Bollettino Diocesano Luglio- Agosto 2013

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Atti ufficiali e attività pastorali dell'Arcidiocesi di Bari-Bitonto

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BOLLETTINO DIOCESANO

l´OdegitriaAtti ufficiali e attività pastoralidell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto

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BOLLETTINO DIOCESANO

l´OdegitriaAtti ufficiali e attività pastoralidell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto

Registrazione Tribunale di Bari n. 1272 del 26/03/1996

ANNO LXXXIX - N. 4 - Luglio - Agosto 2013

Redazione e amministrazione:Curia Arcivescovile Bari-BitontoP.zza Odegitria - 70122 Bari - Tel. 080/5288211 - Fax 080/5244450www.arcidiocesibaribitonto.it - e.mail: [email protected]

Direttore responsabile:Giuseppe Sferra

Direttore:Gabriella Roncali

Redazione:Beppe Di Cagno, Luigi Di Nardi, Angelo Latrofa, Paola Loria, Franco Mastrandrea,Bernardino Simone, Francesco Sportelli

Gestione editoriale e stampa:Ecumenica Editrice scrl - 70123 Bari - Tel. 080.5797843 - Fax 080.2170009

www.ecumenicaeditrice.it - [email protected]

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DOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIOMessaggio per la Giornata missionaria mondiale 2013 (20 ottobre 2013) 383

XXVIII Giornata mondiale della gioventù (Rio de Janeiro, 22-29 luglio 2013)Discorso nella Veglia di preghiera con i giovani 389

Discorso alla Via Crucis con i giovani 395Omelia nella Santa Messa 398

DOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANACONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Messaggio per l’VIII Giornata per la custodia del creato:“La famiglia educa alla custodia del creato” (1 settembre 2013) 403

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI BITONTOMAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

Omelia per la Festa dei Santi Martiri di Otranto (14 agosto 2013) 407

La Gloria di Dio risplende nei Santi:Lettera ai parroci e a tutte le comunità parrocchiali per l’arrivoa Bari dell’urna contenente la reliquia di S. Giovanni Bosco 411

CURIA METROPOLITANA

CancelleriaSacre ordinazioni e decreti 413

Ufficio Diaconato permanente e Ministeri istituitiRelazione sulle attività 2012-2013 415

Ufficio CatechisticoL’iniziazione cristiana con i ragazzi diversamente abili 419

Uffici: Catechistico, Comunicazioni sociali, Liturgico.Scuola diocesana di Teatro. Fondazione “Frammenti di Luce”.

Pie Discepole del Divin MaestroIl percorso dei “Laboratori della fede” 423

SOMMARIO

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CONSIGLI DIOCESANI

Consiglio Presbiterale diocesanoVerbale della riunione del 15 febbraio 2013 427Verbale della riunione del 16 maggio 2013 433

DOCUMENTAZIONE

A trent’anni dalla morte di mons. Nicodemoe a cinquanta dall’inizio del Vaticano II:

Mons. Enrico Nicodemo e la recezione del Vaticano II nell’arcidiocesidi Bari nelle pagine del Bollettino Diocesano (1959-1973) di R. Dipinto 441

PUBBLICAZIONI 449

NELLA PACE DEL SIGNOREdon Giovanni Paccione 459

DIARIO DELL’ARCIVESCOVOLuglio 2013 461Agosto 2013 462

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Cari fratelli e sorelle,

quest’anno celebriamo la Giornata missionaria mondiale mentre sista concludendo l’Anno della fede, occasione importante per raf-forzare la nostra amicizia con il Signore e il nostro cammino comeChiesa che annuncia con coraggio il Vangelo. In questa prospettiva,vorrei proporre alcune riflessioni.

1. La fede è dono prezioso di Dio, il quale apre la nostra mente per-ché lo possiamo conoscere ed amare. Egli vuole entrare in relazionecon noi per farci partecipi della sua stessa vita e rendere la nostravita più piena di significato, più buona, più bella. Dio ci ama! Lafede, però, chiede di essere accolta, chiede cioè la nostra personalerisposta, il coraggio di affidarci a Dio, di vivere il suo amore, gratiper la sua infinita misericordia. È un dono, poi, che non è riservatoa pochi, ma che viene offerto con generosità. Tutti dovrebberopoter sperimentare la gioia di sentirsi amati da Dio, la gioia dellasalvezza! Ed è un dono che non si può tenere solo per se stessi, mache va condiviso. Se noi vogliamo tenerlo soltanto per noi stessi,diventeremo cristiani isolati, sterili e ammalati. L’annuncio delVangelo fa parte dell’essere discepoli di Cristo ed è un impegnocostante che anima tutta la vita della Chiesa. «Lo slancio missiona-rio è un segno chiaro della maturità di una comunità ecclesiale»(Benedetto XVI, Esort. ap. Verbum Domini, 95). Ogni comunità è

Messaggio per la Giornatamissionaria mondiale 2013

(20 ottobre 2013)

MAGISTERO PONTIFICIODOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE

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“adulta” quando professa la fede, la celebra con gioia nella liturgia,vive la carità e annuncia senza sosta la Parola di Dio, uscendo dalproprio recinto per portarla anche nelle “periferie”, soprattutto achi non ha ancora avuto l’opportunità di conoscere Cristo. La soli-dità della nostra fede, a livello personale e comunitario, si misuraanche dalla capacità di comunicarla ad altri, di diffonderla, di viver-la nella carità, di testimoniarla a quanti ci incontrano e condivido-no con noi il cammino della vita.

2. L’Anno della fede, a cinquant’anni dall’inizio del Concilio VaticanoII, è di stimolo perché l’intera Chiesa abbia una rinnovata consape-volezza della sua presenza nel mondo contemporaneo, della sua mis-sione tra i popoli e le nazioni. La missionarietà non è solo una que-stione di territori geografici, ma di popoli, di culture e di singole per-sone, proprio perché i “confini” della fede non attraversano solo luo-ghi e tradizioni umane, ma il cuore di ciascun uomo e di ciascunadonna. Il Concilio Vaticano II ha sottolineato in modo speciale comeil compito missionario, il compito di allargare i confini della fede, siaproprio di ogni battezzato e di tutte le comunità cristiane: «Poiché ilpopolo di Dio vive nelle comunità, specialmente in quelle diocesanee parrocchiali, ed in esse in qualche modo appare in forma visibile,tocca anche a queste comunità rendere testimonianza a Cristo difronte alle nazioni» (Decr. Ad gentes, 37). Ciascuna comunità è quin-di interpellata e invitata a fare proprio il mandato affidato da Gesùagli Apostoli di essere suoi «testimoni a Gerusalemme, in tutta laGiudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8), non comeun aspetto secondario della vita cristiana, ma come un aspetto essen-ziale: tutti siamo inviati sulle strade del mondo per camminare con ifratelli, professando e testimoniando la nostra fede in Cristo e facen-doci annunciatori del suo Vangelo. Invito i vescovi, i presbiteri, i con-sigli presbiterali e pastorali, ogni persona e gruppo responsabilenella Chiesa a dare rilievo alla dimensione missionaria nei program-mi pastorali e formativi, sentendo che il proprio impegno apostoliconon è completo se non contiene il proposito di “rendere testimo-nianza a Cristo di fronte alle nazioni”, di fronte a tutti i popoli. Lamissionarietà non è solamente una dimensione programmaticanella vita cristiana, ma anche una dimensione paradigmatica cheriguarda tutti gli aspetti della vita cristiana.

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3. Spesso l’opera di evangelizzazione trova ostacoli non solo all’e-sterno, ma all’interno della stessa comunità ecclesiale. A volte sonodeboli il fervore, la gioia, il coraggio, la speranza nell’annunciare atutti il messaggio di Cristo e nell’aiutare gli uomini del nostrotempo ad incontrarlo. A volte si pensa ancora che portare la veritàdel Vangelo sia fare violenza alla libertà. Paolo VI ha parole illumi-nanti al riguardo: «Sarebbe (...) un errore imporre qualcosa allacoscienza dei nostri fratelli. Ma proporre a questa coscienza la veri-tà evangelica e la salvezza di Gesù Cristo con piena chiarezza e nelrispetto assoluto delle libere opzioni che essa farà (...) è un omaggioa questa libertà» (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 80). Dobbiamo averesempre il coraggio e la gioia di proporre, con rispetto, l’incontrocon Cristo, di farci portatori del suo Vangelo. Gesù è venuto inmezzo a noi per indicare la via della salvezza, ed ha affidato anchea noi la missione di farla conoscere a tutti, fino ai confini dellaterra. Spesso vediamo che sono la violenza, la menzogna, l’errore adessere messi in risalto e proposti. È urgente far risplendere nelnostro tempo la vita buona del Vangelo con l’annuncio e la testi-monianza, e questo dall’interno stesso della Chiesa. Perché, in que-sta prospettiva, è importante non dimenticare mai un principiofondamentale per ogni evangelizzatore: non si può annunciareCristo senza la Chiesa. Evangelizzare non è mai un atto isolato,individuale, privato, ma sempre ecclesiale. Paolo VI scriveva che«quando il più sconosciuto predicatore, missionario, catechista oPastore, annuncia il Vangelo, raduna la comunità, trasmette la fede,amministra un sacramento, anche se è solo, compie un atto diChiesa». Egli non agisce «per una missione arrogatasi, né in forza diun’ispirazione personale, ma in unione con la missione della Chiesae in nome di essa». E questo dà forza alla missione e fa sentire adogni missionario ed evangelizzatore che non è mai solo, ma parte diun unico Corpo animato dallo Spirito Santo.

4. Nella nostra epoca, la mobilità diffusa e la facilità di comunica-zione attraverso i new media hanno mescolato tra loro i popoli, leconoscenze, le esperienze. Per motivi di lavoro intere famiglie si

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spostano da un continente all’altro; gli scambi professionali e cul-turali, poi, il turismo e fenomeni analoghi spingono a un ampiomovimento di persone. A volte risulta difficile persino per le comu-nità parrocchiali conoscere in modo sicuro e approfondito chi è dipassaggio o chi vive stabilmente sul territorio. Inoltre, in aree sem-pre più ampie delle regioni tradizionalmente cristiane cresce ilnumero di coloro che sono estranei alla fede, indifferenti alladimensione religiosa o animati da altre credenze. Non di rado poi,alcuni battezzati fanno scelte di vita che li conducono lontano dallafede, rendendoli così bisognosi di una “nuova evangelizzazione”. Atutto ciò si aggiunge il fatto che ancora un’ampia parte dell’umani-tà non è stata raggiunta dalla buona notizia di Gesù Cristo.Viviamo poi in un momento di crisi che tocca vari settori dell’esi-stenza, non solo quello dell’economia, della finanza, della sicurezzaalimentare, dell’ambiente, ma anche quello del senso profondodella vita e dei valori fondamentali che la animano. Anche la convi-venza umana è segnata da tensioni e conflitti che provocano insi-curezza e fatica di trovare la via per una pace stabile. In questa com-plessa situazione, dove l’orizzonte del presente e del futuro sem-brano percorsi da nubi minacciose, si rende ancora più urgente por-tare con coraggio in ogni realtà il Vangelo di Cristo, che è annunciodi speranza, di riconciliazione, di comunione, annuncio della vici-nanza di Dio, della sua misericordia, della sua salvezza, annuncioche la potenza di amore di Dio è capace di vincere le tenebre delmale e guidare sulla via del bene. L’uomo del nostro tempo ha biso-gno di una luce sicura che rischiara la sua strada e che solo l’incon-tro con Cristo può donare. Portiamo a questo mondo, con la nostratestimonianza, con amore, la speranza donata dalla fede! La mis-sionarietà della Chiesa non è proselitismo, bensì testimonianza divita che illumina il cammino, che porta speranza e amore. LaChiesa - lo ripeto ancora una volta - non è un’organizzazione assi-stenziale, un’impresa, una ONG, ma è una comunità di persone,animate dall’azione dello Spirito Santo, che hanno vissuto e vivonolo stupore dell’incontro con Gesù Cristo e desiderano condividerequesta esperienza di profonda gioia, condividere il messaggio di sal-vezza che il Signore ci ha portato. È proprio lo Spirito Santo cheguida la Chiesa in questo cammino.

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5. Vorrei incoraggiare tutti a farsi portatori della buona notizia diCristo e sono grato in modo particolare ai missionari e alle missio-narie, ai presbiteri fidei donum, ai religiosi e alle religiose, ai fedelilaici - sempre più numerosi - che, accogliendo la chiamata delSignore, lasciano la propria patria per servire il Vangelo in terre eculture diverse. Ma vorrei anche sottolineare come le stesse giovaniChiese si stiano impegnando generosamente nell’invio di missio-nari alle Chiese che si trovano in difficoltà - non raramente Chiesedi antica cristianità - portando così la freschezza e l’entusiasmocon cui esse vivono la fede che rinnova la vita e dona speranza.Vivere in questo respiro universale, rispondendo al mandato diGesù «andate dunque e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28, 19) èuna ricchezza per ogni Chiesa particolare, per ogni comunità, edonare missionari e missionarie non è mai una perdita, ma un gua-dagno. Faccio appello a quanti avvertono tale chiamata a corri-spondere generosamente alla voce dello Spirito, secondo il propriostato di vita, e a non aver paura dì essere generosi con il Signore.Invito anche i vescovi, le famiglie religiose, le comunità e tutte leaggregazioni cristiane a sostenere, con lungimiranza e attentodiscernimento, la chiamata missionaria ad gentes e ad aiutare leChiese che hanno necessità di sacerdoti, di religiosi e religiose e dilaici per rafforzare la comunità cristiana. E questa dovrebbe essereun’attenzione presente anche tra le Chiese che fanno parte di unastessa Conferenza episcopale o di una Regione: è importante che leChiese più ricche di vocazioni aiutino con generosità quelle chesoffrono per la loro scarsità.Insieme esorto i missionari e le missionarie, specialmente i presbite-ri fidei donum e i laici, a vivere con gioia il loro prezioso servizio nelleChiese a cui sono inviati, e a portare la loro gioia e la loro esperienzaalle Chiese da cui provengono, ricordando come Paolo e Barnaba altermine del loro primo viaggio missionario «riferirono tutto quelloche Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani laporta della fede» (At 14,27). Essi possono diventare una via per unasorta di “restituzione” della fede, portando la freschezza delle giova-ni Chiese, affinché le Chiese di antica cristianità ritrovino l’entusia-

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smo e la gioia di condividere la fede in uno scambio che è arricchi-mento reciproco nel cammino di sequela del Signore.La sollecitudine verso tutte le Chiese, che il Vescovo di Roma con-divide con i confratelli vescovi, trova un’importante attuazione nel-l’impegno delle Pontificie Opere Missionarie, che hanno lo scopo dianimare e approfondire la coscienza missionaria di ogni battezzatoe di ogni comunità, sia richiamando la necessità di una più profon-da formazione missionaria dell’intero popolo di Dio, sia alimen-tando la sensibilità delle comunità cristiane ad offrire il loro aiutoper favorire la diffusione del Vangelo nel mondo.Un pensiero infine ai cristiani che, in varie parti del mondo, si tro-vano in difficoltà nel professare apertamente la propria fede e nelvedere riconosciuto il diritto a viverla dignitosamente. Sono nostrifratelli e sorelle, testimoni coraggiosi - ancora più numerosi deimartiri nei primi secoli - che sopportano con perseveranza apostoli-ca le varie forme attuali di persecuzione, Non pochi rischiano anchela vita per rimanere fedeli al Vangelo di Cristo. Desidero assicurareche sono vicino con la preghiera alle persone, alle famiglie e allecomunità che soffrono violenza e intolleranza e ripeto loro le paro-le consolanti di Gesù: «Coraggio, io ho vinto il mondo» (Gv 16,33).Benedetto XVI esortava: «“La Parola del Signore corra e sia glorifi-cata’’ (2Ts 3,1): possa questo Anno della fede rendere sempre piùsaldo il rapporto con Cristo Signore, poiché solo in Lui vi è la cer-tezza per guardare al futuro e la garanzia di un amore autentico eduraturo» (Lett. ap. Porta fidei, 15). È il mio auspicio per la Giornatamissionaria mondiale di quest’anno. Benedico di cuore i missionarie le missionarie e tutti coloro che accompagnano e sostengono que-sto fondamentale impegno della Chiesa affinché l’annuncio delVangelo possa risuonare in tutti gli angoli della terra, e noi, ministridel Vangelo e missionari, sperimenteremo «la dolce e confortantegioia di evangelizzare» (Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 80).

