Bea magazine 3

5
Un numero sul lavoro ben fatto Ripartire dalla passione e dall’approccio seguici su timu.it www.ahref.eu [email protected] #03 AGO2013 EXODUS SEDE DI CASSINO Via San Domenico Vertelle, 23 Tel. e Fax 0776 311788 www.exodus.it [email protected] I n vista della preparazione della manifestazione “Mille Giovani per la Pace”, evento che festeg- gia la sua XIX edizione, il cui tema portante quest’anno è il lavoro, la nostra redazione ha deciso di dedi- care il numero di questi ultimi due mesi proprio al tema in questione. Il lavoro, direi anche il lavoro ben fatto, sì proprio così perché inter- vistando alcuni ragazzi di Exodus mi sono accorta di quanto la qua- lità del lavoro sia prioritaria per poter raccogliere il massimo della gratificazione da esso. C’è lavoro e lavoro, “se prima non davo valore al tipo di lavoro ma solo al guadagno adesso vedo il settore lavorativo da un altro pun- to di vista (…) ho più soddisfazio- ni nel vedere il risultato di ciò che faccio” mi dice Giovanni respon- sabile oggi, dopo sei mesi e mezzo di cammino, di uno dei settori più importanti del nostro percorso: la fattoria didattica. Attraverso la sua esperienza quo- Il terzo numero del BEA ma- gazine, il giornale della bot- tega exodus ahref di Cassino, è stato realizzato interamen- te dai ragazzi del laboratorio. Crediamo sia un risultato da sottolineare: otto pagine, un reportage fotografico, un nu- mero dedicato ad un tema che sempre più si afferma come fondamentale. Il fare bene le cose come approccio, per indi- care un sentiero a chi smarri- sce la via. Vale per una persona ma può valere anche per l’inte- ro paese. alestrazzullo tidiana che lo vede giorno dopo giorno impegnato a prendersi cura dei nostri animali, provvedendo alla loro pulizia e, perché no, anche al loro bisogno di amore e di con- siderazione, Giovanni si è trovato quasi spiazzato di fronte alla real- tà: grazie al suo lavoro “ben fatto”, grazie al suo personale coinvolgi- mento e la sua costante attenzione, la gratificazione ma soprattutto l’immensa soddisfazione lo ripaga- vano più di qualunque altra forma di guadagno. In comunità si riacquisisce col tempo il senso della parola “lavo- ro”. Molti di noi nell’essere rimasti intrappolati nella tossicodipen- denza, hanno perso la buona abi- tudine a mettersi in gioco, fattore fondamentale per saziare la nostra autostima. Chi si avvicina alle so- stanze spesso lo fa perché non si sente valorizzato, ha smarrito la propria corrente gravitazionale e si dimentica totalmente di prendersi cura di se stesso. Battiato, nella sua canzone, questa corrente la supere- rebbe per noi, e Exodus, ridandoci la possibilità anche attraverso il la- voro ben fatto di tornare a credere in noi e nei nostri mezzi, ci dà l’op- portunità di riscattarci dando un senso diverso alla nostra vita. Giorgia Nazzaro

description

Il terzo numero di BEA, magazine della Bottega Exodus Ahref di Cassino. Tema di questo numero il lavoro ben fatto!

Transcript of Bea magazine 3

Page 1: Bea magazine 3

Un numero sul lavoro ben fattoRipartire dalla passione e dall’approccio

seguici su [email protected]

#03AGO2013

EXODUS SEDE DI CASSINOVia San Domenico Vertelle, 23

Tel. e Fax 0776 311788www.exodus.it

[email protected]

In vista della preparazione della manifestazione “Mille Giovani per la Pace”, evento che festeg-

gia la sua XIX edizione, il cui tema portante quest’anno è il lavoro, la nostra redazione ha deciso di dedi-care il numero di questi ultimi due mesi proprio al tema in questione. Il lavoro, direi anche il lavoro ben fatto, sì proprio così perché inter-vistando alcuni ragazzi di Exodus mi sono accorta di quanto la qua-lità del lavoro sia prioritaria per poter raccogliere il massimo della gratificazione da esso.C’è lavoro e lavoro, “se prima non davo valore al tipo di lavoro ma solo al guadagno adesso vedo il settore lavorativo da un altro pun-to di vista (…) ho più soddisfazio-ni nel vedere il risultato di ciò che faccio” mi dice Giovanni respon-sabile oggi, dopo sei mesi e mezzo di cammino, di uno dei settori più importanti del nostro percorso: la fattoria didattica.Attraverso la sua esperienza quo-

