Bollettino Diocesano Settembre- Ottobre 2013

168

description

Atti ufficiali e attività pastorali dell'Arcidiocesi di Bari-Bitonto

Transcript of Bollettino Diocesano Settembre- Ottobre 2013

BOLLETTINO DIOCESANO

l´OdegitriaAtti ufficiali e attività pastoralidell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto

BOLLETTINO DIOCESANO

l´OdegitriaAtti ufficiali e attività pastoralidell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto

Registrazione Tribunale di Bari n. 1272 del 26/03/1996

ANNO LXXXIX - N. 5 - Settembre - Ottobre 2013

Redazione e amministrazione:Curia Arcivescovile Bari-BitontoP.zza Odegitria - 70122 Bari - Tel. 080/5288211 - Fax 080/5244450www.arcidiocesibaribitonto.it - e.mail: [email protected]

Direttore responsabile:Giuseppe Sferra

Direttore:Gabriella Roncali

Redazione:Beppe Di Cagno, Luigi Di Nardi, Angelo Latrofa, Paola Loria, Franco Mastrandrea,Bernardino Simone, Francesco Sportelli

Gestione editoriale e stampa:Ecumenica Editrice scrl - 70123 Bari - Tel. 080.5797843 - Fax 080.2170009

www.ecumenicaeditrice.it - [email protected]

469

DOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIOChirografo con il quale viene istituito un Consiglio di cardinali per aiutare

il Santo Padre nel governo della Chiesa universale 471Discorso ai partecipanti al Congresso internazionale sulla catechesi 473Discorso alle famiglie in pellegrinaggio a Roma nell’Anno della fede 479

DOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANACONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Consiglio PermanenteComunicato finale dei lavori della sessione autunnale

(Roma, 23-25 settembre 2013) 483

CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESEDecreto di approvazione delle variazioni

al Calendario proprio delle Diocesi Pugliese 491

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI BITONTOMAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

Lo splendore della speranza. Verso le periferie della storia.Proposta per il nuovo anno pastorale di S.E. Mons. Francesco Cacucci 495Decreto di attribuzione delle somme derivanti dall’8 per mille IRPEF 535

PELLEGRINAGGIO DIOCESANO IN TERRA SANTAIl pellegrinaggio diocesano in Terra Santa nell’Anno della fede 539

CURIA METROPOLITANA

CancelleriaSacre ordinazioni e decreti 543

Settore evangelizzazione. Ufficio catechisticoIncontri di formazione per catechisti e operatori pastorali su

“La nuova evangelizzazione” (settembre-ottobre 2013) 547

SOMMARIO

Mistagogia e nuova evangelizzazione. Inviati per le periferie:relazione di don Antonio Ruccia 549

Tavola rotonda: Le sfide della nuova evangelizzazione:più vita che strategie pastorali. 575

Interventi di don Gianni De Robertis, don Carlo Cinquepalmi,don Giovanni Lorusso 577

Settore evangelizzazione. Ufficio missionarioVeglia missionaria diocesana 2013 “Sulle strade del mondo”:

Il Tempio, prima strada del mondo 595

Giornata missionaria mondiale 2013Le iniziative diocesane sul territorio 598

Uffici di Curia. Parrocchia Cattedrale. Basilica di S. Nicola. Museo Diocesano.Arciconfraternita di Bari Vecchia

La rassegna “Notti Sacre” 2013 601

CONSIGLI DIOCESANI

Consiglio Pastorale DiocesanoVerbale della riunione del 17 aprile 2013 605

PUBBLICAZIONI 611

NELLA PACE DEL SIGNOREdon Giovanni Castoro 619

DIARIO DELL’ARCIVESCOVOSettembre 2013 623Ottobre 2013 625

470

471

Tra i suggerimenti emersi nel corso delle Congregazioni generali dicardinali precedenti al Conclave, figurava la convenienza di istituireun ristretto gruppo di membri dell’Episcopato, provenienti dallediverse parti del mondo, che il Santo Padre potesse consultare, sin-golarmente o in forma collettiva, su questioni particolari. Una voltaeletto alla Sede romana, ho avuto occasione di riflettere più volte suquesto argomento, ritenendo che una tale iniziativa sarebbe stata dinotevole aiuto per svolgere il ministero pastorale di Successore diPietro che i fratelli cardinali avevano voluto affidarmi.Per questo motivo, il 13 aprile scorso ho annunciato la costituzio-ne del menzionato gruppo, indicando, in pari tempo, i nominatividi coloro che erano stati chiamati a farne parte. Ora, dopo maturariflessione, ritengo opportuno che tale gruppo, mediante il presen-te Chirografo, sia istituito come un «Consiglio di cardinali», con ilcompito di aiutarmi nel governo della Chiesa universale e di stu-diare un progetto di revisione della Costituzione apostolica Pastorbonus sulla Curia Romana. Esso sarà composto dalle medesime per-sone precedentemente indicate, le quali potranno essere interpella-te, sia come Consiglio sia singolarmente, sulle questioni che di

Chirografo con il quale viene istituitoun Consiglio di cardinali per aiutare il Santo Padrenel governo della Chiesa universale e per studiare

un progetto di revisione della Costituzioneapostolica ”Pastor bonus” sulla Curia romana

MAGISTERO PONTIFICIODOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE

volta in volta riterrò degne di attenzione. Detto Consiglio, che ri-spetto al numero dei componenti mi riservo di configurare nelmodo che risulterà più adeguato, sarà un’ulteriore espressione dellacomunione episcopale e dell’ausilio al munus petrinum che l’Episco-pato sparso per il mondo può offrire.

Dato a Roma, presso San Pietro il 28 settembre dell’anno 2013,primo di Pontificato.

472

473

mi piace che nell’Anno della fede ci sia questo incontro per voi: lacatechesi è un pilastro per l’educazione della fede, e ci voglionobuoni catechisti! Grazie di questo servizio alla Chiesa e nellaChiesa. Anche se a volte può essere difficile, si lavora tanto, ci siimpegna e non si vedono i risultati voluti, educare nella fede è bello.È forse la migliore eredità che noi possiamo dare: la fede! Educarenella fede, perché lei cresca. Aiutare i bambini, i ragazzi, i giovani,gli adulti a conoscere e ad amare sempre di più il Signore è una delleavventure educative più belle, si costruisce la Chiesa. “Essere” cate-chisti. Non lavorare da catechisti: questo non serve. Io lavoro dacatechista perché mi piace insegnare… Ma se tu non sei catechista,non serve. Non sarai fecondo, non sarai feconda. Catechista è unavocazione: “essere catechista”, questa è la vocazione, non lavorareda catechista. Badate bene, non ho detto “fare” i catechisti, ma“esserlo”, perché coinvolge la vita. Si guida all’incontro con Gesùcon le parole e con la vita, con la testimonianza. Ricordatevi quelloche Benedetto XVI ci ha detto: «La Chiesa non cresce per proseliti-smo, cresce per attrazione». E quello che attrae è la testimonianza.Essere catechista significa dare testimonianza della fede; esserecoerente nella propria vita. E questo non è facile. Non è facile! Noiaiutiamo, noi guidiamo all’incontro con Gesù con le parole e con lavita, con la testimonianza. A me piace ricordare quello che san

Discorso ai partecipantial Congresso internazionale sulla catechesi

Cari catechisti,

MAGISTERO PONTIFICIODOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE

Francesco di Assisi diceva ai suoi frati: «Predicate sempre il Vangeloe, se fosse necessario, anche con le parole». Le parole vengono… maprima la testimonianza: che la gente veda nella nostra vita ilVangelo, possa leggere il Vangelo. Ed “essere” catechisti chiedeamore, amore sempre più forte a Cristo, amore al suo popolo santo.E questo amore non si compra nei negozi, non si compra neppurequi a Roma. Questo amore viene da Cristo. È un regalo di Cristo. Èun regalo di Cristo! E se viene da Cristo, parte da Cristo e noi dob-biamo ripartire da Cristo, da questo amore che Lui ci dà, Che cosasignifica questo ripartire da Cristo per un catechista, per voi, ancheper me, perché anch’io sono catechista? Cosa significa?Parlerò di tre cose: uno, due e tre, come facevano i vecchi gesuiti…uno, due e tre!

1. Prima di tutto, ripartire da Cristo significa avere familiarità conLui, avere questa familiarità con Gesù: Gesù lo raccomanda coninsistenza ai discepoli nell’Ultima Cena, quando si avvia a vivere ildono più alto di amore, il sacrificio della Croce. Gesù utilizza l’im-magine della vite e dei tralci e dice: rimanete nel mio amore, rima-nete attaccati a me, come il tralcio è attaccato alla vite. Se siamouniti a Lui possiamo portare frutto, e questa è la familiarità conCristo. Rimanere in Gesù. È un rimanere attaccati a Lui, dentro diLui, con Lui, parlando con Lui: rimanere in Gesù.La prima cosa, per un discepolo, è stare con il Maestro, ascoltarlo,imparare da Lui. E questo vale sempre, è un cammino che duratutta la vita. Ricordo, tante volte in diocesi, nell’altra diocesi cheavevo prima, di aver visto alla fine dei corsi nel seminario catechi-stico, i catechisti che uscivano dicendo: “Ho il titolo di catechista!”.Quello non serve, non hai niente, hai fatto una piccola stradina.Chi ti aiuterà? Non è un titolo, è un atteggiamento: stare con Lui; edura tutta la vita! È uno stare alla presenza del Signore, lasciarsiguardare da Lui. Io vi domando: come state alla presenza delSignore? Quando vai dal Signore, guardi il Tabernacolo, che cosafai? Senza parole… Ma io dico, dico, penso, medito, sento… Moltobene! Ma tu, ti lasci guardare dal Signore? Lasciarci guardare dalSignore. Lui ci guarda e questa è una maniera di pregare. Ti lasciguardare dal Signore? Ma come si fa? Guardi il Tabernacolo e tilasci guardare… è semplice! È un po’ noioso, mi addormento...

474

MAGISTERO PONTIFICIO

475

Addormentati, addormentati! Lui ti guarderà lo stesso. Ma sei sicu-ro che Lui ti guarda! E questo è molto più importante del titolo dicatechista: è parte dell’essere catechista. Questo scalda il cuore,tiene acceso il fuoco dell’amicizia col Signore, ti fa sentire che Luiveramente ti guarda, ti è vicino e ti vuole bene. In una delle usciteche ho fatto, qui a Roma, in una Messa, si è avvicinato un signore,relativamente giovane, e mi ha detto: “Padre, piacere di conoscerla,ma io non credo in niente! Non ho il dono della fede!”. Capiva cheera un dono. “Non ho il dono della fede! Che cosa mi dice lei?”.“Non ti scoraggiare. Lui ti vuole bene. Lasciati guardare da Lui.Niente di più”. E questo lo dico a voi: lasciatevi guardare dalSignore! Capisco che per voi non è così semplice: specialmente perchi è sposato e ha figli, è difficile trovare un tempo lungo di calma.Ma, grazie a Dio, non è necessario fare tutti nello stesso modo; nellaChiesa c’è varietà di vocazioni e varietà di forme spirituali; l’impor-tante è trovare il modo adatto per stare con il Signore; e questo si può,è possibile in ogni stato di vita. In questo momento ognuno puòdomandarsi: come vivo io questo “stare” con Gesù? Questa è unadomanda che vi lascio: “Come vivo io questo stare con Gesù, que-sto rimanere in Gesù?”. Ho dei momenti in cui rimango alla suapresenza, in silenzio, mi lascio guardare da Lui? Lascio che il suofuoco riscaldi il mio cuore? Se nel nostro cuore non c’è il calore diDio, del suo amore, della sua tenerezza, come possiamo noi, poveripeccatori, riscaldare il cuore degli altri? Pensate a questo!

2. Il secondo elemento è questo: ripartire da Cristo significa imitarlonell’uscire da sé e andare incontro all’altro. Questa è un’esperienza bella,e un po’ paradossale. Perché? Perché chi mette al centro della pro-pria vita Cristo, si decentra! Più ti unisci a Gesù e Lui diventa il cen-tro della tua vita, più Lui ti fa uscire da te stesso, ti decentra e ti apreagli altri. Questo è il vero dinamismo dell’amore, questo è il movi-mento di Dio stesso! Dio è il centro, ma è sempre dono di sé, rela-zione, vita che si comunica… Così diventiamo anche noi se rima-niamo uniti a Cristo, Lui ci fa entrare in questo dinamismo dell’a-more. Dove c’è vera vita in Cristo, c’è apertura all’altro, c’è uscita da

sé per andare incontro all’altro nel nome di Cristo. E questo è illavoro del catechista: uscire continuamente da sé per amore, pertestimoniare Gesù e parlare di Gesù, predicare Gesù. Questo èimportante perché lo fa il Signore: è proprio il Signore che ci spin-ge a uscire.Il cuore del catechista vive sempre questo movimento di “sistole-diastole”: unione con Gesù -incontro con l’altro. Sono le due cose:io mi unisco a Gesù ed esco all’incontro con gli altri. Se manca unodi questi due movimenti non batte più, non può vivere. Riceve indono il kerigma, e a sua volta lo offre in dono. Questa parolina:dono. Il catechista è cosciente che ha ricevuto un dono, il donodella fede e lo dà in dono agli altri. E questo è bello. E non se neprende per sé la percentuale. Tutto quello che riceve lo dà. Questonon è un affare. È puro dono: dono ricevuto e dono trasmesso. E ilcatechista è lì, in questo incrocio di dono. È così nella natura stessadel kerigma: è un dono che genera missione, che spinge sempreoltre se stessi. San Paolo diceva: «L’amore di Cristo ci spinge», maquel “ci spinge” si può tradurre anche “ci possiede”. È così: l’amoreti attira e ti invia, ti prende e ti dona agli altri. In questa tensione simuove il cuore del cristiano, in particolare il cuore del catechista.Chiediamoci tutti: è così che batte il mio cuore di catechista: unio-ne con Gesù e incontro con l’altro? Con questo movimento di“sistole e diastole”? Si alimenta nel rapporto con Lui, Èma per por-tarlo agli altri e non per ritenerlo? Vi dico una cosa: non capiscocome un catechista possa rimanere fermo, senza questo movimen-to. Non capisco!

3. E il terzo elemento – tre - è sempre in questa linea: ripartire daCristo significa non aver paura di andare con Lui nelle periferie. Qui miviene in mente la storia di Giona, una figura davvero interessante,specialmente nei nostri tempi di cambiamenti e di incertezza.Giona è un uomo pio, con una vita tranquilla e ordinata; questo loporta ad avere i suoi schemi ben chiari e a giudicare tutto e tutti conquesti schemi, in modo rigido. Ha tutto chiaro, la verità è questa. Èrigido! Perciò quando il Signore lo chiama e gli dice di andare a pre-dicare a Ninive, la grande città pagana, Giona non se la sente.Andare là! Ma io ho tutta la verità qui! Non se la sente… Ninive è aldi fuori dei suoi schemi, è alla periferia del suo mondo. E allora

476

MAGISTERO PONTIFICIO

scappa, se ne va in Spagna, fugge via, si imbarca su una nave che vada quelle parti. Andate a rileggere il Libro di Giona. breve, ma è unaparabola molto istruttiva, specialmente per noi che siamo nellaChiesa.Che cosa ci insegna? Ci insegna a non aver paura di uscire dai nostrischemi per seguire Dio, perché Dio va sempre oltre. Ma sapete unacosa? Dio non ha paura. Sapevate questo voi? Non ha paura! È sem-pre oltre i nostri schemi. Dio non ha paura delle periferie. Ma se voiandate alle periferie, lo troverete lì. Dio è sempre fedele, è creativo.Ma, per favore, non si capisce un catechista che non sia creativo. Ela creatività è come la colonna dell’essere catechista. Dio è creativo,non è chiuso, e per questo non è mai rigido. Dio non è rigido! Ciaccoglie, ci viene incontro, ci comprende. Per essere fedeli, per esse-re creativi, bisogna saper cambiare. Saper cambiare. E perché devocambiare? È per adeguarmi alle circostanze nelle quali devo annun-ziare il Vangelo. Per rimanere con Dio bisogna saper uscire, nonaver paura di uscire. Se un catechista si lascia prendere dalla paura,è un codardo; se un catechista se ne sta tranquillo, finisce per esse-re una statua da museo: e ne abbiamo tanti! Ne abbiamo tanti! Perfavore, niente statue da museo. Se un catechista è rigido diventaincartapecorito e sterile. Vi domando: qualcuno di voi vuole esserecodardo, statua da museo o sterile? Qualcuno ha questa voglia?[catechisti: No!] No? Sicuro? Va bene! Quello che dirò adesso l’hodetto tante volte, ma mi viene dal cuore di dirlo. Quando noi cri-stiani siamo chiusi nel nostro gruppo, nel nostro movimento, nellanostra parrocchia, nel nostro ambiente, rimaniamo chiusi e ci suc-cede quello che accade a tutto quello che è chiuso; quando unastanza è chiusa incomincia l’odore dell’umidità. E se una persona èchiusa in quella stanza, si ammala. Quando un cristiano è chiusonel suo gruppo, nella sua parrocchia, nel suo movimento, è chiuso,si ammala. Se un cristiano esce per le strade, nelle periferie, può suc-cedergli quello che succede a qualche persona che va per la strada:un incidente. Tante volte abbiamo visto incidenti stradali. Ma io vidico: preferisco mille volte una Chiesa incidentata, e non unaChiesa ammalata! Una Chiesa, un catechista che abbia il coraggio

477

di correre il rischio per uscire, e non un catechista che studi, sappiatutto, ma chiuso sempre: questo è ammalato. E alle volte è amma-lato dalla testa….Ma attenzione! Gesù non dice: andate, arrangiatevi. No, non dicequello. Gesù dice: Andate, io sono con voi. Questa è la nostra bel-lezza e la nostra forza: se noi andiamo, se noi usciamo a portare ilsuo Vangelo con amore, con vero spirito apostolico, con parresia,Lui cammina con noi, ci precede, – lo dico in spagnolo – ci primerea.Il Signore sempre ci primerea! Ormai avete imparato il senso di que-sta parola. E questo lo dice la Bibbia, non lo dico io. La Bibbia dice,il Signore dice nella Bibbia: Io sono come il fiore del mandorlo.Perché? Perché è il primo fiore che fiorisce nella primavera. Lui èsempre primero! Lui è primo. Questo è fondamentale per noi: Diosempre ci precede.. Quando noi pensiamo di andare lontano, inuna estrema periferia, e forse abbiamo un po’ di timore, in realtàLui è già là: Gesù ci aspetta nel cuore di quel fratello, nella sua carneferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima senza fede. Ma voisapete una delle periferie che mi fa così tanto male che sento dolo-re - lo avevo visto nella diocesi che avevo prima? È quella dei bam-bini che non sanno farsi il segno della Croce. A Buenos Aires ci sonotanti bambini che non sanno farsi il segno della Croce. Questa èuna periferia. Bisogna andare là. E Gesù è là, ti aspetta, per aiutarequel bambino a farsi il segno della Croce. Lui sempre ci precede.Cari catechisti, sono finiti i tre punti. Sempre ripartire da Cristo! Vidico grazie per quello che fate, ma soprattutto perché ci siete nellaChiesa, nel Popolo di Dio in cammino, perché camminate con ilPopolo di Dio. Rimaniamo con Cristo - rimanere in Cristo - cer-chiamo di essere sempre più una cosa sola con Lui; seguiamolo,imitiamolo nel suo movimento d’amore, nel suo andare incontroall’uomo; e usciamo, apriamo le porte, abbiamo l’audacia di trac-ciare strade nuove per l’annuncio del Vangelo.Che il Signore vi benedica e la Madonna vi accompagni. Grazie!

Aula Paolo VI, venerdì 27 settembre 2013

478

479

Siete venute pellegrine da tante parti del mondo per professare lavostra fede davanti al sepolcro di san Pietro. Questa piazza vi acco-glie e vi abbraccia: siamo un solo popolo, con un’anima sola, con-vocati dal Signore che ci ama e ci sostiene. Saluto anche tutte lefamiglie che sono collegate mediante la televisione e internet: unapiazza che si allarga senza confini!Avete voluto chiamare questo momento “Famiglia, vivi la gioiadella fede!”. Mi piace, questo titolo. Ho ascoltato le vostre esperien-ze, le storie che avete raccontato. Ho visto tanti bambini, tantinonni… Ho sentito il dolore delle famiglie che vivono in situazionedi povertà e di guerra. Ho ascoltato i giovani che vogliono sposarsiseppure tra mille difficoltà. E allora ci domandiamo: come è possi-bile vivere la gioia della fede, oggi, in famiglia? Ma io vi domandoanche: è possibile vivere questa gioia o non è possibile?

1. C’è una parola di Gesù, nel Vangelo di Matteo, che ci viene incon-tro: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi daròristoro» (Mt 11,28). La vita spesso è faticosa, tante volte anche tra-gica. Abbiamo sentito recentemente… Lavorare è fatica; cercare

Discorso alle famiglie in pellegrinaggioa Roma nell’Anno della fede

Care famiglie, buonasera e benvenute a Roma!

MAGISTERO PONTIFICIODOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE

480

lavoro è fatica. E trovare lavoro oggi chiede tanta fatica. Ma quelloche pesa di più nella vita non è questo: quello che pesa di più ditutte queste cose è la mancanza di amore. Pesa non ricevere un sor-riso, non essere accolti. Pesano certi silenzi, a volte anche in fami-glia, tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra fratelli. Senza amorela fatica diventa più pesante, intollerabile. Penso agli anziani soli,alle famiglie che fanno fatica perché non sono aiutate a sostenerechi in casa ha bisogno di attenzioni speciali e di cure. «Venite a mevoi tutti che siete affaticati e oppressi», dice Gesù.Care famiglie, il Signore conosce le nostre fatiche: le conosce! Econosce i pesi della nostra vita. Ma il Signore conosce anche ilnostro profondo desiderio di trovare la gioia del ristoro. Ricordate?Gesù ha detto: «La vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). Gesù vuoleche la nostra gioia sia piena! Lo ha detto agli apostoli e lo ripeteoggi a noi. Allora questa è la prima cosa che stasera voglio condivi-dere con voi, ed è una parola di Gesù: Venite a me, famiglie di tuttoil mondo - dice Gesù - e io vi darò ristoro, affinché la vostra gioiasia piena. E questa Parola di Gesù portatela a casa, portatela nelcuore, condividetela in famiglia. Ci invita ad andare da Lui perdarci, per dare a tutti la gioia.

2. La seconda parola la prendo dal rito del Matrimonio. Chi si sposanel sacramento dice: «Prometto di esserti fedele sempre, nella gioiae nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tuttii giorni della mia vita». Gli sposi in quel momento non sanno cosaaccadrà, non sanno quali gioie e quali dolori li attendono. Partono,come Abramo, si mettono in cammino insieme. E questo è il matri-monio. Partire e camminare insieme, mano nella mano, affidando-si alla grande mano del Signore. Mano nella mano, sempre e pertutta la vita. E non fare caso a questa cultura del provvisorio, che citaglia la vita a pezzi!Con questa fiducia nella fedeltà di Dio si affronta tutto, senzapaura, con responsabilità. Gli sposi cristiani non sono ingenui,conoscono i problemi e i pericoli della vita. Ma non hanno paura diassumersi la loro responsabilità, davanti a Dio e alla società. Senzascappare, senza isolarsi, senza rinunciare alla missione di formareuna famiglia e di mettere al mondo dei figli. - Ma oggi, Padre, è dif-ficile… -. Certo, è difficile. Per questo ci vuole la grazia, la grazia che

MAGISTERO PONTIFICIO

ci dà il sacramento! I sacramenti non servono a decorare la vita - mache bel matrimonio, che bella cerimonia, che bella festa!… - Maquello non è il sacramento, quella non è la grazia del sacramento.Quella è una decorazione! E la grazia non è per decorare la vita, èper farci forti nella vita, per farci coraggiosi, per poter andare avan-ti. Senza isolarsi, sempre insieme. I cristiani si sposano nel sacra-mento perché sono consapevoli di averne bisogno. Ne hanno biso-gno per essere uniti tra loro e per compiere la missione di genitori.«Nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia». Così diconogli sposi nel sacramento e nel loro matrimonio pregano insieme econ la comunità. Perché? Perché si usa fare così? No! Lo fanno per-ché ne hanno bisogno, per il lungo viaggio che devono fare insieme:un lungo viaggio che non è a pezzi, dura tutta la vita. E hanno biso-gno dell’aiuto di Gesù, per camminare insieme con fiducia, peraccogliersi l’un l’altro ogni giorno, e perdonarsi ogni giorno. E que-sto è importante: nelle famiglie sapersi perdonare, perché tutti noiabbiamo difetti, tutti! Talvolta facciamo cose che non sono buonee fanno male agli altri. Avere il coraggio di chiedere scusa, quandoin famiglia sbagliamo…Alcune settimane fa, in questa piazza, ho detto che per portareavanti una famiglia è necessario usare tre parole. Voglio ripeterlo.Tre parole: permesso, grazie, scusa. Tre parole chiave! Chiediamopermesso per non essere invadenti in famiglia. “Posso fare questo?Ti piace che faccia questo?”. Col linguaggio del chiedere ‘permesso’.Diciamo ‘grazie’, grazie per l’amore! Ma dimmi, quante volte algiorno tu dici grazie a tua moglie, e tu a tuo marito? Quanti giornipassano senza dire questa parola, grazie! E l’ultima: scusa. Tuttisbagliamo e alle volte qualcuno si offende nella famiglia e nelmatrimonio, e alcune volte - io dico - volano i piatti, si dicono paro-le forti, ma sentite questo consiglio: non finire la giornata senzafare la pace. La pace si rifà ogni giorno in famiglia! ‘Scusatemi’,ecco, e si rincomincia di nuovo. Permesso, grazie, scusa! Lo diciamoinsieme? Permesso, grazie e scusa! Facciamo queste tre parole infamiglia. Perdonarsi ogni giorno.Nella vita la famiglia sperimenta tanti momenti belli: il riposo, il

481

pranzo insieme, l’uscita nel parco o in campagna, la visita ai nonni,la visita a una persona malata… Ma se manca l’amore manca lagioia, manca la festa, e l’amore ce lo dona sempre Gesù: Lui è la fon-te inesauribile. Lì Lui, nel sacramento, ci dà la sua Parola e ci dà ilPane della vita, perché la nostra gioia sia piena.

3. E per finire, qui davanti a noi, questa icona della Presentazione diGesù al Tempio. È un’icona davvero bella e importante. Contem-pliamola e facciamoci aiutare da questa immagine. Come tutti voi,anche i protagonisti della scena hanno il loro cammino: Maria eGiuseppe si sono mesi in marcia, pellegrini a Gerusalemme, in ob-bedienza alla Legge del Signore; anche il vecchio Simeone e la pro-fetessa Anna, pure molto anziana, giungono al Tempio spinti dalloSpirito Santo. La scena ci mostra questo intreccio di tre generazio-ni: Simeone tiene in braccio il bambino Gesù, nel quale riconosce ilMessia, e Anna è ritratta nel gesto di lodare Dio e annunciare la sal-vezza a chi aspettava la redenzione d’Israele. Questi due anzianirappresentano la fede come memoria. Ma vi domando: voi ascolta-te i nonni? voi aprite il vostro cuore alla memoria che ci danno inonni? I nonni sono la saggezza della famiglia, sono la saggezza diun popolo. E un popolo che non ascolta i nonni, è un popolo chemuore. Ascoltare i nonni! Maria e Giuseppe sono la famiglia santi-ficata dalla presenza di Gesù, che è il compimento di tutte le pro-messe. Ogni famiglia, come quella di Nazareth, è inserita nella sto-ria di un popolo e non può esistere senza le generazioni precedenti.E perciò oggi abbiamo qui i nonni e i bambini. I bambini imparanodai nonni, dalla generazione precedente.Care famiglie, anche voi siete parte del popolo di Dio. Camminatecon gioia insieme a questo popolo. Rimanete sempre unite a Gesùe portatelo a tutti con la vostra testimonianza. Vi ringrazio di esse-re venute. Insieme, facciamo nostre le parole di san Pietro, che cidanno forza e ci daranno forza nei momenti difficili: «Signore, dachi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68). Con la graziadi Cristo, vivete la gioia della fede. Il Signore vi benedica e Maria,nostra Madre, vi custodisca e vi accompagni.

Piazza San Pietro, sabato 26 ottobre 2013

482

483

Lo sfondo attorno a cui si è svolta la sessione autunnale del Con-siglioEpiscopale Permanente – riunito a Roma da lunedì 23 a mercoledì 25 set-tembre 2013, sotto la guida del card. Angelo Bagnasco – è stato l’altaredella Confessione. Con la memoria del cuore, infatti, i vescovi hannoripreso e fatto proprie le indicazioni offerte da Papa Francesco lo scorsomaggio, nell’incontro avuto sulla tomba di Pietro con tutta la ConferenzaEpiscopale Italiana. In quell’occasione, il Papa rinnovava la propria fidu-cia nei Pastori, li incoraggiava a continuare l’apprezzato cammino dellaChiesa in Italia, indicando con chiarezza ambiti di competenza e, primaancora, condizioni per assumerli con convinzione: «Non siamo espressio-ne di una struttura o di una necessità organizzativa: anche con il serviziodella nostra autorità siamo chiamati a essere segno della presenza e del-l’azione del Signore risorto, a edificare, quindi, la comunità nella caritàfraterna».Quelle indicazioni, approfondite nelle udienze del Papa con il cardinalePresidente, nei lavori di questi giorni hanno avviato un percorso di discer-nimento a tutti i livelli. A far da filo conduttore domande precise: qualedisponibilità ci chiede il Santo Padre? che forme si aspetta che assumi lanostra collegialità? come possiamo favorire tra noi una maggiore parteci-pazione?A partire dai contenuti offerti nella prolusione, non è mancato il con-fronto sul momento storico, contrassegnato da un autentico cambia-mento d’epoca. Insieme a una pastorale di prossimità e di cura, i vescovihanno evidenziato l’importanza di non far mancare una lettura teologi-

Consiglio Permanente

Comunicato finale dei lavori della sessione autunnale(Roma, 23-25 settembre 2013)

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANADOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANA

484

ca, capace di portare anche a revisione il linguaggio della fede. Nellapreoccupazione per le condizioni di tante famiglie, hanno richiamato lapolitica a fare la sua parte, evitando inutili litigiosità e impegnandosi anon perdere il treno della ripresa. Preghiera e solidarietà sono stateespresse per la Siria e per i cristiani perseguitati.I lavori del Consiglio Permanente si sono, quindi, concentrati sul ConvegnoEcclesiale Nazionale di Firenze, per il quale è stata presentata una lettera diinvito; sono state approvate due richieste di commissioni episcopali peraltrettante note pastorali sull’Ordo virginum e sulla scuola; sono stati rac-colti suggerimenti per metodi e contenuti con cui dare continuità al cam-mino del Progetto culturale.Sullo sfondo degli Orientamenti pastorali del decennio, una comunica-zione ha riguardato una prima ricognizione delle “buone pratiche educa-tive” diffuse nel Paese.Il Consiglio Permanente ha, infine, approvato il messaggio per la prossi-ma Giornata nazionale per la vita, nonché alcune modifiche statutarie diun’associazione di fedeli e ha provveduto ad alcune nomine.

1. Alla scuola di Papa Francesco

«Voi avete tanti compiti: la Chiesa in Italia, …il dialogo con le isti-tuzioni culturali, sociali, politiche… il lavoro di fare forte leConferenze regionali, perché siano la voce di tutte le regioni, tantodiverse… e anche il lavoro per ridurre un po’ il numero delle dioce-si tanto pesanti… Andate avanti con fratellanza».Le indicazioni offerte da Papa Francesco all’Assemblea generaledello scorso maggio sono state il primo materiale di confronto e diapprofondimento della sessione autunnale del Consiglio Episco-pale Permanente.La ricchezza di quell’incontro è viva nel cuore di tutti i vescovi: nellameditazione, in particolare, Papa Francesco aveva riproposto conforza l’attualità della domanda posta dal Risorto a Pietro: «Mi amitu? Mi sei amico?», «unica questione veramente essenziale, premes-sa e condizione per pascere le sue pecore, i suoi agnelli, la suaChiesa». Nel contempo, aveva pure ricordato la natura della Chiesa:«Non siamo espressione di una struttura o di una necessità orga-nizzativa: anche con il servizio della nostra autorità siamo chiama-ti a essere segno della presenza e dell’azione del Signore risorto, aedificare, quindi, la comunità nella carità fraterna».

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

485

Le indicazioni del magistero pontificio sono state confermate eapprofondite nei recenti colloqui con il cardinale Presidente, nelcorso dei quali il Santo Padre ha espresso la volontà che, nel segnodella collegialità, la partecipazione dei vescovi alla vita dellaConferenza Episcopale Italiana sia sempre maggiore: per un’assun-zione ampia e attiva di orientamenti e decisioni sempre meglio con-divise, per un giudizio concorde e scelte corrispondenti in ordinealle circostanze pastorali di questo tempo.Tali indicazioni sono state fatte proprie prontamente con piena ecordiale disponibilità dalla Presidenza della Conferenza EpiscopaleItaliana, che le ha quindi portate in Consiglio Permanente per unprimo scambio e l’avvio di un processo di sereno approfondimento.Nel corso della discussione – insieme alla gratitudine per le propo-ste e gli stimoli offerti dal Papa, del quale si è evidenziato una voltadi più il peculiare legame con la Conferenza Episcopale Italiana – ivescovi hanno sottolineato che prima e più di un eventuale rinno-vamento dei profili organizzativi, le indicazioni pontificie inseri-scono nella Conferenza Episcopale Italiana un nuovo dinamismo,una visione e uno stile di Chiesa; favoriscono il coinvolgimento, l’u-nità e una crescente e più incisiva corresponsabilità.A tal fine in Consiglio Permanente è emersa la necessità di modula-re gli interventi e iniziative a partire da un profondo ascolto delmagistero pontificio, con costante attenzione al dialogo con ilmondo cattolico. In questa prospettiva, il cammino di preparazioneal Convegno ecclesiale nazionale di metà decennio, le Settimanesociali dei cattolici italiani, le iniziative del Progetto culturale e glistessi Congressi eucaristici nazionali sono avvertiti come opportu-nità da valorizzare per un maggiore coinvolgimento del laicato cat-tolico, di cui si intende non soltanto incoraggiare la formazione alladottrina sociale della Chiesa, ma anche promuovere un’autenticavalorizzazione, attraverso la creazione di nuovi spazi di dibattito.Nel mettere a fuoco il ruolo odierno della Conferenza EpiscopaleItaliana – le forme di attuazione della comunione ecclesiale ed epi-scopale – il Consiglio Permanente ha sottolineato la necessità diriflettere sulla sua evoluzione storica.

486

Dal Concilio ad oggi – è stato evidenziato – la Chiesa in Italia si èstrutturata, ha preso forma, ha rinnovato catechesi, liturgia e cari-tà: anche gli aspetti organizzativi, per essere compresi, vanno ricon-dotti all’interno di questa ricchezza.La sollecitazione a una maggiore compartecipazione ha portato ilConsiglio Permanente a voler coinvolgere tutti i vescovi nelle rispet-tive conferenze episcopali regionali, consultandoli in particolaresui seguenti temi: valorizzazione del ruolo e del contributo delleconferenze episcopali regionali; proposte sulla modalità di svolgi-mento del compito delle commissioni episcopali; valutazioni circale modalità di nomina delle diverse figure della Presidenza, alla lucedel peculiare legame tra la Chiesa in Italia e il Santo Padre; consi-derazioni in merito alle procedure di lavoro del ConsiglioEpiscopale Permanente e dell’Assemblea generale.

2. All’insegna dello “stare con”

Sollecitati dai contenuti della prolusione, nel confronto i Vescovihanno ripreso innanzitutto la cifra dell’individualismo, riconosciu-ta quale “radice avvelenata” che, mentre impoverisce “il suoloumano” svuotandolo di relazioni e di responsabilità, consegna unuomo appesantito, stanco e triste; un uomo che si limita a conside-rare lo Stato come il “nobile notaio”, chiamato a riconoscergli desi-deri, istanze e pretese.Tale situazione – è stato evidenziato – ha le sue ricadute sul pianopastorale: senza ridursi a interpretare la Chiesa come una ong, siavverte che lo stesso annuncio deve passare da un preciso atteggia-mento, dal prendersi cura di ogni ambito della vita umana. Si rico-nosce come “vero metodo pastorale” lo “stare con”, rispecchiandocosì la compagnia di Gesù e rimandando a Lui, imparando a “diree ascoltare”, a “dare e ricevere”: vale con i giovani – hanno sottoli-neato i vescovi – come più in generale con tutto il laicato.Ciò comporta anche un confronto culturale sostenuto da un «pen-sare teologicamente il presente»: al di là delle analisi sociologiche, iPastori rilanciano una Chiesa che – secondo le parole di RomanoGuardini, riprese nella prima enciclica di Papa Francesco – «è laportatrice storica dello sguardo plenario di Cristo sul mondo».

