Bollettino Diocesano Settembre-Ottobre 2012

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Atti ufficiali e attività pastorali dell'Arcidiocesi di Bari-Bitonto

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BOLLETTINO DIOCESANO

l´OdegitriaAtti ufficiali e attività pastoralidell’Arcidiocesi di Bari–Bitonto

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BOLLETTINO DIOCESANO

l´OdegitriaAtti ufficiali e attività pastoralidell’Arcidiocesi di Bari–Bitonto

Registrazione Tribunale di Bari n. 1272 del 26/03/1996

ANNO LXXXVIII – N. 5 Settembre – Ottobre 2012

Redazione e amministrazione:Curia Arcivescovile Bari–BitontoP.zza Odegitria – 70122 Bari – Tel. 080/5288211 – Fax 080/5244450www.arcidiocesibaribitonto.it – e.mail: [email protected]

Direttore responsabile:Giuseppe Sferra

Direttore:Gabriella Roncali

Redazione:Beppe Di Cagno, Luigi Di Nardi, Angelo Latrofa, Paola Loria, Franco Mastrandrea,Bernardino Simone, Francesco Sportelli

Gestione editoriale e stampa:Ecumenica Editrice scrl – 70123 Bari – Tel. 080.5797843 – Fax 080.2170009

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DOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALEMAGISTERO PONTIFICIO

Udienza generale del 10 ottobre 2012 sul 50° anniversariodel Concilio Vaticano II 495

Omelia nella S. Messa per l’apertura dell’Anno della fede 501

Omelia nella S. Messa per la conclusione del Sinodo dei Vescovi 507

DOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANACONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Consiglio PermanenteComunicato finale dei lavori della sessione autunnale

(Roma, 24-27 settembre 2012) 513

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI BITONTONomina di don Andrea Palmieri a Sottosegretario del Pontificio Consiglioper la Promozione dell’Unità dei cristiani e a Cappellano di Sua Santità 523

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVORelazione all’Assemblea diocesana per l’anno pastorale 2012-2013:

“Cristo, Alfa e Omega”. La Veglia pasquale come cammino di fede e impegnoalla testimonianza (Bari, 19 settembre 2012) 525

Indirizzo di saluto alla cerimonia di inaugurazione dellaFacoltà Teologica Pugliese (Basilica S. Nicola, 24 ottobre 2012) 543

CURIA METROPOLITANA

CancelleriaSacre ordinazioni e decreti 545

Comunicato circa la concessione di indulgenze durante l’Anno della Fede 549

SOMMARIO

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Settore Evangelizzazione. Ufficio catechisticoIncontri di formazione per catechisti e operatori pastorali: 551

La fede: un percorso generativo ed educativo: relazione di p. Luigi Gaetani, O.C.D. 557

Settore Evangelizzazione. Ufficio missionario“Ho creduto perciò ho parlato”. La Giornata missionaria mondiale 2012 577

Uffici Comunicazioni Sociali, Musica sacra, Museo diocesano“Notti sacre...” e fu sera e fu mattino 581

VICARIATIII Vicariato

Tavola rotonda sul tema “Domenica: lavoro sì, lavoro no”(Bari, Camera di Commercio, 19 ottobre 2012) 587

PARROCCHIES. Maria La Porta (Palo del Colle)

Il centenario di fondazione dell’Associazione parrocchialedi Azione Cattolica “S. Francesco di Assisi” 591

PUBBLICAZIONI 595

DIARIO DELL’ARCIVESCOVOSettembre 2012 603Ottobre 2012 605

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MAGISTERO PONTIFICIODOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE

siamo alla vigilia del giorno in cui celebreremo i cinquant’anni dal-l’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II e l’inizio dell’Annodella fede. Con questa catechesi vorrei iniziare a riflettere - con qual-che breve pensiero - sul grande evento di Chiesa che è stato ilConcilio, evento di cui sono stato testimone diretto. Esso, per cosìdire, ci appare come un grande affresco, dipinto nella sua grandemolteplicità e varietà di elementi, sotto la guida dello Spirito Santo.E come di fronte a un grande quadro, di quel momento di graziacontinuiamo anche oggi a coglierne la straordinaria ricchezza, ariscoprirne particolari passaggi, frammenti, tasselli. Il beato Giovanni Paolo II, alle soglie del terzo millennio, scrisse:«Sento più che mai il dovere di additare il Concilio come la grandegrazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci èofferta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secoloche si apre» (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 57). Penso che questaimmagine sia eloquente. I documenti del Concilio Vaticano II, a cuibisogna ritornare, liberandoli da una massa di pubblicazioni chespesso invece di farli conoscere li hanno nascosti, sono, anche per ilnostro tempo, una bussola che permette alla nave della Chiesa diprocedere in mare aperto, in mezzo a tempeste o ad onde calme etranquille, per navigare sicura ed arrivare alla meta.Io ricordo bene quel periodo: ero un giovane professore di teologiafondamentale all’Università di Bonn, e fu l’arcivescovo di Colonia,

Udienza generale

Il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II(Roma, 10 ottobre 2012)

Cari fratelli e sorelle,

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il cardinale Frings, per me un punto di riferimento umano e sacer-dotale, che mi portò con sé a Roma come suo consulente teologo;poi fui anche nominato perito conciliare. Per me è stata un’espe-rienza unica: dopo tutto il fervore e l’entusiasmo della preparazio-ne, ho potuto vedere una Chiesa viva - quasi tremila Padri concilia-ri da tutte le parti del mondo riuniti sotto la guida del successoredell’apostolo Pietro - che si mette alla scuola dello Spirito Santo, ilvero motore del Concilio. Rare volte nella storia si è potuto, comeallora, quasi «toccare» concretamente l’universalità della Chiesa inun momento della grande realizzazione della sua missione di por-tare il Vangelo in ogni tempo e fino ai confini della terra. In questigiorni, se rivedrete le immagini dell’apertura di questa grande assi-se, attraverso la televisione o gli altri mezzi di comunicazione,potrete percepire anche voi la gioia, la speranza e l’incoraggiamen-to che ha dato a tutti noi il prendere parte a questo evento di luce,che si irradia fino ad oggi.Nella storia della Chiesa, come penso sappiate, vari Concili hannopreceduto il Vaticano II. Di solito queste grandi assemblee ecclesia-li sono state convocate per definire elementi fondamentali dellafede, soprattutto correggendo errori che la mettevano in pericolo.Pensiamo al Concilio di Nicea nel 325, per contrastare l’eresia aria-na e ribadire con chiarezza la divinità di Gesù Figlio Unigenito diDio Padre; o a quello di Efeso, del 431, che definì Maria comeMadre di Dio; a quello di Calcedonia, del 451, che affermò l’unicapersona di Cristo in due nature, la natura divina e quella umana.Per venire più vicino a noi, dobbiamo nominare il Concilio diTrento, nel XVI secolo, che ha chiarito punti essenziali della dottri-na cattolica di fronte alla Riforma protestante; oppure il Vaticano I,che iniziò a riflettere su varie tematiche, ma ebbe il tempo di pro-durre solo due documenti, uno sulla conoscenza di Dio, la rivela-zione, la fede e i rapporti con la ragione, e l’altro sul primato delPapa e sull’infallibilità, perché fu interrotto per l’occupazione diRoma nel settembre del 1870. Se guardiamo al Concilio Ecumenico Vaticano II, vediamo che inquel momento del cammino della Chiesa non c’erano particolarierrori di fede da correggere o condannare, né vi erano specifichequestioni di dottrina o di disciplina da chiarire. Si può capire allo-ra la sorpresa del piccolo gruppo di cardinali presenti nella sala

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capitolare del monastero benedettino a San Paolo Fuori le Mura,quando, il 25 gennaio 1959, il beato Giovanni XXIII annunciò ilSinodo diocesano per Roma e il Concilio per la Chiesa universale.La prima questione che si pose nella preparazione di questo grandeevento fu proprio come cominciarlo, quale compito preciso attri-buirgli. Il beato Giovanni XXIII, nel discorso di apertura, l’11 otto-bre di cinquant’anni fa, diede un’indicazione generale: la fede dove-va parlare in un modo «rinnovato», più incisivo - perché il mondostava rapidamente cambiando - mantenendo però intatti i suoicontenuti perenni, senza cedimenti o compromessi. Il Papa deside-rava che la Chiesa riflettesse sulla sua fede, sulle verità che la gui-dano. Ma da questa seria, approfondita riflessione sulla fede, dove-va essere delineato in modo nuovo il rapporto tra la Chiesa e l’etàmoderna, tra il cristianesimo e certi elementi essenziali del pensie-ro moderno, non per conformarsi ad esso, ma per presentare a que-sto nostro mondo, che tende ad allontanarsi da Dio, l’esigenza delVangelo in tutta la sua grandezza e in tutta la sua purezza (cfrDiscorso alla Curia romana per gli auguri natalizi, 22 dicembre 2005).Lo indica molto bene il servo di Dio Paolo VI nell’omelia alla finedell’ultima sessione del Concilio - il 7 dicembre 1965 - con parolestraordinariamente attuali, quando afferma che, per valutare benequesto evento: «deve essere visto nel tempo in cui si è verificato.Infatti - dice il Papa - è avvenuto in un tempo in cui, come tutti rico-noscono, gli uomini sono intenti al regno della terra piuttosto cheal regno dei cieli; un tempo, aggiungiamo, in cui la dimenticanza diDio si fa abituale, quasi la suggerisse il progresso scientifico; untempo in cui l’atto fondamentale della persona umana, resa piùcosciente di sé e della propria libertà, tende a rivendicare la propriaautonomia assoluta, affrancandosi da ogni legge trascendente; untempo in cui il “laicismo” è ritenuto la conseguenza legittima delpensiero moderno e la norma più saggia per l’ordinamento tempo-rale della società… In questo tempo si è celebrato il nostro Concilioa lode di Dio, nel nome di Cristo, ispiratore lo Spirito Santo». CosìPaolo VI. E concludeva indicando nella questione di Dio il puntocentrale del Concilio, quel Dio, che «esiste realmente, vive, è una

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persona, è provvido, è infinitamente buono; anzi, non solo buonoin sé, ma buono immensamente altresì per noi, è nostro Creatore,nostra verità, nostra felicità, a tal punto che l’uomo, quando si sfor-za di fissare la mente ed il cuore in Dio nella contemplazione, com-pie l’atto più alto e più pieno del suo animo, l’atto che ancor oggi puòe deve essere il culmine degli innumerevoli campi dell’attività umana,dal quale essi ricevono la loro dignità» (AAS 58 [1966], 52-53).Noi vediamo come il tempo in cui viviamo continui ad essere segna-to da una dimenticanza e sordità nei confronti di Dio. Penso, allo-ra, che dobbiamo imparare la lezione più semplice e più fonda-mentale del Concilio e cioè che il cristianesimo nella sua essenzaconsiste nella fede in Dio, che è Amore trinitario, e nell’incontro,personale e comunitario, con Cristo che orienta e guida la vita:tutto il resto ne consegue. La cosa importante oggi, proprio comeera nel desiderio dei Padri conciliari, è che si veda - di nuovo, conchiarezza - che Dio è presente, ci riguarda, ci risponde. E che, inve-ce, quando manca la fede in Dio, crolla ciò che è essenziale, perchél’uomo perde la sua dignità profonda e ciò che rende grande la suaumanità, contro ogni riduzionismo. Il Concilio ci ricorda che laChiesa, in tutte le sue componenti, ha il compito, il mandato di tra-smettere la parola dell’amore di Dio che salva, perché sia ascoltatae accolta quella chiamata divina che contiene in sé la nostra beati-tudine eterna.Guardando in questa luce alla ricchezza contenuta nei documentidel Vaticano II, vorrei solo nominare le quattro Costituzioni, quasii quattro punti cardinali della bussola capace di orientarci. LaCostituzione sulla sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium ci indicacome nella Chiesa all’inizio c’è l’adorazione, c’è Dio, c’è la centrali-tà del mistero della presenza di Cristo. E la Chiesa, corpo di Cristoe popolo pellegrinante nel tempo, ha come compito fondamentalequello di glorificare Dio, come esprime la Costituzione dogmaticaLumen gentium. Il terzo documento che vorrei citare è laCostituzione sulla divina Rivelazione Dei Verbum: la Parola viventedi Dio convoca la Chiesa e la vivifica lungo tutto il suo camminonella storia. E il modo in cui la Chiesa porta al mondo intero la luceche ha ricevuto da Dio perché sia glorificato, è il tema di fondodella Costituzione pastorale Gaudium et spes. Il Concilio Vaticano II è per noi un forte appello a riscoprire ogni gior-

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no la bellezza della nostra fede, a conoscerla in modo profondo perun più intenso rapporto con il Signore, a vivere fino in fondo lanostra vocazione cristiana. La Vergine Maria, Madre di Cristo e ditutta la Chiesa, ci aiuti a realizzare e a portare a compimento quan-to i Padri conciliari, animati dallo Spirito Santo, custodivano nelcuore: il desiderio che tutti possano conoscere il Vangelo e incon-trare il Signore Gesù come via, verità e vita.

Piazza San Pietro, mercoledì 10 ottobre 2012

Benedetto XVI

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Con grande gioia oggi, a 50 anni dall’apertura del Concilio Ecu-menico Vaticano II, diamo inizio all’Anno della fede. Sono lieto dirivolgere il mio saluto a tutti voi, in particolare a Sua SantitàBartolomeo I, Patriarca di Costantinopoli, e a Sua Grazia RowanWilliams, Arcivescovo di Canterbury. Un pensiero speciale aiPatriarchi e agli Arcivescovi maggiori delle Chiese OrientaliCattoliche, e ai Presidenti delle Conferenze Episcopali. Per farememoria del Concilio, che alcuni di noi qui presenti – che salutocon particolare affetto - hanno avuto la grazia di vivere in primapersona, questa celebrazione è stata arricchita di alcuni segni speci-fici: la processione iniziale, che ha voluto richiamare quella memo-rabile dei Padri conciliari quando entrarono solennemente in que-sta Basilica; l’intronizzazione dell’Evangeliario, copia di quello uti-lizzato durante il Concilio; la consegna dei sette Messaggi finali delConcilio e quella del Catechismo della Chiesa Cattolica, che farò al ter-mine, prima della benedizione. Questi segni non ci fanno soloricordare, ma ci offrono anche la prospettiva per andare oltre lacommemorazione. Ci invitano ad entrare più profondamente nelmovimento spirituale che ha caratterizzato il Vaticano II, per farlonostro e portarlo avanti nel suo vero senso. E questo senso è statoed è tuttora la fede in Cristo, la fede apostolica, animata dalla spin-

Omelia nella S. Messaper l’apertura dell’Anno della fede

Venerati fratelli,cari fratelli e sorelle

MAGISTERO PONTIFICIODOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE

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ta interiore a comunicare Cristo ad ogni uomo e a tutti gli uomininel pellegrinare della Chiesa sulle vie della storia.L’Anno della fede che oggi inauguriamo è legato coerentemente atutto il cammino della Chiesa negli ultimi 50 anni: dal Concilio,attraverso il magistero del servo di Dio Paolo VI, il quale indisse un“Anno della fede” nel 1967, fino al Grande Giubileo del 2000, con ilquale il beato Giovanni Paolo II ha riproposto all’intera umanitàGesù Cristo quale unico Salvatore, ieri, oggi e sempre. Tra questidue Pontefici, Paolo VI e Giovanni Paolo II, c’è stata una profondae piena convergenza proprio su Cristo quale centro del cosmo edella storia, e sull’ansia apostolica di annunciarlo al mondo. Gesù èil centro della fede cristiana. Il cristiano crede in Dio mediante GesùCristo, che ne ha rivelato il volto. Egli è il compimento delleScritture e il loro interprete definitivo. Gesù Cristo non è soltantooggetto della fede, ma, come dice la Lettera agli Ebrei, è «colui che dàorigine alla fede e la porta a compimento» (12,2).Il Vangelo di oggi ci dice che Gesù Cristo, consacrato dal Padre nelloSpirito Santo, è il vero e perenne soggetto dell’evangelizzazione. «LoSpirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’un-zione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (Lc 4,18).Questa missione di Cristo, questo suo movimento continua nello spa-zio e nel tempo, attraversa i secoli e i continenti. È un movimento cheparte dal Padre e, con la forza dello Spirito, va a portare il lieto annuncioai poveri di ogni tempo – poveri in senso materiale e spirituale. La Chiesaè lo strumento primo e necessario di questa opera di Cristo, perché è aLui unita come il corpo al capo. «Come il Padre ha mandato me, ancheio mando voi» (Gv 20,21). Così disse il Risorto ai discepoli, e soffiandosu di loro aggiunse: «Ricevete lo Spirito Santo» (v. 22). È Dio il principa-le soggetto dell’evangelizzazione del mondo, mediante Gesù Cristo; maCristo stesso ha voluto trasmettere alla Chiesa la propria missione, e loha fatto e continua a farlo sino alla fine dei tempi infondendo lo SpiritoSanto nei discepoli, quello stesso Spirito che si posò su di Lui e rimase inLui per tutta la vita terrena, dandogli la forza di «proclamare ai prigio-nieri la liberazione e ai ciechi la vista», di «rimettere in libertà gli oppres-si» e di «proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19). Il Concilio Vaticano II non ha voluto mettere a tema la fede in undocumento specifico. E tuttavia, esso è stato interamente animatodalla consapevolezza e dal desiderio di doversi, per così dire, immer-

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gere nuovamente nel mistero cristiano, per poterlo riproporre effica-cemente all’uomo contemporaneo. Al riguardo, così si esprimeva ilservo di Dio Paolo VI due anni dopo la conclusione dell’assise conci-liare: «Se il Concilio non tratta espressamente della fede, ne parla adogni pagina, ne riconosce il carattere vitale e soprannaturale, la sup-pone integra e forte, e costruisce su di essa le sue dottrine. Basterebbericordare [alcune] affermazioni conciliari (…) per rendersi conto del-l’essenziale importanza che il Concilio, coerente con la tradizionedottrinale della Chiesa, attribuisce alla fede, alla vera fede, quella cheha per sorgente Cristo e per canale il magistero della Chiesa» (Catechesinell’Udienza generale dell’8 marzo 1967). Così Paolo VI nel ‘67.Ma dobbiamo ora risalire a colui che convocò il Concilio VaticanoII e che lo inaugurò: il beato Giovanni XXIII. Nel discorso di aper-tura, egli presentò il fine principale del Concilio in questi termini:«Questo massimamente riguarda il Concilio Ecumenico: che ilsacro deposito della dottrina cristiana sia custodito ed insegnato informa più efficace. (…) Lo scopo principale di questo Concilio nonè, quindi, la discussione di questo o quel tema della dottrina… Perquesto non occorreva un Concilio… È necessario che questa dottri-na certa ed immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, siaapprofondita e presentata in modo che risponda alle esigenze delnostro tempo» (AAS 54 [1962], 790.791-792). Così papa Giovanninell’inaugurazione del Concilio. Alla luce di queste parole, si comprende quello che io stesso allora hoavuto modo di sperimentare: durante il Concilio vi era una tensionecommovente nei confronti del comune compito di far risplendere laverità e la bellezza della fede nell’oggi del nostro tempo, senza sacri-ficarla alle esigenze del presente né tenerla legata al passato: nellafede risuona l’eterno presente di Dio, che trascende il tempo e tutta-via può essere accolto da noi solamente nel nostro irripetibile oggi.Perciò ritengo che la cosa più importante, specialmente in una ricor-renza significativa come l’attuale, sia ravvivare in tutta la Chiesa quel-la positiva tensione, quell’anelito a riannunciare Cristo all’uomo con-temporaneo. Ma affinché questa spinta interiore alla nuova evange-lizzazione non rimanga soltanto ideale e non pecchi di confusione,

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occorre che essa si appoggi ad una base concreta e precisa, e questabase sono i documenti del Concilio Vaticano II, nei quali essa ha tro-vato espressione. Per questo ho più volte insistito sulla necessità diritornare, per così dire, alla «lettera» del Concilio – cioè ai suoi testi –per trovarne l’autentico spirito, e ho ripetuto che la vera eredità delVaticano II si trova in essi. Il riferimento ai documenti mette al ripa-ro dagli estremi di nostalgie anacronistiche e di corse in avanti, e con-sente di cogliere la novità nella continuità. Il Concilio non ha escogi-tato nulla di nuovo come materia di fede, né ha voluto sostituirequanto è antico. Piuttosto si è preoccupato di far sì che la medesimafede continui ad essere vissuta nell’oggi, continui ad essere una fedeviva in un mondo in cambiamento. Se ci poniamo in sintonia con l’impostazione autentica, che il beatoGiovanni XXIII volle dare al Vaticano II, noi potremo attualizzarlalungo questo Anno della fede, all’interno dell’unico cammino dellaChiesa che continuamente vuole approfondire il bagaglio della fedeche Cristo le ha affidato. I Padri conciliari volevano ripresentare lafede in modo efficace; e se si aprirono con fiducia al dialogo con ilmondo moderno è proprio perché erano sicuri della loro fede, dellasalda roccia su cui poggiavano. Invece, negli anni seguenti, moltihanno accolto senza discernimento la mentalità dominante, met-tendo in discussione le basi stesse del depositum fidei, che purtropponon sentivano più come proprie nella loro verità. Se oggi la Chiesa propone un nuovo Anno della fede e la nuova evan-gelizzazione, non è per onorare una ricorrenza, ma perché ce n’èbisogno, ancor più che 50 anni fa! E la risposta da dare a questobisogno è la stessa voluta dai Papi e dai Padri del Concilio e conte-nuta nei suoi documenti. Anche l’iniziativa di creare un PontificioConsiglio destinato alla promozione della nuova evangelizzazione,che ringrazio dello speciale impegno per l’Anno della fede, rientra inquesta prospettiva. In questi decenni è avanzata una «desertifica-zione» spirituale. Che cosa significasse una vita, un mondo senzaDio, al tempo del Concilio lo si poteva già sapere da alcune paginetragiche della storia, ma ora purtroppo lo vediamo ogni giornointorno a noi. È il vuoto che si è diffuso. Ma è proprio a partire dal-l’esperienza di questo deserto, da questo vuoto che possiamo nuo-vamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale pernoi uomini e donne. Nel deserto si riscopre il valore di ciò che è

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essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innu-merevoli i segni, spesso espressi in forma implicita o negativa, dellasete di Dio, del senso ultimo della vita. E nel deserto c’è bisognosoprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicanola via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza. Lafede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio che libera dal pessimi-smo. Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vitanuova, trasformata da Dio, e così indicare la strada. La primaLettura ci ha parlato della sapienza del viaggiatore (cfr Sir 34,9-13):il viaggio è metafora della vita, e il sapiente viaggiatore è colui cheha appreso l’arte di vivere e la può condividere con i fratelli – comeavviene ai pellegrini lungo il Cammino di Santiago, o sulle altre vieche non a caso sono tornate in auge in questi anni. Come mai tantepersone oggi sentono il bisogno di fare questi cammini? Non èforse perché qui trovano, o almeno intuiscono il senso del nostroessere al mondo? Ecco allora come possiamo raffigurare questoAnno della fede: un pellegrinaggio nei deserti del mondo contempo-raneo, in cui portare con sé solo ciò che è essenziale: non bastone,né sacca, né pane, né denaro, non due tuniche – come dice il Signoreagli apostoli inviandoli in missione (cfr Lc 9,3), ma il Vangelo e lafede della Chiesa, di cui i documenti del Concilio EcumenicoVaticano II sono luminosa espressione, come pure lo è il Catechismodella Chiesa Cattolica, pubblicato 20 anni or sono.Venerati e cari fratelli, l’11 ottobre 1962 si celebrava la festa di MariaSantissima Madre di Dio. A Lei affidiamo l’Anno della fede, come hofatto una settimana fa recandomi pellegrino a Loreto. La VergineMaria brilli sempre come stella sul cammino della nuova evangeliz-zazione. Ci aiuti a mettere in pratica l’esortazione dell’apostoloPaolo: «La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ognisapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda… E qualunque cosa fac-ciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù,rendendo grazie per mezzo di Lui a Dio Padre» (Col 3,16-17).

Piazza San Pietro, giovedì 11 ottobre 2012Benedetto XVI

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Il miracolo della guarigione del cieco Bartimeo ha una posizionerilevante nella struttura del Vangelo di Marco. È collocato infattialla fine della sezione che viene chiamata «viaggio a Gerusalemme»,cioè l’ultimo pellegrinaggio di Gesù alla Città santa, per la Pasquain cui Egli sa che lo attendono la passione, la morte e la risurrezio-ne. Per salire a Gerusalemme dalla valle del Giordano, Gesù passada Gerico, e l’incontro con Bartimeo avviene all’uscita dalla città,«mentre – annota l’evangelista – Gesù partiva da Gerico insieme aisuoi discepoli e a molta folla» (10,46), quella folla che, di lì a poco,acclamerà Gesù come Messia nel suo ingresso in Gerusalemme.Proprio lungo la strada stava seduto a mendicare Bartimeo, il cuinome significa «figlio di Timeo», come dice lo stesso evangelista.Tutto il Vangelo di Marco è un itinerario di fede, che si sviluppagradualmente alla scuola di Gesù. I discepoli sono i primi attori diquesto percorso di scoperta, ma vi sono anche altri personaggi cheoccupano un ruolo importante, e Bartimeo è uno di questi. La suaè l’ultima guarigione prodigiosa che Gesù compie prima della suapassione, e non a caso è quella di un cieco, una persona cioè i cuiocchi hanno perso la luce. Sappiamo anche da altri testi che la con-dizione di cecità ha un significato pregnante nei Vangeli.Rappresenta l’uomo che ha bisogno della luce di Dio, la luce della

Omelia nella S. Messaper la conclusione del Sinodo dei Vescovi

Venerati fratelli,illustri signori e signore,

cari fratelli e sorelle!