Il terzo numero del BEA ma-gazine, il giornale della bot-tega exodus ahref di Cassino, è stato realizzato interamen-te dai ragazzi del laboratorio. Crediamo sia un risultato da sottolineare: otto pagine, un reportage fotografico, un nu-mero dedicato ad un tema che sempre più si afferma come fondamentale. Il fare bene le cose come approccio, per indi-care un sentiero a chi smarri-sce la via. Vale per una persona ma può valere anche per l’inte-ro paese. alestrazzullo

tidiana che lo vede giorno dopo giorno impegnato a prendersi cura dei nostri animali, provvedendo alla loro pulizia e, perché no, anche al loro bisogno di amore e di con-siderazione, Giovanni si è trovato quasi spiazzato di fronte alla real-tà: grazie al suo lavoro “ben fatto”, grazie al suo personale coinvolgi-mento e la sua costante attenzione, la gratificazione ma soprattutto l’immensa soddisfazione lo ripaga-vano più di qualunque altra forma di guadagno.In comunità si riacquisisce col tempo il senso della parola “lavo-ro”. Molti di noi nell’essere rimasti intrappolati nella tossicodipen-denza, hanno perso la buona abi-tudine a mettersi in gioco, fattore fondamentale per saziare la nostra autostima. Chi si avvicina alle so-stanze spesso lo fa perché non si sente valorizzato, ha smarrito la propria corrente gravitazionale e si dimentica totalmente di prendersi cura di se stesso. Battiato, nella sua

canzone, questa corrente la supere-rebbe per noi, e Exodus, ridandoci la possibilità anche attraverso il la-voro ben fatto di tornare a credere in noi e nei nostri mezzi, ci dà l’op-portunità di riscattarci dando un senso diverso alla nostra vita.

Giorgia Nazzaro

Page 2: Bea magazine 3

2

‘A faticaIl lavoro nobilita l’uomo. Si, ma quando hai voglia e genio di lavorare!

Non sono mai stata una per-sona che porta a termine quello che inizia. Ho sem-

pre aggirato i problemi, ho sempre evitato le responsabilità e, dicia-molo pure, ho sempre scansato il lavoro: preferivo sempre la via più semplice. È per questo e per tan-te altre ragioni che oggi mi trovo qui in comunità. Quando diventi tossicodipendente la droga nella maggior parte dei casi non c’entra nulla. Il problema è essenzialmen-te la presenza di un vuoto che non riesci a colmare con nulla. Per ri-solvere usi un “tappo” che (almeno sul momento) blocca le tue paure. Si dice che il lavoro nobiliti l’uomo, ma quando hai voglia e genio di la-vorare! Da lucida quella voglia non c’era mai e cercavo sempre quell’ “aiutino” che mi faceva andare avanti senza fermarmi. Bè a 80mg di metadone avrei scalato anche l’Everest. Il problema, se così lo vogliamo chiamare, sorge quando sei pulito dalle sostanze. E per me da lucida, almeno all’inizio, ogni cosa diventava un ostacolo insor-

3

In comunità s’impara a ripren-dere le buone abitudini che purtroppo la tossicodipenden-

za può far dimenticare. Quando si varca la porta di questo luogo si è spesso smarriti, privi del senso di responsabilità e incapaci a capire quale senso possa avere il lavoro. Ecco perché una delle ruote più importanti che fa avanzare il carro lungo il nostro cammino è appun-to l’applicazione, la continuità, la disciplina, il lavoro ben fatto. Ab-biamo deciso di intervistare Fabio, che attraverso la sua esperienza ci racconta di quanta soddisfazione e gratificazione si possa ottenere lavorando, così come di quanta determinazione e disciplina ci vo-glia per ricominciare ad apprezza-re nuovamente il senso della vita. «Mi chiamo Fabio, vengo da Ca-pranica in provincia di Viterbo, sono nato a Roma, dove mi sono trasferito quando avevo 18 anni». Fabio è riservato, timido. Ci parla lentamente mentre lavora. A bassa

Di impegno, soddisfazione e responsabilitàIl lavoro: orgoglio e gratificazione

Alcuni pensieri dei ragazzi di Exodus

Lavorare in un certo modo fa parte del mio cambiamento. Ci vuole attenzione, impegno e sacrificio. In più per fare le cose per bene o per farle male ci vuole lo stesso tempo.

Il lavoro è vita, è mettersi in gioco, lavorare è un modo per lasciare il mio nome.

