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La redazione È doveroso porgere un ringraziamento particolare agli enti gemellati con la nostra associazione, e cioè l’Associazione MeteoNetwork e l’Osservatorio Astronomico Isaac Newton per il preziosissimo contributo pervenuto in redazione e quindi per la collabo- razione che da questo numero in poi contribuirà a rendere alta la qualità della nostra rivita meteorologica. Presidente: Vittorio Villasmunta I siti dell’associazione InMeteo

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Finalità Associazione “INMETEO”

Dall’Art. 2 (Finalità dell’Associazione) dello Statuto dell’associazione NO PROFIT InMeteoLe specifi che fi nalità dell’Associazione di promozione sociale InMeteo sono:

1) Effettuare e pubblicare Bollettini Meteo e Previsioni del Tempo sul sito www.inmeteo.it (e relativi siti affi liati) e tramite i mass-media, fornendo un servizio di informazione e di divulgazione scientifi ca 2) Effettuare e favorire la ricerca e lo studio scientifi co, organizzare convegni, seminari, conferenze e corsi di forma zione professionale; pubblicare il risultato di quanto suddetto sul web o tramite pubblicazioni particolari. a) Pubblicare la Rivista “InMeteo Magazine” con cadenza trimestrale per i soci e chi ne fa richiesta (a secon da delle modalità decise in comune accordo dal consiglio direttivo) b) Creare un sussidio per la pubblicazione di Libri di natura meteorologica e scientifi ca, soprattutto all’inter- no dell’associazione 3) Facilitare la riunione di appassionati di meteorologia attraverso il web, convegni e incontri. 4) L’installazione e la gestione, nell’osservanza delle relative norme legislative e regolamentari, di stazioni meteoro logiche e quant’altro utile allo studio dei specifi ci fenomeni, nonché di eventuali sistemi informatici ed informativi di collegamento. 5) Stipulare delle convenzioni con negozi e rivenditori autorizzati di materiale meteorologico e affi ne. 6) Fornire ai soci materiale informatico per migliorare il monitoraggio e l’attività meteorologica sul web. 7) Stipulare convenzioni con importanti centri di raccolta dati. 8) Elaborare strutture informatiche complesse ed utili alla meteorologia nell’ambito associativo ed esterno, mediante la costruzione di piattaforme adatte e la possibilità di offrire servizi di supporto. 9) La promozione di corsi di formazione e di aggiornamento per alunni ed insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado.

È doveroso porgere un ringraziamento particolare agli enti gemellati con la nostra associazione, e cioè l’Associazione MeteoNetwork e l’Osservatorio Astronomico Isaac Newton per il preziosissimo contributo pervenuto in redazione e quindi per la collabo-razione che da questo numero in poi contribuirà a rendere alta la qualità della nostra rivita meteorologica.

La redazione

Per acquistare le vecchie copie di InMeteo Magazine è possibile inviare la richiesta a [email protected] specifi cando:

-nome cognome-indirizzo-recapito telefonico-copia della ricevuta di versamento da effettuare al numero di postepay 4023 6004 5160 9764 intestata a Giancarlo Modugno

Per ogni copia richiesta viene richiesta una donazione minima di 6 €; per eventuali ri-stampe la donazione minima per ogni copia ristampata è 8 €Sono disponibili i seguenti numeri:- InMeteo Magazine 2 (12 copie) - InMeteo Magazine 4 (5 copie)- InMeteo Magazine 3 (9 copia) - InMeteo Magazine 5 (17 copie) Presidente: Vittorio VillasmuntaVice Presidente: Giancarlo ModugnoConsiglio Direttivo: Giuseppe Conteduca, Francesco Montanaro, Pasquale Abbattista, Francesco Ladisa, Sante BarbanoTecnici Uffi ciali: Francesco Galella, Pasquale Abbat-tista, Filippo GorguglioneComitato Gargano:Sante Barbano, Giuseppe d’Altilia,

Filippo Gurgoglione, Vincenzo MastromatteoSoci onorari: Domenico Papandrea, Gabriele LadisaRelazioni esterne: Tommaso Intini, Francesco Ladisa www.inmeteo.it Fondato il 3 Settembre 2005

Presidente: Vittorio Villasmunta I siti dell’associazione InMeteo

WWW.INMETEO.ITWWW.PUGLIAMETEO.ITWWW.METEOLUCANIA.ITWWW.METEOBITONTO.ITWWW.VILLASMUNTA.ITWWW.METEOSGR.ITWWW.METEOGARGANO.COM//LIVE.METEOCORATO.ITWWW.METEORUVO.IT

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sommario numero 3/2008sommario numero 3/2008

InMeteo Magazine Periodico trimestrale di InMeteo Associazione NO - PROFIT di Meteorologia

Anno 2 - Luglio 2008 - Numero 6

Direttore Responsabile

Domenico Papandrea

Capo Redattore

Giancarlo Modugno

Vice Capo Redattore

Paolo De Luca

Comitato di Redazione

Giancarlo ModugnoVittorio VillasmuntaPaolo De LucaPasquale AbbatistaGiuseppe Conteduca

Redazione

E mail: [email protected]

http://www.inmeteo.it

Progetto Grafi co e Composizione

Giancarlo Modugno

Stampa

“Pubblicittà” - Roma

Autorizzazione del Tribu-nale di Bari con decreto numero 8 del 28/02/2007

2 Assottigliamento concentrazioni ozono ... della Dottoressa Rosetta Onorati

5 I tempi stanno cambiando di Giancarlo Modugno

6 Intervista al Prof. Piero Lionello di Giancarlo Modugno

7 Summer NAO e conseguenze sull’estate europea di Luigi Bellagamba

13 Come nascono le perturbazioni di Mauro Romandini

15 Un’estate a pieno regime...ma quale? di Marco Magnani

18 Associazione tra stratosfera, troposfera e... di Paolo De Luca

22 Clima e Ghiacciai nella Valle D’Aosta di François Burgay

INMETEO

InMeteo Magazine e www.inmeteo.it sono due mezzi d’informazione che nascono con lo scopo di divulgare la scienza e la cultura meteorologica. Chiunque volesse contribuire con articoli e commenti agli articoli pubbli-cati può scriverci al seguente indirizzo mail: [email protected]

Finalità Associazione “INMETEO”

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i dati elaborati nei seguenti grafi ci sono stati scaricati da sito web: http://toms.gsfc.nasa.gov/ozone/ozone_v8.html ed elabo-rati con il software per il calcolo matematico Matlab a cura della dott.ssa Onorati

Andamenti delle percentuali in area sferica di ozono nella stratosfera antartica tra il 1980 ed il 2006:

Andamenti dei minimi assoluti di ozono nella stratosfera antartica tra il 1980 ed il 2006:

i dati elaborati nei seguenti grafi ci sono stati scaricati da sito web: http://toms.gsfc.nasa.gov/ozone/ozone_v8.html ed elabo-

L’ASSOTTIGLIAMENTO DELLE CONCENTRAZIONI DI OZONO STRATOSFERICO ANTARTICO (2à parte)

della Dottoressa Rosetta Onorati - CNR-IDAC – Gruppo ICES - Roma - Tor Vergata

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Nel grafi co I° in Figura 1.2 sono mostrati i valori di massima area lacunosa il cui fi t cubico mostra come questa tenda ad aumentare nel corso degli anni sino al 1993 per poi stabilizzarsi. Il fi t nel grafi co II° in Figura (minimi assoluti di ozono) mostra, invece, come i minimi diminuiscano nel corso degli anni, cioè il buco va approfondendosi, anche se sembra stabi-lizzarsi attorno alle 100 DU.

Una diminuzione del periodo di apertura del buco è confermata dai grafi ci nelle Figure 1.3 (grafi ci I° e II°) che rappre-sentano i giorni di apertura e di chiusura del buco dell’ozono, i cui fi t cubici mostrano come l’apertura del buco tenda ad anticiparsi rispetto ai primi anni di stima (1980), e si ricolmi (chiusura) sempre più tardi nel corso degli anni. Per la verifi ca di quanto detto sopra, si riportano tre anni, 1983, 1993 ed 2003, che hanno un intervallo decennale:

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Fig. 1.2 – Andamenti della percentuale in area sferica (I° grafi co), andamenti dei minimi assoluti di ozono (II° grafi co)

Fig 1.3 – Andamenti dei giorni di chiusura (I° grafi co), andamenti dei giorni di apertura (II° grafi co)

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Osservando l’ultimo grafi co in Figura 1.4, si nota un andamento analogo, cioè che fi no al 1993 la durata del buco dell’ozono è in aumento, poi, come mostra il fi t cubico e la tabella 2, va a stabilizzarsi, anche se rimanendo ai massimi valori. L’unico dato in controtendenza in tabella è il valore dei minimi assoluti, che registra un aumento del 54% dal 1993 al 2003, con-tro quello del 22% dal 1983 al 1993. Queste due ultime considerazioni potrebbero essere attribuibili alla variazione della temperatura in stratosfera, l’apparente aumento è confermato dalla rottura del vortice polare del 2002, ed al conseguente cambiamento della climatologia delle PSC. Per una conferma degli andamenti trovati, sono necessarie però ulteriori analisi di lunga durata, ed a tal fi ne, Tale lavoro continuerà con lo studio dei dati degli anni 2007 e 2008 e con lo studio delle tempe-rature in stratosfera. I dati saranno analizzati con le stesse procedure al fi ne di verifi care l’ipotesi che le misure di prevenzio-ne previste dal Protocollo di Montreal inizino a mostrare la loro effi cacia.