Dal Vaticano, 19 maggio 2013, Solennità di Pentecoste

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Guardando voi oggi qui presenti, mi viene in mente la storia di sanFrancesco d’Assisi. Davanti al Crocifisso sente la voce di Gesù chegli dice: «Francesco, va’ e ripara la mia casa». E il giovane Francescorisponde con prontezza e generosità a questa chiamata del Signore:riparare la sua casa. Ma quale casa? Piano piano, si rende conto chenon si trattava di fare il muratore e riparare un edificio fatto di pie-tre, ma di dare il suo contributo per la vita della Chiesa; si trattavadi mettersi a servizio della Chiesa, amandola e lavorando perché inessa si riflettesse sempre più il Volto di Cristo.Anche oggi il Signore continua ad avere bisogno di voi giovani perla sua Chiesa. Cari giovani, il Signore ha bisogno di voi! Anche oggichiama ciascuno di voi a seguirlo nella sua Chiesa e ad essere mis-sionari. Cari giovani, il Signore oggi vi chiama! Non al mucchio! Ate, a te, a te, a ciascuno. Ascoltate nel cuore quello che vi dice. Pensoche possiamo imparare qualcosa da ciò che è successo in questigiorni, di come abbiamo dovuto cancellare, per il maltempo, la rea-lizzazione di questa Vigilia nel Campus Fidei, a Guaratiba. Forse, nonè che il Signore voglia dirci che il vero campo della fede, il veroCampus Fidei, non è un luogo geografico, bensì siamo noi stessi? Sì!

XXVIII Giornata mondiale della gioventù(Rio de Janeiro, 22-29 luglio 2013)

Discorso nella Veglia di preghiera con i giovaniLungomare di Copacabana, sabato 27 luglio 2013

Carissimi giovani,

MAGISTERO PONTIFICIODOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE

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È vero! Ciascuno di noi, ciascuno di voi, io, tutti! Ed essere disce-polo missionario significa sapere che siamo il Campo della Fede diDio! Per questo, partendo dall’immagine del Campo della Fede, hopensato a tre immagini che ci possono aiutare a capire meglio checosa significa essere discepolo-missionario: la prima immagine, ilcampo come luogo in cui si semina; la seconda, il campo comeluogo di allenamento; e la terza, il campo come cantiere.

1. Primo: Il campo come luogo in cui si semina. Conosciamo tutti laparabola di Gesù che narra di un seminatore andato a gettare i seminel campo; alcuni di essi cadono sulla strada, in mezzo ai sassi, trale spine e non riescono a svilupparsi; ma altri cadono su terrabuona e producono molto frutto (cfr Mt 13,1-9). Gesù stesso spie-ga il significato della parabola: il seme è la Parola di Dio che è get-tata nei nostri cuori (cfr Mt 13,18-23). Oggi… tutti i giorni, ma oggiin modo speciale, Gesù semina. Quando accettiamo la Parola diDio, allora siamo il Campo della Fede! Per favore, lasciate cheCristo e la sua Parola entrino nella vostra vita, lasciate entrare lasemente della Parola di Dio, lasciate che germogli, lasciate che cre-sca. Dio fa tutto, ma voi lasciatelo agire, lasciate che Lui lavori inquesta crescita!Gesù ci dice che i semi caduti ai bordi della strada o tra i sassi e inmezzo alle spine non hanno portato frutto. Credo che, con onestà,possiamo farci la domanda: che tipo di terreno siamo, che tipo diterreno vogliamo essere? Forse a volte siamo come la strada: ascol-tiamo il Signore, ma non cambia nulla nella nostra vita, perché cilasciamo intontire da tanti richiami superficiali che ascoltiamo. Iovi domando, ma non rispondete adesso, ognuno risponda nel suocuore: sono un giovane, una giovane, intontito? o siamo come il ter-reno sassoso: accogliamo con entusiasmo Gesù, ma siamo inco-stanti davanti alle difficoltà, non abbiamo il coraggio di andarecontrocorrente. Ognuno di noi risponda nel suo cuore: ho coraggioo sono un codardo? O siamo come il terreno con le spine: le cose, lepassioni negative soffocano in noi le parole del Signore (cfr Mt13,18-22). Ho l’abitudine nel mio cuore di giocare in due ruoli: farebella figura con Dio e fare bella figura con il diavolo? voler riceverela semente di Gesù e allo stesso tempo annaffiare le spine e le erbac-ce che nascono nel mio cuore? Oggi, però, io sono certo che la se-

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mente può cadere in terra buona. Ascoltiamo questi testimoni,come la semente è caduta in terra buona. “No, Padre, io non sonoterra buona, sono una calamità, sono pieno di sassi, di spine, ditutto”. Sì, può darsi che questo sia nella superficie, ma libera unpezzetto, un piccolo pezzo di terra buona, e lascia che cada lì evedrai come germoglierà. Io so che voi volete essere terreno buono,cristiani veramente, non cristiani part-time; non cristiani “inamida-ti”, con la puzza al naso, così da sembrare cristiani e, sotto sotto,non fare nulla; non cristiani di facciata, questi cristiani che sono“puro aspetto”, ma cristiani autentici. So che voi non volete viverenell’illusione di una libertà inconsistente che si lascia trascinaredalle mode e dalle convenienze del momento. So che voi puntate inalto, a scelte definitive che diano senso pieno. È così o mi sbaglio? Ècosi? Bene, se è così facciamo una cosa: tutti in silenzio, guardiamoal cuore e ognuno dica a Gesù che vuole ricevere la semente. Dite aGesù: guarda, Gesù, le pietre che ci sono, guarda le spine, guarda leerbacce, ma guarda questo piccolo pezzo di terra che ti offro perchéentri la semente. In silenzio, lasciamo entrare la semente di Gesù.Ricordatevi di questo momento, ognuno sa il nome della sementeche è entrata. Lasciatela crescere, e Dio ne avrà cura.

2. Secondo: Il campo oltre ad essere un luogo di semina è luogo di allena-mento. Gesù ci chiede di seguirlo per tutta la vita, ci chiede di esseresuoi discepoli, di “giocare nella sua squadra”. La maggior parte divoi ama lo sport. E qui in Brasile, come in altri Paesi, il calcio è pas-sione nazionale. Sì o no? Ebbene, che cosa fa un giocatore quandoè convocato a far parte di una squadra? Deve allenarsi, e allenarsimolto! Così è la nostra vita di discepoli del Signore. San Paolodescrivendo i cristiani ci dice: «Ogni atleta è disciplinato in tutto;essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce; noi invece unache dura per sempre» (1 Cor 9,25). Gesù ci offre qualcosa di supe-riore della Coppa del mondo! Qualcosa di superiore della Coppadel mondo! Gesù ci offre la possibilità di una vita feconda, di unavita felice e ci offre anche un futuro con Lui che non avrà fine, nellavita eterna. È quello che ci offre Gesù. Ma ci chiede che paghiamo

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l’entrata, e l’entrata è che noi ci alleniamo per “essere in forma”, peraffrontare senza paura tutte le situazioni della vita, testimoniandola nostra fede. Attraverso il dialogo con Lui: la preghiera. Padre,adesso ci fa pregare tutti? No? Ti domando… ma rispondete nelvostro cuore, non a voce alta, ma nel silenzio: io prego? Ognunorisponda. Io parlo con Gesù oppure ho paura del silenzio? Lascioche lo Spirito Santo parli nel mio cuore? Io chiedo a Gesù: che cosavuoi che faccia, che cosa vuoi della mia vita? Questo è allenarsi.Domandate a Gesù, parlate con Gesù. E se commettete un errorenella vita, se fate uno scivolone, se fate qualcosa che è male, nonabbiate paura. Gesù, guarda quello che ho fatto! Che cosa devo fareadesso? Però parlate sempre con Gesù, nel bene e nel male, quandofate una cosa buona e quando fate una cosa cattiva. Non abbiatepaura di Lui! Questa è la preghiera. E con questo vi allenate nel dia-logo con Gesù, in questo discepolato missionario! Attraverso isacramenti, che fanno crescere in noi la sua presenza. Attraverso l’a-more fraterno, il saper ascoltare, il comprendere, il perdonare, l’ac-cogliere, l’aiutare gli altri, ogni persona, senza escludere, senzaemarginare. Cari giovani, siate veri “atleti di Cristo”!

3. E terzo: Il campo come cantiere. Qui stiamo vedendo come si è potu-to costruire questo proprio qui: hanno iniziato a muoversi i ragaz-zi, le ragazze, si sono dati da fare e hanno costruito la Chiesa.Quando il nostro cuore è una terra buona che accoglie la Parola diDio, quando “si suda la maglietta” [si sudano sette camicie n.d.r.] cer-cando di vivere da cristiani, noi sperimentiamo qualcosa di grande:non siamo mai soli, siamo parte di una famiglia di fratelli che per-corrono lo stesso cammino: siamo parte della Chiesa. Questi ragaz-zi, queste ragazze non erano soli, ma insieme hanno fatto un cam-mino e hanno costruito la Chiesa, insieme hanno realizzato quelloche ha fatto san Francesco; costruire, riparare la Chiesa. Ti doman-do: volete costruire la Chiesa? [Sì….] Vi animate a farlo? [Sì…] Edomani avrete dimenticato di questo “sì” che avete detto? [No…]Così mi piace! Siamo parte della Chiesa, anzi, diventiamo costrut-tori della Chiesa e protagonisti della storia. Ragazzi e ragazze, perfavore: non mettetevi nella “coda” della storia. Siate protagonisti.Giocate in attacco! Calciate in avanti, costruite un mondo miglio-re, un mondo di fratelli, un mondo di giustizia, di amore, di pace,

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di fraternità, di solidarietà. Giocate in attacco sempre! San Pietro cidice che siamo pietre vive che formano un edificio spirituale (cfr 1Pt 2,5). E guardiamo questo palco, si vede che esso ha forma di unachiesa costruita con pietre vive. Nella Chiesa di Gesù siamo noi lepietre vive, e Gesù ci chiede di costruire la sua Chiesa; ciascuno dinoi è una pietra viva, è un pezzetto della costruzione, e, quandoviene la pioggia, se manca questo pezzetto, si hanno infiltrazioni,ed entra l’acqua nella casa. E non costruire una piccola cappella chepuò contenere solo un gruppetto di persone. Gesù ci chiede che lasua Chiesa vivente sia così grande da poter accogliere l’intera uma-nità, sia la casa per tutti! Dice a me, a te, a ciascuno: «Andate e fatediscepoli tutti i popoli». Questa sera rispondiamogli: Sì, Signore,anch’io voglio essere una pietra viva; insieme vogliamo edificare laChiesa di Gesù! Voglio andare ed essere costruttore della Chiesa diCristo! Vi animate a ripeterlo? Voglio andare ed essere costruttoredella Chiesa di Cristo, vediamo adesso… [i giovani lo ripetono] Poidovete ricordare che l’avete detto insieme.Il tuo cuore, cuore giovane, vuole costruire un mondo migliore.Seguo le notizie del mondo e vedo che tanti giovani in tante partidel mondo sono usciti per le strade per esprimere il desiderio di unaciviltà più giusta e fraterna. I giovani nelle strade. Sono giovani chevogliono essere protagonisti del cambiamento. Per favore, nonlasciate che altri siano protagonisti del cambiamento! Voi sietequelli che hanno il futuro! Voi… Attraverso di voi entra il futuro nelmondo. A voi chiedo anche di essere protagonisti di questo cam-biamento. Continuate a superare l’apatia, offrendo una rispostacristiana alle inquietudini sociali e politiche, che si stanno presen-tando in varie parti del mondo. Vi chiedo di essere costruttori delmondo, di mettervi al lavoro per un mondo migliore. Cari giovani,per favore, non “guardate dal balcone” la vita, mettetevi in essa,Gesù non è rimasto nel balcone, si è immerso, non “guardate dalbalcone” la vita, immergetevi in essa come ha fatto Gesù.Resta però una domanda: da dove cominciamo? A chi chiediamo diiniziare questo? Da dove cominciamo? Una volta hanno chiesto aMadre Teresa di Calcutta che cosa doveva cambiare nella Chiesa, se

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vogliamo cominciare, da quale parte? Da dove - hanno chiesto aMadre Teresa - bisogna iniziare? Da te e da me! rispose lei. Avevagrinta questa donna! Sapeva da dove iniziare. Anche io oggi rubo laparola a Madre Teresa e ti dico: iniziamo? da dove? da te e da me!Ognuno, ancora una volta in silenzio, si chieda: se devo iniziare dame, da dove inizio? Ciascuno apra il suo cuore perché Gesù gli dicada dove iniziare.Cari amici, non dimenticate: siete il campo della fede! Siete gli atle-ti di Cristo! Siete i costruttori di una Chiesa più bella e di unmondo migliore. Alziamo lo sguardo verso la Madonna. Essa aiutaa seguire Gesù, ci dà l’esempio con il suo “sì” a Dio: «Ecco la servadel Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Lodiciamo anche noi, insieme con Maria, a Dio: avvenga per mesecondo la tua parola. Così sia!

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Carissimi giovani!

Siamo venuti oggi qui per accompagnare Gesù lungo il suo cam-mino di dolore e di amore, il cammino della Croce, che è uno deimomenti forti della Giornata mondiale della Gioventù. Al terminedell’Anno santo della Redenzione, il beato Giovanni Paolo II havoluto affidare la Croce a voi, giovani, dicendovi: «Portatela nelmondo come segno dell’amore di Gesù per l’umanità e annunciatea tutti che solo in Cristo morto e risorto c’è salvezza e redenzione»(Parole ai giovani [22 aprile 1984]: Insegnamenti VII,1 [1984], 1105).Da allora la Croce ha percorso tutti i continenti e ha attraversato ipiù svariati mondi dell’esistenza umana, restando quasi impregna-ta dalle situazioni di vita dei tanti giovani che l’hanno vista e l’han-no portata. Cari fratelli, nessuno può toccare la Croce di Gesùsenza lasciarvi qualcosa di se stesso e senza portare qualcosa dellaCroce di Gesù nella propria vita. Tre domande vorrei che risuonas-sero nei vostri cuori questa sera accompagnando il Signore: checosa avete lasciato nella Croce voi, cari giovani del Brasile, in questidue anni in cui ha attraversato il vostro immenso Paese? e che cosaha lasciato la Croce di Gesù in ciascuno di voi? e, infine, che cosainsegna alla nostra vita questa Croce?

