Bollettino Diocesano 4/2011

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1 DIOCESI DI Livorno Bollettino ufficiale n. 4 anno 2011 4

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Bollettino Ufficiale Diocesi di Livorno

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DIOCESI DI Livorno Bollettino ufficiale n. 4 anno 2011

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BOLLETTINO DELLA DIOCESI DI LIVORNO N.4 2011 Responsabile: Chiara Domenici

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IL MAGISTERO Del vescovo

MONSIGNOR SIMONE GIUSTI

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Domenica 6 Novembre 2011 Assemblea diocesana

È possibile una pastorale giovanile popolare?

1. Le risposte della Comunità Cristiana: - mettersi in un atteggiamento educativo, - mettersi in ricerca, - vivere l’accoglienza e l’accettazione piena dell’altro, - donargli la possibilità di poter vivere una esperienza di Cristo affinché se lo vorranno, potranno costruire la loro personalità incentrata su Gesù. Dal parlare di Gesù al farlo incontrare. E' necessario non abbandonarli nel momento in cui hanno più bisogno Occorre avere più tempo per l'educazione nel quale dar loro l'opportunità di fare delle esperienze forti di fede e di appartenenza alla Chiesa.( condivisione della Parola, della Eucarestia, del servizio a Gesù povero). Occorre procedere sulla strada della catechesi permanente. Dai 6- 14 anni ai 6-18 anni e oltre. 2. Come riuscire a dare queste risposte come Comunità? Percorrendo e facendo percorrere la via della bellezza: dal piacere alla gioia, dall’estetismo alla bellezza. - Per questo c’è prima di tutto la necessità di un patto educativo fra le agenzie educative, parrocchia e famiglia in primo luogo ma anche scuola e enti locali. Benissimo quanto realizzato nella Circoscrizione di Salviano. - L’importanza di figure educative motivate e competenti. - L’accompagnamento personale e l’aiuto spirituale personale. - L’opportunità di luoghi di incontro educativi quali l’oratorio. 3. Proporre itinerari differenziati Per educare gli adolescenti alla bellezza, al gusto del Buon Dio: far vivere agli adolescenti esperienze simboliche. Esse hanno l’obiettivo: di far vivere agli adolescenti situazioni, esperienze emozionali concrete che creino stupore e accendano il loro interesse nonché sveglino o allertino il loro naturale sentimento religioso, ad esempio: 1. Sono qui per te, perché ti voglio bene. Qualunque cosa tu farai, anche contro di me io ti vorrò sempre e comunque bene. 2. Com’è bello stare insieme L’esperienza della fraternità, l’esperienza di una comunità cristiana alternativa alla cultura dell’efficienza e dell’utilità. E’ bello stare insieme non per fare qualcosa ma per essere qualcuno. L’esperienza dell’accoglienza, dell’amicizia, del perdono. 3. Laudato sii fratello sole L’esperienza della comunione con il creato. (campi scuola) 4 .C’è più gioia nel dare che nel ricevere

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L’esperienza della solidarietà, della carità, arricchisce spogliandoci del nostro tempo, del nostro denaro, costringendoci a uscire dal recinto delle nostre ricchezze. ( servizi in parrocchia che dia riconoscimento ecclesiale ai giovani nella parrocchia ) 5. C’è un pozzo in me che mi disseta L’esperienza della solitudine, esperienza di compagnia. 6. Ho imparato una lingua nuova L’esperienza del passaggio dalla noia causata dalla ripetitività del linguaggio rituale liturgico al fascino del mistero. ( messa dei giovani- scuola della parola- adorazione eucaristica ) 7. Ascolta , tutto ti parla L’esperienza della scoperta della propria vita come luogo dove il Signore gli parla Lo scopo di queste esperienze simboliche inizialmente non sarà direttamente la conoscenza intellettuale, ma l’adesione, la conversione, il suo metodo non sarà la spiegazione ma la comunicazione di una esperienza. Una volta che gli adolescenti avranno intuito il mistero, gustato sia pure inizialmente, la presenza del Signore, avvertito la realtà e la concretezza del buon Dio, allora avranno in se motivazioni sufficienti per compiere un cammino catechistico. Altrimenti sarà tutto una gran fatica perché il loro interesse sarà costantemente altrove. 3. Sganciamento dall'età dei sacramenti Positività dello sganciamento dall'età dei sacramenti per la logica delle mete educative da raggiungere. 4. Un Progetto Educativo Parrocchiale Necessità di un progetto educativo parrocchiale che dia linee strategiche almeno per l'adolescenza ed allora perché non elaborare per tutta la nostra diocesi un Progetto Educativo specifico per la fase cruciale della pastorale giovanile: la tappa della Cresima, potremmo elaborare uno specifico “Progetto Cresima”. 5. Una pastorale di relazioni e non burocratica In questa ottica sono importanti le aggregazioni laicali. 6. Animatori formati Per promuovere questa ricca proposta di pastorale giovanile abbiamo sempre più necessità di animatori giovani dei gruppi giovanili specie per i gruppi dei preadolescenti o adolescenti che si stanno preparando a vivere la tappa sacramentale della Cresima o l’hanno da poco vissuta. Dobbiamo per prima cosa dire un grande grazie a tutti gli aduli che stanno assolvendo questo impegnativo compito ma è necessario che accanto ad essi vi siano per ogni gruppo, degli animatori giovani, almeno uno, che proponendosi come giovane cristiano sia in una qualche misura esempio di vita cristiana possibile e aiuti il gruppo a proseguire il suo cammino oltre la tappa della Confermazione evitando di ingenerare l’idea che con la Cresima finisce la frequentazione della Comunità Parrocchiale. I gruppi giovanili hanno bisogno almeno di una copresenza di animatori giovani e adulti, non possono essere soltanto adulti pena la probabilissima fine del gruppo degli adolescenti per motivi legati allo scontro generazionale che vivono nella loro fascia di età. Certo la scelta è piena di rischi ed esige che il giovane animatore sia ben seguito e formato e pertanto invito ogni realtà parrocchiale ad individuare sin da questo anno, le figure giovanili che da subito potranno affiancare i catechisti adulti e ad offrire loro una adeguata preparazione attraverso gli incontri di formazione specifici che saranno offerti loro dai Gruppi Animatori Vicariali.

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7. E’ LA MISSIONE CHE MOTIVA LA FORMAZIONE Una pastorale giovanile che aggreghi i giovani su obiettivi caritativi – missionari. Il ruolo della Caritas, della Parrocchia studentesca, della FUCI. A ) Non c’è etica senza epica , il coraggio di proporre integralmente il santo Vangelo senza paura di fare una proposta troppo forte, la fede si accresce donandola, formazione e missione un binomio inscindibile. Impegnare i gruppi giovani su cammini di solidarietà , di volontariato, di impegno sociale e politico, capaci di far incontrare Gesù nel povero e far loro percepire l’efficacia anche storica della fede nel qui e nell’oggi . Ad esempio : * Creare una rete di solidarietà intorno alle strutture della Fondazione Caritas. Nulla manchi alla mensa dei poveri di...come cibarie e come volontari. Non lasciare soli i malati in ospedale, specie i più poveri di affetti: incontri con l’AVO inizio di esperienze in ospedale o nelle case di riposo. * Il quartiere o paese che vorremmo : proviamo a progettare la città che desideriamo: utopia o stimolo per la classe politica locale? * Un giornale per dire la nostra * Ogni gruppo inizi una corrispondenza anche attraverso video con una missione. * Gemellaggi con altri gruppi della zona per affrontare insieme i problemi che ci sono a scuola o nel territorio. Gemellaggi con gruppi parrocchiali di altre regioni e durante l’anno e in particolare in estate, scambi di visite. * Andiamo ad incontrare i testimoni del nostro tempo: organizzare visite al Sermig di Torino Ernesto Oliviero ,al gruppo Abele di Torino - don Ciotti , alla Comunità Giovanni XXIII di Rimini - don Oreste Benzi, alla Comunità di S.Egidio a Roma, dalle suore di Madre Teresa di Calcutta a Roma, dai Focolarini a Loppiano, alla Comunità di Nomadelfia a Grosseto, dalle suore del Cottolengo. * Incontri con i sindacati sullo sfruttamento del lavoro giovanile, sulla carenza di lavoro per i giovani. Come acquisire una mentalità vincente nelle piccole o grandi opportunità di lavoro in proprio? Incontri con personalità locali. B ) Contemporaneamente accentuare la formazione alla vita interiore al fine di una personalizzazione del rapporto con il Signore Gesù. C ) Radicare la loro formazione in una conoscenza sempre più profonda delle Scritture.

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25 novembre 2011 intervento pubblico su “La lobby per i poveri”

Perché una Lobby per i poveri La grande tradizione della Chiesa a favore dei poveri nasce con le prime comunità

apostoliche, per essi furono istituiti i diaconi affinché nessuno rimanesse escluso o privi del necessario.

Un agire a favore degli ultimi che è testimoniato da primi scritti cristiani quale la “Lettera a Diogneto” nonché attraverso l’agire di grandi vescovi e papi quali Sant’Ambrogio, San Gregorio Magno, San Leone Magno nonché da San Benedetto e dai monasteri Benedettini i quali costruiranno una rete di protezione e di sostegno a favore dei poveri, per tutta Europa. Questo storico e costante impegno sociale dei cristiani ha poi generato a partire dal XIX secolo in poi, un magistero sociale della Chiesa. Esso manifesta una consapevolezza: i problemi dei poveri non sono solo emergenziali, ma anche strutturali, ovvero legati alle leggi giuste e ingiuste dei vari sistemi economici presenti in una data epoca e in determinato territorio. Occorre pertanto un continuo ripensamento dei sistemi economici affinché siano sempre più equi e giusti.

Da ormai diversi anni il Progetto Culturale della Chiesa di Livorno dedica molta attenzione con le sue commissioni (economia e politica) al ripensamento strutturale dell’economia. Tutto ciò naturalmente è avvenuto senza perdere di vista la contingenza e il territorio ove viviamo. Questo lavoro deve continuare.

Questa sera vorremmo avviare una fase nuova reclamata dalla drammaticità dei tempi presenti: una lobby per i poveri.

I due termini sembrano elidersi ma è proprio nel loro voluto contrasto che essi trovano la loro forza. Si costituiscono lobby per imporre interessi particolari, di gruppi particolari, anche noi questa sera vogliamo curare gli interessi di un gruppo particolare di cittadini: i meno abbienti di Livorno, coloro che stanno pagando il prezzo più alto di questa crisi economica che è bene sempre ricordarlo è strutturale perché morale.

È come tutte le lobby, politica nel senso più alto e nobile del termine: vuole radunare in essa tutti i cittadini di qualunque credo religioso e tanto più partitico, per realizzare:

- Un osservatorio globale delle povertà vecchie e nuove, per conoscere le leggi nazionali, regionali o locali in essere o in divenire a favore dei poveri o che potrebbero essere per loro utilizzate.

- Progetti di lungo respiro ma anche proposte immediatamente realizzabili, elaborati dalla Lobby stessa o da altri attori (Governo Nazionale, Regionale, Comunale, Istituzioni, Fondazioni oppure di singole realtà di volontariato o privati) da promuovere, da sostenere e da seguire nella loro fase di ideazione, di approntamento del piano finanziario, di approvazione (a volte gli iter burocratici sono interminabili e irti di ostacoli) affinché si creino per essi corsie privilegiate nel credito come nelle amministrazioni, di realizzazione perché esso diventi quanto prima operativi e al più basso costo possibile.

Una vera e propria “lobby” dove gli unici che ci dovranno guadagnare dovranno essere i poveri. Un soggetto territoriale nuovo che ha un interesse particolare e ci auguriamo molto contingente (speriamo presto di parlare di sviluppo e di nuove risorse per la spesa sociale non più di tagli) il quale non vuole mettersi contro nessuno perché ha bisogno di tutti per raggiungere il suo obiettivo. Il Presidente della Repubblica chiama tutti alla collaborazione, e alla solidarietà fra i corpi sociali, accogliamo il suo invito: insieme ce la faremo a Roma come a Livorno, nella notte è già sorta la stella del mattino, chi è avvezzo a navigare tra i flutti la conosce bene.

