine, documento

programmatico che delineava le priorità e la tabella di marcia del nuovo

Gabinetto. I cinque assi di intervento sono: contrasto al terrorismo,

accelerazione del processo di sviluppo e di creazione di impiego, lotta

contro la corruzione, ripristino degli equilibri finanziari e attuazione di una

politica sociale efficace, decentramento.

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Il nuovo esecutivo, formato da 26 Ministri, di cui 19 di nuova nomina, e

14 Sottosegretari, presenta una base politica diversificata, più giovane e

con una rappresentanza femminile rafforzata. Due portafogli importanti,

quali quello degli Affari Sociali e della Funzione Pubblica, sono stati

assegnati a due ex vice Segretari Generali del Sindacato, Mohamed Trabelsi

e Abid Briki. La Ministra della Gioventù e dello Sport proviene dai ranghi

di UTICA. Quattro Partiti minori, finora nella galassia dell'opposizione di

centro-sinistra sono entrati nel governo. Altrettanto degno di nota il

dichiarato sostegno al Governo del Partito di Mohsen Marzouk, emerso

dalla scissione della corrente di sinistra di Nidaa Tounes e oggi forte di 25

deputati.

Il nuovo Esecutivo ha segnalato un riequilibrio tra Nidaa Tounes ed

Ennhadha: mentre Nidaa Tounes vede la propria partecipazione

ridimensionata a quattro Ministri (Esteri, Educazione Nazionale, Trasporti e

Turismo, tutti confermati dal precedente Gabinetto), Ennhadha, emersa da

un processo di secolarizzazione culminato nel Congresso di maggio,

rafforza la propria presenza con due Ministri e un Sottosegretario, scelti tra

i volti più giovani e progressisti del movimento. I liberali di Afek Tounes

restano al Governo con due dicasteri (Ambiente e Salute) mentre ne esce

l'ultraliberale UPL, a causa di dissidi in sede di negoziato con il Primo

Ministro designato. Diversi Ministeri, infine, restano in mano a personalità

indipendenti: spiccano le conferme, in virtu' dei risultati ottenuti in materia

di sicurezza, di Hedi Majdoub agli interni e Farhat Horchani alla difesa.

Alla guida degli Esteri rimane Khemaies Jhinauoi, ex Consigliere

Diplomatico del Presidente Essebsi. Tra i nuovi entrati spiccano il nuovo

Ministro della Giustizia, Ghazi Jribi, ex magistrato nonché Ministro della

Difesa nel Governo Jomaa, e l'attuale direttore generale della società di

intermediazione finanziaria Tunisie Valeurs, Fahdel Abdelke'fi, nominato

Ministro per lo Sviluppo, l'Investimento e la Cooperazione Internazionale.

I primi giorni di marzo hanno visto concludersi un rimpasto ministeriale

che ha portato alla soppressione del Ministero della Funzione Pubblica e

alla nomina di Ahmed Adhoum a Ministro degli Affari Religiosi. L’aspetto

più rilevante del rimpasto è l’uscita dal Governo di Abid Briki, entrato nel

Gabinetto dai ranghi del Sindacato UGTT e il momentaneo ingresso di

Khalil Ghariani, vice presidente e negoziatore della confederazione

industriale UTICA, dimessosi però poco dopo la nomina. Si attende ora di

verificare la tenuta della coalizione di Governo e il risultato del rimpasto

sull’Accordo programmatico di Cartagine.

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Sicurezza e contrasto al terrorismo

Il 2016 è stato segnato da un importante numero di operazioni delle forze

di polizia volte all’individuazione e all’annientamento di cellule legate agli

ambienti del terrorismo o dedite al traffico d’armi. L’attentato di Ben

Guerdane (7 marzo 2016) ha dimostrato la grande vicinanza e

collaborazione della popolazione locale con le forze dell’ordine. La

vicinanza di Ben Guerdane al confine con la Libia conferma la

preoccupazione delle autorità tunisine nei confronti della porosa frontiera.

Per questo motivo lo scorso anno è iniziata la costruzione di una barriera di

protezione lungo il confine che si estende per circa 245 km, ed è rafforzata

da torrette e postazioni di controllo lungo il tracciato. Continua poi a

rappresentare una minaccia la presenza sul monte Chaambi, nell’area

montagnosa al confine con l’Algeria, di gruppi armati.

Dopo l’attentato terroristico di Sousse di luglio 2015, su impulso del

Vertice G7 di Elmau, è stato avviato un coordinamento multilaterale in

ambito G7, allargato a Belgio, Spagna e UE, sotto forma di un comitato

consultivo per la lotta al terrorismo e di una cellula di crisi nazionale

per il contrasto al terrorismo.

Dopo l’attentato di Berlino del 23 dicembre, si è acceso in Tunisia un

dibattito sul ritorno dei terroristi tunisini dai teatri di crisi in Iraq, Siria

e Libia (5.500 persone secondo le stime dell'ONU).

Ultimi sviluppi di politica estera A partire dal 2015 la Tunisia ha attuato alcune svolte nelle linee di

politica estera. Sono state ristabilite le relazioni diplomatiche con la

Siria, con l’apertura di un Consolato a Damasco e l’invito alle autorità

siriane a inviare un Ambasciatore a Tunisi, ed è stato riaperto il Consolato

a Tripoli, poi nuovamente chiuso per le condizioni di sicurezza.

La Tunisia è entrata nella coalizione anti-Daesh, coerentemente con la

nota posizione secondo cui il contrasto all'estremismo violento deve essere

una responsabilità condivisa e uno sforzo collettivo di tutti i Paesi, nel

quadro di un approccio partecipativo.