1. Un’antica tradizione della Chiesa di Roma racconta che l’aposto-lo Pietro, uscendo dalla città per scappare dalla persecuzione diNerone, vide Gesù che camminava nella direzione opposta e stupi-to gli domandò: “Signore, dove vai?”. La risposta di Gesù fu: “Vadoa Roma per essere crocifisso di nuovo”. In quel momento, Pietro

Discorso alla Via Crucis con i giovaniLungomare di Copacabana, venerdì 26 luglio 2013

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capì che doveva seguire il Signore con coraggio, fino in fondo, macapì soprattutto che non era mai solo nel cammino; con lui c’erasempre quel Gesù che lo aveva amato fino a morire. Ecco, Gesù conla sua Croce percorre le nostre strade e prende su di sé le nostrepaure, i nostri problemi, le nostre sofferenze, anche le più profon-de. Con la Croce Gesù si unisce al silenzio delle vittime della vio-lenza, che ormai non possono più gridare, soprattutto gli innocen-ti e gli indifesi; con la Croce, Gesù si unisce alle famiglie che sonoin difficoltà, e che piangono la tragica perdita dei loro figli, comenel caso dei 242 giovani vittime dell’incendio nella città di SantaMaría all’inizio di quest’anno. Preghiamo per loro. Con la CroceGesù si unisce a tutte le persone che soffrono la fame in un mondoche, dall’altro lato, si permette il lusso di gettare via ogni giornotonnellate di cibo; con la Croce, Gesù è unito a tante madri e a tantipadri che soffrono vedendo i propri figli vittime di paradisi artifi-ciali come la droga; con la Croce, Gesù si unisce a chi è perseguita-to per la religione, per le idee, o semplicemente per il colore dellapelle; nella Croce, Gesù è unito a tanti giovani che hanno perso lafiducia nelle istituzioni politiche perché vedono l’egoismo e la cor-ruzione o che hanno perso la fede nella Chiesa, e persino in Dio, perl’incoerenza di cristiani e di ministri del Vangelo. Quanto fannosoffrire Gesù le nostre incoerenze! Nella Croce di Cristo c’è la sof-ferenza, il peccato dell’uomo, anche il nostro, e Lui accoglie tuttocon le braccia aperte, carica sulle sue spalle le nostre croci e ci dice:Coraggio! Non sei solo a portarle! Io le porto con te e io ho vinto lamorte e sono venuto a darti speranza, a darti vita (cfr Gv 3,16).

2. Adesso possiamo rispondere alla seconda domanda: che cosa halasciato la Croce in coloro che l’hanno vista e in coloro che l’hannotoccata? che cosa lascia la Croce in ciascuno di noi? Vedete: lasciaun bene che nessuno può darci: la certezza dell’amore fedele di Dioper noi. Un amore così grande che entra nel nostro peccato e lo per-dona, entra nella nostra sofferenza e ci dona la forza per portarla,entra anche nella morte per vincerla e salvarci. Nella Croce di Cristoc’è tutto l’amore di Dio, c’è la sua immensa misericordia. E questoè un amore di cui possiamo fidarci, nel quale possiamo credere.Cari giovani, fidiamoci di Gesù, affidiamoci a Lui (cfr Letteraenc. Lumen fidei, 16) perché Lui non delude mai nessuno! Solo in

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Cristo morto e risorto troviamo la salvezza e la redenzione. Con lui,il male, la sofferenza e la morte non hanno l’ultima parola, perchéLui ci dona speranza e vita: ha trasformato la Croce dall’essere unostrumento di odio, di sconfitta e di morte ad essere un segno diamore, di vittoria, di trionfo e di vita.Il primo nome dato al Brasile è stato proprio quello di Terra de SantaCruz. La Croce di Cristo è stata piantata non solo sulla spiaggia piùdi cinque secoli fa, ma anche nella storia, nel cuore e nella vita delpopolo brasiliano e in molti altri popoli. Il Cristo sofferente lo sen-tiamo vicino, uno di noi che condivide il nostro cammino fino infondo. Non c’è croce, piccola o grande che sia, della nostra vita cheil Signore non condivida con noi.

3. Ma la Croce di Cristo invita anche a lasciarci contagiare da questoamore, ci insegna allora a guardare sempre l’altro con misericordia eamore, soprattutto chi soffre, chi ha bisogno di aiuto, chi aspettauna parola, un gesto, la Croce ci invita ad uscire da noi stessi perandare loro incontro e tendere loro la mano. Tanti volti li abbiamovisti nella Via Crucis, tanti volti hanno accompagnato Gesù nel suocammino verso il Calvario: Pilato, il Cireneo, Maria, le donne… Iooggi ti chiedo: tu come chi di loro vuoi essere? Vuoi essere comePilato che non ha il coraggio di andare controcorrente per salvare lavita di Gesù e se ne lava le mani? Dimmi: sei uno di quelli che si lava-no le mani, che fa il finto tonto e guarda dall’altra parte? o sei comeil Cireneo, che aiuta Gesù a portare quel legno pesante, come Mariae le altre donne, che non hanno paura di accompagnare Gesù finoalla fine, con amore, con tenerezza? E tu, come chi di questi vuoiessere? come Pilato, come il Cireneo, come Maria? Gesù ti sta guar-dando adesso e ti dice: mi vuoi aiutare a portare la Croce? Fratelli esorelle: con tutta la forza di giovane, che cosa Gli rispondi?Cari giovani, alla Croce di Cristo portiamo le nostre gioie, le nostresofferenze, i nostri insuccessi; troveremo un Cuore aperto che cicomprende, ci perdona, ci ama e ci chiede di portare questo stessoamore nella nostra vita, di amare ogni nostro fratello e sorella conquesto stesso amore.

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Omelia nella Santa MessaLungomare di Copacabana, domenica, 28 luglio 2013

Cari fratelli e sorelle,cari giovani!

«Andate e fate discepoli tutti i popoli». Con queste parole, Gesù sirivolge a ognuno di voi, dicendo: “È stato bello partecipare allaGiornata mondiale della Gioventù, vivere la fede insieme a giovaniprovenienti dai quattro angoli della terra, ma ora tu devi andare etrasmettere questa esperienza agli altri”. Gesù ti chiama ad esserediscepolo in missione! Oggi, alla luce della Parola di Dio che abbia-mo ascoltato, che cosa ci dice il Signore? Che cosa ci dice ilSignore?Tre parole: Andate, senza paura, per servire.

1. Andate. In questi giorni, qui a Rio, avete potuto fare la bella espe-rienza di incontrare Gesù e di incontrarlo assieme, avete sentito lagioia della fede. Ma l’esperienza di questo incontro non può rima-nere rinchiusa nella vostra vita o nel piccolo gruppo della parroc-chia, del movimento, della vostra comunità. Sarebbe come toglierel’ossigeno a una fiamma che arde. La fede è una fiamma che si fasempre più viva quanto più si condivide, si trasmette, perché tuttipossano conoscere, amare e professare Gesù Cristo che è il Signoredella vita e della storia (cfr Rm 10,9). Attenzione, però! Gesù non ha detto: se volete, se avete tempo,andate, ma ha detto: «Andate e fate discepoli tutti i popoli». Con-dividere l’esperienza della fede, testimoniare la fede, annunciare ilVangelo è il mandato che il Signore affida a tutta la Chiesa, anchea te; è un comando, che, però, non nasce dalla volontà di dominio,dalla volontà di potere, ma dalla forza dell’amore, dal fatto cheGesù per primo è venuto in mezzo a noi e non ci ha dato qualcosadi Sé, ma ci ha dato tutto Se stesso, Egli ha dato la sua vita per sal-varci e mostrarci l’amore e la misericordia di Dio. Gesù non ci trat-ta da schiavi, ma da persone libere, da amici, da fratelli; e non solo

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ci invia, ma ci accompagna, è sempre accanto a noi in questa mis-sione d’amore. Dove ci invia Gesù? Non ci sono confini, non ci sono limiti: ci inviaa tutti. Il Vangelo è per tutti e non per alcuni. Non è solo per quelliche ci sembrano più vicini, più ricettivi, più accoglienti. È per tutti.Non abbiate paura di andare e portare Cristo in ogni ambiente,fino alle periferie esistenziali, anche a chi sembra più lontano, piùindifferente. Il Signore cerca tutti, vuole che tutti sentano il caloredella sua misericordia e del suo amore. In particolare, vorrei che questo mandato di Cristo: “Andate”,risuonasse in voi giovani della Chiesa in America Latina, impegna-ti nella missione continentale promossa dai vescovi. Il Brasile,l’America Latina, il mondo ha bisogno di Cristo! San Paolo dice:«Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16). Questo con-tinente ha ricevuto l’annuncio del Vangelo, che ha segnato il suocammino e ha portato molto frutto. Ora questo annuncio è affida-to anche a voi, perché risuoni con forza rinnovata. La Chiesa habisogno di voi, dell’entusiasmo, della creatività e della gioia che vicaratterizzano. Un grande apostolo del Brasile, il beato José deAnchieta partì in missione quando aveva soltanto diciannove anni.Sapete qual è lo strumento migliore per evangelizzare i giovani? Unaltro giovane. Questa è la strada da percorrere da parte di tutti voi!

2. Senza paura. Qualcuno potrebbe pensare: “Non ho nessuna pre-parazione speciale, come posso andare e annunciare il Vangelo?”.Caro amico, la tua paura non è molto diversa da quella di Geremia,abbiamo appena ascoltato nella lettura, quando è stato chiamatoda Dio a essere profeta. «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so par-lare, perché sono giovane». Dio dice anche a voi quello che ha dettoa Geremia: «Non avere paura [...], perché io sono con te per proteg-gerti» (Ger 1,7.8). Lui è con noi!“Non avere paura!”. Quando andiamo ad annunciare Cristo, è Lui stessoche ci precede e ci guida. Nell’inviare i suoi discepoli in missione, ha pro-messo: «Io sono con voi tutti i giorni» (Mt 28,20). E questo è vero ancheper noi! Gesù non lascia mai solo nessuno! Ci accompagna sempre.

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Gesù poi non ha detto: “Va’”, ma “Andate”: siamo inviati insieme.Cari giovani, sentite la compagnia dell’intera Chiesa e anche lacomunione dei santi in questa missione. Quando affrontiamoinsieme le sfide, allora siamo forti, scopriamo risorse che non sape-vamo di avere. Gesù non ha chiamato gli Apostoli perché vivesseroisolati, li ha chiamati per formare un gruppo, una comunità. Vorreirivolgermi anche a voi, cari sacerdoti che concelebrate con mequest’Eucaristia: siete venuti ad accompagnare i vostri giovani, equesto è bello, condividere questa esperienza di fede! Certamente viha ringiovanito tutti. Il giovane contagia giovinezza. Ma è solo unatappa del cammino. Per favore, continuate ad accompagnarli congenerosità e gioia, aiutateli ad impegnarsi attivamente nella Chiesa;non si sentano mai soli! E qui desidero ringraziare di cuore daigruppi di pastorale giovanile ai movimenti e nuove comunità cheaccompagnano i giovani nella loro esperienza di essere Chiesa, cosìcreativi e così audaci. Andate avanti e non abbiate paura!

3. L’ultima parola: per servire. All’inizio del Salmo che abbiamo pro-clamato ci sono queste parole: «Cantate al Signore un canto nuovo»(Sal 95,1). Qual è questo canto nuovo? Non sono parole, non è unamelodia, ma è il canto della vostra vita, è lasciare che la nostra vitasi identifichi con quella di Gesù, è avere i suoi sentimenti, i suoi pen-sieri, le sue azioni. E la vita di Gesù è una vita per gli altri, la vita diGesù è una vita per gli altri. È una vita di servizio. San Paolo, nella lettura che abbiamo ascoltato poco fa, diceva: «Misono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero» (1 Cor9,19). Per annunciare Gesù, Paolo si è fatto “servo di tutti”.Evangelizzare è testimoniare in prima persona l’amore di Dio, èsuperare i nostri egoismi, è servire chinandoci a lavare i piedi deinostri fratelli come ha fatto Gesù. Tre parole: Andate, senza paura, per servire. Andate, senza paura, per ser-vire. Seguendo queste tre parole sperimenterete che chi evangelizzaè evangelizzato, chi trasmette la gioia della fede, riceve più gioia.Cari giovani, nel ritornare alle vostre case non abbiate paura di esse-re generosi con Cristo, di testimoniare il suo Vangelo. Nella primalettura, quando Dio invia il profeta Geremia, gli dona il potere di«sradicare e demolire, distruggere e abbattere, edificare e piantare»(Ger 1,10). Anche per voi è così. Portare il Vangelo è portare la forza

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di Dio per sradicare e demolire il male e la violenza; per distrugge-re e abbattere le barriere dell’egoismo, dell’intolleranza e dell’odio;per edificare un mondo nuovo. Cari giovani: Gesù Cristo conta sudi voi! La Chiesa conta su di voi! Il Papa conta su di voi! Maria,Madre di Gesù e Madre nostra, vi accompagni sempre con la suatenerezza: «Andate e fate discepoli tutti i popoli». Amen.

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«La donna saggia costruisce la sua casa, quella stolta la demoliscecon le proprie mani» (Pr 14,1).Questa antica massima della Scrittura vale per la casa come per ilcreato, che possiamo custodire e purtroppo anche demolire.Dipende da noi, dalla nostra sapienza scegliere la strada giusta.Dove imparare tutto ciò? La prima scuola di custodia e di sapienzaè la famiglia. Così ha fatto Maria di Nazaret che, con mani d’amo-re, sapeva impastare «tre misure di farina, finché non fu tutta lievi-tata» (Mt 13,33). Così pure Giuseppe, nella sua bottega, insegnava aGesù ad essere realmente «il figlio del falegname» (Mt 13,55). DaMaria e Giuseppe, Gesù imparò a guardare con stupore ai gigli delcampo e agli uccelli del cielo, ad ammirare quel sole che il Padre fasorgere sui buoni e sui cattivi o la pioggia che scende sui giusti esugli ingiusti (cfr Mt 5,45). Perché guardiamo alla famiglia comescuola di custodia del creato? Perché la 47ª Settimana sociale deicattolici italiani, che si svolgerà dal 12 al 15 settembre 2013 a To-rino, avrà come tema: “La famiglia, speranza e futuro per la societàitaliana”. Nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Con-cilio Vaticano II, poi, rileggiamo la costituzione pastorale Gaudiumet spes, che alla famiglia, definita «una scuola di umanità più com-pleta e più ricca», dedica una speciale attenzione: essa «è veramenteil fondamento della società perché in essa le diverse generazioni si

Messaggio per la VIIIGiornata per la custodia del creato

“La famiglia educa alla custodia del creato”(1 settembre 2013)

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANADOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANA

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incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una saggez-za umana più completa ed a comporre convenientemente i dirittidella persona con le altre esigenze nella vita sociale» (n. 52).In questo cammino ci guida il luminoso magistero di PapaFrancesco, che ha esortato più volte, fin dall’inizio del suo pontifi-cato, a «coltivare e custodire il creato: è un’indicazione di Dio datanon solo all’inizio della storia, ma a ciascuno di noi; è parte del suoprogetto; vuol dire far crescere il mondo con responsabilità, tra-sformarlo perché sia un giardino, un luogo abitabile per tutti...Il “coltivare e custodire” non comprende solo il rapporto tra noi el’ambiente, tra l’uomo e il creato, riguarda anche i rapporti umani.I Papi hanno parlato di ecologia umana, strettamente legata all’e-cologia ambientale. Noi stiamo vivendo un momento di crisi; lovediamo nell’ambiente, ma soprattutto lo vediamo nell’uomo...Questa “cultura dello scarto” tende a diventare mentalità comune,che contagia tutti. La vita umana, la persona non sono più sentitecome valore primario da rispettare e tutelare, specie se è povera odisabile, se non serve ancora – come il nascituro –, o non serve più– come l’anziano. Questa cultura dello scarto ci ha resi insensibilianche agli sprechi e agli scarti alimentari, che sono ancora piùdeprecabili quando in ogni parte del mondo, purtroppo, molte per-sone e famiglie soffrono fame e malnutrizione» (Udienza generale,5 giugno 2013).«Come la famiglia può diventare una scuola per la custodia delcreato e la pratica di questo valore?», chiede il documento prepara-torio per la 47ª Settimana sociale. Come vescovi che hanno a cuorela pastorale sociale e l’ecumenismo, indichiamo tre prospettive dasviluppare nelle nostre comunità: la cultura della custodia che siapprende in famiglia si fonda, infatti, sulla gratuità, sulla reciproci-tà, sulla riparazione del male.Gratuità. La famiglia è maestra della gratuità del dono, che perprima riceve da Dio. Il dono è il suo compito e la sua missione nelmondo. È il suo volto e la sua identità. Solo così le relazioni sifanno autentiche e si innesta un legame di libertà con le persone ele cose. È una prospettiva che fa cambiare lo sguardo sulle cose.Tutto diventa intessuto di stupore. Da qui sgorga la gratitudine aDio, che esprimiamo nella preghiera a tavola prima dei pasti, nellagioia della condivisione fraterna, nella cura per la casa, la parsimo-