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+ Simone, Vescovo

Omelia di Natale 2011

Il Verbo si è fatto carne La carne è il cardine della salvezza

1. La nascita di Gesù a Betlemme: dalla fiaba alle testimonianze storico - archeologiche La Palestina, che sotto Erode il Grande (37-4 a.C.) era un unico stato sovrano, seppure vassallo di Roma, alla morte di questi fu spezzettata in varie tetrarchie, dato che Augusto aveva abolito la dignità regia. Nel 6 d.C., sotto il nome di Giudea, venne incorporata nella provincia imperiale di Siria, con un procuratore residente a Cesarea Marittima, il quale rispondeva direttamente all'imperatore. Varie legioni furono inviate a presidiarla, tra cui la Legio X Fretensis, di stanza a Gerusalemme. Scampata alla sorte inflitta da Tito a Gerusalemme nel 70, la cittadina subì peraltro la violenza di Adriano, provocato dalla seconda rivolta giudaica, quella di Bar Cosheba, che dal 132 al 135 aveva duramente impegnato i Romani. Adriano, con astuto calcolo politico, profanò la santità del luogo e fece piantare sopra la grotta della Natività un bosco sacro a Tammuz-Adone, così come aveva fatto alzare a Gerusalemme, sui luoghi della Risurrezione, le statue di Venere e di Giove. A quei tempi, essendo stati banditi gli Ebrei, la popolazione betlemita poteva contare molti pagani disposti a continuare riti agresti già comuni in Oriente: luoghi di culto sincretistico si trovavano anche altrove, per esempio a Mambre. I Cristiani provenienti dal Giudaismo, i Giudeo-cristiani, erano in minoranza e non potevano certo opporsi agli ordini dell'imperatore. La Palestina, quindi, fu ufficialmente pagana, come tutto il mondo romano, fino al 313, anno in cui Costantino proclamò la libertà di culto. Nel 324 Elena, madre di Costantino, visitò la Terra Santa. Nel 325, sollecitato dal Vescovo di Gerusalemme S. Macario, con il quale si era incontrato in occasione del primo Concilio ecumenico di Nicea, Costantino destinò cospicui fondi anche alla costruzione di una chiesa nel luogo della Natività. Le tradizioni cristiane, gelosamente custodite dai Giudeo-cristiani, erano talmente radicate e chiare che non ci furono problemi per la localizzazione del sito. I lavori poterono essere iniziati l'anno seguente. La Grotta fu circondata dalle magnifiche costruzioni dell’imperatore Costantino e di sua madre Elena non molto dopo il 325 d. C., come ci narra lo storico Eusebio di Cesarea, contemporaneo ai fatti, la Basilica attuale è sostanzialmente quella costruita all’epoca dell’imperatore Costantino . Dopo i vangeli, la più antica testimonianza sul luogo della nascita di Gesù (verso la metà del II sec.) è del filosofo e martire Giustino, originario di Flavia Neapolis, odierna Nablus, in Palestina: “Al momento della nascita del bambino a Betlemme, poiché non aveva dove soggiornare in quel villaggio, Giuseppe si fermò in una grotta prossima all’abitato e, mentre si trovavano là, Maria partorì il Cristo e lo depose in una mangiatoia, dove i Magi venuti dall’Arabia lo trovarono”. In particolare la menzione della Grotta come abitazione di fortuna va riconosciuta come un’eco della viva tradizione locale, attestata anche nell’antichissimo apocrifo detto Protovangelo di Giacomo (II sec.), ripetuta da Origene (III sec.) e alla base di tutta la storia successiva del santuario betlemitano. 2. Betlemme nella Bibbia: già citata dal Genesi. Betlemme, la 'casa del pane', Bèt-Lahm nell'antica lingua siro-caldaica, viene talvolta chiamata nella Bibbia anche Betlemme di Giuda, per evitare confusioni con l'omonima località nel territorio della tribù di Zabulon, che fu patria di uno dei Giudici di Israele, Luca usa l'espressione 'città di David'. Betlemme ha radici profonde nel passato: ne parla già il Libro della Genesi,

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quando riferisce la morte di Rachele, siamo ai tempi ben remoti, ai tempi dei Patriarchi (XVII-XVI sec. a.C.). "Rachele ... ebbe un parto difficile ... Or avvenne che, mentre la sua anima si partiva pose (al figlio) nome Benoni, ma suo padre lo chiamò Beniamino. Rachele dunque morì e fu sepolta sulla strada di Efrata, cioè Betlemme" (Gen 35, 16. 19). A Betlemme nacquero Elimelec e Noemi sua moglie. Dopo il soggiorno nella terra di Moab, a Betlemme ritornò Noemi, vedova, con la nuora moabita Rut, a sua volta vedova; a Betlemme la dolce e remissiva Rut conobbe l'agiato Booz. Da Rama a Betlemme, su ordine dell'Altissimo, si recò Samuele per sacrificare ["La mia venuta è pacifica; vengo per sacrificare al Signore" (1 Sam 16, 5)] e per ungere re di Israele il giovane David, il prestante pastore, al posto di Saul che era incorso nell'ira divina ["Il Signore si era pentito di averlo fatto re su Israele" (1 Sam 15, 35)]. Indubbiamente Betlemme era madre di eroi: vide nascere anche Elcana, l'uccisore di Gob, il gigante filisteo fratello di Golia. In Michea troviamo Betlemme nel contesto di una grande profezia: "E tu, Betlemme Efrata pur essendo piccola tra i capoluoghi di Giuda da te mi nascerà colui che deve regnare su Israele... Egli starà ritto e pascerà con la potenza del Signore con la maestà del nome del Signore, suo Dio… E lui sarà la nostra pace" (Mi 5, 1-3). Questa profezia si intreccia con quelle di Isaia: "Ecco la giovane (la vergine, almah) concepisce e partorisce un figlio che chiamerà Emmanuele" (Is 7, 14); "Un rampollo spunterà dal tronco di lesse un virgulto germoglierà dalle sue radici" (Is 11,1); "Avverrà in quel giorno che la radice di lesse si ergerà a segnale per i popoli, ad essa si rivolgeranno ansiose le genti, e gloriosa sarà la sua sede" (Is 11, 10). Alla pienezza dei tempi, dal seme di David e da Betlemme, la borgata di dove era David, venne il Cristo. Con brevi parole, Matteo ["Nato Gesù in Betlemme di Giuda... (2, 1)] e Luca ["Or avvenne che, mentre essi erano là, si compirono i giorni in cui essa doveva partorire e partorì il suo figlio..." (2, 6-7)], ci narrano la nascita del Bambino. Betlemme esce dalla Bibbia ed entra nella storia con un episodio drammatico: la strage degli Innocenti. Erode, che aveva ordinato ai Magi di riferirgli dove si trovasse il re dei Giudei, vedendosi da essi deluso, "si adirò grandemente e mandò a uccidere tutti i fanciulli che erano in Betlemme e in tutto il suo territorio, dai due anni in giù" (Mt 2, 16). 3. Il Natale : il Verbo si è fatto carne, Dio si fa visibile per farsi incontrare da tutti La festa del Natale affascina oggi come una volta, più di altre grandi feste della Chiesa; affascina perché tutti in qualche modo intuiscono che la nascita di Gesù ha a che fare con le aspirazioni e le speranze più profonde dell’uomo. Nella celebrazione di questi giorni santi viviamo in modo misterioso ma reale l’ingresso del Figlio di Dio nel mondo e siamo stati illuminati ancora una volta dalla luce del suo fulgore. Ogni celebrazione è presenza attuale del mistero di Cristo e in essa si prolunga la storia della salvezza. Celebrare gli eventi dell’incarnazione del Figlio di Dio non è semplice ricordo di fatti del passato, ma è rendere presenti quei misteri portatori di salvezza. Nella Liturgia, nella celebrazione dei Sacramenti, quei misteri si rendono attuali e diventano efficaci per noi, oggi.

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Ancora san Leone Magno afferma: “Tutto ciò che il Figlio di Dio fece e insegnò per riconciliare il mondo, non lo conosciamo soltanto nel racconto di azioni compiute nel passato, ma siamo sotto l’effetto del dinamismo di tali azioni presenti”1 . Nella Costituzione sulla sacra liturgia, il Concilio Vaticano II sottolinea come l’opera della salvezza realizzata da Cristo continua nella Chiesa mediante la celebrazione dei santi misteri, grazie all’azione dello Spirito Santo. Già nell’Antico Testamento, nel cammino verso la pienezza della fede, abbiamo testimonianze di come la presenza e l’azione di Dio sia mediata attraverso i segni, ad esempio, quello del fuoco (cfr Es 3,2ss; 19,18). Ma a partire dall’Incarnazione avviene qualcosa di sconvolgente: il regime di contatto salvifico con Dio si trasforma radicalmente e la carne diventa lo strumento della salvezza: “Verbum caro factum est”, “il Verbo si fece carne”, scrive l’evangelista Giovanni e un autore cristiano del III secolo, Tertulliano, afferma: “Caro salutis est cardo”, “la carne è il cardine della salvezza” (De carnis resurrectione, 8,3: PL 2,806). Il Natale è già la primizia del “sacramentum-mysterium paschale”, è cioè l’inizio del mistero centrale della salvezza che culmina nella passione, morte e risurrezione, perché Gesù comincia l’offerta di se stesso per amore fin dal primo istante della sua esistenza umana nel grembo della Vergine Maria. La notte di Natale è quindi profondamente legata alla grande veglia notturna della Pasqua, quando la redenzione si compie nel sacrificio glorioso del Signore morto e risorto. Lo stesso presepio, quale immagine dell’incarnazione del Verbo, alla luce del racconto evangelico, allude già alla Pasqua ed è interessante vedere come in alcune icone della Natività nella tradizione orientale, Gesù Bambino venga rappresentato avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia che ha la forma di un sepolcro; un’allusione al momento in cui Egli verrà deposto dalla croce, avvolto in un lenzuolo e messo in un sepolcro scavato nella roccia (cfr Lc 2,7; 23,53). Incarnazione e Pasqua non stanno una accanto all’altra, ma sono i due punti chiave inseparabili dell’unica fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio Incarnato e Redentore. Croce e Risurrezione presuppongono l’Incarnazione. Solo perché veramente il Figlio, e in Lui Dio stesso, “è disceso” e “si è fatto carne”, morte e risurrezione di Gesù sono eventi che risultano a noi contemporanei e ci riguardano, ci strappano dalla morte e ci aprono ad un futuro in cui questa “carne”, l’esistenza terrena e transitoria, entrerà nell’eternità di Dio. In questa prospettiva unitaria del Mistero di Cristo, la visita al presepio orienta alla visita all’Eucaristia, dove incontriamo presente in modo reale il Cristo crocifisso e risorto, il Cristo vivente. La celebrazione liturgica del Natale, allora, non è solo ricordo, ma è soprattutto mistero; non è solo memoria, ma anche presenza. Per cogliere il senso di questi due aspetti inscindibili, occorre vivere intensamente tutto il Tempo natalizio come la Chiesa lo presenta. Se lo consideriamo in senso lato, esso si estende per quaranta giorni, dal 25 dicembre al 2 febbraio, dalla celebrazione della Notte di Natale, alla Maternità di Maria, all’Epifania, al Battesimo di Gesù, alle nozze di Cana, alla Presentazione al Tempio, proprio in analogia con il Tempo pasquale, che forma un’unità di cinquanta giorni, fino alla Pentecoste. La manifestazione di Dio nella carne è l’avvenimento che ha rivelato la Verità nella storia. Infatti, la data del 25 dicembre, collegata all’idea della manifestazione solare – Dio che appare come luce senza tramonto sull’orizzonte della storia –, ci ricorda che non si tratta solo di un’idea, quella che Dio è la pienezza della luce, ma di una realtà per noi uomini già realizzata e sempre attuale: oggi, come allora, Dio si rivela nella carne, cioè nel “corpo vivo” della Chiesa peregrinante nel tempo, e nei Sacramenti ci dona oggi la salvezza. I simboli delle celebrazioni natalizie, richiamati dalle Letture e dalle preghiere, danno alla liturgia di questo Tempo un senso profondo di “epifania” di Dio nel suo Cristo-Verbo