Per la Libia, la Tunisia sostiene il quadro istituzionale sancito

dall’Accordo Politico, condividendo con l’Italia il senso di urgenza dettato

dalla volatilità della situazione sul terreno. Tunisi mantiene canali di

comunicazione con tutti gli attori libici e sostiene la necessità di una

soluzione individuata dai libici per le questioni che fino a questo momento

hanno impedito la piena attuazione dell’Accordo. Da queste considerazioni

ha preso le mosse l’azione tunisina per consultazioni rafforzate con gli altri

Paesi vicini per favorire una soluzione intra-libica, di cui i paesi della

regione non dovrebbero essere che i facilitatori/mediatori. Ad inizio

gennaio, il Presidente Essebsi si è recato ad Algeri e ha inviato il Ministro

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Jhinaoui in Egitto. A destare particolare preoccupazione a Tunisi è in

particolare la questione del controllo delle frontiere meridionali del Paese,

attraversate da varie forme di contrabbando oltre che di traffico di esseri

umani, cui le Autorità tunisine stanno tentando di far fronte con la

costruzione di barriere fisiche e tecnologiche per un tratto di circa 240

chilometri.

Quadro economico

La fragilità del quadro economico tunisino deriva dalla crescita limitata,

incapace di rispondere al disagio legato alla disoccupazione e alle disparità

regionali. Segni di miglioramento del settore manifatturiero e dei servizi e

una lieve ripresa dell'industria dei fosfati hanno contribuito a migliorare le

prospettive del Paese, anche se gli equilibri finanziari permangono delicati a

causa di finanze pubbliche in gravi difficoltà.

La crescita stimata per il 2016 è dell'1,4%. Le previsioni della Banca

Mondiale per il 2017 sono del 3% e del 3,7% per il 2018. La

disoccupazione è al 15,5%. L'inflazione si attesta al 4%. Preoccupa la

struttura della spesa pubblica: il debito pubblico, arrivato a oltre il 60% del

PIL, è più che raddoppiato negli ultimi cinque anni. L’economia informale

rappresenterebbe circa il 50% del PIL. Cresce il contrabbando, soprattutto

per la difficoltà di monitorare le frontiere con la Libia.

Il 17 settembre 2016 è stato approvato, dopo un lungo dibattito

parlamentare, il nuovo Codice degli Investimenti, entrato in vigore il 1

gennaio 2017. Il 29 e 30 novembre scorsi si è tenuta a Tunisi la

Conferenza internazionale di presentazione del Piano Quinquennale di

Sviluppo 2016-2020. Nel corso della Conferenza, sono stati presentati oltre

cinquanta progetti di investimento pubblici, privati, e di partenariato

pubblico-privato, per un totale di 60 miliardi di dollari, in diversi settori

quali trasporti e infrastrutture, energia e rinnovabili, agricoltura e sviluppo

sostenibile, costruzioni, logistica, sanità, sviluppo regionale,

digitalizzazione, educazione, trattamento delle acque. L’Italia ha annunciato

nell’occasione interventi del valore di 360 milioni di euro, di cui 260 di

crediti di aiuto e 100 di doni.

Relazioni bilaterali Le relazioni bilaterali sono eccellenti, ne è prova l’intensificarsi degli

incontri e delle visite bilaterali ai massimi livelli. L’8 e 9 febbraio, il

Presidente della Repubblica, Beji Caid Essebssi, è venuto in Italia in visita

di Stato, accompagnato dal Ministro degli Esteri e dal Ministro del

Turismo. A margine della visita, sono stati firmati una Dichiarazione

Congiunta che traccia il percorso delle future relazioni, con particolare

riguardo alla Cooperazione allo Sviluppo, alla Cooperazione Culturale e in

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materia di contrasto all’immigrazione illegale, e sei accordi (Cooperazione

allo Sviluppo, Trasporti su strada, Cooperazione Culturale, Turismo,

Ambiente ed Energia, Sanità). Il 19 gennaio, l’Onorevole Ministro si è

recato in visita a Tunisi, dove è stato ricevuto dal Presidente della

Repubblica, dal Primo Ministro e dal Ministro degli Esteri. Il 4 gennaio

scorso il Ministro dell’Interno, Marco Minniti, si è recato a Tunisi dove ha

incontrato l’omologo tunisino, Ministro Mejdoub. La cooperazione

bilaterale nel campo della sicurezza e le modalità per rafforzarla sono stati

al centro dei colloqui. Il 29 novembre scorso, il Sottosegretario Della

Vedova ha rappresentato l’Italia alla Conferenza Tunisia 2020.

Cooperazione economica

L’allora Ministro Gentiloni ha guidato la missione di sistema in Tunisia

il 9 maggio scorso, organizzata in collaborazione con ICE Agenzie e

Confindustria. Nel corso della missione si è svolto il Business Forum

incentrato su agricoltura, macchine agricole e tecnologie per la

trasformazione alimentare, infrastrutture ed edilizia ed energie rinnovabili,

con l’intervento del Ministro Gentiloni e del Capo del Governo tunisino

Essid. La missione ha visto la presenza di oltre 170 operatori italiani, e oltre

200 imprese tunisine.

L’Italia rappresenta il secondo partner commerciale della Tunisia, con un

saldo commerciale in attivo (circa 430 milioni di euro) e con un

interscambio bilaterale nel 2016 stimato tra 5 e 5,5 miliardi di euro, sia in

funzione di cliente sia di fornitore, con una quota di mercato del 17,4% e

del 14,5% rispettivamente. Storicamente, l’Italia è anche il secondo

investitore in Tunisia.

In Tunisia, la presenza delle aziende italiane è forte e ben radicata.

Nonostante le difficoltà di questi ultimi anni, esse hanno mantenuto le loro

posizioni, spesso incrementandole. Risultano attive nel Paese oltre 800

imprese (la maggior parte delle quali sono società totalmente esportatrici,

off-shore). Le imprese italiane installate in Tunisia (miste, a partecipazione

italiana o a capitale esclusivamente italiano) impiegano oltre 60mila

persone e rappresentano quasi un terzo del totale delle imprese a

partecipazione straniera. La maggior parte di esse è concentrata nella

Grande Tunisi e nelle regioni costiere. Tuttavia, grazie ad una manodopera

qualificata presente sull’intero territorio, le imprese italiane si stanno

situando sempre più anche nelle regioni interne.

