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LA DOMENICADIREPUBBLICA DOMENICA 28APRILE 2013
NUMERO 425
CULT
La copertina
DAVID BROOKS
e MAURIZIO RICCI
Troppi datio troppo pochi?Perché i numerinon spiegano tutto
Il libro
IRENE BIGNARDI
Abbandonie cattiverieLa riscopertadi Jean Rhys
All’interno
Straparlando
ANTONIO GNOLI
Lisetta Carmi“Con la musicasi può semprecambiare vita”
Il festival
ANNA BANDETTINI
Teatri di vetrouna ricognizionesulla scena giovaneche deve crescere
L’arte
MELANIA MAZZUCCO
Il Museodel mondoUn Perseo “dark”di Burne-Jones
Harry Houdini,mi sonoliberatodalle catene
L’inedito
ANGELO AQUARO
HARRY HOUDINI
e LORENZO JOVANOTTI
Twitterer d’Italiai perfetti sconosciutifanno opinione
L’attualità
EMILIO MARRESE
MOSCA
Il Palazzo dei segreti è un edificio imponente, in pietra grigia,sulla Stolešnikov, una delle vie più alla moda del centro di Mo-sca. Ha un nome ufficiale, Rgaspi, Archivio della Storia poli-tica e sociale, ma tra i moscoviti c’è chi lo chiama ancora Ar-
chivio del Comintern. Probabilmente è il solo luogo al mondo cheper vastità di materiale e ricchezza di possibili interpretazioni si po-trebbe paragonare alla Biblioteca infinita immaginata da Borges.Nell’invenzione letteraria dello scrittore argentino, il visitatore cer-ca il libro che contiene la Verità. Lo trova, ma scopre che ne esistonoinnumerevoli altri con altre verità, talvolta opposte. Nel Palazzo deisegreti sono i documenti storici a mostrare tante verità, talvolta l’u-na alle altre opposte. Dal primo piano un grande bassorilievo inbronzo di Lenin osserva severo le boutique di Vuitton, Fendi, Pradae il via vai delle macchine di lusso.
(segue nelle pagine successive)
GIANCARLO BOCCHI
In una fredda sera del 25 dicembre 1991 fui casuale testi-mone di una cerimonia tutt’altro che solenne: al Cremli-no si ammainava la bandiera rossa. Non credevo ai mieiocchi: possibile che quel mostro fosse davvero morto?
Ora mi sembra che la mia incredulità fosse in parte profetica.Si può far risorgere l’Unione Sovietica? O l’ipotesi appartiene auna cattiva metafisica politica che non poggia su alcuna base rea-le? Penso che fino a pochi anni fa giochetti del tipo “Facciamo ri-sorgere l’Urss” sarebbero apparsi come una beffa. Ma i tempicambiano, e nella coscienza del potere russo l’idea del ritorno aivalori sovietici sta diventando più dolce del miele.
Cominciamo dal tentativo di restaurare il concetto arcaico dipopolo. È questo lo scudo che oggi il potere innalza contro qual-siasi dissenso.
(segue nelle pagine successive)
VIKTOR EROFEEV
DIS
EG
NO
DI M
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SIM
O J
AT
OS
TIRivoluzioni
L’archiviodelleL’archiviodelle
RivoluzioniC’è un palazzo a Mosca che custodiscememorie e segreti del mondo in rivoltaE cheora rischia di scomparire
Repubblica Nazionale
(segue dalla copertina)
Per varcare l’ingresso dell’e-dificio, più esteso dell’atriodi una stazione ferroviaria,bisogna passare tra agenticon giubbotto antiproietti-le e superare una statua di
Lenin che guarda perplesso i poveri fio-ri di plastica lasciati ai suoi piedi daqualche estimatore. All’interno quat-tro piani di casseforti e armadi blindatigonfi di cartelle protetti da serratureelettroniche e piccole telecamere. Duemilioni di fascicoli contenenti ciascunouna media di duecento documenti. Icorridoi e gli uffici hanno un odore par-ticolare. Non è quello acre delle carteammuffite, semmai il profumo di do-cumenti ben tenuti. Quello del Comin-tern è il più grande archivio della storiapolitica al mondo. Decine di milioni difogli, su cui è scritta, e in parte è ancorada scrivere, la storia delle rivoluzioni edella politica dalla fine del Settecento atutto il Novecento. Oltre ai documentidei cento partiti comunisti aderenti al-l’Internazionale, oltre alle risoluzioni
del Politburo sovietico, agli atti e alle co-municazioni dell’Nkvd, la polizia se-greta staliniana, i carteggi sulla lotta fra-tricida tra anarchici e comunisti nellaguerra di Spagna, le carte private deimaggiori dirigenti del comunismo,l’Archivio contiene materiali di tutte letrame clandestine, di tutte le insurre-
zioni e le rivoluzioni dall’Europa all’A-sia, dall’Africa all’America latina. Cartemolto invidiate dai cinesi, che ne vannoa caccia pagando fino a quindicimilaeuro a foglio.
In queste stanze silenziose, lungo icorridoi che i funzionari percorronocon rispetto, quasi in punta di piedi,
sempre parlando sottovoce, si aggiraanche un fantasma benevolo. Ha unnome che tra gli archivisti russi incuterispetto e ammirazione, quello di DavidBorisovic Rjazanov, l’uomo che nel1921 fondò l’Archivio chiamandoloIstituto Marx-Engels. Eccentrico, col-tissimo, dotato di una memoria ecce-zionale e di una capacità illimitata di la-voro, passò gran parte della giovinezzain esilio e in prigione. Già negli anni im-mediatamente successivi alla Rivolu-zione d’ottobre, criticò la linea bolsce-vica di soppressione dell’opposizione edella libera stampa («Le discussioninon danneggiano il partito, lo rafforza-no!») e denunciò le posizioni autorita-rie di Lenin e di Trotskij, sfidando infineanche il monolitismo degli anni bui delterrore staliniano. Inizialmente il suoArchivio fu aperto al mondo e alle testi-monianze. Rjazanov creò una rete in-ternazionale unica, quasi un suo perso-nale “servizio segreto culturale” di cor-rispondenti autorizzati a scovare e ac-quistare libri rari e manoscritti dei gran-di rivoluzionari nelle maggiori città eu-ropee, tanto che negli Anni Trental’Istituto divenne la Mecca per gli stu-diosi di tutto il mondo: Kautsky, Béla
Kun, Maksim Gorkij. Quando l’Urssnon aveva fondi per comprare in Occi-dente neppure un trattore, partivanodalle capitali europee decine di vagoniferroviari pieni di carteggi che i segugi diRjazanov erano riusciti ad acquistaredagli antiquari e nelle aste. Quando nel’27 Stalin visitò l’Istituto e vide i ritrattidi Marx, Engels e Lenin gli chiese:«Dov’è il mio?» lui rispose: «Marx e En-gels sono stati i miei maestri, Lenin unmio compagno. Tu chi sei per me?».Un’altra volta lo irrise pubblicamente,interrompendolo mentre dissertava diquestioni ideologiche durante un con-gresso: «Smettila, lo sanno tutti che lateoria scientifica non è esattamente iltuo campo!». Fu inviato in esilio, nel lu-glio del ’37 arrestato e l’anno successi-vo fucilato.
Nessuno osò però distruggere il suolavoro. Così, da allora, i preziosi scritti diMarx e Engels sono ancora conservatidentro il caveau sotterraneo fortificato,chiuso non solo al pubblico ma soven-te anche agli studiosi e in cui vengo ec-cezionalmente accompagnato. Supe-rare le sue enormi porte blindate, chesembrano uscite dalla fantasia di JulesVerne, è come accedere alla macchina
LA DOMENICA■ 30
DOMENICA 28 APRILE 2013
Da Robespierre a Marx, dall’Urss a Cuba,passando per Garibaldi e guerra di Spagna
Nei bunker di un severo palazzo moscovita sono conservati i documenti relativi a tutte le rivoluzioni e a tutti i rivoluzionaridel mondo. Ecco cosa abbiamo trovato nei sotterraneidell’altra metà della Storia
Memorie dal sottosuolo
GIANCARLO BOCCHI
La copertina
GARIBALDI
E MAZZINI
La Relazione
Romm per
la Dichiarazione
dei diritti
dell’uomo
(1792-95)
A destra lettere
di Garibaldi
(1860) e Mazzini
(1849)
IL PALAZZO
L’ingresso del palazzo che ospita l’Archivio con i volti di Marx, Engels e Lenin
Tra gli scaffalie le barricate
Repubblica Nazionale
del tempo. Nell’immenso caveau spet-trali corridoi, rivestiti di piastrelle, por-tano a numerose porte blindate cheproteggono grandi locali stipati di au-steri armadietti grigi e anch’essi blinda-ti. Il responsabile del settore è ValerijFomichev, un sessantenne che ha tra-scorso molta parte della sua vita quidentro. Ogni giorno, come facevanouna volta i tre decrittatori ufficiali degliscritti di Marx, sfoglia pagine e pagineseguendone la scrittura minuta e le an-notazioni veloci in cui saltava tutte levocali, per svelarne poi l’ultimo segre-to. Con aria divertita osserva dei docu-menti sul figlio che Marx ebbe dalla do-mestica Helene e che il padre del co-munismo non volle mai riconoscere, eestrae poi un foglietto dove Stalin hascritto: «È una cazzata. Lasciate sepoltoquesto materiale per sempre». Qui è cu-stodito persino il fiocco rosso che Marxera solito indossare: «Era ricavato dallastoffa di una bandiera dell’ultima barri-cata della Comune di Parigi», ci raccon-ta con appena un filo d’emozione.
Negli uffici dei piani superiori è con-servata in perfetto ordine anche unapreziosa collezione di manoscritti chespaziano dal ’700 al ’900 e che riguarda-
no tutta l’Europa. Atti della Rivoluzionefrancese, lettere di Voltaire e di Rous-seau, l’originale della Dichiarazione deiDiritti dell’Uomo, lettere di Garibaldi edi Mazzini. «Ma il più grande segreto ditutti i segreti del Novecento sono i car-teggi dell’Nkvd, la polizia segreta sovie-tica…» racconta il vice direttore dell’Ar-chivio, Valerji Šciepeliov. Attraverso lecarte del Politburo è possibile ricostrui-re molte trame ancora sconosciute, eper esempio si può scoprire che moltidei membri della dirigenza sovieticaerano tenuti all’oscuro delle strategie diStalin. «Non era affatto matto, giocavasempre d’anticipo…» commenta Šcie-peliov, che conosce bene quelle carte.Con un semplice ma efficace sistema dinumerazione dei dossier, ad esempio,Molotov veniva informato di un fattoche invece �danov non doveva sapere.Anche il caveau di Lenin è uno dei gran-di segreti custoditi in questo edificio.Sta sottoterra ma nella parte oppostadell’edificio, protetto da una serrandacorazzata e, di nuovo, da enormi porteblindate fabbricate appositamente daitedeschi della Krupp negli anni ’30: unoscudo d’acciaio in grado di resistere auna bomba di 500 chili. All’interno cas-
seforti a tenuta stagna per permetterein caso d’incendio il completo allaga-mento dei locali. La mastodontica im-presa letteraria di Lenin è fatta di tratta-ti, tesi, proclami, risoluzioni, saggi distoria, filosofia, economia. «Come avràtrovato il tempo di scrivere tutto que-sto…» sfugge detto a Svetlana Kotova,
l’esperta del reparto nonché curatricedei due musei smantellati negli anniNovanta per far posto ai club della nuo-va aristocrazia russa, il Museo della Ri-voluzione e il Museo di Marx e Engels.