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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

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nia nell’uso dell’acqua, la lotta contro lo spreco, l’impegno a favoredel territorio. Viviamo in un giardino, affidato alle nostre mani.«L’essere umano è fatto per il dono, che ne esprime e attua ladimensione di trascendenza», ricorda Benedetto XVI nella Caritas inveritate (n. 34), in «una gratuità presente nella sua vita in moltepli-ci forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo pro-duttivistica e utilitaristica dell’esistenza».Reciprocità. La famiglia ha una importanza decisiva nella costruzio-ne di relazioni buone con le persone, perché in essa si impara ilrispetto della diversità. Ogni fratello, infatti, è una persona diversadall’altra. È in famiglia che la diversità, invece che fonte di invidia edi gelosia, può essere vista fin da piccoli come ricchezza. Già nelladifferenza sessuale della coppia sponsale che genera la famiglia c’èlo spazio per costruire la comunione nella reciprocità. La purifica-zione delle competizioni fra il maschile e il femminile fonda la veraecologia umana. Non l’invidia (cfr Gen 4,3-8), allora, ma la recipro-cità, l’unità nella differenza, il riconoscersi l’uno dono per l’altro.«Questa era la nostra gara – attesta san Gregorio Nazianzeno par-lando della sua amicizia con san Basilio Magno – non chi fosse ilprimo, ma chi permettesse all’altro di esserlo». È la logica della reci-procità che costruisce il tessuto di relazioni positive. Non più avver-sari, ma collaboratori. In questa visione nasce quello spirito dicooperazione che si fa tessuto vitale per la custodia del creato, inquella logica preziosa che sa intrecciare sussidiarietà e solidarietà,per la costruzione del bene comune.Riparazione del male. In famiglia si impara anche a riparare il malecompiuto da noi stessi e dagli altri, attraverso il perdono, la con-versione, il dono di sé. Si apprende l’amore per la verità, il rispet-to della legge naturale, la custodia dell’ecologia sociale e umanainsieme a quella ambientale. Si impara a condividere l’impegno a“riparare le ferite” che il nostro egoismo dominatore ha inferto allanatura e alla convivenza fraterna. Da qui, dunque, può venire unserio e tenace impegno a riparare i danni provocati dalle catastrofinaturali e a compiere scelte di pace e di rifiuto della violenza e dellesue logiche. È un impegno da condurre avanti insieme, come comu-

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nità, famiglia di famiglie. Perché i problemi di una famiglia sianocondivisi dalle altre famiglie, attenti a ogni fratello in difficoltà eogni territorio violato. Con la fantasia della carità.Un segno forte di questa cultura, appresa in famiglia, sarà infineoperare affinché venga custodita la sacralità della domenica. Anche“il profumo della domenica”, infatti, si impara in famiglia. È so-prattutto nel giorno del Signore che la famiglia si fa scuola percustodire il creato. Si tratta di una frontiera decisiva, su cui siamoattesi, come famiglie che vivono scelte alternative. La preghie-ra fatta insieme, la lettura in famiglia della Parola di Dio, l’offertadei sacrifici fatti con amore rendano profumate di gratuità e di fra-ternità vera le nostre case.

Roma, 7 giugno 2013, Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù

La Commissione episcopale per i problemisociali e il lavoro, la giustizia e la pace

La Commissione episcopale per l’ecumenismoe il dialogo interreligioso

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«Non abbiate paura!», dice insistentemente il Signore Gesù agliapostoli, dopo averli inviati come pecore in mezzo a lupi. Perché non avere paura, perché non temere? È possibile questo soloattraverso una profonda fiducia, una profonda fede in Colui che dàla vita, che libera dalla paura della morte. Questo dicono i nostriSanti Martiri di Otranto. Non dobbiamo avere paura della morte,anche se il corpo può essere ucciso. Il corpo viene dalla terra e tornaad essa.È vero: il cristianesimo è la religione del corpo, ma del corpo vivifi-cato. La vita che non può essere uccisa è la vita dello Spirito, dell’a-more che sa dare anche la vita, che fa risuscitare anche i corpi.Perché nostro pastore non è la morte, nostro pastore è il Dio dellavita. Se Lui, che chiama le stelle per nome (Sal 147,4) e ha contatotutti i capelli del nostro capo, si prende cura dei dettagli minimi deisuoi figli, come non si prenderà cura della nostra vita?E poi la certezza. Chi riconoscerà Lui davanti al Padre riceverà laricompensa. Questo riconoscimento ha fatto dire ai nostri Santi Martiri: «Noicrediamo in Gesù Cristo, Figlio di Dio, e per Gesù Cristo siamopronti a morire!». L’obbedienza nella fede fino al dono totale di sé non delude. Comeè stata vissuta questa fede? Come è possibile dare la vita? D’in-canto? Per uno slancio di eroismo? Quale illusione!

Omelia per la Festadei Santi Martiri di Otranto

(Cattedrale di Otranto, 14 agosto 2013)

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVODOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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E poi questo potrebbe accadere ad una persona, ma non adottocento. Perché questi nostri martiri sono stati in grado di offrire la vita? Loha detto stupendamente il loro portavoce, il saggio anzianoAntonio Primaldo. Era un uomo semplice Antonio Primaldo; però,forte nella fede, aiuta tutti a sostenersi reciprocamente per vivere ilmomento della prova.Essi già vivevano in un clima di fede. Era la fede che avevano rice-vuto insieme alla vita dai propri genitori, attraverso la testimonian-za degli anziani. Sia Antonio Primaldo che il vescovo Pendinellierano anziani. La conferma di dieci testimoni oculari, giunta fino anoi, come attesta l’Informo Otrantino del 1539, ci assicura che la tra-smissione, la Traditio fidei et martirii è giunta fino a noi.Morire per Cristo non produce pessimismo e disperazione, ma,come fu per i fratelli Maccabei, provoca gioia. «È preferibile morireper mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essereda Lui di nuovo risuscitati» (2Mac 7,14), abbiamo appena ascoltato.L’onda dei martiri, dall’Antico Testamento ai nostri Martiri diOtranto, ai martiri di oggi, è molto lunga. Il culto dei sette fratelliMaccabei si estenderà nell’occidente cristiano, dove si dedicheran-no a quei martiri molte chiese. Non dobbiamo mai dimenticarlo: la fede noi la riceviamo dal Si-gnore, perché virtù teologale; la riceviamo attraverso la comunitàdei credenti, la Chiesa; finalmente attraverso i segni sacramentali.La comunità dei credenti, la Chiesa, siamo tutti noi al di là di ognidistinzione. Tant’è che la testimonianza di fede data in questa cat-tedrale prima dell’invasione dei turchi, vedeva qui il vescovo cheesortava, annunciando la Parola e celebrando l’Eucaristia; e il pre-dicatore, il domenicano che esortava tutti a guardare con fede almomento del dolore e della tragedia. Una Chiesa di popolo che trasmette la fede, come esperienza di vita!Chi è più forte sostiene gli altri e li coinvolge. In questa Cattedrale, come dicono le testimonianze, il vescovoStefano aveva celebrato l’Eucaristia. Quale continuità tra l’Euca-ristia celebrata, che sostiene nella fede, e il martirio!C’è continuità con il racconto che il presbitero Pietro Colonna, ilGalatino, ci ha lasciato. Il riferimento è all’altare, che non è soloqui, ma anche sul Colle della Minerva, sul colle dei Martiri. Perché

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MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO

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l’altare dei Martiri è Cristo, l’altare è Lui, Agnello immolato, ilsacerdote, la vittima. Non c’è soluzione di continuità tra la fede, lacelebrazione del Battesimo, la celebrazione del mistero eucaristico eil martirio. Mai si dovrebbe tralasciare il rito della deposizione delle reli-quie dei martiri in un altare che viene consacrato. Ho chiesto a mons.Negro le reliquie dei nostri Martiri di Otranto per la consacrazionedi nuove chiese nella diocesi che il Signore mi ha affidato. Segno dicomunione nell’unica chiesa di Cristo Martire. Il martirio degli Ottocento è annuncio di risurrezione. Questa è lavera vita che raccoglie i corpi conservati miracolosamente per tredi-ci mesi, in attesa di essere poi venerati nel Cappellone di questaCattedrale.«Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io loriconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli» (Mt 10, 32). «Lacanonizzazione, grande festa spirituale, ci sollecita a rinnovare lepromesse battesimali e a professare la fede» (i Vescovi di Puglia nelMessaggio alle Chiese di Puglia per la canonizzazione dei Martiri d’Otranto,12 maggio 2013). Riconosciamo Gesù per riconoscenza d’amore.Lui, che per primo ci ha amati, il Padre «ha consegnato per tuttinoi», come ci ha detto l’Apostolo.A distanza di tanti secoli, ci ritroviamo a vivere la celebrazione delmartirio in un clima di nuova fraternità, anche con i nostri fratellimusulmani. Sono stati strumento di morte e noi vogliamo che diven-tino fratelli di fronte a Dio. Ecco perché dobbiamo pregare anche perloro, anche per Akmet Pasha, in ossequio a quanto il Beato Gio-vanni Paolo II ha mirabilmente richiamato nella sua visita qui, adOtranto, nel 1980.Ci accompagni l’immagine dolcissima di Santa Maria di Otranto,Nostra Signora dei Martiri. Condotta dal turco a Valona, attraver-so la schiava otrantina, ritorna qui, da noi venerata. Una sorta dinuovo incontro, una sorta di profezia, che deve commuovere e ralle-grare il nostro cuore.

+ Francesco CacucciArcivescovo Metropolita di Bari-Bitonto

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Carissimi,«la Gloria di Dio risplende nei Santi». Il loro passaggio sulla terra èun dono di Dio con il quale Egli edifica la sua Chiesa e l’arricchiscecon i doni e carismi di cui il Santo è portatore.In preparazione al bicentenario della nascita di don Bosco (16 ago-sto 2015), il Rettor Maggiore dei Salesiani ha ideato una peregrina-zione mondiale dell’urna contenente la reliquia del Santo.Reduce da 130 paesi dei cinque continenti nei quali operano iSalesiani, l’urna sarà presente a Bari presso la parrocchia salesiana delSS.mo Redentore, domenica 22 settembre 2013 dalle ore 7.00 al mattino delgiorno seguente.

“La Gloria di Dio risplende nei Santi”Lettera di S.E. Mons. Francesco Cacucci,

Arcivescovo di Bari-Bitontoai parroci e a tutte le comunità parrocchiali per l’arrivo a Bari

dell’urna contenente la reliquia di S. Giovanni Bosco(22 settembre 2013)

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVODOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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Don Bosco, padre e maestro dei giovani, secondo le espressioni checi ha regalato Giovanni Paolo II, ha dato loro anche la capacità didare la vita per i più poveri. Con il suo insegnamento continua aoffrire un senso alla vita di tanti giovani, a riaccendere in essi l’a-more per ciò che è autentico, che nasce dal cuore.Don Bosco, dunque, viene a noi per incontrarci e per chiamare altria lavorare nel campo in cui ha lavorato lui. Il suo passaggio sia veraesperienza di Chiesa. Con tale fiducia accogliamo l’urna del SantoEducatore.Il Signore ha benedetto la nostra diocesi e la nostra città con la pre-senza dei Salesiani, i “figli” di don Bosco, da oltre cento anni. Comenon ringraziare il Signore per il servizio dell’Oratorio, esperienzache continua a contagiare tante comunità parrocchiali?La devozione verso don Bosco è sentita e vissuta non solo dalla Fa-miglia Salesiana, ma anche da genitori, educatori, animatori pasto-rali. Invito tutti a sostare davanti alla sua urna in meditazione, perrecepire il suo messaggio che ci aiuti a condividere la sua passioneper i giovani.

+ Francesco CacucciArcivescovo

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1. Sacre ordinazioni, ammissioni, ministeri istituiti

- La sera di sabato 6 luglio 2013, nella chiesa parrocchiale di S.Maria della Pace in Noicattaro, S.Ecc. mons. Francesco Cacucci,Arcivescovo di Bari-Bitonto, durante una concelebrazione eucari-stica da lui presieduta, ha ordinato presbitero il diacono GerryZaccaro, del clero diocesano.- La sera di mercoledì 28 agosto 2013, memoria di S. Agostino, nellachiesa parrocchiale di S. Maria Assunta in Cassano delle Murge,S.Ecc. mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, du-rante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta, ha ordi-nato presbitero il diacono Nicola Simonetti, del clero diocesano.

2. Nomine e decreti singolari

A) S. Ecc. l’Arcivescovo ha nominato, in data:- 7 luglio 2013 (Prot. n. 32/13/D.A.S.-N.), don Gerry Zaccaro all’uf-ficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Pasquale in Bari;- 29 agosto 2013 (Prot. n. 36/13/D.A.S.-N.), don Nicola Simonettiall’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Agostino inModugno.

Cancelleria

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DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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B) S. Ecc. l’Arcivescovo ha istituito, in data:- 27 luglio 2013 (Prot. n. 33/13/D.A.S.-I), padre Annibale Fanelli,degli Oblati di S. Giuseppe, all’ufficio di cappellano dell’Ospedale“Di Venere” in Bari-Carbonara.

C) S. Ecc. l’Arcivescovo, in data- 1 agosto 2013 (Prot. n. 34/13/D.A.S.), ha riconosciuto il diritto diusufruire dei benefici previsti per la condizione di anzianità a donGiovanni Castoro.

D) S. Ecc. l’Arcivescovo, in data- 1 luglio 2013 (Prot. n. 30/13/D.A.G.), ha nominato il nuovo con-siglio di amministrazione dell’Istituto diocesano per il sostenta-mento del clero della arcidiocesi di Bari-Bitonto, per la durata dicinque anni, così composto: presidente sac. Michele Sardone; vicepresidente sac. Marino Decaro; consiglieri: sac. Giuseppe Bozzi,sac. Sigismondo Mangialardi, ing. Vito Bellomo, dott. MicheleBelviso, avv. Giuseppe Gisonda, dott. Rocco Luisi e ing. ArcangeloMastroviti; ed il collegio dei revisori dei conti, per la durata di cin-que anni, così composto: presidente dott. Rocco Saltino; consi-glieri: dott. Giuseppe Trotta e mons. Vito Nicola Manchisi.

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Com’è consuetudine, ormai, agli inizi di giugno, si è concluso l’an-no di corso di preparazione al diaconato permanente.Il corso, quest’anno, è stato frequentato solo da coloro che a suotempo hanno chiesto di intraprendere il cammino per detto mini-stero. Ha comportato: la frequenza ad una lezione settimanale(dalle 18,00 alle 20,30) presso l’Oasi di S. Martino per le disciplinespecifiche del diaconato, come di seguito riportate; la frequenzaall’Istituto Superiore di Scienze Religiose per le discipline, sempreattinenti al diaconato permanente, quali: Introduzione alla SacraScrittura, Antico e Nuovo Testamento, Teologia trinitaria-morale-fondamentale-sociale-sacramentale, Storia della Chiesa, Cristolo-gia, Patrologia, Introduzione al Diritto canonico, Ecclesiologia,Antropologia teologica e Liturgia; alcune giornate di studio e pre-ghiera fuori sede (periodi di tre giorni di seguito e per due voltel’anno); un anno di esperienze pastorali, per i frequentanti il quin-to anno di preparazione al diaconato. Per questi ultimi, CarmeloCassano (parrocchia S. Gabriele dell’Addolorata in Bari) e Tom-maso Cozzi (parrocchia del Preziosissimo Sangue in S. Rocco inBari), i luoghi di “tirocinio” e “studio” sono stati: – Parrocchia S. Marcello in Bari per Tommaso Cozzi e parrocchia

Santi Apostoli in Modugno per Carmelo Cassano;

Ufficio per il diaconato permanente e i ministeri istituiti

Relazione sulle attività dell’anno 2012-2013

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DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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– Oasi S. Martino per studio e approfondimento dei documentidel Magistero, guidati dal prof. G. Micunco;– Ospedale Di Venere per la pastorale della salute, guidata da p.

