INMETEO MAGAZINE 3

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Il Regolamento tecnico è un insieme di norme approvate dal Consiglio Direttivo e previsto nello Statuto dell’Associazio- ne. Com3 Il C.D. rende pubblica ai soci la possibilità di interagire con esso in occasione di determinate riunioni dello stesso; l’interazione è attiva in termine di opionioni e consulenze tecniche e le decisioni restano a carico del C.D. La sua utilità sta nel disciplinare attraversò regole le si- tuazioni di ordine pratico che non vengono riportate nello Statuto.

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Finalità Associazione “INMETEO”

Dall’Art. 2 (Finalità dell’Associazione) dello Statuto dell’associazione NO PROFIT InMeteoLe specifi che fi nalità dell’Associazione di promozione sociale InMeteo sono:

1) Effettuare e pubblicare Bollettini Meteo e Previsioni del Tempo sul sito www.inmeteo.it (e relativi siti affi liati) e tramite i mass-media, fornendo un servizio di informazione e di divulgazione scientifi ca 2) Effettuare e favorire la ricerca e lo studio scientifi co, organizzare convegni, seminari, conferenze e corsi di forma zione professionale; pubblicare il risultato di quanto suddetto sul web o tramite pubblicazioni particolari. a) Pubblicare la Rivista “InMeteo Magazine” con cadenza trimestrale per i soci e chi ne fa richiesta (a secon da delle modalità decise in comune accordo dal consiglio direttivo) b) Creare un sussidio per la pubblicazione di Libri di natura meteorologica e scientifi ca, soprattutto all’inter- no dell’associazione 3) Facilitare la riunione di appassionati di meteorologia attraverso il web, convegni e incontri. 4) L’installazione e la gestione, nell’osservanza delle relative norme legislative e regolamentari, di stazioni meteoro logiche e quant’altro utile allo studio dei specifi ci fenomeni, nonché di eventuali sistemi informatici ed informativi di collegamento. 5) Stipulare delle convenzioni con negozi e rivenditori autorizzati di materiale meteorologico e affi ne. 6) Fornire ai soci materiale informatico per migliorare il monitoraggio e l’attività meteorologica sul web. 7) Stipulare convenzioni con importanti centri di raccolta dati. 8) Elaborare strutture informatiche complesse ed utili alla meteorologia nell’ambito associativo ed esterno, mediante la costruzione di piattaforme adatte e la possibilità di offrire servizi di supporto. 9) La promozione di corsi di formazione e di aggiornamento per alunni ed insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado.

REGOLAMENTO TECNICO Art 1Com 1Le attività dell’associazione vengono rese note attraverso il portale, le newsletter e gli annunci via forum. Le attività più importanti, invece, riceveranno attenzione più particolare e di conseguenza si invieranno gli avvisi via posta.

Com2Le entrate e le uscite dalla cassa associativa verranno annotate sempre nel registro amministrativo, il quale è conservato nella sede legale. Tutti i dettagli verranno inseriti contemporaneamente via web nella sezione privata del forum

Com3Il C.D. rende pubblica ai soci la possibilità di interagire con esso in occasione di determinate riunioni dello stesso; l’interazione è attiva in termine di opionioni e consulenze tecniche e le decisioni restano a carico del C.D.

Com4I soci possono essere chiamati a votare per sondaggi e/o proposte di attività presentate dal C.D. e allo stesso modo possono presenta-re proposte al C.D.

Art 2

Il Consiglio Direttivo può riunirsi attraverso sistemi di telecomu-nicazione e prendere decisioni durante questi incontri. Valgono le stesse regole qualora vi sia impedimento o assenza (delega per votazioni verso un membro del C.D.)Viene nominato un segretario che ha il compito di stendere un ver-bale; lo stesso verrà stampato e allegato al registro dei verbali.

Il Regolamento tecnico è un insieme di norme approvate dal Consiglio Direttivo e previsto nello Statuto dell’Associazio-ne.

La sua utilità sta nel disciplinare attraversò regole le si-tuazioni di ordine pratico che non vengono riportate nello Statuto.

Tutta l’associazione concorre nella realizzazione delle norme di codesto regolamento; la discussione delle norme avviene sul forum (precisamente nella sezione riservata ai soci inmeteo).

Sono stati approvati i seguenti primi due articoli.

Per ulteriori informazioni scriveteci a [email protected]

La nostra associazione è convenzionatacon la ditta Barotherm di Orsini Aldo(sconti su stazioni meteo Oregon e La Crosse)

Per le informazioni visita www.inmeteo.it

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sommario numero 3/2007sommario numero 3/2007

InMeteo Magazine Periodico trimestrale di InMeteo Associazione NO - PROFIT di Meteorologia

Anno 1 - Ottobre 2007 - Numero 3

Direttore Responsabile

Domenico Papandrea

Capo redattore

Giancarlo Modugno

Comitato di Redazione

Giancarlo ModugnoVittorio VillasmuntaFabio DioguardiPasquale AbbatistaAnnalisa Muschitiello

Redazione

E mail: [email protected]

http://www.inmeteo.it

Progetto Grafi co e Composizione

Giancarlo Modugno

Stampa

“Pubblicittà” - Roma

Autorizzazione del Tribu-nale di Bari con decreto numero 8 del 28/02/2007

2 Fisica e Meteorologia di Giancarlo Modugno

3 Quello che i modelli non dicono di Silvio Villa

4 Signifi cato Termodinamico della Temperatura di Gancarlo Modugno

5 Blocchi atmosferici e pattern PNA - NAOE di Paolo De Luca

7 Entropia di Giancarlo Modugno

8 Uragani di Rosetta Onorati

10 Le responsabilità dell’uomo nel clima di Annalisa Muschitiello

12 Parco Nazionale del Gargano e riserva marina di Giuseppe Di Viesti

15 Riepilogo Estate 2007 in Puglia di Giuseppe Conteduca

16 III Convegno “Previsioni del Tempo” di Francesco Ladisa

17 Il Temporale di Giancarlo Modugno

18 News Associazione di Giancarlo Modugno

20 Rete di Monitoraggio InMeteo di Pasquale Abbattista

InMeteo Magazine e www.inmeteo.it sono due mezzi d’informazione che nascono con lo scopo di divulgare la scienza e la cultura meteorologica. Chiunque volesse contribuire con articoli e commenti agli articoli pubbli-cati può scriverci al seguente indirizzo mail: [email protected]

Finalità Associazione “INMETEO”

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l’errore è l’unico mezzo che abbiamo per giustifi care le nostre ricerche, verifi carne la precisione e capire il limite della ricerca; senza errore un esperimento scientifi co è privo di senso), gli scienziati di tutto il mondo possono studiare nuovi metodi per cercare di evitare disastri ambientali o per lo meno limitarne i danni. L’artico-lo di Rosetta Onorati sugli uragani e la possibilità di deviarne la direzione di spostamento è uno dei tanti esempi che potremmo citare.

In un modello matematico vedremo sempre, però, un margine di errore molto grande e di conseguenza anche migliorando moltissimo il lato tecno-logico delle macchine che elaborano i calcoli ci sarà sempre un istante di tempo dal quale i risultati saranno affetti da errori sempre più grandi.

In effetti non è facile “giocare” con l’atmosfera: le variabili utilizzate sono tantissime, legate tra loro in molte interazioni e non sempre si conosce alla perfezione il funzionamento di un processo atmosferico; per non parlare dell’effetto “farfalla” che contribuisce più di tutti a disturbare la previsione.

scrivi a Giancarlo Modugno [email protected]

È interessante poter mettere da parte per un momento il lato passionale per la meteorologia e cercare di immedesimarsi in colui che adotta in pieno il metodo scientifi co galileiano, in modo tale da poter effettuare una ricerca quantitativa e qualitativa soddisfacente o quasi.

Come giustamente ci fa notare l’illustre Dott. Antonello Pasini, fi sico teorico e specializzato in meteorologia, è sempre sorprendente osservare come la meteo-rologia (o la tecnica di previsione) da “pescatore o contadino” porti a previ-sioni molto accurate. Tutto ciò è dovuto alla grande e immensa esperienza che acquisiscono questi lavoratori negli anni, lavorando a contatto con l’atmosfera stessa e ponendo grande attenzione (che defi niremmo sopra la media) agli “indizi” che l’aria e le nuvole donano perennemente.

Nel suo libro “I cambiamenti climatici”, Pasini descrive quanto c’è di fi sico in quanto suddetto: nell’atmosfera è risapu-to come molti fenomeni si ripetano con modalità molto simili nonostante il siste-ma probabilistico che la determina (basti pensare ai segni premonitori di un tem-porale o di un fronte caldo, o ancora tanti altri). Possiamo, però, immedesimarci nel fi sico dell’atmosfera e nel climatolo-go di turno per cercare di comprendere e, volendo, di riprodurre in “laboratorio” il modello matematico che permetterebbe di spiegare i fenomeni in generale. Tutto ciò è possibile sia attraverso un attento studio della dinamica delle correnti, delle masse d’aria e delle loro caratteristiche intrinseche sia attraverso la loro clima-tologia (in un tempo abbastanza lungo, in modo tale da ottenere dalla relativa funzione di distribuzione di probabilità il massimo della probabilità stessa); molto spesso è la stessa climatologia che permette di riprodurre un certo compor-tamento note le condizioni iniziali (un po’ come “l’esperienza virtuale” citata nel corso di meteorologia nel forum InMeteo).

Attraverso questa procedimento scien-tifi co e l’importantissima conoscenza dell’errore associato (sembrerà strano ma

l’errore è l’unico mezzo che abbiamo È interessante poter mettere da parte

FISICA E METEOROLOGIAdi Giancarlo Modugno - Vice Presidente “InMeteo”, Fondatore del portale www.inmeteo.it

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signifi ca essenzialmente che piccole variazioni di quantità in un punto o in un preciso istante, possono avere riper-cussioni anche notevoli a distanza di poco tempo (o di poco spazio). Limi-tandoci ad una spiegazione semplice, bisogna immaginare che l’atmosfera è un continuo di moti che avvengono a tutte le scale, e l’energia proveniente dal sole, ed in minima parte dall’inter-no del pianeta, si distribuisce in cascata a tutte queste scale, che sono infi nite, dando origine ai fl ussi di aria transcon-tinentali, così come al venticello che spazza le nostre strade. I modelli, per quanto abbiano una griglia fi tta, non potranno mai simulare infi niti volumi di massa in cui avvengono i moti; così, se tra un punto della griglia ed il successivo avvengono dei moti a scala ancora più piccola, ecco che il modello si allontana dalla realtà, e quella pic-cola perturbazione potrà dare a luogo a fenomeni meteorologici anche su scale più grandi (o più piccole).

D’altro canto, siccome i modelli si basano su calcoli numerici, anche l’er-rore di arrotondamento dei valori della quantità meteorologiche può crescere e far divergere i risultati a distanza di poco. Un esempio eloquente di questo discorso fu fornito da Lorenz nel 1984: considerato un sistema molto semplice, ben lungi dalle equazioni di Navier-Stokes, si dimostra che gli stati di questo sistema nel tempo dipendono fortemente da piccole perturbazioni iniziali. Nello specifi co, consideriamo il sistema

Ys+1 = aYs - Ys2

Questa equazione descrive sempli-cemente un sistema il cui stato Y al-l’intervallo di tempo successivo (s+1) dipende dallo stato Y al tempo attuale s. L’evoluzione di questo sistema è ben defi nita se fi ssiamo il valore di Y allo stato iniziale (Y0) e il valore della variabile a.

Se poniamo su un grafi co l’andamento di Y nel tempo, e successivamente cambiamo leggermente il valore di a,

mantenendo costante quello di Y0, cioè se in pratica “riavvolgiamo” il tempo e facciamo ripartire l’evoluzione del sistema con una piccola perturbazione, ecco che, già dopo pochissimi passi temporali, i due grafi ci non si somi-gliano più e assumono via via valori sempre più discostanti, come possia-mo vedere chiaramente dalla fi gura. Immaginiamo allora cosa può succe-dere all’interno di sistemi (come quelli atmosferici) con leggi più complesse e con continue perturbazioni da parte delle condizioni circostanti.

E’ evidente che questo genere di comportamento non dipende affatto da quanto siano capaci o moderni i computer con cui si fanno le previsio-ni. A qualsiasi livello di precisione, esisterà sempre una cifra arrotondata e quindi una perturbazione, così come nel sistema atmosferico reale esisteran-no sempre dei moti a scale più piccole di quelle che i nostri modelli potranno simulare.Un altro problema signifi cativo nell’uso dei modelli di previsione, sta nel fatto che tuttora non si riescono a raggiungere nemmeno i limiti teorici imposti dalle leggi di natura caotica a cui si accennava precedentemente. Le previsioni con alto grado di confi denza a 10-12 giorni sono tuttora un miraggio e questo è dovuto a diversi fattori: cat-tiva qualità dei dati rilevati dalla rete globale di centraline, disomogeneità nella diffusione geografi ca delle stesse, risoluzione del modello inadeguata e insuffi ciente rappresentazione dei fenomeni fi sici complessi come i pro-cessi radiativi, la formazione di nubi, il trasporto repentino di massa ed energia all’interno di forti convezioni ecc.Infatti spesso nei modelli non è possibile risolvere tutte le equazioni alle derivate parziali di cui il sistema atmosferico è zeppo; spesso per pro-blemi di tempi di calcolo si ricorre a parametrizzazioni più o meno appros-simate, tagliando via processi e quindi perturbando maggiormente il sistema di quanto possa farlo un errore di arro-tondamento delle cifre.

