Ducato nr. 3 / 2008

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il Ducato Periodico dell’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino Quindicinale - 8 febbraio 2008 - Anno 18 - Numero 3 Internet: “Ducato on line” - www.uniurb.it/giornalismo Distribuzione gratuita Spedizione in a.p. 45% art.2 comma 20/b legge 662/ 96 - Filiale di Urbino Cabine, antenne, abitazioni e cortili. Se un turista vuole pas- seggiare lungo le mura, si ritrova di fronte a un vero e proprio per- corso a ostacoli. C’è chi porta avanti da anni una campagna per ottenere il camminamento sull’intera cinta muraria, ma il Comune spiega che in alcuni punti è impossibile intervenire. a pagina 2 Passeggiata a ostacoli Le mura della città Venticinque falconieri prove- nienti da tutta Italia hanno ga- reggiato a Fermignano domeni- ca scorsa, dando una dimostra- zione dell’antica arte della cac- cia con il falco, praticata anche da Federico II di Svevia. E oggi c’è chi è disposto a spendere ci- fre che possono arrivare ai 40.000 euro per gli esemplari più pregiati. a pagina 8 Nel Montefeltro a caccia con il falco Fermignano Prima convocazione in naziona- le per la pesarese Giulia Bratush, che è volata in Irlanda con le compagne per la prima partita del Sei Nazioni: “Il movimento è in crescita, ma serve una vittoria per far parlare di noi. Studio Scienze Politiche: i pochi soldi che guadagno li uso per pagare gli studi”. a pagina 15 Da Pesaro al Sei Nazioni Rugby femminile Corbucci: così cambio la città Al via Santa Lucia e consorzio, presto la funicolare. Il piano dei trasporti Intervista al sindaco. Pronti i progetti per il nuovo modello di sviluppo L’EDITORIALE U na città che non appartie- ne più agli urbinati, perché se ne sono andati a vivere fuori; ma non appartiene neanche agli studenti, che vengono sempre meno e appena possono se ne vanno. Una città senza vocazione, dove il turismo va a singhiozzo, il commercio langue e tutti si lamen- tano. Una città che tutti ci invidiano, dove a molti piacerebbe vivere (o così credono). Una città con un’imma- gine molto più affascinante di quel- lo che i suoi abitanti sembrano cre- dere. A dirlo così sembra un rebus, ma da tempo Urbino è una specie di città-rebus. Più volte ci siamo chiesti e abbiamo chiesto anche noi in queste pagine che cosa vogliono fare i cittadini della loro città. Le risposte sono state per lo più ambigue o incerte. Abbiamo invitato il Sindaco, che ha accettato ed è venuto in redazione per rispondere alle nostre doman- de. È una vecchia tradizione, ma stavolta era più importante, perché avevamo e abbia- mo la sensazione di essere a un punto di svolta. Le sue risposte si possono leggere più ampiamente nelle pagine inter- ne. Qui riassumia- mo l’essenziale: “la vocazione di Urbino è cambia- ta – dice il sindaco – e la mia amministrazione ha crea- to le premesse di questo cambia- mento. La Fano-Grosseto è riparti- ta, la Bretella arriverà presto a Urbino, la Fornace e la funicolare, insieme con il par- cheggio di S. Lucia, daranno una mano a risol- vere i problemi del traffico e dell’ac- cesso al centro.” Non si può non prendere atto, ma non è solo un punto di arrivo; è anche un punto di partenza. E ades- so? Una volta pronta la scatola, che ci mettiamo dentro? Il Sindaco ha ragione a dire di aver fatto la sua parte; si può dissentire o meno dalle sue scelte, il che non è compi- to nostro, ma i fatti ci sono. Però rimane la sensazione che non basti. È come se la cosiddetta socie- tà civile, di cui sempre si parla, in questo processo di rinnovamento non fosse partecipe; non si facesse sentire. A cominciare dal fatto che la città, mano a mano che gli stu- denti diminuiscono, sembra sem- pre più vuota. Girare la sera per lo straordinario intreccio delle stradi- ne del centro lascia con un senso di vuoto, di malinconia. Troppe fine- stre sono buie. Non si incontra mai nessuno, non si sentono voci; neanche quelle dei televisori accesi, che altrove magari si preferirebbe spenti. È per questo che abbiamo pensato di interrogare la città. Nelle prossime settimane vogliamo capi- re dov’è, trovare la sua anima segre- ta, rispondere alla domanda: che ne è stato e che ne sarà della glorio- sa capitale del Ducato? Urbino non dimentichi la sua anima “A Urbino tutto ruotava intor- no all’Università. I progetti in partenza rilanciano l’econo- mia e cambiano il futuro di questa città”. A quattro anni dall’elezione, il sindaco Franco Corbucci ha fatto il punto della situazione sulla città ducale. Tra le priorità, migliori collega- menti con il resto delle Marche e il versante Tirrenico. In attesa della bretella, sono state rad- doppiate le corse per Pesaro, mentre è in progetto una linea per Fano. Ancora poche le corse domenicali: tornare a Urbino la sera resta impossibi- le. Con i lavori in corso a Santa Lucia e il progetto esecutivo per l’ex Consorzio, manca solo il centro commerciale all’ex Fornace Volponi per comple- tare il piano di rilancio pensa- to dall’amministrazione. Per la funicolare, invece, si cercano gli ultimi quattro milioni di euro: si spera nell’investimen- to di un privato. “Il centro storico deve tornare a essere un luogo di incontro per studenti e urbinati”. Secondo Corbucci, la ricetta per garantire un futuro roseo al centro si articola su tre punti: corsi universitari di alta formazione, affitti bassi e il nuovo collegio Raffaello con negozi e artigianato di qualità. alle pagine 2-3 C’è un punto di partenza ma restano strade deserte e un senso di malinconia I lavori per la nuova sede, che avrebbe dovuto ospitare i servizi Megas Spa, sono iniziati nel 2003 e dovevano terminare nel 2005. Tre anni dopo a Casino Noci c’è solo un scheletro in cemento armato. Camion e gru sono fermi e gli operai hanno abbandonato il cantiere a luglio. L’impresa edile lamenta ritardo o assenza dei pagamenti. L’ex Megas, oggi confluita in Marche Multiservizi, per il momento non rilascia dichiarazioni. a pagina 3 Palazzo dei servizi, cantiere fermo da mesi Il Presidente Gioacchino Sassi e il Procuratore Capo Claudio Co- assin saranno sostituiti entro la fine dell’anno. Altri due magi- strati saranno trasferiti la pros- sima estate. Mentre triplicano i processi per debiti, per il Tribu- nale si prospetta un futuro diffi- cile. Ogni anno, infatti, sono ce- lebrati più di mille processi. a pagina 5 Meno giudici ma sempre più processi Tribunale Ducato 1-16.qxp:ducatoultra def.qxd 6-02-2008 16:15 Pagina 1

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A cura della redazione dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino

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Quindicinale - 8 febbraio 2008 - Anno 18 - Numero 3Internet: “Ducato on line” - www.uniurb.it/giornalismo

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Cabine, antenne, abitazioni ecortili. Se un turista vuole pas-seggiare lungo le mura, si ritrovadi fronte a un vero e proprio per-corso a ostacoli. C’è chi portaavanti da anni una campagnaper ottenere il camminamentosull’intera cinta muraria, ma ilComune spiega che in alcunipunti è impossibile intervenire.

a pagina 2

Passeggiata a ostacoli

Le mura della città

Venticinque falconieri prove-nienti da tutta Italia hanno ga-reggiato a Fermignano domeni-ca scorsa, dando una dimostra-zione dell’antica arte della cac-cia con il falco, praticata ancheda Federico II di Svevia. E oggic’è chi è disposto a spendere ci-fre che possono arrivare ai40.000 euro per gli esemplari piùpregiati.

a pagina 8

Nel Montefeltroa caccia con il falco

Fermignano

Prima convocazione in naziona-le per la pesarese Giulia Bratush,che è volata in Irlanda con lecompagne per la prima partitadel Sei Nazioni: “Il movimento èin crescita, ma serve una vittoriaper far parlare di noi. StudioScienze Politiche: i pochi soldiche guadagno li uso per pagaregli studi”.

a pagina 15

Da Pesaro al Sei Nazioni

Rugby femminile

Corbucci: così cambio la cittàAl via Santa Lucia e consorzio, presto la funicolare. Il piano dei trasporti

Intervista al sindaco. Pronti i progetti per il nuovo modello di sviluppo

L’EDITORIALE

Una città che non appartie-ne più agli urbinati, perchése ne sono andati a vivere

fuori; ma non appartiene neancheagli studenti, che vengono sempremeno e appena possono se nevanno. Una città senza vocazione,dove il turismo va a singhiozzo, ilcommercio langue e tutti si lamen-tano.Una città che tutti ci invidiano, dovea molti piacerebbe vivere (o cosìcredono). Una città con un’imma-gine molto più affascinante di quel-lo che i suoi abitanti sembrano cre-dere. A dirlo così sembra un rebus,ma da tempo Urbino è una speciedi città-rebus. Più volte ci siamochiesti e abbiamo chiesto anchenoi in queste pagine che cosavogliono fare i cittadini della lorocittà. Le risposte sono state per lopiù ambigue o incerte.Abbiamo invitato il Sindaco, che haaccettato ed è venuto in redazioneper rispondere alle nostre doman-

de. È una vecchia tradizione, mastavolta era più importante, perchéavevamo e abbia-mo la sensazionedi essere a unpunto di svolta. Lesue risposte sipossono leggerepiù ampiamentenelle pagine inter-ne. Qui riassumia-mo l’essenziale:“la vocazione diUrbino è cambia-ta – dice il sindaco– e la mia amministrazione ha crea-to le premesse di questo cambia-mento. La Fano-Grosseto è riparti-

ta, la Bretella arriverà presto aUrbino, la Fornace e la funicolare,

insieme con il par-cheggio di S.Lucia, darannouna mano a risol-vere i problemi deltraffico e dell’ac-cesso al centro.”Non si può nonprendere atto, manon è solo unpunto di arrivo; èanche un punto dipartenza. E ades-

so? Una volta pronta la scatola, checi mettiamo dentro? Il Sindaco haragione a dire di aver fatto la sua

parte; si può dissentire o menodalle sue scelte, il che non è compi-to nostro, ma i fatti ci sono. Peròrimane la sensazione che nonbasti. È come se la cosiddetta socie-tà civile, di cui sempre si parla, inquesto processo di rinnovamentonon fosse partecipe; non si facessesentire. A cominciare dal fatto chela città, mano a mano che gli stu-denti diminuiscono, sembra sem-pre più vuota. Girare la sera per lostraordinario intreccio delle stradi-ne del centro lascia con un senso divuoto, di malinconia. Troppe fine-stre sono buie. Non si incontra mainessuno, non si sentono voci;neanche quelle dei televisori accesi,che altrove magari si preferirebbespenti. È per questo che abbiamopensato di interrogare la città. Nelleprossime settimane vogliamo capi-re dov’è, trovare la sua anima segre-ta, rispondere alla domanda: chene è stato e che ne sarà della glorio-sa capitale del Ducato?

Urbino non dimentichila sua anima

“A Urbino tutto ruotava intor-no all’Università. I progetti inpartenza rilanciano l’econo-mia e cambiano il futuro diquesta città”. A quattro annidall’elezione, il sindaco FrancoCorbucci ha fatto il punto dellasituazione sulla città ducale.

Tra le priorità, migliori collega-menti con il resto delle Marchee il versante Tirrenico. In attesadella bretella, sono state rad-doppiate le corse per Pesaro,mentre è in progetto una lineaper Fano. Ancora poche lecorse domenicali: tornare aUrbino la sera resta impossibi-le.

Con i lavori in corso a SantaLucia e il progetto esecutivoper l’ex Consorzio, manca soloil centro commerciale all’exFornace Volponi per comple-tare il piano di rilancio pensa-to dall’amministrazione. Per lafunicolare, invece, si cercanogli ultimi quattro milioni dieuro: si spera nell’investimen-to di un privato.

“Il centro storico deve tornarea essere un luogo di incontroper studenti e urbinati”.Secondo Corbucci, la ricettaper garantire un futuro roseoal centro si articola su trepunti: corsi universitari di altaformazione, affitti bassi e ilnuovo collegio Raffaello connegozi e artigianato di qualità.

alle pagine 2-3

C’è un puntodi partenzama restano

strade desertee un senso

di malinconia

Ilavori per la nuova sede, che avrebbe dovuto ospitare i servizi Megas Spa, sono iniziati nel2003 e dovevano terminare nel 2005. Tre anni dopo a Casino Noci c’è solo un scheletro

in cemento armato. Camion e gru sono fermi e gli operai hanno abbandonato il cantiere aluglio. L’impresa edile lamenta ritardo o assenza dei pagamenti. L’ex Megas, oggi confluitain Marche Multiservizi, per il momento non rilascia dichiarazioni. a pagina 3

Palazzo dei servizi, cantiere fermo da mesi

Il Presidente Gioacchino Sassi eil Procuratore Capo Claudio Co-assin saranno sostituiti entro lafine dell’anno. Altri due magi-strati saranno trasferiti la pros-sima estate. Mentre triplicano iprocessi per debiti, per il Tribu-nale si prospetta un futuro diffi-cile. Ogni anno, infatti, sono ce-lebrati più di mille processi.

a pagina 5

Meno giudicima semprepiù processi

Tribunale

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MASS MEDIA

ASSOCIAZIONE PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO, fondata da Carlo Bo. Presidente: GIOVANNI BOGLIOLO, Rettore dell'Università di Urbino "Carlo Bo".Vice: GIANNETTO SABBATINI ROSSETTI, Presidente dell'Ordine dei Giornalisti delle Marche. Consiglieri: per l'Università: BRUNO BRUSCIOTTI, LELLA MAZZOLI,GIUSEPPE PAIONI; per l'Ordine: STEFANO FABRIZI, DARIO GATTAFONI, CLAUDIO SARGENTI; per la Regione Marche: PAOLA DE CRESCENTINI, SAURO BRANDO-NI; per la Fnsi: GIOVANNI GIACOMINI, GIANCARLO TARTAGLIA. ISTITUTO PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO: Direttore: LELLA MAZZOLI, Direttore emeri-to: ENRICO MASCILLI MIGLIORINI. SCUOLA DI GIORNALISMO: Direttore: GIOVANNI MANTOVANI

IL DUCATO Periodico dell'Ifg di Urbino Via della Stazione, 61029 - Urbino - 0722350581 - fax 0722328336 www.uniurb.it/giornalismo; e-mail: [email protected] Direttore responsabile: GIOVANNI MANTOVANI Stampa: Arti Grafiche STIBU - Urbania (PU) - 0722319431 RegistrazioneTribunale Urbino n. 154 del 31 gennaio 1991

Serventi Longhi: “In alcuni paesic’è un’autentica caccia all’inviato”Candito: “Nessuna tutela possibile”

stampa più importanti compra-no servizi già confezionati puravendo un loro uomo nel luogo delconflitto. Mimmo Candito, storicoinviato di guerra de “La Stampa”,sottolinea come “il free-lance ha ildovere di offrire di più, di racco-gliere informazioni diverse, di ave-re in mano cose che gli altri nonhanno: questo lo porta natural-mente ad andare incontro a peri-coli ulteriori”. Insomma, in unpaese in guerra di situazioni ri-schiose ce ne sono sempre, manon è uguale per tutti. Oggi i giornalisti non muoionosolo in guerra. “Sarebbe un erro-re pensarlo – afferma la Cohen –perché negli ultimi due anni nesono stati uccisi diversi in Rus-sia, Turchia, Filippine e Sri Lan-ka, solo per citarne alcuni: lì nonc’è nessun conflitto in atto”. Glifa eco Mimmo Candito: “Ripor-tare qualcosa di scomodo chedanneggi i potentati economicie politici locali, o ancor peggio lacriminalità organizzata indige-na è rischioso quanto adden-trarsi in un teatro bellico, se nondi più. Si pensi alla denuncia del-le narcomafie in Sud America, oai colleghi del sud-est asiaticoche vanno contro l’esercizio del-la tortura. Il caso-limite è la Rus-sia: da quando Putin è al poterene sono stati fatti fuori più di 20.Eppure il colosso russo è consi-derato un paese democratico, erimane uno dei maggiori inter-locutori dei paesi occidentali inmateria energetica e non solo”.Paolo Serventi Longhi, membroitaliano del già citato IFJ, puntua-lizza: “In Sicilia e in Campania cisono colleghi che girano scortaticome i giornalisti che vediamo intv a Kabul o Falluja. Certo, ci sonopaesi in guerra come l’Iraq o altridell’Africa dove sussiste un’auten-tica caccia al reporter, e i 171 mor-ti nel 2007 tra giornalisti e tecnici(dati IFJ) lo dimostrano. Ma siachiara una cosa: oggi non si rischiasolo tra mine anti-uomo e carri ar-mati”. Quali forme di tutela può averechi opera in zone di guerra?“Nessuna – è il parere di Candito– perché nei conflitti attuali oltreagli eserciti ufficiali ci sono ter-rorismo, guerriglia e banditi-smo”. E’ dello stesso parere Etto-re Mo, inviato di altri tempi per il“Corriere della Sera”: “Le assicu-razioni non rientrano nel campodella tutela: se muori ci fai poco.Essa è legata al caso e cambia sulcampo di volta in volta”.