Francesco Rossi.

I candidati frequentanti sono stati tredici (13), compreso due (5)extradiocesani:– due di primo anno (uno extradiocesano); – tre di secondo anno;– tre di terzo anno;– tre di quarto anno (uno extradiocesano);– due di quinto anno.

Oltre al Vicario episcopale per il diaconato permanente e i ministe-ri istituiti, mons. Vito Bitetto, che ha guidato il corso” Religioninon cristiane”, per complessive otto (8) ore di lezione, e “Realtà ulti-me” per complessive 6 (sei) ore, con esami finali, diversi sono stati idocenti che si sono avvicendati nell’insegnamento delle varie disci-pline e nella formazione–preparazione dei candidati:– prof. Beppe Micunco ha guidato un corso di dieci (10) ore, con

esame finale su Teologia del sacramento dell’ordine con esamefinale;– diac. Bruno Ressa ha guidato un corso di dieci (10) ore, con

esame finale, su Teologia e liturgia del sacramento del matrimonioe, sempre di dieci ore (10), su Teologia e liturgia del Battesimo, conesami finali;– diac. Luigi Inversi ha guidato un corso di cinque (5) ore su Rito

di ordinazione diaconale, con esame finale;– diac. Bruno Ressa ha guidato un corso di Esercitazioni prati-

che, per undici (11) ore complessive.

Hanno completato l’iter formativo le seguenti altre attività:– un incontro di un pomeriggio con S.Ecc. l’Arcivescovo mons.

Francesco Cacucci;– un incontro di un pomeriggio con l’economo diocesano,

mons. Vito Nicola Manchisi e don Gaetano Coviello, direttoredell’Ufficio amministrativo dell’arcidiocesi;– un incontro di un pomeriggio con i diaconi;

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– un incontro di un pomeriggio delle mogli dei candidati diaconi;– un incontro di un pomeriggio con le mogli dei candidati e

alcune mogli di diaconi;– un incontro di un pomeriggio con i seminaristi di teologia,

presso il Seminario Regionale di Molfetta;– un incontro di un pomeriggio con il delegato regionale per

l’Ecumenismo;– la partecipazione alla Messa Crismale;– la festa di fraternità alla fine dell’anno formativo ha concluso

il cammino annuale nella gioia.Inoltre, durante i giorni di condivisione-studio presso l’Oasi S.Maria in Cassano delle Murge, in novembre, e il Santuario dellaMadonna di Picciano in Matera, a giugno, si è avuto modo di riflet-tere, in un clima di fraternità e preghiera più intensa, sull’ VIII capi-tolo della Lumen gentium – vocazione alla santità (novembre 2012),nonché su celibato consacrato e castità nel matrimonio – Familiarisconsortio (giugno 2013). Un ritiro spirituale nei giorni di condivisione-studio, tenuto damons. Nicola Bonerba sull’Annunciazione, ha contribuito non pocoal discernimento della propria vocazione e alla consapevolezza dellanecessità-importanza della preghiera personale e comunitaria.Nell’ambito delle attività annuali, nel tempo di Avvento e di Qua-resima, a vantaggio dei ministeri istituiti, si sono realizzati dueincontri diocesani per i lettori e due per gli accoliti. In questi incon-tri, dopo un momento di intensa preghiera comunitaria, si è passa-ti ad una utile conversazione, tenuta da mons. Angelo Latrofa sullaLettera apostolica in forma di motu proprio di Benedetto XVI Portafidei in occasione della indizione dell’Anno della fede.

Infine, grati a Dio, avendo terminato il piano di studio e il periodoformativo, il 22 dicembre 2013 saranno ordinati in Cattedrale, perimposizione delle mani di S.E. Rev.ma mons. Francesco Cacucci,due (2) diaconi permanenti: Carmelo Cassano della parrocchia S.Gabriele dell’Addolorata, in Bari, e Tommaso Cozzi della parroc-chia Preziosissimo Sangue in S. Rocco, in Bari.

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Con quest’ ultima ordinazione, il numero complessivo dei diaconipermanenti nella nostra diocesi è di settantasei (76 ), oltre OrlandoMatani, Raffaele Chirico, Oronzo De Santis, Lucio Vitolli, Luigi DelVecchio, Franco Camaggio e Guglielmo Marengo che il Signore hachiamato a sé perché vivano con Lui nella gioia eterna.Nel formulare a tutti gli auguri di buon lavoro, accompagnati dallagrazia di Dio, chiediamo per loro e per gli altri già ordinati la pre-ghiera delle comunità in mezzo alle quali eserciteranno o già eser-citano il loro ministero, perché sia reso alla Chiesa un autentico ser-vizio e a Dio un canto di lode e di ringraziamento.È infatti necessario che tutti noi richiamiamo alla nostra mente lagrande verità espressa in maniera sintetica ma luminosa nellaLumen gentium: «questi carismi, straordinari o anche semplici e piùlargamente diffusi, sono appropriati alle necessità della Chiesa eperciò si devono accogliere con gratitudine e gioia» (n. 12).Tutto è dono di Dio, a lode Sua sia l’esercizio del loro servizio ai fratelli.I pastori d’anime con l’aiuto dello Spirito Santo siano solleciti adindividuare tra i fedeli chi ha particolare attitudine al servizio. Lavolontà di Dio e le preghiere faranno il resto. Chi è chiamato, daparte sua, sappia che «servire Cristo vuol dire regnare».

Mons. Vito Bitettovicario episcopale

Diac. Bruno Ressacollaboratore dell’Ufficio

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DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

Settore Evangelizzazione. Ufficio catechistico

L’iniziazione cristianacon i ragazzi diversamente abili

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Il Settore catechesi-disabili (interno all’Ufficio catechistico dell’ar-cidiocesi di Bari-Bitonto) ha mosso i primi passi nell’anno pastora-le 2011-2012, dotandosi di un’equipe (di cui fanno parte alcuniesperti e alcuni referenti di associazioni legate all’ambito della di-sabilità) e costruendo un progetto, finalizzato a:– sollecitare le comunità parrocchiali a individuare alcune persone sen-sibili alle problematiche del Settore e disposte a ‘formarsi’ permeglio poter operare in questo ambito (in relazione in particolarealla ‘catechesi’, ma nella consapevolezza che la catechesi non puòessere scissa dalla ‘liturgia’ e dalla ‘vita’); – proporre un programma ‘operativo’;– curare la formazione delle persone che a livello parrocchiale dovran-no poi occuparsi di rendere realmente operativo il programma ecoordinare gli interventi della comunità rispetto a quest’area dibisogno.È necessario specificare che, quando parliamo di “catechesi-disabi-li”, intendiamo quel percorso formativo che ha come destinatari iportatori di handicap che necessitano di una catechesi ‘speciale’.Quindi: handicap mentale e sensoriale (persone cieche o ipoveden-ti e sorde).Sebbene lo spettro d’azione dell’Ufficio catechistico sia per tutte le

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fasce d’età, il bisogno primario che è emerso in diocesi è legato alla“catechesi per l’iniziazione cristiana”, e dunque per lo più alla for-mazione dei bambini e ragazzi disabili. Infatti da un’analisi dellasituazione si è reso evidente che solo in poche parrocchie esistonofigure preparate (e/o con esperienza) che seguono i bambini e iragazzi disabili nella formazione. Alcuni genitori più sensibili siinformano… e, invece di far seguire i ragazzi nella propria parroc-chia d’origine, li spostano nelle parrocchie dove ci sono catechistiche ritengono più esperti o più attenti. In molti casi l’inserimentodei ragazzi disabili è fatto in maniera irriflessa. Seguono il percor-so con gli altri senza attenzioni specifiche, arrivano (se arrivano!) alsacramento senza cura, e poi lasciano il gruppo di catechesi.Sappiamo, invece, che cosa dovrebbero fare le comunità. (1)Ricercare… i bambini/ragazzi disabili presenti nel territorio parroc-chiale; (2) Integrarli… per farli diventare ‘pietre vive’ della dinamicaparrocchiale (catechesi-liturgia-vita)1; (3) Curare la catechesi… perinserire i ragazzi nel gruppo di catechesi specifico per la loro fasciad’età e far vivere loro il percorso di formazione/iniziazione cristia-na; (4) Promuoverli e valorizzarli… perché anche i disabili sono man-dati come ‘operai’ nella vigna2, come soggetti di evangelizzazione enon solo oggetti di azione pastorale3.Da qui la necessità di persone esperte e formate che possano coor-dinare questo lavoro in parrocchia… L’obiettivo finale del Settore catechesi-disabili (un obiettivo a larghis-sima scadenza) è la costituzione di un’equipe parrocchiale che possaaccompagnare nella catechesi (ma anche nella liturgia e nella vita)le persone disabili. Per arrivare a questo, un obiettivo a medio terminepotrebbe essere quello di individuare e formare un gruppo di persone

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1 Il 31 marzo del 1984, in occasione del Giubileo delle comunità con persone portatrici dihandicap, Città del Vaticano (Roma), Giovanni Paolo II, nella sua omelia, già diceva:«…studiare, continuare ad applicare, e, se del caso, rivedere metodi adeguati di catechesiper le persone disabili, e seguire la partecipazione e l’inserimento di questi nelle attivitàculturali e nelle manifestazioni religiose, così da rendere tali soggetti – che hanno precisotitolo ad una appropriata formazione spirituale e morale – membri di pieno diritto dellesingole comunità cristiane» (EV/7, 1169). 2 Cfr Christifideles laici, nn. 53-54.3 Cfr UCN, L’iniziazione cristiana alle persone disabili. Orientamenti e proposte, EDB, Bologna2004.

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per ogni vicariato. Da questo progetto/sogno è nata l’esperienza delloscorso anno pastorale 2012-2013: una serie di incontri mensili, all’in-terno dei quali 1) mettere in rete le esperienze già esistenti nella nostra diocesi, alcunepiù conosciute, altre più nascoste (le più evidenti sono quelle delleassociazioni e dei movimenti, di cui si conoscono i referenti dioce-sani; le più nascoste sono le esperienze che fanno singolarmentealcune parrocchie o alcuni catechisti); 2) iniziare a formarci. “Educhiamoci per educare: l’iniziazione cristianacon i ragazzi diversamente abili” è stato il titolo dei ciclo di incontri,tenuto per lo più dai referenti delle associazioni e movimenti di eper disabili presenti in diocesi (Centro Volontari della Sofferenza,Fede e luce, Movimento apostolico ciechi, Movimento apostolicosordi), ma anche da esperti di autismo (Guido D’Angelo e AdrianaTrimigliozzi), sacerdoti (don Vito Palmisano, don Jean Paul Lieggi)e dalla referente regionale del Settore, nonché operatrice dell’asso-ciazione La nostra famiglia di Ostuni (dott. Annamaria Viganò). Ildesiderio era quello di dare una prima immediata risposta ad alcu-ni interrogativi e bisogni urgenti di catechisti che ‘già’ avevanobambini disabili nei loro gruppi e non sapevano come gestire lesituazioni, usando uno stile il più possibile semplice, narrativo/e-sperienziale. Il tentativo è stato quello di individuare, per ogni tipodi disabilità (mentale, sensoriale, uditiva, visiva, ecc.)

a) le possibilità e i limiti di un bambino portatore di unhandicap;

b) gli strumenti che abbiamo a disposizione che possonoessere già da ora utilizzati dai catechisti (testi, sussidi,audio-visivi, materiale in internet, ecc.);

c) le esperienze positive che possono essere esportate comebuone prassi e replicate.

Gli incontri, tenuti presso la Casa del Clero, da novembre a maggio(un lunedì al mese: ore 18.30-20.30), sono stati attivi e partecipati.Alcuni hanno sfiorato le cento presenze; la media è stata di 30/40persone. La cosa più bella è stata vedere realmente presenti (comeauspicavamo nel volantino distribuito tra i catechisti all’inizio del-

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l’anno pastorale) non solo operatori pastorali della catechesi, mafigure che potrebbero diventare nuove forze in questo settore: edu-catori professionali, persone che lavorano in cooperative per di-sabili, insegnanti (in particolare insegnanti di sostegno), psicologi,studenti di medicina, e soprattutto diversi genitori con ragazzi di-sabili (dono di esperienza per tutti).Si sono intrecciate conoscenze e relazioni. Un seminato… tuttoancora da coltivare. È quello che speriamo di fare in questo annopastorale (2013-2014), riproponendo il percorso mensile di forma-zione, ma con un carattere più laboratoriale. Alla breve introduzio-ne di un esperto, seguiranno lavori di gruppo, per mettere a fuocole reali necessità e provare operativamente a costruire percorsi dicatechesi ‘singolari’ e ‘speciali’.Vale la pena ricordare che, come richiesto dall’Ufficio nazionaledella catechesi-disabili il percorso dello scorso anno si è conclusocon una Messa celebrata dall’Arcivescovo, e animata da una rappre-sentanza di persone disabili della diocesi (con lettura dal braille,traduzione nella lingua dei segni, Vangelo mimato, danze liturgi-che, canti gestualizzati, ecc.). Una bella festa per tutti, che speriamodi ripetere al termine di questo anno pastorale.

Annalisa Caputo referente diocesana del Settore catechesi-disabili

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Uffici: Catechistico, Comunicazioni sociali, Liturgico.Scuola diocesana di Teatro.