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Parte da qui anche l’attenzione a tradurre il linguaggio della fedeall’interno di una società fattasi plurale, priva ormai dello spessoredel vocabolario cristiano.Questo contesto riverbera segni di debolezza all’interno della stes-sa comunità cristiana: ad esempio, nella pastorale familiare, dove –quando manca chiarezza di contenuti teologici – si finisce per esse-re «difensivi, più che propositivi». E debolezza si rileva anche sulpiano politico, dove proprio la famiglia, «capitale che genera ric-chezza per la società intera», non riscontra l’impegno e la media-zione di risposta alcuna.In questa direzione, il richiamo dei vescovi ai rappresentanti delbene comune si è esteso alla necessità di evitare in ogni modo inu-tili divisioni, destinate unicamente ad allontanare il treno dellaripresa economica.Un’attenzione, espressa a più voci, è stata rivolta alla situazione chesta travagliando la Siria e, più in generale, i Paesi del Nord Africa: siavverte l’importanza di dare continuità alla giornata di digiuno epreghiera indetta dal Papa per lo scorso 7 settembre, puntando apromuovere iniziative nelle Chiese diocesane. Caritas Italiana rima-ne il soggetto deputato a raccogliere eventuali offerte di solidarietàper i profughi di questi Paesi.Infine, una particolare vicinanza il Consiglio Permanente l’haespressa ai cristiani che soffrono forme di discriminazione, d’intol-leranza e di persecuzione a causa della loro fede.

3. Firenze, tempo d’”Invito”

È entrata nel vivo la preparazione al quinto Convegno ecclesialenazionale (Firenze, 9-13 novembre 2015) con la valutazione daparte del Consiglio Permanente di un primo strumento, chiamatoInvito, con il quale si chiama ad accoglierne il tema (In Gesù Cristo ilnuovo umanesimo) e a comprenderne il significato. Si vuole pure veri-ficare le vie in atto nelle diocesi per incarnare l’umanesimo cristia-no in proposte di vita capaci di animare iniziative pastorali di

487

nuova evangelizzazione nei diversi contesti dell’esistenza umana.I destinatari dell’Invito sono essenzialmente i Consigli presbiterali epastorali diocesani, le Consulte per l’apostolato dei laici e le princi-pali realtà associative e di movimento laicale, le Facoltà teologichee gli Istituti superiori di Scienze religiose.Il testo contiene un appello a «muoversi subito e insieme», ricono-scendosi nella scia conciliare e, in particolare, all’interno del pro-cesso educativo a cui sono dedicati gli Orientamenti pastorali deldecennio; recupera la testimonianza di incarnazione del messaggiocristiano, che parla attraverso le cattedrali e i santi e porta a con-vergere su Gesù Cristo, fulcro dell’umanesimo, che ha il suo cuorenell’Eucaristia celebrata e vissuta con fede e coerenza morale.La riflessione intende avviare anche l’individuazione di qualcheesperienza significativa, oltre a raccogliere suggerimenti e proposteper la stesura del documento preparatorio, che nell’anno pastorale2014-2015 sarà rivolto a tutte le componenti del popolo di Dio, acominciare dalle comunità parrocchiali.

4. Note pastorali e Progetto culturale

Un congruo spazio di confronto i vescovi l’hanno dedicato alProgetto culturale orientato in senso cristiano, rivisitandone meto-di e contenuti. In particolare, è stato valorizzato lo stile di lavorodel Comitato, come pure le iniziative realizzate, dai Convegni inter-nazionali ai tre volumi del Rapporto-proposta. Il ConsiglioPermanente ha evidenziato l’importanza di continuare l’efficaceattività di promozione realizzato dal Servizio nel territorio, dovel’attenzione alla dimensione culturale si è tradotta nel sostegno anumerose iniziative locali e nazionali.Il Consiglio Permanente ha approvato la richiesta di predisporredue note pastorali, relative rispettivamente all’Ordo virginum e allascuola cattolica in Italia.La prima, affidata alla Commissione episcopale per il clero e la vitaconsacrata, è suggerita dalla nuova fioritura in Italia dell’anticoOrdine delle vergini, presente in 113 diocesi di tutte le regioni eccle-siastiche.La seconda nota, che si vuole capace di esprimere l’attenzione della

488

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Chiesa a tutta la scuola e alla sua promozione, è affidata allaCommissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’u-niversità; mira anche ad aiutare il superamento di pregiudizi e posi-zioni ideologiche, che si rivelano incapaci di riconoscere la libertàeducativa e continuano di fatto a penalizzare la scuola paritaria.In particolare, in vista dell’iniziativa “La Chiesa per la scuola” – checulminerà il prossimo 10 maggio in un incontro del mondo dellascuola italiana con il Santo Padre, a Roma, in Piazza San Pietro – ilConsiglio Permanente ha deciso di predisporre una lettera-invito,che favorisca la preparazione e la partecipazione alla mobilitazione.È stata presentata ai vescovi una prima ricognizione sulle “buonepratiche educative” presenti nelle diocesi, con l’intento di favorirnela conoscenza e lo scambio.Il Consiglio Permanente ha, quindi, approvato il Messaggio per laXXXVI Giornata nazionale per la vita (2 febbraio 2014), nonché lamodifica statutaria richiesta dall’associazione di fedeli Opera Assi-stenza Malati Impediti (O.A.M.I.).

5. Nomine

Nel corso dei lavori, il Consiglio Permanente ha proceduto alleseguenti nomine:– Membri della Commissione Episcopale per il servizio della caritàe la salute: S.E. mons. Corrado PIZZIOLO, vescovo di Vittorio Veneto;S.E. mons. Douglas REGATTIERI, vescovo di Cesena-Sarsina.– Membro della Presidenza di Caritas Italiana: S.E. mons. LuigiBRESSAN, arcivescovo di Trento.– Direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro:mons. Fabiano LONGONI (Venezia).– Direttore dell’Ufficio Nazionale per l’ecumenismo e il dialogo in-terreligioso: don Cristiano BETTEGA (Trento).– Responsabile del Servizio per gli interventi caritativi a favore deiPaesi del Terzo Mondo: don Leonardo DI MAURO (San Severo).

489

– Presidente dell’Associazione dei bibliotecari ecclesiastici italiani:S.E. mons. Francesco MILITO, vescovo di Oppido Mamertina-Palmi.– Presidente del Centro di Azione Liturgica: S.E. mons. AlcesteCATELLA, vescovo di Casale Monferrato.– Assistente ecclesiastico nazionale del Movimento Ecclesiale diImpegno Culturale: don Giovanni TANGORRA (Palestrina).– Assistente ecclesiastico nazionale dell’Azione Cattolica Italianaper il Movimento Lavoratori: don Emilio CENTOMO (Vicenza).– Coordinatore nazionale della pastorale per gli immigrati greco-cattolici romeni in Italia: don Ioan Alexandru POP (Oradea -Romania).– Consulente ecclesiastico della Confederazione italiana consultorifamiliari di ispirazione cristiana: don Edoardo ALGERI (Bergamo).

La Presidenza, nella riunione del 23 settembre, ha proceduto alleseguenti nomine:– Presidente della Commissione nazionale valutazione film: donIvan MAFFEIS, vice direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunica-zioni sociali della CEI. – Segretario del Comitato per la promozione del sostegno econo-mico alla Chiesa Cattolica: sig.ra Patrizia FALLA.– Assistente ecclesiastico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore -sede di Milano: padre Enzo VISCARDI (Missionari della Consolata,IMC).– Assistente eåcclesiastico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore- sede di Piacenza: don Mauro BIANCHI (Piacenza-Bobbio).

Roma, 27 settembre 2013

490

491

Lettera agli Arcivescovi e vescovi di Pugliadi S. E. mons. Felice di Molfetta, vescovo delegato

per la Commissione episcopale per la Liturgia

Agli ecc.mi Arcivescovi e Vescovi di PugliaLL.SS.

Eccellenza Reverendissima,la Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti,a seguito della richiesta inoltrata il 20 giugno u.s., ha approvato ilCalendario della memoria dei Santi che in Puglia riscuotono parti-colare onore e connotati con il grado liturgico di memoria obbliga-toria e memoria ad libitum di cui si acclude relativa copia, perchénelle Guide liturgiche diocesane si faccia doverosa menzione.Si ha in animo altresì di curare da parte della CommissioneLiturgica regionale un apposito fascicolo in cui far confluire i testieucologici e biblici relativi alle memorie sopra menzionate.L’occasione è gradita per augurare buone vacanze e ogni bene nelSignore.

Cerignola, 22 luglio 2013+ don Felice, vescovo

Decreto di approvazione delle variazionial Calendario proprio delle diocesi pugliesi

CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESEDOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANA

Lettera della Congregazione per il culto divinoe la disciplina dei sacramenti

CONGREGATIO DE CULTU DIVINO

ET DISCIPLINA SACRAMENTORUM

Prot. N. 401/13/LRoma, 25 giugno 2013

Eccellenza Reverendissima,questa Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacra-menti si fa premura di rispondere alla lettera del 20 giugno u.s., conla quale Vostra Eccellenza, a nome dell’episcopato pugliese, chiede-va di apportare alcune variazioni al calendario proprio delle Diocesipugliesi approvato nel 2001.Il Dicastero si pregia accludere in allegato alla presente il relativoDecreto di approvazione, fornendo altresì copia del Calendarioregionale con le richieste variazioni.Ringraziando per la cortese attenzione, colgo ben volentieri la cir-costanza per significarle la mia stima e per confermarmi con sensidi distinto ossequio

Dell’eccellenza Vostra Reverendissimadevotissimo nel Signore

+Arthur RocheArcivescovo Segretario

(con allegati)

A Sua Eccellenza ReverendissimaMons. Felice Di MolfettaPiazza Duomo, 4271042 Cerignola (Fg)

492

CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

Decreto di approvazione“Provinciarum Ecclesiasticarum Apuliae”

Instante Excellentissimo Domino Felice Di Molfetta, EpiscopoCeriniolensi-Asculano Apuliae, a Conferentia Episcopali RegionaliApuliae ad Liturgiam moderandam deputato, litteris die 20 mensisiunii 2013 datis, vigore facultatum a Summo Pontifice FRANCI-SCO huic Congregationi tributarum, perlibenter concedimus, utcelebratio Sanctorum Antonii Primaldi et Sociorum, martyrum, inCalendario proprio earundem Provinciarum EcclesiasticarumApuliae iam rite inscripta, a die 14 ad diem 13 mensis augusti trans-ferri valeat gradu memoriae, atque celebratio Sanctorum Pontiani,papae, et Hippolyti, presbyteri, martyrum, ad diem 17 mensis augu-sti gradu memoriae ad libitum quotannis peragenda.Contrariis quibuslibet minime obstantibus.

Ex aedibus Congregationis de Cultu divino et Disciplina Sacra-mentorum, die 28 mensis iunii 2013.

Antonius card. Cañizares Llovera, Praefectus+ Arturus Roche, Archiepiscopus a Secretis

493

Calendario propriodelle Province ecclesiastiche della Puglia

Quarto venerdìdi maggio Beata Vergine Maria Regina Apuliae memoria

21 luglio San Lorenzo da Brindisi,sacerdote e dottore della Chiesa memoria

13 agosto Ss. Antonio Primaldo e compagni,martiri memoria

17 agosto Ss. Ponziano papa e Ippolito sacerdote,martiri

23 settembre San Pio da Pietrelcina,sacerdote memoria

5 ottobre Beato Bartolo Longo

494

495

Introduzione

Canto dello splendore dell’acqua

Nel fondo stesso, a cui volevo solo attingereacqua dalla mia brocca, ormai da tempo alle pupille

aderisce splendore [….]Qui, riflesso dal pozzo, scopersi in me tanto vuoto.

Che sollievo! Interamente non saprò in me trasportarti,ma voglio che tu resti, come nello specchio del pozzo

restano foglie e fiori colti dall’alto.(Karol Wojtyla, 1950)

Partendo dall’Anno della fede…

Con lo pseudonimo di Andrzej Jawien, a trent’anni, Karol Wojtylapubblicava la raccolta dal titolo Canto dello splendore dell’acqua, ottointense poesie dedicate all’incontro di Gesù con la Samaritana1.Quest’immagine e l’icona biblica da cui trae origine (Gv 4, 5-30)

Francesco CacucciArcivescovo di Bari-Bitonto

Lo splendore della speranza.Verso le periferie della storia*

Proposta per l’Anno pastorale 2013-2014

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVODOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

* Il presente testo è stato edito per i tipi delle EDB, Bologna 2013.1 KAROLWOJTYŁA,Canto dello splendore dell’acqua, in Tutte le opere letterarie, Bompiani, Milano 2001.

496

offrono la traccia di un possibile percorso mistagogico. È quelloche vogliamo proporre: ponendo l’evento della Pentecoste e il temadella speranza come orizzonte del cammino.In continuità con l’Anno della fede, indetto da Benedetto XVI, annoche ci invitava a mettere al centro l’evento della Pasqua, vogliamovivere un Anno di speranza, cogliendo il riferimento liturgico al donodello Spirito come conseguenza del dono pasquale. La festa diPentecoste non potrebbe realizzarsi se non ci fosse la Pasqua; e, allostesso tempo, la Pasqua non porterebbe i suoi frutti in noi se nonci fosse la Pentecoste. Dice san Bernardo: «abbiamo un pegno dellanostra salvezza: la doppia effusione del Sangue e dello Spirito; anulla mi gioverebbe l’una senza l’altra. Non mi gioverebbe il fattoche Cristo è morto per me, se non mi vivificasse con il suo Spirito»2.E, d’altra parte, l’esperienza dell’Anno della fede non poteva noncondurci e non invitarci alla speranza. Infatti, un tratto che acco-muna e allo stesso tempo distingue il mistero della Pasqua e dellaPentecoste è proprio il cammino della fede ‘e’ della speranza: fede ‘e’speranza: come due facce di una stessa medaglia. Da un lato laVeglia pasquale, che ci invita a procedere dall’esterno verso l’inter-no, dalla strada verso l’altare; dall’altro lato la Pentecoste, che portala nostra fede dall’interno verso l’esterno, dall’altare verso la strada.Questo perché non è possibile aprirci alla missione se prima nonviviamo la comunione: è il cammino della mistagogia.Spesso, in questi anni, è ritornata l’esigenza di vivere il camminomistagogico superando la tentazione di considerarlo relegato all’a-spetto liturgico-sacramentale. La mistagogia ha il suo posto nellavita, nella sintesi tra Parola-Liturgia-Vita, aiuta tutta la Chiesa apassare dai “principi” evangelici agli “imperativi” per attuare, oggi,l’amore di Dio e del prossimo3.Molto bella, ripensata in quest’ottica, è l’immagine che ci offreKarol Wojtyla, quando dice che lo splendore dell’acqua del pozzo,il mistero di Cristo, resta inattingibile. Con stupore la Samaritana«scopre in sé tanto vuoto»; ma «con sollievo» sceglie di conservarein sé l’immagine dell’acqua del pozzo, piena di «foglie e fiori».

2 BERNARDO DI CHIARAVALLE, Epistola 107, 9.3 Cfr. F. CACUCCI La mistagogia. Una scelta pastorale, EDB, Bologna 2006, pp. 63-70.

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

497

Perché «interamente non saprò in me trasportarTi», ma «voglio cheTu resti» (dice la Samaritana al Signore): come Fondo del miofondo, «splendore» della mia brocca. E, da questa pienezza, nascenella Samaritana anche l’urgenza del dono di sé, il farsi sorgenteper gli altri. Come dice Papa Francesco nella sua prima Enciclica,Lumen fidei, «chi si è aperto all’amore di Dio, ha ascoltato la sua vocee ha ricevuto la sua luce, non può tenere questo dono per sé»4. Conil Mistero nel cuore, la Samaritana corre in città e diventa ‘aposto-la’ (comunione-missione).

Un anno di speranza…

La dinamica vissuta dalla Samaritana è la stessa vissuta dai discepolinella Pentecoste, quando il vento dello Spirito apre le porte delCenacolo, libera gli apostoli dalla paura e li apre alla speranza. E anchenoi vogliamo vivere così il cammino di quest’anno: come un eserciziodella speranza, una speranza che non teme di confrontarsi con la sto-ria e di accettare le sfide che essa pone. Leggiamo nella Spe salvi: «noiabbiamo bisogno delle speranze – più piccole o più grandi – che, gior-no per giorno, ci mantengono in cammino. Ma senza la grande spe-ranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano. Questa gran-de speranza può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che puòproporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere»5.Come l’incontro con Gesù costringe la Samaritana ad andare verso“la gente”, come l’evento di Pentecoste spalanca il Cenacolo e portai discepoli sulle strade del mondo, così anche noi, in quest’anno piùche nel passato, vogliamo “uscire” ed andare verso quelle realtà chePapa Francesco chiama periferie. Commentando il Salmo 133durante l’Omelia della Messa crismale, il Papa ci ha detto: «l’olioprezioso che unge il capo di Aronne non si limita a profumare la

4 Lumen fidei, 37.5 Spe salvi, 31: EV 24/1469.

498

sua persona, ma si sparge e raggiunge le periferie. Il Signore lo diràchiaramente: la sua unzione è per i poveri, per i prigionieri, per imalati e per quelli che sono tristi e soli»6.

Animati dalla carità…

Ma che cosa sono le periferie? Potremmo rispondere in tante manie-re. Una cosa è certa: le periferie non sono tanto (o solo) luoghi spa-ziali, ma luoghi esistenziali, culturali, sociali. La periferia non è unospazio, ma è una situazione di vita. Oggi, lo sviluppo e la vita dellenostre città hanno messo in crisi la stessa definizione di centro e diperiferia, perché continuamente vengono ridisegnati i confini deiluoghi che abitiamo. Dal punto di vista spaziale, la periferia puòessere definita come un «luogo di messa al bando», e quindi ancheun luogo banale. Luogo che può divenire bordo, margine, «luogo diesclusione, di segregazione e di rivolta»7. Periferia è, allora, ognuno di noi, quando vive una situazione diemarginazione. Periferia è ogni uomo costretto a vivere ai marginidella storia e delle relazioni. Ed è a lui che sentiamo l’urgenza di fararrivare l’annuncio della misericordia di Dio, anche attraverso latestimonianza delle nostre comunità. È la periferia a chiamare incausa la responsabilità di ognuno di noi, perché, come scriveMadaleine Delbrêl: «ogni cristiano, in mezzo al mondo, costituisceuna frontiera della grazia. Attraverso la sua persona, la grazia devepassare di là»8. Ecco allora delineato il percorso: tenendo gli occhi fissi sullo splen-dore dell’evento di Pentecoste (che spalanca le porte chiuse dallapaura e accende nel cuore di ogni uomo la speranza), ci lasceremoaccompagnare dall’esperienza della Samaritana; e il suo incontrocon Gesù ci aiuterà a vivere i vari tempi dell’Anno liturgico9.

6 PAPA FRANCESCO, Omelia nella Messa crismale 2013.7 A LAZZARINI, Polis in fabula, Sellerio, Palermo 2011, p. 73.8 M. DELBRÊL, Comunità secondo il vangelo, Gribaudi, Milano 2006, p. 28.9 Ogni tempo liturgico sarà scandito dalle varie tappe del metodo mistagogico: cfr. F.CACUCCI, Catechesi liturgia vita, EDB, Bologna 2000, 27-41; La mistagogia, cit., pp. 24-25.

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

Giovanni 4, 5-30

Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno cheGiacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo diGiacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo.Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingereacqua. Le dice Gesù: “Dammi da bere”. 8I suoi discepoli erano andati incittà a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: “Comemai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samari-tana?”. I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù lerisponde: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice:“Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acquaviva”. 11Gli dice la donna: “Signore, non hai un secchio e il pozzo è pro-

499

M.I. Rupnik, Gesù con la Samaritana al pozzo,mosaico della Cappella della “Casa incontri cristiani” Capiago (CO), febbraio 2006

fondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grandedel nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoifigli e il suo bestiame?”. 13Gesù le risponde: “Chiunque beve di quest’ac-qua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avràpiù sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sor-gente d’acqua che zampilla per la vita eterna”. 15”Signore - gli dice ladonna -, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continuia venire qui ad attingere acqua”. 16Le dice: “Va’ a chiamare tuo marito eritorna qui”. 17Gli risponde la donna: “Io non ho marito”. Le dice Gesù:“Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti equello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero”. 19Glireplica la donna: “Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padrihanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme illuogo in cui bisogna adorare”. 21Gesù le dice: “Credimi, donna, viene l’orain cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi ado-rate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché lasalvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora - ed è questa - in cui i veri ado-ratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole chesiano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devo-no adorare in spirito e verità”. 25Gli rispose la donna: “So che deve venireil Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa”.26Le dice Gesù: “Sono io, che parlo con te”.27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che par-lasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: “Che cosa cerchi?”, o: “Diche cosa parli con lei?”. 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò incittà e disse alla gente: 29”Venite a vedere un uomo che mi ha detto tuttoquello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?”. 30Uscirono dalla città e anda-vano da lui.

500

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

1. «Giunse ad una città della Samaria»AVVENTO-NATALE: USCIRE DAL TEMPIO PER ANDARE VERSO GLI ALTRI

Gesù, che raggiunge la terra straniera e ostile di Samaria, diventa metaforadella venuta di Dio tra noi e offre una luce particolare al tempo di Avvento-Natale. Siamo nel cammino che prepara la comunità cristiana ad accoglierel’ingresso di Dio nella storia degli uomini.

2. «Giunge una donna samaritana ad attingere acqua»TEMPO ORDINARIO (PRIMA PARTE):

LA QUOTIDIANITÀ COME SPAZIO DI APERTURA AL DIALOGO

La donna con la sua anfora si reca al pozzo, ma l’incontro con Gesù aprequel suo gesto quotidiano alla novità. Il Tempo Ordinario che segue alciclo natalizio, illuminato da questa scena, apre al credente il pozzo delleScritture e attraverso di esse gli fa incontrare e riconoscere il Cristo.

3. «Dammi quest’acqua perché non abbia più sete»TEMPO DI QUARESIMA: DALLA DOMANDA ALL’OFFERTA

La domanda che Gesù rivolge alla donna suscita in lei il desiderio di avere l’ac-qua che toglie definitivamente la sete. Siamo nel ciclo A della Quaresima caratte-rizzato dal cammino battesimale. È un cammino che aiuta a scoprire il deside-rio più profondo dell’uomo, quello della vita eterna che solo Dio può donare.

4. «I veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità»TEMPO DI PASQUA-PENTECOSTE: LE PERIFERIE ALL’INTERNO DELLA COMUNITÀ

La donna chiede a Gesù quale sia il luogo nel quale adorare Dio, ma Gesù spiegache il vero culto non è vincolato ad un luogo. Il mistero pasquale della morte erisurrezione di Cristo aprirà l’uomo al vero culto. Il Tempo Pasquale si offre allacomunità come tempo nel quale scoprire che la comunione nasce intorno all’uni-co altare e diventa essa stessa il culto gradito a Dio.

5. «La donna lasciò la sua anfora»PENTECOSTE-TEMPO ORDINARIO (SECONDA PARTE): VIVERE IL QUOTIDIANO

L’incontro con Gesù provoca una svolta nella vita della donna. L’anfora non leserve più perché in Cristo ha trovato la sorgente che le permetterà di vivere ognigiorno aprendosi alla novità della sua presenza. La Pentecoste che conclude ilTempo Pasquale, allo stesso tempo introduce nel Tempo Ordinario perché, ani-mato dalla fiamma dello Spirito, ogni credente diventi testimone di speranza.

501

1. «Giunse ad una città della Samaria»AVVENTO-NATALE: USCIRE DAL TEMPIO PER ANDARE VERSO GLI ALTRI

Guardando nel pozzo di Sichar

(Carestia, carestia di anime)./Ora la luce del pozzo vibra pro-fonda nelle lacrime / scosse –penseranno i passanti – da unaventata di sogni...10.

La pagina biblica

Il vento di Pentecoste spinge-rà i discepoli oltre i confinidel Cenacolo. «Una ventata di sogni» (perusare le parole di Karol Woj-tyla), la sete, la “carestia dianime” spinge Gesù, nel racconto della Samaritana, oltre i confinidella sua terra. Nel mosaico di Rupnik - che ci accompagnerà nel cammino di que-st’anno - si vede bene come, da destra verso sinistra, tutta l’imma-gine sia percorsa dalle onde del vento: sui veli, sui mantelli, persinotra le pietre. Il vento dello Spirito spinge Gesù verso una terra, comequella di Samaria, considerata da tutti ostile, patria di infedeli, dadisprezzare al pari dei pagani. L’evangelista evidenzia come questo passaggio in Samaria non siaun evento casuale. Gesù lascia la Giudea e si dirige di nuovo inGalilea (lascia il centro per recarsi verso la periferia). Per fare questoavrebbe potuto scendere lungo la valle del Giordano, senza passarenecessariamente per la Samaria. Pertanto, l’affermazione di Gio-vanni, secondo la quale Gesù “doveva” attraversare la Samaria haun significato forte. «Il verbo doveva suppone un movente teologi-

502

10 Sono alcuni versi della prima delle poesie di Karol Wojtyla del Ciclo Canto dello splendo-re dell’acqua.

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

co, come in altri passi di Gv. Se Gesù attraversa la Samaria significache lo esige la sua missione, secondo il disegno di Dio»11. È lo stes-so evangelista ad informare che c’è ostilità tra Giudei e Samaritani(Gv 4,9); quindi il raggiungere la Samaria indica chiaramente lavolontà da parte di Gesù di fare sosta in una terra nemica, nemicaanche a partire dalla differenza di culto.Un ulteriore spunto di riflessione proviene dai versetti introduttividella narrazione, in cui Giovanni espone il motivo che spinge Gesùa lasciare la Giudea e mettersi in viaggio: la voce, giunta agli orecchidei Farisei, secondo la quale Gesù stava ricevendo più consensi diquanti ne avesse ottenuti Giovanni Battista. Proprio in un momen-to di particolare popolarità, quando i successi della sua predicazio-ne stavano raccogliendo attorno a lui un gran numero di discepoli,ecco che Gesù paradossalmente decide di interrompere la sua atti-vità e abbandonare i territori di “vittoria”. Gesù sembra “spogliarsi”continuamente dei luoghi e delle situazioni di “sicurezza”, per avvi-cinarsi invece alle miserie umane, per accettare il rischio dell’incon-tro con i lontani, per attraversare luoghi ostili e inospitali. Si dirigeverso quella che per gli ebrei è una “periferia”12. È una continuakenosis, un continuo de-centramento verso le periferie non raggiun-te dall’acclamazione e dagli applausi. Uno spogliamento, un muta-mento di sguardo (dalla ricchezza alla povertà), che è proprio dellalogica dell’incarnazione. In questo territorio Gesù incontra una donna, altra “periferia” dellastoria. Eppure le donne del Vangelo sono destinatarie di grandi“rivelazioni”. Maria di Nazareth riceve l’annuncio dell’incarnazionedel Verbo. A Maria di Magdala Gesù si rivela risorto e anticipa perlei la manifestazione della sua salita al Padre. L’“acqua” viva che

503

11 X. LÉON-DUFOUR, Lettura dell’Evangelo secondo Giovanni, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI)1990, p. 302.12 Ancora oggi, per i pellegrini che visitano la Terra Santa, la Samaria rappresenta una “viaalternativa”. La narrazione evangelica mostrerà, nella conclusione del racconto, che pro-prio in tale situazione Gesù continua a suscitare la fede («molti Samaritani credettero inlui»: Gv 4,39).

riceverà la Samaritana è la rivelazione di Cristo e il simbolo dellaSpirito Santo. Con Gesù, la donna da “periferia” diventa “centro”,profezia dell’umanità e della Chiesa del Nuovo Testamento.La Samaritana ci introduce a contemplare, nel Tempo di Avvento eNatale, la decisione del Verbo eterno: di lasciare “il seno del Padre”per entrare nella povertà della natura umana.Contempleremo l’ingresso dell’Eterno nelle periferie della storia,avendo come orizzonte d’arrivo l’evento di Pentecoste. Anche lì unvento e un ponte: tra cielo e terra. Anche lì un Dono che vienedall’Alto. Anche lì un «fragore», una scossa che apre il cuore deidiscepoli, chiusi, perché vittime della paura. Anche lì un mutamen-to di sguardo e un de-centramento: perché la Pentecoste non è solosguardo verso il cielo per accogliere il dono dello Spirito, ma anchespinta a varcare i confini di sé, per portare agli altri il dono ricevu-to. Come dice Benedetto XVI: «questo mistero costituisce il battesi-mo della Chiesa, è un evento che le ha dato, per così dire, la formainiziale e la spinta per la sua missione»13.

Nel solco della liturgia

Il cammino di Gesù verso la Samaria ci aiuterà, quindi, a leggere ilTempo di Avvento-Natale come il cammino di Dio verso l’uomo.Con il mistero dell’incarnazione la Chiesa celebra il Dio che «gene-rato prima dei secoli, cominciò ad esistere nel tempo»14. Pensiamo in par-ticolare al racconto della Genealogia nel Vangelo di Matteo, procla-mato sia all’inizio delle ferie maggiori di Avvento che nella vigilia diNatale. L’elenco matteano degli antenati di Gesù, oltre a sottoli-neare la venuta di Cristo nella storia concreta degli uomini, è ancheil racconto di personaggi la cui storia macchiata dal peccato nonimpedisce a Dio di fare il suo ingresso nel mondo. «Il Verbo si fececarne e venne ad abitare in mezzo a noi»: dal cammino di Dio verso l’u-manità nasce il cammino di ogni credente… invitato a mettere leproprie tende nella storia degli uomini, soprattutto dove essa

504

13 BENEDETTO XVI, Omelia nella solennità di Pentecoste 2012.14 MESSALE ROMANO, Prefazio di Natale I.

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

mostra le sue pieghe e le sue ombre. Ci dice Papa Francesco: «Dio èuscito da se stesso per venire in mezzo a noi, ha posto la sua tendatra noi per portarci la sua misericordia che salva e dona speranza.Anche noi, se vogliamo seguirlo e rimanere con Lui, non dobbiamoaccontentarci di restare nel recinto delle novantanove pecore, dob-biamo ‘uscire’, cercare con Lui la pecorella smarrita, quella più lon-tana. Ricordate bene: uscire da noi, come Gesù, come Dio è uscitoda se stesso in Gesù e Gesù è uscito da se stesso per tutti noi»15. La disponibilità ad uscire dalle mura del Tempio, dalle mura dellenostre sicurezze, trasforma il cammino di Avvento-Natale in un’oc-casione privilegiata per vivere la responsabilità dell’accoglienza.Sarebbe bello imparare dall’accoglienza eucaristica uno stile dimaggiore “apertura” e “condivisione” nelle nostre assemblee. Peresempio,

a) valorizzando i riti di accoglienza, che non sono semplici gesti e paro-le per introdurre l’assemblea nella celebrazione, ma sono il momentoin cui i “fedeli si riuniscono” per “formare una comunità”16;

b) accogliendo i vari gruppi presenti nella comunità, in particolare i bam-bini che frequentano il cammino della Iniziazione Cristiana17. Ma,soprattutto, sarebbe importante iniziare a capire

c) come rivolgere un’attenzione particolare verso le persone che non fre-quentano abitualmente le nostre chiese, verso chi, magari, si fa vederesolo la domenica a Messa e che, troppo spesso, si sente solo ospitedi una comunità ripiegata su se stessa.Tra i modelli di attesa del Tempo di Avvento emerge Maria diNazareth, la prima tra i “poveri di Jahvé”. La novena e la Solennitàdell’Immacolata rappresentano un momento forte di preparazioneal Natale.

505

15 PAPA FRANCESCO, Udienza generale del 27 marzo 2013.16 MESSALE ROMANO (III ed.), Praenotanda n.46.17 Cfr UFFICIO LITURGICO DIOCESANO - CENTRO PEDAGOGICO MERIDIONALE BARI (a cura di), L’anno litur-gico come itinerario di fede, La Scala, Noci4 2003, p. 24.

Per la vita del singolo e della comunità

Pensando alla presenza/venuta di Gesù nella terra di Samaria e allapresenza/incarnazione del Verbo nella terra degli uomini, perchénon provare a tradurre lo stesso mistero in noi e nelle nostre comu-nità, facendo nostra la terra e la storia in cui viviamo e operiamo?

a) Le periferie territoriali. Proviamo, per esempio, ad iniziare a stu-diare il contesto nel quale opera la parrocchia in cui ci troviamo, perindividuare le periferie che la interpellano18, i luoghi/Samaria (i con-testi sociali considerati ostili e “pagani”).Potrebbe risultare utile riprendere, negli incontri comunitari parroc-chiali, la Lettera conclusiva della Visita pastorale, che ho inviato, soprat-tutto nel paragrafo uno: In ascolto del Signore e dei segni dei tempi. La let-tura del territorio, che ho potuto operare col vostro aiuto, fa emerge-re la varietà delle periferie sul piano sociale e umano.

b) La periferia del “femminile”. In particolare, la figura della Sama-ritana incontrata da Gesù offre un’ulteriore spazio di riflessione chetocca la relazione tra uomo e donna, origine della vita. È una relazio-ne che chiede allo stesso tempo vicinanza e distanza: vicinanza checustodisce l’amore e distanza che garantisce il rispetto. L’atteggia-mento di Gesù verso la donna porta il nostro sguardo su tutte quel-le relazioni nelle quali la donna è costretta a vivere come periferia lapropria femminilità e vede ignorata o calpestata la sua dignità.Potremmo pensare a dei momenti di riflessione specifici su questiargomenti.

Il documento conciliare “Ad gentes”

Se Gesù si fa riconoscere dalla Samaritana come Salvatore del mon-do, è viva nella nostra comunità la consapevolezza della missionedella Chiesa verso le periferie del mondo?In questo tempo potrebbe essere utile una ripresa del documento con-ciliare Ad gentes, dove leggiamo che «la Chiesa durante il suo pellegri-naggio sulla terra è per sua natura missionaria, in quanto è dalla mis-

506

18 Cfr lo studio promosso dalla Caritas Italiana nel 2007: M. MAGATTI (a cura di), La cittàabbandonata. Dove sono e come cambiano le periferie, Il Mulino, Bologna 2007.

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

sione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondoil piano di Dio Padre, deriva la propria origine» (AG, 2). Perché nonprovare a vivere la preparazione al Natale come una preziosa occasio-ne per maturare nella consapevolezza che la missione, prima di essereun impegno, è un modo di essere che caratterizza il cristiano? «Essereun missionario non è ciò che faccio; è ciò che sono»19.Le grandi figure di missionari della storia (da Francesco Saverio aMatteo Ricci a Daniele Comboni) continuano ad esercitare il fasci-no dell’urgenza del kerigma, del primo annuncio di Gesù morto erisorto, che ci rivela l’amore del Padre, nello Spirito, per il perdonodei peccati?

507

19 T. RADCLIFFE, Testimoni del Vangelo,Qiqajon, Comunità di Bose, Magnano (BI) 2004, p. 132.

2. «Giunge una donna samaritana ad attingere acqua»TEMPO ORDINARIO (PRIMA DI QUARESIMA):

LA QUOTIDIANITÀ COME SPAZIO DI APERTURA AL DIALOGO

La Samaritana

Il pozzo a Te mi ha unita,il pozzo in Te mi ha fatta entrare.Altro non v’era tra noiche il suo splendore profondovibrante come chiara pupillanell’orbita di pietre.Il pozzo mi ha introdottanei suoi occhi,in essi mi ha chiusa20.

La pagina biblica

Il Signore viene ad ‘abitare’ in mezzo a noi. Il luogo in cui il rac-conto lucano degli Atti ambienta l’evento della Pentecoste è «lacasa», dove i discepoli stavano tutti insieme (At 1,1-2). La casa è illuogo dell’ordinarietà, ed è proprio lì che «all’improvviso» irrompeimpetuoso il vento dello Spirito, a sconvolgere la monotonia delquotidiano e aprire spazi di novità.Anche l’episodio della Samaritana è collocato in un contesto diordinaria quotidianità: un pozzo dove una donna si reca ad attin-gere acqua. Un gesto che quella donna aveva certamente ripetutoinfinite volte, e che anche quella mattina si accingeva a ripeteresenza aspettarsi nulla di diverso. Rupnik immagina quel «pozzo pieno di sabbia; prosciugato», «ilvento ci ha portato dentro la sabbia»21. È il vento del vortice dei nostri giorni: che scorrono frenetici e spes-

508

20 È un’altra delle liriche del ciclo Canto dello splendore dell’acqua, di Karol Wojtyla.21 Il commento al mosaico lo troviamo nel sito del Centro Aletti: http://www.centroalet-ti.com/ita/opere/italia/37.htm

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

so aridi, tutti uguali: granelli di deserto, nella clessidra del tempo. Ma, proprio nella sabbia dell’ordinario, irrompe, all’improvviso,anche in questo caso, qualcosa: di stra/ordinario: che trasforma ilvento sabbioso in vento dello Spirito. L’immagine, che i versi diWojtyla ci offrono, è quella del ‘pozzo’ come occhio in cui si riflet-te il cielo. Il pozzo come porta che consente all’Infinito di entrarenel finito. Lo sguardo di Gesù entra in noi quando ci fermiamo aguardare lo «splendore profondo» del nostro quotidiano. Non c’èaltro luogo per entrare nello sguardo d’amore del Signore se nonattraverso il pozzo povero della nostra ordinarietà. Il dialogo di Gesù con la Samaritana, presso il pozzo che Giacobbeaveva donato a Giuseppe, si inserisce nella lunga serie delle scenebibliche che vedono i Patriarchi offrire alle loro future spose l’acquache attingono dal pozzo. È qui che accade il primo miracolo: che èquello dell’incontro degli sguardi. È qui al pozzo che Rebecca in-contra Isacco (Gn 24), che Rachele incontra Giacobbe (Gn 29), cheZippora incontra Mosè (Es 2). Lo Sposo va incontro alla sposa, interra straniera. Gesù lo sa. La Samaritana lo sente. La scena si caricadi atmosfera nuziale. Dio intende sposare il nostro quotidiano («ilpozzo a Te mi ha unita») e questo Suo desiderio ricolma l’ordinariodi stupore, ancor prima che di acqua. Il pozzo non è un luogo di culto e la Samaritana, con il suo passa-to e il suo presente equivoco, non è certamente l’ideale della sposa.Ma questo conferma che Gesù non ci viene incontro secondo sche-mi precostituiti, ma nella nostra ferialità; nonostante le nostre sto-rie poco limpide; proprio dentro tutti i nostri limiti: amandoci sem-plicemente così come siamo. Per questo l’incontro con Gesù potràrompere le abitudini della Samaritana, vittima del passato e rasse-gnata al suo deserto, e potrà introdurla in una nuova storia, nellasperanza di una relazione di vita più vera e più profonda. Potràfarlo perché inizia ad incontrare quella donna proprio nel suo pre-sente, nelle sue abitudini, nelle sue delusioni. Sono molti i Padri della Chiesa che attribuiscono all’immagine delpozzo un riferimento preciso a Cristo. Origene, in particolare, com-mentando un brano dei Proverbi, spiega: «quando si fa menzione

509

del pozzo e della fonte, è da intendere che si tratta del Verbo di Dio:pozzo, se tocca la profondità di un mistero; fonte, se trabocca e siespande ai popoli»22. Entrare nel pozzo, per riprendere l’immaginedella poesia di Wojtyla, è entrare nel mistero pasquale di Cristo.Anche il riferimento all’orario («era circa mezzogiorno») da partedell’evangelista, ci rimanda all’ora della Passione in cui Pilato pre-senta Gesù ai Giudei come «il vostro re» (cfr Gv 19,14), affermandoinconsapevolmente una verità. La «luce» del mezzogiorno, la «chia-ra pupilla» dello straniero, caricano l’incontro di dimensioni pas-quali: aiutata a scoprire chi è lo Sconosciuto che le sta di fronte, ladonna sarà aiutata a scoprire se stessa. Pascal direbbe: «non sapen-do da noi stessi chi siamo, non possiamo saperlo che da Dio»23.Così la donna potrà affermare di aver incontrato «un uomo che mi hadetto tutto quello che ho fatto» (Gv 4,29). La Parola di quel pozzo offrela spiegazione del senso della storia, fa luce sul passato, aiuta adaccoglierlo e a proseguire il cammino della vita.