Reporter lontani dalla guerraSempre più rari i resoconti basati sul contatto diretto con la realtà dei conflitti

Rachel Cohen (IFJ): “Oggi è difficile che i giornalisti escano dai presidi militari. Si affidano ai free-lance locali”

VALERIO MINGARELLI

TIZIANO TERZANI

Quanti massacri, quanta gente tortu-rata e uccisa. Eppure se non c’è chi

scrive, chi scatta una foto, è come sequesti fatti non fossero mai avvenuti’

Arti maciullati, corpimar tor iat i daproiettili e bombe,barelle che si infila-no in una nube dipolvere o tra la ne-

ve: è lo scenario apocalittico cheaccompagna l’inviato di guerra,mestiere che viene da sempreconsiderato come il più perico-loso. Oggi però sembra non es-sere più così. Ryszard Kapuscin-ski, uno che di eventi bellici se neintende, diceva che “la guerranon è solo il combattimento, maanche la grande bugia, le grandiinvenzioni, la propaganda, lestorie false: il reporter deve an-dare il più vicino possibile allaprima linea per vedere con i suoiocchi cosa succede. E’ una gran-de missione”. Chissà cosa pen-serebbe il defunto scrittore po-lacco dei reporter odierni. Ilcontatto con la realtà della guer-ra sta venendo sempre meno neigiornalisti di oggi. Dopo l’11 set-tembre 2001, in America è venu-ta fuori la figura, molto criticata,dell’inviato “embedded” (incor-porato) nell’esercito, che la guer-ra la combatte. Ma in generale, tutti i corrispon-denti dai vari conflitti del mondoormai fanno leva su una piatta-forma di fonti fatta di bollettini,comunicati ufficiali e conferenzestampa (spesso inscenate adhoc), più che sull’esperienza di-retta. “Nelle guerre attuali, il re-porter di guerra corre molti menorischi rispetto al passato – spiegaRachel Cohen, portavoce dell’as-sociazione International Federa-tion of Journalists – perché diffi-cilmente entra in contatto con lepopolazioni locali ed esce pocodalle zone presidiate dai milita-ri”. E chi lo fa, come l’inviato di Re-pubblica Daniele Mastrogiaco-mo nel sud dell’Afghanistan, dirischi ne corre e come. Così, inquesto scenario, diventano indi-spensabili fonti alternative. “Il la-voro davvero pericoloso lo svol-gono gli operatori dell’informa-zione del posto – prosegue la Co-hen – molti dei quali free-lance,che poi girano notizie, intervistee video a stampa e tv internazio-nali”. A proposito di free-lance, oggi letestate sembrano non poter farea meno del loro lavoro: dagli Usaalla Gran Bretagna, dalla Franciaall’Italia, molti degli organi di

La passione per i fronti asiaticiDi guerre ne ha viste tante: giornalista e scrittore, i suoi primi lavori sono sullaApartheid nella rivista “Astrolabio” di Ferruccio Parri nel 1965. Poi le sua passioni diven-tano l’Asia e le principali problematiche dei paesi di quel continente: dal ’69 scriveanche per “Il Giorno” e per la testata tedesca “Der Spiegel”. Negli anni ’70 si trasferi-sce a Singapore: sono gli anni della guerra del Vietnam, che lo scrittore segue da vici-no. “Un altro giro di giostra” e “Un indovino mi disse” sono solo due delle tante opereriguardanti i viaggi in Asia. Nel 1997 riceve il Premio Luigi Barzini. Tiziano Terzani muoread Orsigna (PT) il 28 luglio 2004.

Il reporter giapponese Jenji Nagai ucciso a Yangoon (Birmania) lo scorso 27 settembre

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cartellone

Cinema

CAOS CALMOCinema Nuova Luceferiali 21.15, festivi 17.15/21.15fino al 14 febbraio

Sarà la fatidi-ca scena disesso traNanni Morettie IsabellaFerrari; sarà

il personaggio di PietroPaladini che siede tutto iltempo su una panchina,fuori dalla scuola dellafiglia; sarà l'aura di mistero

di cui è intessuta la pellico-la di Antonello Grimaldi.Certo è che “Caos Calmo” èil dolcetto pre-San Valentinopiù dolce-amaro che potre-ste regalare al vostro part-ner. Regia di AntonelloGrimaldi, nel cast NanniMoretti e Isabella Ferrari.

ALVIN SUPERSTARCinema Ducale, sala 1festivi 16.30/18.30Le scanzonate avventure diun musicista in ascesa e trescoiattolini.Regia di Tim Hill, nel castJason Lee.

LA FAMIGLIA SAVAGECinema Ducale, sala 1feriali 20.30/22.30Fratello e sorella, sentimen-talmente provati dalla vita,devono prendersi cura delpadre malato. Passando da un ospizioall’altro, la famiglia recupe-rerà quel legame perdutonel tempo.Regia di Tamara Jenkins,

nel castLaura Linney,PhilipSeymourHoffman,Philip Bosco

e Peter Friedman.

SOGNI E DELITTICinema Ducale, sala 2feriali 20/22festivi 16/18/20/22Quando il ricco zio, trasferi-tosi in Cina per affari, va atrovare i due nipoti, questisi precipitano a chiedergliun prestito per uscire dairispettivi impasse. Dopo“Match Point”, Allen torna aindagare i lati oscuri dellanatura umana.Regia di Woody Allen, nelcast Colin Farrell e EwanMcGregor.

Paolo Poli: “Ecco il mio ‘900”L’attore in scena l’11 febbraio al Sanzio con il suo spettacolo “Sei Brillanti”

L’artista racconta un secolo attraverso gli articoli di sei giornaliste e le canzonette popolari italiane

ANDREA FRANCESCHI

A fianco,Paolo Poli, 80 anni.Il celebreattore e regista hainterpretatonella sua carriera sia personaggimaschili siafemminili

Raccontare il ‘900partendo dalla te-stimonianza di seigiornaliste scrittri-ci del secolo scorso.Questo l’obiettivo

di “Sei Brillanti”, ultima faticadi Paolo Poli, che sarà in scenaal Teatro Sanzio l’11 febbraio. IlDucato ne ha parlato con l'au-tore che, a ottant’anni suonati,non ha ancora perso l'entusia-smo e il gusto della provocazio-ne. “Sei brillanti” si basa sugliscritti di sei giornaliste-scrit-trici del '900. Ce ne parliLa prima è Mura. Con questopseudonimo, nel 1919, MariaVolpi Nannipieri scrisse “Perfi-die”, un romanzo sull'amoresaffico che anticipò di qualcheanno Proust e il suo “Fanciullein fiore”. La seconda è PaolaMasino, che nel ‘29 pubblicòsulla rivista Omnibus un boz-zetto teatrale su una madreche uccide i figli perché non hada dargli da mangiare. Parlaredi fame ai tempi del fascismoera rischioso. Il Duce volevache l'Italia fosse dipinta comedel Paese del Bengodi. Mi èpiaciuta molto l'audacia diquesta scrittrice, per questol'ho scelta. Poi c'è Irene Brin.Scrisse per Sellerio una serie diracconti sul dopoguerra. Io hovoluto mettere in scena quelloche parla di un gruppo di an-ziane signore che, non man-giando mai la carne, hannodelle visioni. E poi c’è un pez-zo di Camilla Cederna, trattoda “Lato debole”, la rubrica cheteneva sull'Espresso. É una cu-riosa descrizione delle sartemilanesi. E infine NataliaAspesi. Lo scritto che ho presoè il ritratto di un uomo vistodalla sua compagna. Maschili-smo e femminismo in un pez-zo degli anni ‘70, il periodo incui di questi temi si iniziò aparlare. E infine la Belotti conuno scritto degli anni ‘80 chetratta della famiglia italiana incrisi. La trama parte da unastoria già sentita: figli vogliono

mettere la mamma in casa diriposo e vendere l'apparta-mento.Pensa che la sensibilità fem-minile le abbia aiutate?No, è solo il loro cervello checonta. Sono donne si, ma di in-gegno virile. Molti uomini cre-dono di essere perfetti perchéhanno qualche cosa in mezzoalle gambe, ma non è così. Nonc’è nessuna differenza. Io stes-so faccio personaggi maschili efemminili con molta disinvol-tura. Nel suo spettacolo c’è anchetanta musica.Accanto alla prosa ho volutoaffiancare la modesta ma per-tinente letteratura delle can-zonette. Una selezione di pez-zi d'epoca per descrivere l'at-mosfera del tempo che rac-conto. Per gli anni ‘20 il tema èl’elogio del vizio; nel ‘25 l’in-fanzia abbandonata; nel ‘35 la

voce della radio; nel ‘45 il mer-cato nero; nel ‘50 la canzonepopolare; nel ‘60 la ricostru-zione; nel ‘70 l’ecologia e neglianni ‘80 la moda.Cosa le piace di Urbino?É speciale. Sacro e profanoconvivono nelle sue leggende.Come quella che narra che ilduca avesse fatto costruire sot-to la sua camera da letto duecappelle: una per Gesù e la Ma-donna, una per Apollo e le mu-se. Come a dire: così sto tran-quillo su tutti i fronti.Ritiene che l’avanspettacolo siadatti a ogni tipo di pubblico?Non c'è più tanta differenza tracittà e provincia. Non sarei ar-rivato a 80 anni se mi fossi esi-bito per un solo pubblico. Anzila mia fortuna è stata piaceresia agli intellettuali, sia a chiandava a teatro senza neanchesapere bene cosa andava a ve-dere.

Rock, vino e dialettonel cd dei CaneBiancoFolk rock in dialetto urbinate, ma anche testi che siispirano ai nativi d’America, uniti in un crossover dalsapore marchigiano. Sono i CaneBianco di Petriano.Hanno inciso il loro primo album autoprodotto, “La can-tina del Jack” (2008), in collaborazione con il poetadialettale Gianni De Marin’. Attivi sin dal 1988, colnome di Drunkers, hanno debuttato a metà anni ‘90 suRadio2 nella trasmissione di Pierluigi Diaco con l’album“Il tempio del sole” (Flyng records). I CaneBianco sono:Massimiliano Casoli, Massimo Guerra, Daniele Fertili,Giuseppe Minaudo e Francesco Arduini. (m.m.)

UNA BAND IN EVOLUZIONE

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SPETTACOLI

Concerti

RASSEGNA “JAZZ INPROVINCIA”: JOHNABERCROMBIE TRIO San Lorenzo in CampoDomenica 10 febbraioore 21,15Appuntamento con la chitar-ra jazz di John Abercrombie(1944, New York). Ha studia-to al Berklee College diBoston, ottenendo la primascrittura professionale conl’organista John “Hammond”Smith. Si esibirà sabato intrio con Piero Leveratto,contrabbasso, e Fabrizio

Sferra, batteria. I prezzi: 12 euro per il settore A e 10 euro settore B.Prenotazioni 0721/830145

“LA STAZIONE”:ECCO I NOBRAINOVia della StazioneSabato 9 febbraioore 22Sabato sul palco saliranno iNobraino, band della scenaalternativa di Riccione. Natidalle ceneri di due gruppi, i“No”, indie rock, e i “Braino”,nel 2006 hanno fatto uscireil loro primo album “TheBest of Nobraino”, che rac-

coglie i brani migliori dellevecchie formazioni. L’album,nato per il canale indie, havinto il premio Imaie 2006.Ingresso libero.

Mostre

ORNATISSIMO CODICE LA BIBLIOTECA DI FEDERICOPalazzo Ducaledal 15 marzo al 27 luglioDopo 350 anni torna nellestanze del Palazzo Ducale labiblioteca di Federico diMontefeltro. La mostra, alle-stita nella stanza della

biblioteca nel PalazzoDucale e in due grandi saleadiacenti, permette al pub-blico di conoscere la colle-zione libraria nei suoi trattiessenziali e spettacolari.

LIBER ARTE Libreria “Il Portico”via Mazzinidal 12 al 14 febbraioErika Patrignani e MartinoConti, due allievidell’Accademia delle Bellearti di Urbino, espongono iloro lavori.Ingresso libero.

Tradizioni

GRADARA D’AMARE Gradaradal 14 al 17 febbraioAppuntamento a SanValentino nella città di Paoloe Francesca. Visita guidataa tema nel borgo e nellaRocca giovedì 14 febbraio esabato 16. Il costo è 10euro. Sabato, inoltre, visitaguidata, scuola di corteggia-mento e cena a lume dicandela. Il costo è 40 euro.Domenica visita guidata.Prenotazioni 0541/964115.Info su www.gradara.org.