Al giorno d’oggi, nell’era dei computer sempre più potenti e dell’ipertecnologica macchina delle previsioni del tempo, fatta di centinaia di processori che lavo-rano in parallelo per offrire il risultato di calcoli complessi in tempo utile per essere pubblicato sui giornali, vale la pena ricordare i limiti intrinseci di queste metodologie. Limiti teorici per cui ormai siamo sicuri che il sogno lagrangiano di predire l’esatto futuro di una particella nello spazio e per qualsivoglia tempo è di fatto irrealizzabile.

Per restare nell’ambito di casi a noi particolarmente vicini, consideriamo le previsioni del tempo fatte alle medie latitudini, e nello specifi co le previsioni del fl usso a 500mb; nell’arco temporale di 48 ore sappiamo che per la predizione di questa variabile possiamo trascurare il riscaldamento diabatico e la dissipazione per attrito. Rimane però fondamentale avere dei dati molto precisi sul trasporto del campo iniziale di vorticità, in quanto il fl usso a 500mb risulta molto dipenden-te da questa ultima variabile. Se comin-ciamo a desiderare previsioni superiori ai 2 giorni, ecco che altre variabili diventa-no fondamentali, ad esempio le sorgenti ed i pozzi di momento e di energia presenti non solo nella zona considerata ma anche in quelle immediatamente vicine. Andando sempre più avanti nel tempo, avremmo bisogno di dati su tutto il globo e a tutte le quote, ed anche di dati provenienti da tutti gli strati oceani-ci, così come dimostrato da Smagorinsky nel 1967.

Se anche la nostra rete di rilevatori fosse molto fi tta, diciamo un rilevatore ogni metro, su tutta la superfi cie terrestre, lun-go tutta la colonna troposferica e lungo tutta la colonna oceanica, le previsioni di natura modellistica non potrebbero spingersi più in là di 10-12 giorni. Come mai?

Ormai non è un mistero che i fl ussi atmosferici di quantità quali temperatu-ra, momento, umidità, ecc. avvengano all’interno di un sistema dinamico di natura caotica, che ben lungi dall’indica-re che le cose avvengono a caso,

signifi ca essenzialmente che piccole mantenendo costante quello di Y0, cioè Al giorno d’oggi, nell’era dei computer

QUELLO CHE I MODELLI NON DICONOdi Silvio Villa

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SIGNIFICATO TERMODINAMICO DELLA TEMPERATURAdi Giancarlo Modugno - Vice Presidente “InMeteo”, Fondatore del portale www.inmeteo.it

Con queste premesse risulta chiaro che un totale affi damento ai risultati dei modelli di previsione risulta un errore, ma allo stesso tempo essi sono l’unica arma, in alcuni casi molto effi cace, che abbiamo per strappare alla natura informazioni utili non solo per predire il futuro delle condizioni meteorologiche, ma anche per comprendere fenomeni che risulterebbero trop-po complessi per essere affrontati da un punto di vista analitico.

gli urti elastici e la quantità di moto non si conserva come dovrebbe fare per un corpo in equilibrio.

La temperatura, invece, identifi ca una coordinata del sistema termodinami-co (insieme a volume e pressione), precisamente anche lo stato energetico interno del sistema stesso (basti pen-sare che l’energia interna U è funzione della temperatura).

Ma quale signifi cato assoluto possia-mo dare a questa grandezza?

Partiamo dall’utilizzo empirico. È noto grazie alle leggi fi siche della termodi-namica che per misurare la tempera-tura di un corpo è possibile utilizzare un altro corpo che varia in una certa grandezza proporzionalmente alla variazione di temperatura stessa (ne è un esempio la dilatazione lineare dei metalli e dei liquidi, utilizzata nei ter-mometri ordinari). Allora chiameremo Г(t) la funzione della temperatura t e assumeremo che questa sia direttamen-

te proporzionale a t e allo stesso tempo la relazione sia di tipo lineare. In formule: Г(t) = k * t (1)con k costante empirica. Così facen-do potremmo utilizzare un punto di riferimento termodinamico (esempio il punto triplo dell’acqua, 0°C = 273,15 K) e associare un valore alla grandezza in modo tale da ricavare la costante. È chiaro che potremmo divertirci in mille maniere creando nostre scale termome-triche, ma è inutile complicarci la vita.

Per poter comprendere il signifi cato assoluto di questa grandezza bisogne-rebbe scomodare il secondo principio della termodinamica, il ciclo e il teore-ma di Carnot e fare delle considerazio-ni su tutto ciò.

Il secondo principio della termo-dinamica si basa su due enunciati, rispettivamente di Kelvin – Planck e di Clausius. Utilizzeremo soltanto il primo enunciato, il quale spiega che:

Affronteremo in questo articolo il si-gnifi cato termodinamico della grandez-za Temperatura.Innanzitutto defi niamo la temperatura come grandezza legata allo stato ener-getico di un determinato corpo preso in esame; vedremo più in là il signifi cato di temperatura assoluta.

Questa entità, molto utile in meteoro-logia, è differente dal calore, che nella maggior parte dei casi viene interpreta-to erroneamente come proprietà di un corpo o di un fl uido: il calore è energia in transito quindi non può essere posseduta ma solo scambiata (verso l’esterno o verso l’interno del sistema considerato). Per rendere meglio l’idea di calore bisognerebbe considerare il lato microscopico dello stato termodi-namico e concentrarsi sulle collisioni delle singole molecole per esempio tra quelle di un gas alla temperatura T1 e quelle di un gas alla temperatura T2: molecole più veloci (associate a tempe-rature maggiori) trasmettono l’energia (quindi il calore) attraverso

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ή = 1 – T2 / T1 (5)

Abbiamo detto che T2 < T1. Sarà neces-sariamente quindi ή < 1 .Possiamo uguagliare la (4) e la (5) ottenendo un’uguaglianza utile nelle tra-sformazioni reversibili (generalizzata dal teorema di Clausius, che non spieghere-mo in questa sede). In formule

Q2 / T2 = Q1 / T1 (6)

oppure

Q2 / Q1 = T2 / T1 (7)

Possiamo generalizzare dicendo che il primo rapporto è in funzione di due valori di temperatura, ovvero Q2 / Q1 = f ( t1, t2 ) (8)

Eseguiamo lo stesso ragionamento con un processo diverso ma con una sorgente identica, es T1 Q0 / Q1 = f ( t0, t1 ) (9)

E ancora in modo analogo Q2 / Q0 = f ( t0, t2 ) (10)

Utilizzando le proprietà fondamentali delle equazioni moltiplichiamo al nume-ratore e al denominatore di (8) per Q0

(Q2 * Q0) / (Q1 * Q0 ) =

(Q2 / Q0) * (Q0 / Q1) = f ( t0, t2 ) / f ( t0, t1 ) (11)

“è impossibile creare un processo il cui unico risultato sia la trasformazione completa di calore in lavoro”. Questo ci fa pensare che in un processo tipico (come i cicli, es. quello di Otto, di Carnot, di Stirling) una certa quantità del calore assorbito da una sorgente a temperatura elevata T1 dovrà esse-re scambiato con un’altra sorgente a temperatura più bassa T2.È per questo motivo che il rendimento di un motore qualsiasi non sarà mai uguale a 1.

Il rendimento è defi nito come il rap-porto tra il lavoro scambiato (anche il lavoro necessita questa terminologia) e il calore assorbito nel ciclo.

ή = L / Q (2)

Il lavoro è espresso, inoltre, come la somma dei calori scambiati (con il segno intrinseco)

L = Q1 + Q2 (3)

(Assumiamo che se la sorgente 2 è quella con cui interagisce il calore espulso allora Q2 è proprio quest’ultima grandezza)

Sostituendo la formula (3) nella (2) e manipolando algebricamente otteniamo

ή = 1 – Q2 / Q1 (4)

Si dimostra che nel ciclo di Carnot (co-stituito come in fi gura 1 da due trasfor-mazioni isoterme e da due trasformazio-ni adiabatiche) partendo dalla formula (4) si determina

Ma il primo membro dell’equazione (11) è proprio uguale al primo membro di (8), quindi possiamo eguagliare il secondo membro di (8) con quello di (11) sco-prendo quindi che la t0 non è assoluta-mente necessaria nei nostri calcoli quindi possiamo chiamare f ( t0, t1 ) = g ( t1 ) – cioè un’altra funzione però ristretta solamente ad una sola temperatura. Lo stesso per il termine al denominatore di (11)

Conclusione di questi semplici passaggi:

Q2 / Q1 = g ( t2 ) / g ( t1 ) (12)

Morale: i calori scambiati sono legati dalla relazione (12) e quindi se (12) = (7) allora è logico pensare che le temperature assolute misurate in kelvin ci riconducano al signifi cato assoluto di temperatura.

Inoltre se volessimo calcolare un qualsia-si valore di temperatura possiamo ricor-rere alla (7) e basarci come nell’esempio iniziale sull’esperienza empirica fi ssando un valore standard (esempio il punto triplo dell’acqua, 273,15 K )

Da qui T2 = Tpt*Q2 / Qpt (13)

Con Qpt il calore scambiato con una sor-gente a temperatura sul punto triplo della sostanza (nel nostro caso l’acqua).

INTERAZIONI TRA BLOCCHI ATMOSFERICI E I PATTERN NAO E PNA

di Paolo De Luca - Socio e Redattore “InMeteo”

INTERAZIONI TRA BLOCCHI ATMOSFERICI E I PATTERN INTERAZIONI TRA BLOCCHI ATMOSFERICI E I PATTERN INTERAZIONI TRA BLOCCHI ATMOSFERICI E I PATTERN INTERAZIONI TRA BLOCCHI ATMOSFERICI E I PATTERN

Prima di addentrarmi nella trattazione, mi preme fare un accenno su alcuni con-cetti fondamentali che vi aiuteranno nel-la comprensione di questo argomento.Un blocco atmosferico (blocking) è co-munemente riferito ad una interruzione del normale fl usso zonale (occidentale) da parte di un forte e persistente fl usso meridionale. La normale progressione del fl usso verso est è ostruita portando a episodi di condizioni meteorologiche estreme prolungate. La persistenza di queste condizioni, su scala temporale intrastagionale, va da diversi giorni a qualche settimana (solitamente se siamo di fronte a un tipico pattern, si può

avere un blocco di almeno 10 giorni) con presenza di anomalie termiche e di precipitazioni. Le due zone preferite per i blocking atmosferici sono il Nordest Atlantico e il Nord Pacifi co durante la stagione fredda nell’emisfero settentrio-nale.Per quanto concerne i due indici di riferimento trattati in questa argomen-tazione, rimando all’articolo di Matteo Minardi a pagina 10 del numero 2 del magazine dove viene spiegata nelle sue linee generali la NAO (Oscillazione del Nord Atlantico), mentre per il PNA mi limito a dare solo un accenno prelimi-nare.

Il pattern PNA (Pacifi c North American) nasce dalle fl uttuazioni della corrente a getto in uscita dal continente asiatico, la cui maggiore intensità porta alla fase positiva del pattern, caratterizzata da anomalie pressorie negative sul compar-to aleutinico del Nord Pacifi co, rimonta altopressoria sul Nord America occiden-tale (Montagne Rocciose incluse) con una conseguente risposta di ciclogenesi sul comparto nordorientale del continen-te americano. E’ proprio questa cicloge-nesi che forza la risalita dell’Anticiclone delle Azzorre e quindi la formazione di blocking nel Nord Atlantico.

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Chiaramente la fase negativa del PNA vedrà anomalie inverse e quindi attività depressionaria in pieno Atlantico.

La domanda che ci si pone in questo articolo è la seguente: come e fi no a che punto i blocchi infl uenzano la variabilità dei pattern e viceversa? Una ragione per questo tipo di considera-zione è basata sugli studi delle dinami-che di formazione della NAO (Bene-dict e altri, 2004; Feldstein, 2003) e del PNA (Feldstein, 2002). Questi hanno accentuato l’importanza dell’evoluzio-ne di processi non lineari per i cicli di vita della NAO e di processi fonda-mentalmente lineari per i cicli vitali del PNA. Inoltre, hanno precisato l’impor-tanza delle onde a scala sinottica nella formazione delle fasi opposte della NAO che o risultano cicloniche (NAO negativa) o anti-cicloniche (NAO positiva). Poiché la fl uttuazione di queste onde può infl uenzare la forma-zione dei blocchi, una connessione coi blocchi atmosferici appare plausibile e si può teorizzare che il ciclo di vita di un blocco giochi un ruolo importante nei grandi processi di formazione del NAO/PNA.Una esplicita co-variabilità tempo-rale è stata scoperta tra i valori degli indici NAO (PNA) e la frequenza dei blocking da un lato, e la loro durata nel bacino dell’Atlantico (Pacifi co) dall’altra (nella fi g. 1 viene mostrato il grafi co solo per la NAO negativa).