1 Sermone 52,1

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incarnato, cioè di “manifestazione” che possiede anche un significato escatologico, orienta cioè agli ultimi tempi. Già nell’Avvento le due venute, quella storica e quella alla fine della storia, erano direttamente collegate; ma è in particolare nell’Epifania e nel Battesimo di Gesù che la manifestazione messianica si celebra nella prospettiva delle attese escatologiche: la consacrazione messianica di Gesù, Verbo incarnato, mediante l’effusione dello Spirito Santo in forma visibile, porta a compimento il tempo delle promesse e inaugura i tempi ultimi. Occorre riscattare questo Tempo natalizio da un rivestimento troppo moralistico e sentimentale. La celebrazione del Natale non ci propone solo degli esempi da imitare, quali l’umiltà e la povertà del Signore, la sua benevolenza e amore verso gli uomini; ma è piuttosto l’invito a lasciarci trasformare totalmente da Colui che è entrato nella nostra carne. San Leone Magno esclama: “il Figlio di Dio … si è congiunto a noi e ha congiunto noi a sé in modo tale che l’abbassamento di Dio fino alla condizione umana divenisse un innalzamento dell’uomo fino alle altezze di Dio” 2. La manifestazione di Dio è finalizzata alla nostra partecipazione alla vita divina, alla realizzazione in noi del mistero della sua incarnazione. Tale mistero è il compimento della vocazione dell’uomo. Ancora san Leone Magno spiega l’importanza concreta e sempre attuale per la vita cristiana del mistero del Natale: “le parole del Vangelo e dei Profeti, infiammano il nostro spirito e ci insegnano a comprendere la Natività del Signore, questo mistero del Verbo fatto carne, non tanto come un ricordo di un avvenimento passato, quanto come un fatto che si svolge sotto i nostri occhi… è come se ci venisse ancora proclamato nella solennità odierna: «Vi do l’annunzio di una grande gioia, che sarà per tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore che è il Cristo Signore»” 3. Ed aggiunge: “Riconosci, cristiano, la tua dignità, e, fatto partecipe della natura divina, bada di non ricadere, con una condotta indegna, da tale grandezza, nella primitiva bassezza”. 4 Carissimi viviamo questo Tempo natalizio con intensità: adoriamo il Figlio di Dio fatto uomo e deposto nella mangiatoia, ma al contempo adoriamolo nell’Eucarestia, natale che continua nel presente, amiamolo nei fratelli soprattutto nei più poveri perché n ognuno di essi vive il Signore. Il mistero del Natale: la carne è il cardine della salvezza, la carne del bambino Gesù, la carne dell’eucarestia, la carne della Chiesa, la carne del povero. E’ nostra salvezza la concretezza, la visibilità della carne. Capite perché Natale non può essere festa e pace solo per alcuni: ce ne deve essere per tutti ! Il pane come l’eucarestia deve essere condiviso, buon Natale non può essere solo un convenevole saluto ma una volontà di solidarietà e fermo proposito di rendere visibile nella nostra carne, nella carne della Chiesa, nella nostra concreta umanità, la Luce e l’Amore che da quella notte ci illuminano e ci rendono instancabili costruttori di sogni ovvero edificatori di una città di fratelli dove regna la giustizia ed è gioia condividere purché sia festa per tutti.

2 Sermone sul Natale del Signore 27,2 3 Sermone sul Natale del Signore 29,1 4 Sermone 1 sul Natale del Signore, 3

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Workshop cittadino 16 dicembre 2011

IL LAVORO DEI GIOVANI

AL CENTRO DELLA CRESCITA La famiglia d'origine svolge il ruolo di ammortizzatore sociale per i figli adulti Partiamo da un dato: circa la metà dei giovani italiani tra i 15 e i 30 anni dipende economicamente dai genitori, mentre nel resto d'Europa tale valore si attesta mediamente sotto il livello di uno su tre. Se questa condizione non si è ancora trasfor-mata nel nostro Paese in dramma sociale è perché finora l'aiuto della famiglia ha tenuto. La situazione è però sensibilmente peggiorata negli ultimi decenni - come conseguenza dei limiti del nostro modello di sviluppo e delle carenze del sistema di welfare pubblico - e si è ora ancor più inasprita con la crisi economica. Ma quanto a lungo la famiglia di origine potrà reggere come ammortizzatore sociale per i figli adulti? E a quale costo per i giovani stessi? Prima di rispondere facciamo un passo indietro e chiediamoci: chi sono i giovani e a cosa "servono"? Il concetto di giovane è legato alle tappe del processo di transizione alla vita adulta " concetto di "giovane" è legato alle tappe del processo di transizione alla vita adulta. Se nelle società pre-moderne esistevano precisi e ben regolati riti di passaggio che marcavano la diretta entrata nel gruppo degli adulti, nelle società occidentali contem-poranee i tempi di transizione verso tale status si sono molto dilatati. Non esiste più un unico salto che sancisce univocamente l'abbandono della riva della condizione infantile e il raggiungimento di quella opposta della condizione adulta. Il fiume si è notevolmente allargato e il suo guado richiede la realizzazione di una serie di tappe di avvicinamento, che vanno intese come parte di un unico processo: la fine del percorso formale di studi, l'entrata nel mercato del lavoro, l'uscita dalla famiglia di origine, la formazione di un'unione di coppia, la nascita del primo figlio. Nessuno di questi eventi è di per sé indispensabile, quello che conta è il percorso a tappe di progressiva conquista di autonomia e di assunzione di responsabilità. Una persona di 40 anni, ad esempio, può certamente essere considerata adulta a tutti gli effetti senza che abbia mai lavorato e non abbia mai formato una propria famiglia. È però anche vero che l'attività produttiva e riproduttiva sono fondamentali per il funzionamento e la prosperità di una società e definiscono pertanto in modo basilare i ruoli della condizione adulta. È vitale quindi che la società favorisca e incentivi il compimento delle tappe di ingresso in tali ruoli nei tempi e modi adeguati. Non si tratta quindi sola mente di fornire a ciascuno i giusti mezzi per realizzare al meglio il proprio destino personale: dal successo individuale nel processo del diventare adulti dipende anche il futuro e il successo della comunità civile nel suo complesso. La società, anche e soprattutto per il proprio bene, dovrebbe quindi preoccuparsi di fornire alle nuove generazioni la protezione e le competenze necessarie per fronteggiare i rischi e cogliere al meglio le opportunità nell'entrata nella vita adulta. Ciò risulta, se possibile, ancor più vero in questa fase storica. Come generalmente riconosciuto e ripetuta mente sottolineato, le sfide più importanti che stanno vivendo le società avanzate sono la globalizzazione e

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l'invecchiamento della popolazione. Da tali due grandi processi discendono inedite opportunità, ma anche nuovi bisogni, che non trovano risposta omogenea in tutti i Paesi, interagendo con specificità istituzionali e culturali. I nuovi rischi sono, come ampiamente riconosciuto e documentato, soprattutto riconducibili alle difficoltà connesse all'entrata nel mercato del lavoro, alla conquista di una stabilizzazione e al mantenimento di una adeguata posizione al suo interno. Tali difficoltà - soprattutto nei contesti caratterizzati da debole welfare pubblico e da istituzioni nazionali meno in grado di arginare i potenziali effetti negativi dei cambiamenti in atto - contribuiscono a generare insicurezza ed incertezza nel futuro, con conseguente tendenza a posticipare ulteriormente scelte di autonomia e di assunzione di responsabilità. Le conseguenze negative possono avere ricadute sia micro che macro: da un lato viene infatti frustrata la capacità individuale di realizzare i propri obiettivi di vita, dall'altro, viene compressa la possibilità che le nuove generazioni siano una risorsa per la crescita del Paese. Bassi livelli di occupazione e scarsa valorizzazione del capitale umano In questo senso la condizione dei giovani italiani di inizio XXI secolo risulta essere particolarmente problematica. Uno degli aspetti più preoccupanti è senz'altro costituito dai bassi livelli di occupazione e dalla scarsa valorizzazione del capitale umano. Le difficoltà sul versante occupazionale e la carenza di un adeguato sistema di ammortizzatori sociali, hanno aumentato la dipendenza dei giovani dai genitori e rallentato il loro percorso di transizione alla vita adulta, lasciandoli così sospesi in una zona grigia che umilia le intelligenze e deprime energie e motivazioni. Aumento della provvisorietà delle condizioni di vita fin oltre i 30 anni Secondo i dati ISTAT la quota dei giovani in età 20-34 che indicano come motivo di permanenza nella famiglia di origine le difficoltà di accesso ai mezzi per mantenersi è cresciuta dal 2003 al 2008 dal 40 al 46,5%, mentre chi dice che sta bene così si è ridotto dal 42% al 32,5%. A conferma della crescente importanza dei fattori strutturali nello spiegare la ridotta autonomia delle nuove generazioni èil sorpasso del Sud rispetto al Nord. E' soprattutto nelle regioni del Sud, infatti, che disoccupazione e sottoccupazione costituiscono i motivi principali della permanenza nella casa dei genitori ben oltre la soglia dei trent'anni. Per tutto il XX secolo a rimanere maggiormente a vivere con i genitori sono stati, infatti, i giovani delle regioni centro-settentrionali e sui motivi di permanenza dominavano i fattori culturali. Negli ultimi quindici anni è invece cresciuto sensibilmente il peso dei motivi economici, delle difficoltà legate alla carenza di un lavoro stabile e soprattutto di un reddito adeguato e continuativo per riuscire a mantenersi. Fattori, questi, più accentuati nel meridione. Ecco allora che dalla metà degli anni Novanta ad oggi la percentuale di maggiorenni under 35 ancora stabilmente residenti nella famiglia di origine è cresciuta dal 57 al 58% nel Nord, mentre è salita dal 56 al 63% nel Mezzogiorno. I più aggiornati dati ISTAT, riferiti al 2008, evidenziano poi come, nella fascia d'età 25-34, la percentuale di persone che vivono con i genitori sia inferiore al 40% in quasi tutte le regioni del Nord e superiore al 50% in quasi tutte quelle del Sud. Gli occupati, tra chi vive ancora nella famiglia di origine, sono il 63% nell'area settentrionale e meno del 40% nel Mezzogiorno. Il quadro che emerge, nel complesso, è quello di un aumento della provvisorietà delle condizioni di vita fin oltre i 30 anni e una caduta libera di giovani pienamente e solidamente attivi nel mercato del lavoro e impegnati nella costruzione di un progetto familiare. Secondo un'indagine ISTAT condotta prima della recessione economica, le persone tra i 18 e i 39 anni che a fine 2003 vivevano ancora con i genitori erano 8 milioni e 300 mila (pari al 48% dei pari età). A 3 anni di distanza (inizio 2007) solo uno su cinque risultava essere riuscito a lasciare la famiglia di origine. Tra chi aveva detto che con certezza sarebbe

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uscito, solo il 53% era riuscito a farlo. Dati che indicano in modo chiaro come in gran parte dei giovani ci sia desiderio di diventare autonomi e costruire una propria vita. Auspicano e progettano l'uscita, ma poi di fatto si trovano a procrastinare continuamente. La crisi ha peggiorato la situazione La crisi ha poi ancor più peggiorato questa situazione. Lo strumento della cassa integrazione ha protetto maggiormente i lavoratori maturi, le mancate assunzioni e il mancato rinnovo di contratti a tempo determinato hanno invece colpito molto più severamente le nuove generazioni. Ed infatti 1'80% della riduzione dell'occupazione riguarda i giovani. A mitigare gli effetti di un impatto così rilevante e potenzialmente drammatico è stata ancora una volta, appunto, la famiglia di origine. Ma ciò solleva varie questioni preoccupanti. L’assenza di un welfare pubblico adeguato rende essenziale il ruolo dei genitori, ma accentua anche le disuguaglianze sociali. Il rischio di disoccupazione per un giovane risulta maggiore, indipendentemente dalle sue capacità, nelle famiglie meno abbienti. Tale condizione risulta inoltre economicamente più gravosa in tali famiglie. Ad essere penalizzate sono quindi soprattutto le famiglie di status sociale medio-basso. Ne risulta compressa, inoltre, la mobilità sociale, forzando di fatto i figli a non volare più in alto dei padri. Fino a che punto la famiglia media riuscirà a reggere Ma ci si può anche chiedere fino a che punto la famiglia media riuscirà a reggere. Quella che è stata finora la risorsa più importante per la crescita e il benessere sociale, potrebbe uscire dalla crisi molto provata e impoverita, rischiando di compromettere le possibilità di ripresa e rilancio. Anche nell'antico regime, quello pre-industriale, vi erano continue e ricorrenti crisi. Le più temute erano quelle prodotte dalle grandi epidemie che falcidiavano larghi strati della popolazione. La loro gravità risultava tanto maggiore non solo in funzione del numero totale delle vittime, ma soprattutto in relazione all'incidenza sui più giovani. Quando ad essere colpite erano in prevalenza le nuove generazioni più stentata e problematica risultava, infatti, la crescita post crisi. Fortunatamente oggi gli eventi congiunturali negativi li misuriamo non tanto in termini di perdite umane ma di posti di lavoro bruciati. Fatte salve le dovute differenze, rimane però vero che quanto più lasciamo che gli effetti della crisi ricadano sui giovani e tanto più a lungo ne pagheremo i costi. Siamo entrati nella recessione senza un piano per proteggere i giovani, eppure proprio da loro bisogna ripartire per costruire un nuovo modello di sviluppo che diventi valorosamente vincente di fronte alle grandi sfide di questo secolo. Senza mettere pienamente in campo l'energia e le intelligenze delle nuove generazioni difficilmente possiamo ambire ad un futuro qualitativamente migliore del presente.