Torna il “Signor G”in scena a Cagli

Dal 9 febbraio la rassegna dedicata a Gaber

Neri Marcoré farà rivivere il teatro canzone del cantautore scomparso

ELISA ANZOLIN

Un mese di spet-tacoli teatrali,musica e dibat-titi per ricordareGiorgio Gaber.Dal 9 febbraio al

6 marzo, Cagli dedica una ras-segna al poliedrico artista mi-lanese – cantau-t o re, a t t o re,commediografo– per riscoprire,attraverso le vocidi Neri Marcorè,Eugenio Allegri eil leader degliEstra Giulio Ca-sale, il “teatrocanzone”. Gior-gio Gaber, assie-me a Sandro Lu-porini, è stato in-fatti l’inventore,negli anni ’70, diquesto particolare genere, do-ve un unico attore interprete-narrante alterna monologhi ecanzoni.Il primo “Giorgio Gaber CagliFestival”, promosso dal Teatrocomunale di Cagli e organizza-to dal Centro Teatro Marche conil patrocinio della fondazioneGaber, porterà sul palco tutta laproduzione di Gaber attual-mente in tournèe, ma non solo. “La rassegna - spiega MassimoPuliani, direttore del CentroTeatro Marche – dedica unaparticolare attenzione ai gio-vani. Due serate, ad esempio,saranno riservate al Gaber Ca-baret: sul palco si confronte-ranno giovani artisti che riela-borano o traggono ispirazionedal commediografo milanese.Un’altra novità è il premio allamiglior tesi, saggio o progettomultimediale sulla figura e l’o-pera di Gaber, dedicato a lau-

reati, studiosi e creativi”.La kermesse partirà sabato 9febbraio, con l’inaugurazionedella mostra fotografica di Ma-rio Dondero “Giorgio Gaber e ivolti dell’Italia anni ‘60”. Pertutta la durata del festival,presso la galleria comunale diCagli, saranno esposte le stam-pe del celebre fotogiornalistache, dagli anni Cinquanta a og-

gi, ha ritratto no-ti personaggi delm o n d o d e l l acultura e dellospettacolo. Il 16 febbraio, ilprimo dei trespettacoli tea-trali al centro delfestival. GiulioCasale, cantau-tore e leader de-gli Estra, presen-terà “Polli di alle-vamento”, reci-tando e cantan-

do sulle musiche originali diFranco Battiato e Giusto Pio. Lospettacolo, portato per la pri-ma volta in scena da Gaber nel-la stagione teatrale 1978/1979,è una delle opere più provoca-torie dell’artista milanese, checontesta il movimento giova-nile di quegli anni accusando-lo di conformismo e velleitari-smo. Domenica 24 febbraio,invece, Neri Marcorè vestirà ipanni, quasi 38 anni dopo Ga-ber, “Del Signor G”. Lo spetta-colo, scritto da Gaber e Lupori-ni nel 1970 e qui diretto daGiorgio Gallione, mette in sce-na le riflessioni del signor G,l’uomo comune che si interro-ga sul senso della vita, tra iro-nia, malinconia e paradosso.Infine, giovedì 6 marzo, andràin scena, sempre con la regia diGiorgio Gallione, “Il Dio bam-bino”, interpretato da EugenioAllegri. L’opera racconta una

Niente soldi, salta il festival

storia d'amore tra un uomo euna donna, vissuta dalla partedell'uomo, un bambino che sivanta della sua spontaneità,invece di vergognarsi di unaeterna fanciullezza poco virile. Ma il festival non si esaurisce inquesti tre importanti spettaco-li teatrali. Ci saranno ancheconcerti, come l’esibizione alpianoforte di Stefano Vagnini(il 16 febbraio), videointervi-ste, come quella a Paolo Rossi(il 21 febbraio a Macerata, conreplica a Cagli il 6 marzo) e con-vegni. L’ultimo giorno, il 6 mar-

zo, saranno inoltre premiati ivincitori del primo concorsonazionale per tesi, saggi e lavo-ri multimediali. A quasi diecianni di distanza, le opere di Ga-ber tornano quindi in provin-cia, ma questa volta senza il lo-ro autore e interprete. Proprio aCagli, nel 1999, Giorgio Gaberaveva trascorso dieci giorni perpreparare il debutto del suo ul-t i m o s p e t t a c o l o “Ga b e r1999/2000”. L’anno preceden-te, a Fano, aveva partecipato al-l’inaugurazione della stagioneteatrale del Teatro della Fortu-

na e, nel 1990, era stato a Urbi-no per ricevere il premio didrammaturgia Teatro Orizzon-ti. Massimo Puliani, che inquelle occasioni lo ha cono-sciuto, lo ricorda così: “Si di-stingueva per la sua ironia, maanche per la rabbia, per la suacontinua provocazione e perl’attenzione all’impegno so-ciale. Con lui c’era sempre undibattito di idee, mai una solaverità”. (Il programma completo sul si-to http://giorgiogabercaglife-stival.blogspot.com)

Il 6 marzosarannopremiate

le tesi di laurea

sull’artistamilanese

Territorio musicale quest’anno non si farà

“Dopo aver portato a Urbino artisticome John Cale e Teresa De Sio, do-ver rinunciare al festival è proprio

dura”. Non se ne fa una ragione Stefano Mau-ro, presidente dell’associazione culturale “Ilvento”, che organizza da anni il festival“Territorio musicale”. L’edizione 2008del festival non si farà. Il progettonon ha ottenuto i finanziamentidella Provincia e della Regionenecessari. Così, dopo otto edi-zioni e un grande successo dipubblico, la storia non sembradoversi ripetere. Ma gli organiz-zatori non si danno pace sul per-ché, un evento che ogni anno haavuto ottimi riscontri, non sia sta-to ritenuto idoneo ad essere finan-ziato. “Forse è perché non abbiamoappoggi politici e siamo sempre stati aldi fuori di certe logiche” ipotizza Stefano.“Non abbiamo fatto altro che applicare il ban-do” ribatte Lucilla D’Orazio, dirigente del ser-vizio provinciale delle politiche giovanili. Perottenere i soldi, occorre essere patrocinato daun Comune, da un ente territoriale, per esem-

pio la comunità montana, oppure dai cosid-detti Ambiti sociali territoriali, aggregazionidi comuni istituite qualche anno fa dalla Re-gione Marche. A parità di condizioni, stabili-sce la legge, gli eventi proposti da questi ulti-

mi vengono privilegiati. Il bando poi, pre-vede espressamente che un Comune

non possa presentare più di dueprogetti: uno in forma singola e

uno in forma aggregata (Comu-nità montana o Ambito SocialeTerritoriale). Territorio Musi-cale era stato presentato da Ur-bino e dalla Comunità monta-na dell’Alto e Medio Metauro.

Il problema è stato però che al-cuni comuni appartenenti alla

comunità montana hanno patro-cinato sia Territorio Musicale che al-

tri progetti. “C’è stata una sovrapposi-zione e abbiamo dovuto selezionarne uno -spiega Lucilla D’Orazio - e, applicando allalettera il regolamento, abbiamo approvatoquello dell’Ambito sociale territoriale che, se-condo la legge regionale, godeva di una corsiapreferenziale”. (a.f.)

Giorgio Gaber. In basso, la cantante Teresa De Sio

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il Ducato

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L’ateneo si mette in vetrina Stand e incontri per gli studenti delle superiori. Sperando che scelgano Urbino

Oltre 3.000 ragazzi sono arrivati da diverse regioni in occasione dei quattro giorni di “Università aperta”

Organizzatorisoddisfatti Positivi anchei primi datisulle iscrizionidi quest’anno

NICOLÒ CERBONCINI

A sinistra lostand dellafacoltà diFarmaciaSotto ilprofessorCangiottiparla aglistudentidellesuperiori

“L’u n i v e r -sità rap-presentau n p e -r i o d of o n d a -

mentale nella vita di una per-sona, è il momento della liber-tà, nel quale si diventa adulti esi pongono le basi per la pro-pria felicità futura. Ci piace-rebbe che vogliate viverlo connoi, in questa università che èallo stesso tempo moderna ericca di storia”. Il preside diScienze Politiche Marco Can-giotti ha accolto così, nell’aulamagna del Magistero, gli oltre500 studenti liceali arrivati aUrbino per il primo giorno di“Università aperta”. Per quattro giorni la sede delMagistero in via Saffi è diventa-ta la vetrina dell’ateneo, con lepresentazioni e gli stand di tut-te le facoltà, che hanno offertoorientamento e informazioni aragazzi e ragazze che entro l’e-state decideranno se e doveproseguire gli studi. Daglischeletri e i microscopi dellostand di Farmacia, all’OptoJump di Scienze motorie (unmacchinario con il quale i cu-riosi potevano misurare i pro-pri tempi di reazione), agli ani-mali imbalsamati di Scienze etecnologie, tutte le facoltà han-no cercato di pubblicizzare almassimo la propria offerta for-mativa, coinvolgendo il piùpossibile i visitatori.

“Una bella iniziativa, mi haaiutato a schiarirmi le idee”,racconta Giulia, del liceo Go-betti di Marciano di Romagna.“Per ora – prosegue – sonoorientata su Scienze della For-mazione e penso proprio cheverrò a Urbino. Me ne hannotutti parlato bene, sia della cit-tà che dell’università”. Per Giu-lia, come per molti suoi colle-ghi romagnoli, l’alternativa piùgettonata è Bologna, che ha an-che il vantaggio di essere me-glio collegata (ci si arriva diret-tamente in treno). “E’ una cittàpiù grande e mi attira soprat-tutto per il divertimento – spie-ga Duilia, anche lei arrivata dalliceo di Marciano - ma è troppodispersiva e forse non combi-nerei nulla, a Urbino studiereidi più”. Sono molti i futuri uni-versitari che sono attirati daUrbino proprio per la sua di-

mensione a misura d’uomo.“Credo che qui anche il contat-to con i professori sia più diret-to”, dice Ilenia, studentessa delliceo Valgemigli di Rimini, chevorrebbe iscriversi a Giuri-sprudenza.Sul concetto di Urbino cittàCampus e sulla capacità dell’a-teneo di rispondere alla con-correnza hanno insistito mol-to gli stessi organizzatori del-l’iniziativa, soddisfatti per lagrande partecipazione di que-ste giornate: hanno girato pergli stand oltre 3.000 ragazziprovenienti soprattutto daMarche e Romagna, ma ancheda altre regioni. “E’ dallo scor-so anno – spiega Marco Can-giotti - che abbiamo spostatol’appuntamento da ottobre afebbraio, perché a questo pun-to dell’anno gli studenti dellesuperiori hanno le idee più

chiare e sono più interessati. Eabbiamo scelto appositamen-te lo stesso periodo degli openday dell’università di Bolognae di Ancona perché ci sentiamodi poter competere tranquilla-mente con queste realtà. I ri-sultati ci hanno dato ragione,perché molte scuole hannopreferito portare qua i propristudenti”. La soddisfazione riguarda an-che l’andamento delle iscri-zioni per l’anno accademico incorso. I dati definitivi non cisono ancora, ma si può gia direche rispetto all’anno scorsosono aumentate le matricole(+0,8%) e i nuovi iscritti, checomprendono persone che so-no già state iscritte all’univer-sità di Urbino o a un altro ate-neo (+3% circa). Un risultatoimportante se si pensa alla“crisi” di iscrizioni registrata

negli ultimi anni e alla sempremaggiore concorrenza di nuo-ve sedi universitarie. Tra i tan-ti ragazzi che sono arrivati aUrbino da mezza Italia c’è peròanche chi vorrebbe scappare:“Lo so che l’università è buona– dice Alessandro, studentedell’Itis di Urbino – ma sono 18anni che vivo qua e non ne pos-so più, ho voglia di andare inuna grande città. Mi piacereb-be studiare Psicologia a Mila-no”. Dalla maratona mattutinatra stand e tutors gli studentisono usciti affamati e appe-santiti da una montagna diopuscoli e piani di studio. A chivoleva è stato offerto un pran-zo alla mensa del collegio Tri-dente. Ilaria di Rimini ne ha ap-profittato volentieri: “Non eramale, anche se con la fame cheavevo avrei mangiato qualsiasicosa”.

Carnevale di Venezia 27/01/08 - pullman da Urbino - € 35,00 Weekend Val di Fassa 27/02-02/03/08 - pullman da Urbino - € 254,00 Pasqua sul Nilo 17-24/03/08 - crociera sul Nilo - € 1,210,00

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UNIVERSITÀ

Bar ai collegi,aperto solouno su cinque

Dovevano partire entro l’estate

GIULIA FLORIS

“Ho sem-p r ea v u t ou n apassio-ne per

l’arma dei carabinieri, ma è sta-to l’attentato a Nassirya del 2003che mi ha spinto a occuparmi diquesto argomento”. EleonoraRossini, 27 anni, laureanda inpsicologia, spiega così le moti-vazioni che l’hanno portata ascegliere il tema della sua tesi dilaurea. Il disturbo da stress posttraumatico (Ptds) nei militariitaliani al ritorno dalle missioniall’estero è stato l’oggetto di stu-dio di Eleonora per circa un an-no. Con una scoperta interes-sante: in Italia questo disturbo èdecisamente sottovalutato.Sin dall’inizio delle sue ricerche,Eleonora si è scontrata con que-sta realtà: “Ho studiato su testiche ho fatto arrivare dall’Inghil-terra e dagli Usa, perché le pub-blicazioni italiane in materia so-no pochissime”. Il passo successivo è stato con-frontare i dati sul numero deisoldati che soffrono di Ptds al ri-torno dalle missioni di pace ne-gli altri paesi con quelli disponi-bili in Italia. “Gli studi su militariolandesi, norvegesi, canadesi estatunitensi parlano di soldatiaffetti dal disturbo in una per-centuale che va dal 5 fino al 20 %.L’unico dato disponibile per l’I-talia, frutto di un’indagine suuna missione in Bosnia, parla diuna cifra inferiore all’1,5% . Sequesti dati rispecchiassero larealtà – commenta Eleonora -tutto il mondo dovrebbe copiarei nostri metodi di addestramen-to!”. In realtà, secondo Eleonorae secondo il suo relatore, il pro-fessor Mario Rossi Monti, “ci tro-viamo di fronte a una grave sot-tovalutazione del problema”. Le difficoltà, nel corso del lavo-ro, non sono mancate: “l’acces-so ai dati non è stato semplicea ,l'Arma come istituzione nonama mettersi a nudo”. Nei progetti per il futuro l’idea dinon abbandonare la strada in-trapresa: “mi piacerebbe lavora-re in un consultorio militare”.

Il bar del polo scentifico universitario “La Sogesta”

MAURIZIO MOLINARI

Uno su cinque cel’ha fatta. Solo ilbar della Soge-sta ha aperto re-golarmente a ot-tobre. Gli altri

quattro bandi - tre per altret-tanti bar al Tridente, alla Vela ealla mensa del Duca e uno perun minimarket all’Aquilone –che l’Ersu doveva far partireentro l’estate, sono invecebloccati. E bloccati sono anchei soldi che, dalla concessionedegli appalti sui bar, dovevanoandare in borse di studio. Perora, con l’unico appalto con-cesso, sono stati raccolti 27.000Euro. Ma alla Sogesta non man-cano le lamentele. Matteo, unostudente di geologia che è a Ur-bino da sette anni, parla di co-me andavano le cose primadella gestione dell’Ersu (co-minciata due anni fa e termina-ta nell’estate del 2007) e delnuovo corso, partito da otto-bre. “Fino a due anni fa, il barqui era gestito da un privato.Un signore che ha fatto il bari-sta per trent’anni. Ora è in pen-sione, ma quando c’era lui, te-neva aperto anche la sera, finoa tardi, così pure chi non avevala macchina poteva prendersiuna birra con gli amici senzadover cercare un modo per an-dare per forza in centro”.Adesso il bar, gestito dalla Saar,ditta di Gallarate, in provinciadi Varese, che opera nell’ambi-to della formazione sanitaria,dell’assistenza domiciliare,delle pulizie e della ristorazio-ne (che, fra l’altro, lavora ancheper il Pio Albergo Trivulzio, ca-sa di riposo famosa perché dalì, con Mario Chiesa, partì nel’92 tangentopoli), chiude alletre e mezzo di pomeriggio.“Tanto – dichiara Emanuela,una dipendente - dopo le quat-tro non verrebbe più nessuno”.Eppure nella delibera con cuierano state indette le gare d'ap-palto, l'Ersu indicava che l'ora-rio di apertura dei locali dove-va essere dalle 7 alle 23. E Mat-teo rincara la dose: “Prima c’e-ra molta più scelta di panini,pizzette e altra roba da mangia-re. Ora hanno diminuito la va-rietà dei prodotti”. Sui prezzi,però, gli studenti non si posso-no lamentare: 1,35 euro percornetto e cappuccino. Ma fra icinquecento ragazzi che fre-quentano le lezioni e dormonoalla Sogesta, molti non hannola macchina e un bar aperto lasera avrebbe avuto una sua uti-lità. Altro interrogativo: nelbando si affermava che gli stu-denti avrebbero avuto un ca-nale preferenziale per lavorarenei nuovi bar. Ma alla Sogesta idue studenti che hanno lavora-to da ottobre a ora si stanno li-

cenziando e la Saar sembranon volerne assumere degli al-tri. Alle nostre ripetute telefo-nate, la ditta ha rifiutato di faredichiarazioni. Luca, che studiascienze motorie, ha detto: “Holavorato qui per quattro mesi,35 ore a settimana. Guadagna-vo 6,50 euro l’ora ma ora ho tro-vato un impiego a migliori con-dizioni e quindi me ne vado”.Ma, oltre al bar del campus, chefine hanno fatto gli altri quattrobandi per punti di ristorazionea prezzi calmierati? E quando sipotranno far ripartire le con-cessioni degli appalti che do-vrebbero fruttare nuovi soldiper borse di studio? Lo spiegaGiorgio Bernardini, rappre-sentante studentesco all’Ersu:“E’ tutto bloccato perché L’Er-su e l’Università non riescono amettersi d’accordo sulla vendi-ta dei collegi. A rimetterci, co-me al solito, sono gli studenti”.