Nel solco della liturgia

Nel Tempo dopo Natale, la contemplazione del Battesimo al Gior-dano ci fa entrare nell’inaugurazione della missione di Gesù, cheporta i suoi passi sulle strade della Palestina per annunciare ilRegno di Dio24. Il Lezionario domenicale di questo tempo è carat-terizzato dalla chiamata dei primi discepoli e dall’invito di Gesù aseguirlo. Anche per i discepoli, come per la Samaritana, la vita chiu-sa nel piccolo orizzonte delle abitudini quotidiane si apre alla spe-ranza di un nuovo futuro. Quale suggerimento ci può dare il per-corso della Samaritana, per vivere questo tempo liturgico? Il riman-do allo straordinario da scoprire nell’ordinario e il simbolo delpozzo come Parola e Scrittura, ci suggeriscono di vivere questotempo liturgico come tempo privilegiato per scoprire la ricchezza

510

22 ORIGENE, Omelie sui Numeri, Omelia XII,1, Città Nuova, Roma 2001, p. 168.23 B. PASCAL, Pensieri, Giunti, Firenze 2009, p. 65.24 La Festa del Battesimo di Gesù rappresenta un momento privilegiato per una verifica degliimpegni assunti da parte dei genitori dei bambini battezzati nell’anno e dei ragazzi chehanno ricevuto la Confermazione. Cfr L’anno liturgico come itinerario di fede, cit., pp. 34-37.

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

delle Scritture e la loro importanza per il nostro quotidiano. IlCristo che ha chiamato i suoi primi discepoli sulle rive del lago diGalilea, oggi continua a chiamare attraverso la sua Parola, ed inparticolare il suo Vangelo. Nell’ascolto e nella meditazione dellaParola di Dio ogni credente trova senso e orientamento per la suavita. Come scrive Benedetto XVI: «il Vangelo non è soltanto unacomunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunica-zione che produce fatti e cambia la vita»25. Pertanto potrebbe esse-re opportuno approfittare di questo tempo liturgico per (ri)scopri-re la ricchezza della Parola di Dio, invitando le persone della comu-nità ad un contatto quotidiano e costante con le Sacre Scritture:con la consapevolezza che queste pagine sono un pozzo/specchio esolo guardandoci ‘in’ esse possiamo leggere il senso della nostrastoria, e, soprattutto, imparare ad accoglierla come una vocazione:che interpella e chiama all’amore.Di conseguenza, in questo Tempo Ordinario potremmo valorizza-re la liturgia della Parola. Sappiamo che l’intera sequenza che carat-terizza la liturgia della Parola nella celebrazione eucaristica in real-tà è un dialogo tra Dio e la comunità. Sarà bello, in questo TempoOrdinario, prenderci a cuore lo stile e lo splendore della liturgia delVerbo. Un contributo a questa particolare attenzione potrà darlo,per esempio, una preparazione comunitaria alla liturgia della Parola perla celebrazione domenicale, soprattutto da parte di coloro che hannoil compito di proclamare le letture. È il senso dell’incontro comunita-rio settimanale: «Spiegare e illuminare il senso e il valore dei riti allaluce della Parola e cogliere nei riti il perenne agire salvifico di Dio,operante, oggi nei segni sacramentali, conformandovi tutta la vi-ta»26. E, ancora, un gesto caratterizzante questo Tempo Ordinariopotrebbe essere quello di tenere in particolare evidenza il Lezio-nario nelle nostre aule liturgiche, con le pagine aperte sulla liturgiadel giorno, così da offrire a tutti la possibilità di fermarsi in pre-ghiera davanti alla luce dalla Parola di Dio del giorno.

511

25 Spe salvi, 2: EV 24/1440.26 La Mistagogia, cit., p. 83.

Per la vita del singolo e della comunità

La modalità dell’incontro di Gesù con la Samaritana ci offre unsuggerimento prezioso: vivere questo tempo come occasione privi-legiata per aprirsi anche all’ascolto dell’altro: un bisogno talmenteradicale e radicato in noi, che forse troppe volte è dato per sconta-to. Cosa ascoltare? Chi ascoltare? Come ascoltare? Innanzitutto èimportante scegliere di vivere l’ascolto come atteggiamento. Ogniluogo, ogni incontro può diventare “il pozzo” presso cui aprirsi aldialogo con l’altro e offrire il racconto di una vita che l’incontrocon Gesù ha liberato dalle paure e aperto alla speranza. La vivacitàe la ricchezza di una parrocchia non si identifica necessariamentecon la ricchezza delle varie attività pastorali. Anzi, a volte, l’affan-nosa preoccupazione di organizzare mille incontri rischia di nonfarci incontrare realmente nessuno. Spesso anche nelle nostre chie-se si respira la mania dell’efficientismo e della fretta, che contrad-distingue ormai la nostra società. Tutti vogliamo fare tanto in pocotempo. Al contrario, dobbiamo imparare a “perdere tempo”, offren-do tempo all’altro, per vivere rapporti autentici che possano favori-re dialogo e comunione27. Sarebbe bello provare a creare e difendere tempi e spazi di ascolto,perché, come scrive Bonhoeffer: «il primo servizio che si deve aglialtri nella comunione, consiste nel prestar loro ascolto». Solo impa-rando ad «ascoltare attraverso l’orecchio di Dio, (…) possiamo poipoter parlare attraverso la sua Parola»28. E, certo, poi ci sono ancheperiferie dell’ascolto che dovremmo imparare a cercare: l’ascolto dellepersone ferite dalla violenza e minacciate dalla paura (cfr il camminoda Gerusalemme a Gerico: Lc 10, 25-37); l’ascolto delle persone chehanno perso la speranza e sono chiuse al futuro (cfr il cammino daGerusalemme ad Emmaus: Lc 24, 13-35); l’ascolto delle solitudini asse-tate di risposte che possano dare senso e orientamento alla vita (cfr ilcammino da Gerusalemme a Gaza: At 8,26-40). Dove e come incontrarequeste periferie? Cominciamo a scoprirle all’interno delle nostre

512

27 È quanto ho richiamato nella Lettera Cerca e troverai, EDB, Bologna 2012, pp. 21-25, nel-l’auspicio di un’apertura “vocazionale” più decisa da parte delle nostre comunità.28 D. BONHOEFFER, La vita comune, Queriniana, Brescia 2001, pp. 75-76.

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

comunità, per allargare altrove lo sguardo. Interroghiamoci anche suquesto, nel Tempo Ordinario che ci aspetta.

L’esortazione apostolica “Verbum Domini” di Benedetto XVI

Benedetto XVI ha approfondito, nell’esortazione postsinodaleVerbum Domini, la relazione tra Parola ed Eucaristia con un’espres-sione davvero innovativa nella dottrina del magistero ecclesiale:“sacramentalità dalla Parola” (n. 56). E riporta questo preziosobrano di san Girolamo: «Noi leggiamo le sante Scritture. Io pensoche il Vangelo è il Corpo di Cristo; io penso che le sante Scritturesono il suo insegnamento. (…) Quando ci richiamiamo al Mistero[eucaristico], se ne cade una briciola, ci sentiamo perduti. E quandostiamo ascoltando la Parola di Dio, e ci viene versata nelle orecchiela Parola di Dio e la carne di Cristo e il suo sangue, e noi pensiamoad altro, in quale grande pericolo non incappiamo».È questo il tempo per riflettere su questo documento pontificio, percogliere l’atteggiamento da avere sia nei confronti dell’Eucaristia, chedella Parola di Dio, che è «un pozzo di acqua viva» (Manns).

513

3. «Dammi quest’acqua perché non abbia più sete »TEMPO DI QUARESIMA: DALLA DOMANDA ALL’OFFERTA

Contemplazione retrospettivadell’incontro

Diverso il Suo modo di cono-scere. Non alzò quasi gli occhi.Era lui la grande lente d’ogniconoscenza. […] Uno specchio… come il pozzo…che rifulgeva nel profondo.Mi vedeva in sé. Mi possedeva in sé.Attraversava senza sforzo il mio esseree apparve in me attraverso la mia vergogna e il pensieroa lungo represso.Parve toccare la pulsazione delle mie tempie […].Poi con grande cura…Erano semplici le parole […].E dentro… fecero alzare in volo gli uccelli addormentati nel nido.Era tutto là, nel mio peccato e nel mio segreto29.

La pagina biblica

La Parola di Dio non è un monologo, ma un dialogo che si fa esi-gente.Un vero dialogo passa non solo attraverso la capacità di ascoltare,ma anche attraverso la capacità di fare domande. Ogni uomo è unadomanda: una domanda di senso nascosta. È affascinante osserva-re lo stile dialogico/interrogativo di Gesù con la Samaritana. Luiapre lo scenario, con la richiesta iniziale. «Dammi da bere»: più cheuna domanda è «la lente di ogni conoscenza», cioè il desiderio.Gesù desidera «vedere in sé» quella donna, «possedere in sé» quelladonna: farla Sua. È il desiderio di ogni amore: ho sete di te. Ma nellosvelare se stesso in questa richiesta, Gesù fa anche da lente di

514

29 Sono versi tratti da un’altra delle liriche del ciclo Canto dello splendore dell’acqua, di KarolWojtyla.

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

ingrandimento rispetto ai desideri della donna. Suscita il suo biso-gno di relazione, di relazioni vere, profonde (come lo sguardo diquel pozzo): un desiderio da lei «a lungo represso» e «addormenta-to» nell’oppio di una vita burrascosa e disordinata. Insomma: quello sguardo così interiore e così pieno di splendore,ridesta lo stupore del domandare originario nella donna, che infat-ti domanda: «come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono unadonna samaritana?».Non è solo una curiosità superficiale, è la provocazione dell’inatte-so. Uomo, giudeo, nemico, straniero, «diverso»: perché a me? Perchécosì? Gesù ha colpito nel segno e lo sa. Quindi può osare di più. E lofa operando un nuovo sconvolgimento all’interno del dialogo, unnuovo capovolgimento di situazione: se la donna conoscesse «il dono diDio», gli avrebbe chiesto quell’acqua viva che solo Lui può donare!Notiamo come Gesù torna sulle corde del bisogno, della sete, deldesiderio, più che su quelle della conoscenza razionale: perché il cri-stianesimo è incontro e non ideologia, relazione e non razionaliz-zazione. In ognuno di noi dorme il desiderio di essere desiderati.Gesù ‘è’ questo desiderio. Perciò sant’Agostino può dire: «doman-dava da bere e promette di dissetare»30.L’immagine di Rupnik ci aiuta ad entrare in questo mistero. Cristotiene «la sua brocca sul costato». Quello stesso costato da cui sgor-gheranno sangue e acqua (e nella Cappella in cui si trova il mosai-co della Samaritana, tutto l’insieme è improntato alla spiritualitàdel cuore di Gesù31; al grido sulla croce: «ho sete»; Gesù, l’assetato,che disseta e dona vita: sangue e acqua). La sete che Dio ha di noi è già promessa di dono, di acqua. Ma che cos’èquesto “dono di Dio” che Gesù ci invita a conoscere e desiderare?

515

30 Comm. al Vangelo di Giovanni, 15,12.31 La Cappella della “Casa incontri cristiani” di Capiago (Co), «è gestita dai PadriDehoniani, la cui spiritualità è ispirata al Sacro Cuore, simbolo dell’amore del Padre allaricerca dell’uomo. Il mosaico si realizza in cinque scene complessive, di cui quattro cingo-no la scena centrale che è quella della Crocifissione», una scena in cui più che in altreRupnik accentua il ‘fiume’ rosso che sgorga dal costato (cfr sito del Centro Aletti:http://www.centroaletti.com/ita/opere/italia/37.htm).

Per gli Ebrei era fondamentalmente la Torah. Ma già nell’AnticoTestamento l’acqua è simbolo dello Spirito32. Nel Vangelo diGiovanni il dono di Dio non è altro che l’acqua viva che Gesù dona,cioè lo Spirito. È Gesù che possiede lo Spirito, perché Egli è stato bat-tezzato nello Spirito (Gv 1,32-33) ed è Lui che dona lo Spirito. Ancheper la comunità cristiana delle origini (e per noi) è innanzitutto loSpirito Santo: acqua viva che zampilla per la vita eterna. È bello pen-sare che le parole di Gesù (che invita la Samaritana a chiedere l’acquadella vita) sono state all’origine della nostra vita cristiana, riecheg-giando nel dialogo iniziale dei Riti di accoglienza del battesimo, dove ildono richiesto è proprio la grazia della vita eterna.Ma torniamo al dialogo di Gesù con la Samaritana, nell’interpreta-zione della lirica di Wojtyla. Lo sguardo cristallino di Gesù («spec-chio»/«pozzo»), con le sue provocazioni «attraversa senza sforzol’essere» della donna, che sembra diventare a sua volta trasparente.«Pare toccare la pulsazione delle tempie». Toccata, ferita, ma non umiliata, la donna esprime il suo bisogno,eleva il suo grido: «dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e noncontinui a venire qui ad attingere acqua». È “vera”. Ma non ancora “libe-ra”. La richiesta è ancora schiacciata dal peso di un bisogno privo diorizzonte, di slancio, di speranza. Legato all’ordinario del momen-to; alla sola aspettativa di non dover uscire allo scoperto, di nondover tornare al pozzo. Forse anche di rimanere nascosta «nellapropria vergogna»: di non aver bisogno di tornare lì a guardarsinello specchio dell’acqua: vedendo riflessa un’immagine non ama-bile di sé. Lo sguardo della donna, nel mosaico, non guarda libero davanti asé (come quello di Gesù); non guarda nemmeno direttamente Gesù,né il pozzo. Sembra voler guardare dentro la brocca portata inmano dallo straniero, per scoprire il suo segreto: ma guardinga,come a non voler rivelare il proprio segreto («era tutto là, nel miopeccato e nel mio segreto»). Ma Gesù l’ha già guardata e conosciuta. E può quindi “toccarla”con il colpo finale: «va’ a chiamare tuo marito». Una richiesta chepotrebbe avere decisamente dell’indelicato e del fuori luogo… (an-che a prescindere dal fatto che poi la donna avesse o non avesse

516

32 Cfr Is 32,15; 44,3; Gl 2,23-3,1; Ez 36,25-27.

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

marito; o ne avesse più di uno). Ma, si sa, che l’amore pre-tende. Eil Signore sa che «ora è il tempo favorevole», ora è il momento dirilanciare la posta in gioco, ora è il momento di «svegliare» i sogni«dal nido» e farli volare verso un di più. È il Tempo della Quaresimadi questa donna: chiamata dai pesi del deserto agli orizzonti di unanuova primavera. Gesù tocca e fa vibrare le corda affettive di quella donna che, puravendo avuto tanti uomini, non è mai stata realmente «conosciu-ta», «guardata», «attraversata», «posseduta», amata da nessuno(per riprendere i verbi forti usati da Wojtyla). L’osservazione diGesù non è giudizio, non è un modo per mettere in difficoltà laSama-ritana, per rinfacciarle un comportamento sbagliato. «Eglivuole portare la donna alla fede in lui, e, certo, in questo modo pro-vocare nella vita di lei una svolta decisiv»33. E lo fa «con grandecura», con «parole semplici». Sono le stesse difficoltà, le stesse domande, le stesse provocazioni‘difficili’ destate dall’esperienza della Pentecoste. Lo stupore deipresenti, che sentono i discepoli parlare la propria lingua. «Che cosasignifica questo?» (At 2,12): è la domanda che permetterà a Pietro dientrare in dialogo con la folla. Un discorso accorato e convincente,tanto che, al termine, i presenti chiederanno: «che cosa dobbiamo fare,fratelli?» (At 2, 37). Anche Pietro (alla scuola di Gesù), sulle corde dello Spirito, haimparato a toccare i cuori. E la sua risposta alla domanda della follala sappiamo: «convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nelnome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete ildono dello Spirito Santo» (At 2,38). La Quaresima: tempo di domande, tempo di memoria, tempo diriscoperta del dono d’amore e vita ricevuto nel Battesimo, tempo ditirare dal pozzo il secchio: nell’acqua e nella luce.

517

33 R. SCHNACKENBURG, Commentario teologico del Nuovo Testamento. Il vangelo di Giovanni. Parteprima, Paideia, Brescia 1973, p. 643.

Nel solco della liturgia

L’Anno liturgico ci aiuta a segnare i passi del cammino quaresima-le. Da un lato, abbiamo le prime due domeniche, che sono quasiuna sintesi/anticipo del percorso: dal deserto alla montagna, dalletentazioni alla trasfigurazione, dal combattimento con il male allacontemplazione della gloria. Dall’altro lato, nel ciclo A del Lezio-nario, nelle restanti domeniche, ci viene presentato un percorso dimistagogia battesimale (il più antico cammino della Chiesa verso laPasqua) che anticipa l’esperienza pasquale del Battesimo34, attra-verso tre racconti-situazione:

– la Samaritana che racconta quanto sia difficile vivere un amoreautentico, fedele, profondo,– il cieco nato che racconta del dolore che nasce dall’incapacità diessere autonomo, handicap che costringe ai margini della strada, – Lazzaro che racconta dell’esperienza della morte e di ogni lutto cheporta nella tomba le speranze di vita.

Tre incontri che possiamo rileggere alla luce della richiesta di Gesù:«dammi da bere», richiesta che risentiremo al termine del percorsoquaresimale, sulla croce: «Ho sete!». La beata Teresa di Calcuttadirebbe: «il nostro fine è quello di saziare questa sete infinita diDio»35. Lo esprime molto bene il Prefazio della domenica dellaSamaritana: «chiese alla Samaritana l’acqua da bere, per farle il grandedono della fede, e di questa fede ebbe sete così ardente da accendere in lei lafiamma del suo amore». «Dio ha sete che si abbia sete di lui»36.

Per la vita del singolo e della comunità

Ma questi tre racconti, queste tre situazioni esistenziali (l’amoreferito, il corpo malato, la vita soffocata) non possono non provo-carci all’azione, invitandoci a portare in queste periferie dell’umano

518

34 Sarebbe bello riuscire a fare un sapiente utilizzo del libro liturgico del RICA, cercandoin esso alcuni elementi dell’esperienza battesimale da riproporre a tutta la comunitàdurante le celebrazioni domenicali.35 B. KOLODIEJCHUK (a cura di), Madre Teresa. Sii la mia luce,Rizzoli, BUR Saggi, Milano 2010, p. 52.36 GREGORIO DI NAZIANZO, PG 36, p. 398.

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

la testimonianza di un incontro che apre alla speranza. Come Gesùincontra i tre personaggi presentati dai Vangeli delle ultime tredomeniche di Quaresima, anche noi sentiamo l’urgenza di render-ci presenti nella sete e nella storia di tanti nostri fratelli e sorelle chevivono soffocati dalle abitudini o dalle delusioni (come laSamaritana), mendicanti ai margini della storia (come il cieconato), o chiusi nel sepolcro della rassegnazione (come Lazzaro).Quali sono intorno a me, dentro e fuori della mia comunità queiluoghi e quelle situazioni dove continua a risuonare la domanda diGesù: «Dammi da bere »?

– Gli amori feriti: quali situazioni individuali e familiari gridanosilenziosamente accoglienza? Quanto e come siamo in grado difare innanzitutto noi, noi che viviamo in comunità, una con-versione di sguardo verso i tanti samaritani di oggi? Qual è l’at-teggiamento che abbiamo davanti agli splendori logorati, allesituazioni relazionali lontane dagli schemi ‘ordinati’, davanti atanti legami diversi rispetto a quelli familiari ideali? Sono pernoi periferie da mettere al centro della speranza e della miseri-cordia di Cristo, o solo realtà da considerare con sospetto e giu-dizio? Sia per noi, questo tempo di Quaresima, tempo di con-versione, di accoglienza, di misericordia.

– Il corpo malato.Un invito particolare ci viene rivolto, nel Tempodi Quaresima, dalle situazioni assetate… degli ospedali, dellecase di riposo per anziani, delle famiglie con ragazzi disabili ocomunque provate da particolari esperienze di malattia e soffe-renza, dalle realtà in cui vivono i nostri fratelli immigrati, daiquartieri poveri presenti nel territorio delle nostre parrocchie.Siano questi i luoghi quaresimali in cui andare per offrire «l’o-lio della consolazione e il vino della speranza»37.

519

37 MESSALE ROMANO, Prefazio comune VIII.

– La vita soffocata.Di fronte ai tanti episodi di morte e di violen-za che macchiano di sangue la nostra terra, non possiamosemplicemente unirci al coro di quelli che denunciano e con-dannano, ma siamo interpellati come credenti a trovare ognimezzo perché anche chi si lascia dominare dalla logica dellaviolenza possa incontrare il Signore e camminare dal desertodel peccato verso la montagna della grazia. Come possiamo,come singoli e come comunità, andare incontro anche a que-ste periferie dell’umano?

La Lettera enciclica “Spe salvi” di Benedetto XVI

L’enciclica sulla speranza cristiana può essere un valido aiuto persostenere e illuminare questo cammino. Nel presentarla, BenedettoXVI scrive: «la ‘redenzione’, la salvezza, secondo la fede cristiana,non è un semplice dato di fatto. La redenzione ci è offerta nel sensoche ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtùdella quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente,anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se con-duce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri,se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammi-no»38. E questo ci aiuta a ricordare che la Quaresima non è untempo fine a se stesso, ma è la strada verso la Pasqua…

520

38 Spe salvi, 1: EV 24/1439.

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

4. «I veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità»TEMPO DI PASQUA-PENTECOSTE: LE PERIFERIE ALL’INTERNO DELLA COMUNITÀ

Meditazione rinnovata

Allora io – proprio io consape-vole del mio risveglio,come chi nella chiara corrente,consapevole della sua immagine, si rialza un tratto dallo specchioe torna in sée stupefatto trattiene il respiro,cullandosi nella sua luce.[…] Il peso che mi hai tolto – lo saprò a poco a poco […]quando da me vorrò trarre un soffio di quella semplice armoniache Tu possiedi senza sforzo e senza limite.[…] Come leggera è la fiamma che si inarcalucente sopra il legno inariditoe intorno a sé solleva l’ampio coperchio della notte39.

La pagina biblica

La liturgia della Pentecoste, accanto al racconto degli Atti che neracconta l’evento, proclama in questo giorno un brano della Letteraai Romani nella quale l’apostolo Paolo non solo afferma che «loSpirito di Dio abita in voi» (Rm 8,9), ma spiega che è «lo Spirito che rendefigli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà! Padre!» (Rm 8,15).E questo ci aiuta a comprendere la risposta che Gesù dà alla Sama-ritana riguardo al vero culto. Infatti, la donna, nel cammino che lasta portando a fare chiarezza su se stessa, incontra la domanda sul

521

39 Sono altri versi tratti da un’altra delle liriche del ciclo Canto dello splendore dell’acqua, diKarol Wojtyla.

divino. Forse non ancora decisa e profonda, ma legata al suo vissu-to, al suo territorio. Ricorda un po’ le domande di tanti nostri con-temporanei, che si sentono attratti dal Sacro, ma bloccati rispettoalla dimensione confessionale della fede, che avvertono come mera-mente rituale (e spesso conflittuale: dentro la Chiesa, e tra la Chiesae il mondo). La Samaritana parte dalla constatazione che la fedenon sempre risolve i conflitti, ma a volte li fomenta. La presenza delsantuario di Garizim dove i Samaritani offrono il loro culto, in con-correnza rispetto a quello di Gerusalemme, provoca in lei unadomanda: se c’è un Dio, dov’è? Dove e come cercarlo e adorarlo nel-l’autenticità della fede? Qual è il vero culto? La risposta di Gesù èmolto chiara: Dio non si lascia ingabbiare dai luoghi, perché «l’a-dorazione non è autentica se non è prodotta dallo Spirito checomunica la verità del Cristo»40. E lo Spirito, come aveva già dettoGesù a Nicodemo, è come il vento: non si sa da dove viene e dove va.Non è afferrabile. È molto evocativa, anche in questo caso, l’immagine di Rupnik, incui il vento muove il mantello di Gesù, assimilandolo ad un’ondad’acqua: acqua e vento: lo Spirito. Ed è proprio questo azzurro cheinonda e abbraccia la Samaritana, “come chi, nella chiara corrente”diventa finalmente “consapevole della sua immagine, si rialza untratto dallo specchio e torna in sé, e stupefatto trattiene il respiro,cullandosi nella sua luce” (per riprendere la parole della poesia diWojtyla). L’acqua/vento/mantello (che è lo stesso Gesù) raggiungela Samaritana proprio lì dove si trova. Perché il culto cristiano nonè vincolato ad un luogo, ma è la vita stessa del credente che, abita-ta dallo Spirito, diventa tempio nel quale e con il quale adorare Dio. Assiso sul margine del pozzo, Gesù è il nuovo Tempio che sostitui-sce il santuario di Garizim e quello di Gerusalemme, e da cui scatu-risce l’acqua viva dello Spirito. Anticipa il momento della croce incui, dal suo costato trafitto sgorgherà sangue e acqua (Gv 19,34-35).Se l’evangelista aggiunge il riferimento dell’acqua a quello del san-gue, lo fa per ricordare il tema evangelico dell’acqua, sorgente di vita.Per Giovanni, con la venuta di Gesù si conclude un’epoca e se neapre un’altra.

522

40 X. LÉON-DUFOUR, op. cit., p. 329.

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

Il pozzo diventa così il luogo dell’alleanza, la quale nell’Antico Testamentoera presentata con l’immagine delle nozze di Dio col suo popolo.Nell’episodio della Samaritana – conviene ripeterlo – è l’alleanzanuziale con Dio che viene riproposta: la Samaria e la Giudea ritro-vano la loro unità nella fede comune in Gesù, Salvatore del mondo(anche i samaritani accorrono a Gesù e credono in Lui).Non bisogna certo intendere le parole di Gesù in senso spiritualisti-co, come se Gesù volesse contrapporre all’esteriorità del culto tradi-zionale un’adorazione di Dio puramente intimistica e individualista.Lo Spirito non indica innanzitutto lo spirito umano. Traducendo eattualizzando la cosa in termini concreti: Gesù non sta dicendo chele chiese non servono, perché tanto Dio è nel nostro cuore. Sta dicen-do qualcosa di molto più radicale e impegnativo, che, se colto nellasua profondità, non può non sconvolgere sia il nostro modo “perso-nale” di pregare Dio, sia il nostro modo di relazionarci “alla Chiesa”.Infatti l’espressione «in Spirito e Verità» indica, nel linguaggio gio-vanneo, la dimensione trinitaria dell’adorazione del Padre, realizzatain Cristo per mezzo dello Spirito Santo. Quindi Gesù sta svelandoalla Samaritana il mistero d’amore e unità, che, nello Spirito, esistetra il Padre e il Figlio. E noi sappiamo che questo amore nuziale trovala sua sposa proprio nella Chiesa; che la dimensione dell’adorazionetrinitaria trova la sua fonte e il suo culmine proprio nell’eucaristia enell’esperienza comunitaria.

Nel solco della liturgia

Con entusiasmo, allora, siamo chiamati a vivere questo Tempo diPasqua e la sua Pentecoste. Con la gioia con cui si accoglie e si scar-ta un grande dono.La prima Colletta della Veglia di Pentecoste parla della Pasquacome «tempo sacro dei cinquanta giorni»: e il simbolismo di que-sto numero esprime proprio la pienezza della gioia cristiana; la stes-sa gioia dei discepoli che incontrano il Risorto nel Cenacolo. Gesùaveva spiegato alla donna Samaritana: «Viene l’ora – ed è questa – in

523

cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità». Questa pro-messa di Gesù trova un’eco e una spiegazione nella preghiera dellaChiesa che nel giorno di Pentecoste si rivolge a Dio dicendogli: gra-zie, perché «oggi hai portato a compimento il mistero pasquale e su coloroche hai reso figli di adozione in Cristo tuo Figlio hai effuso lo Spirito Santo,che agli albori della Chiesa nascente ha rivelato a tutti i popoli il misteronascosto nei secoli, e ha riunito i linguaggi della famiglia umana nella pro-fessione dell’unica fede»41. Il Prefazio non solo sottolinea l’unità dellaPasqua con la Pentecoste, ma afferma anche la dimensione comu-nitaria della fede espressa dalla liturgia. Lo Spirito del Risorto ciriunisce in un’unica famiglia e ci permette di professare l’unica fede.Scrive Romano Guardini: «L’individuo prega secondo la liturgiaquando lo fa con una viva e intensa consapevolezza di questo Iocomunitario della Chies»42. Il problema quindi non è per noi – losappiamo – se sia possibile pregare Dio anche rimanendo al di fuoridella Chiesa e/o della comunità, ma: quanta gioia mi perdo, privando-mi della gioia moltiplicata dai pozzi e dai volti dei fratelli? Quanta identitàmi perdo, privandomi di questo Io comunitario che dona alla preghiera, nellaliturgia, intensità e passione viva?Il Tempo Pasquale è il tempo della gioia. Lo spiega molto benesant’Agostino: «Ciò che celebriamo prima di Pasqua, è anche quel-lo che operiamo. Ciò che celebriamo dopo Pasqua indica quello cheancora non possediamo. Per questo trascorriamo il primo tempo indigiuni e preghiere. L’altro, invece, dopo la fine dei digiuni, lo cele-briamo nella lode. Ecco perché cantiamo: alleluia»43. Ci aiutano anche in questo caso le immagini della poesia diWojtyla, decisamente “pasquali”. La Samaritana si «rialza» dopol’incontro con Gesù; si «risveglia», risorge come «altra» a se stessa.La potenza della resurrezione issa «fiamma» e «luce» sul legno ina-ridito» delle sue croci; e le dona il desiderio di diventare anche lei«soffio» di «armonia».

524

41 MESSALE ROMANO, Prefazio di Pentecoste.42 R. GUARDINI, Formazione liturgica, O.R., Milano 1988, p. 74.43 Commento al salmo 148.

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

Cinquanta giorni per vivere la gioia e l’annuncio della liberazione!Cinquanta giorni per far traboccare di risurrezione le nostre anfo-re; per far traboccare l’acqua ricevuta, in spirito e verità…; trabocca-re in chi ci è accanto.

Per la vita del singolo e della comunità

Il Tempo Pasquale, più di ogni altro, nelle nostre comunità, è difatto un tempo straordinario di celebrazioni: battesimi, primecomunioni, cresime, matrimoni. Certo, è vero che sempre più spes-so l’atteggiamento con cui le famiglie chiedono i sacramenti rischiadi essere legato solo ad una “prassi” cristiana, ad un “meccanismo”legato alle tradizioni e mancante di radicamento e solidità. Maanche quando questo fosse vero, dovremmo riuscire ad evitareatteggiamenti di superiorità o di distacco rispetto a queste famiglie.La legittima preoccupazione di salvaguardare la dignità dei sacra-menti richiesti non deve portarci ad un atteggiamento di rigidità odi ostilità. Se così fosse, l’occasione sacramentale diventerebbe,invece che possibilità di “incontro”, definitivo distacco da e di que-ste famiglie dalla Chiesa. Lo “stile” dialogico di Gesù con la Samaritanadiventi modello ispiratore. L’accoglienza e la disponibilità non posso-no non caratterizzare le nostre comunità, anche qualora dall’altrolato dovessimo trovare solo indifferenza o superficialità. Forse valela pena ricordare quello che madre Teresa raccomandava alle sueconsorelle: «Preferisco che facciate errori nella gentilezza, piuttostoche miracoli nella scortesia»44. È il caso di ritornare a riflettere su quel luogo-periferia che abbia-mo chiamato “degli amori feriti”, e che abbiamo già indicato inrelazione al Tempo di Quaresima. Ma è evidente che un percorsotracciato a partire dall’amore ferito della Samaritana non può non

525

44 B. KOLODIEJCHUK (a cura di), op. cit., p. 204.45 Cfr CEI, UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLA FAMIGLIA, Direttorio di pastorale familiare, n. 215.

indurci a privilegiare questa “periferia” durante l’intero Anno litur-gico. Sicuramente, durante il Tempo Pasquale, nelle celebrazionidei sacramenti, ci troveremo davanti a diverse famiglie che vivonoparticolari situazioni difficili o irregolari. La domanda di questaumanità «non può essere ridotta alla questione […] della loroammissione o meno ai sacramenti»45, ma chiede un’attenzione eun’accoglienza che permetta loro di non sentirsi abbandonati daDio ed esclusi dalla Chiesa. Già Benedetto XVI, in una delle sue visi-te pastorali nella diocesi di Roma, aveva esortato ad avere una par-ticolare cura e attenzione per le famiglie in difficoltà, o che si tro-vano in «una condizione di precarietà o di irregolarità»: «nonlasciatele sole, ma state loro vicino con amore»46. E, sempre ispi-randoci al Papa emerito, perché non suggerire a queste persone, chevivono il digiuno eucaristico, di riscoprire la «sacramentalità» dellaParola di Dio attraverso un fedele ascolto che le introduca in quel«salvataggio dell’amore» compiuto da Gesù in croce?Proviamo, allora, a rilanciare il tentativo di incontrare, in questoTempo Pasquale, le famiglie coinvolte nella preparazione ai sacra-menti dei loro figli. Il criterio che dovrebbe accompagnarci è chenon solo ci si prepara ai sacramenti, ma si viene anche preparati daisacramenti. Sarebbe bello riuscire, con l’accoglienza e la pazienza, atrasformare le richieste delle famiglie coinvolte nei percorsi sacra-mentali in un’occasione di grazia, che le aiuti a scoprire il senso cri-stiano della loro domanda, e la risposta di vita (e responsabilità)che essa comporta. Un suggerimento potrebbe essere quello di pre-vedere, nella settimana che precede la celebrazione dei sacramenti,un ritiro spirituale con gli stessi genitori dei bambini che riceveran-no la prima comunione47. Anche per i cresimandi, insieme ai lorogenitori e padrini, «la settimana che precede la Pentecoste potrebbeavere il significato quasi di un ritiro»48. Non possiamo liquidarecome illusoria la speranza di trasformare le celebrazioni dei sacra-menti in una preziosa occasione per ravvivare una fede assopita osoffocata da una sterile abitudine. Come ricorda Papa Francesco:

526

46 BENEDETTO XVI, Omelia per la Santa Messa e Rito di Dedicazione della nuova parrocchia romanadi S. Corbiniano all’Infernetto, 20 marzo 2011.47 Cfr L’Anno liturgico come itinerario di fede, cit., p. 70.48 Ivi, 66.

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

«dobbiamo ravvivare sempre la grazia e intuire in ogni richiesta, avolte inopportuna, a volte puramente materiale o addirittura bana-le - ma lo è solo apparentemente - il desiderio della nostra gente diessere unta con l’olio profumato, perché sa che noi lo abbiamo»49.

Il capitolo V della “Lumen gentium”

Per l’impegno che il Tempo Pasquale suggerisce può essere utile lalettura del capitolo V della Lumen gentium, dedicato alla “Universalevocazione alla santità nella Chiesa”. Il documento conciliare, infat-ti, può aiutarci a comprendere lo sforzo necessario per superare ilsolco che spesso separa la celebrazione dalla vita. Infatti: «tutticoloro che credono nel Cristo, di qualsiasi stato o rango, sono chia-mati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità; etale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vitapiù umano» (LG 40).

527

49 PAPA FRANCESCO, Omelia nella Messa crismale 2013.

5. «La donna lasciò la sua anfora»PENTECOSTE-TEMPO ORDINARIO (II PARTE): VIVERE IL QUOTIDIANO

Parole della donna al pozzoal momento di andarsene

Da quel momento la mia igno-ranza si è chiusa alle mie spallecome una portadalla quale sei entrato– svelando ciò che non sapevo.E tanta gente in silenzioTu hai fatto passare attraverso di me.E tante vie lontane.E, crescente negli uomini, un impeto di città.