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fede, per conoscere veramente la realtà e camminare nella via dellavita. Essenziale è riconoscersi ciechi, bisognosi di questa luce, altri-menti si rimane ciechi per sempre (cfr Gv 9,39-41).Bartimeo, dunque, in quel punto strategico del racconto di Marco,è presentato come modello. Egli non è cieco dalla nascita, ma haperso la vista: è l’uomo che ha perso la luce e ne è consapevole, manon ha perso la speranza, sa cogliere la possibilità di incontro conGesù e si affida a Lui per essere guarito. Infatti, quando sente che ilMaestro passa sulla sua strada, grida: «Figlio di Davide, Gesù, abbipietà di me!» (Mc 10,47), e lo ripete con forza (v. 48). E quando Gesùlo chiama e gli chiede che cosa vuole da Lui, risponde: «Rabbunì,che io veda di nuovo!» (v. 51). Bartimeo rappresenta l’uomo chericonosce il proprio male e grida al Signore, fiducioso di esseresanato. La sua invocazione, semplice e sincera, è esemplare, e infat-ti – come quella del pubblicano al tempio: «O Dio, abbi pietà di mepeccatore» (Lc 18,13) – è entrata nella tradizione della preghiera cri-stiana. Nell’incontro con Cristo, vissuto con fede, Bartimeo riac-quista la luce che aveva perduto, e con essa la pienezza della propriadignità: si rialza in piedi e riprende il cammino, che da quelmomento ha una guida, Gesù, e una strada, la stessa che Gesù per-corre. L’evangelista non ci dirà più nulla di Bartimeo, ma in lui cipresenta chi è il discepolo: colui che, con la luce della fede, segueGesù «lungo la strada» (v. 52).Sant’Agostino, in uno dei suoi scritti, fa sulla figura di Bartimeoun’osservazione molto particolare, che può essere interessante esignificativa anche oggi per noi. Il santo vescovo di Ippona riflettesul fatto che, in questo caso, Marco riporti il nome non solo dellapersona che viene guarita, ma anche del padre, e giunge alla con-clusione che «Bartimeo, figlio di Timeo, era un personaggio deca-duto da prosperità molto grande, e la sua condizione di miseriadoveva essere universalmente nota e di pubblico dominio in quan-to non era soltanto cieco ma un mendicante che sedeva lungo lastrada. Per questo motivo Marco volle ricordare lui solo, perché l’a-vere egli ricuperato la vista conferì al miracolo tanta risonanzaquanto era grande la fama della sventura capitata al cieco» (Il con-senso degli evangelisti, 2, 65, 125: PL 34, 1138). Così sant’Agostino.Questa interpretazione, che Bartimeo sia una persona decaduta dauna condizione di «grande prosperità», ci fa pensare; ci invita a

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MAGISTERO PONTIFICIO

riflettere sul fatto che ci sono ricchezze preziose per la nostra vitache possiamo perdere, e che non sono materiali. In questa prospet-tiva, Bartimeo potrebbe rappresentare quanti vivono in regioni diantica evangelizzazione, dove la luce della fede si è affievolita, e sisono allontanati da Dio, non lo ritengono più rilevante per la vita:persone che perciò hanno perso una grande ricchezza, sono «deca-dute» da un’alta dignità - non quella economica o di potere terre-no, ma quella cristiana -, hanno perso l’orientamento sicuro e soli-do della vita e sono diventati, spesso inconsciamente, mendicantidel senso dell’esistenza. Sono le tante persone che hanno bisognodi una nuova evangelizzazione, cioè di un nuovo incontro conGesù, il Cristo, il Figlio di Dio (cfr Mc 1,1), che può aprire nuova-mente i loro occhi e insegnare loro la strada. È significativo che,mentre concludiamo l’assemblea sinodale sulla nuova evangelizza-zione, la Liturgia ci proponga il Vangelo di Bartimeo. Questa Paroladi Dio ha qualcosa da dire in modo particolare a noi, che in questigiorni ci siamo confrontati sull’urgenza di annunciare nuovamen-te Cristo là dove la luce della fede si è indebolita, là dove il fuoco diDio è come un fuoco di brace, che chiede di essere ravvivato, perchésia fiamma viva che dà luce e calore a tutta la casa.La nuova evangelizzazione riguarda tutta la vita della Chiesa. Essa siriferisce, in primo luogo, alla pastorale ordinaria che deve essere mag-giormente animata dal fuoco dello Spirito, per incendiare i cuori deifedeli che regolarmente frequentano la comunità e che si radunanonel giorno del Signore per nutrirsi della sua Parola e del Pane di vitaeterna. Vorrei qui sottolineare tre linee pastorali emerse dal Sinodo.La prima riguarda i sacramenti dell’iniziazione cristiana. È stata riaffer-mata l’esigenza di accompagnare con un’appropriata catechesi lapreparazione al Battesimo, alla Cresima e all’Eucaristia. È stata pureribadita l’importanza della Penitenza, sacramento della misericordiadi Dio. Attraverso questo itinerario sacramentale passa la chiamatadel Signore alla santità, rivolta a tutti i cristiani. Infatti, è stato piùvolte ripetuto che i veri protagonisti della nuova evangelizzazionesono i santi: essi parlano un linguaggio a tutti comprensibile con l’e-sempio della vita e con le opere della carità.

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In secondo luogo, la nuova evangelizzazione è essenzialmente con-nessa con la missione ad gentes. La Chiesa ha il compito di evangeliz-zare, di annunciare il messaggio di salvezza agli uomini che tuttoranon conoscono Gesù Cristo. Anche nel corso delle riflessioni sino-dali è stato sottolineato che esistono tanti ambienti in Africa, inAsia e in Oceania i cui abitanti aspettano con viva attesa, talvoltasenza esserne pienamente coscienti, il primo annuncio del Vangelo.Pertanto occorre pregare lo Spirito Santo affinché susciti nellaChiesa un rinnovato dinamismo missionario i cui protagonistisiano, in modo speciale, gli operatori pastorali e i fedeli laici. La glo-balizzazione ha causato un notevole spostamento di popolazioni;pertanto, il primo annuncio si impone anche nei Paesi di anticaevangelizzazione. Tutti gli uomini hanno il diritto di conoscereGesù Cristo e il suo Vangelo; e a ciò corrisponde il dovere dei cri-stiani, di tutti i cristiani – sacerdoti, religiosi e laici –, di annuncia-re la Buona Notizia.Un terzo aspetto riguarda le persone battezzate che però non vivono leesigenze del Battesimo. Nel corso dei lavori sinodali è stato messo inluce che queste persone si trovano in tutti i continenti, specialmen-te nei Paesi più secolarizzati. La Chiesa ha un’attenzione particola-re verso di loro, affinché incontrino nuovamente Gesù Cristo, risco-prano la gioia della fede e ritornino alla pratica religiosa nellacomunità dei fedeli. Oltre ai metodi pastorali tradizionali, semprevalidi, la Chiesa cerca di adoperare anche metodi nuovi, curandopure nuovi linguaggi, appropriati alle differenti culture del mondo,proponendo la verità di Cristo con un atteggiamento di dialogo e diamicizia che ha fondamento in Dio che è Amore. In varie parti delmondo, la Chiesa ha già intrapreso tale cammino di creativitàpastorale, per avvicinare le persone allontanate o in ricerca delsenso della vita, della felicità e, in definitiva, di Dio. Ricordiamoalcune importanti missioni cittadine, il «Cortile dei gentili», la mis-sione continentale, e così via. Non c’è dubbio che il Signore, BuonPastore, benedirà abbondantemente tali sforzi che provengonodallo zelo per la sua Persona e per il suo Vangelo.Cari fratelli e sorelle, Bartimeo, avuta di nuovo la vista da Gesù, siaggiunse alla schiera dei discepoli, tra i quali sicuramente ve n’era-no altri che, come lui, erano stati guariti dal Maestro. Così sono inuovi evangelizzatori: persone che hanno fatto l’esperienza di esse-

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MAGISTERO PONTIFICIO

re risanati da Dio, mediante Gesù Cristo. E la loro caratteristica èuna gioia del cuore, che dice con il salmista: «Grandi cose ha fattoil Signore per noi: eravamo pieni di gioia» (Sal 125,3). Anche noi,oggi, ci rivolgiamo al Signore Gesù, Redemptor hominis e Lumen gen-tium, con gioiosa riconoscenza, facendo nostra una preghiera di sanClemente di Alessandria: «Fino ad ora ho errato nella speranza ditrovare Dio, ma poiché tu mi illumini, o Signore, trovo Dio permezzo di te, e ricevo il Padre da te, divengo tuo coerede, poiché nonti sei vergognato di avermi per fratello. Cancelliamo, dunque, can-celliamo l’oblio della verità, l’ignoranza: e rimuovendo le tenebreche ci impediscono la vista come nebbia per gli occhi, contemplia-mo il vero Dio …; giacché una luce dal cielo brillò su di noi sepoltinelle tenebre e prigionieri dell’ombra di morte, [una luce] più puradel sole, più dolce della vita di quaggiù» (Protrettico, 113, 2 – 114,1).

Roma, 28 ottobre 2012Benedetto XVI

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«Questo Concilio tutto si risolve nel suo conclusivo significato reli-gioso, altro non essendo che un potente e amichevole invito all’u-manità d’oggi a ritrovare, per via di fraterno amore, quel Dio “dalQuale allontanarsi è cadere, al Quale rivolgersi è risorgere, nelQuale rimanere è stare saldi, al Quale ritornare è rinascere, nelQuale abitare è vivere” (sant’Agostino). Così noi speriamo al termi-ne di questo Concilio Ecumenico Vaticano II e all’inizio del rinno-vamento umano e religioso, ch’esso s’è prefisso di studiare e di pro-muovere; così speriamo per noi, Fratelli e Padri del Concilio mede-simo; così speriamo per l’umanità intera, che qui abbiamo impara-to ad amare di più ed a meglio servire».L’ampia citazione di Paolo VI (7 dicembre 1965) con cui si è conclusala sessione autunnale del Consiglio Episcopale Permanente (24-27 set-tembre 2012) – riunito a Roma sotto la presidenza del card. AngeloBagnasco – ne riassume lo spirito, la finalità e gli stessi contenuti.La prolusione e il confronto che l’ha seguita hanno dato voce alledifficoltà della gente, senza venire meno a uno sguardo di speranzae di incoraggiamento. I vescovi si sono soffermati sulla famiglia, perla quale rinnovano l’appello a politiche fiscali che la tutelino e nerispettino la libertà educativa.Alla vigilia del Sinodo dedicato al tema della nuova evangelizzazio-ne e dell’apertura dell’Anno della fede nel 50° anniversario del

Consiglio Permanente

Comunicato finale dei lavori della sessione autunnale(Roma, 24-27 settembre 2012)

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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANADOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANA

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Concilio Vaticano II e nel 20° della pubblicazione del Catechismodella Chiesa Cattolica, il Consiglio Permanente ha focalizzato lapropria riflessione su alcuni temi e iniziative: la formazione cristia-na degli adulti tra rinnovamento e istanza educativa, all’indomanidei Convegni catechistici regionali; la pastorale vocazionale, con latrasformazione del Centro Nazionale Vocazioni in Ufficio naziona-le; la 47ª Settimana sociale dei cattolici italiani, incentrata sullafamiglia, cellula primaria e fondamentale della vita sociale (Torino,12-15 settembre 2013); il Convegno ecclesiale nazionale sul temadella fede, criterio veritativo d’interpretazione del vivere umano(Firenze, 9-13 novembre 2015). In vista di tale appuntamento, ilConsiglio Permanente ha provveduto a costituire un Comitato pre-paratorio e ne ha eletto la Presidenza.Nel corso dei lavori è stata, quindi, analizzata la situazione concer-nente i registri comunali delle cosiddette unioni di fatto e delledichiarazioni anticipate di trattamento; si è fatta una valutazionedel primo quinquennio del Comitato per il progetto culturale, indi-viduando ambiti e compiti per il prossimo futuro; è stato approva-to il nuovo regolamento dell’Ufficio nazionale per l’educazione, lascuola e l’università; si è proceduto ad adeguare la convenzione peril servizio pastorale in missione dei presbiteri diocesani; è statoapprovato il Messaggio per la Giornata per la vita (3 febbraio 2013).Il Consiglio Episcopale Permanente ha provveduto anche ad alcunenomine, fra le quali quella di membri di Commissioni episcopali edi direttori di Uffici nazionali.

Famiglia e vita, impegni profetici

Il «reticolo di corruttele e di scandali», che attraversa la classe poli-tica e motiva indignazione e ostilità nella cittadinanza, ha portato imembri del Consiglio Permanente a lamentare la distanza tral’Italia dei “furbi” e quella degli onesti. La tradizione culturale delPaese è enorme – hanno rilevato – ma si stenta a vederne in atto lericadute; prevale la demagogia delle opinioni, mentre si fatica a for-mare le coscienze di quei credenti che si sono volti all’impegno poli-tico e che necessitano di essere sostenuti anche nella vita spirituale,perché questa ispiri loro comportamenti coerenti. Si avverte la

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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

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necessità di un nuovo patto sociale, a partire dalla riscoperta diragioni vere e condivise che possano far vivere insieme una vitabuona e virtuosa.Il confronto all’interno del Consiglio ha permesso di focalizzare ladrammatica situazione in cui tanta gente ormai vive: precariato,disoccupazione, aziende in forti difficoltà, insolvenza da parte dienti locali. La realtà che porta il peso maggiore della crisi rimane lafamiglia, principale ammortizzatore sociale e condizione del possi-bile rilancio del Paese.Per questo il Consiglio Permanente rimarca l’urgenza di politichefiscali che la tutelino, riconoscendole, ad esempio, libertà educativae, quindi, un maggiore sostegno alla scuola, compresa quella pari-taria. Specie attraverso le Caritas, si conferma il volto di una Chiesavicina e solidale, riferimento credibile anche nella proposta di stilidi vita sobri ed essenziali. La stessa Chiesa rimane, perciò, sconcer-tata a fronte di forze politiche e culturali preoccupate, paradossal-mente, di indebolire ulteriormente la famiglia: il riferimento è altentativo di regolamentazione giuridica delle cosiddette unioni difatto, per le quali anche in Italia alcuni gruppi avanzano pressantirichieste di riconoscimento, in termini che si vorrebbero analoghi –se non identici – a quelli previsti per la famiglia fondata sul matri-monio; una tutela che, nelle intenzioni, verrebbe estesa anche alleunioni omosessuali.L’analisi della situazione porta a rilevare che nei Comuni italiani chehanno istituito registri per le unioni civili il numero degli iscrittirimane irrilevante, se non nullo. Questo dato – unito alla consapevo-lezza che tali iniziative sono di dubbia legittimità sotto il profilo giu-ridico e carenti di utilità pratica – non impedisce di coglierne il valo-re simbolico e la carica ideologica rispetto al modello costituzionale:l’unione tra l’uomo e la donna sancita dal patto matrimoniale.Ad analoga considerazione i vescovi sono giunti anche per le dichia-razioni anticipate di trattamento, raccolte nei registri istituiti daalcuni Comuni, che pure concorrono a diffondere una precisa e di-scutibile cultura attorno al fine vita.Il Consiglio Permanente ha quindi ribadito l’impegno della Chiesa

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a tutela della famiglia naturale e a difesa della vita umana nella suainderogabile dignità: un impegno – è stato evidenziato – profonda-mente “laico”, che va a beneficio dell’intera comunità civile. Di taleimpegno è parte anche l’annuncio della bellezza del progetto matri-moniale e familiare e, quindi, la difesa della domenica, quale gior-no libero dal lavoro e dedicato alla famiglia e alla festa.

Catechesi, assunzione del pensiero di Cristo

Alla luce dei 16 convegni regionali promossi dall’Ufficio catechi-stico nazionale – una sorta di convegno diffuso che, da aprile a set-tembre 2012, ha animato in maniera capillare il territorio naziona-le – il Consiglio Permanente si è soffermato sulla catechesi, qualeforma decisiva nell’educazione alla fede.La responsabilità di comunicare e testimoniare la fede alle nuovegenerazioni ha il suo soggetto nell’intera comunità cristiana: que-sta consapevolezza richiede un forte investimento sulla formazionee l’accompagnamento degli adulti, a partire da quanti già parteci-pano alla vita ecclesiale. Compito prioritario della Chiesa, del resto,rimane la riscrittura della proposta cristiana nelle coscienze dellepersone e nel loro vissuto.Una comunità che sia ambiente educante per la fede, inoltre, nonpuò che essere animata da una catechesi adulta anche quanto aicontenuti, nell’attenzione a plasmare in ogni età credenti capaci direndere ragione della speranza che li anima: può dirsi adulto sol-tanto chi è capace di restituire quanto ha ricevuto, assicurando lacontinuità tra le generazioni e la vitalità della stessa comunità.Per questo i vescovi hanno sottolineato l’importanza di concluderela fase delle sperimentazioni degli itinerari di iniziazione cristiana edi fare comunione e unità attorno al progetto catechistico e aglistessi catechismi della CEI. L’obiettivo di tale investimento è la for-mazione e l’assunzione del pensiero di Cristo – «Pensare secondoCristo e pensare Cristo attraverso tutte le cose» (san Massimo ilConfessore) –; necessita di legami integranti con l’esperienza cele-brativa e con quella caritativa, nonché della valorizzazione di parti-colari momenti – quali la richiesta del battesimo e della primaComunione – per un cammino di relazione e di incontro con la fami-

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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

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glia, in una prospettiva pastorale attenta a mantenere il caratterepopolare dell’esperienza ecclesiale. È stato, infine, chiesto dai vescovidi mantenere prioritario l’impegno di formazione dei catechisti.La Commissione episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio ela catechesi ha, quindi, aggiornato il Consiglio Permanente circa illavoro di stesura di nuovi orientamenti che, affermando il valoredel documento di base, Il rinnovamento della catechesi (1970), indichi-no le scelte pastorali delle Chiese in Italia per svolgere la loro mis-sione evangelizzatrice.

Vocazioni, questione di fede

La matrice antropologica della cultura corrente rimanda a un io auto-centrato, che idolatra la propria individuale libertà e ha come riferi-mento soltanto se stesso. Dal rischio di tale mentalità non sono immu-ni gli stessi sacerdoti: riconoscerlo per i vescovi è stato un riappropriar-si della responsabilità della santità del proprio clero, nell’impegno aprevenirne, per quanto possibile, le cadute e ad accompagnarlo conuna formazione adeguata, perché la sua vita sia abitata dal Signore.Su tale tema i vescovi hanno sviluppato un’ampia riflessione, allaluce del documento “Orientamenti pastorali per la promozionedelle vocazioni al ministero sacerdotale” della Congregazione perl’educazione cattolica.La preoccupazione dei Pastori – più ancora che il calo numerico deisacerdoti – riguarda i criteri che, nella mentalità corrente, guidanoun giovane nella costruzione della propria identità: spesso il singo-lo ritiene di potersela costruire da sé, scegliendosi i riferimenti e lerisorse che ritiene maggiormente confacenti al proprio benesserepsicologico ed emotivo.La condizione che innerva un’autentica vocazione – ha evidenziatoa più riprese il Consiglio Permanente – rimane la fede, coltivata nellarelazione con Cristo: da qui nasce l’elemento unificante dell’identi-tà teologica e della vita spirituale del sacerdote, che porta a quellacarità pastorale caratterizzata dalla totalità del dono della vita.

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Tra i “luoghi” di formazione i vescovi hanno indicato la pastoralegiovanile, la direzione spirituale e il Seminario minore o, comun-que, una forma di pre–Seminario.Il Consiglio Episcopale Permanente ha, quindi, sancito il passaggiodel Centro Nazionale Vocazioni a nuovo Ufficio nazionale per lapastorale delle vocazioni, approvandone il regolamento e inserendoloa pieno titolo nella Segreteria generale della CEI. In questo modo hadato nuova configurazione giuridica a un organismo che ora diventasegno più adeguato della collocazione della dimensione vocazionalenel contesto della pastorale delle Chiese particolari in Italia.

Un Comitato per Firenze 2015

Il V Convegno ecclesiale nazionale si terrà a Firenze sul tema dellafede, cifra veritativa di interpretazione del vivere umano. In vista ditale appuntamento il Consiglio Permanente ha costituito unComitato preparatorio, del quale ha eletto la presidenza: un presi-dente e tre vice presidenti (espressioni rispettivamente del Nord, delCentro e del Sud dell’Italia), oltre al Segretario generale della CEI.Il compito affidato al Comitato concerne la presentazione allaprossima Assemblea generale non solo della proposta del titolo delConvegno, ma del programma del percorso preparatorio e dellemodalità più idonee a favorire il coinvolgimento e la partecipazio-ne del popolo cristiano nelle sue varie articolazioni. I vescovi, dopo aver fissato la data dell’assise (9-13 novembre 2015),ne hanno richiamato la funzione di approfondimento della tematicadel decennio nella sua proiezione culturale e sociale. In particolare,hanno raccomandato che venga evidenziata la natura cristiana del-l’umanesimo, a dire quanto il cristianesimo sia indispensabile per lastoria, la cultura e l’attualità del Paese, e come l’erosione di tali radi-ci comprometta la base su cui è fondata la comunità nazionale.L’attenzione a rilanciare le fonti dell’umanesimo sociale, in un conte-sto che vede il declino dell’ambizioso progetto della modernità, sicompleta nella consapevolezza di essere, come credenti, portatori diuna parola decisiva circa l’umano, quindi la libertà, la responsabilità ele relazioni, vissute in chiave trinitaria: con l’apostolo, i vescovi annun-ciano che «se uno è in Cristo, è una nuova creatura» (2 Cor 5,17).

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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Abitare la cultura

Una valutazione del primo quinquennio del Comitato per il proget-to culturale ha offerto al Consiglio permanente l’occasione di unconfronto con il card. Camillo Ruini, che del Comitato è presidente.Il cardinale ha presentato le iniziative scaturite da una sistematicariflessione sul momento attuale della società e della Chiesa: i rap-porti-proposta e gli eventi internazionali.I vescovi, nell’esprimere gratitudine per questo lavoro di penetra-zione della cultura “alta”, hanno raccomandato che il Comitatocontinui – in mezzo a quella “promessa mancata” che, per moltiversi, è stata la modernità – a proporre il paradigma antropologicoche scaturisce dal cristianesimo. Circa i contenuti sui quali lavora-re, il Consiglio Permanente ha espresso un’attenzione privilegiataper i giovani, per arrivare a dialogare meglio con la loro cultura,usando i linguaggi e gli strumenti più idonei a evangelizzarla inprofondità.Al riguardo, Avvenire e TV2000, il SIR nonché i settimanali e le emit-tenti diocesane, sono colti nel loro decisivo valore in merito alla for-mazione dell’opinione pubblica. Nel rilanciare l’impegno a soste-nerli e a promuoverne la diffusione, i vescovi domandano che siindividuino strategie anche per valorizzare la rete di internet.

Varie

Il Consiglio Permanente ha preso in esame tema, programma e iti-nerario di preparazione alla 47ª Settimana sociale dei cattolici ita-liani (Torino, 12-15 settembre 2013). Sarà imperniata sulla fami-glia, con l’intento di presentarla come cellula primaria e fonda-mentale della vita sociale, portatrice di diritti – a partire dalla liber-tà educativa –, risorsa da sostenere e da cui ripartire per dare spe-ranza anzitutto ai giovani.Di famiglia parla anche il Messaggio per la Giornata per la vita (3febbraio 2013), nel quale i vescovi esprimono vicinanza solidale a

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quanti sono duramente provati dalla crisi, mentre rilanciano ilvalore della persona e della vita umana fin dal concepimento.Per aggiornarlo alla situazione attuale, il Consiglio Permanente haapprovato il nuovo regolamento dell’Ufficio nazionale per l’educa-zione, la scuola e l’università. Le modifiche sono finalizzate, in par-ticolare, a ridare unitarietà a questi diversi ambiti, facendoli con-fluire in un’unica Consulta.Nel corso dei lavori è stata adeguata anche la convenzione cheregola il servizio pastorale in missione dei presbiteri diocesani. Iprincipali mutamenti riguardano l’inserimento nel sistema disostentamento del clero dei sacerdoti fidei donum, il versamento deicontributi previdenziali al Fondo clero dell’INPS da partedell’Istituto Centrale per il sostentamento del clero, nonché lecoperture previste dalla polizza sanitaria per il clero, stipulatadall’ICSC.

Nomine

Nel corso dei lavori, il Consiglio Permanente ha proceduto alleseguenti nomine:- Presidente del Comitato preparatorio del V Convegno ecclesialenazionale (Firenze 2015): S.E. mons. Cesare NOSIGLIA, Arcivescovo diTorino.- Vice Presidenti del Comitato preparatorio del V Convegno eccle-siale nazionale (Firenze 2015): S.E. mons. Gianni AMBROSIO, vescovodi Piacenza-Bobbio, per il Nord; S.E. mons. Mansueto BIANCHI,vescovo di Pistoia, per il Centro; S.E. mons. Antonino RASPANTI,vescovo di Acireale, per il Sud.- Membro della Commissione episcopale per il clero e la vita consa-crata: S.E. mons. Arturo AIELLO, vescovo di Teano-Calvi.- Membro della Commissione episcopale per la famiglia e la vita:S.E. mons. Alberto TANASINI, vescovo di Chiavari.- Direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi giuridici: mons.Giuseppe BATURI (Catania).- Direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero,turismo e sport: Mons. Mario LUSEK (Fermo).- Direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della sanità: don

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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Carmine ARICE (Società dei Sacerdoti di San Giuseppe BenedettoCottolengo).- Direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni:mons. Domenico DAL MOLIN (Vicenza).- Responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile: donMichele FALABRETTI (Bergamo).- Responsabile del Servizio nazionale per l’insegnamento della reli-gione cattolica: don Daniele SAOTTINI (Brescia).- Coordinatore nazionale della pastorale per gli immigrati albanesiin Italia: don Pasquale FERRARO (Roma).- Coordinatore nazionale della pastorale per i cattolici indiani dirito latino in Italia: don Rajan MADAKKUDUYAN (Kannur, India).- Assistente ecclesiastico centrale dell’Azione Cattolica Italiana peril settore adulti: don Emilio CENTOMO (Vicenza).- Assistente ecclesiastico nazionale per la Branca Rover-Scoltedell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani: padre GiovanniGALLO, C.O.- Assistente ecclesiastico generale dell’Associazione Italiana Guide eScouts d’Europa Cattolici: don Stefano CAPRIO (Foggia-Bovino).- Assistenti ecclesiastici nazionali dell’Associazione Italiana Guide eScouts d’Europa Cattolici: don Giovanni FACCHETTI (Bolzano -Bressanone), per la Branca Guide; don Fabio MENGHINI (Pitigliano-Sovana-Orbetello), per la Branca Esploratori; don Claudio BARBONI(Cerignola-Ascoli Satriano), per la Branca Rover; padre PeterDUBOVSKY, SJ, per la Branca Coccinelle; padre Andrea COVA, OFMCap., per la Branca Scolte.- Consulente ecclesiastico nazionale del Centro Sportivo Italiano:don Alessio Cirillo ALBERTINI (Milano).- Consigliere ecclesiastico nazionale della Coldiretti: don PaoloBONETTI (Gorizia).- Assistente ecclesiastico centrale della Fondazione Centesimus Annus– Pro Pontifice: don Giovanni FUSCO (Melfi-Rapolla-Venosa).

