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arcidiocesi di pesaro BOLLETTINO DIOCESANO LUGLIO - SETTEMBRE 2011

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arcidiocesi di pesaro

BOLLETTINODIOCESANO

luglio - settembre 2011

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DOCUMENTI DEL SANTO PADREBENEDETTO XVI

OMELIA DE L SANTO PADRE BENEDETTO XVI ALLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA CONCLUSIVA DELLA

XXVI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙBase aerea dei Quattro Venti di Madrid, 21 agosto 2011

Cari giovani,

con la celebrazione dell’Eucaristia giungiamo al momento culminante di questa Gior-nata Mondiale della Gioventù. Nel vedervi qui, venuti in gran numero da ogni parte, il mio cuore si riempie di gioia pensando all’affetto speciale con il quale Gesù vi guarda. Sì, il Signore vi vuole bene e vi chiama suoi amici (cfr Gv 15,15). Egli vi viene in-contro e desidera accompagnarvi nel vostro cammino, per aprirvi le porte di una vita piena e farvi partecipi della sua relazione intima con il Padre. Noi, da parte nostra, coscienti della grandezza del suo amore, desideriamo corrispondere con ogni genero-sità a questo segno di predilezione con il proposito di condividere anche con gli altri la gioia che abbiamo ricevuto. Certamente, sono molti attualmente coloro che si sentono attratti dalla figura di Cristo e desiderano conoscerlo meglio. Percepiscono che Egli è la risposta a molte delle loro inquietudini personali. Ma chi è Lui veramente? Come è possibile che qualcuno che ha vissuto sulla terra tanti anni fa abbia qualcosa a che fare con me, oggi?

Nel Vangelo che abbiamo ascoltato (cfr Mt 16,13-20) vediamo descritti due modi distinti di conoscere Cristo. Il primo consisterebbe in una conoscenza esterna, carat-terizzata dall’opinione corrente. Alla domanda di Gesù: «La gente chi dice che sia il Figlio dell’Uomo?», i discepoli rispondono: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Vale a dire, si considera Cristo come un personaggio religioso in più di quelli già conosciuti. Poi, rivolgendosi personalmente ai discepoli, Gesù chiede loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro risponde con quella che è la prima confessione di fede: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». La fede va al di là dei semplici dati empirici o storici, ed è capace di cogliere il mistero della persona di Cristo nella sua profondità.

Però la fede non è frutto dello sforzo umano, della sua ragione, bensì è un dono di Dio: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne, né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli». Ha la sua origine nell’iniziativa di Dio, che ci rivela la sua intimità e ci invita a partecipare della sua stessa vita divina. La fede non dà solo alcune informazioni sull’identità di Cristo, bensì suppone una relazione personale con Lui, l’adesione di tutta la persona, con la propria intelligenza, volontà e sentimenti alla manifestazione che Dio fa di se stesso. Così, la domanda «Ma voi, chi dite che io sia?», in fondo sta provocando i discepoli a prendere una decisione personale in rela-zione a Lui. Fede e sequela di Cristo sono in stretto rapporto. E, dato che suppone la sequela del Maestro, la fede deve consolidarsi e crescere, farsi più profonda e matura,

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nella misura in cui si intensifica e rafforza la relazione con Gesù, la intimità con Lui. Anche Pietro e gli altri apostoli dovettero avanzare per questo cammino, fino a che l’incontro con il Signore risorto aprì loro gli occhi a una fede piena.

Cari giovani, anche oggi Cristo si rivolge a voi con la stessa domanda che fece agli apostoli: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispondetegli con generosità e audacia, come corrisponde a un cuore giovane qual è il vostro. Ditegli: Gesù, io so che Tu sei il Figlio di Dio, che hai dato la tua vita per me. Voglio seguirti con fedeltà e lasciarmi guidare dalla tua parola. Tu mi conosci e mi ami. Io mi fido di te e metto la mia intera vita nelle tue mani. Voglio che Tu sia la forza che mi sostiene, la gioia che mai mi abbandona.

Nella sua risposta alla confessione di Pietro, Gesù parla della Chiesa: «E io a te dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa». Che significa ciò? Gesù co-struisce la Chiesa sopra la roccia della fede di Pietro, che confessa la divinità di Cristo.

Sì, la Chiesa non è una semplice istituzione umana, come qualsiasi altra, ma è stretta-mente unita a Dio. Lo stesso Cristo si riferisce ad essa come alla «sua» Chiesa. Non è possibile separare Cristo dalla Chiesa, come non si può separare la testa dal corpo (cfr 1Cor 12,12). La Chiesa non vive di se stessa, bensì del Signore. Egli è presente in mezzo ad essa, e le dà vita, alimento e forza.

Cari giovani, permettetemi che, come Successore di Pietro, vi inviti a rafforzare que-sta fede che ci è stata trasmessa dagli Apostoli, a porre Cristo, il Figlio di Dio, al centro della vostra vita. Però permettetemi anche che vi ricordi che seguire Gesù nella fede è camminare con Lui nella comunione della Chiesa. Non si può seguire Gesù da soli. Chi cede alla tentazione di andare «per conto suo» o di vivere la fede secondo la mentalità individualista, che predomina nella società, corre il rischio di non incontrare mai Gesù Cristo, o di finire seguendo un’immagine falsa di Lui.

Aver fede significa appoggiarsi sulla fede dei tuoi fratelli, e che la tua fede serva allo stesso modo da appoggio per quella degli altri. Vi chiedo, cari amici, di amare la Chiesa, che vi ha generati alla fede, che vi ha aiutato a conoscere meglio Cristo, che vi ha fatto scoprire la bellezza del suo amore. Per la crescita della vostra amicizia con Cristo è fondamentale riconoscere l’importanza del vostro gioioso inserimento nelle parrocchie, comunità e movimenti, così come la partecipazione all’Eucarestia di ogni domenica, il frequente accostarsi al sacramento della riconciliazione e il coltivare la preghiera e la meditazione della Parola di Dio.

Da questa amicizia con Gesù nascerà anche la spinta che conduce a dare testimonian-za della fede negli ambienti più diversi, incluso dove vi è rifiuto o indifferenza. Non è possibile incontrare Cristo e non farlo conoscere agli altri. Quindi, non conservate Cristo per voi stessi! Comunicate agli altri la gioia della vostra fede. Il mondo ha bisogno della testimonianza della vostra fede, ha bisogno certamente di Dio. Penso che la vostra presenza qui, giovani venuti dai cinque continenti, sia una meravigliosa prova della fecondità del mandato di Cristo alla Chiesa: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15). Anche a voi spetta lo straordinario compito di essere discepoli e missionari di Cristo in altre terre e paesi dove vi è una moltitudine di giovani che aspirano a cose più grandi e, scorgendo nei propri cuori la

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possibilità di valori più autentici, non si lasciano sedurre dalle false promesse di uno stile di vita senza Dio.

Cari giovani, prego per voi con tutto l’affetto del mio cuore. Vi raccomando alla Vergi-ne Maria, perché vi accompagni sempre con la sua intercessione materna e vi insegni la fedeltà alla Parola di Dio. Vi chiedo anche di pregare per il Papa, perché come Successore di Pietro, possa proseguire confermando i suoi fratelli nella fede. Che tutti nella Chiesa, pastori e fedeli, ci avviciniamo ogni giorno di più al Signore, per crescere nella santità della vita e dare così testimonianza efficace che Gesù Cristo è veramente il Figlio di Dio, il Salvatore di tutti gli uomini e la fonte viva della loro speranza. Amen.

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OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVIA CONCLUSIONE DEL XXV CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE

Cantiere Navale di Ancona, 11 settembre 2011

Carissimi fratelli e sorelle!

Sei anni fa, il primo viaggio apostolico in Italia del mio pontificato mi condusse a Bari, per il 24° Congresso Eucaristico Nazionale. Oggi sono venuto a concludere solennemente il 25°, qui ad Ancona. Ringrazio il Signore per questi intensi momen-ti ecclesiali che rafforzano il nostro amore all’Eucaristia e ci vedono uniti attorno all’Eucaristia! Bari e Ancona, due città affacciate sul mare Adriatico; due città ricche di storia e di vita cristiana; due città aperte all’Oriente, alla sua cultura e alla sua spiri-tualità; due città che i temi dei Congressi Eucaristici hanno contribuito ad avvicinare: a Bari abbiamo fatto memoria di come “senza la Domenica non possiamo vivere”; oggi il nostro ritrovarci è all’insegna dell’“Eucaristia per la vita quotidiana”.

Prima di offrivi qualche pensiero, vorrei ringraziarvi per questa vostra corale par-tecipazione: in voi abbraccio spiritualmente tutta la Chiesa che è in Italia. Rivolgo un saluto riconoscente al Presidente della Conferenza Episcopale, Cardinale Angelo Bagnasco, per le cordiali parole che mi ha rivolto anche a nome di tutti voi; al mio Legato a questo Congresso, Cardinale Giovanni Battista Re; all’Arcivescovo di Anco-na-Osimo, Mons. Edoardo Menichelli, ai Vescovi della Metropolìa, delle Marche e a quelli convenuti numerosi da ogni parte del Paese. Insieme con loro, saluto i sacerdoti, i diaconi, i consacrati e le consacrate, e i fedeli laici, fra i quali vedo molte famiglie e molti giovani. La mia gratitudine va anche alle Autorità civili e militari e a quanti, a vario titolo, hanno contribuito al buon esito di questo evento.

“Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?” (Gv 6,60). Davanti al discorso di Gesù sul pane della vita, nella Sinagoga di Cafarnao, la reazione dei discepoli, molti dei quali abbandonarono Gesù, non è molto lontana dalle nostre resistenze davanti al dono tota-le che Egli fa di se stesso. Perché accogliere veramente questo dono vuol dire perdere se stessi, lasciarsi coinvolgere e trasformare, fino a vivere di Lui, come ci ha ricordato l’apostolo Paolo nella seconda Lettura: “Se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore” (Rm 14,8).

“Questa parola è dura!”; è dura perché spesso confondiamo la libertà con l’assenza di vincoli, con la convinzione di poter fare da soli, senza Dio, visto come un limite alla libertà. È questa un’illusione che non tarda a volgersi in delusione, generando in-quietudine e paura e portando, paradossalmente, a rimpiangere le catene del passato: “Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto…” – dicevano gli ebrei nel deserto (Es 16,3), come abbiamo ascoltato. In realtà, solo nell’apertura a Dio, nell’ac-coglienza del suo dono, diventiamo veramente liberi, liberi dalla schiavitù del peccato che sfigura il volto dell’uomo e capaci di servire al vero bene dei fratelli.

“Questa parola è dura!”; è dura perché l’uomo cade spesso nell’illusione di poter “trasformare le pietre in pane”. Dopo aver messo da parte Dio, o averlo tollerato come

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una scelta privata che non deve interferire con la vita pubblica, certe ideologie hanno puntato a organizzare la società con la forza del potere e dell’economia. La storia ci dimostra, drammaticamente, come l’obiettivo di assicurare a tutti sviluppo, benessere materiale e pace prescindendo da Dio e dalla sua rivelazione si sia risolto in un dare agli uomini pietre al posto del pane. Il pane, cari fratelli e sorelle, è “frutto del lavoro dell’uomo”, e in questa verità è racchiusa tutta la responsabilità affidata alle nostre mani e alla nostra ingegnosità; ma il pane è anche, e prima ancora, “frutto della terra”, che riceve dall’alto sole e pioggia: è dono da chiedere, che ci toglie ogni superbia e ci fa invocare con la fiducia degli umili: “Padre (…), dacci oggi il nostro pane quoti-diano” (Mt 6,11).

L’uomo è incapace di darsi la vita da se stesso, egli si comprende solo a partire da Dio: è la relazione con Lui a dare consistenza alla nostra umanità e a rendere buona e giusta la nostra vita. Nel Padre nostro chiediamo che sia santificato il Suo nome, che venga il Suo regno, che si compia la Sua volontà. È anzitutto il primato di Dio che dobbiamo recuperare nel nostro mondo e nella nostra vita, perché è questo primato a permetterci di ritrovare la verità di ciò che siamo, ed è nel conoscere e seguire la volontà di Dio che troviamo il nostro vero bene. Dare tempo e spazio a Dio, perché sia il centro vitale della nostra esistenza.

Da dove partire, come dalla sorgente, per recuperare e riaffermare il primato di Dio? Dall’Eucaristia: qui Dio si fa così vicino da farsi nostro cibo, qui Egli si fa forza nel cammino spesso difficile, qui si fa presenza amica che trasforma. Già la Legge data per mezzo di Mosè veniva considerata come “pane del cielo”, grazie al quale Israele divenne il popolo di Dio, ma in Gesù la parola ultima e definitiva di Dio si fa carne, ci viene incontro come Persona. Egli, Parola eterna, è la vera manna, è il pane della vita (cfr Gv 6,32-35) e compiere le opere di Dio è credere in Lui (cfr Gv 6,28-29). Nell’Ultima Cena Gesù riassume tutta la sua esistenza in un gesto che si inscrive nella grande benedizione pasquale a Dio, gesto che Egli vive da Figlio come rendimento di grazie al Padre per il suo immenso amore. Gesù spezza il pane e lo condivide, ma con una profondità nuova, perché Egli dona se stesso. Prende il calice e lo condivide perché tutti ne possano bere, ma con questo gesto Egli dona la “nuova alleanza nel suo sangue”, dona se stesso. Gesù anticipa l’atto di amore supremo, in obbedienza alla volontà del Padre: il sacrificio della Croce. La vita gli sarà tolta sulla Croce, ma già ora Egli la offre da se stesso. Così la morte di Cristo non è ridotta ad un’esecuzione violenta, ma è trasformata da Lui in un libero atto d’amore, in un atto di auto-donazio-ne, che attraversa vittoriosamente la stessa morte e ribadisce la bontà della creazione uscita dalle mani di Dio, umiliata dal peccato e finalmente redenta. Questo immenso dono è a noi accessibile nel Sacramento dell’Eucaristia: Dio si dona a noi, per aprire la nostra esistenza a Lui, per coinvolgerla nel mistero di amore della Croce, per renderla partecipe del mistero eterno da cui proveniamo e per anticipare la nuova condizione della vita piena in Dio, in attesa della quale viviamo.

Ma che cosa comporta per la nostra vita quotidiana questo partire dall’Eucaristia per riaffermare il primato di Dio? La comunione eucaristica, cari amici, ci strappa dal nostro individualismo, ci comunica lo spirito del Cristo morto e risorto, e ci conforma a Lui; ci unisce intimamente ai fratelli in quel mistero di comunione che è la Chiesa,

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dove l’unico Pane fa dei molti un solo corpo (cfr 1 Cor 10,17), realizzando la pre-ghiera della comunità cristiana delle origini riportata nel libro della Didaché: “Come questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto divenne una cosa sola, così la tua Chiesa dai confini della terra venga radunata nel tuo Regno” (IX, 4). L’Eucaristia so-stiene e trasforma l’intera vita quotidiana. Come ricordavo nella mia prima Enciclica, “nella comunione eucaristica è contenuto l’essere amati e l’amare a propria volta gli altri”, per cui “un’Eucaristia che non si traduca in amore concretamente praticato è in se stessa frammentata” (Deus caritas est, 14).

La bimillenaria storia della Chiesa è costellata di santi e sante, la cui esistenza è segno eloquente di come proprio dalla comunione con il Signore, dall’Eucaristia nasca una nuova e intensa assunzione di responsabilità a tutti i livelli della vita comunitaria, nasca quindi uno sviluppo sociale positivo, che ha al centro la persona, specie quella povera, malata o disagiata. Nutrirsi di Cristo è la via per non restare estranei o in-differenti alle sorti dei fratelli, ma entrare nella stessa logica di amore e di dono del sacrificio della Croce; chi sa inginocchiarsi davanti all’Eucaristia, chi riceve il corpo del Signore non può non essere attento, nella trama ordinaria dei giorni, alle situazioni indegne dell’uomo, e sa piegarsi in prima persona sul bisognoso, sa spezzare il proprio pane con l’affamato, condividere l’acqua con l’assetato, rivestire chi è nudo, visitare l’ammalato e il carcerato (cfr Mt 25,34-36). In ogni persona saprà vedere quello stes-so Signore che non ha esitato a dare tutto se stesso per noi e per la nostra salvezza. Una spiritualità eucaristica, allora, è vero antidoto all’individualismo e all’egoismo che spesso caratterizzano la vita quotidiana, porta alla riscoperta della gratuità, della centralità delle relazioni, a partire dalla famiglia, con particolare attenzione a lenire le ferite di quelle disgregate. Una spiritualità eucaristica è anima di una comunità ecclesiale che supera divisioni e contrapposizioni e valorizza le diversità di carismi e ministeri ponendoli a servizio dell’unità della Chiesa, della sua vitalità e della sua missione. Una spiritualità eucaristica è via per restituire dignità ai giorni dell’uomo e quindi al suo lavoro, nella ricerca della sua conciliazione con i tempi della festa e della famiglia e nell’impegno a superare l’incertezza del precariato e il problema della disoccupazione. Una spiritualità eucaristica ci aiuterà anche ad accostare le diverse forme di fragilità umana consapevoli che esse non offuscano il valore della persona, ma richiedono prossimità, accoglienza e aiuto. Dal Pane della vita trarrà vigore una rinnovata capacità educativa, attenta a testimoniare i valori fondamentali dell’esisten-za, del sapere, del patrimonio spirituale e culturale; la sua vitalità ci farà abitare la città degli uomini con la disponibilità a spenderci nell’orizzonte del bene comune per la costruzione di una società più equa e fraterna.

Cari amici, ripartiamo da questa terra marchigiana con la forza dell’Eucaristia in una costante osmosi tra il mistero che celebriamo e gli ambiti del nostro quotidiano. Non c’è nulla di autenticamente umano che non trovi nell’Eucaristia la forma adeguata per essere vissuto in pienezza: la vita quotidiana diventi dunque luogo del culto spirituale, per vivere in tutte le circostanze il primato di Dio, all’interno del rapporto con Cristo e come offerta al Padre (cfr Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 71). Sì, “non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4): noi viviamo dell’obbedienza a questa parola, che è pane vivo, fino a consegnarci, come Pietro, con l’intelligenza dell’amore: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita

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eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,68-69).

Come la Vergine Maria, diventiamo anche noi “grembo” disponibile ad offrire Gesù all’uomo del nostro tempo, risvegliando il desiderio profondo di quella salvezza che viene soltanto da Lui. Buon cammino, con Cristo Pane di vita, a tutta la Chiesa che è in Italia! Amen.

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DOCUMENTI DELLASEGRETERIA DI STATO

N. 195.000

Dal Vaticano, 2 luglio 2011

Eccellenza Reverendissima,

il Santo Padre ha accolto con vivo compiacimento le espressioni di fervido augurio, che Ella, anche a nome di codesta Comunità diocesana, ha voluto farGli pervenire in occasione del 60° anniversario della Sua Ordinazione sacerdotale, assi-curando speciali preghiere per la Sua persona.

Il Sommo Pontefice ringrazia cordialmente per tale premuroso attestato di spirituale vicinanza e di comunione col Suo universale Ministero e, mentre invoca da Cristo Sommo Sacerdote abbondanza di grazie per lei e per quanti si sono uniti nel devoto pensiero, volentieri imparte la benedizione apostolica. Profitto della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio

dell’Eccellenza Vostra Rev.ma dev.mo nel Signore Mons. Peter B. Wells Assessore

_______________________A Sua Eccellenza ReverendissimaMons. Piero CocciaArcivescovo di PesaroVia Rossini, 6261121 PESARO

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DOCUMENTI DELLACONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

MESSAGGIO D’INVITODEL CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE AL XXV CONGRESSO

EUCARISTICO NAZIONALE Ancona, 3-11 settembre 2011

1. “Signore, da chi andremo?” (Gv 6,68) è l’icona biblica scelta per illuminare il nostro cammino personale e comunitario in vista della celebrazione del Congresso Eucaristico Nazionale, che si terrà ad Ancona dal 3 all’11 settembre prossimi.

“Signore, da chi andremo?” è la confessione che l’apostolo Pietro rivolge a Gesù, a conclusione del discorso sulla Parola e sul pane di vita, nel sesto capitolo del Vange-lo di Giovanni. È anche la provocazione che, dopo duemila anni, ritorna come questio-ne centrale nella vita dei cristiani. In un contesto di pluralismo culturale e religioso, il problema fondamentale della ricerca di fede si traduce ancora nell’interrogativo: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?… Ma voi, chi dite che io sia?” (Mt 16,13.15).

Riscoprire e aiutare a riscoprire l’unicità singolare di Gesù di Nazaret era già l’in-tento del Giubileo dell’Incarnazione del 2000, come pure degli Orientamenti pastora-li per il primo decennio del Terzo millennio. Ha accompagnato la scelta di ripartire dal giorno del Signore, che ha caratterizzato il Congresso Eucaristico Nazionale di Bari (2005), ed è stato riproposto con forza ed efficacia dal Santo Padre Benedetto XVI al IV Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona (2006), quando ci ha invitato a far emergere nei diversi ambiti di testimonianza quel “grande ‘Sì’ che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra in-telligenza; come, pertanto, la fede nel Dio dal volto umano porti la gioia nel mondo”.

Sullo stesso cardine dell’unicità singolare di Gesù deve svilupparsi la nostra azio-ne pastorale nella catechesi, nella liturgia, nella spiritualità e nella cultura: occorre ripartire sempre dalla salvezza cristiana nel suo preminente carattere di avvenimento, che è l’incontro con il Risorto, Gesù il Vivente.

Anche il prossimo Congresso Eucaristico Nazionale intende collocarsi in questo cammino: riscoprendo e custodendo la centralità dell’Eucaristia e la stessa celebra-zione eucaristica come il “culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù”, le nostre Chiese particolari potranno diventare autentiche comunità di testimoni del Risorto.

Preparato e vissuto così, il Congresso Eucaristico non sarà certo una “distrazione” o una “parentesi” nella vita quotidiana delle comunità, ma una “sosta” preziosa per metterci di fronte al Mistero da cui la Chiesa è generata, per riprendere con rinnovato vigore e slancio la missione, confidando nella presenza e nel sostegno del Signore.

2. Anche il Santo Padre Benedetto XVI, nell’Esortazione postsinodale Sacramen-tum caritatis, avverte la necessità di insistere sull’efficacia dell’Eucaristia per la vita quotidiana. “In quanto coinvolge la realtà umana del credente nella sua concretezza

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quotidiana, l’Eucaristia rende possibile, giorno dopo giorno, la progressiva trasfigura-zione dell’uomo chiamato per grazia ad essere ad immagine del Figlio di Dio (cfr Rm 8,29s). Non c’è nulla di autenticamente umano – pensieri ed affetti, parole ed opere – che non trovi nel sacramento dell’Eucaristia la forma adeguata per essere vissuto in pienezza”. Il Papa fa così suo il proposito dei Padri sinodali: “i fedeli cristiani hanno bisogno di una più profonda comprensione delle relazioni tra l’Eucaristia e la vita quotidiana”.

È questo il punto focale del prossimo Congresso Eucaristico e il senso della pro-posta tematica e di approfondimento che si svilupperà sull’arco della settimana con-gressuale. Quale pastorale e quale spiritualità fluiscono dall’Eucaristia per la vita quotidiana? Quali sono i luoghi della testimonianza che il cristiano è chiamato a dare di Gesù Parola e pane di vita negli ambiti del vissuto quotidiano? Quest’ultima sot-tolineatura non rimanda a un livello mediocre di esistenza, bensì mette a fuoco la concretezza e la profondità della vita, che ogni giorno ci è chiesto di rispettare e amare come dono e promessa e, insieme, di onorare con impegno e responsabilità.

In questo modo, viene ripresa e completata la tematica del precedente Congresso di Bari, Senza la domenica non possiamo vivere. È l’invito a non dare per scontato il nucleo essenziale della fede, a tenere aperto il senso del Mistero che si celebra lungo l’anno nella pratica della domenica, “giorno del Signore”, da custodire anche come giorno della comunità cristiana e giorno dell’uomo, del riposo e della festa, tempo per la famiglia e fattore di civiltà. È forte, infatti, il rischio che una pratica religio-sa assidua resti rigorosamente circoscritta entro spazi e tempi sacri, senza incidere davvero sui momenti quotidiani della vita familiare, del lavoro e della professione e più in generale della convivenza civile. È doveroso preoccuparsi dei molti fedeli che non partecipano alla Messa domenicale, ma dobbiamo anche chiederci come escano dall’Eucaristia domenicale quanti vi hanno preso parte.

3. “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. Il testo giovanneo rive-la che Gesù è pane disceso dal cielo per la vita secondo una doppia modalità: non solo come pane eucaristico, ma anche come pane della Parola di Dio. Nella celebrazione eucaristica, questi due modi di presenza del Signore prendono la forma di un’unica mensa, intrecciandosi e sostenendosi mutuamente. È una sinergia che già i Padri sot-tolineavano nei loro commenti alla preghiera evangelica del Padre nostro, meditando l’invocazione: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” (Mt 6,11; cfr Gv 6,32.34-35). Basti qui citare sant’Agostino, che così si rivolgeva ai “catecumeni” o iniziandi alla preghiera: “L’Eucaristia è il nostro pane quotidiano, ma dobbiamo riceverlo non tanto per saziare il nostro stomaco, quanto per sostentare il nostro spirito… Anche quello che vi predico, è pane; e le letture che ogni giorno ascoltate nella chiesa, sono pane quotidiano, e gli inni sacri che ascoltate e recitate, sono pane quotidiano”.

Con la Costituzione conciliare Dei Verbum, ripresa dalla recente Esortazione post-sinodale Verbum Domini, la Chiesa si è prodigata perché la Parola di Dio fosse portata con abbondanza al cuore delle celebrazioni liturgiche e in una lingua percepita dal po-polo con immediatezza, raccomandando al tempo stesso di incrementare la pastorale biblica non in giustapposizione ad altre forme della pastorale, ma come animazione biblica dell’agire ecclesiale, avendo a cuore l’incontro personale con Cristo, che si comunica a noi nella sua parola.

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Aiutare a scorgere in Gesù, Parola e pane per la vita quotidiana, la risposta alle inquietudini dell’uomo d’oggi, che spesso si trova di fronte a scelte difficili, dentro una molteplicità di messaggi: è questo l’obiettivo posto al cuore del cammino verso il Congresso Eucaristico. L’uomo ha necessità di pane, di lavoro, di casa, ma è più dei suoi bisogni. È desiderio di vita piena, di relazioni buone e promettenti, di verità, di bellezza e di amicizia, di santità.

Si apre qui un prezioso campo di lavoro, affinché, nel cammino verso il Con-gresso Eucaristico e nelle stesse giornate congressuali si promuovano iniziative di ascolto della Parola, di meditazione e di preghiera. A questo scopo, è stato preparato il sussidio Signore, da chi andremo, dove vengono proposte alcune tracce destinate a sostenere la lettura orante e una più profonda conoscenza del capitolo sesto del Van-gelo di Giovanni.

Prima delle tante iniziative, che spesso affaticano e frammentano l’azione pasto-rale, è necessario ricuperare anzitutto l’andare e lo stare con Gesù, credendo nella sua Parola e mangiando il pane dato da lui stesso. Troviamo qui il punto nevralgico del movimento di attrazione che il Risorto esercita dall’interno della celebrazione eucaristica. Qui anche noi veniamo attirati nel dinamismo della donazione che Gesù ha fatto di sé al Padre, animando la sua intera esistenza fino alla morte in croce per i suoi e per tutti, e manifestando la sua bellezza e forza di trasfigurazione nella nostra esistenza quotidiana.

Non è un caso che Benedetto XVI richiami il rapporto tra liturgia e bellezza del Mistero celebrato: “La bellezza della liturgia è parte di questo Mistero; essa è espres-sione altissima della gloria di Dio e costituisce, in un certo senso, un affacciarsi del Cielo sulla terra… La bellezza, pertanto, non è un fattore decorativo dell’azione li-turgica; ne è piuttosto elemento costitutivo, in quanto è attributo di Dio stesso e della sua Rivelazione”.

Dall’unità di Parola di Dio ed Eucaristia nasce così un atteggiamento contempla-tivo, in grado di dare “forma eucaristica” ai contenuti della vita quotidiana: il senso di gratitudine per i doni di Dio, la coscienza umile della propria fragilità, la capacità di accoglienza e di relazioni positive con le persone, il senso di responsabilità nei confronti degli altri nella vita personale, familiare e sociale, l’abbandono in Dio come attesa e speranza affidabile.

4. Riscoprire l’unità di Parola ed Eucaristia significa tenere aperta la celebrazio-ne alla vita quotidiana, tanto nella contemplazione quanto nell’azione. L’agire che ne consegue è soprattutto la testimonianza, l’evangelizzazione, la missione. Usciamo dalla Messa cresciuti nella fede e più responsabili. Scopriamo così il volto missionario della tematica congressuale.

Sappiamo quanto i cristiani siano riconosciuti e apprezzati come uomini e donne di carità, esperti di umanità, socialmente solidali, anche da quelli che non frequentano la vita della comunità cristiana. Nello stesso tempo, la presenza cristiana nella società rischia di non essere presa in considerazione, quando addirittura non viene contestata, come testimonianza di Dio, di Cristo Risorto, di vita eterna e di valori soprannaturali.

Siamo consapevoli e preoccupati del fatto che oggi si sperimenti una “distanza culturale” tra la fede cristiana e la mentalità contemporanea in tanti ambiti della vita quotidiana.

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Tuttavia, abbiamo compreso che questa distanza non ha da essere considerata con fatalismo, ma al contrario come sollecitazione per scelte incisive nel nostro modo di essere cristiani. Rientra in questa prospettiva l’opzione di coltivare in modo nuovo e creativo la caratteristica popolare del cattolicesimo italiano. “Popolarità” non signifi-ca una soluzione di basso profilo, ma la scelta di una fede che si fa presente sul ter-ritorio, capace di animare la vita quotidiana delle persone, attenta alle esigenze della città, pronta a orientare le forme della coscienza civile.

Una sfida in particolare – confermata negli Orientamenti pastorali per il decennio, Educare alla vita buona del Vangelo, – intende raccomandare e incoraggiare la decli-nazione del tema eucaristico: l’agire pastorale deve concorrere a suscitare nella co-scienza dei credenti l’unità delle esperienze della vita quotidiana, spesso frammentate e disperse, in vista di ricostruire l’identità della persona. Essa, infatti, si realizza non solo con strategie di benessere individuale e sociale, ma con percorsi di vita buona, capaci di stabilire una feconda alleanza tra famiglia, comunità ecclesiale e società, promuovendo tra i laici nuove figure educative, aperte alla dimensione vocazionale della vita.

5. L’Eucaristia per la vita quotidiana diventa così anche il luogo di germinazione delle vocazioni. La storia della Chiesa è la grande prova di questa affermazione: in ogni stagione, l’Eucaristia è stata il luogo di crescita silenziosa di splendide vocazioni al dono di sé e all’amore. La ricchezza delle vocazioni a servizio dell’edificazione comune trova nell’Eucaristia il luogo di espansione nella dedizione incondizionata al ministero ordinato, alla vita religiosa e monastica, alla consacrazione secolare, al matrimonio e all’impegno missionario.

Riscoprire l’Eucaristia come “grembo vocazionale” è compito della comunità cri-stiana, della famiglia – valorizzando non solo i genitori ma anche i nonni –, di quanti si dedicano all’educazione dei giovani, dei credenti impegnati nel lavoro, nella pro-fessione e nella politica. Ritroviamo qui un invito implicito a impegnarci a dare forma e valore all’idea della “santità popolare”, che si manifesta nella vitalità del costume cristiano, nell’unità della famiglia, nella qualità educativa della scuola e degli oratori, nella ricchezza della proposta cristiana rivolta a tutti nelle parrocchie e offerta nelle associazioni e nei movimenti.

Ciò di cui oggi si sente più bisogno è proprio rendere visibile giorno per giorno la vita credente, che è altro rispetto al modo corrente con cui si esprime il sentire diffuso nella gestione del tempo, degli affetti e della presenza sociale.

Nel cammino verso il Congresso Eucaristico vogliamo impegnarci perché cresca e sia condivisa una rinnovata spiritualità della vita quotidiana. È questa la sfida che abbiamo di fronte: lo stile di vita nuovo dei credenti deve trasparire in tutta la sua bel-lezza e piena umanità. La nostra confessione di fede diviene persuasiva e promettente tutte le volte in cui noi, discepoli del Signore, testimoniamo con i fatti e non solo a parole la gioia, la bellezza e la passione di seguire Gesù passo dopo passo.

6. A dare volto a questo obiettivo contribuirà anche la dimensione territoriale del Congresso Eucaristico, che coinvolgerà direttamente le diocesi che compongono la metropolìa di Ancona-Osimo: Fabriano-Matelica, Jesi, Loreto e Senigallia.

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Sarà l’occasione nello stesso tempo di evidenziare il rapporto tra l’Eucaristia e i “cinque ambiti” della vita quotidiana, individuati a Verona: affettività, lavoro e festa, fragilità, tradizione, cittadinanza. Non sarà trascurata la prospettiva ecumenica: oltre alle ragioni storiche che legano Ancona al vicino Oriente, a dare attualità al dialogo tra Chiesa d’Occidente e Chiese d’Oriente è il fenomeno dell’immigrazione, con la crescente presenza di comunità ortodosse nelle nostre terre.

7. Facendo nostre le parole di Benedetto XVI, affidiamo il cammino di prepara-zione al Congresso Eucaristico Nazionale e la sua celebrazione alla protezione della Vergine Maria, venerata con particolare fervore a Loreto, la cui statua le Chiese delle Marche hanno accolto lungo un anno nella peregrinatio Mariae: “La Chiesa vede in Maria, Donna eucaristica – come l’ha chiamata il Servo di Dio Giovanni Paolo II –, la propria icona meglio riuscita, e la contempla come modello insostituibile di vita eucaristica”.

Ancona, 27 gennaio 2011

IL CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE

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MESSAGGIO PER LA 6ª GIORNATAPER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO

1° settembre 2011

“In una terra ospitale, educhiamo all’accoglienza”

Il tema della 6ª Giornata per la salvaguardia del creato è assai significativo nel con-testo del dibattito ecclesiale e culturale odierno. Esso si articola in quattro punti, in continuità con l’argomento trattato l’anno passato, Custodire il creato, per coltivare la pace, nella linea degli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decen-nio corrente: “La comunità cristiana offre il suo contributo e sollecita quello di tut-ti perché la società diventi sempre più terreno favorevole all’educazione. Favorendo condizioni e stili di vita sani e rispettosi dei valori, è possibile promuovere lo sviluppo integrale della persona, educare all’accoglienza dell’altro e al discernimento della ve-rità, alla solidarietà e al senso della festa, alla sobrietà e alla custodia del creato, alla mondialità e alla pace, alla legalità, alla responsabilità etica nell’economia e all’uso saggio delle tecnologie” (Educare alla vita buona del Vangelo, n. 50).

La Giornata diventa così occasione di un’ulteriore immersione nella storia, per ritro-vare le radici della solidarietà, partendo da Dio, che creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, con il mandato di fare della terra un giardino accogliente, che rispecchi il cielo e prolunghi l’opera della creazione (cfr Gen 2,8-15).

1. L’uomo, creatura responsabile e ospitaleLa Sacra Scrittura, infatti, narra che l’uomo venne posto da Dio nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Affidandogli la terra, Dio gli consegnò, in qualche modo, tutta la sua gratuità. L’uomo diventa così la creatura chiamata a realizzare il disegno divino di governare il mondo nello stile della gratuità, con santità e giustizia (cfr Sap 9,2-3), fino a giungere alla meta di riconoscersi, per grazia, figlio adottivo in Gesù Cristo (cfr Ef 1,5).Accogliendo l’intero creato come dono gratuito di Dio e agendo in esso nello stile della gratuità, l’uomo diviene egli stesso autentico spazio di ospitalità: finalmente idoneo e capace di accogliere ogni altro essere umano come un fratello, perché l’amo-re di Dio effuso dallo Spirito nel suo cuore lo rende capace di amore e di perdono, di rinuncia a se stesso, “di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace” (Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 79).È il cuore dell’uomo, infatti, che deve essere formato all’accoglienza, anzitutto della vita in se stessa, fino all’incontro e all’accoglienza di ogni esistenza concreta, senza mai respingere qualcuno dei propri fratelli. Il Santo Padre ci ricorda che: “se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono. L’accoglienza della vita tempra le energie morali e rende capaci di aiuto reciproco” (Caritas in veritate, n. 28).L’ospitalità diventa così, in un certo senso, la misura concreta dello sviluppo umano, la virtù che getta il seme della solidarietà nel tessuto della società, il parametro interiore ed esteriore del disegno dell’amore che rivela il volto di Dio Padre. Diventando ospi-tale, l’uomo riconosce con i fatti a ogni persona il diritto a sentirsi di casa nel cuore stesso di Dio.

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2. Il problema dei rifugiati ambientaliIn questa delicata stagione del mondo il tema dell’ospitalità richiama con drammatica urgenza le dinamiche delle migrazioni internazionali, nel loro legame con la questione ambientale. Sono sempre più numerosi, oggi, gli uomini e le donne costretti ad abban-donare la loro terra d’origine per motivi legati, più o meno direttamente, al degrado dell’ambiente. È la terra stessa, infatti, che – divenuta inospitale a motivo del mancato accesso all’acqua, al cibo, alle foreste e all’energia, come pure dell’inquinamento e dei disastri naturali – genera i cosiddetti “rifugiati ambientali”. Si tratta di un feno-meno che può avere una dimensione nazionale, laddove gli spostamenti avvengano all’interno di un Paese o di una regione; ma che si caratterizza sempre più spesso per la portata globale, con migrazioni che interessano talvolta popoli interi, sospinti dagli eventi a spostarsi in terre lontane.In questo processo gioca un ruolo non trascurabile il mutamento del clima, che at-traverso la variazione repentina e non sempre prevedibile delle sue fasce, rischia di intaccare l’abitabilità di intere aree del pianeta e di incrementare, di conseguenza, i flussi migratori.Per quanto sia possibile prevedere, non si è lontani dal vero immaginando che entro la metà di questo secolo il numero dei profughi ambientali potrà raggiungere i duecento milioni.Si comprende bene, allora, il senso dell’accorato richiamo del Papa nel Messaggio per la giornata della pace dell’anno 2010: “Come rimanere indifferenti di fronte alle problematiche che derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertifi-cazione, il degrado e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita della biodiversità, l’aumento di eventi naturali estremi, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali? Come trascurare il crescente fenomeno dei cosiddetti ‘profughi ambientali’: persone che, a causa del degrado dell’ambiente in cui vivono, lo devono lasciare – spesso insieme ai loro beni – per affrontare i pericoli e le incognite di uno spostamento forzato?” (n. 4).

3. Educare all’accoglienzaÈ questo lo scenario cosmico e umano dentro il quale la Chiesa è chiamata oggi a rendere presente il mistero della presenza di Cristo, via, verità e vita, riproponendone con forza il messaggio di solidarietà e di pace. Attraverso la sua opera educativa, “la Chiesa intende essere testimone dell’amore di Dio nell’offerta di se stessa; nell’acco-glienza del povero e del bisognoso; nell’impegno per un mondo più giusto, pacifico e solidale; nella difesa coraggiosa e profetica della vita e dei diritti di ogni donna e di ogni uomo, in particolare di chi è straniero, immigrato ed emarginato; nella custodia di tutte le creature e nella salvaguardia del creato” (Educare alla vita buona del Van-gelo, n. 24).Ecco perché educare all’accoglienza a partire dalla custodia del creato significa con-durre gli uomini lungo un triplice sentiero: quello, anzitutto, di coltivare un atteggia-mento di gratitudine a Dio per il dono del creato; quello, poi, di vivere personalmente la responsabilità di rendere sempre più bella la creazione; quello, infine, di essere, sull’esempio di Cristo, testimoni autentici di gratuità e di servizio nei confronti di ogni persona umana. È così che la custodia del creato, autentica scuola dell’accoglien-za, permette l’incontro tra le diverse culture, fra i diversi popoli e perfino, nel rispetto della identità di ciascuno, fra le diverse religioni, e conduce tutti a crescere nella reci-

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proca conoscenza, nel dialogo fraterno, nella collaborazione più piena.Ciò può realizzarsi senza mai dimenticare la necessità che la Chiesa, con il coraggio della parola e l’umiltà della testimonianza, continui a proclamare che è proprio Gesù Cristo, il Verbo di Dio fatto carne, la presenza profonda che permette il disvelarsi del disegno di Dio sull’uomo e sul cosmo, perché “tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste” (Gv 1,3). È in Cristo che la solidarietà diventa reciprocità, esercizio di amore fraterno, gara nella stima vicendevole, custodia dell’identità e della dignità di ciascuno, stimolo al cambiamento nel vivere sociale.È consolante rilevare come, sull’insieme di questi temi, le diverse Chiese e comunità cristiane abbiano raggiunto una significativa sintonia: il mondo ortodosso, a partire dal Patriarcato ecumenico, ha dedicato al problema della salvaguardia responsabile del creato documenti, momenti di riflessione ed iniziative; le diverse denominazioni evangeliche condividono la preoccupazione per l’uso equo e solidale delle risorse della terra, in un impegno concreto e fattivo. Tutte convergono nella sollecitudine verso i più poveri, verso le vittime delle guerre, dei disastri ambientali e della ingiusta distribuzione dei frutti della terra.La Giornata per la salvaguardia del creato si conferma, così, anche una felice oc-casione di incontro ecumenico, che mostra come il dialogo fra i credenti in Cristo salvatore non si limiti al confronto teologico, ma tocchi il comune impegno per le sorti dell’umanità.Tutti siamo chiamati a cooperare perché le risorse ambientali siano preservate dallo spreco, dall’inquinamento, dalla mercificazione e dall’appropriazione da parte di po-chi. Il fatto che, in questo forzo condiviso, le Chiese riescano a parlare con una voce sola, rappresenta una grande testimonianza cristiana, che rende di sicuro più credibile l’annuncio del Vangelo nel mondo di oggi.

4. I miti, eredi i questo mondo“Beati i miti, perché avranno in eredità la terra” (Mt 5,5). Sentirsi custodi gli uni degli altri è l’effetto dinamico dell’essere dono nell’accoglienza. Sappiamo, però, che la mitezza coincide con la purezza del cuore: è uno stile di vita e di relazioni a cui il cristiano aspira, perché in esso arde la pienezza dell’umiltà contro la prevaricazione e l’egoismo. Sono i miti i veri difensori del creato, perché amano quanto il Padre ha creato per la loro sussistenza e la loro felicità.Dio infatti “ha creato il mondo per manifestare e per comunicare la sua gloria, in modo che le sue creature abbiano parte alla sua verità, alla sua bontà, alla sua bellezza: ecco la gloria per la quale Dio le ha create”. Tutti abbiamo bisogno di Dio: riconoscendoci opera delle sue mani, sue creature, sia-mo invitati a custodire il mondo che ci ha affidato, perché, condividendo le risorse della terra, esse si moltiplichino, consentendo a ogni persona di condurre un’esistenza dignitosa.

Roma, 12 giugno 2011 Solennità di Pentecoste

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COMUNICATO FINALECONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE

Roma, 26 – 29 settembre 2011

Piena consonanza e sincera gratitudine ha raccolto la prolusione con cui il Presi-dente della Conferenza Episcopale Italiana, Card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova, ha aperto i lavori della sessione autunnale del Consiglio Episcopale Perma-nente (Roma, 26-29 settembre 2011). Egli ha offerto una riflessione a tutto campo, caratterizzata dalla preoccupazione per le conseguenze della crisi economica e socia-le che colpisce soprattutto le fasce deboli, ma anche animata dalla ferma volontà di offrire all’Italia il contributo specifico dell’esperienza cristiana.

Consapevoli dell’impossibilità di rimanere “spettatori intimiditi” e rassegnati a subire una sorta di “oscuramento della speranza collettiva”, i membri del Consiglio Permanente – riprendendo e approfondendo l’analisi “severa, coraggiosa e pacata” del Presidente – non si sono sottratti alla responsabilità di un ascolto attento del presente, volto a favorire il discernimento e il giudizio. L’orizzonte ermeneutico del-la Giornata Mondiale della Gioventù (Madrid, 16-21 agosto 2011) e del Congresso Eucaristico Nazionale (Ancona, 3-11 settembre 2011) ha fornito gli elementi per una lettura di fede anche di questo tempo. Nelle “fotografie” emerse dal confronto appare un Occidente scosso da una globalizzazione non governata e da un generale calo demografico e, nel contempo, incapace di correggere abitudini di vita che lo pongono al di sopra delle proprie possibilità. Di qui la questione etica, che investe la cultura in molti ambiti, e il rischio diffuso di un progressivo impoverimento delle famiglie, a fronte di provvedimenti economici che stentano a contenere la gravità della crisi.

I Vescovi hanno dato voce alle molteplici iniziative con cui la Chiesa sostiene il bene comune, da quelle caritative a quelle formative, educative e culturali, volte anche a favorire l’adesione ai valori dell’umanizzazione – o valori irrinunciabili, per cui l’etica della vita è fondamento dell’etica sociale – e la partecipazione attiva dei cattolici alla vita pubblica. Nello specifico, ha preso forma l’urgenza di “concorre-re alla rigenerazione del soggetto cristiano”, ossia alla riproposta in chiave sociale dell’esperienza di fede, riconosciuta come questione decisiva.

In questa prospettiva, il Consiglio Permanente ha formulato il programma di la-voro della CEI per il quadriennio 2012-2015, mettendo a fuoco soggetti e metodi dell’educazione cristiana; ha approvato il proprio contributo di studio sui Lineamen-ta della prossima Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, dedicata al tema della nuova evangelizzazione; ha esaminato la bozza del testo esplicativo, per la situazione italiana, delle Linee-guida della Congregazione della dottrina della fede circa gli abusi sessuali su minori compiuti da chierici; ha discusso una prima ipotesi di lavoro in vista della prossima Settimana Sociale dei cattolici italiani.

Si è inoltre proceduto alla verifica dell’andamento del Prestito della speranza, all’approvazione del messaggio per la Giornata per la vita del 2012 e al vaglio della proposta di un sussidio pastorale per l’accompagnamento dei fidanzati. Infine, è stata presentata la relazione finale dell’attività della commissione di studio sulle piccole diocesi e si è nuovamente affrontata la questione della cura pastorale dei fedeli catto-lici orientali provenienti dall’estero.