È stato appurato che le regioni tipiche di genesi e disgregazione dei blocking durante gli opposti pattern cambiano notevolmente (fi g. 2).

Fig. 1. Comparazione tra la frequenza media mensile regionale dei blocking (in grigio scuro) nell’Atlantico Occidentale (55°-65° N, 70°-50° W) e il corri-spondente indice NAO negativo (in grigio chiaro)

relazione esistente tra i blocking atmosferici e i cicli climatici dominanti sia nell’Atlantico sia nel Pacifi co e confermano l’esistenza di una relazio-ne di causa/effetto nel Nord Atlantico. La capacità dei blocking atmosferici di formarsi in particolari fasi negative può avere considerevoli implicazioni sui modelli di previsioni stagionali e climatici.

Si ringrazia Tommaso Intini per il pre-zioso contributo nella traduzione della nota bibliografi ca di seguito riportata.

Bibliografi a:American Meteorological Society Journals - BLOCCHI ATMOSFERI-CI – LA LORO INFLUENZA SULLA NAO E IL PNA Croci-Maspoli, M., Schwierz, C., and Davies, H.C. Istituto per la Scienza del Clima e del-l’Atmosfera, ETH Zurigo, Svizzera.

Fig. 1. Comparazione tra la frequenza media mensile regionale dei blocking (in grigio scuro) nell’Atlantico Occidentale (55°-65° N, 70°-50° W) e il corri-

Mentre i blocchi che iniziano nella fase NAO positiva mostrano una circoscritta area di genesi intorno alla Nuova Scozia e si dissolvono sul Nord Europa, la loro controparte negativa si forma in una non ben defi nita regione comprendente la vasta zona intorno allo Stretto di Davis con una disgrega-zione nella stessa regione. La forma-zione di blocking nel Pacifi co è note-volmente favorita durante la fase PNA negativa (87 formazioni) se comparata alla fase PNA positiva (33 formazioni). Associata a queste variazioni dei luo-ghi di genesi e disgregazione troviamo una marcata variazione nella direzione, velocità e lunghezza delle formazioni di blocking.Le scoperte di questo studio danno ancora maggiore importanza alla forte

Fig. 2. Distribuzione della genesi dei blocking invernali (pallini scuri) e della loro disgregazione (pallini chiari) con la loro direzione durante la NAO- (sopra) e la NAO+ (sotto) nella regione atlantica. Sono rappresentate solo le direzioni, con la genesi nella corrispondente fase dell’ indice. La sfumatura di colore indica le 4 partizioni dei valori-indice. Blu: NAO < -0,34, PNA < -0,39; verde: NAO < 0, PNA < 0; arancione: NAO > 0, PNA > 0; rosso: NAO > 0,52, PNA > 0,52.

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Molto raramente si legge in alcu-ne analisi meteorologiche la parola “entropia”, la quale sembra debba assecondare la tendenza dell’atmosfera a comportarsi obbligatoriamente in una certa maniera.

L’entropia deriva dal greco e signi-fi ca “trasformazione” e al limite rappresenta la tendenza dell’universo (inteso come l’insieme del sistema termodinamico e dell’ambiente con cui interagisce) a raggiungere una specie di equilibrio. Non è un caso che questa proprietà venga nominata anche nel processo di espansione dell’universo intero (qui inteso come insieme di galassie, stelle e pianeti), anche se è una sola delle teorie legate alla crescita dell’universo stesso.

In termodinamica si ricorre al secondo principio per poter spiegare quantitati-vamente questa proprietà. Nell’articolo sulla Temperatura (vedasi questo stesso numero) abbiamo citato il teorema di Clausius, il quale si esprime con la seguente formula:

Σi (Qi / Ti ) ≤ 0 (1)

Ovvero la sommatoria dei rapporti tra i calori scambiati con le relative sorgenti in una macchina (termica o frigorifera che sia) è sempre minore o uguale a zero. La sommatoria sarà uguale a zero soltanto in caso di processi reversibili; sarà minore di zero in caso di processi irreversibili (cioè quelli che si verifi ca-no in natura).

Immaginiamo due stati termodinamici (rispettivamente A con la sua tempe-ratura, volume e pressione, e B) e due trasformazioni percorse rispettiva-mente da A a B (linea blu del grafi co) e da B ad A (linea rossa del grafi co) e ipotizziamo che queste trasformazioni siano reversibili (cioè si possa operare in modo tale da evitare dispersioni di calore e si possa ritornare facilmente allo stato iniziale senza aver perso nulla).

La (1) è esprimibile anche come un integrale chiuso tra A e B (per i non

simpatizzanti con la matematica equi-vale a dire che si calcola una somma infi nita di rettangolini sottilissimi alti quanto l’altezza delle linee del grafi co) e vale lo stesso la relazione suddetta; quindi questo integrale sarà uguale a zero in caso di reversibilità. Ciò è molto interessante in quanto in questo modo possiamo separare gli integrali “rosso” e “blu” con una differenza (questo perché stiamo effettuando un ciclo e l’integrale “percorso” verso destra - linea blu - è assunto positivo, viceversa per il ritorno verso sinistra). Se chiamiamo il primo integrale come Sb e il secondo come Sa abbiamo ot-tenuto una variazione tra due quantità fi nite nell’universo.

∫ dQtot / T =∫ dQab/T - ∫ dQba/T = Sb – Sa = 0 (2)

Quindi Sb = Sa. Chiameremo Si proprio la grandezza “Entropia”. Da quanto evidenziato nella (2) abbiamo compreso che in un ciclo reversibile l’entropia si è conser-vata. Ma cosa accade nella realtà?

Come abbiamo già detto, nella realtà ritroviamo cicli e trasformazioni irreversibili e si dimostra che la (2) diventa Sb – Sa > 0 (3)

Cioè Sb > Sa e qualitativamente l’entropia dell’universo è aumentata. Sorprendente? Ancora non molto.

Non riusciamo bene a capire, però, se l’entropia è la “tendenza” al-l’equilibrio allora perché quest’ulti-ma aumenta?

Immaginiamo due sorgenti di calore reali (quelle teoriche hanno capacità termica infi nita e temperatura sempre costante) a temperature diverse, messe a contatto tra di loro e isolate dal resto dell’universo.Ricordiamo che la variazione di entropia dell’universo è la somma della variazione di entropia dell’ambiente e della variazione di entropia del sistema preso in esame.

Date le nostre ipotesi iniziali, le due sorgenti possono interagire solo tra di loro, quindi quella a temperatura maggiore scambia calore Q1 alla sua temperatura T1 e in questo caso l’in-tegrale è facilmente calcolabile perché la trasformazione è isoterma e quindi ∆S1 = - Q1 / T1 (il segno meno perché la sorgente cede calore); in generale il calcolo risulta leggermente più compli-cato e non sempre realizzabile come in questo esempio.La sorgente a temperatura minore T2, invece, assorbe lo stesso calore Q1 ceduto dalla prima sorgente, quindi ∆S2 = Q1 / T2.

L’entropia dell’universo sarà data dalla somma di ∆S1 e ∆S2 e sarà sempre po-sitiva (provate con qualche esempio). Essa si misura in Joule / Kelvin.

Nella realtà, però, queste due sorgenti tenderanno ad esaurire il loro “carbu-rante” e quindi alla fi ne l’equilibrio sarà d’obbligo.

Perché allora viene utilizzata l’entro-pia nelle analisi meteorologiche?

Quando questa espressione viene usata (molto raramente a dir la verità) è chiaro che sono stati presi in esame due sistemi che stanno interagendo tra loro e che dovrebbero alla fi ne esaurire il loro comportamento entro un certo tempo. La complessità della circolazio-ne atmosferica, però, vi farà compren-dere quanto sarà diffi cile il vero cal-colo dell’entropia totale. In compenso sappiamo che essa starà sicuramente aumentando (occhio, dipende da quale universo state considerando!!!).

simpatizzanti con la matematica equi- Date le nostre ipotesi iniziali, le due

L’ENTROPIAdi Giancarlo Modugno - Vice Presidente “InMeteo”, Fondatore del portale www.inmeteo.it

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URAGANOdi Rosetta Onorati

MECCANICA

Gli uragani si formano principalmente ai tropici, quando le acque dell’ocea-no cedono aerosols d’acqua e calore all’atmosfera, producendo una certa quantità d’aria calda e umida al di sopra della superfi cie. L’aria calda sale in atmosfera, essa ha un certo contenu-to di vapore acqueo che nell’atmosfera condensa formando grosse nubi colme di pioggia. La condensazione del vapore acqueo contenuto nell’acqua in atmosfera libera calore, e tale calore fa sì che l’aria che si trova all’interno delle nubi continui a salire nell’alta atmosfera. Quest’aria che sta salendo grazie alla liberazione del calore crea nell’area sottostante ad essa una zona di bassa pressione proprio sotto le nubi cariche di pioggia; a tale minimo di pressione va a convergere altra aria calda ed umida che proviene dalle aree circostanti a questa. Questo partico-lare e ripetuto movimento all’interno della massa d’aria considerata fa sì che salgano enormi quantità di calore, d’acqua e d’aria verso l’alta atmosfe-ra. Il trasporto verso l’alto fa sì che la convergenza nel centro della massa d’aria va aumentando accrescendo di conseguenza l’intensità della tempesta, che comincia a vorticare a causa della rotazione terrestre. Tale processo si evolve molte velocemente nel tempo, cosicché la tempesta s’intensifi ca sem-pre di più assumendo la forma classica dell’occhio:

L’occhio del ciclone in particolare è formato da un centro di rotazione dove sovrana il minimo di pressione, questo a sua volta è circondato da una parete, rotante anch’essa, più esterna all’occhio, in cui i venti ruotano ad alta velocità. La tempesta che era è diventata fi nalmente un uragano. Nel frattempo l’aria che sale, più calda avendo perso gran parte dell’umidità, non può più salire poiché la tropopausa funge in questo caso da vero e proprio “tappo”, facendo sì che l’aria più secca ricada nell’occhio dell’uragano o all’interno delle nubi rotanti, mentre il resto dell’aria continua a vorticare e discende dal centro dell’uragano verso la superfi cie.

Tutto questo movimento complicato però non è stabile, ma l’uragano grazie alle correnti d’aria, e di esse se ne parla a scala globale, lo spostano segnandogli un suo percorso.

MORFOLOGIA E GEOGRAFIAGli Stati Uniti, il Canada ed il Messico, ogni anno sono scenario di spettacolari e devastanti catastrofi , se così si possono defi nire, le cui cause sono la morfologia del territorio e la posizione e forma geo-grafi ca di questi stati, il cui risultato è un clima che si alterna in momenti tempera-to e mite e in momenti quasi catastrofi ci, un misto di piogge torrenziali, tornado, uragani e forti tempeste nevose. La strut-tura morfologica dell’america del nord è caratterizzata da due importanti strutture montuose: gli Appalachi ad est, e le Montagne Rocciose ad ovest, allineate da nord verso sud, al cui centro vi è una vasta area pianeggiante.

Questo tipo di struttura è determinata da un lungo susseguirsi di separazioni e collisioni di grandi aree nella crosta terrestre, ma di questo se ne occupa la teoria della tettonica a zolle. Inoltre gli Stati Uniti sono totalmente circondati da Oceani, i quali hanno un grande ruolo nella formazione di potenti ura-gani che nascono proprio dalle acque oceaniche, per poi prender forza e morire nell’entroterra.

Quello di cui ci occuperemo è di uno dei più grandi risultati di questo tipo di morfologia, e quindi del clima nord americano e della sua meteorologia. In queste zone il clima è ovunque temperato, ad esclusione dell’Alaska, che fa parte del circolo polare artico, e quindi ha un clima differente. Il clima presenta delle evidenti variazioni do-vute alla disposizione delle montagne nei meridiani, e al differente ruolo che hanno gli oceani che bagnano queste terre. La parte centrale del Paese non ha evidenti sbarramenti orografi ci, quindi è esposta con facilità sia dal-l’aria polare proveniente da nord, che riesce a spingersi fi no al meridione, e dall’aria calda ed umida dei tropici che riesce a portarsi fi no alle terre del nord. Le regioni Atlantiche sono general-mente esposte ai fl ussi subtropicali, che rendono un clima mite per esempio in fl orida, ma a nord, nei pressi di New York, i fl ussi continentali rendono il clima più burbero.

Le zone che vanno da nord a sud del lato Californiano, presentano un clima differente dal lato orientale dello stato, in quanto le correnti occidentali oceaniche rendono il clima umido e piovoso nel nord, e simile mediterra-neo più a sud. Nella parte centrale che si estende dalle pianure fi no alle catene montuose, il clima è desertico. Quindi in questi Paesi vi è un mix di tutti i climi presenti al mondo. La fenome-nologia meteorologica negli U.S.A. è assai importante in quanto determinata da due fenomeni principali: gli Alisei, cioè aria calda e umida che si sposta da nord-est a sud-ovest dell’equatore (30°), e la corrente a getto, che spira da ovest verso est in stratosfera.