L’Italia è presente nel settore manifatturiero, costruzioni e grandi opere,

componentistica automotive, bancario, trasporti, meccanico, elettrico, agro-

alimentare, farmaceutico. Significativa anche la rilevanza del settore

energetico, in quanto in Tunisia passa il gasdotto TTPC che collega Italia e

Algeria. Aziende italiane si sono aggiudicate importanti commesse per

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Grandi Lavori nelle infrastrutture (autostrade, rete ferroviaria veloce,

impianti energetici e altro). Il settore merceologico con maggiore presenza

di imprese italiane resta quello del tessile/abbigliamento.

Cooperazione allo sviluppo La Tunisia è un Paese prioritario per la Cooperazione allo sviluppo

italiana. Il Memorandum d’intesa sulla Cooperazione italo-tunisina,

sottoscritto il 18 maggio 2015, ha sancito il ri-orientamento degli interventi

su azioni a sostegno del buon governo e della democratizzazione e ha

confermato il sostegno in materia di occupazione e sviluppo socio-

economico, in particolare del sud del Paese.

Alla Conferenza Internazionale di Tunisi del 29 e 30 novembre

l’Italia ha annunciato un impegno per circa 360 milioni di euro, articolato

in: 260 milioni di euro a credito d’aiuto (di cui 160 milioni di euro da

erogare nel quadro di linee di credito già esistenti, e 100 milioni per nuove

iniziative) e 100 milioni di euro a dono (inclusi 25 milioni di euro derivanti

dall’Accordo di conversione del debito).

L’Italia ha sostenuto l’istituzione del Fondo fiduciario di emergenza

UE per affrontare le cause profonde delle migrazioni in Africa,

contribuendo alla sua creazione in occasione del vertice de La Valletta con

10 milioni di euro. La Tunisia, come gli altri Paesi della sponda sud del

Mediterraneo, può beneficiare di interventi diretti finanziati dal Fondo.

Per quanto riguarda il debito tunisino, sono attive due linee di credito,

una per le PMI di 73 milioni di euro, per rafforzare le capacità e la

competitività delle PMI e delle società miste promuovendo i partenariati tra

imprese, e una seconda di 145 milioni a sostegno alla bilancia dei

pagamenti. E’ stato recentemente firmato l’Accordo di Conversione del

debito tunisino del valore di 25 milioni di euro. Le risorse saranno destinate

alla realizzazione di progetti nelle regioni svantaggiate del Paese in settori

quali la sanità e l'istruzione di base, la costruzione di piccole infrastrutture

volte a migliorare le condizioni di vita della popolazione, la creazione

d'impiego e lo sviluppo di micro-imprese attraverso l'utilizzo di micro-

crediti. In occasione della Presidenza del G7, la Cooperazione Italiana

contribuirà con 5 milioni di dollari al “Transition Fund per il Medio Oriente

e l’Africa settentrionale”.

La nuova programmazione per il periodo 2017-2020, sancita dal

Memorandum firmato a Roma il 9 febbraio, prevede di concentrare gli

interventi nel sostegno al settore privato, per la creazione di opportunità di

impiego e di fonti di reddito in nelle regioni più svantaggiate del Paese; il

sostegno al rafforzamento della democrazia partecipativa e del welfare

locale (istruzione pubblica obbligatoria nelle zone remote); il sostegno al

settore pubblico nell’attuazione dei programmi di investimento pubblici

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prioritari. Ad integrazione, e in continuità con la tradizione della

Cooperazione italiana, saranno previste iniziative su tematiche trasversali

quali migrazione, gender, e sostenibilità ambientale. Per quanto riguarda la

tematica della migrazione l’obiettivo sarà, da un lato, di contribuire a

ridurre le condizioni socio-economiche che favoriscono i fenomeni di

migrazione illegale e, dall’altro, di incoraggiare la partecipazione della

diaspora tunisina in Italia allo sviluppo economico e sociale del paese

d’origine. I fondi stanziati per il 2017 ammontano a 14 milioni di euro di

doni (rispetto ai 9,5 del 2016).

Collaborazione in materia migratoria La collaborazione bilaterale in materia migratoria è basata su uno

Scambio di Note riguardante l'ingresso e il soggiorno sul territorio dei due

paesi dei rispettivi cittadini (in vigore dal 1999) e su un Accordo in materia

di lotta alla criminalità (in vigore dal 2005).

La cooperazione bilaterale in materia di rimpatri è basata sul

Processo verbale del 5 aprile 2011. In cambio di una maggiore

collaborazione in termini di rimpatri l’Italia ha concesso ai migranti tunisini

giunti irregolarmente prima del 5 aprile 2011 la possibilità di chiedere un

permesso di soggiorno provvisorio, su base umanitaria, oltre ad un

programma di assistenza tecnica per uno stanziamento totale di 140 milioni

di euro. In materia di cooperazione di polizia, l’Italia ha offerto un

programma di assistenza con la fornitura di mezzi ed equipaggiamenti

per 180 milioni di euro e con corsi di formazione.

Sinora le disposizioni in materia di identificazione e rimpatrio dei

migranti irregolari hanno rappresentano il principale ostacolo a una

tempestiva definizione dell’Accordo per una gestione concertata delle

migrazioni. Ad aprile 2016, i tunisini hanno chiesto riavviare i negoziati,

fermi dal 2012, per la definizione del progetto di Accordo Quadro sulle

migrazioni, che comprenda un protocollo sulle riammissioni e la

prevenzione dei flussi, un protocollo di sostegno alla mobilità dei lavoratori

tunisini e interventi di formazione professionale.