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1. Con la sapienza della dottrina socialeIl clima di insicurezza diffuso nel corpo sociale, e rafforzato dal disorientamento

culturale e morale, ha trovato nei Vescovi interlocutori attenti, partecipi e consapevoli della responsabilità a contribuire per farvi fronte con quella speranza certa che ha il volto di Gesù Cristo. Consapevoli del loro ruolo di pastori, essi hanno espresso preoc-cupazione per la situazione in cui versa il Paese e che colpisce pesantemente il mondo del lavoro e, quindi, le famiglie; hanno lamentato la fatica a reagire adeguatamente alla crisi, purtroppo accompagnata dal deterioramento del senso civico e della vita pubblica; hanno messo in guardia dall’incidenza che la questione morale ha sull’edu-cazione e sulla cultura del Paese, veicolando una visione individualistica dell’esisten-za tanto più superficiale, quanto più irresponsabile e fuorviante.

Questa crisi complessiva – hanno rilevato – infrange i legami di solidarietà, sca-tena aggressività e diffonde indifferenza e cinismo. I dinamismi in atto, se letti con la sapienza della dottrina sociale della Chiesa, richiedono il recupero di un respiro di speranza, che passa attraverso la riaffermazione del primato della persona e della famiglia e necessita di percorsi culturali e politici innovativi, all’interno dei quali la responsabilità dei cattolici è chiamata a spendersi con ritrovato vigore.

Riprendendo i contenuti della prolusione, i Vescovi hanno sottolineato come la Chiesa non si limiti a generici richiami, ma viva nel territorio – a partire dal tessuto parrocchiale – un’effettiva prossimità alla vita della gente. Ne sono espressione le molteplici iniziative solidali promosse dalla Caritas e da Migrantes a livello nazio-nale e diocesano, come pure il Prestito della speranza – la cui utilità è stata ribadita –, senza dimenticare la generosa disponibilità di tanti sacerdoti, diaconi, consacrati e consacrate, la presenza operosa dei laici nel mondo della sanità e dell’assistenza, l’impegno oneroso – spesso nemmeno sufficiente ad assicurarne la sopravvivenza – nella scuola paritaria.

2. Una Chiesa eucaristica, dal volto giovaneLa missione prioritaria a cui la Chiesa avverte di essere chiamata – hanno sot-

tolineato i Vescovi – non può che essere l’educazione alla fede, a pensare la fede e a pensare nella fede. Da essa, infatti, sgorga la speranza: perciò la questione di Dio rimane la questione decisiva. Il Consiglio Permanente ha espresso questa convinzione riprendendo a più riprese il Magistero di Papa Benedetto XVI, in particolare quello espresso nella recente visita in Germania (22-25 settembre).

Anche l’esito positivo della Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid e del Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona – è stato rilevato da più voci in seno al Consiglio – confermano ampiamente tale prospettiva. Per entrambi gli eventi, i Vesco-vi hanno espresso apprezzamento per il servizio svolto dai media ecclesiali (Avvenire, Tv2000, Radio InBlu, l’agenzia Sir, Radio Vaticana) e dall’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali. In particolare, si è evidenziato come la partecipazione di circa centodiecimila giovani italiani all’evento madrileno sia stata caratterizzata dall’ascol-to attento delle catechesi, dalla disponibilità all’approfondimento, da una partecipa-zione vivace ai momenti sacramentali e di preghiera, non disgiunti dalla capacità di sopportare qualche disagio logistico. Analogamente il volto di popolo di Dio emerso in occasione del Congresso Eucaristico ha svelato la presenza di una Chiesa viva, per la quale il culto eucaristico ha una rilevanza sostanziale; una Chiesa innervata dalla vita buona del Vangelo, costantemente alimentata dalla fedeltà al mandato originario

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del suo Signore: “Fate questo in memoria di me”.All’interno di questo orizzonte, il Consiglio Permanente ha definito il program-

ma di lavoro della CEI per la prima metà del decennio 2011-2020, dedicato all’edu-cazione. Assodata la necessità di superare un’impostazione “puerocentrica”, sulla scorta degli Orientamenti pastorali i Vescovi hanno collocato il compito educativo nell’odierna stagione culturale, evidenziando il ruolo che sono chiamati ad assumere soggetti istituzionali quali la famiglia, la parrocchia e la scuola, e quindi la condizione degli educatori e degli adulti in genere.

Ribadita la scelta di dedicare la prima metà del decennio al rapporto tra educazio-ne cristiana e comunità ecclesiale, mentre la seconda metà volgerà l’attenzione alla relazione tra educazione cristiana e città, è stata confermata la centralità del ruolo della comunità e l’obiettivo di puntare alla maturità della fede, assumendo un concet-to integrale di iniziazione cristiana, che si compie nel contesto di una comunità che celebra e vive secondo verità. Questa visione complessiva si è sposata con la proposta di articolare i prossimi anni attorno ad alcuni temi di fondo: la formazione cristiana degli adulti e della famiglia (2012); gli educatori nella comunità cristiana (2013); i de-stinatari dell’iniziazione cristiana (2014); gli itinerari e gli strumenti dell’iniziazione cristiana (2015).

In Italia la Chiesa continua a essere percepita come un’istituzione affidabile, per-ché vive in mezzo alla gente. Questo non riduce, tuttavia, il rischio che l’esperienza religiosa sia sperimentata in maniera privatistica: ciò è stato rilevato nel contributo preparato sui Lineamenta della XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Ve-scovi, dedicati alla nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Tra i punti di forza del caso italiano, è stata sottolineata l’esperienza del progetto culturale, la revisione dell’impostazione dell’iniziazione cristiana e la ricerca di una pastorale marcatamente missionaria.

Dando attuazione alle direttive della Santa Sede, il Consiglio Permanente ha esa-minato la bozza del testo che mira a esplicare, in rapporto alla realtà italiana, le Linee-guida pubblicate nel mesi scorsi dalla Congregazione della dottrina della fede circa gli abusi sessuali su minori compiuti da chierici. Il dibattito ha dato voce alla necessità di un sempre più rigoroso percorso formativo nei seminari, luogo di preparazione dei sacerdoti di domani; alla piena disponibilità nel porsi in ascolto delle vittime; all’accompagnamento dei sacerdoti coinvolti, ferma restando l’assunzione delle con-seguenze penali dei comportamenti di ciascuno. Il testo sarà perfezionato alla luce delle osservazioni emerse, per essere approvato in una prossima sessione di lavoro.

3. Nel nome della famigliaLa premura per la famiglia ha trovato espressione anche nella scelta di dedica-

re a tale tema la XLVII Settimana Sociale dei cattolici italiani, che è in programma nell’autunno del 2013. È stata così accolta la proposta del Comitato scientifico e or-ganizzatore delle Settimane Sociali di far convergere l’attenzione sulla famiglia, in relazione all’importanza determinante che essa ha per la crescita del Paese, esplicitan-do quanto già emerso nella Settimana Sociale di Reggio Calabria. L’intento è quello di approfondirne i fondamenti antropologici, teologici e giuridico-costituzionali; gli aspetti educativi, sociali ed economici; il rapporto tra famiglia e lavoro; il confronto con la situazione legislativa di altri Paesi europei. A tale proposito, il Consiglio ha apprezzato la volontà di promuovere – in continuità con la tradizione delle precedenti

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edizioni – quattro seminari, che si svolgeranno tra l’autunno 2011 e la primavera 2012 nelle diverse aree del Paese. Con particolare interesse verrà seguito il VII Incontro mondiale delle famiglie (Milano, 30 maggio – 3 giugno 2012), alla luce del quale saranno precisati i contenuti della prossima Settimana Sociale. Nella linea dell’atten-zione alla famiglia, il Consiglio Permanente ha accolto la proposta della competente Commissione Episcopale di elaborare un vademecum che accompagni la preparazione dei fidanzati al matrimonio e ha licenziato il testo del Messaggio per la Giornata per la vita, che sarà celebrata il 5 febbraio 2012.

4. NomineNel corso dei lavori, il Consiglio Permanente ha proceduto alle seguenti nomine:

- Membro della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo: S.E. mons. Beniamino Pizziol, Vescovo di Vicenza.

- Presidente del Comitato per la valutazione dei progetti di intervento a favore dei beni culturali ecclesiastici: S.E. mons. Simone Giusti, Vescovo di Livorno.

- Economo della Conferenza Episcopale Italiana: don Rocco Pennacchio (Matera – Irsina).

- Coordinatore Nazionale della pastorale per gli immigrati indiani siro-malabaresi: don Paul Stephen chiraPPanath (Irinjalakuda dei Siro-Malabaresi).

- Coordinatore Nazionale della pastorale per gli immigrati cinesi: don Pietro cui XinGanG (Baoding).

- Coordinatore Nazionale della pastorale per gli immigrati sri-lankesi-cingalesi: don Joe Neville Perera (Colombo).

- Coordinatore Nazionale della pastorale per gli immigrati ungheresi: mons. Lá-szló neméth (Esztergom-Budapest).

- Assistente Ecclesiastico Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana per il Settore Giovani: don Vito Piccinonna (Bari – Bitonto).

- Assistente Ecclesiastico Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana per l’Azione Cattolica Ragazzi: don Dino Pirri (San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Mon-talto).

- Assistente Ecclesiastico Generale dell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Ita-liani (AGESCI): padre Alessandro salucci, OP.

- Assistente Ecclesiastico Generale della Branca Lupetti/Coccinelle dell’Associa-zione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI): don Andrea Della Bianca (Con-cordia - Pordenone).

- Assistente Ecclesiastico Generale della Branca Esploratori/Guide dell’Associa-zione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI): don Andrea mereGalli (Milano).

- Assistente Ecclesiastico Nazionale del Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani (MASCI): padre Francesco comPaGnoni, OP.

- Incaricato presso la Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Vo-lontariato (FOCSIV): mons. Alessandro Greco (Taranto).

- Presidente Nazionale del Movimento di Impegno Educativo dell’Azione Cattoli-ca (MIEAC): prof.ssa Elisabetta BruGè.

- Conferma del presbitero membro del “team pastore” nazionale dell’Associa-zione Incontro Matrimoniale: don Giuseppe Greco (Salerno – Campagna – Acerno).

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La Presidenza, nella riunione del 26 settembre, ha proceduto alle seguenti nomine:

- Membri del Comitato per la valutazione dei progetti di intervento a favore dei beni culturali ecclesiastici: don Gaetano coviello (Bari – Bitonto); padre Gabriele in-GeGneri, OFM Cap.; don Federico PelleGrini (Brescia); don Valerio Pennasso (Alba); mons. Stefano russo, Direttore dell’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiasti-ci; don Francesco valentini (Orvieto – Todi).

- Direttore del Centro Studi per la scuola cattolica: prof. Sergio cicatelli.- Assistente Ecclesiastico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – sede di Mi-

lano: don Pier Luigi Galli stamPino (Milano).- Assistente Ecclesiastico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – sede di

Roma: don Luciano Oronzo scarPina (Nardò - Gallipoli).- Assistente Ecclesiastico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – sede di Pia-

cenza: don Stefano FumaGalli (Porto – Santa Rufina).- Assistente Ecclesiastico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – sede di Bre-

scia: don Roberto lomBarDi (Brescia).

Roma, 30 settembre 2011

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ATTI DI S.E.R. Mons. PIERO COCCIAARCIVESCOVO METROPOLITA

- OMELIE

- MESSAGGI E LETTERE

- INTERVENTI PUBBLICI

- DECRETI E NOMINE

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OMELIE

OMELIA IN OCCASIONE DELLA SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DELLA B. V. MARIA

Pesaro, Basilica Cattedrale 15 agosto 2011

Cari fedeli, la liturgia dell’Assunta ci fa ancora una volta fissare lo sguardo su Maria modello per la vita dei singoli credenti e per la Chiesa.

Come il Concilio ci ha ricordato nella Lumen Gentium, noi tutti guardiamo a Ma-ria per trarre da lei non solo la forza, l’energia, la linfa vitale della fede, ma anche per ispirare il nostro comportamento personale e comunitario alla sua realtà.

Proprio in questa visione Maria è modello, è punto di riferimento, è paradigma per tre elementi.

Infatti la liturgia ci fa contemplare questa stasera Maria donna di azione, Maria donna di risurrezione e da ultimo Maria donna di missione. Sono questi tre elementi che ci coinvolgono nell’esperienza di un cammino di fede serio.

Parto dal primo elemento. Il testo dell’Apocalisse (11,19; 12, 1-6-10) che ci è stato proclamato ci racconta della lotta tra una donna partoriente, figura di Maria, e il drago simbolo del male. C’è contesa tra i due, c’è conflittualità anche aspra, ma c’è anche un esito finale di cui dobbiamo tener conto. Da questa lotta, Maria donna dell’azione, esce vittoriosa. È proprio questa vittoria che porterà Maria a generare Cristo, colui che è chiamato a governare le nazioni.

Anche noi ci troviamo nella condizione umana che è fatta di conflittualità, di con-trasti continui. C’è una bipolarità costante dentro la quale noi viviamo: la lotta inces-sante fra il bene e il male, tra la verità e la menzogna. Maria sta a dirci che noi siamo chiamati non a subire la realtà stessa, ma a gestirla, a orientarla, attraverso un impegno agonico.

Allora cosa ci si chiede? Ci si chiede per la nostra vita personale come anche per la nostra vita comunitaria di non fuggire certamente da questa realtà, di non baypas-sare la condizione umana così contrastante, ma di agire, di fare delle scelte di campo chiare, di esprimere un giudizio sulla realtà e di conformare il nostro comportamento ad esso. Ci troviamo dunque a contemplare Maria, donna di azione che mira al rag-giungimento del bene, azione che la porta anche a lottare.

Di fronte a ciò tutti siamo chiamati, sul modello di Maria, a tirare le conseguenze per la nostra vita personale e comunitaria. Questo non solo per la condizione umana nel suo insieme, ma anche per una condizione storica che stiamo attraversando. Vi-viamo in una situazione storico-culturale segnata dall’elemento dell’indistinto e della tolleranza estenuante verso tutto e verso tutti. Viviamo il tempo della mediazione infinita e inconcludente. Viviamo il tempo in cui ormai l’unica certezza pare essere quella del “vietato vietare”.

In questo clima di soggettivismo vagante e fluido, noi dobbiamo come credenti riaffermare con la vita che l’esperienza del bene è possibile e perseguibile. E questo bene è il Signore Gesù Cristo! Con lo sguardo rivolto a Maria siamo chiamati a fare

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scelte di campo chiare e opzioni determinate verso il bene identificato nella persona di Gesù. Dunque il nostro agire sia confortato da Maria donna di azione.

Ma aggiungo un altro elemento di riflessione. Maria ci si propone anche come donna di risurrezione. Il testo che abbiamo ascoltato, tratto dalla prima lettera ai Co-rinzi (15, 20-27), ci ricorda, tramite Paolo, che la risurrezione di Cristo è un’esperien-za non solo fattibile, ma essa è necessaria per dare significato positivo a tutta la realtà umana. Paolo annuncia e testimonia la risurrezione di Cristo e in questa lettera fa su di essa una catechesi molto articolata e argomentata. Per Paolo nel Cristo anche la morte, limite del limite, viene superata e recuperata, poiché dice che l’ultimo nemico ad essere annientato da Cristo è la morte.

Al riguardo cosa ci può dire la figura di Maria? Maria è stata donna di risurrezione poiché ha vissuto la sua condizione umana certo nell’azione, ma anche nella prospet-tiva della risurrezione. Il suo vissuto è tutto connesso all’elemento della risurrezione del Cristo. La condizione esistenziale di Maria certamente non è stata esente da diffi-coltà, da incomprensioni, da delusioni e da amarezze. Però la realtà umana Maria l’ha vissuta nella prospettiva della risurrezione. Maria ha avuto la coscienza di portare nel suo grembo il Risorto, a cui ha ispirato tutta la sua vita.

Anche per questo Maria è punto di riferimento necessario per tutti noi che siamo in una condizione umana segnata dal peccato e quindi dalla morte. Viviamo l’esperienza umana che chiede una tensione continua verso la risurrezione. Tutti dobbiamo alzare gli occhi ed il cuore al Cristo risorto e mai lasciarci imprigionare da tante forme di pessimismo o di fatalismo. È necessario lasciarci condurre da Maria donna di risur-rezione. Oggi in particolar modo ci troviamo in un contesto culturale che pare essere chiaramente connotato da toni spenti e da forme di nichilismo evidenti. Questa realtà culturale necessita di un colpo d’ala, di uno scatto di reni, di un supplemento di ener-gie. Il credente grazie alla sua fede è l’uomo della risurrezione. Ed è per questo che è chiamato consapevolmente a vivere nella condizione umana e nella condizione storica come testimone ed operatore di risurrezione in tutti i campi.A volte attendiamo forme di risurrezione miracolistiche da istituzioni, da organismi, ecc.. Ma per noi cristiani l’esperienza della risurrezione è connaturale alla nostra fede. Se viviamo la fede non possiamo non vivere da risorti. Siamo chiamati a sperare an-che contro ogni speranza, nella certezza che il Cristo risorto è avvenimento compiuto ma anche da compiersi per ciascuno di noi. Dentro questa tensione tra il compiuto e quanto dovrà ancora compiersi, c’è la nostra vocazione di operatori di Risurrezione.Ecco allora un altro impegno che Maria ripropone a tutti noi. Modello non solo di azione ma anche di Risurrezione.

E da ultimo aggiungo un’altra considerazione tratta dal testo di Luca (1, 39-56) che ci descrive Maria come donna di missione. Il testo di Luca raccconta l’incontro tra Maria ed Elisabetta. In questa esperienza troviamo tutti gli elementi della missione. C’è Maria che si muove, che va in una città della Giudea per incontrare la cugina e per comunicarle l’evento della salvezza che porta nel proprio grembo. C’è dunque l’an-dare e il comunicare ma anche il riconoscere la salvezza da parte di Elisabetta. Sono questi gli elementi che caratterizzano la missione di un credente.

Anche noi come Maria ci troviamo a fare l’esperienza del Cristo risorto e proprio per questo siamo chiamati inevitabilmente a comunicare questa realtà, a ridirla, a ritrasmetterla con la nostra vita. Siamo chiamati a raccontarla con il nostro esistere quotidiano. Del resto l’elemento che costituisce patrimonio specifico del credente è e

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rimane la risurrezione del Cristo. Un patrimonio però che non va solo conservato ma va comunicato e trasmesso.

Oggi come sapete nella vita della chiesa spesso si parla di nuova evangelizzazione. Viviamo in un contesto culturale, specialmente noi europei, dove l’esperienza della fede non è così scontata. L’esperienza della fede va riproposta. Il filosofo canadese, Charles Taylor, che molto ha scritto sulla società secolarizzata, afferma con molta lucidità che mentre in passato per l’Europa era virtualmente impossibile non avere fede, oggi l’esperienza della fede anche per gli europei, anche per noi pesaresi, è una possibilità tra le tante. Questa affermazione costituisce un segnale molto preoccupante e ad un tempo molto impegnativo.

Siamo una chiesa chiamata alla missione riproponendo l’esperienza del Cristo risorto nella famiglia, nei luoghi del dibattito pubblico, nel lavoro, negli organismi civili, culturali della nostra società, della nostra città. Non possiamo essere esenti da quest’impegno. Non possiamo essere cristiani da catacombe e da sacrestie. Siamo chiamati con chiarezza e con fermezza, ad esprimere pubblicamente la fede. Questo del resto è l’elemento specifico che ci contraddistingue anche come apporto nei con-fronti della società civile. Siamo chiamati a ridare alla società civile questo contributo comunicando l’esperienza di Cristo che dà significato, senso e motivazione ultima all’agire umano in tutti i campi e in tutti i settori.

Allora preghiamo stasera intensamente il Signore perchè ci faccia alzare lo sguar-do verso Maria Assunta, verso colei che ancora una volta ci dice con la sua presenza e con la sua persona che siamo chiamati ad essere una chiesa dell’azione, una chiesa della risurrezione, una chiesa della missione.

Questa sera preghiamo anche perché tutti i giovani della nostra Arcidiocesi e della nostra Metropolia che sono a Madrid per la GMG, facciano un’esperienza positiva, bella, costruttiva e affascinante della fede vissuta nella appartenenza alla comunità cristiana che è la chiesa. Preghiamo perchè l’esperienza della GMG entri nel cuore di tanti giovani e li renda saldi nella fede di Cristo.

Inoltre ricordiamo anche nella nostra preghiera S.E. Mons. Gaetano Michetti di cui oggi, solennità dell’Assunta, ricorre il cinquantesimo anniversario dell’ordinazio-ne episcopale. Mons. Michetti ha servito questa cara Arcidiocesi per 27 anni dando a questa comunità cristiana energie, capacità, idee. Preghiamo perché il Signore lo abbia con Sé e lo ricompensi di un prezioso ministero episcopale che ci ha consentito di crescere nella fede.

Sia lodato Gesù Cristo.

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OMELIA IN OCCASIONE DELLA SOLENNITÀ DI S. PATERNIANO Fano, 10 luglio 2011

Rivolgo un cordiale saluto a tutti ed in particolare alle autorità civili e militari qui presenti.Saluto con i sentimenti e con lo spirito della comunione profonda il vescovo Armando a cui mi legano sentimenti di stima e di amicizia e lo ringrazio per l’invito che mi ha rivolto a presiedere questa celebrazione eucaristica.

La solennità di S. Paterniano, primo vescovo di Fano e Patrono della Diocesi, ci consente una riflessione sulla chiesa, su questa chiesa sorella, chiamata a vivere la fede nel mistero del Cristo e nel contempo ad educare ad essa le nuove generazioni.Una fede che ci chiede l’obbedienza, ci introduce nell’attesa e ci provoca nella libertà.Sono questi i tre elementi che riferiti alla fede, la liturgia della Parola di oggi ci invita a vivere nella scia e sull’esemplarità di S. Paterniano.

Nella prima lettura Isaia (55, 10-14) profetizza la venuta del Signore, ma la para-gona nel suo esito finale alla pioggia e alla neve che non tornano in cielo senza aver prima irrigato e aver fecondato la terra.

È questa una immagine suggestiva ed impegnativa che ci fa cogliere la presenza del Signore (Logos che si fa carne sarx) nella storia e nella nostra storia personale e comunitaria.

Cosa ha da dirci Isaia in questo testo?Ci invita ad essere una chiesa che sa incontrare (in-contro) il suo Signore che viene nella Parola che ci è data, nell’Eucaristia che è celebrata, nella testimonianza che ci è offerta.

Ma l’incontro con il Signore è possibile ad una condizione: fare l’esperienza di una fede obbediente.Obbedienza (ob-audio) implica l’ascolto in senso profondo e cioè la capacità di lettu-ra, di decifrazione, di interpretazione della presenza del Signore. La fede come ade-sione al Signore che si rivela, si manifesta e si dona chiede ed esige questo tipo di obbedienza. S. Paterniano è e rimane un esempio di Vescovo che ha fatto un’esperienza di fede obbediente.

Ma il testo di Isaia ci invita anche ad essere una chiesa (comunità cristiana) che sa educare all’obbedienza della fede le nuove generazioni.Nella cultura contemporanea l’esperienza dell’obbedienza non trova molto consenso anzi rifiuto, sia perché viene interpretata come fatto di sottomissione incondizionata (quasi cieca) sia perché essa viene vista come lesiva dell’autonomia della persona. In realtà qui si tratta di capire cosa significhi la parola obbedienza nel suo significato biblico e nel contempo di essere tutti educati a superare quel naturale senso di auto-sufficienza, in contrasto con l’obbedienza, che ci porta a tante esperienze errate e a volte disumane. Qui si tratta di essere invece formati a quella “alterità” necessaria per costruire la nostra identità e per dare senso, cioè direzione alla nostra vita. Ma ciò comporta un atteggiamento di ascolto e di attenzione non solo delle parole degli altri, ma della parola dell’Altro.

Vado oltre. Nel testo della lettera ai Romani (8, 18-23) S. Paolo invita questa comunità a saper sopportare le sofferenze della vita presente nell’attesa della gloria

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futura che sarà rivelata e realizzata. Aggiunge l’apostolo che la creazione e quindi la condizione umana, vive le doglie del parto nella speranza di essere liberata dalla schiavitù della carne e che già tuttavia possiede le primizie dello Spirito.

La fede ci chiama all’esperienza dell’obbedienza ma anche dell’attesa. La fede nel Signore è un dono. Ma questo dono ci introduce nell’attesa che diventa compito, responsabilità, impegno.

L’attesa in senso biblico non è mai un’esperienza attendistica, passiva, quasi mira-colistica che ci esonera dalle nostre responsabilità.Al contrario essa innesca nella nostra vita quella tensione tra il Cristo della storia che ci è donato ed il Cristo della gloria totale che deve compiersi, quella tensione tra il già e non ancora.È tra questi due poli che il credente gioca la propria vita nella certezza che per lui il Cristo è già dato ma nel contempo è atteso nella sua pienezza.

Da qui scaturiscono evidenti conseguenze. Ne accenno solo due. Un’esperienza di fede in Cristo vissuta nell’attesa, non può non impegnare il credente ad un lavoro di modificazione della vita in tutte le sue dimensioni per renderla sempre più conforme a quella gloria futura identificata nella perfezione. Qui si tratta di affinare e di perfe-zionare la condizione umana sul piano della dignità della persona, sul piano sociale, economico, culturale, politico, ecc. L’Attesa non ci chiama alla fuga dalle nostre re-sponsabilità ma all’assunzione di esse in un cammino di perfezionamento che ci deve vedere protagonisti.

Inoltre non va dimenticato che l’esperienza dell’attesa pone il credente nella pos-sibilità di essere quella coscienza critica di ogni realizzazione umana, poiché non ci sarà mai un assetto umano coincidente con quello divino il quale sempre precede ed eccede l’umano. In questa prospettiva l’attesa è inesauribile fonte di progresso, cioè di spinta perché la persona e la società realizzino forme sempre più perfette e compiute.

L’opera del vescovo S. Paterniano rimane elemento di esemplarità per questo pro-cesso di crescita attuata da una fede vissuta come attesa.

Ma la Chiesa non può dimenticare che l’esperienza dell’attesa evocata dalla fede, deve essere trasmessa alle nuove generazioni.

Nessuno può misconoscere al riguardo le difficoltà dovute alla cultura di oggi che condiziona pesantemente i nostri giovani. Questi sono immersi in uno sfrenato consu-mismo che si traduce nel detto “tutto e subito”. Qui si tratta di attuare una difficile ma non impossibile inversione di marcia. Qui si tratta di educare le coscienze dei giovani a quell’attesa cristiana che dà sapore e motivazione all’impegno umano per poter co-struire una società diversa nel suo sviluppo verso il Bene Comune e prima ancora di poter realizzare persone mature e responsabili, grazie ad una convinta esperienza di fede.

Da ultimo il testo del Vangelo di Matteo (13, 1-23) ci ripropone la parabola del seminatore, facendoci cogliere la diversità del terreno. È questo l’elemento che fa la differenza di esito finale nell’incontro con il Signore. Di fronte ad una presenza del Signore data a tutti e garantita per tutti c’è una diversità di risultato dovuto ad una diversità di risposta. Cosa sta a dirci questa parabola? Essa ci fa comprendere che la fede intesa come incontro con il Signore, interpella sempre la nostra libertà. Essa non si propone in au-tomatico, ma chiede risposta al punto da configurarsi come provocazione che diventa commozione. Da qui nasce la responsabilità della comunità cristiana che non impone

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ma propone l’esperienza realizzativa della fede con la forza della testimonianza.La fede si trasmette per contagio, ma la forza del contagio risiede in un’esperienza

vissuta come bella, positiva, costruttiva di sé e degli altri, perché esperienza conve-niente (cum-venio) con tutto l’umano. Proprio per questo attraente ed affascinante.

La figura di S. Paterniano ha esercitato ed esercita il suo fascino perché in lui Ve-scovo cogliamo un’esperienza di fede che lo ha realizzato, che ha dato compimento a tutte le vere esigenze umane.

Come chiesa siamo chiamati a trasmettere la fede alle future generazioni. Ma a che cosa appellarci? Ad elaborate strategie pastorali? A metodi innovativi? A percorsi pedagogici collaudati? Non basta. Ci dobbiamo appellare alla testimonianza che pre-suppone però una fede autenticamente vissuta.

Più la comunità cristiana vive seriamente, convintamente ed intensamente la fede nel Signore come esperienza realizzativa, più questa si trasmette e quindi raggiunge il cuore dei giovani. Non viviamo più tempi della tradizione ma della convinzione, dove la testimonianza è e rimane decisiva per la trasmissione della fede stessa.

Auguro a questa cara chiesa sorella di crescere nella fede come incontro con il Signore attraverso l’obbedienza, l’attesa e la libertà. Nel contempo auguro ad essa di saper trasmettere questa fede alle nuove generazioni educandole all’obbedienza, all’attesa ed alla libertà attraverso la testimonianza.

S. Paterniano sia, in questo cammino di fede vissuta e di fede trasmessa, aiuto certo e guida sicura.

Sia lodato Gesù Cristo.

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OMELIA IN OCCASIONE DELLA MESSA DI RINGRAZIAMENTOPER SERVIZIO EPISCOPALE DI S.E. MONS. FRANCESCO MARINELLI,

ARCIVESCOVO EMERITO DI URBINOUrbino, 3 settembre 2011

Ogni celebrazione eucaristica è un rendimento di grazie al Padre attraverso il Cri-sto e nello Spirito.

La celebrazione che stiamo vivendo con l’intensità della fede, si connota però come rendimento di grazie singolare, poiché con essa vogliamo ringraziare il Signore per il dono di 11 anni di proficuo ministero episcopale dell’Arcivescovo Francesco.

Un ministero episcopale quello di S. E. Mons. Francesco Marinelli vissuto con sapienza, con intelligenza, con competenza, con coraggio, con impegno costante e con spirito di autentico servizio a questa cara chiesa di Urbino – Urbania - S.Angelo in Vado.

Gli undici anni del denso episcopato dell’Arcivescovo Francesco sono quasi volati nel tempo, ma hanno lasciato un segno profondo e riconoscibile nella vita della comu-nità sia ecclesiale che civile.

Il suo episcopato, vissuto nel sapiente rapporto tra “Traditio” ed “Innovatio”, ha consentito alla comunità cristiana di crescere soprattutto in quelle che sono le dimen-sioni costitutive della chiesa ricordateci dalla Lumen Gentium: la contemplazione, la comunione e la missione. Sono queste le tre dimensioni, a cui fa esplicito riferimento la liturgia della parola di oggi, che hanno scandito il servizio episcopale dell’Arcivescovo Francesco.

Parto dal testo del Vangelo di Matteo (18, 15-20). Gesù non solo ci sollecita a richiamare personalmente e comunitariamente il fratello che sbaglia, ma evidenzia la necessità per il credente e per la chiesa della preghiera comunitaria e quindi liturgica allorchè dice: “Se due di voi sulla terra si mettessero d’accordo per chiedere qualco-sa, il Padre mio che è nei cieli la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì io sono in mezzo a loro”.

In questo passo evangelico troviamo non solo l’anima trinitaria della preghiera ma anche una stupenda icona di chiesa chiamata alla preghiera comunitaria.

L’episcopato di Mons. Marinelli si è rivelato prezioso per la testimonianza perso-nale e per le scelte pastorali, tese a dare un crescente impulso alla preghiera comuni-taria della liturgia e quindi alla contemplazione del mistero del Cristo, a cominciare dall’attenzione data alle comunità di vita contemplativa.

Vescovo “liturgo” per vocazione istituzionale, per formazione ricevuta e per com-petenze acquisite grazie ad una lunga ed apprezzata carriera universitaria, ha aiutato la sua chiesa che è in Urbino – Urbania – S. Angelo in Vado a crescere specie nella celebrazione e nella contemplazione del mistero eucaristico.

Come non ricordare i suoi numerosi interventi di magistero ordinario e straordi-nario sull’Eucaristia? Come non fare memoria del Congresso Eucaristico Diocesano, dell’istituzione dell’Adorazione Perpetua, della valorizzazione della pietà eucaristica popolare, della rivitalizzazione del Santuario Mariano del Pelingo in prospettiva Cri-stologica - Eucaristica - Ecclesiologica? E come dimenticare i vari interventi e sugge-rimenti per adeguare spazi liturgici idonei alla celebrazione eucaristica, la fondazione del Gruppo Eucaristico Mariano, l’erezione del Santuario del S. Cuore a Cà Staccolo

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di forte impronta eucaristica?Se è vero quanto detto dal teologo H. De Lubac e che cioè la chiesa fa l’Eucaristia

ma anche che l’Eucaristia fa la chiesa, il ministero episcopale di Mons. Marinelli ci ha rivelato e confermato in questa verità.

Vado oltre. Il testo di San Paolo ai Romani (13, 8-10) ci dà la possibilità di fissare la nostra attenzione su un altro elemento costitutivo della chiesa: la comunione. Il bra-no proclamatoci dice: “Fratelli non siate debitori di nulla a nessuno se non dell’amore vicendevole perché chi ama l’altro ha adempiuto la legge”.

In sintesi qui Paolo ricorda ai cristiani di Roma che non ci può essere una comunità cristiana se non nella comunione teologale ed ecclesiale, la cui radice è l’Amore a noi dato dal Padre attraverso Cristo nello Spirito.S. Ambrogio diceva che non esiste Vescovo senza la sua chiesa e che non esiste chiesa senza il suo Vescovo che la ami. Dobbiamo riconoscere che questo rapporto di bipo-larità è stato vissuto da Mons. Marinelli con convinzione ed intensità partecipativa ampiamente corrisposta da parte della comunità. Il suo ministero episcopale ci ha aiutato a crescere ancora di più nell’amore alla chie-sa. Una chiesa da servire sempre, con impegno, con gioia, con dedizione, con passio-ne, anche quando ciò richiede sacrificio.

È da notare che, grazie al suo ministero, tutti siamo stati ulteriormente educati a coltivare il giusto rapporto tra carisma ed istituzione, dentro una sana ecclesiologia che non vede i due elementi in conflitto ma in un rapporto necessario dell’uno verso l’altro.

Inoltre tutti siamo stati aiutati a sviluppare il forte senso di appartenenza all’unica chiesa locale, fondando tale appartenenza sulla comunione sia effettiva che affettiva, pur nella diversità di situazioni storiche di partenza di tre diocesi poi unite in una.

In questo orizzonte di comunità cristiana che fa sempre più esperienza della co-munione, va letto anche l’impegno del Vescovo Francesco a coltivare e a seguire di persona la formazione permanente del Clero, dei religiosi, delle religiose e dei laici.

E ancora, in questa ottica va rilevata la priorità data alla pastorale vocazionale, anche con la riapertura del Seminario diocesano che ha consentito all’Arcidiocesi di Urbino – Urbania - S. Angelo in Vado di poter contare su soddisfacente numero di sacerdoti giovani.

Da ultimo il testo di Ezechiele (33, 1.7-9) concentra la nostra riflessione su l’altra dimensione del mistero e del ministero della chiesa: la missione.Il profeta ha coscienza che il Signore lo ha chiamato ad essere sentinella per la casa di Israele. Forte e deciso il monito che il Signore gli rivolge: “quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli”. E ancora: “ Se tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, il malvagio morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te”.

Il ministero del Vescovo, di ogni Vescovo deve essere vissuto con coerenza perso-nale, con coraggio, anche andando controcorrente, e con fedeltà alla missione che il Signore gli ha affidato nell’annunciare l’unica verità di Cristo. Non altre verità più o meno accomodanti o gratificanti. È questa la missione che il Vescovo deve esercitare e a cui deve richiamare costantemente la sua comunità.

Anche in questa prospettiva missionaria va letto l’episcopato dell’Arcivescovo Francesco e alcune scelte pastorali da lui fatte.

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Faccio specifico riferimento alla creazione della Parrocchia universitaria, alla par-ticolare attenzione che Mons. Marinelli ha avuto nei confronti del mondo universitario nel suo insieme, all’impegno profuso nel creare il biennio di specializzazione dell’IS-SR “Don Italo Mancini” che si presenta come un’esperienza unica ed originale nello scenario delle università italiane, con una forte carica di esemplarità di inserimento degli studi teologici dentro l’Università civile. Valuto nell’orizzonte missionario il co-struttivo rapporto con le istituzioni civili teso a realizzare forme sempre più compiute di Bene comune.

Interpreto poi in chiave altrettanto missionaria, la valorizzazione del ricco patri-monio storico-artistico dell’Arcidiocesi di Urbino, a cominciare dalla sua stupenda cattedrale e da quel pregevole gioiello che è il Museo diocesano “Albani”. Tale valo-rizzazione non può non inserirsi nella missione di una comunità chiamata ad annun-ciare il mistero del Cristo anche attraverso l’arte e la storia.

Ma non dimentichiamo quanto in questi 11 anni si è fatto in Arcidiocesi per dare sempre più solida formazione agli operatori pastorali impegnati nella catechesi, nella liturgia, nella carità, come anche le tante risorse impegnate per sviluppare la dimen-sione missionaria di una intera comunità chiamata a testimoniare l’avvenimento cri-stiano in un mondo ed in una cultura in costante trasformazione che pone continue sfide.

Concludo.Caro Arcivescovo Francesco ti stiamo e ti saremo vicini con i sentimenti forti della comunione in Cristo e ti ringraziamo per la tua opera di pastore tenace nelle scelte, immediato nei rapporti, contagioso nell’esperienza della fede. Abbiamo la certez-za che porterai sempre nel tuo cuore questa cara comunità di Urbino – Urbania – S. Angelo in Vado. Una chiesa che ti ha conosciuto, ti ha apprezzato e ti ha amato per quanto tu hai testimoniato e per quanto tu hai fatto per essa, aiutandola a sviluppare la contemplazione, la comunione e la missione del mistero di Cristo attraverso il tuo ministero episcopale. A te il nostro convinto grazie!

Sia lodato Gesù Cristo.

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OMELIA IN OCCASIONE DELLA CELEBRAZIONE DEL “MANDATO” AGLI OPERATORI PASTORALI

Pesaro, Basilica Cattedrale 20 settembre 2011

Carissimi, la liturgia che stiamo celebrando ci responsabilizza come chiesa che attraverso il suo Pastore ci conferisce il mandato di annunciare, di celebrare e di te-stimoniare il mistero del Cristo. Ma quest’anno c’è una specificità a cui il mandato ci convoca. Un’attenzione particolare alla famiglia, che la nostra chiesa che è in Pesaro sente di poter e di dover interpellare in modo del tutto singolare, perché la celebrazio-ne del mistero eucaristico la coinvolga nella trasmissione della fede in Cristo.

Il testo degli Atti degli Apostoli (18, 1-19) narra l’incontro di Paolo con i coniugi Aquila e Priscilla i quali lo accolgono in casa e non solo lo sostengono ma collabo-rano attivamente con lui nell’esercizio del ministero dell’annuncio. Una immagine splendida di una famiglia che esercita insieme a Paolo il ministero della Parola pur tra immense difficoltà, le quali tra l’altro non piegano l’ardore apostolico di Paolo.

Abbiamo poi ascoltato il testo del Vangelo di Giovanni (6, 63-71) dove di fronte alla difficoltà che Gesù incontra nel non essere compreso in merito alla sua carne che si fa cibo ed al suo sangue che si fa bevanda, c’è la conseguente provocazione: “vo-lete andarvene anche voi?”. Chiara e convinta la reazione di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”.

Nella vita della chiesa l’esercizio di ogni ministero ha un presupposto inelimina-bile: l’incontro con il mistero del Signore, come è accaduto per Pietro e come deve accadere per ciascuno di noi.

Nella vita della comunità cristiana non abbiamo la vocazione ad essere competenti professionisti o bravi funzionari. Siamo tutti chiamati ad incontrare il Signore e a raccontare attraverso la nostra vita e le varie forme di ministerialità, quanto il Signore ha compiuto e compie in noi. I Padri della chiesa esprimevano con una felice detto il compito del cristiano: “contemplata aliis tradere”, cioè trasmettere quanto abbiamo contemplato, toccato con mano, sperimentato.

Il richiamo della liturgia della parola è dunque forte e si fa invito. Il mistero del Cristo contemplato e sperimentato dà fondamento alla nostra ministerialità della Pa-rola, della Liturgia e della Carità.

Se dunque è vero che tutta la chiesa è chiamata a servire il mistero di Cristo, è altrettanto vero che la famiglia cristiana è chiamata ad una ministerialità specifica de-rivante non solo dal sacramento del Battesimo e da quello del matrimonio, ma anche dall’Eucaristia. È infatti, la celebrazione dell’Eucaristia a plasmare la famiglia nel suo preciso ed inalienabile compito di generare e di educare i propri figli alla fede nel Si-gnore. Le parole di Gesù: “fate questo in memoria di me” ci richiamano ad una precisa missione che è quella di rendere presente il Signore. Missione questa che non rientra nella sfera delle opzionalità ma delle responsabilità della famiglia cristiana. Del resto se si dà la vita ad un figlio, occorre darla nella pienezza delle sue dimensioni costitu-tive. Compresa la dimensione della fede come esperienza elementare della condizione umana che comunque chiede adesione nella libertà.

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Per questa ragione di fondo e per ragioni storicamente configurabili come urgenze per la vita della chiesa e della società, i Vescovi italiani con gli Orientamenti pasto-rali per il prossimo decennio contenuti nel documento “Educare alla Vita Buona del Vangelo” e con la recente celebrazione del Congresso Eucaristico Nazionale di An-cona, hanno voluto ricordarci come la trasmissione della fede coinvolga la famiglia che celebrando l’Eucaristia viene responsabilizzata ed educata a questo compito così importante. In questa prospettiva la chiesa che è in Pesaro nei giorni scorsi ha voluto dare inizio al nuovo anno pastorale 2011–2012,pregando e riflettendo sull’esperienza eucaristica, sulla famiglia e sull’educare. “L’Eucaristia educa la famiglia” è stato il significativo sottotitolo del Convegno appena conclusosi.

Ma quali sono gli elementi emersi da questo Convegno che si dovranno tradurre in orientamenti concreti per la vita della nostra chiesa locale, a cominciare dall’anno pastorale che ci attende?

Ne accenno alcuni, i più importanti, che non solo vanno presi in debita conside-razione ma che chiedono di essere attuati con scelte concrete da parte della nostra comunità cristiana, ad iniziare dalle parrocchie.

A. In una stagione culturale segnata da grande confusione ed ambiguità appare urgente rieducare le coscienze alla vera ed unica identità della famiglia fondata sul matrimonio e colta nell’antropologia della relazione vissuta nella differenza sessuale dei soggetti che la compongono e nel legame di appartenenza genera-zionale. Questa opera educativa delle coscienze, la chiesa sente di doverla fare in forma urgente e sistematica, soprattutto nei confronti dei giovani i quali sono maggiormente aggrediti da quel virus culturale espresso nello slogan “vietato vietare”, anche in riferimento alla definizione dell’identità della famiglia.

B. Inoltre è necessario riscoprire la famiglia come imprescindibile luogo educati-vo del nostro io. La famiglia non può essere sostituita da altri soggetti in questa sua funzione che ad essa deriva da quei legami naturali che si instaurano tra genitori e figli. Di fronte a tendenze di deresponsabilizzazione e di delega, la chiesa sente di dover riproporre il compito educativo della famiglia non solo nella sua non surrogabilità, ma anche nel fascino di un’avventura umana che non ha uguali. L’educare non è una tecnica. L’educare è un’arte che coinvolge in maniera del tutto singolare un genitore, portandolo a riscoprire e a reinter-pretare tutte le dimensioni della vita insieme ad un figlio, a cominciare dal meraviglioso mondo degli affetti.

C. Ancora. Occorre rileggere la famiglia all’interno della società non come un peso ma come una risorsa, a livello etico, a livello sociale e a livello economi-co. La famiglia italiana, nonostante i numerosi tentativi di destabilizzazione o comunque di non sufficiente valorizzazione, è e rimane una forte esperienza di dialogo, di cooperazione, di prestazioni di cure, di ammortizzatore generazio-nale, di trasmissione dell’ethos di appartenenza; di produzione di beni che pur non transitando per il mercato sono consumati e contribuiscono al ben-essere. La chiesa non può ignorare tutto ciò e per questo sente di doversi far carico nel chiedere alle istituzioni, anche a quelle locali, politiche familiari non fumose ma concrete e tese a promuovere la famiglia fondata sul matrimonio.

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D. Da ultimo, appare prioritario da parte della chiesa ed in particolare da parte delle parrocchie, un preciso investimento di risorse nella pastorale familiare in tutte le sue articolazioni, cogliendo nella famiglia cristiana un soggetto essen-ziale per la vita della chiesa. In ultima analisi cosa ci si chiede? Ci sono delle priorità a cui le nostre comunità parrocchiali non possono sottrarsi.

Innanzitutto la famiglia va coinvolta come soggetto attivo negli itinerari dell’ini-ziazione cristiana. A questo riguardo urgono scelte coraggiose e fiduciose da parte delle parrocchie. Inoltre la preparazione dei fidanzati al matrimonio deve assumere sempre più i tratti di un itinerario di riscoperta della fede nella vita delle comunità cristiane. Questa impostazione è richiesta da situazioni storiche e dalle stesse finalità dei percorsi di preparazione al matrimonio. Per di più questi percorsi chiedono di essere diversificati in relazione alle condizioni di fede dei fidanzati.

Va sempre sollecitata la cura speciale delle giovani coppie attraverso cammini di spiritualità matrimoniale. Si tratta di custodire le fasi iniziali della vita coniugale, ma anche di porre le basi necessarie per una formazione che duri tutta la vita per dare stabilità alla vita matrimoniale e familiare.

Va poi decisamente sviluppata l’attenzione alla ministerialità della coppia cristia-na. Non si può dimenticare che la famiglia nella comunità cristiana ha una sua precisa ministerialità che scaturisce dal sacramento del matrimonio e che chiama l’uomo e la donna ad essere segno dell’amore di Dio. Oggi, grazie a Dio, molte famiglie cristiane hanno acquistato sempre più la consapevolezza della loro vocazione e si stanno im-pegnando seriamente nella testimonianza a Cristo Signore. Il beato Giovanni Paolo II ebbe a dire: “Un’autentica famiglia, fondata sul matrimonio, è in se stessa una buona notizia per il mondo”. E aggiunse: “Nel nostro tempo sono sempre più numerose le famiglie che collaborano attivamente all’evangelizzazione… È maturata nella Chie-sa l’ora della famiglia, che è anche l’ora della famiglia missionaria” (Angelus, 21 ottobre 2001).