Le differenze percentuali riportate nelle ultime due colonne in tabella 2 mostrano come la situazione generale del buco dell’ozono presenti una tendenza alla stabilizzazione. Infatti confrontando la % di area lacunosa, si osserva un aumento del 98% dal 1983 al 1993, e solo del 16% dal 1993 al 2003. Anche osservando le differenze percentuali dei giorni di apertura, di chiusura e della durata del buco si nota lo stesso andamento migliorativo. Nel senso cioè che non si notano in questi ultimi anni variazioni delle date in cui avvengono l’apertura e la chiusura.

Fig. 1.4 – Andamento della durata del buco dell’ozono antartico tra il 1980 ed il 2006

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I TEMPI STANNO CAMBIANDO: COME VARIA IL CLIMA, CONOSCENZE ATTUALI E SCENARI FUTURI

di Giancarlo Modugno - Vice Presidente “InMeteo”, Fondatore del portale www.inmeteo.it

Il compito che si prefi gge questa mostra, insieme al ciclo di conferenze che sta vedendo la città di Torino come ospite di alcuni famosi studiosi del settore, è quello di divulgare verso i cittadini quelli che potrebbero essere i possibili scenari climatici che si stanno studiando sui vari modelli climatici.

La città di Torino, in particolare il Mu-seo Regionale di Scienze Naturali, ha già ospitato manifestazioni del genere e pertanto si ricorda la conferenza inter-nazionale “Atmosfera clima e uomo: la società di fronte ai problemi dell’effetto serra, dell’ozono , delle piogge acide” del gennaio 1989, pochi mesi dopo la nascita dell’IPCC.

In questi ultimi vent’anni le conoscenze scientifi che sono diventate sempre più sviluppate ed è nata una sensibilizza-zione marcata soprattutto nei media. La particolarità dei questa situazione verte sulla necessità di adattamento delle varie popolazioni che risentono dei cambiamenti climatici ed anche alla possibilità di risolvere determinati pro-blemi energetici ricollegabili ai fenome-ni del clima.

Nella mostra è possibile trovare molta documentazione, soprattutto fotografi ca, circa gli ultimi avvenimenti climatici del ‘900 passando dall’aspetto “locale”

mediterraneo un’estate asciutta, calda e moderatamente calda. Questa è una buona descrizione però bisogna considerare che il clima sul sistema “Mediterraneo” non è unico data la presenza di pianure, montagne (Alpi, Appennini, Pirenei, ecc), deserti. Quindi il clima non è ovunque “mediterraneo” ma allo stesso tempo è molto simile ad altre zone situate altrove nel mondo; parliamo di idealizzazione di quello che abbiamo e di forte variabilità spazio – temporale.

Osservando il grafi co dell’andamento termico medio sul Mediterraneo negli ultimi 500 anni si riscontra una forte va-riabilità temporale (con un picco molto caldo nel 1607 e molto freddo nel 1891) e allo stesso tempo fi ssando un istante si riscontra anche una distribuzione varia delle medie nello spazio da zona a zona. Si può effettuare lo stesso discorso per quanto riguarda le precipitazioni.

Queste considerazioni vengono utilizza-te per constatare che una variabilità in fi n dei conti è sempre esistita, anche se sugli stessi dati bisognerebbe apprezza-re i relativi errori. Tutto ciò è senz’altro vero, ma dall’inizio del 1900 in poi c’è stato un cambiamento climatico sistematico senza precedenti che merita senz’altro uno studio più attento.

(climatologia di Torino e del Piemon-te) a numerosi reportage sui ghiacciai alpini.

Cambiamenti climatici sul Mediter-raneo

La conferenza sui cambiamenti clima-tici sul Mediterraneo si è tenuta il 16 Maggio 2008 presso il Museo di Scien-ze Naturali di Torino. Il relatore è stato il prof. Piero Lionello.

Il prof. Piero Lionello si è laureato in Fisica all’università di Padova nel 1984 ed è ricercatore dal 1987. Ha collabo-rato col CNR, ISDGM, MIT, ECMWF, ESA. Dal 1999 è docente di oceono-grafi a e fi sica dell’atmosfera nell’uni-versità di Lecce. È stato responsabile scientifi co di numerosi progetti europei ed è interessato agli eventi estremi, alla dinamica del clima, alla climatologia dei cicloni, alle onde oceaniche, all’in-terazione del mar Mediterraneo con il mare Adriatico. Attualmente è il responsabile del pro-getto internazionale chiamato MedCLI-VAR (Mediterranean CLImate VARiabi-lity and predictability).

L’intervento del prof. Lionello ha por-tato alla luce interessanti considerazioni sul sistema climatico Mediterraneo rias-sumendo il pensiero scientifi co attuale. Le considerazioni, nelle quali gli scien-ziati faticano ad inserirsi, vanno dal catastrofi smo alle preoccupazioni reali e allo scetticismo: vi è senza dubbio un aumento degli uragani, un’estremizza-zione del clima, più inondazioni, piogge più rare ma intense, desertifi cazione al sud Italia, malattie tropicali che stanno “viaggiando”; nonostante i presupposti scientifi ci per questi eventi c’è chi dice che non esiste una forte evidenza, il clima è sempre cambiato, alcuni eventi sono già avvenuti e le cause sono pretta-mente naturali.

Vladimir Petrovc Koppen effettuò tempo fa una suddivisione qualitativa dei climi presenti sulla Terra grazie alla quale possiamo attribuire al clima

Il compito che si prefi gge questa mostra,

(climatologia di Torino e del Piemon-(climatologia di Torino e del Piemon-te) a numerosi reportage sui ghiacciai alpini.

Cambiamenti climatici sul Mediter-raneo

La conferenza sui cambiamenti clima-tici sul Mediterraneo si è tenuta il 16 Maggio 2008 presso il Museo di Scien-ze Naturali di Torino. il prof.

Il prof. Piero Lionello si è laureato in Fisica all’università di Padova nel 1984 ed è ricercatore dal 1987. Ha collabo-rato col CNR, ISDGM, MIT, ECMWF, ESA. Dal 1999 è docente di oceono-grafi a e fi sica dell’atmosfera nell’uni-versità di Lecce. È stato responsabile

La Mole Antonelliana - Torino

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Le anomalie sulle precipitazioni si stanno sentendo in particolar modo al sud Italia e al sud del Mediterraneo e l’evento apporta senza dubbio pro-blematiche serie sui relativi territori. Esiste una prevalenza di anomalie negative negli ultimi anni ma per ora non possiamo tralasciare l’ipotesi di oscillazioni casuali: infatti, in inverno sono presenti anche anomali positive e sostanziali in alcune zone; in estate, invece, sono molto signifi cative (e non sostanziali) le anomalie negative, tranne in medio oriente dove si sta rilevando una anomalia positiva.

La spinta demografi ca può avere un ruolo molto particolare in tutte le zone dove si stanno registrando questo tipo di anomalie, in particolare nei Paesi più poveri dove la diminuzione delle precipitazioni del 20% sarà accompa-gnata da un aumento del 50% della

popolazione nei prossimi decenni. Pos-siamo immaginare cosa possa compor-tare uno squilibrio di risorse dettato da queste condizioni.

Se si analizza il periodo climatico 1901-2000 si noteranno sicuramente delle fl uttuazioni intorno ad una media (sia sulle precipitazioni sia sulle temperatu-re) e delle piccole anomalie. Possiamo restringere il periodo e considerare il 1901-1925 e valutare le tendenze signi-fi cative: scopriamo che le zone in cui il cambiamento è veramente signifi cativo sono molto poche. I valori delle tendenze signifi cative diventano molto più estremi nel periodo 1975-2000 e restano sem-pre limitate ad alcune zone (diverse da quelle dei periodi precedenti), addirittura in diminuzione.

Come vengono effettuate le previsioni climatiche? Attraverso l’estrapolazione

di una tendenza, le analogie col passa-to, attraverso modelli matematici che rendono conto della variabilità naturale che poi spieghino i possibili scenari relativi allo sviluppo economico e sociale. Queste previsioni sono delle proiezioni e non esistono tra queste de-gli stati più probabili di altri. La storia di questi modelli si è sviluppata negli ultimi 40 anni inserendo volta per volta sempre più dettagli e interazioni nel sistema studiato (CO2, sole, pioggia, ghiacci, nubi, oceani, ecc); uno studio del Dott. Pasini illustra inoltre la com-plessità estrema del sistema Atmosfera se si considerassero tutte le variabili presenti.Così si pensa di tenere fi ssi alcune variabili (sia per la disponibilità di calcolo sia per le diverse scale di varia-bilità delle stesse variabili); alla fi ne i vari scenari saranno sbagliati alternati-vamente.