La Presidenza, nella riunione del 24 settembre, ha proceduto alleseguenti nomine:

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- Membro dell’Osservatorio centrale per i beni culturali di interessereligioso di proprietà ecclesiastica, in rappresentanza dellaConferenza Episcopale Italiana: don Bassiano UGGÉ, sottosegretariodella CEI.- Assistenti ecclesiastici dell’Università Cattolica del Sacro Cuore –sede di Roma: don Angelo AULETTA (Tricarico), don Paolo AngeloBONINI (Albenga–Imperia), don Luciano Oronzo SCARPINA (Nardò-Gallipoli), don Matthew James SOLOMON (Roma).- Assistente ecclesiastico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore –sede di Brescia: don Roberto LOMBARDI (Brescia).- Membri del Collegio dei revisori dei conti della Fondazione Centrounitario per la cooperazione missionaria tra le Chiese (CUM): rag.Ruggero MISCHI (presidente); ing. Livio GUALERZI (membro).

La Presidenza, nella medesima riunione, ha dichiarato l’assunzionead interim delle funzioni di Presidente della Commissione episcopa-le per le migrazioni da parte di S.E. mons. Paolo SCHIAVON, vescovoausiliare di Roma.

Roma, 28 settembre 2012

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Nomina di don Andrea Palmieri

Segreteria di StatoSezione per gli affari generali n. 193.717/P

Dal Vaticano, 4 settembre 2012

NOMINEDOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

A Sua Eccellenza reverendissimaMons. Francesco CacucciArcivescovo di Bari-BitontoBari

Il Santo Padre ha nominato Sottosegretario del Pontificio Con-siglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani il rev.do sac. An-drea Palmieri, finora officiale del medesimo Dicastero.

Tanto si partecipa a Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Fran-cesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, per opportuna cono-scenza.

Tarcisio card. BertoneSegretario di Stato

* * *

Don Andrea Palmieri è stato altresì nominato, in data 10 settembre2012, Cappellano di Sua Santità.

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DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

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Premessa

Partendo dal Sinodo diocesano e dalle sue conclusioni, abbiamo inquesti anni approfondito il significato di un progetto pastorale dioce-sano, che – l’ho spesso richiamato – va inteso come visione globaledella realtà pastorale, che ispira le mete e gli obiettivi da realizzare con lerelative priorità. Attraverso la preparazione e la celebrazione del CongressoEucaristico Nazionale di Bari (2005), limpida grazia del Signore chetutti ci ha pervasi, ho indicato in modo più completo la sceltapastorale nel testo sulla Mistagogia, che resta l’idea progettuale da svi-luppare ulteriormente, come ho potuto constatare nelle cento par-rocchie della diocesi, che dal 2007 finora ho visitato. Con intimagioia riconosco nei sacerdoti, nei consacrati e nei laici l’accoglienzasostanziale del progetto pastorale, considerando gradualità diversi-ficate nella sua attuazione. Le Lettere inviate alle singole parrocchieal termine della visita pastorale lo testimoniano. All’interno, quindi, di questa visione pastorale globale, ho inviato atutta la nostra comunità diocesana, quest’anno, nel IV centenariodel Seminario diocesano, una Lettera (Cerca e troverai) che invita

Assemblea diocesanaProposta per l’anno pastorale 2012-2013

“Cristo, Alfa e Omega”La Veglia pasquale come cammino di fede

e impegno alla testimonianza(Bari, 19 settembre 2012)

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tutti ad un impegno educativo vocazionale, a diventare «coltivatoridi sicomori» nel gregge del Signore. L’Anno della fede che ci accingiamo a vivere non è una nuova sceltapastorale, ma una proposta di programma pastorale che, in questo an-no di grazia, vi chiedo di attuare nelle singole comunità. Paradigmasarà la celebrazione della Veglia pasquale, esemplare espressione mi-stagogica del mistero cristiano. Il cammino di fede si dovrà sempre più caratterizzare come itinera-rio che porti alla consapevolezza della maturazione ecclesiale della fede rice-vuta nei sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Queste riflessioni conservano il valore di proposta pastorale, cheintendo «disegnare» orientandola verso la meta, che è Cristo, e chesi attua nel tempo. Tempo privilegiato è l’Anno liturgico. Ricordo ancora una volta che lo strumento educativo per attuarequesto itinerario è l’incontro settimanale della comunità1. Ecco allora il programma, illuminato dal Signore Gesù, che ciattende in questo Anno della fede.

Il Cristo Pantokrator

L’immagine del Cristo Pantokrator domina la prima scena raffigu-rata nel rotolo dell’Exultet di Bari, il canto che racconta le meraviglieoperate da Dio nella notte pasquale. L’immagine del Cristo, sedutoin trono e benedicente, non solo è invito a riconoscere che è ilRisorto il motivo del giubilo che risuona sulle labbra della Chiesa,ma indica allo stesso tempo la meta del cammino dei credentiintrodotto e guidato dalla luce del cero pasquale che avanza versol’altare. La gioia che anima il cammino della Chiesa verso Cristo èrichiamata dal Santo Padre nel documento con il quale indicel’Anno della fede. Infatti, il Papa spiega che uno dei motivi che devesollecitare i credenti a celebrarlo è: «l’esigenza di riscoprire il cam-mino della fede per mettere in luce con sempre maggiore evidenzala gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo»2. Il

1 Cfr La Mistagogia. Una scelta pastorale, EDB, Bologna 2006, pp. 83 sgg.2 Benedetto XVI, Lettera apostolica in forma di Motu proprio Porta fidei, 2.

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MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

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cammino della fede caratterizza lo stesso Anno liturgico, durante ilquale il credente celebra la storia della salvezza e permette ad essadi scandire la sua storia quotidiana3. Il cammino della fede è anche quello che la Chiesa ripercorre inogni Veglia pasquale che, raccogliendo i fedeli al di fuori del tem-pio, li conduce con la luce del cero pasquale verso l’eucaristia, comeil nuovo popolo che procede dall’esilio verso la Terra promessa. Iquattro momenti della Veglia sono un prezioso riferimento all’impe-gno che sollecita la Chiesa in questo Anno della fede. Ma il cammino che conduce l’uomo verso Cristo trova prima ditutto ampia testimonianza nei Vangeli. Per questo motivo è impor-tante che il riferimento liturgico della Veglia sia accompagnato daun riferimento biblico. Una scena che presenta un interessante rap-porto tra la Veglia pasquale e il cammino della fede è quella dell’in-contro di Gesù con il cieco Bartimeo raccontato dal Vangelo diMarco 10, 46-52:

«E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme aisuoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, cheera cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo cheera Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio diDavide, Gesù, abbi pietà di me!”. Molti lo rimproveravanoperché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: “Figlio diDavide, abbi pietà di me!”. Gesù si fermò e disse:“Chiamatelo!”. Chiamarono il cieco, dicendogli: “Coraggio!Àlzati, ti chiama!”. Egli, gettato via il suo mantello, balzò inpiedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: “Che cosa vuoiche io faccia per te?”. E il cieco gli rispose: “Rabbunì, che ioveda di nuovo!”. E Gesù gli disse: “Va’, la tua fede ti ha salva-to”. E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada».

La lettura del brano permette di individuare quattro momenti chepresentano un interessante riferimento ai quattro momenti dellaVeglia pasquale.

3 Cfr L’anno liturgico come itinerario di fede, La Scala, Noci 2003.

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1. Bartimeo siede mendicante lungo la strada e avverte il passaggio di Gesù.È la liturgia della luce che si svolge all’esterno della chiesa erichiama una situazione di tenebra e di lontananza da Dio.

2. Gesù chiede ai discepoli di portare da lui Bartimeo e inizia il dialogo conlui. Troviamo qui un riferimento alla liturgia della Parola, parti-colarmente abbondante nella notte pasquale. Essa esprime il dia-logo che Dio inaugura con l’uomo sin dalla creazione.

3. Bartimeo chiede e ottiene di poter tornare a vedere. Anticamente laChiesa chiamava i neofiti gli “illuminati” perché con il Battesimoricevevano la luce della fede.

4. Tornato ad essere vedente, Bartimeo si mette a seguire Gesù come disce-polo. La liturgia eucaristica rappresenta il vertice della Veglia pa-squale. Sostenuto dal pane eucaristico il discepolo cammina sulleorme di Cristo.

Il percorso offerto dal brano biblico e dalla Veglia non deve essere con-siderato altro rispetto a quello dell’Anno liturgico che accompagna laChiesa. Infatti, è possibile legare i quattro momenti del percorsoproposto ai tempi che scandiscono lo stesso Anno liturgico. Facendo tesoro dell’invito del Papa a riprendere in mano i testi delConcilio Vaticano II, ogni singola tappa del percorso può essereaccompagnata dalla lettura e dallo studio di una delle quattroCostituzioni conciliari, forse poco conosciute dalle generazioni piùrecenti. Mi permetterò, nella linea del cammino educativo che impegna laChiesa italiana in questo decennio, di offrire qualche suggestioneche coinvolga in modo privilegiato il mondo giovanile, facendo rife-rimento alla mia Lettera pastorale Cerca e troverai, indirizzatasoprattutto ai ragazzi e ai giovani.

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Prima parte

Il Lucernario (Avvento-Tempo di Natale)«Sedeva lungo la strada a mendicare»

Il brano di Marco che ci guida nella riflessione è immediatamentesuccessivo a quello nel quale i figli di Zebedeo chiedono a Gesù dipoter sedere ai primi posti. La situazione di Bartimeo, cieco, poveroed emarginato, ci porta in un orizzonte completamente diverso e sioffre come riflessione sulla situazione che molti uomini e donnevivono nel nostro tempo. Persone sedute ai margini della stradaperché incapaci di intraprendere un cammino, costretti a mendica-re un aiuto, un sostegno, una luce che li aiuti a rialzarsi. Personeche forse hanno già rinunciato a vivere perché rassegnate nella loromiseria o nella loro solitudine. Persone che mendicano felicità oamore, ovunque qualcuno possa darne qualche briciola. Personeche vivono il buio dell’esistenza che impedisce loro di capire dadove vengono e dove vanno. Il grido di Bartimeo verso Cristo sembra dare voce al grido di tantiuomini del nostro tempo che, al buio e sul ciglio della strada, chie-dono che Qualcuno li prenda per mano e li sollevi per rimetterli incammino. Scrive Origene: «Quelli che sono ciechi seguano Cristo,dicendo ed esclamando: “Figlio di David, abbi pietà di noi”, affin-ché, ricevendo da lui anche la vista, possano in seguito essere irrag-giati dallo splendore della sua luce» (Omelie sulla Genesi, I,7).

Rinnovati nello spirito, alla festa dello splendore eterno

La celebrazione della Veglia pasquale ha inizio fuori, all’esterno dellachiesa. L’uomo viene raggiunto nella sua terra, nello spazio della suavita quotidiana. Ma «essere fuori» richiama anche la situazione didisagio che l’uomo sperimenta quando si sente smarrito: “sentirsifuori” è un modo per dire che non si è a proprio agio. Anche il buiocon cui ha inizio la Veglia è una metafora. Esso trova la sua origine

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prima di tutto nella celebrazione del giorno prima, quella dellamorte del Signore. Allo stesso tempo è riferimento alla condizionedel peccato con la quale ogni uomo deve confrontarsi. Ma il buiorichiama anche la nostra esistenza, la confusione e lo smarrimentoche ogni uomo sperimenta nella sua vita. È interessante, a questoproposito, uno sguardo al significato che il Vangelo di Giovanni dàalla «notte» quando parla dell’incontro di Gesù con Nicodemo (Gv3, 1), oppure quando parla del tradimento di Giuda (Gv 13, 30), oancora quando parla della terza apparizione di Gesù ai discepoliche «in quella notte non presero nulla» (Gv 21, 3). La Veglia pa-squale inizia nella notte per condurci verso il giorno; inizia nel buioper condurci verso la luce. Il Lucernario della Veglia pasquale assume così l’immagine di unavita che ricomincia. Di una persona che è appena nata, non si diceforse che «è venuta alla luce»? È questo il momento nel quale puònascere il coraggio di riprendere in mano la propria esistenza perpoterla orientare verso un fine. Le parole che accompagnano l’ac-censione del cero pasquale sono eloquenti a riguardo: «La luce delCristo che risorge glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito». Letenebre del cuore e dello spirito richiamano la condizione di chibrancola nel buio ed è incapace di orientarsi. L’ho ricordato nella Lettera pastorale: «Anche noi, spesso, viviamocosì: disorientati, incapaci di scelte, con un’esistenza in mano, chenon sappiamo più a che cosa serva. Ci manca l’essenziale. E la vita,così, si spegne… Crediamo che ci manchi qualcosa, e in realtà cimanca tutto. Ci manca l’Amore, quello ‘Primo’, sorgente di ognialtro amore e senso»4. È necessario scoprire le zone d’ombra cheabitano il nostro cuore per ritrovare lo slancio della fede che illu-mina e dà senso alla nostra storia. L’impegno tocca anche le nostre comunità. Spesso la preoccupa-zione di un’organizzazione efficiente può far dimenticare la centra-lità della fede e ridursi a prestare un servizio, piuttosto che offrirerisposte al cuore inquieto dell’uomo.

4 Cerca e troverai. Lettera alla Chiesa locale nel IV centenario del Seminario diocesano, EDB,Bologna 2012, p. 7.

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Festa della Presentazione del Signore

Nel clima del Lucernario ho pensato di vivere con voi, in questoAnno della fede, un altro momento assembleare di preghiera e dicontemplazione del Mistero il giorno 31 gennaio intorno al cande-labro in pietra del cero pasquale, che sarà collocato stabilmente inCattedrale, accanto all’ambone. Il 2 febbraio, infatti, Festa dellaPresentazione del Signore, si riprendono i vari temi sottolineati giàdurante l’Avvento e il Tempo natalizio, e parimenti ci si apre allarealtà pasquale (vedi ad es. il tema della presentazione-oblazione esoprattutto il tema della luce). Il candelabro, infatti, rievocando il nostro Exultet, ripercorrerà lastoria della salvezza dall’Antico al Nuovo Testamento, dalla crea-zione alla risurrezione. Alla base, quasi a sorreggere questo raccon-to per immagini, le figure dei profeti e dei santi vescovi Nicola e Sa-bino, intervallati dai simboli degli evangelisti. La nostra Chiesa locale, quindi, beneficia di questo mistero di lucee di grazia, di cui anche l’acqua, avvolgente tutta la colonna mar-morea, è simbolo.

La Gaudium et spes

Il documento conciliare al quale faremo riferimento in questa pri-ma tappa del nostro cammino sarà la Gaudium et spes, la Costitu-zione pastorale del Concilio Vaticano II sulla Chiesa nel mondocontemporaneo. Sono pagine che mostrano il volto di una Chiesache vuole camminare con gli uomini del suo tempo e mettersi inascolto delle domande che portano nel cuore. Leggiamo, infatti: «Èdovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e diinterpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a cia-scuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degliuomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazionireciproche. Bisogna, infatti, conoscere e comprendere il mondo incui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso

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drammatico» (GS 4). È l’esercizio dell’auditus temporis, che ho richia-mato nel Sinodo diocesano, un esercizio sapienziale che contemplaCristo «via, verità e vita»5.

Seconda parte

La liturgia della Parola (Tempo di Quaresima)«Gesù si fermò e disse: Chiamatelo!»

Il grido di Bartimeo è ascoltato da Gesù, che chiede a chi gli staintorno di chiamarlo perché vuole incontrarlo. “Figlio di Davide,Gesù, abbi pietà di me!”. Nel corso dei secoli, attraverso la preghie-ra dei monaci del deserto, l’invocazione di Bartimeo è diventataquella che si è soliti chiamare la “preghiera di Gesù”. Tra tutti colo-ro che percorrono la strada dove giace Bartimeo e che si rivelanoinfastiditi dalla sua presenza, solo Gesù è disposto a rivolgergli laparola. Ma se il grido di Bartimeo è solo un’invocazione di aiuto,Gesù non si limita ad esaudire la sua richiesta, ma entra in dialogocon lui. Tuttavia, la prima domanda che gli rivolge appare banale oretorica: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Gesù sa molto benecosa chiede Bartimeo, ma lo costringe a chiedere, quasi a suggerirela necessità di dare un nome al proprio bisogno. Bartimeo non è unmalato, ma prima di tutto un uomo. Con la sua domanda, Gesùaiuta anche chi gli sta vicino a prendere coscienza che non è possi-bile curare la sofferenza se non ci si prende cura dell’uomo che lavive. Gesù non salva dalla sofferenza, ma aiuta l’uomo a non rima-nerne schiacciato sotto il peso. Ogni uomo, di fronte ai propri limiti o alle vicende drammatichedella storia, avverte il desiderio di vedere e di capire, ma solo l’in-contro con Gesù e con la sua Parola può gettare una luce sul suocammino e impedire di rincorrere vane illusioni.

5 Cfr Il Libro del Sinodo. Un futuro pieno di speranza, Ecumenica Editrice, Bari 2002, pp. 67,213-215.

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Rispondere degnamente alla grazia della chiamata

La liturgia del Lucernario ha accompagnato il credente a varcare lasoglia della chiesa, per condurlo nello spazio consacrato all’incon-tro con Dio. Tornano alla mente le parole di Osea: «Ti condurrò neldeserto e parlerò al tuo cuore» (Os 2,16). Dal frastuono della stradadove ha avuto inizio la celebrazione, il cristiano è portato in unospazio di intimità che gli permette di ascoltare la voce di Dio. Il ceropasquale collocato in alto, accanto all’ambone, non solo richiamala presenza del Risorto che, come ai discepoli di Emmaus, «ci svelail senso delle Scritture» (Preghiera eucaristica V), ma allo stessotempo sottolinea come, alla luce della risurrezione di Cristo, laParola di Dio che sarà proclamata è prima di tutto annuncio cheriaccende la speranza. Il racconto che le pagine della Scrittura annunciano in questa nottegetta una luce nella vita di ogni uomo. Dove non c’è storia ci sonosolo frammenti di vita incomprensibili; ma quando si riesce adindividuarne la trama è possibile raccoglierli e intravedere doveconduce. La liturgia della Parola che caratterizza la seconda parte della Vegliapasquale, con la sua abbondanza di letture, ripercorre tutta la sto-ria della salvezza e rivela il dialogo che Dio, sin dall’inizio della crea-zione, ha voluto instaurare con l’uomo. L’iniziativa è di Dio. È Dioche inaugura il dialogo con l’uomo perché si preoccupa per lui, perla sua condizione. È il dialogo inaugurato proprio nel momentodella caduta di Adamo, quando Dio chiede a lui: «Dove sei?» (Gen3, 9). Dio chiama e attende che l’uomo risponda. Un’orazione dellaVeglia pasquale chiede a Dio: «Concedi al tuo popolo di risponderedegnamente alla grazia della tua chiamata». La preghiera fa riferi-mento alla fede di Abramo che risponde e obbedisce a Dio. Questo secondo tempo del nostro cammino offre la possibilità diriscoprire il ruolo fondamentale che la Parola di Dio assume nellavita del credente. Dobbiamo riconoscere che è cambiato l’atteggia-mento di molti fedeli nei confronti della Parola di Dio, da quandoil Concilio Vaticano II ha voluto che a tutti venisse offerta la ric-

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chezza delle Scritture. Origene, facendo riferimento al brano evan-gelico della Samaritana, spiega: «Ormai si realizza quella parola delSalvatore ai discepoli: Se uno crede nel Cristo e si disseta all’acquadella sua dottrina, dal suo seno sgorgano fiumi d’acqua viva, e nonsolo pozzi o una sorgente. Accade proprio come per il Pozzo unicodella Parola di Dio che genera una gran copia di conoscenze spiri-tuali paragonabili a pozzi, sorgenti e fiumi innumerevoli» (SuiNumeri, XII,1). Per Origene è Cristo il pozzo al quale l’uomo puòattingere per placare la sete che porta dentro di sé. Anche BenedettoXVI richiama il ruolo fondamentale della Parola di Dio: «Dob-biamo ritrovare il gusto di nutrirci della Parola di Dio, trasmessadalla Chiesa in modo fedele, e del Pane della vita, offerti a sostegnodi quanti sono suoi discepoli» (Porta fidei, 3).Il dialogo che Gesù instaura con Bartimeo sollecita anche noi a cer-care continuamente il dialogo con Dio attraverso la lettura e l’a-scolto della sua Parola. Ci saranno sempre domande o situazioniche invocano risposte alle quali l’uomo non può rispondere se nonattingendo alla Parola di Dio. Allo stesso tempo, solo chi sa abbe-verarsi al pozzo delle Scritture sarà in grado di offrire una rispostaautentica alle ansie dei fratelli, perché non si affiderà alle sue paro-le ma alla stessa Parola di Dio. Nella Lettera pastorale Cerca e trove-rai richiamo la responsabilità di farsi attenti alle domande dei fra-telli, soprattutto più giovani: «Dobbiamo perdere tempo ad ascol-tare le ansie degli uomini e delle donne del nostro tempo, perchénel caos degli eventi quotidiani, spesso segnati da negatività e vio-lenza, il nostro ascolto si offre come luogo di sosta, nel quale laparola di chi si affida a noi può incontrare le proprie domande piùvere e scoprire, nella nostra fragile esperienza, una risposta di gioia,data dal nostro incontro con il Risorto»6.

La Dei Verbum

Il documento del Vaticano II che accompagnerà questa secondafase del cammino sarà la Costituzione dogmatica Dei Verbum sulla

6Cerca e troverai cit., p. 22.

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divina rivelazione. Le affermazioni e le indicazioni di questo pre-zioso documento continuano ancora oggi a portare frutto nellaChiesa. Infatti, sono sempre più numerosi coloro che nutrono quo-tidianamente la loro fede con la Sacra Scrittura, convinti che: «nellaParola di Dio è insita tanta efficacia e potenza, da essere sostegno evigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa la forza della loro fede,il nutrimento dell’anima, la sorgente pura e perenne della vita spi-rituale» (DV 21). È «la sacramentalità della Parola», formula davve-ro innovativa fatta propria dall’Esortazione apostolica VerbumDomini di Benedetto XVI. Durante il tempo quaresimale «nellaParola la carità prende forma, misura e motivo: la forma, la misurae il motivo dell’amore di Cristo, Vangelo dell’amore di Dio da cui ildiscepolo impara “la Parola della Croce”, rivelazione dell’“amorepiù grande” (Gv 15,13), dell’“amore sino alla fine” (Gv 13,1)»7. Inquesto contesto va vissuta nelle varie comunità la proposta carita-tiva diocesana quaresimale.

Terza parte

La liturgia battesimale (Tempo di Pasqua)«Balzò in piedi e venne da Gesù»

Alzandosi in piedi, Bartimeo è aiutato da Gesù ad avere un sussul-to di dignità. Egli può lasciar cadere il suo mantello che lo riparavadal freddo della strada perché l’incontro con Cristo ha riscaldato ilcuore. Balzando in piedi, Bartimeo risorge da una sua situazioneche lo aveva escluso dalla storia degli uomini. Abbandonato ai mar-gini della strada, egli ora può ricominciare a vivere, rimettendosisulla strada alla sequela di Cristo. Ma il gesto di Bartimeo assume anche il significato di una scelta.

7 Cfr la mia relazione al XXXV Convegno nazionale delle Caritas diocesane: Memoria, fedel-tà, profezia, Fiuggi, 21 novembre 2011.

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Infatti, egli potrebbe continuare a vivere la propria dipendenza daglialtri, rassegnato al suo destino. A volte, trasformare la sofferenza inuno sterile vittimismo può diventare una scelta di comodo perché cimette al riparo dalle responsabilità. Sappiamo bene che «fare scelteimportanti, radicali, fare dei progetti che richiedono impegni, cerca-re qualcosa di definitivo… spaventa. L’alternativa, però … la vediamofacilmente intorno a noi. La maggior parte delle persone vive la pro-pria esistenza in maniera arrabbiata, o depressa, o confusa, o soffer-ta. Non ha in sé una progettualità che la porti a cercare e a trovare inquello che dice o in quello che fa il ‘gusto’ dell’esistere»8. Come è dif-ficile oggi, specie per i giovani, compiere scelte definitive! Il balzo di Bartimeo non è solo frutto della sua volontà, ma scatu-risce dall’incontro con Cristo. Bartimeo è stato sempre là, seduto alsuo posto, fino a quando non ha avvertito la presenza di Gesù.L’incontro con chi ti ama genera sempre una risurrezione.