Il 2016 ha registrato un numero di sbarchi senza precedenti (181.450),

superando del 17,9% il numero degli arrivi del 2015. In oltre il 71% dei casi

si tratta di uomini, i minori non accompagnati rappresentano il 14% degli

sbarcati. Al 31 dicembre scorso, la Tunisia risultava essere terzo Paese di

partenza quanto a numero di natanti (74, a grande distanza dalla Libia con

1.293 imbarcazioni e poco sotto l’Algeria con 82), il quinto quale Paese di

imbarco (975 persone, dopo Libia con 160.864 persone, Egitto, Turchia ed

Algeria).

Processo di Khartoum. La Tunisia fa attivamente parte del PK. L’Italia

è impegnata a far sì che, come gli altri Paesi nordafricani appartenenti

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all’esercizio (Egitto e, in prospettiva, Libia), la Tunisia riceva i fondi

necessari per avviare dei progetti concreti di cooperazione in campo

migratorio.

Il sostegno dell'UE

L’UE riconosce alla Tunisia lo straordinario sforzo profuso sulla via

delle riforme ed i risultati conseguiti in campo istituzionale e

costituzionale, attraverso un processo inclusivo e aperto agli input della

società civile, con contenuti inediti per il mondo arabo.

Il 18 aprile scorso si è svolto il XII Consiglio d’Associazione UE-

Tunisia. L’UE auspica un rafforzamento del Partenariato privilegiato con

Tunisi. Nel contesto di una generale valutazione del processo di riforme,

sono stati evidenziati i seguenti aspetti: attuazione della Costituzione e

consolidamento democratico; crisi libica e sue ripercussioni in loco;

sicurezza e nuovo pacchetto “antiterrorismo”; questioni migratorie, con

particolare attenzione all’assistenza tecnica e finanziaria nel quadro del

Partenariato di mobilità.

Lo scorso anno era stato definito lo sblocco di fondi ENI previsti dal

Consiglio di Associazione per un ammontare di 70 milioni di euro. Questo

contributo fa della Tunisia il primo beneficiario di tale programma nel

vicinato.

A seguito della ratifica da parte tunisina del relativo MoU, inoltre, l’UE

sostiene la Tunisia attraverso un programma di assistenza macro-finanziaria

di 300 milioni di euro a dono. Lo scorso febbraio l’UE ha proposto di

accordare al Paese un’assistenza macro finanziaria supplementare di

500 milioni di euro, sotto forma di prestiti a medio termine: il nuovo

aiuto sarà versato su tre tranche nel biennio 2016/2017 ed è destinato a

migliorare il bilancio dello Stato, il clima degli investimenti e a facilitare la

convergenza regolamentare con l’UE. Il versamento dei prestiti UE è allo

stato parziale, in quanto condizionato all’adozione di riforme strutturali in

campo socioeconomico e delle finanze pubbliche.

La BEI ha annunciato la concessione di nuovi prestiti da 2,5 miliardi

fino al 2020, destinati a sostenere la crescita inclusiva e sostenibile. La

BERS investirà, nel corso dei prossimi cinque anni, almeno 650 milioni di

euro a sostegno del settore privato e in progetti infrastrutturali ed energetici.

Con l’UE, sono aperti diversi negoziati su cui si attende un impegno

concreto da parte tunisina. In particolare, stentano a decollare le discussioni

sull’Accordo di Libero Scambio (DCFTA). Dal gennaio 2016 la Tunisia è

il primo paese arabo ad entrare nel Programma di Ricerca Horizon2020.

È stato recentemente lanciato il gemellaggio a conduzione franco-italiana

per il rafforzamento delle capacità del parlamento tunisino (Assemblea

dei Rappresentanti del Popolo). Il progetto ha durata triennale ed è

finanziato dall’UE per 1,63 milioni di euro. In data 17 ottobre 2016, i

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ministri degli esteri europei hanno "rinnovato l'impegno" a sostenere la

Tunisia. Si è deciso di rinforzare l'aiuto finanziario europeo, fino a 300

milioni di euro per il 2017, assicurando che i finanziamenti europei

resteranno a "livello elevato fino al 2020" seguendo l'attuazione del piano di

riforme annunciato. Nella stessa riunione, il Consiglio degli Esteri ha

inoltre accolto con favore la recente adozione di un secondo programma di

assistenza macro-finanziaria della Ue da 500 milioni di euro.

Relazioni UE-Tunisia: cooperazione in materia migratoria

La Tunisia ha firmato un Partenariato di Mobilità con la UE nel 2014.

Quattro gli assi di cooperazione: promozione della migrazione legale (anche

con negoziati per un accordo sulla facilitazione dei visti), contrasto alla

migrazione irregolare (anche attraverso un negoziato sulla riammissione),

approfondimento del nesso tra migrazione e sviluppo, promozione di

politiche di asilo. Il negoziato sull’accordo di riammissione con la UE non è

ancora partito, per la netta contrarietà dei tunisini verso la clausola sulla

riammissione anche dei cittadini di Stati terzi che siano transitati per la

Tunisia. Stenta a decollare il collegato negoziato sulla facilitazione dei visti.

Nel quadro del Partenariato, a titolo bilaterale, l’Italia ha attualmente in

corso una iniziativa di migrazione circolare per il tramite di tirocini di

formazione professionali (Min. Lavoro) ed una di formazione delle forze di

polizia (sommozzatori ed in materia di frode documentale, a cura

dell’Interno); allo studio anche un progetto per la riqualificazione della

formazione professionale (Min. Lavoro). Inoltre, l’Italia (Min. Interno)

partecipa al progetto UE di sostegno al partenariato (Progetto “Lemma”)

ed organizzerà missioni di studio in Tunisia per presentare ai funzionari

tunisini il nostro modello di accoglienza.

La Tunisia è altresì beneficiaria del Fondo Fiduciario di La Valletta. Il

Comitato per la finestra Nord Africa del Fondo ha approvato in dicembre

un primo progetto dal 11,5 milioni di euro per il sostegno alla strategia

nazionale in materia migratoria.