Ci ho messo un po’ a capire che anche non facendo per forza qualcosa che ho scelto, posso comunque raccogliere soddisfa-zione e senso di responsabilità.

montabile. Qui in comunità la mia incostanza era venuta fuori tutta insieme durante e dopo l’astinen-za. Erano tutte cose nuove per me. Io, Serena, che non avevo mai por-tato a termine nulla, mi sono tro-vata alle strette e forzatamente ho dovuto iniziare a fare cose normali che fanno parte di una vita norma-le. Non capivo a cosa servisse lavo-rare con metodo e costanza, perché la mia vita era tutto un eccesso: o tutto o niente. Più di tutto mi pesa-va l’attività fisica alle sette del mat-tino e il fatto che in mezz’ora devi alzarti, lavarti, vestirti e fare le pu-lizie della stanza. Devo ammettere che per un periodo ho rimpianto la mia vita “tossica” perché sempli-cemente mi gingillavo per ore ed ore sul letto davanti alla TV. Poi, all’improvviso, la svolta. Sfidavo me stessa, con tutte le difficoltà che questo comportava e soprattutto in astinenza, questa situazione era massacrante. Pianti, urla e voglia di mollare tutto, ma non l’ho fatto. Ho capito che devi sudare per otte-nere qualcosa di bello.

Ok, si soffre, ma vuoi mettere la soddisfazione quando sei alla fine di tutto e ti dici: “sono stato capace di fare questo, di portare a termi-ne una responsabilità, un lavoro, le persone iniziano a fidarsi di me”. Tutto questo ti fa crescere, ti fa capire che solo volendo, puoi fare quello che vuoi, che non sei inutile, che non è vero che hai bisogno del-la droga per andare avanti. Con le sostanze, qualsiasi esse siano, forse per qualche ora sarà tutto come se fosse un sogno, bello, accoglien-te, tutto al posto giusto nel modo giusto, ma poi? Continuerai a sci-volare inerte nella tua vita, sarai schiavo di un qualcosa che ti tra-sformerà in un fantoccio di paglia. E per quel breve momento di pia-cere che comunque è solo un’illu-sione, ne vale la pena? Oggi io so che davvero non ne vale la pena.

Serena Amato

voce, mentre stucca una parete, ci da risposte posate. Sembra sereno mentre ci parla. «Sono quì in co-munità da circa cinque mesi. Sono entrato perché ho avuto problemi con l’alcool e con l’eroina. Fuori ero artigiano edile».Quando parla del suo lavoro sorri-de per qualche attimo. Poi riprende a guardare il muro su cui sta lavo-rando. «È un lavoro che mi ha dato tante soddisfazioni perché ti porta a es-sere a contatto con tante persone diverse e poi perché quando finisci di fare ciò che ti commissionano, ti senti soddisfatto e orgoglioso di te stesso. Per me era molto impor-tante perché mi teneva impegnato durante la giornata e non pensavo a fare stupidaggini».In Exodus Fabio svolge lavori di manutenzione: ci sono ripara-zioni da fare quotidianamente e controlli costanti. La struttura è grande e per far funzionare tutto c’è bisogno che ogni ingranaggio

giri al meglio. «Qui svolgo lavori di manutenzione tipo muratura, pittura, stuccatura e mi occupo anche dell’orto: lavoro e pulisco dalle erbacce la terra, curo e seguo la crescita delle piantine e raccolgo frutta, ortaggi e verdura. È impe-gnativo, ma mi diverte. E soprat-tutto mi gratifica».Quando gli chiediamo cos’è il la-voro abbassa le mani e gli attrezzi. Ci pensa su, poi ci guarda e sorride appena, tornando serio immedia-tamente. «Il lavoro è responsabi-lità. Anche quello che sto facendo ora lo è. Stiamo sistemando un locale per farci un pub e abbiamo delle scadenze. Tutto questo impli-ca costanza, impegno e una gran-de maturità. Il lavoro è anche un diritto, è sancito anche dalla Co-stituzione Italiana. Il problema è trovarlo, soprattutto in questo pe-riodo».

Intervista a curadi Fabrizio Ancona e Serena Amato

Page 3: Bea magazine 3

4 5

A sinistraGiorgia Nazzaro e Vincenzo Moretti durante una riunione

A centro paginaAsinistra il manifestoMille Giovani per la Pace 2013A destraoperatori e volontariin riunione in giardino

In basso La Bottega Exodus Ahref al lavoro

A sinistraLa Bottega alla ricercadi foto storiche e d’archivioper la creazione di un videosulla storia dellaMIlle Giovani per la Pace

A centro paginaL’impaginazione di questo numeroin Bottega

In basso Prima riunione per l’organizzazionedella Mille Giovani per la Pace 2013

Segui il codice QR per scoprire di più sulla Mille Giovani per la Pace

Dallo scritto allo scattoReportage fotografico sul lavoro di organizzazione della Mille Giovani per la Pace 2013di Federica Ghira

Page 4: Bea magazine 3

6 7

Poco dopo il mio ingresso in comunità (sono passati or-mai 9 mesi) sono venuta a

conoscenza della Bottega Exodus Ahref. Ricordo bene quel pome-riggio di pieno inverno. Ricordo le perplessità che avevo e soprattutto la paura di aprirmi a quest’espe-rienza. Dopo qualche mese tutto quello che pensavo di quel pome-riggio si é completamente trasfor-mato. Oggi faccio ancora parte di quel laboratorio, e vi partecipo con trasporto ed entusiasmo. Sono di-ventata caporedattrice e i nostri progetti si concretizzano mese dopo mese con innumerevoli tra-guardi uno dei quali, forse il più importante, il numero crescente di consensi da parte di tutti voi. Ma parliamo del presente. In que-sti giorni siamo in piena attività per la realizzazione di un nuovo importantissimo progetto, l’orga-nizzazione della diciannovesima edizione di una grande manifesta-zione: la Mille Giovani per la Pace.