La pagina biblica

L’evento di Pentecoste non ha semplicemente trasformato il cuorepavido dei discepoli, ma, attraverso il loro annuncio, anche quellodi coloro che «all’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore» (e quin-di chiesero ai discepoli: «che cosa dobbiamo fare, fratelli?» [At 2,37]).Chi viene trasformato, trasforma a sua volta il mondo intorno a sé.Anche nel racconto della Samaritana accade questo: dalla sete diGesù, alla sete della donna, alla sete che lei suscita in quelli cheincontra, correndo in città. Ed effettivamente qualcosa di sconvol-gente doveva essere accaduto nella sua vita, se l’urgenza della mis-sione le fa persino dimenticare vicino al pozzo la sua anfora. Maforse non si tratta di una dimenticanza, quanto piuttosto del segnosilenzioso di una scelta: la disponibilità a lasciare veramente, final-mente, il deserto della routine (il deserto di quel percorso quotidia-no senza sapore, senza amore: dalla città al pozzo, dal pozzo allacittà), per abbracciare profondamente e totalmente lo straordinarioche la vita può offrire. L’anfora non serve più. Perché l’incontro conCristo ha lasciato nel suo cuore una sorgente. L’immagine di Rupnik qui è fortemente simbolica. «Cristo infatti è

528

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

il pozzo»50, possiamo dire sinteticamente, conclusivamente: tant’èche il vestito rosso del Re ‘entra’ fisicamente nel pozzo; il pozzo sifa tutt’uno con Lui. E tant’è che «il suo mantello diventa il pozzo,per offrire da bere una bevanda nuova, già accennata sul costatodove Cristo tiene la brocca». La differenza di colore tra questa broc-ca nuova, di vita nuova e l’anfora della Samaritana, di colore scuro,non è casuale. Spiega ancora Rupnik: «la samaritana nelle raffigu-razioni antiche porta usualmente un contenitore che qualcuno haspiegato essere un’urna funeraria. […] Siccome erano morti tutti isuoi mariti, la donna era familiare alla morte, viveva così vicina allamorte da bere al suo pozzo». «La donna viene con questa sua urna»,viene con questa sua esistenza morta al pozzo e, al termine dell’in-contro con Gesù, riceve una brocca nuova, una bevanda nuova, unavita nuova. L’uomo vecchio (la donna vecchia) appartiene al passa-to; e perciò l’anfora funeraria resta lì («una porta si è chiusa allespalle», per dirla con Wojtyla); mentre la credente/risorta è libera diandare. Lei, costretta a recarsi quotidianamente al pozzo nell’ora più caldadel giorno forse per evitare di incontrare chi poteva malignare sullasua situazione, ora non ha timore di correre in città per dire a tuttila sua scoperta. «La forza di tutta la pagina è proprio qui: l’incon-tro personale con Gesù, il dialogo con lui provoca la conversione»51.Il Vangelo conclude l’incontro tra Gesù e la Samaritana in manieraquasi lapidaria, consegnandoci tre verbi: «lasciare», «andare»,«dire»: tre azioni che indicano chiaramente l’effetto trasformantedi quel vento salvifico. La donna lascia la sua anfora (si libera deipesi che potrebbero rallentare la sua corsa); va in città, ritorna cioèal suo luogo di vita ordinaria; e dice alla gente di aver incontrato ilCristo, rendendo le sue parole evocazione di una Presenza straordi-naria. È la dinamica che dovrebbe caratterizzare ogni incontro conGesù: «lasciare» tutto, «andare» e «annunciare» con gioia il dono

529

50 Questa e le citazioni seguenti sono tratte dal commento al mosaico presente nel sito delCentro Aletti cit.51 M. LÀCONI, Il racconto di Giovanni, Cittadella, Assisi 1989, p. 96.

ricevuto. È la dinamica dell’amore. Tornando con lo sguardo sulmosaico di Rupnik notiamo ancora qualche piccolo particolare.Una brocca Gesù la tiene sul cuore/costato; altre sono rimaste ai suoipiedi. La sovrapposizione di immagini (acqua/sangue; acqua/vino),dal Calvario ci riporta a Cana. E alla festa di nozze. Ora non è più soloun desiderio. La mano della donna che si solleva verso il Signoreesprime il suo sì. Il mantello azzurro (acqua/vento/cielo) di Gesù siapre: e abbraccia e avvolge la Samaritana. Nel mondo semita questoè il gesto che indica la protezione e il legame nuziale tra l’uomo e ladonna. Dio esprime il suo ‘sì’: e, nella Samaritana, come in ognuno dinoi, viene a sposare sempre, di nuovo, l’umanità. Questo non eliminala nostra sete; le dà i confini dell’infinito e l’urgenza di suscitare altrasete, perché… «tanta gente in silenzio Tu hai fatto passare attraversodi me. E tante vie lontane. E, crescente negli uomini, un impeto dicittà». Nell’unità sponsale, l’impeto di Gesù e la sua passione diven-tano l’impeto e la passione della Samaritana; e anche il nostro impe-to e la nostra passione.Dopo la Samaritana Gesù accoglie tutto il villaggio in camminoverso di Lui. La messe spirituale, di cui la gente di Sicar è la primabeneficiaria, è già matura. È suonata l’ora della raccolta messianica.È finito il tempo della semina. Comincia il tempo della Chiesa.Gesù invita i discepoli (che lo raggiungono al pozzo) al compitomissionario: «Levate i vostri occhi e guardate i campi che già bion-deggiano per la mietitura» (Gv 4,35). È al mondo intero che Gesùrivolge la Parola di vita. Il discorso missionario che conclude l’epi-sodio evangelico della Samaritana non è estraneo al tema dell’acquaviva. Perciò alcuni Padri della Chiesa hanno visto nella promessadell’acqua viva un simbolo del battesimo52. Gesù nel prometterel’acqua viva traduce in un simbolo espressivo la sua missione:«colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà loSpirito senza misura» (Gv 3,34). La “teologia del pozzo” raggiunge il suo compimento. Presso ilpozzo, figura del Battesimo, la Samaritana, «illuminata» (fotismé),diventa «illuminatrice».

530

52 Cfr IRENEO DI LIONE, Contro gli eretici, 17,2.

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

Nel solco della liturgia

Nella liturgia c’è un momento che corrisponde a questo gesto: illasciare l’anfora e correre in città; è il momento del congedo finale;che non è un semplice rito di conclusione; è un invito ad oltrepas-sare la soglia delle nostre chiese, il chiuso delle nostre urne, perandare verso il mondo e gli altri, nella ferialità della vita; ed in par-ticolare verso le situazioni di emarginazione e solitudine che dise-gnano i contorni delle nostre periferie. Vale la pena, a questo pro-posito, ricordare la spiegazione che Benedetto XVI dà dell’espres-sione del congedo ite missa est: «Per l’antica Roma voleva soltantodire: ‘è finita’. ‘Missa’ significava ‘dimissione’. Adesso non è più‘dimissione’ ma ‘missione’, perché questa assemblea non è un’as-semblea tecnica, burocratica, ma è un essere insieme con il Signoreche tocca i nostri cuori e ci dà una nuova vita»53.Questo è il senso anche della solennità di Pentecoste, che non con-clude semplicemente il Tempo Pasquale, ma apre al Tempo Ordi-nario. Un tempo, lo abbiamo capito, che non va sottovalutato, per-ché l’aggettivo “ordinario” non ne svilisce l’importanza, ma la quali-fica. E, tra l’altro, in più, l’aggettivo “ordinario” suggerisce anche l’i-dea di un tempo che serve per mettere “ordine”, per portare e man-tenere l’Ordine nell’universo frastagliato e confuso dei nostri giorni.Il Tempo liturgico Ordinario ci porta questo Ordine di Vita invitan-doci ad incontrare il Signore nel suo Giorno, invitandoci a vivere laPasqua settimanalmente, nell’Eucaristia domenicale. È la domenicaa scandire e valorizzare il Tempo Ordinario come antidoto alla fram-mentarietà, alla “cronofagia”, alla paura del tempo che scorre, in-ghiottendo ogni cosa. Nel quotidiano della Samaritana, Gesù nonscompare: diventa Spirito e Verità. Il Tempo Ordinario, inauguratodalla Pentecoste, è questo quotidiano accompagnato dalla presenzadello Spirito e della sua Verità. È il messaggio che il Congresso euca-ristico nazionale di Bari ci ha lasciato! Celebrazione e vita non cor-

531

53 BENEDETTO XVI, Discorso al termine del pranzo con i Padri sinodali, 22 ottobre 2005.

rono parallele, ma con-corrono a formare la nostra gioia: una gioiache la celebrazione domenicale (non pensata come semplice precet-to da osservare) accoglie e rilancia. Una proposta concreta per le comunità potrebbe essere quella diincontrare le persone nella vita di ogni giorno, per esempio ripren-dendo l’antica prassi della Benedizione alle famiglie, senza però ridurlaad un semplice gesto rituale, ma proponendola come un fraternoincontro di conoscenza e di dialogo. Un’altra proposta potrebbe esse-re quella di ripensare al significato da dare alla Veglia diocesana diPentecoste. Piuttosto che viverla come momento di preparazioneall’evento, essa potrebbe assumere in modo più marcato un carattere“mistagogico” (come approfondimento del “Dono” ricevuto) e mis-sionario se la collochiamo all’inizio del Tempo Ordina-rio. Lasciandoalle Parrocchie la possibilità di celebrare la Veglia di Pentecoste nellavigilia della festa, la celebrazione diocesana assumerebbe così più ilcarattere di una “Festa del Fuoco” che invita i fedeli a testimoniarenella storia di ogni giorno la vita nuova nello Spirito.

Per la vita del singolo e della comunità

C’è una bellissima preghiera della Chiesa che potrebbe riassumere eilluminare il senso più autentico del Tempo Ordinario:

O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli,concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderareciò che prometti,perché, fra le vicende del mondo, là siano fissi i nostri cuoridove è la vera gioia54.

Chiedere a Dio che «siano fissi i nostri cuori dov’è la vera gioia»non è solo unapreghiera ma anche un impegno: a non lasciarsi abbattere o disorientareda tutte quelle situazioni che rischiano di soffocare la speranza cristiana. Ma la preghiera porta il nostro sguardo ancora più in alto, perché,nel momento in cui chiede di «desiderare ciò che Dio promette», ci fa

532

54 MESSALE ROMANO, Colletta della XXI settimana del Tempo Ordinario.

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

guardare oltre il piccolo orizzonte della nostra storia. È la dimen-sione escatologica che caratterizza la nostra fede e ci porta a guar-dare lontano, verso l’eternità. Scrive un noto sociologo che nella nostra società: «l’eternità è ovvia-mente messa al bando. […] Grazie al numero infinito di esperienzeterrene che si spera di poter fare, non si sente la mancanza dell’e-ternità; anzi la sua perdita può passare persino inosservata»55. Lacultura contemporanea ci ha educati a polarizzare la nostra atten-zione solo su ciò che è immediato e percepibile. Di questa mentali-tà soffrono anche le nostre celebrazioni, che, spesso, pur di cattura-re l’attenzione dei fedeli, restano su una dimensione prettamenteorizzontale, dove prevale il sentimentalismo e l’originalità ad ognicosto. Invece, se profondamente vissuta, la celebrazione domenica-le può aiutarci a non perderci «fra le vicende del mondo» e a riscopri-re la bellezza della fede che apre alla speranza di una storia piùgrande che Dio dispiega per noi.

La Nota pastorale “Cristiani nel mondo. Testimoni di speranza”

In questo tempo dell’Anno liturgico può rivelarsi utile la lettura e lariflessione comunitaria sulla Nota pastorale Cristiani nel mondo.Testimoni di speranza dei Vescovi pugliesi. Nelle sue pagine risuonacon forza l’esortazione ai Laici: «nell’aeropago della cultura moder-na, siete chiamati a tenere alto il confronto sui grandi temi dellaverità e della carità, proponendo con franchezza la forza liberantedel messaggio evangelico»56. Così come può risultare fecondo ri-prendere la ricchezza dei contenuti offerta dagli Atti del XXIV Con-gresso Eucaristico Nazionale (Bari 21-29 maggio 2005).

533

55 Z. BAUMAN, Vita liquida, Editori Laterza, Roma-Bari 2008, p. XV.56 CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE, Cristiani nel mondo. Testimoni di speranza, Nota pastoraledopo il III Convegno Ecclesiale Pugliese, n. 23. La Nota, ora, corredata anche di tutto ilmateriale relativo al Convegno sul laicato, è stata rieditata negli Atti del convegno stesso:AA.VV., a cura di S. Ramirez, I laici nella chiesa e nella società pugliese, oggi, Ed. Vivere In(Quaderni dell’Istituto Pastorale Pugliese, 5), Monopoli 2013.

Un impegno, più che una conclusione

Accogliendo il dono dello Spirito del Risorto e lasciandoci guidareper le vie delle nostre città, accogliamo il nuovo Anno pastoralecome “tempo favorevole” che Dio dona alla nostra Chiesa. Non potre-mo lasciare la nostra anfora presso il pozzo se non scopriamo lasorgente che scaturisce dalle brocche di Cristo. E non potremo cor-rere in città come la Samaritana se non lasceremo che lo Spirito diDio accenda in noi il fuoco della speranza. Come scrive BenedettoXVI: «La nostra speranza è sempre essenzialmente anche speranzaper gli altri; solo così essa è veramente speranza anche per me»57. Èquesta la responsabilità che il Signore affida oggi alla nostra Chiesa.

+ Francesco CacucciArcivescovo di Bari-Bitonto

57 Spe salvi 48: EV 24/1486.

535

L’Arcivescovo dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto

VISTA la determinazione approvata dalla XLV Assemblea generaledella Conferenza Episcopale Italiana (Collevalenza 9–12 novembre1998);

CONSIDERATI i criteri programmatici ai quali intende ispirarsi nell’an-no pastorale 2014 per l’utilizzo delle somme derivanti dall’otto permille dell’IRPEF;

TENUTA PRESENTE la programmazione diocesana riguardante nel cor-rente anno priorità pastorali e urgenze di solidarietà;

SENTITI, per quanto di rispettiva competenza, l’incaricato del Servi-zio diocesano per la promozione del sostegno economico alla Chie-sa Cattolica e il direttore della Caritas diocesana;

UDITO il parere del Consiglio diocesano per gli Affari economici edel Collegio dei Consultori

Decreto di attribuzione delle sommederivanti dall’8 per mille IRPEF

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVODOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

disponeI) Le somme derivanti dall’otto per mille IRPEF ex art. 47 della Legge222/1985 ricevute nell’anno 2013 dalla Conferenza EpiscopaleItaliana «per esigenze di Culto e Pastorale» sono così assegnate:

777 ESIGENZE DI CULTO E PASTORALE 2013

1 ESIGENZE DEL CULTO1 NUOVI COMPLESSI PARROCCHIALI 10.000.00

10.000,002 ESERCIZIO CURA DELLE ANIME1 ATTIVITÀ PASTORALI STRAORD. 77.000,00

2 CURIA DIOCESANA E CENTRI PAST. 440.000,00

4 MEZZI COMUNICAZIONE SOCIALE 15.493,71

5 ISTITUTO DI SCIENZE RELIGIOSE 50.000,00

6 FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE 100.000,00

9 CONSULTORIO FAM. DIOCESANO 27.000,00

10 PARROCCHIE STRAORD. NECESSITÀ 69.224,71

778.718,423 FORMAZIONE DEL CLERO1 SEMINARIO DIOCESANO,

INTERDIOCESANO, REGIONALE 297.407.30

2 RETTE SEMINARISTI E SACERDOTI 25.000,00

4 FORMAZIONE PERMANENTE CLERO 25.000,00

5 FORMAZIONE DIACONATO PERMANEN. 10.000,00

6 PASTORALE VOCAZIONALE 5.224,63

362.631,934 SCOPI MISSIONARI4 SACERDOTI FIDEI DONUM 15.493,71

15.493,715 CATECHESI ED EDUC. CRISTIANA2 ASSOCIAZIONI ECCLESIALI 7.746,85

7.746,856 CONTRIBUTO SERVIZIO DIOCESANO1 CONTRIBUTO SERVIZIO DIOCESANO 2.324,06

2.324,068 INIZIATIVE PLURIENNALI1 FONDO DI GARANZIA 129.299,02

129.299,02TOTALE DELLE ASSEGNAZIONI 1.306.213,99

536

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

II) Le somme derivanti dall’otto per mille IRPEF ex art. 47 della Legge222/1985 ricevute nell’anno 2013 dalla Conferenza EpiscopaleItaliana «per interventi caritativi» sono così assegnate:

888 INTERVENTI CARITATIVI 2013

1 DISTRIB. PERSONE BISOGNOSE1 DA PARTE DELLA DIOCESI 265.000,00

2 DA PARTE DELLE PARROCCHIE 263.068,95

3 DA PARTE DI ENTI ECCLESIASTICI 67.139,40

592.139,402 OPERE CARITATIVE DIOCESANE1 IN FAVORE DI EXTRACOMUNITARI 38.734,26

2 IN FAVORE DI TOSSICODIPENDENTI 41.316,55

6 FONDAZIONE ANTIUSURA 25.822,84

105.873,654 OPERE CARITATIVE ALTRI ENTI1 IN FAVORE DI EXTRACOMUNITARI 8.846,85

2 IN FAVORE DI TOSSICODIPENDENTI 14.904,99

3 IN FAVORE DI ANZIANI 25.534,93

49.286,775 ALTRE ASSEGNAZIONI/EROGAZIONI1 A DISP. DEL VESCOVO PER CARITA 191.191,31

191.191,316 INIZIATIVE PLURIENNALI1 INIZIATIVA PLURIENNALI 103.852,49

103.852,49TOTALE DELLE ASSEGNAZIONI 1.045.412,57

Le disposizioni del presente provvedimento saranno trasmesse allaSegreteria generale della Conferenza Episcopale Italiana attraversoi prospetti di rendicontazione predisposti secondo le indicazionidate dalla Presidenza della CEI.

Bari lì, 24 ottobre 2013+ Francesco Cacucci

Arcivescovo di Bari-BitontoProt. 371/ A/13

537

539

Dopo un primo tentativo effettuato durante il Giubileo del 2000,quando si dovette annullare il pellegrinaggio diocesano in TerraSanta a causa dell’incedere della Seconda Intifada, il nostro arcive-scovo, mons. Francesco Cacucci, ha voluto riproporre l’iniziativanell’Anno della fede, ottenendo ampia risposta dalla comunità dio-cesana. I partecipanti, suddivisi fra 8 pullman, ciascuno con la pro-pria guida, sono stati circa 370, fra cui una ventina di sacerdoti ealcuni diaconi. Diverse parrocchie (9 in tutto) hanno aderito insie-me ai loro parroci, ma non è mancata la partecipazione di singolifedeli aggregatisi col desiderio di vivere con il vescovo il pellegri-naggio nei luoghi in cui ha avuto origine la nostra fede. Per unacondivisione più efficace il vescovo quotidianamente ha scelto divivere la giornata con un gruppo diverso. L’itinerario che, ispirandosi al percorso segnato dai vangeli sinotti-ci, si è svolto tra la Galilea e la Giudea, ha costituito un intensomomento ecclesiale. Una Chiesa itinerante che, insieme al suopastore, si è ritrovata quotidianamente per vivere l’Eucaristia inalcuni luoghi particolarmente significativi e adatti ad accogliere ilnumeroso gruppo. Le celebrazioni, ben contestualizzate, sono stateimpreziosite dalla riflessione di Padre Arcivescovo, che ha posto inparticolare rilievo l’esperienza di fede vissuta dai diversi personaggiche hanno segnato il compimento della storia della salvezza. Fra

Il pellegrinaggio diocesano in Terra Santanell’Anno della fede

PELLEGRINAGGIDOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

questi, il profeta Elia, il quale al Monte Carmelo, prima tappa delnostro pellegrinaggio, incontra Dio nella potenza del fuoco checonsuma il sacrificio (1Re 18,38) e, al Monte Oreb, lo incontra nella«voce di un silenzio sottile» (1Re 19,12). Come avviene solitamentenell’esperienza spirituale di ciascuno: si passa dai segni più manife-sti di Dio ad un silenzio ricolmo della sua ineffabile presenza. Lariflessione sulla Grotta dell’Annunciazione a Nazareth è stata unacontemplazione del sì fiducioso di Maria, un sì che ha cambiato lesorti della storia, dando avvio a quell’avventura senza ritorno che èl’incarnazione di Dio. Qui si è forgiato il carattere di Gesù, in que-sto piccolo villaggio sperduto, di cui si possono ancora immagina-re i suoni, i profumi, i contorni graziosi di povere case pullulanti divita vissuta, insieme all’incedere di una esistenza consumata tra illavoro e l’esercizio della fede tramandata dai padri. Qui l’umanitàdel Figlio di Dio ha incrociato le prove della vita, qui egli ha impa-rato ad amare, a soffrire, a gioire, ad obbedire. Qui ha imparato apregare, qui si è nutrito di quelle Sacre Scritture di cui egli è il com-pimento.Indimenticabili gli sguardi commossi dei partecipanti nella messacelebrata a Cafarnao, la “città di Gesù”, nel Memoriale di SanPietro, che sorge sulle rovine della casa del Principe degli Apostoli.Qui tante volte Gesù ha predicato e accolto malati e bisognosi diogni genere. Tutti avevano da chiedergli qualcosa, al punto che nonvi era «più spazio neanche davanti alla porta», recita il vangelo diMarco (2,2). E di quella porta è ancora ben visibile la soglia nei pre-ziosi scavi della casa. Memorabile l’esperienza della traversata del Mare di Galilea, san-tuario a cielo aperto in quanto testimone di tanta parte della pre-dicazione del Maestro. Una sosta al centro del lago si è trasformatain un intenso momento di ascolto e di preghiera con l’intero grup-po distribuito in tre battelli. Al centro della riflessione vi è stato lozelo missionario che ha caratterizzato l’azione pastorale di Gesù, ilquale ha scelto di essere non soltanto il Messia di Israele ma ilMessia di tutti, dei giudei e dei gentili. Un rinnovato stupore ha inondato gli occhi di tutti nel luogodella nascita del Salvatore, nella dolce e martoriata Betlemme:qui, nella Città di Davide, Dio si è fatto compagno degli umili.Qui egli ha conquistato il cuore dei pastori, che per primi, insie-

540

PELLEGRINAGGI

me a Maria e a Giuseppe, si sono lasciati avvolgere dalla Luce Vera. A Gerusalemme, la Città del compimento, particolarmente com-mossa è stata la meditazione di Padre Arcivescovo nel luogo dellapreghiera di Gesù al Getsemani. Qui si assiste ad una sorta di rove-scio dell’esperienza del Tabor: non un uomo che si manifesta con lagloria di Dio, ma il Figlio di Dio che si manifesta nella debolezzadell’uomo. Tuttavia, anche nel Getsemani Gesù manifesta la suadimensione di Figlio. Non nei gesti della potenza, ma nel prodigiodi un’obbedienza che anche nell’angoscia più profonda riconosce lapaternità di Dio: «Abbà, Padre!». Significativo anche l’incontro con la realtà cristiana locale avvenu-to mediante la testimonianza del Custode di Terra Santa, il france-scano padre Pierbattista Pizzaballa, e di mons. William Shomali,vescovo ausiliare del Patriarcato Latino di Gerusalemme. La lororiflessione ha fornito ai nostri pellegrini alcuni dati molto impor-tanti sulla Chiesa di Terra Santa: pur costituendo un’esile mino-ranza nel panorama religioso dei due paesi (Israele e AutoritàPalestinese), vive una vocazione che la contraddistingue. Un aspet-to molto rilevante è costituito, per esempio, dalle scuole, che molteistituzioni cristiane gestiscono. Sono circa 80 in tutto, con oltre100 mila allievi, cristiani e musulmani, che studiano insieme eimparano l’arte del dialogo e della convivenza, sia in Israele che neiTerritori. Il risultato è che nei luoghi in cui vi sono scuole cristianeil rapporto tra la comunità musulmana e la comunità cristiana è digran lunga più sereno.Ma un fenomeno preoccupante è la forte migrazione che sta inte-ressando soprattutto i cristiani dei Territori Palestinesi. Tanti diloro, infatti, preferiscono emigrare all’estero, in cerca di una realiz-zazione che purtroppo diviene sempre più remota in Palestina, conla sua economia estremamente fragile e una situazione socio-poli-tica terribilmente precaria. Molte le iniziative della Custodia e delPatriarcato volte a sostenere questi nostri fratelli e cercare di crearedelle condizioni sociali più accettabili. Una efficace forma di soste-gno è anche la presenza e il passaggio di tanti cristiani da tutto ilmondo, che contribuiscono a far sentire meno “sola” questa Chiesa

541

che ci ha generati nella fede e continua ad accoglierci nel suo grem-bo, in questa terra che è la terra della promessa realizzata, la terra incui Dio ha voluto far abitare la sua presenza. Di qui il desiderio diconoscerla, di ammirarne la bellezza, i colori, i profumi, il clima, maanche l’asprezza, i contrasti e, in una parola, il fascino. Qui la storiadella salvezza ha intersecato una geografia che ha assunto per sem-pre un carattere unico. Motivo per cui in questo spazio geograficonon ci si sente mai stranieri: si avverte un’appartenenza che pre-scinde dalla complessità politica e sociale che pure si percepisce. Mai nostri occhi della fede ci permettono di gridare al mondo che inGesù si è realizzato il sogno dell’oracolo di Isaia: «Alla fine dei gior-ni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei montie s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti.Verranno molti popoli e diranno: “Venite, saliamo sul monte delSignore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue viee possiamo camminare per i suoi sentieri”. Poiché da Sion uscirà lalegge e da Gerusalemme la parola del Signore» (Is 2,2-3).

don Angelo Garofalo

542

543

1. Sacre ordinazioni, ammissioni, ministeri istituiti

– La sera di sabato 7 settembre 2013, Primi Vespri della XXIII dome-nica del Tempo Ordinario, nella chiesa parrocchiale di S. Lucia inGioia del Colle, S.Ecc. mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, durante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta,ha ordinato presbitero il diacono Alessandro Decimo D’Angelo, delclero diocesano.

2. Nomine e decreti singolari

A) S. Ecc. l’Arcivescovo ha nominato, in data– 8 settembre 2013 (Prot. n. 39/13/D.A.S.-N.), don AlessandroDecimo D’Angelo all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchiaS. Lucia in Gioia del Colle;– 13 settembre 2013 (Prot. n. 40bis/13/D.A.S.-N.), don Donato DeFelice all’ufficio di rettore del Seminario Arcivescovile di Bari;– 30 settembre 2013 (Prot. n. 45/13/D.A.S.-N), don Vito Didonnaall’ufficio di parroco della parrocchia S. Rita in Bari-Ceglie delCampo, per nove anni;– 1 ottobre 2013 (Prot. 48/13/D.A.S.-N.), don Antonio Rucciaall’ufficio di parroco della parrocchia S. Giovanni Battista in Bari,per nove anni;

Cancelleria

CURIA METROPOLITANA

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

– 1 ottobre 2013 (Prot. n. 49/13/D.A.S.-N.), l’accolito TommasoCozzi all’ufficio di direttore dell’Ufficio Mondo sociale e del lavorodella Curia metropolitana di Bari-Bitonto, per cinque anni;– 4 ottobre 2013 (Prot. n. 50/13/D.A.S.-N.), don Vito Piccinonnaall’ufficio di direttore dell’Ufficio Caritas della Curia metropolita-na di Bari-Bitonto, per cinque anni;– 12 ottobre 2013 (Prot. 55/13/D.A.S.-N), don Fabio Campioneall’ufficio di parroco della parrocchia S. Giovanni Bosco in Bari, pernove anni.

B) S.Ecc. l’Arcivescovo ha istituito, in data– 5 settembre 2013 (Prot. n. 37/13/D.A.S.-I), p. Giuseppe Cascardi,C.P., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Gabrieledell’Addolorata in Bari;– 9 settembre 2013 (Prot. n. 40/13/D.A.S.-I), p. Giuseppe Pane, C.P.,all’ufficio di parroco della parrocchia S. Gabriele dell’Addolorata in Bari;– 16 settembre 2013 (Prot. n. 41/13/D.A.S.-I.), p. Nicolino Di Iorio,M.C.C.J., all’ufficio di cappellano della chiesa delle Suore di Caritàdell’Immacolata Concezione d’Ivrea in Bari;– 21 settembre 2013 (Prot. n. 42/13/D.A.S.-I), p. Vincenzo M.Giannelli, O.F.M. Conv., all’ufficio di vicario parrocchiale della par-rocchia S. Francesco d’Assisi in Bari;– 4 ottobre 2013 (Prot. n. 51/13/D.A.S.-I), don Praveen JebakumarMaria Arul Pragasam, S.d.C., all’ufficio di vicario parrocchiale dellaparrocchia Maria SS. Addolorata in Bari;– 4 ottobre 2013 (Prot. n. 52/132/D.A.S.-I), don. Salvatore Alletto,S.d.C., all’ufficio di cappellano della cappella universitaria “SedesSapientiae” del Politecnico di Bari.

C) S.Ecc. l’Arcivescovo ha trasferito, in data– 30 settembre 2013 (Prot. n. 44/13/D.A.S.-T.), don Domenico Ca-stellano dall’ufficio di parroco della parrocchia S. Rita in Bari-Cegliedel Campo e di vicario zonale del X vicariato, all’ufficio di parrocodella parrocchia S. Michele Arcangelo in Bitetto, per nove anni;– 1 ottobre 2013 (Prot. n. 47/13/D.A.S.-T), don Marino Decaro dal-l’ufficio di parroco della parrocchia S. Giovanni Battista in Bari,all’ufficio di parroco della parrocchia Immacolata in Gioia delColle, per nove anni;

544

CURIA METROPOLITANA

– 11 ottobre 2013 (Prot. n. 53/13/D.A.S.-T), mons. Domenico Falcodall’ufficio di parroco della parrocchia S. Maria di Costantinopoliin Bitritto, all’ufficio di parroco della parrocchia Sacro Cuore inBari, per nove anni;– 11 ottobre 2013 (Prot. n. 54/13/D.A.S.-T), don Domenico RobertoLieggi dall’ufficio di parroco della parrocchia S. Giovanni Bosco inBari e di vicario zonale del VI vicariato, all’ufficio di parroco della par-rocchia S. Maria di Costantinopoli in Bitritto, per nove anni;– 13 ottobre 2013 (Prot. n. 56/13/D.A.S.-T), don Stefano De Mattiadall’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Paolo Apo-stolo in Bari, all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S.Maria La Porta in Palo del Colle;– 13 ottobre 2013 (Prot. 57/13/D.A.S.-T), don Michele Calabresedall’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. GiovanniBosco in Bari, all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S.Paolo Apostolo in Bari;– 13 ottobre 2013 (Prot. 58/13/D.A.S.-T), don Domenico Soliman,S.S.P., dall’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Pa-squale in Bari, all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchiaMaria SS. del Rosario in Bari;– 22 ottobre 2013 (Prot. 59/13/D.A.S.-T), don Maurizio Lieggi dal-l’ufficio di parroco della parrocchia S. Maria del Carmine in Sam-michele di Bari, all’ufficio di padre spirituale dei fedeli frequentan-ti la chiesa Sacro Cuore in Bari-Palese Macchie;– 22 ottobre 2013 (Prot. n. 60/13/D.A.S.-T), don Nicola Mastran-drea dall’ufficio di parroco della parrocchia S. Lorenzo Diacono eMartire in Valenzano, all’ufficio di parroco della parrocchia S.Maria del Carmine in Sammichele di Bari, per nove anni;– 23 ottobre 2013 (Prot. n. 61/13/D.A.S.-T), don Domenico Frap-pampina dall’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Mariadelle Grazie in Cassano delle Murge, all’ufficio di parroco della par-rocchia S. Lorenzo Diacono e Martire in Valenzano, per nove anni;– 26 ottobre 2013 (Prot. n. 62/13/D.A.S.-T), don Nicola Di Bari dal-l’ufficio di parroco della parrocchia S. Nicola in Bari–Torre a Mare,all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Marco in Bari;

545

– 27 ottobre 2013 (Prot. n. 62/13/D.A.S.-T), don Fabio Carbonaradall’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Michele Ar-cangelo in Bitetto, all’ufficio di parroco della parrocchia S. Nicola inBari-Torre a Mare, per nove anni;– 30 ottobre 2013 (Prot. n. 64/13/D.A.S.-T), don Pasquale Amo-ruoso dall’ufficio di parroco della parrocchia S. Luca in Bari, all’uf-ficio di parroco della parrocchia S. Giuseppe in Palo del Colle, pernove anni;– 31 ottobre 2013 (Prot. n. 65/13/D.A.S.-T), don Michele Birardi dal-l’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia Resurrezione in Bari,all’ufficio di parroco della parrocchia S. Luca in Bari, per nove anni.

D) S. Ecc. l’Arcivescovo, in data– 29 settembre 2013 (Prot. n. 43/13/D.A.S.), ha accettato formal-mente la rinuncia di don Nicola Pascazio all’ufficio di parrocodella parrocchia S. Michele Arcangelo in Bitetto;– 30 settembre 2013 (Prot. n. 46/13/D.A.S.), ha accettato formal-mente la rinuncia di don Alessandro Manfridi all’ufficio di parrocodella parrocchia Immacolata e di amministratore della parrocchiaS. Giovanni Battista, entrambe in Gioia del Colle;– 1 ottobre 2013 (Prot. 49bis/D.A.S.), ha riconosciuto a don NicolaPascazio il diritto di usufruire dei benefici previsti per la condizio-ne di anzianità.

546

CURIA METROPOLITANA

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

Settore Evangelizzazione. Ufficio catechistico

Incontri di formazioneper catechisti e operatori pastorali

(settembre - ottobre 2013)

547

In questo Anno della fede l’Ufficio catechistico ha proposto ai cate-chisti e agli operatori pastorali della diocesi di riflettere sul tema Lanuova evangelizzazione.Il tema è stato affrontato sia nella relazione base del primo giornoche nella tavola rotonda del secondo giorno.Il primo giorno don Antonio Ruccia, docente di Teologia Pastorale enuovo parroco di S. Giovanni Battista in Bari, ha tenuto la seguenterelazione: Mistagogia e nuova evangelizzazione. Inviati per le periferie.Il secondo giorno si è tenuta una tavola rotonda su Le sfide della nuovaevangelizzazione: più vita che strategie pastorali. Dopo una breve introdu-zione di mons. Angelo Latrofa, direttore dell’Ufficio catechistico dio-cesano, su Le sfide della nuova evangelizzazione, sono intervenuti donGianni De Robertis, direttore dell’Ufficio Migrantes, su La nuova evan-gelizzazione e i migranti. La missione dell’accoglienza e dell’integrazione dellepersone; don Carlo Cinquepalmi, direttore dell’Ufficio Comunicazionisociali, su Reti sociali: porte di verità e di fede. I catechisti e i nuovi spazi dievangelizzazione; ed infine don Giovanni Lorusso, vice-direttore del-l’Ufficio Tempo libero, turismo e sport su L’oratorio è un laboratorio ditalenti. Il valore e la missione degli oratori per la nuova evangelizzazione.Vi sono state anche due comunicazioni pastorali.La prima comunicazione è stata fatta da don Antonio Serio e da

don Carlo Lavermicocca sulla proposta formativa dei Laboratoridella fede.La seconda comunicazione è stata fatta da Annalisa Caputo sulleiniziative del Settore Disabili dell’Ufficio catechistico diocesanoper l’anno pastorale 2013-2014.Gli incontri di formazione si sono tenuti nei giorni 30 settembre e1 ottobre per i catechisti e gli operatori pastorali delle parrocchiedei paesi, e nei giorni 3 e 4 ottobre per i catechisti e gli operatoripastorali delle parrocchie della città di Bari, nell’aula “Mons.Mariano Magrassi” dalle ore 18.30 alle ore 20.30.Agli incontri hanno partecipato circa quattrocentoventi tra cate-chisti e operatori pastorali.

Il Direttore dell’Ufficio catechistico diocesanomons. Angelo Latrofa

548

CURIA METROPOLITANA

don Antonio Ruccia

Mistagogia e nuova evangelizzazione.Inviati per le periferie

Introduzione

L’attività pastorale della Chiesa fatte con le sue dinamiche preco-nizzate sembra quasi essersi sfaldata. Infatti, non essendo piùinquadrabile in una dimensione piramidale e teocentrica, richiamala stessa ad entrare nella dimensione che oscilla tra cristocentri-smo1 e ecclesiocentrismo2. Queste categorie teologiche non sonoasettiche o asfittiche, ma richiamano l’attività pastorale ad unaricaduta antropologica, dove al centro c’è il Cristo-uomo nuovo, cheunisce il trascendente con l’immanente. Ed è il Cristo uomo–nuovoche segna il passo della nuova scelta pastorale su cui bisognacementare l’evangelizzazione del terzo millennio3.