MORFOLOGIA E GEOGRAFIAGli Stati Uniti, il Canada ed il Messico, ogni anno sono scenario di spettacolari e devastanti catastrofi , se così si possono defi nire, le cui cause sono la morfologia del territorio e la posizione e forma geo-grafi ca di questi stati, il cui risultato è un clima che si alterna in momenti tempera-to e mite e in momenti quasi catastrofi ci, un misto di piogge torrenziali, tornado, uragani e forti tempeste nevose. La strut-tura morfologica dell’america del nord è caratterizzata da due importanti strutture montuose: gli Appalachi ad est, e le Montagne Rocciose ad ovest, allineate da nord verso sud, al cui centro vi è una vasta area pianeggiante.

temperato, ad esclusione dell’Alaska, che fa parte del circolo polare artico, e quindi ha un clima differente. Il clima presenta delle evidenti variazioni do-vute alla disposizione delle montagne nei meridiani, e al differente ruolo che hanno gli oceani che bagnano queste terre. La parte centrale del Paese non ha evidenti sbarramenti orografi ci,

Le regioni Atlantiche sono general-mente esposte ai fl ussi subtropicali, che rendono un clima mite per esempio in fl orida, ma a nord, nei pressi di New York, i fl ussi continentali rendono il clima più burbero.

Le zone che vanno da nord a sud del lato Californiano, presentano un

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Tale corrente generalmente si trova sopra il confi ne col Canada, portando aria umida dal Pacifi co nelle zone più interne; mentre negli stati occidentali prevalgono le masse d’aria umida provenienti dal Messico. Durante l’in-verno tutto il sistema si sposta a nord con conseguente formazione di nuvole e pioggia sull’Alaska. Proprio questa variazione stagionale della corrente a getto è causa della formazione di veri e propri cataclismi: tornado nelle zone centrali dove si vanno violentemente a scontrare le due masse d’aria princi-pali con caratteristiche idrometriche e termometriche diverse, del Canada e del Messico; piogge torrenziali nel golfo del Messico; gli Uragani, che si verifi cano alla fi ne dell’estate, dovuti alle masse d’aria calde provenienti dall’oceano atlantico che si sposta-no durante l’inizio dell’autunno a sud-ovest. Inoltre il raffreddamento dell’aria del golfo è causa delle forti nevicate che investono gli Stati Uniti durante l’inverno.

DEVIARNE IL PERCORSO

Ross N. Hoffman, vicepresidente per la ricerca e lo sviluppo della AER (atmospheric and environment resear-ch di Lexington, Massachussets) stà portando avanti già da qualche anno un progetto molto ambizioso, che potreb-be essere la scoperta del secolo, nel vero senso della parola. Le gigantesche bufere e gli uragani che ogni anno si abbattono sulle coste americane, cau-sando tragiche devastazioni ed ingenti danni anche al livello economico, hanno portato a pensare di riuscire a deviarne il percorso, o addirittura bloc-carne la crescita. Prima di arrivare ad un controllo degli uragani, è indispen-sabile conoscere la dinamica e la fi sica della tempesta nei minimi particolari. Le simulazioni che vengono effettuate lasciano credere che un giorno si potrà intervenire sugli uragani. Anzi si è scoperto che proprio quell’ elemento che rende così diffi cili le previsioni del tempo, cioè l’estrema sensibilità dell’atmosfera a stimoli anche minimi, “butterfl y effect”, potrebbe risultare in-dispensabile nel controllo delle tempe-ste. L’obbiettivo del gruppo di ricerca è quello di capire se piccoli cambiamenti delle condizioni iniziali della tempesta, considerata come un sistema caotico, può infl uenzare la sua traiettoria o la sua intensità. Si è paragonata la tem-pesta ad un sistema caotico, in quanto questo sembra comportarsi in

modo casuale, ma in realtà segue delle precise regole deterministiche, quindi è fortemente infl uenzato dalle condizioni iniziali, che posso essere nel caso di un uragano, l’umidità, la temperatu-ra, la posizione della corrente a getto etc…dunque piccole differenze in questi parametri potrebbero infl uenzare drasticamente la traiettoria e la potenza della perturbazione.

Quello che stà cercando di dimostrare Hoffman col suo gruppo, attraverso dei modelli che riproducono uragani del passato, è che variando la temperatura si potrebbe deviare prevedibilmente il percorso di un uragano o addirittura rallentare i suoi venti. In che modo si possono cambiare le condizioni iniziali per alterare un uragano? Gli interventi suggeriti dai modelli sono vari. Uno è quello di inseminare le nubi con ioduro di argento, provocando delle precipi-tazioni che toglierebbero all’occhio dell’uragano, elemento chiave di una tempesta tropicale, quell’ acqua neces-saria per svilupparsi ed intensifi carsi. Un’altra ipotesi è quella di cospargere olio biodegradabile lungo il percorso di un uragano per limitare l’evaporazione, che è la principale fonte di energia.

Oppure progettare stazioni orbitanti alimentate ad energia solare, fornite di specchi che deviano la luce solare,

e celle fotovoltaiche che catturano que-sti raggi, li trasformano in energia che viene distribuita sulla terra come fasci di microonde a lunghezze d’onda as-sorbite dal vapore acqueo che si trova all’interno della tempesta. Le microon-de fanno vibrare la molecole del vapo-re che riscalda l’aria circostante, con l’effetto di uno spostamento e di un in-debolimento dell’uragano. Chiaramen-te è ancora in via di studio, e prima di poter effettivamente pensare di riuscire a deviare il percorso di un uragano ci sarebbero non pochi problemi di carattere politico da risolvere. L’altera-zione del tempo atmosferico potrebbe far gola a qualcuno che tenterebbe di usarlo per scopi meno benefi ci. In ogni caso, come dice Hoffman, “se la comprensione della fi sica delle nubi e la sua simulazione digitale progredisce rapidamente, gli esperimenti di prova potrebbero essere effettuati nel giro di 10-20 anni. E se avessero successo il controllo del tempo atmosferico su scala più vasta potrebbe diventare un obiettivo ragionevole, che tutti gli stati del mondo potrebbero adottare”.

Bibliografi a: riviste “scientifi c ame-rican”, “le scienze”; Immagini prese dal web

Immagine uragano Emily – luglio 2005 – Città del Messico

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LE RESPONSABILITA’ DELL’UOMO NEL CAMBIAMENTO CLIMATICO.

della Dott.essa Annalisa Muschitiello - Socia e Redattrice InMeteo

Il “clima” è una convenzione che deriva dall’osservazione statistica, nel lungo periodo, dei fenomeni elementari che lo compongono, ossia la tempera-tura, l’umidità, la pressione e i venti, relativa ad una località precisa o ad un territorio più vasto, sino ad arrivare al clima globale, della Terra.

Esso è determinato da fattori esterni e fattori interni al nostro pianeta: i primi sono il sole e la rotazione terrestre; i secondi corrispondono principalmente, all’atmosfera, agli oceani, ai ghiacciai, alla vegetazione, ai mari interni, ai la-ghi, ai fi umi, ai vulcani e all’orografi a. La Terra è continuamente esposta alle radiazioni solari che portano energia sotto forma di luce e trasmissione di calore. Ma, di tutta l’energia solare che raggiunge la Terra, una parte è rifl essa nello spazio dalle nubi e dal vapore acqueo contenuto nell’atmosfera; un’altra parte viene rifl essa dalla super-fi cie terrestre e quella che rimane sulla Terra viene assorbita dalla superfi cie terrestre e dagli oceani.

L’energia solare che arriva sul pianeta è trasmessa attraverso il calore e scalda la terra e l’aria, fa evaporare l’acqua o scioglie la neve e fonde i ghiacciai.Parte di questo calore viene rinviato verso lo spazio ma è assorbito dal vapore acqueo e da alcuni gas che compongono l’atmosfera (tra cui spicca l’anidride carbonica), i quali lo emettono nuovamente in tutte le dire-zioni, contribuendo al riscaldamento della superfi cie terrestre e dell’atmo-sfera: questo è il fenomeno fi sico noto come “effetto serra”.In altri termini, la Terra rimanda verso lo spazio parte dell’energia ricevuta dal sole, ma i gas serra presenti in atmo-sfera, rimandano questa energia verso la Terra, permettendo un incremento di temperatura di ben 33ºC.L’effetto serra è, quindi, innanzitutto un fenomeno naturale ed è essenziale per la vita sul nostro pianeta.

Ovviamente, le diverse regioni non presentano la stessa temperatura nelle diverse stagioni dell’anno a causa di vari fattori legati al rapporto Terra-Sole e ad altre variabili.I gas serra differiscono tra loro nella capacità di intrappolare l’energia che va dalla Terra verso lo spazio, ovvero hanno un diverso fattore di assorbi-mento dell’energia irradiata (Radiacti-ve forcing). I principali gas ad effetto serra, ossia quelli previsti dal Protocol-lo di Kyoto, sono quattro:anidride car-bonica (CO2), metano (CH4), protossi-do di azoto (N2O), esafl uoruro di zolfo (SF6) e, in più, due famiglie di gas che sono, esattamente, gli idrofl uorocarburi (HCFC) e i perfl uorocarburi (PFC).

Alcuni organismi (tra cui le piante), grazie al processo di fotosintesi, com-binano l’anidride carbonica (CO2) e l’acqua (H2O), in presenza di energia solare, per trasformare le molecole di carbonio in molecole di glucosio e poi ancora in molecole più complesse.D’altra parte, il carbonio viene emesso in atmosfera sotto forma di anidride carbonica, attraverso la respirazione di piante e animali.Questo bilancio tra emissioni e as-sorbimento sarebbe approssimamene in pareggio, in assenza di attività antropica. Le emissioni antropiche di anidride carbonica sono legate all’uso di fonti di energia fossile, ai fenomeni di defo-restazione (che riduce l’assorbimento di CO2) e al cambiamento d’uso delle superfi ci agricole.Il metano è il prodotto naturale della degradazione di materiale organico in ambiente anaerobico (in assenza di ossigeno).Le principali fonti di emissione antro-piche di metano sono la produzione di gas naturale e le perdite di metano derivate dalla fase di approvvigiona-mento delle fonti fossili.Il protossido di azoto (N2O) ha una bassa concentrazione in atmosfera, tuttavia, ha un’elevata capacità di agire quale gas serra.

Le principali attività umane che pro-ducono N2O vanno ricercate nell’uso indiscriminato di fertilizzanti in agri-coltura e in una serie di produzioni industriali.Le emissioni di esafl uoruro di zolfo, invece, dipendono dall’industria elet-trica e dalla produzione di magnesio. Gli idrofl uorocarburi e i fl uorocarbu-ri sono composti chimici contenenti carbonio, cloro, fl uoro, iodio o bromo; la crescita dei primi è dovuta al fatto che essi sostituiscono molti cloro-fl uorocarburi, la cui riduzione è stata sottoscritta dal Protocollo di Montreal, per ovviare al problema dell’assot-tigliamento della fascia di ozono. Le emissioni dei secondi sono invece, legate ad alcuni processi industriali.

Gli scienziati sono unanimi nel ritenere che aumenti di emissioni di origine antropogena siano la causa degli au-menti delle concentrazioni di gas serra in atmosfera; mentre più complessa e attaccabile è la relazione tra concen-trazioni di gas serra e aumento della temperatura, dal momento che la Terra ha conosciuto diversi climi nella sua lunga storia.Tuttavia, tale relazione è evidente dai dati forniti dai carotaggi, attraverso i quali si deduce che durante i periodi glaciali, i livelli di concentrazione di CO2 e di CH4 erano inferiori rispet-to ai livelli dei periodi interglaciali. Pertanto, il forte grado di correla-zione tra concentrazione di gas serra e temperatura che si riscontra negli ultimi centosessanta mila anni sta alla base dei cambiamenti climatici dovuti all’attività antropogenica.

Le attività antropiche che contribui-scono ad accentuare l’effetto serra riguardano le emissioni di gas serra, mediante il consumo e la combustione di fonti fossili; produzioni industria-li; l’agricoltura e l’allevamento e la progressiva riduzione delle superfi ci forestali.

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LE RESPONSABILITA’ DELL’UOMO NEL CAMBIAMENTO CLIMATICO.

della Dott.essa Annalisa Muschitiello - Socia e Redattrice InMeteo

Qui di seguito, vengono riportati gli effetti del cambiamento climatico.1. Aumento della temperatu-ra sulla superfi cie terrestre: modelli matematici indicano un aumento della temperatura globale, di 2ºC tra il 1990 e il 2100, in assenza di misure di con-tenimento delle emissioni. 2. Incremento globale delle piogge: la maggiore temperatura favo-risce l’evaporazione dell’acqua. Tut-tavia, in alcune aree si potrebbe avere un aumento della siccità in determinate stagioni.3. Riduzione della calotta di ghiaccio del Polo Nord, a causa della maggiore temperatura e della minore produzione di ghiaccio. (Cambiamenti di questo tipo sono meno probabile al Polo Sud, data la diversa circolazione oceanica).4. Incremento del livello marino, data l’espansione fi sica degli oceani e il maggior apporto di acqua dai ghiac-ciai in scioglimento, con conseguente arretramento delle coste.A questi effetti certi, se ne aggiungono effetti probabili, come l’aumento degli uragani, l’aumento della variabilità cli-matica e mutamenti climatici regionali, diversi da quelli globali.L ’importanza di questo problema ha condotto all’esigenza di attuare strategie e programmi internazionali di intervento.Nel 1988, il Programma Ambientale delle Nazioni Unite (Unep) e l’Orga-nizzazione mondiale per la Meteorolo-gia (Wmo) diedero vita all’ “Ipcc”, allo scopo di informare l’opinione pubblica e i politici di ciò che i ricercatori stavano scoprendo sul cambiamento climatico.Nel 1992, durante la Conferenza di Rio de Janeiro, fu fi rmata la “Convenzione Quadro” relativa al tema sui cambia-menti climatici.Tale Convenzione ha fi ssato obblighi diversi per tre gruppi di paesi:ai paesi Annex I (paesi industrializzati e in via di transizione), chiede di adot-tare misure che riportino le emissioni antropogeniche di CO2 e di altri gas serra ai livelli del 1990. Essi sono inoltre tenuti a comunicare tali valori, al Segretariato delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), il quale, a partire da questi dati, elabora un documento che offra una visione di insieme sulla situazione delle emissio-ni.Ai paesi Annex II (solo i paesi indu-strializzati) chiede il trasferimento di tecnologie pulite verso i paesi in via di

sviluppo, classifi cati dalla convenzione come “Non Annex”.La Conferenza delle Parti (Cop) ha il compito di verifi care se i paesi rispetta-no o meno gli impegni presi.