È proprio la riscoperta di tale ministerialità che deve impegnare le parrocchie della nostra Arcidiocesi a creare Gruppi di sposi che possano costituire modelli di riferi-mento per le coppie in difficoltà, che possano aprirsi al servizio verso i fidanzati, verso i genitori che chiedono il battesimo per i figli.

Oggi poi si sente come non mai, la necessità di formare coppie cristiane in grado di affrontare con una precisa visione cristiana temi sociali e politici che toccano l’isti-tuto familiare, sostenendolo con scelte politiche ed economiche adeguate.

In questi ambiti ed in altri ancora, la famiglia cristiana è chiamata a rendere un ser-vizio prezioso e necessario all’intera collettività nella prospettiva di una ministerialità vissuta con motivazione, con passione e con preparazione.

Le parole del S. Padre Benedetto XVI pronunciate ad Ancona a conclusione del XXV Congresso Eucaristico Nazionale ci siano di conferma, di sostegno e di solleci-tazione: “ La famiglia è luogo privilegiato di educazione umana e cristiana e rimane un dono prezioso per l’edificazione della comunità ecclesiale e civile”.

Auguro alla nostra chiesa ed in particolare alle comunità parrocchiali, di prendere sempre più coscienza della missione che coinvolge la famiglia nella trasmissione e nell’educazione alla fede a partire dalla celebrazione eucaristica con tutte le implican-ze che ne derivano.

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Nel contempo chiedo a tutti voi operatori pastorali una chiara testimonianza di fami-glia cristiana ed una disponibilità collaborativa per realizzare in tutte le parrocchie quelle scelte concrete che il Convegno ci ha proposto e a cui ho fatto specifico rife-rimento.

Da ultimo torno a sollecitare tutti voi operatori pastorali a curare con convinzio-ne e determinazione la vostra formazione a livello spirituale, pastorale e liturgico, avvalendovi di quel prezioso e vitale contributo offerto dal nostro ISSR “Giovanni Paolo II”, in qualità di alunni ordinari o uditori e dell’annuale corso diocesano per gli operatori pastorali.

La Beata Vergine delle Grazie e S. Terenzio ci sostengano nel nostro cammino. Sia lodato Gesù Cristo.

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OMELIA IN OCCASIONE DELLA CELEBRAZIONE DEL FUNERALE DI SUOR EDOARDA

Pesaro, Basilica Cattedrale20 settembre 2011

È un dato di fatto che quando sorella morte bussa alla porta delle nostre case, rima-niamo inevitabilmente esterefatti, disorientati. Una persona cara che ci viene sottratta, crea in noi e attorno a noi un forte vuoto. Inoltre l’esperienza della morte ci pone una serie di domande, di interrogativi, di quesiti. In questo incontro tutti siamo inevitabil-mente portati a chiederci: ma dopo la morte cosa ci attende? Quale è il destino ultimo a cui la morte ci chiama?

Di fronte a questi inquietanti nodi da sciogliere, le risposte umane non sono suf-ficienti. Non basta la ragione, per quanto questa ci dica che la vita esige la vita oltre morte. Non basta la consolazione dei sentimenti i quali ci confortano con la certezza che quanto abbiamo costruito con la persona amata rimane in noi e dentro di noi. L’interrogativo permane. A chi appellarci dunque? Alla forte fede nel Signore della Risurrezione, confermataci dalla parola di Dio.

Il testo di San Paolo ai Romani (6, 3 – 9) ci ha ricordato che se siamo stati battez-zati nella morte del Cristo, siamo anche partecipi della sua risurrezione. Così si espri-me Paolo: “Se siamo uniti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui”. Qui troviamo la certezza di quanto ci attende dopo la morte e il conforto nell’accettare serenamente anche la morte della cara suor Edoarda.

Tuttavia l’esperienza della risurrezione in Cristo chiede una condizione inelimi-nabile: la vigilanza. Il testo di Matteo (25, 1 – 13) ci riporta la parabola delle dieci vergini. Cinque stolte e cinque sagge. L’incontro con lo sposo avviene solo per le sagge, cioè per coloro che hanno saputo attendere la sua venuta con saggezza, con responsabilità, con una ge-stione evangelicamente ispirata della propria vita. Se abbiamo la certezza che la morte di suor Edoarda trova il suo esito finale nel Mistero del Cristo Risorto, una ulteriore certezza ci guida nel cogliere in suor Edoarda una donna, una battezzata ed una con-sacrata che ha vissuto la propria vita e la propria vocazione con vigilanza evangelica.

Ma dove registriamo l’esperienza della vigilanza nella vita di suor Edoarda? Nella sua condizione di donna, di consacrata, di insegnante.

Suor Edoarda è stata una donna che ha vissuto il suo percorso umano con grande responsabilità umana e cristiana. Dotata di un carattere dolce e nel contempo forte, ha utilizzato al meglio i suoi talenti sviluppandoli e mettendoli a servizio di tutti. Donna intelligente (intus-leggere) ha scrutato la realtà guidata dalla curiosità non solo culturale ma esistenziale. Non ha perso il tempo della vita, ma lo ha fatto fruttificare. Fornita di particolare sensibilità, ha nutrito il suo mondo interiore con la preghiera, con la contemplazione del volto del Cristo e della sua parola e anche con l’approccio costante verso autori a lei cari, soprattutto nel campo della poesia e dell’arte.

Ma suor Edoarda ha vissuto l’esperienza della vigilanza evangelica soprattutto nella sua scelta di essere suora e di esserlo nella Congregazione delle Piccole Ancelle del Sacro Cuore, fondata dal Beato Vescovo Carlo Liviero a cui è dovuta la sua voca-zione di consacrata. Ha vissuto come suora con grande fedeltà la scelta dei Consigli

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evangelici. Ma ha vissuto con passione e dedizione il carisma della sua Congrega-zione, specie quello riferito alla scuola. È stata punto di riferimento per tante conso-relle che l’hanno amata e ricambiata del suo costante impegno. Nel cammino della Congregazione, soprattutto in alcuni passaggi storici vissuti dalla stessa, ha difeso e promosso il carisma del Fondatore, anche adoperandosi per scelte molto coraggiose e non facendosi condizionare da calcoli umani. Altrettanto chiaro e prezioso è stato il suo contributo nell’affermare e nel promuovere il primato della vita interiore per ogni consacrata. La sua vigilanza si è espressa anche nella compartecipazione convinta alla vita della nostra chiesa locale di Pesaro. Ricordo il suo interesse per la Arcidiocesi, per i sacerdoti, per le religiose, per i religiosi, per gli eventi diocesani ed anche per le persone di comune conoscenza. Suor Edoarda ha molto amato la chiesa di Pesaro e si è prodigata per essa in varie modalità ed in diverse circostanze. In lei l’Arcivescovo sempre ha apprezzato lo spirito costruttivo, lo sguardo rivolto al futuro e l’incorag-giamento ricevuto.

Da ultimo mi è caro cogliere la dimensione della vigilanza evangelica nella sua missione di insegnante, attenta, premurosa e competente. A tutti è nota la passione educativa che ha sostenuto suor Edoarda, ma anche i frutti maturi dalla sua lunga esperienza di docente. Intere generazioni di pesaresi hanno avuto il dono di incontra-re, grazie alla scuola, la figura di suor Edoarda rimanendone favorevolmente segnati per tutta la vita, non solo sul piano del metodo ma ancor più dei contenuti tesi a svi-luppare in ognuno tutte le capacità per affrontare la vita nella sua interezza, fatta di esperienze, sia gratificanti come anche difficoltose.

Voglio anche sottolineare come in molti casi il dialogo iniziato da suor Edoarda con gli alunni del tempo, si è poi prolungato nelle loro fasi adulte e complicate della vita. Per molti suor Edoarda è rimasta non solo la maestra ma la “maestra della vita” con la sua capacità di accogliere, di ascoltare e di indirizzare. Aggiungo una consi-derazione. Nella scuola di oggi si parla tanto di saperi relativi alle singole discipline. Non dimentichiamo però che i saperi hanno bisogno del Sapere (nel suo significato etimologico “sapere” = dare sapore). Suor Edoarda ci ha insegnato il sapere come sa-pore della vita derivante dalla fede in Cristo e che ha saputo trasfondere in tanti cuori.

Ringraziamo il Signore del dono di questa suora e preghiamo per le vocazioni alla vita sacerdotale, religiosa e consacrata.

Sia lodato Gesù Cristo.

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OMELIA IN OCCASIONE DELLA CELEBRAZIONE DELL’ACCOLITATOPesaro, Basilica Cattedrale

23 settembre 2011

Carissimi fedeli, la celebrazione liturgica che ci sta coinvolgendo è del tutto parti-colare, in quanto in essa l’Arcivescovo conferisce il ministero istituito dell’accolitato a cinque fratelli della nostra chiesa. Cinque fratelli che hanno espresso questo deside-rio, che hanno fatto un congruo e comprovato cammino di preparazione e che hanno dichiarato la propria disponibilità alle esigenze della nostra chiesa particolare.

C’è un sentimento che predomina nel cuore in tutti noi ed è quello della gratitudine al Signore per questo dono che ci sta facendo. Ma nel contempo questo sentimento di gratitudine viene accompagnato da un altro sentimento che è quello della respon-sabilità.

Ci chiediamo ma cosa vuol dire per una persona ricevere il ministero istituito dell’accolitato? Quali sono i suoi compiti, i suoi impegni, la missione specifica che l’attende?

A questi interrogativi risponde in maniera chiara la liturgia della parola. La prima lettura, attraverso il testo di Isaia (61, 1-3) ci ricorda che siamo stati unti

e designati per una missione, per un compito: portare il lieto annuncio a tutti. La seconda lettura, tratta dalla lettera di San Paolo ai Corinzi (2Cor 5, 14-20) ci

ricorda che se siamo in Cristo siamo creature nuove.Da ultimo il testo del Vangelo di Giovanni (15, 9-17) ci dice attraverso la parola

Gesù, che noi siamo stati scelti da Lui e siamo stati costituiti per andare e portare frutto, un frutto che rimanga.

Carissimi fedeli, in questi testi troviamo quella che è la missione che la chiesa affida ad un accolito.

Innanzitutto c’è un primo impegno. Accolito è sì l’uomo che serve l’Eucaristia, ma ancor prima vive l’Eucaristia. L’accolito non è un funzionario, nè un burocrate addetto ai lavori. È una persona la quale, immedesimata nel mistero di Cristo e attratta da esso, si lascia condurre nei sentieri della sua vita dall’Eucaristia celebrata, adorata e vissuta. Del resto quando noi parliamo di liturgia parliamo sempre di un’azione dove il Signore ci raggiunge. Ma c’è un’azione singolare dove quest’incontro con il Signore si fa ancora più attraente e più forte ed è quello della celebrazione dell’Eucaristia. L’accolito è quell’uomo che non solo serve la celebrazione ma è ancor prima l’uomo che vive la celebrazione eucaristica nella propria quotidianità.

Ecco allora carissimi amici c’è un primo impegno:lasciarsi attrarre dal mistero del Cristo presente nell’Eucaristia, quel mistero che ci rimette in discussione, che ci scompone e ci ricompone nel contempo. L’esperienza dell’accolitato non può essere legata al funzionalismo. È l’incontro con il Signore che avviene attraverso la cele-brazione dell’Eucaristia a dovervi coinvolgere. Sta a voi penetrare questo mistero, lasciarsi attrarre da esso ed essere conseguenziali in tutte le implicanze che questo mistero comporta.

Carissimi accoliti, la celebrazione dell’Eucaristia diventi per voi la stella polare, diventi l’esperienza non solo di un servizio ma ancor prima di un incontro forte, chia-ro, attraente il quale non vi lasci mai indifferenti, ma continuamente e costantemente vi rinnovi nel cuore, nei sentimenti, nei giudizi e nell’agire.

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Passo oltre. L’esperienza dell’accolitato vi pone in un rapporto preferenziale con la celebrazione dell’Eucaristia da vivere ed adorare. Però è anche vero che quella dell’accolitato è un’esperienza che si configura come servizio alla comunità cristia-na. Ecco allora un’altra domanda. Quali sono i compiti dell’accolito nei confronti della comunità? Sono compiti molteplici. Ma c’è ne uno che prevale su tutti gli altri e da cui gli altri derivano. È quello di far sì che la comunità viva la celebrazione dell’Eucaristia non solo in termini di concretezza funzionale, ma soprattutto con spi-rito teologale. Cosa voglio dire con questa parola? Voglio indicare che la celebrazione dell’Eucarestia coinvolge in forma così diretta l’accolito che lo porta ad essere un segno forte dell’Eucarestia nei confronti della comunità. E allora dov’è che questo segno si rivela e si evidenzia?

L’Eucarestia è essenzialmente il sacramento della comunione con il Signore, con i fratelli e con la realtà intera. L’accolito che vive l’Eucaristia non può non essere il segno di una comunione forte dentro la Chiesa, ma anche dentro la società. L’accolito non può essere l’uomo di parte. È l’uomo che vive l’Eucaristia e quindi si fa strumen-to di comunione. Da qui nasce una serie di impegni, ma soprattutto nasce un atteggia-mento interiore che deve tradursi in termini di grande concretezza comunionale a tutti i livelli nella chiesa e nella società.

Faccio un altro riferimento ancora. L’Eucarestia ci convoca ad essere segno della donazione. Gesù Cristo nell’Eucarestia è quel cibo a noi dato e sangue per noi versa-to. Questo atto di donazione che viene vissuto all’insegna del gratuito, non può non coinvolgerci. Da questo deriva una conseguenzialità. L’accolito, come ogni credente che vive l’esperienza dell’Eucaristia, è l’uomo della donazione e non del calcolo. È l’uomo dal cuore grande. È l’uomo della misericordia, dell’assoluta disponibilità. È l’uomo che dà alla comunità e alla società tutto se stesso: tempo, energie, qualità, capacità, risorse, e quant’altro. Ma il tutto è vissuto nello spirito del gratuito che ha la sua origine nell’amore di Cristo espresso nell’Eucaristia. Ecco allora un’altra con-seguenzialità carissimi accoliti. L’Eucaristia vi convoca non solo al grande impegno della testimonianza, della comunione ma anche della donazione.

E faccio l’ultimo riferimento. L’Eucarestia esprime una presenza concreta, visibile e approcciabile del Cristo. Tutti coloro dunque che vivono l’Eucaristia a comincia-re dall’accolito, non possono non essere persone che esprimono nella loro vita la presenza del Cristo. Sono il riverbero della sua realtà. L’Eucaristia è incarnazione, è presenza reale, concreta e visibile del Cristo. L’accolito che serve l’Eucaristia deve essere pienamente convinto di dover esprimere la presenza di Cristo in tutti i contesti, in tutti gli ambiti, in tutti i frangenti storici. In tutte le realtà per quanto problematiche siano, l’accolito testimonia il Cristo che salva, che dà senso ed orientamento alla vita di ciascuno di noi.Questa sera perciò, carissimi fedeli, preghiamo come chiesa di Pesaro per ringraziare il Signore di questo dono dell’accolitato che conferirò tra poco a cinque nostri fra-telli. Ma preghiamo il Signore perché queste persone siano sempre più responsabili dei compiti che a loro pervengono da una esperienza eucaristica fortemente sentita, vissuta ed espressa. Preghiamo anche perché ulteriori vocazioni all’accolitato possano sorgere nelle nostre comunità. Siamo chiesa che cammina nella storia con tutta la sua ministerialità. Perciò sento di dovere fare una sollecitazione: la ministerialità produca i suoi frutti dentro la realtà ecclesiale e civile.

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Aggiungiamo la preghiera forte per invocare poi vocazioni alla vita sacerdotale, alla vita religiosa maschile e femminile, alla vita consacrata in genere.

Al termine di questo mio intervento voglio ringraziare tutte le comunità parroc-chiali da cui questi nostri cinque amici provengono. Ringrazio le loro rispettive fa-miglie che hanno condiviso e condivideranno questo cammino. Ringrazio gli Uffici dell’Arcidiocesi che hanno provveduto alla loro formazione.

Sia lodato Gesù Cristo.

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MESSAGGI E LETTERE

MESSAGGIO AGLI STUDENTIPER L’INIZIO DELL’ANNO SCOLASTICO 2011 – 2012

Agli Studenti, alle Famiglie, ai Dirigenti scolastici, ai Docenti e al personale non docente

L’inizio di un nuovo anno scolastico è sempre caratterizzato da due sentimenti contra-stanti. L’attesa unita alla speranza di una sua felice riuscita, ma anche la previsione di eventuali difficoltà unita al senso di incertezza.

Per esperienza personale vissuta da studente prima e da docente poi, credo che il primo sentimento debba prevalere decisamente sul secondo perché anche questa parti-colare stagione che la scuola si accinge a vivere, sia veramente positiva a tutti i livelli per costruire la persona come tale.

Ma l’avvio di un nuovo anno scolastico ci mette anche di fronte a quella che oggi pare essere la maggiore sfida per il nostro paese: quella della cosiddetta “Emergenza Educativa” di cui tanto si è parlato e si sta parlando a livello di semplici cittadini, di esperti, di istituzioni civili ed in modo specifico anche di chiesa.

È questa emergenza che ci pone di fronte all’inquietante domanda: nel nostro con-testo culturale e sociale: oggi è ancora possibile educare?Alcuni addetti ai lavori (pedagogisti, psicologi, sociologi) parlano in merito all’”edu-care”, non solo di difficoltà ma addirittura di impossibilità.Certo per dare risposta positiva a tale quesito necessita primariamente ritrovarsi su una visione condivisa dell’educare, tenendo conto di quanto la storia, anche la nostra storia personale, ci dice da sempre.In sintesi l’educare è il comunicare, attraverso la relazione personale, quella esperien-za vissuta e verificata di una vita ben riuscita che ci ha consentito di sviluppare il no-stro io in tutte le sue componenti (aspetto soggettivo) per affrontare tutte le dimensioni della realtà (aspetto oggettivo).Va da sé che in questa visione non riduttiva ma integrale dell’educare, l’esperienza religiosa non si pone come elemento opzionale ma costitutivo per realizzare tutta la nostra persona e per dare significato a tutti gli elementi della vita.Pertanto mi auguro che la scuola, insieme ad altri soggetti istituzionali coinvolti diret-tamente nell’educare, a cominciare dalla famiglia, sia sempre più in grado di dare il suo contributo decisivo per lo sviluppo integrale della persona che è e rimane il vero nodo della “questione educativa”.In un contesto socio-culturale come quello di oggi segnato da varie difficoltà e da una diffusa sfiducia, la scuola, attraverso un forte impegno educativo rappresenti quella componente in grado di essere una risorsa decisiva per affrontare e superare una situa-zione di crisi particolarmente acuta in vari campi.La recente della Giornata Mondiale della Gioventù, celebrata a Madrid con oltre due milioni di giovani, ha evidenziato non solo un segno di speranza ma di certezza. Il mondo dei giovani, se accolto, se ascoltato e se accompagnato con precisi cammini educativi, costituisce una vera garanzia per costruire il futuro.

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Lo stesso Congresso Eucaristico Nazionale che si sta celebrando in questi giorni ad Ancona e che vede una rilevante e sorprendente partecipazione di giovani a precisi eventi che li coinvolgono come anche nel servizio del volontariato, ci dà conferma di quanto detto. Il nostro Convegno diocesano che verrà celebrato al cinema Loreto il 16 e 17 di set-tembre e che darà inizio al nuovo anno pastorale, avrà come tema “L’Eucaristia educa la famiglia”. Anche questo evento della nostra chiesa locale si pone come esperienza tesa a ridare fiducia educativa alla famiglia nei confronti dei giovani. Dentro questi orizzonti auguro a tutti un fruttuoso anno scolastico, ritmato da una forte passione educativa.

X Piero Coccia Arcivescovo di Pesaro

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MESSAGGIO IN OCCASIONE DELLA “FESTA DEL VOTO”Pesaro, 8 settembre 2011

Festa della Natività della Beata Vergine Maria

Maria, modello per la famiglia

Con l’annuale Convegno diocesano del mese di settembre, la nostra Chiesa locale darà l’avvio al nuovo anno pastorale incentrato sull’Eucaristia come esperienza che educa la famiglia. Attraverso il percorso della preghiera, della riflessione e delle scelte pastorali, la no-stra comunità cristiana è interpellata a riscoprire l’Eucaristia come cuore pulsante della sua prassi. Ma in particolar modo la famiglia è chiamata a trovare nell’Euca-ristia l’esperienza decisiva per educare le nuove generazioni alla fede in Cristo. “La famiglia cristiana è sempre stata la prima via di trasmissione della fede e anche oggi conserva grandi possibilità per l’evangelizzazione in molteplici ambiti” (Benedetto XVI, Discorso alle famiglie, 5.6. 2011).

Il recente documento degli Orientamenti pastorali dei Vescovi italiani “Educare alla vita buona del Vangelo”, vede proprio nella famiglia uno dei soggetti principali chiamati a trasmettere la fede.

Il Congresso Eucaristico Nazionale che celebreremo ad Ancona dal 3 all’11 set-tembre 2011 dal titolo “Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”, ci offrirà poi una grande opportunità di riflessione nel saper declinare l’Eucaristia nei vari ambiti della vita quotidiana che coinvolgono la famiglia.

Pertanto in piena comunione con tutta la chiesa italiana, la nostra chiesa locale desidera nell’anno pastorale 2011-2012 tracciare dei cammini spirituali e formativi, affichè le famiglie cristiane siano sempre più consapevoli della loro imprescindibile missione che è quella di generare e di educare alla fede in Cristo i propri figli, co-gliendo nella celebrazione dell’Eucaristia le motivazioni e le modalità per attuare un compito tanto difficile quanto affascinante.

La recente Visita Pastorale mi ha confermato poi nella necessità di dedicare una particolare attenzione pastorale alla famiglia e al suo ruolo educativo nell’attuale con-testo storico. Del resto è ancora il Papa a darcene le ragioni “questa fondamentale re-altà umana oggi, nel nostro Paese come altrove, deve affrontare difficoltà e minacce, e quindi ha particolare bisogno di essere evangelizzata e sostenuta, inoltre le famiglie cristiane sono una risorsa decisiva per l’educazione alla fede, per l’edificazione della Chiesa come comunione e per una presenza missionaria nelle più diverse situazioni di vita.” (Benedetto XVI, Discorso alle famiglie, 5.6. 2011).

Ma in questo cammino che ci accingiamo ad intraprendere e che vedrà la famiglia particolarmente impegnata nel generare e nell’educare alla fede, abbiamo un modello a cui ispirarci, un paradigma a cui rifarci?

La figura e l’opera di Maria brillano sul nostro orizzonte e costituiscono la stella polare a cui volgere lo sguardo.

Lei, donna eucaristica che ha portato in grembo prima e generato poi il Verbo fatto carne, ci fa fare continua “memoria” della vocazione generativa della fede, della vo-cazione educativa della fede, della vocazione testimoniale della fede. Questa triplice esperienza ci interpella come famiglia autenticamente cristiana.

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Auguro che la celebrazione della prossima solennità della Beata Vergine delle Grazie, compatrona della nostra Città e dell’Arcidiocesi, aiuti le nostre famiglie a riscoprire e a vivere la propria missione in merito alla trasmissione della fede.

In questa occasione mi è caro ringraziare i Padri Servi di Maria, custodi del San-tuario della Madonna delle Grazie a cui tutti noi Pesaresi siamo profondamente legati, per il loro prezioso ministero che vi svolgono.

Affido alla Beata Vergine delle Grazie la Città e l’Arcidiocesi di Pesaro e invoco su tutti la benedizione del Signore.

X Piero Coccia Arcivescovo

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AGENDA DI PROGRAMMAZIONE PASTORALE 2011 – 2012INTRODUZIONE

Pesaro, 24 settembre 2011Solennità di S. Terenzio Vescovo e Martire

1. Un cammino che ci interpellaCon l’annuale Convegno diocesano del mese di settembre, la nostra Chiesa locale

dà l’avvio al nuovo anno pastorale incentrato sull’Eucaristia come esperienza che educa la famiglia. Attraverso il percorso di preghiera, di riflessione e di scelte pastorali, la nostra co-munità cristiana è interpellata a riscoprire l’Eucaristia come cuore pulsante della sua prassi. Ma in particolar modo la famiglia è chiamata a trovare nell’Eucaristia il fon-damento ed il paradigma per generare e per educare le nuove generazioni alla fede in Cristo. “La famiglia cristiana è sempre stata la prima via di trasmissione della fede e anche oggi conserva grandi possibilità per l’evangelizzazione in molteplici ambiti” (Benedetto XVI, Discorso alle famiglie, 5.6. 2011).

Il recente documento degli Orientamenti pastorali dei Vescovi italiani “Educare alla vita buona del Vangelo” al numero 36, vede proprio nella famiglia uno dei sog-getti principali chiamati a trasmettere la fede attraverso i sacramenti dell’Iniziazione cristiana.

Il Congresso Eucaristico Nazionale, celebrato ad Ancona dal 3 all’11 settembre 2011 dal titolo “Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”, ci ha offerto poi una grande opportunità di riflessione nel saper declinare l’Eucaristia nei vari ambiti della vita quotidiana che coinvolgono la famiglia.

Pertanto in piena comunione con tutta la chiesa italiana, la nostra chiesa locale desidera nell’anno pastorale 2011-2012 tracciare dei cammini spirituali e formativi, affichè le famiglie cristiane siano sempre più consapevoli della loro imprescindibile missione che è quella di generare e di educare alla fede in Cristo i propri figli, co-gliendo nella celebrazione dell’Eucaristia le motivazioni e le modalità per attuare un compito tanto difficile quanto affascinante.

La recente Visita Pastorale mi ha confermato poi nella necessità di dedicare una particolare attenzione pastorale alla famiglia e al suo ruolo educativo nell’attuale con-testo storico. Del resto è ancora il Papa a darcene le ragioni “questa fondamentale re-altà umana oggi, nel nostro Paese come altrove, deve affrontare difficoltà e minacce, e quindi ha particolare bisogno di essere evangelizzata e sostenuta, inoltre le famiglie cristiane sono una risorsa decisiva per l’educazione alla fede, per l’edificazione della Chiesa come comunione e per una presenza missionaria nelle più diverse situazioni di vita.” (Benedetto XVI, Discorso alle famiglie, 5.6. 2011).

2. Un problema urgente: ritrovare l’identità vera della famiglia In un contesto culturale e sociale in rapida e caotica trasformazione, divenuto

quanto mai “liquido” e “fluido” come ci dicono gli studiosi di fenomeni sociali, la famiglia è uno dei soggetti maggiormente colpiti, con tutte le conseguenze che ne derivano. Essa, infatti molto spesso viene vista come un soggetto non solo poco valo-rizzato, ma a volte vissuto come dato di consumo e per di più come una istituzione di diversa interpretazione, tanto che oggi si parla di diversi modelli di famiglia.

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Non possiamo ignorare che i profondi cambiamenti della mentalità e dei comporta-menti e la presenza di diversi stili e modalità di convivenza, sollecitino con forza una domanda radicale: è ancora possibile parlare di famiglia in modo univoco? Di una sua inalienabile identità basata su alcuni caratteri fondanti, rintracciabili in ogni cultura e società? Esiste un proprium della famiglia? Il celebre antropologo Lévi-Strauss parlava della famiglia come unione socialmente approvata di un uomo e una donna e dei loro figli e la definiva «un fenomeno uni-versale, presente in ogni e qualunque tipo di società». In tal modo identificava il proprium della famiglia. Reputo che questo dato sia ancora attuale e non possa essere ragionevolmente smentito.

L’affermazione di Lévi-Strauss è chiara nel contenuto di fondo, anche se va inter-pretata in modo adeguato. Riconosce il fatto che esiste una sorta di “società naturale”, fondata su un doppio legame: quello tra l’uomo e la donna e quello tra genitori e figli. Il che non significa far riferimento ad un modello storico particolare di famiglia. Questo importante rilievo si limita a registrare l’esistenza di una sorta di “universale sociale e culturale”, che però è ben riscontrabile empiricamente, e lo è, praticamente, in ogni società. Il dato costitutivo del proprium della famiglia è dunque la sua natura intrinsecamente relazionale. La famiglia infatti non si definisce soltanto in riferimen-to ai soggetti che la compongono (l’uomo, la donna e i loro figli), ma mette contem-poraneamente in campo il legame di appartenenza che si instaura tra di loro. È quella specifica forma di “società primaria” che tiene insieme e di fatto permette un armo-nico sviluppo delle differenze costitutive dell’umano: quella sessuale tra l’uomo e la donna e quella tra le generazioni (nonni, padri, figli). La famiglia è istituita per dare forma sociale alla differenza dei sessi in quanto generatrice di vita. Il riconoscimento della famiglia come relazione specifica tra i sessi e le generazioni richiede pertanto una chiara valorizzazione dell’istituto matrimoniale. Si capisce bene perché il Beato Giovanni Paolo II, nella Familiaris consortio (n. 43) affermi che la famiglia è il luogo insostituibile di «esperienza di comunione e di partecipazione».

La vera sfida con la quale l’istituto familiare deve fare oggi i conti e dovrà farlo ancora di più nel futuro, è di ordine culturale e spirituale. Si tratta di confrontarsi con quella mutazione antropologica avvenuta nell’ultima parte del XX secolo che ha toc-cato l’umano in quanto tale.

3. La famiglia, un insostituibile luogo educativoUn’altra caratteristica dell’ “universale sociale” che è la famiglia, è data dal suo essere luogo educativo fondamentale. La famiglia costituisce “una comunità di amore e di solidarietà che è in modo unico adatta ad insegnare e a trasmettere valori culturali, etici, sociali, spirituali e religiosi, essenziali per lo sviluppo e il benessere dei propri membri e della società” (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 238). Il beato Giovanni Paolo II affermava che “la famiglia cristiana è chiamata a prendere parte viva e responsabile alla missione della Chiesa in modo proprio e originale, ponendo cioè al servizio della Chiesa e della società se stessa nel suo essere ed agire, in quanto intima comunità di vita e d’amore” (Familiaris consortio, 50). La famiglia infatti trasmette, quasi per osmosi, l’esperienza morale elementare comunemente de-finita “ethos”.

A nessuno sfugge che la famiglia è per eccellenza il luogo di un’educazione ba-sata sulla scansione “riconoscimento-promessa-compito”. Questi tre fattori costitutivi

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dell’esperienza morale elementare comune ad ogni uomo, non si possono mai separa-re. Pertanto il vero benessere di una famiglia coincide anzitutto con la sua capacità di rispettare e promuovere questo ethos sostanziale che educa alla fiducia, alla speranza, alla giustizia.

Non si deve però credere che questo ethos familiare sia di per sé garantito dai ri-schi di un suo impoverimento. In ogni relazione familiare, la fiducia, la speranza e la giustizia convivono con il loro opposto. Nessuna famiglia ne è immune. Pertanto dare consistenza alla famiglia come luogo di educazione morale elementare, comporta il contrastare i vari processi degenerativi e domanda una forte ripresa educativa. A tal fine però la società civile e chi la governa, non deve trattare la famiglia come una associazione privata, ma deve vedere in essa la cellula elementare della società stessa, come del resto fa la nostra Costituzione. Anzi la famiglia è in se stessa la prima forma di società.

4. Un impegno pastorale prioritarioIl recente documento degli Orientamenti Pastorali dei Vescovi Italiani per il pros-

simo decennio “Educare alla Vita Buona del Vangelo”, al capitolo quarto prende in esame la chiesa come comunità educante e fa esplicito riferimento ad alcuni soggetti educativi che la compongono. Tra questi in primo luogo la famiglia cristiana.

In una stagione culturale particolarmente problematica e connotata anche da dere-sponsabilizzazione, la chiesa non può non ribadire l’importanza decisiva della fami-glia nel generare e nell’educare alla fede i propri figli. Del resto un genitore ha una specifica vocazione che è quella di generare la vita nel suo insieme, compresa la vita di fede. Questo compito pare oggi che venga per varie ragioni o non curato o facilmen-te delegato dai genitori ad altri soggetti.Il Documento però ci ricorda con forza che ogni famiglia è soggetto insostituibile nel generare e nell’educare alla fede. Perciò essa va particolarmente seguita e sostenuta dalla comunità cristiana in questo compito vitale. La parrocchia non può non investire nella famiglia, aiutandola a riscoprire e a conso-lidare la fede attraverso precisi cammini formativi.In questa ottica il nuovo anno pastorale che ci attende chiede una particolare atten-zione, sia della pastorale ordinaria che straordinaria, alla famiglia. Da qui nascono delle necessità e delle priorità che mi è caro ricordare a tutte le comunità della nostra Arcidiocesi.

Innanzitutto la famiglia va coinvolta come soggetto attivo negli itinerari dell’ini-ziazione cristiana. A questo riguardo urgono scelte coraggiose da parte delle parroc-chie.

Inoltre la preparazione dei fidanzati al matrimonio deve assumere sempre più i tratti di un itinerario di riscoperta della fede nella vita delle comunità cristiane. Questa impostazione è richiesta da situazioni storiche e dalle finalità dei percorsi di prepara-zione dei giovani al matrimonio che si specifica come matrimonio cristiano.

Va sempre sollecitata la cura speciale delle giovani coppie attraverso cammini di spiritualità matrimoniale. Si tratta di custodire le fasi iniziali della vita coniugale ma anche di porre le basi necessarie per una formazione che duri tutta la vita.

Mentre l’attenzione alla ministerialità della coppia cristiana va decisamente svi-luppata. Non si può dimenticare che la famiglia nella comunità cristiana ha una sua precisa ministerialità che scaturisce dal sacramento del matrimonio e che chiama l’uo-

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mo e la donna ad essere segno dell’amore di Dio. Oggi, grazie a Dio, molte famiglie cristiane acquistano sempre più la consapevolezza della loro vocazione missionaria, e si impegnano seriamente nella testimonianza a Cristo Signore. Il beato Giovanni Paolo II ebbe a dire: “Un’autentica famiglia, fondata sul matrimonio, è in se stessa una buona notizia per il mondo”. E aggiunse: “Nel nostro tempo sono sempre più numerose le famiglie che collaborano attivamente all’evangelizzazione… È maturata nella Chiesa l’ora della famiglia, che è anche l’ora della famiglia missionaria” (An-gelus, 21 ottobre 2001).

È proprio la riscoperta di tale ministerialità che deve impegnare la parrocchia a creare Gruppi di sposi che possano costituire modelli di riferimento per le coppie in difficoltà, che possano aprirsi al servizio verso i fidanzati, verso i genitori che chiedo-no il battesimo per i figli, verso famiglie segnate da gravi difficoltà.Oggi poi si sente la necessità di formare coppie cristiane in grado di affrontare con una precisa visione cristiana temi sociali e politici che toccano l’istituto familiare, sostenendolo con scelte politiche ed economiche adeguate.

In questi ambiti ed in altri ancora la famiglia è chiamata a rendere un servizio prezioso e necessario all’intera collettività. Le parole del S. Padre Benedetto XVI ci sono di sollecitazione e di sostegno: “Nella società odierna è più che mai necessaria e urgente la presenza di famiglie cristiane esemplari. Purtroppo dobbiamo constatare, specialmente in Europa, il diffondersi di una secolarizzazione che porta all’emargina-zione di Dio dalla vita e ad una crescente disgregazione della famiglia. Si assolutizza una libertà senza impegno per la verità, e si coltiva come ideale il benessere indivi-duale attraverso il consumo di beni materiali ed esperienze effimere, trascurando la qualità delle relazioni con le persone e i valori umani più profondi; si riduce l’amore ad emozione sentimentale e a soddisfazione di pulsioni istintive, senza impegnarsi a costruire legami duraturi di appartenenza reciproca e senza apertura alla vita. Sia-mo chiamati a contrastare tale mentalità! Accanto alla parola della Chiesa, è molto importante la testimonianza e l’impegno delle famiglie cristiane, con la testimonian-za concreta, specie per affermare l’intangibilità della vita umana dal concepimento fino al suo termine naturale, il valore unico e insostituibile della famiglia fondata sul matrimonio e la necessità di provvedimenti legislativi che sostengano le famiglie nel compito di generare ed educare i figli” (Benedetto XVI, Discorso alle famiglie, 5.6.2011).

5. Prospettive che ci attendonoIl nuovo anno pastorale pertanto dovrà impegnarci nel ritrovare la vera identità

della famiglia come tale; nel riscoprire in essa un insostituibile luogo educativo di cui tutti abbiamo necessità e nel fare scelte pastorali centrate su di essa valorizzandone la ministerialità.

Va però riaffermato che la famiglia cristiana trova nella celebrazione eucaristica la motivazione e il paradigma di quella prassi educativa che sempre deve coinvolgerla.

Tutti abbiamo consapevolezza che l’Eucaristia celebrata e calata nella vita impe-gna la famiglia nell’essere educata e nell’educare all’amore gratuito, alla comunione, al servizio, alla preghiera, alla riconciliazione, alla missione, alla costruzione del bene comune, ecc.

Tuttavia va fortemente sottolineato e auspicato che il nuovo anno pastorale veda impegnata la nostra chiesa locale in tutte le sue articolazioni a cominciare dalla par-

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rocchia, nello sforzo di cogliere e di vivere la celebrazione eucaristica come “luogo” dove la famiglia trova motivazioni e modalità per educare, specie i giovani, all’auten-tica affettività, al vero senso del lavoro e della festa, al superamento delle tante forme di fragilità, alla sana tradizione e alla responsabile cittadinanza.

È questo l’impegno pastorale che attende la comunità cristiana attraverso una sa-piente connessione vissuta e testimoniata tra Eucaristia, Famiglia e Educazione riferi-ta agli ambiti esistenziali della persona.

È questo il modo per dare concretezza agli Orientamenti pastorali dei Vescovi Italiani, al recente Congresso Eucaristico Nazionale e al nostro Convegno Diocesano di inizio dell’anno pastorale.

In un rapporto di continuità con i cammini già intrapresi dalla nostra chiesa lo-cale e di sollecitazione alla “ulteriorità” dei medesimi, auguro a tutti un buon avvio dell’anno pastorale.

Alla Beata Vergine delle Grazie e a San Terenzio Vescovo Martire nostri patroni affido l’Arcidiocesi di Pesaro e la sua missione.

Con la mia paterna benedizione

X Piero Coccia Arcivescovo

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MESSAGGIO ALLA CITTÀ E ALL’ARCIDIOCESI IN OCCASIONE DELLA SOLENNITÀ DI S. TERENZIO

Pesaro, Basilica Cattedrale24 settembre 2011

La famiglia: risorsa per la Chiesa e per la Società

L’annuale festa di S. Terenzio, patrono della nostra città e dell’Arcidiocesi ci offre come ormai da tradizione, l’occasione per una riflessione ad alta voce che la chiesa che è in Pesaro, attraverso il suo pastore, sente di poter e di dover fare a tutta la comunità religiosa e civile, nello spirito di un autentico servizio teso a realizzare in forma sempre più compiuta quel bene comune che prevede il contributo di tutti.

Gli orientamenti pastorali dei vescovi italiani, contenuti nel Documento “Educare alla Vita Buona del Vangelo”, vedono nella famiglia il primo ed indispensabile sog-getto educativo.

Il recente Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona ha fortemente sollecitato la chiesa che è in Italia e la società italiana a farsi carico della famiglia quale cellula primaria del vivere sociale ed ecclesiale.

L’annuale Convegno di inizio dell’Anno Pastorale della nostra Arcidiocesi ha avu-to come tema di riflessione e di impegno operativo “L’Eucaristia Educa la Famiglia”.

Non ultimo va detto che alcune recenti scelte politiche di qualche istituzione locale centrate sulla famiglia, hanno lasciato molto perplessa la comunità cristiana.

Pertanto anche per queste ragioni che ci interpellano in maniera così diretta, ci è sembrato opportuno offrire una riflessione sulla famiglia.

1. Un problema urgente: ritrovare l’identità vera della famiglia In un contesto culturale e sociale in rapida e caotica trasformazione, divenuto

quanto mai “liquido” e “fluido” come ci dicono gli studiosi di fenomeni sociali, la famiglia è uno dei soggetti maggiormente colpiti, con tutte le conseguenze che ne derivano. Essa, infatti molto spesso viene vista come un soggetto non solo poco valo-rizzato, ma a volte vissuto come dato di consumo e per di più come una istituzione di diversa interpretazione, tanto che oggi si parla di diversi modelli di famiglia.Non possiamo ignorare che i profondi cambiamenti della mentalità e dei comporta-menti e la presenza di diversi stili e modalità di convivenza, sollecitino con forza una domanda radicale. È ancora possibile parlare di famiglia in modo univoco? Di una sua inalienabile identità basata su alcuni caratteri fondanti, rintracciabili in ogni cultura e società? Esiste un proprium universale della famiglia? Il celebre antropologo Lévi-Strauss parlava della famiglia come unione socialmente approvata di un uomo e una donna e dei loro figli e la definiva «un fenomeno uni-versale, presente in ogni e qualunque tipo di società». In tal modo identificava il proprium della famiglia. Reputo che questo dato sia ancora attuale e non possa essere ragionevolmente smentito.

L’affermazione di Lévi-Strauss è chiara nel contenuto di fondo, anche se va inter-pretata in modo adeguato. Riconosce il fatto che esiste una sorta di “società naturale”, fondata su un doppio legame: quello tra l’uomo e la donna e quello tra genitori e figli.

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Il che non significa far riferimento ad un modello storico particolare di famiglia. Questo importante rilievo si limita a registrare l’esistenza di una sorta di “universale sociale e culturale”, che però è ben riscontrabile empiricamente, e lo è, praticamen-te, in ogni società. Il dato costitutivo del proprium della famiglia è dunque la sua natura intrinsecamente relazionale. La famiglia infatti non si definisce soltanto in riferimento ai soggetti che la compongono (l’uomo, la donna e i loro figli), ma mette contemporaneamente in campo il legame di appartenenza che si instaura tra di loro. È quella specifica forma di “società primaria” che tiene insieme e di fatto permette un armonico sviluppo delle differenze costitutive dell’umano: quella sessuale tra l’uomo e la donna e quella tra le generazioni (padri, figli). Il riconoscimento della famiglia come relazione specifica tra i sessi e tra le generazioni richiede pertanto una chiara valorizzazione dell’istituto matrimoniale. Si capisce bene perché il Beato Giovanni Paolo II, nella Familiaris consortio (n. 43) affermi che la famiglia è il luogo insostitu-ibile di «esperienza di comunione e di partecipazione».

La vera sfida con la quale l’istituto familiare deve fare oggi i conti e dovrà farli ancora di più nel futuro, è di ordine culturale in senso ampio. Si tratta di confrontarsi con quella mutazione antropologica avvenuta nell’ultima parte del XX secolo che ha toccato l’umano in quanto tale.

2. La famiglia, un insostituibile luogo educativoUn’altra caratteristica dell’ “universale sociale” che è la famiglia, è data dal suo

essere luogo educativo fondamentale. La famiglia costituisce “una comunità di amo-re e di solidarietà che è in modo unico adatta ad insegnare e a trasmettere valori culturali, etici, sociali, spirituali e religiosi, essenziali per lo sviluppo e il benessere dei propri membri e della società” (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa,n. 238). La famiglia infatti trasmette, quasi per osmosi, l’esperienza morale elementa-re comunemente definita “ethos”.

A nessuno sfugge che la famiglia è per eccellenza il luogo di un’educazione ba-sata sulla scansione “riconoscimento-promessa-compito”. Questi tre fattori costitutivi dell’esperienza morale comune ad ogni uomo, non si possono mai separare. Pertanto il vero benessere di una famiglia coincide anzitutto con la sua capacità di rispettare e promuovere questo ethos sostanziale che educa alla fiducia, alla speranza e alla giustizia.

Non si deve però credere che questo ethos familiare sia di per sé garantito dai rischi di un suo impoverimento. In ogni relazione familiare, la fiducia, la speranza e la giustizia convivono con il loro opposto. Nessuna famiglia ne è immune. In ognuna vive una certa quota di mancanza di riconoscimento di fiducia, di speranza e di giusti-zia. In particolare nell’odierna cultura, la famiglia è messa alla prova dalla riduzione degli affetti a pure emozioni, per loro natura transitorie e instabili. Tutto ciò complica e a volte impedisce il ruolo educativo della famiglia. Dare consistenza alla famiglia come luogo di educazione morale elementare e contrastarne i processi degenerativi, domanda una forte ripresa educativa. A tal fine però la società civile e chi la governa, non può trattare la famiglia come una associazione privata ma vedere in essa la cellula elementare della società stessa, come del resto fa la nostra Costituzione. Anzi la fami-glia è in se stessa la prima forma di società.

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3. La famiglia, una risorsa per tutta la societàNella società italiana, pur tra molteplici e crescenti difficoltà, si registra ancora

una fitta rete di scambi, di prestazioni di cure, di solidarietà che legano i vari membri della famiglia e delle generazioni, anche se ciò raramente viene messo in evidenza con la dovuta consapevolezza. In questo possiamo vedere all’opera l’ethos tipico dei legami familiari e la loro fecondità sia sul piano personale, sia su quello sociale. C’è una stretta relazione tra appartenenza alla società e appartenenza alla famiglia. La fa-miglia è matrice dell’appartenenza sociale, in essa si è riconosciuti e nasce la fiducia; in essa si sviluppa la capacità di cooperare responsabilmente al bene comune in un incessante scambio reciproco.

Per queste sue prerogative la famiglia viene considerata un capitale sociale prima-rio che, se consolidato e incrementato, genererà benessere per l’intera comunità so-ciale. Se consumato o indebolito porterà inesorabilmente allo sfaldamento del tessuto societario. Fino ad oggi la forza della famiglia ha compensato, fungendo da volano, la spinta destabilizzante di scelte compiute a livello politico e sociale in un’ottica prettamente individualistica.

Penso alla mancata equità generazionale.Il rapporto tra generazioni diverse all’interno di una stessa famiglia, ha fatto sì

che laddove la circolazione equa di risorse veniva interrotta a livello sociale, essa si riattivasse attraverso il codice della reciprocità e della solidarietà nelle reti familiari. La famiglia sostiene i costi prevalenti del ricambio generazionale. In questo suo es-senziale ruolo sociale dovrebbe essere non solo riconosciuta ma decisamente favorita.Penso ancora al ruolo economico della famiglia.