Fondazione “Frammenti di Luce”.Pie Discepole del Divin Maestro

Il percorso dei “Laboratori della fede”

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L’indizione dell’Anno della fede dello scorso 11 ottobre 2012 per il50° anniversario dell’apertura del Concilio ecumenico Vaticano II,è diventato il punto di partenza anche per la nostra diocesi per rea-lizzare l’iniziativa dei “Laboratori della fede”, un percorso per«richiamare la bellezza e la centralità della fede» (Benedetto XVI) euna risposta all’invito della Chiesa di prendere sul serio il compito dellanuova evangelizzazione, «nuova nel suo ardore, nei suoi metodi,nella sua espressione» (Giovanni Paolo II ai vescovi dell’AmericaLatina, 9 marzo 1983).I Laboratori sono stati un’esperienza, un tentativo di declinare insie-me catechesi e comunicazione. «All’inizio del nuovo millennio la Chie-sa si interroga sulle forme dell’evangelizzazione. Gli strumenti dellacomunicazione offrono ai catechisti nuove risorse e nuovi percorsiper l’educazione alla fede» (Direttorio CS della CEI, n. 56).In occasione del Giubileo del 2000, in un incontro con i giovani, ilPapa Giovanni Paolo II parlò per la prima volta di un «laboratoriodella fede» come dinamica appropriata attraverso cui far crescere ilcredente verso la statura adulta di Cristo.L’espressione ha fatto il giro del mondo, con una risonanza almenosimile a quella di «sentinelle del primo mattino», attraverso cui il

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Papa ha consegnato ai giovani la responsabilità di vegliare sullo svi-luppo del nuovo millennio.Perché i «laboratori della fede»?Chi è impegnato con compiti di evangelizzazione e di catechesi, disolito concentra la sua attenzione sulle cose che deve comunicare,sulla loro correttezza e sulla loro sistematicità. È consapevole chel’oggetto della sua proposta è una bella notizia, importante per lavita e la speranza delle persone, e si preoccupa di scegliere i tempi ei luoghi più adatti. Questa preoccupazione si traduce nella fatica dicostruire un clima che faciliti la comunicazione, ne assicuri l’ascol-to e ne sostenga l’interiorizzazione. Un problema serio, che torna con insistenza, è quello della possibi-lità di verificare se il processo comunicativo ha funzionato bene. Ingenere, l’unità di valutazione è quella tipica di ogni comunicazionedi contenuti: viene misurato il livello di comprensione e condivi-sione delle cose che sono state proposte. Se chi ha ascoltato la pro-posta sa ripetere bene quello che è stato detto, è segno che l’obietti-vo è stato raggiunto. Se invece il tentativo di ripetere ciò che è statodetto fa intravedere delle lacune concettuali o esperienziali, vienechiamata in causa la correttezza del processo o, cosa più facile, lecattive disposizioni dell’interlocutore.Proprio da questo punto di vista nascono oggi lamentele a causadel livello veramente scarso di conoscenza dei contenuti della fede.Qualcuno dice: «Non sanno più neppure i dieci comandamenti…Come possiamo immaginare un buon livello di vita cristiana in unasituazione di ignoranza tanto diffusa?».Il «laboratorio» spinge verso prospettive operative differenti.Il termine ‘laboratorio’ evoca, infatti, un ambiente provvisto distrumenti e materiali idonei, e una situazione che richiede alle per-sone una partecipazione diretta per sperimentare e produrre risul-tati. Il laboratorio è un metodo attivo di apprendimento che chia-ma in causa l’alunno perché personalmente o in gruppo sperimen-ti e lavori sul proprio apprendimento in un ambiente idoneo, aven-do a disposizione un supporto preparato dall’insegnante.Lo scopo dei Laboratori della fede è stato quello di formare i cristianidi oggi, preparare i catechisti e gli operatori pastorali a “dire la fede”con nuovi linguaggi.Il Laboratorio non è un insieme disordinato di esperienze senza

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obiettivi, contenuti e metodi; senza che si arrivi a risultati significa-tivi e verificabili. Il Laboratorio è al servizio della maturazione dellafede. Per raggiungere i suoi obiettivi usa i linguaggi attuali e le dina-miche della comunicazione, crea nuovi metodi e segue un percorsoeducativo.La durata di questo progetto dovrebbe essere di almeno tre anni, masi pensa di approdare verso una forma di Laboratorio permanente.In questo primo anno gli ambiti dei Laboratori sono stati: arte emusica, narrazione, drammatizzazione, multimedialità, liturgia eiconografia.I “luoghi” dove si sono realizzati i Laboratori sono stati i locali dellaCuria e del Seminario diocesano.L’esperienza, annunciata nel contesto dell’Assemblea diocesana, èpartita nel mese di novembre. Tre sono stati gli incontri distribuitinell’anno pastorale e si sono svolti di sabato dalle 15.30 alle 20.00.Il 25 maggio abbiamo concluso questa prima esperienza con unevento finale realizzato in Cattedrale. In quel contesto sono staticonsegnati agli iscritti gli attestati di partecipazione.Il riscontro è stato superiore alle aspettative: infatti in questo primoanno le iscrizioni sono state superiori alle 350.Ogni iscritto era chiamato a scegliere 2 dei 6 laboratori in programma.L’esperienza è stata attivata anche per il nuovo anno pastorale2013-2014 con l’inserimento di un nuovo Laboratorio, quello diambito vocazionale.Da sottolineare l’importanza di questa iniziativa anche a livello dicollaborazione e comunione tra i diversi Uffici di Curia ed altrerealtà diocesane: sono stati coinvolti infatti gli Uffici Catechistico,Comunicazioni Sociali, Liturgico, la Scuola Diocesana di Teatro, laFondazione “Frammenti di Luce” e le Pie Discepole del DivinMaestro.

don Carlo CinquepalmiDirettore dell’Ufficio Comunicazioni sociali

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Il giorno 15 febbraio 2013, alle ore 9.30, presso il salone della Casadel clero in Bari, si è riunito il Consiglio Presbiterale diocesano,convocato e presieduto dall’arcivescovo mons. Francesco Cacucci.Sono presenti: il vicario generale mons. Domenico Ciavarella e ivicari episcopali: don Ubaldo Aruanno, mons. Vito Bitetto, mons.Francesco Colucci, mons. Domenico Falco, mons. Angelo Latrofa.Sono assenti: mons. Alberto d’Urso, mons. Domenico Falco, p.Luigi Gaetani, O.C.D., don Gaetano Coviello, p. Pietro Gallone,O.F.M. Cap., don Gianni de Robertis, don Antonio Eboli, donFrancesco Savino, don Vito Marziliano, don Nicola Cotrone, donVito Piccinonna.

All’ordine del giorno:1. Confronto sui programmi formativi per i sacerdoti, prima e

dopo l’ordinazione. Intervengono mons. Luigi Mansi (direttore spi-rituale presso il Pontificio Seminario Regionale Pio XI di Molfetta),mons. Domenico Ciavarella, mons. Angelo Romita.2. Varie ed eventuali.

Dopo la preghiera dell’ora media, viene data lettura del verbaledella riunione precedente (30 novembre 2012). Il Consiglio appro-va il verbale all’unanimità.

Consiglio Presbiterale diocesano

Verbale della riunione del 15 febbraio 2013

CONSIGLI DIOCESANI

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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L’Arcivescovo comunica lo stato di salute di alcuni presbiteri e invi-ta a visitarli e a sostenerli con la preghiera. Ricorda la testimonian-za di fede e sacerdotale di p. Leonardo Di Pinto, O.F.M. e di donIgnazio Fraccalvieri.Comunica, inoltre, che il nuovo vicario episcopale per la vita reli-giosa è p. Luigi Gaetani, O.C.D.L’Arcivescovo saluta e dà il benvenuto a mons. Luigi Mansi, padrespirituale nel Seminario Regionale di Molfetta.

1. Si passa dunque al primo punto all’o.d.g.Mons. Mansi saluta e ringrazia per l’invito e l’accoglienza.Comunica che il suo intervento si riferirà in modo particolare aidocumenti che sono il criterio dell’azione formativa in seminario:

– Presbyterorum Ordinis. Mons. Mansi sottolinea una coinciden-za: la PO fu approvata il penultimo giorno del Concilio, lo stes-so in cui fu approvata la GS (7dicembre 1965). Sono arrivati altraguardo finale insieme: la figura del presbitero e la Chiesaaperta al mondo.– Pastores dabo vobis: scritta dopo il sinodo del ‘90. È il punto diriferimento più corposo per l’opera formativa in seminario.– La formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana (2006).

Ci si riferisce soprattutto all’ultimo documento:Prima parte: tratteggia l’immagine del presbitero. Di quale prete habisogno la Chiesa in Italia? N. 9: centralità della carità pastorale. Unprete che sia immagine di Cristo Buon Pastore (cit. n. 9 � prevalen-za della dimensione pastorale, all’interno della quale è compresaquella cultuale e sacrale).Elementi tipici del presbitero in Italia: 1) passione per CristoPastore; 2) dedizione alla Chiesa, a partire dal suo volto concreto ediocesano («rapporti oblativi … fraterni … paterni cordiali … filia-li»); 3) dimensione missionaria (nelle tre dimensioni, munera) finoalla missione ad gentes. 4) radicalità evangelica.Come la Chiesa intende sviluppare questi contenuti:1) la fase propedeutica: il documento parla di un «tempo propedeuti-

co», che non duri meno di un anno (essere attenti al rischio dellafretta). Non si ammette al seminario maggiore chi, non provenen-do dal minore, non abbia compiuto almeno un anno di esperienzapropedeutica. Nella comunità propedeutica inizia un cammino di

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CONSIGLI DIOCESANI

discernimento vocazionale. La comunità del propedeutico è colle-gata, ma distinta dal seminario: i ragazzi che ne fanno parte nonsono seminaristi e non devono essere considerati tali. C’è unresponsabile e un padre spirituale.Concluso l’anno propedeutico, il responsabile stila un giudizio sulragazzo per la sua eventuale ammissione al seminario.Quali sono i criteri per l’ammissione? «Esperienza viva di fede …chiara percezione della chiamata … una positiva esperienza eccle-siale … personalità sufficientemente sana e ben strutturata» (n. 51).2) seminario maggiore: articolazione in 3 bienni (novità):*1°-2° anno (biennio di discernimento, approfondimento della vita

di fede battesimale e orientamento vocazionale; c’è spesso bisognodi destrutturare per poi costruire secondo Cristo); il punto di arri-vo di questo biennio è la richiesta dell’ammissione agli ordini sacri(quali segni per l’ammissione? Chiarezza nella identità e maturitàaffettivo-sessuale);

*3°-4° anno (biennio dei ministeri): il 3° anno è l’anno della Parolae porta a ricevere il ministero del lettorato; il 4° anno è l’anno delministero eucaristico e si conclude con l’accesso al ministero del-l’accolitato;

*5°-6° anno (biennio orientato ai ministeri ordinati): 5° anno (orien-tato al diaconato); 6° anno (ingresso graduale nella vita pastoraledella diocesi insieme a periodi trascorsi in seminario con corsi edesperienze orientati alla vita pastorale).Della Pastores dabo vobis mons. Mansi ricorda soprattutto il riferi-mento alle quattro dimensioni della formazione: spirituale, umana,teologica, pastorale.

Mons. Ciavarella sottolinea la componente umana e relazionaledell’esperienza del biennio e del decennio: i sacerdoti che vivonoquesta esperienza hanno il gusto di incontrarsi per condividerequesto tempo.Il decennio ha 24 componenti e la quasi totalità vive questa dimen-sione comunionale. Negli ultimi tre anni i temi approfonditi sonostati: la direzione spirituale; l’identità del presbitero a partire dal rito

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di ordinazione; la dimensione relazionale nella vita del presbitero.Tra gli obiettivi del biennio c’è anche la conoscenza di sacerdotidella diocesi, delle esperienze associative e caritative, come anche laconoscenza dei carismi religiosi presenti in diocesi.

Mons. Angelo Romita ricorda innanzitutto la portata e il significa-to ecclesiale della scelta di papa Benedetto XVI.Condivide la propria esperienza di formazione permanente e lecoordinate del suo percorso:– Convincersi che la formazione presbiterale non è opera mia:

chi forma è unicamente Cristo (attraverso la sua Parola collegataagli avvenimenti quotidiani della vita). Esprime una critica all’e-spressione “il presbitero rappresenta Cristo”, perché suppone unadelega; il presbitero invece ri-presentaCristo, il suo unico sacerdozio.– Esigenza dell’umanizzazione dell’essere prete: 4 elementi �tacere

dinanzi ai laici (ascoltare); non avere la presunzione di avere sempreragione (umiltà di imparare); ascolto dei laici in comunione presbi-terale (comunicazione/discernimento presbiterale); accoglienzadelle problematiche presenti nel territorio.

L’Arcivescovo ringrazia i relatori per i loro contributi.Al termine della comunicazione, seguono alcuni interventi:– Si chiedono maggiori informazioni sull’anno propedeutico.– Ci si chiede come possono le parrocchie aiutare la formazione inseminario.– Si solleva l’interrogativo sulla formazione amministrativo-giuri-dica dei candidati al sacerdozio: è prevista? in che modo si svolge?– Si sottolinea l’importanza della formazione permanente. Qualisono i ritmi della formazione permanente? Viene citato un testo diCencini: ritmo esistenziale (vita); ritmo della quotidianità; ritmosettimanale (domenica); ritmo annuale (anno liturgico).– Si rileva come nel documento sulla formazione si tenda a dividere la vitacultuale dall’impegno pastorale. Ma lo specifico del sacerdote è anche dipresiedere la liturgia. Occorre aiutare i ragazzi a lasciarsi formare dallaliturgia. Si nota una certa attenzione alla forma esteriore, all’estetica.– In alcuni casi l’esperienza dei seminaristi in parrocchia fa emer-gere una grande diversità nei ragazzi e si pone la domanda se ilSeminario dia una linea precisa.

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– Si sottolinea come aspetto importante della formazione la pro-grammazione pastorale, che forse scarseggia. Quale formazione alladimensione della carità? Quale conoscenza delle esperienze carita-tive della diocesi?– Si rileva come la formazione vada capita nell’oggi. Occorre con-frontarsi con i modelli di formazione attuali, perché i giovani dioggi sono figli di questo tempo. La formazione “post” prende tuttala vita. Si invita alla formazione e all’approfondimento teologico(anche con la licenza).– Si nota come il Seminario porti con sé l’anomalia di essere un“mondo a parte”. Si ricorda l’importanza della dimensione del celi-bato nel percorso del discernimento vocazionale. Si sottolinea, inol-tre, l’importanza della relazione con i docenti nella formazione teo-logica e dell’approfondimento della teologia pastorale.– È importante la formazione integrale del candidato al sacerdozio,per evitare divisioni nella vita del presbitero.– Si sottolinea l’importanza dei sacerdoti-animatori in Seminario.Ci vuole attenzione nello scegliere queste figure educative, forsequalche volta un po’ troppo giovani. È necessaria stabilità e matu-rità per questo compito. È inoltre importante per i seminaristi con-frontarsi con testimoni di fede vissuta con gioia.– Si chiede quali possano essere delle proposte per la formazionepermanente dopo il decimo anno di sacerdozio.

Mons. Mansi riprende alcuni punti emersi dal confronto:L’anno propedeutico è pensato per coloro che non provengono dalSeminario minore. Le percentuali degli ultimi anni dicono che 1/3dei seminaristi che entrano nel Seminario maggiore provengonodal minore, 2/3 dal propedeutico.È per molti di loro la prima esperienza di vita comune. Si puntamolto sulla conoscenza di sé. Si riceve una prima catechizzazione dibase, l’iniziazione alla vita liturgica, una scolarità di base (filosofia,greco, latino). Il bilancio è di un’esperienza che si è decisamenteconsolidata negli anni.Quanto alle parrocchie di origine, i ragazzi sono invitati a coltivare

CONSIGLI DIOCESANI

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questo rapporto, ma nel tempo anche a conoscere altre esperienze.La formazione giuridico-amministrativa trova la sua collocazionenel 6° anno di formazione in seminario.Per quanto riguarda la formazione pastorale, ci sono diversi labo-ratori nel corso della formazione in seminario.La scelta delle parrocchie per il tirocinio è molto oculata, fatta aseconda di ciò che maggiormente serve alla formazione del ragazzo.Sulla formazione liturgica, si cerca di temperare, soprattutto neiprimi anni, gli eccessi legati all’apparire e alla forma.

L’Arcivescovo ringrazia Mons. Mansi e tutti per gli interventi.

2. P. Franco Annicchiarico, S.J. comunica che, nell’ambito dellapastorale universitaria, insieme ai PP. Guanelliani, si è programma-to un incontro sulle nuove tecnologie, per il quale è stato invitato ildirettore di «Civiltà cattolica», p. Antonio Spadaro, S.J. Al suddettoincontro tutto il clero è invitato. La proposta è accolta unanime-mente dal Consiglio Presbiterale.Si propone un incontro sulla pastorale universitaria. Il Consiglioapprova.

L’Arcivescovo chiede al Consiglio di suggerire dei nomi per il predi-catore dei ritiri del clero per il prossimo anno pastorale. Vengonoproposti i seguenti nomi: p. Ermes Ronchi, O.S.M., mons.Pierangelo Sequeri, don Giulio Meiattini, O.S.B. Il Consiglio pro-pone a maggioranza don Giulio Meiattini, O.S.B..

Il Vicario generale comunica ai vicari zonali di ritirare il calendariodegli incontri del vescovo con i cresimandi.La riunione si conclude alle 12.45 con la preghiera dell’Angelus.