Un vero cruccio per gli archivisti,espertissimi e necessariamente poli-glotti, è quello di non essere riusciti a fa-
re passi avanti con la decifrazione deicodici segreti che il Comintern usavanei messaggi più riservati. L’allora Kgb,ora Ffb, non ha mai dato la chiave di de-codificazione: «Segreto di Stato». Maanche il processo di desecretazione dimolti altri documenti essenziali a com-prendere la storia del Novecento è sta-to avviato solo in minima parte. L’ar-chivio online, finanziato negli anni No-vanta anche da istituzioni straniere, èsolo una goccia nell’oceano delle cartedell’archivio reale. Ma del resto non èneppure questo il problema più impel-lente. Oggi questi custodi dei grandi se-greti del Novecento guardano sconso-lati dalle finestre l’assedio al loro forti-lizio. Invece di essere tutelato dall’U-nesco, come meriterebbe, è circonda-to dalle grandi firme della moda chepuntano a questo grande spazio comeall’ultima casella che ancora manca lo-ro per poter aggiungere un’altra vetri-na di lusso per lo shopping dei ricchi delpost comunismo. Nella notte mosco-vita il rigido volto di Lenin, sulla faccia-ta di pietra grigia del Palazzo, è un’om-bra che pian piano scompare tra le in-segne multicolori.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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DOMENICA 28 APRILE 2013
Quando la Russiasogna l’Unione Sovietica
VIKTOR EROFEEV
LA COMUNE DI PARIGI
In basso una lettera di Louis Rossel,
Capo di stato maggiore
della Comune di Parigi (1871)
Sopra, una lettera di Antonio Labriola
MARX
E ENGELS
Sulla pagina
di sinistra
la prima
edizione
francese
de Il Capitaledi Marx,
qui sotto
una pagina
dello stesso
volume
con alcune
note a margine
di Jenny Marx
A fianco,
una lettera
di Engels
a Marx
con caricature
di amici comuni
IL CAVEAU
Una delle casseforti in cui sono custoditi i documenti di Vladimir Ilic Lenin
(segue dalla copertina)
Si civetta con il popolo, in particolare con la classe operaia, della quale chissà come negli ultimi vent’anni ci siera dimenticati. Il popolo è nuovamente chiamato a diventare eroe della storia, con il suo innato patriottismo,la sottomissione e la diffidenza per tutto ciò che è straniero. Agli eroi della storia odierna d’ora in poi sarà con-
ferita, per iniziativa di Putin, la più alta onorificenza, quella di Eroe del Lavoro: simbolo assolutamente sovietico. Come può tutto ciò conciliarsi con l’economia della Russia, orientata verso il capitalismo? In nessun modo. Ma
se così ordineranno, si concilierà. Il passo successivo sarà la riesumazione del bel distintivo Gto: Gotov k Trudu iOborone, “Pronto al lavoro e alla difesa”. Lo assegneranno in massa, come in Unione Sovietica, a tutti quelli che so-no bravi nella corsa e nel salto, e nel contempo a difendere il paese dal nemico. Parallelamente, è prevista l’intro-duzione dell’uniforme scolastica obbligatoria per tutti i bambini e le bambine della Russia — ancora una volta, co-me nell’Urss.
Stiamo andando verso una generale caserma della felicità. Come reagisce a questo il nostro popolosemi-mitico,che nei vent’anni dopo la fine dell’Unione Sovietica si è trasformato in popolazione con un diverso livello di reddi-to e di bisogni, e con concezioni diverse circa i valori della vita? A dire la verità, il popolo reagisce fiaccamente. Fiac-camente perché è appunto semi-mitico e quindi semi-inventato. Rivolgendosi al popolo, il potere tenta di toccarele corde ideologiche, quelle dell’eterna anima russa e dell’ex Homo Sovieticus. Ma il popolo si è disgregato, divisotra giovani che non sanno giocare all’Uomo Sovietico e anziani che guardano al potere attuale con indifferenza osospetto. Per loro l’Unione Sovietica è proprio l’esempio di ciò che ora non vedono: dove sono le imprese spaziali?Dov’è l’assistenza medica gratuita? Dove sono gli alloggi a basso prezzo? Dove sono i nostri intellettuali? Mi capitaspesso di parlare davanti a queste persone nelle biblioteche comunali: sono per lo più persone stanche, disilluse su
tutto. Ma dubito che il potere russo nel suo giocare all’Unione Sovietica punti davvero su di loro. Punta in realtàsulle proprie ambizioni imperiali. Con la stessa instancabile consequenzialità con cui Stalin procedeva
a riappropriarsi degli spazi dell’Impero russo perduti dopo la rivoluzione del 1917, il potere at-tuale aspira a riportare la Russia al rango di superpotenza. E questa è un’efficacissima arma
nella disputa con ogni genere di opposizione politica, dai liberali ai nazionalisti: voi non fateche chiacchierare a vanvera, noi invece rimettiamo in piedi la Russia e la rendiamo invincibile.
Il guaio di questo sogno è che Mosca parla con i vicini, fratelli ucraini in primis, in manierabrusca, perentoria, impaziente. Invece del sorriso e della seduzione, la voce brusca del fratello
maggiore. Ecco, non riusciamo in nessun modo a sbarazzarci di questo tono da fratello maggio-re, a cui ci siamo troppo abituati in epoca sovietica e addirittura zarista. Altrimenti forse li avrem-
mo anche convinti. E adesso vivremmo tutti - russi, ucraini, georgiani - in una nuova Unione So-vietica, senza Lenin, ma con il rispetto per Stalin, senza kolchoz, ma in compenso con il gas e il pe-
trolio. E della vecchia Unione Sovietica ricorderemmo solo il bene, il lato più gioioso ed eroico, men-tre cancelleremmo dalla memoria tutto il resto, come una spiacevole inezia. E vivremmo felici, e vo-
leremmo ogni giorno nello spazio — in barba a tutti voi!© RIPRODUZIONE RISERVATA
Repubblica Nazionale
LA DOMENICA■ 32
DOMENICA 28 APRILE 2013
Si chiamano Bonnie La Cozza, Grande Lebowska o Insopportabile. Sono perfettisconosciuti. Ingegneri, ragionieri, receptionist o insegnantiche, a colpi di battute in 140 caratteri, hanno conquistato
fino a centomila fan.Ecco come. E soprattutto perché
L’attualitàFollow me
Nome: Massimo Santamicone
Età: 38 anni
Studi: laurea in Filosofia
Nickname: Azael
Professione: progettista web
Città: Perugia
Nome: Natalia Cavalli
Età: 36 anni
Studi: lauree in Filosofia e Lettere
Nickname: Natalia Cavalli
Professione: redattrice
Città: Milano
Nome: Matteo P.
Età: 33 anni
Studi: ragioniere
Nickname: Comeprincipe
Professione: contabile
Città: Lecce
massimo santamicone aka azael,38 anni e spicci, scrivo cose per evitareche gesù pianga da qui a uffaBivacco nella mente di @casalegglo
Follower20.438
Natàlia, l'accento è làIo, limonare duro, ce l'ho come soggetto sottinteso
Follower17.653
Un uomo col coltello dalla partedel sadico. E una coscienza due punto Zeno
Follower21.728
Enrico Letta è uno cui vendereivolentieri un’auto usata
Premier
@azael
Governissimo si può direanche “governo governo”o “molto governo”[La situazione è grammatica]
Governi
@nataliacavalli
Il vantaggio di un errore condivisoè che puoi spacciarloper una scelta sensata
Intese
@Comeprincipe
Facile essere Michelle Hun-ziker e sfamare i propri750mila seguaci con con-cetti tipo «Un bacio a tuttigli amici di twitter!!!!! MuàMuà Muà» (mercoledì 25
aprile, ore 15.40). Meno facile, se sei lareceptionist di un agriturismo o un ra-gioniere leccese, conquistare un pub-blico di quindicimila utenti, fate contoun bel paesone come Ponsacco (o il tri-plo dei sostenitori di Rodotà sul web).Meno facile, altrettanto, attirare tra ipropri followers addirittura BarackObama, se ti chiami Marco Lupoi e tioccupi di fumetti, eppure i tuoi pensie-ri liofilizzati in 140 caratteri li leggonooltre centomila persone (e qui siamogià a una Bolzano virtuale).