La famiglia non è semplicemente un attore importante sul “mercato”. Essa, infatti, è il luogo normale della soddisfazione dei bisogni elementari dei suoi membri, anche attraverso il godimento dei beni e dei servizi che vi vengono autoprodotti. Spesso è il lavoro femminile che sostiene direttamente o indirettamente la produzione di beni veri e propri che, pur non transitando per il mercato, sono consumati e contribuiscono al ben-essere. Le misure economiche standard del ben-essere sono però costruite in modo da ignorare sistematicamente il contributo delle famiglie. Il lavoro non pagato non entra nel calcolo del reddito nazionale, pur contribuendo al benessere.

Penso anche ad alcuni aspetti della “produzione” della famiglia che non sono facil-mente rimpiazzabili dal “mercato” e che meritano particolare attenzione. Mi riferisco alla famiglia come luogo della produzione di “cura”: rivolta ai piccoli, ai malati, agli anziani. Il ruolo economico della famiglia, dunque, deve essere adeguatamente com-preso e valorizzato in qualunque riflessione sulla sostenibilità dei sistemi di welfare. Infatti la lettura che ipotizzava un venir meno degli aiuti familiari dovuto all’interven-to statale, viene smentita.

Innumerevoli studi, relativi ai più diversi contesti mondiali, indicano che l’appar-tenenza alla rete familiare rappresenta un fattore cruciale di sviluppo economico e imprenditoriale, di elevata performance nel sistema educativo.

La famiglia inoltre è un ambito di “assicurazione” reciproca: è importante poter contare su una struttura intergenerazionale sia nelle economie ad alto reddito sia nei contesti di povertà. Questi dati indicano con chiarezza che nessuna politica per il rilancio dello sviluppo economico può essere ragionevolmente pensata senza atten-zione al ruolo che la famiglia è in grado di svolgere.

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4. Urgenza di politiche sociali per la famigliaL’indebolimento della famiglia trascina con sé quello della intera comunità e ren-

de vano ogni tentativo di rafforzare la coesione sociale. Ecco perché è urgente che lo Stato e le istituzioni pubbliche (sia centrali sia locali) comprendano quali sono le strategie più opportune per tutelare e promuovere la famiglia. Chi proclama di avere il massimo interesse per il benessere della società, ma non propone interventi autentica-mente tesi a rafforzare la famiglia, si illude di compiere scelte ‘neutrali’. In realtà ogni azione che non passi attraverso di essa, la indebolisce ed erode il benessere sociale alle fondamenta. Una autentica politica familiare non va confusa con una generica po-litica di lotta alla povertà. Deve essere un insieme interconnesso d’interventi, in cui la coerenza è garantita dal fatto che l’obiettivo finale è il potenziamento delle relazioni familiari tra i sessi e le generazioni. Da qui nasce il tessuto connettivo della società.

È opportuno fermare l’attenzione su due aspetti che oggi costituiscono un nodo cruciale delle politiche familiari. La possibilità che le famiglie si organizzino auto-nomamente per rispondere ai propri bisogni, nell’ottica di una piena sussidiarietà, dipende sostanzialmente dal fatto che dispongano in misura adeguata sia di risorse economiche che di tempo.Dal punto di vista delle politiche sociali, questo significa occuparsi di due temi cruciali: l’ “equità fiscale” e la conciliazione tra “famiglia e lavoro”.Ma quando si parla di politiche familiari, a quale “famiglia” si fa riferimento? A que-sto riguardo la valorizzazione dell’istituto matrimoniale è imprescindibile se si vuol perseguire il bene della famiglia quale cellula costitutiva della società.

Lo ripetiamo: la relazione familiare resta un unicum insostituibile, perché tiene insieme le differenze originarie e fondamentali dell’umano, quella sessuale tra l’uo-mo e la donna aperta alla fecondità e quella tra le generazioni. Ma ciò ha bisogno di assunzioni di varie responsabilità attraverso l’istituto del matrimonio.

Certo, concepire così la famiglia contrasta l’opinione di quanti oggi spingono ver-so una società fatta di “relazioni impersonali e anonime”, tenute a mantenersi “immu-ni” dal vincolo troppo coinvolgente e impegnativo della relazione familiare.

Ed è per questo motivo che nell’ambito di alcune politiche sociali il legame co-niugale, in quanto vincolo responsabilizzante, perde il ruolo di punto di riferimento, mentre si afferma un uso assolutamente generico (e improprio) dell’aggettivo “fami-liare”, assegnato anche a legami a basso investimento affettivo ed etico, che possono essere sciolti e ricomposti con facilità e rapidità.

Mi auguro che anche grazie alla chiesa, la società civile nel suo insieme e le isti-tuzioni pongano la dovuta attenzione alla famiglia per coglierne la sua vera identità antropologica, per riaffermarne il suo insostituibile ruolo educativo e per valorizzarne la sua capacità di risorsa a vari livelli da sostenere e da promuovere. Abbiamo la cer-tezza, con dati alla mano, che investire nel “capitale familiare” significa incrementare quello sociale. X Piero Coccia Arcivescovo

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INDIRIZZO DI SALUTO A S.E. REV.MA MONS. PIERO MARINIIN OCCASIONE DELLA SOLENNITÀ DI

SAN TERENZIO PATRONO DELL’ARCIDIOCESIPesaro, Basilica Cattedrale

24 settembre 2011

Saluto tutti voi cari fedeli con la cordialità di sempre.Un saluto nel segno della comunione convinta lo rivolgo a S.E. Mons. Giovanni

Tani Arcivescovo di Urbino e a S.E. Mons. Francesco Marinelli, Vescovo Emerito di Urbino che ci onorano della loro presenza; porto i saluti di S.E. Mons. Armando Tra-sarti, Vescovo di Fano, trattenuto in Diocesi da impegni pastorali. Esprimo un saluto affettuoso poi ai sacerdoti, ai diaconi, alle religiose, ai religiosi e a tutti i collaboratori, alle autorità civili e militari.Un saluto carico di riconoscenza lo manifesto in nome dell’Arcidiocesi, della città e mio personale a Lei, caro Arcivescovo Piero per aver accettato l’invito ad essere tra di noi. La ringrazio per la Sua presenza, per la testimonianza che ci dà, per le parole che ci vorrà rivolgere ed anche per la competenza e la passione con cui Lei, dopo aver diretto per lungo tempo l’Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, oggi guida in qualità di presidente, il Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali.

La nostra chiesa locale da pochi giorni ha concluso l’annuale Convegno Dioce-sano con cui dà l’avvio al Nuovo anno pastorale. Il cammino che attende questa cara chiesa di Pesaro è definito nel titolo del Convegno stesso: “Signore da chi andremo? L’Eucaristia educa la famiglia.

Gli Orientamenti pastorali dei Vescovi Italiani per il prossimo decennio, il recente Congresso Eucaristico Nazionale conclusosi nella vicina chiesa sorella di Ancona e le reali difficoltà soprattutto educative in cui versa la famiglia, compresa la famiglia cristiana, ci hanno spronato a fare una scelta pastorale che riteniamo impegnativa ed urgente.

Il Convegno Diocesano ci ha offerto preziose indicazioni che ho avuto modo di ricordare a tutta la comunità martedì 20 settembre, in occasione della celebrazione del Mandato diocesano agli operatori pastorali, che comunicheremo a tutte le parrocchie e che chiedono concreta attuazione.

Eccellenza siamo tutti convinti dell’insostituibile ruolo educativo che la famiglia è chiamata a svolgere, ma siamo altrettanto convinti che la famiglia riesce a motiva-re il suo compito educativo di trasmissione della fede, a partire dalla celebrazione dell’Eucaristia, luogo “educativo e rivelativo” con cui la fede prende forma e viene trasmessa.

Forti di questa certezza, sostenuti dalle consegne ricevute durante la Visita Pa-storale, siamo qui ad ascoltarLa con grande attenzione perché la nostra chiesa locale trovi nell’Eucaristia celebrata, adorata e vissuta la motivazione e l’entusiasmo per il cammino che l’attende. Grazie Arcivescovo Piero.

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INTERVENTI PUBBLICI

INTERVENTO DI S.E. MONS. PIERO COCCIAAL CONVEGNO DI CONFINDUSTRIA DELLA PROVINCIA DI ASCOLI

Ascoli Piceno, Teatro Ventidio Basso, 13 luglio 2011

Bene comune, etica dell’impresa e rilancio dello sviluppo

Una premessa. In questo mio intervento faccio esplicito e convinto riferimento alla Dottrina Sociale della Chiesa. La Dottrina Sociale della Chiesa, come espressione di Magistero organico, ha quasi 120 anni di storia: dal 1891 – Leone XIII – “Rerum Novarum” al 2009 - Benedetto XVI – “Caritas in Veritate”.La Dottrina Sociale della Chiesa costituisce un Magistero robusto, collocato in conte-sti storici precisi ed include la dinamica della progressione tra “Traditio e Innovatio”. Essa è un punto di riferimento per la società, per la politica, per l’economia e per l’impresa, per i credenti e non credenti. Inoltre articolo il mio intervento in tre punti: parto da una duplice provocazione, pro-seguo con una duplice riflessione e chiudo con una duplice sollecitazione.

1. Una duplice provocazioneBenedetto XVI nella sua enciclica in Caritas in Veritate al n. 75 afferma: “La que-

stione sociale è diventata oggi radicalmente questione antropologica”.In questa affermazione appaiono chiari sia il criterio ermeneutico della Dottrina So-ciale della Chiesa, sia il suo approccio con la questione sociale ed economica: la centralità della persona.

Charles Taylor acuto filosofo canadese nel 1989 pubblica “Radici dell’io. La co-struzione dell’identità moderna” (Feltrinelli 1993), in cui evidenzia la crisi dell’io. Questo filosofo sostiene che il punto nevralgico della crisi della costruzione dell’io è duplice. Innanzitutto c’è la difficoltà di armonizzare le tre componenti costitutive dell’io e cioè il Logos (Ragione), il Patos (sentimento) e l’Etos (Bene).Infatti la crisi sarebbe dovuta ad uno sbilanciamento di queste dimensioni per cui si registra il prevalere dell’una sull’altra. Inoltre ci sarebbe un’altra difficoltà dovuta alla diversa interpretazione delle tre com-ponenti: il Logos ridotto al Razionalismo, il Patos ridotto ad Emozione e l’Etos ridotto al bene soggettivo perdendo la sua oggettività.

In questo contesto della crisi dell’io, è possibile parlare di Bene Comune, di Etica condivisa e di Sviluppo? Non mi pare.Le due citazioni, quella di Benedetto XVI e quella di Charles Taylor hanno il sapo-re della provocazione poiché ci inducono a ricomprendere l’umano, cioè la natura e l’identità della persona nella sua oggettività ed universalità. Occorre ripartire dalla ricomprensione dell’umano come dato di natura oggettivo quindi universale; occorre individuare la grammatica condivisibile e comune della

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Persona evitando i rischi di egemonie onnicomprensive come quella delle scienze positive o della Biopolitica o della Neuroetica. Elementi questi riduzionisti ma che vantano pretese in merito alla definizione dell’umano.A chi appellarsi per questa ricomprensione della persona nella sua totalità?Alla Filosofia (in particolare all’Antropologia) e alla Teologia (in particolare alla te-ologia trinitaria dell’Immago Dei) che sono le scienze interpretative dell’umano pie-namente e totalmente inteso.

Grazie a queste scienze tese alla ricomprensione dell’umano, la categoria della “Relazionalità” appare decisiva per la definizione della persona la quale nasce dalla relazione, vive di relazione, matura la propria identità nella relazione e attende la re-lazione ultima. L’io è in relazione.

Noi europei, a proposito della “Relazionalità” siamo debitori a tutta la tradizione Giudeo-Cristiana.

Ma dobbiamo gratitudine anche al pensiero personalista francese del secolo scor-so, in particolar modo a filosofi quali E. Mounier, J. Maritain, E. Blondel e P. Ricoeur i quali hanno identificato nella categoria della relazionalità l’identità della persona e lo sviluppo dell’io: sviluppo integrale di tutto l’io e di ogni io.

A questo proposito significativa è la categoria dell’”alterità” in Lèvinas e quella della “ulteriorità” in Habermas. Ambedue queste categorie sono radicate nella rela-zionalità.

Non possiamo dimenticare poi il pensiero relazionale del primo novecento dovuto in particolare a tre autori: Franz Rosenzweig (“La stella della Redenzione”, 1921); Martin Buber (“Io-Tu”, 1923); Ferdinand Ebner (“Frammenti pneumatologici”, 1923).

Solo in questo contesto di antropologia che coglie l’identità della persona nella sua relazionalità, e per di più di una relazionalità tesa allo sviluppo totale di tutta la perso-na e di ogni persona, si può parlare di Bene Comune, di Etica condivisa e di Sviluppo autentico. Non c’è altra via di uscita.

2. Una prima riflessione centrata sul Bene ComuneMi concentro sul Bene Comune, precisando subito che questo termine è molto

usato, altresì abusato o comunque spesso frainteso. Per la sua definizione mi rifaccio alla Dottrina Sociale della Chiesa che nella sua grammatica essenziale è costituita da quattro elementi: il valore della persona; la sus-sidiarietà; la solidarietà; il Bene Comune. La Gaudium et Spes (1965) al n. 74 defini-sce il Bene Comune come “insieme di quelle condizioni della vita sociale che permet-tono sia alla collettività sia ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione in forma più piena e più spedita”. La Sollicitudo Rei Socialis (1987) al n. 38 dice che il Bene Comune (raggiungibile con la solidarietà) “è il bene di tutti e di ciascuno, per-ché tutti siamo veramente responsabili di tutti”. Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa (2004) al n. 38 dice che “il Bene Comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo anche in vista del futuro”.

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Qui però si impongono alcune considerazioni necessarie sul Bene Comune come definito dalla Dottrina Sociale della Chiesa. Il Bene Comune si fonda sulla natura relazionale della persona (radice antropologica). Il Bene Comune non è la somma dei beni individuali (questa costituisce il bene totale). Il Bene Comune è indivisibile per-ché è possibile conseguirlo solo insieme (come nel prodotto dei fattori - annullamento di uno annulla l’intero prodotto). Il Bene Comune è nel contempo bene singolare (di ciascuno) ed universale (di tutti). Il Bene Comune coinvolge la responsabilità di tutti e di ciascuno. Il Bene Comune non è fine a se stesso. Esso è diretto allo sviluppo della persona, di tutta la persona e di ogni persona. Qui il concetto di Sviluppo è essen-zialmente antropologico cioè riferito alla persona e va oltre le varie preoccupazioni e abituali interpretazioni (come la conquista del mercato, come un fatturato elevato, come il PIL raggiunto, come un soddisfacente profitto ecc…). È chiaro quindi che il Bene Comune considera la centralità della persona, colta nella relazione, in quella relazione che le consente di svilupparsi per essere se stessa (realizzarsi) a tutti i livelli.

Pertanto se ciò è il Bene Comune, noi ci troviamo di fronte ad una prima necessità. Quella di ri-educare le coscienze al Bene Comune. Bene Comune da intendersi non come torta da dividersi con furbizia, bensì come realtà da costruire con la responsa-bilità di tutti.Tra l’altro ci troviamo in una situazione storica per cui o ci salviamo insieme o affon-diamo insieme. Da qui nasce pure storicamente la necessità di lavorare insieme per ciò che il Bene Comune chiede.

Ci troviamo anche di fronte ad una seconda necessità. Creare una cultura del Bene Comune superando l’ambivalenza del concetto di Communitas.Nella cultura pre – moderna, il rapporto conflittuale “Io-Tu” veniva riassorbito nell’Assoluto che diventava elemento di mediazione, e nel contempo persino di an-nullamento della singolarità della persona.

Nell’epoca moderna ci troviamo ugualmente nella necessità di superare la conflit-tualità dell’Io-Tu, ma con un altro tipo di mediazione: o con il “Contratto” di Hobbes (Stato), o con il “Mercato” di Smith (mano invisibile).

Nella post-modernità, Rawls ci ha dato “Le ragioni di un ordine sociale giusto” per una accettabile convivenza. Nemmeno questa visione ci soddisfa. La ragione è evidente. In queste correnti di pensiero la “Communitas” viene vista come luogo di conflitto e di sofferenza per cui ci si difende con l’”Immunitas”.

Solo nella visione cristiana la Communitas (Cum – munus) è vista come dono reciproco che consente a ciascuno e a tutti di realizzarsi attraverso la relazionalità, elemento costitutivo della dimensione dell’umano.

Ma dico di più. In questo contesto, la “Caritas in Veritate” fa ricorso alla categoria della fraternità come vera anima della Communitas. La fraternità è il completamento della solidarietà, è andare oltre la solidarietà. Con la solidarietà si organizza il sociale che consente ai disuguali di diventare eguali. Con la fraternità si consente agli eguali di essere diversi, dove diversità implica poter esprimere tutte le potenzialità ( cfr Scuola Francescana). La categoria della fraternità applicata alla sfera sociale ed economica comporta delle conseguenze. Ne accenno alcune. Un diverso concetto di giustizia (creare le condi-

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zioni perché ogni persona si possa realizzare per quello che è). Un diverso ruolo dello Stato (non interventista bensì di definizione delle Regole). La necessità di ricorrere alla sussidiarietà orizzontale e verticale (componente imprescindibile). Una maggiore promozione della Società civile (come luogo dove ognuno esprime se stesso). Il pas-saggio dalla Democrazia rappresentativa (M. Weber) alla Democrazia deliberativa che chiede una partecipazione diretta.

3. Una seconda riflessione centrata sull’EticaDa quanto detto, se ci atteniamo alla Dottrina Sociale della Chiesa, il fine dell’im-

presa, in tutte le sue componenti, non può non essere che la realizzazione del Bene Comune. Pertanto ne consegue che l’Etica dell’impresa non può non essere se non Etica del Bene Comune come etica di Responsabilità. È infatti il Bene di tutti e di ciascuno a responsabilizzare tutti (l’imprenditore, lo Stato, l’operaio), perché ognuno possa sviluppare se stesso in correlazione con altri.

Oggi appare urgente far ricorso ad un’Etica condivisa dell’impresa che riguarda tutti i soggetti dell’impresa stessa, per varie ragioni. Per ovviare forme di ingiustizia macroscopica dovute alla globalizzazione che include aspetti positivi e negativi. Per rivedere il rapporto dicotomico di conflittualità tra la sfera dell’Economia e quella del sociale, per cui l’Economia è luogo di produzione della ricchezza e lo Stato sociale è luogo di distribuzione della medesima. Qui si tratta di poter consentire all’impresa di perseguire l’utilità sociale. Per poter mettere l’imprenditore nella condizione di produrre e il dipendente di salva-guardare i suoi inalienabili diritti di lavoratore. Per poter garantire anche alle generazioni future un patrimonio su cui contare. Per poter realizzare una sana economia di mercato, diversa dal capitalismo selvaggio di J. Benthan dove Bene Comune coincide con bene totale. Per poter garantire a tutti il diritto al lavoro connesso a quello di sviluppo di sé e degli altri.

La difficoltà della mediazione nella ricerca del Bene Comune nella composizione dei diritti non deve scoraggiare nessuno, nemmeno l’imprenditore.Nella prospettiva della Dottrina Sociale della Chiesa il Bene Comune è il vero fine dell’impresa e costituisce l’orizzonte dentro il quale giocare le qualità, le genialità dell’imprenditore e del collaboratore, come anche il rischio condiviso di scelte e di investimenti di risorse.

Del resto l’imprenditore ha la coscienza della chiarezza dei principi che devono ispirare la sua attività come pure la consapevolezza del prezzo della fatica chiamato a pagare, perché la sua attività sia ispirata al Bene Comune. Ma l’imprenditore è guidato da una bussola, da un ethos condiviso derivante dal Bene Comune. Diceva Seneca: “Non ci sono venti favorevoli per il navigante che non sa dove deve andare”. Per sapere dove andare occorre conoscere il fine a cui tendere: quel Bene Comune di cui abbiamo detto.

Mi sia concesso il riferimento ad un grande imprenditore fiorentino dell’Umane-simo civile, Coluccio Salutati il quale scriveva nel 1437: “Consacrarsi onestamente all’attività economica può essere una cosa santa, più santa che vivere in ozio nella

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solitudine, perché la santità raggiunta con una vita rustica giova soltanto a se stesso, ma la santità della vita operosa innalza l’esistenza di molti”. (Questo pensiero non è del tutto teologicamente esatto però ci è di conforto).

Cosa c’è di notevole in questo brano? L’idea che la vita economica, in quanto ge-neratrice di valore, è di per sé votata al Bene Comune. Elemento questo che troviamo efficacemente realizzato dalle varie espressioni del movimento cattolico italiano.

Ma sotto quale condizione ciò si realizza?Alla motivazione estrinseca, rappresentata dalla ricerca del profitto, l’imprendito-

re deve affiancare la motivazione intrinseca, che consiste nel comprendere che le doti che fanno di un soggetto un imprenditore devono essere poste al servizio del Bene Comune. L’imprenditore che mira alla sola massimizzazione del profitto è un soggetto veramente modesto. Ma soprattutto è un soggetto miope, perché non si rende conto che non potrà mantenere a lungo la sua posizione di mercato se non può contare sui suoi collaboratori e sul sostegno della società civile.

Faccio un’aggiunta. Oltre l’Impresa anche la politica necessita dell’Etica del Bene Comune.

La politica come costruzione della Polis necessità di mediazione per comporre la pluralità e la diversità di interessi nella prospettiva del Bene Comune.

Ma la politica necessita anche della coscienza critica per salvaguardare il Bene Comune.

Del resto la Polis nasce dall’Agorà ateniense (luogo dei commerci, dei dialoghi, della volontà popolare) ma anche dal Teatro greco (Tragedia di Eschilo) dove risuona la coscienza critica della prassi politica e dell’esercizio del potere.In democrazia la politica ha bisogno sempre dell’Etica che ne misuri il potere uma-nizzante a servizio del Bene Comune e che tuteli il suo fine ultimo che è e rimane il Bene Comune.

Il sociologo Richard Sennett nel 1974 pubblicava un saggio dal titolo “Il declino dell’uomo pubblico”. Declino dovuto ad una paideia tesa ad assicurare al soggetto umano la convinzione di essere all’origine di se stesso in una solitudine narcisistica. Mi chiedo: a tutti noi oggi ha da dirci qualcosa questo declino dell’uomo pubblico? Chiediamoci se pure noi uomini (imprenditori) del terzo millennio presi dalle paure e impigliati nelle difficoltà quotidiane, siamo nella scia di questo declino.

Io credo di no, se è vero che l’impresa costituisce una componente vitale ed es-senziale del sistema Italia. Tuttavia mi appello a Paul Ricoeur il quale nel suo saggio “Etica e Politica” (noi potremmo dire Etica ed Impresa) sostiene che l’Etica tesa a conseguire il Bene Comune, costituisce la bussola e il fascino di ogni attività umana.

4. Una duplice sollecitazioneChiudo con un duplice augurio sollecitativo diretto a tutti ma in particolar modo

agli imprenditori.Il primo deriva da un azzardato confronto tra teologia, sociologia ed economia.

Il teologo Von Balthasar ed il sociologo Max Weber molto hanno riflettuto e scritto sul rapporto tra “carisma” ed “istituzione” evidenziando la necessaria reciprocità di questi due elementi per la vita della chiesa come anche per la società.Nel 1911 l’economista J. A. Schumpeter pubblica un testo dal titolo “Teoria dello

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sviluppo economico” sul rapporto tra “innovazione ed imitazione”, dove si coglie la stessa dialettica tra carisma ed istituzione presente nella visione teologica di Von Bal-thasar e nella visione sociologica di Max Weber.L’economista austriaco afferma che la dinamica dell’economia di mercato è una rin-corsa continua tra “Innovatori” ed “Imitatori”. Egli sostiene che una impresa non può rimanere nello “stato stazionario” di routin, di normalità, poiché il valore aggiunto generato dall’impresa è sufficiente solo a coprire i costi di produzione, gli ammorta-menti, senza che si crei nuova ricchezza.

Secondo Schumpeter lo sviluppo economico inizia quando l’imprenditore spezza lo stato stazionario introducendo una “Innovazione” (nuova organizzazione del la-voro, creazione dei nuovi prodotti, nuovi mercati, riduzione di costi medi) che crea ricchezza e quindi profitto.Ma l’innovazione viene sempre seguita dall’imitazione di altri imprenditori che, av-valendosi nella produzione degli stessi elementi innovativi, fanno sì che il prezzo di mercato diminuisca fino ad assorbire interamente il profitto generato dall’Innovazio-ne. Da qui nasce la necessità di cercare e di realizzare sempre altre innovazioni.

Non discuto sulla validità o meno di questa teoria in un’ottica di mercato (ho li-mitate competenze).

Auguro però alla classe imprenditoriale di mettere in campo la propria capacità in-novativa per realizzare un sempre maggiore “Sviluppo” che veda comunque al centro non il profitto per il profitto, ma la persona colta nella totalità delle sue esigenze e nel suo fondamento di realtà trascendente, quindi non strumentalizzabile né manipolabile per nessuna ragione, né per nessun interesse di parte. L’innovazione sia a servizio dello sviluppo di quel Bene Comune come bene di tutti e di ciascuno costruito con il contributo di tutti.

Negli anni 50/60 un grande economista americano Gary Becker, ha parlato (dopo tutte le discussioni dell’800 e del 900) di capitale “umano” sostenendo che il vero capitale di cui ha bisogno l’impresa è quello umano. Questo concetto ha avuto varie declinazioni nel corso dello sviluppo del pensiero economico.

Negli anni 50/60 il capitale umano veniva identificato con le competenze e con la passione per il lavoro.

Negli anni 80/90 il capitale umano si è qualificato come capitale sociale basato sulla fiducia (funes) tra i componenti dell’azienda e tra questa ed il mercato. Oggi il capitale umano viene configurato come capitale spirituale dove si realizza un concentrato di competenze e di passione, di fiducia e di capacità di relazione nel mercato come pure di esperienza religiosa che dà la motivazione ultima e l’orizzonte ultimo su cui collocare la fatica del lavoro. Va da sé dunque che il vero sviluppo coin-cide con la crescita del capitale umano in tutte le sue dimensioni.

A tutti auguro di essere imprenditori innovativi e costruttivi di capitale umano attraverso un intelligente investimento di risorse e guidati dalla convinzione espressa dal n. 25 della Caritas in Veritate dove Benedetto XVI dice: “Il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona nella sua integrità. L’uomo, infatti, è l’autore, il centro ed il fine di tutta la vita economica e sociale”. Attenendoci a questa Verità decisiva possiamo attuare il Bene Comune lasciandoci guidare da una giusta Etica dell’Impresa e realizzare il vero Sviluppo.

A tutti buon lavoro!

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DECRETI E NOMINE

1. Con decreto del 15 giugno 2011, il REV. SAC. P. MICHELE PIO SARDELLA è nominato AIUTO PASTORALE della Parrocchia di SANTA MARIA DI LORE-TO IN PESARO a far luogo dal 01 luglio 2011.

2. Con decreto del 01 settembre 2011, il REV. SAC. P. EUGEN-PETRUT DEMSA è nominato VICARIO PARROCCHIALE della Parrocchia di SANTA MARIA ANNUNZIATA IN PONTE TAVOLLO DI GABICCE MARE (PU) a far luogo dalla stessa data.

3. Con decreto del 01 settembre 2011, il REV. SAC. P. SIDNEY GUERINO RU-FATTO è nominato AIUTO PASTORALE della Parrocchia di S. AGOSTINO IN PESARO a far luogo dalla stessa data.

4. Con decreto del 01 settembre 2011, il REV. SAC. P. IACOB EUSEBIU è nominato AMMINISTRATORE delle Parrocchie di SANTA MARIA ANNUNZIATA IN PONTE TAVOLLO e di SANTA MARIA IMMACOLATA situate nel comune di Gabicce Mare (PU) a far luogo dalla stessa data.

5. Con decreto del 24 settembre 2011, il REV. SAC. SEVERO GIAGNOLINI, Parro-co della Parrocchia di San Michele Arcangelo in Novilara è nominato VICARIO FORANEO DELLA VICARIA DI S. ANGELO IN LIZZOLA a far luogo dal 01 ottobre 2011.

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COMUNICAZIONI DEL VICARIO GENERALE

Sac. STEFANO BRIZI

ARCIDIOCESI DI PESAROVicario GeneraleVia Rossini, 62 – 61121 PesaroTel. 072130043 Fax [email protected]

Pesaro, 13 luglio 2011

Ai Presbiteri, Religiosi, Religiose e Diaconi

Carissimo/a,

arriva nelle comunità, con questa lettera, il materiale per il prossimo Convegno Diocesano che si svolgerà il 16 e 17 settembre 2011 presso il Cinema Loreto e avrà per titolo “Signore, da chi andremo” L’Eucarestia educa la famiglia. Chiaramente cercherà di sviluppare i contenuti del progetto pastorale della CEI per questo decennio a partire dal tema del prossimo Congresso Eucaristico di Ancona. Il nostro Arcivesco-vo ricorda, nell’invito rivolto a tutte le comunità, che “La Chiesa è chiamata continua-mente a riscoprire l’Eucarestia come cuore pulsante della sua prassi e la famiglia trova nella celebrazione eucaristica il fondamento del suo compito ad educare alla fede le nuove generazioni”.

In questi anni i Convegni Diocesani sono diventati momenti centrali della vita della nostra Diocesi, in cui sperimentare una Chiesa locale, nella varietà della vita di ogni parrocchia, realtà ecclesiale e associativa, attraverso il confronto con le sfide più urgenti che il mondo di oggi ci propone.

Anche quest’anno i relatori che ci aiuteranno in questo lavoro comune saranno veramente qualificati. Per questo ti chiedo di far arrivare l’invito a tutti i tuoi colla-boratori (gli inviti possono essere lasciati anche in fondo alla Chiesa) e ad affiggere il manifesto che presenta il Convegno diocesano a tutta la comunità.

Ti ringrazio sinceramente per la collaborazione.

Don Stefano Brizi v.g.

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ARCIDIOCESI DI PESAROVicario GeneraleVia Rossini, 62 – 61121 PesaroTel. 072130043 Fax [email protected]

Pesaro, 13 luglio 2011

Ai Presbiteri, Religiosi, Religiose e Diaconi

Carissimo/a,

ci stiamo avvicinando velocemente alla celebrazione del XXV Congresso Eucaristico Nazionale che verrà celebrato dal 3 all’11 settembre 2011 nella nostra Regione.

I vari eventi che verranno celebrati non solo in Ancona ma anche nelle città principali della Metropolia sono stati pensati secondo i cinque ambiti che hanno contraddistinto i lavori del Convegno Ecclesiale di Verona (Vita Affettiva, Fragilità, Tradizione, Lavo-ro e Festa, Cittadinanza). Nei depliant informativi che sono stati distribuiti a maggio alle parrocchie (ve ne mando altre copie con il Nuovo Amico di questa settimana) sono elencati tutti gli appuntamenti.

Come fare per iscriversi e partecipare a queste manifestazioni?

Come è stato già annunciato dall’Arcivescovo, abbiamo pensato di partecipare come Arcidiocesi:

1. alla Celebrazione della S. Messa presieduta da papa Benedetto XVI domenica 11 settembre 2011

2. alla Giornata per i Presbiteri, i Diaconi e i Religiosi/e di Giovedì8 settembre 2011.

3. Gli Uffici Diocesani vi informeranno riguardo alla partecipazione ai mo-menti più specifici.

La quota di partecipazione agli Eventi del Congresso (con il ‘pass’, il libretto con il te-sto delle varie liturgie e altri gadgets) è di 15€ per gli adulti e di 8€ per i ragazzi dagli 8 ai 16 anni. L’iscrizione dà la possibilità di partecipare a tutti gli eventi della settimana.

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Per il trasporto (in treno o in pulman) vi saranno date indicazioni più precise. Il Co-mitato centrale si sta adoperando per rendere gratuito il trasporto in treno di tutti i marchigiani.Ci si può iscrivere in Curia sia agli eventi proposti dalla Diocesi, sia agli eventi propo-sti dai vari uffici presso la sig.ra Isabella Gattoni (cell. 320.4033324) che sarà presente nell’Ufficio Comunicazioni Sociali ([email protected]) il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 9,30 alle 12,00.

L’iscrizione può essere fatta anche direttamente tramite il sitowww.congressoeucaristico.it dove è possibile trovare il programma dell’intera setti-mana e anche ulteriori informazioni.

Per ogni gruppo parrocchiale o di qualsiasi realtà associativa e movimento è oppor-tuno individuare un capogruppo il cui nome deve essere comunicato al momento dell’Iscrizione.

Queste le informazioni principali da conoscere. Vi terrò aggiornati su eventuali novi-tà. Isabella è disponibile anche a fornire ulteriori informazioni e chiarimenti.

Vi auguro un proficuo lavoro per tutte le attività estive.

Fraternamente, don Stefano

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Pesaro, 4 agosto 2011

Ai Sacerdoti, Diaconi, Religiosi e ReligioseAi responsabili delle Aggregazioni Laicali, Gruppi e Movimenti

Carissimo/a,

mi permetto di inviarti queste comunicazioni in un periodo contraddistinto, spero, non solo da attività pastorali ma anche da un po’ di sano e necessario riposo.

Ci stiamo avvicinando velocemente all’inizio del Congresso Eucaristico ed è im-portante fare tutta la nostra parte perché le nostre comunità possano partecipare a questo evento ecclesiale che abbiamo la fortuna di accogliere nella nostra Regione.

Ti ricordo alcune importanti informazioni che ho già comunicato nella precedente lettera a cui devo aggiungere alcuni aggiornamenti.

Come è già stato comunicato, la quota di partecipazione agli Eventi del Congresso (che comprende il ‘pass’, il foulard, il cappello, la borsa, il vademecum e i libretti liturgici) è di 15 € per gli adulti e di 8 € per i ragazzi dagli 8 ai 16 anni.L’iscrizione dà la possibilità

• di partecipare a tutti gli eventi della settimana; • di usufruire gratuitamente dei treni da Pesaro ai luoghi del congresso (secondo

gli orari ufficiali), e dei bus navetta per i vari collegamenti nelle città; • Ogni 10 adesioni una è gratuita; per i gruppi di 50 iscritti le gratuità sono 6.

Riconfermo che le iscrizioni possono essere fatte:• Presso la sig.ra Isabella Gattoni (cell. 320.4033324), disponibile al telefono

anche nel periodo di chiusura della Curia (dall’8 al 27 agosto gli Uffici saran-no chiusi);

• Direttamente on-line, al sito www.congressoeucaristico.it Di seguito trovi le indicazioni più precise per la Giornata dei Sacerdoti, Diaconi,

Religiosi e Religiose di Giovedì 8 settembre, e per la Giornata delle Celebrazione Eucaristica con Benedetto XVI di domenica 11 settembre, aperta a tutti. Alcuni degli Uffici Diocesani hanno già mandato indicazioni per la partecipazione ad alcuni eventi specifici.

È tutto. Spero di essere stato il più possibile chiaro ed esauriente. Ci affidiamo, in questa preparazione, all’intercessione di San Giovanni Maria Vianney, innamorato dell’Eucarestia e patrono dei sacerdoti, di cui oggi celebriamo la memoria liturgica. Ti Saluto, augurandoti buona estate. Fraternamente,

don Stefano Brizi

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ARCIDIOCESI DI PESAROPARTECIPAZIONE AL CONGRESSO EUCARISTICO

PROGRAMMA PER I SACERDOTI, DIACONI, RELIGIOSI E RELIGIOSEGiovedì 8 settembre 2011

Ore 8,00 - Partenza del Pullman dei Sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose dell’Arci-diocesi dal Parcheggio San Decenzio.Ad Ancona nella mattinata i programmi saranno distinti:

Proposta per sacerdoti, seminaristi e diaconi - Ore 9,30 - Fiera di AnconaLodi mattutinePresiede S.E. mons. Renato Corti lectio di don Ermenegildo ManicardiOre 10,00 Approfondimento sul tema della giornata. Introduce don Luciano Paolucci Bedini •Proiezionediunvideointroduttivo •RelazionediS.E. mons. Luciano Monari

Proposta per uomini e donne di vita consacrata - Ore 9,30 - Teatro delle MuseLodi mattutinePresiede S.E. mons. Gianfranco Agostino Gardin lectio di suor Benedetta RossiOre 10,00 Approfondimento sul tema della giornata. Introduce suor Vivana Ballarin •Proiezionediunvideointroduttivo •RelazionediS.E. mons. Bruno Forte Nel pomeriggio dopo il pranzo il programma sarà comuneOre 15,00 Percorsi turistici, culturali e religiosiOre 17,00 Area Fincantieri - Celebrazione Eucaristica Presiede S.E. mons. Piero MariniOre 18,00 Da Area Fincantieri a Piazza IV Novembre Processione Eucaristica

Il rientro è previsto per le 20,30 a Pesaro

NOTE IMPORTANTI Stiamo trattando per avere il pullman gratuito. Chi è già iscritto per altri eventi deve comunicare in Curia solo il proprio nome per il posto in pullman, portando con sé il proprio ‘pass’. Il prezzo del pranzo è di 11 € (da aggiungere ai 15 € per l’iscrizione).Le adesioni devono pervenire possibilmente entro Lunedì 27 agosto 2011 alla sig.ra Isabella Gattoni (cell. 320.4033324).

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ARCIDIOCESI DI PESAROPARTECIPAZIONE AL CONGRESSO EUCARISTICO

PROGRAMMA DELLA VISITA DEL S.PADRE E CONCLUSIONE DEL C.E.N.

Domenica 11 settembre 2011

Partenza da Pesaro dalla Stazione del treno. Occorre arrivare ad Ancona circa un’ora e mezza prima dell’Inizio della celebrazione della S. Messa. (L’iscrizione permette di poter usufruire di qualsiasi corsa fino ad Ancona eccetto i Treni ad Alta Velocità, ovviamente). Un treno parte da Pesaro alle 7,07 e arriva alle 7,57 ad Ancona Stazione Centrale. I bus navetta accompagneranno il pellegrini fino al luogo della celebrazione.

Ore 10,00 Area portuale - Ancona Solenne Celebrazione Eucaristica Presieduta dal Santo Padre BENEDETTO XVI

Ore 12,00 Recita Angelus

NOTE IMPORTANTIIl prezzo del pranzo (per chi lo desidera) è di 11 € per il pasto caldo e di 8 € per il pasto freddo (da aggiungere ai 15 € per l’iscrizione).Le adesioni devono pervenire possibilmente entro Lunedì 29 agosto 2011 alla sig.ra Isabella Gattoni (cell. 320.4033324).

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ARCIDIOCESI DI PESAROVicario GeneraleVia Rossini, 62 – 61121 PesaroTel. 072130043 Fax [email protected]

Pesaro, 9 settembre 2011

Ai Sacerdoti, Diaconi, Religiosi e Religiose

Carissimi, siamo entrati nel vivo della settimana del Congresso Eucaristico che cul-minerà con la Celebrazione Eucaristica presieduta dal Santo Padre Benedetto XVI domenica prossima ad Ancona. Attraverso molteplici appuntamenti e iniziative questo Congresso ci rimette in cuore la centralità di Cristo, pane vivo che sazia il nostro de-siderio d’infinito e cura le nostre ferite. Alla luce di queste celebrazioni che ci fanno riscoprire Chiesa viva, ci prepariamo ad iniziare il nuovo anno pastorale.

MOMENTI DIOCESANI

Venerdì 16 e sabato 17 settembre - Convegno Diocesano: al Cinema-Teatro di Lo-reto, secondo il programma già inviato. Il Convegno ha per tema “Signore, da chi andremo? – L’eucarestia educa la famiglia”. Come sottolinea il nostro Arcivescovo, il Convegno ci consentirà di verificare prima e di riproporre poi alla famiglia cristiana la sua imprescindibile missione di generare e di educare alla fede in Cristo i propri figli, cogliendo nella celebrazione dell’Eucaristia le motivazioni e le modalità per attuare un compito difficile ma sempre affascinante.

Domenica 18 settembre siamo invitati ad una colletta nazionale in favore delle po-polazioni del Corno d’Africa. Le notizie che arrivano da quelle regioni sono vera-mente drammatiche. La Caritas Italiana ha inviato un comunicato che vi è già stato inoltrato.

Martedì 20 settembre - Mandato agli operatori pastorali: In Cattedrale alle ore 21,15 Mons. Arcivescovo darà il “Mandato” a Catechisti, Ministri Straordinari della S. Comunione, Animatori della liturgia e della carità. Il mandato da parte di Mons. Arcivescovo vuole esprimere che i vari servizi degli operatori pastorali sono non un fatto individuale e indipendente ma comunitario ed ecclesiale.

Venerdì 23 settembre ore 18,30: Conferimento del ministero dell’Accolitato da parte del nostro Arcivescovo a Losurdo Raffaele e Bernardi Roberto (della Parrocchia dei Cappuccini), Colli Luca (della Parrocchia di S. Maria di Loreto), Di Lella Matteo e Reggiani Leonardo (della parrocchia di S. Maria Immacolata in Gabicce Mare). Ricordiamoli nelle nostre preghiere.

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Sabato 24 settembre: Solennità di San Terenzio Patrono della nostra Arcidiocesi. ll momento culminante sarà la processione alle ore 17,00 con l’urna del Santo che si concluderà alle ore 18,00 in Cattedrale con la concelebrazione eucaristica pre-sieduta, insieme al nostro Arcivescovo, da S.E. Mons. Piero Marini, presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali. Durante la stessa celebrazione saranno ricordati i 25°, 50° e 60° di ordinazione sacerdotale e di pro-fessione religiosa. Saluteremo i festeggiati alle ore 20,00 a Villa Borromeo con una cena fraterna. Sono invitati Sacerdoti, Diaconi, Religiosi e Religiose.Per questo sabato l’indicazione dell’Arcivescovo, sentiti i Vicari Episcopali e i Vicari Foranei, è quella di sopprimere le celebrazioni delle Messe del pomeriggio, avvi-sando per tempo i fedeli.

Sabato 24 settembre e domenica 25 settembre avrà luogo il Meeting degli Anima-tori dei gruppi giovanili. Trovate in allegato una lettera che don Massimo ha prepara-to in particolare per i parroci spiegando il valore di questa iniziativa che l’anno scorso è stato veramente apprezzato.

Lunedì 26 settembre: Inizio Anno Accademico del nostro Istituto Superiore di Scienze Religiose, che continua a dare frutti positivi per la partecipazione degli alun-ni e per la qualità dell’insegnamento. È uno strumento integrativo importante per la formazione e la crescita dei nostri laici. Le modalità di iscrizione e di partecipazione sono indicate nel materiale inviato.

Giovedì 13 ottobre: Ritiro spirituale a Villa Borromeo alle ore 9,30 presso il San-tuario della Madonna delle Grazie. Come è ormai tradizione per questo mese, sarem-mo ospitati dai Servi di Maria. Il pranzo insieme non è previsto.

Domenica 16 ottobre: Solennità della Beata Vergine delle Grazie, compatrona della nostra Arcidiocesi. La tradizionale “Festa del voto” avrà i momenti salienti nella concelebrazione eucaristica delle ore 10,30 presieduta da Mons. Arcivescovo e nella processione delle ore 16,00.La festa sarà preceduta da una novena di preparazione secondo un programma che i Padri Servi di Maria del Santuario invieranno. Il ricordo dell’intervento della Madon-na in una circostanza particolarmente difficile della vita del nostro paese ravvivi la nostra fede e la nostra devozione in Maria nella speranza che la madre di Cristo e della Chiesa continuerà ad accompagnare i suoi figli con amore materno.

Da lunedì 17 a venerdì 21 ottobre: Esercizi spirituali a Villa Borromeo per Sacer-doti, Diaconi e Religiosi. Saranno guidati da Padre Alberto Occhioni, sacramentino. Ci aiuterà a rifocalizzare la nostra vita presbiterale alla luce dell’Eucarestia. Indica-zioni di svolgimento e di iscrizioni vi saranno ricordati a breve.

Domenica 23 ottobre: Giornata Missionaria Mondiale. La tradizionale Veglia Missionaria è fissata per Venerdì 21 ottobre in Cattedrale. Il materiale e i sussidi per la Giornata saranno inviati da don Michele Simoncelli. Le offerte consegnate in Curia: 2009 € 17.771, 2010 € 17.081,00.

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Venerdì 28 ottobre: Inizio del Corso per Operatori Pastorali della Catechesi, Li-turgia e Carità. Interverrà don Erio Castellucci sul tema “Il corpo donato: Euca-restia e Matrimonio, due volti dell’amore.” Gli incontri si svolgeranno con cadenza mensile a Villa Borromeo dalle ore 18,30 alle ore 20,00, secondo il programma che vi è stato inviato.

È tutto. In questi giorni ci sentiamo vicini nella preghiera alla Diocesi di Fano, Fos-sombrone, Cagli e Pergola, ricordando il suo Pastore, S.E. Mons. Armando Trasarti, che ha subìto un delicato intervento chirurgico. E all’Arcidiocesi di Urbino, Urbania e Sant’Angelo in Vado che si sta preparando ad accogliere il suo nuovo Pastore, Mons. Giovanni Tani.

Fraternamente, don Stefano Brizi

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Pesaro, 28 settembre 2011

A tutti i Sacerdoti, Religiosi e Diaconi dell’Arcidiocesi

Carissimo,come annunciato dalla lettera che avete ricevuto con gli appuntamenti dei mesi

di settembre e ottobre, gli Esercizi Spirituali si terranno da lunedì 17 a venerdì 21 ottobre a Villa Borromeo, in Pesaro. Saranno guidati da padre Alberto Occhioni, sacerdote sacramentino, molto impegnato nel tenere Esercizi Spirituali e Ritiri. Ha lavorato molto anche per i vari Congressi Eucaristici Nazionali. Il tema del Corso sarà “L’Eucarestia nella vita del presbitero”.

Queste le cose da tener presente:

• Gli esercizi inizieranno lunedì 17 ottobre alle ore 9,00 con la prima Medi-tazione. Termineranno con il pranzo di venerdì 21 ottobre 2011.

• La quota di partecipazione, comprensiva dei pasti e del pernottamento a Villa Borromeo, anche per quest’anno è di 150 €.