INTERVISTA AL PROFESSOR PIERO LIONELLOdi Giancarlo Modugno - Vice Presidente “InMeteo”, Fondatore del portale www.inmeteo.it

INTERVISTA AINTERVISTA AL PROFESSORL PROFESSOR PIERO LIONELLO PIERO LIONELLOL PROFESSOR PIERO LIONELLOL PROFESSORL PROFESSOR PIERO LIONELLOL PROFESSOR

Dato che il mediterraneo è incluso nel sistema climatico mondiale, se accade un evento in un posto allora dovrei aspettarmi una qualche possibile modifi ca altrove (come potrebbe essere il nino che porta ripercussioni lontano). È possibile che uno di questi fenomeni a grande scala come il nino o qualsiasi altro fenomeno lontano possa portare modifi che particolari sul mediterraneo?

Il nino sul mediterraneo è un problema controverso, è un fenomeno a scala planetaria e ha delle ripercussioni a scala planetaria in maggioranza riscon-trabili sulle zone tropicali. L’effetto sul mediterraneo è oggetto di discussione, c’è uno studio sugli effetti delle precipi-tazioni autunnali sulla Spagna,

somigliano molto agli uragani.

Se trattiamo il periodo climatico del 900 con relativo riscaldamento globale riscontriamo zone in cui il riscaldamento è stato statisticamente signifi cativo. Parlando di statistiche signifi cative e allargando la scala temporale su cui facciamo le nostre considerazioni si perdano le conside-razioni fatte su periodi meno lunghi (30 anni invece di 100 relativi al riscaldamento).

Molte di quelle tendenze signifi cative vanno certamente a perdersi perché giu-stamente sono tendenze multidecennali che descrivono l’estrema variabilità del clima stesso.

sul medio oriente. Non sono ancora quantifi cati in modo rigoroso da tutta la comunità scientifi ca. Ci sono degli effet-ti ma sono piccoli. Quello che avviene per la maggioranza del mediterraneo è soprattutto sull’oscillazione nord atlantica, quindi il clima mediterraneo è un clima in gran parte determinato dalle sue oscillazioni che determinano quando piove o meno.

Uno di questi fenomeni, il quale po-trebbe essere ricollegati alla nao, po-trebbe essere l’aumento di TLC come potrebbe essere l’uragano Maria sul Salento del 2006 oppure sempre nella stessa zona negli anni precedenti.

È una cosa molto controversa, i TLC tendono a svilupparsi sulla zona di transizione e sopra il mare, sono sempre stati osservati molto poco, le prime da osservazioni satellitari. Quello del Salento è mi pare il secondo caso tra quelli passati sulla terra ferma, sono fenomeni la quale casistica è veramente limitata e sono talmente piccoli…non c’è statistica. Non c’è statistica di cam-biamento. È improprio chiamarli uraga-ni, sono tutt’altro processo, è vero che hanno l’occhio ma stiamo confondendo oggetti che sono 50 km con qualcosa di 500, vento con 100 km/h con 200 km/h, gli uragani del mediterraneo non

Dato che il mediterraneo è incluso nel

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La NAO (North Atlantic Oscillation) consiste in un dipolo nord-sud di anomalie con un centro localizzato sulla Groenlandia e l’altro localizzato tra il 35° - 40 ° di latitudine ( esistono almeno 3 differenti indici NAO proposti da Hurrel, Roger e Jones che prendono di riferimento località diverse).La NAO ha una grossa importanza sul-l’evoluzione invernale europea: diversa la situazione della NAO estiva (SNAO, summer NAO).Pur essendo importante in area eurasiatica, deve fare i conti con altri parametri più infl uenti nel periodo estivo che sono in grado di alterare la fenomenologia in ambito europeo.

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Effetti della SNAOValutiamo infi ne gli effetti di una SNAO positiva in termini di pressione, precipi-tazioni e temperature tenendo presente che in caso di SNAO negativa sarebbero con segnale opposto.

Osservando i grafi ci relativi alla pressio-ne, in una fase di SNAO positiva si evi-denziava un dipolo nord sud con pres-sione più elevata a latitudini meridionali e più bassa sulla Groenlandia. Possiamo notare come nel corso dell’estate questa disposizione tenda a spostarsi verso est almeno per quanto riguarda il core dell’alta pressione, mentre sembrerebbe meno dinamica la disposizione della LP in Groenlandia.

Le precipitazioni risultano meno pre-senti sull’Europa settentrionale: infatti possiamo constatare come vi sia una fascia di anticorrelazione tra SNAO e precipitazioni che va dall’Atlantico

Figura 1: Summer NAO dal 1850 ad oggi. Fonte The Summer North Atlantic Oscillation since the early eighteenth century Metoffi ce.

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SUMMER NAO E SUE CONSEGUENZE SULL’ESTATE EUROPEA

di Luigi Bellagamba - MeteoNetwork

nord orientale fi no alla penisola scan-dinava.

Un regime di SNAO positivo si estrin-seca in un’estate più calda sulle isole britanniche e sulla Scandinavia, mentre sull’Europa centro meridionale si ha un’iniziale periodo più freddo, anche se generalmente si realizza un graduale aumento delle temperature anche nel settore sud occidentale dell’Europa. In generale comunque un regime di SNAO positiva induce una estate più fredda sulla Groenlandia e sull’Europa orientale.Tutte le considerazioni fatte su SLP, temperature e precipitazioni si dovreb-bero intendere invertite se si parlasse di SNAO negativa in maniera speculare.

Figura 1: Summer NAO dal 1850 ad oggi. Fonte The Summer North Atlantic Oscillation since

Figura 2: disposizione della SNAO – e +. Fonte: Interannual to interdecadal variations in the

Summer North Atlantic Oscillation and SST infl iuences

Ovviamente in natura non esistono solo queste due situazioni antitetiche bensì numerose situazioni che si possono tro-vare tra i due estremi di SNAO positiva e negativa. In uno studio di Cassou e Terray si riscontrò pattern particolari capaci di giustifi care estati calde e fredde; da questo studio emersero come correlate ad heat waves ci fossero due situazioni particolari che vediamo in fi gura 12.

In fi gura 2 apprezziamo le confi gurazioni di SNAO – e SNAO +. Il cluster negativo corrisponde ad un fl usso ciclonico indirizzato verso l’Europa occiden-tale (specialmente su UK), mentre il cluster positivo è associato a condizioni anticicloniche, sempre nella stessa regione.

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Figura 3: correlazione tra SNAO positiva e SLP ( pressione a livello del mare) tra Maggio e Agosto. Fonte NCEP/NCAR

Figura 4: correlazione tra SNAO e pre-cipitazioni estive europee. Fonte NCEP /NCAR.

Figura 4: correlazione tra SNAO positiva e temperature europee nei mesi estivi. Fonte NCEP/NCAR

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Nella successiva tabella si fa il resoconto di quali pattern potessero essere responsabili di puntate calde e fredde. Ecco cosa se ne ricava:

In pratica durante le 5 estati più calde le confi gurazioni capaci di indurre ondate calde sono state quelle denominate blocking e Atlantic Low ( come possiamo osservare varianti della SNAO +), mentre negli stessi anni regimi freddi sono stati imputabili a confi gurazioni denominate NAO- o Atlantic ridge.

SNAO e NAO invernale:I due indici sembrano essere autonomi e pur se aumenta la correlazione dopo gli anni 50, come possiamo apprezzare dal grafi co, si arriva alla conclusione che si tratta di due variabili indipendenti.

Figura 5: weather regimes estivi.Fonte Tropical Atlantic Infl uence on European Heat Waves

Figura 6: andamento della Summer NAO e della winter NAO dal 1850 ad oggi. Fonte The Summer North Atlantic Oscillation since the early eighteenth century

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SNAO e SST atlanticheLa SNAO viene infl uenzata dalle SST . Interdecadalmente la SNAO è associata con AMO ( Atlantic multidecadal oscillation, ovvero le alterazioni pluridecennali delle temperature delle acque marine su-perfi ciali , SST, in oceano Atlantico ) ed a livello interannuale con El Nino.Nella seguente fi gura le aree in rosso indicano SST ( di 6 mesi prima) correlate al segno della NAO, ovvero quelle aree ( a sud della Groenlandia, sul Mare del Nord, sull’east coast americana, e su una fascia che va dai Carabi all’Africa occidentale) che hanno infl uenza sulla NAO estiva.Nella stessa fi gura a destra vediamo le regioni dove le SST sono infl uenzate dal segno della precedente NAO.

In uno studio di Folland sulle SST ( lag 3 mesi ) è possibile correlare heat waves europee (periodi carat-terizzati da temperature sopra norma ) a distinte aree oceaniche. Qui di seguito vengono infatti illustra-te le differenti correlazioni tra SST e heat waves registrate in A sull’Inghilterra in B a Berna.

SNAO ed ENSOGli effetti di El Nino sulla SNAO paiono essere più forti che quelli indotti dalla Nina. Il forcing potreb-be derivare dall’anomala convergenza sia sul Pacifi co centrale che occidentale, e dalle anomale precipi-tazioni su dette aree.Durante una fase di Nino si realizza un gradiente termico nelle SST che vede un incremento di tempe-rature da sud a nord e questo può indurre una maggiore convergenza e quindi incrementare le precipita-zioni. In questo modo potrebbe esserci il potenziale per interagire col Jet stream subtropicale e di conse-guenza la possibilità di trasmissione di onde di Rossby a livello emisferico capaci pertanto di interferire fi no alla regione eurasiatica.