+ Simone Giusti, Vescovo di Livorno

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17 dicembre 2011 – ritiro con i cattolici impegnati in politica

Carità e politica

Carità e impegno politico Per un cristiano che abbia capito fino in fondo cosa significa essere tale, l'impegno che chiamo - con un'accezione molto lata - politico, è l'espressione più profonda della carità. Perché è certo un segno d'amore dare il pane a chi non l'ha, se mi capita d'incontrarlo, ma è ancora più profondo l'impegno di organizzare le cose in modo che il fratello non manchi del pane, della casa, del vestito, del lavoro... È questo l'impegno politico.5 l) In principio era la carità Le prime esperienze di intervento nelle situazioni di povertà è affidato, per dirla con Adamo Smith, alla "benevolenza": ostelli, ospedali, ricoveri per indigenti. Per lo più di matrice religiosa - si pensi a Francesco d'Assisi - ma non solo. Sono espressioni di una attenzione al prossimo, un rigetto tacito delle condizioni di ingiustizia, un aiuto immediato ed incondizionato portato con generosità nelle zone di massima sofferenza sociale. 2) Poi venne la politica Con l'avvento della società industriale ed il connesso conflitto di classe il tema della giustizia sociale si impone come prioritario anche perché il sistema capitalistico si rivela subito come il più idoneo a produrre ricchezza ma presenta sempre una contropartita inaccettabile di povertà. Così è' lo stato che in vario modo si fa carico di assicurare le condizioni minime di equità sociale: non lo fa per altruismo ma per evitare il disordine e per convenienza degli stessi ceti im-prenditoriali (Bismark). Dalle assicurazioni sociali alla sicurezza sociale: una rete protettiva co-pre dapprima i lavoratori e poi tutti i cittadini "dalla culla ai cipressi" (Beveridge). Nascono i diritti sociali (Costituzione). Si dichiara guerra alla miseria (Vigorelli anni 50) e, nelle formulazioni più ambiziose si teorizza un "compiuto sistema di sicurezza sociale" (Piano Pieraccini) in cui programmaticamente si "cancella" la povertà. Ma, generato com'è dal conflitto sociale, il welfare, contiene in se stesso il germe del proprio declino: quando alle classi dominanti non conviene più di fare concessioni limitate per evitare di perdere tutto ( e ciò avviene anche per il venir meno della contesa mondiale tra capitalismo e socialismo realizzato) o quando le classi subalterne si ritengono appagate trascurando i "diritti dei poveri", automaticamente si depotenziano le strutture della copertura universale. Nel ciclo di massima espansione della sicurezza sociale l'esperienza della carità si modula su due piste complementari: da un lato si occupa delle fasce che rimangono comunque scoperte (gli emarginati, le nuove povertà) assumendo, appunto, il patrocinio dei diritti dei poveri (Nervo), dall'altro esplora nuovi territori di disagio presidiandoli fino al momento in cui sopraggiunge la "competenza" dello stato (Di Liegro). 3) Poi la politica si ritirò

5 Giuseppe Lazzati (da: La carità, Ed. AVE)

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A partire dagli anni '80, il combinato disposto del liberismo in rivincita e della globalizzazione selvaggia porta il mondo occidentale a concludere che non esistono più le condizioni per mantenere lo schema della piena garanzia dei diritti sociali per tutti. Si aprono due vie: mantenere la protezione integrale aumentando le tasse (Scandinavia) oppure ridurre in tutto o in parte la protezione sociale o aggravandone le condizioni di fruizione: età pensionabile, tickets sanitari, tagli all'assistenza ecc. L'analisi corrente trascura di considerare alcuni fatti decisivi a cominciare dal venir meno della condizione essenziale del welfare universale e cioè la piena occupazione, almeno come tendenza e traguardo politico. Ma se si entra nella logica economica che tende unicamente a massimizzare i profitti, la sicurezza sociale diventa un lusso o comunque un costo da abbattere. La corsia più frequentata è quella della delocalizzazione interna, come affidamento dei compiti di tutela ad agenzie non pubbliche ritenute più economiche a prescindere dall'efficacia e dalla appropriatezza delle loro prestazioni. In teoria si immagina che tali soggetti si propongano come autonomi portatori di saperi e di risorse; in realtà spesso chiedono risorse al "pubblico" per auto sostenersi oltre che per svolgere i compiti assegnati. Se poi manca una programmazione adeguata si determinano situazioni di anarchia per duplicazione o sovrapposizione con l'inevitabile scopertura di bisogni anche primari. C'è inoltre una elaborazione teorica che accompagna il processo di smantellamento della sicurezza sociale con la distinzione tra diritti intangibili (civili e politici) e diritti flessibili (sociali) in relazione all'andamento dei mercati. In queste condizioni l'esperienza della carità viene per un verso a trovarsi di nuovo in prima linea sul fronte delle povertà, che si estende anche ad ambiti sociali intermedi un tempo agiati (le mense Caritas) e per un altro è sollecitata ad immettersi nelle funzioni di supplenza negli spazi non più presidiati dal "pubblico". Con un aggravio di compiti, dato oggettivo, accompagnato da un rischio di deviazione, nel senso di assunzione di funzioni operative dismesse dal pubblico in regime di concessione o appalto, magari mediante aste al massimo ribasso. 4) Se e come la Caritas possa essere di aiuto alla politica La narrazione delle opere della Caritas italiana compiuta da mons. Nozza e poi vagliata dai colleghi Ciofi, Eufemi e Codrigani ha messo in luce le linee di intersezione tra le posizioni e-spresse nel tempo da Caritas Italiana e le scelte della politica in ordine alle politiche sociali, al volontariato solidale ed alla solidarietà internazionale. E qui, senza assegnare alla Caritas una collocazione di schieramento, Per prima cosa va notato che non ogni politica appare compatibile ma solo una politica che assuma esplicitamente l'impegno per la giustizia come oggetto fondamentale dell'agire democratico. Dunque, in Italia, solo una politica che si basi sui principi e sugli orientamenti della Costituzione repubblicana, perché in larga parte in armonia con le istanze del magistero. Tanto da poter sostenere che quando le scelte delle diverse maggioranze si sono discostate dalle linee della Costituzione, la sensibilità Caritas si è espressa, nel dibattito pubblico, nei termini di un contrasto non dissimulato. - Così è stato quando, disattendendo (e non solo su un punto) la legge 328 è stato praticamente affossato il "reddito minimo d'inserimento" come misura di contrasto alla povertà sostituendolo dapprima con un reddito di... ultima istanza e poi con le varie "card" che hanno modernizzato, ma solo nel nome, le antiche tessere dei poveri. - Altrettanto può dirsi quando si è compiuta l'opzione per il servizio civile "volontario" al posto di un servizio obbligatorio per uomini e donne che espiantasse dall'ambito militare il "sacro dovere" del cittadino di difendere la patria trasformandolo in un obbligo civico per milioni di giovani. - E così infine - ma sono solo degli esempi - quando ci si allineò alla scelta della guerra preventiva come risposta al terrorismo islamico anziché attivare tutte le risorse politiche ed economiche di una comunità internazionale messa finalmente in condizione di dispiegare la sua missione di prevenzione della guerra e di promozione dei diritti umani. È chiaro che atteggiamenti come quelli indicati, anche quando non riscontrati dalle decisioni politiche, valgono come sostegno per quanti in politica non intendono allinearsi al verbo dell' onnipotenza dei mercati e dei poteri costituiti e non rinunciano ad esplorare, nella crisi, vie

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meno distanti dalle esigenze di giustizia delle persone, delle famiglie e dei popoli. Con un' ovvia contropartita: che quanti si attestano su posizioni diverse considerano le opinioni di Caritas co-me fattori di disturbo o come indebite interferenze. Alla domanda sul se e sul come la presenza Caritas possa essere di giovamento alla politica si può dunque rispondere che c'è da augurarsi che essa mantenga e sviluppi questa sua capacità di elaborazione e di proposta che si offre come termine di paragone non esclusivo ma significativo all'interno del dibattito pubblico sulla ricerca del bene comune, senza preclusioni e senza pregiudizi sulle cose buone o riducibili al bene (Giovanni XXIII). 5) La funzione pedagogica Oltre quanto descritto nelle note che precedono c'è però da mettere a fuoco, a questo punto, l'aspetto dell'impresa Caritas italiana che è meno frequentato nell'opinione corrente. I più considerano infatti la Caritas come un centro di centro di erogazione di servizi benefici, una sorta di "protezione civile" di matrice religiosa. Viceversa nello Statuto Caritas è chiaramente indicata una "preminente funzione pedagogica", che uno studioso come Lorenzo Prezzi ha ritenuto come "l'invenzione più creativa e significativa della Chiesa italiana del post-Concilio". Una definizione che rammenta, da un lato, come "la comprensione e la pratica della carità nascano dalla persona di Gesù Cristo, fonte e causa esemplare della carità cristiana" e, dall'altro, sottolinea che la Caritas si propone come "strumento pastorale di animazione di tutta la comunità cristiana nell'esercizio della carità"; diffonde cioè in essa il Vangelo della carità senza del quale, come pure si afferma, la fede o non c'è o deperisce. Che cosa ha a che fare tutto questo con la politica? Lo dico senza mediazioni terminologiche: altro è una chiesa che si chiude in se stessa come se fosse assediata da un mondo ostile, altro è una chiesa, come comunità di fedeli, che sta nel mondo per occuparsi del prossimo e per annunciare che in questo, per chi crede, sta la salvezza e, per tutti, la prospettiva di un mondo più umano. Ma non si tratta solo di una proclamazione astratta: l'educazione alla carità avviene nel contesto si un'attualità continuamente verificata. I "centri d'ascolto" che operano in tante parrocchie forniscono dati aggiornati sulla povertà e sul disagio sociale non basati su rilevazioni numeriche ma su situazioni esistenziali poi concretamente scrutinate, a livello diocesano, dagli "osservatori della povertà". Così le sintesi generali che vengono esposte nei "rapporti" annuali, sull'esclusione sociale (Zancan) e sull'immigrazione si offrono all'opinione pubblica come documentazioni di prima mano costruite sull'autenticità del vissuto delle famiglie e delle comunità. Ne deriva un'attitudine di "vigilanza" che avverte la società (e la politica) del fatto che oggi vi sono "molteplici bisogni costantemente in crescita", che "si sta vivendo al di sopra delle proprie possibilità", che regnano "!'assolutizzazione dell' ingordigia del denaro e del guadagno", che av-viene "lo smantellamento delle politiche sociali" e si diffonde "la cultura dell' esclusione e della caccia al rom e all'immigrato". Tutto questo non configura, ovviamente, un progetto politico, ma offre, a chi voglia assumerli, elementi tali da qualificare un progetto politico di vera umanizzazione, che comporta rettifica di atteggiamenti e di comportamenti. È un modo d'essere discreto - "la carità non si vanta" direbbe San Paolo - ma non per questo ano dina o privo di radicalità. Sicuramente chiede più di quanto la politica sappia e/o possa dare, ma esige che un impegno vi sia e si manifesti. Così l'esercizio della funzione pedagogica può essere di grande giovamento a chi pensa con serietà al rinnovamento della politica in termini di coerenza etica e di pregnanza di contenuti. 6) Nel vivo della ricerca italiana La politica italiana attraversa, come è evidente, un periodo di convulsioni che si presentano con l'intensità propria delle fasi terminali dei cicli politici.