• È essenziale dare la propria adesione entro giovedì 13 ottobre o in Curia o a me direttamente (tel. 0721.490467 - 328.6687641).

• Chiaramente, è importante poter fermarsi a Villa Borromeo fino alla reci-ta dei Vespri, per una proficua partecipazione agli Esercizi, e portare cami-ce e stole, per la concelebrazione della Messa.

È tutto. Troverai di seguito lo schema del programma delle giornate. Ti saluto fraternamente.

Don Stefano Brizi

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PROGRAMMA DEGLI ESERCIZI SPIRITUALIDEL CLERO DIOCESANO

VILLA BORROMEO 17-21 OTTOBRE 2011

Ore 08,00: Colazione

Ore 08,30: Lodi

Ore 09,00: Preghiera di invocazione allo Spirito e 1a meditazione

Ore 10,30: Silenzio

Ore 11,30: S. Messa

Ore 12,30: Pranzo e riposo

Ore 15,45: Ora Media e 2° meditazione

Ore 16,30: Silenzio

Ore 17,30: Vespri

Ore 19,30: Cena

Predicatore:Padre Alberto Occhioni, sacramentino

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ATTIVITÀ DEGLI UFFICI PASTORALI

- UFFICIO COMUNICAZIONI SOCIALI, CULTURA E STAMPA

- UFFICIO PASTORALE CATECHISTICA

- UFFICIO PASTORALE FAMILIARE

- UFFICIO PASTORALE PER GLI ORATORI

- UFFICIO PASTORALE LITURGICA

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UFFICIO COMUNICAZIONI SOCIALI CULTURA E STAMPA

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Pesaro, 4 luglio 2011

FESTA DELL PORTO - COMUNICATO STAMPA

La comunità parrocchiale di Santa Maria della Scala ha dato, in occasione della tradi-zionale e partecipatissima “Festa del Porto” di domenica 3 luglio, una testimonianza estremamente significativa di unità fedele e cordiale con il proprio Arcivescovo e, al tempo stesso, di accogliente apertura e disponibilità ai bisogni di tutti. Lo ha sottoline-ato il parroco don Marco De Franceschi durante la celebrazione eucaristica presieduta da S. E. Mons. Piero Coccia, alla quale hanno presenziato il Viceprefetto, il Sindaco e tutte le autorità civili e militari.“Lei sa - ha detto don Marco rivolgendosi all’Arcivescovo - che questa comunità è intimamente legata alla sua persona e ha sempre risposto positivamente alle sue ri-chieste, talvolta esigenti. Ha ascoltato soprattutto il suo invito ad essere accoglienti, ospitando con gioia, ad esempio, i fratelli ortodossi della Romania, le comunità peru-viane, gli incontri di CL e le comunità neocatecumenali, presenti da questa’ anno in diversi ambiti pastorali. La nostra parrocchia inoltre, attraverso l’oratorio, il circolo parrocchiale, i campi estivi, si è aperta ai bisogni di una realtà di quartiere i cui centri di aggregazione si sono progressivamente svuotati, fino a venir meno del tutto”.L’esperienza descritta da don Marco si è inserita coerentemente nel contesto dell’ome-lia di mons. Coccia, il quale, commentando la liturgia del giorno, ha invitato la co-munità a modellarsi sulla figura di Maria, a cui la parrocchia è intitolata e affidata. “Donna dell’accoglienza”, innanzitutto, Maria ha accettato la venuta del Signore e gli ha corrisposto liberamente permettendogli di sconvolgere la sua vita. Ma anche “donna dello Spirito”, forte nella fede del Cristo risorto e quindi “donna dell’atte-sa”: un’attesa non passiva e miracolistica, ma portatrice di segnali di resurrezione già nella vita quotidiana, nelle molteplici forme di negatività che in essa si incontrano.A questo proposito non poteva mancare un riferimento esplicito alle concrete e speci-fiche problematiche che da tempo travagliano il quartiere del porto e di cui la comuni-tà cristiana, chiamata a vivere una fede incarnata, non può disinteressarsi. L’Arcivescovo, e con lui don Marco, hanno rivolto un appello al Sindaco, agli ammi-nistratori e alle autorità istituzionali presenti a fare opera continua per rendere la vita del quartiere più vivibile.

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“Essendo anch’io uomo di governo – ha detto mons. Coccia – so bene quanto sia difficile comporre situazioni e interessi contrastanti. Ma realizzare il bene comune nel rispetto di ciascuno è possibile con il contributo di tutti”.La preghiera del Marinaio al “Signore del cielo e dell’abisso” e il ricordo dei caduti in mare con il tradizionale lancio della corona hanno concluso le celebrazioni della mattinata.

Paola Campanini

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Pesaro, 4 luglio 2011

INSEDIAMENTO NUOVO PARROCO – COMUNICATO STAMPA

“Nell’iniziare questa esperienza a me totalmente nuova, per la quale sento il bisogno dell’aiuto di tutti e della confidente vicinanza di Dio, desidero domandare al Signore Gesù un cuore mite e umile come il suo. Il lavoro in parrocchia, come sottolinea la ricchissima liturgia che stiamo celebrando, consiste nel ritornare ai gesti semplici ed essenziali della vita cristiana, quelli che ne costituiscono il cuore: l’annuncio della Parola, in particolare la catechesi ai bambini e ai ragazzi, la celebrazione dei sacra-menti, la testimonianza della carità. Mi affido alle vostre preghiere, per poter essere un segno della vicinanza di Cristo a ognuno di voi”.Con queste parole, sabato 2 luglio il nuovo parroco don Daniele Federici ha salutato la comunità di “Sacra Famiglia” in Colombarone, nella quale è stato trasferito dalla Parrocchia di Santa Maria di Loreto, dove svolgeva l’ufficio di Vicario.Come ha detto l’Arcivescovo Piero Coccia presentandolo ai fedeli, don Daniele è nato e cresciuto a Pesaro e, dopo aver compiuto gli studi universitari a Milano, è entrato nella “Fraternità sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo”, fondata nel 1985 da don Massimo Camisasca, dove è stato ordinato sacerdote. Avendo chiesto e ottenu-to dal suo Superiore di fare un’esperienza concreta di vita pastorale, è stato inviato tre anni fa nella nostra diocesi, dove ora ha assunto l’incarico esercitato per ben 42 anni da don Lino Capriotti.Proprio intorno a don Lino, comprensibilmente, la comunità parrocchiale ha voluto “stringersi in un forte abbraccio”, non senza prima avere augurato buon lavoro al nuovo parroco, impegnandosi ad essere un “buon gregge”.Il parroco uscente è stato ringraziato “per il lavoro svolto con tanta semplicità ed umiltà, senza stancarsi; per la pazienza, la comprensione, la disponibilità e l’amicizia sempre dimostrati”. “Grazie, caro don Lino – ha detto la signora Nadia a nome di tutti - e tieni per noi un posto nel tuo cuore, come tu lo hai nei nostri”. L’Arcivescovo ha ringraziato anche i concelebranti don Walter (per avere temporanea-mente retto la parrocchia di Colombarone in qualità di amministratore parrocchiale) e don Giuseppe Fabbrini (per aver offerto a don Daniele l’opportunità di orientarsi nella pastorale diocesana all’interno di una comunità tanto impegnata come quella di Santa Maria di Loreto).Si è poi soffermato a spiegare che cosa significhi introdurre un sacerdote nella funzio-ne di parroco. “Assumendo il compito di guida di una comunità parrocchiale, ha detto mons. Coccia, il sacerdote rende concreta e sperimentabile, in varie forme, la venuta del Signore; aiuta i suoi fedeli a liberarsi dal dominio della “carne”, cioè delle logi-

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che umane e a vivere come comunità di risorti; ad essere perciò capaci, pur interes-sandosi dell’umano, di non fermarsi ad esso, vincendo ogni pessimismo e chiusura”. “Nella successione e nella continuità – recita il Decreto di nomina - si esprime l’in-dole pastorale della Chiesa, in cui Cristo vive ed opera per mezzo di coloro ai quali il Vescovo affida una porzione del suo gregge.Invochiamo lo Spirito del Signore perché il parroco e i parrocchiani formino una sola famiglia riunita nella fede, nella speranza e nella carità”.

Paola Campanini

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Pesaro, 20 luglio 2011

INSEDIAMENTO NUOVO PARROCO – COMUNICATO STAMPA

Momento solenne e festoso - domenica 17 luglio - per la comunità di San Giovanni Bosco di Osteria Nuova, che ha accolto ufficialmente il suo nuovo parroco don Loren-zo Volponi, succeduto, per decreto di S. E. Mons. Piero Coccia, a don Stefano Brizi, a sua volta trasferito, dopo undici anni di guida della parrocchia, all’incarico di Vicario Generale della nostra arcidiocesi.Alla concelebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo erano presenti, oltre ai rappresentanti dell’amministrazione comunale (segno della collaborazione e del rispetto reciproco instauratosi tra comunità cristiana e civile), anche tante persone provenienti dalle parrocchie di Sant’Agostino (dove il giovane sacerdote ha ricevuto i sacramenti e ha sentito nascere la sua vocazione) e di Santa Maria del Porto (dove negli ultimi quattro anni ha esercitato l’ufficio di vicario parrocchiale sotto la guida di don Marco De Franceschi).La comunità di Osteria Nuova, “nonostante il momento di naturale tristezza e dolore” per la separazione da don Stefano - al quale ha augurato di “trovare un nuovo sapore nel quotidiano, uno spazio di libertà e creatività che trasformi la sua vita in luoghi risorti” - si è dichiarata certa “che tale potatura faccia parte dei disegni di Dio Padre e serva alla crescita comune della fede in Cristo”. Nell’impegnarsi ad “accogliere il nuovo parroco come un buon pastore, ad ascoltare i suoi insegnamenti e a sostenerlo nella nuova missione”, i parrocchiani, riconoscendo che “c’è bisogno di tempo per far maturare ciò che ancora nel cuore non è risolto”, hanno pregato il Signore “perché li aiuti ad accogliere, giorno dopo giorno, la realtà redenta dal suo amore”. L’Arcivescovo ha presentato a tutta la comunità don Lorenzo, uno dei quattro sacerdo-ti da lui ordinati e lo ha ringraziato per aver accettato il nuovo incarico pur sapendo di doverlo conciliare con quello di vice cancelliere e soprattutto con gli studi universitari, ancora da perfezionare con un dottorato.Il neo-parroco, dopo aver espresso la sua riconoscenza all’Arcivescovo per la fiducia riservatagli e dopo aver dichiarato che, pur sentendosi piccolo di fronte alla nuova chiamata, trarrà forza dalle parole di san Paolo “lo Spirito sostiene la vostra debo-lezza”, ha sottolineato che “solo mettendo Cristo al centro la comunità parrocchiale potrà continuare ad essere il volto splendente di Dio”. “È necessario pertanto - ha detto mons. Coccia nell’omelia - guardare il parroco con gli occhi della fede, al di là delle logiche umane o di criteri di simpatia e antipatia. È la comunità, infatti, che ‘fa’ il parroco, così come è il parroco che ‘fa’ la comunità”,

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nel senso che svolge nei suoi confronti un’importante funzione educativa.In particolare - ha precisato l’Arcivescovo commentando le letture del giorno - egli educa i fedeli a “corrispondere con il pensiero e con l’azione all’amore di Dio”, a “pregare, contemplando e riconoscendo la volontà del Signore”, a “giudicare la real-tà secondo Cristo e non sulla base del consenso ottenuto”. L’Arcivescovo ha invitato, ancora una volta, a pregare per le vocazioni sacerdotali, salutando i due seminaristi presenti, Andrea e Giuseppe ed ha affidato don Lorenzo a San Giovanni Bosco, patrono della parrocchia di Osteria Nuova, affinché lo protegga e interceda per lui.

Paola Campanini

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Pesaro, 28 agosto 2011

INSEDIAMENTO NUOVO PARROCO – COMUNICATO STAMPA

Non occorrevano molte parole - domenica 28 agosto, nel passaggio di consegne alla guida della Parrocchia di San Carlo Borromeo - per dimostrare che don Guido Vin-cenzi, parroco uscente, “ha dato l’anima, la vita a quella comunità, conducendola per ben 46 anni”. Bastava la sola presenza dei fedeli, stipati nella chiesa, che lo hanno salutato e ringraziato con un’autentica “ovazione”: segni chiari, tangibili, della fedeltà e fecondità del suo ministero.Anche l’Arcivescovo Piero Coccia, a nome suo e di tutta l’Arcidiocesi, ha voluto esprimere a don Guido profonda riconoscenza, ricordando “i tratti specifici” del suo apostolato: “l’attenzione particolare per gli ammalati, ai quali ha offerto sempre vici-nanza e conforto; il coraggio con cui, fin dagli anni Sessanta, si è impegnato a portare l’esperienza della fede nel mondo fortemente problematico del lavoro; la predilezione per i pellegrinaggi, occasione per molti di approfondimento o di riscoperta del cri-stianesimo; i sacrifici con cui è riuscito a dotare la parrocchia di importanti struttu-re, oggi più che mai necessarie per far crescere una comunità nella fede”. La sua testimonianza - gli hanno riconosciuto i parrocchiani - è sempre stata quella di un sacerdote “perseverante nella preghiera, instancabile nell’annuncio della parola del Signore, disponibile al servizio, guida fedele e sicura”. Del resto, anche nell’inevitabile “strappo” sofferto nel lasciare un rapporto così a lungo e così intensamente coltivato, don Guido ha testimoniato la sua fede, facendo proprie le parole dell’apostolo Paolo: “Ecco, io vengo, o Dio, per fare la tua volontà”.Ma se un parroco è chiamato a lasciare, un altro è chiamato a prendere: la “porzione di gregge” della parrocchia di San Carlo è stata così affidata dall’Arcivescovo a don Massimo Regini (trasferito dall’incarico di amministratore della parrocchia dei Santi Vito e Modesto), che continuerà ad essere aiutato da don Mario Florio, già prezioso collaboratore pastorale della parrocchia.Don Massimo, dopo aver ringraziato l’Arcivescovo per la fiducia accordatagli, ha assicurato continuità alla lunga e importante storia iniziata da don Guido, aggiungen-do che ovviamente nuove sfide attendono la comunità cristiana, soprattutto nell’an-nunciare il Vangelo alle giovani generazioni: con loro, tra l’altro, ha ricordato di aver vissuto una straordinaria esperienza a Madrid nella recente Giornata Mondiale della Gioventù. Il nuovo parroco ha poi affidato a don Marco Di Giorgio la lettura di alcune riflessioni sul sacerdote che lo hanno accompagnato fin dagli anni in cui era al Seminario di Ancona: “Il prete deve essere contemporaneamente grande e piccolo; nobile di stirpe,

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nobile di spirito, come di stirpe reale; semplice e naturale come fosse di origine con-tadina; un eroe nella conquista di sé, un uomo che si è battuto con Dio; una fonte di santificazione, un peccatore a cui Dio ha perdonato; un padrone dei propri desideri, un servitore per i piccoli e per i deboli; uno che non si abbassa davanti ai potenti, ma si curva sui poveri; discepolo del suo Signore, capo del suo gregge; un mendicante dalle mani sempre aperte, portatore di innumerevoli doni; un guerriero sul piano di battaglia, una madre per curare i malati; fatto per la gioia, conoscitore della sofferen-za; lontano da ogni invidia; chiaroveggente; un amico della pace; costante sempre. Così diverso da me”.Alla liturgia del giorno si è invece ispirato Mons. Coccia per delineare l’identità e la missione di un parroco, “uomo della seduzione, della trasformazione, della valuta-zione”. Il parroco è colui che, proprio perché affascinato da Cristo, è capace a sua volta di af-fascinare, trasformare, aiutare la comunità a non conformarsi al giudizio del mondo, ma a discernere ciò che è buono e a Lui gradito“Auguriamo a don Massimo, ha detto l’Arcivescovo, di essere questo tipo di uomo, affinché anche il suo ministero possa essere sempre fedele e fecondo”.

Paola Campanini

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Pesaro, 30 agosto 2011

MOSTRA SULL’EUCARISTIA – COMUNICATO STAMPA

Per iniziativa dell’Arcidiocesi di Pesaro e del Centro culturale “Città ideale”, con il patrocinio della Provincia di Pesaro e Urbino – Presidenza del Consiglio, del Comune di Pesaro – Ufficio di Presidenza e dell’Ente Olivieri di Pesaro, sarà allestita, dal 9 al 24 settembre, a Palazzo Lazzarini, in via Rossini 53 a Pesaro, la mostra “Oggi devo fermarmi a casa tua. L’Eucaristia, la grazia di un incontro imprevedibile”, ideata da Itaca, società editrice e di promozione culturale, prodotta dalla Fondazione Gruppo Credito Valtellinese e fatta propria dal Comitato Organizzatore del XXV Congresso Eucaristico Nazionale come strumento di preparazione al Congresso stesso.L’esposizione ha carattere didattico-divulgativo e intende spiegare cosa è l’Eucaristia in relazione alla vita dell’uomo e della società. Si compone di pannelli fotografici di grande formato nei quali il testo dell’autore è arricchito da brani letterari e biblici, oltre che da un suggestivo apparato iconografico.È stato possibile realizzare l’evento grazie anche alla collaborazione di Carifano, Al-luflon S.p.A., Banca delle Marche S.p.A., Libreria Antonio Bonali, Spintaforte S.r.l., BCC di Gradara. La mostra sarà presentata martedì 13 settembre alle ore 19.00 nella Sala del Consiglio provinciale “W. Pierangeli”: interverranno S.E.R. Monsignor Piero Coccia Arcive-scovo di Pesaro, Filippo Belli curatore della mostra, Francesco Giacobbi, Presidente Carifano.La mostra sarà aperta:da lunedì a venerdì: 16.30-19.30; 21.00-22.30sabato e domenica: 10-13; 16.30-19.30; 21.00-22.30 Ingresso liberoSono previste visite guidate gratuite tutti i giorni, anche al mattino su prenotazione.Per informazioni e prenotazioni:cell. 345. 0055. 466 [email protected]

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Pesaro, 26 settembre 2011

CONFERIMENTO DELL’ACCOLITATO – COMUNICATO STAMPA

Venerdì 23 settembre, alle ore 18.30, in Cattedrale, all’interno del triduo di prepara-zione alla Solennità di San Terenzio, S.E. Mons. Piero Coccia ha conferito il ministero dell’Accolitato a cinque fratelli della nostra diocesi, i quali, dopo aver compiuto un adeguato cammino di preparazione, hanno dichiarano la loro disponibilità alle esigen-ze della chiesa locale.Questi i nuovi accoliti:

1. Roberto Bernardi, della parrocchia di San Francesco d’Assisi2. Luca Colli, della parrocchia di Santa Maria di Loreto3. Matteo Di Lella, della parrocchia di Maria Santissima Immacolata di Gabic-

ce Mare4. Raffaele Losurdo, della parrocchia di San Francesco d’Assisi5. Leonardo Reggiani, della parrocchia di Maria Santissima Annunziata di Pon-

te TavolloL’Arcivescovo, dopo aver ringraziato il Signore per il dono di queste “vocazioni”, ha espresso sentimenti di riconoscenza verso chi le ha custodite e aiutate a maturare: “le famiglie, innanzitutto, che hanno condiviso e condivideranno il cammino di questi no-stri amici; le comunità parrocchiali da cui essi provengono; gli Uffici dell’arcidiocesi che hanno provveduto alla loro preparazione”.Mons. Coccia ha poi descritto la figura dell’accolito, chiarendone identità e compiti. L’accolito, ha detto, è un uomo che serve la liturgia non come un funzionario a cui spettano precise mansioni “tecniche”, ma come una persona che, per essere stata af-fascinata dall’incontro con Cristo in quella forma così particolare e misteriosa che è l’eucarestia, vuole dell’eucarestia essere adoratore e testimone.L’accolito è quindi un segno forte di comunione con il Signore, con i fratelli, con la realtà intera, sia all’interno della chiesa che dentro le relazioni quotidiane.Possiede un atteggiamento interiore che si rende visibile nella vita e si traduce in misericordia, gratuità, disponibilità a dare tutto se stesso in termini di tempo, risorse, energie, capacità.La formula rituale con cui viene conferito il ministero dell’accolitato recita: “Ricevi il vassoio con il pane per la celebrazione dell’eucarestia e la tua vita sia degna del servizio alla mensa del Signore e della Chiesa”. Con tale formula, dunque, si ricono-scono un dono e una responsabilità. Per questo l’Arcivescovo ha invitato tutti i fedeli a pregare affinché “i nuovi accoliti vivano la celebrazione dell’eucarestia in termini non di funzionalismo, ma di concreta e fedele testimonianza”.

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Pesaro, 26 settembre 2011

SAN TERENZIO PATRONO – COMUNICATO STAMPA

Tantissimi pesaresi, anche quest’anno, a festeggiare il loro Patrono San Terenzio. Po-polo e autorità cittadine, civili e militari. Partecipazione corposa ma composta sia alla tradizionale processione dietro l’urna del Santo sia alla solenne concelebrazione eucaristica svoltasi in Cattedrale alle ore 18.00. A presiederla è stato S.E.R. Mons. Piero Marini, arcivescovo di Martirano e presiden-te del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali. Erano presen-ti anche, oltre al nostro Arcivescovo Piero Coccia, il nuovo vescovo di Urbino S.E. Mons. Giovanni Tani e Mons. Francesco Marinelli, vescovo emerito della stessa città. Un saluto è stato rivolto al vescovo di Fano Armando Trasarti, assente per impegni pastorali.L’Arcivescovo Marini, collegando tra loro il tema centrale delle letture – l’amore cri-stiano – e la festività del primo vescovo di Pesaro, ha dichiarato che celebrare con autenticità la festa di San Terenzio significa domandarsi: “Amiamo il nostro vescovo? Ci sentiamo in comunione con lui? Ci sentiamo veramente uniti alla comunità dioce-sana? Remiamo tutti nella stessa direzione? Amiamo la nostra chiesa cattedrale?”.Il Concilio Vaticano II, ha proseguito, ricorda che se si vuole percepire con più chia-rezza e profondità il mistero della propria appartenenza alla Chiesa, è necessario fare esperienza di tale mistero soprattutto nella chiesa cattedrale insieme al proprio vescovo. Il vescovo, infatti, essendo in comunione con i pastori che guidano la altre chiese particolari e con il Pontefice, ci fa vivere la comunione con un popolo più ampio e con la chiesa universale.La cattedrale, d’altra parte, è il luogo in cui si fa esperienza della varietà dei carismi ecclesiali e nello stesso tempo se ne “relativizzano” le differenze, mentre si favorisce la convergenza sugli aspetti essenziali della fede”.Pertanto l’Arcivescovo Marini ha concluso la sua omelia con una esortazione: “Rima-nete con il Signore, rimanete uniti al Vescovo Piero, rimanete uniti alla comunità dio-cesana, accogliete l’invito del Signore ed egli vi insegnerà a vivere l’amore cristiano nella vostra vita”.Una vita trascorsa nella testimonianza di questo amore tenace e perseverante è stata quella dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose di cui, nella parte conclusiva della concelebrazione, sono stati ricordati i 50, 60, 70 anni di Ordinazione Sacerdotale e di Professione Religiosa.

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Li ricordiamo con gratitudine: Suor GEMMA MURATORI delle Maestre Pie dell’Addolorata e Suor TERESINA PANARONI delle Piccole Ancelle del S. Cuore (70°).Sac. IGINO CORSINI, Sac. VALENTINO GIOVANNELLI, Padre SERAFINO VAS-SALLO dei Servi di Maria, Suor RENATA SERSANTI delle Piccole Ancelle del S. Cuore (60°).Sac. GRAZIANO CECCOLINI, Suor VITTORIA MURATORI delle Maestre Pie Ve-nerini (50°).In serata, a Villa Borromeo, i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i collabora-tori dell’arcidiocesi si sono ritrovati per un momento di serena e fraterna convivialità.

Paola Campanini

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Pesaro, 26 settembre 2011

INSEDIAMENTO NUOVO PARROCO – COMUNICATO STAMPA

Liturgia ricca e originale quella di domenica 18 settembre nella Pieve di Santo Stefano di Candelara, dove si sono svolti contemporaneamente sia la cerimonia di insedia-mento del nuovo parroco, don Giampiero Cernuschi, sia il rito del Sacramento della Confermazione per 15 ragazzi della parrocchia.Identica, pur nella diversità delle situazioni, la disponibilità richiesta a ciascuno nell’assumere il nuovo impegno. Identico l’augurio che “Dio porti a compimento l’opera iniziata in loro”. “La comunità, ha detto don Giampiero rivolgendosi ai ragazzi insieme ai quali percor-rerà il futuro cammino, è come un unico corpo che però ha tante membra : dobbiamo servircene l’un l’altro per far crescere la vigna del Signore e il Suo regno di pace e giustizia”.Don Cernuschi, trasferito dall’ufficio di vicario parrocchiale della Parrocchia di San Michele Arcangelo in Novilara di Pesaro, subentra a don Marco Di Giorgio nell’inca-rico di parroco di Santo Stefano in Candelara e di Santa Maria dell’Arzilla.A don Marco, che per 16 anni ha prestato servizio in quella comunità, l’Arcivesco-vo, dopo aver ricordato anche don Silvio Linfi, ha rivolto un pensiero riconoscente, ringraziandolo per la maturità di fede che ha potuto riscontrare nei suoi parrocchiani, per la cura non solo formale ma sostanziale da lui sempre dedicata alla liturgia, per la passione e l’intelligenza con cui, grazie a importanti lavori di restauro e alla colla-borazione di molti, è riuscito a riconsegnare alla bellissima pieve di Candelara il suo aspetto originario.Ma ciò che soprattutto l’Arcivescovo ha dichiarato di apprezzare in don Marco è stata la capacità di tenere unite le due comunità parrocchiali di Santo Stefano e Santa Maria dell’Arzilla: una strada nella quale don Giampiero è stato spronato a proseguire in modo deciso e irrevocabile.“Non basta però solo custodire; bisogna continuare a seminare”: questo l’augurio e questa la responsabilità di cui mons. Coccia ha investito sia il nuovo parroco che tutta la comunità.E a nome della comunità il diacono Emilio Pietrelli ha dichiarato: “Pur nell’umano dispiacere per la nomina di don Marco ad altro servizio ministeriale, accogliamo con spirito evangelico il nuovo parroco e preghiamo affinché Maria, madre di misericor-dia, che veneriamo nel nostro santuario mariano di Santa Maria dell’Arzilla, proteg-ga le nostre comunità e ci solleciti a vivere in esse con passione e carità fraterna”.

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L’Arcivescovo si è rivolto poi ai cresimandi, già da lui incontrati in precedenti occasio-ni e ha espresso il suo compiacimento per aver conosciuto “ragazzi autentici, decisi nell’impostare la propria vita di fede e molto franchi nella capacità di relazione”. Di questa ricchezza ha ringraziato anche i genitori: “Sono segnali che alle spalle ci sono famiglie che pregano, che danno l’esempio e che curano non solo la formazione culturale e civica dei figli, ma anche quella religiosa”.Sottolineando inoltre, in base alle letture del giorno, che l’incontro con il Signore è possibile a ogni uomo, in qualunque condizione esistenziale si trovi, mons. Coccia ha invitato il parroco a stare in mezzo a tutti perché tutti possano incontrarlo; ha sollecita-to la comunità parrocchiale a superare eventuali rancori e divisioni; ha esortato i cresi-mandi ad andare verso il Signore così come sono, con le loro tempeste adolescenziali, i loro problemi, gli interrogativi, le incertezze, le gioie e gli entusiasmi.“Aprite il vostro cuore a Lui. Perché più si vive il Signore, più si viene trasformati nel sentire, nel capire, nell’agire”.

Paola Campanini

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UFFICIO PASTORALE CATECHISTICA

ARCIDIOCESI DI PESAROUfficio Pastorale Catechistica-Apostolato BiblicoVia Rossini, 62 – 61100 PesaroTel. 072130043 Fax 072132422e-mail: [email protected]

Pesaro, settembre 2010

PRENDI E MANGIAAppuntamento mensile per “assaggiare” la parola di Dio

PESARO - Tre Parrocchie ospiteranno quest’anno la IV edizione di “Prendi e man-gia”: S. Cassiano, Cristo Risorto, S. Luigi. L’iniziativa, curata dall’Apostolato Biblico e dall’Ufficio Catechistico dell’Arcidiocesi di Pesaro, è rivolta a tutti coloro che sono alla ricerca di un senso compiuto della propria esistenza e di coloro che da credenti, come Abramo, non smettono di cercare il volto di Dio.Il percorso di ascolto della Parola di Dio, centrato quest’anno sulla lettura del Vangelo di Marco e del libro dell’Apocalisse, si snoderà attraverso un calendario di serate – sempre il sabato sera alle ore 21.15 - impreziosite dall’ascolto di brani di musica sacra eseguiti da diverse corali che spazieranno dal canto gregoriano alla musica barocca.La scelta del Vangelo di Marco è stata propiziata dall’attenzione al prossimo anno liturgico mentre quella del libro dell’Apocalisse scaturisce, dall’esigenza di accom-pagnare il vastissimo pubblico che spesso si riferisce a questo testo senza avere una valida e adeguata preparazione. Ci aiuteranno biblisti stimati e conosciuti: D. Santi Grasso e D. Giancarlo Biguzzi. Sabato 3 dicembre ci sarà un incontro a più voci - D. Renzo Gradara, D. Vincenzo Solazzi, Daniele Garota per dialogare sulle dinamiche di apostolato biblico nella attività pastorale ordinaria.

Le precedenti edizioni hanno conosciuto notevole apprezzamento, anche a livello del-la cittadinanza, per l’alto profilo culturale della iniziativa. C’è una sete diffusa di parole vere e capaci di dare speranza: la Parola di Dio ha in sé potenzialità infinite da scoprire e valorizzare per la vita di questa società, di questa cultura e della comunità cristiana nel suo costante servizio all’annuncio del Regno di Dio.

Don Mario Florio

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ARCIDIOCESI DI PESAROUfficio Pastorale Catechistica-Apostolato BiblicoVia Rossini, 62 – 61100 PesaroTel. 072130043 Fax 072132422e-mail: [email protected]

PRENDI E MANGIAChiese di S. CASSIANO - CRISTO RISORTO - S. LUIGI - Ore 21.15

VANGELO DI MARCO

Biblista: don Santi Grasso

APOCALISSE

Biblista: don Giancarlo Biguzzi

SABATO 8 OTTOBRE 2011Chiesa S. CassianoIntroduzione al Vangelo di Marco

SABATO 18 FEBBRAIO 2012Chiesa Cristo RisortoCristo alle 7 Chiese

SABATO 12 NOVEMBRE 2011Chiesa S. CassianoIl cammino di Gesù e del discepolo

SABATO 10 MARZO 2012Chiesa Cristo RisortoIl libro dei 7 sigilli

SABATO 3 DICEMBRE 2011Chiesa S. CassianoEsperienze pastorali sulla Parola di Dio:d. Renzo Gradara, d. Vincenzo Solazzi,d. Mario Florio, Daniele Garota

SABATO 14 APRILE 2012Chiesa S. LuigiLa bestia e il falso profetaL’idolatria della bestia

SABATO 14 GENNAIO 2012Chiesa S. CassianoTentazione e vigilanza

SABATO 12 MAGGIO 2012Chiesa S. LuigiLe 2 città: Babilonia Gerusalemme

Letture di Lucia Ferrati

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ARCIDIOCESI DI PESAROUfficio Pastorale CatechisticaVia Rossini, 62 – 61100 PesaroTel. 072130043 Fax 072132422e-mail: [email protected]

ANNO 2011

IL SECONDO PERCORSO DIOCESANO DI FORMAZIONEPER GIOVANI E ADULTI

IN CAMMINO VERSO LA CRESIMA

INIZIERÀ

GIOVEDÌ 29 SETTEMBREALLE ORE 21,15

PRESSO LA SALA DELLA CURIA(VIA ROSSINI, 66)

Il percorso prevede 12 incontri (sempre il giovedì)e si prolunga fino ai primi di dicembre

UFFICIO CATECHISTICO DIOCESANO

E.MAIL: [email protected] : 0721 30043(Curia)

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UFFICIO PASTORALE FAMILIARE

ARCIDIOCESI DI PESAROUfficio Pastorale FamiliareVia Rossini, 62 – 61121 PesaroTel. 072130043 Fax 072132422e-mail: [email protected]

INCONTRI DIOCESANI 2011-2012

L’ufficio Diocesano per la Pastorale Familiare presenta il programma di incontri dio-cesani per il 2011-2012.

Incontri per famiglie_12 Novembre 2011Il segreto di NazarethVilla Borromeo

_12 febbraio 2012Il lavoro risorsa per la famigliaVilla Borromeo

_22 Aprile 2012La festa tempo per la famigliaVilla Borromeo

Incontri per fidanzati_25 marzo 2012Pellegrinaggio a Loreto con Mons. Piero Coccia Arcivescovo

Incontri per Operatori“L’Eucaristia educa la famiglia”

_Venerdì 28 Ottobre 2011Il corpo donato: Eucaristia e matrimonio due volti dell’amoredon Erio Castellucci

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_Venerdì 25 Novembre 2011La famiglia educa all’EucaristiaDon Marco Presciutti

_Venerdì 16 Dicembre 2011Assemblea guidata dai Responsabili degli uffici di Pastorale Familiare e Cate-chistica diocesani

_Venerdì 27 gennaio 2012La famiglia testimonio l’EucaristiaDiac. Angelo Farneti

_Venerdì 24 Febbraio 2012Assemblea guidata dai Responsabili degli uffici di Pastorale Familiare e Caritas diocesani

_Venerdì 23 Marzo 2012La famiglia celebra l’EucaristiaProf. Andrea Grillo

_Venerdì 24 Febbraio 2012Assemblea guidata dai Responsabili degli uffici di Pastorale Familiare e Liturgi-co diocesani

In collaborazione con ISSRIscrizioni Lun. Mar. Mer. ore 17.30_21.30

Istituto Superiore Scienze Religiose0721.52109 _ 338.306.449.7Villa Borromeo, Via Avogadro 40 _ Pesaro

Ufficio Pastorale Familiare338.557.567 ore 10 _ 12Via Rossini 66 _ [email protected] www.arcidiocesipesaro.it

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UFFICIO PASTORALE PER GLI ORATORI

ARCIDIOCESI DI PESAROUfficio Pastorale OratoriVia Rossini, 56 – 61121 PesaroTel. 072130043 Fax 072132422e-mail: [email protected]

PROGETTO DEGLI ORATORI PER L’ANNO 2010-2011

1. TITOLO DEL PROGETTO.“La persona, opera d’arte: dono da guardare, ascoltare, raccontare”.

2. SOGGETTO PROPONENTEArcidiocesi di Pesaro – Ufficio Pastorale Oratori.

Legale Rappresentante: S.E. Monsignor Piero Coccia, Arcivescovo.Via Rossini, 6261121 PESARO (PU)Tel. 0721.30043 Fax [email protected]

Referente del Progetto: don Giuseppe Fabbrini, DelegatoParrocchia Santa Maria di LoretoVia Flaminia, 161122 PESARO (PU)TEL. 0721.390606 Fax [email protected]

3. PREMESSA.L’Oratorio, ogni Oratorio parrocchiale dell’Arcidiocesi di Pesaro, ha l’obiettivo di accompagnare “nella crescita umana e spirituale le nuove generazioni e rende i laici protagonisti, affidando loro responsabilità educative. Adattandosi ai diversi contesti, l’Oratorio esprime il volto e la passione educativa della comunità” che impegna ogni persona (animatori, educatori, genitori) in un progetto che conduce ogni ragazzo ad una sintesi tra fede e vita (“Educare alla vita buona del Vangelo”, Conferenza Episco-pale Italiana, n. 42).

4. DESCRIZIONE SINTETICA DEL PROGETTO.Il presente Progetto per gli Oratori dell’Arcidiocesi intende presentare l’Arte in ogni sua forma come un ‘dono’. Dono per la persona che si esprime attraverso la forma

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d’Arte; dono per coloro che ne beneficiano la visione, l’ascolto, la lettura.L’incontro con l’artista e l’opera d’Arte offrirà le chiavi di lettura per la comprensione di ciò che attraverso l’Arte si esprime della dimensione umana.La formazione, i laboratori, condurranno i beneficiari di questo Progetto, in partico-lare le più giovani generazioni, a valorizzare l’Arte, a toccarla con mano provandone concretamente le vie di realizzazione ed espressione. Nella formazione e negli incontri coi Genitori, si andrà oltre ogni metafora dell’Arte: dal colore, dallo scolpito, da un passo di danza, da una musica, da una lettura, il ritor-no delle espressioni della vita dell’uomo per il quale non si termina mai di imparare e di esercitare “l’arte di educare”.

Il Progetto si orienta:- Alla Formazione dedicata ad Animatori ed Educatori; ai Genitori; a tutti

coloro che opereranno in ambito oratoriano.- Alla Sperimentazione. Dal progetto, al termine di ogni Corso formativo

proposto alle singole Parrocchie, emergerà il Progetto Parrocchiale di Orato-rio che tende ad essere una proposta e una risposta alle domande emergenti dalle più giovani generazioni del territorio. Da ogni progetto legato a questo Progetto, si sperimenterà la vitalità in ogni Oratorio; favorendo così una ‘pa-storale integrata’ adatta ai territori e alle circostanze.

- Accoglienza e piena partecipazione della Disabilità. Nei vari Oratori parte-cipano alle iniziative anche i diversamente abili ai quali è data opportunità piena di vivere con tutti i fruitori ogni iniziativa presentata e preparata.

5. MOTIVAZIONE DEL PROGETTO.Gli Oratori dell’Arcidiocesi offrono, quali momenti di incontro, diversificati labora-tori per la realizzazione di oggetti (con varie tecniche); laboratori di canto, musica, recitazione al fine di organizzare spettacoli ed eventi particolari; laboratori artistici per presentare, attraverso mostre, l’esito dei lavori.La stessa formazione degli Animatori ed Educatori di Oratorio, viene portata avanti attraverso laboratori in cui occorre esercitare fantasia e creatività assieme alla cono-scenza dei bisogni delle più giovani generazioni in un territorio e la ricerca di adeguate risposte.Gli incontri coi Genitori presentano le dinamiche relazionali che in ogni famiglia si vivono tra le diverse generazioni; sul concreto si ricercano risposte adeguate ai diversi tempi e alle diverse età delle persone; un’arte, l’educare, che necessita continue moti-vazioni, pressanti esigenze, lucide chiarificazioni.Proponiamo perciò il presente Progetto che avvicini all’Arte e all’Educazione come ‘arte’.

6. OBIETTIVI DEL PROGETTO.Obiettivo primario è accompagnare educativamente la persona cogliendone le dimen-sioni spirituale ed umana al fine di sostenerla nel progresso di integrazione tra vita e fede. Lo ‘sguardo’ dell’Oratorio quale comunità educativa sulla persona è nella logica dell’antropologia evangelica. È ogni persona un’ “opera d’arte” da cogliere innanzi-tutto come ‘dono’; e come tale va colto nella sua unicità e irripetibilità (guardare); va ascoltato nel suo dire attraverso la presenza e le parole (ascoltare); va aiutato a porgere

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la sua vita come dono di testimonianza (raccontare).Tale obiettivo primo lo si raggiunge (e ne è metafora) avvicinando bambini, ragazzi e giovani alla ‘lettura’ dell’Arte nelle sue manifestazioni e cogliendo attraverso i co-lori e le linee di un quadro, la diversità dei toni musicali, i movimenti di una danza, l’espressività della voce, ecc. la via di comunicazione di ciò che è ‘oltre’: la vita, la fede, il sentimento, la spiritualità, l’approccio al reale. Il tutto quale via pedagogica per conoscere l’uomo che si esprime attraverso le forme artistiche e con le quali esprime il pensiero, la fede, l’idea, il sentimento, la visione del reale, la fantasia. Conoscere l’uomo è conoscere se stessi e gli altri e convincersi che fondamentale è l’arte di educarsi e di educare. Per acquisire la “capacità di sentire l’altro come «uno che mi appartiene», per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia. Per vedere innanzitutto ciò che di positivo c’è nell’altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio: un «dono per me», oltre che per il fratello che lo ha direttamente ricevuto; per saper «fare spazio» al fratello, portando «i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie” (Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica “Novo Millennio Ineunte”, n. 43, 6 Gennaio 2001)A ciò si collega tutta la metodologia attraverso i laboratori artistici per far sperimen-tare in modo diretto le diverse forme dell’Arte e trovare il piacere di coinvolgersi ed esprimersi attraverso esse.

7. ARGOMENTI DEL PROGETTO IN RIFERIMENTO AL TITOLO E AGLI OBIETTIVI.

Artisti si nasce, ma lo si diventa anche. Il gioco dei bambini è forma d’arte. Il metodo pedagogico di un insegnante è arte. Un genitore che deve rispondere alla domanda anche provocatoria del figlio adolescente è arte. Esprimere la comprensione del reale o un sentimento attraverso un passo di danza o una musica è arte.Far cogliere un mistero della fede o un evento della storia attraverso un affresco o una scultura è arte.Comunicare ciò che si ha in cuore e far vibrare il cuore altrui attraverso le parole di una poesia è arte. L’arte, ogni arte, è via di comunicazione e di relazione.

Ogni arte va considerata come un dono. In quanto tale è bene conoscerlo ed esprimer-lo donando e donandosi in esso.Un dono che ciascuno può guardare in sé e nell’altro fino a cogliere se stessi e l’altro come dono.Ascoltare nel silenzio di un’immagine o nella musicalità di note e parole una proposta o una provocazione, il desiderio di trasmettere valori.Dire con i colori, le forme e le parole. Raccontare e narrare. Per fare immaginare, per entrare in sintonia con l’altro, per far cogliere all’altro ciò che ci ha stupito.Toccare con mano anche il formarsi di un’opera, plasmarla attraverso l’elaborazione dei materiali che la costituiscono. Esprimendo nel concreto il desiderio di riferire fuori di sé quanto si ha a cuore e nel cuore.

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L’uomo è chiamato a vivere nella verità e nell’amore; ogni uomo si realizza attraverso il dono sincero di sé. Questo vale sia per chi educa, sia per chi viene educato. L’educazione costituisce, pertanto, un processo singolare nel quale la reciproca comu-nione delle persone è carica di grandi significati.“L’educatore è una persona che “genera” in senso spirituale. In questa prospettiva, l’educazione può essere considerata un vero e proprio apostolato”( Giovanni Paolo II, Lettera alle Famiglie, p.16).Essenzialmente il rapporto educativo è un rapporto fra un’autorità ed una libertà. Il contenuto di questo rapporto è costituito dall’offerta di una proposta di vita fatta dalla persona autorevole alla persona in formazione.Se paragoniamo la vita alla costruzione di un edificio, ciò che è il progetto per l’edi-ficio è la proposta di vita (che costituisce il contenuto del rapporto educativo) per la persona educanda.In queste osservazioni è racchiuso tutto: il compito, la responsabilità, la gioia di edu-care.

Una persona si assume il compito e la responsabilità di fare ad un’altra una precisa proposta di vita, perché ritiene che questa proposta sia vera: dica cioè la verità circa ciò che è il bene e il male della persona. E si pone al suo fianco per accompagnarla.Ogni persona nasce avendo in cuore un desiderio illimitato di beatitudine, e in questo desiderio di beatitudine la mano creatrice di Dio ha seminato una inestinguibile sete di verità e di bontà. Ogni persona umana è una grande promessa che può essere rea-lizzata e può essere delusa. Non va dunque lasciata a se stessa: ha bisogno di essere, e chiede di essere aiutata a realizzarsi nella verità e nel bene. L’atto educativo nasce dalla condivisione del destino dell’altro. Non una condivisione qualsiasi, ma che si concretizza precisamente nell’indicazione della via che porta alla beatitudine.Tutto questo comporta da parte dell’educatore una visione della persona umana; l’educatore deve saper rispondere alla domanda: chi è l’uomo? Il rapporto educativo si radica sempre in un’antropologia.Che cosa muove una persona ad interessarsi del bene di un’altra nel modo proprio dell’educazione? Solo volere il bene del persona bisognosa di educazione. Cioè: l’amore per essa. L’atto educativo è sempre frutto di amore: “un affare del cuore”, diceva S. Giovanni Bosco.

In Oratorio, che è via educativa e progetto educativo tendente all’integrazione vita-fede, la visione dell’uomo è a 360°, ‘dentro e fuori’, nella logica dell’antropologia evangelica.Chi educa in Oratorio fa alla persona educanda la proposta cristiana della vita, che è l’indicazione di come realizzare la nostra umanità secondo la “Via” che è Cristo e sempre presente nella Tradizione della Chiesa.La proposta cristiana non si aggiunge estrinsecamente alla realizzazione della nostra umanità, ma è la modalità della perfetta realizzazione della medesima. Quando poi si parla di “vita umana” si intende tutto ciò che concretamente costituisce la trama della nostra vita quotidiana.

In Oratorio è la Comunità-Chiesa che educa attraverso Animatori ed Educatori. Esiste infatti anche una condivisione del destino della persona che è propria della Chiesa.

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Gesù dice, prima di lasciare visibilmente questo mondo: «Andate dunque ed amma-estrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» [Mt 28,19-20a]. È mediante la Chiesa che Cristo realizza la sua opera redentiva. In questa prospettiva anche la Chiesa ha un compito ed una responsabilità educativa propria ed originaria.

“Esiste un nesso stretto tra educare e generare: la relazione educativa s’innesta nell’at-to generativo e nell’esperienza di essere figli” (CEI, op.cit. n.27).Esiste in natura una condivisione originaria del destino, del bene dell’altro: la relazio-ne genitori-figlio. È questa la ragione profonda per cui educare la persona è il compito e la responsabilità dei genitori. Altri possono avere compiti e responsabilità educative, ma solamente su delega dei genitori. E pertanto sono da considerarsi non sostituti, ma cooperatori dei genitori medesimi.

Anche la Chiesa, quale ‘Famiglia’, attraverso l’Oratorio educa. La Chiesa, infatti, da quando esiste ha educato; ha pensato e vissuto la propria missione come missione educativa.