Nel 1997, durante la Conferenza di Kyoto, attraverso il Protocollo, i paesi industrializzati e quelli in via di tran-sizione (Annex I) si sono impegnati a ridurre complessivamente del 5% le emissioni dei principali gas serra entro il 2010.Questa riduzione, però, non si ottie-ne in modo omogeneo: alcuni paesi dovranno ridurre le loro emissioni rispetto a quelle del 1990; altri potran-no stabilizzarle, altri ancora potranno aumentarle, mentre nessuna limitazio-ne è posta ai paesi in via di sviluppo affi nché la loro crescita socio-econo-mica non venga frenata.

Il Protocollo di Kyoto, inoltre, intro-duce la novità dell’ “Implementazione congiunta”, ossia la collaborazione tra un paese industrializzato, che ha obbligo di riduzione ed un paese in via di sviluppo. In tal modo, il paese indu-strializzato riduce le proprie emissioni a minor costo, mentre il paese in via di sviluppo incrementa la possibilità di cooperazione tecnologica.

Il Protocollo di Kyoto introduce anche la novità del “Commercio dei permes-si” (Tradable permits), che consiste nella cessione da parte di un paese e acquisto da parte di un altro, dei diritti di emissione. Ciò signifi ca che se un paese riesce a ridurre le proprie emis-sioni in misura maggiore rispetto alla quota assegnata, può vendere la rima-nente parte delle emissioni consentite, ad un altro paese che invece non è in grado di raggiungere l’obiettivo che gli spetta.

Il tema del cambiamento climatico è serio, copre diverse aree disciplinari e le azioni che i paesi devono compiere sono costose e interdipendenti; pertan-to tale problema è diffi cile da risolvere ma, ciò nonostante, si sta lavorando molto nella ricerca di fonti rinnovabili, alternative, meno inquinanti e, soprat-tutto nell’opera di sensibilizzazione pubblica.

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PARCO NAZIONALE DEL GARGANO E RISERVA MARINADELLE ISOLE TREMITI

di Giuseppe Di Viesti - Socio InMeteo

Il Parco nazionale del Gargano è stato istituito con l’articolo 34 della legge 6 dicembre 1991 n. 394. Si estende per 121.118 ettari (una delle aree protette più estese). Fanno parte del parco le quattro isole Tremiti (riserva marina). I Comuni compresi nel suo territorio sono: Apricena, Cagnano Varano, Carpino, Ischitella, Isole Tremiti, Lesina, Mattinata, Manfredonia, Monte Sant’Angelo, Peschici, Rignano Garganico, Rodi Garganico, San Giovanni Rotondo, San Marco in Lamis, San Nicandro Garganico, Serracapriola, Vico del Gargano, Vieste.

Il Parco Nazionale del Gargano è, sicuramente, una delle aree protette più a rischio d’Italia. Dal 1991, hanno di istituzione dell’area protetta, quasi ogni anno si è assistito alla decretazioni di nuove perimetrazioni sempre più restrittive, partendo da quella varata nel 1993, poi “rivista” nel 1994 e infi ne sancita nel 1995. E’ andata a fi nire che aree di inestimabile valore ambientale, quali quelle di Pugnochiuso e Lesina, non sono rientrate nell’area protetta. Oggi siamo così arrivati a “soli” 121.000 ettari circa, tanti se paragonati a quelli di altri parchi, pochi per un lavoro serio ed omogeneo su un’area a rischio come il Gargano. Infatti quando si parla di Gargano si pensa quasi immediatamente a villaggi di pescatori, falesie che precipitano verticali fi no al mare, insenature e piccole cale sabbiose. E poi si scopre che sono proprio queste quelle che sono state tagliate fuori dall’area protetta. Per fortuna non è però stato tagliato il cuore antico del Gargano, la Foresta Umbra.

Ma il bosco non è l’unico ambiente del parco. L’area protetta ne conta ben 12 e cioè: il bosco, la duna, la macchia mediterranea, i coltivi, i pascoli, le rupi, la steppa, le zone carsiche, i laghi, le paludi, le coste, le isole . Anche in questo caso poche altre zone possono vantare una tale varietà di ambienti in un territorio tanto limitato. Sono davvero tante le specie botaniche presenti: 2.200, che rappresentano il 35% di quelle italiane. La fauna ha il suo “eroe”: è il capriolo, che forse dovrebbe essere indicato come “capriolo garganico” essendo la specie autoctona e diversa rispetto a quella

alpina. Anche dal punto di vista geologico l’altipiano calcareo della zona occidentale del Gargano ha il suo primato: la dolina Pozzatina.

C’è da chiedersi, a questo punto, il perché di così tanti primati, rarità, ambienti. La spiegazione è semplice, basta guardare la posizione del promontorio e considerarlo come un ponte tra le coste italiane e quelle balcaniche, tra la natura del Mediterraneo e quella dell’Europa. In effetti il Gargano è proprio ciò che resta di questo ponte di terra che, in epoche passate, esisteva realmente e sul quale transitarono specie fl oristiche e faunistiche mescolandosi fra di loro. Il successivo “isolamento” del promontorio, chiuso come un’isola dal mare su tre lati e dal Tavoliere sul quarto, fece si che questo divenisse un’unità biogeografi ca del tutto autonoma. Quindi, se i primati vanno considerati come le “punte di diamante” del nuovo parco si deve però tener presente che qui è speciale anche ciò che è normale.

I Boschi

Si tratta di grandi boschi di faggi, lecci, cerri, castagni e, a volte associati a aceri, olmi, frassini, carpini e roverelle che si distribuiscono nell’area più interna dei promontorio con le foreste di Ischitella, Manatecco, Ginestra, Sfi lzi, Umbra, Bosco Quarto, Umereta delle Ripe, lacotenente, Monte Sant’Angelo, Monte Sacro e Spina Pulci. Il sottobosco è popolato da numerose essenze: felci, agrifoglio, rovi, rose canine, ciclamini, funghi eduli e velenosi ecc… In tutte queste zone è possibile osservare il fenomeno del macrosomatismo, ossia una crescita abnorme delle specie vegetali, imbattendosi, così, in certi esemplari di faggi e lecci di dimensioni monumentali. Ricordiamo il leccio, alto 17 metri e con 5 di diametro, presso il convento dei Cappuccini a Vico del Gargano o il faggio, alto più di 40 metri, nei pressi del laghetto della Foresta Umbra.

alpina. Anche dal punto di vista I Boschi

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PARCO NAZIONALE DEL GARGANO E RISERVA MARINADELLE ISOLE TREMITI

di Giuseppe Di Viesti - Socio InMeteo

Latifoglie

- Acero di monte (Acer Pseudoplata-nus). Famiglia Aceraceae. Caratteristi-che: E’ il più grane Acero europeo. In Italia manca solo in Sardegna. Albero che può raggiungere i 35 m. Tronco diritto e rivestito da una corteccia di color grigio-brunastro. Foglie caduche, con lamina palmato-lobata e margine seghettato; di color verde scuro sulla pagina superiore, verde grigiastro in quella inferiore. Fiori riuniti in infi orescenze a grappolo pendulo Frutti caratterizzati da due protuberanze a forma di ala per essere trasportati dal vento. Risulta interessante anche per la forestazione.- Carpino nero (Ostry carpinifolia). Famiglia Corylaceae. Caratteristiche: Il Carpino nero o Carpinella, pianta originaria dell’Europa sud-orientale, si trova in un vasto areale che va dalla Francia meridionale, all’Italia, Balcani fi no al medio Oriente e al Caucaso. Presenta elevata adattabilità ecolo-gica, e in Italia è diffuso nelle zone collinari e montane fi no a 1300 metri. Alto fi no a 15 metri, presenta chioma piramidale leggera e verde chiaro, con palchi orizzontali. Tronco diritto, a volte policonico, con corteccia bruna, rugosa e screpolata in piccole placche rettangolari. Foglie decidue, alterne, picciolate, con lamina ovata, apice acuminato e parte basale arrotondata, doppia seghettatura. Le infi orescenze maschili (amenti) sono lunghe fi no a 10 cm, quelle femminili (spighe) sono più corte. Fiorisce in aprile-maggio.

- Castagno (Castanea sativa). Fami-glia Fagaceae. Caratteristiche: Origina-rio dell’Europa meridionale raggiunge facilmente i 25 m. Nei fusti giovani è rossastro-bruna con lenticelle trasver-sali. Negli individui adulti è brunastra con grosse fenditure verticali a formare cordoni uniti tra loro. Foglie Caduche lunghe 10-20 cm, con margine dentato, colore verde lucente di sopra e pallido di sotto. Pianta monoica. Le infi ore-scenze maschili sono rappresentate da spighe lunghe 10-20 cm di color giallo-verdastro. Quelle femminili sono costituite da fi ori singoli o riuniti a gruppi di 2-3 posti alla base delle in-fi orescenze maschili. La fi oritura si ha in piena estate. Il frutto è rappresentato da una noce detta castagna, interamen-te rivestita da una cupola spinosa, detta riccio.- Cerro (Quercus cerris). Famiglia Fagaceae. Caratteristiche: Originario dell’Europa sud-orientale. Bellissimi boschi di Cerro si trovano lungo tutto l’Appennino. Alto fi no a 35 metri, con chioma ovale, allungata, mediamente compatta. Tronco diritto con cortec-cia dura, spugnosa, grigio cenere e fessurata nelle piante adulte. Foglie caduche, di forma variabile, prima tomentose, poi opache e scabre nella parte superiore, pubescenti in quella inferiore. Pianta monoica con fi ori unisessuali. Le ghiande (2,5 cm) sono poste sui rami dell’anno precedente, di colore bruno rossastro.

- Faggio (Fagus selvatica). Famiglia Fagaceae. Caratteristiche: Il faggio è una pianta tutta europea, presente dalla Svezia meridionale ai monti della Sicilia ha una chioma massiccia, molto ramifi cata e con fi tto fogliame, facil-mente riconoscibile a distanza perché molto arrotondata e larga, con rami della porzione apicale eretti verticali. Le foglie ovali sono disposte sul ramo in modo alterno, lucide su entrambe le facce, con margine ondulato, cigliato da giovani. In autunno assumono una caratteristica colorazione arancio o rosso-bruna. Fiori monoici, piccoli e verdastri, quelli maschili riuniti in amenti tondi e penduli, lungamente picciolati, quelli femminili accoppiati in un involucro, detto ‘cupola’, hanno ovario triloculare, la fi oritura avviene generalmente nel mese di maggio. I frutti sono grossi acheni, trigoni, rossicci, contenuti in ricci deiscenti per 4 valve, sono detti faggiòle o faggine. Il faggio è una specie con particolari esigenze ambientali, vive in

ambienti con abbondanti precipitazio-ni ed elevata umidità, ma allo stesso tempo è sfavorito dal ristagno d’ac-qua nel terreno, dal freddo intenso e dalla siccità prolungata. Non ama le depressioni profonde o oscure delle valli, ma neppure le sommità asciutte. È favorito in quella parte di montagna in cui si addensano le nubi e le nebbie. In presenza di suoli non molto acidi e humus fertile cresce bene sia su rocce carbonatiche che silicee.

- Frassino (Fraxinus Excelsior). Fami-glia Oleaceae. Caratteristiche: origina-rio delle zone temperate dell’emisfero settentrionale, hanno generalmente una crescita rapida, riuscendo a sopravvi-vere in condizioni ambientali diffi cili come zone inquinate, con salsedine o forti venti, resistendo bene anche alle basse o elevate temperature; le specie più diffuse in Italia sono il Fraxinus excelsior conosciuto col nome comune di Frassino maggiore; il Fraxinus ornus noto come Orno o Orniello utilizzato per la produzione della manna e chia-mato comunemente anche Frassino da manna o Albero della manna; Fraxinus angustifolia noto col nome di Frassino meridionale. Il Frassino gradisce ge-neralmente esposizione in pieno sole o mezz’ombra, si adatta a qualunque tipo di terreno purché profondo e fresco, sopporta bene i terreni umidi e con scarso drenaggio.