L’ente regionale per il diritto al-lo studio, in pratica, scaduti icontratti d’affitto, paga la tassadi occupazione sui locali in at-tesa di poterli comprare mal’Università non vuole conce-derne l’uso prima che questisiano stati effettivamente ven-duti e che si sappia chi avrà ri-levato gli immobili. Enzo Fragapane, direttore am-ministrativo dell’Università,afferma che “per ora abbiamomesso in vendita solo il Triden-te e il 10 gennaio è partita unanuova stima per valutarne il va-lore. Degli altri collegi parlere-mo in seguito”. L’Ersu, dal can-to suo, si è dimostrato dispostoa rilevarli tutti, acquistando ilTridente e prendendo in affittoo in comodato gratuito le altreresidenze universitarie per cu-rarne i lavori di ristrutturazio-ne e messa in sicurezza.“Riguardo ai bar – sostiene Ber-

nardini - credo che la situazio-ne si sbloccherà a breve e siamofiduciosi di poter far partirepresto gli altri quattro bandi”.Per Giancarlo Sacchi, presi-dente dell’Ersu, “la proprietàdegli immobili non rappresen-ta in ogni caso un problema perfar partire gli appalti. L’Ersu èl’ente unico che si occupa di di-ritto allo studio e i bar, così co-me tutti i collegi, saranno co-munque destinati agli studen-ti. Se l’università avesse voluto,avrebbe potuto permetterci diappaltare i bar indipendente-mente dalla questione legataalla vendita dei collegi che, conquesti bandi, non c’entra nien-te”. Un problema di comunica-zione fra Ersu e università, in-somma. Così la pensa AndreaPiccolo, presidente del consi-glio studentesco, che si dice co-munque fiducioso in una rapi-da soluzione della questione.

Grafologi senza diplomaScomparso nel 2005, era l’unico rimasto in Italia

Le aziende li cercano per la selezione del per-sonale, sono sempre più richiesti per l’o-rientamento scolastico e, da quando le loro

perizie possono essere accolte come prove neiprocessi, ogni tribunale ha unelenco di professionisti a cui ri-volgersi per le analisi. I grafolo-gi, che studiano la psicologiadelle persone attraverso lascrittura, si trovano di fronteun mercato in espansione. Ep-pure, nella miriade di corsi dilaurea delle università italiane,da tre anni per loro non ne èprevisto più nemmeno uno.“L’assenza di un percorso for-mativo specifico e di un alboprofessionale favorisce i grafo-logi fai da te”, racconta GlaucoCeccarelli, direttore del masterin consulenza grafologica pe-ritale-giudiziaria e professio-nale dell’università di Urbino.Fino al 2005 la città ducaleospitava l’unico corso di laureain tecniche grafologiche d’Ita-lia (l’altro, quello della Lumsadi Roma, aveva chiuso pocoprima). Non esistendo altricorsi di grafologia nelle università italiane, scar-seggiavano i laureati e, di conseguenza, i possi-bili docenti. Al punto che l’ateneo non arrivavaal numero minimo necessario per attivare il cor-so secondo le nuove direttive ministeriali del2005. Così, da tre anni, la laurea è stata trasfor-mata in un master: “Se non altro la grafologia èrimasta in ambito accademico, ma la prepara-zione non può essere pari a quella che garantivauna laurea triennale”, continua Ceccarelli.

Da quest’anno, l’Istituto Grafologico “Moretti”di piazza San Francesco offre – a pagamento –dei corsi integrativi: “Continuiamo a collabora-re con l’università sia per gli insegnamenti cheper l’impostazione didattica, come ai tempi del-la laurea”, spiega Pacifico Cristofanelli, coordi-

natore dell’istituto Moretti.“In più, da quest’anno, abbia-mo corsi di base e laboratori,come quello in grafologia peri-tale che sta per iniziare, rivoltianche a chi ha già conseguito ilmaster, che spesso da solo nonsi rivela sufficiente per eserci-tare la professione”. D’accordoanche gli studenti: secondoAndrea Laquidara, 31 anni,laureato in filosofia, tra i 22iscritti al master di quest’an-no, “è assurdo che la laurea ingrafologia sia stata soppressa”.Il master, con le lezioni preva-lentemente nel fine settima-na, è meno impegnativo e fa-vorisce chi lavora: “Forse alcorso di laurea – continua An-drea – non mi sarei iscritto, macomunque credo che la suasoppressione sia stata un dan-no sia per l’Università che perla disciplina in sè, che così vie-

ne svalutata”.Per il futuro dell’ateneo, il rettore e il sindacopuntano sull’eccellenza: “La grafologia è unamateria discussa, anche tra gli psicologi. Non sose avrebbe potuto essere una delle punte di dia-mante che avrebbero rilanciato l’università –continua Ceccarelli– ma certo era una peculiari-tà quasi unica. Nel 2007 avremmo festeggiato itrent’anni del corso di laurea. Ma, purtroppo, lecose sono andate diversamente”.

Stressda missione:militaridimenticati

Tesi di laurea

Parte con questo numerouna nuova rubrica delDucato: presenterà le tesidi laurea più originali.Segnalateci i vostri lavo-ri. Cominciamo con la te-si di Eleonora Rossini inpsicologia clinica.

ROBERTA DI MATTEO

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La mia vita dietro al palloneGiuseppe Guerra, detto John, 82 anni, ha fatto la storia dell’Urbania calcio

Prima giocatore, poi presidente e allenatore. “Ringrazio lo sport. Mi ha insegnato a dare sempre il meglio”

Si ricorda quando biso-gnava stare attenti anon consumare lescarpe perché “all’epo-ca si razionava tutto”.Quando il pallone non

era che un rotolo di stracci.Quando per andare a Urbino agiocare bisognava aspettare chepassasse la camionetta dell’eser-cito. Faceva tre corse al giorno.Tra Urbino e Urbania c’era la Li-nea Gotica, allora. Era il 1945.Giuseppe Guerra, classe 1927,professione sarto, ricorda quan-do il calcio lo si praticava per pas-sione, per divertimento. Quandotutti erano allenatori di tutti,quando non c’erano ruoli e, so-prattutto, non c’erano soldi. “Cirimborsavano al massimo le tra-sferte”. Sorride. E’ un piacere ascoltarloraccontare la sua vita sui campida calcio. Alle pareti ci sono i ri-conoscimenti ricevuti in sessan-t’anni di pratica sportiva. Primanell’Urbania, ai tempi in cui sichiamava Società sportiva Olim-pia, poi come portiere in serie Ccon l’Urbino dal 1946 al 1948,poi, dopo un brutto infortunio alginocchio, come allenatore, maanche direttore sportivo e addet-to alla sicurezza degli arbitri. Epresidente della società sportivadell’Urbania dal 1947 al 1954. Insomma, un po’ di tutto. Sem-pre nella stessa società. Sempreper passione. L’unico motivo percui, a Urbania, il suo paese, Giu-seppe Guerra, continua ad alle-nare e per tutti è diventato un mi-to. Il “mitico John”. Una moglie, cinque figli e unostuolo di nipotini, trova sempre iltempo per scendere in campo adallenare i suoi ragazzi. Dai primipassi con un pallone al piede finoalla prima squadra, che ha alle-nato per diversi anni, Giuseppeha avviato al calcio intere genera-zioni. E continua a farlo. “Adessofaccio più da tappabuchi - sischermisce - ma tra qualchegiorno sarò in palestra per aiuta-re i ragazzini della scuola calcioin attività promosse dalla federa-zione”. Non ha mai preso il tesse-rino di allenatore, ma di soddi-

SILVIA PATERLINI

sfazioni ne ha raccolte parec-chie. Una personale e umana,prima di tutto: “Ringrazio la pra-tica sportiva per avermi insegna-to a dare sempre il meglio di me”,dice. E tante anche per aver av-viato al calcio ragazzi che hannofatto strada, “sempre di Urbania”,tiene a precisare. “Ricordo uncerto Ducci che nel 1953-54 eraandato a giocare a Torino. Poi c’e-ra Baiocchi, che ha giocato in se-rie A con l’Ascoli di Mazzone; poiGiacomini che è stato nella Fio-rentina negli anni di Baggio ePierluigi Carpineti che ha gioca-to in serie C”. Altri tempi, però. Sela sua passione per il calcio non èmai cambiata, lo sport giocatoquello sì che era diverso. E anchei ragazzi. “Adesso è molto più fa-cile arrivare a giocare a buon li-vello – racconta – così appena ab-biamo un bambino più bravo,che si distingue dagli altri, i co-

siddetti talent scout lo portano agiocare nei club. Io sono contra-rio. E’ importante che i ragazzicrescano vicini a casa, con il lorogruppo”. Da Urbania al grandecalcio, Guerra è un vero appas-sionato. Una simpatia per la Juve,ancora di più dopo lo scandaloMoggi “perché tutte le squadre,da questo punto di vista, sonocolpevoli”. E idee molto chiaresugli arbitri: “Sono un tipo acco-modante ma anche un po’ pigno-lino – sorride – e cerco di crederenella buona fede”. Ma non scordaquando al Piobbico, nel campio-nato interregionale, servivanotre punti e la partita fu decisa a ta-volino. O quando, quest’anno, glierrori dell’arbitro hanno decisola partita valida per la promozio-ne tra Urbino e Urbania. “A voltecerti errori sono troppo, troppoevidenti”. Nessun problema. An-che questo è calcio.

“Si può dire che sono nato con lui. Per me, pertutti noi, è il mitico John”. Pierluigi Carpineti, clas-se 1964, ha militato in tante squadre:Cesenatico, Cesena, Bergamo, Livorno, Pavia, SanMarino. Una, però, sembra portarla nel cuore.L’Urbania calcio degli anni Settanta. La squadra incui ha cominciato a giocare, allenato da GiuseppeGuerra, detto John. “Con lui era sempre un diverti-mento – ricorda – Facevamo a gara per saliresulla sua mitica due cavalli”. Ricordi di John ne hacosì tanti che fa fatica a trovarne uno. “Una voltaeravamo in macchina con lui per andare a Urbinoin trasferta. A un certo punto, prima del sottopas-saggio, ci ha detto di abbassare le teste chesennò non passavamo. Ci siamo passati per unpelo. E tutti a ridere”. (si. pa.)

PARLA L’ALLIEVO

L’Urbania Calcio nel 1978Primoda sinistraGiuseppe Guerradetto JohnSotto,in una fotorecente

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SPORT

La rugbista ha esordito nel Sei Nazioni

Da Pesaro a Dublinoil sogno azzurrodi Giulia Bratush

Solo quattro anni fa, aPesaro, la squadrafemminile di rugbynon aveva un campodove giocare. GiuliaBratush, pesarese di

origine austriaca nata a Roma,era un’adolescente con unagrande passione per lo sport.“Fin da piccola ne ho praticatitantissimi. Ma arrivata a 17-18anni non sapevo più cosa fare,perché nessuno di questi misoddisfaceva appieno”. Poi, è arrivato il rugby. Una ri-velazione: “Appena ho messopiede in campo ho capito cheera uno sport fatto apposta perme”. Un passione che l’ha por-tata a giocare nel campionatodi serie A: quattro stagioni acorrere sui campi italiani con lamaglia di Pesaro. Quella azzur-ra, la maglia della nazionale, èil sogno nel cassetto. Divenutorealtà qualche giorno fa, quan-do il commissario tecnicoGianfranco Ermolli ha inclusoGiulia nel gruppo delle 22 ra-gazze volate in Irlanda per gio-care la prima partita del Sei Na-zioni femminile, alla secondaedizione dopo quella del 2007. “Poco prima della convocazio-ne – racconta Giulia - ho fatto itest fisici e il preparatore atleti-co della nazionale era conten-to della mia condizione. Conun po’ di fortuna sono riuscitaa entrare nella rosa”.Come già per la nazionale ma-schile, anche alle ragazze la tra-sferta irlandese non ha portatofortuna. Le azzurre hanno per-so 19-0, a conferma del dettoinglese secondo cui “gli irlan-desi ti trattano da re prima edopo la partita, ma ti fanno apezzi durante”. “Gli irlandesi – dice Giulia – se-guono il rugby con grande at-tenzione. Le tribune erano pie-ne, c’era un’atmosfera serena,di gioia. Erano felici di giocarein casa contro di noi, sono statimolto carini”.In Italia il rugby gode di cre-scente popolarità, anche sel’attenzione, per ora, è tuttasulla nazionale maschile.“Il movimento sta crescendo,ma finché non riusciremo adottenere una vittoria il pubbli-co italiano non ci presterà alcu-na attenzione”. Quello chemanca è una vittoria al Sei Na-zioni. Dopo il cucchiaio di le-gno della scorsa edizione – as-segnato alle squadre che non

“Vi insegno a diventare samurai”Al Palazzetto dello Sport via ai corsi dell’antica arte del Ju-jitsu

vincono neppure una partita –le ragazze del Ct Ermolli spera-no di ottenerla quest’anno:“Purtroppo l’Irlanda era unodegli avversari alla nostra por-tata, l’anno scorso ci hannobattuto solo di cinque punti.Francia e Inghilterra sono trop-po forti. Resta il Galles: con lo-ro ce la possiamo giocare”. Se lapopolarità di uno sport si ri-scontra dal giro di affari che ri-esce a creare, la scarsa atten-zione per il rugby femminile fasì che venga considerato anco-ra uno sport poco più che ama-

toriale. “Non sono pagata nédal mio club né dalla naziona-le. Ci rimborsano le spese diviaggio e in più ci danno qual-che extra. Uso i pochi soldi cheguadagno per pagare le tasseuniversitarie: sono iscritta allafacoltà di scienze politiche diBologna”. Il rugby, per ora, ha regalato aGiulia altre soddisfazioni. Peresempio, conoscere i colleghidella nazionale maschile, in-contrati sull’aereo per l’Irlan-da. “Sembrava ci conoscesseroda sempre. Io sono un’esor-

diente e non mi avevano maivisto, ma sono stati gentilissi-mi. Sanno quanto è difficilecompetere con nazioni chehanno molta più tradizione dinoi nel rugby”. A marzo Giulia si ritufferà nelcampionato: l’obiettivo è ilquarto posto che permettereb-be a Pesaro di disputare i playoff. “Sarà dura perché dovremoscontrarci con il Riviera delBrenta e nel nord Italia il rugbyha una certa tradizione”.Male che vada, mangerà qual-cosa assieme alle avversarie e

darà loro appuntamento alprossimo anno. Un’usanza,quella del terzo tempo, di cui siè parlato spesso negli ultimitempi. Ma se gli uomini nel do-pogara sono spesso protagoni-sti di colossali sbronze, nonaspettatevi lo stesso dalle ra-gazze. “Il nostro terzo tempo è diver-so, l’atmosfera è molto più for-male. Dopo la partita c’è unbanchetto e noi ragazze dob-biamo presentarci rigorosa-mente in tailleur. Gli alcolicisono assolutamente vietati”.