Figura 7: a sinistra infl uenza delle SST sulla NAO (lag 6 mesi) nel periodo 1880-2003 sec. p-value dell’ Omega statistic Granger causality test. A destra Infl uenza della NAO (lag 6 mesi) sulle SST calculate dal 1880-2003 Fonte: Assessment of time varying infl uence of SST and atmospheric circulation on European surface temperature and precipitatio

Figura 8: correlazione tra SST di 3 mesi prima e temperature estreme in Inghilterra (a) e Berna (b). Fonte: Assessment of time varying infl uence of SST and atmospheric circulation on European surface temperature and precipitation. C. Folland

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Figura 9: alterazioni dei gradienti delle SST in Luglio-Agosto nell’ oceano Pacifi co occidentale in anni con ENSO moderato o forte creano aree di anomala convergenza. Fonte: Interannual to interdecadal variations in the Summer North Atlantic Oscillation and SST infl iuences .SNAO e Snow Cover:Vediamo ora la correlazione che c’è tra NAO invernale e copertura nevosa/ ghiacci artici. In fi gura vediamo la correlazione delle SLP estive in relazione allo snow cover invernale che possono essere riscontrati in vari plottaggi con distinti lag.

Lo snow cover può forzare la circolazione atmosferica attraverso modi differenti, come ad esempio attraverso l’effetto albedo, inducendo alterazioni dei gradienti di temperatura, consolidando scambi di calore tra terra e atmosfera, interagendo con l’umidità del terreno.Gli effetti di un eccessivo innevamento in territorio eurasiatico in primavera infl uenza il clima estivo in Europa . Ne conseguono temperature più basse del normale in estate sull’Europa Nordoccidentale e sulle isole britanniche. Invece una copertura sotto media nel tardo inverno, dovrebbe comportare effetti opposti .

Figura 10: esempio di correlazione tra SLP estive in Agosto e snow cover di Gennaio Febbraio e Marzo. Si noti la forte anticorrelazione con le SLP delle isole britanniche nella correlazione tra snow cover di Gennaio e SLP di Agosto. Fonte NCEP/NCAR reanalysis

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Bibliografi a1.Assessment of time varying infl uence of SST and atmospheric circulation on European surface temperature and precipita-tion. C. Folland2.Impact of the wintertime North Atlantic Oscillation (NAO) on the summertime atmospheric circulation Masayo Ogi, Yo-shihiro Tachibana and Koji Yamazaki3.Summer extent heralding of the winter North Atlantic Oscillation. M.A. Saunders, B. Qian , B. Lloyd-Hughes.4.Tropical Atlantic Infl uence on European Heat Waves C.Cassou, L. Terray. Journal of Climate vol 18 Aug. 2005.5.Oceanic Forcing of Sahel Rainfall on Interannual to Interdecadal Time Scales A. Giannini, R. Saravanan, P. Chang6.The Summer North Atlantic Oscillation since the early eighteenth century. C Folland, Hans Linderholm, Sarah Ineson, Jeff Knight, Jim Hurrell, Peter Baines, David Fereday, Steve Warren and Adam Scaife . Metoffi ce.7.NAO I parte. L.Bellagamba. Portale di Meteonetwork.

SNAO e Sahel Rainfall

Un’interessante correlazione si ha tra le precipitazioni in regione Sahel (10°N to 20°N, 20°W a 35°E) e le concomitanti SLP europee. L’aumento delle precipitazioni induce intensifi cazione della circolazio-ne monsonica a sua volta associato col persistente shift verso nord dell’intera zona di ITCZ dai carabi all’Africa. Il contrasto tra prevalenti condizioni di umidità tra 10° N - 20° N e siccità nella fascia equatoriale, chiaramente rifl ette un N-shift dell’ITCZ in Luglio e Agosto. La variabilità delle precipitazioni nel Sahel paiono correlarsi a forcing oceanici (Oceano atlantico per il Sahel occidentale ed Indiano per il Sahel orientale) , amplifi cati dall’ interazione terra-atmosfera e dalla variabilità interannuale delle SST. Il recente trend arido sul Sahel pare attribuibile ad acque persisten-temente più calde della norma attorno all’Africa che favoriscono lo stabilirsi di notevole convezione sull’oceano, indebolendo la convergenza continentale associata coi monsoni e generando diffusa siccità dal Senegal all’Etiopia.

Figura 11: correlazione tra sahel rainfall e SLP dei mesi estivi. Fonte NCEP/NCAR

Da questi plottaggi si ricaverebbe come in concomitanza con stagioni più piovose in Sahel si registrano pressioni medie più basse su tutta l’europa di Luglio ed Agosto. Anche in un lavoro di Folland si arriva-va alle stesse conclusioni: la correlazione fra Sahel Rainfall (SR) e il nodo meridionale della SNAO è negativa e si avvicina a -0.6. Quindi si evince che in caso di Sahel rainfall aumentate si ha una tendenza alla SNAO - .

Figura 11: correlazione tra sahel rainfall e SLP dei mesi estivi. Fonte NCEP/NCAR

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In questo capitolo ci occuperemo di quei fenomeni meteorologici, i cicloni extratropicali, che per la loro intensità e per la vastità della superfi cie marina interessata, provocano le condizio-ni più disagevoli e pericolose per il diportista. In essi dominano infatti forti venti, la loro durata sugli stessi luoghi può essere di molte ore, inoltre si può avere un notevole fetch, con conse-guente peggioramento delle condizioni del mare.

Cominciamoci ora a chiedere dove e come si formanoquesti centri depressionari. Le perturbazioni che interessano l’Europa ed il bacino del Mediterraneo hanno origini lontane; esse nascono infatti sull’Oceano Atlantico non molto distante dalla costa orientale del Nord America e derivano da una serie com-plessa di fenomeni caratterizzati dal confronto lungo una linea immaginaria che va dall’Islanda alle Bahamas, di masse d’aria di caratteristiche diverse, quella fredda polare di origine canade-se e quella calda ed umida di origine medio atlantica. Riprendendo losche-ma della circolazione generale dell’at-mosfera, intorno ai 30° lat. N e S ed in corrispondenza dei poli si hanno delle zone di alta pressione caratterizzate da arrivo di aria in quota (convergenza) e dalla successiva discesa al suolo (sub-sidenza). Quest’aria, al suolo, tenderà a sfuggire dal centro con moto a spirale in senso orario (divergenza).

Le cose non stanno proprio in questa maniera così semplice, tuttavia in effetti sull’Atlantico settentrionale si vengono a determinare 3 protagonisti: la depressione d’Islanda che però non ha molta importanza nel nostro discor-so e che pertanto possiamo tralasciare; l’Anticiclone delle Azzorre (dinamico) e l’Anticiclone canadese (termico ed equivalente a quello Russo; d’estate è sostituito dall’alta pressione polare centrata grosso modo ad ovest della Groenlandia). Queste alte pressioni permangono a lungo su luoghi dalle caratteristiche uniformi.

L’aria che per subsidenza scende dalle alte quote, si stratifi ca su queste zone e pertanto ne acquista le caratteristiche di temperatura ed umidità. Avremo così una massa d’aria calda ed umida, detta ma-rittima Tropicale (mT) in corrispondenza dell’Anticiclone delle Azzorre, mentre sul Canada si formeranno masse d’aria fredda e secca dette di tipo continentale Polare (cP). Noi sappiamo, inoltre, che alle lati-tudini medie i venti sono prevalentemente occidentali (fatto più evidente in quota che al suolo), e che in realtà le correnti subiscono delle ondulazioni, le già citate Onde di Rossby.

Ricordando che nelle depressioni i venti ruotano in senso antiorario, e nelle alte pressioni in senso orario, prediamo in considerazione le due celle anticicloniche delle Azzorre e Canadese. Per effetto di questa rotazione i venti caldi ed umidi della prima verranno a scontrarsi con quelli freddi e secchi della seconda lungo una linea chiamata fronte polare.

Diffi cilmente questo fronte si presenterà lineare, piuttosto esso mostrerà delle on-dulazioni, ed in seno a queste ondulazioni in condizioni “giuste” si formerà una depressione. La posizione di questo fronte polare è molto variabile e dipende oltre dall’intensità dei contrasti tra tipi diffe-renti di masse d’aria, anche dalle stagioni; infatti esso tenderà a risalire di latitudi-ne nei mesi estivi ed a scender in quelli invernali. Ma torniamo al nostro fronte polare spezzettato. Al suolo ci saranno dei tentativi dei due tipi di masse d’aria di invadere porzioni di spazio occupato dall’altra.

In quota invece alle medie latitudini il vento spira da W verso E lungo isobare che serpeggiano come il letto di un enor-me fi ume con un alternarsi di curvature cicloniche, dove il vento gira in senso antiorario intorno ad un centro di bassa pressione, ed anticicloniche, dove il vento gira in senso orario intorno ad un centro di alta pressione. Perché si sviluppi una depressione bisogna che una di queste onde si trovi opportunamente posizionata sopra un’ondulazione del fronte polare.

Occorre a questo punto fare un passo indietro e parlare dei venti nelle zone di alta e bassa pressione.