Ciò che è invecchiato si rinnova

La terza parte della Veglia è caratterizzata dalla liturgia battesimaleche esprime la libera risposta dell’uomo alla chiamata di Dio. Il bat-tesimo esprime la volontà di credere e il desiderio di accettare chenella propria vita si realizzi il mistero di morte e risurrezione diCristo. Un’orazione della Veglia pasquale riconosce che solo in Dio«ciò che è distrutto si ricostruisce, ciò che è invecchiato si rinnova etutto ritorna alla sua integrità, per mezzo del Cristo, che è principiodi tutte le cose». Accettando di morire ad una vita rassegnata e superficiale, si puòiniziarne una nuova, colma di senso e orientata verso il futuro. Trai versi dettati dal papa Sisto III per il Battistero Lateranense, leggia-mo: «L’acqua restituirà nuovo quello che avrà accolto vecchio… chiè nato a questo fiume sarà santo». Il sacramento della rinascitainaugura un nuovo cammino. Nella liturgia battesimale, prima ci sono le rinunce, poi la Professionedi fede. È un invito a “schierarsi”, ad affermare apertamente da cheparte si intende stare. Anticamente questo gesto conosceva anche la

8 Cerca e troverai cit., p. 12.

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simbologia dell’orientamento: verso occidente per le rinunce, versooriente per la Professione di fede. Era un modo per affermare che chisceglieva di seguire Cristo dava le spalle al suo passato, al regno delletenebre e del peccato, in definitiva, a tutto ciò che lo portava lontanodal Signore. Lo spiega san Cirillo di Gerusalemme ai neofiti: «Quandodunque rinunci a Satana, sciogliendo assolutamente qualsiasi pattocon lui e ogni tua precedente intesa con l’inferno, ti si aprono le portedel paradiso di Dio, che fu piantato ad oriente e da cui il nostro pro-genitore fu cacciato per aver violato il precetto. Ne è un simbolo ilfatto che tu ti volgi da occidente a oriente, la regione della luce»(Catechesi mistagogica,1). È la conversione che inaugura il cammino deldiscepolo e che la Veglia pasquale invita ogni volta a rinnovare. È statobello rivivere questo “segno” con i cresimandi che ho incontrato neltempo pasquale in Cattedrale. Spero che questo appuntamento diven-ga una tradizione nella nostra Chiesa locale. Questo terzo momento del cammino si presenta come opportunaoccasione per riscoprire e vivere il senso autentico del sacramentodel battesimo. Tutta la storia dell’uomo è fatta di scelte, ma c’è unascelta che orienta e condiziona tutte le altre e che non si può elude-re. Essa è fondamentale per lanciarsi nel futuro e non rimanereancorati al presente, o peggio ancora prigionieri del passato. Ma lescelte chiedono coraggio e comportano rischi. È quello che moltospesso, oggi, impedisce di fare scelte definitive. Allo stesso tempo, essendo il tempo pasquale occasione per la cele-brazione di prime comunioni e cresime, sarà opportuno assumersila responsabilità di aiutare le famiglie delle nostre comunità a com-prendere che ogni sacramento rappresenta una scelta e chiama aduna responsabilità. I sacramenti non si pretendono ma si chiedono,essi sono un dono e non una prassi. Il Papa ricorda: «La fede è deci-dere di stare con il Signore per vivere con Lui. E questo “stare conLui” introduce alla comprensione delle ragioni per cui si crede»(Porta fidei, 10). Quanto sarebbe opportuno riprendere i suggerimenti che L’annoliturgico come itinerario di fede offre, scandendo i vari riti dei sacra-menti dell’Iniziazione cristiana dall’Avvento fino alla Pentecoste!

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La Sacrosanctum Concilium

Queste riflessioni orientano a prendere tra le mani il testo delVaticano II che accompagnerà questo terzo momento: la Costi-tuzione Sacrosanctum Concilium sulla sacra liturgia. Deve essere unacostante premura quella di aiutare i fedeli a riscoprire il sensoautentico della liturgia nella vita della Chiesa. Essa non può ridur-si ad una sterile ritualità; deve essere compresa e vissuta come even-to di salvezza nella quale si realizza l’incontro del credente con ilRisorto. Leggiamo, infatti, che: «la liturgia è il culmine verso cuitende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui pro-mana tutta la sua energia». Non dobbiamo dimenticare che «laliturgia spinge i fedeli, nutriti dei sacramenti pasquali, a vivere inperfetta unione; prega affinché esprimano nella vita quanto hannoricevuto mediante la fede» (SC 10).

Quarta parte

Liturgia eucaristica (Tempo ordinario)«E lo seguiva lungo la strada»

Quello che Gesù ha operato nei confronti del cieco, conferma che«veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv1,9). Bartimeo non è più per strada, ma sulla strada. Il suo camminosi è fatto sequela perché percorso dietro i passi di Cristo. Bartimeonon vive più ai margini della storia ma cammina con passo decisonella storia. Romano Guardini direbbe che «camminare eretti signi-fica essere uomini... Ma non siamo più soltanto uomini: siamo piùche uomini»9. Prima ancora di trovare la fede, Bartimeo ha ritrova-to la sua dignità di uomo. Il dono della fede non è una realtà cheesula dalla vita. Bartimeo, infatti, ottiene la vista prima di tuttocome uomo. Prima di aprire i suoi occhi, Gesù gli ha aperto il cuore. Allo stesso tempo, se leggiamo che Bartimeo “seguiva” Gesù lungola strada, dobbiamo dedurre che la sua storia non si conclude con

9 R. Guardini, Lo spirito della liturgia. I santi segni, Morcelliana, Brescia 1964, p. 136.

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la guarigione. L’evangelista, infatti, non vuole raccontare il miraco-lo della vista ma quello della fede. Siamo di fronte a un camminoinaugurato dalla guarigione, ma destinato a continuare nella vita diogni giorno. Nella sua prima enciclica Benedetto XVI scrive nell’in-troduzione: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisioneetica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, conuna Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la dire-zione decisiva»10.

Il desiderio del cielo

L’orazione sul fuoco nuovo della Veglia pasquale chiede a Dio che«le feste pasquali accendano in noi il desiderio del cielo, e ci guidi-no, rinnovati nello spirito, alla festa dello splendore eterno». Nellaquarta parte della Veglia, culmine della celebrazione, la Chiesa pre-gusta la “festa dello splendore eterno”. Il cammino iniziato sulsagrato della chiesa trova nel sacramento dell’altare la sua meta. L’eucaristia, celebrata dopo il battesimo e la confermazione, è ilsegno evidente che il cammino dell’Iniziazione cristiana resta uncammino “aperto”, mai concluso definitivamente. L’orazione dopola comunione nella II domenica di Pasqua lo esprime in modo sem-plice ma efficace: «la forza del sacramento pasquale che abbiamoricevuto continui a operare nella nostra vita». L’eucaristia, quindi, èil sacramento che «continua ad operare» nella vita di ogni creden-te, perché la fede non può ridursi ad un gesto, ma apre ad un cam-mino che impegna giorno per giorno. Se il battesimo ci ha fatti risorgere con Cristo, l’eucaristia ci fa vive-re di Cristo. Il profondo legame tra il battesimo e l’eucaristia è spie-gato molto bene da Teodoro di Mopsuestia in una Omelia sull’eu-caristia: «Poiché per mezzo della morte di Cristo abbiamo ricevutouna nascita sacramentale, conviene che dalla stessa morte ricevia-

10 Deus caritas est, 1.

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mo il cibo del sacramento d’immortalità. Dobbiamo essere nutritidalla stessa sorgente da cui siamo nati, secondo la norma di tutti gliesseri viventi»11. L’eucaristia, realizzando la comunione con Cristo,introduce in un cammino che porta oltre il tempo, oltre la storia,verso la vita eterna. È il tempo per riscoprire, ancora una volta, la domenica come«sacramento della Pasqua» (sant’Agostino), «festa primordiale»,«fondamento e nucleo di tutto l’anno liturgico» (SC 106) e per rin-verdire l’esperienza del Congresso Eucaristico del 2005 nella solen-nità del SS. Corpo e Sangue di Cristo. La liturgia pasquale non si conclude con il congedo finale, bensì conla responsabilità e la missione affidata a ciascuno. Iniziando sulsagrato della chiesa, la Veglia pasquale ha condotto il credente versol’altare, meta del cammino di fede. Nutrito di Cristo, con i riti dicongedo, il credente ritorna alla storia di ogni giorno completamen-te trasformato, diventando così testimone di quanto ha vissuto.

Il Tempo ordinario che la Chiesa ci offre è il tempo della quotidiani-tà. L’aggettivo “ordinario” piuttosto che far pensare ad un tempodimesso, non eccezionale, dovrebbe suggerire l’ “ordine” con cui iltempo liturgico ritma il tempo dell’uomo. Emerge in questo modolo stretto rapporto tra vita liturgica e storia quotidiana, tra fedeprofessata e fede vissuta. Il tempo diventa “ordinario” perché èCristo che dà ordine alla vita. «Tocca a noi essere testimoni dellabellezza del tempo “perso perché donato”. E, questo, certo, portagioia, ma comporta anche fatica… Ma, sappiamo, solo attraversoquesta via, il nostro cuore può arrivare a narrare il nostro stupore,la nostra meraviglia, non per il miracolo di ciò che siamo riusciti adonare, ma per i mille giorni senza miracoli in cui il Signore, rima-nendoci accanto, ci ha ripetuto e ci ripete: “non temere, perché iosono con te!”»12.Questo è il tempo in cui crescere nella consapevolezza che la fedeimpone la responsabilità di una sincera e autentica testimonianza.Lo ricorda il Papa quando afferma: «Ciò di cui il mondo oggi ha

11 Teodoro di Mopsuestia, Prima omelia sull’eucaristia, in A. Hamman (a cura di), L’inizia-zione cristiana, Marietti, Casale Monferrato 1982, p. 123.12 Cerca e troverai cit., p. 25.

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particolarmente bisogno è la testimonianza credibile di quanti, illu-minati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono capa-ci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vitavera, quella che non ha fine» (Porta fidei, 15).

La Lumen gentium

Il testo che accompagnerà questa quarta fase del cammino sarà laCostituzione dogmatica Lumen gentium sulla Chiesa. Il motivo èmolto semplice: «La Chiesa prosegue il suo pellegrinaggio fra lepersecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, annunziando lapassione e la morte del Signore fino a che egli venga. Dalla virtù delSignore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore leafflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal difuori, e per svelare in mezzo al mondo, con fedeltà, anche se nonperfettamente, il mistero di lui, fino a che alla fine dei tempi essosarà manifestato nella pienezza della luce» (LG 8). Possiamo affer-mare, a cinquant’anni dal Concilio, che le nostre comunità sonodivenute soggetto dell’itinerario di fede, non riservato agli “addetti ailavori”? «I grandi rinnovamenti della Chiesa sono sempre statideterminati da scoperte realistiche delle situazioni e, insieme, davisioni ideali che hanno indicato il cammino e sostenuto la speran-za. Quando avremo compreso che la nostra azione pastorale puòvalidamente e lecitamente rinnovarsi, qualcosa comincerà a cam-biare anche nella prassi. Attraverso la crescita di un laicato, cui biso-gnerà sempre più dar fiducia e parola, si camminerà verso unacomunità di credenti adulti maturi…»13.

13 Catechesi liturgia e vita. Una proposta pastorale, EDB, Bologna 2000, p. 47.

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Breve conclusione

Dalle tenebre alla luce, dall’esterno all’interno, dalla strada alla casadi Dio, dal sagrato all’altare, «soglia dell’eternità»14. La Veglia pasquale diviene così sintesi armonica tra l’annuncio, lacelebrazione e la testimonianza della vita. Esemplarmente aiuta avivere un’esperienza «mistagogica», un ingresso progressivo nel misterodella salvezza. È questo il cammino che l’Anno della fede può proporre a ciascunodi noi. Il filosofo e scrittore francese Gabriel Marcel afferma che«l’uomo è essenzialmente un viandante» e aggiunge che è l’inquie-tudine a farlo progredire, e non potrebbe essere altrimenti perché«l’uomo non può perdere questo sprone senza divenire immobile esenza morire»15. L’inquietudine che spinge sant’Agostino a cercareDio dovrà essere la stessa inquietudine che in questo anno muove inostri passi nel cammino della fede.

+ Francesco Cacucci Arcivescovo

14 R. Guardini, op. cit., p. 145.15 G. Marcel, Homo viator, Borla, Roma 1944.

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Inaugurazione dell’anno accademicodella Facoltà Teologica Pugliese

Saluto del Gran Cancelliere(Bari, Basilica S. Nicola, 24 ottobre 2012)

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVODOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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Saluto gli eccellentissimi Arcivescovi e Vescovi e i reverendissimiSuperiori e Superiore degli Ordini e delle Congregazioni religiose eli ringrazio della loro presenza.Saluto altresì con deferenza le Autorità civili e militari che hannocortesemente accolto il nostro invito.Al magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Bari e delPolitecnico di Bari, ai rappresentanti delle autorità accademichedelle università pugliesi rivolgo un cordiale benvenuto.Desidero ringraziare cordialmente il rappresentante del sig.Sindaco di Bari.Ringrazio il Rettore della Basilica di S. Nicola, il rev. p. LorenzoLorusso, O.P. e la comunità dei Padri Domenicani che ci hannoaccolto in questo splendido tempio, come sede del nostro solenneatto accademico.Un benvenuto al prof. Antonino Zichichi e un ringraziamento peraver accettato con cordialità il nostro invito a tenere la prolusionedell’anno accademico 2012-2013.Un saluto colmo di gratitudine intendo rivolgerlo a tutti i docentie ai cari studenti, all’inizio dell’ottavo anno accademico dellaFacoltà Teologica Pugliese.Siate benvenuti tutti, signore e signori, che ci onorate con la vostrapresenza in questa circostanza.

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Questo nuovo anno accademico, che si colloca nell’Anno della fedeindetto da Benedetto XVI, ci stimola a considerare il rapporto trafede e teologia e a riflettere su come la teologia non esiste che inrelazione al dono della fede.Nella luce di questa relazione vitale tra fede e lavoro teologico riten-go che, in occasione di quest’anno di grazia, la nostra Facoltà debbaimpegnarsi in medio Ecclesiae a portare il suo contributo specificoalla nuova evangelizzazione, scrutando il mistero rivelato con tuttele risorse della ragione illuminata dalla fede, a beneficio di tutti icredenti e favorendo anche la sua recezione nella cultura attuale,perché «i contenuti essenziali che da secoli costituiscono il patri-monio di tutti i credenti hanno bisogno di essere confermati, com-presi e approfonditi in maniera sempre nuova al fine di dare testi-monianza coerente in condizioni storiche diverse dal passato»(Benedetto XVI, Porta fidei, n. 4).Anche il tema scelto per la prolusione rimane in questo alveo, dalmomento che l’illustre relatore affronterà il rapporto tra fede escienza. Siamo sicuri che Lei, prof. Zichichi, per i suoi studi, le suericerche e le sue numerose scoperte sia innanzitutto un testimonedella possibilità di un dialogo fecondo tra fede e scienza. Per questosiamo certi di trovare nelle sue parole indicazioni importanti sutemi di grande interesse per l’uomo contemporaneo.Nella luce di queste riflessioni auguro a tutti un anno accademicofecondo. Vi siano buoni frutti a livello di ricerca scientifica e dididattica: i docenti realizzino pienamente la loro missione ecclesia-le e gli studenti trovino nei nostri Istituti effettive opportunità dicrescita umana e cristiana per diventare, come ci ha ricordatosant’Agostino, «innamorati della bellezza spirituale».

+ Francesco CacucciArcivescovo di Bari-Bitonto

Gran Cancelliere della Facoltà Teologica Pugliese

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Sacre ordinazioni, ammissioni, ministeri istituiti

- La sera dell’8 settembre 2012, primi vespri della XXIII domenicadel Tempo Ordinario, nella chiesa parrocchiale di S. Maria delFonte in Bari-Carbonara, S.Ecc. mons. Luciano Bux, vescovo eme-rito di Oppido Mamertina-Palmi, con licenza dell’Ordinario,durante una celebrazione eucaristica da lui presieduta, ha istitui-to accolito il signor Giuseppe Mongelli;- la sera del 31 ottobre 2012, primi vespri della solennità di Tutti iSanti, nella chiesa parrocchiale di S. Giuseppe Moscati in Trig-giano, S.Ecc. mons. Luciano Bux, vescovo emerito di OppidoMamertina-Palmi, con licenza dell’Ordinario, durante una cele-brazione eucaristica da lui presieduta, ha ordinato diaconi per-manenti i sigg. Domenico Palmisano e Francesco Saverio Ric-cardi, incardinandoli nel clero diocesano.

Nomine e decreti singolari

A) S. Ecc. l’Arcivescovo ha nominato, in data- 1 ottobre 2012 (Prot. n. 68/12/D.A.S.-N.), don Ambrogio Avellutoall’incarico di direttore dell’Ufficio Missionario della Curia dioce-sana, per cinque anni;- 1 ottobre 2012 (Prot. n. 69/12/D.A.S.-N.), don Michele Scollettaall’ufficio di cappellano dell’Ospedale S. Paolo in Bari;

Cancelleria

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DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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- 1 ottobre 2012 (Prot. 70/12/D.A.S.-N.), mons. Antonio Parisiall’incarico di canonico del Capitolo Metropolitano Primaziale diBari;- 1 ottobre 2012 (Prot. n. 71/12/D.A.S.-N.), don Francesco Micuncoall’incarico di collaboratore dell’Ufficio Amministrativo dellaCuria diocesana nell’ambito dei beni culturali ecclesiastici, percinque anni;- 13 ottobre 2012 (Prot. n. 78/12/D.A.S.-N.), don Michele Camastraall’ufficio di parroco della parrocchia SS. Crocifisso in Triggiano,per nove anni;- 22 ottobre 2012 (Prot. 88/12/D.A.S.-N), don Angelo Ranieri all’uf-ficio di parroco della parrocchia S. Maria Assunta in Palo delColle, per nove anni.

B) S. Ecc. l’Arcivescovo ha istituito, in data- 1 settembre 2012 (Prot. n. 57/12/D.A.S.-I), p. Michele Mangialardi,O.F.M., all’ufficio di parroco della parrocchia S. Antonio in Bari;- 1 settembre 2012 (Prot. n. 58/12/D.A.S.-I), p. Guarino Valentino,O.F.M., all’ufficio di parroco della parrocchia S. Leone Magno inBitonto;- 1 settembre 2012 (Prot. n. 59/12/D.A.S.-I.), p. Marcellino Chiechi,O.F.M., all’ufficio di parroco della parrocchia S. Maria di S. Lucain Valenzano;- 1 settembre 2012 (Prot. n. 60/12/D.A.S.-I), p. Cosmo Scardigno,O.F.M., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S.Antonio in Bari;- 1 settembre 2012 (Prot. n. 61/12/D.A.S.-I), p. Vito Bracone,O.F.M., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. LeoneMagno in Bitonto;- 1 settembre 2012 (Prot. n. 62/12/D.A.S.-I), p. Antonio Cofano,O.F.M., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Mariadi S. Luca in Valenzano;- 1 settembre 2012 (Prot. n. 63/12/D.A.S.-I), p. Leonardo DiTaranto, O.F.M.Cap., a direttore dell’Ufficio per la pastorale dellasalute della Curia diocesana, per altri cinque anni;- 1 settembre 2012 (Prot. n. 64/12/D.A.S.-I), p. Nunzio S. DelMastro, O.F.M.Cap., all’ufficio di amministratore parrocchialedella parrocchia Gesù di Nazareth in Bari, per un anno;

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- 15 settembre 2012 (Prot. n. 65/12/D.A.S.-I), don Giuseppe Ruppi,S.d.B., all’ufficio di cappellano delle monache Benedettine delMonastero di S. Scolastica in Bari;- 1 ottobre 2012 (Prot. n. 72/12/D.A.S.-I), p. Zaccaria Donatelli,O.F.M.Cap., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S.Francesco d’Assisi in Triggiano;- 1 ottobre 2012 (Prot. n. 73/12/D.A.S.-I), p. Giampaolo Lacerenza,O.F.M.Cap., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S.Fara in Bari;- 1 ottobre 2012 (Prot. n. 76/12/D.A.S.-I), p. Raffaele Melacarne,O.F.M.Cap., all’ufficio di cappellano del Carcere Mandamentaledi Bari;- 15 ottobre 2012 (Prot. n. 79/12/D.A.S.-I), p. Massimo M.Ghionzoli, A.G.C., all’ufficio di parroco in solido moderatoredella parrocchia S. Rocco in Valenzano;- 15 ottobre 2012 (Prot. n. 80/12/D.A.S.-I), p. Michele M. Momoli, A.G.C.,all’ufficio di cappellano della Casa di Riposo S. Rita in Cellamare.

C) S. Ecc. l’Arcivescovo ha trasferito, in data- 28 settembre 2012 (Prot. n. 67/12/D.A.S.-T.), don Angelo Lagoni-gro dall’ufficio di parroco in solido della parrocchia Spirito Santoin Bari-Santo Spirito, all’ufficio di parroco della parrocchia S.Michele Arcangelo in Bari-Palese;- 15 ottobre 2012 (Prot. n. 81/12/D.A.S.-T), il diacono permanentePietro Floris dall’ufficio di collaboratore del cappellanodell’Ospedale S. Paolo in Bari, all’ufficio di collaboratore dellaparrocchia S. Pietro in Modugno;- 15 ottobre 2012 (Prot. n. 82/12/D.A.S.-T), il diacono permanentePasquale Caiano dall’ufficio di collaboratore del cappellanodell’I.R.C.C.S. “Giovanni Paolo II” in Bari, all’ufficio di collabora-tore del cappellano dell’Ospedale S. Paolo in Bari;- 15 ottobre 2012 (Prot. n. 83/12/D.A.S.-T), il diacono permanenteAntonio Coviello dall’ufficio di collaboratore della parrocchiaMaria SS. Annunziata in Modugno, all’ufficio di collaboratoredella parrocchia Spirito Santo in Bari–S. Spirito;

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- 15 ottobre 2012 (Prot. n. 84/12/D.A.S.-T), il diacono permanenteMichele Mastromatteo dall’ufficio di collaboratore della parroc-chia S. Cecilia in Bari, all’ufficio di collaboratore della parrocchiaS. Girolamo in Bari;- 22 ottobre 2012 (Prot. n. 86/12/D.A.S.-T), don FrancescopaoloSangirardi dall’ufficio di parroco della parrocchia S. Maria delFonte in Bari-Carbonara, all’ufficio di parroco della parrocchiaMaria SS. del Rosario in Bari;- 22 ottobre 2012 (Prot. 87/12/D.A.S.-T), don DomenicoChiarantoni dall’ufficio di parroco della parrocchia S. MariaAssunta in Palo del Colle, all’ufficio di amministratore parroc-chiale della parrocchia S. Maria del Fonte in Bari-Carbonara.

D) S. Ecc. l’Arcivescovo, in data- 1 ottobre 2012 (Prot. n. 74/12/D.A.S.), ha concesso a don MicheleCantatore la licenza di iscriversi come studente di scienze sacrepresso gli Atenei Pontifici in Roma;- 1 ottobre 2012 (Prot. n. 75/12/D.A.S.), ha concesso a don Vito DiDonna la licenza di iscriversi come studente di scienze sacre pres-so gli Atenei Pontifici in Roma;- 12 ottobre 2012 (Prot. n. 77/12/D.A.S.), ha concesso a donCosimo Memoli la licenza di iscriversi come studente di scienzesacre presso gli Atenei Pontifici in Roma;- 31 ottobre 2012 (Prot. 91/12/D.A.S.), ha incardinato nel clero dio-cesano don Angelo Arboritanza, già chierico regolare dei PadriSomaschi.

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Cancelleria

Comunicato sulla concessionedi indulgenze durante l’Anno della fede

In applicazione di quanto previsto dal decreto della PenitenzieriaApostolica del 14 settembre 2012, relativo alle indulgenze concessein occasione dell’Anno della fede, che permette di acquisire l’indul-genza plenaria ai fedeli ogniqualvolta visiteranno in forma di pelle-grinaggio, oltre alla Basilica Cattedrale, «un luogo sacro designatodall’Ordinario del luogo (ad es. tra le Basiliche Minori ed i Santuaridedicati alla Beata Vergine Maria, ai Santi Apostoli ed ai SantiPatroni)», S.Ecc. l’Arcivescovo, su proposta del rev.mo Padre Priore,ha designato la Basilica di S. Nicola in Bari, in quanto Basilica dedi-cata al Santo Patrono, come ulteriore luogo sacro per acquisire ladetta indulgenza plenaria.L’indulgenza, che è applicabile anche in suffragio alle anime deifedeli defunti, si potrà ottenere durante tutto l’arco dell’Anno dellafede, cioè fino all’intero 24 novembre 2013, alle solite condizioni(che si sia veramente pentiti, debitamente confessati, comunicatisacramentalmente, e che si preghi secondo le intenzioni del Som-mo Pontefice), partecipando inoltre a qualche sacra funzione nellaBasilica o almeno soffermandosi «per un congruo tempo di racco-glimento con pie meditazioni, concludendo con la recita del PadreNostro, la professione di fede in qualsiasi forma legittima, le invo-cazioni alla Beata Vergine Maria e, secondo il caso, ai Santi Apostolio Patroni».

Bari, 25 ottobre 2012Il Cancelliere Arcivescovile

sac. Paolo Bux

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In preparazione all’Anno della fede che ha avuto inizio il 12 otto-bre 2012 l’Ufficio Catechistico diocesano ha proposto ai catechistie agli operatori pastorali di riflettere sul tema L’Anno della fede e l’e-ducazione alla vita buona del Vangelo.Gli incontri di formazione si sono tenuti nei giorni 3 e 4 ottobre peri catechisti e gli operatori pastorali delle parrocchie dei paesi, e neigiorni 5 e 6 ottobre per i catechisti e gli operatori pastorali delleparrocchie della città di Bari, nell’aula “Mons. Mariano Magrassi”dalle ore 18.30 alle ore 20.30.Il tema degli incontri di formazione è stato sviluppato il primogiorno attraverso una relazione tenuta da p. Luigi Gaetani, O.C.D.dal titolo La fede, un percorso generativo ed educativo, cui è seguito unintervento di approfondimento sulla relazione con parole, immagi-ni e musica preparato da suor Cristina Alfano, ed il secondo giornoda una Tavola rotonda: In ascolto di alcune testimonianze, con gli inter-venti di don Mario Diana, don Francesco Micunco, la sig.naSabrina Di Paola, la sig.ra Elisabetta Fiorentino, il sig. LeonardoDambra e il sig. Antonio Colagrande.