549

1 «Gesù esprime l’inaudita pretesa che la causa del Regno è precisamente identica alla suaPersona. Per questo il Regno rimane o cade con lui, in lui è donato e per lui opera nellastoria. Per questa caratteristica cristologica, scoprire il Regno significa scoprire GesùCristo, ed entrare nel Regno equivale ad aderire alla sua Persona» (M. SEMERARO, Mistero,comunione e missione, Edizioni Dehoniane, Bologna 2008, p. 28).2 «La principale scoperta del Concilio è stata la riscoperta del tema del popolo di Dio. Lanozione entra nel vivo della storia e allontana l’ecclesiologia dal rischio di un’eccessiva spi-ritualizzazione, riguardante la natura e la missione, che può avvenire con un uso unilate-rale delle altre categorie. Il popolo richiama le coordinate storico-antropologiche delmistero ecclesiale, assumendole a partire da un significato comunitario» (G. TANGORRA, LaChiesa secondo il Concilio, Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 2008, p. 99).3 «Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato conmani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo ha amatocon cuore d’uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tuttosimile a noi fuorché il peccato. Agnello innocente, col suo sangue sparso liberamente ci hameritato la vita; in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso e tra noi e ci ha strappati dalla schia-vitù del diavolo e del peccato; così che ognuno di noi può dire con l’Apostolo: il Figlio di Dio« mi ha amato e ha sacrificato se stesso per me» (Gal 2,20). Soffrendo per noi non ci ha datosemplicemente l’esempio perché seguiamo le sue orme ma ci ha anche aperta la strada: se laseguiamo, la vita e la morte vengono santificate e acquistano nuovo significato» (GS 22).

La centralità di Cristo uomo–nuovo ha nel binomio mistagogia/nuovaevangelizzazione la metodologia a cui fare riferimento per orientarel’attività missionaria nell’oggi pastorale. L’azione missionaria è, infatti,il trait-d’union su cui progettare e programmare la pastorale della pras-si ecclesiale che sintetizza il rapporto fede/vita spesso disatteso.Se, però, ci limitassimo a vedere nella scelta missionaria l’esclusivopunto di riferimento per determinare una nuova prassi ecclesiale sicostituirebbe una “chiesa del fare”, escludendo la dimensione tra-scendente e limitandola alla sfera prassologica. Poiché, al contrario,la dimensione missionaria della prassi ecclesiale, unendo il trascen-dente con l’immanente, si diversifica in altre forme che rientranonella categoria dell’annuncio cristiano, necessariamente dovremmopuntualizzare che l’unità tra cristocentrismo ed ecclesiocentrismo,che ha nella metodologia mistagogica e della nuova evangelizzazio-ne la sua concretizzazione, non può che essere la comunità. È l’acquisizione del concetto di comunità che deve essere la vera svol-ta per un’evangelizzazione radicalmente diversa dall’attuale, in cuianche quella dell’attuale prassi catechetica che parte dal battesimo eha il suo culmine nell’eucaristia e nella confermazione, passando perla celebrazione della riconciliazione, non può esimersi dal cambiareradicalmente rotta e deve avere nei catechisti la sua forza trainante.Tale forza non nasce dall’occasionalità, ma dalla scelta di essere laiciimpegnati e inviati ad annunziare il vangelo fino alle ultime perife-rie del mondo, siano esse luoghi sociologici o oggettivi.

Chiesa nella missione

L’avvento dell’era populista, frutto anche della ricaduta della socie-tà globalizzata che annienta la persona inglobandola nella massa, siripercuote nella prassi evangelizzativa diversa dall’attuale. Purvedendo le numerose defezioni che balzano agli occhi dall’ancorataprassi sacramentalistica, spesso le novità pastorali sono legate e-sclusivamente alla leadership del parroco. È il parroco/leader chetrascina la vita della parrocchia e al di fuori di lui si stenta a vederecosa trovare di quello di cui necessita l’uomo.Tutto questo fa da “pendant” (un tutt’uno) con lo sfilacciamentodel laicato che dall’associazionismo parrocchiale si è rifugiato in

550

CURIA METROPOLITANA

alcuni movimenti assumendo due grosse forme: l’integralismo e ildevozionismo. Tali movimenti spesso non richiedono una conti-nuità di vita comunitaria e un’esperienza vera di tutti i battezzati.Per questo la ricerca di una nuova prassi ecclesiale dovrà fare i contiproprio a partire da questa realtà per cercare di individuare nuovestrategie pastorali in grado di essere al passo con i tempi e di nondimenticare la proposta della dimensione annunziatrice e missio-naria, contenuta nel kerygma4.Si comprende come la situazione variegata dell’oggi ecclesiale e laprassi, a volte anacronistica dell’agire, hanno fatto perdere di vistaquello che è il concetto fondamentale per una comunità “del terzomillennio”. Infatti, una delle idee centrali del Concilio Vaticano II,la cui rilevanza fu gradualmente riconosciuta nel periodo postcon-ciliare, è data dalla comunione5. Questa nozione si è rivelata appro-priata per esprimere i diversi aspetti della vita ecclesiale: la sua ori-gine, il suo fine e le relazioni tra i fedeli di ogni ordine. Ciò ha incre-mentato la consapevolezza del tipo di socialità specifico dellacomunità ecclesiale e ha evidenziato il suo valore quale «segno peril mondo e forza attrattiva che conduce a credere in Cristo»6.La Chiesa svolge la sua missione, attingendo a quei doni divini checostituiscono comunione e comunità missionaria. Il mistero dicomunione che fa della Chiesa un popolo adunato nell’unità delPadre, del Figlio e dello Spirito Santo, è sorgente di missione. Loattesta chiaramente l’apostolo Giovanni: «Quello che abbiamoveduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi

551

4 «Il kerygma è la cerniera tra la storia di Gesù e quella della comunità. I primi testimonitrasmettono ciò che a loro volta hanno ricevuto. (…) Al kerygma è connessa l’attivitàpastorale (…) la comunità apostolica e poi ecclesiale, lungo il corso dei secoli, assume laresponsabilità di proclamare il kerygma al mondo, polarizzando su di esso tutta la mis-sione e il suo mistero» (P. CODA, Kerygma, in Dizionario di Teologia fondamentale, (a cura) diR. Fisichella–R. Latourelle, Cittadella editrice, Assisi 1990, p. 403). 5 Cfr soprattutto la relazione finale del Sinodo straordinario dei vescovi celebrato nel1985; cfr GIOVANNI PAOLO II, Ut Unum Sint, Lettera enciclica sull’impegno ecumenico (25maggio 1995), AAS 87 (1995), 921-982. 6 GIOVANNI PAOLO II, Christifideles Laici, n. 31.

siate in comunione con noi. La nostra comunione è con il Padre e colFiglio suo Gesù Cristo»7. Lo testimonia la vita delle prime comunitàapostoliche. La comunione che circola in essa sospinge i nuovi cre-denti sulle vie della missione. La comunione ecclesiale si mostra nel-l’azione missionaria della comunità ecclesiale. Ciò caratterizzasoprattutto il cammino del popolo di Dio nella storia, legato al man-dato battesimale e alle varie espressioni ministeriali; cammino che siradica nella vita stessa di Dio, che è Padre, Figlio e Spirito Santo, eporta il dono dell’Evangelo a tutto l’uomo, ad ogni uomo, preparan-do così l’avvento del Regno quando Dio sarà tutto in tutti. Per la suaidentità e la sua vocazione, ogni comunità cristiana ha lo spirito mis-sionario, che è l’anima della quotidiana attività missionaria dellacomunità ecclesiale. D’altra parte va anche riconosciuto che la comunità cristiana è l’uni-co modo con cui la Chiesa risponde alle esigenze dell’evangelizzazio-ne, si “localizza” e si edifica. «Molti luoghi e forme di presenza e diazione sono necessari per recare la parola e la grazia del Vangelo nellesvariate condizioni di vita degli uomini d’oggi, e molte altre funzionidi irradiazione religiosa e d’apostolato d’ambiente, nel campo cultu-rale, sociale, educativo, professionale, ecc., non possono avere comecentro o punto di partenza la parrocchia»8. Per compiere il suo dove-re, suo compito e sua vocazione missionaria divina, la comunità cri-stiana necessita di ripartire da Cristo, il primo missionario del Padre. Condividere la verità di Gesù Cristo con gli altri è il solenne doveredi quanti hanno ricevuto il dono della fede in Cristo. Per compierela missione di Gesù nella Chiesa è quindi necessaria la concreta cor-responsabilità di tutti fedeli cristiani.La chiamata del cristiano è la chiamata a vivere e a lavorare insieme.In altri termini, significa che «evangelizzare non è mai per nessunoun atto individuale e isolato, ma profondamente ecclesiale»9: unacomunione-collaborazione-corresponsabilità della Chiesa di Cristo. L’azione pastorale nella comunità e della comunità è cammino dimaturità verso la pienezza di “sacramentalità” per essere segnochiaro della voce di Cristo per tutte le genti10.

552

7 1Gv 1, 3.8 GIOVANNI PAOLO II, Christifideles Laici, n. 26. 9 PAOLO VI, Evangelii nuntiandi, n. 60.10 Cfr LG 1; AG 1.

CURIA METROPOLITANA

L’evangelizzazione è, quindi, opera dell’intera comunità ecclesiale enon solo di una parte della medesima. Bisogna evitare ad ognicosto, in proposito, la “clericalizzazione” dell’evangelizzazione, nonmeno che la sua “laicizzazione”. È tutta la comunità dei credentiche sta al servizio del Vangelo. Il Concilio Vaticano II è stato quanto mai esplicito al riguardo. «LaChiesa è tutta missionaria»11, conseguentemente, è dovere di tutti isuoi membri cooperare efficacemente alla diffusione della BuonaNovella12. In altre parole, tutta la Chiesa è soggetto della missione.Essa, infatti, è mistero di comunione e sacramento della salvezza.Credendo e annunciando il mistero della salvezza crede e annuncia sestessa, come forma storica di tale mistero, come presenza visibiledella salvezza messianica fra gli uomini, proclamando il misteronascosto dai secoli in Dio, la Chiesa proclama se stessa come sacra-mento o segno e strumento dell’unione con Dio e dell’unità del gene-re umano. L’annuncio nell’autentica comunione con Dio e i suoimembri, è un invito a viverla pienamente nella Chiesa di Cristo. Da questo ne deriva che la Chiesa fa l’Eucaristia e l’Eucaristia fa laChiesa nella comunione e nella corresponsabilità ecclesiale e sociale.Ciò porta a riconoscere e a valorizzare il carisma di ciascuno, testi-moniato nello spirito e nella prassi di comunione. «Più la comunitàcristiana è fondata sull’esperienza di Dio che promana da una fedevissuta e più sarà capace di annunciare in modo credibile agli altri ilcompimento del Regno di Dio in Gesù Cristo. Questo dipende dal-l’ascolto fedele della Parola di Dio, dalla preghiera e dalla contem-plazione, dalla celebrazione del mistero di Gesù nei sacramenti, anzi-tutto nell’Eucaristia, e dall’esempio di vera comunione di vita e diintegrità dell’amore. … La missione è azione contemplativa e attivacontemplazione. Pertanto, un missionario che non abbia una pro-fonda esperienza di Dio nella preghiera e nella contemplazione avràpoca influenza spirituale o successo nel ministero»13.

553

11 AG 35; cfr PAOLO VI, Evangelii nuntiandi, n. 59.12 Cfr AG 35; LG 13. 13 EA, 23.

In una Chiesa tutta missionaria vi è, ovviamente, una grande diversi-tà di compiti. Lo Spirito Santo che anima e vivifica la Chiesa, distri-buisce tra i suoi membri, in ogni loro ordine, le grazie particolari cheli rendono adatti e pronti ad assumersi le diverse opere ed uffici utilial rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa. Quando ilConcilio Vaticano II parla di «popolo di Dio» la prospettiva è quelladella comune dignità e vocazione missionaria cristiana; non si sta,quindi, riferendo solo ai laici, ma a tutti i fedeli, i vescovi, sacerdoti ereligiosi/e della Chiesa. Ognuno di essi deve assolvere la comune mis-sione di evangelizzare, secondo il proprio carisma, la propria vocazio-ne, il proprio stato che occupa nell’insieme della Chiesa missionaria.Per questo la comunità ecclesiale è chiamata a costruire, attraversouna spiritualità di servizio che si fonda in una teologia dell’incarna-zione14, alla comunione e alla corresponsabilità, per vivere nell’a-more e a testimoniare la carità di Cristo. La stessa comunità cristiana e la parrocchia in particolare devequindi orientarsi alla missione progettando, programmando, orga-nizzando una nuova visione di prassi evangelizzativa15.

Parrocchia–comunità e missione sulla scia della Trinità

Cosa manca alla parrocchia di oggi? Qual è il fondamento da cuiripartire? Quale prassi pastorale evangelizzativa deve essere rivalutata?La parrocchia di oggi manca di vivacità, sembra stanca e standardpoiché stenta ad acquisire il concetto fondamentale di comunità.La parrocchia di oggi è più un agglomerato di “vicini” che unacomunità. Deve essere umana tra gli umani, cittadina tra i cittadini, col-laboratrice ed identificatrice del messaggio della salvezza di Cristo per la rea-lizzazione del regno di Dio. Il Regno non viene in astratto, ma nella misura in cui ciascuno dinoi entra nel progetto di Gesù e si fa in qualche modo uno con Gesùe instaura nella sua vita le relazioni con i fratelli e le cose del mondo,

554

14 Cfr A. RUCCIA, Comunità e nuova evangelizzazione. Riflessioni sul nostro tempo e proposte pasto-rali, Editrice Missionaria Italiana, Bologna 2012. 15 Cfr A. RUCCIA, Parrocchia e religiosi. Per una comunità di comunione e missione, Edizioni PadrePio, S. Giovanni Rotondo (Fg) 2013.

CURIA METROPOLITANA

secondo il mandato e l’esempio di Gesù. E questo avviene non soloindividualmente, ma collettivamente, anzitutto nella chiesa visibilee poi in tutte quelle situazioni, nelle quali si rivive e si mette in pra-tica l’insegnamento e il modo di vivere di Gesù. L’insieme di coloroche vivono così e che attuano il Regno diviene, secondo la parola diGesù, sale della terra e luce del mondo. E porta gli uomini a lodareil Padre che è nei cieli.Da questo ne deriva che il fondamento teologico della parrocchianon può che essere la Trinità. Infatti, in uno scenario che è in continua evoluzione, la comunitàecclesiale deve tentare una ricerca per l’attuazione di una sintesi dipastorale d’insieme e organica nello stesso tempo. Essa deve con unprofondo rinnovamento e con energie e stile nuovo rilanciare lapastorale ordinaria, dando contemporaneamente spazio a nuoveforme profetiche di creatività. L’obiettivo è quello di formare unacomunità cristiana viva, accogliente ed estroversa nell’evangelizza-zione, sulla scia della Trinità.È necessario che si riscopra la parrocchia, come luogo privilegiato diconfronto e di dialogo per essere mistero, comunione, missione16.Se partiamo dalla dimensione teologica che la Chiesa è generata dallaTrinità, ne deriva che proprio, attraverso la stessa Chiesa, nasce l’espe-rienza concreta di Gesù Cristo da viversi nella dimensione territoriale.La Chiesa diventa missionaria perché viene dalla Trinità e si espri-me, attraverso atti concreti di carità. È necessario definire il ruolodella comunità parrocchiale nella realtà sociale, offrendo itinerarieducativi, per provocare motivazioni ed elaborare strategie organiz-zative in risposta ai problemi morali, sociali e educativi.La comunità parrocchiale del terzo millennio, fondata su questebasi teologiche, deve far emergere il suo essere unità nella diversità. Èla dimensione cristocentrica ed ecclesiologica che sfocia nella di-

555

16 Cfr A. RUCCIA, Ripensare la parrocchia. Una terza via tra l’attuale parrocchia e le unità pastorali,Editrice La Scala, Noci 2001; Parrocchia, quale futuro ?, Editrice Queriniana, Brescia 2003;Itinerari di fede per la parrocchia, Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 2005; Parrocchia ecomunità, Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 2007; Comunità e nuova evangelizzazione.Riflessioni sul nostro tempo e proposte pastorali, cit.

mensione antropologica in cui si svolgono diversi ministeri conmaggiore profezia nelle diverse aree pastorali, rivalutando soprat-tutto il ruolo educativo degli animatori giovanili e promuovendo icatechisti degli adulti.Per questo la parrocchia, situata in mezzo alle case, deve relazio-narsi con tutte le realtà sociali, politiche, per i bisogni comuni. Essaè chiamata a superare l’attuale situazione di stallo che la vede para-gonabile ad un’area di servizio di culto, piuttosto che ad una esperien-za di vita comunitaria in cui ragazzi, giovani ed adulti, attraversoitinerari biblico-liturgico-caritativi, si sentano impegnati nella fe-rialità, concretizzando la loro dimensione laicale.Infatti, è fondamentale che l’evangelizzazione assuma una dimen-sione missionaria e approfondisca i modi con cui proporre e an-nunciare il vangelo che non può prescindere dal laicato.In questo contesto, la catechesi deve aprirsi ad una dimensione mis-sionaria, in cui i laici hanno un ruolo importante che li propongacome “catechisti del territorio”. Essi devono essere annunciatoridell’esperienza della buona novella.La catechesi deve essere proposta a partire dalla Parola di Dio, con-frontata con i documenti conciliari e magisteriali e soprattutto nondiscostandosi dall’apporto esperienziale. In tal modo la parrocchiain un contesto di progettualità pastorale nuova mostra una Chiesaveramente madre rivolta a tutti senza esclusione, impegnandosi adessere educatrice di cristiani sempre più aperti allo Spirito.Nel medesimo contesto la pastorale d’insieme, che vede l’interacomunità in dialogo con i contenitori culturali, le dimensioni lavo-rative e le agenzie educative territoriali, si pone in modo diverso nelvivere l’Eucaristia con un’attenzione aperta ai problemi territoriali.La liturgia ha il compito di unificare nella parrocchia tutti i gruppi.Infatti, la celebrazione eucaristica è il momento dove ogni cristianoattualizza il mistero dell’amore vero e la presenza del Signore nellasua storia. Di qui l’importanza della celebrazione eucaristica dome-nicale, come espressione di fede, in cui la comunità ecclesiale riviveil battesimo e s’innesta nel mistero di Cristo.L’azione teologico–liturgico-pastorale si rivela nell’attuazione didue momenti fondamentali:l l’anno liturgico come itinerario di fede;l una rinnovata modalità di pastorale dell’iniziazione cristiana.

556

CURIA METROPOLITANA

Poiché l’anno liturgico è un reale strumento di evangelizzazione, gliitinerari di fede inseriti al suo interno modellano l’esperienza ditutti e rivelano l’importanza della vita comunitaria. Proprio gli iti-nerari di fede sono in grado di coniugare il binomio tra fede e vitain un contesto sociale di forte pluralismo, non dimenticando di farmaturare la consapevolezza che il Cristo è Colui che salva tuttol’uomo. Questa progettualità permette di non creare una pastorale dell’eterni-tà e dell’immobilità, ma induce a elaborare un programma pastoraleannuale con una progettazione di itinerari di fede che siano con-centrati su un’unica idea con fondamento biblico da sviluppare nelcorso dell’intero anno liturgico. Essi coinvolgono ragazzi, giovanied adulti in una proposta caritativa accattivante, riportando iltutto nell’Eucaristia.Questa metodologia, che trova il suo fondamento nella prassi deiPadri fino al IV secolo, permette di fare emergere come, attraversola valorizzazione dei gesti e delle parole, l’interpretazione biblico-teologica dei riti e la concretizzazione dei sacramenti celebrati si èin grado di coniugare la dimensione ecclesiologica sacramentalecon quella sociale. Inoltre si determina l’importanza di un laicatocon caratteristiche nuove e non esclusivamente liturgico-celebrati-ve. La fede ascoltata diventa in tal modo fede celebrata per esserefede vissuta Per realizzare questo progetto è necessario passare da una Chiesa peril popolo ad una comunità di tutti per tutti.

La comunità tra mistagogia e nuova evangelizzazione

La Chiesa è una comunità in cammino e nello stesso tempo incomunione tra i suoi membri. Di conseguenza non si può parlare diChiesa dissociandola dalla dimensione della comunità. È proprio ladimensione della comunità, che determina quella di nuova evange-lizzazione. Quando non si cresce nell’idea della comunità formatada ragazzi, giovani e adulti che perseguono un unico itinerario di

557

fede non ci può essere alcun tipo di annuncio fatto al mondo. Unannuncio in cui ciascuno non deve sentirsi “a latere”, ma parte inte-grante di esso.

I contenuti essenziali della nuova evangelizzazione

Possiamo riassumere in quattro punti i contenuti essenziali dellanuova evangelizzazione: conversione, regno di Dio, Gesù Cristo evita eterna

a) Conversione Il contenuto fondamentale dell’Antico Testamento è riassunto nelmessaggio di Giovanni Battista: Convertitevi! Infatti non è ipotiz-zabile conoscere Gesù senza richiamarsi al Battista. Quest’ultimopropone per i suoi ascoltatori un battesimo di conversione per ilperdono dei peccati. La parola greca per convertirsi significa ripensare e soprattutto sestessi. In altri termini non vivere come vivono tutti, non fare comefanno tutti, non sentirsi giustificati in azioni dubbiose, ambigue,malvage dal fatto che altri fanno lo stesso; cercare un nuovo stile divita, una vita nuova. Questo non ha nulla a che fare con uno stile di vita precettistico eintegralista, ma con l’esperienza della comunione da viversi conGesù. Solo in questo modo si esce da quell’indifferentismo che ne-cessita di una comunità ecclesiale che permetta al singolo di sentir-si parte di un popolo che cammina insieme per il bene anche del-l’umanità. Infatti la Chiesa, sul modello dell’antico popolo d’Israele, è un popo-lo santo (1 Pt 2, 9) in cui i membri sono consacrati per mezzo del bat-tesimo (Ef 5, 26) e soprattutto chiamati alla santità (1 Ts 4,3)17. Tuttociò è possibile perché la Chiesa ha per capo Cristo (Col 1,18-23); Egliha dato se stesso perché questa fosse senza peccato (Tt 2,14).Da qui deriva l’atteggiamento che Gesù stesso richiede: non essereintegralisti nei giudizi e nelle azioni (Mt 13, 5-8; 18-23; 24-30), mapiuttosto misericordiosi verso tutti (Lc 13, 6-9).

558

17 Cfr L. CERFAUX, Le immagini simboliche della Chiesa nel Nuovo Testamento, in La chiesa del

CURIA METROPOLITANA

b) Il Regno di DioNella chiamata alla conversione è implicito — come sua condizionefondamentale — l’annuncio del Dio vivente. Il teocentrismo è fon-damentale nel messaggio di Gesù e dev’essere anche il cuore dellanuova evangelizzazione. La parola-chiave dell’annuncio di Gesù è:Regno di Dio. Il Regno di Dio non è una cosa, una struttura socia-le o politica, un’utopia. Il Regno di Dio è Dio. Gesù non si accontenta del messaggio proposto dal Battista, ma «alcentro della propria proclamazione pone il regno di Dio come donototale di salvezza con una conseguenza per la vita futura e non peril giudizio». Questa differenza fondamentale tra Giovanni e Gesù,ci permette di capire che anche la venuta del regno non dipendedall’opera dell’uomo, ma lo impegna nella contemporaneità a darepienezza con il suo vivere a favore del creatore. «L’accento non èposto sul mutamento delle qualità e delle azioni di un uomo, ma suquello del suo orientamento globale, del suo rapporto con Dio»18. Infatti, sebbene assistiamo ad una continua domanda di sacramen-ti da parte della gente, dobbiamo constatare che gli stessi appaionodiametralmente staccati da una proposta di fede che passa, attra-verso un itinerario comunitario. Sebbene siano efficaci nel momen-to in cui vengono amministrati, è altrettanto vero che la concretiz-zazione dei sacramenti avviene immediatamente dopo. Il problemanon è solo sul come devono concretizzarsi, ma come educare aviverli con e insieme alla comunità19.Il problema nasce dalla coniugazione tra liturgia e azione pastora-le comunitaria. In altri termini, come tradurre l’azione efficace deisacramenti in progetti comunitari di pastorale della nuova evange- 559

Vaticano II, Firenze 1965, pp. 299-313; K. SCHMIDT, Ekklesia, in Grande Lessico del NuovoTestamento, IV, 1490-1580.18 B. MAGGIONI, Il racconto di Marco, Assisi 1979, p. 33.19 «I sacramenti producono, non quello che significano sul piano naturale, ma quello chesignificano sul piano rivelato della salvezza, secondo la realtà di Cristo. (…) Si dicono effi-caci di salvezza, in quanto realizzano in noi il mistero di Cristo secondo i momenti distin-ti che integrano la storia della salvezza»(S. MARSILI, Sacramenti, in Nuovo Dizionario diLiturgia, Edizioni Paoline, Roma 1995, 1281-1283).

lizzazione. Come disporsi di fronte alle problematiche e alle diffi-coltà a cui la comunità ecclesiale è chiamata a rispondere nell’oggidella storia se deve:l relazionarsi con il mondo giovanile concretizzando un itinerariodi fede che coinvolga gli stessi giovani (frequentanti e non) con iragazzi dell’azione sacramentale e con gli adulti che spesso hannodifficoltà ad accogliere un altro mondo e un altro modo di operarecome chiesa;l relazionarsi con il territorio, passando dalla dinamica di una“Chiesa attendista ed accasata” ad una “comunità propositiva ecoinvolgente”;l relazionarsi con le nuove famiglie, quelle di recente formazionesenza trascurare quelle “non sposate” (purtroppo in aumento), chenon intendono essere escluse dal fare chiesa, ma nello stesso temponon intendono operare una scelta evangelica;l relazionarsi con la crisi economica, che sta generando situazioniinaccettabili per la mancanza di lavoro.

«Tutto ciò non è possibile se non nasce ed è alimentato dalla con-sapevolezza che la comunione è dono di Dio, opera della sua ini-ziativa che rigenera la persona in Cristo e pone gli uomini in unarelazione tra loro. Alla base della “pastorale integrata”, dunque, staquella “spiritualità di comunione” che precede le iniziative concre-te e purifica la testimonianza dalla tentazione di credere a compe-tizioni e personalismi»20.

c) Gesù CristoCon questa riflessione il tema Dio si è già esteso e concretizzato neltema Gesù Cristo. Solo in Cristo e tramite Cristo il tema Dio diven-ta realmente concreto: Cristo è Emanuele, il Dio-con-noi.Oggi la tentazione grande è di ridurre Gesù Cristo, il Figlio di Diosolo a un Gesù storico, a un uomo puro. Non si nega necessaria-mente la divinità di Gesù, ma con certi metodi si distilla dallaBibbia un Gesù a nostra misura, un Gesù possibile e comprensibile

560

20 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, “Rigenerati per una speranza viva” (1,3). Testimoni del grande‘sì’ di Dio all’uomo, Nota pastorale dell’Episcopato italiano dopo il IV Convegno EcclesialeNazionale, n. 25.

CURIA METROPOLITANA

nei parametri della nostra storiografia. Ma questo «Gesù storico» èun artefatto, l’immagine dei suoi autori e non l’immagine del Diovivente (cfr 2 Cor 4, 4s; Col 1, 15). È necessario rilanciare Cristo attraverso la ricerca appassionatadella verità, ripercorrendo ciò che è avvenuto nell’animo diNicodemo. Quest’uomo stava cercando qualcosa di diverso. Nonuna diversità legata alla protesta o alla logica del disfattismo, maun senso nuovo da dare alla sua vita. Non s’interrogava sul come sidovessero mettere in pratica le singole leggi mosaiche, ma si stavachiedendo come uscire dalla notte oscura dove non s’intravedenulla all’orizzonte. Nicodemo è l’uomo degli interrogativi che cerca e ricerca quello chegli manca per dare una svolta al suo essere persona. Nicodemo ènell’oggi il sacerdote che non si accontenta di celebrare i sacramen-ti e di progettare ripetitivamente la sua azione di evangelizzazione;è l’uomo di scienza che oltre a calcolare perfettamente e matemati-camente ogni cosa vuole trovare una risposta oltre la logica dell’e-satto e del tutto compiuto; è il giovane che superata la fase adole-scenziale dell’emotività e dei tanti interrogativi è stanco di prote-stare contro tutto e tutti e vuole una mano per concretizzare la“lieta notizia” che fin da piccolo gli hanno raccontato.La Chiesa del futuro ha lo sguardo alzato e un compito oneroso eimpegnativo. Essa deve cercare e ricercare come dire, ridire e ripro-porre il Cristo. La Chiesa-comunità è chiamata ad uscire dalla nottee dall’oscurità per andare incontro ai tanti che, pur ponendosiinterrogativi sul senso del proprio vivere, si rintanano in se stessi.La Chiesa del futuro ha lo sguardo alzato per riproporre GesùCristo come il salvatore anche in alcuni luoghi come gli uomini e ledonne appaiono demotivati.La vita eterna non si ottiene, come insegnavano i farisei, osservan-do la legge, cioè un codice esterno all’uomo, ma dando adesione alFiglio dell’uomo. E Gesù appare qui come il dono dell’amore di Dioper l’umanità. Dio è amore che desidera manifestarsi e comunicare.E Gesù è la massima espressione di questa manifestazione e comu-nicazione di Dio. Cristo è il Risorto che esce fuori dalla notte e ti

561

abbraccia, ridicendoti che per dare un valore alla tua vita devi sola-mente donarti quotidianamente, senza mai accontentarti di cerca-re per te e di ricercare per tutti una motivazione nuova per esseremembro della chiesa del futuro. Quella Chiesa che, senza avere gliocchi abbassati, non puzza di sacrestia e non sventola bandierenelle piazze, ma ama nel silenzio e lotta con forza, perché tutticonoscano Gesù il salvatore.

d) La vita eternaUn ultimo elemento centrale di ogni vera evangelizzazione è la vitaeterna. Oggi dobbiamo con nuova forza nella vita quotidianaannunciare la nostra fede, affinché si faccia giustizia per i poveri.Quindi Gesù proclama beati quelle persone che per amore scelgonodi condividere quello che hanno e quello che sono con chi non ha econ chi non è.Gesù non chiede di spogliarci, ma chiede di vestire gli altri. E iocredo che ognuno di noi può vestire almeno un’altra persona senzabisogno di andare in giro nudo. Quindi Gesù invita alla condivisio-ne, ad essere sensibili ai bisogni e alle sofferenze dell’altro.Solo chi non vuole, che sia giustizia, può opporsi a questa verità. Seprendiamo sul serio il giudizio e la serietà della responsabilità cheper noi ne scaturisce, comprendiamo bene l’altro aspetto di questoannuncio, cioè la redenzione, ossia il fatto che Gesù nella croce as-sume i nostri peccati; che Dio stesso nella passione del Figlio si faavvocato di noi peccatori, e rende così possibile la penitenza, la spe-ranza al peccatore pentito, speranza espressa in modo meravigliosonella parola di san Giovanni: davanti a Dio, rassicureremo il nostrocuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. «Dio è più grande delnostro cuore e conosce tutto» (1 Gv 3, 19s).Il Cristo non paga un riscatto per un errore commesso, ma realizzaun dono del Padre per tutti gli uomini. La bontà di Dio è infinita,ma non dobbiamo ridurre questa bontà ad una leziosa sdolcinatu-ra senza verità. Solo credendo al giusto giudizio di Dio, solo aven-do fame e sete della giustizia (cfr Mt 5, 6) apriamo il nostro cuore,la nostra vita alla misericordia divina. Si vede: non è vero che la fedenella vita eterna rende insignificante la vita terrestre. Al contrario:solo se la misura della nostra vita è l’eternità, anche questa vita sullanostra terra è grande e il suo valore immenso.

562

CURIA METROPOLITANA

C’è un corteo di beati che camminano insieme con Gesù sulla via delCalvario. Sono invisibili agli occhi della massa, ma in realtà sono iveri protagonisti di un cammino che li vede raccolti in prima lineasulle strade che ancora oggi invocano una comunità tutta nuova.È la Chiesa dagli occhi trasparenti, dove riecheggiano i dolori e leangosce insieme alle gioie e alle speranze che quotidianamente ognibattezzato ripercorre.Forse dovremmo domandarci più spesso se c’è spazio per loro e se noinon percorriamo le tangenziali come strade alternative pur di evitarequell’impatto poco gradito alla nostra vista. I martiri, i poveri, le vit-time del terrorismo, le madri-coraggio, i volontari, gli operatori dipace, le vittime di ogni guerra, le donne e i bambini violentati, gliammalati, i crocifissi, e tutti gli impegnati per la costruzione di unmondo migliore sono i nuovi beati, che hanno scelto di stare sullastrada con Gesù, senza tradire il suo messaggio di salvezza.

La metodologia

La prima vocazione di una comunità ecclesiale della nuova evangelizza-zione è il servizio gratuito nelle diverse realtà del territorio e con una finalitàmirante a creare un’attenzione verso le stesse che attualmente esigono di esse-re evangelizzate21. L’unità della comunità che non è data dall’unicitàdelle idee è al contrario la base concreta per rilanciare l’evangelizza-zione. Ciò avviene, poiché se le persone vivono il medesimo itinera-rio di fede saranno maggiormente coinvolte e si sentiranno prota-gonisti di quella dimensione battesimale che le contraddistingue. 563

21 «La responsabilità educativa non è un insieme di parole o per riempire la bocca, la comu-nità cristiana non è fuori del territorio, non si ritira su nessun Aventino, ma facendo l’evan-gelizzazione fa il bene del territorio, delle istituzioni, delle strutture della società. La fedeltàalla parola di Dio e alle indicazioni del concilio ci aiuta ad allargare le nostre vedute e a colti-vare sogni. non coltiva sogni, ma sa concretizzarli con segni, che accompagnano, stimolano,fanno crescere responsabilità nei confronti della giustizia, della pacifica convivenza e dellasolidarietà con i più poveri» (D. SIGALINI, L’emergenza educativa e la comunità cristiana. Il cristianosecondo la misura di Cristo, in AA.VV., Comunità cristiana ed educazione, Bologna 2009, p. 221).

La metodologia della mistagogia, ripresa dalla prassi della comunitàantica, può offrire un’opportunità non indifferente di svolta all’azio-ne pastorale. Attraverso gli itinerari di fede, tale metodo indica la stra-da realizzativa della nuova evangelizzazione per la Chiesa-comunità.

Gli elementi della mistagogia

Il metodo mistagogico permette di cogliere, nei suoi diversi passag-gi, tutta la ricchezza di fede e di preghiera contenuta nella liturgiae, soprattutto, favorisce un’autentica esperienza del mistero di Cri-sto, vivo e operante per mezzo dello Spirito Santo, nella celebrazio-ne liturgica22. In questo modo ai ragazzi, ai giovani e agli adulti del-l’unica comunità è offerta la possibilità di prepararsi non solo all’e-sperienza dei sacramenti, ma nell’unica tematica individuata, a par-tire dalla Sacra Scrittura, vivere durante tutto l’arco dell’anno litur-gico soprattutto la celebrazione eucaristica domenicale, al fine difare sintesi tra Parola (catechesi), celebrazione (liturgia) e la vita(carità)23.«L’azione pastorale contemporanea si regge nella maggior partedelle comunità ecclesiali su catechesi, liturgia e carità»24.Per annunciare, comprendere e vivere la fede, il metodo della mista-gogia prende le mosse da una catechesi che spiega ciò che celebranella liturgia con la Parola e con la dottrina per comprenderne ilvero significato. La liturgia dove si vive la fede non deve rimanere insé, come ritualismo, ma deve dare testimonianza dell’amore diCristo e ravvivare, nella vita cristiana, la carità.La catechesi deve partire dalla Parola della Scrittura, in cui è annun-ciato tutto il mistero di Cristo. «Dalla tematica biblica e dalle ana-lisi risultanti dalla lettura del territorio devono emergere le temati-che di confronto su cui ruota la catechesi, che vedrà coinvolta l’in-tera comunità delle diverse fasce d’età (ragazzi, giovani e adulti)»25.Le catechesi mistagogiche dei Padri della Chiesa hanno utilizzato lo

564

22 Cfr. F. CACUCCI, La mistagogia. Una scelta pastorale, EDB, Bologna 2006, p. 83.23 Cfr ivi, p. 84.24 Cfr. A. RUCCIA, Comunità e Nuova Evangelizzazione, cit., p. 74.25 Ivi, pp. 76-77.