- Leccio (Quercus ilex). Famiglia Fagaceae. Caratteristiche: Diffusa in tutto il Bacino del Mediterraneo. Specie termofi la caratteristica della macchia mediterranea, si trova dal livello del mare fi no a 600 m (anche più in alto nel Sud Italia). E’ una delle querce sempreverdi. Molto longevo, può raggiungere i mille anni. Alto fi no a 25 metri con chioma densa, molto scura. Tronco diritto e robusto con corteccia rugosa grigio-brunastra, screpolata in placchette subrettangola-ri. Foglie persistenti, coriacee, variano molto nella forma e nelle dimensioni. Sono lunghe al massimo 7 cm lamina superiore glabra, vere scuro e lucida, inferiore tomentosa, grigiastra. I fi ori maschili sono disposti in glomeruli che formano amenti fi liformi, mentre quelli femminili, con breve peduncolo, si trovano sui rami soli o in gruppi di 2-3. La ghianda è lunga fi no a 3 cm e presenta una cupola grigio chiaro con squamette appressate.

Esemplare di Faggio

- Castagno (glia Fagaceae. Caratteristiche: Origina-rio dell’Europa meridionale raggiunge facilmente i 25 m. Nei fusti giovani è rossastro-bruna con lenticelle trasver-sali. Negli individui adulti è brunastra con grosse fenditure verticali a formare cordoni uniti tra loro. Foglie Caduche lunghe 10-20 cm, con margine dentato, colore verde lucente di sopra e pallido di sotto. Pianta monoica. Le infi ore-scenze maschili sono rappresentate da spighe lunghe 10-20 cm di color giallo-verdastro. Quelle femminili sono costituite da fi ori singoli o riuniti a gruppi di 2-3 posti alla base delle in-fi orescenze maschili. La fi oritura si ha in piena estate. Il frutto è rappresentato da una noce detta castagna, interamen-te rivestita da una cupola spinosa, detta riccio.- Cerro (Esemplare di Faggio

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- Olmo campestre (Ulmus minor). Famiglia Ulmaceae. Caratteristiche: Pianta originaria dell’Europa centro-meridionale. Può raggiungere i 30 metri di altezza; chioma leggera ed elegante. Tronco diritto, molto ramoso. Corteccia opaca, rugosa, il colore varia dal grigio al bruno, fessurata in piccole placche. Foglie decidue, semplici, inserzione alterna , lamina ovale, base asimmetrica, apice appuntito. Fiori ermafroditi, sessili, riuniti a gruppi, colore rosso (antere). I frutti, samare riunite in gruppi, maturano in estate.- Roverella (Quercus pubescens). Famiglia Fagaceae. Caratteristiche: Originaria dell’Europa meridiona-le. Non supera i 20 metri di altezza. Presenta un fusto contorto, corto, con branche sinuose e rami sottili. Cor-teccia grigio-brunastra, molto rugosa e fessurata. Foglie decidue, semplici, lamina ovoidale allungata, lobata a lobi arrotondati. Pianta monoica a fi ori unisessuali; il frutto è una ghianda di colore bruno lucido a maturità.

Sottobosco- Agrifoglio (Ilex aquifolium). Fami-glia Aquifoliacee. Caratteristiche: Ori-ginario dell’Europa. Arbusto alto fi no a 10 metri, anche se alcuni esemplari in Sicilia raggiungono i 18 metri. Ha chioma densa, di colore verde scuro lucido e di forma piramidale. Il tronco è diritto e cilindrico, con corteccia grigia, sottile e fi nemente rugosa. Sem-preverdi, rigide, spinose e coriacee, lu-cide, verde scuro nella pagina superio-re e chiare sotto; il margine può essere liscio e intero o spinoso e ondulato. I fi ori sono unisessuali e si trovano su individui distinti, in piccoli gruppi all’ascella delle foglie. I fi ori maschili, con 4 petali a cucchiaino, sono bianchi con margine rosso; quelli femminili sono bianchi con ovario verde scuro. I frutti sono drupe subsferiche di 8-10 mm di diametro e rimangono sull’albe-ro per tutto l’inverno.

- Rosa canina (Rosa canina). Famiglia Rosaceae. Caratteristiche: Arbusto alto 2-3 m, appartenente alle Dicotiledoni. Fusto legnoso, prima diritto, poi arcua-to e infi ne, nella parte apicale, diretto verso il basso. Ha spine robuste e cur-vate in basso, di colore rosso che col tempo diventa marrone e quindi grigio chiaro. Caduche, alterne, imparipennate a 5-7 foglioline ovali o ellittiche, di 1-2 x 1-4 cm. Le foglioline hanno margine dentato, colore verde sulle due pagine . Pianta con fi ori ermafroditi da soli o in gruppi di 2-3 in infi orescenze all’apice dei rametti.

- Rovo (Rubus ulmifolius). Famiglia Rosaceae. Caratteristiche: Arbusto di 1-2 metri, appartenente alle Dicotiledoni. Si presenta molto aggrovigliato perché dato da molti fusti, tutti di diametro molto contenuto ai quali annualmen-te vanno ad aggiungersi nuovi getti. Foglie caduche, alterne od opposte. Imparipennate con (3)-5-(7) foglioline. Fiori comparenti dopo le foglie. Sono ermafroditi e riuniti in racemi. I frutti sono le more.

- Sorbo domestico (Sordus domestica). Famiglia Rosaceae. Caratteristiche: Arbusto alto fi no a 13 metri, molto longevo; i rami sono grigio tomentosi poi glabri, con gemma quasi glabra e vischiosa. Foglie alterne imparipenna-te, composte, lunghe fi no a 20 cm, con 6-10 paia di foglioline ovale o lanceo-late sessili, dentate ai margini, acute all’apice, sopra glauche e tomentose sotto. Fiori ermafroditi numerosi, in co-rimbi ramosi e tormentosi. I frutti sono commestibili, di sapore acidulo, ricchi di acido malico e vitamina C.

Fiori - Bucaneve (Galantus nivalis). Fa-miglia Amarillidacee. Caratteristiche: Pianta provvista di radice bulbosa, la cui parte aerea può raggiungere i 30 cm di altezza. Il fi ore è lungo 2,5 cm, a for-ma di campanella, pendulo, di colore bianco con macchie verdi.

- Ciclamino (Cyclamen europaeum). Famiglia Primulaceae. Caratteristiche: Vegeta nei luoghi ombrosi dei boschi caducifogli e delle leccete. Odore as-sente. Fiore unico con peduncolo noc-ciola chiaro, liscio e glabro, eretto, un po’ contorto, lungo 8-20 cm. Da ogni tubero partono 1-3 getti robusti dai quali originano numerosi peduncoli. Petali 5 (talora 4), di colore rosa pallido o biancastro, con la base ristretta e

piegati all’indietro. Le foglie spuntano di solito dopo i fi ori (1-2 mesi dopo). Sono da irregolarmente ovate a quasi orbicolari con base cordata ed apice non molto ristretto.

- Peonia (Paeonia mascula). Famiglia Peoniacee. Caratteristiche: Pianta er-bacea o cespugliosa con foglie alter-ne. I fi ori, si presentano rossi oppure bianchi venati di rosso, sono costituiti da 5 sepali e 5-10 petali leggermente arrotolati.Unica nota davvero negativa da segna-lare sono i precedenti rimboschimenti effettuati utilizzando piante non au-toctone, invasine e a poco prezzo. Giu-sto per ricordare, l’intervento fatto tra Chiancate e Bosco Quarto, sulla strada provinciale San Giovanni Rotondo – Cagnano Varano al km 14. Sono state utilizzate piante di Ailanto (Ailanthus altissima) una specie originaria della Cina. Si spera nell’attuale e nelle future gestioni dell’ente Parco affi nché nelle aree addette al rimboschimento siano utilizzate piante autoctone e in quelle aree con vegetazione non autoctona e invasiva sostituirle con le predette specie che esistono da secoli sul bacino mediterraneo. [email protected]

per la descrizione scientifi ca delle specie vegetali www.parcogargano.it www.garganoverde.it www.agraria.org

Agrifolio - drupe

- Rosa canina (Rosaceae. Caratteristiche: Arbusto alto 2-3 m, appartenente alle Dicotiledoni. Fusto legnoso, prima diritto, poi arcua-to e infi ne, nella parte apicale, diretto verso il basso. Ha spine robuste e cur-vate in basso, di colore rosso che col tempo diventa marrone e quindi grigio chiaro. Caduche, alterne, imparipennate a 5-7 foglioline ovali o ellittiche, di 1-2 x 1-4 cm. Le foglioline hanno margine dentato, colore verde sulle due pagine . Pianta con fi ori ermafroditi da soli o in gruppi di 2-3 in infi orescenze all’apice Agrifolio - drupe

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RIEPILOGO ESTATE 2007 IN PUGLIAdi Giuseppe Conteduca, Redattore e Socio InMeteo

L’appena passata Estate 2007 rimar-rà nella storia soprattutto per quanto riguarda la Puglia,e le regioni Adriati-co-Ioniche,come Molise,Lucania,Calabria,e Campania,anche se quest’ultima in maniera minore.La bella stagione ha inizio con una situazione barica lacunosa,con una goccia fredda stanziante nel Golfo Ligure in movimento verso il Bas-so Tirreno; si ha quindi un generale maltempo in molte aree del paese, compresa la nostra regione che riceve apporti pluviometrici variabili dai 30 ai 40 mm,salvo eccezioni per eccesso o per difetto, dovute alla particolare orografi a di certe aree.

Dopo questa fase piovosa pronunciata, inizia oserei dire una delle Estati più siccitose della storia per la nostra re-gione (e anche delle regioni circostan-te). In quasi la totalità dei comprensori pugliesi non cadrà una goccia d’acqua per più di 80 giorni. Questa sarà una delle cause maggiori che andranno ad alimentare gli incendi appiccati per tutto il territorio regionale da piromani senza scrupoli; ricordiamo in maniera sentita quello che provocò circa 4 vit-time a Peschici il 24 Luglio. Non per questo fu proprio il sottobosco delle pinete, arido e secco, ad alimentare le fi amme in compagnia del vento forte favonico.

Altra peculiarità della scorsa estate è stata la mancanza di umidità eccessiva, che hanno reso il trimestre estivo del 2007 torrido; al contrario del 2003 (altra estate campale per la Puglia,ma in misura maggiore per l’Europa Occi-dentale e restanti aree italiane), che fu caratterizzato da umidità eccessiva ma da massime “contenute”, l’estate 2007 ha visto valori termici in molti casi superiori ai 40-42° in maniera diffusa sull’intero territorio regionale, ma con tassi di umidità che in alcuni casi hanno toccato valori del 6-7%.

La prima “bordata” sahariana si ha ver-so la seconda decade di Giugno, con il culmine il 25 Giugno 2007.

In tale data viene stabilita la temperatura più alta di sempre per la rete meteo del-l’aeronautica militare: Foggia Amendola raggiunge l’incredibile valore di +47,0°, secondo solo al +48,5° di Catenanuova (Sicilia) il 10 Agosto 1999. L’eccezionale temperatura si verifi ca in tali condizioni, come confermerà un operatore dello stesso aeroporto: “i 47,0° alle h. 14.10 , con bava da W, 1/8 cirri ed Ur 18%.”.Nella stessa giornata Lecce Galatina e Bari Palese stabiliscono i loro record termici per Giugno, rispettivamente con 44.0° e 45,5°. Brindisi vola sui 41 gradi,così come Gioia del Colle, mentre Marina di Ginosa raggiunge stabilisce il suo nuovo record assoluto.In questa giornata campale si è rivelato bollente anche il Nord-Barese con valori diffusamente sopra i 42°.Luglio trascorre per la sua prima metà senza note di rilievo, ma fa storia per quasi la totalità del meridione d’Italia, per i Balcani e la Grecia, durante la seconda decade, per la precisione nei tre giorni di fuoco compresi fra il 22 e il 24 Luglio.

Come citato in precedenza, oltre alle temperature elevatissime, in questo lasso temporale si aggiunsero vasti incendi in tutto il Centro-Sud. Il Clou dell’ondata cala della stessa estate si verifi ca il giorno 24 Luglio, quando tre località AM in Pu-glia infrangono i loro record assoluti,con valori termici stupefacenti: Bari Palese con 45,6°,Brindisi con 44,4° e la “murgia-na” Gioia del Colle con 43,2°.

Foggia Amendola, una delle località più bollenti d’Italia durante l’estate 2007, infrange il suo record mensile per Luglio con un 45,2°.Galatina inve-ce si ferma a 43,6°.Come su citato, non è solo questa giornata a rivestire d’eccezionalità la seconda ondata sahariana dell’estate, ma è soprattutto la perduranza per 3 giorni di valori diffusamente sopra i 40°, fatta eccezione per le zone costie-re che il 23 hanno registrato valori più bassi sui 36-37°.Tavoliere come sempre infuocato,così come le aree interne Salentine e il Nord-Barese: sempre il 24 Luglio, Corato registra ben 44,5° e Castel del Monte a 500 metri di quota arriva a 40,4°.Agosto anch’esso conclude con un ondata di caldo notevole,anche se molto ridimensionata rispetto a quelle di Giugno e Luglio.Pluviometricamente l’estate 2007 chiude con un pauroso defi cit: Foggia Amendola racimola solo 32 mm nel trimestre, mentre la stazione meteo-rologica di San Giovanni Rotondo (di Sante Barbano) registra 74,9 mm,a -50 mm dalla media storica; Bitonto, rag-giunge 33 mm,C orato(Pasquale Ab-battista) 35 mm. Da tener conto che la maggior parte di questi accumuli è sta-ta registrata ad inizio Giugno,lasciando di fatto i territorio pugliesi in preda alla siccità per quasi 80 giorni.