P. Luigi Gaetani nel suo intervento ha messo a fuoco, «a partire dal-l’esperienza della fede, tre aspetti: dimorare nella propria anima,

Settore Evangelizzazione. Ufficio catechistico

Incontri di formazioneper catechisti e operatori pastorali

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DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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trasmettere o generare la fede, destrutturare per far vedere il cuoredella fede.Il primo. Non si può vivere galleggiando, senza trovare il punto diforza della propria esistenza nell’anima. È da questo spazio consi-stente della persona che si possono affrontare le sfide del mondocontemporaneo e valutare la stessa crisi di fede che sta attraversan-do tanta parte di umanità, che oramai crede di non credere, sebbe-ne viva sul bordo del proprio pozzo, assetata, ma senza il coraggiodi bere al proprio pozzo. I mistici ci accompagneranno, come mae-stri di vita, in questo cammino verso la verità, perché solo lorohanno osato l’oltre per essere se stessi e per offrirsi come paradig-ma nei confronti di una umanità che brancola nella “notte” delnulla con il desiderio di incontrare la luce.Il secondo. Dalla frontiera sulla quale costringe la mistica è legitti-mo chiedersi se la crisi della fede che viviamo non sia legata ad unapovertà mistica della stessa esperienza cristiana, ad una preponde-ranza della trasmissione dei contenuti della fede rispetto ad unaemergenza generativa ed educativa della fede che non vuole essereprivata del Vangelo e, di conseguenza, della maternità/paternità diuna comunità credente.Il terzo. La consapevolezza che non basta in sé l’atto generativo ededucativo alla fede se questo non è accompagnato da un reale pro-cesso di destrutturazione di alcuni aspetti della cultura cristianaconsolidata nella quale il cuore della fede è fortemente intessuto,ma è anche in stato di sofferenza. Occorre coraggio ed occorre apri-re a se stessi per poter veramente generare ed educare. La Chiesa,come la famiglia, è chiamata continuamente ad attualizzare la suamaternità/paternità per non rischiare di restare senza figli».P. Luigi, concludendo, ha detto che oggi «si va facendo sempre piùchiara la convinzione che noi abbiamo tante storie belle da raccon-tare a questo mondo a corto di anima e di bellezza. Raccontare lanostra fede come percorso generativo ed educativo è la sfida cheabbiamo dinanzi». Infine ha lasciato tre consegne mentre la Chiesaci chiede di varcare oggi “la porta della fede”: educare allo sguardo,educare alla determinazione, educare al bene.«Non c’è nessun approdo a Dio senza educazione dello sguardo. Non losguardo che cattura o che terrorizza, non lo sguardo spento e deso-lato di tanti nostri ragazzi e giovani, ma quello che porta a guardare

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con stupore ed attitudine contemplativa noi stessi, gli altri, ilmondo, il mistero di Dio: “La salvezza sta nello sguardo” (S. Weil)».«Non c’è approdo a Dio senza educazione alla determinazione.Dobbiamo deciderci, non si può vivere un’intera esistenza oscillan-do tra l’inconsistenza e l’essere, lacerati tra quello che vorremmoessere e quello che siamo, non decidendo mai da che parte andare.Gesù, ad un certo punto del suo cammino con i discepoli, pone unadomanda secca: “chi sono io per te?”. Per rispondere devo sapere chisono io, cosa voglio dalla vita e da te che cammini con me, devosapere quali sono le cose che contano, di chi mi fido, chi è il mio“dio/Dio”».«Non c’è approdo a Dio senza educazione alla grazia. La grazia è labellezza, il buono. La grazia è il ricordo che conserviamo, nel piùprofondo centro dell’anima, di quella bellezza travolgente e affasci-nante che ci ha preso la vita e la lascia in una condizione di deside-rio. La scegliamo, la grazia, perché è bellezza. La scegliamo libera-mente la grazia perché è l’idea e la realizzazione stessa di bene. Lagrazia seduce l’intelligenza e il cuore mediante il fascino della bel-lezza perché è la stessa Bellezza, tutta la Bellezza, il Sommo Bene, lacosa più bella che ti possa accadere e che ti porta a dire, afferman-do la tua libertà, ho solo bisogno di Te. Non ho bisogno di qualco-sa, e non perché sia cattiva, ma perché io ti voglio al centro: “SoloDio per lei è tutto” (S. Giovanni della Croce)».

I protagonisti della Tavola rotonda In ascolto di alcune testimonianzehanno raccontato e testimoniato la storia bella della propria fede,rispondendo a tre domande.

Racconta la tua esperienza di fede

La fede è la storia di un continuo incontro con Dio; mi sento sem-pre guardato e amato da Dio (Diana). Nella storia del mio incontrocon Dio ho capito come donare il mio amore (Di Paola). La fede èla luce della mia esistenza. L’esperienza del Movimento dei Focolari

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è fondamentale per la mia vita. Con la mia sposa abbiamo coniu-gato fede e fiducia e abbiamo creduto all’Amore. Dio rimane sem-pre la mia prima scelta, perciò «felicità e grazia mi sono compagnetutti i giorni della vita» (Dambra). Ho conosciuto Gesù con l’inte-rezza della mia persona nell’esperienza del Rinnovamento delloSpirito. Cristo è diventato il Signore della mia vita al quale sonocapace di dire sì e con gioia lo racconto a tutti (Fiorentino). Il puntodi partenza della mia fede è stata la famiglia, poi l’esperienza asso-ciativa dell’Oasi S. Martino, quindi l’esperienza speciale dell’AzioneCattolica dove ho imparato a confidare nel Signore, ed infine ilSeminario dove ho condiviso con gli altri seminaristi i percorsidella fede (Micunco). Con la mia fede ho cercato di dare una rispo-sta unica e originale alla domanda di Gesù “voi chi dite che io sia?”.La mia fede, vissuta come relazione vitale con il Signore, è statasostenuta e nutrita sempre in una comunità: il Seminario, l’AzioneCattolica, la parrocchia, la famiglia, il Centro Volontari dellaSofferenza (Colagrande).

Quali elementi nutrono la tua fede

Dio è, non al primo posto, ma al centro della mia vita. Nutrimentodella mia fede è una preghiera bella e continua con la centralità del-l’eucaristia quotidiana e l’esame di coscienza. La mia fede donata econdivisa è sempre capace di mettersi in discussione per diventarepiù vera (Diana). Nutrimento della mia fede è una regola di vita conalcuni punti fermi: l’eucaristia, la liturgia delle ore, la preghieracomunitaria, la direzione spirituale, gli esercizi spirituali come ele-mento importante di ascolto del Signore (Di Paola). La Parola diDio è al centro della mia esistenza e mi dà luce per guardare avanti.La mia fede è nutrita dalla speranza e dalla carità (Dambra). Gli ele-menti fondamentali che nutrono la mia fede sono: i sacramenti, lapreghiera personale, la Parola di Dio che è luce ai miei passi e regnain casa. Importante è anche il silenzio in alcuni momenti della vitae che diventa un affidarsi a Dio. La fede viene restituita e rinnovataattraverso il discernimento, attraverso la relazione con i fratelli difede e attraverso il racconto delle meraviglie di Dio (Fiorentino).Fondamentali sono questi elementi che nutrono la mia fede: im-

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portanza dello studio, confronto stringente con la Parola di Dio,rapporto costante con Gesù eucaristico con un’ora di adorazione algiorno, una regola di vita, un padre spirituale, e una sincera e verarelazione con le persone (Micunco). Sento una profonda esigenzadi darmi una regola di vita a misura di laico, questo comporta l’ap-puntamento domenicale con l’eucaristia e l’appuntamento setti-manale comunitario con la Parola di Dio (Colagrande).

Come incarni la fede nella tua vita quotidiana

L’incarnazione della fede porta alla verità della mia vita: mi preoc-cupo di portare il profumo di Cristo attraverso la bellezza: una vitabella di testimone dell’amore e di ministro di uno sguardo d’amo-re, una vita di gioia da cui traspare la felicità dell’essere cristiano,una vita di comunione vissuta nell’amore per i fratelli sacerdoti enell’amore verso tutti i cristiani (Diana). Incarnare è stato fonda-mentale per me per passare dalla Parola alla vita attraverso unaradicalità evangelica a tutto campo e con il mio impegno educativonella comunità parrocchiale, nell’Azione cattolica e nell’intera dio-cesi (Di Paola). Incarno la mia fede nella vita quotidiana con la pre-ghiera. Essa vale a indirizzare tutte le mie azioni e anche a compier-le. Essa mi rivela in ogni momento il senso del mio essere creaturadi un Creatore. La preghiera per me è una regola che va vissutausando il tempo e lo spazio, tutto il tempo ed ogni spazio. Vita epreghiera sono una stessa esperienza di comunione con Dio: la vitaè preghiera, continuo rapporto con Dio, la preghiera è vita, riempiee dà anima al nostro pensare ed agire. Cerco di non farmi mancarel’eucaristia quotidiana. Poi ci sono i prossimi. Con loro devo esseresempre pronto ad amarli e sempre colui che fa il primo passo. Nonci riesco? Mi alleno a “ricominciare sempre”. È veramente moltobello per me vedere l’azione di Dio in ogni realtà della vita(Dambra). La vita stessa parla e racconta la fede attraverso i servizisvolti nella parrocchia, nel movimento, nel sociale, attraverso lacomunione profonda vissuta con tutte le aggregazioni laicali. La

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fede va concretizzata nella vita con la nostra presenza viva nelmondo e con il testimoniare il nostro credere nel Signore(Fiorentino). È tanto cambiata la mia vita in questi primi mesi disacerdozio. Tutta la mia vita deve parlare della mia fede con la miadisponibilità in ogni momento come ha fatto Gesù. Sono chiama-to a mettere il massimo: nei sacramenti, nei luoghi in cui sonoposto, vivendo in modo irreprensibile e con responsabilità (Mi-cunco). La risposta alla domanda di Gesù “Chi sono io per te?”richiede di vivere la mia vita in pienezza; la mia famiglia è il primoambito dove Gesù dà sapore alla mia vita, l’insegnamento della reli-gione mi chiama ad essere autentico testimone nelle relazioni, laparrocchia e la diocesi mi interpellano in modo particolare in que-sto momento per un servizio umile e generoso (Colagrande).

Vi sono state anche due comunicazioni: la prima comunicazioneriguardante la proposta formativa dei “Laboratori della fede” èstata fatta da don Antonio Serio e da don Carlo Lavermicocca; laseconda comunicazione riguardante la proposta formativa“L’iniziazione cristiana con i ragazzi diversamente-abili” del Settorecatechesi-disabili dell’Ufficio Catechistico diocesano è stata fattadalla prof.ssa Annalisa Caputo.Agli incontri hanno partecipato quattrocentonovanta persone.

mons. Angelo Latrofadirettore dell’Ufficio Catechistico

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p. Luigi Gaetani, O.C.D.

La fede: un percorso generativo ed educativo

Introduzione

Benedetto XVI, nel convegno della diocesi di Roma del 2007, ha sot-tolineato che «L’esperienza quotidiana ci dice che educare alla fedeproprio oggi non è un’impresa facile. Oggi, in realtà, ogni opera dieducazione sembra diventare sempre più ardua e precaria. Si parladi una grande “emergenza educativa”, della crescente difficoltà ches’incontra nel trasmettere alle nuove generazioni i valori base del-l’esistenza e di un retto comportamento, difficoltà che coinvolgesia la scuola sia la famiglia e si può dire ogni altro organismo che siprefigga scopi educativi»1. L’educazione non possiamo pensarla solo come un’emergenza a cuibisogna trovare un tampone, ma è soprattutto una scelta che carat-terizza la vita dei credenti, un impegno di umanesimo cristianodove la comunità cristiana è chiamata ad esercitare una nuova dia-konia nella storia.Questo mio intervento mette a fuoco, a partire dall’esperienza dellafede, tre aspetti: dimorare nella propria anima, trasmettere o gene-rare la fede, destrutturare per far vedere il cuore della fede.Il primo. Non si può vivere galleggiando, senza trovare il punto diforza della propria esistenza nell’anima. È da questo spazio consi-stente della persona umana che si possono affrontare le sfide delmondo contemporaneo e valutare la stessa crisi di fede che staattraversando tanta parte dell’umanità, che oramai crede di noncredere, sebbene viva sul bordo del proprio pozzo, assetata, masenza il coraggio di bere al proprio pozzo. I mistici ci accompagne-

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1 BENEDETTO XVI, Discorso al Convegno della Diocesi di Roma, 11 giugno 2007.

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ranno, come maestri di vita, in questo cammino verso la verità, per-ché solo loro hanno osato l’oltre per essere se stessi e per offrirsicome paradigma nei confronti di una umanità che brancola nella“notte” del nulla con il desiderio di incontrare la luce.Il secondo. Dalla frontiera sulla quale costringe la mistica è legitti-mo chiedersi se la crisi della fede che viviamo non sia legata ad unapovertà mistica della stessa esperienza cristiana, ad una preponde-ranza della trasmissione dei contenuti della fede rispetto ad unaemergenza generativa ed educativa della fede che non vuole essereprivata del Vangelo e, di conseguenza, della maternità/paternità diuna comunità credente.Il terzo. La consapevolezza che non basta in sé l’atto generativo ededucativo alla fede se questo non è accompagnato da un reale pro-cesso di destrutturazione di alcuni aspetti della cultura cristianaconsolidata nella quale il cuore della fede è fortemente intessuto,ma è anche in stato di sofferenza. Occorre coraggio ed occorremorire a se stessi per poter veramente generare ed educare. LaChiesa, come la famiglia, è chiamata continuamente ad attualizza-re la sua maternità/paternità per non rischiare di restare senza figli.

1. Dimorare nel più profondo centro dell’anima

Per coloro che sono stati educati alla teologia sistematica, dove lafede scorreva limpida e chiara nelle tesi che dicevano il mistero diDio, non è stato facile passare alla vita delle persone e alle doman-de concrete di chi cerca una ragione nel rapporto fede-mondo.Certo, sapevano come rispondere. Era tutto chiaro, perché la veritàrivelata era spiegata e chiarita dal magistero della Chiesa, dal depo-situm fidei, dal dogma.

1.1. Le sfide del mondo moderno e contemporaneoOggi quel modello teologico non regge più. La nuova sensibilità lan-cia nuove sfide anche specificatamente alla fede cristiana e, in parti-colare, al suo modo di pensare Dio e di formulare l’identità e l’an-nuncio. Sfide che interessano particolarmente i giovani, anche quel-li a noi vicini, e che si caratterizzano per alcuni tratti o peculiarità. Un primo tratto è quello di una reazione radicale contro la pretesa

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della ragione umana. Contro tale esaltazione, la conseguenza èstata la concezione di una ragione consapevole della fragilità dellecostruzioni elaborate dalla modernità illuministica e fortementescettica davanti alla pretesa della stessa, fino a sostenere il pensierodebole, il pensiero che non pretende, il relativismo.Un secondo tratto è stato quello del passaggio dal super io, che rico-nosce l’assolutizzazione dell’io-soggetto, al riconoscimento, daparte del movimento esistenzialista, del soggetto consapevole dellapropria finitudine o, come sottolinea il marxismo, del soggetto con-sapevole delle proprie alienazioni. Il pensiero attuale parla dellaframmentazione radicale del soggetto, dove, in un certo senso, ilsoggetto è morto o è “liquido”.Un terzo tratto del pensiero post-moderno è la convinzione che si èarrivati alla fine della storia intesa come processo senza termine,attraverso il quale l’umanità progettava se stessa in una continuanovità, e si è approdati alla post-storia, in quella condizione che regi-stra l’incapacità di sentire la novità degli avvenimenti e di percepir-ne il nesso, livellando tutto sul piano della contemporaneità e dellasimultaneità. Dove non è più il futuro, tanto meno il passato, adoccupare un posto, ma piuttosto il presente in cui tutto accade e nelquale si svolge effettivamente la vita. Si vive così schiacciati sul pre-sente, nell’oblio del senso storico.Le conseguenze di questo clima culturale sono radicali, forse come nonmai nella storia del cristianesimo:a) il pensiero debole si trova a disagio dinanzi alle affermazionidogmatiche e preferisce sfumare i contorni del divino e procede-re per via di interpretazioni che hanno più del soggettivo che del-l’oggettivo (relativismo);

b) la post-modernità, con la sua visione frantumata del soggetto,pensa che non abbia senso andare alla ricerca di una unità profon-da della persona umana, vanificando così lo sforzo di una teologia,di una catechesi, di una predicazione esistenziale-personalistica;

c) il pensiero post-moderno, fortemente marcato da un “presenti-smo esasperato”, difficilmente riesce a pensare un Dio che si èrivelato in una storia di salvezza.

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1.2. La fede esige la consistenza della persona umanaDavanti a queste sfide ci si può chiudere a riccio, continuando aripetere “ciò che si è sempre detto”, o ci si può arrendere lasciandosiassorbire da esse. La proposta è quella di un dialogo critico con iltempo attuale, andando alla ricerca di un fondamento stabile. Dialogo,quindi apertura serena e fiduciosa, ma anche capacità critica perandare contro corrente, sapendo testimoniare una fede in grado diproporsi e di rivelarsi fondata, consistente: «radicati e fondati inCristo, saldi nella fede» (Col 2,7).Alla base di questa opzione c’è il modo di intendere la fede. Infatti,se credere significa solo aderire intellettualmente ad una “veritàeterna”, se siamo salvati perché “sappiamo” ed affermiamo comeaccolta in noi la verità rivelata (fides quae = la fede come contenuti),allora certo la nostra vita secondo lo spirito consiste nel gustare econtemplare quella verità. Ma se credere significa aderire ad unaPersona, allora le cose sono diverse e la chiarezza della teologia siste-matica non basta più, occorre andare oltre, occorre andare dentro eda questa profondità, da questa relazione vitale osare l’atto di fede(fides qua = la fede come atto). In quest’orizzonte parlare di fede non significa dimostrare, matestimoniare, vivere, raccontare come Dio impatta la nostra vita,significa ritessere il rapporto Dio-mondo a partire dall’uomo, fon-dandosi non su una realtà esteriore, ma interiore al mondo, nell’a-nima, intendendo per anima non una sostanza separata, ma il prin-cipio della vita, sia di quella organica come di quella spirituale.Osando porre, quale fondamento del credere in Dio, non qualcosadi esteriore, ma piuttosto qualcosa di interiore, anzi la cosa piùinteriore che esiste dentro di noi e che ci fa essere, cioè l’anima.Ognuno cerca la roccia su cui costruire la casa, l’anima è tale puntofermo; quello spazio «più intimo a noi di noi stessi» (sant’ Agostino), ilmas profundo centro dell’uomo (san Giovanni della Croce). È da quiche dobbiamo ripartire per costruire la casa della fede, del rappor-to Dio-mondo.Il vero problema è sempre interiore: «A che serve all’uomo conqui-stare il mondo intero, se poi perde la propria anima?» (Mc 8,36).L’uomo forte è colui che conquista la propria anima. Infatti, «checosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?»(Mc 8,37). La conquista della propria anima non si può comprare,

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non si può chiedere che altri ci diano “olio” per alimentare la vita,si può ottenere solo a prezzo di un duro lavoro, vivendo.

1.3. La crisi della fede tra atto e contenutiIl mondo contemporaneo ci consegna scenari di fede contrassegna-ti da crisi. Lo stesso Pontefice ha ribadito, in più circostanze, che «Ilnocciolo della crisi della Chiesa in Europa è la crisi della fede. Se adessa non troviamo una risposta, se la fede non riprende vitalità,diventando una profonda convinzione ed una forza reale grazieall’incontro con Gesù Cristo, tutte le altre riforme rimarranno inef-ficaci»2. Il senso dell’Anno della fede si chiarifica proprio in questalinea: «capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggiorpreoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche delloro impegno, continuando a pensare alla fede come un presuppo-sto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solonon è più tale, ma spesso viene perfino negato»3. L’analisi dei motivi che stanno alla base di questa tensione richiede-rebbe una relazione a sé. Qui mi limito a elencarne i principali, divi-dendoli tra motivi di crisi della fides qua creditur (cioè l’atto di crede-re alle cose di fede, l’atto compiuto dal soggetto che crede, il crede-re in qualcuno), espressamente sottesi dal Pontefice quando diceche si continua a pensare «alla fede come un presupposto ovvio» men-tre in realtà non è più tale, e i motivi di crisi della fides quae creditur(cioè la fede come contenuto, l’insieme di eventi e di dottrine che siaccettano per vere, le cose credute, l’assenso alle verità rivelate).Per quanto riguarda la fides qua creditur, cioè l’atto di fede, la teolo-gia ha individuato tre livelli: preambula fidei, motivum fidei e motivumcredibilitatis.I preambula fidei (presupposti della fede) sono quegli argomentirazionali previ all’atto di fede che sono: l’esistenza di Dio, la rivela-zione storica, l’esistenza storica di Gesù, i suoi miracoli, la sua risur-rezione, la libertà dell’uomo, la immortalità dell’anima.

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2 BENEDETTO XVI, Discorso alla Curia romana, del 22 dicembre 2011.3 ID., Porta fidei, Lettera apostolica in forma di Motu proprio, n. 2.

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Ognuno può constatare facilmente come questi argomenti, chesecondo la teologia hanno la funzione di far uscire l’atto di fededall’ arbitrarietà per la loro intrinseca evidenza razionale, oggi nonsvolgono più tale funzione. Oggi sono, nel migliore dei casi, ogget-to essi stessi dell’atto di fede. Ovvero, prima essi reggevano l’atto difede di fronte agli assalti del dubbio; oggi devono essere retti essistessi dall’atto di fede. La conseguenza è che dall’arbitrarietà checirconda l’atto di fede non si esce: «Tu ci credi, io non ci credo, nes-suno sa chi ha ragione, l’importante è rispettarci l’un l’altro». IlPapa ha ragione a deplorare l’imperversare del relativismo, le cuicause consistono in una debolezza sempre più evidente della ragio-nevolezza della fede, ovvero del legame tra fede e ragione.Il motivum fidei (il motivo per cui si crede), cioè l’autorità di Dio, per-ché Dio si è rivelato e a Lui va prestata obbedienza, l’ossequio del-l’intelligenza e della volontà (Vat. I, nella Dei Filius).Il motivum credibilitatis (i motivi di credibilità), quegli argomenti cioèche, una volta che si è aderito alla fede, dimostrano alla ragione chel’adesione è ragionevole. La tradizione teologica elenca quattroprincipali motivi di credibilità: le profezie dell’A.T. adempiute inGesù, i miracoli di Gesù, la diffusione del cristianesimo, la Chiesa.Per quanto, invece, concerne la fides quae creditur, cioè i contenutidella fede, mi limito a dire che il cristianesimo ha sempre sostenu-to che questi non sono contrari alla ragione ma che semmai la com-pletano: «Gratia non destruit naturam, sed perficit» (san Tommasod’Aquino); lo stesso Benedetto XVI ha ribadito a Regensburg che«Non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio»4. Ciònonostante la fede cristiana resta consapevole che gli stessi dogminecessitano di quell’incessante lavoro della ragione e che permaneun «infinito da conoscere» (san Giovanni della Croce).

1.4. La fede, un incontro sul bordo del pozzoLe considerazioni finora fatte potrebbero portarci a valutazioninegative, ma ancora una volta Benedetto XVI ci ricorda che «Nonpossiamo accettare che il sale diventi insipido e la luce sia tenutanascosta (Mt 5,13-16). Anche l’uomo di oggi può sentire di nuovo ilbisogno di recarsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù,

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4 BENEDETTO XVI, Discorso all’Università di Regensburg, 12 settembre 2006.

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che invita a credere in Lui e ad attingere alla sua sorgente, zampil-lante di acqua viva (Gv 4,14)»5.L’incontro tra Gesù e la donna è come una linea di frontiera tra ilrestare con un “cuore di pietra” oppure accogliere un “cuorenuovo”, tra l’essere nella opacità della vita oppure essere aspersi conl’acqua pura che purifica da tutte le sozzure e gli idoli (Ez 36, 25-27), tra l’accontentarsi del battesimo in acqua di Giovanni o acce-dere a quello in Spirito di Gesù, tra l’essere alla festa di nozze macon le brocche del vino vuote o accettare che Gesù intervengamutando l’acqua in vino, il vuoto in pienezza, la tristezza in gioia(Gv 2, 1-11). Occorre vincere la paura che dipinge gli scenari della fede con tintefosche, occorre scegliere e, come Gesù, intraprendere cammini nonancora battuti; tali sono il passaggio attraverso la Samaria, il resta-re solo al pozzo in un territorio difficile, l’opzione di parlare conuna donna samaritana e trattarla in una maniera diversa. In questa narrazione tutto è contro corrente, perché la vita di fededanza sul bordo del pozzo dell’esistenza e del mistero, perché la vitaè il nucleo più intimo dell’esistenza, dove si è se stessi e dove siapprende la relazione, la compagnia, l’amore, la nuzialità. Il“pozzo” è come la stanza dell’anima, un luogo intimo dove l’animaincanta lo Spirito e dove lo Spirito slarga l’anima, consentendo allasponsalità di farsi maternità.

1.5. La fede nella prospettiva mistica: un cammino verso la veritàL’analisi fatta, allora, non conduce al nulla ma apre alla prospettivadell’interiorità, della vita mistica, conduce alla via della verità. Essainfatti può rappresentare la “notte oscura”, la “nube della non cono-scenza”, il “nada” di cui parlano i mistici che traduce un camminoaltro, divenendo come un paradigma della ricerca che genera la fede,che comprende fino in fondo chi crede di non poter credere, chi con-tinua a cercarlo come se non lo avesse ancora trovato (sant’ Agostino).

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5 ID., Porta fidei, cit., n. 3.