CURIA METROPOLITANA

stesso metodo con il quale interpretavano le Scritture per spiegareed introdurre nel mistero di Cristo celebrato nella liturgia26. Lacatechesi, dunque, della nuova evangelizzazione può utilizzare ladimensione concentrata del Vangelo da parte di tutta la comunitàecclesiale27.Infatti, la catechesi non sarebbe efficace se non si celebra da coluiche è educato dalla catechesi, poiché la spiegazione deve esserecompletata con l’esperienza e la catechesi non deve rimanere solo insé. La spiegazione o conoscenza intellettuale della fede cristiana sirealizza concretamente nella celebrazione dei sacramenti. Per que-sto possiamo analizzare la relazione inscindibile che esiste tra cate-chesi e liturgia. Il mistero di Cristo lega la Scrittura e la liturgia inti-mamente, in modo da realizzare una profonda unità. Per i Padridella Chiesa la celebrazione del mistero di Cristo è già in se stessainiziata al mistero, celebrando il mistero28. La liturgia rende parte-cipi i credenti del progetto salvifico mediante l’attualizzazione incui un vincolo fondamentale tra la fede e la liturgia tiene uniti29.Attraverso la liturgia, è possibile penetrare nel dinamismo salvificoe santificante di Cristo, per cui il fine della liturgia non è la sacra-mentalizzazione dei credenti, ma la propria santificazione30. Lasantificazione dei credenti si realizza nella liturgia che offre laParola annunciata all’esperienza della fede. La liturgia dunque deveessere riportata alla vita quotidiana per vivere il mistero di Cristo eper vivere come Cristo nella concreta esperienza. Tutto ciò si attualizza mediante la liturgia e deve accompagnare lavita concreta quotidiana di credenti, come afferma la lettera diGiacomo: «come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fedesenza le opere è morta» (Gc 2,26). Queste opere si possono realizza-re con la carità, come ogni sacramento celebrato esprime la carità

565

26 Cfr F. CACUCCI, La mistagogia. Una scelta pastorale, cit., p. 6.27 Cfr. A. RUCCIA, Comunità e Nuova Evangelizzazione, cit., p. 76.28 Cfr. F. CACUCCI, La mistagogia. Una scelta pastorale, cit., p. 6.29 Cfr ivi, p. 38.30 Cfr ivi, p. 57.

offerta da Gesù Cristo che trova espressione nella fede di tutta laChiesa31.La mistagogia nella catechesi e la liturgia, senza l’educazione allacarità, non ha valore. Ovviamente il metodo mistagogico contienel’educazione alla carità ecclesiale perché si possa vivere insieme nellavita comunitaria32. L’attualizzazione della carità nel suo esercizioconcreto diventa indispensabile per l’unità richiesta nel vivere isacramenti nella vita e nella storia33. Insomma, possiamo sintetiz-zare la mistagogia in tre elementi: «La fede ascoltata è fede celebra-ta per essere fede vissuta. Per questo la catechesi, la liturgia e la cari-tà, che sono i cardini della pastorale organica, possono, attraverso lamistagogia, essere fonte di sintesi, ma soprattutto di attualizzazio-ne del mistero di Cristo»34. Per questo, nel nostro tempo, dobbiamopercepire che la stessa comunità è chiamata a compiere un passag-gio che appartiene al passato (memoria), un altro che appartiene alpresente (fedeltà) e un ultimo che appartiene al futuro (profezia)35. Si comprende ancora di più che proprio in virtù del battesimo chela Chiesa conferisce, tutta la comunità vive l’esperienza di essere unpopolo sacerdotale in continuo pellegrinaggio. Questo ci permettedi affermare che a nessuno è concesso di vivere un itinerario di fedecome singoli, ma di procedere insieme per una progettualità dinuova evangelizzazione. Non possiamo, infatti, parlare di comunitàecclesiale della nuova evangelizzazione, se non in una prospettiva distretta intesa tra clero e fedeli che insieme si proiettano nell’an-nuncio celebrato della carità nella nostra società del post-moderno.Per questo è necessario che la comunità cristiana sia chiamata adessere un corpo capace di comunicare con il mondo e non una sem-plice detentrice del sacro. In altri termini, una comunità che mostri

56631 «Sebbene il dono della fede in se stesso non sia la stessa cosa del dono della carità, nel-l’intenzione e nell’iniziativa di Dio è però intimamente ordinato alla carità, e quando daparte della creatura libera non osti una opposizione o una resistenza il dono della fedefatto da Dio è sempre animato da una reale carità e quindi da una effettiva comunione»:A. BALLESTRERO, Perché il Concilio diventi vita, Ecumenica Editrice, Bari 1977, p. 96.32 Cfr F. CACUCCI-A. RUCCIA, Memoria, fedeltà, profezia. Mistagogia e nuova evangelizzazione,Ecumenica Editrice, Bari 2012, p. 24.33 Ivi, p. 16.34 A. RUCCIA, Itinerari di fede per la parrocchia, cit., p. 81.35 Cfr F. CACUCCI-A. RUCCIA, Memoria, fedeltà, profezia. Mistagogia e nuova evangelizzazione, cit., p. 26.

CURIA METROPOLITANA

nella storia, proprio a partire dalla dimensione del laicato, uno spa-zio reale tra Dio e l’uomo nella difficile situazione in cui vive. «Uncristianesimo di spazi invitanti, accogliente, aperto, che dona respi-ro e nuova lena, ma anche in grado di opporre resistenza, conte-stando ogni umana pretesa di proporsi come Dio e come divino,come assoluto e come assolventesi: un cristianesimo dotato di cari-ca profetica di chi sa e ricorda che questo mondo non è il paradiso,ma il giardino della cura e della crescita nell’attesa dei cieli nuovi edella nuova terra»36.La comunità ecclesiale è così invitata a dare risposte all’era dell’uo-mo apparente trascinato dall’onda della commercializzazione, dovetutto si misura sul denaro. Infatti il singolo finisce per essere unhomo ludens che cerca di apparire, anche mercificando se stesso, ed ètutto proteso in un precariato di vita. Si comprende come tuttodiventa instabile: convivenze, coppie di fatto, corsa alla fortuna esoprattutto decisioni rimandate nel tempo37.Appare chiaramente che la prospettiva di una comunità ecclesialerichiede che questa si ponga nella dimensione dell’evangelizzazio-ne-missione senza tradire gli insegnamenti del Maestro. La stessamissione non può intendersi come un atto singolo di qualcuno.Infatti la missione richiede quella carità che è alla base dell’agire inuna prospettiva di cammini svolti dall’intera comunità che trovafondamento nel Vaticano II. «Se nella Gaudium et spes la chiesarinuncia al suo isolamento e alla politica di difesa ad oltranza difronte al mondo moderno, nella Lumen gentium la chiesa rinunciaalla rigidità delle strutture e delle definizioni ecclesiologiche. (…) La

567

36 A. MATTEO, Della fede dei laici. Il cristianesimo di fronte alla mentalità postmoderna, RubbettinoEditore, Soveria Mannelli 2001, p. 2.37 «La speranza viene solo dal basso, dalla capacità dei gruppi di mettersi insieme, (…)viene dai fratelli/sorelle di strada impegnati strenuamente sull’acqua, sui rifiuti, sull’am-biente. È straordinario vedere la ricchezza delle relazioni umane, la capacità di letturadella realtà alla luce del Vangelo (è la lettura popolare della Bibbia) e l’impegno verso i piùpoveri. È proprio bello vedere che sono i poveri che aiutano i poveri. (…) Dio è stanco dimorti in nome del profitto: Lui vuole che i suoi figli vivano in pienezza la loro vita, ora eper sempre» (A. ZANOTELLI, pro manuscripto).

chiesa vuol essere segno di presenza, invito al dialogo e mezzo perraggiungere questi scopi nella grave e complessa crisi del nostrotempo, (…) armonizzando continuità, apertura, tradizione, sponta-neità e rinnovamento. (…) Ed è in questo modo che potrà fare daagente catalizzatore dell’uomo post-moderno nella scoperta delladimensione spirituale sua e della società»38.Gli elementi essenziali in cui la comunità ecclesiale della nuovaevangelizzazione è chiamata ad esprimersi sono la trasparenza delleopere buone, la gratuità dei gesti e la concretezza. «L’opportunità,anzi la necessità, di possedere una visione ed una conoscenza veradell’annuncio cristiano e delle sue conseguenze per la vita dell’uo-mo non esonera dalla fatica di elaborare convincimenti di azioneche siano rispettosi dei condizionamenti di fatto del vissuto umanoe insieme diano realizzazione alle intenzioni profonde del messag-gio cristiano stesso»39.Si comprende ancora di più come l’azione pastorale ecclesiale nonpuò essere un’organizzazione o la realizzazione di iniziative saltua-rie, ma il risultato di un lungo lavoro in cui laici e presbiteri strin-gono un’intesa finalizzata ad attuare un’evangelizzazione più capil-lare e attenta nei confronti di tutti, anche di chi attualmente risul-ta assente dalla vita ecclesiale40.La comunità ecclesiale della nuova evangelizzazione manifesta edevidenzia il suo protagonismo e non la sua semplice ricettività. Essadeve diventare comunità, attraverso un’attenta progettualità che lo

568

38 V. BO, Parrocchia tra passato e futuro, Assisi 1977, pp. 102–104.39 B. SEVESO, Alle radici della pastorale, in Enciclopedia di Pastorale, I, Casale Monferrato 1992,p. 236.40 «La Chiesa nella quale oggi viviamo, si trova in un mondo che, da un lato è caratteriz-zato da un pluralismo crescente, dall’altro, a causa delle rivoluzioni tecnologiche, crescesempre più assieme. Il pericolo che essa corre è quello di essere segnata e normata da unnuovo materialismo. Parliamo di un mondo globalizzato perché il mondo viene ad essere,sotto molteplici aspetti, unificato. Se vogliamo vivere in questo mondo pacificamente,dobbiamo restare in dialogo o aprire il dialogo tra noi. In un mondo che continua a sof-frire per i tanti conflitti, non c’è altro che il dialogo per comprendersi e riconciliarsi. Siimpegna per il dialogo, anche perché questo ha il suo ultimo fondamento in Dio stesso. Icristiani sono convinti che il Dio Trinitario sia in se stesso dialogo. Nel suo amore e nellasua bontà infinita Egli ha creato il mondo, si è fatto lui stesso uomo ed ha invitato gliuomini al dialogo con se stessi e tra loro»: H. WALDENFELS, La teologia nel dialogo della Chiesacon un mondo globalizzato, in «Rivista di Scienze Religiose», 2(2008), p. 312.

CURIA METROPOLITANA

sganci dal clericalismo e dia al laicato un ruolo imprescindibile e diresponsabilità.

I catechisti inviati per annunziare il Vangelo alle periferie dell’umanità

Il ruolo dei catechisti dell’iniziazione cristiana che, unitamente al-l’esperienza pastorale comunitaria sono chiamati a coniugare lamistagogia con la nuova evangelizzazione, non è più quello di tra-smettere i contenuti della fede secondo i criteri di una mnemonici-tà o di contenuti epidermici del Vangelo, ma di essere annunziato-ri della fede nella storia, anche attraverso esperienza di vita evange-lica concreta nel territorio.Il catechista della nuova evangelizzazione è un educatore della comu-nità, formato nella comunità e pronto alla promozione dell’esperien-za comunitaria in una dimensione di missione, uscendo dalla prassiscolastica vigente su cui ancora oggi ruota l’azione catechetica.Il catechista è un ministro della comunità chiamato ad acquisire ladimensione dell’evangelizzazione che non coincide con la sacra-mentalizzazione. La dimensione teologica cristocentrica e pneuma-tologica richiede, infatti, la scelta che anche nell’immediata prepa-razione ai sacramenti si abbia un’attenzione particolare ai lontani.I lontani sono la periferia da evangelizzare, ed è proprio nella peri-feria che si può individuare la svolta della nuova evangelizzazione.L’azione sacramentale non può che essere sintesi tra fede e vita. Perquesto ogni proposta oltre ad avere la comunità (di cui fanno parteanche i ragazzi che si preparano ai sacramenti) come soggetto, lastessa deve far ricadere nell’esperienza territoriale quanto il sacra-mento celebra.La periferia non è semplicemente un pezzo di territorio da rag-giungere, ma un’esperienza di vita da coinvolgere, poiché anchenella periferia c’è la presenza viva di Cristo. Gesù nasce in una peri-feria e muore in una periferia. Essa è nello stesso tempo un luogosociologico ed oggettivo. C’è sempre una periferia nella comunità ec’è sempre una periferia della comunità. La prima è data da chi vive

569

in un territorio dimenticato off-limits, la seconda da chi è lontano.Per entrambe le periferie l’annuncio del Vangelo sta nella scelta pre-ferenziale dei poveri41 che Gesù ha fatto sua. La povertà, infatti,oscilla tra mancanza economica e culturale e mancanza di amore. Ipoveri sono coloro che vivono mancanze materiali e strutturali.Sono poveri i figli dei perdenti-lavoro, dei separati, di coloro chevivono da sempre ristrettezze economiche e sono poveri tutti colo-ro che hanno dimenticato che Gesù è la vera novità della vita.Per questo è necessario il rilancio di un laicato educato ed educan-te nella prospettiva della missione.

La progettualità pastorale dei laici

La progettualità pastorale, che vede il laicato in prima persona im-pegnata nell’evangelizzazione che riesce a far sintesi tra pastorale orga-nica e d’insieme, passando per una dimensione mistagogica e di annun-zio, trova nell’incontro tra Gesù e la Samaritana un’icona eloquente econcreta, poiché sintetizza sia la dimensione laicale, sia quella profetica.Se prendiamo come modello pastorale quello che definiamo chiesa dellaprofezia possiamo tentare di individuare una possibile svolta pastorale.Sulla scia del profetismo biblico che li inquadrano in una sintesimirabile tra annuncio e vissuto, il cammino di fede da proporre deveritrovare intorno a queste tematiche e deve necessariamente prevede-re dei segni pro-vocatori nei confronti di tutti per aprire un dialogocon gli assenti e incentivare l’attività dei vicini. È proprio quello chesi riscontra nella pedagogia scritturistica, dove l’annuncio è finaliz-zato alla conversione partendo dalle precarietà che la comunità ebrai-ca si ritrovava a vivere. I segni provocatori non devono creare disagi oessere posti come emblema di risultati conseguiti o da conseguire,ma hanno necessariamente l’esigenza di essere il frutto di quella cor-responsabilità, che vede il laicato in prima linea dopo essersi formatonella catechesi, nella celebrazione e nell’attenzione della carità.

570

41 «Io vi chiedo di essere rivoluzionari, vi chiedo di andare contro corrente», di dirigerviverso le «periferie esistenziali» del mondo moderno per annunciare, senza paura, l’amoredi Cristo «in ogni ambiente anche a chi sembra più lontano, più indifferente» (FRANCESCO,in «L’Osservatore Romano»,1 agosto 2013).

CURIA METROPOLITANA

Il contributo del laicato è fondamentale per determinare questisegni di annunzio e nello stesso tempo realizzare quella dimensio-ne propria derivante dal battesimo. Le comunità sia collocate nelleperiferie, sia quelle consolidate nei centri urbani o in realtà dicomuni, necessitano proprio del laicato poiché attraverso di loro èpossibile realizzare un impegno nell’annuncio attraverso le cate-chesi nei caseggiati e nei luoghi d’incontro; nelle proposte di unaliturgia che richiami la partecipazione dei giovani che sono spessolatitanti; nelle esperienze di carità che non si restringano semplice-mente in aiuti a distanza, ma in coinvolgimenti dei tanti che rivela-no la disponibilità nell’aiutare chi vive il disagio. Si può sintetizzare questa strategia nel trinomio: annuncio–proposta– mandato.Tale cammino richiederebbe un itinerario di evangelizzazione sud-diviso in tre anni.Il primo anno è quello dell’annuncio. La comunità ecclesiale dovreb-be prevedere il portare l’annuncio evangelico nelle case e in ambien-ti dislocati nella parrocchia. La strada: Gesù non va per caso in un territorio poco incline all’acco-glienza degli Ebrei e non disdegna di confrontarsi con una donna checertamente non era in grado di mostrare l’integralità della sua vita.Il credente diventa catechista della comunità ecclesiale e mette inordine quegli elementi che sono alla base della dinamica evangeliz-zativa tipica dell’annuncio. Tutto questo avviene con l’attenzioneverso l’altro, che nasce dall’azione dello Spirito del battezzato; lacapacità di leggere secondo la carità, che è paragonabile ad un’intelli-genza di amore; la concretezza dettata dall’attitudine a confrontarsicon il presente.Il secondo anno è quello della pro-posta. Dopo aver portato l’an-nuncio nelle case e tra i caseggiati (qualora l’incontro personalerisultasse ostacolato), è l’anno in cui nelle diverse aree individuatedovrebbero nascere i centri di evangelizzazione. Questi non sarebberodelle dependance della parrocchia, ma delle vere e proprie animeche aiuterebbero a riproporre quanto nella comunità si intende rea-lizzare. Nei centri di evangelizzazione potrebbe essere svolto tutto il

571

lavoro della prima evangelizzazione e dell’avviamento alla preghie-ra. È proprio il centro di evangelizzazione che deve diventare for-giante per tutti. Il compito dei laici diventa a questo punto imprescindibile, perchérichiederebbe un incontro settimanale o al massimo quindicinale dicoordinamento con il parroco sulle diverse proposte da sviscerare eda cui partire per radicalizzare e incarnare maggiormente il Vangelogià annunziato precedentemente. È l’anno della Bibbia, della letturaesegetica e popolare della Sacra Scrittura nello stesso tempo. È l’an-no in cui insegnare la preghiera, attraverso la lectio divina e dove lan-ciare la liturgia delle Ore, come forma di preghiera comunitaria. L’Eucaristia domenicale dovrebbe essere sempre vissuta comunita-riamente e mai nei diversi centri di evangelizzazione. I laici hannoil compito di non essere ad appannaggio di un gruppo o di unmovimento, ma sono anime viventi nel territorio del cammino del-l’intera comunità.Anche la carità diventerebbe uno strumento di pro-posta, perchéoltre quanto era stato precedentemente proposto necessiterebbe diulteriore radicalità nella realizzazione. Il pozzo: Indica il bisogno del sostentamento e l’esigenza di quel qual-cosa, che è indispensabile per vivere. È in questo luogo che Gesùintende incontrarla e non trascura i particolari per orientare la donnaalla riflessione. È il momento in cui il dialogo diventa un innestarsinella cultura dell’uomo per promuovere la vita dello stesso42.Il terzo anno è quello della missione. È l’anno in cui tutta la comu-nità ecclesiale esce dai centri di evangelizzazione e si proietta negliambienti non frequentati abitualmente dalla stessa. È l’anno degliincontri nei circoli, nelle palestre, nei centri culturali, nelle scuole enei luoghi di lavoro. L’apporto del laicato diventa fondamentale pertrasmettere quanto gli stessi hanno acquisito con una formazionepermanente e soprattutto quanto s’impegnano a realizzare nelladimensione dell’incontro che altri dovrebbero avere con Cristo. È

572

42 «La Chiesa ricorda a tutti che la cultura deve mirare alla perfezione integrale della per-sona umana, al bene della comunità e di tutta la società umana. Perciò è necessario colti-vare lo spirito in modo che si sviluppino le facoltà dell’ammirazione, dell’intuizione, dellacontemplazione, e si diventi capaci di formarsi un giudizio personale e di coltivare il sensoreligioso, morale e sociale» (GS 59).

CURIA METROPOLITANA

l’anno più difficile in quanto si potrebbero verificare delle defezio-ni, a causa della non recezione dei valori acquisiti che vengono pro-posti. Questo invece, è l’anno in cui è necessario alzare lo sguardo eproporre dei contenuti più incisivi, che mostrino come la comuni-tà ecclesiale deve e può realizzare un dialogo aperto con il mondo,senza trascinarsi ancora dietro le zavorre di una chiesa pietistica estanca di quanto ha già fatto.Al pozzo di Sicar Gesù incontra la chiesa dei lontani, la stessa che contanta difficoltà si accosta alla partecipazione alle ottime liturgie dellenostre comunità. In quel luogo Gesù indica che è possibile una viadella nuova evangelizzazione e che anche quelli che definiamo lonta-ni, possono (devono) avere l’opportunità di mettersi in cammino perriconciliarsi e annunziare che il Cristo è l’acqua viva che non muore.La chiesa dei lontani è la stessa che ogni comunità è chiamata adincontrare. I divorziati, i risposati, coloro che hanno ostinatamentecreato un muro con la chiesa, i tossici, i poveri che escludiamo, ifigli dei compagni di scuola dei ragazzi, la gente di altre religioni,non possono essere esclusi. Anzi Gesù ci invita a condurli sotto lacroce, perché anche loro facciano l’esperienza della salvezza.È l’anno della missione ad gentes43, che permette a tutta la comuni-tà all’interno del suo territorio di creare quel cortile dei gentili, cherivela l’attenzione verso i lontani.

Conclusione

L’edificio della nuova evangelizzazione in cui la comunità sacra-mentalizza a cominciare dalle periferie richiede un attento discer-nimento su quanto è recepito nell’oggi sotto il profilo della fede edel suo essere realizzato nella vita ecclesiale. Il confronto con i fre-

573

43 «Il rinnovato dinamismo delle comunità cristiane darà un nuovo impulso anche all’at-tività missionaria, urgente oggi più che mai, considerato l’alto numero di persone che nonconoscono Gesù Cristo non solamente in terre lontane, ma anche nei Paesi di antica evan-gelizzazione» (NE, Instrumentum laboris, p. 6).

quentanti, i praticanti, i saltuari, i simpatizzanti, gli assenti è fon-damentale per individuare e ricercare i contenuti essenziali su cuil’intera comunità dovrà vivere la sua prassologia, convertendosi aGesù Cristo e realizzando nell’oggi della vita ecclesiale quel regnodi Dio, che la proietta verso l’eschaton44.Solo innovando si crea il senso del novum. È fondamentale formareuna comunità ecclesiale che unisca la dimensione ecclesiologica epropositiva per sperimentare la corresponsabilità dei laici. Talecomunità si innova e rinnova in luoghi ed ambienti diversi, senzaesaltarsi di fronte ad alcuni risultati ottenuti e senza scoraggiarsidinanzi alle sconfitte. Le giovani generazioni aspettano questo.Non vogliono più una fede pietistica, devozionalistica e mercifica-trice. Desiderano essere incontrati e resi protagonisti. Soprattuttodesiderano non sentirsi esclusi dalla vita della stessa comunitàecclesiale e chiedono un apporto-confronto con il mondo degliadulti e con quello dei ragazzi che hanno a cuore.«Affrontiamo perciò la nuova evangelizzazione con entusiasmo.Impariamo la dolce e confortante gioia di evangelizzare. (…) Al mondoche cerca risposte alle grandi domande circa il senso della vita e la veri-tà, possa accadere di vivere con rinnovata sorpresa la gioia di incontra-re testimoni del Vangelo che con la semplicità e la credibilità della lorovita sanno mostrare la potenza trasformatrice della fede cristiana»45.Questa fede abbia proprio nella comunità ecclesiale il suo motore pro-pulsore per ritrovare e far ritrovare la gioia di essere cristiani.

574

44 «La chiesa come struttura comunicativa è un’istituzione che non teme il futuro; anzi loabita come il proprio terreno abituale; è proprio laddove la società si rigenera in continua-zione che anche la chiesa, intesa come quello strumento incaricato di far abitare la memo-ria dentro uno spazio e una cultura, trova le energie, le risorse, la fantasia per ringiovanireil proprio corpo sociale, la propria figura istituzionale. La chiesa intesa come strutturacomunicativa è un’istituzione che esalta il carattere dinamico e provvisorio delle proprie figu-re storiche, la loro intrinseca e fondamentale dimensione strumentale, affermando conforza il loro compito specifico: quello di essere il punto, il luogo di accesso alla compren-sione del mistero profondo che custodisce. È in quest’ottica comunicativa che valori qualila povertà, la comunione, la partecipazione, la condivisione del potere e dell’esercizio dellaresponsabilità divengono i tratti utilizzati per descrivere e valutare tali figure storiche: sonogli strumenti, le dimensioni sociali attraverso i quali si accede alla visione del volto spiri-tuale e originario dell’unica chiesa che attraversa la storia degli uomini» (L. BRESSAN, La chie-sa come struttura comunicativa, in «Credere oggi» 6, 2004, pp. 30–31).45 SINODO DEI VESCOVI – XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA, La Nuova Evangelizzazione per la tra-smissione della Fede Cristiana. Instrumentum Laboris, Libreria Editrice Vaticana, Città delVaticano 2012, p. 168.

CURIA METROPOLITANA

Tavola rotonda

Le sfide della nuova evangelizzazione: più vita che strategie pastorali

Introduzione

La Chiesa è stata mandata dal Risorto nel mondo a evangelizzare,cioè ad annunciare, celebrare e testimoniare l’amore di Dio, che permezzo di Gesù Cristo vuole salvare tutti gli uomini. L’evangeliz-zazione sta a fondamento di tutto e deve avere il primato su tutto.Evangelizzare è la vocazione e la missione di tutta la Chiesa e ditutti i cristiani.

«La Chiesa [evangelizza] proclama il messaggio della salvezza con laparola, con la celebrazione liturgica, con la testimonianza dellavita…Gli uomini possono, così, entrare in comunione con Cristoattraverso le molteplici e impenetrabili vie di Dio»1.

«L’evangelizzazione non è una dottrina da propagandare, una seriedi enunziati da imparare, ma l’annunzio di una Persona: CristoGesù, che è morto e che il Padre ha risuscitato. Cristo parola defi-nitiva del Padre e Salvatore unico del mondo. Una bella notizia checambia tutto il senso della storia e della vita umana. Solo così sisupera quella “pastorale delle cose” che ha inciso negativamentesull’annunzio. Il cristianesimo non consiste in “cose da fare”,ma è una“Persona da incontrare”, per stabilire con Lei una condivisione di vita e diamore. Evangelizzare dunque significa celebrare una Parola che èCristo - che si incarna nel Sacramento, gesto personale di Cristo - il quale

575

1 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il rinnovamento della catechesi, 1970, n. 19.

a sua volta tende a trasformare tutta l’esistenza che si fa “sequela diCristo”»2.

«La testimonianza della vita cristiana, dicono i vescovi italiani, è la viaprivilegiata dell’evangelizzazione, la sua forma prima e del tutto inso-stituibile. Se è vero che la fede è adesione piena e coinvolgente ditutta la persona alla verità che è Cristo, allora l’annuncio non puòessere un fatto puramente verbale: non basta parlare del Vangelo;occorre in un certo senso renderlo “visibile” e “tangibile”. La comuni-cazione della fede avviene per irradiazione, prima che per iniziative o atti-vità specifiche. Attraverso la testimonianza dei singoli credenti, dellefamiglie e delle comunità cristiane, l’amore di Dio va a raggiungere lepersone nella loro situazione concreta e le dispone a credere3.

Tenendo fisso lo sguardo su Gesù saremo veri testimoni di gioia e di spe-ranza, quando faremo diventare la parola dell’Incarnazione fermen-to di comunione fra gli uomini mettendo in atto tutte le dinamichedella uguaglianza e della condivisione; quando, a imitazione diGesù, ci distruggeremo nell’agonia dell’uomo, perché ogni uomo èfiglio di Dio e come Gesù faremo passare l’amore in tutta la realtàumana; quando, raggiunti dalla misericordia del Padre, saremocapaci non di confessare soltanto i nostri peccati, ma di convertirci,producendo il perdono di ogni uomo, anche del nemico, diventan-do riconciliazione con l’uomo più smarrito, con l’uomo più lonta-no e più solo; quando renderemo Dio amico di ogni uomo; quandorenderemo ogni uomo uguale al suo fratello; quando diventeremo“amici dell’uomo”, cioè «uomini e donne pienamente disponibili ariallacciare quei rapporti di comunione tra le persone che soli pos-sono dar loro un segno di speranza»4.

mons. Angelo Latrofadirettore dell’Ufficio Catechistico

576

2 M. MAGRASSI, Evangelizzare gli adulti, 1980, n. 28.3CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Questa è la nostra fede, 2005, n. 9.4 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 2001, n. 62.

CURIA METROPOLITANA

577

don Gianni De Robertis

La missione dell’accoglienza edell’integrazione delle persone

Mi è stato chiesto di dire qualcosa relativamente alla presenza,sempre più consistente, dei migranti nelle nostre parrocchie.Quello della mobilità è uno dei grandi fenomeni, dei segni deitempi, della nostra epoca. Esso coinvolge circa 1 miliardo di per-sone fra migranti interni (700 milioni) e all’estero. Mai così tantinella storia dell’umanità!Il nostro paese da essere tradizionalmente paese di emigrazione(oltre 40 milioni di italiani sono emigrati fra il 1860 e il 1960), dapoco più di 20 anni ha visto arrivare un numero sempre più con-sistente di immigrati. Attualmente risiedono nel nostro paeseoltre 5 milioni di immigrati regolari, di cui circa 1 milione mino-ri (quasi la metà nati in Italia), diversamente distribuiti (nord63,4%, centro 23,8%, sud 12,8%).Un fenomeno ormai strutturale, causato dai grandi squilibri eco-nomici esistenti (1’1% più ricco possiede il 60% dei beni disponi-bili), guerre, persecuzioni, ecc., che molti nel nostro paese vedonocon fastidio, pur essendo gli immigrati ormai indispensabili insettori come la cura degli anziani o l’agricoltura; basta considera-re gli insulti di cui è oggetto il ministro dell’integrazione CécileKienge, o la nostra legislazione fortemente penalizzante verso glistranieri (ricongiungimenti, permessi di soggiorno, ecc. che sonoall’origine anche di tragedie come quella recente: oltre 20.000sono i profughi annegati accertati nel Mediterraneo negli ultimiventi anni). Recentemente la Migrantes si è fatta promotrice diuna raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare a pro-posito della cittadinanza ai bambini nati in Italia, e della possi-bilità di votare alle amministrative per coloro che risiedono rego-larmente nel nostro paese da almeno 5 anni.

È una realtà spesso trascurata anche dalle nostre parrocchie, checontinuano ad essere per soli italiani. Una realtà che tuttavia ècentrale nel racconto biblico e nell’insegnamento di Gesù.Ecco solo alcune esemplificazioni:

«Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi sietestati forestieri nel paese d’Egitto» (Es 22, 20).

«Quando un forestiero dimorerà presso di voi nel vostro paese,non gli farete torto. II forestiero dimorante fra di voi lo tratte-rete come colui che è nato fra di voi; tu l’amerai come te stessoperché anche voi siete stati forestieri nel paese d’Egitto. lo sonoil Signore, vostro Dio» (Lv 19,33-34).

«Il Signore protegge lo straniero, egli sostiene l’orfano e lavedova, ma sconvolge le vie degli empi » (Sal 146, 9).

E Gesù:«Ero forestiero e mi avete ospitato — o al contrario — e nonmi avete ospitato... ogni volta che avete fatto queste cose auno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto ame» (Mt 25,31-46).

Solo a partire da queste parole si può capire perché papa Fran-cesco ha scelto come meta del suo primo viaggio un’isoletta sper-duta nel Mediterraneo.La stessa parola ‘parrocchia’ poi, richiama questa realtà:

«Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini (paroikòi)ad astenervi dai desideri della carne che fanno guerra all’ani-ma. La vostra condotta tra i pagani sia irreprensibile, perchémentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostrebuone opere giungano a glorificare Dio nel giorno del giudi-zio» (1Pt 2,11-12).

«Nella fede morirono tutti costoro, pur non avendo conse-guito i beni promessi, ma avendoli solo veduti e salutati dilontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini (paroikòi)sopra la terra” (Eb 11,13).

È del nostro stesso mistero dunque che si tratta! Noi tutti siamostranieri sulla terra!

578

CURIA METROPOLITANA

Alcune proposte operative: dall’accoglienza all’integrazione

«In questo tempo di grande mobilità dei popoli, la Chiesaè sollecitata a promuovere l’incontro e l’accoglienza fra gliuomini: “i vari popoli costituiscono infatti una sola co-munità. Essi hanno una sola origine” (Nostra aetate 1)».

(Educare alla vita buona del vangelo n. 14)

1. Un primo impegno che possiamo vivere, particolarmente in que-sto anno in cui siamo chiamati ad uscire, ad andare verso le perife-rie, è quello di incontrarli, di fermarci a parlare con loro, come hafatto Gesù con la donna samaritana. Non abbiamo da cercarli chis-sà dove, essi sono fra noi, vicino ai nostri “pozzi”, nelle nostre piaz-ze, anche se, come la samaritana, a volte cercano di passare inosser-vati, sono invisibili ai più. In questo le nostre parrocchie, chedovrebbero avere nel loro DNA la cattolicità, possono giocare unruolo prezioso, per evitare che nel nostro paese le diverse comunitànazionali finiscano col vivere l’una accanto all’altra, se non control’altra. Come scrive papa Francesco nel suo Messaggio per la Gior-nata mondiale del migrante e del rifugiato 2014:

«È necessario un cambio di atteggiamento verso i migranti ei rifugiati da parte di tutti; il passaggio da un atteggiamentodi paura, di disinteresse o di emarginazione – che alla finecorrisponde proprio alla cultura dello scarto – ad un atteg-giamento che abbia alla base la cultura dell’incontro, l’unicacapace di costruire un mondo più giusto e fraterno, unmondo migliore».

Favorire occasioni di incontro, con un po’ di fantasia! (a Natale con gliospiti del CARA, un presepe vivente o un corso d’italiano o una festa).

2. Un secondo impegno è quello della conoscenza. Faremo tantesplendide scoperte. Ad esempio che nella maggioranza sono cristianie che hanno spesso una profonda religiosità, e conoscono la Bibbia

579

meglio di noi (non ci vuole molto!). Alcuni di loro erano nei loro paesicatechisti, cantavano nel coro, ecc. Tutto questo può contagiarci posi-tivamente.

3. Preoccuparci del cammino di fede di questi nostri fratelli, che pro-prio a causa dell’emigrazione può interrompersi, indipendente-mente dalla loro confessione religiosa. Soprattutto delle secondegenerazioni, che spesso sono lasciate a se stesse. E ovviamente anzi-tutto di coloro che sono cattolici e che a volte proprio venendo inItalia abbandonano la loro fede. È questo lo specifico della Fonda-zione Migrantes, prendersi cura del migrante al di là dei suoi biso-gni primari. Egli non è un “tubo digerente”, ma un essere umanofatto come noi a immagine e somiglianza di Dio.

4. Credo che il tempo a mia disposizione sia abbondantemente ter-minato. Vi invito però a proseguire questo nostro dialogo anche al difuori di questa sede. A raccontarmi cosa accade nelle vostre parroc-chie e nei vostri paesi. Quali sono le vostre proposte o richieste. Restoa disposizione per ogni collaborazione, e vi invito già da ora allaGiornata del dialogo islamo-cristiano il 27 ottobre e alla Giornatamondiale del migrante e del rifugiato il 19 gennaio. Grazie dell’at-tenzione.

580

581

don Carlo Cinquepalmi

Le reti sociali: porte di verità e di fede. Il catechista e i nuovi spazi di evangelizzazione

«Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At4,20): è quanto dicono gli apostoli davanti al Sinedrio, ed è il simbolo diuna Chiesa che «esiste per evangelizzare» (EN 14). Infatti «l’evangelizza-zione è la sfida più forte ed esaltante che la Chiesa è chiamata ad affron-tare sin dalla sua origine. In realtà, a porre questa sfida non sono tantole situazioni sociali e culturali che essa incontra lungo la storia, quantoil mandato di Gesù Cristo risorto, che definisce la ragione stessa dell’e-sistenza della Chiesa: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangeload ogni creatura” (Mc 16,15)».Proprio per queste parole pronunciate da Gesù la Chiesa è consa-pevole che, nata dall’autocomunicazione di Dio in Cristo, trova lasua ragion d’essere nella comunicazione stessa.Nella storia della Chiesa, si nota a questo proposito un evidentecammino e attenzione ai segni dei tempi. Infatti con il Concilioanche l’immagine pubblica della Chiesa è certamente cambiata, eproprio all’insegna della comunicazione: non più una Chiesa chescomunica, ma una Chiesa che comunica, non una Chiesa che con-danna, ma una Chiesa che dialoga.Come raggiungere il cuore dell’uomo oggi occupato da tanti altrimessaggi, attirato da altrettanti miraggi e felicità a portata di manoo apparenti?Si tratta di annunciare con nuovo slancio e ricorrendo a nuoveespressioni il messaggio di sempre: Gesù Cristo e la sua BuonaNotizia. Dunque una evangelizzazione nuova sia nel fervore dei pro-tagonisti, sia nelle mediazioni culturali e nelle strategie pastorali.In effetti, la comunicazione della Chiesa si gioca su due fedeltà: aDio e all’uomo. È un comunicare attraverso la lingua degli uomini,e soprattutto entrare nella loro storia e nella loro vita.