Il segreto sta tutto nel Ju. In giapponesesignifica “dolcezza”, “arrendevolezza”,“cedevolezza”. Unito al termine “Jitsu”,

“pratica” o “disciplina”, il Ju diventa arte.Vera e propria arte del samurai. Dunque, cultori del Sol Levante, se l’ideadi indossare un kimo-no non vi dispiace, sela filmografia su sa-murai e dintorni l’a-vete esaurita e sentiteche è arrivato il mo-mento di salire voi sultappeto, fate un saltoal Palazzetto delloSport di Urbino. Il lu-nedì e il mercoledì se-ra, dalle 8 alle 9, Bru-no Marra, da tren-t’anni cultore delladisciplina orientalemadre del Judo, faràdi voi un perfetto sa-murai. Ma attenzione. “Nonè nulla di violento –avverte il maestro –l’arte del samurai nonè fatta per attaccare,ma per difendersi.Vuol dire dominare leavversità senza op-porvisi”. Rimarrebbe deluso insomma chipensasse di ritrovarsi all’improvviso neipanni di Bruce Lee avvolto da kimonobianco con tanto di cintura nera stretta invita. O, peggio ancora, chi si vedesse già intuta giallo fluorescente dipinta addossostile Kill Bill. La filosofia, perché di filosofia si tratta, chesta dietro il kimono, è ben altra. “Il Ju-Jitsuè una disciplina che serve prima di tutto

per capire le nostre possibilità e i nostri li-miti – spiega Marra - e significa saper com-prendere gli altri ed evitare lo scontro. Juvuol dire cedere. Non arrendersi all’avver-sario, bensì sfruttare un attacco che ci vie-ne dall’esterno, senza opporre una forza

contraria. Significa unire le energie, cosadiversa dalla forza, ed indirizzare la volon-tà in una stessa direzione. E’ arte di devia-re l’attacco”. Urbino conta già una quindi-cina di aspiranti samurai, dai 13 ai 45 anni.Ma le iscrizioni sono ancora aperte. Ci so-no uomini e donne. La disciplina non haeffetti collaterali: chiunque può salire sultappeto verde e provare. Una lezione tipo comprende una ventina

di minuti di riscaldamento e poi esercizisulle tecniche specifiche della disciplina,da quelle base a quelle più complesse, a se-conda del livello dei corsisti. Come nel ju-do, che è un po’ una versione semplificatadel Ju-jitsu, ci sono vari gradi di specialità,

riconoscibili dalle ca-ratteristiche cintureche stringono in vita ikimoni bianchi: daquella neutra fino allanera per passare ai va-ri gradi di Dan, concinture striate. Ma ilcorso non è solo disci-plina. Ci sono anchelo stare insieme e lospirito di gruppo.Tanto che mercoledìscorso, per festeggia-re il ritorno all’inse-gnamento del mae-stro Marra, assentedal tappeto da circadue anni, tanti allievistorici del corso si so-no rimessi il kimono. Una rimpatriata buo-na per rivedere i com-pagni, ma anche permettersi di nuovo allaprova. “Abbiamo pra-

ticato il Ju-jitstu per circa dieci anni, sem-pre con il maestro Bruno – raccontanoGiuliano Borghi, e Severino Giacomucci-poi abbiamo smesso per problemi allaschiena ma stasera ci siamo rimessi il ki-mono. Perché abbiamo cominciato? Guar-dando qualche film sui samurai”. Dalloschermo alla realtà. Al palazzetto dellosport, su un tappeto verde, ci si può prova-re. (si.pa.)

La giovane marchigiana è stata convocatadal ct Ermolli per la prima contro l’Irlandanel prestigioso torneo continentaleUna mischia che vede impegnate le giocatrici della Cidiesse Pesaro

Il maestro Bruno Marra impegnato in una dimostrazione con un allievo

LUCA SANTOCCHIA

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il Ducato

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Passeggiare sulle murarimane ancoraun percorso a ostacoli

Confine sottile tra abusi e regolaritàChi salverà le mura della città? Quali leggi e regolamenti

possono davvero liberare il camminamento da ostacolie brutte sorprese? La situazione è molto più complessa

di quello che sembra. L’ingegnere Carlo Giovannini, respon-sabile per l’Urbanistica di Urbino, ha già risposto più volte achi chiede a gran voce la “liberazione delle mura”. “Non è cor-retto parlare di abusivismo – ha dichiarato l’ingegnere – tuttele strutture che si trovano lungo la cinta hanno ottenuto re-golare licenza. Si trattava di contestistorici diversi, in cui esisteva una sensi-bilità minore alla questione urbanisticae pensare di intervenire oggi non è sem-plice”. Il Comune sta già facendo qual-cosa dove possibile, ma in alcuni casi èdifficile individuare una soluzione. Lacabina dell’Enel sopra Porta Valbonaverrà presto rimossa e per quanto ri-guarda le aggiunte abusive degli edificivicino a Porta Lavagine ci sono già statedelle sollecitazioni. Per la rimozionedell’antenna della Tim, il Comune stafacendo pressione, ma è solo l’aziendatelefonica che può decidere, in quantolegittima proprietaria della struttura e del terreno. Per il “Ra-gno d’oro”, così come per le abitazioni private sopra a PortaSanta Lucia e a Porta Lavagine, l’ingegnere ha specificato cheall’epoca i proprietari “hanno ricevuto regolare licenza percostruire o, comunque, hanno sanato la loro situazione con icondoni”. Il ristorante risolverà presto la questione dei bagni,ma parlare adesso di espropriazioni o demolizioni è davveroimprobabile. D’altronde, non esistono documentazioni chetestimoniano un’antica percorribilità dell’intera cinta: “In al-cuni punti non è, quindi, corretto parlare di un ripristino del

camminamento”.Ma c’è chi in città non la pensa così. “Uno di questi giorni an-drò su in Fortezza e occuperò anch’io la mia fetta di terrenolungo le mura. Visto che ognuno può ritagliarsi il suo pezzet-tino e rimanere impunito, anch’io voglio provare a occupar-ne uno mio e vedere che cosa succede!”. È questa l’ultima pro-vocazione di Sergio Di Stefano, il maestro in pensione che daanni porta avanti la campagna per rendere possibile il cam-

minamento lungo tutta la cinta mura-ria. La sua battaglia è iniziata più di die-ci anni fa e ha coinvolto negli anni la So-printendenza, il ministero dei Beni cul-turali e persino l’Unesco. Sono due ibersagli delle sue denunce: i singoliproprietari delle case e dei cortili pre-senti in alcuni tratti delle mura e lo stes-so Comune, accusato di essere “omissi-vo e di non tutelare dei beni che do-vrebbero essere patrimonio di tutti”. Il signor Di Stefano si appella al fattoche la città ducale è Patrimonio dell’U-manità dal 1988 e che all’epoca è statasiglata la Carta dell’Unesco: anche le

mura, come tutti i monumenti dovrebbero essere fruibili e ac-cessibili a tutti. Il suo sogno si è trasformato nel tempo in unlungo braccio di ferro con l’amministrazione comunale: haraccolto quasi mille firme e ha coinvolto le autorità tanto chenel 1999 il Tribunale di Urbino ha aperto un’inchiesta che pe-rò non ha mai portato a una vera soluzione del problema.Una questione che rimane aperta. Di Stefano promette chenon si fermerà e continuerà ancora la sua battaglia. Il Comu-ne, sicuro delle sue ragioni, aspetta la risposta definitiva dal-l’Unesco. E le mura per ora restano così. (a.d.)

Passeggiare lungo tut-ta la cinta muraria,ammirare il panora-ma nei vari punti delpercorso e magari,con una buona mac-

china fotografica, rubare scattiagli antichi tetti della città o aglisplendidi paesaggi che ci sonointorno. Sarebbe un modo al-ternativo per apprezzare la bel-lezza di Urbino e riuscire a im-maginare come vivevano untempo i vecchi abitanti del du-cato. Peccato che oggi non siapossibile farlo. Se un ipoteticoturista volesse percorrere tuttoil perimetro delle mura cinque-centesche che circondano lacittà, troverebbe tante piccole egrandi sorprese che rendereb-bero il sentiero un po’ meno fa-cile del previsto, esattamentecome dieci anni fa, quando “ilDucato” tentò la stessa difficilepasseggiata e la raccontò ai suoilettori. Il nostro turista immaginarioparte da Borgo Mercatale, pun-to di arrivo per la maggior partedei visitatori, e tenta di percor-rere le mura in senso orario. Ve-diamo un po’ cosa succede. Salire fino alla Fortezza Albor-noz non è possibile: nel trattoesterno il percorso, tutto in sali-ta, è ostruito da bagni pubbliciabbandonati e da una fitta ve-getazione; nel tratto interno siincontrano alcuni cortili priva-ti e una fatiscente cabina dell’E-nel in disuso. L’azienda ha giàcostruito la nuova cabina lonta-no dalla cinta muraria, ma lavecchia struttura non è stataancora abbattuta. Una volta saliti in Fortezza, bel-lezza architettonica chiusa alpubblico, il nostro turista po-trebbe gironzolare un po’ per ilParco della Resistenza, dovenon manca di certo il bel pano-rama, ma dove è possibile in-contrare anche qualche piccoloproblema: i bagni del bar risul-tano troppo vicini al perimetrodelle mura e la recinzione del-l’esercizio finisce proprio soprala cinta muraria.Scendere da Pian del Monte fi-no a Porta Santa Lucia si rivelauna vera e propria avventura:questo tratto delle mura è dav-vero ricco di imprevisti. Qui siincontra il famoso ristorante il“Ragno d’oro” con tanto di ga-zebo e bagni costruiti proprioattaccati alla cinta muraria. So-pra le mura sorge un’antennatelefonica, sotto invece c’è uncantiere abbandonato. Oltre illiceo, che si trova nei dintorni, ilsentiero diventa possibile e an-che piacevole, ma una voltasceso a Santa Lucia, per il turi-sta ricominciano i problemi. Oltre la Porta diventa impossi-

bile percorre questo tratto dimura: nella parte esterna esisteun parcheggio a pagamento epoi il percorso risulta imprati-cabile poiché fitto di erba e ster-paglia. Nel tratto interno dellemura, un’abitazione costruitanegli anni ‘60 interrompe ilcamminamento con tanto digiardino e cancello; anche se lapadrona aprisse gentilmente alnostro turista, il percorso sa-rebbe un lungo susseguirsi diostacoli: recinzioni private, iltorrione chiuso perché di pro-prietà privata, i campi sportividella scuola “G. Pascoli” e poiun terreno a scaloni giù fino aPorta Lavagine. Qui, proprioaccanto alla Porta, c’è il cortileinterno di alcune abitazioni enon è difficile che il nostro turi-sta si ritrovi faccia a faccia con ipanni stesi da qualche simpati-ca signora. Da Porta Lavagine la cinta mu-raria diventa praticabile: in tut-ta la zona sud il percorso conti-nua su Via delle Mura e poi suvia Matteotti, anche se diventaun po’ meno suggestivo e affa-scinante; la via è aperta anchealle automobili e guardando aldi sotto delle mura arrivano al-tre brutte sorprese: cumuli digomme e attrezzature da lavo-

ro, giardini abbandonati, par-cheggi privati. Tutte struttureaggiunte nel corso degli anniche risultano abusive, ma cheesistono, nonostante le prote-ste. Nella parte esterna, tranneper un breve tratto, il percorsolungo le mura non è più agibilefino a Borgo Mercatale. La vici-nanza con la Strada Nazionale el’impraticabilità del terrenorendono impossibile creare unsentiero esterno. Senza dimen-ticare l’edificio che sorge sulBastione del Belisario, proprioall’entrata di via delle Mura:una struttura fatiscente che daanni non riesce a essere restau-rata per una serie di ritardi e in-ceppi burocratici. Sopra al parcheggio del Merca-tale, oltre la Data, esiste l’unicovero tratto in cui si può cammi-nare sopra le antiche mura e do-ve l’avventuroso turista potreb-be percorrere lo stesso trattoche un tempo il duca Federicoda Montefeltro faceva a cavallo:fino a Porta Valbona è possibilepasseggiare senza problemi so-pra le antica mura e godere dellavista dall’alto su entrambi i lati. Iproblemi iniziano oltre la porta,ovviamente se si volesse rico-minciare il percorso e tornare dinuovo su, verso la Fortezza.

In molti casi leggi e norme non risolvono le controversie

La cinta interrotta da case, antenne e cortili

ALESSANDRO D’AMICO

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CITTÀ

Marche Multiservizi,chiude il cantiere

si ferma la nuova sede

L’impresa edile: non ci pagano

La nuova sede dellaMegas Spa di Urbinodoveva essere prontanel 2005. Costo com-plessivo: tre milionidi euro.