In principio furono i blogger poi ven-ne YouTube a selezionare dall’anoni-mato autori, opinionisti e talenti comi-ci (tipo Maccio Capatonda o GuglielmoScilla, oggi deejay, attore e scrittore).Adesso è il momento di pescare su Twit-ter tra le centinaia di sconosciuti inge-gneri, contabili, insegnanti, grafici, di-soccupati eccetera, capaci di fare con-
correnza, quanto ad audience, ad arti-sti o personaggi già noti, ritagliandosiuna popolarità sul web a colpi di battu-te, aforismi o invettive su politica, ses-so, calcio, tv, gente e semplicemente su-gli affaracci loro. In sintesi: il cazzeggioall’ennesima potenza. Di cui sono mae-stri al pari di chi ne aveva già fatto me-stiere prima ancora dell’avvento diTwitter, come i seguitissimi Lia Celi,Johnny Palomba, Guia Soncini o Sel-vaggia Lucarelli. È satira dal basso. I piùcompulsivi sparano in media un tweetall’ora, dopocena poi è una santabar-bara dal divano. Macchianera, all’ana-grafe Gianluca Neri, 41enne ragioniere,ha escogitato anche gli awards per pre-miare ogni anno i twittatori non vip piùdivertenti e arguti. E per qualcuno di lo-ro il gioco si sta tramutando in qualco-sa di più, visto che arrivano proposteper scrivere libri, blog, testi televisivi,veline politiche o articoli sul giardinag-gio. «Io continuo a fare la spesa con ilmio vecchio stipendio 1.0, ma ho la pos-sibilità di pettinarmi l’ego con i compli-menti della gente, un bacino di pazzisempre pronti a leggere qualsiasi cosaio scriva, cazzate, battute o cose più se-rie» dice Massimo Santamicone, pro-
gettista web abruzzese di 38 anni lau-reato in Filosofia, in arte Azael. È uno diquelli che si sono inventati il falso Casa-leggio che sta spopolando con una raf-fica di assiomi assurdi (“Evitare spre-chi. Aprire vongole chiuse” “Basta in-gannare la gente. Vendere fusilli sroto-lati” o “Patrimoniale sui gattini”). «E ilbello è che continuano ad arrivare ri-sposte serie». Eh, il Popolo della Rete.Che poi non significa nulla: anche suTwitter, come in uno stadio o al super-mercato, c’è di tutto, il meglio e il peg-gio. Quello degli influenceramatoriali èsolo un aspetto, un ingrediente del pen-tolone. Nulla a che fare col grillismo ol’attivismo smanettone, altre piumedell’uccellino blu: tra questi anonimi disuccesso il comune denominatore è ilsenso dell’umorismo, pure esasperato,e un buon livello medio di istruzione.«La soddisfazione principale è proprioquella di arrivare per ciò che si pensa,senza la mediazione forte dell’immagi-ne o del contesto sociale. È un modo diconfrontarsi con un numero e una qua-lità di interlocutori altrimenti impensa-bile per me che sono timidissima» spie-ga egyzia, tipografa di Olbia appassio-nata di architettura. Ci crede un po’ me-
EMILIO MARRESE
Il Twittererdella porta
accanto
22 APRILE 2013 24 APRILE 2013 26 APRILE 2013
Repubblica Nazionale
Nome: - - - - - -
Età: 45 anni
Studi: laurea in Ingegneria
Nickname: insopportabile
Professione: ingegnere
Città: Sassari e Cagliari
Ne ho le scatole piene,ma con eleganza
Follower57.743
Comunque anche mia mogliedice che è colpa di TwitterMa lei ha ragione
Colpa
@insopportabile
Nome:Marco Marcello Lupoi
Età: 48 anni
Studi: maturità classica
Nickname: Marco M. Lupoi
Professione: direttore publishing
Città: Bologna
Comic book publisher, lapsed mathematician, wannabe Gestalt counsellor, radical geek
Follower104.606
Le città sopravvivono ai passi degli uominiAi nostri e a quelli di coloro che le hanno percorse con noiIn questa vita e in cento vite fa
Passi
@mlupoi
■ 33
Nome:Silvia Rosetti
Età: 32 anni
Studi: laurea in Fisica
Nickname: Grande Lebowska
Professione: insegnante
Città: San Benedetto del Tronto
Nome:Alessandro
Età: 31 anni
Studi: laurea in Filosofia
Nickname: Iddio
Professione: imprenditore
Città: Foligno
Lavoro come pagliaccio nel circodella vita. Poi mi strucco, mi guardoallo specchio: occhi grandi da bambina il corpo di donna, i denti al cuore
Follower15.339
il Signore Iddio Onnipotente,fondatore e CEO dell'UniversoEntra sempre nel bagno delle donne,perché c’è scritto Signore
Follower125.292
Sono seduta in autobus vicino al mattoche parla da solo con la vocinadel bimbo di Shining. C’ho un certafortuna con gli uomini
Uomini
@sissetta80
Il mese scorso ho sostituitole stelle con le lampade a led
Illuminazione
@Iddio
no Natalia Cavalli, violoncellista roma-na con due lauree che lavora a Milano inun’agenzia letteraria: «Riscuoto moltosuccesso quando mi chiedo, per esem-pio, se l’analisi di Heidegger sulla di-menticanza dell’essere può essereiscritta nei termini di una storia delladecadenza. Ma a onor del vero, credoche un buon uno per cento si debba at-tribuire alle tette nella foto». Fermi là: sivede più roba su un autobus. «Credoche Twitter sia il luogo per la meritocra-zia sociale per eccellenza» esagera untantino l’aretina Bonella C., alias Bon-nie La Cozza, impiegata in un agrituri-smo, laurea in Lettere con indirizzomusica e spettacolo.
E dunque cosa avrà mai da dire di co-sì interessante Marco Marcello Lupoi,direttore publishing della Panini, dacatturare anche la figurina di Obama?«Twitter ha un suo algoritmo per cui sehai tanti follower il sistema ti alimenta ilnumero, proponendoti come “personada seguire”. Così è arrivato anche Oba-ma, dio solo sa perché, e l’algoritmo si èulteriormente rinvigorito. Ma a parteciò, quando catturi l’esperienza o l’ideache vuoi ricordare, e la immetti in untweet, e sono 140 caratteri che rollano
sulla lingua come un vino perfetto, allo-ra sì, hai una certa soddisfazione, anchecreativa. Altri vantaggi zero: solo quellodi essere ammesso in visita al quartiergenerale di Twitter a San Francisco co-me uno dei Vit (Very Important Twitte-rer) italiani e rimediare una T-shirt».
Francesco Altomare, economista ca-labrese, è un altro dei pionieri, twitta dal2007 quando si parlava in terza personaa quattro gatti: «È uno strumento chesenza alcuna competenza ti permette dimettere online il tuo pensiero nel giro dipochi secondi, ti fa sentire parte di qual-cosa di realmente grande. Per diventareun opinion leader bastano una connes-sione a Internet e un cervello (ben ap-puntito)». Non sono requisiti base, mase volete sfondare su Twitter (a parte ivari decaloghi che circolano in Rete e isoftware dalle gambe corte per drogaredi utenti fasulli il proprio pubblico) aiu-tano anche un po’ di esibizionismo,protagonismo e ossessività. E qualchebuona regola di comportamento: «Nonrispondere alle provocazioni. Fare at-tenzione alla grammatica. Retwittarepoco, ma cose fondamentali» enumeraMacchianera: «Non utilizzare Twitteresclusivamente come veicolo pubblici-
tario o di promozione. Quando c’è uncerto tipo di convenienza forse si è utilia se stessi, ma non agli altri, e credo chechi ti segue se ne accorga».
«Sono uno che dice cose abbastanzaovvie e le dice in modo abbastanza ov-vio. Mi sembra ovvio avere seguito inun mondo ovvio»: minimizza, ovvia-mente, Insopportabile, ingegnere sar-do, 45 anni. «Poter lanciare un’idea, di-scuterla, vedere che prende strade ina-spettate e sorprendenti, diventa fiumee scardina argini e dighe di supponen-za o scema inesorabilmente nell’ansadell’indifferenza: osservare questospettacolo mi gratifica. Sono dentro unvideogame di parole».
Il confine con la dipendenza o l’alie-nazione è sempre sottile, l’autoironial’unico antidoto. «Ora ogni cosa chefaccio, vedo o sento, mi fa domandare“come posso raccontarla in 140 carat-teri”. Finisco col ragionare per tweet...Ma tutti noi ci crogioliamo al pensierodi poter smettere quando vogliamo» sischernisce Bonnie. Comeprincipe hauna platea di oltre ventimila followers,si chiama Matteo ed è un contabile pu-gliese trentatreenne che si definisce ra-gioniere «a indirizzo classico»: «Uso
Twitter, o a questo punto dovrei direche lui usa me, dal 2009, ma è dal 2011che ne ho fatto uno strumento di so-pravvivenza intellettuale. Non è facileattrarre l’attenzione utilizzando solol’alfabeto. Amo scrivere di quel che ren-de infelici i meschini come me: senti-menti, beghe morali e tutto il resto. De-dico a Twitter tutta la giornata, nel sen-so che da quando apro gli occhi la miamente lavora costantemente su due li-velli, quello concreto dell’occupazioneche regolarmente porto a termine equello dello “spettacolo” che amo rega-lare a chi mi legge e quindi a me stesso.Ma non lo nascondo: è l’unica parte del-la mia vita che mi renda la soddisfazio-ne che ho sempre sognato. Mi rende vi-vo. Mi tiene dritto. In piedi. Dimenticotutto e mi sembra di avere un bel moti-vo per combattere. La regola è esserci.Sempre. Macinare continuamente no-tizie, luoghi, volti, nomi, emozioni.Twitter crea dipendenza. Assoluta-mente. Inevitabilmente. Ed è difficil-mente guaribile. L’attenzione degli altriè l’ossigeno di una società effimera cheperò non giudico. Ne sono parte e nonho mai fatto niente per guarirla».
C’è l’effetto autoterapeutico, a com-
pensare: «Risparmio molto di psicolo-go» scherza Natalia Cavalli. «Twitter èun modo per sfogarsi e lo sfogo deve es-sere quotidiano e continuativo per unacolata lavica come me. Penso di averetanto seguito, sinceramente, perchésono una furba che sa abbinare il bell’a-spetto all’ironia senza filtri» sorride laGrande Lebowska, cioè una professo-ressa (supplente) di fisica a San Bene-detto del Tronto. «Essere Dio mi portavia un sacco di tempo, ma dato che erodisoccupato il tempo non mi mancava»si confessa dall’alto dei suoi 125 milafollowersDioin persona, un trentunen-ne di Foligno che, grazie a questa trova-ta, sta rimediando varie collaborazionicome autore: «Twitter ha dato un sensoalla mia laurea in Filosofia; mi ha fattotrovare lavoro, più di una volta, arric-chire il curriculum, viaggiare, conosce-re tanta gente e tanti amici (forse trop-pi), e se ho fatto bene i miei calcoli sia-mo solo all’inizio». Ecco: quanto dureràquesto quarto d’ora di celebrità? «Finoal prossimo social network che riusciràa stravolgere veramente, nuovamente,il modo di parlare e comunicare». Paro-la di Bonnie La Cozza. Anzi, tweet.
TWEET
messaggio
di massimo
140 caratteri
HASHTAG
parola chiave
per identificare
un argomento
TREND TOPIC
gli argomenti
più discussi
del momento
TIMELINE
pagina personale
dove compaiono
i tweet di chi segui
DOMENICA 28 APRILE 2013
Gli anni di vita di Twitter
creato il 21 marzo 2006
a San Francisco
7Gli utenti iscritti
nel mondo
di cui 200 milioni attivi
500 milioni
Gli utenti italiani
La fascia più numerosa
è tra i 16 e i 34 anni
4,5 milioni
I tweet inviati ogni giorno
in Italia. Nel mondo
invece sono 400 milioni
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I followers della cantante
Katy Perry, l’utente
più seguito del mondo
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I followers di Valentino
Rossi, l’utente italiano
con maggior seguito
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I NUMERI
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di un altro utente
rilanciato
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Le ultime, drammatiche paroledi Maria Antonietta a Robespierreprima di salire sul patibolo:“Pensaci, Giacobino”
Ghigliottina
@egyziaLeggo, dunque sogno. Potenzialmentemi interessa tutto, dopo scelgoCustode della parola amplissimoDimenticavo, sono sommelier
Nome:Maria Teresa Deiana
Età: 36 anni
Studi: maturità scientifica
Nickname: egyzia
Professione: grafica
Città: Olbia
Follower12.050
Nome:Bonella C.