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RAPPORTI PARLAMENTARI

(A CURA DEL SERVIZIO RAPPORTI INTERNAZIONALI DELLA CAMERA)

Incontri bilaterali

L’8 febbraio 2017 si è svolta presso il Senato italiano una Conferenza

sulla situazione in Tunisia tenuta dal Presidente della Repubblica

tunisina, Beji Caid Essebsi, in occasione della sua visita di Stato in Italia.

Sono intervenuti, per gli indirizzi di saluto, il Presidente del Senato,

Pietro Grasso, la Presidente della Camera, Laura Boldrini e i Presidenti

delle Commissioni Esteri dei due rami del Parlamento, Pier Ferdinando

Casini e Fabrizio Cicchitto.

Il 20 ottobre 2016 la Presidente Boldrini ha avuto un incontro con il

leader del partito tunisino Enhahda, Rachid Ghannouchi.

Al centro dei colloqui, gli ultimi sviluppi in Tunisia e il sostegno della

Camera dei deputati al processo democratico in corso nel Paese, con

particolare riferimento al protocollo bilaterale di collaborazione e al

gemellaggio condotto in collaborazione con il Parlamento francese (su cui

si veda infra). E’ stato altresì ricordato l’eccellente stato delle relazioni tra

Italia e Tunisia, che devono essere ulteriormente sviluppate, ed è stata

evidenziata la necessità di fare un fronte comune contro il terrorismo

promuovendo l'institution building al fine di garantire lo sviluppo dei paesi

islamici. Infine è stata affrontata la questione relativa alla diffusione in

Europa dei movimenti di razzismo e xenofobia e alla promozione, da parte

della Presidente Boldrini, della Dichiarazione su una maggiore integrazione

europea al fine di contrastare questa tendenza. A tale riguardo Gannouchi

ha osservato che una maggiore integrazione regionale sarebbe utile anche la

sponda sud, per parlare con una sola voce con l’UE.

Il 28 gennaio 2016 la Presidente Boldrini ha incontrato il Presidente

dell'Assemblea dei Rappresentanti del popolo, Mohamed Ennaceur,

accompagnato da una delegazione di deputati tunisini.

I due Presidenti hanno svolto un intervento nel corso della prima

sessione dell'incontro "Italia-Tunisia, insieme per la democrazia",

dedicata al tema dei Parlamenti a sostegno della democrazia. Al termine di

tale sessione i due Presidenti hanno sottoscritto il Memorandum d'intesa

tra la Camera dei deputati e l'Assemblea dei Rappresentanti del popolo

tunisina (si veda oltre).

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L'8 novembre 2015 la Presidente Boldrini ha ricevuto i rappresentanti

del "Quartetto del dialogo nazionale tunisino", vincitore del Premio

Nobel per la Pace 2015.

Dal 28 al 29 marzo 2015 la Presidente Boldrini si è recata in visita

ufficiale in Tunisia per partecipare alla Marcia della Pace, indetta a

seguito dell’attentato al Museo del Bardo (per l’Italia era presente l’allora

Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, ed una delegazione

della Commissione Affari esteri della Camera, guidata dal Presidente

Fabrizio Cicchitto).

Nel corso della visita, la Presidente ha avuto un colloquio con il

Presidente dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, Mohamed

Ennaceur. La Presidente ha poi incontrato l’allora Ministra della Cultura

e della Salvaguardia del Patrimonio, Latifa Lakddhar, insieme ad alcune

deputate e a rappresentanti della società civile femminile tunisina e ha avuto

un incontro con rappresentanti della comunità italiana.

Il 10 settembre 2014 la Presidente Boldrini ha incontrato, insieme al

Presidente del Senato, Pietro Grasso, l’allora Presidente della Repubblica

di Tunisia, Mohamed Moncef Marzouki, in visita ufficiale in Italia.

Temi del colloquio: le relazioni con l’Italia, crisi libica, rifugiati in

Tunisia, crisi in Siria, lotta al Daesh e politica interna tunisina in vista delle

elezioni parlamentari e presidenziali.

L’allora Presidente dell’Assemblea Costituente tunisina, Moustapha

Ben Jaafar, nell’incontro avuto con la Presidente Boldrini il 7 aprile

2013, a latere della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti

dell’Unione per il Mediterraneo (UpM), a Marsiglia, ha riaffermato

l’importanza dei legami con l’Italia, in una fase particolarmente delicata del

processo di riforma istituzionale in atto nel Paese e dell’importanza del

sostegno italiano per il rafforzamento delle istituzioni democratiche.

Incontri delle Commissioni

Il 20 ottobre 2016 il Presidente della Commissione Affari esteri,

Fabrizio Cicchitto, ha avuto un incontro con il leader del partito tunisino

Enhahda, Rachid Ghannouchi.

Il 22 settembre 2016 si è svolto un incontro tra una delegazione della

Commissione Giustizia, presieduta dalla Presidente Donatella Ferranti, e

una delegazione dell’Assemblea dei Rappresentanti del popolo e di altre

istituzioni pubbliche della Tunisia sulla normativa italiana in materia di

lotta alla corruzione.

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Si segnalano tre missioni della Commissione affari esteri della Camera

a Tunisi; tutte le missioni sono state guidate dal Presidente della

Commissione Cicchitto:

dal 12 al 13 luglio 2015, incontri svolti con il Presidente della

Repubblica Essebsi, il ministro degli Esteri Baccouche, la Presidente

della Commissione per i Diritti, le Libertà e le Relazioni estere

dell'Assemblea dei Rappresentanti Bochra Belhaj Hmida, e Rached

Ghannouchi, leader di Ennhadha;

dal 29 al 30 marzo 2015 per partecipare alla Marcia della pace;

incontri svolti con il Presidente dell’Assemblea dei Rappresentanti

Ennaceur, con il leader di Ennhadha, Rached Ghannouchi, e con il

Presidente della Repubblica Essebsi;

dal 19 al 21 gennaio 2015, incontri svolti con il Primo Ministro,

Mehdi Jomaa, il Presidente del Parlamento, Ennaceur, il Segretario

di Stato agli Affari Esteri, Faical Gouiaa, il leader di Afek Tounes,

Yassin Brahim, il leader di Ennhadha, Rached Ghannouchi e Hamma

Hammami, portavoce del Fronte Popolare. La delegazione è stata

altresì ricevuta dal Presidente della Repubblica Essebsi.