CURIA METROPOLITANA

582

Le nuove tecnologie possono essere di valido aiuto per la diffusio-ne del messaggio cristiano.Internet può essere considerato come una nuova strada verso Dio e,in quanto tale, interpella la Chiesa in prima persona. Così l’atten-zione si pone non solo su chi naviga ma anche sui luoghi di appro-do. Internet è non solo divertimento ma anche veicolo di impegno,di approfondimento culturale, palestra di solidarietà.I cristiani sono chiamati ad evangelizzare anche in rete perché l’e-vangelizzazione è un compito, anzi una missione, senza confini;non solo di tempo e di spazio, ma innanzitutto di luoghi. La rete,oggi è un luogo “abitato” dagli uomini del nostro tempo. Ed è unluogo che incide sul modo di vivere e di pensare, fino a creare nuovimodelli di comportamento. Non siamo chiamati a sventolare bandiere della nostra appartenenza,ma a renderla viva attraverso il nostro essere e i nostri comportamenti. Una tra le sfide più significative dell’evangelizzazione oggi è quellache emerge dall’ambiente digitale. È su questa sfida che ha intesorichiamare l’attenzione il tema che papa Benedetto XVI ha scelto,nel contesto dell’Anno della fede, per la 47a Giornata mondialedelle comunicazioni sociali: Reti sociali: porte di verità e di fede; nuovispazi di evangelizzazione. A guardare i messaggi per le Giornate mondiali delle comunicazio-ni sociali degli ultimi quattro anni – quasi tutti dedicati al mondodigitale - si può definire quasi un percorso che porta ad evangeliz-zare i nuovi media e allo stesso tempo dare spazio alla ragione. Nel2010, il tema fu Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovimedia al servizio della Parola (ai presbiteri si chiedeva di mantenere lapropria identità e nella rete svolgere un lavoro pastorale. Per rende-re possibile un tale obiettivo si rendeva necessario che i sacerdotifossero anche tecnicamente e professionalmente preparati e com-petenti); nel 2011, si parlò di Verità, annuncio e autenticità di vita nel-l’era digitale. E nel 2012 invece il messaggio si concentrò su Silenzio eParola: cammino di evangelizzazione.Il Messaggio di papa Benedetto per la Giornata mondiale dellecomunicazioni sociali 2013 può essere forse meglio compreso comel’ultimo capitolo della sua riflessione permanente sui nuovi media.Negli ultimi cinque anni, egli ha mostrato una grande attenzionealla realtà in evoluzione dei media digitali e al loro significato per

CURIA METROPOLITANA

l’umanità e per la Chiesa. Quest’anno, la sua attenzione si è focaliz-zata sui social network e la sua preoccupazione consiste nell’invita-re le persone ad apprezzare il potenziale di queste reti per contri-buire alla promozione dello sviluppo umano e della solidarietà. Eglidelinea alcuni degli atteggiamenti fondamentali e degli impegniche saranno richiesti a coloro che sono attivi nei social network, sesi vuole che sviluppino questo potenziale. Inoltre, durante questoAnno della fede, si rivolge ai credenti impegnati nelle reti sociali echiede loro di riflettere su come la loro presenza può contribuire afar conoscere il messaggio evangelico dell’amore di Dio per tutti gliuomini.Il messaggio di questa Giornata presenta una valutazione positiva deisocial media, anche se non ingenua. Essi sono visti come opportuni-tà di dialogo e di dibattito e con la riconosciuta capacità di rafforzarei legami di unità tra le persone e di promuovere efficacemente l’ar-monia della famiglia umana. Questa positività esige però che si agiscanel rispetto della privacy con responsabilità e dedizione alla verità, econ autenticità dato che non si condividono solo informazioni econoscenze ma in sostanza si comunica una parte di noi stessi. La dinamica dei social media – è opportuno sottolinearlo – è inse-rita in quella ancor più ricca e profonda della ricerca esistenziale delcuore umano. C’è un intrecciarsi di domande e di risposte che dàun senso al cammino dell’uomo. Sempre più giovani e adulti in ricerca religiosa abitano l’ambientedigitale sperando di trovarvi risposte alla loro sete di spiritualità.Per questo motivo, i “cristiani digitali” si preoccupano di far cono-scere la Buona Notizia anche nei network sociali digitali, perché – siraccomanda Benedetto XVI – «non venga a mancare nell’esperienzadi molti per i quali questo spazio esistenziale è importante». Papa Benedetto XVI aveva già definito le nuove tecnologie dellacomunicazione «un dono per l’umanità» (Messaggio 2009) e avevasottolineato che «non stanno cambiando solo il modo di comuni-care, ma la comunicazione in se stessa» (Messaggio 2011). Le tec-nologie, tuttavia, non portano automaticamente a un cambiamen-to per il meglio: «I mezzi di comunicazione sociale non favoriscono

583

la libertà né globalizzano lo sviluppo e la democrazia per tutti sem-plicemente perché moltiplicano le possibilità di interconnessione edi circolazione delle idee. Per raggiungere simili obiettivi bisognache essi siano centrati sulla promozione della dignità delle personee dei popoli, siano espressamente animati dalla carità e siano postial servizio della verità, del bene e della fraternità naturale e sopran-naturale» (Caritas in veritate n. 73, 2009). Afferma chiaramente chesono necessari uno sforzo e un impegno da parte dell’uomo, dalmomento che «lo scambio di informazioni può diventare veracomunicazione, i collegamenti possono maturare in amicizia, leconnessioni agevolare la comunione» (Messaggio 2013).È evidente che le reti possono essere veramente sociali solo se gliutenti eviteranno tutte le forme antisociali di comportamento e diespressione. Se vogliamo che le reti realizzino il loro potenziale peressere un forum che aiuti le persone a crescere nella comprensionee nell’apprezzamento reciproco, allora dovremmo cercare di essererispettosi nelle nostre modalità espressive. Se vogliamo che aiutino lepersone a crescere nella conoscenza e nella verità, allora dobbiamoimpegnarci per l’onestà e l’autenticità dei nostri contributi. In unambiente che permette alle persone di essere presenti in forma ano-nima, dobbiamo essere attenti a non perdere mai il senso dellanostra responsabilità personale. Anche se i social network spessosembrano dare maggiore attenzione a coloro che appaiono più pro-vocatori o appariscenti nel loro stile di presentazione, dobbiamoinsistere sull’importanza del dibattito ragionato, dell’argomentazionelogica e della persuasione non aggressiva.Il Papa ci ricorda che il dialogo e il dibattito possono fiorire solo quan-do siamo disposti a coinvolgere chi è diverso da noi e a prendere sulserio le sue idee. I social network esibiranno il massimo della lororicchezza se saranno inclusivi.Il Papa dà per scontata l’importanza dell’ambiente digitale comeuna realtà nella vita di molte persone. Non si tratta di una sorta dimondo parallelo, o solo virtuale, ma di un ambiente esistenziale incui le persone vivono e si muovono. Si tratta di un ‘continente’ incui la Chiesa deve essere presente e dove i credenti, se vogliono risul-tare autentici nella loro presenza, dovranno cercare di condividerecon gli altri la fonte più profonda della loro gioia e della loro spe-ranza, Gesù Cristo.

584

CURIA METROPOLITANA

Il Papa individua alcune delle sfide che dobbiamo affrontare sevogliamo che la nostra presenza risulti efficace. Dobbiamo miglio-rare la nostra conoscenza del linguaggio dei social network, un lin-guaggio che nasce da una convergenza di testo, immagini e suoni,un linguaggio che si caratterizza per la sua brevità e che mira a coin-volgere i cuori e le menti, ma anche l’intelletto. A questo proposito,il Papa ci esorta ad attingere al nostro patrimonio cristiano, che èricco di segni, simboli ed espressioni artistiche.Abbiamo bisogno di ricordare una verità fondamentale della comu-nicazione: la nostra testimonianza - le nostre azioni e i nostrimodelli di comportamento - è spesso più eloquente delle nostreparole e dichiarazioni per esprimere chi siamo e ciò in cui crediamo.La sfida è quella di stare sui social media. Una sfida che il PontificioConsiglio per le comunicazioni sociali ha voluto raccogliere, pro-muovendo l’account twitter @pontifex, e lasciandolo aperto aicommenti. In questa speciale missione si inseriscono a pieno titoloi due pontefici, Benedetto XVI prima e Papa Francesco ora.Riguardo ai tweets del Santo Padre possono essere definiti comescintille di verità e pillole di saggezza. In questo nostro tempo,quando la desertificazione spirituale aumenta, è bene dissetarsi aquesti brevi ma intensi doni di verità e di bellezza. La teologia nonsi misura a battute: 140 caratteri possono essere pochi e tanti allostesso tempo, proprio come 140 lunghi trattati di teologia.Cristo salva anche in rete! Il suo amore salvifico raggiunge la per-sona dove si trova, anche nella rete. Ma, poi, l’uomo deve ritrovarela comunità che lo accoglie e lo aiuta a vivere in pienezza il rappor-to con Cristo.Dio è anche nel computer! Navigando in internet si possono trova-re spazi dedicati alla fede e alla religiosità, oppure, la rete stessa puòdiventare un ottimo mezzo per approfondire la conoscenza di Dio.Internet e i social network rappresentano la nuova agorà, una piaz-za pubblica e aperta in cui le persone condividono idee, informa-zioni, opinioni, e dove, inoltre, possono prendere vita nuove rela-zioni e forme di comunità. È quanto stanno contribuendo a faremergere le reti sociali digitali.

585

La scelta della Chiesa oggi è quella di rivolgere l’annuncio non soloalla minoranza dei già credenti, ma soprattutto a coloro che non losono, usando il loro stesso linguaggio.Internet è infatti uno spazio illimitato fatto di incontri, di scambi,di immagini, di suoni, di colori e di tutto quello che la creativitàumana può farci stare dentro.

Quali i nuovi spazi di evangelizzazione per i catechisti egli operatori pastorali?

1. Formazione: Il punto di partenza è quello di una seria educazioneai media elettronici, che dovrebbe essere una preoccupazione vitaledella Chiesa e nelle singole comunità. In altri termini, si tratta disviluppare una coscienza critica: non tanto e non solo istruire sul-l’uso dei nuovi mezzi (i “nativi digitali” li usano senza problemi),ma un approfondimento nei riguardi dei valori. Il web è un mondoall’interno del quale convivono ricchezze e povertà di ogni genere,bene e male, verità e menzogna. Quanto basta per capire che comeesistono delle regole di vita, esistono altrettante regole di ‘naviga-zione’. Esplorare la rete significa perciò contare sul proprio buonsenso e sulla propria capacità di scelta. La tecnologia non trasformai valori di fondo dell’essere umano, ciò che è giusto rimane giusto eciò che è sbagliato rimane sbagliato. I problemi dunque, non sor-gono in merito alla tecnica, ma all’uso che se ne fa.

2. Sperimentazione: Partendo dal presupposto che ormai quasi tuttele parrocchie dispongono di un collegamento internet è possibilepensare e ipotizzare un’esperienza catechistica che, pur rispettan-done la natura specifica di “spazio” per l’approfondimento e lamaturazione della fede, coinvolga i partecipanti in un percorso par-ticolarmente creativo e stimolante. Non si tratta di sconvolgere icontenuti ma di riproporli attraverso le nuove tecnologie, in un lin-guaggio più vicino ai giovani e che certamente assorbe la loro sferaemotiva, tenuto conto che, anche in questo caso il ricorso alla “tec-nologia” è occasionale e per niente sostitutivo della presenza e testi-monianza del catechista che rimane in primo luogo un compagnodi viaggio che si affianca al fanciullo o al giovane per guidarlo passo

586

CURIA METROPOLITANA

passo sulla strada della fede. A questo proposito si pone come con-dizione essenziale la capacità di comunicare attraverso diversi lin-guaggi. Parlare con le immagini, i suoni, i gesti non solo rende piùviva la catechesi ma fa sì che sia più incisiva e in particolare più vici-na alle nuove generazioni.Per fare qualche esempio, un’esperienza diversa dal solito è senz’al-tro quella di far vivere ai ragazzi una preghiera in modo nuovo rea-lizzata con un linguaggio accessibile ai giovani di oggi. Utilizzandogli strumenti informatici, computer e videoproiettore, si può darevita a una sequenza di immagini e testo che facilitino la riflessionee l’interiorizzazione.Il web si presenta, in questo senso, per il singolo o per il gruppo, siacome luogo di fruizione di catechesi, attraverso la consultazione disiti, sia come ambiente per pubblicare esperienze di gruppo scatu-rite dall’incontro catechistico stesso.

587

588

don Giovanni Lorusso

L’oratorio è un laboratorio di talenti. Il valore e la missione degli oratori

per la nuova evangelizzazione

Il titolo accattivante di questa tavola rotonda suggerisce senza dub-bio il fulcro di questo breve intervento: far emergere la vita che è alcentro dell’oratorio, vita che è il “luogo” della nuova evangelizzazione;i “talenti” infatti non riguardano le idee o le prospettive teoriche o“strategiche” dell’azione della Chiesa nell’atto di essere padre emadre che educano, ma il cuore di ogni persona in movimento, queidoni che sono la luce della vita stessa di ciascun uomo e donna,ragazzo e ragazza, fanciullo e fanciulla di oggi.«Forti di una consolidata tradizione, gli oratori devono oggi affron-tare con coraggio, per un verso, il ripensamento della trasmissionedella fede alle nuove generazioni nel contesto di sfida della nuovaevangelizzazione e, dall’altro, l’assunzione dei nuovi linguaggi gio-vanili, così come dei rapidi cambiamenti dischiusi dall’avvento dellenuove tecnologie informatiche. Sempre più la riflessione pastoraleintercetta la questione antropologica»1. Pensiamo ai cosiddetti“nativi digitali”… È dunque chiaro che la nuova evangelizzazione trova nella prioritàdella vita sulle strategie e metodi il suo punto di partenza ed il suomotore fondamentale di sviluppo, in contrasto con un passato fattotalvolta di diverse “metodologie” alla base di una formazione e tra-smissione della fede fortemente intellettualistiche e prive dell’ “espe-rienza di Dio”, che hanno avviato spesso le ultime generazioni di cre-denti verso una fede assolutamente lontana dalla vita con le sue “veri-tà pratiche”.Vita alla base di tutto… quale vita? Cosa è “vita” in un oratorio cheeduca con lo stile della passione e della tradizione oratoriana fecon-data dalla novità? Anzitutto il primato della relazione.

1 Il laboratorio dei talenti. Nota pastorale sul valore e la missione degli oratori nel contestodell’educazione alla vita buona del Vangelo, n. 28.

CURIA METROPOLITANA

589

“Dammi tre parole…” recitava una canzone di qualche anno fa, già,tre parole per capire di quale vita stiamo parlando… Eccole: acco-glienza, ascolto, accompagnamento. Il valore e la missione degli oratoriper la nuova evangelizzazione si giocano tutto su queste tre parole.La dinamica educativa dell’oratorio è la fonte della vita: vivere inoratorio è educare, trasmettere, testimoniare la passione di Gesùper i nostri ragazzi e fanciulli. È questo il “laboratorio dei talenti”di cui parliamo, il primo dei talenti da scoprire è la relazione cioè:accoglienza, ascolto, accompagnamento.

Il primato della relazione

«L’oratorio educa ed evangelizza, in un contesto ecclesiale di cammi-no comunitario, soprattutto attraverso relazioni personali autenti-che e significative. Esse costituiscono la sua vera forza e si attuano siaattraverso percorsi strutturati sia attraverso espressioni informali. L’attuale emergenza educativa è letta da più parti come esito di unimpoverimento delle relazioni educative personali. In particolareva sottolineato come l’accrescersi esponenziale della comunicazio-ne virtuale costituisca una sorta di surrogato della relazione, cherischia di trarre in inganno molti giovani. (…) Tutte le attività dell’oratorio sono, perciò, improntate a favorireun contesto di dialogo sereno e costruttivo nella consapevolezza chenessuna attività può sostituire il primato della relazione personale.Le proposte dell’oratorio si nutrono di relazioni e nello stesso tempone costituiscono il contesto naturale e fecondo. In un tempo segna-to dalla consumazione immediata del presente e dal continuo cam-biamento, dalla frammentazione delle esperienze, l’oratorio si pro-pone di suscitare e alimentare relazioni costanti nel tempo senzasfuggire le responsabilità e le sfide del “rischio educativo”. La quali-tà delle relazioni incide profondamente sul processo educativo»2.

2 Il laboratorio dei talenti, n. 15.

590

«La creatura umana, in quanto di natura spirituale si realizza nellerelazioni interpersonali. Più le vive in modo autentico, più maturaanche la propria identità personale. Non è isolandosi che l’uomovalorizza se stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e conDio. L’importanza di tali relazioni diventa quindi fondamentale»3.

1. L’accoglienza «Normalmente l’oratorio viene immaginato come un ambienteaperto e accogliente, un luogo in cui è facile entrare, un contesto incui il ragazzo e il giovane si trovano a proprio agio, una secondacasa: in termini di intervento sociale potrebbe essere definito un“servizio a bassa soglia”, pensando al fatto che uno scalino più omeno alto può porsi come un filtro all’ingresso. Tale rappresenta-zione ideale fa centro su una delle caratteristiche più qualificanti larealtà oratoriana, che ha nella capacità di accoglienza la sua strate-gia e il suo potere di attrazione. Una tale accoglienza, però, nonpuò mai comportare disimpegno o svendita dei valori educativi»4.

«Tutti nell’oratorio devono trovare accoglienza vera e piena. Lostile di accoglienza dell’oratorio esige pertanto una chiara imposta-zione identitaria e progettuale. Si tratta cioè di uno stile intenzio-nale, pensato e voluto, e per quanto è possibile organizzato». …«L’accoglienza progettuale, quindi, non può essere improvvisata olasciata alle buone intenzioni di qualcuno, perché è un aspetto chequalifica e specifica l’oratorio nella sua identità, e questa è patri-monio e responsabilità della comunità cristiana tutta e non solo diqualcuno»5.

Il primato della relazione indica allora lo stile di accoglienza come progettoe dialogo, l’accoglienza non deve essere occasione di un improvvisato ascoltopassivo ma di un dialogo scelto che mette in movimento l’amore. È la fase ini-ziale dell’amore che educa.

3 Educare alla vita buona del Vangelo, n. 42.4 Il laboratorio dei talenti, n. 16.5 Ivi, n. 17.

CURIA METROPOLITANA

591

2. L’ascolto Scorrendo le pagine della Nota pastorale della CEI Il laboratorio deitalenti sul valore e la missione degli oratori nel contesto dell’educa-zione alla vita buona del Vangelo, documento largamente citato inquesto contributo, ci si accorge che il termine “ascolto” è poco uti-lizzato, si parla molto di “dialogo”. Che vuol dire questo? Certa-mente non si fa dell’ascolto un punto marginale dell’agire educati-vo ecclesiale ed oratoriano ma si evidenzia come esso sia fortemen-te contestualizzato nel dialogo per evitare la passività di un ascoltoche non forma e non trasforma, è uno dei grandi rischi della Chiesadi oggi: ascoltare passivamente senza mai offrire l’energia trasfor-mante che viene da Cristo Signore e dallo Spirito Santo. L’edu-cazione è passione ma anche trasformazione nella novità delVangelo: ascoltare serve a fare di se stessi una persona nuova altri-menti è un puro esercizio accademico.

«Il Vangelo, già implicitamente sperimentato nell’accoglienza in-condizionata e nella condivisione della vita quotidiana, poteva cosìsprigionare tutta la sua carica di trasformazione dell’identità pla-smando le personalità e dischiudendo la via della conversione ouna ripresa del cammino di fede. In questo dinamismo di crescitaumana e spirituale è stato sempre favorito anche il riconoscimentodella propria vocazione. La vera genialità dell’oratorio è di aversaputo declinare questo stile in epoche, luoghi, persone e situazio-ni tra loro molto diverse ed oggi per noi ancora esemplari»6.

3. L’accompagnamento Si parla molto oggi di accompagnamento nella nota CEI sugli ora-tori e in genere nella letteratura ecclesiale e non: in campo sociale,educativo, soprattutto vocazionale. Vorrei dunque sottolineare lo stile ed il tipo di accompagnamento:si tratta di un qualificato esercizio di paternità e maternità ecclesiale.L’accompagnamento non è neutrale stare accanto ma paternità e

6 Ibid.

592

maternità ecclesiale pienamente sviluppate. “Dio è Padre, più anco-ra è Madre”.

«Ripercorrendo la memoria delle tradizioni dell’oratorio, la primaevidenza che ci viene consegnata è il valore insuperabile dell’auto-revolezza delle figure educative. Centrale è la figura del “padre e dellamadre secondo lo spirito”: san Filippo Neri era chiamato padre nell’ac-cezione più intensa dai giovani romani che frequentavano l’orato-rio per gli eccezionali sentimenti di paternità con lui sperimentati edon Bosco volle ricreare nei suoi oratori un ambiente di famigliasotto la sua cura di padre, maestro e amico. Altrettanto si dovrebbedire delle opere femminili, ad esempio delle Orsoline di sant’AngelaMerici o delle Figlie di Maria Ausiliatrice. In molte diocesi i giovanisacerdoti erano quasi interamente dediti all’oratorio, in taluni casirisiedendo addirittura nella stessa struttura oratoriana e assumen-done la responsabilità educativa e gestionale»7.

Tutto ciò vale, a maggior ragione per i laici, i catechisti e soprattut-to per i genitori.Molto interessante la lettura dei nn. 9 e 19 della Nota pastoralecirca la famiglia e le alleanze educative.

Conclusione – sintesi

La via della nuova evangelizzazione oggi non è solo un metodo maprima di tutto trasmissione della vita che diventa testimonianza difede.

7 Ivi, n. 23.

CURIA METROPOLITANA

593

PIÙ VITA CHE STRATEGIE PASTORALI

Ø

Primato della relazione

accoglienza ascolto accompagnamento

Qualche domanda…

1) Catechista = testimone della fede; quale Chiesa vivi e sostieni peressere testimone autentico?

2) La tua molta buona volontà è supportata da una adeguata ricer-ca di capire fino in fondo la fede?

3) Preghi per avere luce e testimoniare la Verità cioè Cristo?

don Giovanni LorussoUfficio Tempo libero, turismo e sport

ØØ Ø

595

“Ritorno al passato”, ovvero celebrazione della Veglia missionariadiocesana nuovamente in Cattedrale, attorno al Pastore della Chiesalocale, il 19 ottobre u.s. Il tema della Giornata missionaria 2013“Sulle strade del mondo” è stato tradotto in preghiera corale nellachiesa madre della diocesi al termine di due momenti preparatori ecomplementari: l’incontro di festa e di riflessione con i migranti nellacentralissima piazza Umberto della città di Bari (lo slancio ‘ad gen-tes’) e l’adorazione eucaristica nella chiesa di S. Giacomo (l’aspetto con-templativo imprescindibile della missione). Riassumiamo i momentidei novanta minuti della Veglia.

Introduzione

Cinque lampade dai colori dei continenti e un globo terrestre, con-dotti all’altare al passo di danza, esprimevano plasticamente l’uni-versalità dell’annuncio evangelico. Sul presbiterio dominavano cin-que drappi con le medesime colorazioni ed un banner decorato diorme tinteggiate che si proiettavano idealmente sulle strade delmondo. Scarpe e sandali, ivi portate da alcuni giovani, rimarcavanoil tema missionario dell’anno.

CURIA METROPOLITANA

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

Settore Evangelizzazione. Ufficio missionarioVeglia missionaria diocesana 2013:

“Sulle strade del mondo”

Il Tempio, prima strada del mondo

596

Testimoni di ieri e di oggi: quali strade per raggiungere le periferie

La lettura di due brani, di santa Teresa di Lisieux e di san FrancescoSaverio, patroni delle Missioni, ci fanno comprendere che le perife-rie antropologiche e della storia sono raggiungibili componendo insintesi queste due espressioni: «Solo l’Amore spinge all’azione»(Teresina); e «Moltissimi in terra di missione non si fanno ora cri-stiani solamente perché manca chi li faccia cristiani» (FrancescoSaverio). Segue la testimonianza di una claustrale di Bari (voce fuoricampo), che ci racconta il paradosso del suo stare sulle strade delmondo proprio attraverso la clausura. Infine una fedele laica di unacomunità periferica della città ci parla della fatica e della fantasiapastorale per l’annuncio del Vangelo oltre il proprio recinto.

Testimoni di ieri e di oggi: alcune modalità del percorso

Attingiamo dagli scritti di altri due testimoni esemplari: san DanieleComboni – di cui ricorre il decennale della canonizzazione – consu-matosi per l’evangelizzazione dell’Africa centrale nel 1800; e donFranco Ricci, sacerdote ‘Fidei donum’ della nostra diocesi, che inEtiopia ha donato la vita per il Vangelo ventuno anni fa. La modali-tà del cammino, dal primo è individuata nella paradossale richiesta diaiuto e di collaborazione a coloro cui egli presta soccorso; dalsecondo nel fare sue le necessità dei più bisognosi anche al di fuoridella missionarietà ufficiale. Viene data, quindi, la parola ad un gio-vane universitario, che espone la fruttuosa partecipazione ad uncampo-lavoro con i Missionari comboniani e la feconda presenzaalla Giornata mondiale della Gioventù in Brasile.

In cammino con la Parola: dal cammino di Dio verso l’umanità nasce il per-corso di ogni credente

Gli Israeliti, pellegrini nel deserto (Es 17, 3-6), attraverso il dono del-l’acqua che Mosè fa scaturire dalla roccia, esperimentano la certezzache Dio compie con loro l’arduo percorso verso la Terra promessa.L’incontro di Gesù con la Samaritana (Gv 4, 5-14) al pozzo di

CURIA METROPOLITANA

597

Giacobbe, dà senso alle esclusioni, alle segregazioni ed alle periferie di ognigenere: esse divengono, in Gesù, frontiere di Grazia. Il commentomistagogico del Vescovo a questa Parola declina il valore dellaSperanza che non delude e non si arrende di fronte ad alcuna bar-riera che vorrebbe separarci dai più bisognosi.Raccolta di solidarietà e conclusione

In questa giornata di preghiera, ma anche di sostegno economicoper le Missioni sparse nel mondo intero, invitiamo al dono di un’of-ferta in danaro, segno di una privazione personale e volontaria.Spontaneamente si crea una lunga fila di fedeli che depone l’offer-ta negli appositi cesti dinanzi al presbiterio, assieme ai numerosiarredi sacri da donare ai missionari tramite le Pontificie OpereMissionarie. La celebrazione si conclude con la benedizione finaledell’Arcivescovo e con la distribuzione di un segnalibro artigianaledi stampo missionario.Lodiamo il buon Dio per l’affluenza numerosa ai tre momenti pro-grammati: incontro con i migranti, adorazione eucaristica e vegliain Cattedrale, gremita per la presenza di sacerdoti, diaconi e fedelilaici confluiti dalla città e dai paesi della diocesi in egual misura.Anche i giovani hanno risposto bene all’appello. Le due danze -quella iniziale con le lampade e l’altra che ha introdotto la Liturgiadella Parola - hanno dato un ulteriore tocco di universalità alla cele-brazione. Il Coro della Cattedrale ha animato con maestria e decoro lapreghiera. Un ringraziamento tutto speciale va a coloro che hannoprofuso le loro energie in anonimato perché il cuore della Chiesa diBari-Bitonto pulsasse di amore per la Missione.

Bari, 19 ottobre 2013

don Ambrogio AvellutoDirettore Ufficio/Centro Missionario Diocesano

598

Settore Evangelizzazione. Ufficio missionario

Giornata missionaria mondiale 2013Le iniziative diocesane sul territorio

Il 20 ottobre 213 è stata celebrata in tutte le parrocchie della dioce-si l’87° Giornata missionaria mondiale su tema “Sulle strade delmondo”. Professare la fede non è solo dire il Credo con la bocca, maviverlo nelle circostanze della vita. Affinché la fede diventi capace diispirare e rinnovare il vivere quotidiano occorre andare sulle stradedel mondo. Gesù ha percorso le strade della Palestina, partendodalla Galilea, e talvolta si è spinto oltre. L’uomo Gesù sapeva staresulle strade perché per lui, così spesso straniero, nessuno era stra-niero davvero. Questa è anche la vicenda dei nostri missionari emissionarie su tante strade del mondo, comprese quelle del web edei social network. Questa diventa la storia di ogni cristiano chenon chiude la fede in spazi e tempi religiosi, ma la porta in ognirespiro della vita. Non sono mancate, a cura dell’Ufficio/Centro missionario dioce-sano, iniziative missionarie sul territorio. A Bari, la particolarericorrenza è stata annunciata ai cittadini con l’affissione dei mani-festi della giornata, tramite l’Ufficio affissioni del Comune. Inoltre,nel Seminario arcivescovile, sono state allestite due mostre missio-narie: l’una con l’esposizione dei lavori degli studenti che hannopartecipato alla XII edizione 2013 del concorso missionario “DonFranco Ricci – Testimoni di fede per una umanità solidale”; l’altra“Concilio e Missione”, mostra fotografica sui 16 documenti delConcilio Ecumenico Vaticano II.Ancora: come negli anni scorsi, domenica 20 ottobre, nella ricor-renza della Giornata missionaria mondiale, è stato allestito unostand missionario nel Centro commerciale “Mongolfiera” di Bari-Japigia, in collaborazione con i Missionari Comboniani di Bari el’Associazione onlus “Mondo antico e tempi moderni”. Per tutta lagiornata, molti visitatori hanno mostrato interesse alla manifesta-zione avvicinandosi allo stand e chiedendo maggiori informazioni.

CURIA METROPOLITANA

599

Sono stati distribuiti gratuitamente pieghevoli e pubblicazioni etrasmessi video sulle missioni.Per il successo della manifestazione, notevole è stato il contributodell’Associazione “Mondo antico e tempi moderni”, rappresentata dalpresidente prof. Nicola Cutino, della Direzione della “Mongolfiera” diBari Japigia per lo spazio concesso e della Ditta Euronics, operanteall’interno del Centro commerciale, per aver messo a disposizione untelevisore.

Mario ConfortiUfficio/Centro Missionario Diocesano

Uffici di Curia. Parrocchia Cattedrale.Basilica S. Nicola. Museo diocesano.

Arciconfraternite di Bari Vecchia

La rassegna “Notti Sacre” 2013

CURIA METROPOLITANA

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

601

Si è conclusa con successo di pubblico la IV Rassegna di “NottiSacre” 2013, dal 21 al 29 settembre. Da una idea semplice di quat-tro anni fa si è arrivati ad impiantare una Rassegna che sta susci-tando interesse anche fuori della nostra Puglia. Il tema trattatoquest’anno aveva per argomento “La fede manifesta”. Quali i moti-vi e i segreti di questo successo di pubblico, documentato anche daimass media non solo locali? Innanzitutto la disponibilità delle chie-se e delle arciconfraternite di Bari Vecchia; sono chiese storiche,artisticamente stupende che vengono aperte soltanto la domenica,fatta eccezione per le due basiliche della Cattedrale e di S. Nicola equalche altra confraternita. Quindi la loro apertura per una interasettimana offre la possibilità ai cittadini di ammirarne la bellezza elo splendore, specialmente dopo i recenti restauri a cui sono statesottoposte. L’altra finalità della Rassegna è di spaziare a 360 gradifra le varie arti visive, pittoriche, musicali, teatrali e letterarie. Eccoalcuni numeri: 14 concerti di musica classica e sacra, 4 rappresen-tazioni teatrali e musicali, 2 presentazioni di libri, 4 mostre in postiprestigiosi quali il Museo diocesano e il succorpo della Cattedrale.Ogni anno si organizza un incontro con un autore ben noto al pub-blico; quest’anno è stato invitato padre Ermes Ronchi, O.S.M.,volto noto del programma “A sua immagine” di Raiuno. Cattedrale

602

gremita in un ascolto silenzioso e piacevole; il linguaggio di questopadre servita conquista non solo la mente, ma anche il cuore.Altra caratteristica importante, concretizzata fin dal primo anno, lapresenza di artisti locali. Quest’anno c’è stata poi una proficua col-laborazione con i due Conservatori di musica di Bari e Monopoli.Notti Sacre sta diventando una vetrina importante per far conosce-re i nostri validi artisti; praticamente sono le nostre eccellenze arti-stiche che si mettono in gioco. Di contro c’è un’apertura ad artistiforestieri; quest’anno abbiamo avuto la presenza del sopranoValentina Farcas, che ha presentato con l’orchestra sinfonica dellaProvincia di Bari alcune pagine sacre di Schubert e Mendelssohn.Un altro splendido concerto corale in cui c’è stata una sinergia fraun direttore ospite, Marco Berrini, e il coro di musicisti pugliesipreparato da Sabino Manzo. Finalmente abbiamo ascoltato a Barimusiche corali di autori viventi e contemporanei che hanno susci-tato entusiasmo nei numerosi ascoltatori presenti nella chiesa disan Gaetano, chiesa che è dotata di una acustica perfetta per l’esi-bizione di voci. Non posso dimenticare il concerto del violinistaMarco Fornaciari; le pietre della Vallisa vibravano di passione e ilpubblico ne è rimasto incantato.Un altro evento da ricordare, la presenza del pittore William Tode,nato a Gonzaga, artista poliedrico e protagonista per oltre un tren-tennio del neorealismo del novecento italiano. Abbiamo ammiratonel succorpo della Cattedrale i suoi dipinti elaborati con una tecni-ca antichissima detta ad encausto. Nello stesso periodo abbiamopotuto ammirare nella Vallisa una mostra fotografica realizzata daMichele Cassano, dal titolo “Cattedrale di luce”. Mentre nel Museodiocesano una collettiva di vari artisti ha interpretato il tema della“fede manifesta”. Al riguardo, interessante il lavoro realizzato inacciaio dall’artista Michelangelo De Virgilio; basti pensare che perrealizzare un’opera occorre in media circa un anno di lavoro.Un altro evento importante è stata la rappresentazione della vita di donTonino Bello, vescovo di Molfetta, morto venti anni fa. Tale spettacoloè stato realizzato dalla Scuola di Teatro diocesana, con la regia di LinoDe Venuto; ma il fatto sorprendente consiste nel coinvolgimento diattori dilettanti, ma ben preparati e diretti. La cattedrale di Bari era gre-mita e al termine c’è stato un applauso di circa dieci minuti.La sezione letteratura è stata allestita dalla Stilo Editrice, che ha

CURIA METROPOLITANA

603

presentato due storie di cristiani santi: la figura di san Francescod’Assisi, e la biografia spirituale di Maria Cordaro, vissuta a Bari dal1892 al 1913. Inoltre il gruppo barese dei Focolarini ha presentatoil profilo di Igino Giordani “Memorie d’un cristiano ingenuo”,edito da Città Nuova. Molto apprezzata anche la presenza di un coro di bambini dell’As-sociazione Nova Artistudium sotto la direzione di Grazia Albergo. Altra particolarità della Rassegna di quest’anno: si è spaziato dallamusica classica a quella contemporanea. La presenza di GiovanniTamborrino con lo spettacolo musicale “Erodiade” ha aperto unafinestra sui nuovi linguaggi musicali d’oggi. Così pure il concertodel coro Juvenes cantores diretto da Luigi Leo; ha eseguito “A littlejazz mass” di Bob Chilcott, una esecuzione entusiasmante e inedi-ta. Molto interesse ha suscitato anche la performance dell’ensembledi chitarre Guitarkestra del Conservatorio di Monopoli, con la dire-zione di Domenico Di Leo e Pablo Montagne. Come ogni anno la Rassegna si è aperta con una messa celebratasabato 21 settembre alle ore 23.00 dal nostro Arcivescovo mons.Francesco Cacucci, con la presenza di un folto gruppo di artisti.Sant’Anna, ogni sera per due ore, ha visto la presenza di alcuni grup-pi parrocchiali per momenti di preghiera e di adorazione eucaristica. Infine una maggiore attenzione rispetto agli anni passati è statarivolta dai mezzi di comunicazione: la presenza di alcune TV loca-li, i due giornali locali (Gazzetta e Repubblica) e Avvenire naziona-le. Specialmente il sito aperto quest’anno (www.nottisacrebari.it) ela pagina su facebook hanno realizzato migliaia di contatti duran-te tutta la settimana della Rassegna. Il successo dell’edizione 2013di Notti Sacre è nei numeri: 12.655 persone hanno visionato lapagina facebook di Notti Sacre nell’intero periodo della rassegna,dal 21 al 29 settembre, di cui 7000 per una volta sola, 2000 per duevolte e oltre 3000 persone da tre a ventuno volte, preferendosoprattutto di visionare il programma di ogni giorno con unamedia di 600 persone.Le locandine e i depliant inviati in tutte le parrocchie e un librettocon tutti gli eventi hanno informato costantemente il pubblico.

604

Un’ultima annotazione: con quali soldi affrontiamo tutte le spese?Dico subito che le spese sostenute si riferiscono alla organizzazionedi tutti gli eventi (stampa, SIAE, allestimenti, video e audio, sedie);agli artisti viene riconosciuto un contributo per le spese vive. Questespese vengono sostenute con il contributo offerto dal ProgettoCulturale e da Sovvenire della CEI, dalla fondazione UBI bancaCarime e da due sponsor privati; il totale è di poche migliaia di euro.Vi diamo appuntamento all’anno prossimo, dal 20 al 28 settembre,augurandoci di ripetere questa importante e appassionante espe-rienza artistica.

mons. Antonio Parisidirettore dell’Ufficio Musica sacra

Alle 19.00, presso la Casa del clero in Bari, si è aperta la seduta delCPD per discutere il seguente odg:

– Amate la nostra terra con un amore intelligente e solidale(cfr Nota pastorale Cristiani nel mondo testimoni di speranza, nn. 10–15)– Proposte e suggerimenti per i prossimi incontri del CPD– Varie ed eventuali

Risultano assenti giustificati: mons. Vito Bitetto, Nicola Costantino,don Enrico Dabbicco, Nicola Mongelli, Domenico Priore, padre Fran-cesco Russo, Salvatore Schiralli, Pietro Vacca.

La seduta ha inizio con la preghiera per il 50° anniversario della Gior-nata mondiale di preghiera per le vocazioni; un consigliere legge quin-di il n. 11 della Nota pastorale.I presenti apportano piccole variazioni al verbale della seduta pre-cedente che quindi viene approvato.

Si procede alla discussione del primo punto all’odg.Il segretario introduce il relatore a cui è stato chiesto di offrire unalettura del contesto sociale e culturale in cui laici e presbiteri vivo-no e operano; cita il rapporto 2012 della Banca d’Italia sulla Pugliae, alla luce dei nn. 10-15 della Nota pastorale, invita i presenti ad unlavoro comune di discernimento per «far sentire la prossimità della

Consiglio Pastorale DiocesanoVerbale della riunione del 17 aprile 2013

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

CONSIGLI DIOCESANI

605

606

nostra Chiesa locale ad ogni situazione di fragilità». Quindi, cede laparola a don Rocco D’Ambrosio, docente di Filosofia politica edEtica politica presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.Don Rocco, in riferimento alla Nota pastorale, si augura anzituttoche possa servire a rilanciare il laicato delle nostre Chiese pugliesi,che ritiene essere stato l’anello più debole degli ultimi vent’anni neltradurre le indicazioni del magistero in ambito sociale, politico,economico. In riferimento al ruolo dei laici nel mondo, evidenzia illinguaggio esortativo ed emotivo della Nota pastorale che invita adamare, a custodire e prendersi cura del territorio, degli uomini edelle donne che vi abitano. Entrando nel merito del tema, c’è anzitutto da riflettere sul rap-porto tra le comunità, il laicato in particolare, e il territorio: si fafatica ad ascoltare (amare con intelligenza) il territorio. E questoper due possibili ragioni.La prima è di ordine storico e affonda le sue radici nella conflittua-lità tra la comunità cattolica italiana e la modernità. Da qui la frat-tura fra quello che si vive nel mondo e l’eco che se ne ha nella comu-nità (omelie, catechesi, orari etc.); la discontinuità tra tessutocomunitario e territorio in cui la comunità vive e testimonia unafede spesso intimistica e dai caratteri magici. La seconda è attribuibile ad una carente e debole formazione dellenostre comunità sui temi sociali, politici, economici, culturali e dellavoro: in pochi pensano che questi debbano far parte della cate-chesi ordinaria.Se non recuperiamo la frattura tra comunità e territorio, il modo dioccuparci dei problemi del territorio sarà sempre di emergenza,caratterizzato da un “falso profetismo” e dall’impegno dei singolipiuttosto che dell’intera comunità. È pertanto necessario collegarela vita di fede con l’impegno nel mondo. L’altra questione importante è quella di imparare ad ascoltare conmetodo perché l’analisi dei problemi sociali, politici, economici nonpuò essere improvvisata. Ci vuole intelligenza nel comprendere, altri-menti la custodia, anziché un prendersi cura (cfr papa Francesco)diviene paternalismo e l’amore sentimentalismo. Bisogna conosceree applicare il metodo del magistero sociale: vedere, giudicare e agire.E per comprendere è indispensabile formarsi e informarsi, valutandoalla luce del Vangelo per agire come singoli e comunità.