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Non è questa la sede per svolgere un'analisi delle cause della crisi endogena che precede ed accompagna quella più generale che affligge il mondo e si connota con aspetti deplorevoli di malaffare politico e di incontinenza etica. È invece il caso di registrare che, soprattutto negli ultimi tempi, la comunità cristiana, nelle sue espressioni istituzionali, ne abbia preso cognizione ed abbia promosso una riflessione che coinvolge, al momento, le principali organizzazioni laicali, per cercare insieme le strade della "buona politica" e del "bene comune". La valutazione di merito sulle forme e sui contenuti di tale iniziativa e, soprattutto, dei connotati del "soggetto" annunciato dal Presidente della Cei, andrà compiuta a tempo debito e rifletterà i differenti orientamenti che articolano la realtà italiana. Ma, anche alla luce di quanto s'è detto finora, sembra lecito ritenere che sarebbe cosa buona e giusta se nel processo di enucleazione di modalità" altre" di presenza dei credenti, potesse essere considerato con l'evidenza che merita il "pensiero" e il vissuto di organismi come Caritas Italiana sulle questioni cruciali che investono il futuro del paese. Oggi comunque la situazione impone a tutti una ricerca di più vasto respiro in cui ciascuno porti all'appuntamento il meglio della propria esperienza, senza rinuncia ai principi ma con disponibilità a cercare insieme il massimo bene umano possibile. È a questo livello che esperien-za religiosa e ed esperienza politica si intrecciano nel delineare le sintesi operative che la lettura dei segni dei tempi rende necessarie e dunque possibili. Non distogliere lo sguardo dai poveri, non guardare altrove, è il valore che l'esperienza Caritas porta all'appuntamento con l'esperienza politica; e questa può certamente giovarsene. Oggi lo abbiamo, per così dire, certificato. Varrà la pena di lavorare per metterlo a frutto in ogni direzione, compresa quella della politica "in campo". Un varco è stato aperto: possiamo, se vogliamo, cominciare ad attraversarlo.

+ Simone Giusti, Vescovo di Livorno

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LETTERE E COMUNICAZIONI

ALLA DIOCESI

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Livorno, lì 13 ottobre 2011

Incontri formativi con il clero giovane sul tema

I giovani e la soglia delle decisioni - Rendere ragione di una fede cosciente

Animati e provocati dalla Carità - L'evangelizzazione dei giovani Approssimandosi il nostro primo incontro credo fare cosa utile inviandovi il programma dettagliato dell’anno, ne parleremo giovedì prossimo e se sarà il caso, lo preciseremo ulteriormente. Il programma degli incontri: giovedì 20 ottobre 2011 Provocazioni positive e negative della realtà giovanile livornese. Raccolta di idee per la comprensione della realtà giovanile locale. giovedì 10 novembre 2011 Linee per una lettura della realtà giovanile in Italia. mercoledì 25 gennaio 2012 Suggerimenti per la comprensione della realtà dei fanciulli e dei ragazzi. giovedì 1 marzo 2012 Uno stile di vita presbiteriale: sempre pronta a mettersi in discussione per saper elaborare a partire costantemente dalla carità pastorale, una pastorale giovanile continuamente rinnovata. giovedì 26 aprile 2012 Valutazione e osservazioni sui percorsi formativi presenti in diocesi Con particolare attenzione ai cammini parrocchiali( ACI inclusa) e cammini diversificati quali quello dell'AGESCI. giovedì 31 maggio 2012 Discernimento degli ambiti di servizio maggiormente cogenti per i carismi ricevuti e per la propria vocazione sacerdotale. Orario tipo per ogni incontro (sede: Vescovado) Ore 9.30 celebrazione dell'Ufficio delle Letture. Riflessione del Vescovo. Ore 10.30 dialogo formativo Ore 12.15 celebrazione dell'Ora Media Ore 12.30 pranzo Ore 13.30 conclusione Nell’attesa di incontravi, vi saluto nel nome del Signore

+ Simone, Vescovo

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Livorno, 20 ottobre 2011

Ai membri dell’Assemblea Diocesana

Domenica 6 Novembre 2011 Assemblea Diocesana Sul tema: I giovani e la soglia delle decisioni - Riflettere per attuare le scelte del Progetto

Chiesa S. Lucia - Antignano ore 15,30-19,00

Il Progetto Educativo della Diocesi è in mano a tutti gli operatori parrocchiali, la Visita Pastorale alla Diocesi è iniziata, comune a tutti è l’impegno e la volontà di trovare le modalità proprie per ogni parrocchia o aggregazione laicale, per attuare le scelte educative del Progetto Diocesano. Al fine di raggiungere questo fine ci ritroveremo, come già deciso nello scorso giugno nella riunione congiunta del Consiglio Pastorale Diocesano e del Consiglio Presbiteriale, in Assemblea Diocesana per riflettere ancora non solo sulla realtà giovanile ma anche e soprattutto per discernere quale siano le scelte più opportuno da compiere in ogni realtà diocesana ( parrocchiale o meno ) per promuovere una sempre più vivace pastorale giovanile .

Il programma 15.30 Preghiera allo Spirito Santo e meditazione del Vescovo 16.10 C'è campo ?

Una lettura della realtà religiosa giovanile in Italia a cura della dr. Chiara Domenici 16.30 Bada lì........... Considerazioni quasi serie sui giovani a Livorno a cura del Consiglio Pastorale Diocesano 16.45 Eppur qualcosa si muove. Esperienze in atto, in Toscana e a Livorno, a confronto. Tavola rotonda moderata dalla dr. Chiara Domenici 18.00 dibattito 18.45 Il Sinodo dei Giovani: un sinodo da riprendere per idee e stile. Riflessione ad alta voce del dr. Nicola Sangiacomo 19.00 Preghiera conclusiva e saluti Nell’attesa di incontravi, vi saluto nel nome del Signore

+ Simone, Vescovo

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Livorno 17 ottobre 2011

Ritiri del clero livornese ( presbiteri e diaconi )

Tema generale: Il sacerdote uomo riconciliato capace per grazia, di riconciliazione e di discernimento Impostazione tipica di ogni ritiro spirituale Ore 9.30: Ora media Ore 9.45: Meditazione ( non relazioni pastorali) a partire da brano biblico del giorno con riferimenti espliciti alla vita sacerdotale. Ore 10.30: Adorazione eucaristica, tempo per la riflessione personale e le confessioni. Ore 11.30: Condivisione per Vicariati o Assembleare con il predicatore. Ore 12.30: Pranzo e conclusione Predicatori, temi e icone bibliche mensili 5 ottobre: Santuario di Montenero Predicatore: Mons. Fausto Tardelli, Vescovo di S. Miniato Tema: Ti vengo a cercare. L'aiuto spirituale personale in gruppo e individualmente. Icona biblica: Gesù e la Samaritana Gv 4, 1-42 3 novembre: Parrocchia di S.Giovanni Bosco Predicatore:Il vescovo presiede l’eucarestia per i sacerdoti defunti. Mons. Luciano Musi detta la meditazione. Tema: Il sacerdote uomo dell'ascolto, ho sempre tempo per te Icona biblica: Gesù e Nicodemo Gv. 3,1-21 21 -25 novembre: esercizi spirituali – Casa dei Carmelitani a Bocca di Magra Predicatore: don Mario Simula, parroco a Sassari. Tema: Il sacerdote uomo del discernimento: persona condotta dallo Spirito Santo,capace di condurre a Dio. Icona biblica: La vicenda umana e spirituale di S.Paolo 14 dicembre: Parrocchia S. Elisabetta Seton

Predicatore: don Gianfranco Calabrese, parroco a Genova, docente di ecclesiologia alla Facoltà Teologica e di Pedagogia alla Statale Tema: Il sacerdote educa all'ascolto del Signore (la meditazione della Parola, il discernimento dei segni di Dio nella propria Vita) Icona biblica: Schemà Israel Dt 6,4-7 12 gennaio Parrocchia di S.Croce Predicatore: Mons. Paolo Razzauti Tema: Il sacerdote: uomo del dialogo Icona biblica:S.Paolo all'Aereopago Atti 17,16-34 16 Febbraio Parrocchia SS.Trinità Predicatore: S.E. Mons. Giovanni Paolo Benotto, Arcivescovo di Pisa Tema: La direzione spirituale, ricchezza e limiti Icona biblica: Eli e Samuele 1Samuele 3, 1- 19 22 Marzo Casa S.Giuseppe a Quercianella Predicatore: Mons. Ezio Morosi Tema: Il sacramento della riconciliazione, viverlo per farlo vivere. Icona biblica: A chi rimetterete i peccati saranno rimessi. Lc 5,1-26 4 Aprile Santuario di Montenero Predicatore: Il Vescovo Tema: La vocazione nella vocazione battesimale: da una propria quotidiana esperienza personale l'attitudine a riconoscere quando il Signore chiama. Icona biblica: Atti: la scelta di Barnaba Atti 1,12-26 10 Maggio Parrocchia di S. Luca a Stagno Predicatore: Padre Damioli Tema: Il discernimento vocazionale. Icona biblica: Gerusalemme, Gerusalemme se tu avessi riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata. Lc 19,41-44

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15 giugno Parrocchia di S. Andrea/Vescovado Predicatore:Padre Bartolomeo Sorge, direttore emerito della rivista Aggiornamenti Sociali

Tema: Sacerdoti con il cuore di Cristo Icona biblica: “Amatevi come io ho amato voi” Gv. 13,31-35

Livorno, lì 24 ottobre 2011

Ai presbiteri e diaconi della diocesi

Ritiro Spirituale del clero livornese Giovedì 3 novembre 2011, ore 9.30

Parrocchia S. Giovanni Bosco, via Toscana, 42 – Coteto – Livorno

programma ore 9.30: Il Vescovo presiede l’Eucaristia per i Vescovi e Sacerdoti defunti ore 10.15: Meditazione biblica ore 11: Adorazione eucaristica, tempo per la riflessione personale e le confessioni. ore 12: Ora media e comunicazioni ore 12.30: Pranzo e conclusione Predicatore: Mons. Luciano Musi Tema: Il sacerdote uomo dell'ascolto, ho sempre tempo per te Icona biblica: Gesù e Nicodemo Gv. 3,1-21

+ Simone, Vescovo

Livorno, lì 15 novembre 2011

Ai Presbiteri della Diocesi Carissimi,

con l’imminenza dell’inizio del nuovo Anno Liturgico, desidero raggiungervi per informarvi di due scelte elaborate e decise all’interno del Consiglio Presbiteriale e già presentate all’Assemblea del Clero ed all’Assemblea Diocesana, esse riguardano:

• l’Atto di Impegno del Padrino o Madrina e l’attuazione del Progetto Educativo Diocesano nello specifico “Animatori giovani per la pastorale giovanile”.

In allegato trovate tali documenti, che chiedo che vengano accolti in ogni Parrocchia. Vogliate gradire gli auguri di buon Nuovo Anno Liturgico ricco dei Sui doni e con la

gioia di essere operai della Sua Vigna ! Nel nome del Signore vi saluto.

+ Simone, Vescovo

Livorno, lì 21 novembre 2011

Ai Mr. Parroci e ai Diaconi

Ai partecipanti alla S.F.O.P. Ai Catechisti

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Ritiro spirituale per tutti gli Operatori Pastorali Incarnare il Vangelo e genera speranza

Domenica 4 dicembre 2011

Chiesa di S. Pietro e Paolo - ore 15,30/18,30 in occasione della Visita Pastorale al 1° Vicariato

E' iniziato da più di un mese il cammino della scuola di formazione per operatori pastorali. E’ un cammino a tre livelli ( parrocchiale,vicariale,diocesano). I Corsi sono differenziati per livelli e luoghi. Ora per il Ritiro di Natale è data l’occasione di poter vivere un momento unitario. Il ritiro di Avvento si rivolge a tutti gli Operatori pastorali sia che frequentino sia che non partecipano quest’anno alla Scuola di Formazione, il ritiro è aperto a tutti. Questi ritiri spirituali hanno come obiettivo quello di far nascere atteggiamenti spirituali capaci di aiutare la persona a fare sintesi a livello della sua identità più profonda, fra la propria vocazione o ricerca vocazionale, fra il servizio o ministero vissuto e i molti contenuti incontrati e da ben interiorizzare per essere annunciati e divenire stile, atteggiamento educativo. Questo percorso spirituale come dicevo, è aperto a tutti gli operatori pastorali, iscritti o non iscritti . Ha però ovviamente un carattere sussidiario al ricco lavoro compiuto nella parrocchia di appartenenza e pertanto non vuole assolutamente confliggere con percorsi spirituali parrocchiali. L'impostazione sarà la seguente : Ore 15,30 Celebrazione dell’ora media . Ore 15,45 Meditazione Ore 16.45 adorazione eucaristica spazio per la riflessione personale tempo per le confessioni. Ore 17,45 Collatio

18.15 Celebrazione del Vespro guidata dai Seminaristi e conclusione Sicuro di una vostra piena accoglienza di questa nuova proposta formativa, vi porgo i miei più cordiali saluti.