Età: 33 anni
Studi: laurea in Lettere
Nickname: Bonnie la Cozza
Professione: receptionist
Città: Arezzo
Sono la terrorista di me stessaSto sul ciglio di un baratroper sentirmi viva
Follower15.510
A forza di mettersi dei paletti,si rischia di finire soli dentro il recintoche ci siamo costruiti
Recinti
@BonnieLaCozza
FOLLOWERchi segue
un altro
utente
22 APRILE 2013
5 APRILE 2013 16 APRILE 2013 10 APRILE 2012
11 APRILE 2013 22 APRILE 2013
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Repubblica Nazionale
LA DOMENICA■ 34
DOMENICA 28 APRILE 2013
Scappò dalle celle di sicurezza, sgusciò dalle casseforti,si divincolò da grovigli di lucchetti immerso nell’acquaPoi il più celebre illusionista di tutti i tempisvelò alcuni segreti in un libro pubblicato in Italia per la prima volta
Per ingoiare una spada,e anche vetri o chiodi,iniziate inghiottendo patate intere...
L’ineditoTrucchi del mestiere
Mago, simboloo superspia
ANGELO AQUARO
Harry Houdini cominciò a li-berarsi delle sue catenequando aveva dodici anni esi chiamava ancora EhrichWeiss. Appleton, Illinois,non era neppure la più
profonda delle province degli United Sta-tes of America: un college prestigioso —Lawrence University — e un’Opera Housene avevano fatto una piccola capitale nelMidwest. Ma al figlio dell’immigrato un-gherese riciclatosi rabbino sarebbero pre-sto andate strette perfino le frontiere del-l’America, che a fine Ottocento scopriva legioie (economiche) e i dolori (sociali) dellaprima globalizzazione: e figuriamoci dun-que i confini di quella cittadina che avevaaccolto la sua famigliola in fuga dall’Euro-pa. Racconta la leggenda che il piccolo Eh-rich fu conquistato dall’arrivo di un circo.Provò a copiare nel giardino di casa i primimovimenti da trapezista, avventurandosisu una corda tirata tra due alberi. Passo do-po passo, show dopo show, si ritrovò già infuga e da allora non si fermò più. Una vitain tournée col nome d’arte di Houdini. Sfi-dando la morte, da New York a Londra, conesercizi e trucchi di straordinaria intelli-genza, e invidiabile fisicità.
Fin qui la storia ingigantitasi a mito: cheprima la pubblicistica del tempo e poiquella senza tempo di Hollywood (ricor-date il film con Tony Curtis?) hanno rilan-ciato. Come ogni leggenda, anche questa èdovuta però passare al setaccio del revisio-nismo: per una volta uscendone, altra ma-gia, ancora più rafforzata. Prendete le radi-ci ebraiche che il Jewish Museum di NewYork ha dissotterrato in Houdini: Art & Ma-gic, catalogo della mostra dedicatagli l’an-no scorso: ci voleva tutta la forza dell’esca-tologia giudaica per liberare Houdini dallecatene da super Barnum che il successo gliaveva stretto intorno. “Houdini non soloseppe sfuggire alle costrizioni fisiche e allesituazioni potenzialmente mortali — silegge nella presentazione — ma fu lui stes-so un modello dell’American Dream: sfug-gendo al passato per affermarsi nel NuovoMondo”. Non per niente la celebrazioneha raccolto nel segno di Houdini progetti diartisti culturalmente in fuga da ogni rego-la: da Matthew Barney a Vick Muniz.
Peccato che revisionismo troppo spessofaccia rima con dietrologismo. E qui nep-pure il re degli “escapisti” è riuscito a sfug-gire all’accusa più infamante che semprespiegherebbe i successi inspiegabili. Cihanno provato William Kalush e Larry Slo-man (The Secret Life of Houdini: TheMaking of America’s First Superhero) adaprirci gli occhi e rivelarci il suo più grandetrucco: farci credere cioè di essere un ma-go mentre — peek-a-boo! — in realtà nonera altro che una superspia.
Vero, falso o verosimile? Uno psicologofamoso e intellettualmente spregiudica-to, Stanton Peele, ha sfidato il religiosa-mente corretto per sottolineare la tara an-cora una volta jewish dell’ossessione ma-terna. Proprio la morte dell’adoratamamma portò infatti il mago dei maghi adenunciare lo spiritismo allora imperan-te. Di più. Per sbugiardare i ciarlatani chepromettevano contatti con i cari estinti, ilgrande Houdini arrivò addirittura a pro-mettere diecimila dollari a chiunque gliavesse dimostrato l’esistenza di fenome-ni paranormali.
Ecco: e se alla fine fosse proprio questala sua lezione più grande? Siamo tutti chia-mati a liberarci delle nostre catene. Manon contiamo sui miracoli. La vita è tuttaun trucco. E ogni fuga un’illusione.
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Come fuggire e vivere felici
‘‘
Repubblica Nazionale
■ 35
DOMENICA 28 APRILE 2013
IL LIBRO
Il modo giusto di sbagliare(Add edizioni, 192 pagine, 14 euro)
di Harry Houdini con una prefazione
di Lorenzo Jovanotti, è un ritratto
inedito (in Italia) del popolare
illusionista, collezionista di libri,
amante della scrittura
Ma è anche il racconto dei trucchi
usati da molti suoi colleghi e imitatori
Nel cercare di conquistare il vostro pubblico,ricordate che “le buone maniere rendonoricchi”, quindi non siate insolenti. Un vec-chio trucco ben realizzato è molto meglio diun nuovo trucco mal riuscito. Non dite maial pubblico quanto siete bravi; lo scopriran-
no presto da soli. Non tirate i trucchi per le lunghe, ma pro-cedete il più spediti possibile, tenendo a mente il motto la-tino: Festina lente, affrettati lentamente.
Come incantare il pubblico
Se il vostro pubblico è molto lontano, una certa mimicasarà decisamente apprezzata. Qualche commento benscelto sui temi del momento vasempre bene. Preparatevi sem-pre una breve frase da dire nel ca-so un trucco non vada nel versogiusto. La verità è che non è il truc-co in sé né come lo si esegue a faredi un numero un successo, ma ildiscorso che accompagna il nu-mero stesso.
Tra le sfide da me realizzate cisono quelle di seguito elencate, al-cune delle quali sono molto inte-ressanti: la fuga sotto gli occhi delpubblico da una camicia di forzausata per i pazzi omicidi; l’evasio-ne da una cassa inchiodata; da unacassa costruita sul palcoscenico;da un sacchetto di carta; da una ce-sta di vimini; da una cesta appesaper aria; da un cesto o da una gab-bia d’acciaio improvvisati; da unacaldaia d’acciaio rivettata; appesoa una scala a mezz’aria; inchioda-to a una porta; evasione da una te-ca di vetro improvvisata; da unenorme pallone da football; fugada un grande sacco della posta;evasione da una scrivania a ribal-ta; evasione da un pianoforte zin-cato eccetera eccetera.
Come slegarsi
I numeri con le corde hanno unvantaggio notevole su tutte le altreforme di fuga, ovvero che non èpossibile avanzare sospetti sullecorde in quanto tali. Quando èpossibile, in generale è meglio usa-re dei nastri, perché suscitano an-che meno diffidenza delle corde…La fuga più antica che si conoscanel mondo dei prestigiatori è quel-la nella quale si devono liberare lemani normalmente legate dietrola schiena. Si ottiene piegando il corpo in avanti e facendoscendere le braccia fino a superare le anche, portando le ma-ni giusto dietro le ginocchia. La cosa potrà sembrarvi im-possibile al primo tentativo, ma continuate a provare e do-po un po’ diventerete pratici. Quando le mani sono posizio-nate dietro le ginocchia, sedetevi sul pavimento e incrocia-te le gambe, la sinistra sopra la destra, poi portate il bracciosinistro oltre il ginocchio sinistro e tirate indietro il piede si-nistro e quindi il destro, facendoli passare per il cerchio for-mato dalle braccia. Così avrete le braccia legate davanti alcorpo e a questo punto potrete sciogliere i nodi con i denti.
Per questa legatura si dovrebbe usare una corda nuova diquelle che si usano per le finestre a saliscendi, per due ra-gioni: in primo luogo perché è impossibile fare dei nodi dav-vero stretti con quel tipo di corda e in secondo luogo perché
la sua superficie liscia facilita lo scivolamento oltre le anche.Si usano circa 15-18 metri, e quando direte che sono 23 me-tri di corda da bucato nessuno avrà niente da ridire. Il segre-to consiste nel fatto che, purché la legatura inizi con un ca-po della corda e finisca con l’altra estremità, è quasi impos-sibile legare un uomo in piedi con quella quantità di cordain modo che, contorcendosi, non possa liberarsi con relati-va facilità. All’inizio di questa sfida dovete tenere la corda ar-rotolata in una mano e la prima mossa sarà srotolarla e far-la ispezionare dalla commissione. Darete ai membri dellacommissione «corda a volontà», lasciando che vi leghino nelmodo che loro più aggrada. Durante questo discorso, riav-volgete la corda, spiegando nel frattempo tranquillamentealla commissione che così arrotolata sarà più maneggevo-le, passerà meglio nei nodi eccetera; lo scopo è di “forzarli”
a iniziare a legarvi partendo daun’estremità. I primissimi nodivengono fatti con molta attenzio-ne, ma dopo un po’ chi sta legan-do si accorge che rimane ancoramolta corda e inizia a girarla attor-no al corpo facendo pochissiminodi. Se vi capita una commissio-ne particolarmente seria che ini-zia a fare più nodi di quanto vi con-venga, sarà bene gonfiare i mu-scoli, espandere il torace, incurva-re leggermente le spalle e tenere lebraccia un po’ discoste dai fianchi.Nel sottoporvi a questa legatura,dovreste sempre indossare unagiacca, scoprirete che sarà un ul-teriore aiuto per ottenere gioco.Da qualche parte dovrete nascon-dere un coltello affilato con la la-ma ricurva, potreste trovarlo utilenel caso alcuni dei primi nodi, le-gati con più attenzione, si rivelinoproblematici. Se taglierete unpezzettino di corda a un’estre-mità, nessuno se ne accorgerà.