CURIA METROPOLITANA

607

CONSIGLI DIOCESANI

Nell’agire, inoltre, va sottolineato il tema della “vicinanza” e della“condivisione”. Don Rocco ritiene che le nostre comunità realizzinouna vicinanza intesa come “pronto soccorso” e, pertanto, abbianodifficoltà a comprenderla come “terapia a lungo termine”. Le Cari-tas sono una presenza preziosa, ma i volontari impegnati sono pochie di conseguenza oberati di lavoro e problemi. Più che animare l’in-tera comunità, la carità rischia di essere “appaltata” a pochi; è unacarità d’emergenza in cui il resto della comunità non si sente coin-volta. Purtroppo, c’è da dire che la gravità della crisi farà crescere lerichieste di “pronto soccorso” e, insieme, quelle che richiedono unarisposta concreta a lungo termine. Pertanto, dobbiamo inventarcinuove forme di vicinanza attraverso l’esperienza del dono, dellasobrietà, dei nuovi stili di vita; dobbiamo divenire comunità acco-glienti e che sanno ascoltare. L’esperienza peggiore, per coloro che vivono un disagio (in questomomento il disagio economico è quello maggiore), è non trovarespazio nelle comunità e sentirsi ospiti.Tra i segni concreti di “prossimità alle fragilità”, don Rocco ricordail Progetto Policoro, nato nel 1995 per promuovere l’autoimprendi-torialità dei giovani e che merita maggiore attenzione e un rinnova-to impegno di rilancio pastorale.Inoltre, come singoli e come comunità, il tempo presente ci esorta apensare e concretizzare la “prossimità” attraverso piccoli, ma elo-quenti segni e gesti sull’esempio di papa Francesco: possiamo pen-sare, ad esempio, alle feste patronali come occasione per testimonia-re la solidarietà agli “ultimi”.

Terminato il suo intervento, il segretario ringrazia don Rocco echiede ai presenti di intervenire.Giuseppe Variato porta l’esperienza della Caritas della propria par-rocchia, anch’essa oberata e portata avanti da poche persone; evi-denzia come spesso sono gli stessi “praticanti” delle nostre comu-nità che si rivolgono a maghi e cartomanti. Manifesta la difficoltàdi portare avanti i temi sociali e una ridotta presenza e impegnogiovanile.

608

Vincenzo Mascello ritiene che la confusione delle comunità dinanzialle nuove e tante emergenze derivi da un atteggiamento di diffusasufficienza nelle comunità che non si interrogano a fondo sui proble-mi; il “noi sappiamo già” compromette il bisogno di approfondire;ritenendoci portatori di una errata idea di “verità”, non affrontiamo ilmondo con un atteggiamento corretto. Per questo, al sorgere dei pro-blemi, le persone fanno fatica a leggere le situazioni e, soprattutto,interpretarle alla luce della fede. Come Chiesa non dobbiamo averel’ansia di ricercare la soluzione dei problemi, ma anzitutto aprirci allafede che dona una intelligenza autentica dei problemi della vita e riaf-fermare la centralità di Cristo. È questo l’autentico senso religioso cheoccorre riscoprire nel nostro laicato.Simona Piscitelli, ricordando don Tonino Bello che invitava coloro cheavessero case sfitte a darle alle famiglie in difficoltà, ritiene che vadaritrovata l’unità tra fede e umanità; invita a dare più fiducia ai giovaninelle comunità facendo far loro esperienza di nuovi stili di vita; ricor-da come la nostra vocazione sia quella di essere “contemplativi”.Nicola Ugenti riconosce lo scollamento tra fede e vita e l’urgenza dellatestimonianza da parte dei cristiani.P. Leonardo Di Taranto ricorda a tutti l’esperienza della quotidianacena per i bisognosi in piazza Moro, risposta certo d’emergenza, mache consente l’incontro con l’altro e il coinvolgimento di tante par-rocchie.Mons. Angelo Latrofa riporta all’attenzione dei presenti le diversesollecitazioni dei vescovi contenute nella Nota pastorale, soprat-tutto l’invito ad amare il proprio territorio; invita a lasciarsi aiuta-re anche dalla lettura delle lettere del vescovo alle comunità parroc-chiali al termine delle visite pastorali.Don Gaetano Coviello narra la sua precedente esperienza di parro-co a Bitonto laddove, nella programmazione dell’itinerario catechi-stico, accanto alla dimensione catechetica e liturgico-spirituale,dava rilievo al momento dell’attualizzazione e della testimonianzanella vita. Propone, inoltre, durante la celebrazione domenicale, diprestare maggior cura al momento della preghiera dei fedeli.Riconoscendo un certo “campanilismo cristiano” riguardo alle atti-vità caritative, invita ad aprirsi anche alle altre presenze di aiutosociale che operano nel territorio e a collaborare senza freddezze epregiudizi.

CURIA METROPOLITANA

609

CONSIGLI DIOCESANI

Chiara Trotta ritiene che non debba esserci parrocchia senzaCaritas e che il cammino di fede delle comunità debba incrociare lavita e le storie di tutte le “pecore”.Maria Campanile sottolinea la separazione tra fede e vita e il suo sor-gere dalla “non-conoscenza” del territorio che genera paura nei sin-goli e nelle comunità. A ciò si aggiunge anche la paura di essere “eti-chettati” politicamente quando si cominciano ad affrontare proble-matiche sociali. Sottolinea l’importanza dell’investimento a lungotermine nella formazione e invita a vivere la “prossimità” comeaccompagnamento, come uno “stare-con” senza sostituirsi all’altro.Michele Guastamacchia propone una formazione non “ex cathedra”, mauna formazione che renda capaci di stare con l’altro. Occorre chiedersi senella comunità, oltre alla carità, non vi siano anche altri servizi che ven-gono “appaltati” a pochi singoli e se la causa di ciò sia da addebitarsi allamancanza di progettualità o all’incoerenza dello stesso laicato.Mons. Colucci ricorda che Dio si è incarnato proprio perché il Suoprogetto di fede sia inscritto nella concretezza della nostra vita;richiama l’importanza della collaborazione tra parroci e laici nellaprogettualità delle comunità.

Riprendendo la parola, don Rocco allontana la tentazione del “pian-gersi addosso” e cita il n. 29 della Nota pastorale: «La formazionedeve essere in grado di dare significato alle esperienze quotidianeinterpretando la domanda di senso che alberga nella coscienza dimolti (…) favorendo la crescita integrale della persona». Forse èopportuno ripartire dalla mappa dei significati: parole e gesti all’in-terno delle nostre comunità hanno smarrito la loro carica semanticae la capacità di incidere nella crescita integrale delle persone.Per recuperare la frattura tra fede e vita, pertanto, bisogna tenerconto che l’annuncio di fede è forte ed esigente, ma i destinatarisono “fragili”. Per cui il compito delle comunità è suscitare in tutti,soprattutto nei giovani, domande “di senso” affinché poi ciascunopossa fare scelte significanti. Infine, riguardo alla paura di essereetichettati, don Rocco ricorda che siamo fedeli a Gesù Cristo e cheil Crocifisso non ha colori politici.

610

Terminato l’intervento, padre Arcivescovo ringrazia don Rocco etutti i presenti per le riflessioni e invita tutti ad amare la nostraterra. Nella visita alle parrocchie, infatti, non di rado ha trovatovisioni stereotipate della realtà e una frammentazione della carità:ognuno guarda solo al proprio piccolo recinto anziché guardare ilterritorio parrocchiale nella sua complessità. Bisogna condividere,comunicare, ascoltarsi: dobbiamo essere capaci di vivere il fram-mento nel tutto, ma anche il tutto nei frammenti. Riprendendo laCaritas in veritate evidenzia come Benedetto XVI abbia conferito alprincipio evangelico della gratuità e del dono una valenza econo-mica, proponendo la visione francescana della condivisione. Lacarità non è fare delle cose, ma accogliere la carità come dono, comegrazia. Bisogna avere più fiducia nelle nostre realtà agricole, neiconfronti delle nostre scuole, dei nostri quartieri. Infine, propone come suggerimento per il prossimo anno pastora-le: una riflessione sulla Pentecoste, sulla dimensione di una Chiesache non si chiuda in se stessa, ma sia capace di aprirsi alle periferieesistenziali e antropologiche, conservando il tutto che è il SignoreRisorto.

A conclusione della discussione e degli interventi, in riferimento alsecondo punto all’odg il segretario invita tutti a comunicareall’Ufficio di segreteria del CPD le proposte e i suggerimenti per gliincontri del prossimo anno.

La seduta si scioglie alle ore 21.15 con il canto del Regina coeli.

Il segretarioAntonio Nicola Colagrande

Leonardo Nunzio Di TarantoFare pastorale della salute in Italia, oggi

Presentazione di Ornella Scaramuzzi a Fare pastorale della salute in Italia, oggidi Leonardo Nunzio Di TarantoEdizioni CVS, Roma 2010

INDICE: Guardando alla novità del testo… di Ornella Scaramuzzi;Presentazione: Un libro per gli operatori pastorali sanitari; Introduzione:Domanda di salute e bisogno di salvezza CAPITOLO I: Cosa è la pastorale della salute? Le tre tappe evolutive dell’identi-tà della pastorale della salute; I cinque volti del malato nella vita di unacomunità cristiana; Conclusione CAPITOLO II: Perché la Chiesa fa pastorale della salute? 1. Fondamento biblico-teologico; 2. Fondamento cristologico; 3. Fondamento ecclesiologicoCAPITOLO III: Quali sono le finalità della pastorale della salute? Primo ambito:malati e familiari; Secondo ambito: cultura e politica; Terzo ambito: uma-nizzazione ed eticaCAPITOLO IV: Chi deve fare pastorale della salute? Prima parte: I soggetti dellapastorale della salute; Seconda parte: Malato e comunitàCAPITOLO V: La comunità cristiana e la promozione della salute nelle istituzionisanitarie Alcune puntualizzazioni; I sentieri della promozione della salu-te; Un traguardo: Nome e volto della comunità cristiana in ospedaleCAPITOLO VI: La comunità cristiana e la promozione della salute nel territorioPrima pista: La costruzione di una comunità guarita e sanante; Secondapista: Alcune scelte pastorali; Terza pista: “Conoscere le molteplici strut-ture che promuovono la salute…”CAPITOLO VII Le strutture di comunione e di animazione della pastorale della salutePontificio Consiglio per la pastorale della salute; Ufficio nazionale per la

PUBBLICAZIONI

611

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

612

pastorale della sanità; Consulta nazionale per la pastorale della sanità;Tavolo nazionale delle istituzioni sanitarie di ispirazione cristiana; LaConsulta regionale per la pastorale della salute; Ufficio e Consulta dioce-sani per la pastorale della salute; La comunità parrocchiale; La cappella-nia ospedaliera e il consiglio pastorale ospedaliero Bibliografia essenziale di riferimento – Riviste principali di settore

Guardando alla novità del testo…

Che la Scuola di pastorale sanitaria di Bari sia stimolo per gli alun-ni verso una nuova comprensione aperta e cordiale dei problemidell’umanità sofferente e in cammino verso la salvezza, è un datoacquisito ormai da molti anni che ci riempie di orgoglio.Ma quando un docente, come nei ripetuti casi di p. Leonardo DiTaranto, p. Francesco Neri e mio, scrive pagine nuove aprendo oriz-zonti concreti a quanti intraprendono lo studio dell’umanizzazio-ne del mondo della salute, si ha l’impressione che si stabiliscanopunti di riferimento nuovi nella storia della pastorale sanitaria, cheilluminano e facilitano il cammino ecclesiale.Così è per la recente fatica di p. Leonardo Di Taranto che pubblicail lavoro già offerto agli alunni del Biennio di etica e umanizzazione2008 – 2010 di Bari: Fare pastorale della salute in Italia, oggi.Già in altri testi in passato, l’autore si era occupato dell’evoluzionedella sanità dagli anni ’60 in poi, sottolineando la missione nuovache la Chiesa, che da sempre si è presa cura dei malati, svolge al suointerno, cooperando ai cambiamenti. Tutto alla luce dei documen-ti del Magistero della Chiesa a partire dal caposaldo, la Salvifici dolo-ris (1984) seguita dalle due Note per la pastorale della salute stilatedalla Consulta relativa e dalla Commissione episcopale per il servi-zio della carità e la salute rispettivamente nel 1989 (La pastorale dellasalute nella Chiesa italiana) e nel 2006 (“Predicate il Vangelo e curate imalati”. La comunità cristiana e la pastorale della salute). I riferimenti siallargano anche a quanto viene suggerito più o meno esplicitamen-te per il nostro settore nella Christifideles laici, nella Evangelium vitae,nella Carta degli operatori sanitari, nel Dizionario e nel Manuale di teo-logia pastorale sanitaria …Bisogna riconoscere all’autore la sensibilità con cui ha scorto glielementi propositivi mettendoli poi insieme con chiarezza in un

PUBBLICAZIONI

613

progetto che, prima di essere scritto, è stato sperimentato e verifi-cato in corso d’opera. Infatti, p. Leonardo è da trentacinque annicappellano ospedaliero e da venticinque direttore dell’Ufficio dio-cesano di pastorale della salute di Bari – Bitonto, al quale ufficio findall’inizio ha associato l’organo collegiale della Consulta. Adesso,dopo tanto tempo, possiamo ben definire la sua, passione e lungi-miranza nel servizio. Questa dunque mi sembra la stagione deifrutti che segue quella della semina profusa a piene mani in terreninon sempre favorevoli e difficili da dissodare.Ecco che adesso abbiamo nelle mani un testo molto efficace cheinquadra i fondamenti biblico-teologico, cristologico ed ecclesiolo-gico della questione.Nel primo è il Dio dell’alleanza che si rivela padre-madre, pastore emedico. Nel secondo Gesù manifesta il volto del Padre e rappresen-ta l’oggi della salvezza. Nel suo agire compassionevole sono descrit-ti i lineamenti programmatici di ogni discepolo di Gesù sulla terra,tra verifica (Mt 5-7) e giudizio (Mt 25). Nel terzo è tracciata la storiadella carità della Chiesa che si riassume nel programma del profetaIsaia di portare un annuncio di speranza agli umiliati, fasciare lepiaghe dei corpi malati e dei cuori spezzati, proclamare la libertà aiprigionieri del male, donare l’olio di letizia agli afflitti, intonare uncanto di lode con i disperati, inaugurare ogni mattina i tempi mes-sianici (cfr Is 61,1).L’autore si addentra poi nelle finalità della pastorale della salute etraccia gli ambiti di evangelizzazione nell’impegno con i malati e ifamiliari, nella cultura e nella politica, nell’umanizzazione deglioperatori e dei luoghi di cura, illuminandoli con la fede.Delinea poi l’identità di coloro che devono fare pastorale della salu-te attingendo alle due Note pastorali del 1989 e del 2006, e mette alprimo posto la comunità cristiana fatta di battezzati tutti coinvol-ti e corresponsabili.Con la precisione espositiva che lo caratterizza, l’autore inquadra,ciascuno in dieci punti, prima gli effetti devastanti della malattia (p.58 e ss.), poi l’impegno del malato per trasformare la malattia inopportunità (p. 63 e ss.) e infine i compiti della comunità cristiana

614

verso i malati (p. 68 e ss.). Tale accostamento sviluppa didatticamentein concreto l’azione pastorale e fornisce obiettivi chiari al lettore. Nel distinguere poi i sentieri della promozione della salute, secondaarea di interesse della nostra pastorale, correttamente intesa a dare atutto campo pienezza di vita all’uomo (cf. PVCM n.33), p. Leonardo DiTaranto dice «quanto sia impegnativa la missione della comunità cristiana nelmondo sanitario e quale rivoluzione pastorale essa debba compiere nella pro-posta di una visione di salute come dono di Dio e come responsabilità persona-le» che implica il significato dato alla vita e la speranza cristiana.Infine la promozione della salute si allarga a intrecciare relazionicon le parrocchie nel territorio, sostenendo il valore di una pasto-rale integrata di tutti responsabili ormai improrogabile, pena l’af-fievolimento stesso dell’evangelizzazione che non fosse mediatadalla testimonianza della sequela dell’amore di Cristo pastore delleanime e dei corpi.Tanti sono i riferimenti ai testi più aggiornati di pastoralisti odierni,nel tracciare le piste operative affinché una comunità guarita e sanantesi metta a servizio concreto, con animo missionario, dello sviluppocristiano-sociale. Sarà allora l’iniziazione cristiana, le catechesi per levarie fasce di età dei parrocchiani, la cura per l’educazione e la for-mazione degli operatori pastorali a svelare il senso della vita, che,benché fragile, è dono e responsabilità. Ciò si attua promuovendoanche sani stili di vita per l’uomo, che si riflettono sulla salvaguardiadell’ambiente, luogo nel quale l’essere umano è fruitore e non padro-ne, creatura fra creature e non cieco e arrogante despota.L’ultimo capitolo offre il panorama evolutivo delle strutture di comu-nione e animazione della pastorale della salute; è molto utile per com-prendere le attuali gerarchie di riferimento entro le quali si opera.Proprio leggendo fino all’ultima riga il testo, ci si accorge che l’a-zione dello Spirito ha trasformato la pastorale della salute da “cene-rentola” a “educatrice pedagogica” delle altre pastorali perché nulla diciò che è dell’uomo, relativo alla sua fragilità e alla sua ricerca difelicità, è estraneo a Dio.Allora tutta la pastorale della salute va letta come missione delpopolo di Dio in cammino verso il Padre, punto di origine e finedell’esistenza umana.

dott.ssa Ornella ScaramuzziDirettrice della Scuola di pastorale sanitaria di Bari

PUBBLICAZIONI

615

Ornella ScaramuzziVoglio parole vere

Prefazione a Voglio parole veredi Ornellla ScaramuzziEdizioni CVS, Roma 2013

Indice: Prefazione Presenza: Voglio parole vere - Quarant’anni di nozze - Matrimoni d’oggi -Roma, la notte spolvera ricordi - In treno - Incomunicabilità in eurostar -Canzoncina giubilare - Maschere e volti.Evoluzione: Quattro regali per gli sposi - Agapantus - Ultime note per me -Mamma - Nonna e nipotino – Ancora – Palloni colorati - Pittori in volo -Più lontano - Primo amore.Tutto è uno: Nelle mie fibre - Fanne parte anche a me – Controsole -L’incanto - Davvero non possiamo farne a meno - La via negativa dellavita - A Luigi, Annamaria, Pasquale, Cherid... - Il processo del morire; spa-zio di salute e di salvezza - Parola senza risposta - Ora che non ci sei -Spiritualità, fuoco in noi - In Tua bellezza.Con la mente, con il cuore, con tutta me stessa: Ascolto attivo - Paura nelle rela-zioni con altri - Visite a Dio - Accoglienza in chiesa - Salute e salvezza: ciòche è impossibile agli uomini è possibile a Dio - Il dolore dei fratelli super-stiti - Dodici caratteristiche del servo inutile.Haiku: Infelicità - Una dimora fissa - Grazie - Fede – Felicità - A padreDiego.1 – A padre Diego.2 - Precarietà - Sole di luglio - Fuori dai luoghicomuni - Per un “no”.

Dalla Prefazione dell’Autrice

Anche questo terzo libro, che ospita poesie e prose, rappresentaun approfondimento nel viaggio della vita. Le esperienze suscita-no sempre riflessioni ed io amo fermarmi un poco, non solo per

616

riprendere fiato ma soprattutto per assaporare gli eventi cheattraverso.A volte la traccia si imprime in poesia, sintesi di immagini e senti-menti che vibrano dentro di me incessantemente e si fanno parola,altre volte è narrazione di dialoghi importanti con persone cheincrociano la sofferenza, talaltra diviene sintesi, su come gestire glispazi comunicativi con la gente. L’esperienza ripensata e in certosenso ‘ruminata’, acquista essenzialità e semplicità ed ho imparatocon certezza che tutto è unità. È questo che ho cercato di esprimerenelle pagine nate a volte con dolore e fatica, sempre con stupore,spesso con la gioia che nasce dalle cose vere. Il linguaggio sempliceed accessibile rispecchia la mia personale ricerca di verità, anchenelle parole. Spero che di ciò qualcuno mi dia atto, leggendo congusto e comprendendo l’intensità di quanto desidero trasmettere.Anche le poesie, infatti, che non vestono formali espressioni lette-rarie in quanto si radicano nei vissuti più che essere immagini delpensiero, hanno una evidente trasparenza di significati che tuttavianon devono essere spiegati, proprio per entrare come musica inrisonanza col cuore dei lettori.Il primo gruppo, intitolato Presenza, è un punto di osservazione sualcuni aspetti contrastanti del comune modo di vivere oggi.Il secondo gruppo, Evoluzione, racchiude, mescolati nella stesura,eventi e ricordi che hanno segnato intensamente la mia vita perso-nale. Gli ostacoli non devono necessariamente essere superati conun salto a piè pari, possono anzi indurci a cercare strade diverse; nonrappresentano una rinuncia ma possibilità di ampliare la compren-sione e il risultato finale è una meravigliosa trasformazione. Il terzo gruppo, Tutto è uno, raccoglie l’evoluzione spirituale chespesso mi fa sentire attraversata e circondata da Dio «così prossimoche giaci sotto la mia pelle!». In alcune poesie è chiaramente espres-so un ‘sì’ al Progetto, non nostro, che ci mette di fronte a incontriparticolarmente toccanti che, benché si concludano con la morteterrena, regalano la certezza di fede che la vita è nelle stesse fibre diciò che noi chiamiamo morte. Annamaria, Pasquale, Luigi, Cherid,Vincenzo, sono assolutamente vivi dentro di me ancora adesso, nonmemoria sfocata. Mi aiutano a ricapitolare, per i superstiti, il sensodi quanto avvenuto e ad innescare in loro un nuovo dinamismo esi-stenziale, come rivela la poesia Ora che non ci sei.

PUBBLICAZIONI

617

Il quarto gruppo, Con la mente, con il cuore, con tutta me stessa, rappre-senta la concreta applicazione, nell’ascolto, delle profonde convin-zioni spirituali maturate. Vi è riportato anche l’unico brano noninedito, Salute e salvezza – ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio,pubblicato nel testo prodotto dalla Consulta regionale pugliese dipastorale della salute, per la XX Giornata mondiale del malato.Da ultima, una raccolta di HAIKU, piccoli insight d’amore. Buona lettura, amici! «Vi consegno un dono:/ nell’invecchiareimparo/ che cammino verso la mia infanzia/».

Ornella Scaramuzzi

NELLA PACE DEL SIGNOREDOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

619

«Quando Dio ama, non vuole altro che essere amato; perché egliama con il solo scopo di poter essere amato, sapendo che coloro chelo amano sono benedetti da quello stesso amore». «In questo dialogo l’iniziativa è di chi ama di più, ed è l’Amore stes-so che si protende verso di noi. “In questo sta l’amore - ci ricorda l’a-postolo Giovanni - non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui cheha amato noi” (1Gv 4,10). È lui che per primo, come lo sposo delCantico dei Cantici, ci viene incontro e ci chiama: “Alzati amicamia, mia bella, e vieni” (Ct 2,10). L’iniziativa è sempre sua. È suo ilprimato d’amore». Sono questi alcuni passaggi di una profonda riflessione di donGiovanni Castoro durante i giorni di condivisione e preghiera in unritiro ai candidati al diaconato permanente.Con il Cantico dei Cantici si è realizzato il romanzo della vita didon Giovanni, espressione pura ed autentica della sua vocazionesacerdotale: ha mostrato a tutti, come ben pochi, una saggezza infi-nita, e con silenziosa pazienza ha veramente vegliato sul gregge divolta in volta a lui affidato.Don Giovanni, nato a Grumo Appula il 30 luglio 1930, fu ordinatosacerdote il 20 dicembre 1958, e, dopo essere stato per un anno pre-fetto dei ragazzi nel Seminario Arcivescovile di Bari, giunse a Molaall’inizio degli anni ’60, dove fu per molti anni viceparroco della

don Giovanni Castoro

620

parrocchia SS. Rosario e assistente spirituale dei giovani del-l’Associazione di A.C. “San Pancrazio”: la sua fu una vera scuola divita in cui si forgiarono tanti giovani che diedero vita ad innumere-voli iniziative religiose, sociali e culturali. Divenuto in seguito par-roco nella parrocchia S. Pio X di Bari (1971-1974), approdò nel1984, per volontà del compianto arcivescovo mons. Mariano Ma-grassi, alla parrocchia S. Maria Assunta in Binetto.I parrocchiani di Binetto lo ricordano come sacerdote dotato di unastraordinaria vitalità e caparbietà nel catechizzare in maniera parti-colare “gli uomini della sua Anspi”, a cui dedicò buona parte dellesue attenzioni, disponendo che si restaurassero con il loro aiuto ilocali della canonica.Uomo di grande cultura, pochi sanno che aveva il dono di una bellavoce e di una grande musicalità. Per questa sua predilezione verso lamusica donò nel 1998 alla parrocchia il nuovo organo, in occasionedella ricorrenza degli ottocento anni della consacrazione della chiesa,uniti ai festeggiamenti per i suoi quarant’anni di sacerdozio.Le lunghe fitte pagine di catechesi di cui è rimasta traccia nellemani di molti catechisti di Binetto hanno plasmato e forgiato, tragli altri, il cammino vocazionale al presbiterato di don FrancescoMancini e al diaconato permanente di Donato Campanelli e VitoLupis, che lo ricordano con straordinario affetto. Anche la comunità parrocchiale S. Maria di Monteverde di GrumoAppula, che, al termine del suo parrocato a Binetto nel 1999, hainteso accoglierlo in grande benevolenza assieme al parroco donFranco Vitucci, ha mostrato attenzione ai suoi consigli e suggeri-menti, in special modo quale confessore esemplare nonché padrespirituale per quanti lo hanno scelto come guida.Quando il nostro Arcivescovo mons. Francesco Cacucci gli offrì l’op-portunità di continuare il suo servizio sacerdotale quale vicario delVII vicariato ed in contemporanea quale assistente spirituale dei can-didati al diaconato nonché dei diaconi permanenti, don Giovanninon seppe dire di no, convinto che la perfetta obbedienza dovessepermanere a vita nell’ attività di un sacerdote. La relazione maturatanegli incontri che don Giovanni ha tenuto quale vicario si è rivelataassai feconda per quella serie di comunicazioni che ha saputo attiva-re tramite contatti e incontri personali, non solo per l’assunzione diun comune impegno pastorale ma anche per il consolidarsi di una

DIARIO DELL’ARCIVESCOVO

621

vera fraternità tra presbiteri e diaconi, che ha aiutato a non fermarsial mero rapporto funzionale ma a condividere le diversità come ric-chezza.Dal 2002 era padre spirituale della Pia Unione Sant’Antonio e del-la Confraternita Maria SS. Annunziata in Bitetto e dal 2009 assi-stente spirituale della Confraternita del SS. Sacramento in GrumoAppula. Negli ultimi mesi della sua vita era stato ospite della Casadella Carità “S. Vincenzo de’ Paoli” in Toritto, dove il Signore lochiamava a sé il 14 ottobre 2013. Le esequie sono state celebrate il 15 ottobre 2013 dall’Arcivescovo S.E.mons. Francesco Cacucci nella chiesa parrocchiale di S. Maria Assuntain Grumo Appula.

Grazie, caro don Giovanni, per quello che hai lasciato attraverso latua affabile presenza nella mente, ma soprattutto nel cuore di tutti.A te Dio si è particolarmente svelato perché nella tua semplicità edumiltà lo hai saputo accettare anche nella sofferenza degli ultimituoi giorni di vita, quando la Sua luce brillando ha illuminato tuttala tua esistenza.Sicuramente negli ultimi tuoi istanti di vita terrena sei stato com-pletamente rapito dal Suo Amore, in quell’incanto che ti avrà fattoesclamare ancora con la sposa del Cantico dei Cantici: «Come seibello, mio diletto».

DIARIO DELL’ARCIVESCOVODOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

623

29/8-5/9 - Guida il pellegrinaggio diocesano in Terra Santa in oc-casione dell’Anno della fede.

7 - Alla sera, presso la parrocchia S. Maria Assunta in Binetto,celebra la S. Messa per l’ordinazione presbiterale di don A-lessandro Decimo D’Angelo.

8 - Al mattino, presso la parrocchia Maria SS. Immacolata inPalombaio, celebra la S. Messa per la festa patronale.

- Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per la consacra-zione di Maria Calvi nell’Ordo virginum diocesano.

10 - Al mattino, presso l’aula magna dell’Università degli Studi“Aldo Moro” di Bari, porta il saluto ai partecipanti al XXICongresso della Società per il Diritto delle Chiese Orientalisul tema “Leggi particolari e questioni attuali nelle Chiese”.

12 - Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, cele-bra la S. Messa per le Monache Clarisse di Puglia.

13 - Presso l’auditorium “Giovanni Paolo II” della parrocchia S.Maria degli Angeli in Termoli, relaziona all’Assemblea dellaDiocesi di Termoli-Larino sul tema: “L’anno liturgico comeitinerario di fede”.

14 - Al mattino, presso la Fiera del Levante in Bari, partecipa allacerimonia di inaugurazione della LXXVII edizione dellaFiera campionaria.

Settembre 2013

624

- Alla sera, in Piazza Duomo a Lecce, partecipa alla concelebra-zione eucaristica per l’ordinazione episcopale di S.E. mons.Fernando Filograna, vescovo di Nardò-Gallipoli.

15 - Al mattino, presso la parrocchia Maria SS. Addolorata inMariotto, celebra la S. Messa per la festa della Titolare.

- Al pomeriggio, presso l’Istituto “Madre Clelia Merloni” inBari, celebra la S. Messa per il 50° anniversario di professio-ne religiosa di suor Gaetanina Sanitate, A.S.C.J.

18 - Alla sera, presso l’aula magna della Scuola Allievi dellaGuardia di Finanza in Bari, tiene all’assemblea diocesanala relazione Lo splendore della speranza. Verso le periferie della sto-ria. Proposta per l’Anno pastorale 2013-2014, “Anno dellasperanza”.

19 - Alla sera, presso la parrocchia S. Gabriele dell’Addolorata inBari, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco p.Giuseppe Pane, C.P.

20 - Alla sera, presso la Sezione UNITALSI di Bari, benedice lanuova sede dell’Associazione.

21 - Al mattino, presso il Politecnico di Bari, partecipa al Con-vegno organizzato dall’Associazione Ingegneri Cattolici su“Architettura arte liturgia”, con la presenza di mons.Giancarlo Santi.

- Alla sera, in Cattedrale, partecipa al concerto inaugurale di“Notti sacre”, Rassegna di arte, musica, pensiero, preghiera,spettacolo nelle chiese di Bari vecchia. Successivamente, ce-lebra la S. Messa nella chiesa di S. Anna.

22 - Al mattino, presso la parrocchia Redentore in Bari, celebrala S. Messa con la presenza dell’urna delle reliquie di sanGiovanni Bosco.

- Alla sera, presso la parrocchia S. Pio X in Bari, celebra la S.Messa e amministra il sacramento della Cresima.

23-26 - A Roma, partecipa ai lavori della sessione autunnale delConsiglio Permanente della Conferenza Episcopale Ita-liana.

26-29 - Visita pastorale alla parrocchia S. Sabino in Bari.30 - Alla sera, presso la parrocchia S. Rita in Bari, celebra la S.

Messa per l’ingresso del nuovo parroco don Vito Didonna.

ANNOTAZIONI

625

DIARIO DELL’ARCIVESCOVO

Ottobre 2013

1 - Al pomeriggio, presso il Monastero S. Giuseppe delleCarmelitane scalze in Bari, celebra la S. Messa nel trigesimodi madre Maria Assunta del Divimo Amore, O.C.D. (Tateo).

- Alla sera, presso la parrocchia S. Maria del Carmine in Sam-michele di Bari, celebra la S. Messa per il 25° anniversario diordinazione sacerdotale di don Vito Cicoria.

2 - Alla sera, presso la parrocchia S. Giovanni Battista in Bari,celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco don An-tonio Ruccia.

3-6 - Visita pastorale alla parrocchia Resurrrezione in Bari.7 - Alla sera, presso la parrocchia Immacolata in Gioia del Col-

le, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco donMarino De Caro.

8 - Alla sera, in Bitritto, presso l’Istituto S. Cuore, celebra la S.Messa per l’80° anniversario dell’Istituto.

9 - Al mattino, presso il Seminario Arcivescovile, incontra l’é-quipe educativa.

- Alla sera, presso la parrocchia S. Marcello in Bari, celebra laS. Messa e benedice un nuovo mosaico.

10 - Alla sera, presso l’Istituto dei Missionari Comboniani in Ba-ri, celebra la S. Messa per il 10° anniversario della canoniz-zazione di san Daniele Comboni.

11 - Al pomeriggio, a Molfetta, presso il Pontificio Seminarioregionale Pio XI, partecipa alla presentazione del volume“Solus amor hic me tenet”. Scritti in onore del Prof. SalvatorePalese, da parte di S.Em. il card. Raffaele Farina, S.D.B.,archivista emerito dell’Archivio Segreto Vaticano e bibliote-cario emerito della Biblioteca Apostolica Vaticana.

12 - Alla sera, presso la parrocchia S. Giovanni Bosco in Bari, celebra laS. Messa per l’ingresso del nuovo parroco don Fabio Campione.

13 - Al mattino, presso la parrocchia S. Maria delle Grazie in

626

Casamassima, celebra la S. Messa e amministra il sacramen-to della Cresima.

- Alla sera, presso la parrocchia S. Michele Arcangelo in Bi-tetto, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parrocodon Domenico Castellano.

14-19 - A Martina Franca, presso la Casa San Paolo, partecipa alcorso di esercizi spirituali con i vescovi pugliesi.

17 - Alla sera, presso il Seminario Arcivescovile in Bari, in occa-sione del 60° anniversario del Seminario, celebra la S. Messae saluta don Andrea Favale, già Rettore del Seminario, no-minato Responsabile dell’Anno Propedeutico presso il Se-minario Regionale di Molfetta.

18 - Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano delle Murge, par-tecipa al ritiro del clero, tenuto da p. Giulio Meiattini, O.S.B.

19 - Alla sera, in Cattedrale, presiede la celebrazione della Vegliamissionaria diocesana in occasione della Giornata missio-naria mondiale.

20 - Al mattino, in Cattedrale, celebra la S. Messa e presiede lacerimonia di investitura dei nuovi Cavalieri dell’OrdineEquestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

- Alla sera, presso il Santuario SS. Medici in Bitonto, celebrala S. Messa per la festa esterna.

21 - Al pomeriggio, presso la chiesa di S. Chiara in Bari vecchia,inaugura la nuova mensa della parrocchia Cattedrale.

- Alla sera, presso la parrocchia S. Maria di Costantinopoli inBitritto, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parrocodon Domenico Lieggi.

22 - Alla sera, presso la Basilica del Rosario in Lecce, incontra lacomunità diocesana sul tema della Gaudium et spes.

23 - Al mattino, presso la Casa del clero di Bari, presiede la riu-nione del Consiglio Presbiterale diocesano.

- Alla sera, presso la parrocchia S. Lorenzo in Valenzano, cele-bra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco don Dome-nico Frappampina.

24 - Al mattino, presso il Santuario dell’Incoronata in Foggia,partecipa ai lavori del Convegno Ecumenico Regionale su“Il cammino ecumenico in Puglia a cinquant’anni dal Con-cilio Vaticano II” e celebra la S. Messa.

DIARIO DELL’ARCIVESCOVO

627

24-27 - Visita pastorale alla parrocchia S. Nicola in Bari-Torre aMare.

27 - Alla sera, presso la parrocchia S. Nicola in Bari-Torre a Mare,celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco donFabio Carbonara.

28 - Alla sera, presso la parrocchia Sacro Cuore in Bari, celebra laS. Messa per l’ingresso del nuovo parroco mons. DomenicoFalco.

29 - Alla sera, presso la parrocchia S. Maria del Carmine in Sam-michele di Bari, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovoparroco don Nicola Mastrandrea.

30 - Alla sera, nella chiesa di S. Domenico in Palo del Colle, parte-cipa alla cerimonia di presentazione del restauro degli arredidella chiesa.

31 - Alla sera, presso la parrocchia S. Luca in Bari, celebra la S.Messa per l’ingresso del nuovo parroco don Michele Birardi.

ANNOTAZIONI

629

ANNOTAZIONI

631