+ Simone, Vescovo

Livorno, lì 22 novembre 2011

Ai Presbiteri, Religiosi, Diaconi Consiglio Pastorale Diocesano

Aggregazioni Laicali della Diocesi

Immissione nuovi Canonici

Domenica 4 dicembre 2011, ore 18.30 - Cattedrale

Carissimi,

il Capitolo della Cattedrale ha nominato tre nuovi Canonici in seguito a seggi che si erano resi vacanti.

Come avrete appreso dalla stampa diocesana, i nuovi Canonici sono:

• don Giuseppe Coperchini

• don Matteo Gioia

• don Edoardo Medori

Immetterò i nuovi Canonici il prossimo 4 dicembre alle ore 18.30 in Cattedrale: • ore 18.30 Canto del Vespro a seguire Rito per il Conferimento del

Canonicato a don Coperchini, don Gioia e don Medori. Certo della vostra presenza e partecipazione a questo particolare momento della

vita della nostra Chiesa diocesana e della Cattedrale, invochiamo il Signore perché possa

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elargire, ai nuovi Canonici, i Suoi doni, per servire ancor più, nella gioia e nella pace, la Chiesa.

Nel nome del Signore vi saluto. + Simone, Vescovo

Livorno, lì 6 dicembre 2011

Ai Presbiteri e Diaconi della Diocesi

Ritiro Spirituale di Avvento del Clero livornese Mercoledì 14 Dicembre 2011, ore 9.30

Parrocchia S. Elisabetta Anna Seton, Piazza Lavagna – Livorno

Programma

Ore 9.30: Ora media Ore 9.45 : Meditazione biblica Ore 10.45: Adorazione Eucaristica, tempo per la riflessione personale e le confessioni Ore 12.15: comunicazioni Ore 12.30: Pranzo e conclusione Predicatore: Don Gianfranco Calabrese, Parroco a Genova, Docente di Ecclesiologia alla Facoltà Teologica e di Pedagogia alla Statale Tema: Il sacerdote educa all'ascolto del Signore (la meditazione della Parola, il discernimento dei segni di Dio nella propria Vita ) Icona biblica: Schemà Israel Dt 6,4-7

+ Simone, Vescovo

Livorno, lì 6 dicembre 2011

Fondo di Solidarietà Parrocchiale

SCADENZA PRESENTAZIONE DOMANDE - 31 DICEMBRE 2011 Lo spirito di solidarietà e collaborazione fra tutte le comunità cristiane ha da sempre caratterizzato la Chiesa Universale già in epoca apostolica, non solo nell’ambito pastorale, ma anche economico. Fu proprio l’apostolo Paolo ad indire tra tutte le Chiese una colletta per la Chiesa madre di Gerusalemme in seria difficoltà economica. Con lo stesso spirito dei primi tempi della Chiesa e dopo essermi consultato con il Consiglio presbiterale ho ritenuto opportuno istituire nella nostra Chiesa diocesana un Fondo di solidarietà tra le parrocchie. Ricordo le norme del Decreto con cui è stato istituito il FONDO DI SOLIDARIETA’ TRA LE PARROCCHIE ed approvato il regolamento: Fondo di solidarietà parrocchiale

1. La Diocesi di Livorno mette a disposizione ogni anno un fondo di solidarietà per le parrocchie che si trovano a dover affrontare lavori urgenti e indifferibili e non abbiano risorse sufficienti per coprirli.

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2. Nel bilancio della Diocesi è prevista un’apposita voce la cui consistenza è calcolata al 31/12 di ogni anno.

3. Il fondo di solidarietà parrocchiale è così costituito: - dai contributi che le parrocchie annualmente versano alla Diocesi; - dagli utili provenienti dalla gestione dell’agenzia di viaggi diocesana; - dagli interessi attivi derivanti dalla gestione del fondo S. Martino con la Banca Prossima; 4. Le parrocchie in stato di necessità possono fare richiesta all’ufficio amministrativo di diocesano di

accedere alla dotazione di detto fondo. 5. Possono accedere al fondo tutte le parrocchie che hanno versato regolarmente le raccolte per le

giornate obbligatorie, che siano in regola con i versamenti dei contributi parrocchiali relativamente agli ultimi 5 anni, e che se negli ultimi due anni hanno effettuato pellegrinaggi, almeno uno di questi sia stato effettuato con l’ODP o con la nuova Agenzia di Viaggi.

6. Le richieste, fatte pervenire entro il 31.12 di ogni anno, dovranno essere presentate dal Parroco mediante lettera all’Ufficio Amministrativo Diocesano. Il Parroco, prima di inoltrare la richiesta all’Ufficio Amministrativo Diocesano, deve richiedere il parere dal Consiglio per gli Affari Economici parrocchiale.

7. L’Ufficio Amministrativo, che ha il solo compito di verificare che le richieste siano corredate di tutti gli elementi disposti da questo regolamento, trasmetterà al Vescovo diocesano entro il 15/01 di ogni anno le domande delle parrocchie che hanno fatto richiesta di poter attingere al Fondo.

8. Il Vescovo, durante la prima seduta utile, porrà all’attenzione del Collegio dei Consultori le domande. Il Collegio valutate le richieste, definirà le somme da erogare alle singole parrocchie.

9. I contributi saranno elargiti dal primo febbraio in poi di ogni anno. 10. La decisione del Collegio sarà insindacabile.

Il Vescovo + Simone Giusti

Livorno, 28 dicembre 2011

Ai Presbiteri Ai Religiosi

Oggetto: presentazione di progetti per richiesta di contributo per l’anno 2012 a Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno

Carissimi, il 31 gennaio p.v. scade il bando emesso dalla Fondazione Cassa Risparmi di Livorno per la

concessione di contributi nell’anno 2012 destinati ai settori dell’arte e dell’educazione; al fine di evitare una dispersione dei fondi stanziati dalla Fondazione e per coordinare le varie richieste, ricordiamo che entro il 15 gennaio p.v. è necessario presentare i singoli progetti agli Uffici diocesani preposti alla richiesta di contributo, affinché possano essere preventivamente valutati.

Ogni richiesta, effettuata utilizzando i modelli predisposti dalla Fondazione, dovrà essere accompagnata da un preventivo di spesa e dalla lettera del legale rappresentante in cui dovrà essere specificato come sarà sostenuta l’eventuale somma non compresa nel contributo della Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno per la copertura totale della spesa.

Le domande non corredate della suddetta documentazione saranno ritenute irricevibili e non saranno prese in considerazione per la valutazione.

Le domande ritenute idonee saranno accompagnate da una mia lettera di presentazione, in modo che i legali rappresentanti potranno inoltrarle alla Fondazione CRL.

Certo della vostra collaborazione, grazie con i saluti più fraterni.

+ Simone, Vescovo N.B. Le domande non vistate dalla Curia saranno respinte dalla Fondazione.

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NOMINE E decreti

VESCOVILI

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Il Vescovo ha nominato In data 5 ottobre 2011

- Don Claude Okondjo Wandja Wa Djongambolo, presbitero della Chiesa che è in Tshumbe (Congo) vicario parrocchiale della parrocchia S.M. del Soccorso

In data 12 ottobre 2011

- Il diacono permanente Roberto Bargelli, incardinato nella Diocesi di Livorno In data 13 ottobre 2011

- Il diacono permanente Roberto Bargelli collaboratore pastorale della parrocchia S. Giovanni Bosco in Coteto

- Don Matteo Gioia vicario foraneo del III vicariato per un quinquennio - Don Ivano Costa vice rettore del seminario vescovile Gavi - Don Luciano Cantini cappellano dell’Opera dell’Apostolato del mare

In data 21 ottobre 2011

- Mons. Ezio Morosi proposto del Capitolo della cattedrale e Rettore della Chiesa cattedrale

- Don Giuseppe Coperchini canonico effettivo del Capitolo della chiesa cattedrale - Don Matteo Gioia canonico effettivo del Capitolo della chiesa cattedrale - Don Edoardo Medori canonico effettivo del Capitolo della chiesa cattedrale

In data 26 ottobre 2011

- La sig.ra Michela Schettino presidente parrocchiale dell’Azione Cattolica Italiana della parrocchia S. Simone e Immacolata Concezione

In data 31 ottobre 2011

- Padre Andrea Conti, presbitero dell’Ordine dei Frati minori Conventuali parroco della parrocchia S.M. del Soccorso per nove anni (a decorrere dal 1° novembre 2011)

- Mons. Paolo Razzauti con visitatore per la visita pastorale con delega per le questioni amministrative

- Mons. Paolo Razzauti delegato vescovile per la pastorale Sociale e del Lavoro - Padre Gabriele Bezzi, presbitero dell’Ordine dei Frati minori, direttore dell’Ufficio

diocesano per la pastorale del tempo libero, sport, turismo e spettacolo In data 9 novembre 2011

- La sig.ra Lucia Pini presidente parrocchiale dell’Azione Cattolica Italiana della parrocchia di N.S. del Rosario

- Il sig. Giulio Sangiacomo presidente parrocchiale dell’Azione Cattolica Italiana della parrocchia di S. Agostino

- Il sig. Maurizio Fattorini presidente parrocchiale dell’Azione Cattolica Italiana della parrocchia di S. Benedetto

- La sig.ra Lucia Valdambrini presidente parrocchiale dell’Azione Cattolica Italiana della parrocchia di S. Giuseppe

- La sig.ra Antonietta Drago presidente parrocchiale dell’Azione Cattolica Italiana della parrocchia di S.Jacopo

- La sig.ra Veronica Marroni presidente parrocchiale dell’Azione Cattolica Italiana della parrocchia di S. Leopoldo (Vada)

- Il sig. Gabriele Maremmani presidente parrocchiale dell’Azione Cattolica Italiana della parrocchia di S. Lucia

- La sig.ra Lavinia Bernardini presidente parrocchiale dell’Azione Cattolica Italiana della parrocchia di S. Ranieri (Guasticce)

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- Il sig. Antonio Martella presidente parrocchiale dell’Azione Cattolica Italiana della parrocchia del Sacro Cuore di Gesù

- La sig.ra Chiara Spugnesi presidente parrocchiale dell’Azione Cattolica Italiana della parrocchia dei Ss. Pietro e Paolo

- Don Sinto Nharolickal John, presbitero della Congregazione religiosa dei monaci Vallombrosani, vicario parrocchiale della parrocchia S. Maria di Montenero

In data 20 dicembre - Don Salvatore Placido Bevinetto responsabile dell’unità pastorale del centro storico - Padre Emanuele Zippo, presbitero della Congregazione religiosa dei Padri Passionisti,

vicario parrocchiale della parrocchia S. Agostino (a decorrere dal 1° gennaio 2012)

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ORGANISMI DI

PARTECIPAZIONE

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Riunione 9 novembre 2011

CONSIGLIO PRESBITERALE

Presenti: mons. Simone Giusti, mons. Ezio Morosi, mons. Paolo Razzauti, don Luciano Musi, padre Fabrizio Civili, don Placido Bevinetto, padre Giovanbattista Damioli, don Federico Locatelli, don Piotr Kownacki, don Jacek Macki, don Piotr Grajper, don Gino Franchi.