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I mistici sono maestri della vita, cercano la verità e la gioia, esplora-no gli spazi più reconditi dell’anima, osano abitare sulla frontiera,continuamente proiettati verso un oltre non ancora veduto, masolo desiderato: «rompi la tela a questo dolce incontro» (sanGiovanni della Croce). Per questa ragione la teologia sistematicanon è mai bastata ai mistici ed hanno prediletto un’altra teologia,quella apofatica; hanno utilizzato altri linguaggi rispetto a quellidella dogmatica: quelli della simbolica e della poesia, dove i simbo-li utilizzati (notte, inverno, vuoto, aridità…) non sono mai statiun’astrazione intellettuale, ma traccia della condizione concretadella ricerca, il segno del passaggio dell’Altro, di quella trasgressio-ne osata per eccesso e necessità di amore, per quell’inappagabileprezzo da pagare al desiderio dell’anima, fino al punto da ritrovar-si senza alcuna sicurezza, nella “notte” appunto.Vivere il quaerere Deum significa essere condotti fino al cospetto del-l’abisso del nulla (san Gregorio Nisseno), obbliga ad entrare nellospazio della non conoscenza, perché è proprio il riconoscimento diquesta inconoscibilità la via alla vera conoscenza (theognosia) di Dio(san Gregorio Nisseno); genera, per analogia, quella medesima con-dizione spirituale di molti contemporanei che «si definiscono perciò che inquieta e non per ciò che li rassicura» (E. Wiesel), impa-rando a vivere in empatia con lo spirito del mondo, fino a sederealla stessa mensa dei peccatori (santa Teresa di Gesù Bambino).Quando ci si espone alla verità, senza timore di perdere pezzi, senzavoler preservare nulla, senza barare, cercando solo la verità, si entranella notte oscura della fede. Ma questa esposizione alla verità, lungidall’essere una tentazione o un atto di superbia intellettuale, ottie-ne in chi la compie quella purificazione della mente. Infatti, si entranella notte oscura della fede ragionando6 ed amando, mentre l’ani-ma è tutta desta in questa esperienza drammatica e fascinosa: «l’a-nima che ha camminato per queste vie verso le cose celesti, avendolasciato le cose terrestri per quanto è possibile alla natura umana,

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6 San Tommaso: «Si dice che al termine della nostra conoscenza, Dio è conosciuto comelo Sconosciuto perché il nostro spirito è pervenuto all’estremo della sua conoscenza diDio quando alla fine si accorge che la sua essenza è al di sopra di tutto ciò che può cono-scere quaggiù», In Boet. Trin. Proem. q.1,a.2, ad 1.

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penetra nel santuario della conoscenza divina circondata da ogniparte dalla tenebra divina»7.Le costruzioni dogmatiche della teologia, a questo livello dellaesperienza spirituale, appaiono come deboli segnali, per quantoveridici. Essi non sono la realtà, sebbene la significhino, ma sonosegnali che la indicano, e l’anima intuisce che occorre ritenerli edoltrepassarli, andando al di là, nel cuore stesso del mistero, oltre la“porta”: la vera conoscenza e la visione di Dio consistono «nel vede-re che Egli è invisibile, perché Colui che l’anima cerca, trascendeogni conoscenza, separato da ogni parte dalla sua incomprensibili-tà come da una tenebra»8. In questo stadio finale della conoscenza,di Dio non si ha un concetto, ma quello che il Nisseno definisce«un certo sentimento di presenza» (aisthesin tina tes parusias)9.Questo significa che questa tipologia di notte non è un passo indie-tro, ma un evidente passo in avanti, verso il progresso spirituale,verso lo svelamento dell’uomo a se stesso e la comunione con Cristo (GS22). I mistici, veri maestri della fede, hanno compiuto questo passoin avanti esponendosi alla luce della verità divina, volendo solo taleverità: nessun gioco di potere, nessuna strumentalizzazione dellafede a interessi mondani, nessun compromesso.I mistici hanno riconosciuto che la fede per crescere deve entrarenell’oscurità, in quanto la più alta conoscenza del divino è segnatadall’asimmetria, dalla distanza, è come un lampo nella notte, buia,come un entrare nella nube della non conoscenza, nel vuoto, nell’ari-dità, nell’inverno dell’abbandono (Taulero), perché «per giungere adove non sai devi passare per dove non sai»10.Questo cammino, delineato dai mistici con categorie diverse maconvergenti quanto alla struttura fondamentale, credo che conten-ga il paradigma del cammino che la fede nel suo insieme è chiama-ta a fare. L’anima di un vero uomo spirituale contiene, cioè, il per-

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7 GREGORIO NISSENO, Omelia XI sul Cantico (PG 44, 1000 C-D).8 ID., Vita di Mosè, II,163 (SCH 1 bis, p. 210 s.).9 ID., Omelia XI sul Cantico cit. (PG 44, 1001B).10 SAN GIOVANNI DELLA CROCE, 1 Salita 13,11.

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corso che la Chiesa tutta è chiamata a compiere, tutto il percorsoche un uomo è chiamato a percorrere per essere veramente se stes-so. Questo processo, allora, è qualcosa di positivo: la notte oscura ini-zia ad operare a livello della coscienza ecclesiale, è opportunità dipurificazione e di cammino nuovo, di cammini che convergono e siorientano verso un ulteriore da raggiungere. Penso che ogni cristia-no è chiamato a interiorizzare questo processo di negazione dellacoscienza contemporanea, a farla propria. Ognuno deve assumere ildramma del nichilismo come qualcosa che lo riguarda. Non certoper essere nichilista, ma per vivere ecclesialmente, come popolo incammino, il senso della “notte” di cui parlano i mistici, in totalecomunione col mondo, in un reale processo di purificazione e disolidarietà. Il cammino dei mistici, però, non si ferma nella notte oscura, la metaè data dalla luce e dall’incontro con l’Amato, perché «se la personacerca Dio, molto di più il suo Amato cerca lei»11; dal calore della«fiamma d’amor viva», non dal freddo del nulla; dal matrimoniospirituale dell’anima che si unisce a Dio, non dalla solitudine asso-luta della dissoluzione. Al fondo di ogni percorso mistico cristianonon ci sono le tenebre, c’è la luce della vita, del Risorto; c’è la parte-cipazione alla vita trinitaria, c’è la deificazione, l’unione trasfor-mante tra l’Amato e l’amata, tra l’uomo e Dio, in quella forma diricapitolazione di tutto in Cristo, nella cristificazione dell’universo.Ora la questione è la seguente: è possibile anche per noi giungerealla luce? Si tratta di una possibilità per ogni uomo, oppure è un’e-lezione per pochi privilegiati? Io penso che, così come la notte oscurariguarda chiunque si metta seriamente a pensare l’oltre, allo stessomodo l’approdo alla luce sia destinato a tutti, a tutti quelli che desi-derano e cercano la verità, a coloro che già hanno sperimentato l’ef-ficacia della grazia dell’iniziazione cristiana e che la vita ha immer-so di fatto nel mistero pasquale, «dei quali solo Tu hai conosciutola fede».Per i mistici cristiani Dio è un Dio in continuo avvicinamento, per-tanto lo sforzo principale non deve essere quello di costruire, ma diriceverlo; la parola chiave non è risultato, obiettivo, quanto “spa-

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11 ID., Fiamma B, 3,28.

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zio”. Occorre «fare spazio a Dio per riceverlo»12, perché Dio possaplanare, invadere, perché Lui è un Dio generoso nel comunicare sestesso, «ovunque trovi spazio»13. I mistici intendono aprire unastrada verso la gioia, per questo la priorità non è l’autorealizzazio-ne, ma la relazione e il “nulla” non è il niente, ma la creazione diuno spazio libero, una zona di atterraggio. Fare spazio significaavere spazio a disposizione.

2. Trasmettere o generare la fede?

A questo punto della nostra riflessione sembra quasi inutile con-statare che è assolutamente insufficiente vivere l’educazione allafede come un processo di trasmissione, ma che urge una generazio-ne alla fede, un’esperienza che immerga l’uomo contemporaneo nelsuo “sottosuolo” e nell’interiorità del mistero pasquale di Cristo.

2.1. Fino a qualche anno faLa fede, fino a non molto tempo fa, veniva trasmessa in famiglia, nonteoricamente, ma dentro la vita quotidiana; si trasmetteva narran-do e vivendo direttamente gli avvenimenti quotidiani, i ragazzierano direttamente a contatto con le cose tristi e belle della propriafamiglia, erano introdotti alla vita attraverso il modo con cui si pen-sava e si parlava, nel modo con cui si pregava insieme.La scuola elementare era la continuazione di questa educazione reli-giosa alla vita e si dava senza generare fratture rispetto a quanto tra-smesso dalla famiglia.Poi c’era il paese, che costituiva come una specie di grembo colletti-vo, dove ognuno era conosciuto, protetto, tutelato. Il paese eracome una famiglia allargata, un terzo luogo educativo.Questo sistema sociale costituiva il tessuto generativo per l’educa-

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12 SAN GIOVANNI DELLA CROCE, FB 2,27.13 ID., FB 1,15.

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zione umana, civica e religiosa dei ragazzi. Si imparava in questi con-testi a vivere, a comportarsi bene, a credere in Dio. Queste tre formedi educazione (umana, morale e religiosa) coincidevano in un siste-ma sociale in cui il cittadino e il cristiano erano la stessa cosa.E la parrocchia? La parrocchia era il luogo della cura della fede; nonaveva il compito di generare alla fede, ma di nutrirla, curarla, ren-derla coerente attraverso la vita sacramentale e l’esperienza dell’ap-partenenza.

2.2. La situazione attualeÈ sotto i nostri occhi un cambiamento radicale e repentino. Dei tregrembi educativi – famiglia, scuola, paese - non riusciamo più a ca-pire quale sia in grado di dare la vita, di essere in grado di incidereed avere rilevanza rispetto al ruolo educativo.Se guardiamo la famiglia, i genitori sono disorientati; non hanno più unmodello educativo sicuro da proporre, quello che hanno ricevuto non èun modello da trasmettere, non funziona. In questa situazione criticaognuno è sollecitato ad imboccare strade che non conosce, ad affronta-re una sfida difficile, come quella educativa, senza avere gli strumentinecessari. Quanto poi alla trasmissione della fede in famiglia, anche igenitori credenti hanno perso la capacità di dire la fede, di comunicarla.Non hanno parole perché anche in loro la fede è in stato di dubbio o diabitudine, di contenuti che non hanno mai coinvolto la vita.La scuola è in situazione di affanno educativo e non è più unambiente vitale dove si coltivano valori cristiani. Resta l’ora di reli-gione, ma dentro un contesto laico e senza orientamenti certi.Il paese non c’è più. Tutto è virtuale, è villaggio globale. I nostriragazzi sono proiettati sul mondo, dentro una cultura globale, dasupermarket, dove incontrano tutto e tutti, tutte le opinioni e icostumi, i valori più opposti e le contraddizioni più grandi. Il paesenon educa più e i nostri ragazzi scorazzano tra le bancarelle delmercato globale e incontrollato, prendendo quello che vogliono. Questo mutamento non è una catastrofe, ma va letto come un cam-biamento in atto che mette in crisi un certo modo di stare almondo, di essere famiglia, di fare gli educatori e di vivere la fede.Non è la fine del mondo, ma la fine di un certo mondo, è “notte”,ma possiamo già vedere i germi del ricominciamento, che sonosegnali di destrutturazione e di ristrutturazione.

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Questa visione delle cose è fondata sulla speranza cristiana, è una let-tura pasquale, la quale ritiene che lo Spirito del Risorto non si èfatto scippare la storia dalle mani e che questa va verso il suo com-pimento e non verso il nulla. Tale lettura porta ad assumere unatteggiamento dialogico e non aggressivo rispetto ai cambiamentiin atto, porta a sentirsi compagni di viaggio, a saper riconoscere igermi di bene seminati dal Verbo nella storia e quindi a collaborarecon tutti per la costruzione di un mondo più fraterno e solidale.

2.3. L’impegno della comunità cristianaIn questa situazione culturale di travaglio, «La “porta della fede”che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingressonella sua Chiesa è sempre aperta per noi. È possibile oltrepassarequella soglia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore silascia plasmare dalla grazia che trasforma. Attraversare quella portacomporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita»14.Certo, il percorso verso la fede è difficile perché manca l’educazio-ne, cioè quel cammino fatto di relazioni, di volti rivolti, di intrecciar-si di storie narrate, tutti itinerari attraverso i quali un giovane impa-ra a prendere in mano la propria vita e decida non solo che cosavuole farne ma, soprattutto, chi vuole essere e chi vuol diventare.La comunità cristiana che cosa deve fare?

a) Non può credere che l’ora di catechismo (non in se stessa, macome è stata finora condotta) possa sostenere una situazione diquesto tipo, che sia cioè possibile iniziare alla fede in un’ora setti-manale;

b) non può ignorare che siano venuti meno i tre grembi genera-tori della vita e della fede, e pertanto non può continuare a caricaresull’ora di catechismo un compito che non è più di spiegazione dellafede, ma di iniziazione, cioè di generazione della fede. Chiediamoci:come è possibile iniziare alla fede mediante una lezione?

c) non può ignorare che i ragazzi di oggi sono figli di una gene-razione adulta senza fede;

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14 BENEDETTO XVI, Porta fidei, cit., n. 1.

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d) non può sorvolare sul fatto che c’è uno svuotamento del sensodell’interiorità;

e) non può dimenticare che fondamento della fede è e resta lapersona di Gesù Cristo, incontrato e accolto come fatto irrinuncia-bile della vita personale;

f) non può sottovalutare che la fede è camminare in Cristo, cioèuna esperienza in movimento, che deve portare il credente ad esse-re «radicati e costruiti su di Lui, saldi nella fede» (Col 2,7), per nondivenire “preda” di filosofie e mode (Col 2,8);

g) non deve dimenticare che la fede cristiana non è la fede dei nosconsiderati, ma dei sì responsabili (Col 3, 5-15), perché l’intento èquello di generare un umanesimo cristiano fatto di bellezza, dibontà, di un’armonia sinfonica (Col 3,16-17).Da questa situazione, la comunità cristiana deve riprendere in ma-no il compito che più le sta a cuore e la definisce nella sua missio-ne, quello di non lasciare prive le nuove generazioni del dono del Vangelo15,e di farlo insieme a coloro che hanno a cuore questa stessa cosa, aquei genitori che sono convinti che la fede non è un accessorio, maè dono che aiuta a diventare umani e a stare nel mondo con spe-ranza e responsabilità.Questa opzione mette insieme, in forma interattiva, i tre protago-nisti: i genitori, i ragazzi, la comunità cristiana. L’attenzione passadai ragazzi agli adulti, in particolare alla famiglia; il soggetto cate-chistico non è più il solo catechista, ma la comunità; l’itinerario aisacramenti dell’IC assume una configurazione a dimensione cate-cumenale. La comunità deve prendere atto che questo è il tempo in cui la fede si tra-smette non consegnandola come un patrimonio consolidato, ma gene-randola nel cuore delle persone, perché esse la custodiscano, la curi-no, la facciano crescere (Gal 4,19; 1Cor 4,15; Col 2,7).

2.4. Si genera imparando la maternità/paternità e le loro attitudiniIn quanto atto, la fede appartiene all’esistenza dell’essere-nel-mon-do, ma in quanto atto-di-fede, essa trascende questa esistenza assu-mendola dall’interno di un’altra interpretazione della realtà: il

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15 A. MATTEO, La prima generazione incredula, Rubbettino, Soveria Mannelli (Cz) 2010.

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mondo di Dio. La conoscenza di fede è quindi la conoscenza delmondo dell’uomo come mondo di Dio. Una Chiesa che genera allafede impara dall’esperienza della maternità/paternità gli atteggia-menti fondamentali perché ciò avvenga:a) Una vita si genera attraverso la vita. Una Chiesa che genera alla

fede deve passare dalla condizione della sponsalità a quella dellamaternità/paternità responsabile; senza questa maturazione nonc’è Chiesa, non c’è iniziazione alla fede. La Chiesa è mia madre, miha generato e continua a custodirmi estendendo la sua funzionematerna/paterna a tutta la vita. Padri e madri, infatti, lo si è perchési fa crescere un figlio, accompagnandolo, in tanti modi diversilungo il corso della sua vita, senza trattenerlo troppo, senza com-primerlo, lasciandolo vivere nella sua alterità.b) Richiede la disponibilità del dono di sé. La maternità/paternità è

dare la vita perché l’altro ne divenga responsabile. Generare è daree darsi, senza nulla trattenere, senza nulla recriminare.c) Generare è prendersi cura. È l’attitudine feriale del generare, quan-

do si diventa capaci di attenzione, di vicinanza, di intuire il bisognodell’altro, di amare senza vedere, intuendo i bisogni dell’altro.

3. Destrutturare per far intravedere il cuore della fede

Non è sufficiente l’atto generativo ed educativo alla fede se non èaccompagnato da un reale processo di destrutturazione di alcuniaspetti della cultura cristiana consolidata nella quale il cuore dellafede è intessuto ma è anche in sofferenza. Certamente «esiste un nesso stretto tra educare e generare: il lavoroeducativo s’innesta nell’atto generativo e nell’esperienza di esserefigli. L’uomo non si dà la vita da solo, ma la riceve. Allo stesso modo,l’esperienza del vivere in tutte le sue dimensioni attende di essereattivata, generata da un’altra esperienza: il bambino impara a vivereguardando al genitore, alla persona più grande, all’amico»16.

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16 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 27.

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Se anche per l’educazione alla fede valgono le caratteristiche cheappartengono alla generazione, allora possiamo dire che può genera-re figli solo una comunità viva, che si sente gioiosamente sposa, discepola,uditrice della Parola, colma di stupore davanti alle opere di Dio e dedi-ta alla missione. La sua generosa attitudine generativa è l’unica forza che può accen-dere il dono della fede nelle nuove generazioni, perché l’esperienzadell’amore generativo cambia una persona, una comunità e divieneattitudine all’accoglienza, all’attenzione, alla relazione, alla solida-rietà, alla condivisione, forme tutte di un amore caldo e non astrat-tamente distaccato, di un amore che è disponibile ad accompagna-re l’uomo fino in fondo alla notte (Lc 24 – Emmaus), non accon-tentandosi di trasmettere verità, ma dialogando, non restandoindifferenti dinanzi alle vertiginose discese o alle rapide salite versoil senso o il non senso della vita.Occorre coraggio per generare ed educare una vita, in quanto è sem-pre un po’ morire a se stessi. In questo caso è morire alle proprie cer-tezze per mettersi alla ricerca della verità; è morire alle proprie sicu-rezze per aprirsi con i più giovani all’azione imprevedibile delloSpirito; è distaccarsi dalle forme culturali della propria fede per con-sentire che essa emerga in forme nuove ed inedite.Comprendiamo allora che porre l’accento sull’aspetto generativodell’educazione alla fede non è in alternativa a quello della trasmis-sione, però occorre far emergere che se continua a prevalere il trade-re rispetto all’educere il prezzo da pagare, anzi che già si sta pagan-do amaramente, è altissimo: quello dell’allontanamento di interegenerazioni di giovani che non si sentono attratti dallo stile anoni-mo delle comunità cristiane, né si sentono a loro agio in forme divita sognate e disegnate da altri, in momenti storici e culturali dif-ferenti, né si sentono compresi nelle loro legittime domande.La comunità oggi offre una cultura cristiana consolidata, nellaquale il cuore della fede è intessuto con gli elementi che nel tempohanno interpretato, custodito ed espresso quel cuore. La pretesa ditrasmettere alle nuove generazioni la cultura cristiana ed ecclesialedelle generazioni passate, rischia di diventare un corto circuito reale. Occorre il coraggio di generare ed educare per rimettersi umilmen-te alla ricerca della verità. L’atto generativo, infatti, come quelloeducativo non privano una parte della comunità della propria

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paternità/maternità affermata, ma riconoscono il diritto ai figli dinon restare bambinoni, sterili, servi obbedienti, condannati a nondiventare mai padri, madri. Questo non significa rinunciare ad unruolo, ma comporta esserlo nel modo più maturo e profondo,magari attraverso la testimonianza e la gioia, l’impegno a lottarecontro le realizzazioni inautentiche dell’umanità e l’essere cittadininel senso più pieno del significato, la testimonianza di una vitasapiente e l’avvertenza delle cose escatologiche. Se la Chiesa è in crisi con i giovani, ciò è dovuto al fatto che qual-cuno ha indebitamente occupato il loro posto con atteggiamenti digiovanilismo o con il semplice fatto che non ha saputo assumere, atempo debito, il ruolo effettivo di “presbitero”, di anziano capace diguardare con contentezza i propri figli, pur nella consapevolezzache questi non avrebbero mai fatto le cose che ha fatto lui, ma chetuttavia avrebbero saputo ascoltarlo ed amarlo, mentre ricercavanoil novum della fede, nella molteplicità dei dinamismi del credere17. Una Chiesa che si colloca nella prospettiva di generare alla fede,deve attualizzare la sua maternità/paternità, deve vestire i pannidell’essere «grembo accogliente, comunità di credenti in cui si ègenerati come figli di Dio e si fa l’esperienza del suo amore»18.Giovanni XXIII definì la Chiesa mater et magistra; prima mater chemagistra, magistra perché mater. Il “Papa buono” aveva visto profeti-camente, aveva compreso l’urgenza della prospettiva generativadelle comunità cristiane del suo tempo perché le nuove generazio-ni non restassero senza Dio, senza anima, senza vita, senza mater-nità e paternità spirituale, senza figli. Per le nostre comunità, que-sto è un invito pressante.Infine, una Chiesa mater et magistra, ha il «compito di servire la ricer-ca della verità»19. Ma per insegnare deve vestire il “grembiule” della“teologia che serve”, deve osare il nuovo, deve incoraggiare i suoifigli a non accontentarsi di quello che hanno già visto, ma orien-

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17 C.M. MARTINI, I dinamismi del credere, Cattedra dei non credenti, Milano 1992, pp. 13-31.18 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo, cit., n. 21.19 Ivi, n. 22.

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tarli verso l’oltre del Regno, ricordando loro, come tanti mistici emistiche hanno testimoniato con una paternità e maternità corag-giose, che dopo aver varcato la “porta della fede” c’è ancora un infi-nito da conoscere (san Giovanni della Croce), perché la “porta dellafede” «introduce alla vita di comunione con Dio»20 e l’uomo nonpuò vivere con meno dell’infinito.

Conclusione

Si va facendo sempre più chiara la convinzione che noi abbiamotante storie belle da raccontare a questo mondo a corto di anima edi bellezza. Raccontare la nostra fede come percorso generativo ededucativo è la sfida che abbiamo dinanzi. Riusciremo a fare questo esodo: da una Bibbia-miniera di frasi uti-lizzabili per la dogmatica, ad una Bibbia-racconto di ciò che succe-de a Dio quando ha fede nell’uomo e all’uomo quando davvero sifida di Dio? Riusciremo a lasciare da parte i principi astratti perascoltare nel silenzio il cuore di ogni uomo e rispondervi con lastessa tenerezza di Gesù? Riusciremo ad essere come Gesù che indi-cava la strada per rendere più umana questa nostra vita, ma non laimponeva, non la spiegava sino in fondo, certo che ogni uomoavrebbe cercato di ritrovare quella luce da cui era scaturito?Lascio tre consegne mentre la Chiesa ci chiede di varcare oggi “laporta della fede”: educare allo sguardo, educare alla determinazio-ne, educare al bene.Non c’è nessun approdo a Dio senza educazione allo sguardo. Non losguardo che cattura o che terrorizza, non lo sguardo spento e deso-lato di tanti nostri ragazzi e giovani, ma quello che porta a guarda-re con stupore ed attitudine contemplativa noi stessi, gli altri, ilmondo, il mistero di Dio. «La salvezza sta nello sguardo»21.Non c’è approdo a Dio senza educazione alla determinazione.Dobbiamo deciderci, non si può vivere un’intera esistenza oscillan-do tra l’inconsistenza e l’essere, lacerati tra quello che vorremmoessere e quello che siamo, non decidendo mai da che parte andare.

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20 BENEDETTO XVI, Porta fidei cit., n. 1.21 S. WEIL, Forme dell’amore implicito di Dio, in Attesa di Dio, Rusconi, Milano 1972, p. 149.

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Gesù, ad un certo punto del suo cammino con i discepoli, pone unadomanda secca: «chi sono io per te?». Per rispondere devo saperechi sono io, cosa voglio dalla vita e da te che cammini con me, devosapere quali sono le cose che contano, di chi mi fido, chi è il mio“dio/Dio”.Non c’è approdo a Dio senza educazione alla grazia. La grazia è la bel-lezza, il buono. La grazia è il ricordo che conserviamo, nel più pro-fondo centro dell’anima, di quella bellezza travolgente e affasci-nante che ci ha preso la vita e la lascia in una condizione di deside-rio. La scegliamo la grazia perché è bellezza. La scegliamo libera-mente la grazia perché è l’idea e la realizzazione stessa di bene. Lagrazia seduce l’intelligenza e il cuore mediante il fascino della bel-lezza perché è la stessa Bellezza, tutta la Bellezza, il Sommo Bene, lacosa più bella che ti possa accadere e che ti porta a dire, afferman-do la tua libertà, ho solo bisogno di Te. Non ho bisogno di qualco-sa, e non perché sia cattiva, ma perché io ti voglio al centro: «SoloDio per lei è tutto»22.

p. Luigi Gaetani, O.C.D.

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22 S. GIOVANNI DELLA CROCE, Fiamma B, 1,32.