Testa, Mani e Cuore è il romanzo dell’Italia ope-rosa, quella che dà valore al lavoro, che mette impegno nelle cose che fa. L’Italia che le sue

rughe se le guadagna ogni giorno, grazie a ciò che sa e che sa fare. L’Italia che vuole tornare a regalare al mondo intelligenza, arte, tecnologia, bellezza. L’Italia del lavoro ben fatto, di Rinalda e del vocabolario, di Lorenzo e della piazza, del tempo e di Alvise. L’Italia che c’è, è vera, esiste, bisogna solo raccontarla. L’Italia che... se non ci salva lei non ci salva nessuno.Questa stessa Italia è narrata anche nel film diretto da Alessio Strazzullo disponibile gratuitamente suwww.leviedellavoro.org.

«Cosimo, ti va di parlare un poco del tuo libro?»«Certo.»«Va controcorrente, e questo mi piace, perché a furia di parlare di precarietà, di insicurezza, di problemi, rischiamo di convincerci che esistano solo quelli, e in-vece no. Naturalmente non voglio dire che i problemi non ci sono, tra quello che sto passando io e quello che sta passando l’Italia – gli adulti che perdono il lavoro, i giovani che non lo trovano, la pensione che è sempre più lontana e compagnia bella – dovrei essere scemo, perché cieco non basta, per sostenere una cosa del ge-nere. Dico però che non ci sono solo i problemi, che ci sono anche idee, energie, risorse, persone come Loren-zo, Ottavia, Arnoldo, i protagonisti dei tuoi racconti, che però per come stiamo messi adesso non riescono a venire fuori, a diventare punti di riferimento, mentre invece sono proprio loro quelli che, con il loro approccio

Di cosa si tratta? Venti anni fa, in occasione del 50° anniversario del-la distruzione di Cassino e Mon-tecassino, prendeva forma questa manifestazione: l’idea di base era di radunare il maggior numero possi-bile di giovani per far germogliare la pace attraverso l’allestimento di un grande cantiere, il Cantiere di Educazione alla Pace. Eccoci qui anche quest’anno insieme, gomito a gomito per portare alla luce que-sto avvenimento.Quando verso la fine del mese di luglio lo slogan “Mille Giovani per la Pace” inizia a rimbom-bare tra le pareti della nostra casa, una specie di elettricità, di ansia, di agitazione prende forma e un movimento deciso si disegna.Si organizzano tutti i gruppi di lavoro, tutti senza esclusione parte-cipano all’evento, utenti,

volontari, educatori, responsabili di sede e chi più ne ha più ne met- ta. Tutti gli spazi della comunità si trasformano attimo dopo attimo e ciascuno di noi ha un ruolo ben definito. Giorno dopo giorno il di- segno prende forma. Il countdown è iniziato, ci siamo quasi, la ten- sione è alle stelle, siamo pronti e ci auguriamo che anche quest’anno l’evento sia indimenticabile. E che la Pace ci accompagni.

Giorgia Nazzaro

L’evento giunto alla XIX edizioneMille Giovani per la Pace: una grande avventura

e il loro coraggio, ci permetteranno di farcela. Cosimo, per me l’Italia o la salva il lavoro o non la salva nessu-no, il lavoro preso di faccia, come diceva nostro padre, il lavoro ben fatto, perché quando fai una cosa lo sai se l’hai fatta bene, a regola, o invece no.» Sorrido tra me e me mentre penso che sono partito pro-prio da lì, dalla necessità di dare voce alle persone sem-plici, normali, quelle che hanno a che fare con le cose concrete e i valori veri.Sono contento che questa volta Libero non abbia detto che scrivo libri solo per i miei amici dotti e sapienti, che abbia condiviso l’importanza di raccontare anche questa faccia qui del lavoro.Non c’è niente da fare, per certe cose l’università della famiglia vale più dell’università degli studi, «tale albero tale frutto», siamo fatti con lo stampino, non solo io e lui, tutti e sei.

Testa, mani e cuoreL’Italia del lavoro ben fatto

Leggi un estratto del libro

Vincenzo MorettiTesta, Mani e cuoreEdiesse pp. 204

Illustrazionedell’artista cassinate

Danilo Salvucci

Page 5: Bea magazine 3