Assenti: don Gustavo Riveiro, don Ordesio Bellini Ordine del giorno: 1. introduzione del Vescovo; 2. la Scuola di Formazione per Operatori Pastorali (vedasi allegato elaborato dal diacono Franco

Caccavale, responsabile diocesano della SFOP); 3. l’assemblea diocesana sui giovani – verifica; 4. la proposta spirituale per i presbiteri nel nuovo anno pastorale, verifica dei primi due incontri e

impostazione Esercizi spirituali; 5. il Convegno Missionario di ottobre, la nuova evangelizzazione e l’Anno della Fede proclamato dal Santo

Padre per il 2012/2013; 6. indicazioni per i padrini e le madrine (nuova stesura), la bozza della CET sui Sacramenti (vedasi

allegato); 7. la pastorale vocazionale e la prossima Giornata del Seminario; 8. varie ed eventuali. Dopo la preghiera iniziale, il Vescovo ha introdotto la riunione distribuendo un foglio col messaggio della CEI per la 34^ Giornata Nazionale per la Vita. Il vescovo ha incoraggiato a proseguire le iniziative per la formazione del clero (ritiri, esercizi) che stanno avendo successo. Ha poi parlato della parrocchia di Nostra Signora di Fatima nel quartiere Corea, in cui si è svolto recentemente il Consiglio Pastorale con la presenza del Vescovo, e dei problemi riscontrati in essa della massiccia presenza di neocatecumenali e scout a fronte di una totale assenza di catechismo parrocchiale. Riguardo alla visita pastorale al primo vicariato, il vescovo ha notato che c’è gente di buona volontà, ma va rafforzata la dimensione educativa. Mons. Simone Giusti: vorrei richiamare una contraddizione. Si parla di collaborare coi laici ma nelle occasioni in cui i laici vengono convocati molti preti non vengono mai. Poi c’è da rivedere alcune impostazioni delle strutture per evitare che le stesse persone siano dappertutto. Va riformato ad esempio il Consiglio Pastorale Diocesano, in cui potrebbero esserci dei delegati del consiglio presbiterale che non siano solo i vicari episcopali. Agli eventi diocesani come lo scorso convegno missionario, l’assemblea diocesana e perfino l’8 settembre c’erano molti laici ma pochi preti e diaconi. Anche le religiose erano poche. Mi pongo questi problemi, solo che non ho in mente soluzioni per i momenti di convocazione. Ricordo che a Pisa mons. Plotti smise di fare gli esercizi spirituali diocesani perché non ci andava nessuno. Qui si fa fatica a prendere uno stile sinodale. Avrei bisogno di consigli su come far crescere la chiesa livornese in stile sinodale. È stato lasciato spazio agli interventi. Mons. Paolo Razzauti: leggendo la storia della diocesi, questa è sempre stata una sua caratteristica. Dove ci sono i laici non ci sono i preti e viceversa. Nella commissione centrale del sinodo dell’84 c’erano molti laici e pochi preti, e quelli che c’erano non venivano. Negli anni la cosa sta peggiorando, c’è il problema degli impegni, ma questo è superabile. È vero che venendo a diversi incontri si ascoltano più volte gli stessi argomenti, ma se si prendono degli impegni questi vanno portati avanti. Il Consiglio Pastorale Diocesano dovrebbe essere l’espressione più alta della diocesi dove laici, preti e religose si riuniscono. In passato capitava che i vicari episcopali erano sempre presenti, c’era qualche vicario zonale, per i religiosi c’era padre Damioli e le religiose in modo vario, dipende da dove venivano. Io direi di nominare altri preti

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oltre ai vicari che sono di diritto dappertutto. Penso a don Federico Locatelli che è già segretario nel consiglio presbiterale, è più giusto che ci sia un altro. Padre Fabrizio Civili: il problema è a monte. Da una parte mi sembra che i laici non abbiano la capacità di stare dentro la riunione, tendono ad andare fuori tema, e dall’altra i presbiteri non sanno cosa debbano fare nelle riunioni. Credo che sia un problema formativo. Quando si parla di un tema è raro che una persona si prepari prima, in genere tutti rispondono a quello che viene detto. Facendo parte del consiglio pastorale al tempo di Coletti so che c’è questo problema. Anche Coletti parlava di chiesa, che è tale quando siamo tutti. Don Luciano Musi: noi livornesi abbiamo messo le mani avanti con i laici, ma questo perché i laici avevano preso il potere mentre noi preti non eravamo stati chiamati. I diaconi hanno fatto anche da commendatori dei laici, ma non sanno niente da nessun punto di vista. Faccio un paragone con le celebrazioni di alcuni riti dove la chiamata degli eletti viene fatta diverse volte. Al nostro tempo ci chiamavano solo una volta, se ci istituivano accoliti e lettori non ci chiamavano più. Così avviene per i consigli, dove ci sono stati gli stessi laici per trent’anni e ora alle convocazioni si vedono le stesse facce. Io sono rimasto male nel vedere poche persone all’assemblea. Nico Sangiacomo ha fatto una bella esposizione ma l’ha fatta a pochissimi. Lei mi fa piacere perché è ottimista, ma ci sono gli assenti cronici che vanno richiamati. Sul giornale ci sono sempre, perché così diventano protagonisti. Se invece si deve stare su una panca non ci siamo. Con quali laici dobbiamo collaborare se i laici ci ridono dietro, dicono male di noi perché vedono che non ci vogliamo bene e non ci conosciamo? È una parvenza la collaborazione coi laici. I consigli pastorali non servono a niente. A volte i laici pretendono di insegnarci alcune cose. Se poi vengono proposti corsi di formazione o altre cose non vengono. Ci stiamo impegnando in una seria evangelizzazione sugli adulti? I bambini li perdiamo comunque. Lei insiste sugli oratori, ma i bambini giocano ovunque. Mons. Simone Giusti: vediamo di valorizzare la formazione degli adulti. Vediamo di ristrutturare la presenza di preti nel Consiglio Pastorale Diocesano. Mi sembra giusto anche che non siano sempre le stesse persone a mettersi in evidenza, talvolta questo succede anche nelle parrocchie dove non si lascia spazio ad altri. Mons. Paolo Razzauti: purtroppo il disamore dei preti da certe realtà è dovuto allo strapotere dei laici. Lasciando loro un po’ di spazio essi si sono creati degli “spazi paritari”. Alcuni di loro poi non hanno partecipato alla scuola diocesana. Sono autodidatti perché si sono formati su libri che seguivano il loro stile. Viene spontaneo ai preti di voler recuperare un po’ di potere in parrocchia. Ai tempi dei “Caminetti” sembrava che il Progetto Culturale fosse un non plus ultra, ma non c’erano preti, c’era sempre un laico per volta. Don Luciano Musi: quando si ricordano alcune persone come don Milani, don Angeli, ecc. non vengono mai chiamate quelli che le hanno conosciute, ma solo chi condivide determinate sensibilità. Si è passati al punto n. 2, relativo alla scuola di formazione per operatori pastorali. Mons. Simone Giusti: l’idea è che i parroci formino i nuovi catechisti, oppure si riuniscano fra parrocchie, senza prendere persone che vengono alla messa e metterle frettolosamente in un gruppo a fare catechismo. Ci vuole almeno un anno di formazione sul messaggio centrale della fede, sulla vita eterna. Il libro che ho scritto cercando di commentare gli orientamenti della CEI mette in evidenza delle intuizioni. Durante il primo anno i catechisti possono leggersi un articolo alla settimana. Nel secondo anno si parla di Gesù Cristo, attraverso una semplice formazione cristologica. Il terzo e il quarto anno sono rivolti a persone individuate dal parroco che possano essere collaboratori e coordinatori dei vari ambiti. Per favorire la partecipazione dei giovani si è deciso che i Gruppi di Animatori dei Vicariati (GAV) forniranno la formazione del primo anno. Occorre mettere in moto una diocesi che pensi ai catechisti nuovi. Il vescovo ha chiesto ai rappresentanti dei vicariati come stanno le cose. Si sono elencate le proposte, dove ci sono, e il vescovo ha sottolineato alcuni aspetti. Mons. Simone Giusti: uno dei problemi è l’invecchiamento delle persone nelle parrocchie, senza giovani non c’è pastorale dei giovani né pastorale del futuro. Valuteremo con il consiglio episcopale se fare un incontro per parlare della formazione. Punterò molto sulla scommessa sulla formazione degli operatori. Si è passati al punto n. 4, relativo alla proposta spirituale per i presbiteri.

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Mons. Simone Giusti: chiedo a voi se vi sembra che la struttura delle giornate di ritiro vada bene così o se si debba inserire un momento di condivisione. Mons. Paolo Razzauti: direi di lasciare così, fare un buon momento di preghiera ma non la condivisione per vicariati, perché si parlerebbe di altre cose. Direi di insistere sulle persone perché stiano a pregare, evitino di uscire fuori a parlare. Don Luciano Musi: c’è il problema dei venditori. Per le confessioni, preferirei un confessore stabile che viene da fuori. Mons. Simone Giusti ha incaricato padre Fabrizio Civili di sentire i cappuccini di Pisa. Si è passati al punto n. 5, sull’Anno della Fede; dopo aver introdotto l’argomento, il vescovo ha lasciato la parola a mons. Paolo Razzauti. Mons. Paolo Razzauti: si potrebbero fare delle proposte e condividerle, al momento non ci sono iniziative particolari. Io sto raccogliendo materiale. Mons. Simone Giusti: mi chiedo se sia il caso di soffermarsi su certi documenti del magistero per la formazione degli adulti mediante la lettura, per esempio, di Dei Verbum, Verbum Domini, Ad Gentes. Siamo in un contesto missionario a tutti gli effetti, non sappiamo fare abbastanza di fronte ai non battezzati. Il magistero dice che per impiantare la chiesa serve un’azione educativa citando l’esempio dell’Azione Cattolica. La Chiesa ha creato feste per sottolineare occasioni o momenti. Si vive anche di feste, sarebbe bello fare la festa della professione di fede. È stato lasciato spazio agli interventi. Padre Fabrizio Civili: bisogna leggere il motu proprio del papa perché è molto bello. Verrà fatta una nota che indica anche cosa fare. Don Luciano Musi: è facile in teoria, il 70 % delle famiglie dicono che non hanno tempo, che non hanno interesse. Bisogna uscire fuori. Durante il dibattito si è parlato anche dell’assemblea diocesana appena svoltasi, sulla presenza o meno di parrocchie e animatori. Don Jacek Macki: ricordo che ai tempi del Coletti c’era un lavoro sulla fede, detto Lo scandaglio della fede. Mons. Simone Giusti: si potrebbe fare un lavoro sul vangelo di Luca, letto durante l’anno della fede, e creare un percorso per la catechesi familiare, uno per i giovani, uno per i centri di ascolto, e fare un sussidio per tutto l’anno basato sui vangeli della domenica. Don Piotr Grajper: nella nostra parrocchia abbiamo cominciato il cammino per la professione di fede e stiamo pensando di andare a Roma in pellegrinaggio. Mons. Paolo Razzauti: penso a tutti i giovani cresimati che si sono persi, che hanno dimenticato tutto. Don Federico Locatelli: un’idea potrebbe essere quella di raggiungere quei giovani proponendo l’anno della fede come una sorta di anno giubilare, un’occasione per riscoprire la fede e farsi di nuovo delle domande. Mons. Simone Giusti: chiamiamo quelle realtà che stanno già facendo evangelizzazione di strada. Don Luciano Musi: sono gli stessi livornesi che devono andare dai giovani perché conoscono la realtà. Mons. Simone Giusti: noi dobbiamo conoscere la realtà senza criticare quello che non si conosce. Don Piotr Kownacki: un’altra cosa che si può fare in questo anno della fede è cercare di recuperare le persone, spolverare le nostre realtà parrocchiali. Noi facciamo catechesi degli adulti e adesso vengono