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Il mese di ottobre, mese missionario, è destinato a ravvivare in tuttoil popolo di Dio, vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, laici,la consapevolezza che la Chiesa è missionaria per sua natura. È dal-l’essere stesso della Chiesa che scaturisce il compito dei cristiani diannunciare ovunque la lieta notizia del Vangelo. Quest’anno, l’86° Giornata missionaria mondiale, culmine dell’ot-tobre missionario, è stata celebrata domenica 21 ottobre 2012, intutte le parrocchie della nostra diocesi, sul tema: “Ho creduto perciòho parlato” (2 Cor 4,13). Così si esprime don Gianni Cesena, diretto-re nazionale “Missio”: «Il 50° anniversario dell’apertura del Con-cilio – 11 ottobre 1962 – ricorre nel cuore dell’Ottobre missionario.L’Anno della fede, che in tale circostanza il Papa inaugura, è riferi-mento prezioso anche per chi si occupa di missione. L’intreccio difede e missione richiama un unico modo di vivere: chi accoglie in séla relazione costitutiva con Cristo, non può che comunicarla. PerciòMissio proponendo l’Ottobre e la Giornata missionaria mondialericorda che non solo “la fede si rafforza donandola”, ma anche “cispinge a essere missionari”».«Abbiamo bisogno quindi di riprendere lo stesso slancio apostolicodelle prime comunità cristiane, che, piccole e indifese, furono capa-ci, con l’annuncio e la testimonianza, di diffondere il Vangelo intutto il mondo allora conosciuto» ribadisce papa Benedetto XVI

Settore Evangelizzazione. Ufficio Missionario

Giornata missionaria mondiale 2012“Ho creduto perciò ho parlato”

(21 ottobre 2012)

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DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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nel suo Messaggio per la Giornata missionaria mondiale di que-st’anno. Sottolinea, inoltre, come le Pontificie Opere Missionariecostituiscano «strumento per la cooperazione alla missione univer-sale della Chiesa nel mondo. Attraverso la loro azione l’annunciodel Vangelo si fa anche intervento in aiuto del prossimo, giustiziaverso i più poveri, possibilità di istruzione nei più sperduti villaggi,assistenza medica in luoghi remoti, emancipazione dalla miseria,riabilitazione di chi è emarginato, sostegno allo sviluppo dei popo-li, superamento delle divisioni etniche, rispetto per la vita in ognisua fase». Come ogni anno, le Pontificie Opere Missionarie hanno predispo-sto un sussidio di animazione - distribuito alle parrocchiedall’Ufficio/Centro missionario diocesano - per dare un senso almese missionario di ottobre e alla celebrazione della Giornata mis-sionaria mondiale.Nella nostra diocesi, diverse sono state quest’anno le iniziative mis-sionarie in preparazione alla celebrazione della giornata, su inizia-tiva dell’Ufficio/Centro missionario diocesano. Due veglie sono state celebrate, in contemporanea, venerdì 19 otto-bre, alle ore 19.30: la prima, a Bari, presieduta dal vicario generalemons. Domenico Ciavarella, presso la parrocchia Mater Ecclesiae,con testimonianze dei missionari don Vito Cicoria, “fidei donum”,e padre Ottavio Raimondo, comboniano. La seconda, a Mola diBari, presso la parrocchia S. Nicola, presieduta dal direttoredell’Ufficio/Centro missionario don Ambrogio Avelluto, preparatadal gruppo giovanile della parrocchia, con la partecipazione di altreassociazioni; oltre alla testimonianza di suor Ercolina, missionariadell’Immacolata - Padre Kolbe, sono state presentate due esperien-ze di evangelizzazione ed è stata portata la croce missionaria fuoridella chiesa, fra la gente, proprio come gesto di invio. Duranteambedue le veglie, i rappresentanti delle comunità parrocchialihanno offerto oggetti sacri e suppellettile liturgica da inviare aRoma, alla Pontificia Opera Apostolica, per la successiva distribu-zione ai missionari sparsi nel mondo. Non sono mancate iniziative missionarie sul territorio. Manifestidella Giornata missionaria mondiale sono stati affissi nei quartieridella città di Bari, tramite il competente Ufficio comunale, perrisvegliare nei cittadini l’attenzione per la missione universale.

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Uno stand missionario sul tema della giornata missionaria “Ho cre-duto perciò ho parlato” è stato allestito, domenica 21 ottobre,dall’Ufficio/Centro missionario diocesano in collaborazione conl’Associazione onlus “Mondo antico e tempi moderni”, nel centrocommerciale “Mongolfiera” di Bari Japigia. Dalle ore 10 alle 20moltissimi visitatori si sono avvicinati allo stand, mostrando inte-resse alla manifestazione. Hanno gradito pieghevoli e pubblicazio-ni missionarie, in distribuzione gratuita, e si sono soffermati pervisionare filmati sulle missioni. Notevole l’apporto alla riuscita dell’iniziativa da parte del-l’Associazione “Mondo antico e tempi moderni”, rappresentata dalpresidente prof. Nicola Cutino, della direzione della “Mongolfiera”di Bari Japigia per lo spazio concesso e della ditta Euronics, ope-rante all’interno del Centro commerciale, per aver messo a disposi-zione un televisore. Un’azione di sensibilizzazione sulle missioni è stata realizzata conla diffusione di depliants missionari grazie ad alcuni volontaridell’Ufficio/Centro missionario e ad una missionaria dell’Imma-colata - Padre Kolbe, che si sono spostati con un camper per le stra-de in più di un quartiere di Bari, dando informazioni alle personesulla Giornata missionaria mondiale.Per tutto il mese di ottobre, infine, nel Seminario arcivescovile, inBari, è stata allestita una mostra missionaria con esposizione deilavori degli studenti che hanno partecipato alla XI edizione 2012del concorso missionario “Don Franco Ricci” sul tema: “Con glialtri come fratelli”.

dr. Mario ConfortiCentro missionario diocesano di Bari-Bitonto

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Vorrei presentare dopo tre anni di attività un resoconto ragionatodella Rassegna “Notti Sacre” che la diocesi di Bari-Bitonto ha orga-nizzato nel centro storico di Bari. Dal 2010 la diocesi organizza unaRassegna di arte, musica, pensiero, preghiera, spettacolo in alcunechiese di ‘Bari Vecchia’. L’ultima settimana di settembre, ogni seravengono presentati una serie di eventi, a volte anche quattro a sera-ta, di arti varie: in particolare quest’anno essa si è svolta dal 22 al 30settembre. Il tutto ha uno scopo e una finalità di fondo ben precisa: evangeliz-zare con la cultura. Si tenta di coniugare insieme fede e cultura in unmondo superficiale e distratto; si cerca di avvicinare la gente ai valo-ri perenni del bello e dell’arte, specie quella musicale. Abbiamo cosìaccolto l’invito del Progetto Culturale della Chiesa Italiana e vi stia-mo lavorando per coinvolgere altri paesi della diocesi. Il titolo dellaRassegna - Notti Sacre - individua meglio di qualsiasi spiegazione loscopo che si vuol raggiungere.

Le chiese aperteLe finalità immediate invece sono altre; la prima è quella di aprire erendere fruibili queste chiese di Bari Vecchia che rimanevano chiu-se per quasi tutto l’anno. Sono state restaurate e adibite, non tutte,a luoghi culturali, pur non essendo sconsacrate. La Rassegna di

“Notti Sacre... e fu sera e fu mattino”Arte, musica, pensiero, preghiera, spettacolo

nelle chiese di Bari Vecchia(22-30 settembre 2012)

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DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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Notti Sacre ha permesso ad un pubblico più numeroso di ammira-re queste chiese e di frequentarle per una settimana, ascoltandoconcerti o visitando delle mostre di pittura o scultura. L’utilizzo diqueste chiese per attività culturali potrebbe essere un percorso dacompiere per impedire un degrado inesorabile; questo suggerimen-to potrebbe essere valido anche per altre città della nostra Italia.Ormai, specie nei centri storici, in questi ultimi decenni, gli abitan-ti sono andati via e tali centri sono stati occupati da negozi o uffi-ci, che chiudono la sera. Queste iniziative culturali potrebbero ren-dere vivibili tali luoghi e renderli fruibili dalla cittadinanza. Nonvedo altre possibilità, se non un deterioramento di questi beniarchitettonici e storici.

Le musiche L’altro scopo che Notti Sacre si prefigge è l’attenzione agli artistidel luogo, specie nei confronti dei giovani. Come Chiesa di Barioffriamo la possibilità a questi giovani artisti di farsi conoscere daun pubblico più vasto, avendo a disposizione tutta una organizza-zione che li accompagna e programma insieme a loro le varie sera-te. In apertura e chiusura nelle chiese più grandi, Cattedrale e S.Nicola, si svolge un concerto per orchestra e coro; in questi tre annihanno preso parte alla Rassegna l’orchestra sinfonica dellaProvincia di Bari, l’orchestra del Teatro Petruzzelli, l’orchestra delConservatorio “Piccinni” di Bari, e alcune altre orchestre da came-ra insieme ai cori più preparati della nostra città. I brani eseguiti inquesti anni: il Gloria di Vivaldi, brani dal Messia di Haendel, Messedi Mozart, Cantata 140 di Bach e specialmente brani sacri di auto-ri contemporanei, fra cui Lauridsen (Requiem), Dobrogosz (Messa),Fauré (Requiem), Poulenc (Concerto per organo, archi e timpani),Rota e tanti altri brani corali. In questo modo si cerca anche di spa-ziare fra il repertorio contemporaneo, poco conosciuto. Insieme aquesti concerti sinfonico-corali, vi sono dei concerti da camera nellechiese più piccole: concerti per organo, concerti per solo coro, con-certi per voce e pianoforte, concerti per coro di voci bianche.

PensieroL’altro percorso di questi eventi lo abbiamo denominato ‘pensiero’;si tratta di incontri con alcuni personaggi su temi di varia attualità.

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In questi tre anni si sono avvicendati Enzo Bianchi, padre Barto-lomeo Sorge (La città come anima dei luoghi) e padre Francesco Occhetta(C’è il valore educativo della notizia?). In questo segmento del pensiero,abbiamo anche inserito la presentazione di alcuni libri di autori loca-li. Inoltre quest’anno 2012 abbiamo destinato una chiesa, quella disan Gaetano, ad una Rassegna di Poesia “InAttesa”, incontri realizzaticon la collaborazione di una casa editrice di Bari (Stilo editrice).

Le mostreÈ l’altro filone che pratichiamo in questa settimana, quello dellemostre. Sono state realizzate mostre su san Nicola, sulla Lettera agliartisti di Giovanni Paolo II (La Via), una mostra di santini (le vecchieimmaginette di santi). L’anno scorso abbiamo coinvolto gli alunnidell’Accademia di Belle Arti di Bari sul tema della città ideale: comegli alunni immaginavano una città alternativa a quella reale. Iltutto si è concluso con una tavola rotonda dal titolo: L’anima dei luo-ghi con l’intervento di Lidia De Candia e Luca Diotallevi, coinvol-gendo alcuni ricercatori del Politecnico di Bari. Abbiamo anche realizzato una mostra retrospettiva di pittura diAlba Amoruso. Durante tutta la settimana, di sera dalle 19 alle 22,30, è stato possi-bile visitare il Museo Diocesano con i suoi capolavori sacri, primafra tutti l’Exultet dell’XI secolo.

Il teatro sacroIn diocesi è presente una Scuola diocesana di Teatro che ogni annoha realizzato uno spettacolo con varie coreografie. L’anno scorsoabbiamo ospitato uno spettacolo di danza cristiana indiana. Sisono realizzati anche alcuni recital su testi sacri, uno sulla Passionee l’altro monologo su un testo di Davide Rondoni, “Passare delicata-mente la mano”. Anche uno spettacolo dal titolo La mia felicità grandemistero, di Giovanni Paolo II poeta e scrittore, a cura di MimmoMuolo. La messa in scena di un racconto di Onofrio Pagone, daltitolo Per un giorno. Ancora, un altro spettacolo sulla vita di sanBenedetto da Norcia.

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Le collaborazioniFin dal primo anno abbiamo cercato la collaborazione del Conser-vatorio di Bari e di Monopoli, i quali hanno prodotto dei concertidi musica da camera con i loro allievi e docenti. Anche la partecipa-zione del teatro Petruzzelli (orchestra e coro) e dell’orchestra sinfo-nica della Provincia di Bari, ci ha permesso di organizzare concertidi alto livello artistico, coinvolgendo un folto pubblico nelle duebasiliche, gremite. Anche la collaborazione con il Comune di Bari siè rivelata utile per la logistica delle manifestazioni.

La preghieraGià dalla prima edizione, 2010, abbiamo inaugurato la Rassegnacon una santa messa (ore 23,00) celebrata dall’Arcivescovo di Bari-Bitonto, S.E. mons. Francesco Cacucci, a cui hanno partecipatoparecchi giovani e vari artisti. Per tutta la settimana (dalle 19.30 alle22.30) in una delle chiese di Bari Vecchia, sant’Anna, si svolge l’a-dorazione eucaristica, animata dai gruppi giovanili dei movimentie di alcune parrocchie di Bari. Il momento della preghiera è fonda-mentale durante tutta la settimana.

L’aspetto economicoQuasi tutta l’organizzazione si basa sul volontariato e sulla gratui-tà offerta dagli artisti; assistiamo ad una gara per poter parteciparealla Rassegna. Naturalmente le spese di gestione vanno coperte:luci, allestimenti, SIAE, benzina e spese agli artisti, autorizzazionivarie e assicurazioni; stampa e affissioni. Queste spese vive sonocoperte da alcuni sponsor: Ubi Banca Carime, Sovvenire dellaChiesa Cattolica, Camera di Commercio di Bari. Si va sempre allaricerca di sponsor privati e di aziende, ma i tempi difficili che vivia-mo non sono propizi per simili sponsorizzazioni. Andiamo avanticonfidando nell’aiuto della Provvidenza.

ConclusioneVi ho esposto questo resoconto particolareggiato perché veramen-te credo che questa iniziativa possa essere esportata in altre diocesi.Infatti stiamo pensando per il prossimo anno, di coinvolgere alcu-ne diocesi confinanti con la nostra: Molfetta, Conversano-Mono-

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poli, Taranto, Trani, Cerignola. Nei tre anni abbiamo avuto unalarga partecipazione di gente e il riscontro finale è stato sempreentusiasmante e positivo. Durante l’ultima settimana di settembresi incontravano persone per la Città vecchia con la mappa dellechiese in mano alla ricerca delle varie manifestazioni. I partecipan-ti di quest’anno 2012 sono stati circa cinquemila. Siamo riuscitiinoltre a coinvolgere vari uffici della nostra Curia: quello dellaComunicazioni sociali, l’Ufficio di Musica sacra, l’Ufficio Giovani,l’Ufficio Economato, il Museo diocesano. Inoltre hanno partecipa-to Comunione e Liberazione con il suo coro, il gruppo del Rinno-vamento nello Spirito, l’Agenzia Eves. Vorrei riportare le parole di Giovanni Paolo II che l’arcivescovoCacucci ha inserito nella presentazione della Rassegna: «in quantoricerca del bello, frutto di una immaginazione che va al di là delquotidiano, essa (l’arte) è, per sua natura, una sorta di appello alMistero. Persino quando scruta le profondità del male, l’artista si fain qualche modo voce dell’universale attesa di redenzione».

mons. Antonio ParisiDirettore dell’Ufficio Musica Sacra

e dell’Istituto Diocesano Animatori Musicali della Liturgia

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“Domenica: lavoro sì, lavoro no”: questo il tema trattato nel corsodella tavola rotonda svoltasi venerdì 19 ottobre 2012, presso laCamera di Commercio di Bari.I lavori della interessante iniziativa, organizzata dalle comunitàparrocchiali del II Vicariato dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto, sonostati introdotti, dopo il saluto rivolto dal vicario, mons. AlbertoD’Urso, dal moderatore prof. Beppe Micunco - responsabiledell’Ufficio laicato della Diocesi - che, con un breve excursus stori-co, ha rammentato il valore della domenica per la comunità dei cre-denti, richiamando anche la tematica del Congresso EucaristicoNazionale svoltosi a Bari nel 2005, che si ispirava al sacrificio deimartiri di Abitene “sine dominico non possumus”; domenica, quin-di, come giorno del Signore, della memoria della risurrezione, maanche del riposo, del ritrovare la condivisione della famiglia, dell’a-prirsi alla carità e al riposo creativo.È poi intervenuto il prof. Vito Leccese, ordinario di Diritto del lavo-ro presso l’Università di Bari, - con grande disponibilità ha sostitui-to l’on. Saverio Pezzotta impossibilitato a presenziare per unimprovviso impedimento personale -, che ha illustrato lo stato dellanormativa europea, comparata e italiana in tema di riposo domeni-cale. In particolare il prof. Leccese ha posto in evidenza come lalinea perseguita dalle autorità europee, tutte tese a tutelare priori-tariamente i valori economici e gli scambi di merci, abbia sempre

II Vicariato

La tavola rotonda su“Domenica: lavoro sì, lavoro no”

(Bari, 19 ottobre 2012)

VICARIATIDOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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più influenzato le politiche e la legislazione degli stati membri ecome persino quelle norme poste in tema di salute dei lavoratori,che favorivano la coincidenza del riposo settimanale con la dome-nica, sono con il tempo venute meno. D’altro canto – ha continua-to il prof. Leccese – la recente dichiarazione di incostituzionalitàespressa dalla Corte Costituzionale tedesca in tema di liberalizza-zione del lavoro domenicale è stata resa possibile solo perché nellacostituzione tedesca si era recepita una pregressa norma che dichia-rava la domenica «giorno dedicato al riposo e alla elevazione spiri-tuale e culturale della persona».D’altro canto ha dovuto sottolineare come le modifiche di leggeattuate nel 2008 (Sacconi-Brunetta) hanno di fatto eliminato ognilimite all’utilizzo del lavoro domenicale, prevedendo la possibilitàdi far usufruire il lavoratore del riposo anche dopo dodici giorni dilavoro continuativo.Il prof. Leccese ha quindi rimarcato come sia compito della politicae dei suoi esponenti il saper valorizzare e tutelare il senso della festadomenicale e del riposo della persona.Don Francesco Poli, responsabile dell’Ufficio problematiche del lavo-ro della diocesi di Bergamo, ha ripreso le riflessioni relative al signifi-cato cristiano della domenica, espresse inizialmente dal moderatore,sottolineando come il giorno del Signore deve essere vissuto ricon-quistando il senso profondo del “giorno di festa”, osservando anchecome la nostra società abbia spogliato di significato quella festa eabbia quasi espropriato il significato stesso di “tempo”, appiattendoogni riferimento alla festa soprattutto in senso consumistico.Don Poli ha, quindi, analizzato alcune statistiche dalle quali emer-geva come gran parte dei soggetti intervistati sentiva l’esigenza delvivere la dimensione domenicale come momento del riunirsi dellafamiglia e del riposo.Nel contempo, don Poli ha osservato – perché più direttamene inte-ressato a tale settore – come lo sviluppo della grande distribuzionein Italia, da una parte ha prodotto una progressiva diminuzione deipiccoli punti di vendita e, dall’altra, ha sempre più incrementato ilnumero delle aperture domenicali, nonostante l’attuale notoriasituazione di crisi finanziaria, sottolineando, anche, come la granparte dei suoi addetti siano donne, che la domenica vengono sot-tratte al loro nucleo familiare.

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VICARIATI

Ha, poi, illustrato una iniziativa realizzata a Bergamo da alcunigruppi ed associazioni che hanno invitato al “boicottaggio” dellaspesa la domenica, distribuendo degli efficaci volantini.Don Poli, quindi, è ritornato a sottolineare la necessità di riporta-re la centralità della domenica come giorno del Risorto e, più ingenerale, come giorno delle relazioni (famiglia, amici, carità), sotto-lineando la necessità di riscoprire una “ecologia delle relazioni” aservizio della crescita interpersonale.È infine intervenuto il Presidente della Camera di Commercio diBari, dott. Sandro Ambruosi, che ha dichiarato la sua personale“felicità” per il tema della tavola rotonda e le argomentazioni for-mulate, confessando che sono anni che persegue una vera e propriabattaglia con le varie istituzioni, al fine di individuare delle normecondivise con le varie categorie, onde limitare al massimo, se nonevitare, le aperture domenicali dei punti vendita: battaglia che ilrecente decreto “Salva Italia” e la totale liberalizzazione degli orarida questo prevista sembra ormai aver reso vana. Richiamando glialtri relatori il dott. Ambruosi ha denunziato il ruolo negativo, econdizionato dai grandi centri di interesse economico, della politi-ca, che si è dimostrata poco attenta alle esigenze primarie dellafamiglia e della crescita spirituale. «Bisogna riscoprire il senso dellaagorà, del ritrovarsi per strada, nella piazza, dell’incontrarsi, nonnecessariamente con i negozi aperti, ancor più in questi momentiin cui la capacità di spese delle famiglie è davvero esigua».Il dibattito che è seguito ha visto degli interventi vivaci, sia di rap-presentanti di categoria dei commercianti, sia delle comunità par-rocchiali che di giuristi, ed ha animato ancor più l’attento e foltouditorio.Infine, mons. Alberto D’Urso ha voluto chiudere l’incontro sottoli-neando l’importanza e la necessità che soprattutto i laici manifesti-no la loro capacità di indirizzare il mondo politico, al fine di recu-perare una dimensione e una centralità della persona che non puòessere ridotta, nella considerazione di chi dispone della società, amero “consumatore”.

avv. Dino Simone

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«... la gente non crede più, i passaggi caratteristici del parrocchianomedio sono:– da appartenenti a occasionali: la gente spesso alla regolarità dellapratica preferisce la carica emotiva di eventi vissuti in modo ecce-zionale;– da praticanti regolari a ospiti: la nostra gente non può fare a meno diriti per sacralizzare i momenti fondamentali della propria vita equindi vengono a fare visita alle nostre assemblee e ai nostri luoghidi culto o stanno anche bene nelle occasioni che offriamo, nellebenedizioni che facciamo cadere su ogni esperienza umana, maquando servono e non troppo spesso;– da parrocchiani a pendolari: la gente viene, si ferma nelle nostreassemblee e nelle nostre comunità per qualche tempo, poi si allon-tana, per un po’ non li vedi più fino a comparire più avanti non sisa quando né come.Tutte queste immagini (cfr Luca Bressan) evidenziano un elementofondamentale: è la persona a decidere le modalità e le forme diappartenenza, è un fatto del tutto personalizzato, è il singolo chedecide, è lui che sceglie le verità di fede da accettare, le pratiche dafare e come farle. È il singolo che gestisce il senso della sua espe-rienza religiosa. Il mondo religioso è diventato un mondo moltopersonalizzato, in cui ciascun uomo sa di avere la competenzaimmediata dei sentimenti e delle emozioni, dei modi di ricercare edi provare. C’è molta più religiosità diffusa oggi che ieri. Ma svani-

S. Maria La Porta (Palo del Colle)

Il centenario dell’Associazione parrocchiale di A.C.“S. Francesco di Assisi”

PARROCCHIEDOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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sce il legame tra queste domande e quel mondo ecclesiale che ècompetente a rispondere. Non è più riconosciuta solo alla Chiesa lacompetenza a intercettare la domanda religiosa».

Con queste parole, S.E. mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestri-na e assistente generale dell’Azione Cattolica Italiana, ha precisato ilsenso, i compiti e il ruolo dell’Azione Cattolica nella Chiesa e nellasocietà italiana. Invitato nella parrocchia S. Maria La Porta di Palo delColle per celebrare il centenario dell’Associazione parrocchiale diAzione Cattolica “S. Francesco d’Assisi”, costituita nell’agosto del1911, l’assistente generale dell’Azione Cattolica Italiana ha poi messoin luce le scelte pastorali fondamentali dell’Azione Cattolica Italiana:la scelta religiosa, la scelta missionaria, la scelta educativa.Infine, dopo aver ricordato la necessità e l’urgenza di una qualitàetica della vita, unitamente ad un nuovo slancio per una presenzanelle realtà temporali e ad un nuovo rapporto con tutte le associa-zioni laicali di ispirazione cristiana, ha così concluso:

«Non può esserci una pastorale delle aggregazioni, anche ecclesiali,che non si apra a questo ampio ventaglio che va dalla persona, allasocietà civile, alla società politica, in cui si dispone la speranza conmaggiore o minore intensità... La speranza perciò entrerà neglispazi civili nella misura in cui al credente stesso verrà proposta lasperanza non come virtù che prescinda da uno sviluppo e che sfug-ga al discorso storico, ma solo se essa si abituerà a rintracciare confiducia in tutti gli spazi dell’umano la presenza ineludibile dell’a-more di Dio che in tutti gli spazi umani ci ha preceduto. Per spe-ranza, appunto, noi sappiamo che Egli dovunque, anche nelle zoneapparentemente più lontane, in qualche forma è già là, già arrivatoprima di noi, anche fuori delle mura del sacro e della stessa appar-tenenza religiosa. È lo stesso messaggio che viene dalla vicenda diElia nell’Oreb (1 Re 19). Alla disperazione di Elia di non essereriuscito, nonostante il fuoco del suo zelo, a trattenere gli Israelitinell’alleanza con Dio e di essere rimasto solo, il Signore risponde:“Su, ritorna sui tuoi passi... Io mi sono risparmiato in Israele sette-mila persone che non hanno piegato le ginocchia a Baal e nonl’hanno baciato con la bocca” (1 Re 19,15.18) ».

In realtà il lavoro di preparazione per la celebrazione del centenariodell’Azione cattolica parrocchiale “S. Francesco d’Assisi” di Palo del

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PARROCCHIE

Colle era iniziato fin dal dicembre del 2011 con accurate e appro-fondite ricerche presso l’Archivio parrocchiale della medesima par-rocchia, presso l’Archivio storico diocesano di Bari e pressol’Archivio centrale dell’Azione Cattolica a Roma (ISACEM ), oltreche presso l’Archivio di Stato di Bari. Documenti e materiali rac-colti, foto, registri di associati e verbali, tessere, distintivi, bandieree gagliardetti hanno costituito la base per una mostra organizzatanei locali parrocchiali dal 13 al 17 settembre del 2012, visitata coninteresse e attenzione da numerose persone. Anche S.E. mons.Francesco Cacucci, in occasione delle solennità della festa patrona-le del Santissimo Crocifisso di Auricarro, celebrata il 17 settembre,ha visitato la mostra, firmando il registro delle presenze ed auspi-cando una pubblicazione sui materiali e documenti raccolti. Infinela proiezione di un video multimediale che ha percorso la storiacentenaria dell’Azione Cattolica parrocchiale, proiezione avvenutanella chiesa matrice di Palo del Colle alla presenza di numerosifedeli, delle autorità locali e della presidenza diocesana dell’AzioneCattolica, ha concluso le celebrazioni dando a tutti appuntamentoper la prossima primavera per la pubblicazione calorosamente au-spicata da tanti fedeli e dallo stesso arcivescovo mons. Cacucci.