Abbiamo già detto che il movimento di una particella di aria sulla superfi cie terrestre è determinato dall’azione su di essa della forza dovuta al gradien-te barico. Sotto l’azione di questa forza una piccola massa d’aria viene accelerata fi no a che la forza deviante di Coriolis, che aumenta con l’aumen-tare della velocità, le diventi uguale e contraria.

Tutto ciò è valido se le isobare sono rettilinee; tuttavia abbiamo visto che i centri di alta e di bassa pressione assumono una forma vagamente circo-lare; bisognerà pertanto tener conto di un’altra forza apparente che si sviluppa in presenza di un moto circolare, ossia la forza centrifuga. Considerando la circolazione in quota e quindi trala-sciando la forza di attrito, si nota che la forza dovuta alla differenza di pres-sione è sempre rivolta dall’alta verso la bassa pressione, la forza centrifuga è sempre rivolta verso l’esterno della curvatura, e la forza di Coriolis è sempre rivolta verso la destra della direzione di moto. In quota avremo che tutte le forze agiscono perpendicolar-mente alle isobare. Inoltre la forza o somma di forze che agisce verso destra deve essere uguale a quella o quelle che agiscono verso sinistra.

Nella circolazione ciclonica la forza dovuta alla differenza di pressione è rivolta verso il centro sulla sinistra, mentre la forza deviante e la forza centrifuga sono entrambe rivolte verso l’esterno e quindi verso destra. Dal momento che in questo caso la forza centrifuga si somma alla forza di Co-riolis, per arrivare all’equilibrio con la forza dovuta al gradiente di pressione il vento dovrà raggiungere una velocità inferiore a quella che sarebbe neces-saria nel caso di isobare rettilinee. Di-scorso opposto si ha nella circolazione anticiclonica. Ne consegue pertanto che a parità di gradiente barico i venti sono più intensi nelle zone di alta, piut-tosto che in quelle di bassa pressione.

INMETEOINMETEOIn questo capitolo ci occuperemo di L’aria che per subsidenza scende dalle Occorre a questo punto fare un passo

COME NASCONO LE PERTURBAZIONIdi Mauro Romandini - Osservatorio “Newton” , Taranto

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Pertanto quando il vento passa da una circolazione ciclonica ad una antici-clonica, la sua velocità dovrà aumen-tare nel punto di passaggio tra le due circolazioni.

In defi nitiva la velocità del vento ad una data latitudine sia al suolo che in quota non dipende unicamente dalla distanza tra le isobare ma anche dalla loro curvatura. A parità di gradiente barico, la velocità del vento è mag-giore se la curvatura delle isobare è anticiclonica e minore se è ciclonica. La differenza tuttavia è trascurabile ai fi ni pratici, ma è tale da determinare importanti conseguenze nella circola-zione in quota.

Considerando un punto A con cir-colazione ciclonica in quota e B di circolazione anticiclonica, il vento nel passaggio tra queste due zone subisce un’accelerazione nel punto di fl esso e pertanto nel punto B il vento ha una velocità superiore che nel punto A. Pertanto da B sfugge più aria di quanta non ne entri da A! Il defi cit di aria che si verrebbe a determinare viene compensato aspirando aria dal suolo generando così una delle condizioni necessarie per la formazione di un centro di bassa pressione al suolo. Una vera e propria depressione però si formerà quando questo centro viene a corrispondere con un’ondulazione del fronte polare.

In questo caso, infatti, la circolazione ciclonica che viene a determinarsi in corrispondenza della bassa pressione al suolo, provocherà quel confronto tra masse d’aria di differente tempe-ratura che sono la seconda condizione necessaria per il formarsi di questo tipo di depressione. In fatti attorno al centro di bassa pressione al suolo il vento comincia a ruotare in senso antiorario.

I due tipi di massa d’aria tenderanno ad invadere l’una la zona di residenza dell’altra senza mischiarsi. L’aria cal-da, più leggera e meno densa, tenderà a scorrere al di sopra di quella fredda preesistente, rimanendo separata da questa lungo una superfi cie detta su-perfi cie frontale calda. Dall’altra parte, l’aria fredda più pesante e densa si incuneerà sotto l’aria calda forzandola a salire, ma rimanendo separata da questa lungo una superfi cie di separa-zione detta superfi cie frontale fredda.

La linea che costituisce l’intersezione delle superfi ci calda e fredda con la superfi cie terrestre è chiamata rispetti-vamente fronte caldo e fronte freddo. Una volta nata la depressione continuerà ad approfondirsi nonostante che i venti al suolo, nella loro rotazione a spirale intorno al centro di minima pressione, continuino ad apportarvi aria. Infatti in una giovane depressione, la convergenza al suolo non è suffi ciente a compensare l’aria aspirata dalle correnti in quo-ta. Un’altra caratteristica dei sistemi depressionari è che l’aria fredda procede più velocemente di quella calda, pertan-to quest’ultima viene dalla prima man mano sostituita fi n che il fronte freddo raggiunge quello caldo, formando un nuovo tipo di fronte detto occluso.

Con l’inizio dell’occlusione si raggiunge la massima intensità della fenomeno-logia in seno ad una depressione,ma si determina anche l’inizio di quegli eventi che porteranno all’esaurimento della depressione stessa. Infatti, quando l’aria del settore caldo verrà completamente sostituita dall’aria fredda, la circolazio-ne nella depressione sarà costituita da una massa d’aria aventi caratteristiche uniformi (un po’ come nell’alta pressio-ne), venendo così meno quei contrasti termici e di umidità che sono necessari per l’esistenza della perturbazione. Ca-ratteristica generale di una depressione è il suo diametro che è circa di 2000 km, e la sua durata che raramente supera la settimana. Così come accennato in pre-cedenza, le depressioni non si formano a caso, ma solo in alcune aree dette zone ciclogenetiche.

Sull’Atlantico, la zona ciclogenetica si estende dalla costa E del continente americano fi no alla Groenlandia ed Islanda, ed è qui che hanno origine le depressioni che poi invaderanno l’Europa. La velocità di spostamento di una depressione, sotto l’infl uenza delle correnti in quota, si aggira intorno ai 20 – 30 nodi, normalmente da W verso E. I venti in una depressione avranno un andamento caratteristico; il fronte caldo è preceduto da venti da SE che al passaggio del fronte girano da SW e mantenendosi tali sino all’arrivo del fronte freddo.

Al passaggio del fronte freddo, il vento gira di colpo da NW, rinforzando. Paral-lelamente alla rotazione del vento ed alla possibilità di raffi che, si registrerà anche un brusco calo della temperatura, dovuto all’arrivo della nuova massa d’aria.

Il passaggio del fronte freddo deter-mina le condizioni di navigazione più diffi cili perché al vecchio mare da SW si somma quello nuovo formato da venti settentrionali, il tipico e pericoloso mare incrociato. Ma ritorniamo alla nostra depressione nata al largo delle coste ca-nadesi, per cercare di indovinare quale sarà la sua direzione di spostamento. Il suo percorso ed il suo punto di arrivo sul continente europeo dipenderanno dalla posizione dell’Anticiclone delle Azzorre. Quanto più questo è sposta-to verso nord, tanto più settentrionale sarà il precorso della depressione. Ecco spiegato perchè il tempo in estate è generalmente bello; infatti le grandi depressioni sono obbligate a percorrere rotte settentrionali seguendo il bordo settentrionale dell’anticiclone.

A questo punto se fossimo nelle Isole Britanniche potremmo aver già concluso il discorso; infatti i meteorologi locali se la passano piuttosto bene, poiché possono seguire il formarsi dei sistemi perturbati, valutare la loro traiettoria e, conoscendo anche la velocità di sposta-mento, stabilire con notevole precisione l’arrivo a destinazione; l’unico elemento su cui concentrarsi sarà l’intensità dei fenomeni e le località che saranno mag-giormente esposte.

Per noi in Italia questo discorso non è valido, poiché meno del 10% delle depressioni sul Mediterraneo ha la sua origine direttamente dall’Atlantico. La stragrande maggioranza (circa il 70%), trae la propria origine solo di rifl esso dalle depressioni atlantiche, sviluppan-dosi ed evolvendosi poi autonomamente nell’ambito del Mediterraneo stesso. Infatti quello descritto non è l’unico modo di formazione delle depressio-ni. Quando una corrente d’aria viene forzata a valicare una barriera montuosa che si estenda trasversalmente al proprio percorso, si sviluppa una tendenza alla formazione di una depressione sottoven-to alla catena.

Questa tendenza è accentuata ove la barriera montuosa sia disposta in modo da formare una concavità sottovento, come è il caso delle Alpi quando siano investite da correnti settentrionali. Avverrà così che quando al seguito di una depressione atlantica che transiti sulle isole Britanniche si abbia un fl usso di aria fredda che investa l’arco alpino, nel Golfo Ligure si formerà una tipica depressione caratterizzata, come tutte le aree di bassa pressione, da circolazione

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UN’ESTATE A PIENO REGIME. SÌ…MA QUALE? di Marco Magnani - Comitato Scientifi co MeteoNetwork

UN’ESTATE A PIENO REGIME. SÌ…MA QUALE?UN’ESTATE A PIENO REGIME. SÌ…MA QUALE?