L’8 maggio 2014, presso la Commissione Affari esteri, in ambito di

Comitato permanente sui diritti umani e di Comitato sull'Africa e

questioni globali, è stata audita l’allora Vicepresidente dell'Assemblea

costituente di Tunisia, Maherzia Labidi.

Il 28 maggio 2013 il Presidente Cicchitto ha incontrato l'Ambasciatore

della Repubblica tunisina in Italia, Naceur Mestiri.

Protocollo di collaborazione bilaterale

Il 28 gennaio 2016 la Presidente Boldrini e il suo omologo tunisino

Ennaceur hanno sottoscritto, a Roma, un Memorandum d'intesa che

stabilisce la creazione di Gruppo parlamentare di collaborazione tra le

due Camere, composto da 6 deputati per ciascuna parte e coordinato in

ciascuna Assemblea da un deputato con incarico istituzionale.

L'intesa prevede lo svolgimento di Vertici parlamentari con cadenza

biennale, da organizzarsi alternativamente in Italia e in Tunisia. Il Gruppo

parlamentare di collaborazione ha l'obiettivo di consolidare e approfondire i

legami già esistenti tra le due Camere, promuovere incontri tra

Commissioni parlamentari omologhe su temi di interesse comune, favorire

la cooperazione parlamentare e la formazione di posizioni convergenti in

ambito multilaterale, rafforzare la cooperazione fra le due Amministrazioni.

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La parte italiana del Gruppo, coordinata dal deputato Lorenzo Dellai, è

formata dai deputati Matteo Colaninno, Titti Di Salvo, Pia Locatelli,

Edmondo Cirielli e Valentino Valentini.

In preparazione dei lavori, il 26 luglio 2016 una delegazione della parte

italiana del Gruppo parlamentare di collaborazione composta dai

deputati Dellai, Cirielli, Di Salvo e Colaninno, ha incontrato il Vice

Ministro degli Affari esteri, Mario Giro.

In apertura dell’incontro è stata sottolineata la necessità di fornire

sostegno alla Tunisia, unico esempio positivo di democrazia da tutelare e

diffondere anche negli altri Paesi dell’area, ricordando a tale proposito la

svolta positiva introdotta dal partito Enhahda, fautore di un contrappeso

tra la componente democratica e quella laica. Si è poi parlato della necessità

di un approccio organico di collaborazione con la Tunisia da parte

dell’Italia – anche in collaborazione con l’Europa, le regioni e gli enti locali

- che non si limiti ai soli aspetti istituzionali, ma che si estenda anche a

quelli economici. Dopo aver ricordato che la Tunisia rappresenta una

priorità per la cooperazione italiana allo sviluppo, il Vice Ministro ha

elencato le risorse economiche stanziate dall’Italia a favore del paese e le

iniziative intraprese al fine di creare occupazione e sviluppo nel territorio.

Da ultimo, il 18 gennaio 2017 ha avuto luogo un incontro tra la parte

italiana del gruppo di collaborazione e l’Ambasciatore della

Repubblica tunisina Mestiri.

Sedi multilaterali

La Tunisia partecipa alla cooperazione parlamentare nell'ambito

dell'Assemblea parlamentare dell'Unione del Mediterraneo (AP-UpM),

prendendo parte a tutte le sedi ove si svolge tale cooperazione. Alla Tunisia

è stata assegnata, per i quadrienni 2008-2012, 2012-2016 e 2016-2020, la

Presidenza della Commissione diritti della donna (carica ora ricoperta dalla

deputata Leila Chettaoui); ha inoltre esercitato la Vice Presidenza della

Commissione per l'energia e l'ambiente dal 2008 al 2012, e quella della

Commissione Cultura per il quadriennio 2012-2016.

La Tunisia ha co-presieduto, insieme all'Italia, il Gruppo di lavoro

tecnico incaricato di approfondire la questione della trasformazione del

FEMIP in Banca euro mediterranea di sviluppo. La Tunisia ha esercitato la

Presidenza di turno della medesima Assemblea da marzo 2006 a marzo

2007. Partecipa altresì all'Assemblea Parlamentare Mediterranea (PAM) e

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al Dialogo 5+5 (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta e Algeria,

Tunisia, Marocco, Libia e Mauritania), la cui ultima riunione si è tenuta a

Lisbona, il 20 maggio 2014.

La Tunisia è Partner mediterraneo per la cooperazione dell'OSCE. Il

Parlamento tunisino ha lo status di osservatore nel Gruppo Speciale del

Mediterraneo e del Medio Oriente dell'Assemblea Parlamentare della

NATO. Dal 28 settembre al 1° ottobre 2015, si è svolto a Tunisia la

Riunione del Gruppo Speciale Mediterraneo e Medio Oriente (GSM)

dell'Assemblea NATO cui ha preso parte l'onorevole Alli.

Durante la missione i parlamentari hanno incontrato Mohamed Ennaceur,

Presidente del Parlamento tunisino, e il Ministro degli interni Gharsalli. Si

sono inoltre svolti incontri presso la base navale tunisina di Bizerta, la

Banca Mondiale e la Delegazione UE di Tunisi. I parlamentari hanno poi

partecipato ad una tavola rotonda con alcuni docenti universitari sui temi

delle riforme, della scuola, della lotta al terrorismo e della disoccupazione

giovanile e, successivamente, incontrato alcuni rappresentanti della società

civile tunisina, di organismi internazionali e ONG.