Come ingoiare una spada
Per eseguire il numero del man-giatore di spade è necessario solosuperare la nausea provocata dalmetallo che tocca la membranamucosa della faringe, perché per ilresto dalla bocca al fondo dellostomaco c’è un canale senza osta-coli abbastanza largo da contene-re alcune delle sottili lame usate. Ilcanale non è dritto, ma il passag-gio della spada lo raddrizza. E an-che se alcune gole sono più sensi-bili l’esercizio abituerà al passag-gio della lama. Quando viene usa-ta una spada molto appuntita,l’artista fa scivolare di nascosto un
cappuccio di gomma sulla punta, per evitare incidenti. Da un anziano giapponese della troupe di Kitchy Akimo-
to imparai il metodo per inghiottire oggetti abbastanza vo-luminosi e rigurgitarli a piacere. Per fare pratica all’inizio siusano delle patate molto piccole, così da prevenire inciden-ti; e, una volta padroneggiata l’arte di rigurgitarle, la misuraviene aumentata gradualmente fino a che non si riesce a in-ghiottire e rigurgitare oggetti grandi quanto la gola può so-stenere. I mangiatori di vetro, chiodi, sassi e altro, ingoianorealmente questi oggetti, anche se sembra impossibile, vo-mitandoli fuori una volta finita l’esibizione. Il fatto che conil vomito non ottengano sempre l’effetto voluto è provatodai registri degli ospedali, che riportano molte operazionichirurgiche su artisti di questo genere.
Ci sono maghi calciatori, maghiballerini, maghi scrittori, maghimeccanici, maghi elettricisti,
maghi ortopedici, maghi del sesso. Sidice sempre: quello lì è un mago. Hou-dini era un mago a fare le sue magie. Perme avrebbe potuto anche fare il bagni-no, ascolterei molto volentieri quelloche ha da dirmi sul suo mestiere il piùbravo bagnino del mondo. Houdini èpieno di buoni consigli per chiunqueabbia un “pubblico”, una platea, qual-cuno che giudicherà dalle apparenze,che non ingannano, si sa. Non c’è nien-te di più profondo delle apparenze.
Un giorno a Los Angeles ero in mac-china con un mio amico esperto dellacittà. Passando vicino a una villa deca-dente dalle parti di Laurel Canyon micolpì un certo magnetismo inquietanteche sprigionava da quei muri e venni asapere che ci aveva vissuto il grandeHoudini. In quella casa i Red Hot ChiliPeppers negli anni Novanta ci hannoregistrato Bloodsugarsexmagic, il loroalbum più bello.
Magie. Bisogna fare attenzione conquelli come Houdini. Essere un po’Houdini, almeno provarci, a liberarsisempre, da qualsiasi catena.
Liberiamocidalle catene
LORENZO JOVANOTTI
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HARRY HOUDINI
BIG SHOW
Harry Houdini
(1874-1926)
nel numero
delle corde durante
un suo show
Al centro delle pagine
la locandina
di un suo spettacolo
del 1895
Repubblica Nazionale
LA DOMENICA■ 36
DOMENICA 28 APRILE 2013
Il rabbioso movimento che, negli anni Settanta, rifiutòil sistema oggi sfila sulle passerelle dell’alta modaUna grande mostra a New York raccontaquesta strana storia di griffe e di anarchia
“Perché nulla ha avuto un impatto così forte sull’estetica”
SpettacoliAbbassa la cresta
‘‘Johnny Rotten
Camminavo su e giùper King’s road pieno di rabbiaC’era uno sciopero della spazzaturaHo pensato di mettermiquei rifiuti addossoIo mi vorrei avvolgerenella spazzatura
‘‘Malcolm McLaren
C’era questo tizio distruttoche sembrava appena uscitoda una fogna, coperto di melma,con la faccia stravoltadi chi non dorme da anniEra un meraviglioso, sudicioragazzo con una t-shirt stracciata
‘‘Sid Vicious
Mina la loro autorità pomposa,rifiuta i loro standard morali,fai dell’anarchia e del disordinei tuoi marchi di fabbricaCausa più caos e disagi che puoima soprattutto non lasciareche ti prendano da vivo
SID VICIOUS
Londra 1977CHANEL
collezione p/e 2011JOHNNY ROTTEN
Londra 1976ALEXANDER MC QUEEN
collezione a/i 2008-9INGAR
Londra 1977DIOR
collezione a/i 2006-7MALCOLM MC LAREN
Londra 1976
Repubblica Nazionale
■ 37
DOMENICA 28 APRILE 2013
Il veropunk, come assicura MickJones dei Clash, è durato centogiorni, poi nei successivi qua-rant’anni o giù di lì ha zigzagatotra cultura, musica e costumearrivando sino al red carpet del
Metropolitan Museum di New York.Dove il 9 maggio si apre la mostraPunk: Chaos to Couturecon Beyonce ela direttrice di Vogue, Anna Wintour, afare da madrine. Per una generazioneche si immaginava come un enormedito medio levato al cielo non è certoun approdo indolore.
Il New York Magazine dedica all’e-vento una lunga inchiesta chiedendosi:se un movimento creato sulla rabbia esulla ribellione diventa il perno di unevento ultramondano è l’ultimo chio-do piantato sulla sua bara o è la provadella sua vita eterna? Alcuni dei prota-gonisti di quegli anni hanno meno dub-bi. Legs McNeil animatore della rivistaPunke storica figura della scena ameri-cana protesta nelle pagine del New YorkTimes: «I ricchi provano sempre a coop-tare tutto quello che non possono pos-sedere. Catturano l’anima di quegli an-ni e la anestetizzano, la rendono noio-sa. Cosa hanno a che fare tutti questi sti-listi con noi? Non ne capisco il senso». Ela sua compagna di avventura DebbieHarry, altra icona dei Settanta ribadi-sce: «Noi non volevamo essere trendy,volevamo solo trasgredire». Nel 1976l’anno del primo Lp dei Ramones, l’an-no in cui nelle cantine di New York eLondra le chitarre elettriche distortegraffiano gli spartiti facendo a pezzi lamelodia e le canzoni insultano il “mon-do pulito là fuori”, urlando “uccidimiper favore”, al Met va in scena una mo-stra dal titolo La gloria del costume rus-so. Nell’aria fluttuano litri di ChanelCuir de Russie. «È come se un club di ve-getariani finisse a festeggiare dentrouna bisteccheria».
Ma il tempo avvicina gli opposti. E inrealtà lo straniamento è meno forte. Èinfatti innegabile che le grandi firmedella moda si sono ispirate agli abitistrappati di quei ragazzi. Andrew Bol-ton è il curatore dell’esposizione, in-sieme all’italiano Riccardo Tisci (uo-mo dell’anno per il New York Times) esi racconta come un fan entusiasta:«Niente ha avuto un impatto così fortesull’estetica come il punk. Anzi c’è dipiù. La sua stessa essenza, quella vo-glia di autodeterminarsi, di creare unostile mai visto prima ha dato grandeenergia a molti stilisti».
Lo spettacolo, ché di questo si trattacon musiche e video, si snoda su settesale, con oltre cento fotografie che gio-cano sul contrasto tra il modello origi-nale e la creazione artistica. Da una par-te i Sex Pistols, i Clash, i Ramones e tuttigli altri con le loro giacche nere di pelle,i pantaloni attillati, le magliette scucite,tenute insieme con le spille da balia. Lecreste sulle teste rasate, i capelli colora-ti, le catene, le borchie, i corpi scheletri-ci per l’eroina e gli occhi cerchiati di ne-ro insonnia. Dall’altra, come riflessi inuno specchio distorto, i modelli creatidai mostri sacri della moda, nessunoescluso. C’è una foto di Johnny Rottendei Sex Pistols che fissa l’obiettivo, stra-lunato, le pupille dilatate sul niente.
Nell’immagine a fianco, una modella diVersace anno 1994, collezione prima-vera estate: stesso sguardo, stessa petti-natura, stesso modo di vestire.
C’è la New York del 1974 e c’è la Lon-dra dello stesso periodo. In America, ipunk sono i figli della classe media stu-fi del rock dei padri e dell’iconografiadegli hippie. Si trovano negli scantina-ti del CBGB, il locale su Bowery fonda-to da Hilly Kristal dove si esibisconotutte le band del momento. Il suo ba-gno diventa una leggenda dall’odoreinconfondibile e dalle mille scritte irri-verenti: luogo talmente mitico cheverrà riprodotto al Met. In Inghilterra lascena gira tutta attorno ad un nego-zietto di King’s Road, dove lavoranoMalcolm McLaren e Vivienne We-stwood: ovvero i veri anelli di congiun-zione tra l’anarchia e il fashion. Coloroche hanno addomesticato, codificatola violenza, trasformandola in un mar-chio. A loro è dedicato, giustamente, ilposto d’onore. «Il punk era caotico, ir-riverente, iconoclasta ma ha cambiatoper sempre la natura della creatività.Sembra una contraddizione, ma inrealtà c’è un filo comune che lega tuttoquesto», spiega il direttore del MetThomas P. Campbell.
Sui blog delle riviste undergroundnewyorchesi, però, i lettori sono più ar-rabbiati che incuriositi. Arrabbiati conJohnny Rotten, che sognava di sconvol-gere le strade di Londra e che ora è qual-che pagina più in là nello stesso catalo-go: «Venivamo dal popolo, eravamo ge-nuini. Il guaio è che poi tutto è stato di-storto dai media, le persone fanno fati-ca a scappare dai luoghi comuni. La si-tuazione economica in Gran Bretagnaè stata la fonte di ispirazione. C’era unsenso di fallimento, mi sentivo come sel’intero paese stesse per crollare. C’eral’idiozia di Margaret Thatcher e noi vo-levamo spaccare tutto».
Non è andata proprio così. Anche seper molti, il punk ha anticipato il futuro:i no global, gli squatter, la disillusionedei giovani disoccupati. «Lo spirito diquell’epoca dura ancora perché la no-stra protesta è attuale. Non per le ma-gliette colorate che sono diventate sou-venir», argomenta Legs McNeil. E loscrittore Jon Savage aggiunge: «Noi sia-mo ancora qui, perché io ancora ades-so quando sono stanco, sfiduciato allafine di una giornata metto su un discodei Ramones e mi sento meglio».
Ma la cultura radicale spesso nonregge all’urto degli anni. Invecchia ma-le. Il sangue scolora e la rabbia evapo-ra. Il 64 per cento dei nuovi punk inter-vistati nel sondaggio del New York Ma-gazine dice di non essere affatto “ar-rabbiato”. Lo definisce “uno stato d’a-nimo, uno stile di vita” la politica nonviene quasi menzionata. E un terzo diloro muore dalla voglia di andare allamostra del Met. Si spera che almeno,essendo gli ultimi Mohicani, non ab-biano il problema di alcune invitateche confessano di “essere molto stres-sate dal pensiero su cosa sia opportunoindossare”. La cosa più trasgressiva?«Metterò il collare del mio cane». Cherazza è? «Yorkshire». Ecco, una tra-sgressione bonsai.