Il segretariosac. Alessandro Tanzi

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CONSIGLI DIOCESANI

Consiglio Presbiterale DiocesanoVerbale della riunione del 16 maggio 2013

Il giorno 16 maggio 2013, alle ore 9.30, presso il salone della Casadel clero in Bari, si è riunito il Consiglio Presbiterale diocesano,convocato e presieduto dall’arcivescovo mons. Francesco Cacucci.Sono presenti: il vicario generale mons. Domenico Ciavarella e ivicari episcopali: don Ubaldo Aruanno, mons. Vito Bitetto, mons.Francesco Colucci, mons. Domenico Falco, mons. Angelo Latrofa.Sono assenti: p. Lorenzo Lorusso, O.P., p. Luigi Gaetani, O.C.D.,mons. Alberto d’Urso, don Gaetano Coviello, p. Santo Pagnotta,O.P., don Mario Castellano, don Giuseppe Cutrone, don AntonioEboli, don Carlo Lattarulo, don Domenico Lieggi, don VitoMarziliano, don Vito Piccinonna.

All’ordine del giorno:1. «… e cominciarono a parlare in altre lingue …» (At 2,4). Inviati dallo

Spirito … verso le periferie. Programma pastorale per l’anno 2013-2014. Introduce mons. Domenico Falco.2. Don Michele Sardone presenta in sintesi la situazione

dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero. Votazionedella terna da presentare all’Arcivescovo per il rinnovo dell’incaricodi presidente dell’Istituto.3. Varie ed eventuali.

Dopo la preghiera dell’ora media, viene data lettura del verbaledella riunione precedente (15 febbraio). Il Consiglio approva il ver-bale all’unanimità.Don Vittorio Borracci comunica al Consiglio l’esperienza vissuta aRoma in occasione della beatificazione di mons. Luigi Novarese,fondatore dei Centri Volontari della Sofferenza.

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L’Arcivescovo comunica al Consiglio l’esperienza vissuta a Romaper la canonizzazione dei Martiri d’Otranto e della visita ad limina,sottolineando soprattutto la cordialità e familiarità vissuta conPapa Francesco.Comunica, inoltre, lo stato di salute di alcuni presbiteri e invita avisitarli e a sostenerli con la preghiera.

Si passa dunque al primo punto all’o.d.g.1. L’Arcivescovo ricorda che l’idea progettuale rimane quella emer-sa dal Sinodo e concretizzatasi nella scelta mistagogica. Quello pre-sentato è, invece, un “programma” pastorale, attraverso il quale siapprofondisce il “progetto”.Dopo aver sentito i vicari episcopali e i vicari di zona, è emersa lasottolineatura della dimensione della Pentecoste e dell’attenzionealle periferie, che non sono solo quelle urbane, ma anche quelleantropologiche. Il Consiglio Presbiterale è il luogo opportuno incui confrontarsi sul tema.Mons. Falco sottolinea che il suo intervento è teso a ordinare le pro-poste emerse dagli incontri avuti dal vescovo con i vicari.

Atti 2,1-4«Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavanotutti insieme nello stesso luogo. 2Venne all’improvviso dal cielo unfragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta lacasa dove stavano. 3Apparvero loro lingue come di fuoco, che sidividevano, e si posarono su ciascuno di loro, 4e tutti furono col-mati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nelmodo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.»

Magistero1. (a commento del salmo 114) � L’olio prezioso che unge il capo diAronne non si limita a profumare la sua persona, ma si sparge e rag-giunge “le periferie”. Il Signore lo dirà chiaramente: la sua unzioneè per i poveri, per i prigionieri, per i malati e per quelli che sono tri-sti e soli (Papa Francesco, Omelia nella Messa crismale 2013).2. Dio è uscito da se stesso per venire in mezzo a noi, ha posto la suatenda tra noi per portarci la sua misericordia che salva e dona spe-ranza. Anche noi, se vogliamo seguirlo e rimanere con Lui, non

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CONSIGLI DIOCESANI

dobbiamo accontentarci di restare nel recinto delle novantanovepecore, dobbiamo “uscire”, cercare con Lui la pecorella smarrita,quella più lontana. Ricordate bene: uscire da noi, come Gesù, comeDio è uscito da se stesso in Gesù e Gesù è uscito da se stesso pertutti noi (Papa Francesco, Udienza generale del 27 marzo 2013).

«Cominciarono a parlare in altre lingue»: Inviati dallo stesso Spirito verso leperiferie

A differenza del simbolismo legato ai 40 giorni che indica il temponecessario alla preparazione, il termine Pentecoste, riferito il com-pimento dei 50 giorni, è metafora di una preparazione che ha rag-giunto il suo obiettivo.Allo stesso tempo, facendo riferimento alla storia del popolo ebrai-co, la Pentecoste ricorda la consegna della Legge da parte di Dio sulmonte Sinai. In questo modo, già nella fede ebraica, risulta eviden-te il profondo legame tra la liberazione (la Pasqua) e la consegnadella Legge. Se Dio libera il suo popolo (Pasqua) è perché quel popo-lo diventi il suo popolo (Pentecoste).La festa di Pentecoste non potrebbe realizzarsi se non ci fosse laPasqua, ma allo stesso tempo, la Pasqua non porterebbe i suoi frut-ti se non ci fosse la Pentecoste.Pertanto, a conclusione dell’Anno della fede, il riferimento allaPentecoste non presenta un nuovo tema rispetto allo scorso anno,piuttosto ne indica le conseguenze per la vita della comunità e diciascun cristiano.Il dono dello Spirito, nel racconto degli Atti, trova gli apostoli«tutti insieme nello stesso luogo». Non è una situazione occasiona-le, ma il segno di una fedeltà e di una appartenenza, perché lo stessolibro, nel capitolo precedente, afferma che dopo l’ascensione delSignore, gli apostoli «entrati in città, salirono nella stanza al pianosuperiore, dove erano soliti riunirsi» (At 1,13).Nella liturgia, si procede verso lo stesso altare per incontrare ilSignore e si parte dallo stesso altare per annunciarlo agli altri. Pri-ma di essere inviati, siamo dei chiamati. Nel racconto della Sa-mari-

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tana (proprio del Lezionario A del prossimo anno), dopo l’incontrocon Gesù, la donna «lasciò la sua anfora, andò in città e disse allagente: venite a vedere … » (Gv 4, 28-29).Attraverso il singolo credente è tutta la Chiesa che è inviata verso le«periferie dove il popolo fedele è più esposto all’invasione di quan-ti vogliono saccheggiare la sua fede» (Papa Francesco, Omelia nellaMessa Crismale).

La proposta della Traccia pastorale dovrebbe, se accolta, portare adindividuare prima di tutto quali sono oggi le “periferie” verso lequali orientare la nostra attenzione. Pur trattandosi di luoghi osituazioni ben precise, in realtà l’attenzione deve essere rivoltaall’uomo che vive in quel determinato luogo e in quella particolaresituazione. Si tratta, in particolare, di saper annunciare la miseri-cordia di Dio che si fa carico delle tante povertà che segnano ilnostro tempo. A questo proposito, un aiuto potrebbe offrirlo ilLezionario domenicale del ciclo A per il prossimo anno, che neltempo quaresimale presenta Gesù che incontra tre situazioni diver-se, quelle della Samaritana, del cieco nato e di Lazzaro. Allo stesso tempo, sarà opportuno riflettere su quali siano le“periferie” che esistono anche all’interno della parrocchia. Il riferi-mento è a quelle persone che si avvicinano alla parrocchia solo inoccasioni particolari. L’impegno dovrebbe essere quello di viverecelebrazioni di Battesimi, Prime Comunioni e altri sacramenticome occasione per rivitalizzare nei fedeli una fede stanca e abitu-dinaria.

L’Arcivescovo ringrazia Mons. Falco per il suo contributo.L’Arcivescovo ricorda che, a volte, nel territorio di una stessa par-rocchia, c’è una disomogeneità che fa emergere alcune periferieantropologiche.Occorre anche tener presente, per esempio a partire dall’icona dellasamaritana, della duplice dimensione della periferia: quella esterio-re e quella interiore.

Al termine della comunicazione, seguono alcuni interventi:– Si suggerisce che, per arricchire il percorso, si può riproporre l’ap-profondimento di alcuni documenti del Concilio sulla dimensione

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CONSIGLI DIOCESANI

missionaria (Gaudium et spes, Ad gentes), o anche la Nota pastoraledei vescovi di Puglia sul laicato.– Occorre tener presente le Lettere a conclusione delle visite pasto-rali, inviate dal vescovo alle singole comunità parrocchiali, comeriferimento in questo percorso. Riprendere il documento Il voltomissionario delle parrocchie in un mondo che cambia. Portare attenzioneai luoghi in cui le persone vivono, al territorio (università, ospedali,ecc.).– Vengono condivise due esperienze vissute nel territorio della par-rocchia S. Pasquale:1. La presenza di molti mini appartamenti al 1° piano abitati daimmigrati, ora anche da molti cinesi.2. La realtà degli anziani lasciati soli.– È importante che le realtà parrocchiali non siano ripiegate su sestesse, ma aperte al territorio.– Si mette in evidenza l’importanza della preparazione e celebrazio-ne dei matrimoni: nel tempo ordinario sarebbe opportuno dareattenzione a questa realtà, poiché tutto ciò che ruota intorno a que-sto sacramento mette in contatto con molte tipologie di periferie.– Vengono richiamati i nn. 31-33 della LG, in cui si parla dell’indo-le secolare dei laici. Occorre sensibilizzare alla dimensione di corre-sponsabilità della missione, che non è solo quella del prete. Ci sonoluoghi in cui la missione arriva solo attraverso i laici.– Si evidenzia come ci sia una periferia dentro di noi, nella nostramentalità. Per anni abbiamo sottolineato il legame tra il percorso dicatechesi e la liturgia. Manca ancora l’approfondimento del legametra la liturgia e la vita.– Si sottolinea l’importanza di competenze specifiche per affronta-re le periferie dell’anima. Occorre chiedere aiuto a chi ha questecompetenze. Così è anche molto importante il ruolo dei professoridi religione nelle scuole.– Si propone di attingere dal materiale proposto nel 1999 sulloSpirito Santo in preparazione al Giubileo. È l’occasione di appro-fondire la preparazione e l’accompagnamento dei ragazzi che si pre-parano alla Cresima.

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– Viene proposta come icona per il prossimo anno quella dellaPentecoste (At 2,1 ss.).– Viene ricordato un invito dell’Ufficio Missionario a portare atten-zione alle persone presenti sul territorio provenienti dai paesi piùpoveri, anche di altre religioni. Quale presenza nei piani pastoraliper l’approfondimento dell’ecumenismo, della mondialità, dellaglobalizzazione?– Viene proposta un’accezione positiva della periferia. La parroc-chia è per sua natura periferica. Attenzione che, come sacerdoti,non diventiamo forza disgregatrice. Due pericoli:1. Burocratizzazione della vita parrocchiale;2. Isolamento dalla vita vicariale e cittadina.– Si evidenzia come ci sia la tentazione di voler fare troppe cose. Ilprimo atteggiamento che dovremmo accogliere e coltivare è laconoscenza delle tante esperienze in cui si lega la liturgia alla vita,soprattutto nell’ambito della carità. Molti laici non conoscono lerealtà che già ci sono. Occorre prestare attenzione al rischio di faresolo volontariato. Viene ricordata l’esperienza delle suore spagnolenella città vecchia e del loro lavoro nel campo del recupero delledonne vittime della tratta.– Si ricorda l’importanza di ribadire la centralità della presenza edell’azione dello Spirito nella nostra vita.– Si sottolinea come, più che andare verso le periferie, dovremmoabitare le periferie, come luogo teologico in cui stare. Un’icona:Cristo crocifisso fuori le mura.– Viene fatta una proposta per suddividere il brano di Pentecosteadattandolo ai tempi liturgici e ad alcuni temi da approfondire: iltempo, lo spazio, la persona e la parola.1. La periferia del tempo: il quotidiano (Tempo ordinario)2. La periferia dello spazio: incarnazione in un luogo (Avvento-Natale)3. La periferia della persona: conversione (Quaresima-Pasqua)4. La periferia della parola: annuncio e testimonianza (Pentecoste)– Si nota come ci sia bisogno che tutte le comunità scelgano nellaquotidianità l’apertura alle periferie del proprio territorio. Vieneproposta l’icona di Nazareth, periferia del mondo. Oppure, Lc 4.– Si propone di soffermarsi sulla prima parte del tema: inviati dalloSpirito. Perché è lo Spirito il soggetto della missione.– Si invita a fare attenzione a non moltiplicare subito le iniziative.

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CONSIGLI DIOCESANI

L’obiettivo della metodologia mistagogica è la formazione del lai-cato maturo. C’è una svolta da vivere: dalla dimensione sacramen-tale alla dimensione missionaria.– Occorre curare la pastorale del primo annuncio, rispetto allaquale siamo un po’ poveri.

L’Arcivescovo ringrazia tutti per gli interventi.L’Arcivescovo osserva che spesso la scelta mistagogica viene intesacome progetto che riguardi solo la liturgia. Il centro di tutto è loSpirito Santo. La difficoltà è dentro di noi, perché spesso è dentrodi noi che manca la sintesi. La mistagogia, però, non riguarda soloil metodo. La parola, i sacramenti, la vita, non sono solo metodolo-gia, sono contenuto.Ma come dobbiamo guardare al mondo? Abbiamo spesso la tenta-zione di divenire araldi di un’ideologia che vorrebbe salvare gliuomini attraverso l’umanizzazione di questo mondo, attraversouna sorta di “religione civile”, di una “conquista morale” di questomondo terreno e storico. Invece siamo chiamati a salvare anchequesto mondo attraverso la divinizzazione degli esseri umani inCristo secondo il disegno del Padre (cfr Rm 8,18-25 e la liturgiadella Veglia Pasquale).La mistagogia è uno strumento per il cammino di divinizzazionedel mondo, in armonia con la Tradizione dei Padri della Chiesa.L’impegno cristiano per il mondo presente nasce dal carattere dellaChiesa del Nuovo Testamento, già fin d’ora «germe e inizio delRegno di Dio» (LG, I,5).La parrocchia non è, quindi, luogo di partenza per la missione, maè luogo missionario.Dobbiamo recuperare una visione della Chiesa che non si identifi-ca col Regno di Dio, perché il Regno di Dio è più grande dellaChiesa. Di qui può scaturire il senso più profondo di “periferia”.È preferibile utilizzare, allora, come icona una figura specifica (sul-la scia di Zaccheo, Bartimeo, ecc.). Potrebbe essere la Samaritana,“periferia” di Gerusalemme e “periferia” morale.

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2. Si passa dunque al secondo punto all’o.d.g.Don Michele Sardone presenta in sintesi la situazione dell’Istitutodiocesano per il sostentamento del clero.L’Arcivescovo ringrazia Don Michele per il suo intervento.Si procede alla votazione per eleggere la terna da presentare al-l’Arcivescovo per il rinnovo dell’incarico di presidente dell’Istituto.Ogni membro del Consiglio Presbiterale può indicare fino a tre no-mi sulla scheda.La votazione ha avuto il seguente risultato:Votanti: 33I cinque più votati risultano essere:1) don Michele Sardone (29)2) don Marino De Caro (15)3) don Domenico Chiarantoni (5)4) don Giuseppe Bozzi (5)5) don Sigismondo Mangialardi (4)

La riunione si conclude alle 12.45 con la preghiera del Regina Coeli.

Il segretariosac. Alessandro Tanzi

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Enrico Nicodemo è stato arcivescovo di Bari dal 1953 al 1973, ma nelmedesimo periodo è stato anche uno dei protagonisti più dinamici e rico-nosciuti della intera Chiesa italiana. A Bari, dopo il breve periodo allaguida della diocesi calabrese di Mileto (1945-1952), è chiamato ad ammi-nistrare il significativo e delicato passaggio della vita ecclesiale dalle anti-che forme di religiosità tridentina alla pastoralità rinnovata del VaticanoII. Dall’esame delle consistenti pagine del Bollettino diocesano nel perio-do del Vaticano II si capisce con chiarezza che ha vissuto intensamente efortemente in diocesi il suo motto episcopale “Fides victoria nostra”.