Si ricorda inoltre che l'Assemblea parlamentare dell'OSCE ha effettuato

una missione di osservazione elettorale in Tunisia in occasione delle

elezioni per la costituzione dell'Assemblea Costituente del 23 ottobre 2011.

Unione interparlamentare (UIP)

Nell’ambito dell’Unione interparlamentare opera il gruppo di amicizia

Italia-Tunisia, la cui parte italiana è presieduta dal senatore Claudio

Martini. Ne fanno altresì parte i senatori Enrico Buemi, Gianmarco

Centinaio , Giuseppe Esposito, Pietro Laffranco e Francesco Scoma,

nonché i deputati Alessandro Pagano, Giorgio Sorial e Nicola Stumpo.

Collaborazione amministrativa

La Camera dei deputati, congiuntamente al Senato, si è aggiudicata,

insieme al Parlamento francese, il progetto di gemellaggio europeo con

l'Assemblea dei rappresentanti del popolo tunisina.

Il progetto, finanziato dall'Unione europea, ha l'obiettivo collaborare con

l'amministrazione dell'Assemblea tunisina nell'attuazione della nuova

Costituzione, entrata in vigore nel febbraio 2014.

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In particolare il progetto intende sostenere il consolidamento della

governance democratica tunisina, mediante il rafforzamento dell'azione

parlamentare, potenziando le competenze legislative dei parlamentari e le

competenze legislative e tecniche dell'amministrazione. Il progetto ha avuto

inizio il 1° gennaio 2016 e durerà complessivamente 36 mesi.

Il 18 novembre 2015 un gruppo di funzionari tunisini, in Italia per

partecipare ad al progetto "Sostegno al processo di transizione democratica

in Tunisia" organizzato dall’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

sulla base di un finanziamento del Ministero degli affari esteri e della

cooperazione internazionale, si è recato per una visita di studio alla

Camera. Il Gruppo di funzionari, il successivo 24 novembre, è stato

ricevuto dal Presidente della Commissione Affari esteri, Fabrizio Cicchitto.

Una funzionaria della Camera dei deputati ha effettuato una missione a

Tunisi, dal 10 al 13 giugno 2015, per partecipare al seminario sul ruolo

delle Assemblee parlamentari nella progettazione e implementazione

dello Stato decentralizzato, nell'ambito di un programma delle Nazioni

Unite per il sostegno al processo costituzionale e parlamentare e al dialogo

nazionale in Tunisia.

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PROFILI DELLA CONDIZIONE FEMMINILE IN TUNISIA

(A CURA DEL SERVIZIO STUDI DELLA CAMERA)

TUNISIA

Il quadro dell’empowerment femminile in Tunisia è ricostruito nel

Rapport National Genre Tunisie 2015, pubblicato nel 2016 come risultato

della collaborazione tra UN Women e l’Institut National de la Statistique

tunisino con l’obiettivo di incorporare l’approccio di genere nella

produzione di dati statistici.

Indicatori statistici sensibili al genere, infatti, consentono un’analisi

approfondita della parità uomo-donna con conseguente possibile

rafforzamento della posizione delle donne nelle strategie nazionali tunisine.

Nel rapporto sono stati utilizzati gli indicatori di genere individuati in

ambito Onu, integrati con indicazioni provenienti sia dall’Istituto tunisino

di statistica, sia dalla società civile. La fase di analisi ha evidenziato le

disuguaglianze di genere nel contesto tunisino.

Si riportano di seguito le principali evidenze emerse nel report.

Occupazione

Il peso percentuale delle donne in età lavorativa (15 anni e oltre) sul

totale della popolazione compresa in tale fascia non si traduce in

un’equivalente partecipazione delle donne all'attività economica: infatti le

donne rappresentano il 50,2% della popolazione in età lavorativa ma

solo il 24,6% della popolazione occupata (dati terzo trimestre 2015). Tale

situazione non consente il miglioramento dell'empowerment economico

delle donne tunisine e, in termini di creazione di valore, è una perdita per

l’intera comunità nazionale tunisina. Inoltre le donne sono più colpite

dalla disoccupazione rispetto agli uomini, con un tasso di disoccupazione

femminile stimato al 22,5%, contro il 12,4% degli uomini, con punte che

superano il 35% in diversi governatorati (terzo trimestre 2015). Il tasso di

disoccupazione delle donne con diploma di istruzione superiore, 41,1%,

è circa il doppio dell’equivalente tasso maschile, che è 21,4%.

Salari

Nel settore privato, sia informale sia strutturato, le donne

guadagnano meno degli uomini. Un’inchiesta del 2012 sulle micro

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imprese ha evidenziato che le donne accusano un divario salariale rispetto

agli uomini stimato al -35,5%, dato che le colloca ad un livello inferiore

rispetto al salario minimo, laddove il salario maschile supera tale livello.

Quanto al settore privato formale, l'indagine sulla struttura salariale in

Tunisia per il 2011-2012 ha mostrato che le donne guadagnano in media il

25,4% in meno degli uomini.

Istruzione

Il tasso di iscrizione al primo anno di istruzione di base, nell’anno

scolastico 2013/2014, è stato del 99,4% sia per i ragazzi come per le

ragazze, la maggior parte dei/delle quali (77,8%) ha ricevuto istruzione pre-

scolastica. Nel secondo ciclo dell’istruzione di base e nell’insegnamento

secondario, il tasso di iscrizione delle bambine è significativamente

superiore a quello dei maschi. L'indice di parità di genere, definito come

il rapporto tra il numero delle femmine e il numero dei maschi iscritti

in un determinato ciclo, mostra che a livello prescolare e del primo ciclo

dell’istruzione di base il numero di bambine è inferiore a quella dei ragazzi;

tuttavia, dal secondo ciclo di istruzione di base, le ragazze sono più

numerose dei ragazzi, in conseguenza del fatto che i maschi abbandonano la

scuola in anticipo e in numero maggiore rispetto alle ragazze. Nell’anno

2013/2014 degli oltre 112.000 alunni che hanno lasciato la scuola il 40%

erano ragazze e il 60% ragazzi; l’analisi ha evidenziato che, a differenza di

quanto avviene per i maschi, l’abbandono della carriera scolastica da parte

delle ragazze tende a polarizzarsi a livello di scuola superiore, più avanti nel

percorso formativo.