L’appena passata Estate 2007 rimar- In tale data viene stabilita la temperatura Foggia Amendola, una delle località

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Il giorno 1 Settembre 2007 si è svolto, sul Gargano, il nostro terzo convegno (secondo in qualità di associazione), per la prima volta organizzato nel contesto di un “maxi raduno”, nei giorni 31 Agosto, 1 e 2 Settembre, ideato anche con lo scopo di unire i vari “meteoappassionati” sparsi per la nostra regione, in particolare i ragazzi che hanno istituito mesi or sono la sede distaccata dell’associazione, in quel di Vico, appunto nell’area del Gargano.

Sono state diverse le attività svolte, dalla dilettevole partitella a calcetto alla nostra riunione annuale per i soci InMeteo, a contornare, difatti, l’evento chiave del convegno sulle “Previsioni del Tempo”, tenutosi precisamente nell’auditorium comunale di Vico del Gargano.Alla conferenza, a cui hanno assistito compiaciuti e soddisfatti una centinaia di persone come pubblico, hanno preso attivamente parte il nostro espertissi-mo Presidente Vittorio Villlasmunta, Tenente Colonnello del dipartimento meteo di Gioia Del Colle, il quale ha trattato il delicato argomento della sinottica del tempo; Giancarlo Modu-gno, Vice-Presidente, impegnato nella spiegazione della predicitibilità del tempo e dell’utilissimo e rivoluziona-rio mondo di internet ad essa connesso; Pasquale Abbattista e Sante Barbano, che si sono dedicati, rispettivamente, all’aviazione e relative connessioni e problematiche volo-condizioni atmo-sferiche, e al microclima garganico e delle province del nord della Puglia.Tema, quest’ultimo, affrontato anche

al fi ne di favorire in qualche modo l’interesse e l’avvicinarsi verso la meteorologia e la previsione meteo-rologica in primis, anche e soprattutto da parte del personale organizzativo della zona, il Gargano, in cui, malgra-do le meraviglie naturalistiche offerte, sembra mancare un po’ questo genere di attenzione.Al termine della conferenza, infatti, proprio di quest’aspetto e di eventuali future iniziative e collaborazioni si è parlato con sindaco e assessore alla cultura del paese che ci ha ospitati.

Il raduno ci ha anche permesso di ammirare, in particolare il secondo giorno, scenari molto belli del luogo, con la foresta umbra e i laghi in primo piano, in un contesto paesaggistico affascinante, ma purtroppo macchiato dall’azione distruttiva degli incendi

boschivi che hanno attanagliato in estate queste zone.

Sottolineando come questo even-to, targato InMeteo, sia stato molto importante, ai fi ni della didattica, del-l’esperienza e della divulgazione della sfera meteo-climatica (e non solo), così come per la semplice e sincera, ma altrettanto importante, amicizia e condivisione per questa passione, mi preme, anche a nome dello staff, ringraziare, con queste righe conclusi-ve, tutti coloro che hanno contribuito all’evento stesso, e in generale, tutti i partecipi (compreso il sottoscrit-to), che, come una famiglia, hanno trascorso poche ma intense ed affi atate giornate insieme.

III CONVEGNO E RADUNO INMETEO TRA CULTURA, PASSIONE E DIVERTIMENTO

di Francesco Ladisa, Consigliere InMeteo e Responsabile Pugliameteo

boschivi che hanno attanagliato in

Il giorno 1 Settembre 2007 si è svolto, al fi ne di favorire in qualche modo

Da Sinistra: Sante Barbano, Giuseppe Con-teduca, Paolo De Luca, Antonio Galatola , Francesco Galella, Giuseppe D’Altilia, Vittorio Villasmunta, Nicola Galliani, Giancarlo Mo-dugno, Francesco Ladisa, Pasquale Abbattista, Giuseppe Di Viesti

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IL TEMPORALEdi Giancarlo Modugno - Vice Presidente “InMeteo”, Fondatore del portale www.inmeteo.it

Il “thunderstorm” è sinonimo di potenza, maestosità e allo stesso tempo mistero. Quante volte sarà capitato ad ognuno di noi di scappare letteralmente di fronte ad un temporale nato all’im-provviso nel bel mezzo di un caldo pomeriggio estivo; quante volte, però, siamo rimasti anche affascinati dalla violenza con cui le forze della natura si scatenano durante queste manifestazio-ni meteorologiche.

Il temporale nasce da condizioni meteorologiche dette d’instabilità e possono verifi carsi in qualsiasi sta-gione dell’anno, anche se è più usuale imbattersi in esso durante la stagione estiva ed autunnale. Tra le tipologie si distinguono i temporali d’origine termo-convettiva e quelli orografi ci.

I temporali orografi ci sono quelli che solitamente si formano sui rilievi e nei quali è facile ritrovarsi durante le escursioni. Sono molto diffi cili da pre-vedere e da localizzare con precisione e possono durare anche molto tempo.

I temporali di origine termo – convet-tiva, invece, sono quelli più facilmente riscontrabili su pianure, colline e coste in quanto si generano grazie al forte surriscaldamento dei bassi strati d’aria atmosferici. Ciò può essere causato dal forte irraggiamento diurno estivo, oppure nelle altre stagioni quando a lunghe giornate calde e umide si susse-guono improvvise e veloci invasioni di aria fredda negli alti strati.

La dinamica in questo ultimo tipo di temporale è abbastanza semplice dal punto di vista schematico: la massa d’aria calda nei bassi strati diven-ta molto leggera rispetto alle zone circostanti e quindi tende a salire rapidamente verso l’alto (in media la particella d’aria riesce a raggiungere i primi 10 km di altezza dell’atmosfera in appena 10 minuti grazie all’esclu-siva forza di Archimede). Portandosi verso l’alto, se la massa d’aria è molto umida allora è molto probabile che il suo vapore acqueo condenserà appena avrà raggiunto temperature abbastanza basse e la forma delle nubi sarà quella

tipica di un cumulonembo (una nube a sviluppo verticale, spesso a forma di incudine).È usuale chiamare questa fase “infl ow”, in quanto il vapore acqueo viene portato “dentro” la nube e le correnti d’aria sembrano entrare violentemente nella nube, facendola sviluppare a pieno ritmo.Appena la nube diventerà “matura” e abbastanza estesa, il cielo diventerà scuro perché i raggi solari verranno fi ltrati per chilometri e inizierà la fase di “outfl ow”: le correnti acquisiranno un moto discendente molto violento, deciso e irregolare, facendo registra-re agli anemometri le prime raffi che lungo un zona molto vasta davanti al cumulonembo, in direzione del moto del temporale. I primi boati all’orizzonte annunciano l’arrivo della pioggia battente ed enor-mi gocce di pioggia cadono con ritmo che cresce esponenzialmente: è iniziato il temporale.

Se le condizioni d’instabilità lo per-mettono, prima che cada la pioggia, un piccolo vortice inizia a scendere dalle nubi scure, assumendo una forma sinuosa a mò di imbuto, chiamato “funnel”. Se questo imbuto tocca terra allora si è in presenza di una tromba d’aria o tornado (la differenza sta soltanto nel nome, ma le condizioni sono identiche). Strano a dirsi, ma anche se il tornado scende dall’alto, esso presenta delle fortissime correnti ascensionali, le quali scatenano venti che possono addirittura arrivare a 500 km/h. In presenza della pioggia (quindi correnti discendenti), il tornado viene annientato e si dissolve. L’ultimo funnel avvistato a Bitonto risale all’11 Agosto 2006.

Le correnti convettive di infl ow possono indurre le goccioline d’acqua a risalire più volte nella stessa nube sempre più in alto, facendola diven-tare ghiaccio; ogni volta che il chicco di ghiaccio è abbastanza leggero da risalire le correnti ascensionali si crea un sottilissimo strato di ghiaccio attor-no ad esso, fi no a quando la forza di gravità attirerà il tutto verso il basso: si forma la grandine.

Il suo arrivo è riconoscibile dalla colo-razione giallo-verdognola del cielo.

Tutte queste particelle d’aria che si muovono a velocità elevate provocano l’eccitamento delle cariche elettriche nell’aria. In questo modo si accumu-lano cariche elettriche negative in corrispondenza della base della nube, le quali cercano di farsi strada verso le cariche positive a terra quando la loro consistenza è abbastanza elevata. In questo modo nascono i fulmini durante i temporali. Non si esclude, però, che i fulmini cadano anche quando non è in atto un temporale.

È sempre complicato capire quando un temporale si sta per manifestare? Abbiamo elencato vari elementi che permettono di “carpire” quando sarà possibile che il fenomeno si formi nel-la zona in estate: molto probabilmente sarà di pomeriggio; sta arrivando aria fresca (e le nubi a forma di cumulo – tondeggianti e a sviluppo vertica-le – ne sono il principale indizio); è abbastanza umido; la visibilità inizia a diminuire; il cielo diventa scuro e co-perto; si avvertono improvvise raffi che di vento.

È da ricordare il temporale dell’11 ago-sto 2006 per l’improvviso scatenarsi di tutti i fenomeni su descritti nell’arco di appena un quarto d’ora.

Il “thunderstorm” è sinonimo di tipica di un cumulonembo (una nube Il suo arrivo è riconoscibile dalla colo-

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NEWS ASSOCIAZIONE INMETEOdi Giancarlo Modugno - Vice Presidente “InMeteo”, Fondatore del portale www.inmeteo.it

Gemellaggio MeteoNetwork

Il 2 ottobre 2007 è diventato uffi ciale il gemellaggio con la famosa associa-zione MeteoNetwork, la quale conta numeorissimi utenti distribuiti in tutta Italia.

In estate abbiamo avuto i primi contatti e sono stato personalmente chiamato dal Presidente Marco Giazzi, il quale era rimasto affascinato dall’organizza-zione della nostra realtà meteorologica e soprattutto dalla rivista esclusiva che distribuiamo ai nostri soci.

MeteoNetwork si occupa principal-mente della gestione di una rete di monitoraggio molto grande e organiz-zata, la quale conta circa 400 stazioni meteorologiche installate da meteoap-passionati. Organizza saltuariamen-te anche convegni di divulgazione scientifi ca, proprio come la nostra associazione.

La cooperazione instauratasi tra le nostre associazioni riguarda in partico-lare la gestione della rete di stazioni: InMeteo renderà disponibili i dati provenienti dalla propria rete (vedasi articolo a pagina 20 di questo numero) ottenendo in cambio delle elaborazioni grafi che esclusivamente sulla nostra regione (mappe live per il nowcasting, mappe per lo studio della climatologia con i plottaggi degli estremi).

Oltre a questo grande passo, anche la divulgazione scientifi ca avrà il suo spazio: stiamo discutendo con il loro comitato scientifi co circa dei contributi sulla nostra rivista, i quali contribui-ranno a rendere ancora più interessante ed esclusiva la nostra pubblicazione.

Progetto LAM

Si è parlato già in un paio di riunioni e in alcune discussioni sul nostro forum del Progetto LAM.

Esso consiste nell’acquisire come risorsa associative alcune delle mappe meteorologiche (basta su dati WRF), plottate dallo staff del sito internet www.meteoriccione.it

I plottaggi realizzati per il sud Italia, con una buona risoluzione, sono stati ben apprezzati da alcuni dei nostri soci che hanno qualitativamente fatto alcu-ne considerazioni su alcune “corse” del modello stesso: la precisione in molte occasioni è abbastanza alta e la morfo-logia viene vista in maniera abbastanza soddisfacente.

La discussione con i realizzatori del-l’opera è ancora aperta ma l’accordo è praticamente stipulato, anche se man-cano i dettagli tecnici: l’associazione, come deciso in assemblea, si preoccu-perà di fornire alcuni mezzi tecnici per il miglioramento del modello (o delle prestazioni dell’hardware su cui corre) con una cifra che non supererà i 200-300 euro.

L’associazione potrà usurfruire del modello per quanto riguarda le mappe dalle 48h in poi in maniera esclusiva. Probabilmente il modello verrà “allun-gato” fi no alle 120h.

Progetto MAGAZINE (euclide)

L’associazione presenterà presto il progetto InMeteo Magazine all’istituto tecnico aeronautico “Euclide” di Bari per ottenere un fi nanaziamento circa la stampa e distribuzione del magazine, concedendo uno spazio sul magazine stesso, il quale sarà autogestito dagli studenti e dai docenti dello stesso istituto.

Situazione Finanziaria

L’associazione InMeteo conta 35 soci ordinari e 2 soci onorari.

La situazione al 7 ottobre 2007 è la seguente:

- entrate totali: 2012,66 €

- spese totali: 1349,75 €

- in cassa: 662,91 €

- cassa virtuale: 560,41 €

Prossime spese: stampa magazine nr 3.