Per questo l’educazione non può risolversi in una didattica; il suo scopo è “formare le nuove generazioni, perché sappiano entrare in rapporto con il mondo, forti di una memoria significativa che non è solo occasionale, ma accresciuta dal linguaggio di Dio che troviamo nella natura e nella rivelazione, di un patrimonio itneriore condiviso, della vera sapienza che, mentre riconosce il fine trascendente della vita, orienta il pen-siero, gli affetti e il giudizio” (Benedetto XVI, Discorso alla 61^ Assemblea Generale della CEI, 2010).

8. METODO DEL PROGETTO.I singoli Oratori dell’Arcidiocesi nello stilare il progetto annuale propongano il cam-mino che fa guardare, ascoltare, dire e toccare il dono dell’Arte in ogni sua manife-stazione.

Si costituiscano laboratori di manualità e creatività in cui ogni fruitore, con fantasia e acquisendo competenze, potrà esprimersi attraverso stili diversi di arte (dalla pittura con le diverse tecniche, alla scultura; dalla fotografia alla realizzazione di video; dalla danza, alla recitazione, alla musica; ecc.).Laboratori guidati da Animatori ed Educatori; guidati, se necessario da ‘esperti’, ma che non siano solo tecnici ‘del mestiere’, bensì educatori.

Si propongano le visite ai laboratori di artisti.Si propongano le visite ai Musei; ai Palazzi storici, ai Castelli delle nostre Città e Paesi; alle Chiese.Si confrontino, attraverso le formazioni nel tempo delle Città, lo stile di vita diverso nella storia; da qui, si colga la visione dell’uomo nei diversi tempi storici, che si co-struisce attorno una ‘casa’.

Arte e Natura. Anche la Natura, il mondo è una forma d’Arte. La visita ad uno zoo, a luoghi didattici riguardanti la natura e i suoi aspetti. Imparare a guardare il mare, un

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sentiero di montagna, la forma delle rocce o di un albero.

L’arte e i mestieri. Sottolineare come sia artista anche l’uomo che lavora. Quanti ar-tigiani perpetuano gli antichi mestieri rinnovati e adattati alle esigenze dell’oggi. Si favoriscano incontri con tali artigiani e possibilmente nei rispettivi laboratori.

9. LA FORMAZIONE IN RIFERIMENTO AL PROGETTO.Diversi saranno i momenti di Formazione per coloro che si rendono disponibili a svolgere il servizio quali Animatori o Educatori in Oratorio. Si prevedono incontri di formazione anche per i Genitori.

I temi da presentare nei diversi Corsi di Formazione vengono suggeriti dal Titolo stesso del Progetto.

L’Arte in quanto valore. L’Arte in quanto tale è un valore poiché riesce a rivelare e trasmettere il pensiero e i sentimenti. È una via di comunicazione e relazione. È un mezzo che accattiva l’interesse, aiuta a riflettere, genera legami.L’Arte è un dono. In quanto capacità innata nell’artista. Dono stesso è l’artista che ri-esce ad esprimersi nell’arte e attraverso di essa. Dono anche per chi approccia all’arte anche solo come ‘visitatore’ perché si appaga della realizzazione, della realtà comu-nicata.È dono anche imparare ad esercitare un’arte: la pedagogia dell’apprendimento per utilizzare strumenti e materiali; il tempo dell’esecuzione, la pazienza dell’operato; il risultato finale.

L’arte della bellezza. Bellezza come manifestazione non primariamente estetica, ma di una bontà contenuta e trasmessa. La bellezza dell’uomo e della fasi di vita e la sa-piente bontà nell’essere presenti a se stessi nel proprio tempo comprendendolo nelle grandezze e nelle fragilità.La bellezza non da copiare o imitare, ma di essere.

Il disegno e il colore. Disegnare ‘dal vivo’ o in astratto educa la persona a fermarsi e a focalizzare l’attenzione sul reale o sul pensiero reale. Prendere una matita e iniziare a tracciare quanto di vede o si pensa su un foglio bianco, conduce all’attenzione ai particolari, alle proporzioni, alle forme. Colorare è saper scegliere tra una variegata gradazione di colori, quelli che fissano il reale. È dare un tono di verità al reale colto nei suoi particolari.Una metafora dell’attenzione all’altro, prima da ascoltare fin nei minimi particolari, al fine di non avere una ‘proiezione’ dell’altro o un’idea personale e forse distorta dell’altro o del reale. L’attenzione genera accoglienza e comprensione dell’altro come ricchezza in quanto tale che ‘dice’ qualcosa a me e dona qualcosa a me.

La scultura. Non per imparare a togliere l’eccesso, ma per portare alla luce, far emer-gere ciò che è contenuto già nel materiale che vado a scolpire.Chi scolpisce è come l’Educatore che pone la sua passione e la sua concentrazione verso chi è da educare. Non ‘togliendo’, ma facendo emergere quanto già c’è e va

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portato alla luce. Educare come solpire o come potare. Chi educa deve conoscere l’uomo; chi educa cristianamente deve conoscere l’antropologia evangelica. Conoscere dunque se stessi per conoscere l’altro. ‘Scolpirsi’ per ‘scolpire’.

Il mosaico. La paziente ricerca dei pezzi giusti, nella forma e nel colore, per unirli agli altri già scelti al fine di completare l’opera secondo progetto. La pazienza intesa come coraggio dell’incompiuto; la fedeltà e il coraggio per non abbandonare e portare avanti ciò che ‘non è pieno fin quanto tutto sarà terminato’; ma ha valore in ogni sua parte che cresce nel tempo.Ogni piccolo frammento, viene pensato, scelto, collocato. Così come ogni ‘frammen-to’ del nostro tempo è degno di nota ed è importante per il tutto, per la vita. Ogni frammento di tempo, per l’integrazione vita-fede, è portatore di una speranzaL’assemblaggio delle ‘povertà’. Utilizzare materiale da riciclo, scartato perchè ormai inutile, per far nascere un’opera che sia Arte. Ciò che è scartato in riferimento all’uso può venire utile per altro. Come la persona mai deve ‘buttare’ tempo ed esperienze, parole e gesti: tutto può essere ‘ripescato’ e rinnovato ed essere utile ad altro scopo.La lettura della propria storia in ogni sua fase, spesso storia di povertà: oggi, in ogni ‘oggi’, provengo dalla mia storia

La danza. Un passo di danza significa un pensato per comunicare qualcosa, un riferi-mento ad una musica, la scelta di una figura da presentare, un corpo coordinato non solo nel movimento ma anche e soprattutto col l’anima.Conoscere e provare il corpo considerandolo un dono di visibilità e primo comunica-tore. Il corpo con le sue regole in sincronia armonica con il cuore e l’intelligenza.L’affetto del corpo e col corpo.

Il canto e la musica. Le note singolarmente prese sono indicazione di un rispettivo suono. Insieme e ben armonizzate offrono la sinfonia. Grave, acuto, dolce, leggero: le tonalità del suono comunicano ciò che il musicista vuol dire o far vibrare nell’animo di chi ascolta.

La parola scritta, detta, ascoltata. Molto più di un codice è la parola pronunciata o scritta: è la suprema via di comunicazione e di rivelazione del pensiero e dell’anima. Attorno alla parola occorre riscoprire il giusto silenzio che garantisce ascolto e acco-glienza.Lo studio della parola. L’etimologia. L’esegesi. Le lettere dell’alfabeto. Ciascuna un suono, una forma. Le lettere unite formano le parole. Dalle parole alle frasi. Pensiero espresso in parole dette e scritte.

Lo sport come arte. Calcio, tennis, pattinaggio, basket, pallavolo, ginnastica artistica e ritmica, ecc. Lo sport educa all’attenzione, alle regole, all’onestà; oltre che alla co-noscenza del proprio corpo e alle sue regole da rispettare.

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Il gioco come arte. Fantasia e creatività sono anelli di congiunzione tra il desiderio di esprimersi e il gioco stesso quale espressione: dunque, una forma d’arte che favorisce il relazionarsi, il confronto, l’acquisizione delle regole da rispettare, lo sviluppo tema-tico. In qualche modo un progetto con il suo inizio, le mete intermedie e l’obiettivo finale da raggiungere.

L’ “orto” e il giardinaggio come arte. Seguire per conoscere lo sviluppo seme-pianta-fiore-frutto. La lavorazione della terra. Piantare e coltivare. Non tutte le piante attec-chiscono nello stesso luogo; come ogni persona ha bisogno del suo ‘ambiente’. La lavorazione della terra (arare, zappare): un taglio forse doloroso ma che permette il coraggioso ‘ribaltamento’ della zolla che permette alla terra ‘dura’ di divenire friabile e luogo idoneo alla semina. Una metafora del cammino interiore che permette alla persona di ‘estrarre’ le ricchezze interiori e rendersi recettiva per accogliere i valori educativi. Educazione alla pazienza dell’attesa: ogni pianta ha il suo percorso e il suo sviluppo e ogni momento del tempo è generativo. Anche la persona ha i suoi tempi e il proprio sviluppo: nulla da saltare o omettere; tutto diviene storia da assumere e riconoscere come importante nel cammino educativo. La raccolta del fiore o del frut-to non solo ‘funzionale’, ma con la gioia di ricomprendere tutte le energie spese nel tempo. Come nel cammino educativo ogni obiettivo raggiunto è stato prima progetto di speranza, ora speranza nella continuità.

L’arte della cucina. Elementi diversi, valoriali in se stessi, con la propria storia e fisio-nomia. Scelti prima, assemblati con sapienza poi, divengono elementi base per essere ‘cibo’. Il fuoco che cuoce, amalgama, compone, trasforma.Diversi sapori congeniati offrono un nuovo sapore.La sapienza del cuoco.L’uomo e la sapienza: l’uomo che coglie il sapore della propria vita. Combattere la paura di ‘mescolare’ e permettere alle motivazioni di vita e di fede di creare una co-munione fra elementi diversi. Per dare nuovo sapore.

L’arte della lavorazione e trasformazione dei materiali. Come intagliare il legno; come lavorare il ferro; disegnare su lastre di rame; la stoffa; la creta; la farina, ecc. i materiali sapientemente lavorati portano a forme d’arte. Lo è un piatto di ceramica, lo è il pane. I vari passaggi della lavorazione e gli strumenti necessari. Il dialogo con ‘l’artista’.

Genitore, Animatore, Educatore: i promotori dell’Arte educativa.Per via naturale e fontale i genitori; in quanto servizio gli Animatori e gli Educatori: questi sono soggetti che promuovono l’arte dell’educare.Possono se esercitano l’autorità, cioè la consapevolezza di essere stati formati e co-strutti su valori che ora si desiderano condividere, presentare, far vivere. L’educazione come dono: chi educa in quanto genitore o animatore o educatore, è perché si trova di fronte alla persona che è da educare in quanto figlio o educando che è dono.L’autorità stessa è dono da comprendere. Così come tutto il processo educativo co-nosciuto quale accompagnamento umile ed efficace. Cammino da condividere non quale via di perfezione, ma sostegno, semplice solidarietà umana, finissimo servizio. In tal modo si educano educatore ed educando, poiché ambedue raccolti nel processo

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educativo.Le vie di discernimento. Le priorità nelle scelte. La libertà nell’educazione. La verità dell’educazione e nell’educazione.Gesù unico Maestro in Oratorio.

Luoghi e tempi. I Corsi di Formazione sui temi indicati si svolgeranno nei seguenti Oratori e nei tempi previsti:Gennaio, Febbraio, Marzo 2011: Parrocchia San Michele in Novilara (PU), Parroc-chia Santa Croce, San Francesco, Santa Maria Assunta Cattedrale, Santa Maria del Porto, San Luigi Gonzaga, Santo Stefano in Candelara (PU): comprese nel Comune di Pesaro.Febbraio, Marzo, Aprile 2011: Parrocchia San Giovanni Bosco in Osteria Nuova di Montelabbate, Parrocchia San Quirico in Montelabbate, Parrocchia San Pietro in Ro-sis in Ginestreto (PU), Parrocchia Santa Maria Assunta in Montecchio di Sant’Angelo in Lizzola; Parrocchia San Michele Arcangelo in Sant’Angelo in Lizzola.Aprile, Maggio, Giugno 2011: Parroccha Santa Maria di Loreto, Parrocchia Santa Veneranda, Parrocchia San Paolo Apostolo, Parrocchia Cristo Risorto, Parrocchia San Fabiano in Villa Ceccolini: comprese nel Comune di Pesaro. Settembre, Ottobre 2011: Parrocchia San Matteo apostolo in Tre Ponti (PU); Parroc-chia San Lorenzo in Tavullia (PU); Parrocchia Santa Maria Regina in Borgo Santa Maria (PU); Parrocchia San Giovanni Battista in Gradara (PU); Parrocchia Santa Ma-ria Immacolata in Gabicce Mare (PU); Parrocchia Santa Maria Annunziata in Mor-ciola di Colbordolo.

Alcuni Animatori ed Educatori potranno partecipare anche al Corso di Formazione regionale organizzato dalla Conferenza Episcopale Marchigiana.

Si prevede in Maggio 2011 un incontro di tutti gli Animatori ed Educatori con l’Arci-vescovo e l’Ufficio Pastorale Oratori per tracciare le linee guida per la realizzazione del progetto stesso.

A giugno 2011 ci sarà l’appuntamento annuale de “OratorInsieme”: tutti gli Oratori dell’Arcidiocesi si incontrano e sono ospitati dall’Arcivescovo per un momento di festa e condivisione delle esperienze.

10. DIVERSAMENTE ABILINegli Oratori dell’Arcidiocesi sono fruitori anche diversamente abili accolti e inseriti, ai quali, con progetto preparato, viene proposto lo stesso cammino e vengono offerte le stesse opportunità dei normodotati.Per quanto riguarda questo Progetto, si prevede una specifica formazione per Anima-tori ed Educatori in riferimento a:

- Parole ‘evidenti’: formazione per Educatori al ‘Linguaggio dei Segni’. Per comunicare con i non udenti e renderli pienamente partecipi in tutto. A due livelli: per la comunicazione ‘base’; per la comunicazione liturgica.

- Vedere ‘oltre’: formazione per Educatori al fine di dare ‘lettura’ di un’opera d’Arte agli ipovedenti e ai non vedenti.

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11. TIPOLOGIA DEI BENEFICIARIGli Oratori dell’Arcidiocesi raccolgono mediamente 300 tra Animatori ed Educatori e vedono la partecipazione di circa 1300 ragazze e ragazzi. Da notare che anche Animatori ed Educatori (adolescenti, giovani, adulti) vivono l’Oratorio quali fruitori per quanto riguarda il Corso di Formazione con docenze e laboratori.Ci sono poi le Famiglie che vengono convocate sia per la presentazione dei Progetti di Oratorio parrocchiale, sia per momenti di incontro, docenze, laboratori, tavole ro-tonde.

12. AREA GEOGRAFICA DI RICADUTA DEL PROGETTOLe Parrocchie dell’Arcidiocesi di Pesaro che hanno attività oratoriane comprese nel territorio dei Comuni di Pesaro, Gradara, Montelabbate, Sant’Angelo in Lizzola, Monteciccardo, Colbordolo: tutti i Comuni compresi nell’ATS1.

13. DURATA PREVISTA DEL PROGETTOAnno 2010-2011. Con tipologie diverse di pastorale oratoriana nelle varie stagioni dell’anno. Ci sono Oratori che operano tutto l’anno; alcuni saltuariamente nel periodo invernale ed estivo; alcuni nel periodo estivo.I Corsi di Formazione nelle singole Parrocchie hanno durata di circa due mesi (se incontri settimanali) o quattro mesi (se incontri quindicinali). I Corsi per Genitori sono ‘a chiamata’, secondo progetto di ogni singola Parrocchia.

Il Legale Rappresentante dell’Ente Ecclesiastico S.E. Monsignor Piero Coccia Arcivescovo Metropolita di Pesaro

Il Delegato Diocesano Ufficio Pastorale Oratori Don Giuseppe Fabbrini

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UFFICIO PASTORALE LITURGICA

ARCIDIOCESI DI PESAROUfficio Pastorale LiturgicaVia Rossini, 56 – 61121 PesaroTel. 072130043 Fax 072132422e-mail: [email protected]

Pesaro, 30 agosto 2011

AI PARROCI DELLA ARCIDIOCESI

Cari Confratelli,

Vi chiedo la cortesia di comunicare ai nostri Ministri Straordinari della S. Comu-nione alcuni appuntamenti importanti per il prossimo settembre.

- c’è la possibilità di distribuire la Santa Comunione durante la Santa Messa celebrata dal Papa l’11 settembre in occasione del Congresso Eucaristico nazionale, ritirando un Pass a Colle Ameno di Ancona il giorno 5 settembre dalle 16,30 alle 19.00. Se i nominativi di coloro che lo desiderano perverran-no in Curia un incaricato potrà ritirarli per tutti. Occorre segnalare il proprio nome entro sabato 3 settembre p.v.. Mi rendo conto che i tempo sono stretti, ma la comunicazione è giunta solo oggi.

- Martedì 20 settembre alle ore 21,15 in Cattedrale, l’Arcivescovo conferirà il Mandato ai Ministri Straordinari della S. Comunione insieme agli altri ope-ratori della Catechesi, Caritas e Pastorale liturgica. Ricordo che il mandato ha la durata di un triennio e che molti ministri straordinari della Santa Co-munione, esercitano da tanti anni il mandato senza alcun rinnovo e senza par-tecipare agli incontri annuali programmati da questo ufficio. Da quest’anno viene rilasciato un documento-attestato di riconoscimento a firma dell’Ar-civescovo che va ritirato in Curia, consegnando insieme alla richiesta del Parroco n. 2 foto tessera. Ogni tre anni va rinnovata la facoltà alle condizioni stabilite dal documento Diocesano che regola questa materia.

- Ricordo inoltre l’importanza di partecipare al Convegno Diocesano che si terrà nei giorni 16-17 settembre p.v. presso il cinema Teatro Loreto.

Per ulteriori informazioni e chiarimenti potete contattarmi al telefono della parrocchia 0721 33113 o al cell. 3475861441.Cordialmente.

Don Gino Rossini

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ARCIDIOCESI DI PESAROUfficio Pastorale LiturgicaVia Rossini, 56 – 61121 PesaroTel. 072130043 Fax 072132422e-mail: [email protected]

Pesaro, 01 agosto 2011

Ai Parroci p.c. Ai Ministri straordinari della S. Comunione

Carissimi,

si avvicina la celebrazione del 25° congresso eucaristico nazionale ANCONA-OSI-MO, 3/11 settembre 2011.Questo evento coinvolge e interpella l’intera Comunità Ecclesiale Italiana, in partico-lare le Chiese locali della regione Marche.Per quanto sarà possibile, diffondiamo il programma di questa settimana, che culmi-nerà Domenica 11 settembre con la presenza del SANTO PADRE.Come ufficio per la Pastorale Liturgica, segnalo la giornata del 6 settembre, a OSI-MO, alla quale invitare i MINISTRI STRAORDINARI DELLA S. COMUNIONE.

IL PROGRAMMA È IL SEGUENTE:

Ore 09:30 Lodi mattutine Presiede S.E. mons. GERARDO ROCCONI; lectio di padre GIANCARLO BRUNI

Ore10:00 Teatro “ La Nuova Fenice”• Approfondimento sul tema della giornata.

Modera don BRUNO BURATTINI• Proiezione di un video introduttivo• Riflessioni di d. GIUSEPPE BUSANI e di

p. ARNALDO PANGRAZZI

Ore 15:00 Percorsi turistici, culturali e religiosi

Ore 17:00 Concattedrale di San Leopardo• Preparazione alla celebrazione a cura della Mannheimer Ensemble-

Maestro MARCO SANTINI• Celebrazione Eucaristica Presiede S.Em.card. ELIO SGRECCIA

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Per partecipare occorre iscriversi:l’iscrizione può essere fatta direttamente tramite il sito www.congressoeucaristico.itoppure contattando la sig.ra Isabella Gattoni presente negli uffici della Curia ( via Ros-sini 62) nelle mattine di lunedì, mercoledì e venerdì o al cellulare 320-4033324(Gli uffici della Curia resteranno chiusi dal 8 al 27 agosto).Le iscrizioni dovrebbero pervenire entro il 21 agosto. La quota di iscrizione al con-gresso è di 15€.Tale iscrizione dà diritto a ricevere il Pass ,valido per partecipare agli eventi di tutta la settimana del CEN, e a usufruire gratuitamente dei mezzi di trasporto quali, il treno per raggiungere Ancona , autobus e navette per muoversi entro la stessa città.I treni a disposizione sono quelli normali di linea che verranno incrementati di nume-ro durante la settimana del CEN per cercare di garantire a tutti il trasporto desiderato.

Ti chiedo cortesemente di far pervenire questo invito ai tuoi Ministri Straordinari della S. Comunione e caldeggiare l’iniziativa anche a nome del nostro Arcivescovo.

Fraternamente,Sac. Gino Rossini

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ISTITUTO SUPERIORE SCIENZE RELIGIOSEGiovanni Paolo II

INIZIO ANNO ACCADEMICO 2011/2012

Come da tradizione, l’ultimo lunedì del mese di settembre sono iniziati i corsi all’Isti-tuto Superiore di Scienze Religiose “Giovanni Paolo II” di Pesaro. È questo il quinto anno da quando, nel 2007, ha iniziato la sua attività. Anche quest’anno le iscrizioni hanno avuto un esito soddisfacente, sia per quanto riguarda gli studenti ordinari che gli studenti uditori. I primi sono coloro che frequentano regolarmente tutti i corsi, fino a conseguire, al termine del terzo anno, la Laurea in Scienze Religiose. È questo il titolo indispensabile per potere ottenere l’abilitazione all’insegnamento della reli-gione cattolica nelle scuole primarie. Nel caso in cui lo studente sia già in possesso di una laurea civile, può ottenere l’abilitazione all’insegnamento anche per le scuole secondarie. Le motivazioni che spingono verso questo tipo di studi sono diversifi-cate. Al perseguimento del titolo che può dare accesso all’insegnamento, si affianca il desiderio di approfondire la conoscenza della Parola di Dio e del Magistero della Chiesa. In effetti, una delle ragioni del successo che sta avendo il “Giovani Paolo II” sembra proprio consistere nella sua capacità di rispondere al bisogno, molto sentito, di una solida formazione teologica. Nutrita è anche la presenza di studenti uditori, che frequentano soltanto uno o più corsi a loro scelta. Costoro partecipano ai corsi o per approfondire il loro cammino personale, o per avere una maggior competenza nel servizio che svolgono all’interno delle loro comunità di appartenenza. L’Istituto di Pesaro ha in previsione, per il corrente anno accademico, una serie di incontri pubblici dedicati alla figura ed al magistero di Giovanni Paolo II, il Pontefice che ha è stato capace di imprimere una svolta storica nella vita della Chiesa e nella storia del mondo.

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ANNUARIO ANNO ACCADEMICO 2011-2012INTRODUZIONE DELL’ARCIVESCOVO

Pesaro, settembre 2011

Stimati Professori, cari Studenti,

il quinto anno accademico dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Giovanni Paolo II” si apre sotto un doppio e bene augurante auspicio.

Il primo di essi è rappresentato dalla beatificazione, il 1° maggio di quest’anno, del venerato Giovanni Paolo II a cui è intitolato il nostro Istituto. Questa intitolazione non fu un fatto casuale, ma il voluto risultato di un giudizio e di una gratitudine. Il giu-dizio era quello sul ruolo che il pontificato di papa Woityla aveva svolto per l’intera Chiesa: un ruolo di straordinaria rivitalizzazione della esperienza ecclesiale e, in essa, di fecondo rilancio della consapevolezza della necessità di un rinnovato rapporto fra la vita e la fede, fra cultura e cristianesimo. La gratitudine era quella che ogni figlio deve al proprio padre, da cui ha ricevuto non solo la vita ma anche la sua fondamentale educazione, ossia la capacità di vivere bene la stessa vita ricevuta.

Il secondo auspicio è quello del Congresso Eucaristico Nazionale, che agli inizi di settembre si è celebrato nella nostra Regione e che costituisce un dono di Grazia stra-ordinaria, al quale dobbiamo attingere, perché lo studio teologico ha senso solo se è la conseguenza di una “amicizia”, di una relazione di assidua e profonda frequentazione con l’ “oggetto” dello studio stesso che è essenzialmente, lo ricordo a tutti, la Persona di Nostro Signore.

L’Eucaristia rappresenta esattamente il luogo realissimo e privilegiato di tale rela-zione amicale e, così, il Congresso Eucaristico costituisce la migliore introduzione al nuovo anno di studio e di ricerca.

Invito pertanto tutti e ciascuno a fissare lo sguardo su questi due avvenimenti e sul loro significato, collocando sotto la protezione della Vergine, Colei grazie alla cui libertà tutto ha avuto inizio, il cammino ed il lavoro di questo nuovo anno, perché possa risultare fecondo di doni di intelligenza e di conversione. A tutti e a ciascuno va dunque il mio pensiero e la mia benedizione, come augurio di un tempo intenso e ripieno di buoni frutti.

X Piero Coccia Arcivescovo

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PIANO DI STUDI TRIENNALEAnno accademico 2011 - 2012

PRIMO ANNO

Area discipline filosofiche_Storia della filosofia antica e medievaleProf. Daniele Celli_Filosofia teoretica I (Ontologia e metafisica)Prof. Nevio Genghini

Area discipline bibliche_Scrittura I (AT, Pentateuco)Prof. Gino Fattorini_Scrittura II (NT, Sinottici e Atti degli Apostoli)Prof. Marco Di Giorgio

Area discipline storiche e patristiche_Patrologia e storia della Chiesa antica e medievaleProf. Franco Gori

Area discipline sistematiche_Introduzione alla teologiaProf. Massimo Serretti_Dogmatica I (Rivelazione e Fede)Prof. Roberto Battaglia_Dogmatica II (Cristologia e Trinitaria)Prof. Marco De Franceschi

Area discipline morali_Morale I (Fondamentale)Prof. Massimo Regini_Morale II (Morale e Vita Spirituale)Prof. Davide Tonti

Area scienze umane_PedagogiaProf. Agostino Tisselli

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SECONDO ANNO

Area discipline filosofiche_Storia della filosofia modernaProf. Paolo Boni_Filosofia teoretica II (Antropologia filosofica)Prof. Marco Cangiotti

Area discipline bibliche_Scrittura III (AT, Profeti)Prof. Gino Fattorini_Scrittura IV (NT, Paolo e le lettere cattoliche)Prof. Mirko Montaguti

Area discipline storiche e patristiche_Storia della Chiesa modernaProf. Francesco Zaccarelli

Area discipline sistematiche_Dogmatica III (Ecclesiologia e Mariologia)Prof. Erio Castellucci_Dogmatica IV (Antropologia teologica ed Escatologia)Prof. Massimo Serretti_Teologia pastoraleProf. Marco Presciutti

Area discipline morali_Dottrina sociale della Chiesa: storia e principiProf.sa Giuseppina Santucci- Bioetica generaleProf.sa Palma Sgreccia

Area scienze umane_Sociologia generaleProf. Simone Betti

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TERZO ANNO

Area discipline filosofiche_Storia della filosofia contemporaneaProf. Nevio Genghini_Filosofia moraleProf. Andrea Aguti

Area discipline bibliche_Scrittura V (AT, Scritti Sapienziali)Prof. Gino Fattorini_Scrittura VI (NT, Giovanni)Prof. Marco Di Giorgio

Area discipline storiche e patristiche_Storia della Chiesa contemporaneaProf. Daniele Federici

Area discipline sistematiche_Dogmatica V (Teologia Sacramentale)Prof. Mario Florio_Introduzione al Diritto CanonicoProf. Alberto Fabbri_LiturgiaProf. Andrea Grillo

Area discipline morali_Dottrina sociale della Chiesa: famiglia, lavoro e politicaProf. Daniele Celli_Bioetica specialeProf. Paolo Marchionni

Area scienze umane_PsicologiaProf.ssa Maria Gabriella Pediconi

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CORSO DI FORMAZIONE PER OPERATORI PASTORALI

Anche nel corrente anno pastorale l’Arcidiocesi di Pesaro, attraverso i suoi Uffici, organizza il Corso di formazione per operatori pastorali, indirizzato a tutti coloro che sono impegnati nelle attività di catechesi, liturgia, carità e, più in generale, coinvolti nella vita familiare. Proseguendo nel cammino aperto con il Congresso Eucaristico nazionale che si è svolto in Ancona nel mese di settembre e con il recente Conve-gno Diocesano, il Corso sarà dedicato al tema dell’Eucaristia, con una particolare attenzione rivolta alla vita familiare. Quest’anno sono previsti 7 incontri, che avranno un’organizzazione interna differente da quella degli anni precedenti. Infatti è più volte emersa tra i partecipanti la necessità di affiancare, all’ascolto dei relatori, alcuni mo-menti di confronto, per provare a declinare nelle concrete situazioni quanto emerso dalle lezioni. Per questo motivo gli incontri di quest’anno avranno un’impostazione differente. Anzitutto ci sarà una prima lezione introduttiva, tenuta da don Erio Castel-lucci, che offrirà il quadro d’insieme del corso. Poi seguiranno gli altri 6 incontri dove, ad ogni lezione, seguirà un momento di assemblea. In questa i partecipanti, divisi in gruppi, cercheranno di tradurre nel concreto quanto suggerito dai relatori, imparando l’uno dall’altro e scambiandosi le reciproche esperienze. Il corso, che prevede un in-contro al mese, terminerà in aprile. Gli incontri saranno i seguenti:

1_IL CORPO DONATO: EUCARISTIA E MATRIMONIO, DUE VOLTI DELL’AMOREVenerdì 28 Ottobre 2011 _Don Erio Castellucci;

2_LA FAMIGLIA EDUCA ALL’EUCARISTIAVenerdì 25 Novembre 2011 _Don Marco Presciutti;

3_ASSEMBLEA GUIDATA DAI RESPONSABILI DEGLI UFFICI DIOCESANIDI PASTORALE FAMILIARE E CATECHISTICA _Venerdì 16 Dicembre 2011;

4_LA FAMIGLIA TESTIMONIA L’EUCARISTIAVenerdì 27 Gennaio 2012 _Prof. Angiolo Farneti;

5_ASSEMBLEA GUIDATA DAI RESPONSABILI DEGLI UFFICI DIOCESANIDI PASTORALE FAMILIARE E CARITAS _Venerdì 24 Febbraio 2012;

6_LA FAMIGLIA CELEBRA L’EUCARISTIAVenerdì 23 Marzo 2012 _Prof. Andrea Grillo.

Gli incontri si terranno presso Villa Borromeo dalle 18.30 alle 20.00

Informazioni, iscrizioni e sede del corso pressoIstituto Superiore di Scienze Religiose

Villa Borromeo – Via Avogadro, 40 – PesaroTel. 0721 52109 – 338 3064497

[email protected]

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CONVEGNO DIOCESANOSignore “DA CHI ANDREMO?” l’Eucarestia educa la famiglia

16 – 17 Settembre 2011Cinema Loreto - Pesaro

Pesaro, 26 luglio 2011

COMUNICATO STAMPA

“Signore da chi andremo?”La domanda di Pietro, riproposta dalla C.E.I. per il prossimo Congresso Eucaristico Nazionale (3-11 settembre), risuonerà come un’eco anche nel Convegno diocesano che si svolgerà la settimana successiva (16-17 settembre) e che darà tradizionalmente l’avvio, insieme alle celebrazioni per il nostro patrono San Terenzio, al nuovo anno pastorale.Il tema del Convegno – “L’Eucaristia educa la famiglia” – è stato scelto sulla base del criterio ormai costante dell’orientamento pastorale dell’Arcivescovo Piero Coccia: sintonizzare il cammino della Chiesa di Pesaro con i percorsi prioritari della Chiesa in Italia.Il contenuto, infatti, rinvia chiaramente sia alla riflessione sulla centralità dell’Euca-ristia nella vita delle comunità cristiane (propria del Congresso Eucaristico) sia alla questione dell’educare alla fede, priorità degli Orientamenti Pastorali dei Vescovi ita-liani per il decennio 2010-2020.Quest’anno l’ambito educativo prescelto è stato quello della famiglia, non solo perché essa è il primo, fondamentale grembo generativo di fede per le nuove generazioni, ma anche perché oggi sta subendo da più parti un attacco subdolo, che rischia di renderla sempre più fragile e meno interessante.Il relatore del Convegno don Renzo Bonetti, ex direttore della Pastorale Familiare della CEI e i componenti della sua équipe della diocesi di Verona verranno invece a testimoniarci esperienze di segno opposto, volte a dimostrare che la famiglia è un bene prezioso da proteggere e di cui essere grati: essa può costituire una comunità di autentica vita cristiana e un punto di riferimento stabile per il cammino di fede a volte tortuoso dei figli.

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Come sempre, alla relazione di venerdì sera presso il Cinema Loreto (ore 21.15) e alle testimonianze di sabato mattina (con inizio alle ore 9.00) seguiranno i lavori di gruppo che si protrarranno fino a sabato pomeriggio.La novità “strutturale” di quest’anno sarà rappresentata dall’inserimento di due inizia-tive strettamente connesse (tra loro e con il tema del Convegno).Da una parte l’allestimento - curato dall’Arcidiocesi e dal Centro Culturale “Città ideale” - presso Palazzo Lazzarini (dal 9 al 24 settembre) della Mostra “Oggi devo fermarmi a casa tua”, promossa dalla CEI per il Congresso Eucaristico Nazionale.Dall’altra lo spettacolo (ad essa ispirato) di musica, arte, poesia - “Hai dato all’eter-nità il sapore del pane” (Karol Wojtyla) – che si svolgerà sabato 17 settembre, alle ore 21.15 presso il Cinema Loreto, promosso da alcuni Uffici Pastorali della nostra Arcidiocesi (Comunicazioni Sociali e Cultura, Pastorale Familiare e Giovanile) con la partecipazione di giovani di varie realtà associative e parrocchiali, della CPG band e del Coro diretto dal Maestro Martino Pòrcile.Informazioni più dettagliate su tali iniziative vi verranno comunicate a settembre.“Invito caldamente tutte le componenti della nostra chiesa locale – scrive l’Arcive-scovo – ad una proficua partecipazione al Convegno di settembre, al fine di ritrovarci a percorrere un sentiero comune su cui far convergere tutta la pastorale sia ordinaria che straordinaria della nostra Arcidiocesi”.

Paola Campanini

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Pesaro, 13 settembre 2011

CONFERENZA STAMPAEpiscopio - ore 11.30

OGGETTOConvegno annuale diocesano, che si terrà dal 16 al 17 settembre 2011 presso il Ci-nema Loreto e darà l’avvio al nuovo anno pastorale incentrato sull’Eucaristia come esperienza che educa la famiglia.

PREMESSALa recente Giornata Mondiale della Gioventù svoltasi a Madrid ha dimostrato - anche a detta di autorevoli voci “laiche” - quanto “la Chiesa sia capace di parlare alle gio-vani generazioni come nessun altro oggi sa fare”.(TG3 21 agosto)Quei due milioni di ragazzi e di ragazze, lì presenti non solo per vivere un’esperienza emozionalmente intensa, ma anche per confermarsi nelle “certezze” con cui affron-tano ogni giorno la vita, rappresentano sia una commovente ricchezza per la Chiesa sia una “risorsa umana” importantissima per la società civile: lo ha dichiarato anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha riconosciuto il valore di chi porta “nelle crisi così inquietanti che stiamo attraversando la forza di un ideale adeguato e il contributo operoso al bene comune». Ma chi c’è dietro quei giovani? E che cosa ha favorito e favorisce la crescita di persone così uguali eppure così diverse dai cliché a cui i media ci hanno abituato?Dietro quei giovani non ci sono grandi sistemi di potere, ma c’è il lavoro paziente e capillare di decine, centinaia di adulti – sacerdoti, genitori, educatori – che li accom-pagnano nella vita, trasmettendo il proprio senso dell’esistenza e le ragioni profonde della propria speranza.È questo lavoro costante di educazione che la Chiesa vuole continuare a sostene-re, difendere e promuovere (cfr. Orientamenti pastorali della CEI “Educare alla vita buona del Vangelo”n. 36).È per unirsi a questo intento comune che la Chiesa di Pesaro ha scelto di centrare l’attenzione, nel prossimo anno pastorale, sul primo e insostituibile ambito edu-cativo della persona: la famiglia.

LA FAMIGLIA HA BISOGNO DI ESSERE SOSTENUTA A VARI LIVELLI• Sul piano culturale Occorre recuperare e difendere l’identità della famiglia. Dopo la “mutazione antropologica” verificatasi nell’ultima parte del sec. XX, è

ancora possibile parlare di famiglia in modo univoco, come “fenomeno universa-le” (Levi-Strauss), con caratteri comuni in qualunque tipo di società?

Sì, è possibile.

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C’è un proprium della famiglia riscontrabile in ogni società: 1. la famiglia è una sorta di “società naturale”, che, essendo fondata su un doppio

legame (uomo-donna / genitori-figli), permette un armonico sviluppo delle differenze costitutive dell’umano (differenza sessuale / differenza generazio-nale);

2. la famiglia è il luogo educativo fondamentale per trasmettere l’”ethos” (valori culturali, morali, relazionali) di una società: tutti sappiamo quali dolorose ca-renze si producono in un giovane quando gli viene a mancare la famiglia.

In questo senso chi governa deve trattare la famiglia non come un’associazione privata, ma come una cellula basilare della società (cfr. Costituzione).

• Sulpianoecclesiale Occorre riscoprire la famiglia come risorsa decisiva per l’educazione alla fede,

per una presenza missionaria della Chiesa nelle più diverse situazioni di vita (cfr. Discorso alle famiglie di Benedetto XVI del 5 giugno 2011 e gli Orientamenti pastorali dei Vescovi italiani “ Educare alla vita buona del Vangelo” n. 36).

La Chiesa è chiamata a contrastare, con la testimonianza concreta, il diffondersi di una mentalità secolarizzata che conduce ad una crescente disgregazione della famiglia, sia perché “riduce l’amore ad emozione e a soddisfazione di pulsioni istintive, senza impegno a costruire legami duraturi di appartenenza reciproca e senza apertura alla vita” (Benedetto XVI) sia perché “tende ad equiparare alla famiglia forme di convivenza tra persone dello stesso sesso” (Orientamenti CEI) .

• Sulpianopoliticoedeconomico Occorre sostenere la famiglia con scelte politiche ed economiche adeguate e ade-

guati provvedimenti legislativi, proprio a partire dal riconoscimento del suo in-sostituibile ruolo “pubblico” e della sua prioritaria importanza nel promuovere il bene del singolo e il bene comune.

LINEE OPERATIVE PER LA NOSTRA CHIESA LOCALE Anche alla Chiesa di Pesaro sta particolarmente a cuore la responsabilità primaria della famiglia nella trasmissione della fede e nell’armonica crescita fisica, affettiva, relazionale delle nuove generazioni. Alla famiglia pertanto sacerdoti, catechisti e animatori devono riferirsi per una stretta collaborazione.

1. Le famiglie vanno aiutate e sostenute dalla parrocchia: la preparazione dei fidanzati al matrimonio deve assumere sempre più i tratti di un itinerario di riscoperta della fede e di inserimento nella vita della comunità ecclesiale; alle giovani coppie deve essere prestata una cura speciale per custodire le fasi ini-ziali della vita coniugale, per fare loro compagnia e per porre le basi di un cam-mino di formazione che duri tutta la vita; le famiglie che chiedono per i figli i sacramenti dell’iniziazione cristiana devono essere coinvolte come soggetti attivi nei relativi itinerari di preparazione.

2. Le famiglie a loro volta devono aiutare la parrocchia: si sente l’esigenza di gruppi di sposi più maturi che costituiscano modelli di riferimento per le cop-pie in difficoltà e si aprano al servizio verso i fidanzati, verso i genitori che chiedono il battesimo per i figli, verso famiglie segnate dalla disabilità e dalla sofferenza. Oppure che si mettano al servizio dell’intera collettività, affrontan-

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do con una precisa visione cristiana temi sociali e politici concernenti l’istituto familiare.

Occorre comunque riaffermare, come ci ha ricordato il Congresso Eucaristico Na-zionale appena concluso, che il “luogo” per eccellenza nel quale la famiglia trova motivazione e sostegno al suo agire è l’Eucaristia. È questa la vera fonte da cui la famiglia cristiana impara ad essere educata e ad educare alla preghiera, all’amore gratuito, al perdono, alla missione, alla costruzione del bene comune.

a cura dell’Ufficio Comunicazioni Sociali

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INVITO DELL’ARCIVESCOVO AL CONVEGNO DIOCESANO

Con l’annuale Convegno diocesano del mese di settembre, la nostra Chiesa locale dà l’avvio al nuovo anno pastorale. Il percorso di preghiera, di riflessione e di scelte pastorali che la nostra arcidiocesi intende affrontare per l’anno 2011/2012 sarà centrato sull’Eucaristia come esperienza che educa la famiglia. La chiesa è chiamata continuamente a riscoprire l’l’Eucaristia come cuore pulsante della sua prassi e la famiglia trova nella celebrazione eucaristica il fondamento ed il paradigma del suo compito educativo di soggetto impegnato nel trasmettere e ad educare alla fede le nuove generazioni. Ma come si è giunti a questa scelta? Il Congresso Eucaristico Nazionale che si celebrerà ad Ancona dal 3 all’11 settembre 2011 dal titolo “Signore da chi andremo?”, offre alla nostra chiesa una grande oppor-tunità di riflessione nel saper declinare l’Eucaristia nei vari ambiti della vita quotidia-na, tra cui anche quello della trasmissione della fede. Inoltre il recente documento degli Orientamenti pastorali dei Vescovi italiani “ Educa-re alla vita buona del Vangelo”, vede proprio nella famiglia uno dei soggetti principali chiamati a trasmettere la fede attraverso i sacramenti dell’Iniziazione cristiana, tra cui quello dell’Eucaristia. Pertanto in piena comunione con tutta la chiesa italiana, il Convegno diocesano ci consentirà di verificare prima e di riproporre poi alla famiglia cristiana la sua impre-scindibile missione di generare e di educare alla fede in Cristo i propri figli, cogliendo nella celebrazione dell’Eucaristia le motivazioni e le modalità per attuare un compito difficile ma sempre affascinante. Quindi dentro questo orizzonte di prospettiva, invito caldamente tutte le componenti della nostra chiesa locale ad una proficua partecipazione al Convegno diocesano di settembre, al fine di ritrovarci a percorrere un sentiero comune su cui far convergere tutta la pastorale sia ordinaria che straordinaria della nostra Arcidiocesi. Del resto la recente Visita Pastorale mi ha confermato la necessità di indicare di anno in anno un percorso condiviso, su cui impegnare il cammino di crescita della chiesa locale. Fiducioso di potervi incontrare di nuovo anche nei giorni del Convegno, vi ricordo al Signore nella preghiera e vi benedico tutti con animo paterno.

X Piero Coccia Arcivescovo

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CONVEGNO DIOCESANOSignore “DA CHI ANDREMO?” l’Eucarestia educa la famiglia

Pesaro, venerdì 16 settembre 2011S.E. Mons. PIERO COCCIA - Arcivescovo

Saluto con piacere e soddisfazione tutti voi partecipanti al nostro annuale Conve-gno diocesano di Settembre con cui diamo inizio al nuovo anno pastorale.

Saluto e ringrazio tutti coloro che si sono adoperati con impegno e passione per organizzare questo importante appuntamento ecclesiale.

Saluto con animo riconoscente Mons. Renzo Bonetti e i suoi collaboratori per aver accettato l’invito ad essere qui con noi. Saranno loro che ci aiuteranno per aprire alla nostra chiesa locale nuovi orizzonti e nuove prospettive, per quanto ci diranno e per le esperienze che ci comunicheranno.

Dopo ampia consultazione degli organismi diocesani, diamo inizio ad un anno pastorale che vedrà la nostra comunità cristiana impegnata nella preghiera, nella ri-flessione e nelle scelte pastorali, sia quelle della pastorale ordinaria che straordinaria, ad approfondire l’Esperienza dell’Eucaristia che educa la famiglia. Quindi in questo anno siamo chiamati a giocarci sul trinomio: Eucaristia, Famiglia, Educazione.Ma quali sono i motivi che ci hanno spinto a questa scelta?Innanzitutto il desiderio di dare attuazione agli Orientamenti pastorali dei Vescovi Ita-liani per il prossimo decennio. Il testo “Educare alla Vita Buona del Vangelo” specie nei capitoli IV e V fa abbondante e specifico riferimento al soggetto famiglia ed alla sua imprescindibile vocazione educativa alla fede attraverso l’Eucaristia celebrata, vissuta e testimoniata.

Per di più non possiamo non dare seguito al Congresso Eucaristico di Ancona conclusosi nella sua celebrazione, ma che chiede a tutta le Chiese che sono in Italia una traduzione di quanto emerso durante questo evento. Il Congresso di Ancona mol-to ci ha detto ed indicato in merito al nostro impegno di credenti nel saper declinare l’Eucaristia nella sfera dell’affettività, della fragilità, del lavoro e della festa, della tradizione e della cittadinanza. Ma come non rilevare che in questi cinque ambiti, un ruolo decisivo viene giocato comunque dalla famiglia che educata dall’Eucaristia è chiamata essa stessa ad educare la persona in queste dimensioni?

Nel maggio prossimo a Milano si svolgerà poi il Convegno internazionale sulla famiglia. Anche questo appuntamento ci ha sollecitato a concentrarci sulla famiglia nella sua missione generativa, educativa e testimoniale della fede.

Inoltre la recente conclusione della mia Prima Visita Pastorale all’Arcidiocesi mi ha fatto cogliere, come già ho detto, tre priorità pastorali su cui la nostra chiesa è chiamata a lavorare e ad investire per i prossimi anni: la famiglia, i giovani e la for-mazione degli operatori pastorali ( a proposito ricordo a tutti quel prezioso ed apprez-zato servizio che sta rendendo l’ISSR “Giovanni Paolo II”, struttura sempre più da valorizzare).

Da ultimo voglio far riferimento a quella confusione culturale ed antropologica in particolare, che oggi rischia di aggredire anche i credenti, compresi quelli presenti nelle istituzioni pubbliche in merito all’identità della famiglia colta nel suo dato natu-rale ed universale. Non è un mistero che recenti scelte fatte da qualche istituzione lo-

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cale con il concorso di cattolici dichiarati ci hanno lasciato molto ma molto perplessi nelle motivazioni e totalmente dissenzienti nei contenuti.

Ora ascoltiamo l’intervento di Mons. Bonetti che, sono certo, ci illuminerà nel sa-per cogliere l’Eucaristia come esperienza che educa la famiglia con tutte le implicanze che ne derivano.