Tra il 1927 e il 1952 si sono invece sus-seguite nuovamente una lunga serie distagioni calde intervallate però, spora-dicamente, da alcuni trimestri decisa-mente freddi, come il 1948, il 1940, il 1933. Continuando a ritroso nel tempo troviamo poi un’ampia variabilità, dallafreddissima estate del 1884, successiva all’eruzione del Krakatoa, al caldo 1904 in cui furono rese possibili le prime ri-levazioni meteorologiche dalla Capanna Margherita, a quota 4554m.

Se escludiamo quindi per un attimo il contributo del GW, l’urbanizzazione e gli eventi naturali

Figura 1

catastrofi ci in grado di modifi care il clima globale come le eruzioni più vio-lente, possiamo intuire come questa va-riabilità sia riconducibile essenzialmente al tipo di confi gurazione atmosfericapresente in una determinata stagione, o in un periodo comprendente più anni.Perciò vale la pena di andare a verifi care assieme quali siano le confi gurazioni più ricorrenti nell’arco estivo e il loro impat-to sul piano termico e precipitativo.

Tra il 1927 e il 1952 si sono invece sus- Figura 1

ciclonica dei venti. Nella circolazione saranno coinvolte due masse d’aria, quella fredda proveniente da nord e quella mediterranea più calda ed umida; dal loro scontro si formeranno dei veri e propri fronti che avranno poi una loro autonoma storia evolutiva.

L’orografi a, la diversa disposizione dei bacini marini e la più elevata tempe-ratura delle acque del Mediterraneo, costituiscono fattori di notevole osta-colo nella stesura di una previsione del tempo per noi italiani, pertanto risulta davvero incomprensibile come mai la meteorologia abbia in Italia così poca considerazione (e fi nanziamenti) da par-te dello Stato a differenza ad esempio del Regno Unito. A causa dell’orografi a e di conseguenza delle catene montuose che quasi senza soluzione di continuità circondano il mediterraneo, le masse d’aria che tendono ad invaderlo sono costrette ad incanalarsi attraverso alcuni

“passaggi obbligati”, a ridosso dei quali nascono le depressioni mediterranee, molto più frequenti nella stagione invernale, piuttosto che in quella estiva. Questi valichi sono: - La porta di Biskra - La porta di Gibilterra - La valle dell’Ebro - La valle della Garonna o porta di Carcassonne - La valle del Rodano - La porta di Trieste - La porta del Bosforo

Specialmente nella stagione invernale, l’aria fredda incontrando l’aria più calda mediterranea o quella continentale afri-cana fa si che per un’azione combinata tra le differenze termiche e l’orografi a, si formino delle profonde depressioni, in special modo su: golfo ligure, sud dei Pirenei, sulle Baleari, a sud dell’Atlante, sul basso Tirreno, sullo Ionio, sul mare di Levante. A seguito di ulteriori apporti

di aria fredda nel suo spostamento, la depressione mediterranea può improvvi-samente rinvigorirsi, così come l’azione delle catene montuose (si pensi agliAppennini che quasi dividono in due il Mediterraneo centrale) può frenare o attenuare un sistema frontale.

In estate, poi, oltre al fatto che l’anti-ciclone delle Azzorre si protende sul Mediterraneo, favorendo condizioni di stabilità, l’eventuale affl usso di aria polare dal nord viene ad essere mitigato dal passaggio sul continente europeo ben più caldo e pertanto i contrasti termici una volta giunta la massa d’aria sul mediterraneo risulteranno piuttosto attenuati.Solo una robusta discesa di aria più fresca accompagnata da un tempo-raneo cedimento dell’Anticiclone delle Azzorre può determinare una fase di maltempo estivo sul mediterraneo, che normalmente tende a risolversi in un paio di giorni.

Italia: il paese dove splende sempre il Sole, soprattutto d’estate. Ma questa affermazione corrisponde a realtà o è solo uno stereotipo? Sicuramente nell’ultimo decennio la fama di Paese dove trascorrere una vacanza estiva all’insegna del clima mite e soleggiato è stata pienamente rispettata. Dal 1998 in poi ogni estate si è conclusa con uno scarto termico positivo vicino o superiore al grado centigrado e per tro-vare un’anomalia trimestrale inferiore al mezzo grado dobbiamo addirittura risalire al 1984 (Figura 1).

Come si nota osservando la linea blu, il trend è in ascesa, sull’onda del riscalda-mento globale da cuiil Bel Paese non è certo esente. In realtà esaminando più attentamente il grafi co, ci si accorge dicome la stagione estiva, forse più delle altre, tenda a seguire un andamento ciclico. Così, se dallafi ne degli anni ’80 le stagioni estive sono state generalmente miti, al contra-rio abbiamo avuto unlungo periodo, dal boom economico fi no all’ultima crisi petrolifera, costella-to da una serie di estatimediamente fresche.

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Per fare ciò, ci affi diamo allo studio di Yiou et al. (2008) sui Weather Regimes (WR), che costituisce un ampliamento della precedente trattazione di Cassou et al. (2005) sui regimi circolatori che contraddistinguono le estati europee. Nello studio in questione si individuano i 4 WR dominanti nella stagione estiva, visibili nelle fi gure (a), (b), (c), (d), che andremo a valutare in termini di effetti sul clima italiano, con un occhio di riguardo per la regione pugliese e aree limitrofe.

Il primo regime circolatorio (a) consiste fondamentalmente in un dipolo barico, con l’anomalia negativa centrata solita-mente tra il centro Europa e la Scandi-navia (Scandinavia Low -> SCL) el’anomalia positiva ad interessare Atlan-tico e Groenlandia (Atlantic High -> ATH) con il risultato di un pattern NAO estivo negativo, a causa delle frequenti erezioni azzorriane. Tale confi gurazionenon è troppo usuale, collocandosi al penultimo posto come frequenza di ap-parizione, e coincide con un tempo fred-do e molto instabile su tutta l’Europa centro-occidentale, spesso in estensione all’intera Italia, come accadde nell’Ago-sto 2006 che risultò fresco e piovosissi-mo pure nella regione del Tavoliere.

Tuttavia non sempre l’instabilità riesce a spingersi fi no all’estremo sudest pe-ninsulare, come sovente accade nel caso di correnti fresche in entrata dal Rodano e Carcassona.

Il secondo regime (b) rappresenta, senza avere tutti i torti, il classico stereotipo estivo italiano: l’estate “azzorriana”; infatti, la confi gurazione in oggetto si colloca al secondo posto come fre-quenza nell’arco temporale 1948-2007, manifestandosi nella classica “farfal-la” azzorriana la cui ala abbraccia il Mediterraneo occidentale secondo una disposizione zonale (ZON) ascrivibile ad unamodalità positiva della NAO. Le ano-malie sono piuttosto contenute in valore assoluto, permettendofrequenti infi ltrazioni di correnti più fresche che causano il fi orire di numero-si temporali estivi.L’estate in questo contesto si presenta quindi con valori termici e accumuli precipitativi quasisempre vicini alla media, con effetti, in questo specifi co caso, omogenei un po’ per tutta la penisola.

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Il terzo regime (c) individua una circolazione ciclonica persistente a ridosso delle coste occidentali euro-pee (Atlantic Low -> ATL), racchiusa tra due fasce anticicloniche situate rispettivamente sulla Groenlandia (Groenlandia Anticyclone -> GA) e sul basso Atlantico, in estensione sino ai Balcani, passando per il Nordafrica, secondo una disposizione tipicamente associabile all’EA+.

La frequenza del pattern in oggetto è mediamente bassa, ma si osserva una forte variabilità intrastagionale e intra-decadale. Come si può intuire, accade spesso che questo regime “tagli” dinetto la penisola, con il Nord e le Tirreniche sotto l’infl usso fresco e in-stabile delle correnti atlantiche, mentre Adriatiche e Sud assistono al richiamo di correnti calde e spesso favonizzate con precipitazioni molto scarse, come accadde recentemente nell’estate del 2007 e del 2001.

L’ultimo regime analizzato (d), non certo per ordine di importanza, è in realtà proprio quello più frequentemen-te osservabile in estate. Il ramo prin-cipale del getto è confi nato a latitudini molto elevate, determinando un’ano-malo approfondimento delle depres-sioni a cavallo tra la Baia di Baffi n e la Groenlandia, cui fa seguito un Omega anticiclonico che va a collocarsi tra Gran Bretagna, Scandinavia ed Europa centrale, con i due centri di bassa pres-sione collocati solitamente in Atlantico e Mediterraneo orientale, secondo una modalità debolmente negativa dell’EA.

La presenza della cosiddetta “falla iberica” provoca la risalita di correnti africane con target Europa centrocci-dentale, Nord Italia compreso. Al con-trario spesso le regioni adriatiche e il Sud ricevono infi ltrazioni da E-NE che causano frequenti rovesci e limitano l’incremento termico. Infatti nel quarto regime ricadono proprio le estati me-diamente più piovose per la Puglia, tra cui il 2002, il 1995, il 1989, il 1976.

Tra i regimi presi in considerazione è quindi quello che corrisponde ad un minor apporto precipitativo per l’Euro-pa centroccidentale, mentre sul piano termico la variabilità è molto alta.