Don Giosy Mangialardi, parroco della parrocchia S. Maria La Portadi Palo del Colle, nel ricordare che «La ricorrenza dei 100 annidell’Azione Cattolica è un momento importante non solo da unpunto di vista ecclesiale, ma anche e soprattutto sociale e culturaledella vita di Palo del Colle»1, ha poi evidenziato che «Parlaredell’Azione Cattolica significa parlare della Chiesa stessa… Fatta disguardi, impegno, gioco, formazione illuminati e forgiati dalla fedecristiana… per orientare le cose di questo mondo a Dio»2.«Rileggere allora questi cento anni significa incontrare tutti gliuomini e le donne che si sono formati umanamente e cristiana-mente nella grande famiglia ecclesiale dell’Azione Cattolica e che

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1 Don Giosy Mangialardi, «Il Faro Palese», anno XL, n. 5, p. 22.2 Ibidem.

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con le loro scelte hanno contribuito allo sviluppo sociale, culturalee politico del nostro paese… Il mio pensiero va sia alle personestraordinarie… ma ancor di più a quelle persone ordinarie… chel’Azione Cattolica forma alla vita ordinaria, alla quotidianità illu-minata dalla fede»3.

dott. Franco Mastrandrea

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3 Ibidem.

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Antonio Ruccia

Comunità e nuova evangelizzazione

Prefazione di mons. Antonio Staglianò aComunità e nuova evangelizzazione.Riflessioni sul nostro tempoe proposte pastoralidi Antonio RucciaEmi, Bologna 2012

Indice: Prefazione di Antonio Staglianò – Introduzione – Comunità ed evan-gelizzazione – Il sacerdote della nuova evangelizzazione – I laici corre-sponsabili della e nella nuova evangelizzazione – I modelli della nuovaevangelizzazione – Fede e nuova evangelizzazione – Conclusione –Bibliografia.

Nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nelle sue espressioni, «lanuova evangelizzazione non è una reduplicazione della prima, nonè una semplice ripetizione, ma è il coraggio di osare sentieri nuovi,di fronte alle mutate condizioni dentro le quali la Chiesa è chiama-ta a vivere oggi l’annuncio del Vangelo» (n. 5): così i Lineamentadella XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi – Lanuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana – si impe-gnano a offrire criteri per il discernimento del «mondo di oggi apartire dalle sue sfide», ribadendo l’attitudine del cristianesimo a«sapere leggere e decifrare i nuovi scenari» del tempo presente,quelli culturali e sociali, quelli legati alla profonda incidenza sullacoscienza collettiva dei mezzi di comunicazione sociale, dello svi-luppo distorto in campo economico e del progresso della scienza

PUBBLICAZIONIDOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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tecnologica, fino a quelli prodotti dalla riconfigurazione politicadel mondo. Sono scenari che urgono di non restare immobili ochiusi nei propri recinti, ma di avanzare (con una forte capacità cri-tica e autocritica) nel rinnovamento delle strutture di pensiero,degli stili di vita, della percezione del valore, dell’ethos e dei linguag-gi con i quali oggi gli umani comunicano la loro speranza dicostruire un futuro migliore, degno dell’uomo, e rischiano l’azzar-do di una possibile deriva post-umana e/o disumana, dentro letante forme incivili della barbarie.

Tutto questo comporta l’elaborazione di nuovi modelli di chiesa,nuovi modi di presenza e rinnovate modalità di abitare questomondo, ma anche un ripensamento della fede stessa, perché essabrilli nella sua bellezza e ricchezza, oltre le sue indecenti caricatureche hanno nei tempi suscitato tra gli uomini tanti interrogativi cri-tici e negativi circa il volto di Dio che essi annunciano. Perciò lanuova evangelizzazione – che secondo i Lineamenta «integra» (nelsenso che ne fa parte essenziale) anche il Cortile dei Gentili – signi-fica «avere l’audacia di portare la domanda su Dio all’interno diquesti problemi, realizzando lo specifico della missione dellaChiesa e mostrando in questo modo come la prospettiva cristianaillumina in modo inedito i grandi problemi della vita» (n. 7).Mentre dunque si afferma l’inevitabile necessità dell’auditus culturae– la nuova evangelizzazione è «lo strumento grazie al quale misu-rarsi con le sfide di un mondo in accelerata trasformazione» (n. 1),poiché l’annuncio richiede «che prima ci sia un momento di ascol-to, comprensione, interpretazione» (n. 3) per individuare «vienuove, capaci di parlare alle culture odierne» (n. 5) -, invita anche esoprattutto «a sviluppare una rilettura del presente a partire dallaprospettiva di speranza che il cristianesimo porta in dono», per«mostrare al mondo la forza profetica e trasformatrice del messag-gio evangelico» (n. 7).Mentre dunque si afferma l’inevitabile necessità dell’auditus culturae– la nuova evangelizzazione è «lo strumento grazie al quale misu-rarsi con le sfide di un mondo in accelerata trasfor mazione» (n. 1),poiché l’annuncio richiede «che prima ci sia un momento di ascol-to, comprensione, interpretazione» (n. 3) per individuare «vienuove, capaci di parlare alle culture odierne» (n. 5) –, invita anche e

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soprattutto «a sviluppare una rilet tura del presente a partire dallaprospettiva di speranza che il cristianesimo porta in dono», per«mostrare al mondo la forza profetica e trasformatrice del messag-gio evangelico» (n. 7).

Tutto questo comporta l’urgenza di ridefinire i compiti dell’iniziativa pasto-rale delle chiese locali. Allo scopo, ritengo faccia un buon servizio ilprezioso testo di don Antonio Ruccia, catecheta e pastoralista affer-mato che s’impegna a interrogare tutti gli attori ordinari dell’azio-ne ecclesiale dentro la «misura critica» della nuova evangelizzazio-ne. L’intento non è quello di offrire delle ricette. Risulterebbe pre-suntuoso e poco rispettoso della creatività e dell’intelligenza pasto-rale propria di ogni co munità cristiana. La mission è invece quella diaccompagnare, possibilmente, il rilancio della missione in ogni par-rocchia e in ogni esperienza credente, avviando un percorso diriflessione, puntellato da domande impegnative, ma necessarie, inriferimento all’urgenza di rilanciare l’annuncio del vangelo.È possibile oggi annunciare il vangelo senza tener conto della crisidel contesto culturale in cui viviamo, dominato da tanti riduzioni-smi antropologici che minano alle basi le possibilità stesse delnostro linguaggio ordinario? La predicazione cristiana deve connuova forza affermare la verità del vangelo – Dio è amore –, ma puòoggi farlo senza l’inevitabile rischio che le sue parole vengano pro-priamente fraintese, perché le coscienze dei giovani e degli adultisono realmente distanti dal significato umano e cristiano dellaparola amore? E come recuperare – ovviamente non tanto in uncorso di teologia per accademici, ma nella concretezza dell’iniziati-va pastorale della chiesa – la verità dell’amore che solo il Crocifissorivela, nella sua definitività, come dono che spinge l’offerta di sé perl’altro fino alla morte? Le iniziali osservazioni di Ruccia sul relati-vismo e neopositivismo non indulgono affatto all’accademicismo.Sono la semplice avvertenza che è veramente cambiato, nel profon-do, il contesto culturale e in esso anche la mentalità degli uomini edelle donne nelle società complesse e secolarizzate. Sono cambiatii loro giudizi di valore, il modo con cui vivono gli affetti, le attese

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per il futuro e, da qui, il loro modo di incontrare religiosamenteDio e di accogliere l’annuncio del vangelo, nell’eventualità che tro-vino qualcuno che lo faccia realmente con nuovo ardore e nuovozelo. Senza poi insistere su quell’individualismo che domina nellerelazioni umane a tutti i livelli e genera competitività frustrante efredda indifferenza. Proprio qui, nel nucleo incandescente di unasocietà che degenera e perde l’umano nell’agghiacciante disamore,la chiesa deve riscoprire un linguaggio nuovo e nuovi metodi percomunicare il vangelo dell’amore, nel tentativo di superare la schi-zofrenica separazione tra vangelo e vita, tra fede e storia, tra dottri-na e sapienza. Qui dentro occorrerà ridisegnare il compito educati-vo della chiesa. Educare alla vita buona del vangelo è la risposta concreta. Questo com-porta un grande lavoro di elaborazione teorica e dottrinale, da una parte,e contestualmente anche il generoso sforzo di individuare percorsi divita praticabili affinché il vangelo diventi «carne e sangue» della quo-tidianità di ogni perso na e delle comunità, incidendo nella trasfor-mazione dell’ethos, della cultura, della mentalità, dei principi fon-damentali e dei valori determinanti. Educare è «portar fuori» per«introdurre dentro»: ha a che fare con la «conversione cristiana» checam bia la vita portando (ma anche attraverso) all’incontro con laRealtà, la verità della persona di Cristo, morto e risorto, senso e spe-ranza della vita. Il cristianesimo che educa (e a cui educare) vivesempre del nesso tra parole e fatti, e nel «nesso» trova lo splendoredella verità. Il cristianesimo nasce da un evento e pertanto non tra-sforma mai la verità in dottrina, perché la sua verità «nasce sempredalla carne». Educare costringe al doveroso compito di tracciare percorsi divita cristiana proponibili, vivibili, interessanti, che rendano il cristia-nesimo «opportuno» nella ricerca del senso della vita, tenendoconto delle difficoltà culturali odierne e delle esigenze della comu-nicazione del vangelo nel mondo ormai cambiato.

L’Anno della fede, indetto da Benedetto XVI con la lette ra apostolicaPorta fidei si presenta come un’occasione propi zia nella quale«dovrà intensificarsi la riflessione sulla fede per aiutare tutti i cre-denti in Cristo a rendere più consapevole ed a rinvigorire la loroadesione al Vangelo, soprattutto in un mo mento di profondo cam-biamento come quello che l’umanità sta vivendo» (n. 8). Questo

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ripensare la fede non avrà il significato di una sua «rifondazione»,ma di una sua più autentica epifania cristiana e – mi sia consentito– «cattolica», che non potrà non interessare direttamente la specifi-cità della scienza teologica nel suo cuore pulsante e nevralgico, lacristologia (come sta facen do il santo padre con i suoi preziosi scrit-ti su Gesù di Nazaret, nei quali con «scienza e sapienza» ci introdu-ce nella verità del mistero del Cristo reale, quello veramente capita-to nella storia e coincidente con quello annunciato dalla chiesa).Riguarderà anche e soprattutto l’azione pastorale, nei suoi attori,nei suoi destinatari, nelle sue dimensioni, nelle sue finalità: tutti nedevono essere coinvolti, vescovi e presbiterio, presbiteri, religiosi ereligiose, fedeli laici. Ma quale potrebbe essere la mossa vincente inquesta grande impresa della nuova evangelizzazione? La propostadi don Antonio Ruccia è chiarissima e nella sua semplicità del tuttoscontata: «riscoprire la comunità», come nuova consapevolezzadella radice ontologica della chiesa-comunione, che travasa final-mente — oltre ogni enfasi retorica — nelle strutture stesse dell’azio-ne ecclesiale, nei suoi ritmi, nei suoi metodi, richiedendo una mag-giore epifania della corresponsabilità a tutto campo. Così leggere-mo: «la comunità ecclesiale, allargando così i propri perimetri,necessita di una partecipazione attiva di tutti per esistere e per cre-scere. È richiesto: - una partecipazione attiva alle decisioni; - un’as-sunzione di responsabilità; - una preoccupazione in riferimento aidiversi problemi territoriali e mondiali; - una corresponsabilitàevangelizzativa. Questo modo di procedere, in cui tutti sono corre-sponsabili di tutto, stabilisce un nuovo ordine al divenire dellacomunità e richiede una trasformazione notevole delle strutture, inquanto l’evangelizzazione da attuare non è più per gli altri ma con glialtri». E tanto basta. Ora però cosa fare per dare «carne e sangue» aquesta ovvietà?Il testo che leggeremo si può presentare come una buona «erme-neutica dell’ovvio». È un servizio provocante e a tratti profetico,perché l’ovvio ordinariamente viene gettato nell’oblio, per la faticache si fa a dargli corpo, a farlo diventare epifania della realtà cheviviamo. In questo senso, potremo domandarci: a che punto è

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l’«ecclesiologia di comunione» del Concilio Vaticano II? Domandaseria a cinquant’anni dalla sua apertura. O ancora, qual è la figurapastorale del rapporto tra presbitero e fedele laico con la quale nor-malmente si opera nella vita delle nostre parrocchie? Si potrebbecontinuare a interrogare. L’opera di Ruccia lo fa mentre si impegna a delineare qualche pro-spettiva, ad aprire nuovi orizzonti, a dinamizzare la prassi in unadirezione più comunionale.Mi chiedo – solo per offrire un mio personale contributo e così inte-ragire con le proposte di Ruccia –, quanto feconda sa rebbe per lanuova evangelizzazione la riscoperta della diocesi e della diocesani-tà per ridare respiro missionario alle nostre parrocchie, finalmenteaperte al territorio, interagenti tra loro nelle linee di una «pastora-le integrata» che sappia superare ogni barriera e sappia costruirenuove sante alleanze con tut ti gli uomini di buona volontà, dediti anon perdere l’umano dell’uomo, impegnati a superarne il degrado.Alla fine l’annun cio del vangelo comporta l’epifania della bellezzadel volto di Dio, ma ha anche la «funzione» (mi si passi il termine)della rivelazione della bellezza del volto umano dell’uomo, bellezzache è custodita da Cristo, l’uomo vero (perché Dio vero).Le iniziative di cooperazione interparrocchiali nascono pertantodalla spinta comunionale della diocesi. Essa esiste affin ché le par-rocchie maturino una spiritualità di condivisione e corresponsabi-lità, e l’impegno per l’unità non ricada soltanto su pochi. Le par-rocchie infatti non possono esimersi dal praticare la disciplina dellacomunione, della comunione trinitaria che si apprende nell’impe-gno a convergere vicendevolmente in un contesto che non ha sol-tanto significato territoriale. Questa forza altro non è che una spi-ritualità che s’ispira alla comunio ne trinitaria. Ne consegue allorache il principio di cooperazio ne, dal quale si formano comunità diparrocchie, è frutto di uno stile di comunione che si pratica per l’in-flusso di questa spiri tualità, espressa e generata dalla chiesa locale.Quest’ultima, giustamente, va immaginata come grembo di con-servazione dell’umano, nella sua capacità di relazione, di condivi-sione, di solidarietà: «de-individualizzare per vivere ciò che è comu-ne». È questo in fondo il compito della chiesa locale in relazionealle parrocchie. La sua esistenza genera infatti una spiritualità dicomunione «diocesana». L’attributo indica, in senso spaziale, il fat-

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to che la spiritualità interessa ogni comunità ecclesiale; in senso esi-stenziale, che le parrocchie sussistono pastoralmente come testi-moni di comunione. La spiritualità diocesana, che la chiesa localeesprime ontologicamente, è visibile nell’impegno delle parrocchiead essere comunità aperte, capaci di vivere lo spazio kenotico dellaprossimità e collaborazione.Il dialogo tra presbiteri e fedeli laici, espressione di una spi ritualitàdiocesana nella via della communio, fa dunque della parrocchia unospazio missionario da cui risalta il valore delle differenze. Questeultime non mettono a rischio la comunione fraterna, mentre favo-riscono la formazione di un laicato adul to e responsabile. Nellamisura in cui i presbiteri sanno espri mere tra di loro forme di aper-tura sincera, il laicato, quasi per riverbero a questa capacità comu-nicativa che, come si è visto, ha fondamento sacramentale nell’ami-cizia di Cristo con i pre sbiteri, matura una presenza adulta, capacedi dialogare con la società odierna. I presbiteri che mostrano taleapertura sospin gono indirettamente i fedeli laici a quella maturitàdi fede che non soltanto permette loro di stare in piedi nell’eserci-zio della testimonianza cristiana, ma anche di affrontare con le per-sone, e in particolare con quelle che sono in ricerca, un dialogoschietto sui grandi temi dell’esistenza. In questo senso, il dialogoassume valenza educativa. Esso infatti sottostà al potenzialecomunicativo che l’odierna cultura mediatica impone. È questa lamotivazione che obbliga a riformulare una nuova logica, i cui prin-cipi non possono che essere quelli evangelici: quei principi che sol-tanto la comunità ecclesiale, in virtù del dialogo tra presbiteri efedeli laici, è in grado di formulare e mediare. Ciò accade unica-mente perché alla base di questo dialogo intraecclesiale vi è infondo l’amicizia con Cristo: Parola incarnata e segno del dialogopermanente tra Dio e l’umanità. Per tutto questo, l’opera che oraleggeremo con frutto «dona a pensare».

+Antonio StaglianòVescovo di Noto

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2 – Al mattino, in Mariotto (Bitonto), celebra la S. Messa per glieducatori A.C.R. partecipanti al Campo Scuola di A.C.

– Alla sera, nella chiesa di S. Giovanni (ex Monastero S. Chiara),in Mola di Bari, celebra la S. Messa per il 25° anniversario diordinazione sacerdotale di don Vincenzo Rizzi, parroco dellaparrocchia del SS. Rosario.

4 – Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano delle Murge,incontra i compagni di corso del Seminario di Posillipo.

5 – Al pomeriggio, nella chiesa parrocchiale di S. Paolo, celebra laS. Messa nella memoria liturgica della beata Madre Teresa diCalcutta.

6 – Alla sera, presso la parrocchia Immacolata in Adelfia, parteci-pa alla presentazione del libro “Senza paracadute “ del gior-nalista Antonio Loconte.

7 – Al mattino, presso il Teatro Petruzzelli, partecipa alla cerimo-nia di inaugurazione della Fiera del Levante.

– Alla sera, presso la sede della Società S. Paolo in Bari, parteci-pa alla presentazione del libro “Divo Barsotti. Il sacerdote, ilmistico, il padre” di p. Serafino Tognetti.

8 – Alla sera, presso la parrocchia Stella Maris in Bari-Palese, cele-bra la S. Messa per la professione religiosa di sei Suore Sale-siane dei Sacri Cuori.

– A Bari-Palese, presso l’Istituto delle Suore Francescane Alcanta-rine, celebra la S. Messa per il 25° anniversario della professio-ne religiosa della Madre provinciale suor Mariella Verani.

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9 – Al mattino, presso la parrocchia S. Nicola in Mola di Bari, cele-bra la S. Messa per la festa patronale di Maria SS. Addolorata.

– Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per la consacrazio-ne di Fiorenza Ingrosso e Lucia Violante secondo il ritodell’Ordo virginum.

11 – Alla sera, presso la parrocchia Stella Maris in Bari-Palese, cele-bra la S. Messa per il 63° anniversario di sacerdozio di mons.Ignazio Fraccalvieri, il 46° di don Rodolfo Bonsegna, il 30° didon Carmine Leuzzi e il 15° di don Antonio Eboli.

12 – Alla sera, presso la parrocchia S. Nicola in Toritto, celebra laS. Messa per il 25° anniversario dell’ordinazione sacerdotaledel parroco don Marino Cutrone.

13 – Alla sera, presso la parrocchia S. Croce in Bari, celebra la S.Messa in occasione del 125° anniversario della fondazionedella parrocchia.

14 – Al pomeriggio, in Arcivescovado, presiede la riunione dei Vi-cari episcopali.

– Alla sera, presso la parrocchia S. Francesco da Paola inCapurso, celebra la S. Messa per il 25° anniversario di ordina-zione sacerdotale del parroco don Bernardino Palmieri.

15 – Alla sera, presso il monastero di S. Scolastica in Bari, celebrala S. Messa.

16 – Al mattino, presso la parrocchia S. Maria La Porta in Palo delColle, celebra la S. Messa per la festa del Crocifisso di Auricarro.

18 – Al pomeriggio, a Rossano Calabro, interviene al Convegnopastorale diocesano sull’Anno della fede.

19 – Alla sera, presso l’auditorium della Scuola Allievi della Guar-dia di Finanza in Bari, tiene la relazione “Cristo, Alfa e omega.La Veglia pasquale come cammino di fede e impegno alla te-stimonianza” in occasione dell’Assemblea diocesana in aper-tura del nuovo anno pastorale.

20-23 –Visita pastorale alla parrocchia S. Maria Annunziata inCellamare.

23 – Alla sera, nella chiesa di S. Anna in Bari, celebra la S. Messaper l’apertura di “Notti Sacre”, Rassegna di arte musica pensieropreghiera spettacolo nelle chiese di Bari vecchia.

24-27–A Roma, partecipa ai lavori della sessione autunnale delConsiglio Permanente della CEI.

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27 – Alla sera, presso la parrocchia della Trasfigurazione in Bitritto,tiene la catechesi alla comunità sul tema dell’Anno della fede.

28 – Al mattino, presso la Casa del clero in Bari, presiede la riunio-ne del Consiglio Presbiterale diocesano.

– Alla sera, presso la parrocchia S. Michele Arcangelo in Bari-Palese, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parrocodon Angelo Lagonigro. Successivamente, nella Basilica di S.Nicola, assiste al concerto dell’Orchestra sinfonica della Pro-vincia con il Coro della Polifonica Barese “Biagio Grimaldi”nell’ambito della rassegna “ Notti Sacre”.

29 – Al mattino, presso la parrocchia S. Maria del Fonte in BariCarbonara, celebra la S. Messa per la festa di San MicheleArcangelo, Patrono della Polizia di Stato. Successivamente,nella chiesa del Gesù, incontra la Sezione di Bari dei Cavalieridel Santo Sepolcro e di Gerusalemme.

30 – Al mattino, presso la parrocchia S. Girolamo in Bari, celebrala S. Messa per la festa del Titolare.

– Alla sera, presso la parrocchia S. Antonio in Bari, celebra la S.Messa per l’ingresso del nuovo parroco p. Miki Mangialardi,O.F.M.

Ottobre 2012

1 – Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa nel 125°anniversa-rio di fondazione delle parrocchie capitolari della diocesi.

2 – Al mattino, presso il Convitto nazionale “D. Cirillo” in Bari,celebra la S. Messa.

– Al pomeriggio, presso il Museo diocesano in Bari, presiedel’incontro del Comitato scientifico del Centro Studi storicidella Chiesa di Bari-Bitonto.

– Alla sera, presso la parrocchia S. Maria in S. Luca in Valen-zano, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco p.Marcellino Chiechi, O.F.M.

3 – Al pomeriggio, presso l’Ospedale S. Paolo in Bari, celebra la S.

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Messa in occasione dell’insediamento del nuovo cappellanodon Michele Scolletta. Successivamente, presso la Casa delclero in Bari, presiede il Consiglio Pastorale diocesano.

4 – Al mattino, in Cattedrale, celebra la S. Messa per il possessodel nuovo canonico mons. Antonio Parisi nel Capitolo Metro-politano Primaziale di Bari.

4-7– Visita pastorale alla parrocchia S. Francesco d’Assisi inTriggiano.

8-12 – A Padova, partecipa alla settimana formativa del clero dio-cesano.

13 – Al mattino, nella cripta della Basilica di S. Nicola in Bari, cele-bra la S. Messa per il 50° anniversario di professione religiosadi p. Gerardo Cioffari, O.P.

– Alla sera, presso la parrocchia SS. Crocifisso in Triggiano,celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco donMichele Camastra.

14 – Al mattino, nella chiesa di S. Domenico in Bari, celebra la S.Messa per la festa della Madonna del Rosario.

– Alla sera, presso la parrocchia S. Leone Magno in Bitonto,celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco p. Gua-rino Valentino, O.F.M.

15-20 – Partecipa al pellegrinaggio sulle orme di san Paolo inGrecia.

16 – Al pomeriggio, in Cattedrale, incontra i cooperatori salesianiper la Giornata dell’avvio dell’Anno della fede.

21 – Al mattino, presso la parrocchia S. Nicola in Adelfia, celebrala S. Messa per il decennale di presenza delle suore AdoratriciAncelle del SS. Sacramento e della Carità.

– Alla sera, nella parrocchia-santuario SS. Medici in Bitonto,celebra la S. Messa per la festa dei Titolari.

22 – Alla sera, presso la parrocchia S. Maria Assunta in Palo delColle, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco donAngelo Ranieri.

23 – Al mattino, presso il Seminario arcivescovile, incontra gliamici di corso del Pontificio Seminario Pio XI di Molfetta.

– Alla sera, presso la cappella del Seminario arcivescovile in Bari,celebra la S. Messa per il 25° anniversario di ordinazione sacer-dotale di cinque presbiteri.

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24 – Al mattino, nella Basilica di S. Nicola in Bari, presiede la ceri-monia di inaugurazione del nuovo anno accademico dellaFacoltà Teologica Pugliese, con la prolusione del prof. Anto-nino Zichichi su La scienza e la fede nella cultura moderna.

– Alla sera, presso la parrocchia S. Antonio in Bari-Carbonara,tiene la catechesi sull’Anno della fede; al termine, benedice ilPiazzale antistante la chiesa.

25 – Al mattino, nella cripta della Basilica di San Nicola, celebra laS. Messa con la Commissione Presbiterale Europea.

25-28–Presso l’Hotel Parco dei Principi in Bari, partecipa al Con-vegno nazionale di pastorale sociale “Educare gli adulti allafede per la famiglia, il lavoro e la festa” e tiene una relazionesu Educazione alla fede e alcuni contesti di vita.

26 – Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano delle Murge,partecipa al ritiro del clero.

28 – Al mattino, in Cattedrale, celebra la S. Messa in conclusione delConvegno nazionale di pastorale sociale. Successivamente, pressola parrocchia SS. Redentore in Bari, partecipa alla cerimonia diinaugurazione del campo di calcio dell’oratorio parrocchiale.

– Alla sera, presso la parrocchia SS. Crocifisso in Triggiano,celebra la S. Messa e amministra le Cresime.

29 – Alla sera, presso l’Istituto delle Suore dello Spirito Santo invia Celso Ulpiani, celebra la S. Messa per il 60° anniversario diprofessione religiosa della superiora suor Maria Candida.

30 – Alla sera, presso la parrocchia Buon Pastore in Bari, tiene lacatechesi alla comunità sull’Anno della fede.

31 – Al mattino, presso il Seminario arcivescovile, incontra l’équi-pe educativa.

– Al pomeriggio, a Taranto, partecipa al convegno diocesanosul Concilio Vaticano II con S.E. mons. Filippo Santoro, arci-vescovo di Taranto, e mons. Salvatore Palese, direttore delCentro Studi storici della Chiesa di Bari-Bitonto, e relazionasulla partecipazione di mons. Enrico Nicodemo al Concilio.

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