Quanto all’istruzione di livello universitario, nell’anno accademico

2013/2014, il 67% dei laureati erano ragazze rappresentando il 57% dei

laureati negli ambiti scienza, ingegneria, produzione e costruzione.

In generale, in Tunisia ci sono più donne analfabete rispetto agli uomini

e secondo il censimento generale popolazione 2014, il tasso di

analfabetismo è del 25% per le donne e 12,4% per gli uomini.

Accesso al credito

Di tutti i progetti approvati dalla BFPME (Banque de financement des

petites et moyennes entreprises) il 17% sono progetti promossi da

sviluppatori donne e 83% da promotori uomini. Tuttavia, la mancanza di

dati statistici sulla ripartizione per sesso delle richieste di finanziamento

non consente di costruire un dato chiaro sul tasso di approvazione per sesso.

Dal lato del costo dei progetti di investimento risulta che quelli avviati da

donne costano in media il 41% in meno rispetto ai progetti avviati dagli

uomini.

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Salute

In tutto il Paese va scomparendo il parto non assistito da personale

qualificato ed anche la diagnostica prenatale ha evidenziato significativi

miglioramenti: nel 2011, il 98,2% delle donne in gravidanza si è sottoposta

ad almeno una visita prenatale e tale percentuale sfiora il 100% nelle aree a

sud e nord-ovest. Anche la differenza urbano-rurale appare trascurabile,

attestandosi a circa 1,5 punti percentuali. Tuttavia, permane elevata la

mortalità materna che, nel 2008, è stata di 44,8 decessi ogni 100.000

nascite.

L’infezione da HIV/AIDS è meno presente tra le donne rispetto agli

uomini; nel 2014 le stime hanno indicato 9,3 casi ogni 100.000 donne e

21,8 casi ogni 100.000 uomini. La diffusione del virus avviene attraverso

rapporti sessuali con uomini, nel caso delle donne, e attraverso l’iniezione

di sostanze stupefacenti per gli uomini. Le donne sieropositive, poi,

accedono maggiormente ai farmaci antiretrovirali rispetto agli uomini: nel

2013 beneficiavano del trattamento il 27,6% delle donne contro il 13%

degli uomini.

Quanto all’obesità, il tasso relativo delle è più che doppio rispetto a

quello degli uomini, con un picco per la fascia di età 50-59 anni.

Partecipazione alla vita politica e presenza nelle istituzioni

Le donne tunisine hanno attivamente contribuito al successo degli

eventi elettorali del 2011 e del 2014, anno in cui le donne sono risultate

costituire il 47% degli iscritti nelle liste elettorali contro il 53% per gli

uomini; le donne sono state molto presenti sia come membri di un seggio

elettorale (49%), sia come osservatori/rappresentanti di candidato (26%) o

membri di ONG (42,5%).

Sebbene la legge elettorale promuova la parità di genere, in pratica le

donne hanno meno probabilità di essere elette rispetto agli uomini in

conseguenza della posizione sfavorevole in lista. Nelle elezioni

parlamentari 2014, ad esempio, le donne rappresentavano il 47% dei

candidati ma costituiscono solo il 31,3% dei 217 membri del Parlamento

monocamerale tunisino.

Malgrado il loro potenziale di competenza, le donne sono scarsamente

rappresentate nell’esecutivo tunisino; nel gennaio 2016, le tre donne

ministro rappresentano il 6,7% di un governo composto da 30 membri. Nel

2015, le donne costituivano l'8% del corpo diplomatico con 6 ambasciatori

donne e una console 1 su un totale di 88 posizioni.

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La presenza femminile nella magistratura tunisina è in aumento e il

numero delle donne magistrato è aumentato del 34,8% tra il 2002 e il 2007

a fronte di un incremento dell’ 8,7% del numero dei giudici maschi.

In generale, l'accesso delle donne tunisine alle posizioni di

responsabilità (Segretaria generale di ministero, Direttrice generale o

carica equivalente, Direttrice, Sottodirettrice e Capo servizio) nella

pubblica amministrazione è in aumento, pur restando inferiore al peso

complessivo della porzione femminile in tale ambito. Il numero di donne in

posizioni di responsabilità è aumentato dell’ 82,2% tra il 2004 e il 2007 a

fronte di un aumento del 37,6% per gli uomini; sul totale delle posizioni di

responsabilità la percentuale di donne, nello stesso periodo, è passata dal

15,3% al 19,3%.

Violenza contro le donne

La prima indagine nazionale sulla violenza contro le donne è stata

condotta nel 2010 dall’Office National de la Famille et de la Population

(ONFP) su un campione di 5600 donne tra i 18 e i 64 anni. L’indagine ha

evidenziato una presenza molto significativa di almeno una delle forme di

violenza subìte dalle donne (ossia violenza fisica, sessuale, psicologica,

economica): il 47,6% delle donne dichiara di essere stata vittima di una

delle forme di violenza nel corso della vita e il 32,9% si è dichiarato vittima

di violenza negli ultimi 12 mesi. La medesima indagine ha rilevato che, nel

corso degli ultimi 12 mesi, il 9% delle donne riferisce di avere subito abusi

sessuali e il 7,2% ha dichiarato di aver subito violenze fisiche da parte di

una persona intima. Estendendo l’arco temporale considerato all’intera vita

delle intervistate tali percentuali salgono sino al 14,2% per gli abusi sessuali

ed al 20,3% per le violenze fisiche.

(Il global gender gap report 2016 del World Economic Forum colloca la

Tunisia in 126a posizione su 144 Paesi)

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