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‘‘Joe Strummer
Dovevamo adattarci a quelloche trovavamo nei negozi dell’usatoche era veramente orrendoPortavamo i giubbottidal carrozziere e gli dicevamo:“Ok Pete, dacci tuuna colorata con lo spray”
“Le nostre ideerestano diverse”
GIUSEPPE VIDETTI
Se la ribellionediventa solo
questione di stileMASSIMO VINCENZI
MALCOLM MCLAREN
Londra 1976VIVIENNE WESTWOOD
collezione p/e 2009VIVIENNE WESTWOOD
Londra 1976
Vivienne Westwood
«Il numero uno? Yves Saint Lau-rent; è lui il dio della moda. L’u-nico che abbia raggiunto la
perfezione». Fa un certo effetto sentir-lo dire da Vivienne Westwood, la sa-cerdotessa del punk che, su istigazio-ne di Malcolm McLaren, entrò nel fa-shion business con la stessa prepoten-za di una guerriglia armata nelle vie delcentro. «Qualsiasi idea avessi all’epo-ca dell’apertura della prima boutiqueSex, al 430 di King’s Road, oggi è cam-biata al 180 per cento», dice la stilistapasionaria che ha risollevato le quota-zioni del made in England. Divoratadal conformismo? «No, ribelle a ol-tranza. I conformisti semmai sonosempre stati Johnny Rotten e compa-gni, che hanno assolto il loro ruolo nel-la società. Non sei diverso perché hai icapelli verdi o grigi o blu. È il tuo mododi pensare che fa la differenza, l’attitu-dine nei confronti della vita».
Ma prima di Rotten e Sid Vicious fulei ad adottare quel look...
«Al 430 di King’s Road io ci andavoanche da ragazza, è vero. Prima di Sexc’erano stati il Paradise Garage e Mr.Freedom, due negozi in perfetta sinto-nia col R&R anni Cinquanta. Adoravolo stile Teddy Boy. Le prime cosa checomprai da cliente squattrinata furo-no un paio di pantaloni di velluto leo-pardati. Cose che non trovavi da nes-sun’altra parte a Londra. Avevo già i ca-pelli pettinati a cresta, sembravo unaprincipessa aliena».
Come cambiò la sua vita quandoincontrò McLaren?
«Era un uomo alla continua ricercadi stimoli, molto interessante. Abbia-mo vissuto insieme per tredici anni.Alla fine non la pensavamo più allostesso modo, era assetato di gratifica-zioni, di successo. Io sono una che amaandare a fondo alle cose; lui utilizzavail suo talento solo per impressionare ilpubblico».
Proprio nel momento il cui il punkda fenomeno musicale iniziò a in-fluenzare la moda lei ha messo il pie-de sul freno.
«Già, perché per me con il punk nonera successo niente d’importante, néculturalmente né politicamente, soloun’altra stagione entrata a far partedell’iconografia della ribellione.Nient’altro che un’opportunità dimarketing. Anche se ci furono perso-ne, compreso Malcolm, che finironosul piedistallo come portabandiera diuna generazione che lottava per unasocietà libera. I punk non facevano al-tro che scorrazzare per Londra a far ca-sino. Non avevano idee. Io ne avevo,Malcolm ne aveva. All’epoca, in termi-ni di design, mi consideravo una suaaiutante, davo corpo alle sue illumina-zioni perché essendo più vecchia dicinque anni conoscevo meglio gli anniCinquanta – tutto infatti partì da unariconsiderazione della prima genera-zione R&R».
Quindi? Tutto merito, o colpa, diMalcolm?
«No. Tutto merito mio se lo stilepunk è dilagato nel fashion business.Ero io che creavo i modelli. Poi, è vero:lui aveva delle intuizioni commercialiformidabili, aveva sempre la cilieginapronta da mettere sulla torta».
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Repubblica Nazionale
LA DOMENICA■ 38
DOMENICA 28 APRILE 2013
IL CONFRONTO
MARTE
TERRA
NextMission possible
Sembra uno scherzo, ma non lo è: una società olandese
cerca (e trova) partecipanti volontari per colonizzare Martecoprendo i costi con la pubblicità di uno show da realizzare lassù tra nove anni Unico problema: il viaggio è di sola andata...
Cominciano selezione
dei quaranta
astronauti
e simulazioni
dello sbarco su Marte
Il tutto viene
trasmesso in tv
686 GIORNI
365 GIORNI
24 ORE E 37MINUTI
24 ORE
6.780 CHILOMETRI
12.745 CHILOMETRI
96% ANIDRIDE CARBONICA
21% OSSIGENO
2,5% AZOTO
78% AZOTO
Tra nove anni. Ad aprile del 2022 parti-remo alla volta di Marte. E lo faremograzie a un reality show planetario, ilpiù grande evento televisivo della sto-ria. Comincia quest’anno con sele-zioni alla X Factor e test di resistenza
come ne L’isola dei famosi. Porterà alla formazionedegli equipaggi che si imbarcheranno uno dopol’altro per il Pianeta Rosso in mondovisone. Trou-pe televisiva compresa. Ecco Mars One, progettoolandese faraonico e così ambizioso da sembrareuno scherzo, una trovata pubblicitaria. Ma che inrealtà nasconde un’intuizione giudicata da alcunibrillante: aver forse trovato il modo, attraverso lavendita di spazi pubblicitari, di superare l’enormeproblema delle missioni spaziali su grande scala:quello dei fondi. Tanto da ricevere l’appoggio diGerardus ‘t Hooft, dell’Università di Utrecht, pre-mio Nobel per la fisica nel 1999. Tanto da racco-gliere diecimila domande di aspiranti astronautiappena pervenute all’organizzazione. Anche se c’èun problemino: il biglietto è di sola andata. Chi an-drà, ci resterà fino alla fine dei suoi giorni.
«Se hai un miliardo di telespettatori, i sei miliar-di di dollari necessari per la colonizzazione di Mar-te non sono poi così tanti», racconta Bas Lansdorp,la mente dietro l’iniziativa. Imprenditore con unalaurea in ingegneria alle spalle, ne parla mentreguida per le strade di Los Angeles nel documenta-rio One Way Astronaut, del quale è stato pubblica-to cinque giorni fa un trailer di qualche minuto. Èpieno di interviste ai candidati, un assaggio dellecentinaia di video che già affollano il sito di Lan-sdorp & Co. Ragazze e ragazzi che hanno inviato laloro presentazione filmata dal Brasile e dalla Ger-
mania, dagli Stati Uniti e dal Giappone, dall’I-talia e dalla Russia. Ma ci sono an-
che qua-
guito modulato in sette tappe diverse, o forse do-vremmo chiamarle “stagioni”, a partire da quella diquest’anno per la selezione dei quaranta astro-nauti e i test all’interno di una replica fedele di quel-la che sarà la base su Marte. Riedizione in chiavefantascientifica del format di Romer, che nel frat-tempo è diventato consulente del progetto MarsOne. Nel 2016 verrà lanciato verso il pianeta rossoil primo cargo con tre tonnellate di viveri, parti di ri-cambio, strumenti, materiali. Due anni dopo saràla volta del rover che dovrà iniziare a preparare ilcampo. In Olanda hanno calcolato che impiegheràtre anni a mettere in piedi la struttura della base, seimoduli. A quel punto il primo equipaggio formatoda quattro persone sarà in procinto di partire. Da-ta prevista del decollo 2022, per raggiungere Martenel 2023. Da quel momento in poi ogni due anniprima e poi a intervalli sempre minori, verranno in-viati altri equipaggi fino ad arrivare nel 2035 a unacolonia di almeno trenta o quaranta persone.
Sembra un copione scritto da uno sceneggiato-re dotato di troppa fantasia. Ma in fondo tutto quelche è legato alla conquista dello spazio ha questosapore. Dwight D. Eisenhower, quando nel 1958ordinò la creazione della Nasa, dopo lo shock pro-vocato dal satellite sovietico Sputnik, chiamò al suofianco Neil McElroy. Classe 1904, nato in Ohio elaureatosi ad Harvard, era entrato da giovane allaProcter&Gamble, la multinazionale del sapone diCincinnati. Da addetto all’apertura della corri-spondenza a direttore del reparto pubblicità in die-ci anni circa. Il sogno americano fatto persona.Non solo, la cosiddetta soap opera è un’idea sua.Quei drammi radiofonici, presto passati alla televi-sione e pensati per essere interrotti dalle pub-blicità del sapone, stavano diventandoparte della cultura popolare. Il mo-tivo che spinse Eisenhower achiamare un tipo del genereper ricoprire la carica di Se-gretario della Difesa è intui-bile. Alla fine la corsa allospazio era una guerra dicomunicazione da com-battere sul piano dell’im-maginario. Cinquantacin-que anni dopo si ricomin-cia, e guarda caso ancora unavolta dalle soap opera.
Tra tre anni partirà il primo cargo:
pesante circa tre tonnellate,
conterrà cibo, strumenti, utensili
e materiali per allestire la base
Decollo del primo rover
per l’esplorazione della superficie
di Marte e per iniziare ad attrezzare
l’area dove sorgerà la base
rantenni con moglie e figli, signori un po’ in là conl’età, gente di ogni estrazione e provenienza. Spac-cato di un’umanità normale che ha un sogno co-mune ed è disposta a pagare un prezzo alto per rea-lizzarlo. Quello di andare a morire su Marte.
Anche questa più che una follia è il superamen-to di un limite tecnico. Arrivare infatti è relativa-mente facile, ripartire è il vero problema. La mis-sione dell’Apollo 11 sulla Luna, a oltre quaranta an-ni di distanza, sembra ancora un miracolo e i mira-coli in genere non si ripetono. Anzi, a volte si guar-dano con sospetto. Diventano il centro di teoriecomplottiste. In Capricorn One, il film del 1978 diPeter Hyams con Elliott Gould e O. J. Simpson, laNasa era senza più fondi, grosso modo come acca-de ora. E per evitare rischi e insuccessi, metteva inscena una missione posticcia in uno studio televi-sivo perso nel deserto del Texas.