Gemellaggio Osservatorio Newton

Coerentemente con i progetti associa-tivi, si sta cercando di unire le varie organizzazioni pugliesi per migliorare quella che dovrebbe essere la realtà pugliese meteorologica in generale.

Dopo il gemellaggio con Meteo-Network, si sta puntando a concretiz-zare quello con l’Osservatorio Meteo-Astronomico Newton di Taranto.

I responsabili dell’osservatorio si sono dimostrati disponibilissimi per la cooperazione che dovrebbe riguardare soprattutto la rete di stazioni, l’orga-nizzazione di convegni e la divulgazio-ne scientifi ca (puntando sul magazine).

Verso Marzo dovrebbe essere organiz-zata una conferenza a Bari dalla nostra associazione in cooperazione con le realtà pugliesi che stiamo contattando.I risvolti di questo evento saranno disponibili nel prossimo numero del magazine, sul sito e nel nostro forum.

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Verso la sede laziale di InMeteo

Dopo la sezione distaccata del Garga-no, di cui il giovane e intraprendente Sante Barbano è Presidente, verrà la volta della sezione laziale.

InMeteo non ha soltanto la Puglia nei suoi obiettivi ma anche e soprattutto l’Italia, nel limite delle possibilità associative.

Nel lazio ci sono i presupposti per co-minciare a seguire le fi nalità associati-ve dato che alcuni soci sono proprio re-sidenti o domiciliati a Roma e dintorni. Naturalmente tra i progetti principali ci saranno la divulgazione scientifi ca.

Cosa è necessario per fondare una sezione distaccata dell’associazione?

Innanzitutto devono essere presenti dei soci della nostra associazione, in numero minimo di 3 persone (meglio se 4). Questi soci devono, come nel caso della sezione Gargano, avere dei progetti di base in sintonia con quelli dell’associazione (o se non presenti l’importante è che non vadano contro lo statuto).

La sede distaccata è una fonte impor-tante per l’associazione, soprattutto perchè ha i permessi e l’agilità di “ope-rare” sul territorio meglio della sede centrale e anche perchè contribuisce a diffondere la conoscenza della nostra realtà molto più celermente.

Oltre alla presenza minima di soci (che si spera diventi sempre più numero-sa, soprattutto per motivi logistici) si richiede la presenza di una sede fi sica (dove recapitare il materiale) e di una sede logistica per effettuare le riunioni.

E’ richiesta una riunione minima al mese per spiegare al consiglio direttivo come i progetti stanno avanzando.

Le casse della sede distaccate si riten-gono autonome e le quote associative devono essere inviate sempre e comun-que alla sede centrale.

Vengono nominate le cariche di:- Presidente- Vice Presidente- SegretarioQueste cariche costituiscono il consi-glio direttivo della sede distaccata.Altre cariche possono essere nominate se necessario.

Convenzioni INMETEO

L’associazione ha raggiunto la quota di 4 convenzioni con aziende private.

La prima è relativa alla Barotherm, azienda di Milano che rivende per i nostri soci stazioni meteorologiche La Crosse e Oregon a prezzi convenientis-simi, tanto che sono stati effettuati già alcuni ordini da parte di soci InMeteo.

La seconda è relativa alla rinomata ditta Salvarani, rivenditore di stazio-ni Davis in Italia. La convenzione assicura uno sconto del 10% su tutto il materiale Davis in listino sul sito; le spese di trasporto sono nulle.

La terza convenzione riguarda l’acqui-sto di strumentazione sempre Davis a prezzi di listino direttamente dalla Svizzera. I prezzi sono decisamente bassi e di gran lunga convenienti; lo svantaggio è la tassa doganale ma facendo un confronto con Salvarni la convenienza è dell’ordine dei 100 - 200 € (a seconda dell’ordine scelto).

La quarta convenzione è di tipo lette-rario: il sito www.anticousato.com ci permette uno sconto del 10% su tutto il materiale presento sul sito e uno sconto del 15% se si effettua una spesa di almeno 80€; sono presenti numero-sissimi articoli interessanti, soprattutto scientifi ci.

Vi è un’altra importane convenzione in atto: InfoWeb.La nota azienda di Francesco Galella sta per fornire il listino dei prodotti che verranno scontati ai soci. La trattativa è in atto ma verrà defi nita a brevissimo.

Rammentiamo che le seguenti conven-zioni sono riservate ai soci InMeteo.

Attivata la postepay associativa

Le donazioni e le quote associative d’ora in poi verranno inviate al seguen-te numero di postapay (intestata al vice presidente Giancarlo Modugno, codice fi scale MDGGCR87A30L109X)4023 6004 5160 9764

Prima stazione InMeteo

Si sta discutendo da tempo sulla pos-sibile ubicazione della prima stazione meteorologica da installare in Puglia.

In una discussione del nostro forum sono venute alla luce alcune proposte interessanti, soprattutto se si considera la grandissima varietà climatica della regione.

La direzione comune nell’osservazione del territorio e l’osservazione di par-ticolari fenomeni sta consigliando di puntare alla zona murgiana tra Miner-vino Murge, Lago di Locone e Lago di Serra del Corvo.

E’ in atto una ricerca per poter con-statare se è possibile trovare un ente disposto ad ospitare la stazione o even-tualmente farla acquistare direttamente nella loro sede.

Lago Locone, meta turistica pugliese

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PROGETTO RETE DI RILEVAMENTO DELLE STAZIONI METEOROLOGICHE

di Pasquale Abbattista - Socio, Admin, Redattore, Grafi co e Tecnico “InMeteo”

Da tempo all’interno dell’associazio-ne InMeteo si stava pensando ad una rete di monitoraggio che funzionasse grazie alle stazioni meteorologiche degli iscritti e dei meteoappassionati dislocati sul territorio pugliese e non. Recentemente invece questa idea sta diventando realtà.

Abbiamo contattato diversi siti di meteoappassionati, per richedere l’autorizzazione ad acquisire i loro dati per utilizzarli in questa rete. Una volta sviluppato questo sistema si permetterà l’osservazione in diretta dell’andamen-to meteorologico nella nostra regione e forse nel futuro nell’intera Italia.

Tutti i valori raccolti formano un log, ossia un database, che potrà essere fruibile attraverso una pagina apposita, mentre i dati attuali, il nowcasting, sono raccolti in una cartina e rappre-sentati con delle icone, in base alla situazione del momento, oppure con delle isoterme se si parla di temperatu-re. La grande mole di dati viene raccol-ta e smistata secondo tipo di stazione, poi vettorizzata sulla cartina.

Se un osservatore non invia dati ag-giornati questo viene automaticamente sospeso dalla cartina del nowcasting e riattivato quando avrà inviato dati aggiornati. E’ possibile iscriversi al sistema se si possiede una stazione che sia in grado di rilevare i dati principali, cioè temperatura umidità e pressione, venendo così inseriti nella categoria defi nita “light”, se invece si hanno a disposizione dati anemometrici, pluviometrici e di altra natura si verrà inseriti nella categoria “advanced”. Nonostante questa distinzione, viene sempre richiesto agli iscritti di verifi -care che l’installazione della stazione meteorologica sia stata effettuata in maniera corretta e che non vi siano fonti esterne che possano alterare i dati.

Inoltre se l’osservatore è attivo e pre-sente potrà inserire manualmente una segnalazione di diverso tipo, come ad esempio allerta vento, allerta pluvime-trica ed altre. Tutto questo attraverso un pannello interattivo sviluppato in linguaggio PHP dallo staff tecnico della nostra associazione.

In questo modo ci auguriamo di riusci-re a monitorare in maniera migliore il tempo atmosferico pugliese e di offrire un servizio migliore ai nostri visita-tori e ai nostri associati che per primi forniscono i dati.

Da tempo all’interno dell’associazio- Se un osservatore non invia dati ag- Inoltre se l’osservatore è attivo e pre-

In alto: una simulazione grafi ca dell’iniziale struttura in php per il plottaggio di dati meteo-rologici sulla regione Puglia.

A lato: una elaborazione presente sul nostro sito in cui sono presenti i link del 95% delle stazioni meteorologiche pugliesi (i link del-l’idrografi co e dell’Ucea sono presenti cliccan-do su “Altri Link”).

Poter raggiungere un monitoraggio unitario con un numero simile di stazioni porterebbe la Puglia ad essere considerata una delle regioni più controllate meteorologicamente.

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ASSOCIAZIONE CULTURALE di METEOROLOGIAVia Generale Cantore, 73 - Bitonto (Ba)E - mail: [email protected]: [email protected]: http://www.inmeteo.itForum: http://www.inmeteo.it/forum

DOMANDA DI AMMISSIONE A “INMETEO” - da inviare tramite Casella Postale o Mail (copia scanneriz-zata e firmata). Inviare la quota associativa di 20 € al numero di Postepay 4023 6004 5160 9764 intestata a Giancarlo Modugno) allegando alla domanda di ammissione la ricevuta di pagamento.

_l_ sottoscritt_ (cognome)________________________________nome_________________________

nat_ a __________________________________________________ il __________________________

laurea/diploma in _____________________________________________________________________

professione ___________________________________________________________________________

residente in (1)_______________________________________________________________________

telefono ________________________________________ fax__________________________________

e mail __________________________________________ sito web ____________________________

chiede di essere ammess_ in qualità di socio ordinario a InMeteo.

Le mie esperienze principali nel campo della Meteorologia sono :

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_______________________________________________________________________________________

_______________________________________________________________________________________

I mieii interessi principali nel campo della Meteorologia sono :

_______________________________________________________________________________________

_______________________________________________________________________________________

_______________________________________________________________________________________

________________________ _________________________________ (data) (firma leggibile)

(1) Indicare Via/Piazza, numero civico, CAP, città, sigla Provincia; a questo indirizzo vi verrà inviata la rivista “InMeteo Magazine”.(2) La qualità di socio si acquisisce su domanda del candidato e per approvazione del Consiglio Direttivo.

La quota associativa annuale [ 20 euro ] è unica, ai sensi del nostro Statuto. Il versamento deve essere effettuato via POSTEPAY al numero 4023 6004 5160 9764 allegando ricevuta di pagamento a questa domanda di iscrizione. [ Il numero di carta è intestato a Giancarlo Modugno ]-------------------------------------------------------------------------------------------------------------Ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 196/2003 (Codice in materia di trattamento dei dati personali), Le fornia-mo le seguenti informazioni. I dati da Lei forniti verranno utilizzati da InMeteo nel pieno rispetto della normativa citata. I dati saranno oggetto di trattamento in forma scritta e/o supporto cartaceo, elettronico e telematico; i dati, previo Suo consenso, verranno utilizzati per le future informazioni delle attività di InMeteo tramite supporti cartacei e/o pubblicazione e della distribuzione della rivista “InMeteo Magazine”; l’eventuale diniego a fornire tali dati comporterà l’impossibilità di ottenere il servizio richiesto; i dati non saranno soggetti a diffusione presso terzi.FORMULA DI ACQUISIZIONE DEL CONSENSO DELL’INTERESSATOIl/La sottoscritto/a, acquisite le informazioni fornite dal titolare del trattamento, ai sensi dell’art.13 del D.Lgs.196/2003, dichiara di prestare il mio consenso al trattamento dei dati personali per i fini indicati nella suddetta normativa.

LUOGO E DATA _________________________________________; FIRMA _______________________________________________ (Firma di un genitore in caso di minorenni)

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STRUTTURA INMETEO

Fondatore Portale: Giancarlo Modugno

Presidente: Vittorio Villasmunta

Vice Presidente: Giancarlo Modugno

Consiglio Direttivo: Mario Marcello Miglietta, Francesco Montanaro, Francesco Galella, Francesco Ladisa, Fabio Dioguardi

Revisori dei Conti: Marilena Viola, Nicola Galliani

Collegio dei Probiviri: Nicola Galliani, Rocco Luisi, Tommaso Intini

Redattori: Giancarlo Modugno, Francesco Ladisa, Fabio Dioguardi, Nicola Galliani, Rocco Luisi, Giuseppe Conteduca, Matteo Minardi, Simone Lecco, Tommaso Intini, Paolo De Luca, Filippo Sabbia, Tommaso Grieco, Gaetano Proietto, Domenico Ferrara, Francesca Intini, Marco Cordani, Davide Gallicchio, Luca Lotito, Nino Gatto, Pasquale Abbattista

Tecnici Ufficiale: Francesco Galella, Pasquale Abbattista, Filippo Gorguglione

Grafico: Pasquale Abbattista

Comitato Magazine: Giancarlo Modugno, Vittorio Villasmunta, Fabio Dioguardi, Pasquale Abbattista, Annalisa Muschitiello

Comitato Gargano: Sante Barbano, Giuseppe d’Altilia, Filippo Gurgoglione, Vincenzo Mastromatteo

Soci Onorari InMeteo: Domenico Papandrea, Gabriele Ladisa

Comitato Rete di Rilevamento: Fabio Dioguardi, Pasquale Abbattista, Filippo Gorguglione ___________________________________________

L’Associazione InMeteo è presente anche sui portali:

WWW.PUGLIAMETEO.IT WWW.METEOLUCANIA.IT WWW.METEOBITONTO.IT WWW.VILLASMUNTA.IT WWW.METEOSGR.IT WWW.METEOGARGANO.IT //LIVE.METEOCORATO.IT Fai entrare il tuo sito nell’associazione InMeteo!