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Se è vero che le Heat Waves, ossia le ondate di calore, più frequenti, intense e durature si hanno con questo pattern, è altresì un dato di fatto che uno spo-stamento verso occidente o settentrione della barica dominante possa deter-minare al contrario pure l’irruzione di aria più fresca di provenienzaartica.

La dinamica appena descritta era caratteristica delle estati più fredde degli anni ’60 e ’70, come il 1969 e il già citato 1976, in cui era frequente un mix tra il primo regime e questo, con estensione dell’anomalia nega-tiva al Mediterraneo centrale e l’alta anticiclonica relegata più a nordovest rispetto ai dettami del regime nella sua forma classica, secondo una dispo-sizione delle anomalie in estensione lungo ai paralleli, caratteristica comune con il regime (b) a cui spetta il secondo posto in ordine di frequenza. La reite-rata presenza di queste due confi gura-zioni zonali, unitamente ad un oceano Atlantico più fresco della norma (AMO-) ha sicuramente contribuito in maniera preponderante al verifi carsi delle frequenti stagioni estive fresche o molto fresche nel quarto di secolo compreso tra la metà degli anni ’50 e gli anni ’70, tanto che tra il 1953 e il 1981 praticamente tutte le estati hanno chiuso con uno scarto oscillante tra il grado sotto media e la perfetta norma-lità climatica.

Al contrario và notato come negli ultimi anni questo particolare pattern abbia spesso visto la cupola anticiclo-nica inglobare pure una buona fetta della penisola, determinando tempera-ture elevate praticamente ovunque.E quest’anno quale o quali regimi risulteranno dominanti? Proseguirà il trend al rialzo termico o trarremo benefi cio dagli effetti “calmieranti” della Niña? Non resta che attendere e scoprirlo assieme.Magnani Marco

Un particolare ringraziamento a Sergio Pizzutilo per la collaborazione nel reperimento dei dati climatici della regione pugliese.

BIBLIOGRAFIA:

Weather regime dependence of extreme value statistics for summer temperature and precipitation - P. Yiou, K. Goubanova, Z. X. Li, and M. Nogaj - Nonlin. Processes Geophys., 15, 365–378, 2008.

Tropical Atlantic Infl uence on European Heat Waves – C. Cassou, L. Terray, A. S. Phillips - Journal of Climate, Vol. 18 , 2005.

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Introduzione

Nella media e bassa stratosfera del-l’Emisfero Nord esiste un’oscillazione decadale con un periodo di 10-12 anni, individuato in base ad osservazioni di 40 anni durante le quali le oscillazioni erano in fase con il ciclo solare unde-cennale (SSC, sunspot cycle).In questo articolo si intende descrivere le correlazioni delle altezze di geopo-tenziale a 30 e 10 hPa e le temperature a 30 hPa con gli SSC, usando i dati NCEP-NCAR (National Centers for Environmental Prediction - National Center for Atmospheric Research). La descrizione affronta soltanto l’estate di entrambi gli emisferi e la media annua-le, ed utilizza il fl usso solare a 10.7cm come una misura del SSC.La prima funzione ortogonale empiri-ca (EOF 1) descrive a grandi linee la modalità dominante della variabilità interannuale stratosferica. Si usano le correlazioni delle serie temporali e delle loro estensioni con le temperature e le altezze di geopotenziale nella tro-posfera per dimostrare il grado di asso-ciazione tra la variabilità troposferica interannuale e la maggiore componente della variabilità stratosferica.

Correlazioni tra i dati NCEP-NCAR e il ciclo solare

Altezze

Le correlazioni tra le altezze medie annuali a 30 hPa e il fl usso solare a 10.7cm dei dati NCEP-NCAR 1973-1995 sono concentrate su una fascia intorno all’emisfero tra 10° e 45° N, parimenti sull’Emisfero Sud (Fig.1).

Le alte correlazioni solari nella media annuale dei dati NCEP-NCAR (0.65-0.8 in Fig.1) si trovano alle latitudini 10°-45°, con il campo di correlazione più alto sul Pacifi co a 30°N, come nel massimo solare del 1980-1981. Ma è nei mesi di Luglio e Agosto che si notano le correlazioni più alte tra il fl usso solare a 10.7cm e le altezze di geopotenziale a 30 hPa (come si nota in Fig.2).

Figura 1

Figura 2

ASSOCIAZIONE TRA CICLO SOLARE, STRATOSFERA E TROPOSFERA NELLE ESTATI EMISFERICHE E NELLA

MEDIA ANNUALEdi Paolo De Luca – socio e redattore “InMeteo”

Introduzione Figura 1

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Le correlazioni più alte con il ciclo solare nell’estate dell’Emisfero Meri-dionale (Fig.3) sono leggermente più basse rispetto a quelle corrispondenti nell’Emisfero Nord ma sono anche più ordinate in una fascia attorno all’Emi-sfero. L’asse dei valori delle loro altez-ze si trova a 10° e più in prossimità del polo che non sull’Emisfero Nord. La ragione di questa differente posizione può essere relazionata al fatto che la Terra è nel perielio durante l’estate australe e in afelio durante l’estate boreale.

Andando più in alto si hanno solo lievi cambiamenti. La fi gura 4 mostra l’immagine globale delle correlazio-ni tra le altezze di geopotenziale a 10 hPa (30 km) e il ciclo solare. Le correlazioni rimangono alte a questo livello, e ancora alquanto più alte in estate sull’Emisfero Nord (Fig. 4a) piuttosto che nell’estate dell’Emisfero Sud (Fig 4b); ma nell’inverno australe (Fig 4a) le correlazioni sono più alte rispetto all’inverno boreale (Fig 4b). La massima correlazione su entrambi gli emisferi si muove ampiamente dall’inverno all’estate; sull’Emisfero Meridionale il massimo si trova a 15°S in inverno (Fig 4a) e si muove verso i 55°S in estate. Il movimento corrispon-dente sull’Emisfero Nord va dal 25°N in inverno (Fig 4b) al 55°N in estate (Fig.4a).

Temperature

Le alte correlazioni tra la temperatura a 30hPa e l’SSC in giugno-luglio (Fig 5a) copre una fascia intorno all’Emi-sfero Nord a latitudini temperate. Negli stessi mesi ci sono poche notevoli correlazioni nell’Emisfero Sud. Al sol-stizio estivo meridionale (Fig 5b), c’è una zona continua di alte correlazioni sull’Emisfero Sud, mentre l’Emisfero Nord ha soltanto porzioni di correla-zioni moderatamente alte. Le più alte correlazioni tra le temperature a 30 hPa e il ciclo solare di conseguenza si muo-ve con il Sole da un estate emisferica all’altra.In estate un 35-50% di variazione inte-rannuale della temperatura nell’area di alte correlazioni, può essere ascritta al SSC. Le correlazioni sono più piccole al di sopra dell’equatore in entrambi i solstizi, quale è anche il caso dei mesi equinoziali (non mostrati).

Figura 1

Figura 4 Figura 4

ASSOCIAZIONE TRA CICLO SOLARE, STRATOSFERA E TROPOSFERA NELLE ESTATI EMISFERICHE E NELLA

MEDIA ANNUALEdi Paolo De Luca – socio e redattore “InMeteo”

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Correlazioni con la troposfera

Di seguito si correlano le serie tem-porali delle ampiezze di EOF1 (fi g.6) nelle altezze a 30 hPa con le tempe-rature troposferiche e le altezze di geopotenziale.

Figura 6:Serie temporali delle ampiezze dell’EOF 1 nelle altezze a 30 hPa in estate nell’Emisfero Nord (in alto) e nell’Emisfero Sud con il ciclo solare undecennale (curva sottile, con valori invertiti, vale a dire le curve in basso indicano massimi solari e viceversa) aggiunto nell’immagine in alto.

Le correlazioni per Luglio-Agosto si trovano in fi g.7.

Come si può notare, le serie temporali dell’ampiezza dell’EOF1 è dominata dall’onda in fase con il ciclo solare. Il segno dell’ampiezza (fi g.6) è negativo nei massimi solari e, con una correla-zione molto negativa in fi g.7, di con-seguenza la media delle altezze e delle temperature tende ad essere più alta nei massimi piuttosto che nei minimi del ciclo solare.Sebbene la superfi cie di 100 hPa sia di 8 Km più bassa rispetto ai 30 hPa, le altezze a 100 hPa sono ben correlate con l’EOF1 (fi g.7a). Andando più in basso di 10 Km, a 500 hPa (Fig.7b), le altezze tropicali sono ancora ben corre-late con l’EOF 1 nello stesso senso dei 100 hPa: quando l’EOF 1 è negativo, le altezze tendono ad essere alte. Con-siderando la relazione idrostatica, non è una sopresa che le temperature nella troposfera tropicale siano ben correlate con l’EOF 1 a 30 hPa (Fig. 7c).Si può trovare la stessa relazione appe-na descritta anche nell’estate dell’Emi-sfero Australe.