Eppure oggi, a tre anni da quel-la scadenza e dopo una fusionetra Megas e Aspes che ha datovita a Marche Multiservizi, lastruttura che si trova in localitàCasino Noci, è ben lontana dal-l’essere termi-nata. L’area è recinta-ta. Ci troviamo difronte ad un’im-ponente costru-zione circolarein cemento ar-mato che dovevaospitare sede le-gale, ammini-strativa e ufficidell’ex Megas. Cisono un camione una gru. Ma ilavori sono fermida mesi. Gli operai se ne sonoandati a luglio.“La società ci deve dare unamontagna di soldi, ci hannopreso in giro per un sacco ditempo. Sì, ce ne siamo andatiperché non siamo una fonda-zione” spiega Orazio Falcone,titolare della Falcone Costru-zione, la ditta di San NicandroGarganico, in provincia di Fog-gia che, nel 2003, ha vinto l’ap-palto per i lavori di costruzionedella nuova sede Megas.Marche Multiservizi, da partesua, ha deciso di non rilasciaredichiarazioni fino a quando ilcontenzioso con la ditta nonsarà risolto.Eppure sono tante le domandeche vorremmo rivolgere ai ver-tici della società nata il primogennaio di quest’anno. Da una parte sarebbe utile ca-pire perché la struttura non èstata portata a termine entro lascadenza del 21 febbraio 2005come previsto dal progetto.Dall’altra ci si domanda se, do-po la fusione, abbia ancorasenso una struttura ad Urbinoe se i lavori riprendessero a chisarebbero affidati.“So che ci sono stati dei pro-

blemi per la gestione dell’ope-ra e altri di liquidità che hannoavuto come conseguenza l’in-terruzione dei lavori – spiegaAlceo Serafini, assessore al bi-lancio del Comune di Urbino -ma negli accordi precedenti al-la fusione c’era l’intenzione diportare a compimento la strut-tura”. Serafini non parla di tem-pi, ma ribadisce che: “A livellopolitico siamo impegnati a vo-ler concludere la struttura e arenderla operativa”.In un comunicato stampa del26 giugno 2007, circa un meseprima che la ditta abbando-nasse il cantiere, anche il sin-daco Franco Corbucci, parlan-do della fusione Megas Aspes,fa un riferimento alla questio-ne: “Urbino ha fatto delle ri-

chieste molto chiare, in difesadelle prerogative della nostracittà, di tutto il territorio, dellearee interne e dei dipendentiMegas. Oggi ci sono dei puntifermi, ormai consolidati”. Stando al comunicato, nellanuova struttura avrebbero do-vuto trovare collocazione, oltrealla sede operativa della Megasdi Urbino, anche la sede legalee amministrativa di una nuovasocietà regionale di vendita digas ed energia. La strutturainoltre, avrebbe dovuto ospita-

re sede legale,amministrativae uffici di Megas-Net, società del-le reti con 30 mi-lioni di euro dicapitale socialeche ha sede a Pe-saro. Sempre secondoil Comune, la se-de operativa diUrbino, data lac o l l o c a z i o n eterritoriale stra-tegica rispetto

alle aree interne alla provincia,avrebbe dovuto svolgere unafunzione di eccellenza, puntodi riferimento per le attivitàtecniche e per quelle commer-ciali. Tutte queste considerazioniavevano portato il sindaco adaffermare senza ombra di dub-bio che: “La nuova sede Megas,in località Casino Noci, sarà ul-timata”.Ma la nuova sede, a tutt’ogginon c’è. La palla passa ora all’arbitrato.Il nuovo sistema di giustizia ar-bitrale in materia di lavori pub-blici prevede, infatti, che unacamera arbitrale (composta daun arbitro per ciascuna parte eda un presidente) si pronuncicon un lodo per definire le con-troversie che possono nascerein materia di lavori pubblici. Illodo equivale ad una sentenzae, in quanto tale, è appellabile.“Le uniche armi che ho, sonoquelle legali e infatti è tutto inmano agli avvocati” spiega il ti-tolare della ditta che ha esegui-to i lavori che, però, non si sbi-lancia sulla quantità di denarospeso nella realizzazione dellastruttura. Si limita a dire: “Èuna cifra considerevole”. Falcone spiega che all’inizio isoldi, anche se a rilento, arriva-vano. “Non so cosa abbiano inmente, so solo che rivoglio isoldi spesi fino a questo mo-mento. Non ha idea di che dan-no io stia subendo, ho i credito-ri che mi stanno addosso, vo-gliono i soldi e non voglionocerto sentir ragione”. Falcone non riesce proprio aspiegarsi cosa non abbia fun-zionato: “La nostra ditta è co-nosciuta nelle Marche, abbia-mo realizzato l’aeroporto diFano, case popolari a Pesaro,una scuola ad Ancona, arrivatiad Urbino sono iniziati i pro-blemi. È la prima volta in qua-rant’anni che abbandoniamoun cantiere”.

KATIA ANCONA

Alla Sogesta si va in autostop Meglio alzare il pollice che aspettare la navetta

Michela, va avanti così dal primo anno diuniversità. Roberto ha conquistato lamacchina da qualche mese, ma prima

anche per lui era la norma. Tutti a Urbino in au-tostop. È la vita degli studenti del polo scientifi-co della Sogesta che, quando non hanno la mac-china, sono vincolati per i loro spostamenti auna navetta che passa più o meno una volta al-l’ora e i cui orari spesso non coincidono con l’i-nizio o la fine delle lezioni. E allora si organizza-no. Pollice in alto, soprattutto nei giorni di piog-gia, nella speranza che qualcuno si fermi. Due studentesse che abitano al collegio dellaSogesta ci spiegano la legge della quinta mac-china: “È una certezza, dopo che quattro autosono passate dritte senza fermarsi la quinta siferma di sicuro”. Omar, urbinate automunito,riveste invece il ruolo di soccorritore: “Se c’èqualcuno che chiede un passaggio mi fermosempre”. Alessandro studia Scienze della terra,abita anche lui alla Sogesta e ci tiene a dire checomunque la situazione non è così drammatica:“In effetti le navette non sono tanto frequenti,però è anche vero che il servizio va avanti fino al-l’una di notte e questo ci permette di uscire la se-ra, per cui l’isolamento non si soffre più di tan-to”. Dopo un giro nel campus decidiamo di tor-nare a Urbino, ma il 18 si fa attendere. Ci guar-diamo intorno e dopo un attimo di esitazione de-cidiamo di imitare gli altri: qualche minuto di at-tesa e si ferma Matteo, studente di Geologia:“Sono andato avanti coi passaggi per sette anni,uno strappo non lo nego a nessuno”. (g.fl.)Studenti cercano un passaggio per il centro

Il cantiere abbandonato

1. La cabinadell’Enel cheandrà prestodemolita,vicino a PortaValbona2. L’antennadella Tim aPian delMonte3. Il ristorante“Ragnod’Oro”4. Il bastionedel Belisario5. Struttureabusiveaddossatealle muravicino a PortaLavagine6. Case ecortili soprale mura aSanta Lucia

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il Ducato

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“Progetti pronti, si parte”Intervista al sindaco Corbucci. Ecco il nuovo modello di sviluppo per la città

Santa Lucia, fornace e consorzio alla base della strategia che punta su trasporti, commercio e parcheggi

Trasporti, commer-cio e parcheggi. Siarticola su tre puntiil modello di svilup-po pensato da Fran-co Corbucci, sinda-

co di Urbino, per la città del futu-ro. Il progetto è ambizioso e pun-ta a superare il modello econo-mico fondato su Uni-versità e servizi, peruno sviluppo imposta-to sulla diversificazio-ne delle attività. “Inquesta città tutto ruo-tava intorno all’Ate-neo. Per trasformarlaabbiamo ripreso inmano i progetti di DeCarlo, investendo instrade, parcheggi espazi commerciali e ri-lanciando un’econo-mia che viveva da trop-po tempo sulla mono-cultura”.A quattro anni dall’ele-zione, era il giugno2004, il primo cittadinoha fatto il punto dellasituazione con gli stu-denti della scuola digiornalismo: “Io l’hofatto”, ha aggiunto ilsindaco. “I progetti so-no pronti e stanno par-tendo”. Mobilità e collega-menti. Parlando di tra-sporti, Corbucci partedai lavori alla bretellaper rispondere alle cri-tiche di chi definisceUrbino “una città isola-ta”. Per il sindaco, il trat-to a scorrimento veloce è fonda-mentale per collegare la città al-la grande viabilità interregiona-le. “La bretella ci consentirà diuscire dallo storico isolamento,collegando la città alla super-strada Fano –Grosseto, final-mente inserita tra le priorità del-la regione Marche”, spiega Cor-bucci. In attesa della bretella, gli sforzidell’amministrazione si sonoconcentrati sui collegamenti inautobus: 28 corse al giorno perPesaro (mai cosi tante), un pro-getto per riaprire la linea per Fa-no e una rassicurazione perquanti temevano la cancellazio-ne della corsa per Roma che ilComune si impegnerà a garanti-re, anche nel caso la “Bucci” de-cidesse di sospendere il servizio. Restano poche le corse domeni-cali: per molti studenti diventaun problema raggiungere Urbi-no la domenica sera, con l’ulti-mo autobus in partenza da Pesa-ro alle 20 e 10.Centro commerciale e funico-lare. Il progetto che coinvolgel’ex-fornace Volponi è pronto: alposto dei ruderi nascerà un cen-

GIAMMARCO SICURO

Per superare l’isolamento raddoppiate le corse per Pesaro e da aprile una linea per Fano. Mala domenica sera tornare a Urbino è impossibile

L’amministrazione ha raddoppiato le corse da e perPesaro, mentre la linea per Roma non corre piùrischi. Nonostante questo, gli studenti lamentanotempi lunghi di percorrenza e mancanza autobus, inparticolare la domenica.

I PULLMAN DI BORGO MERCATALE

Pronto il progetto per il nuovo centro commerciale. La struttura nascerà al posto della vecchia fornaceVolponi, della quale verrà restaurata la ciminiera e ilforno. Una funicolare collegherà il nuovo complessoal centro storico della città ducale.

LA FUNICOLARE E L’EX FORNACE

Iniziati i lavori di fronte alla porta di Santa Lucia. Ilprogetto prevede un parcheggio sotterraneo con 400posti auto e la nuova stazione delle corriere.Pronto a partire anche il nuovo centro direzionale:6700 metri quadrati di negozi e uffici all’ex consorzio.

IL PARCHEGGIO DI SANTA LUCIA

tro commerciale mentre la cimi-niera e il forno del vecchio com-plesso industriale verranno re-staurati. Da qui partirà la funico-lare, con destinazione centrostorico. “Il costo dell’opera -spiega Corbucci - sarà tra gli 8 e i10 milioni di euro. Dobbiamotrovare gli ultimi quattro, cinquemilioni per partire con i lavori,ma crediamo di poter avere i fi-nanziamenti in tempi brevi”.

Santa Lucia e consorzio. Le dueinfrastrutture sono arrivate all’i-nizio dei lavori. Per quanto ri-guarda Santa Lucia, il progettoprevede un parcheggio interratoa ridosso delle mura e una nuo-va stazione delle corriere. “Lacostruzione di questo nuovocomplesso, a due passi dal cen-tro storico - spiega il sindaco -porterà vantaggi enormi per icittadini. I 400 posti auto sotto lemura permetteranno una dimi-nuzione del traffico. La nuovastazione delle corriere alleggeri-rà la presenza dei pullman nellapiazza di Mercatale”.Collegato al progetto di SantaLucia, anche il nuovo parcheg-gio per i pullman turistici in via-le Neruda, proprio sotto il boc-ciodromo. “Nel nuovo spazio gliautisti troveranno servizi igieni-ci, un bar e una pompa per il la-vaggio dei mezzi: da Mercatale sipasserà solo per far scendere ituristi”.L’altro grande progetto dedicatoalla comunità nascerà al postodell’ex-consorzio agrario: 6700metri quadrati per attività ri-creativa, locali per gli studenti,

negozi e uffici. “Proprio in questigiorni - dice Corbucci - ci è statoconsegnato il progetto esecuti-vo: entro un mese inizieranno ilavori. Ho preteso un progetto diqualità - continua il sindaco -perché si tratta di una strutturavicino alle mura rinascimentalie posta all’ingresso della città”.Centro storico.“Dobbiamo ren-dere appetibile il centro storico,mettendo gli urbinati nella con-

dizione di tornare a vi-vere dentro le mura”. Laricetta pensata dal sin-daco per garantire unfuturo roseo a piazzadella Repubblica e din-torni, si articola in trepunti: Università, affit-ti, artigianato.“L’Università deve es-sere il punto di riferi-mento per tutto il cen-tro storico, sviluppan-do corsi di qualità e dialta formazione”, spie-ga Corbucci. L’amministrazione hapoi pensato di interve-nire sugli affitti: chi ri-spetta certi parametripuò contare su agevo-lazioni fiscali, purché icontratti di affitto sia-no regolarmente regi-strati. “Purtroppo -spiega Corbucci - que-sto strumento è statopoco utilizzato fino adora. Evidentemente vi-viamo in un Paese doveil nero continua a con-venire di più”. Per ridare vita al com-mercio dentro le muraè partito il bando perl’affitto dei locali al pia-

no terra del collegio Raffaello.Qui, nelle intenzioni dell’ammi-nistrazione, dovrebbero aprirealcuni negozi: “Vogliamo porta-re l’artigianato di qualità nelcentro storico, trasformando ilcollegio in un luogo d’incontroper studenti e urbinati”, raccon-ta Corbucci.Ponte Armellina. Il quartierechiamato Urbino Due e abitatoda immigrati è spesso al centrodi tensioni, per la difficile convi-venza con la popolazione di Gal-lo, nel comune di Petriano. I 120appartamenti necessiterebberodi una ristrutturazione che laproprietà privata non intendeaffrontare. “Il problema è chenon si tratta di proprietà pubbli-ca”, spiega il sindaco. “Gli appar-tamenti appartengono a privatiche è difficile far dialogare. L’u-nica speranza viene dagli stra-nieri stessi: alcuni di loro stannocomprando e ristrutturando lecase dove vivono in affitto. Quel-lo che possiamo fare noi - con-clude Corbucci - è garantire i ser-vizi e sperare nella buona volon-tà dei proprietari e degli immi-grati che vivono là”.

Il sindaco Franco Corbucci

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CITTÀ

Troppe le udienzepochi i giudici,il tribunale soffre

Al primo piano delPalazzo di Giusti-zia l’aula udienzesembra un merca-to all’ora di punta,con i l Giudice

Giorgio Di Giorgio, seduto difronte a un banco pieno di fal-doni, alle prese con 49 udien-ze filtro, quasi tutti patteggia-menti. Le imputazioni sono lepiù svariate: commercio abu-sivo di fuochi d’artificio, furto,minaccia, molestia e soprat-tutto decreti ingiuntivi. A par-tire dallo scorso anno, infatti,c’è stato un aumento vertigi-noso dei processi per debitinon saldati (di solito eranopoco più di cento in dodicimesi, nel 2007 ce ne sono stati570) un dato che mostra intutta la sua crudezza la crisieconomica che sta colpendole Marche come tutta l’Italia:tanti esercizi commercialinon riescono a pagare i lorofornitori e la gente comunenon riesce a restituire i soldipresi in prestito dalle bancheo da istituti finanziari.Il Giudice Di Giorgio e il Pub-blico Ministero Antonella Za-notti sono circondati da lega-li, imputati, parti civili, ac-compagnatori e semplicispettatori, tutti insieme nel-l’aula, ed è difficile distin-guerli tra loro. Due piani più su una cinquan-tina di persone, per lo più av-vocati con i loro clienti, affol-lano il corridoio dalle nove dimattina e aspettano di entrarenell’ufficio del Giudice Gioac-chino Sassi, presidente delTribunale dal 1999. Questamattina sono programmatedodici udienze, come è scrittosull’ordine del giorno appeso

fuori dalla porta. “È quasi sempre così – raccon-ta un avvocato difensore chenon ha voluto rivelare il nome– vengo spesso al Tribunale diUrbino e vedo sempre pochigiudici e pochi pubblici mini-steri con una grande mole dilavoro da smaltire. Voci di cor-ridoio, inoltre, dicono che duemagistrati andranno via laprossima estate e, se è vero, lasituazione non potrà che peg-giorare”. Non sono solo voci di corri-doio: due giudici, Paolo Spa-ziani e Giorgio Di Giorgio, sa-ranno trasferiti entro giugno,e non si sa quando sarannosostituiti. I tempi per questotipo di procedure, tra concor-si e assegnazioni, sono lun-ghissimi. Così la squadra diSassi, composta da cinquemagistrati, quattro fino a pocotempo fa per la maternità del-la dottoressa Spagnolo, saràridotta a tre unità. Il presidente Sassi, che datempo ha confermato la noti-zia, allarga le braccia: “La Giu-stizia italiana è così, anzi, qui,a differenza di altre sedi, per ilmomento funziona tutto be-ne. Durante i miei otto anni dipresidenza abbiamo avuto so-lo tre richieste di equo inden-nizzo ( le cause contro il tribu-nale per ritardi, ce ne sonotantissime ogni anno in Italiandr), solo in un caso abbiamoperso e abbiamo dovuto risar-cire il cliente”. Nelle Marche c’è un solo magi-strato per coprire tutti i buchidei Tribunali delle cinque pro-vince marchigiane, oltre allaCorte d’Appello di Ancona.“La richiesta di un giudicesupplente la faremo – conti-nua il presidente Sassi – mal’unico giudice a disposizioneper l’intera regione sincera-

mente non penso verrà qui”.Il Tribunale di Urbino emetteogni anno 800 sentenze civili e400 penali. Le iscrizioni allaProcura, però, sono molte dipiù, 1350 civili e 500 penalil’anno. I procedimenti, infatti,prima di arrivare nelle auleper essere esaminate dai ma-gistrati, passano al secondopiano del Palazzo di Giustizia,dove il Procuratore CapoClaudio Coassin, coadiuvatoda due sostituti procuratori eda tre viceprocuratori onora-ri, hanno un bel da fare conmigliaia di fascicoli che ognianno gli arrivano sulle scriva-nie.