Domani avremo modo di sentire delle esperienze pastorali al riguardo che ci saran-no di grande aiuto e di sollecitazione.

Inoltre sempre nella giornata di domani ci sarà data la possibilità, nei lavori dei gruppi di studio, di offrire il nostro contributo perché il cammino dell’anno pastorale che ci attende sia vissuto all’insegna della fattibilità concreta per le nostre comunità.

In attesa delle conclusioni del Convegno che proporremo nella celebrazione del “Mandato” agli operatori pastorali martedì 20 settembre alle ore 21.15 in Cattedrale, mi è caro suggerire fin da ora alcuni orizzonti dentro i quali collocare i lavori del Convegno.

Abbiamo necessità di rifare un tessuto culturale in merito all’identità naturale ed universale della famiglia in quanto tale.

Percepiamo di dover riaffermare che la famiglia è una risorsa per la società e per la chiesa.

Avvertiamo l’esigenza di coinvolgere la famiglia come soggetto che genera la fede ed educa alla fede soprattutto attraverso i sacramenti dell’Iniziazione Cristiana.

Sentiamo la spinta a far gustare alla famiglia cristiana la scoperta della propria vocazione ministeriale derivante dal matrimonio da vivere nella comunità cristiana e nella società.

Auguro a tutti buon lavoro per questi giorni e grazie all’impegno di tutti, una fruttuosa ricaduta del Convegno sulle nostre comunità e sul nostro territorio. GRAZIE

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CONVEGNO DIOCESANOSignore “DA CHI ANDREMO?” l’Eucarestia educa la famiglia

Pesaro, venerdì 16 settembre 2011Mons. RENZO BONETTI*

Saluto l’Arcivescovo, che per noi rappresenta Gesù, pastore e sposo di questa Chiesa; segno della presenza di Gesù Risorto in mezzo a noi e richiamo a ricordarci che il presente è Gesù.Gesù è l’unico che potrebbe parlare bene dell’Eucarestia. Lui, che l’ha fatta, potrebbe vederne tutti i risvolti educativi. Cerchiamo perciò di farci accompagnare dal Suo Spi-rito, approfondendo qualche aspetto molto semplice, che però possa arrivare al cuore e alla vita vostra e della vostra chiesa.

Il tema che mi avete dato è “Signore da chi andremo? L’Eucarestia educa la fami-glia”.Già la domanda iniziale denuncia un senso di smarrimento: anche noi talvolta siamo persone che non sanno dove andare, facciamo fatica a trovare la strada giusta.Chi vive la Pastorale porta sulla propria pelle la fatica di fare delle scelte, delle propo-ste: vede che la chiesa si svuota e non riesce a intravedere che cosa si può fare.I genitori vedono che i figli non vanno più in Chiesa e non riescono a cogliere che cosa si può fare. Quello che vediamo trasmesso in televisione o realizzato nella nostra società ci rende ulteriormente smarriti e diventa più che mai nostra l’espressione “Si-gnore da chi andremo?”.Forse siamo chiamati a mostrare in modo più efficace che il punto di riferimento, il punto sicuro per ciascuno è il Signore Gesù. Certo, solo i frutti manifesteranno agli altri e alle nuove generazioni il valore della fede. Non sarà un’appartenenza a garan-tire il futuro della fede. Non sarà l’avere tutte le idee esatte sulla fede ad assicurarci il futuro della fede. È solo la vita che assicura la vita; è solo la vita che celebra la vita.

Allora cerchiamo di chiarire alcuni punti.

1. Che cosa significa un educare cristiano?Oggi c’è il rischio di educare ai “frutti” dell’essere cristiano: il rispetto degli altri, la bontà, la giustizia, la solidarietà, l’onestà. Valori che condividiamo con tutta la gente di buona volontà, valori che fanno parte dello sforzo educativo di tanti di noi. Ma l’obiettivo dell’educazione cristiana è un altro: seminare e far crescere l’albero che produce questi frutti dell’essere cristiano. Ciò che manca oggi non sono tanto i frutti, quanto l’albero: da dove nascono l’onestà, la bontà, la giustizia? Per quante leg-gi faccia, lo Stato non riuscirà mai a costringere i cittadini ad essere onesti e a pagare le tasse, perché manca l’albero che produce i frutti della bontà e del rispetto.Si tratta perciò di far cresce questo albero, da cui a volte nascono frutti oltre ogni nostra aspettativa, perché ci è stato dato uno Spirito nuovo, siamo stati innestati su un altro albero, sull’albero della vita che è il Signore Gesù.

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2. Come può l’eucarestia produrre un’educazione cristiana?Per noi cristiani l’educazione comporta l’educare ad una novità assoluta e permanen-te, a una Presenza. Può darsi che tanti di voi lo diano per scontato. Io, prete con 69 anni alle spalle, ho capito che si comincia sempre da lì. Io sono chiamato a educare alla presenza viva di Gesù. Che significato ha stare qui a ragionare se Lui non è in mezzo a noi? Di chi siamo? A chi apparteniamo? Dove andiamo? Che facciamo? È la presenza di Gesù che è qualificante. Come dice San Paolo, se Gesù non è risorto e non è presente in mezzo a noi, vana è la nostra fede. Pertanto ogni educazione che non cominci dalla educazione alla Presenza (con tutto quello che è ne è connesso) non educa realmente a ciò che è la sostanza dell’essere cristiano. Quando ho ripreso in mano la vita parrocchiale dopo molti anni, chiedendo al Vescovo di poter lasciare l’Ufficio della CEI per fare il prete normale, perché questo sentivo come chiamata spirituale, mi sono chiesto: da dove comincio? Sì, si potrebbe dire che non occorrono particolari suggerimenti per fare il prete, basta fare quello che si è sempre fatto. Ma io mi sentirei a posto? Mi sono chiesto “da dove comincio?” anche per quello che portavo nel cuore: a me interessava dare luce, novità, soggettività, consistenza alla realtà della grazia del sa-cramento del matrimonio e a ciò che ne deriva. La parrocchia su chi è fondata? Sui muri? Sulle attività? E lì, parlando anche con i miei sacerdoti, dopo una bella settimana di Esercizi Spirituali passati insieme, ho de-ciso di ricentrare tutta l’attività pastorale su Gesù. Può far sorridere perché lo so che si dà per scontato, ma per me non è scontato. Occorre far passare nel cuore della gente che è Gesù il centro della parrocchia, è Lui il Signore.Come potevamo fare questo? Con qualche predica in più? Abbiamo fatto una scelta molto precisa, che dopo otto anni posso dire ha funzionato: abbiamo scelto come par-rocchia di fare adorazione permanente nella cripta, dalle 8 del mattino alle 23 di sera, dicendo che il centro della vita parrocchiale è Lui, che noi parliamo a nome di Gesù, che solo Gesù dà significato al mio sacerdozio e che io prete sono segno, sacramento di Gesù. Chi celebra la messa, il sacramento del matrimonio o battezza non sono io è Gesù; ma se io non ho il cuore in Gesù, come faccio a cogliere la realtà del prete, del battesimo? Se io voglio dare vita al matrimonio, come posso far stimare il matri-monio, se non ho messo al centro Gesù? Perché gli sposi sono sacramento di Gesù, attualizzano la presenza di Gesù amante, in stato di amore, proteso ad amare l’uma-nità, proteso a morire sulla croce, a donare il suo corpo per amore. Attualizzano Gesù in questo stato dinamico di amore, l’amore del Verbo di Dio disposto ad incarnarsi, l’amore di Cristo per la Chiesa. Queste sono solo parole se non si educano gli sposi al fatto che Gesù è presente e che entrambi sono segno, sacramento di Gesù; dato che Gesù non si vede – i non credenti non lo vedono e anche i credenti lo vedono poco – sono gli sposi che lo rendono visi-bile, che gli prestano le loro facce, il loro sguardo, le loro gambe, affinché Gesù possa camminare per le strade e possa dire ancora a Zaccheo: ”Scendi, vengo a mangiare a casa tua”. È solo la presenza di Gesù che dà vita e attualizza tutti i sacramenti.Abbiamo dunque preso questa strada dell’adorazione eucaristica quotidiana. E mi ricordo che dicevo a tutti gli anziani che avevano da brontolare sempre sul prete, sulla parrocchia, sul papa, sui giovani: “Mi raccomando, venite in cripta ad adorare

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Gesù, perché è l’unico che può fare qualcosa; venite a pregare, basta di brontolare, di chiacchierare! Se noi usassimo per pregare tutto il tempo trascorso a brontolare e a chiacchierare, avremmo una chiesa santa! E invece abbiamo una chiesa di brontoloni! Perché non abbiamo la fede in Gesù. E per avere la fede in Gesù Eucarestia, bisogna avere la fede dei pastori! Bisogna avere la fede del Centurione che sotto la croce dice: “Non riesco a capire quell’uomo, ma qualcosa c’è, quello è veramente figlio di Dio!”.Educare alla Presenza. Qualcuno già allora mi obiettava: “Ma centrando così la par-rocchia sull’eucarestia adorata, non si rischia di svilire la Messa?”.Io stamattina, alla messa feriale, avevo per lo meno 150-200 persone: la presenza alla messa feriale del mattino e della sera è raddoppiata, triplicata. Perché se scopri la presenza, vai all’eucarestia. Ci si può dire sposati se non si considera la presenza del coniuge, se si vive come se non ci fosse? No. Ci si può dire padri e madri se non si considera in modo stabile la presenza di un figlio? No. Ci si può dire cristiani, se non si considera la presenza viva e continua di Gesù risorto? “Io sono con voi tutti i giorni, tutto il giorno”. Noi siamo attaccati a Lui. Se questo non entra a far parte della nostra coscienza cristiana, dove li appendiamo i frutti? Da dove possono scaturire? Tutti i sacramenti sono segni visibili di chi è nascosto: il battesimo, la cresima, la riconciliazione, l’unzione dei malati. Ma ce ne sono due che fanno vedere Gesù in modo particolare: l’ordine e il matrimonio. Sacerdoti e sposi sono mandati da Gesù a far sì che una comunità sia una famiglia. L’eucarestia, cuore della fede, ci dice che c’è un solo centro della nostra fede ed è Gesù vivo, presente in carne ed ossa nell’eucare-stia. Finché non si riscopre l’Eucarestia, cari amici, la vita cristiana non può rifiorire. In epoche passate, giunte a livelli altissimi di fede e di vita sociale impostata sulla fede, ci sono state persone che, per amore dell’eucarestia, hanno costruito cattedrali, ostensori, perché ritenevano che quella presenza fosse così importante da meritare una cattedrale, un pezzo d’arte. Noi certo siamo chiamati a vivere la devozione all’eucarestia anche in una chiesa sem-plice, povera, in una capanna, ma non con un cuore meno grande di chi ha costruito una cattedrale. L’Eucarestia ci educa a questa presenza. Nella misura in cui scopro l’Eucarestia, scopro che il senso della Chiesa è essere Presenza,

3. Come può l’eucarestia produrre un’educazione cristiana dentro la realtà del matrimonio e della famiglia?

a) L’eucarestia indica l’identità del matrimonio e della famiglia. L’Eucarestia è Gesù che in diretta dona se stesso per amore. Negli sposi Gesù è

presente, ma non in diretta: è “coppia-mediato”. Attraverso gli sposi vuole conti-nuare a trasmettere questo messaggio: “Vuoi capire quanto ti amo? Prendi, man-gia, questo è il mio corpo”.

Poiché non può andare per le piazze e per le strade, dice agli sposi: “Tu, coppia, sei disposta ad andare a dire per le strade che io vi amo e sono disposto a donare il mio corpo per amore? Sei disposta a dire che Io ho un amore che sorpassa tutti, che sono disposto ad unirmi con chiunque pur di dire l’amore? Sei disposta a far trapelare il mio amore dentro il tuo donarti nel corpo, dentro la tua vita di relazione uomo-donna?

Il donarsi di Gesù, il sacramento dell’alleanza, trova una sua espressione attraver-so gli sposi, sacramento dell’alleanza. Paolo VI, con un’espressione molto bella,

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chiamava gli sposi “tabernacolo dell’alleanza”. Da loro si vede chi è Dio. Chi è Dio? È un’alleanza di amore. Quello che Gesù non può dire a chi non viene in Chiesa, ai non credenti, ai non praticanti, lo vuol dire attraverso il sacramento del matrimonio, un sacramento tutto dell’evangelizzazione.

Nell’eucarestia scopri l’identità della famiglia, perché l’identità degli sposi è la presenza di Gesù con loro.

Io sento un obbligo particolare nel gridare questa verità teologica del sacramento delle nozze, perché nella mia lunga vita da prete ho respirato la fede che voi gente, voi popolo avete nei preti. Al di là della faccia, del comportamento, degli errori, lo considerate comunque un prete, che dice messa e assolve, anche se non vi piace. Avete saputo riconoscere la presenza di Gesù sempre. E il saluto che si dava al pre-te, oggi un po’ in disuso ma ben radicata nel popolo cristiano – “Sia lodato Gesù Cristo - indicava la fede nell’identità del prete. Io allora, come prete, sento di dire davanti agli sposi: “Sia lodato Gesù Cristo. Voi siete sacramento di Gesù. Gesù è in voi”. L’Eucarestia ci aiuta a cogliere questa identità profonda degli sposi.

b) L’eucarestia indica lo scopo del matrimonio e della famiglia. Qui vado subito al concreto così mi capite ancora meglio. Qual è lo scopo della

vita? Se lo si chiede a tanti giovani, lo scopo della vita è farsi una famiglia. Io faccio da 5 anni un incontro mensile di una giornata per “singoli” dai 25 ai 50 anni, e vedo che c’è tanta amarezza nelle persone sole, che non si sono sposate o non riescono a sposarsi o sono state lasciate. Tra l’altro c’è una contraddizione assoluta nella società, perché quella stessa mentalità che prende in giro e svilisce il matrimonio, fa sentire emarginato uno che non è sposato (a meno che non sia un gigolò).

Dunque per i giovani lo scopo della vita è far famiglia. Ma se fosse veramente così, con tutti i fallimenti che ci sono in giro, con tutti gli sposi e le spose “incompiuti”, che scopo avrebbe la vita?

Allora, qual è veramente lo scopo della vita? È fare la “famiglia grande”: questa è la forza del sacramento delle nozze.

La famiglia è un inizio, un germoglio, un motorino di avviamento per fare la “mia” famiglia, ma la mia famiglia non può essere la mia piena realizzazione, perché non esistono mogli perfette, mariti perfetti, figli perfetti. La mia realizzazione non è questa famiglia, perché la famiglia vera è quella dei figli di Dio, quella grande. È nella famiglia grande che io scopro il significato del mio far famiglia, perché le lacrime che verso per quel marito, quella moglie o quel figlio, non vanno perse se costruisco quella grande famiglia che si riunisce intorno all’altare, intorno alla stesso pane. Finché non scopriamo questa famiglia e questa tavola, non possiamo aver capito che cosa vuol dire fare famiglia. Facciamo una famiglia individualisti-ca, ma non è questo lo scopo. Tu, madre, che hai tribolato per tuo figlio che non ti ascolta mai, guardati attorno: puoi amare tutti i figli. Non c’è più lacrima, sorriso, fatica che non serva per costruire questa famiglia: una famiglia in cui c’è un corpo solo, Gesù, un solo pane, una sola mensa.

Davanti all’Eucarestia chiediamoci: io per che famiglia lavoro? Qui si qualifica lo scopo educativo della famiglia: non educare al precetto, ma al fare famiglia con Gesù e con gli altri. In realtà è importante anche il precetto, ma se non abbiamo nel cuore di fare della nostra casa una famiglia aperta, grande, definitiva, il precetto non terrà.

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È dentro l’Eucarestia che scopriamo il valore straordinario che è la famiglia, per-ché la famiglia è il “modellino trinitario” per costruire la famiglia definitiva. Dio è comunione assoluta: Padre, Figlio e Spirito Santo. Ma qui sulla terra, che tipo di comunione facciamo, come facciamo a fare comunità? Dipende dal prete, dal tipo di locali parrocchiali, dall’organizzazione? Che modello di comunità facciamo? (cfr. primi numeri del Documento “Comunione e comunità” dell’ ‘81).

C’è un modellino trinitario: la famiglia è immagine e somiglianza della Trinità. Non c’è nessuna istituzione che possa sostituire questo modello trinitario.

La famiglia collocata dentro la comunità è quella che fermenta la modalità fa-miliare. Si fa presto a parlare della parrocchia “famiglia di famiglie”, ma se non valorizziamo la famiglia, non faremo mai la “famiglia delle famiglie”, perché è la famiglia il metro di misura per vedere quanto la parrocchia è capace di far famiglia di famiglie.

Qui ci sarebbe spazio per parlare della missione che hanno gli sposi all’interno della Chiesa e della società. Gli sposi hanno il carisma della relazione.

c) L’Eucarestia educa alla qualità del rapporto uomo-donna e fa vivere ai figli le vette dell’amore attraverso il loro vivere quotidiano, perché è dalla relazione uomo-donna che scaturisce la qualità dell’educazione.

Una coppia infelice non educherà i figli ad essere felici; educherà i figli a cercare alternative di felicità. È solo una bella qualità di relazione umana uomo-donna che saprà dare il meglio di educazione ai figli. Non una “perfetta” coppia, ma una “bella” coppia, carica di buona volontà. È solo questa relazione bella che conduce i figli a scoprire le vette dell’amore. Voi sposi state mostrando le vette dell’amore ai vostri figli? Vi vedono discutere? Va bene, le coppie non devono essere tutte perfette e imbalsamate, anzi. Se la coppia non bisticcia, non gareggia, vuol dire che non è viva. La vita è fatica. La croce pesa. Le difficoltà ci sono: come le af-frontiamo? Le cose da fare ci sono: quanto amore ci mettiamo? Non si tratta di non bisticciare, si tratta di come crescere. Se i figli non vedono la bellezza dell’amore dei genitori, dove la potranno vedere?

d) Come l’Eucarestia educa la qualità dell’amore? Qui mi verrebbe da dire: andate a fare un po’ di adorazione come coppia oppure come singoli (se non potete come coppia). Perché l’eucarestia insegna agli sposi come si fa a dare per amore il corpo che è unico (questo aspetto viene sviluppato nel mio libro “Corpo dato per amo-re”).

Solo chi vive l’Eucarestia impara cosa significa dare tutto. Cari amici sposi, la sfida è dare tutto. Non è andare d’accordo. Non è sopravvivere al matrimonio. Non è ricevere la medaglia della resistenza dopo 50 anni di vita coniugale. La sfida è dare tutto. La giustificazione a non dare non è legittimata mai nell’amore. Chi di voi si trattiene dal dare ai figli? Allora vuol dire che abbiamo realmente una possibilità interiore di amare infinitamente. Che cosa il Figlio di Dio non ha perso nell’Eucarestia? L’onnipotenza, la grandezza, la visibilità. Non ha più neanche il volto di persona. Perdere tutto vuol dire avere dentro una capacità di amore che è straordinaria. E qui contesto quelli che dicono che cedere troppo al marito com-porta una diminuzione di personalità.

Cari amici, occorre una personalità molto più forte per accettare di perdere che non per imporre. Richiede più personalità e forza un gesto di tenerezza che non l’urlare per una giornata intera. Gesù ha usato il suo potere per riuscire a perdere.

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Questo mi stupisce dell’Eucarestia. Usare il potere per perdere. Fino a che punto è arrivato a perdere? Fino a dove posso amare?

Ma, cari sposi, non pensate di poter fare questo solo con la vostra buona volontà. È solo con la forza dello Spirito che il Signore effonde e dona un cuore nuovo, genera un uomo e una donna capaci di amarsi come Cristo li ama. Lo sposo e la sposa hanno la capacità di amarsi “alla divina”.

Perché se Cristo vuole parlare di sé, vuole manifestare che ama e che perdona sem-pre, che è misericordioso, che è disposto sempre a ricominciare, se vuole attua-lizzare sé attraverso il sacramento delle nozze, non può che donare il suo Spirito, perché chi può amare come Lui? Gli sposi sono permeati del dono dello Spirito. Il dinamismo psicofisico dell’uomo e della donna, sessualità compresa, è permeato da questo dono dello Spirito. Così i figli intuiscono che tra gli sposi c’è un amore grande.

Vorrei fare una provocazione a chi è sposato da 20 o 30 anni, o magari anche da 5 o da 3: come vi guardate negli occhi? Come si guarda la televisione, un vestito, oppure con lo sguardo ancora innamorato di chi pensa: se Dio ha voluto questo uomo perché è significativo ai suoi occhi, sarà prezioso anche per me! Se questa donna è preziosa agli occhi di Dio, quanto sei lontano da Dio se non ne cogli la preziosità? Se Dio l’ha voluto in questo mondo, perché ti ritieni così grande da criticarla? Perché invece non confessi la tua ignoranza, la tua poca fede? Noi sappiamo che ciascuno di noi è pensato da Dio prima della creazione del mondo (“Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale prima della creazione del mondo” S. Paolo agli Efesini). Noi abbiamo scelto un uomo o una donna amati da Dio prima che noi li incontrassimo. Io, marito, devo scoprire perché Dio ha voluto mia moglie in que-sto mondo. E viceversa. Come non aiutarsi a far venire fuori questa bellezza?

Noi cristiani abbiamo il segreto dei matrimoni belli. Il mondo lo ha perso. Noi siamo capaci di vivere questa bellezza. Pensate che Dio nella creazione del mondo, in quelle prime pagine stupende della Genesi, dopo aver fatto l’uomo e la donna, disse “Ho fatto una cosa molto bella” ed è pronto a ripetere queste parole davanti ad ogni uomo e ad ogni donna.

La generazione attuale è arrivata a smentire Dio. Noi abbiamo il segreto dell’uma-nità. Noi non ci rendiamo conto che la Chiesa conserva nel sacramento del matri-monio le specie umane. Quando nella cultura attuale non si saprà più che cosa è il matrimonio, i vostri figli con chi si sposeranno? Quante modalità del far famiglia esisteranno?

Mi verrebbe da dire ad ogni coppia di sposi: tu contieni il futuro di questa umanità. Se noi perdiamo questa bellezza, di che cosa parleremo?

Se gli sposi vivono l’Eucarestia, coltivano la dimensione umana dell’amore, per-ché non esiste negli sposi la possibilità di una crescita spirituale che non coincida con la crescita di un amore umano: è l’amore umano che è permeato dall’azione dello Spirito, consacrata dall’azione sacramentale.

E se i vostri figli vedranno questa bellezza, scopriranno che è bello sposarsi. Non possiamo più aspettare. Dobbiamo cominciare ad avere sposi che dicano con forza la bellezza del matrimonio, non perché hanno un marito o una moglie perfetti, ma perché hanno un amore più grande dei difetti della moglie e del marito. E che questo sia possibile lo si vede con un figlio che sbaglia, perché lo si ama di più.

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Quindi il meccanismo funziona, lo si possiede. L’eucarestia educa alla qualità del rapporto. Si potrebbero fare tanti esempi: il

silenzio per amore, l’accoglienza per amore, il non misurare mai per amore.e) L’eucarestia educa a cogliere il ruolo della famiglia, oltre al ruolo del sacerdote. Il presbitero è chiamato a fare l’eucarestia, a celebrarla nel nome di Gesù; è lui che

dice “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”. È il presbitero che è pastore, capo, guida della sua comunità. D’altra parte, però, il matrimonio è un altro sacra-mento speciale, perché consacra una “relazione”: gli sposi hanno il carisma della relazione, sono relazione, sono esportatori di relazione, della relazione di Dio per la Chiesa, di Cristo per l’umanità.

Il sacerdote è colui che dà il corpo di Cristo. Gli sposi cristiani costruiscono un tessuto cristiano di relazioni.

Questo potenziale di relazione consacrato dallo Spirito è solo da usare in casa? No. Perché gli sposi hanno una dimensione relazionale dentro che permette loro di entrare in rapporto con tutto.

La coppia di sposi che riceve l’Eucarestia riesce a fare un unico corpo di tutta la comunità cristiana.

L’Eucarestia aiuta gli sposi, ma anche tutti i cristiani ad avere una “fede-corpo”, non una fede privata, che sarebbe come mettere in gabbia Gesù, che invece ha voglia di camminare, di andare. L’Eucarestia educa alla famiglia grande. È il defi-nitivo che dà significato al provvisorio. Il demonio ci ha rubato l’eternità. Abbia-mo dei cristiani che si guardano la punta delle scarpe. Guardano all’oggi. Pensate quanta gente, anche tra i cattolici, dice: “Quello che conta è stare bene”. Quello che conta non è stare bene, ma andare verso il bene assoluto. Lo diciamo in ogni celebrazione eucaristica: “In attesa della beata speranza che venga il nostro Sal-vatore Gesù Cristo”. Quanti di noi stanno attendendo il Signore?

C’è un cuore eucaristico che ci attende e c’è un cuore eucaristico in casa. Si può far assaggiare un pane credibile anche ai non credenti, che possono avvicinarsi a Dio attraverso questa immagine e somiglianza dell’amore di Dio che è la famiglia. Ma io ho la netta sensazione che tanta gente che va in chiesa e fa anche la comu-nione non crede veramente nell’Eucarestia.

Vorrei concludere richiamando al fatto che solo rifacendosi a questa Presenza pos-siamo incarnarci nella vita concreta di tutti i giorni, nella vita della società. Il rapporto Chiesa-mondo non si risolve eliminando il “Verbo” e facendo solo incar-nazione: senza il Verbo, lo Spirito, non c’è incarnazione. Solo dove c’è il rapporto con Gesù, c’è l’incarnazione di questo amore nella vita concreta della società.

(trascrizione non rivista dal relatore)

* Parroco di Bovolone, diocesi di Verona

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CONVEGNO DIOCESANOSignore “DA CHI ANDREMO?” l’Eucarestia educa la famiglia

Pesaro, sabato 17 settembre 2011Prima testimonianza: FLAVIO ed ANGELA, diocesi di Brescia

AngelaBuongiorno a tutti. Siamo Angela e Flavio, siamo sposati da 14 anni, abbiamo due bambini di 9 e 11 anni, facciamo parte di una parrocchia di circa 6000 persone, in un quartiere periferico della città di Brescia.Don Renzo ci ha chiesto di raccontarvi oggi come siamo stati educati dall’eucarestia. Ci proviamo. Dovrete avere un po’ di pazienza perché non siamo del mestiere e abbia-mo un po’ di emozione.

FlavioQualche tempo fa, leggendo il libro ”La famiglia nel giardino delle Scritture” di M. Teresa Zattoni e Gilberto Gillini, regalatoci per il nostro anniversario di matrimonio, sono rimasto molto colpito dall’interpretazione che gli autori danno del brano del Vangelo dei discepoli di Emmaus, partendo dall’assunto che i due discepoli potessero essere una coppia di sposi. Leggendo quel libro ci siamo resi conto che il Vangelo descriveva anche la nostra sto-ria, parlava anche di noi. Abbiamo così pensato di raccontarvela un po’ come quella dei discepoli di Emmaus.

AngelaNaturalmente non c’è nessun fondamento all’ipotesi che questi due discepoli fossero marito e moglie. Però “i due tornavano a casa” : si capisce subito che questo ritorno a casa è uno dei tanti ritorni dalla delusione. La casa non più come luogo sacro, sano, ma come sorta di rifugio dove tornare a mani vuote. Anche noi eravamo partiti bene, ma poi siamo stati ingoiati dalle delusione e dalle frustrazioni della vita. Come dice il Vangelo di oggi: “Il seminatore seminò, ma poi venne il diavolo e portò via la Parola dal loro cuore”. Nel tempo della prova non abbia-mo retto; le preoccupazioni e le sofferenze ci hanno tolto le nostre sicurezze di fede.Il Vangelo prosegue raccontando come “Gesù si fece vicino e si mise a camminare con loro”. Nei momenti in cui la notte è più nera, Gesù si accosta alle nostre vite e non lo fa volendoci stupire con effetti speciali: ai discepoli di Emmaus poteva apparire in modo sfolgorante e invece si è messo con loro e ha cominciato pian piano a rivelarsi.È come se qualcuno avesse preso per mano questa (ipotetica) coppia di sposi e avesse spiegato loro la salvezza, avesse dato loro una nuova luce con la quale leggere gli avvenimenti degli ultimi giorni. Allo stesso modo Gesù si è fatto vicino a noi, coppia di sposi feriti e delusi, ci ha liberati dalla gabbia delle nostre attese, ci ha insegnato la strada della fedeltà, non ai nostri propositi o a quello che pensavamo, ma la fedeltà a Lui.

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Quando arrivarono a casa, i due discepoli “lo costrinsero a fermarsi a casa loro”, pro-varono il desiderio di stare con Lui; non sapevano che stavano invitando Gesù, però sentivano il desiderio di rimanere con Lui. Gesù è entrato, ha accettato di rimanere con loro; ha mangiato con loro e ha trasfor-mato quella piccola offerta in qualcosa di impensato: si è rivelato, nel gesto dello spezzare del pane. Matteo dice: “Allora si aprirono i loro occhi lo riconobbero”. I due “sposi” trovarono lo sposo e lo trovarono proprio nel gesto dell’eucarestia. Gesù prima li ha saziati con la parola e poi ha fatto capire che quel piccolo maldestro amore di coppia poteva es-sere realizzato grazie al Suo amore. Il Vangelo dice ancora: “Disparve ai loro sguardi”. Dopo questa scomparsa però i discepoli di Emmaus non si sono smarriti, non si sono sentiti abbandonati. Nell’incontro con Lui era spuntato qualcosa tra di loro, era spuntata un’intimità car-nale, avevano imparato a comunicarsi le emozioni, i sentimenti, l’esultanza e quello che uno sentiva veniva messo a servizio e a disposizione dell’altro. E l’altro, il partner, diventava un partner di gioia, non un compagno di smarrimento. Tra loro era spun-tata anche un’intimità spirituale: sentivano che nello spezzare il pane di quell’uomo, qualcosa ardeva nei loro cuori e Gesù non era più un estraneo, qualcuno a cui rendere conto, ma qualcuno che faceva parte della loro coppia.

FlavioI due discepoli, dice il Vangelo, “erano in cammino”. Camminare presuppone solitamente una meta, ma Angela ed io, dopo 15 anni di ma-trimonio, non ci chiedevamo neppure più “Signore da chi andremo?”. C’erano anzi dei momenti in cui il Signore non era neppure previsto o considerato come un interlo-cutore. E questo dice quanto ci eravamo allontanati da Lui. “Da chi andremo?” avremmo dovuto chiedergli nel momento in cui le difficoltà, le incomprensioni, l’illusorietà di essere “due io diversi”, con tanti difetti, facevano sem-brare impossibile creare quell’unica carne che il matrimonio ci aveva promesso. “Da chi andremo?” per riscattare il premio promesso? Quello che pensavamo ci fosse in qualche modo dovuto. “Da chi andremo?” se poco o nulla smuoveva il nostro intellet-to, il nostro animo dalle ragioni del mondo? Talvolta il vuoto era talmente grande da non farci riconoscere a chi rivolgere la no-stra domanda. Altre volte era tale che non ci chiedevamo più dove stavamo andando; ognuno procedeva sul suo binario, in binari paralleli molto ben organizzati, in una direzione che pareva non avere alternative. Due poveri “io” nell’anima, mentre i pro-getti che avevamo fatto da fidanzati, quando era tutto bello, si andavano sgretolando. Anche per me la casa era diventata un rifugio in cui tornare a mani vuote, un rifugio personale, un ristoro personale: dopo una giornata di lavoro difficile, fatta di richieste pressanti, tornavo a casa senza energie, senza voglia di parlare e nemmeno di ascol-tare. Alla sera dopo le nove aspettavo che Angela e i figli fossero andati a letto per fare i fatti miei, sdraiato sul divano davanti alla tele, oppure davanti al computer, che col tempo stava occupando sempre più i miei spazi personali. Andavo a letto sempre più tardi, convinto che in quel tipo di vita si nascondesse un qualche risarcimento o appagamento che credevo mi spettasse di diritto.

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E tuttavia continuavo ad essere un “bravo marito”, che dava del tempo alla parrocchia, responsabile degli adolescenti, dell’oratorio, delle feste e alimentavo in me la certezza di essere a posto, di fare tutto quello che c’era da fare: mantenere la mia famiglia, pre-occuparmi dei figli e della moglie, alla quale ogni tanto facevo la posta per procurarmi il meritato obolo sessuale. Ma mi sentivo vuoto, inutile, senza senso, senza meta. Occupavo il tempo per far passare il tempo. Però intanto il Signore, come con i discepoli di Emmaus, stava camminando. Si stava preoccupando di me e soprattutto della nostra coppia. Stava per far esplodere ciò che era sopito o addirittura ancora completamente nascosto. Anche se i nostri occhi erano, per così dire, chiusi all’evidenza. Andavo per la mia strada e non mi accorgevo che Lui stava camminando con noi. Anche la parrocchia era per noi motivo di distacco, perché ci venivano richiesti impe-gni separati. In calendario c’era da sempre l’adorazione eucaristica tutti i venerdì (un paio d’ore prima di cena), ma noi immancabilmente “eravamo occupati” (lavoro, figli calcio ecc.). Due ore alle quali nessuno dei due si era mai sentito invitato. Poi una volta venne organizzata un’adorazione notturna (non ricordo più per quale oc-casione): si trattava di dare la propria disponibilità di un’ora, in modo che la chiesa po-tesse rimanere aperta e il santissimo esposto tutta la notte fino al mattino successivo. Non saprei dire come esattamente rimasi coinvolto. Ciò però che provai quella notte fu la sensazione forte e immediata che quella esperienza si dovesse ripetere; fu come se quel momento, quella contemplazione avesse acceso qualcosa dentro. Nella contem-plazione (perché quella sera non sapevo neppure come rapportarmi con quel corpo) era nato in me qualcosa di forte che non avevo ancora modo di spiegarmi.Fatto sta che la domenica successiva ero tra quelle persone che erano andate dal parro-co a chiedergli di ripetere l’esperienza almeno una volta al mese. Questa esperienza ha cambiato la mia vita e la nostra vita di coppia. Io non sapevo che cambiamenti avrebbe portato, ma ero certo che stare con Lui, davanti a Lui, mi faceva bene. Dopo molto altro lavoro nella parrocchie è stata organizzata l’adorazione perpetua: dal lunedì al venerdì, dalle ore 9 alle 23, chiesa aperta, eucarestia esposta, almeno un adoratore fisso per ogni ora). Benché dubitassimo di riuscire a riempire queste ore per tutto l’anno, dopo una settimana avevamo già più adoratori di quelli necessari.Il Vangelo parla di Gesù come di un forestiero che accetta l’invito dei discepoli di Em-maus ed entra per rimane con loro. Quando fai un piccolo passo, che ti sembra povero e inutile, verso il Signore, lui ti apre l’infinità del suo Amore. Davanti all’eucarestia, davanti al suo corpo reale, abbiamo cominciato a sentire il suo amore, soprattutto a vederne gli effetti: il desiderio prima di tutto che arrivasse il nostro turno e poi il desiderio di dire ad altri quanto fosse bello fare questa esperienza di vita, questa esperienza viva.

AngelaAll’inizio non capivo bene e ho fatto molta fatica ad aprire il cuore. Rimanevo a casa con la scusa dei bambini e dei vari impegni domestici: nel corso degli anni, infatti, ero diventata nei confronti di mio marito sempre più espulsiva, ero disposta a lavare, a stirare a pulire la casa, a tenerla in ordine, purché facessi tutto a modo mio e solo io.

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Spesso ero io che invitavo mio marito ad uscire, anche se poi mi sentivo sola e cercavo conforto nel computer, dove trovavo amicizia e confidenza con rapporti online tran-quilli perché si mantenevano le debite distanze. Ma con questo ho privato il compagno della mia vita di tutta una fetta di me stessa. Quello che posso dire è che la rivendicazione della mia privacy era un segno che il maligno si era infiltrato tra di noi; è stato un seme cattivissimo da estirpare, perché quando cominci a pensare “ho diritto alla mia privacy, al mio io piuttosto che al noi”, diventa molto sottile il confine con il dire “questa cosa la tengo per me, la nascondo”.Quando è iniziata l’esperienza di adorazione di mio marito, io lo spiavo scettica e dicevo: “Vado già alla messa domenicale, devo occuparmi dei bambini, non ho tempo di stare un’ora alla settimana là seduta. E poi questa adorazione sarà un altro impegno pastorale davanti al quale io scenderò di un altro gradino nella scala delle priorità di mio marito”. Alcune volte però cedevo alle sue insistenze. Io non so se voi avete mai provato che richiamo incredibile sia sapere che il corpo di Gesù è esposto tutto il giorno in Chiesa e sapere che ogni volta che gli passi davanti tu puoi incontrarlo. Io questo, nonostante tutto, lo sentivo. Ma presto i nostri binari si sono ingarbugliati: in un momento pieno di sofferenza abbiamo sperimentato tutta la povertà con cui stavamo sopravvivendo. Qualche volta con stupido orgoglio dicevamo in giro, magari guardando le altre cop-pie che avevano iniziato con noi e si erano separate: “Sono più di dieci anni che resi-stiamo!”. Ma che grazia sarebbe se Gesù che ci ama così tanto da donare il suo corpo, ci avesse condannati a resistere? Dove sarebbe la grazia? Noi siamo stati fortunati perché era un momento in cui la nostra comunità parrocchia-le ci dava veramente molto; abbiamo cominciato a frequentare una comunità familiare di evangelizzazione, a pregare insieme ai nostri fratelli in casa di un’altra coppia; ab-biamo cominciato ad alzarci ogni mattina un po’ prima per pregare insieme. Fatto sta che davanti al corpo di Gesù donato per amore, il modo di vivere il nostro matrimonio veniva interrogato. E di fronte a quell’amore vero, grande e totale, il no-stro sembrava meschino, perché il dono totale non c’era. Ci eravamo dimenticati di essere due sposi (il diavolo, che porta via dal cuore la parola del Signore, era stato pronto ad insinuarsi nelle crepe del cuore per aprire degli squarci difficili da riparare). Non litigavamo mai: questo era il nostro grande peccato contro l’amore; ci eravamo distratti e il nostro “noi” era diventato “due io”.Nel Vangelo di Matteo leggiamo: “Allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero”. A noi è successo così, quasi senza che ce ne rendessimo conto.

FlavioSì, sono state le notti di adorazione: quell’amore infinito, che si è fatto piccolo per poter essere di tutti, ci ha fatto riconoscere la chiamata dell’essere coppia. Dapprima abbiamo sentito un personale giovamento, ma poi abbiamo compreso che nell’eucare-stia Cristo è presente per tutta la Chiesa. Davanti al suo corpo abbiamo capito che non possiamo fermarci solo alla nostra spiritualità individuale, ma dobbiamo raccontare al mondo un vita di spiritualità coniugale. Questa scoperta è stata una gioia immensa, un pezzo di Paradiso. La nostra coppia poteva riflettere quell’amore, essere risonanza, testimonianza di quell’amore.

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Ho cominciato a sperimentare il matrimonio non come un inferno o una gabbia dove rinchiudere Flavio ed Angela, ma come un anticipo di Paradiso. E così non puoi fare a meno di parlarne: e allora, come i discepoli da Emmaus torna-rono a Gerusalemme, così noi siamo venuti da Brescia a Pesaro, perché desideriamo raccontare a tutti che il matrimonio che abbiamo celebrato 15 anni fa ci rende uniti e simili a Dio, che possiamo rendere il mistero dell’eucarestia vivo, concreto e gioioso. Tutte le relazioni che abbiamo instaurato con la parrocchia e con tante altre realtà, non sono solo relazioni umane, ma relazioni di “corpo divino”. Questa consapevolezza ha generato un nuovo modo di vivere, ha cambiato i gesti, gli sguardi. Nella “Esortazione Apostolica” post-sinodale si dice che “approfondire il legame tra eucarestia e matrimonio è un’esigenza propria del nostro tempo” e che “l’eucarestia, sacramento della carità, mostra un particolare legame con l’amore tra l’uomo e la donna”.

AngelaAlla luce di queste nozze offerte da Gesù, è stata messa in evidenza non solo la nostra povertà di risposta e il nostro tradimento, ma anche la consapevolezza di poter essere riflesso di questo amore. Ciò ha ri-orientato la nostra vita familiare.Innanzitutto abbiamo capito che la grazia del sacramento del matrimonio è una fonte di santificazione che non si esaurisce mai, che viene data per tutta la vita, non solo il giorno del matrimonio; il nostro amore perciò può andare a pescare direttamente nella fonte dell’amore di Dio. Questo vale anche per la nostra capacità di perdonarci a vicenda, di vivere riconciliati, che è alimentata costantemente da questa fonte.Non si tratta più, come era prima, di un perdono soggetto a condizioni e neanche di un perdono con diritto di rivalsa. Gesù ci ha amati fino a perdere la vita: questo ci dice l’eucarestia e questo noi vogliamo fare. Perdere la vita l’uno per l’altra, che significa “Vieni prima tu”; non trattenere nulla per sé in piena coscienza e volontariamente; essere sempre dono l’uno per l’altra. Questa è la cifra della nuzialità.Ho deciso di amare Flavio riconoscendo in lui un dono di Dio, un dono d’amore per me e questo dono può farci crescere entrambi. La verità del marito e della moglie è lo sguardo che ha Gesù su di loro, è ciò che Gesù vede in loro. Abbiamo capito che per fare questo è necessario mantenere aperto un rubinetto che ci tenga collegati a questa fonte e questo rubinetto non può essere solo la messa domeni-cale, ma occorre tutti i giorni e perciò deve essere qui, a casa, al lavoro.I momenti in cui attingiamo a questa fonte sono innanzitutto:- la preghiera: recitiamo insieme le lodi ogni mattina, diciamo un “Padre nostro”

guardandoci negli occhi, invochiamo lo Spirito Santo l’uno sull’altra perché ci accompagni nel corso della giornata;

- l’ascolto della Parola: ci è stato chiesto di aprire ogni martedì sera la nostra casa, per cui abbiamo scoperto una nuova fecondità, non limitata solo ai figli; abbiamo anche riscoperto il valore della Parola durante la Messa e con grandissimo stupore abbiamo sperimentato che, se la si ascolta col cuore, ha sempre da dirti la cosa giusta al momento giusto;

- lo studio: abbiamo eliminato tanti “rami secchi” come libri inutili, programmi televisivi, film che ci facevano perdere tanto tempo e ora utilizziamo il tempo in letture più sane comunicandoci le nostre impressioni su quello che leggiamo; in questo ci aiuta anche il sito (www.misterogrande.org), dove si possono ascoltate le

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catechesi per gli sposi di don Renzo, si possono leggere articoli, si possono scari-care gratuitamente spunti per la preghiera;

- la condivisione della fede: ci raccontiamo settimanalmente che cosa ha fatto il Signore per noi e che cosa abbiamo fatto noi per Lui: questo ci aiuta a vivere tutta la settimana in modo diverso, perché, se stai attento, puoi vedere che il Signore agisce nella tua vita;

- la frequenza al sacramento della riconciliazione; - l’adorazione eucaristica, per me la fonte delle fonti, perché ci fa sentire uniti, cor-

po del suo corpo.Tutto questo ha fatto uscire da “due io” che erano separati “un noi” che è la “sposa” di Gesù “sposo”.

(trascrizione non rivista dai relatori)

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CONVEGNO DIOCESANOSignore “DA CHI ANDREMO?” l’Eucarestia educa la famiglia

Pesaro, sabato 17 settembre 2011Seconda testimonianza: FEDERICO e LUISA, diocesi di Brescia

FedericoSiamo Federico e Luisa, siamo sposato da 13 anni e abbiamo 5 figli. Quando siamo chiamati a fare testimonianza, vogliamo subito scrollarci di dosso quell’immagine di coppia “brava” e perfetta, di cui parlava ieri don Renzo. Siamo una coppia normale, con tutte le nostre difficoltà. Quello che cerchiamo di comunicare con queste testi-monianze è il modo in cui, nella nostra povertà, il Signore ci fa vivere il suo progetto. Sono delle piccole riflessioni sulla nostra vita, su ciò che il Signore ha fatto o sta facendo in questo momento.Per prepararci a questo incontro, in cui dovevamo raccontare come viviamo l’Eucare-stia e come l’eucarestia educa la nostra famiglia, ci siamo chiesti: che cosa significa per noi partecipare all’eucarestia, che cosa ritroviamo in essa come coppia e come famiglia? Qual è la forza che ci spinge a partecipare fedelmente alla Messa, nonostan-te le difficoltà organizzative e di gestione che l’avere 5 figli comporta? Non sarebbe meglio restare a casa la domenica mattina?Per noi questo incontro è stato una chiamata personale ad approfondire il nostro essere cristiani e “famiglia” cristiana. Per questo ringraziamo chi ci ha invitato e soprattutto ringraziamo il Signore che ci ha spinto a dare una nuova motivazione a scelte che rischiavano di diventate ormai abitudini.La risposta che ci siamo dati alle precedenti domande è che noi andiamo a messa perché ritroviamo ogni volta l’unità. Ci andiamo tante volte anche con pensieri, pro-blemi, fatiche quotidiane, ma quando riceviamo l’eucarestia, ci rendiamo conto che essa ci entra dentro e ci porta un’unità grande, data dall’essere un corpo solo, un corpo-chiesa. Questa unità è un dono imprescindibile, è il pane con cui la famiglia deve essere alimentata: la sua mancanza è causa della morte di tante famiglie, anche di nostri amici, dove gli sposi vivono spesso due vite parallele e i figli usano la casa solo per soddisfare dei bisogni, magari fino a età avanzata. Noi abbiamo scoperto come l’eucarestia può essere l’antidoto a tutto ciò, una fonte di sempre rinnovata unità coniugale e familiare.