Conclusioni

Alla luce di questo studio effettuato esattamente 11 anni fa, ma tuttora valido, si evince come la stratosfera in primis, ma anche la troposfera, risenta-no fortemente dell’infl uenza del fl usso solare legato al ciclo undecennale. Pro-prio per questo motivo, non dobbiamo limitarci a pensare al ciclo solare come qualcosa che coinvolga il mero aspetto della superfi cie solare (macchie) o i disturbi che possono verifi carsi ai satelliti e ai sistemi di

Figura 5

Figura 6

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comunicazione terrestre associati al massimo solare, ma dobbia-mo prender coscienza che il Sole nella sua attività modula il comportamento dell’atmosfera terrestre sotto forma di mutamen-ti (lievi o importanti che siano) sia nei parametri meteo-clima-tologici sia in eventuali pattern teleconnettivi.

Note bibliografi che:

The Global Range of the Stra-tospheric decadal Wave, Part I: Its Association with the Sunspot Cycle in Summer and the Annual Mean, and the Troposphere – H. van Loon, K. Labitzke – 28 Luglio 1997

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A sinistra: 22-5-2008 Tempo-rale con shelf cloud in agro di San Severo (FG), foto di Paolo De Luca.

In basso: 30-6-2008 Mamma-tus Castelli Romani (Roma), foto di Silvio Villa.

Page 24: INMETEO MAGAZINE 6

3) Dal 300 a.C. e 300 d.C. Il periodo dell’ “Optimum dell’età romana” in cui le temperature si innalzano notevolmen-te. Una conferma di questa condizione di riscaldamento ci viene data da An-nibale che, nel 218 a.C., attraversa con un esercito composto da più di 25000 uomini le Alpi. Inoltre viene fondata Augusta Praetoria (l’odierna Aosta), in un importante crocevia mercantile: a Nord verso la Germania, a Ovest verso la Gallia.

4) Dal 400 d.C. al 700 d.C. Un ulteriore raffreddamento, sebbene meno intenso di quello descritto in preceden-za, determina la chiusura dei valichi del Grande e del Piccolo san Bernardo durante il periodo invernale con la ria-pertura soltanto nella stagione estiva.

5) Dal 750 d.C. il clima migliora rapidamente. Questo periodo viene chiamato “Optimum dell’età feudale” testimoniato da colture cerealicole che arrivano fi no a 2300 metri (sono stati trovati attrezzi per la trebbiatura nell’al-ta Valle d’Ayas). Inoltre l’Abbé Henry, studioso sia nel campo storico che nel campo scientifi co, scrive ne: “Le glacier de Prarayé ou de Tsa de Tsa”: “Tra il 1300 e il 1600 i ghiacciai diventavano molto piccoli e ridotti al loro minimo […] Una prova della loro contrazione è data dai colli dell’alta montagna, ora liberi e facilmente frequentabili: […] si facevano passare le mucche e i muli da Prarayé a Evolène per il Col Collon (3130 metri), da Zermatt à Evolène dal Col d’Hérens (3480 metri) […]”

6) Dal 1550 d.C. al 1850 d.C. il “Pessimum climatico della Piccola Età Glaciale” che “provocò un abbassa-mento di almeno 500 metri dei limiti climatici delle colture, del bosco, del pascolo e delle nevi persistenti determi-nando un lungo innevamento annuo dei valichi e addirittura la glacializzazione dei più elevati e insieme la perdita di una grande quantità di terre coltivabili” (A.V.C.).

In Valle d’Aosta questa Piccola Età Glaciale fu senza dubbio un duro colpo in quanto vedeva arrestarsi le attività commerciali con gli Stati confi nanti. Questa età glaciale ha determinato il più grande aumento delle dimensioni lineari e della volumetria dei ghiacciai degli ultimi due millenni.

7) Dal 1850 d.C. a oggi il riscal-damento globale tuttora in atto che ha visto, come scritto in precedenza, fasi di allungamento e di contrazione dei ghiacci valdostani. Ad esempio, fra il 1862 e il 1878, il ghiaccio del Lys perde 950 metri di lunghezza, la Brenva tra il 1844 e il 1878 quasi 1000 metri. Tale situazione, per certi aspetti simile a quella che stiamo vivendo nei nostri giorni, durò un ventennio circa. Un’alta fase di contrazione è avvenuta tra il 1860 e il 1882, quando in Italia l’in-dustrializzazione era appena agli inizi. Di conseguenza il clima caldo non era causa dell’uomo. In altri casi, invece, in cui l’industrializzazione era in fasi più avanzate, si sono registrati cali bruschi di temperature (tra il 1954 e il 1974, la temperatura media era di -1,20°C, simile a quella del 1920-1934 che però vide una contrazione dei ghiacciai). E’ quindi giusto e sbagliato allo stesso tempo accusare l’uomo di essere la causa della contrazione dei ghiacci. Infatti il nostro clima è, come abbiamo messo alla luce, simile a quello dell’optimum dell’età feudale e dell’età romana.

Per questa ragione l’attuale riscal-damento globale, potrebbe rientrare nell’alternanza storica tra fasi calde e fasi fredde che ha sempre caratteriz-zato la storia del clima. La causa della condizione dei ghiacci è quindi ancora un punto interrogativo: risulta essere di fondamentale importanza, prima di trarre delle conclusioni, comprendere il legame tra la lunghezza dei ghiacciai e l’attività umana.

CLIMA E GHIACCIAI IN VALLE D’AOSTAdi François Burgay, Collaboratore InMeteo

3) Dal 300 a.C. e 300 d.C. Il periodo In Valle d’Aosta questa Piccola Età La Valle d’Aosta, grazie al suo territorio esteso in altitudine, risulta essere uno dei più importanti musei del clima presen-te in Italia. I 200 ghiacciai di diverse dimensioni che si espandono per una su-perfi cie di circa 135 chilometri quadrati, forniscono indicazioni fondamentali per studiare l’evoluzione del clima.

L’Osservatorio Meteorologico del Gran San Bernardo può darci indicazioni di assoluta importanza. Innanzitutto è emerso che il comportamento dei ghiac-ciai dal 1818 al 2000 ha sempre subito fasi alterne di contrazione ed espansione. In media ogni 15 anni i ghiacciai hanno alternato fasi di espansione a fasi di contrazione. Si notano per altro delle espansioni anche durante l’età industria-le in cui il carbone, una delle maggiori cause del riscaldamento globale, era estremamente utilizzato.

Come è evoluto il clima nella Regione?

Grazie allo studio sulle variazioni lineari e volumetriche dei grandi ghiacciai, sui pollini fossi e, naturalmente, mediante i carotaggi sui ghiacciai è possibile risalire al clima valdostano del 5000 a.C. Pos-siamo cercare di riassumere brevemente tutte le varie ere che si sono alternate da quella data fi no ad oggi.

1) Dal 5000 a.C. al 1400 a.C. Il clima nella regione valdostana era superiore di almeno 4°C rispetto ad oggi. Il paesag-gio della Valle d’Aosta vedeva boschi fi n sopra i 2600 metri con pascoli che arrivavano anche fi no a 3200 metri. Il limite dei ghiacci perenni era altissimo: 3700 metri. Basti pensare che il famoso ghiacciaio del Rutor, che sovrasta La Thuile, non esisteva.

2) Dal 1400 a.C. al 300 a.C. Il clima della regione valdostana cala bruscamen-te. In circa un secolo (dal 1500 al 1400 a.C.) il ghiaccio del Rutor viene ricoper to dai ghiacci e si verifi cherà tra il 900 a.C. e il 300 a.C. un ulteriore brusco calo delle temperature.

La Valle d’Aosta, grazie al suo territorio esteso in altitudine, risulta essere uno dei più importanti musei del clima presen-te in Italia. I 200 ghiacciai di diverse dimensioni che si espandono per una su-perfi cie di circa 135 chilometri quadrati, forniscono indicazioni fondamentali per

L’Osservatorio Meteorologico del Gran

di assoluta importanza. Innanzitutto è emerso che il comportamento dei ghiac-ciai dal 1818 al 2000 ha sempre subito fasi alterne di contrazione ed espansione. In media ogni 15 anni i ghiacciai hanno alternato fasi di espansione a fasi di contrazione. Si notano per altro delle espansioni anche durante l’età industria-le in cui il carbone, una delle maggiori cause del riscaldamento globale, era estremamente utilizzato.

Come è evoluto il clima nella Regione?

Grazie allo studio sulle variazioni lineari e volumetriche dei grandi ghiacciai, sui pollini fossi e, naturalmente, mediante i carotaggi sui ghiacciai è possibile risalire al clima valdostano del 5000 a.C. Pos-

tutte le varie ere che si sono alternate da quella data fi no ad oggi.

nella regione valdostana era superiore di almeno 4°C rispetto ad oggi. Il paesag-gio della Valle d’Aosta vedeva boschi fi n sopra i 2600 metri con pascoli che arrivavano anche fi no a 3200 metri. Il limite dei ghiacci perenni era altissimo: 3700 metri. Basti pensare che il famoso ghiacciaio del Rutor, che sovrasta La Thuile, non esisteva.

2) Dal 1400 a.C. al 300 a.C. Il clima della regione valdostana cala bruscamen-te. In circa un secolo (dal 1500 al 1400 a.C.) il ghiaccio del Rutor viene ricoper to dai ghiacci e si verifi cherà tra il 900 a.C. e il 300 a.C. un ulteriore brusco calo delle temperature.

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