Entro il prossimo autunno ilPresidente Sassi e il Procura-tore Capo Coassin, dopo 8 an-ni di servizio, verranno trasfe-riti, come vuole l’ultima rifor-ma della Giustizia. La sostituzione contempora-nea di due capi del Palazzo diGiustizia di Urbino, uno del-l’ufficio giudicante e uno diquello requirente, oltre allaperdita, la prossima estate, dialtri due magistrati, sarannoun colpo difficile da assorbireper il Tribunale. Inoltre, sul di-stretto giudiziario della cittàducale continua ad aleggiare ilpericolo di un accorpamentocon quello di Pesaro, per la ri-

forma delle circoscrizioni giu-diziarie di cui si parla da qual-che anno. “ Finora non l’han-no fatto – spiega il GiudiceSassi – ma se cambierannoidea i tempi saranno brevissi-mi, e non escludo che ciò pos-sa accadere.”Una struttura come quella divia Raffaello, data la sua im-portanza per il territorio, do-vrebbe poter lavorare meglio:il Tribunale di Urbino, infatti,copre 1689 kmq, comprende34 comuni (è tra le circoscri-zioni più vaste d’Italia) e unapopolazione di 100.000 perso-ne a cui vanno aggiunti i20.000 studenti di Urbino.

Casello Fano, Urbino non c’èArrivare a Urbino non è cosa facile. Le at-

tuali infrastrutture, infatti, non consen-tono alla città di essere ben collegata

con il resto del Bel Paese. Attualmente il turi-sta straniero, la matricola o la famiglia, che ar-rivi da Bari o da Foggia(sprovvisto di navigatoresatellitare) percorrendo laA14 adriatica di solito esceal casello “Pesaro-Urbi-no”, per prendere la stradaprovinciale Ss 423 Urbina-te. Chi è della zona sa, in-vece, che per far primaconviene uscire al casellodi Fano e imboccare la su-perstrada Fano-Grossetoche in una quarantina diminuti porta dritto a piazza Mercatale. Ades-so la società autostrade sta realizzando la ter-za corsia della A14 Bologna-Taranto e conquesta tre nuovi caselli, tra cui quello di Fano.

Il Coordinamento dei tecnici urbinati, insie-me al Rotary di Urbino e alla Provincia ha chie-sto ad Autostrade di segnalare il nuovo casel-lo di Fano con “Fano – Urbino Sud”, agevolan-do chi viene da Sud con l’esplicita indicazionedi Urbino. La proposta è stata vagliata dal Co-mitato permanente per la segnaletica che ha

deciso di inserire l’indi-cazione “Urbino” nel car-tello di preavviso di bivioche precede lo svincolo diFano, in carreggiata nord. “Non è quello che chide-vamo”, è il commento dei45 tecnini urbinati. “Perchi viene da sud l’equivocopermane perché la segna-lazione non è abbastanzaevidenziata. La gente con-tinuerà a dirigersi al casel-

lo di Pesaro-Urbino, allungando il percorso dicirca 16 km (tratto autostradale con un alta con-centrazione di incidenti e tamponamenti) e apercorrere l’intasatissima strada 423”.

DANIELE CIMÒ

Ogni anno emesse 1200 sentenze

Batti e ribatti tra Autostrade e tecnici

PASQUALE FILIPPONE

Il tribunale riunito, al centro il presidente Gioacchino Sassi

Un tratto dell’autostrada A14

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il Ducato

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Patente di guida:cinque scuole una sola agenzia

La motorizzazione si trova a Pesaro

Quasi 800 euro per un corso completo,circa il 25% in più rispetto a FanoFederconsumatori: “Prezzo esagerato”

Dalla A alla Z ap-punto. Che abi-tiate a Urbino o aFermignano, aSant’Angelo inVado o a Urba-

nia, a Piobbico o a Gallo di Pe-triano o anche a Canavaccio, alcompimento del vostro diciot-tesimo anno, se vi interessaavere una patente B, quella perguidare la macchina, vi presen-terete alla scuola guida di Vitto-rio Longhi & C. Non ci sono al-tre possibilità: l’Azeta è l’unicaautoscuola della zona. Saran-no gli 8 soci e i 3 dipendenti del-l’Azeta da quel momento ad ac-compagnarvi a ottenere unapatente fresca di motorizzazio-ne. Il pacchetto che viene offerto èdi 750 euro. Ci sono compresel’iscrizione, il corso di teoria, lapresentazione e l’assistenzaagli esami, la visita medica peravere il certificato. Sono inclu-se otto ore di guida, più o menoquelle che in media servono al-l’inesperto che si mette al vo-lante. D’accordo con gli istrut-tori è possibile personalizzareun po’ la tariffa, se servono piùprove in genere si arriva a 20guide di mezz’ora con la stessacifra, o se ne dovessero serviredi meno, il prezzo verrà dimi-nuito. Ma cinque-sei guide (15euro ogni mezz’ora). sono con-sigliate comunque perché bi-

sogna prendere confidenzacon l’auto con i doppi coman-di che viene usata all’esame. Aquesti soldi bisognerà poi ag-giungere i versamenti postalida 15 e 29, 24 euro, richiestiquesti dalla motorizzazione.Ecco, in totale un neopatenta-to a Urbino avrà così speso 794euro. In provincia le autoscuole so-no 41. Facendo un giro di tele-fonate veniamo a sapere che aPesaro, nelle sette scuole guidapresenti, le tariffe variano daun massimo di 845 euro fino aun minimo di 624; a Fano inve-ce i prezzi sono più bassi, con lestesse otto ore di guida si arrivaa spendere in media 593 euro.A Urbino si spende un 18% inpiù rispetto alla media nazio-nale, che secondo un’indaginedi Altroconsumo è di 646 europer un corso completo. “Questi prezzi ci sorprendono– ha commentato la Federcon-sumatori di Urbino – non si ca-pisce perché una famiglia urbi-nate si deve far carico di unaspesa del 25% più alta, per farprendere la patente a un figlio,rispetto a una famiglia di Fano,o spendere l’11% in più rispet-to a una di Pesaro”. L’autoscuo-la Azeta una risposta ce l’ha: lamotorizzazione si trova a Pesa-ro e il giorno dell’esame scrittoè necessario impegnare le autoe gli accompagnatori per por-tare là gli iscritti. Inoltre l’auto-scuola si deve accollare i costiper far venire gli esaminatori a

Urbino, per la prova pratica.Risparmiare si può, se si prepa-ra la teoria da soli senza fare ilcorso (di 450 euro), ci si puòiscrivere all’Azeta e agli esamicon 120 euro e si ha diritto a treguide con l’istruttore. Per pre-pararsi ai quiz c’è la possibilitàdi utilizzare il sito dell’auto-scuola (www.azeta.iquiz.it),che offre simulazioni di esamein rete, come sarà anche la pro-va alla motorizzazione, rifor-mata da settembre (e tradottada pochi mesi anche in cinese,arabo, russo, inglese, spagno-lo, tedesco e francese).Per Federconsumatori co-munque il problema dell’altocosto delle scuole guida resta:“Ci auguriamo che il decretoBersani porti maggiore con-correnza”. Le liberalizzazionidel ministro Bersani hanno in-fatti coinvolto anche questosettore. Dall’aprile del 2007,quando il decreto è stato con-vertito in legge, per aprireun’autoscuola è richiesta sol-tanto la “dichiarazione di ini-zio attività” da presentare inProvincia: basta certificare diavere i requisiti morali e pro-fessionali, la capacità finan-ziaria e gli standard organizza-tivi previsti. Claudia Paci, diri-gente del servizio mobilità etrasporti della Provincia hacommentato: “La legge è giustaper superare un regime mono-polistico, ma mancano ancorale norme per i corsi formativiper istruttori,e da un anno non

LISA BARACCHI

Lezioni gratuite di sicurezza stradale A giugno firmato un protocollo per educare anche adulti e motociclisti

Tornare a scuola guida per imparare la sicurezza strada-le. Un accordo tra la Provincia di Pesaro-Urbino el’Unasca, firmato nel giugno del 2007, consente a chiha preso la patente prima del 1992, di partecipare acorsi di aggiornamento gratuiti sul codice della strada,organizzati nelle 41 scuole guida del territorio. Ma nonsolo, corsi di guida sicura sono rivolti anche ai motoci-clisti e sono in programma “giornate di sensibilizzazio-ne” per parlare dei pericoli dell’alcol e degli stupefacen-ti per chi si appresta alla guida. Tra gli altri impegniassunti nel protocollo c’è anche un numero minimo diguide per i neopatentati (sedici di base). (l.b.)

ACCORDO PROVINCIA E UNASCA

sono stati fatti esami per gli in-segnanti di guida”. Con la nuo-va legge sono state aperte nellaprovincia due nuove scuoleguida, una a Mondolfo e l’altraa Montelabbate, quest’ultima èuna nuova sede di una societàche ha altre agenzie a Pesaro, laDino S.a.s.: non si tratta di unnuovo soggetto che si affacciasul mercato. Per Gianluca Peri-ni, consigliere dell’Unasca,

Unione nazionale autoscuole,lo spazio per aprire nuove scuo-le manca proprio. Già l’Azetasarà costretta a chiudere entrobreve una delle sue sedi, quelladi Canavaccio. A rischio chiu-sura anche l’agenzia di Piobbi-co. Il motivo? Gli iscritti sonosempre meno. L’Azeta registradal ’90 una diminuzione del53%. Il calo demografico delMontefeltro si fa sentire .

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ECONOMIA

Energia, il sole c’èma non si sfrutta

Pochi gli impianti fotovoltaici e termici in città

Demeli: “Ora progetti concreti, presto i pannelli sulle scuole”

Centri esteticiuomini all’assalto

In alcuni saloni più maschi che femmine

GIUSEPPE FERRANTE

Giulia non ha nes-sun problema a ri-lasciare un’inter-vista. “Prima però– dice frettolosa –devo finire le so-

pracciglia al ragazzo”. Giulia la-vora in un centro estetico di Ur-bino e il caso ha voluto che franoi si interponesse un esponen-te della nuova clientela di uomi-ni da beauty center. Il corpulen-to esemplare dal sopraccigliosagomato altri non era che unodei tanti maschi urbinati che daqualche anno fanno la fila dal-l’estetista.“Il 60 per cento dellamia clientela è composta da ra-gazzi”, dice Giulia. Il centro do-ve lavora la ragazza è però un ca-so particolare, visto che nei re-stanti della città ducale le donnesono di più. Ma gli uomini sonoin costante crescita.Per la mag-gior parte sono studenti, fre-quentatori di palestre, molti deiquali impegnati nella lotta al pe-lo superfluo: “Quasi tutti vengo-no da me per cerette al petto oalle gambe, per le sopracciglia –spiega Giulia - ma anche per lacura del viso e la manicure”. Il tariffario parla chiaro: i ma-schi pagano di più. Per una ce-retta alle braccia un uomo sbor-sa 16 euro mentre una donna 12.

27 euro contro 22 per una depi-lazione totale. “Il prezzario maschile è più altoperché depilare un uomo è piùcomplicato, ma rimangono ledonne a spendere di più per itrattamenti. Un ragazzo maga-ri viene per le sopracciglia e pa-ga quattro euro. Una donna ar-riva a spenderne anche 400”.“Molti arrivano qui la primavolta accompagnati dalle ra-gazze – racconta l’estetista – espesso sono proprio le fidanza-te a convincerli a migliorare ilproprio aspetto. Poi, visti i be-nefici, alcuni continuano a ve-nire per conto loro”. Abbiamodetto che gli uomini spendonodi meno, ma non è proprio ve-ro. “Sui cosmetici le donne so-no infinitamente più informa-te, i loro compagni no, compra-no qualsiasi cosa a qualunqueprezzo purché prometta risul-tati immediati. A volte si lascia-no un po’ abbindolare” secon-do Giulia. Per la giovane esteti-sta che abbiamo sentito i ragaz-zi si stanno adeguando sempredi più alle loro compagne, chesono proiettate totalmenteverso una ricerca estetica esa-sperata. In attesa del sorpasso,i centri estetici si stanno attrez-zando.