LuisaAdesso ci addentriamo nel terreno minato dei diversi momenti della celebrazione eu-caristica, che sono sempre molto “frizzanti” per noi (con 5 figli) e vissuti con trepi-dazione. Ci siamo ispirati alla catechesi per gli sposi tenuta quest’anno da don Renzo, fondata sul parallelo tra la liturgia della chiesa e la liturgia della chiesa domestica: essa ci ha dato qualche spunto che poi abbiamo sviluppato a partire dalla nostra vita.Ripercorriamo quindi i momenti della messa, mostrando come li ri-celebriamo nella nostra vita quotidiana. Innanzitutto voglio sottolineare che l’unità di cui parlava Federico e che sarà il filo conduttore della nostra testimonianza, non è un’unità puramente umana, fondata

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sull’andare d’accordo, sull’avere interessi comuni: cosa che tra gli sposi, all’interno della famiglia, può anche facilmente venire meno. È invece un’unità di stampo divi-no, data dalla presenza stabile di Gesù in mezzo a noi. Come dice la Gaudium et spes al n. 48 “Cristo sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani e rimane con loro”. Questa è la nostra certezza: che Lui rimane con noi e in base a Lui costruiamo la nostra unità.Detto questo iniziamo. Il primo momento della Messa è il saluto “Il Signore sia con voi e con il tuo spirito”: esso esprime la gioia di ritrovarsi alla Sua presenza tutti as-sieme, tutta la comunità riunita.Anche in casa la mattina inizia con l’augurio di una buona giornata. Anche nei gior-ni più difficili e pieni di impegni, più stressanti, cerchiamo sempre di avere questo sguardo nei confronti dei figli: lasciamo almeno per un minuto le preoccupazioni e guardiamo in faccia chi vive con noi. A volte ci dimentichiamo della presenza di chi abita in casa nostra, quindi di Gesù. Sa-lutare Gesù la mattina, con un momento di preghiera, in famiglia o in coppia, è molto importante: a noi ha cambiato la vita. Ci ha donato una nuova qualità di unità che non è più basata, ad esempio, sulle frequenti chiamate al cellulare (dal momento che io e Federico viviamo molte ore lontani, lui al lavoro io a casa), ma è basata sull’unità che costruisce Gesù con noi. La mattina, quando gli dedichiamo mezz’ora togliendola al sonno, incontriamo Lui come prima persona, come prima parola, prima di immergerci nel fiume di parole della giornata.

FedericoIl secondo momento della messa è quello del perdono, che inizia con il “Confesso”, in cui cerchiamo di vedere quanto è piccolo il nostro amore e quanto è grande il Suo, anche se ci sforziamo di fare un cammino in questo senso. Noi sperimentiamo in pieno nella nostra famiglia questa necessità del perdono. Come dice San Paolo “Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio”. Ci rendiamo conto che anche noi nella nostra famiglia partiamo con le più buone inten-zioni, poi magari una frase che proprio non volevamo dire rovina tutto e dà inizio a tante discussioni. Ci sono quotidianamente tante tentazioni e c’è bisogno di far entrare il perdono nella nostra casa. Anche con i figli, ciascuno con le sue caratteristiche e spesso in disaccordo tra loro. Siamo spesso di inciampo l’uno per l’altro e abbiamo bisogno di perdono reciproco tra coniugi, tra coniugi e figli, tra figli stessi. Il perdono è veramente la base dell’unità della famiglia. Potremmo vederlo anche come il cemento o la colla che ci tiene uniti. Anche il perdono non è unicamente umano; non possiamo pensare di farcela con le nostre forze, è il perdono di chi può attingere al cuore misericordioso di Dio, di chi può rimettere il piccolo debito del fra-tello sapendo che a lui è stato rimesso un debito molto più grande. Quindi mettersi al cospetto di Dio, pensare al suo grande amore misericordioso nei miei confronti mi fa trasmettere questo amore verso i fratelli che il Signore mi mette accanto.

LuisaPassiamo al momento della liturgia della Parola, che noi celebriamo continuamente in casa ogni volta che doniamo il nostro ascolto al coniuge o a un figlio. Abbiamo cercato di vedere con semplicità come l‘ascolto dovrebbe essere.

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Innanzitutto deve essere vero, totale, deve coinvolgere non solo le orecchie ma il cuo-re, lo sguardo; deve essere un donare qualche attimo all’altra persona con tutto noi stessi. L’ascolto, per essere vero, deve essere anche libero da preconcetti e da paure: a volte è come se la differenza di vedute tra me e mio marito o tra noi e i figli ci spaventasse, ci facesse chiudere all’ascolto. Può succedere che un figlio non comunichi i suoi sen-timenti perché ha paura che non siano accettati da noi. I figli devono sentirsi liberi di esprimere i loro pensieri e sentimenti, perché devono sapere di essere accettati così come sono, anche con le loro idee diverse dalle nostre. Questo è il miracolo che il Signore compie ogni giorno, il mistero grande dell’unità che egli compone con le differenze.L’ascolto deve essere anche efficace e sfociare subito nell’azione: non si può ascoltare e poi subito dimenticare per tornare ai nostri affari; se io ascolto l’altro mi faccio ca-rico del suo problema e della sua situazione.Passiamo ora alla Parola di Dio che ha un posto preminente nella nostra casa, non solo perché c’è la Bibbia aperta sul tavolo, ma anche perché è veramente la parola più importante.Anche questo ascolto deve essere totale. Anche se con i bambini piccoli è difficile seguire la Messa. Il nostro parroco, che ora è vescovo di Bergamo, ci diceva sempre: “Papà e mamme state sereni, perché basta che voi portiate a casa una sola parola di Gesù dalla Messa e questa vi può nutrire per tutta la settimana”. Ad esempio una volta io non ero riuscita a seguire niente, e mi sono portata a casa solo le parole che si di-cono prima della comunione “Signore non sono degno di partecipare alla tua mensa ma dì soltanto una Parola ed io sarà salvata” . Mi sono riportata a casa solo quello. Mi sono ricordata che io non sono degna, ma Lui mi salva.La parola di Dio, quando è ascoltata in modo totale e libero (perché mi spiazza, mi toglie dalle mie decisioni precedenti, mi crea vie nuove, libera dalle mire del successo e dalle mire del mondo) diventa efficace e cambia veramente la vita.Anche l’omelia approfondisce la liturgia della Parola e spiega meglio quello che in quel determinato giorno, il Signore vuole dire a noi.

FedericoArriviamo poi alla professione di fede, che facciamo con la recita del Credo. È solo sulla fede che si regge tutta la partecipazione al memoriale del sacrificio di Gesù sulla croce. È solo sulla fede incrollabile di Gesù nel Padre che si è basata la sua offerta per amore. Così anche gli sposi, come afferma la “Familiaris consortio”, sono un richiamo per tutta la Chiesa a ciò che è accaduto sulla croce, sono chiamati a vivere e a celebrare continuamente la loro professione di fede. Quando ci rendiamo conto delle difficoltà, quando ci sono incomprensioni troppo grandi, quando ci sono ferite profonde, quando la nostra forza viene meno, siamo chiamati ancora di più a credere nel nostro matrimonio, a dire “Credo che tu, o Signo-re, consideri la nostra unione una cosa molto buona una cosa molto bella”. Allo stesso modo nella responsabilità verso i figli. Quando ci sembra che tutti i nostri sforzi nell’educare non abbiano dato frutto, siamo chiamati a dire:”Credo che tu, Si-gnore, ami questo figlio molto più di quanto noi sappiamo amarlo. Credo che Tu hai un progetto su di lui e vorrai portarlo a compimento. Tu, o Signore saprai portare a

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maturazione quel seme di fede che noi nella nostra povertà abbiamo gettato”. Così in famiglia il clima di fede cresce e lo respirano anche i figli. Insieme a loro impariamo a sentire Gesù come una presenza: dobbiamo dire che quando due anni fa abbiamo fatto l’esperienza con don Renzo, abbiamo tratto un pezzo di Paradiso. Ci ha fatto capire che il nostro matrimonio deve manifestare la presenza di Gesù anche con dei segni: così abbiamo messo in casa la Bibbia aperta sul tavolo, una candela accesa e questo ha generato un clima che si è diffuso in tutta la famiglia. Successivamente, nel cammino che abbiamo fatto dentro la nostra parrocchia, abbia-mo portato le cfe (comunità familiari dell’evangelizzazione) e abbiamo visto che esse davano ossigeno settimanalmente alle persone che incontravamo. E allora abbiamo sentito la necessità di respirare anche noi e abbiamo iniziato il percorso nella no-stra parrocchia. Il parroco si è fidato probabilmente di quello che leggeva nel nostro sguardo, perché noi volevamo dire a tutti quanto era bello quello che avevamo provato nell’esperienza con don Renzo. Dopo un anno di lavoro abbiamo iniziato nella nostra casa la cfe: gli incontri sono tutti i martedì e sono aperti a tutti, non solo a coppie, come nell’esperienza che don Renzo aveva fatto quando era nella CEI con il progetto “Parrocchia e famiglia”. Una sera anche il nostro bambino più piccolo, di tre anni, che non voleva dormire, si è seduto con noi e, sentendo che noi facevamo la preghiera spontanea di ringraziamen-to, ha voluto dire la sua preghiera: nessuno lo aveva costretto a dire la preghiera, ma è stato il clima a spingerlo ad imitare i grandi.

LuisaSiamo giunti all’offertorio. Noi come coniugi, e ancor più come genitori, siamo abi-tuati all’offerta quotidiana di noi stessi, del nostro tempo, del nostro lavoro per il bene degli altri. Però io credo che soprattutto noi donne dobbiamo cercare di tenere gli occhi ben fissi verso la meta: la santificazione dei coniugi e la santificazione della famiglia. Perché se la meta non è questa, magari noi ci sacrifichiamo per sentirci brave o per altri mo-tivi e rendiamo i mariti dei pantofolai e i figli degli incapaci, che non sanno gestirsi da soli e non sono pronti a loro volta a donare la loro vita. Sono tanti gli altari che il mondo ci propone: su quale altare noi vogliamo offrire la nostra vita e quella dei figli? Sull’altare di Dio o del dio denaro, del successo, dello sport, del rispetto e della stima da parte della gente? E poi i figli se li cercano da soli altri altari: la droga, la violenza, la sopraffazione. E ancor prima: stiamo veramente educando i figli al dono di sé o li educhiamo ad es-sere solo fruitori di servizi da parte nostra? Magari offrendo loro un ambiente troppo protetto, cercando di evitate loro qualsiasi fatica e sofferenza? Noi corriamo questo rischio, benché il Signore ci abbia aiutato in questo senso, perché avendo tanti figli, anche se vogliamo essere dei genitori onnipotenti, a un certo punto siamo costretti a capitolare. Siamo stati costretti, quindi, anche per difficoltà economiche, a dire tanti no che altrimenti non avremmo detto. Quindi crediamo che questo abbia aiutato i nostri figli a crescere nell’abitudine di non pensare solo a se stessi, ma nella disponi-bilità, nella generosità, nell’apertura verso l’altro.C’è di più però. Perché dall’Eucarestia noi impariamo l’offerta di Gesù che ha dona-to la sua vita ai 12 apostoli nel momento in cui c’era Giuda che lo avrebbe tradito e Pietro che lo avrebbe rinnegato. Noi perciò siamo chiamati in famiglia a donarci al

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coniuge e ai figli non perché sono bravi o perché a loro volta si stanno donando a noi, ma per amore libero e disinteressato. Questo può dare significato anche ad ogni nostro momento di sofferenza e di fatica, perché, unendo questo momento al dolore di Gesù sulla croce, permettiamo a Lui di donarsi nella nostra casa e nessun momento andrà perduto.

FedericoPassiamo ora al momento culminante, la consacrazione eucaristica, momento nel quale il pane e il vino vengono trasformati nel corpo e nel sangue di Gesù. Questa “transustanzazione” avviene per noi oggi e questo corpo sarà donato a tutti. Anche nel rito del matrimonio è detto: “Trasfigura quest’opera che hai iniziato in loro”.Ciò significa che il nostro amore umano è trasformato e trasfigurato dall’amore di Dio. E proprio questa trasfigurazione gli sposi sono chiamati a porre in atto come liturgia domestica, con la propria libertà e i propri limiti. Dio trasfigura l’amore umano in amore cristico. Trasfigura il quotidiano, anche il più piccolo atto di tenerezza. Trasforma la nostra casa in annuncio di una mensa più grande che è quella eucaristica. Trasfigura questo amore da occasionale ad amore definitivo e indissolubile. Trasfigura il soffrire in possibilità di dare la vita per amore. Trasfigura il quotidiano in offerta spirituale. Trasfigura l’incontro con le persona che ogni giorno il Signore ci mette accanto nella possibilità di far crescere altri figli di Dio. Trasfigura tutte le azioni da indifferenti a significative e da significative a comu-nicative di amore.Allora noi ci rendiamo conto quanto la nostra tavola non basti, un pasto gustoso non sia abbastanza. I figli spesso sono lì a tavola e non dicono una parola; è di fronte a loro che si comincia a desiderare quell’unità che non passa attraverso l’umano, attraverso il piatto che si mangia, ma affonda le sue radici nell’eternità. Anche se cerchiamo di trovare con loro un punto di incontro che possa dare una relati-va serenità, ci accorgiamo che le nostre forze non sono sufficienti soprattutto di fronte al potere del mondo. Così sperimentiamo come la presenza di Gesù trasfiguri la nostra relazione, il nostro stare a tavola, la relazione tra di noi e con i figli. La presenza di Gesù, resa visibile in alcuni segni (dire una preghiera, accendere una candela), trasfigura in spazi di paradi-so ogni incomprensione e sofferenza. Soprattutto viene resa visibile con la preghiera, anche solo dicendo “Padre nostro” mentre ci si incrocia per le scale.

LuisaIl momento della comunione è il momento più intimo che abbiamo con il Signore.. Non solo individualmente ma come coppia, perché ora il Signore ci vede come coppia. La comunione è l’unione più alta che si può avere sulla terra, come afferma Timothy Radcliffe nel suo libro “Amare nella libertà”, facendo un parallelo tra il dono del cor-po di Gesù nell’ultima cena e il dono del corpo negli sposi. Il nostro dono del corpo è molto limitato rispetto al dono di Gesù nell’eucarestia. Noi ci uniamo per un breve momento, ma poi io rimango Luisa e lui Federico. Invece Gesù entra in noi affinché noi entriamo nella sua vita. Come può il partecipare alla stessa messa eucaristica unire una coppia di sposi, una famiglia? Anche noi, come Flavio ed Angela, abbiamo vissuto momenti molto intensi

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nell’adorazione eucaristica, che, quando è fatta in coppia è un dono particolare. Come lo riportiamo a casa? Nel riconoscere questo dono dei corpi come una piccola cifra per capire l’eucarestia, come dono grande anche per dare significato alla sessualità. Sappiamo bene quanto la sessualità, che può essere l’espressione più grande dell’amore tra i coniugi, possa essere svilita facilmente se privata del suo significato profondo. La sessualità sta ad indicare l’unione, il dono di sé. Se noi la stacchiamo da questo significato, la sessua-lità diventa solo un contraltare, un mercanteggiare.

FedericoPassiamo allora all’ultimo punto: la messa è finita andate in pace (ite missa est). L’eucarestia è missione. Io e la mia famiglia diventiamo, come dice don Renzo, “Ta-bernacolo ambulante”, comunione da asporto a favore di quanti incontreremo durante la nostra settimana negli ambienti che frequentiamo. È importante che, come famiglia cristiana, non ci releghiamo in un ghetto, nei soli ambienti parrocchiali. Dobbiamo veramente pensare che noi riceviamo il corpo di Cristo, che entra in noi per andare dappertutto, in giro per il mondo. Il corpo di Cristo non ha gambe né braccia, ma noi li abbiamo e quindi Gesù può abbracciare il mondo con le nostre braccia. Non possiamo privare il mondo della presenza eucaristica. Il nostro essere cristiani non può essere part-time, relegato ad alcuni momenti, ma è full-time, 24 ore su 24. Dobbiamo diven-tare veri testimoni in ogni momento della nostra vita. Abbiamo scoperto la ricchezza della nostra casa e della nostra famiglia come chiesa domestica. Chi entra nella nostra casa, anche se non parliamo di Gesù, respira un’ accoglienza diversa. E gli altri, rima-nendo colpiti, cominciano a chiedersi “perché” avviene questo. Questa è la testimo-nianza, che avviene anche quando comunichiamo agli altri le nostre difficoltà per fare capire che siamo come loro, però abbiamo la possibilità di affrontare le stesse cose in modo diverso. Abbiamo scoperto la presenza di Gesù nella nostra via. Ed è solo così che la famiglia può diventare vera evangelizzatrice, vera educatrice all’Eucarestia.

(trascrizione non rivista dai relatori)

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CONVEGNO DIOCESANOSignore “DA CHI ANDREMO?” l’Eucarestia educa la famiglia

Pesaro, sabato 17 settembre 2011S.E. Mons. PIERO COCCIA - Arcivescovo

È con viva soddisfazione che mi accingo a concludere il Convegno Diocesano che ha impegnato per due giorni la nostra comunità diocesana nell’affrontare il tema “Signo-re da chi andremo? L’Eucarestia educa la famiglia”Quali sono gli elementi emersi in questo Convegno sia dagli interventi dei relatori sia dai lavori svolto nei singoli gruppi?Ne accenno alcuni, i più importanti, che non solo vanno presi in debita considerazio-ne, ma che chiedono di essere attuati con scelte concrete da parte della nostra comu-nità cristiana, ad iniziare dalle parrocchie.In una stagione culturale segnata da grande confusione ed ambiguità appare urgente rieducare le coscienze alla vera ed unica identità della famiglia fondata sul matri-monio e colta nell’antropologia della relazione vissuta nella differenza sessuale dei soggetti che la compongono e nel legame di appartenenza generazionale. Questa ope-ra educativa delle coscienze, la chiesa sente di doverla fare in forma urgente e siste-matica, soprattutto nei confronti dei giovani i quali sono maggiormente aggrediti da quel virus culturale espresso nello slogan “vietato vietare”, anche in riferimento alla definizione dell’identità della famiglia. È necessario riscoprire la famiglia come imprescindibile luogo educativo del nostro io. La famiglia non può essere sostituita da altri soggetti in questa sua funzione che ad essa deriva da quei legami naturali che si instaurano tra genitori e figli. Di fronte a tendenze di deresponsabilizzazione e di delega, la chiesa sente di dover riproporre il compito educativo della famiglia non solo nella sua non surrogabilità, ma anche nel fascino di un’avventura umana che non ha uguali. L’educare non è una tecnica. L’educare è un’arte che coinvolge in maniera del tutto singolare un genitore, portan-dolo a riscoprire e a reinterpretare tutte le dimensioni della vita insieme ad un figlio, a cominciare dal meraviglioso mondo degli affetti. Occorre rileggere la famiglia all’interno della società non come un peso ma come una risorsa, a livello etico, a livello sociale e a livello economico. La famiglia italiana, nonostante i numerosi tentativi di destabilizzazione o comunque di non sufficiente valorizzazione, è e rimane una forte esperienza di dialogo, di cooperazione, di presta-zioni di cure, di ammortizzatore generazionale, di trasmissione dell’ethos di apparte-nenza; di produzione di beni che pur non transitando per il mercato sono consumati e contribuiscono al ben-essere. La chiesa non può ignorare tutto ciò e per questo sente di dovere farsi carico nel chiedere alle istituzioni, anche a quelle locali, politiche fami-liari non fumose ma concrete e tese a promuovere la famiglia fondata sul matrimonio. Appare prioritario da parte della chiesa ed in particolare da parte delle parrocchie, un preciso investimento di risorse nella pastorale familiare in tutte le sue articolazioni, cogliendo nella famiglia cristiana un soggetto essenziale per la vita della chiesa. In ultima analisi cosa ci si chiede? Ci sono delle priorità a cui le nostre comunità par-rocchiali non possono sottrarsi.

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Innanzitutto la famiglia va coinvolta come soggetto attivo negli itinerari dell’inizia-zione cristiana. A questo riguardo urgono scelte coraggiose e fiduciose da parte delle parrocchie. Inoltre la preparazione dei fidanzati al matrimonio deve assumere sempre più i tratti di un itinerario di riscoperta della fede nella vita delle comunità cristiane. Questa impostazione è richiesta da situazioni storiche e dalle stesse finalità dei percorsi di preparazione al matrimonio. Per di più questi percorsi chiedono di essere diversificati in relazione alle condizioni di fede dei fidanzati.Va sempre sollecitata la cura speciale delle giovani coppie attraverso cammini di spi-ritualità matrimoniale. Si tratta di custodire le fasi iniziali della vita coniugale, ma anche di porre le basi necessarie per una formazione che duri tutta la vita per dare stabilità alla vita matrimoniale e familiare.Va poi decisamente sviluppata l’attenzione alla ministerialità della coppia cristiana. Non si può dimenticare che la famiglia nella comunità cristiana ha una sua precisa ministerialità che scaturisce dal sacramento del matrimonio e che chiama l’uomo e la donna ad essere segno dell’amore di Dio. Oggi, grazie a Dio, molte famiglie cristiane hanno acquistato sempre più la consapevolezza della loro vocazione e si stanno im-pegnando seriamente nella testimonianza a Cristo Signore. Il beato Giovanni Paolo II ebbe a dire: “Un’autentica famiglia, fondata sul matrimonio, è in se stessa una buona notizia per il mondo”. E aggiunse: “Nel nostro tempo sono sempre più numerose le famiglie che collaborano attivamente all’evangelizzazione… È maturata nella Chie-sa l’ora della famiglia, che è anche l’ora della famiglia missionaria” (Angelus, 21 ottobre 2001). È proprio la riscoperta di tale ministerialità che deve impegnare le parrocchie della nostra Arcidiocesi a creare Gruppi di sposi che possano costituire modelli di riferi-mento per le coppie in difficoltà, che possano aprirsi al servizio verso i fidanzati, verso i genitori che chiedono il battesimo per i figli.Oggi poi si sente come non mai, la necessità di formare coppie cristiane in grado di affrontare con una precisa visione cristiana temi sociali e politici che toccano l’istituto familiare, sostenendolo con scelte politiche ed economiche adeguate. In questi ambiti ed in altri ancora, la famiglia cristiana è chiamata a rendere un servi-zio prezioso e necessario all’intera collettività nella prospettiva di una ministerialità vissuta con motivazione, con passione e con preparazione. Le parole del S. Padre Benedetto XVI pronunciate ad Ancona a conclusione del XXV Congresso Eucaristico Nazionale ci siano di conferma, di sostegno e di sollecitazione: “ La famiglia è luogo privilegiato di educazione umana e cristiana e rimane un dono prezioso per l’edificazione della comunità ecclesiale e civile”. Auguro alla nostra chiesa ed in particolare alle comunità parrocchiali, di prendere sempre più coscienza della missione che coinvolge la famiglia nella trasmissione e nell’educazione alla fede a partire dalla celebrazione eucaristica con tutte le impli-canze che ne derivano. Nel contempo chiedo a tutti gli operatori pastorali una chiara testimonianza di famiglia cristiana ed una disponibilità collaborativa per realizzare in tutte le parrocchie quelle scelte concrete che il Convegno ci ha proposto e a cui ho fatto specifico riferimento.La Beata Vergine delle Grazie e S. Terenzio ci sostengano nel nostro cammino.

Sia lodato Gesù Cristo.

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Pesaro, 21 settembre 2011

COMUNICATO STAMPA

Divenuto ormai un impegno tradizionale, il Convegno diocesano, svoltosi come sem-pre in prossimità della festa del nostro patrono San Terenzio, ha dato inizio al nuovo anno pastorale. Moltissimi i partecipanti: il capiente cinema di Loreto non è bastato a contenerli tutti e si è dovuto utilizzare un locale vicino, dove era già stato predisposto un maxischermo per seguire i lavori. Il tema - “Signore da chi andremo? L’eucarestia educa la famiglia” - indicava chia-ramente il “trinomio” (eucarestia, famiglia, educazione) sul quale la nostra comunità cristiana è chiamata a impegnarsi con la preghiera, la riflessione, le scelte operative.

Introduzione di S. E. Mons. Piero CocciaÈ stato S. E. Mons. Piero Coccia, dopo un momento di preghiera guidato dal Vicario Generale don Stefano Brizi, a spiegare i motivi che lo hanno spinto – consultati gli organismi diocesani – a questa scelta.

“Innanzitutto il desiderio di dare attuazione agli Orientamenti pastorali dei Vesco-vi Italiani per il prossimo decennio. Il testo “Educare alla Vita Buona del Vangelo” specie nei capitoli IV e V fa abbondante e specifico riferimento al soggetto famiglia ed alla sua imprescindibile vocazione educativa alla fede attraverso l’Eucaristia ce-lebrata, vissuta e testimoniata.

Per di più non possiamo non dare seguito al Congresso Eucaristico di Ancona, che molto ci ha detto in merito al nostro impegno di credenti nel saper declinare l’Eucaristia nella sfera dell’affettività, della fragilità, del lavoro e della festa, della tradizione e della cittadinanza. Ma come non rilevare che in questi cinque ambiti, un ruolo decisivo viene giocato comunque dalla famiglia che educata dall’Eucaristia è chiamata essa stessa ad educare la persona in queste dimensioni?

Nel maggio prossimo a Milano si svolgerà poi il Convegno internazionale sulla famiglia. Anche questo appuntamento ci ha sollecitato a concentrarci sulla famiglia nella sua missione generativa, educativa e testimoniale della fede.

Inoltre la recente conclusione della mia Prima Visita Pastorale all’Arcidiocesi mi ha fatto cogliere, come già ho detto, tre priorità pastorali su cui la nostra chiesa è chiamata a lavorare e ad investire per i prossimi anni: la famiglia, i giovani e la formazione degli operatori pastorali ( a proposito ricordo a tutti quel prezioso ed apprezzato servizio che sta rendendo l’ISSR “Giovanni Paolo II”, struttura sempre più da valorizzare).

Da ultimo voglio far riferimento a quella confusione culturale ed antropologica in particolare, che oggi rischia di aggredire anche i credenti, compresi quelli presenti nelle istituzioni pubbliche in merito all’identità della famiglia colta nel suo dato natu-rale ed universale. Non è un mistero che recenti scelte fatte da qualche istituzione lo-cale con il concorso di cattolici dichiarati ci hanno lasciato molto ma molto perplessi nelle motivazioni e totalmente dissenzienti nei contenuti”.

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Relazione di Mons. Renzo BonettiI lavori del Convegno sono proseguiti (sempre venerdì sera 16 settembre) con l’in-tervento di Mons. Renzo Bonetti, parroco della diocesi di Verona, particolarmente impegnato nel campo della Pastorale Familiare, di cui ha retto, in passato, l’Ufficio della CEI. Il relatore, sviluppando il tema del Convegno, ha inizialmente sottolineato l’ambigui-tà che è spesso sottesa all’espressione “educazione cristiana”: la si confonde infatti con l’educazione a certi “valori”, a certi “frutti” (rispetto, onestà, solidarietà ecc.), che tutti gli uomini di buona volontà condividono, ma che non sono lo specifico, il proprium dei cristiani. Perché il cristiano sa che prima di tutto bisogna chiedersi: da dove nascono certi frutti? Qual è l’albero che li può produrre realmente? Occorre seminare e far crescere questo albero per educare ai frutti.L’ albero è la presenza viva di Gesù risorto in mezzo a noi. L’educazione cristiana perciò è educazione alla sua Presenza. Potremmo dirci marito e moglie se vivessimo come se il coniuge non ci fosse? O dirci padri e madri, se non considerassimo in modo stabile la presenza del figlio? Ugualmente non possiamo dirci cristiani se non crediamo alla presenza viva e continua di Gesù risorto.È così che Mons. Bonetti ha legato eucarestia ed educazione. Perché è l’eucarestia, cioè Gesù in carne ed ossa, la vera sorgente dell’educazione. Anche per la famiglia. La famiglia infatti si costituisce per il desiderio di amore e di donazione di sé che due persone provano reciprocamente. Ma i fallimenti e le delusioni che quasi inevitabil-mente ne seguono, stanno ad indicare che il rapporto non può esaurirsi all’interno della coppia, che un coniuge non può essere, con tutti i suoi limiti, la risposta vera al desiderio infinito dell’altro. Allora, o si finisce per rincorrere altri amori umani, desti-nati a seguire la stessa parabola discendente o ci si apre all’amore infinito di Cristo, incarnato nella comunità cristiana, capace di farci vedere il coniuge come “segno”, come qualcosa di sacro da rispettare nel suo mistero di persona amata prima della creazione del mondo.Solo se si esce da una concezione individualistica della famiglia e ci si apre alla fa-miglia più grande che è la comunità cristiana, dove è presente l’eucarestia, si può imparare una capacità di amore e di perdono sempre rinnovati. Noi cristiani, ha concluso il relatore, abbiamo il segreto della bellezza del matrimonio. Il mondo lo ha perso. Non possiamo più aspettare. Gli sposi cristiani dicano con forza questa bellezza, non perché hanno un marito o una moglie perfetti, ma perché hanno un amore più grande dei difetti del marito e della moglie.Ne trarrà giovamento anche la società, perché è soprattutto dal benessere etico della famiglia che dipende il benessere etico della società.

Le testimonianzeLa seconda giornata del Convegno, sabato 17 settembre, è iniziata al mattino con la recita delle Lodi, a cui sono seguite le testimonianze di due coppie di sposi della diocesi di Brescia, che si sono lasciate coinvolgere dal progetto “Mistero grande”, facente capo a mons. Bonetti e finalizzato ad aiutare gli sposi a riscoprire la bellezza e la grandezza dell’amore nuziale che si realizza pienamente attraverso la Grazia del Sacramento del matrimonio.

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Sono intervenuti, inizialmente, Flavio ed Angela, che hanno raccontato la loro espe-rienza attraverso continui riferimenti al brano evangelico dei discepoli di Emmaus, partendo dall’assunto (assolutamente ipotetico) che tali discepoli potessero essere ap-punto una coppia di sposi.E così hanno ripercorso la “delusione” e la frustrazione da cui sono stati ingoiati dopo 15 anni di matrimonio, quando la felicità che il sacramento sembrava promettere si era trasformata in vuota sopravvivenza e il gelo del cuore aveva sgretolato lentamente tutte le certezze di fede. E poi la sorpresa di scoprire che in realtà il Signore “cammi-nava vicino a loro” e stava per manifestarsi, non con effetti speciali, ma gradualmente, attraverso la concretezza della vita. È stata infatti la proposta di un’ora di adorazione eucaristica notturna in parrocchia a dare inizio al cambiamento: un’esperienza dap-prima accolta da Flavio, poi condivisa, seppure con scetticismo iniziale, da Angela. Contemplando il mistero di quell’amore infinito che si è fatto piccolo per poter essere di tutti, è avvenuto il “riconoscimento” della loro vocazione di coppia: essere riflesso, risonanza, testimonianza di quell’amore. Questa consapevolezza ha dato un nuovo orientamento alla loro vita familiare, ha introdotto un nuovo giudizio sull’altro – dono di Dio per la propria realizzazione – e una nuova capacità di perdono.Questa novità tuttavia, hanno affermato Flavio ed Angela, ha bisogno di continui-tà, ha bisogno di un “rubinetto” che tenga costantemente legati alla sorgente che è Cristo. Questo rubinetto per loro è rappresentato dall’appartenenza al progetto “Mi-stero grande”, che si esprime concretamente in alcune forme: la preghiera; l’ascolto settimanale della Parola; lo studio e la lettura di libri di formazione da commentare insieme; la condivisione della fede attraverso la comunicazione settimanale di ciò che il Signore opera nella vita di ciascuno; la confessione frequente e, soprattutto, l’adora-zione eucaristica. Tutto questo ha fatto di Flavio e di Angela non più “due io separati”, ma “un noi”, corpo di Cristo.È stata poi la volta di Federico e Luisa, sposati da 12 anni, i quali hanno impostato il loro intervento su un continuo parallelismo tra la loro vita matrimoniale (liturgia do-mestica) e i momenti più salienti della Celebrazione eucaristica (liturgia ecclesiale), per spiegare le ragioni per cui, nonostante le difficoltà “logistiche” del partecipare con cinque figli alla Messa domenicale, continuano a rimanere fedeli a questo appun-tamento.Con semplicità, ma anche con profondità, hanno raccontato che nella messa, in parti-colare nel ricevere l’eucarestia, trovano una fonte sempre rinnovata di unità per la loro famiglia: unità non tanto come comunanza di interessi o accordo di idee e sentimenti (che in una coppia possono anche venir meno) quanto come coscienza della presenza stabile del Signore in mezzo a loro.

I gruppi di lavoroTerminate le testimonianze, i partecipanti si sono divisi in cinque gruppi, guidati cia-scuno da due coppie di sposi (Losurdo Raffaele e Orietta, Polidori Marko e Betty, Pazzaglia Enzo e Daniela, Gaudenzi Francesco e Antonella, Bartolucci Francesco e Nicoletta, Pedini Luca e Roberta, Piccioni Mauro e Alessia, Giacomini Gabriele e Emanuela, Terenzi Efrem e Grazia) e si sono confrontati, fino al pomeriggio di sabato su alcune domande precedentemente assegnate da mons. Bonetti.

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Lo spettacoloIl Convegno si è concluso con lo spettacolo “Hai dato all’eternità il sapore del pane”, preparato da giovani di diverse esperienze ecclesiali, che aiutato i giovani a riflettere, attraverso la musica, l’arte, la poesia, sulla “fame” dell’uomo e sul mistero di Cristo come “pane della vita”.

Paola Campanini

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Pesaro, 19 settembre 2011

SPETTACOLO CONVEGNO DIOCESANO – COMUNICATO STAMPA

“Hai dato all’eternità il sapore del pane” è stata una rappresentazione molto sugge-stiva, ma soprattutto è stata lo spunto di una riflessione anche personale.Le voci, accompagnate dai quadri e dalle musiche che racchiudevano in sé tutta la drammaticità e l’umanità dell’Uomo, raccontavano e leggevano anche tutta la mia vita. Dopo la prima parte dove si parlava dell’Uomo e di me, c’è stata una seconda parte in cui veniva presentata la persona di Cristo, presente nell’eucarestia, come possibilità di salvezza. Devo ammettere che sono uscita dallo spettacolo piuttosto “pensierosa”. Mai penso di essermi resa così conto di cosa succede quando a Messa mi ritrovo a mangiare l’ostia, corpo di Cristo. Mai ho avuto una consapevolezza tale. Quello che lo spettacolo mostrava era una cosa infinitamente più grande, più vera. Eppure quando ho visto sullo schermo, insieme alle altre immagini, l’ostia, accom-pagnata dalla Band che cantava “Verbum Carum Factum Est” e da altre musiche che esprimevano benissimo al solennità del momento, sentivo che, dentro, il mio cuore era toccato, voleva essere preso, vibrava. Per questo, finita la rappresentazione, l’ho detto anche a una mia cara amica, e il giorno dopo a messa, tutte e due, prima di salire all’altare a prendere l’ostia, l’istante prima, abbiamo pensato veramente a quello che stavamo facendo. E già qualcosa è cambiato. Non è una cosa che sento ancora del tutto mia, e per avere una tale consapevolezza ci vorrà forse anche tutta una vita.Ma intanto qualcosa è iniziato a cambiare, qualcosa si è mosso, è iniziato a fiorire. E mi auguro che possa diventare qualcosa di sempre immensamente più grande!

Elisabetta Camillini

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AGENDA DELL’ARCIVESCOVO

SETTEMBRE 2011

Giovedì 1 • In mattinata presiede la riunione dei Vicari • Nel pomeriggio partecipa all’inaugurazione del ristrutturato

ponte sul FogliaVenerdì 2 • In mattinata riceve per UdienzeSabato 3 • Nel pomeriggio è ad Ancona per l’accoglienza del Delegato

Pontificio del Congresso Eucaristico Nazionale Domenica 4 • È ad Ancona per la celebrazione di apertura del Congresso

Eucaristico NazionaleLunedì 5 • In mattinata riceve alcuni collaboratoriMartedì 6 • È fuori sede per motivi di MinisteroMercoledì 7

• È a Roma per motivi di Ufficio

Giovedì 8

• In mattinata è a Senigallia per presiedere la celebrazione delle lodi che precede l’incontro nazionale con gli educatori e IdR

• Nel pomeriggio ad Ancona partecipa alla processione

eucaristica del Congresso Eucaristico NazionaleVenerdì 9

• In mattinata riceve per Udienze

Sabato 10

• In mattinata ad Ancona partecipa all’incontro con le famiglie organizzato nell’ambito del Congresso Eucaristico Nazionale

Domenica 11

• Ad Ancona partecipa alla celebrazione eucaristica conclusiva del Congresso Eucaristico Nazionale presieduta da Santo Padre

Lunedì 12

• In mattinata riceve per Udienze

• Nel pomeriggio incontra i cresimandi della Parrocchia di

S. Maria di Loreto Martedì 13

• In mattinata incontra alcuni collaboratori

• Nel tardo pomeriggio interviene alla presentazione della mostra

eucaristica che viene allestita in ArcidiocesiMercoledì 14

• È fuori sede per motivi di Ministero

Giovedì 15

• In mattinata riceve per Udienze

• Nel pomeriggio è in visita ad alcuni sacerdoti anziani

Venerdì 16

• In mattinata riceve per Udienze

• Ore 21,00 presso il Cinema Loreto presiede l’avvio

dell’annuale Convegno Diocesano Sabato 17

• In mattinata presiede i lavori del Convegno Diocesano presso il

Cinema Loreto

• Nel pomeriggio ad Urbino partecipa all’ordinazione episcopale

di S.E. Mons. Giovanni Tani, nuovo Arcivescovo di Urbino Domenica 18

• In mattinata nella Parrocchia di S. Stefano in Candelara celebra

l’Eucaristia durante la quale conferisce la Confermazione ad un gruppo di ragazzi e presenta il nuovo Parroco

Lunedì 19

• In mattinata incontra alcuni collaboratori

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Martedì 20

• In mattinata riceve per Udienze

• Ore 21,00 in Cattedrale conferisce il “Mandato” agli operatori

diocesani della catechesi, della liturgia e della caritàMercoledì 21

• In mattinata riceve per Udienze

Giovedì 22

• È fuori sede per motivi di MinisteroVenerdì 23

• In mattinata partecipa alla celebrazione del X anniversario della

fondazione della Cooperativa “Rosa Blu”

• Ore 18,30 in Cattedrale celebra l’Eucaristia e conferisce il

ministro dell’Accolitato ad alcuni candidatiSabato 24

• Ore 17,00 presiede la processione in onore di San Terenzio

patrono dell’Arcidiocesi. Al termine della processione presiede la solenne celebrazione dell’Eucaristia

Domenica 25

• In mattinata celebra l’Eucaristia e conferisce il Sacramento della Confermazione alle ore 9,00 nella Parrocchia di Santa Croce e alle ore 11,00 nella Parrocchia di San Sebastiano in Monteciccardo

• Nel pomeriggio celebra il rito della dedicazione della nuova

chiesa nella Parrocchia di S. Maria Regina in Borgo S.MariaLunedì 26

• È fuori sede per motivi di ministero

Martedì 27

• È a Roma per i lavori della Commissione ScuolaMercoledì 28

• È a Roma per motivi di Ufficio

Giovedì 29

• In mattinata riceve per Udienze

• Nel pomeriggio incontra alcuni giovani universitari

Venerdì 30

• In mattinata incontra alcuni collaboratori

• Nel pomeriggio visita alcuni sacerdoti anziani

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NELLA CASA DEL PADRE

Suor EDOARDA GAIARIN - Piccola Ancella del Sacro Cuore

Nata a San Stino di Livenza (Venezia) l’8 febbraio 1927, prima di completare gli studi magistrali entrò nella Congregazione della Piccole Ancelle del Sacro Cuore a Città di Castello (PG), ove emise la Prima Professione l’8 settembre 1949 e quella solenne e perpetua, assieme ad altre consorelle, il 21 settembre 1954 sempre a Città di Castello. Giunta nella comunità di Via Cesare Battisti in Pesaro fin dal 1950 e conseguito il di-ploma magistrale, si dedicò con grande entusiasmo e diligenza, nonché tanta attitudi-ne, all’insegnamento degli alunni delle classi quarte e quinte che dovevano sostenere l’esame finale con la Commissione esaminatrice esterna. Solo quando negli anni ’70 la scuola ottenne la parificazione statale, Suor Edoarda, fisicamente imponente, rico-minciò ad insegnare dalla prima elementare, mostrando tenerezza e dolcezza verso quei bimbi che sembravano scomparire fra le sue braccia materne. Per la sua persona-lità, intelligenza e vivacità partecipò attivamente alla pastorale diocesana, svolgendo tra l’altro l’impegno di segretaria interdiocesana dell’USMI (Unione Superiori Mag-giori d’Italia), il cui ambito l’ha portata a promuovere con abnegazione la formazione umana e spirituale di tante consorelle delle diverse Congregazioni della provincia di Pesaro; ad interagire con le istituzioni del territorio, promuovendo negli anni ’90 la convenzione per le Scuole Materne della città; a costituire l’AGeSC (Associazione Genitori Scuole Cattoliche); a collaborare con l’editrice La Scuola di Brescia nell’ag-giornamento e nella formazione degli insegnanti, sia laici che religiosi. Negli ultimi anni, lasciato l’insegnamento, restò vicino agli alunni tenendo un’ora settimanale per classe con la piacevole “ora di poesia”. Grande è stato sempre il suo amore per la Chiesa ed in particolare per i seminaristi e i sacerdoti non solo della Chiesa pesarese, ma anche di altre diocesi, mantenendo anche contatti epistolari fino agli ultimi giorni della sua vita. Dopo breve malattia ed il ricovero all’ospedale di Pesaro, è tornata alla Casa del Padre il 18 settembre 2011 alle ore 7.50. Le esequie funebri sono state cele-brate il 20 settembre in Cattedrale, presiedute dall’Arcivescovo.

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INDICE

Documenti Del Santo PaDre BeneDetto XVi

• Omelia a conclusione della XXVI Giornata mondiale della gioventù .................. 3

• Omelia a conclusione del XXV Congresso Eucaristico Nazionale ...................... 6

Documenti Della Segreteria Di Stato

• Lettera a S.E. Rev.ma Mons. Piero Coccia Arcivescovo di Pesaro .................... 10

Documenti Della conferenza ePiScoPale italiana

• Messaggio d’invito al XXV Congresso Eucaristico Nazionale .......................... 11

• Messaggio per la VI Giornata per la salvaguardia del creato .............................. 16

• Comunicato finale del Consiglio Episcopale Permanente .................................. 19

atti Di S.e. monS. Piero coccia

• Omelie

Omelia in occasione dell’assunzione della B.V. Maria .................................. 25 Omelia in occasione della Solennità di San Paterniano ................................ 28 Omelia in occasione del saluto a S.E. Mons. Francesco Marinelli................ 31 Omelia in occasione della celebrazione del Mandato ................................... 34 Omelia in occasione del Funerale di Suor Edoarda ....................................... 38 Omelia in occasione della celebrazione dell’Accolitato ................................ 40

• messaggi e lettere

Messaggio agli studenti per inizio anno scolastico 2011-2012 ..................... 43 Messaggio in occasione della “Festa del Voto” ............................................. 45 Introduzione all’Agenda di Programmazione pastorale ................................ 47 Messaggio in occasione della solennità di S. Terenzio, Patrono ................... 52 Indirizzo di saluto a S.E. Mons. Piero Marini ............................................... 56

• interventi Pubblici

Intervento al Convegno di Confindustria della provincia di Ascoli .............. 57

• Decreti e nOmine

Elenco ............................................................................................................ 63

comunicazioni Del Vicario generale

• Ai Sacerdoti, Religiosi, Religiose e Diaconi: Congresso Eucaristico ................. 64

• Ai Sacerdoti, Religiosi, Religiose, Diaconi, Gruppi e Movimenti ...................... 65

• Ai Sacerdoti, Religiosi, Religiose e Diaconi: incontri e comunicazioni ............. 70

• Ai Sacerdoti, Religiosi e Diaconi: Esercizi spirituali .......................................... 73

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attiVità Degli uffici PaStorali

• ufficiO cOmunicaziOni sOciali, cultura e stamPa

Festa del Porto ............................................................................................... 76 Insediamento nuovo Parroco: don Daniele Federici ...................................... 78 Insediamento nuovo Parroco: don Lorenzo Volponi ...................................... 80 Insediamento nuovo Parroco: don Massimo Regini ...................................... 82 Mostra sull’Eucaristia .................................................................................... 84 Conferimento Accolitato................................................................................ 85 San Terenzio, Patrono .................................................................................... 86 Insediamento nuovo Parroco: don Giampiero Cernuschi .............................. 88

• ufficiO PastOrale catechistica

“Prendi e mangia” – Comunicato stampa ...................................................... 90 “Prendi e mangia” – Programma ................................................................... 91 Percorso diocesano di formazione “In cammino verso la Cresima” ............. 92

• ufficiO PastOrale familiare

Incontri diocesani 2011-2012 ........................................................................ 93

• ufficiO PastOrale Per gli OratOri

Progetto degli oratori 2010-2011 ................................................................... 95

• ufficiO PastOrale liturgica

Lettera ai Parroci dell’Arcidiocesi: appuntamenti ....................................... 105 Lettera ai Parroci dell’Arcidiocesi: Congresso Eucaristico......................... 106

iStituto SuPeriore Scienze religioSe “gioVanni Paolo ii”

• Inizio Anno Accademico 2011-2012 ................................................................. 108

• Introduzione dell’Arcivescovo all’Annuario dell’IRSS .................................... 109

• Piano di studi triennale dell’ISSR ..................................................................... 110

• Corso di formazione per Operatori Pastorali..................................................... 113

conVegno DioceSano

• Comunicato stampa ........................................................................................... 114

• Presentazione del Convegno Diocesano ............................................................ 116

• Invito dell’Arcivescovo al Convegno Diocesano .............................................. 119

• Introduzione di S.E. Mons Piero Coccia, Arcivescovo ..................................... 120

• Atti del Convegno

Mons. Renzo Bonetti: “Signore da chi andremo”? ...................................... 122 Flavio ed Angela: Testimonianza ................................................................. 129 Federico e Luisa: Testimonianza .................................................................. 135

• Conclusione di S.E. Mons. Piero Coccia, Arcivescovo ..................................... 141

• Comunicato stampa a conclusione Convegno ................................................... 143

• Comuunicato stampa spettacolo Convegno ....................................................... 147

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agenDa Dell’arciVeScoVo

• Settembre 2011 .................................................................................................. 148

nella caSa Del PaDre

• Suor Edoarda Gaiarin ........................................................................................ 150

A cura dell’Ufficio Comunicazioni Sociali, Cultura e StampaVia Gioacchino Rossini, 62

61121 PesaroTel.: 0721.30043 – Fax 0721.32422

e-mail: [email protected].

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