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persone che non venivano da tempo. Abbiamo già fatto tanto, ma bisogna scavare sulla nostra realtà, per esempio andare nel circolino in piazza e parlare con la gente. Ogni parrocchia deve trovare una concretizzazione di quello che si propone. È bene andare di persona perché la gente aspetta il prete. Don Jacek Macki: non voglio suscitare polemiche, si parla di andare a cercare i giovani, ma a volte quelli che inviti non vogliono venire. Se mancano animatori non ci si sviluppa. Se in alcune parrocchie ci sono animatori, perché non li mandano? Mons. Simone Giusti: elaborare un sussidio su alcuni documenti. Per i ragazzi, si potrebbe sottolineare delle parole per celebrare, ricordare e vivere. Alcune cose vanno insegnate a memoria ai ragazzi e questo aspetto va ripreso. Sviluppare una nostra evangelizzazione per giovani. Vedere e confrontare le proposte nate altrove. Consegnerei queste idee a don Paolo per farci un lavoro. Occorre vedere le iniziative per questo anno. Sarei, inoltre, dell’idea di invitare qualcuno delle chiese orientali per parlare della loro prassi riguardo alle situazioni delicate come i divorziati risposati. Potrebbe essere interessante invitare in un consiglio presbiterale don Basilio Petrà per parlarne. Don Piotr Kownacki si interesserà per contattarlo. Si è passati al punto n. 6, relativo all’atto di impegno per i padrini e le madrine e al documento della CET. Si mette a verbale che il consiglio dopo aver preso in esame il documento e avendo fatto alcune osservazioni, lo ha approvato all’unanimità. Don Luciano Musi: anni fa la CET fece il documento sui sacramenti, ma la maggioranza dei vescovi disse che non lo avrebbe firmato perché si trattava solo di alcuni orientamenti. Il documento è ben fatto e sarebbe da rivedere per evitare cose sconvenienti durante le celebrazioni. Mons. Simone Giusti: bisognerebbe diffondere il documento, rivederlo e cercare le cose utili. Brevemente è stato affrontato il punto n. 7 relativo alla Giornata del Seminario. Mons. Simone Giusti: la Pastorale Vocazionale e la Giornata del Seminario dovrebbero essere collegate. Per quanto riguarda la raccolta, chi non l’ha fatta a luglio la può fare adesso a fine novembre. Le Parrocchie che non l’hanno fatta la devono fare. Il Seminario ha molte spese, per fortuna c’è il convitto che porta alcune entrate mensili. Il Rettore propone di fare una settimana vocazionale ogni mese in Parrocchie diverse. Mons. Ezio Morosi: il Seminario ha 4 Diaconi e 4 Seminaristi, poi c’è Matteo che studia a Padova. La vita prosegue, per la giornata del seminario verrà mandato un po’ di materiale alle parrocchie. Il vescovo ha distribuito ai presenti una bozza di scheda sul percorso diocesano per la preparazione al battesimo. L’argomento verrà affrontato nella prossima riunione. Mons. Simone Giusti: occorre arrivare a un percorso diocesano di preparazione per il Battesimo con un cammino di tre mesi, in cui si prevedano almeno tre incontri con i genitori e tre incontri con la comunità eucaristica. In tutte le Parrocchie si dovranno dare i Battesimi se i genitori avranno compiuto un percorso di preparazione. Altro consiglio che do è quello di iniziare la preparazione prima che il bimbo nasca, perché dopo la nascita è più difficile andare incontro alle esigenze dei genitori. Tra le varie, don Piotr Grajper ha chiesto se in occasione dei trent’anni dalla visita del Papa, Giovanni Paolo II, a Livorno vi siano in programma delle iniziative. Dopo qualche confronto, è venuta fuori l’idea di chiamare persone che hanno incontrato il Papa in occasioni “quotidiane” o feriali.

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Riunione 1 dicembre 2011

Consiglio Pastorale Diocesano

L’anno 2011, il giorno 1 del mese di dicembre alle ore 21:15 si è riunito presso il Vescovado di Livorno, il Consiglio Pastorale Diocesano, sono presenti: mons. Giusti, Pirollo, Spugnesi, Belcari, Della Nina, Zonta, Citi, Calvaruso, mons. Razzauti, don Locatelli, Cavallini, Lucchesi, Musumeci Bassi, Margotta; invitati: Sangiacomo e diacono Sassano; assenti giustificati: Benenati, Cecconi, diacono Caccavale, Morelli, Nasca. Vista la validità della seduta il Vescovo presenta l’Ordine del Giorno:

1. Introduzione del Vescovo. 2. La situazione socio economica del territorio. La carità ci interpella 3. L’Anno della Fede: scelte pastorali da compiere . 4. Verifica Assemblea Diocesana 5. Varie ed eventuali.

Presiede la seduta mons. Giusti, esercita la funzione di segretario Pirollo. Si apre il dibattito tra i presenti e viene deliberato quanto segue. 1. [Vescovo] Al Convegno Missionario ha partecipato molta gente, è stata particolarmente interessante la testimonianza relativa alle coppie di separati e divorziati, la riflessione su tale ambito sta continuando all’interno della Consulta di Pastorale Familiare, inoltre c’è l’idea di far rinascere il Consultorio Familiare. In quest’ultimo periodo ci sono state anche diverse iniziative sul tema dell’educazione: il Manifesto Educativo, l’AD dedicata al tema dei giovani, il Convegno sulla Sfida Educativa. Alla SFOP ci sono 130 iscritti. È iniziata la visita pastorale nel I Vicariato, che in questo periodo si è concentrata sull’ambito dei giovani in modo che ci possa essere continuità tra i gruppi di cresimandi e quelli di dopo cresima. Le note dolenti arrivano dal territorio: ci sono diverse famiglie che stanno per essere sfrattate perché non riescono a pagare l’affitto; per far fronte a questa emergenza abitativa il Comune di Livorno e la Caritas diocesana hanno in cantiere una convenzione in cui la Diocesi s’impegnerebbe a realizzare circa 50 appartamenti in diversi luoghi della città e nell’immediato alcune famiglie sarebbero ospitate a Quercianella dalle suore Vincenziane e nell’abitato dei padri Trinitari; la Fondazione Cassa di Risparmi e alcuni imprenditori sono disposti a collaborare dal punto di vista finanziario. 2. Il Vescovo lascia la parola al diacono Sassano che illustra la situazione socioeconomica del territorio. [Sassano] Il Comune possiede la maggior parte dei dati relativi all’emergenza abitativa, tuttavia ci sono persone che per far fronte ai loro problemi economici si rivolgono direttamente alla Caritas. Molti degli sfratti di cui accennava il Vescovo saranno effettivi entro poche settimane, mentre i progetti ideati richiedono tempo per essere realizzati. Inoltre non è ancora sicuro se tutti i progetti sono effettivamente realizzabili: ad esempio non si sa ancora se è possibile sfruttare l’edificio dei padri Trinitari in quanto l’immobile non è a destinazione abitativa. Oltre all’emergenza abitativa ve ne sono altre: in particolare sta crescendo il numero di poveri, infatti quest’anno 120 persone usufruiscono della mensa Caritas (contro le 90 dello scorso anno) e queste persone non sono tutte stranieri, ma tra loro ci sono molti italiani. La Caritas ha chiesto alle parrocchie di dare ciò che avanza delle raccolte viveri alle realtà che ne hanno maggiore necessità: tra queste quella con la maggior necessità è la parrocchia di Shangay. Per far fronte alla necessità di soldi di molte famiglie si era pensato a dei prestiti agevolati, tuttavia questi non riescono ad essere elargiti in quanto dai richiedenti non c’è prospettiva per la restituzione, poiché molte persone che richiedono tali prestiti sono persone che hanno perso il lavoro e che difficilmente riusciranno a trovarne un altro. Per far fronte a queste emergenze occorre rilanciare le Caritas parrocchiali. La Caritas diocesana sta collaborando col Comune di Livorno, in particolare con l’assessore Cantù; la Caritas riconosce che il Comune destini molti fondi alle politiche sociali, tuttavia vorrebbe vederci più chiaro in modo da verificare che non vi siano sprechi e che tali finanziamenti siano fatti in maniera ottimizzata. Infine un’ultima emergenza è quella del lavoro, oltre alle migliaia di disoccupati e cassintegrati ci sono anche molti giovani che non riescono ad entrare nel mondo del lavoro poiché di lavoro non ce n’è. [Vescovo] Come Chiesa dobbiamo interrogarci per vedere quale segno profetico possiamo dare per affrontare queste emergenze, ovvero quale possa essere il nostro ruolo attivo in questa difficile situazione. [Spugnesi] Si potrebbe lanciare nelle parrocchie una sorta di Avvento di Carità per raccogliere fondi. Faccio anche una domanda: gli immobili che la Diocesi dovrebbe realizzare saranno poi di proprietà della Curia?

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[Vescovo] Si: la Caritas in convezione col Comune gestirà tali immobili. Vi rinnovo la domanda che ho posto prima: quanto è stato proposto dalla Caritas per fronteggiare tali emergenze è sufficiente o serve altro? [Citi] Occorre un progetto organico a lungo termine in accordo con gli enti pubblici per fronteggiare sia l’emergenza abitativa che quella lavorativa. [don Locatelli] Bisognerebbe cercare di far sfruttare gli appartamenti sfitti. [Vescovo] In questo caso il problema è che i proprietari di case vogliono che venga pagato loro l’affitto e molte famiglie non riescono a pagarlo. Voglio poi precisare che per i poveri la Diocesi è diposta ad indebitarsi però evitando gli sprechi e soprattutto in modo da poter poi risanare il debito contratto. [Della Nina] Un’idea potrebbe essere quella di creare un fondo per i più bisognosi come è stato fatto nella Diocesi di Milano. [Sassano] Purtroppo la realizzazione di un fondo specifico non è fattibile perché sarebbe un fondo perduto, tuttavia è possibile fare una colletta. Occorre invece spingere sul fronte della collaborazione con il Comune. [mons. Razzauti] Il vero problema non sono le case perché le case a Livorno ci sono; il vero problema è il lavoro, i disoccupati infatti non riescono a pagare gli affitti. Occorre quindi far ritornare le aziende a Livorno in modo da riportare posti di lavoro; tutto ciò deve essere fatto in collaborazione con gli enti locali. [Lucchesi] In una situazione generale molto difficoltosa come quella odierna è assai difficile riportare posti di lavoro. Inoltre nella società e nella nostra Chiesa manca soprattutto l’educazione alla carità. [Musumeci Bassi] Per creare qualche posto di lavoro si potrebbero fare delle cooperative per la creazione di asili nido, visto che il Comune non riesce a far fronte a tutte le richieste. [Sassano] La Caritas ha già in corso un progetto con una cooperativa per la realizzazione e gestione di un asilo nido. [Sangiacomo] Affrontare questi problemi in questa sede è già un segno. Un primo passo da fare è lavorare nelle comunità per rendere consapevoli le persone di questa situazione: magari si riesce a sollevare dal basso una coscienza critica in modo che ci possa essere un aumento del servizio da parte delle persone nei confronti dei più bisognosi ed una richiesta comune di verifica dell’operato in questo ambito da parte delle istituzioni. [Vescovo] Sintetizzando sono emerse le seguenti idee:

• Serve un progetto più organico • Servono delle opere segno da parte della Caritas che saranno finanziate anche dalla raccolta di

fondi che viene fatta in Quaresima • Bisogna rilanciare le Caritas parrocchiali promuovendo il volontariato soprattutto tra i giovani ed i

pensionati • Servono asili nido per far fronte alle richieste non accolte dal Comune • Occorre rendere consapevoli le persone di questa situazione, pertanto verrà scritta una lettera, e

sarà pubblicata su La Settimana, con quanto emerso in questa sede (per la redazione di tale lettera viene incaricato Pirollo)

• Bisogna verificare le spese del Comune in ambito sociale • Il problema che ha scatenato tutto ciò è la mancanza di lavoro, per rilanciare l’occupazione si

potrebbe puntare sul turismo, favorendo la nascita di cooperative 3. Il Vescovo lascia la parola a mons. Razzauti che illustra l’Anno della Fede indetto dal Papa. [mons. Razzauti] Dalla Santa Sede non è ancora arrivato il documento relativo all’Anno della Fede. In ogni caso a livello diocesano abbiamo pensato di: far rinascere i centri d’ascolto (rivolti soprattutto ai giovani) e far riscoprire i segni della fede nascosti (come il Battesimo). Su questo secondo aspetto occorre dire che in Diocesi sono presenti moltissime persone che hanno ricevuto i sacramenti ma che non vivono la loro fede, occorre quindi fargliela riscoprire, non prima di averla riscoperta noi stessi; oltre alla fede occorre che la gente riscopra anche i veri valori. A Livorno c’è molta fede, solamente che essa si trova al di fuori delle chiese e quindi occorre uscire dalle nostre chiese per riavvicinare questo genere di persone; inoltre per riavvicinare queste persone c’è bisogno di instaurare un dialogo personale con loro. Chiedo infine che di questo argomento venga ritrattato nella prossima seduta in quanto stasera manca il tempo necessario. [Vescovo] Concordo di ritrattare questo argomento nella prossima seduta e chiedo a tutti di venire già con delle idee. Voglio precisare che questo anno è stato indetto come anniversario del Concilio Vaticano II, il quale è stato il primo concilio propositivo e che non è stato ancora completamente attuato. Occorre rilanciare la lettura delle Sacre Scritture. Occorre anche evangelizzare il nostro territorio, rilanciando la missionarietà all’interno della nostra Diocesi, poiché essa è una delle più secolarizzate. Occorre dare l’opportunità ai conviventi e agli sposati in Comune di sposarsi in Chiesa, anche ricorrendo ad una sanatio radice. [Margotta] La presenza dei sacerdoti in chiesa è scarsa e spesso si limita al momento della celebrazione.

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A questo punto il CPD, delibera di fare voto al Vescovo affinché chieda a tutti i Parroci di far si che in tutte le parrocchie vi siano degli orari in cui i sacerdoti garantiscano la loro presenza per l’ascolto delle persone e l’amministrazione del sacramento della Riconciliazione. 4. 5. Questi due punti dell’odg non sono stati esaminati per mancanza di tempo.

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