Oggi, a poca distanza da quell’area, Sir RichardBranson sta costruendo la sua Virgin Galactic: viag-gi oltre la stratosfera a partire dal prossimo anno euno spazioporto firmato dall’architetto NormanFoster in costruzione nel grande nulla del NewMexico per “appena” 250 milioni di dollari. Le or-me sono quelle di Juan Trippe, il fondatore dellaPan Am che nel 1968 cominciò a raccogliere le pre-notazioni per i primi voli per la Luna. Il biglietto sa-rebbe costato quattordicimila dollari. Centomilapersone si misero in lista pensando di partire tren-ta anni dopo. La compagnia però fallì nel 1991.Branson invece potrebbe farcela. Ha le risorse e staacquisendo le compagnie con il know-how tecni-co necessario. Nel frattempo guarda oltre, alla co-lonizzazione di Marte, con l’intenzione di offrireanche lui biglietti one way come Bas Lansdorp. Manon si è spinto fino ad immaginare uno show in tv.In realtà, non lo ha fatto nemmeno Lansdorp. «Nel2011» spiega «dopo aver venduto la mia compa-gnia per la produzione di energia alternativa, stavolavorando al progetto di Mars One. Ma non riusci-
vamo a trovare un modo per finanziare l’o-perazione. A quel punto Paul Romer,
uno dei creatori del Grande fra-tello, mi consigliò di trasfor-marlo in un evento mediati-
co di portata mondialevendendo gli spazi
pubblicitari».Evento in se-
2018 L’ESPLORAZIONE
2016 IL PRIMO LANCIO
2013 I PREPARATIVI
COMPOSIZIONE DELL’ATMOSFERADIAMETRODURATA DEL GIORNODURATA DELL’ANNO
JAIME D’ALESSANDRO
Reality senza ritorno sul Pianeta Rosso
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Repubblica Nazionale
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DOMENICA 28 APRILE 2013
MISSIONIRIUSCITE
1971 MARINER 9
Dopo altre nove
missioni fallite
(sei dall’Urss)
gli americani
entrano
nella sua orbita
1964 MARINER 4
Dopo cinque
tentativi sovietici
falliti quella Usa
fu la prima sonda
a sorvolare
Marte
LA TAZZA
LA FELPA
LA MAGLIETTA
1996 PATHFINDER
Fu la prima
a trasportare
un rover
per l’analisi
del suolo
e delle rocce
Parte la seconda
missione,
la colonia marziana
inizia a ingrandirsi
Entro il 2035
sarà abitata
da quaranta parsone
-128 GRADI CENTIGRADI
-60 GRADI CENTIGRADI
30 GRADI CENTIGRADI
60 GRADI CENTIGRADI
0.38 G
1G*
27,9 CHILOGRAMMI
75 CHILOGRAMMI
L’ORTO
IL SOGGIORNOLA CUCINA
IL MAGAZZINO
Viene ultimata
la base composta
da sei differenti
moduli. È stato
calcolato infatti
che siano necessari
tre anni
per approntarla
2021 LA BASE
2025 NUOVI ARRIVI
Il primo equipaggio raggiunge Marte. I volontari
si stabiliscono nei moduli abitativi. Ciascuno dei quali
è composto da una cucina, un soggiorno con divani
e super schermo, stanza da letto, magazzino e orto
2023 I MODULI ABITATIVI
Parte il primo
equipaggio,
quattro persone scelte
anche dal pubblico
nel corso
degli show televisivi
Il viaggio di sola
andata durerà un anno
2022 I VOLONTARI
LE STANZE DA LETTO
FORZA DI GRAVITÀTEMPERATURA MASSIMATEMPERATURA MINIMA
Se hai un miliardo di telespettatorii sei miliardi di dollari necessariper la colonizzazione non sono poi così tanti‘‘ Bas Lansdorp Ideatore del progetto Mars One
PESO DI UNA PERSONA
* un “G” corrisponde
a un’accelerazione di 9.8 m/s2
GADGET SHOW
1975 VIKING 1
Tappa storica:
la sonda Usa
invia le prime
immagini
del pianeta
È ancora in orbita
2012 CURIOSITY
L’ultimo rover
americano
è stato lanciato
per indagare
se c’è vita
su Marte
Repubblica Nazionale
I saporiFatti in casa
C’era una volta pane-burro-marmellata, magico trio ca-pace di scatenare l’acquoli-na in bocca e far abbandona-re i giochi — tra un baffo zuc-cherato sul labbro e l’ineli-
minabile fastidio delle dita appiccicose — ultimobaluardo sanamente goloso, spazzato via da on-date successive di merendine confezionate. Unapiccola rivoluzione alimentare su cui l’industriaha investito con successo crescente, fino all’eli-minazione totale del fai-da-te di metà pomerig-gio, in favore dei fagottini imprigionati nel cel-lophane. Naturalmente, non di solo pane-burro-
zucchero vivevano gli intermezzi famelici deibambini. Fin da piccini, la scelta tra dolce e salatoschierava gli infanti in contrapposizione saporitafra i cultori del krapfen e gli ardimentosi di burroe acciughe. Generazioni di allievi di elementari emedie sono cresciuti sapendo che masticare lasofficezza burrosa di una brioche o la fragrantecarnalità di un panino alla mortadella faceva unabella differenza, prolungata dalla scelta di cosabere tra un morso e l’altro, cioccolata calda oaranciata, tè o gazzosa. Una sorta di comfort foodin formato mignon che sapeva tacitare lo stoma-co e far gongolare il palato, prima di finire i com-piti e in attesa della cena. E in caso di temporaneo,scarso appetito, non c’era genitore che si sot-traesse al fortunato sacrificio di finire la merendain vece del figlio.
Il rito è cambiato molto, costretto nei ritmi ac-celerati dei pomeriggi fatti di compiti e piscina,scuola d’inglese e lezioni di judo, con mamme epapà in fuga affannosa dagli uffici o incollati al cel-lulare per dare istruzioni a nonne e tate. Un elen-co infinito di ingredienti, così vistosamente arduida leggere nelle pieghe delle confezioni, ha sosti-tuito i pochissimi di un tempo. Creazioni a provadi tabella nutrizionale per gli adulti di domani. Fa-cili e comodi. Non necessariamente più econo-mici, né più salutari.
Così, tra il prolungarsi avvilente della crisi eco-nomica e gli allarmi ravvicinati sul numero cre-scente di preadolescenti supersize — l’ultimo èdatato martedì — l’idea di recuperare le merended’antàn ha cominciato ad animare piccoli localidedicati e trasformare quelli che avevano da tem-po abdicato al rito della focaccetta farcita. Com-plice l’inarrestabile diffusione del biologico, nic-chia in controtendenza in tempi di taglio dellaspesa alimentare, mele e sandwich di pane scurosono tornati a far capolino dagli zaini e sui banco-ni dei bar insieme al piacere di una fetta di crosta-ta fatta come-dio-comanda, di un rettangolo difocaccia deliziosamente unta (lievito madre edextravergine d’obbligo), di una fetta di buon pro-sciutto avviluppata su un grissino croccante.
Più che la riproposizione di gusti retrò, il far dinecessità virtù, tornando a scegliere il cibo inve-ce che subirlo. Se trovate del buon pane (o fateloin casa, le macchinette aiutano assai), spalmate-lo con la crema di pistacchi di Corrado Assenza ocon il bio stracchino delle Cascine Orsine, affon-date i denti e chiudete gli occhi. I compiti, riman-dateli a domani.
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LICIA GRANELLO
LA DOMENICA■ 40
DOMENICA 28 APRILE 2013
Generazioni di bambini cresciuticon le brioche confezionateMa ora, tra crisie consapevolezze alimentari,a metà pomeriggiorispuntano mele,crostate e focacce
Merendala Rivincitadella
A grande richiesta pane e marmellata
Repubblica Nazionale
Gli indirizzi
ClassicaLa confettura
di frutti rossi
spalmata sul pane
è la classica
merenda casalinga
da accompagnare
a una bevanda calda
o a una spremuta
Pane e...Bianco o integrale,
il pane è il supporto perfetto
per burro e zucchero,
oppure olio, aceto e sale,
passando per i fruttini Zuegg
e l’estratto di carne Liebig
BruschettaPane casareccio,
un poco raffermo
e ben abbrustolito,
condito con extravergine
e sale grosso,
o strofinato con pomodoro
PaninoBaguette, rosetta, bocconcino,
meglio se ancora caldi,
imbottiti con salame,
mortadella, formaggio,
frittata, verdure,
fino alla poderosa cotoletta
Salamedi cioccolatoImpasto irresistibile
di biscotti sbriciolati, burro,
zucchero, cacao
e qualche goccia di rum,
raffreddato e tagliato a fette
GelatoÈ la scelta più sana
- a patto che gli ingredienti
siano latte, frutta, zucchero -
ma anche il trionfo di cornetti,
mottarelli (antesignani
del Magnum) e coppette
ToastDa addentare caldissimo
Pan carré sbordato,
fontina filante e prosciutto
cotto senza polifosfati
Il più croccante,
lievemente spalmato di burro
BriocheIl simbolo delle paste lievitate
(bombolone, croissant...)
cotte al forno oppure fritte
Vuota o con una farcitura
di crema, confettura,
oppure cioccolato
CrostatinaVersione mignon
della classica frolla
con marmellata
Un guscio di pasta
per farciture di ricotta, ganache
di cioccolato, tocchetti di frutta
Biscottodella SaluteDalla ricetta targata Wamar
al Lagaccio di Genova,
la sintesi di fetta biscottata
e biscotto. Sopra,
confettura o crema di nocciole
TramezzinoMorbido pan carré
tagliato a triangolo ,
farcito con tonno e carciofini,
pomodoro e uova sode,
burro e acciughe,
insalata di pollo
FocacciaVenduta a tranci
in due versioni:
alta e spugnosa
o bassa e croccante
Sottilissima con stracchino
quella tipica di Recco
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DOMENICA 28 APRILE 2013
TorinoM** Bun
Via Rattazzi 4
Tel. 011-19704606
MilanoPavè
Via Casati 27
Tel. 02-94392259
Arzignano (Vi)Damini
Macelleria&Affini
Via Cadorna 31
Tel. 0444-452914
ParmaPepen
Borgo Sant'Ambrogio
2/C. Tel. 0521-282650
BolognaPane burro & wifi
via Tiarini 1/C
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FirenzeIno
via dei Georgofili 3
Tel. 055-219208
RomaLa Santeria
Via del Pigneto 213
Tel. 06-64801606
NapoliAnhelo
via Bisignano 3
Tel. 081-402432
Avellino Ghi Caffè
Via Amabile 19/B
Tel. 0825-1911605
Altamura (Ba)Panificio
Ninivaggi
Via Torino 36
Tel. 080-3115852
Se penso alla mia generazione, risulta fin troppo evidente che quand’erano le nonne a occu-parsi delle nostre merende l’educazione alimentare e al gusto fosse una cosa naturale e auto-matica. Il che rendeva quasi superfluo il tema, oggi invece scottante, del suo essere affrontata
nelle scuole o da soggetti terzi. Le nonne con amorevolezza e sensibilità aiutavano noi bambini asuperare i piccoli pregiudizi alimentari, a fare le prime esperienze gustative importanti, a nutrirciin maniera sana.