La maggior parte sonorotti, alcuni manca-no proprio e le tuba-ture sono completa-mente arrugginite. Ipannelli termici co-

struiti negli anni ’70 per riscal-dare con i raggi del sole la pisci-na di Mondolce, sono il simbo-lo della scarsa attenzione al te-ma delle energie rinnovabili aUrbino. Furono utilizzati pochimesi, le tecnologie di-ventarono presto obsole-te e si preferì lasciarli inu-tilizzati e tornare a bru-ciare petrolio. Da allorasono ancora lì, a fiancodell’impianto sportivo.“Adesso però è arrivato ilmomento di dare delle ri-sposte concrete”, spiegal’assessore allo Sviluppolocale Donato Demeli.Pannelli solari sulle scuo-le e risanamento dell’im-pianto della piscina sonogli interventi che dovreb-bero iniziare a breve. Lavasca di Mondolce è peròdi proprietà della Provin-cia ed è quindi necessario unaccordo fra le due amministra-zioni. Inoltre, tra il dire e il fare, comesempre in questi casi, ci sono dimezzo i finanziamenti. Molto,infatti, dipende dai soldi a dis-posizione. Parte del ricavatodella vendita dell’ex Consorziopotrebbe essere destinata allepolitiche per l’energia alterna-tiva.“Porterò la proposta inconsiglio – precisa l’assessore –ma ho già avuto dal sindaco ladisponibilità ad appoggiare al-cuni progetti”. Come quello peril parcheggio dell’ex boccio-dromo.“Il piazzale per gli auto-

ELISA STRAINI fotovoltaici oppure per scalda-re l’acqua, attraverso pannellitermici. “Con il Conto Energia –sottolinea Porto – in sei o setteanni si coprono le spese di in-stallazione, poi si continua co-munque a risparmiare sullabolletta”. L’incentivo viene in-fatti pagato per vent’anni ed èaggiornato periodicamente inbase al costo della vita e all’in-flazione. Per un urbinate chevoglia mettere pannelli a casasua, il primo passo da fare è pre-sentare una dichiarazione di

inizio attività (Dia) all’Uf-ficio urbanistico. Se l’Uf-ficio rilascia l’autorizza-zione, il progetto vieneinviato all’Ente nazionaleper le energie alternative(Enea). L’Enea lo comu-nica al Garante che prov-vede ad accreditare l’in-centivo direttamente sul-la bolletta. “Il sole di Urbino è più chesufficiente per fare fun-zionare impianti per l’e-nergia solare”, spiega Por-to. Eppure in città ci sonostate solo 33 richieste dal2000 ad oggi. Nel centro

storico, inoltre, ci sono li-mitazioni date dal fatto che si-mili strutture potrebbero dan-neggiare il patrimonio artisti-co. Il Comune e ‘Agenda21’ daqualche anno stanno cercandodi informare i cittadini su costie opportunità delle energieecocompatibili e sul sito delmunicipio c’è una sezione de-dicata a “Urbino sostenibile”.Da lì, andando nell’area “Agen-da 21 locale”, si possono trova-re linee guidae normative perimparare a muoversi lungo lastrada dell’energia alternativa.(http://www.comune.urbi-no.ps.it/AgendaDefault.aspx).

bus turistici sarà pronto neiprossimi mesi. Abbiamo pen-sato di installare strutture perpermettere ai pullman di sosta-re all’ombra. Se anziché nor-mali coperture si mettesseropannelli fotovoltaici, si potreb-be utilizzare l’energia imma-gazzinata per alimentare l’illu-minazione pubblica”. Altri con-tributi arriveranno dal Fondoeuropeo per lo sviluppo regio-nale (Fers) per il periodo 2007-2013 e da un accordo in via didefinizione con la Comunità

montana. Utilizzare i raggi del sole perprodurre energia, non solo ri-duce l’inquinamento, ma è an-che economicamente vantag-gioso. Dal 2005 esiste il “ContoEnergia”, attraverso il qualeviene dato un contributo fino a49 centesimi di euro per ognikilowatt prodotto con fonte so-lare. Inoltre se viene generatapiù energia di quella consuma-ta, i kilowatt in eccesso vengo-no “comprati” dal Gestore dellarete elettrica e rimessi in circo-lazione. L’ energia solare puòessere utilizzata per produrreelettricità, attraverso pannelli

I pannelli abbandonati vicino alla piscina

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Federico II di Svevia, imperatore del SacroRomano Impero, con il suo trattato “De ar-te venandi cum avibus", è una figura fonda-

mentale nella storia della caccia con il falco. I seivolumi della sua opera, rima-sta incompiuta a causa dellamorte del sovrano, sono utiliz-zati ancora oggi nelle scuole difalconeria e “non si può davve-ro dire di più – spiega AnnaLaura Trombetti, curatrice del-l’edizione italiana dell’opera –di quanto Federico non abbiagià scritto sull’addestramentodi falconi e sulle loro caratteri-stiche”. In realtà, però, le prime notiziesull’uso in campo venatorio diquesti animali risalgono addirittura alla preisto-ria. Questo tipo di attività, nata in Asia, proba-bilmente in Mongolia, si è estesa poi ad altri Pae-si asiatici, come il Giappone e la Cina, quindi aiPaesi arabi e infine all’Europa. Inghilterra, Ger-mania, Austria e Spagna sono tuttora tra i Paesi

con la cultura più sviluppata in questo campo.La falconeria è stata sempre considerata un’artenobile, anche a partire dal fatto che si tratta di unmodo non economico per cacciare: addestrare i

rapaci è impegnativo, gli ani-mali possono essere persi facil-mente e il metodo di caccianon è certo tra i più produttivi.Possedere un falco era soprat-tutto uno status symbol e nelmedioevo rappresentava l’es-sere un guerriero vincente nelcombattimento.Per capire l’importanza dellasimbologia legata ai falchi ba-sta pensare che all’epoca, a se-conda dell’appartenenza so-ciale, si poteva possedere solo

una certa specie di volatile: l’aquila era riservataall’imperatore, il re poteva avere un girifalco, ilprincipe un falco gentile, il conte la femmina dipellegrino comune e via a scendere. I poveri, in-vece, un astore maschio, mentre ai religiosi eraconsentito allevare solo sparvieri. (c.a.)

il Ducato

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Se in cielo i falchivolano a comando

A Fermignano in gara gli esperti da tutta Italia

Usati anche per la pet-therapy e per la sicurezza negli aeroporti

Un’arte che viene dall’AsiaLa caccia con i rapaci nel libro di Federico II

Mancano cin-que minutia l l e d i e c iquando Sa-kura, un gio-v a n e f a l c o

pellegrino femmina, solca perprima il cielo di quello spicchiodi Montefeltro che nel 207 a.C.ospitò la battaglia del Metaurotra cartaginesi e romani. Se al-lora di là passarono gli elefanti,domenica sopra Ca’ Lagostina,frazione di Fermignano, si so-no alzati in volo falchi pellegri-ni, girifalchi e astori. Tutti ospi-ti, con i loro addestratori, dellamanifestazione “A caccia colfalco” organiz-zata dall’asso-c i a z i o n e “L ostrozziere” diApecchio, dallasezione localedella Federcac-cia e dalla Socie-tà italiana setter.I falconieri in ga-ra – provenientida Lombardia,Toscana, Um-bria, Emilia Ro-magna e Veneto,oltre che dalleMarche – erano 25 in tutto, sud-divisi in due categorie: alto ebasso volo. Infatti pellegrini,girifalchi, falchi sacri e lanarisono utilizzati nella prima spe-cialità: per cacciare partonodal pugno del falconiere, al-zandosi in volo per individuarela preda con l’aiuto del cane,quindi scendono in picchiataper catturarla. Il basso volo in-vece è praticato soprattuttocon astori e sparvieri che, perghermire la preda, usano unatecnica di agguato, caratteriz-zata da un volo breve e quasisempre senza scampo per lavittima, inseguendola anche aterra. Nell’alto volo i parametri pervalutare la prova sono la veloci-tà della salita, la centratura –ossia la capacità degli uccelli divolare in cerchio sopra il pro-prio falconiere mentre pren-dono quota senza però allon-tanarsi troppo – la picchiata almomento dell’attacco e la cat-tura della preda. Nel basso vo-lo, invece, sono importanti lapotenza e l’aggressività dell’a-nimale. Domenica, sono stati ifalconieri toscani a portare acasa il bottino più grosso: primiin entrambe le categorie e ter-za piazza nel basso volo. A se-guire, i colleghi dell’Emilia Ro-magna che hanno occupato ilsecondo gradino del podio intutte e due le specialità, mentreal terzo posto nel basso volo siè insediata la Lombardia.Il segreto per addestrare i falchi

è sfruttare il loro istinto di cac-ciatori: “Serve una settimana –spiega Davide Fratini, uno deisoci dello “Strozziere” – perabituare l’animale alla propriacompagnia. In questo periodobisogna solo dargli da mangia-re e non guardarlo mai negli oc-chi: teme l’uomo e lo interpre-ta come una sfida. Poi, è impor-tante fargli capire che se saltaper venire al pugno, mangia”. Aseconda del carattere dell’ani-male, i tempi dell’addestra-mento variano da qualche set-timana a un paio di mesi: “Lostimolo della fame – continuaDavide – è fondamentale: il fal-co non deve essere troppo sa-zio altrimenti scappa, mentrese ha troppa fame non vola.

Funziona comeu n a b i l a n c i a :perché l’azionesia buona, il pesodel falco deve es-sere equilibratorispetto alla suaspecie e al clima”.“Sono animali –aggiunge Clau-dio Dominici,falconiere di Ric-cione proprieta-rio di cinqueesemplari – chenon danno affet-

to, al massimo puoi stabilire unrapporto di conoscenza”.Se in passato, cacciare con ilfalco era un’attività riservata ainobili, oggi non è certo allaportata di tutti: il valore degliesemplari varia da 600 fino a40.000 euro, come per il girifal-co bianco, una delle specie piùpregiate, utilizzata nella cacciaa inseguimento. Gli alleva-menti migliori sono all’estero –soprattutto in Germania, Fran-cia, Austria e Inghilterra – dovela tradizione è più radicata:“Personalmente – spiega Enri-co Carluni, presidente dello“Strozziere” – preferisco rivol-germi fuori perché vedo mag-giore serietà. In Italia, fino aventi anni fa, c’era qualche al-levatore che vendeva animalinon in regola. Inoltre bisognamigliorare la qualità degli alle-vamenti”.I rapaci sono addomesticatianche per altri scopi, comesgomberare le piste degli aero-porti dagli uccellini che po-trebbero essere risucchiati daimotori degli aerei e la pet-the-rapy. Anche nella piccola follacon il naso all’insù di Fermi-gnano, infatti, non tutti sonocacciatori: “A me – raccontaMatteo, anche lui dello Stroz-ziere” – la caccia non interessaproprio: il mio falco preferiscoaddestrarlo per fare spettacoliacrobatici”. E una ragazza lì vi-cino aggiunge: “Io invece nonho neppure un falco: tifo per leprede!”.

Nella foto grandeun falco

pellegrinoSotto

una falconiera Nella foto in basso

una miniatura del “De artevenandi cum

avibus”di Federico II

CLARA ATTENE

Un hobby per pochi:

per un rapacesi possonospendereda 600

a 40.000 euro

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CULTURA

Nella Flagellazione di Pieroi segreti della città del Duca

Gabriele Morolli rilegge il celebre dipinto in chiave urbanistica

Delitto a Urbino Il noir di GuidiUn numero digitato su un vecchio cellu-lare è l’unico indizio che il commissarioGrasso ha in mano per venire a capodell’assassinio del professor ColemanFarley. Una morte strana, apparentemen-te senza movente, di un anziano storicodell’Arte con la passione per Urbino. Adaiutare il commissario nelle indaginisaranno Albert Cuomo, un collega delprofessore, e la giovane Marta. “LaTana”, dell’urbinate Enrico Maria Guidi,pubblicato dalla casa editrice Traccenuove voci, ha tutti gli ingredienti di unthriller mozzafiato. Un noir raccontatocon sapiente dosaggio di colpi di scena,ambientato in una Urbino descritta dachi ne conosce ogni vicolo. (a.f.)

NARRATIVA

Il rancore di Rizzitra storia e culturaRancore, acido chimico con sentimento.L’opera collettiva “Itinerari del rancore” acura di Renato Rizzi esplora le possibilirotte di un’emozione che permea eammorba il (nostro) quotidiano: ci guida,ci possiede. Rancore e risentimento,gemelli siamesi, sono stati separati conoperazione chirurgica in questo librodalle tinte psicanalitiche forti ma anchesemplici e sconvolgenti. Dieci saggiredatti da ricercatori, storici e, per lo più,medici. Ma quanto è sociologia e quantopsicopatologia? A modo suo potrebberispondere Bertolt Brecht (citato nel sag-gio di Rizzi): “Dato che tutti gli altri postierano già occupati, ci siamo seduti dallaparte del torto”. (f.b.)

SAGGISTICA

Indecifrabile. La Flagella-zione di Piero della Fran-cesca, realizzata tra il1444 e il 1478 e ora custo-dita alla Galleria delleMarche di Urbino, è il tar-

lo degli storici dell’arte da piùdi cinque secoli. In assenza diun’opinione unanime in gradodi risolvere il mistero delle duescene dipinte (la flagellazionedi Cristo, a sinistra, e tre uomi-ni in primo piano a destra), leipotesi interpretative non si so-no mai fermate: lo storico Ma-rilyn Aronberg Lavin ne hacontate 35. Nel giro di un anno,sono uscite due nuove appas-sionate discussioni: da unaparte, la bizantinista SilviaRonchey che nella tavola diPiero della Francesca vedesimboleggiata la caduta di Co-stantinopoli in mano ai turchinel 1453, dall’altra, lo storicotedesco Bernd Roeck secondoil quale “nella tavola Federicoda Montefeltro uccide il fratel-lastro”. Le due letture sono sta-te raccolte in un articolo diPierluigi Panza pubblicato sulCorriere della Sera il 20 gen-naio scorso e hanno riacceso lasfida degli appassionati. Per-ché La Flagellazione non ha an-cora una sua verità? Per qualemotivo l’episodio della Passio-ne è spostato in secondo piano,mentre tre personaggi, più vi-cini all’osservatore, sembranodiscutere pacificamente tra lo-ro senza accorgersi del dram-ma che si svolge nel cavedio vi-cino? Chi sono quei tre uominimisteriosi e che cosa volevadirci Piero della Francesca nelraffigurarli?Lo storico dell’arte GabrieleMorolli ha tentato di sciogliere inodi guardando a un Piero ur-banista, ancora inedito. Nel

tempo c’è chi ha messo in dub-bio che il quadro fosse stato ese-guito per la corte di Urbino. Mo-rolli evita di aggrapparsi alla la-bile traccia della famosa citazio-ne della tavola, nel XVIII secolo,nella sagrestia vecchia della cat-tedrale urbinate, e aggiunge:“Due delle tre porte che si vedo-no sullo sfondo del portico doveil Cristo è flagellato presentanouna mostra in marmo con unatrabeazione caratterizzata dafregio a palmette tipica delletante porte di Palazzo Ducale.Lo stesso vale per il cavedio delpalazzo di Pilato: il soffitto è co-perto con un piano di cassetto-ni a lupanari con rosoni, rin-tracciabili nel Palazzo di Federi-co”. Insomma, un richiamocontinuo e scandito alla realtàurbanistica urbinate: “Dietrole spalle del personaggio colturbante ci sarebbe l’ala del pa-lazzotto della Iole, mentre l’an-golo della facciata richiame-rebbe quello della piazza delDuomo che scende verso laparte anteriore a squadra. Se-gno che Piero della Francescalavorava a Urbino o almenocon la mente a Urbino. Se quel-lo a sinistra dietro il palazzo diPilato è corso Rinascimento,allora ci troviamo nella zonadove è situato San Domenico”.L’opinione tradizionale vuoleche La Flagellazione raffiguriun crimine consumatosi cin-que secoli fa e ne riveli il man-dante: secondo Bernd Roeck,come scrive sul libro “Piero del-

la Francesca e l’assassino”(Bollati Boringhieri), la figurachiave sarebbe il giovane bion-do scalzo in camicia da notterossa al centro del lato destrodella tavola che corrisponde-rebbe non a Tommaso Paleolo-go, bensì a Oddantonio daMontefeltro, duca di Urbino,svegliato di soprassalto e ucci-so nella notte tra il 22 e il 23 lu-glio 1444 da alcuni sicari. “Miattirano di più la tesi di Gom-brich o di Gilbert – dice Morol-li – o l’ultima di Silvia Ronchey,autrice di “L’enigma di Piero”,edito da Rizzoli. Autori cheguardano il Rinascimento a360 gradi e credono che la tavo-la allegorizzi la caduta di Bisan-zio. Le tre figure sarebbero in-fatti alcuni tra i partecipanti alconcilio di Mantova del 1459 oa un altro concilio in cui le po-tenze europee si accordaronoper organizzare una crociatache avrebbe dovuto rendere li-bera la città”. “Di conseguenza – conclude lostorico dell’arte – il personag-gio che diamo per Federico daMontefeltro diventerebbe Gio-vanni Paleologo, imperatore diBisanzio, raffigurato come Pi-lato. Non sarebbe bello fare uncensimento di tutte le interpre-tazioni? Sarebbe divertente: il40 per cento è per l’assassiniodel fratellastro, raffigurato an-che come Cristo che viene uc-ciso, il 32 per cento è per il tra-dimento di Costantinopoli, ecosì via”.

FILIPPO BRUNAMONTI

Un particolare de “La Flagellazione” di Piero della Francesca

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