Cibo, gusto, memoria e affettività sono collegati profondamente e diventano un marchio inde-lebile per chi ha potuto godere dei suoi primi rudimenti gastronomici accompagnato dai gesti del-la propria grand-mère. Mi ritengo fortunato a essere passato da questa scuola, per merito di mianonna paterna. Le dedico alcune pagine in un recente libretto, Zuppa di latte (Slow Food Editore),nelle quali non ho potuto dimenticare il pane — lusso ritrovato nel secondo dopoguerra — che neigiorni di festa a merenda si arricchiva di una spalmata di burro fresco e di una spolverata di zuc-chero. Capisco soltanto ora quale fosse il valore di quei prodotti per una generazione, come quelladella madre di mio padre, che li aveva visti contingentati e che finiva con il sognarseli la notte.
Un marchio nella mia memoria sensoriale, semplice e prezioso, il cui gusto, riprovato oggi, ri-manda inevitabilmente alla cucina spartana in cui passavo i miei pomeriggi, accanto al potagé, lastufa a legna per cucinare, uno degli oggetti di design più riusciti del Ventesimo secolo. Non so quan-ta poesia si mescoli alla realtà di un ricordo, ma sta di fatto che il mio palato e la mia fame erano sta-ti educati da una nonna: beati i bambini che oggi possono ancora contare sui gesti di una semplicepreparazione come pane e burro, piuttosto che della consegna frettolosa di un pacchettino colo-rato da scartare e di cui ingurgitare il contenuto.
Io, la nonna e un vecchio potagéA tavola
CARLO PETRINI
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Repubblica Nazionale
con sua moglie e il figlio piccolo,quando vide dei ragazzi che insulta-vano un mendicante. Intervenne insua difesa, ma i ragazzi riconobberoun accento straniero, e poi l’intona-zione da “meridionale” bavarese disua moglie: gli insulti si moltiplicaro-no, stavolta contro di loro. «La xe-nofobia è una minaccia seria, forsepiù che in Italia o in Francia», dice.
Lo provoco sul terreno che gli è piùcongeniale, la musica. Qual è l’operache cattura meglio lo spirito tedesco?«I Maestri cantori di Norimberga diWagner — risponde — perché con-densa l’anima della Germania nellasua dimensione buona e meno buona.Heine e Heidegger, insomma: la spiri-tualità amorevole di Heine, la forza diHeidegger al servizio di un’ideologiamalefica. Nei Maestri cantori c’è la te-stardaggine di chi vuole basare la so-cietà su una virtù assoluta, inconfuta-bile». Stessa domanda per noi: l’operache meglio descrive l’Italia eterna? «Si-mon Boccanegra di Verdi: fazioni, liti-gi, intrighi…». E se dovesse provare amettere d’accordo Germania e Italia,con quale musica lo farebbe? «LaSinfonia fantastica di Berlioz: c’è den-tro qualcosa del romanticismo tede-sco, e un po’ della gioia sfrenata di cuisiamo capaci noi italiani». Ha scelto uncompositore francese. Che vi dicevo:un gran diplomatico.
— dice — eppure è difficile immagina-re un luogo che sia più agli antipodi diManhattan. Arrivarci da New York èuno shock culturale, ma benefico. An-che nella sua ristrettezza, nella soprav-vivenza del dialetto, nella conserva-zione del paesaggio e dell’architettura,Camogli ci sembra un piccolo scrignodi valori solidi».
Luisi per la sua storia italo-tedesca èun osservatore speciale del rapportotra questi due paesi. Una relazione cheraramente è stata così tormentata co-me in questi tempi. Perfino una brevevacanza pasquale di Angela Merkel aIschia è stata trasformata in occasionedi polemiche velenose tra noi e loro.(Non siamo gli unici: a Cipro dopo ilcontroverso salvataggio bancario so-no apparsi manifesti con la Merkeltruccata da Hitler. Dalla Grecia allaSpagna, l’intera Europa mediterraneaè percorsa da furori anti-tedeschi. Benricambiati).
«Conosco bene — dice Luisi — laGermania della Merkel. Quella dell’E-st, e quella dell’Ovest, ancora duepaesi molto diversi: e forse ci vorran-no venticinque anni perché la lororiunificazione sia compiuta. Per capi-re l’animo tedesco di oggi bisogna ri-salire agli anni Cinquanta, alla scon-fitta, all’imposizione delle potenze al-leate che dettarono alla Repubblicafederale la sua Costituzione demo-cratica e federale, insieme con il ruo-lo dei sindacati. Mio suocero avevaquindici anni quando finì la guerra, ericorda una Germania in cui si facevala fame. Quel che sono riusciti a fare ènotevole: sono tornati a essere il nu-mero uno europeo, e tra le prime po-tenze economiche mondiali. Di sacri-fici, loro ne hanno fatti tanti. Canaliz-zando le loro virtù antiche come la te-nacia e la precisione, hanno anche co-struito uno Stato sociale avanzato,senza soffocare l’impresa e il liberomercato. Io mi levo tanto di cappello.Il lato negativo, è anch’esso tipico del-la storia tedesca: la fiducia in sé, la fe-de nei propri valori, può essere scam-biata per arroganza».
Ci sono dei demoni sempre in ag-guato, e Luisi li ha visti in faccia. Miracconta un episodio che lo ferìprofondamente qualche anno fa. ADresda, era a spasso una domenica
Per gli americani Luisi è un fenome-no singolare anche sotto il profilo lin-guistico e musicale. Italiano, ma conun curriculum germanico-wagneria-no di primissimo ordine. Conducendole prove d’orchestra al Met esordì nel2005 e fece subito scalpore per un in-glese perfetto, condito solo da una leg-gera intonazione… tedesca. Eppure isuoi legami con l’Italia sono solidi. Al-la Scala ha già diretto Manon e torneràa dirigere il Don Carlo. Soprattutto,sente il richiamo delle sue radici liguri.Di recente ha comprato un apparta-mento a Camogli. (Confessione perdovere di trasparenza: ci unisce un’an-tica fedeltà al ristorante “Rosa”, conterrazza panoramica sul porticciolo,caro anche a Piero Ottone). «Mia mo-glie e io siamo innamorati di Camogli
LA DOMENICA■ 42
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Ha preso il posto che fu di ArturoToscanini, ma non per questo il nuovo direttore d’orchestradel Metropolitan Opera di New Yorksi è montato la testa. E appena può
si rifugia nella casa di Camogli. Genovese di nascita, wagneriano di formazione, ha una sua ricetta:“Cerco di essere
una persona normaledifendendo dall’anormalitàdell’arte la mia esistenzapiccolo borghese”
NEW YORK
Esiste un direttore d’or-chestra che non ha un egosmisurato, e io l’ho incon-trato. Fabio Luisi, geno-
vese di cinquantaquattro anni, occu-pa un posto di raro prestigio. È di fattoil direttore principale al MetropolitanOpera di New York. «Un teatro di leg-genda» dice Luisi, e aggiunge di sentir-si «onorato di occupare un ruolo che fudi Arturo Toscanini un secolo fa». Chenon si sia montato la testa, però, lo di-mostrano gli elogi molto speciali chegli ha tributato il New York Times. Lui-si si è guadagnato il rispetto di AnthonyTommasini, il gran sacerdote della cri-tica musicale newyorchese, per l’im-peccabile qualità del suo lavoro (soloin questa stagione, Luisi ha diretto alMet con grande successo Un ballo inmaschera, Aida, Les Troyens e il ciclowagneriano de L’Anello del Nibelun-go). Ma del maestro italiano viene ap-prezzata anche un’altra dote, poco co-mune nel mondo della lirica: la diplo-mazia. Luisi è stato chiamato a NewYork per una vera e propria “missionimpossible”. La sua nomina nel 2011come direttore principale dovevariempire un vuoto creato dalla malat-tia del settantenne James Levine, il ve-nerato direttore d’orchestra america-
no la cui storia s’identifica con l’ascesadella fama mondiale del Met negli ulti-mi decenni. Un personaggio ingom-brante, che malgrado i problemi di sa-lute non si rassegna a dare l’addio fina-le. E infatti il compito assegnato a Lui-si è delicato: sostituire Levine senzaeliminarlo, lasciandogli la possibilitàdi tornare a dirigere di tanto in tanto, see quando la salute glielo consente.Non molto conosciuto fuori dagli Sta-ti Uniti, Levine è un mostro sacro nellasua casa madre newyorchese. Luisigliene dà atto con fair play: «Levine vaammirato — dice il maestro italiano —per la dedizione a questo teatro, a cuiha consacrato tutta la sua vita. Fu no-minato direttore musicale qua-rant’anni anni fa, da allora ha fatto unlavoro impressionante: ha rafforzatol’orchestra, ha reso meravigliosamen-te efficiente la macchina organizzativadelle prove, ha consolidato il reperto-rio verdiano e quello wagneriano».
Un maestro che «non ha problemi diego», come il New York Times ha defi-nito Luisi, è un animale raro in questoambiente. Lui si spiega così: «Ho un’al-tra vita, fuori dall’opera. Ho semprecercato di non essere monomaniaca-le. La musica sarà sempre la mia gran-de passione, mi è difficile immaginareuna vita senza di lei. Però per sentirmicompleto ho bisogno di altre cose digrande valore: mia moglie, l’educazio-ne dei miei figli, l’interesse per la so-cietà che mi circonda. Cerco di essereuna persona normale, e così facendooscillo, in bilico tra una vita piccoloborghese e un’arte che è l’antitesi diquesta normalità».
La vita familiare non ha mai volutosacrificarla, o confinarla su un binarioparallelo. Non è stato facile. Cresciutomusicalmente nel mondo germanico,Luisi è stato direttore principale del-l’opera di Dresda e poi di Zurigo (lo ètuttora), nonché direttore dell’orche-stra sinfonica a Vienna. Vanno aggiun-ti altri traslochi a Ginevra, Lipsia, infi-ne New York (a più riprese): in tutto do-dici sedi di lavoro diverse in quindicianni «e sempre con la famiglia al se-guito, mai da solo». Sua moglie, bava-rese, è violinista e fotografa. Dei tre fi-gli, uno è un fisico, uno frequenta la fa-coltà di medicina, solo il terzo (quindi-ci anni) studia pianoforte.
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L’incontroMaestri
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In Wagner c’è l’animatedesca, nel SimonBoccanegra di Verdi tutto
lo spirito italianoPer farli andared’accordo ci vorrebbe un francese: Berlioz
Fabio Luisi
FEDERICO RAMPINI
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Repubblica Nazionale