Rosa Dipinto

Mons. Enrico Nicodemo e la recezione del Vaticano II nell’arcidiocesi di Barinelle pagine del Bollettino Diocesano (1959-1973)

Il Bollettino Diocesano dell’Arcidiocesi di Bari è un’ottima fonteper documentare la recezione del Vaticano II dall’annuncio delConcilio stesso (1959) alla fine dell’episcopato di Nicodemo(1973). Prendere in esame in modo esclusivo lo strumento dicomunicazione istituzionale dell’arcidiocesi permette di seguirecompiutamente tutta l’attività conciliare e diocesana dell’arcive-scovo Nicodemo e dei modi attraverso i quali lui stesso viveva ilConcilio e coinvolgeva l’intera Arcidiocesi nella partecipazione

A trent’anni dalla morte di mons. Nicodemoe a cinquanta dall’inizio del Vaticano II

DOCUMENTAZIONE

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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attiva dell’evento conciliare. Attraverso l’esame delle 6889 pagineche compongono i 148 fascicoli editi nel periodo predetto è statopossibile censire in modo organico documenti, comunicati e noti-zie dei vari avvenimenti. Una tale ricerca va successivamente inte-grata con documentazione d’archivio ma la panoramica che se nericava è soddisfacente.Nella ricerca è stata presa a riferimento l’accezione usata daChristoph Theobald che fa riferimento a Congar, il quale affermache «per recezione intendiamo [ ... ] il processo mediante il quale uncorpo ecclesiale fa veramente sua una decisione che non si è dato dasé, riconoscendo, in quanto promulgata, una regola come adattaalla sua vita»1. Lo stesso Theobald parla di «processo di recezioneufficiale o kerygmatica» quando condivide la definizione di G.Routhier: «La recezione kerygmatica definisce l’insieme degli sforzimessi in atto dai pastori per far conoscere le decisioni di un conci-lio e per promuoverle efficacemente»2.Partendo dall’annuncio di un Concilio ecumenico per la Chiesauniversale, il primo impatto nel Bollettino è con le rubriche deL’Odegitria da gennaio 1959 a settembre 1962. Si ritrovano qui even-ti e riferimenti al Concilio tra il 1959 e il 1960 e, tra questi, la lette-ra pastorale per la Quaresima 1961 Nel clima del Concilio Ecumenicoverso il Congresso catechistico, la prima delle lettere di mons. Nicodemoche contiene nel titolo un esplicito riferimento all’evento concilia-re. Diversi i documenti, le iniziative, i riferimenti nell’approssimar-si del Concilio tra il 1961 e settembre 1962. Ad esempio, una Gior-nata di preghiera è voluta dall’arcivescovo per il 29 giugno 1962,festa degli Apostoli Pietro e Paolo, per dare inizio alle iniziative dio-cesane nella fase preparatoria del Concilio, nel clima di unità e uni-versalità. Nell’intervento conclusivo della giornata (al termine diuna conferenza tenuta nella sala consiliare del Palazzo della Provin-cia sul tema Orizzonti e prospettive del Concilio Ecumenico Vaticano II)mons. Nicodemo, come riporta il Bollettino, sottolinea che «tutta

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1 C. THEOBALD, La recezione del Vaticano II. 1.Tornare alla sorgente, EDB, Bologna 2012, p. 12,nota 13.2 Cfr. C. THEOBALD, cit., nota 25, con riferimento a G. ROUTHIER, La réception d’un concile, Cerf,Paris 1993.

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DOCUMENTAZIONE

la Chiesa Cattolica, attraverso il Concilio, deve mostrare se stessanella luce della verità e della carità». Molto interessanti le cronachee gli interventi relativi al 7 e al 9 ottobre 1962 per «Il saluto a Mons.Arcivescovo in partenza per il Concilio». Di rilievo l’indirizzo dicommiato del Vicario generale mons. Michele Mincuzzi che sembraanticipare alcuni temi conciliari come la «teologia dell’episcopatonel più grande contesto della teologia della Chiesa».Il Vaticano II è costantemente presente nel Bollettino Ecclesiastico del-l’arcidiocesi di Bari durante la sua celebrazione (12 ottobre 1962-8dicembre 1965). Attraverso la pubblicazione è possibile ripercorre-re tutte le sessioni conciliari dalla particolare angolatura dell’orga-no ufficiale diocesano. Della prima sessione (dall’11 ottobre aNatale 1962) è presentata l’attività conciliare dell’arcivescovo, cheinvia un primo messaggio all’arcidiocesi all’inizio del Concilio incui sottolinea che «l’impegno ad operare per l’incremento della vitacristiana deve essere durante il Concilio ancora maggiore - sia daparte del Clero e delle organizzazioni di apostolato, sia da parte ditutti i fedeli per quanto riguarda il loro contributo di necessariacollaborazione - proprio per preparare il terreno adatto all’attuazione diquelle che saranno le disposizioni conciliari», una interessante afferma-zione che compendia un certo clima di disponibilità alla recezione.Nel telemessaggio inviato alla diocesi il 5 dicembre 1962, prima delsuo rientro a Bari, mons. Nicodemo parla del «felice compimentolavori primo periodo Concilio Ecumenico che habet già mostrato atmondo attento e fidente Ecclesia Christi lumen gentium» e ringrazia«per i sensi di devozione da tutti mostrata verso il proprio Pastore»ed eleva con tutti (clero, autorità, fedeli) il pensiero verso il Papa«assicurandogli comune preghiera per Sua preziosa salute, affinchépossa ancora a lungo guidare con tanta spirituale saggezza le sortiChiesa e intera umanità che ammiraLo e veneraLo verso mete veri-tà, giustizia, amore e pace».Dopo la prima sessione mons. Nicodemo dedica al Concilio la let-tera pastorale del 1963 Questo è il Concilio (Riflessioni sul ConcilioVaticano II). La lettera, datata 25 gennaio 1963, è una presentazionecompleta ed organica dell’evento, strutturata in 48 numeri e divisa

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in tre parti: La realtà del Concilio (3-18); I compiti del Concilio (19-42);Prospettive e speranze (43-48). Le note prescrittive, in coda al docu-mento, indicano che la lettera deve essere fatta oggetto di catechesial popolo in tutte le messe di tre domeniche, riservando a ciascunadomenica una delle tre parti.Il Bollettino pubblica anche la lettera di Giovanni XXIII a tutti ivescovi del 6 gennaio 1963 in cui il Papa afferma che, stabilito ilmodus procedendi, i lavori successivi possano essere «più rapidi esciolti», esprimendo la volontà di continuare i lavori conciliariattraverso tali particolari indicazioni. Intanto l’arcivescovo, il 25 gennaio 1963, istituisce nell’arcidiocesiil CAL, Centro di Azione Liturgica, «alla diretta dipendenzadell’Arcivescovado ed in collegamento e collaborazione con il Cen-tro di Azione Liturgica Nazionale», confermando «la funzione dellaCommissione liturgica diocesana, quale organo disciplinare allaNostra immediata dipendenza». Particolare rilevanza assumel’Ottavario di preghiere per l’unità dei cristiani che nelle notifica-zioni di quegli anni viene presentato nel “clima unionistico” delConcilio. Il 18 febbraio 1963 la Scuola Superiore di Teologia eFilosofia, istituita il 17 settembre 1961, organizzerà una manifesta-zione cittadina tenuta il 18 febbraio in cui Mons. JohannesWillebrands, segretario del Segretariato per l’Unità dei cristianiparla su Il Concilio Vaticano II e l’unione dei cristiani. Il Bollettino anno-ta che «la grande manifestazione si è tenuta nel Teatro Piccinni:erano presenti 700 persone».L’elezione di Paolo VI è presentata dal Bollettino come la gloriosa suc-cessione di due pontificati. Nella notificazione prima della riaperturadel Concilio e la seconda sessione mons. Nicodemo, dopo aver con-tinuato a sottolineare che «Il Concilio gode dell’immancabile assi-stenza dello Spirito Santo, ma postula anche il massimo impegnodi rettitudine, di preghiera, di studio, di ponderazione, di equilibrioda parte dei Padri che lo costituiscono», evidenzia che, «per ilmomento storico in cui si celebra, per la vastità della materia chetratta, per l’ansia di interiore rinnovamento e di aggiornamento chelo ispira e lo anima, per le attese che su di esso sono concentrate (ilConcilio) impone ai Padri una responsabilità così vasta ed esige unatale fedeltà nell’impegno che c’è solo da tremare se responsabilità efedeltà si confrontano con le deboli forze umane».

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DOCUMENTAZIONE

Per la Quaresima del 1964 mons. Nicodemo dedica una terza lette-ra in cui il Concilio è esplicitamente richiamato nel titolo: Chiesa eConcilio.I numeri del Bollettino del 1965 sono particolarmente ricchi di rife-rimenti al Concilio e alla sua attuazione specialmente, ma non solo,per l’avvio della riforma liturgica alla quale l’arcivescovo dedica lalettera pastorale Parola di Dio e Liturgia. I lavori del Concilio sono inpieno svolgimento e nell’aula conciliare si discute sulle tematicheche porteranno alla Dei Verbum. È nel 1965, inoltre, ultimo anno delConcilio, che a Bari viene istituito il Consiglio Pastorale Diocesanocome riportato nel numero di gennaio del Bollettino. Nel decreto diistituzione si legge che nasce «nello spirito del Concilio EcumenicoVaticano II, particolarmente della Costituzione Dommatica “DeEcclesia”, e in attesa di future decisioni conciliari o postconciliari».Nella lettera inviata a novembre successivo al clero di Bari riunitoin ritiro, dopo aver invitato tutti ad essere «generosamente dispo-nibili perché la dottrina del Concilio venga conosciuta e trasfusanella vita» e «le disposizioni del Concilio siano consapevolmenteaccettate ed applicate» mons. Nicodemo afferma che «il ConsiglioPastorale, come sapete, è già da diversi mesi al lavoro ed io spero chesi possa stabilire al più presto un piano, sia pure inizialmente limi-tato, di azione pastorale unitaria».Nicodemo è molto attivo anche durante la quarta sessione delConcilio con alcuni interventi. Il Bollettino documenta il ritorno in diocesi dell’arcivescovo che“notifica” il Vaticano II alla popolazione anche non frequentanteper le manifestazioni di cui si riferisce.Il primissimo post-Concilio (1966–1969) è ampiamente documen-tato nell’organo ufficiale dell’arcidiocesi. Il 1966 è l’anno del Giu-bileo straordinario di conversione, rinnovamento e di studio eNicodemo, dopo aver aperto il Giubileo, indirizza la lettera pasto-rale Concilio della Chiesa, Chiesa del Concilio il cui titolo è molto espli-cito per quanto riguarda i contenuti. Alla luce del Vaticano II dedi-cherà poi la terza visita pastorale «nell’opera postconciliare di rin-novamento». È una visita del “rinnovamento” come evidenzia Ni-

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codemo nell’omelia della messa di apertura, ricca di citazioni dellaLumen Gentium. A motivo della visita pastorale, la lettera indirizza-ta per la Quaresima 1967 avrà come titolo Incontro con la comunità.Ad essa si collega tematicamente quella del 1969 dal titolo Problemie prospettive nella Chiesa locale (in margine alla Visita pastorale). Nel1968, invece ritornerà in modo esplicito nel titolo il tema concilia-re per l’Anno della Fede: Nell’Anno della Fede fedeltà al Concilio.Quanto alla vita dell’arcidiocesi, quando il Consiglio Pastorale Dio-cesano aveva già compiuto la fase di rodaggio, nasce il ConsiglioPresbiterale. In regione, la CEP, sotto la presidenza di mons.Nicodemo, istituisce l’Istituto Pastorale Pugliese per il quale i ve-scovi pugliesi richiamano esplicitamente l’attuazione del Concilio.A presiederlo è chiamato mons. Michele Mincuzzi, vicario generaledi Bari divenuto vescovo ausiliare dopo la nomina di mons.Nicodemo a vice presidente della CEI. In questi anni diventano più numerosi i riferimenti al Concilio cheentra nella vita della Chiesa locale iniziando quel processo che saràpiù esplicito dal 1970 al 1973. Tra i vari aspetti del post-Concilio barese emerge l’impegno ecume-nico della Chiesa di Bari e del suo arcivescovo in particolare, cheviene chiamato a far parte del Segretariato per l’Unità dei Cristiani.Nel 1966 mons. Nicodemo aveva curato per conto delle EdizioniPaoline l’introduzione e il commento al decreto sull’Ecu-menismonella collana dedicata ai documenti conciliari. Nel contempo, laBasilica di S. Nicola diventa Basilica Pontificia e mons. Nicodemo ècostituito delegato pontificio. A ottobre 1968 nasce l’IstitutoSuperiore di Teologia Ecumenica e nella primavera successiva sitiene a Bari il Convegno storico interecclesiale (patrocinato da PapaPaolo VI e dal Patriarca Ecumenico Atenagora I) su La Chiesa greca inItalia dalI’ VIII al XVI secolo. Negli anni successivi il processo di rinnovamento conciliare chedagli eventi passa piano piano alla quotidianità. Contemporanea-mente la pubblicazione cambia veste e assume il titolo principale diBollettino Diocesano. Uno sguardo sintetico a questi anni non puònon ricordare le lettere pastorali dal 1970 al 1972. Si tratta di Per voisono Vescovo, con voi sono cristiano (S. Agostino, Serm. 340, 1) cheNicodemo nel 1970 scrive nel suo 25mo di episcopato; di Discorsosulle cose (Aspetti e problemi di corresponsabilità pastorale) nel 1971 e

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DOCUMENTAZIONE

della sua ultima lettera pastorale (1972) Guardando al Sinodo. Si trat-ta di tre lettere in cui è abbastanza facile scorgere il percorso post-conciliare che può essere sintetizzato nell’espressione “correspon-sabilità pastorale” posta tra parentesi nel titolo del 1971. Dalle pagine del Bollettino emerge una ricchezza di interessantidocumenti alcuni dei quali difficilmente reperibili in altro modo. Un “commento” del Bollettino, testimone della primissima recezio-ne conciliare nella Chiesa di Bari, può essere dato dalla prima pagi-na del settimanale diocesano Tempi Nostri, che per l’ordinazione epi-scopale di mons. Michele Mincuzzi (ottobre 1966) titola Vescovi delConcilio una foto in cui mons. Nicodemo consacra il nuovo vescovo,suo ausiliare. Infine, i riferimenti di mons. Nicodemo al Concilio contenuti nelsuo testamento sono molto espressivi del processo di recezioneconciliare documentato nel Bollettino: «Il mio testamento spiri-tuale è contenuto nella Lettera Pastorale per la Quaresima del1970, in cui, prendendo occasione dal 25mo della mia Consacra-zione Episcopale, ho espresso i sentimenti del mio animo. Iltempo, nel quale il Signore mi ha chiamato ad operare, è stato cosìcarico di eventi da potersi collocare con una caratterizzazioneinconfondibile nella storia. È stato un periodo denso e drammati-co per la storia dell’umanità e nella storia della Chiesa. Un periododominato dal Concilio Vaticano II, che ha investito tutta la realtàdella Chiesa ed indicato nuove prospettive e nuovi orizzonti,dando inizio ad un’era nuova». […] «Il mio vincolo più stretto èstato con la Chiesa di Bari, con i suoi sacerdoti e i suoi fedeli. Il mioservizio episcopale in mezzo a voi è coinciso con un periodo di evo-luzione sociale della regione e di grande espansione della Città. Voiconoscete quale sia stata la mia condotta in mezzo a voi, qualidirettive di fondo hanno inspirato il mio ministero, come abbiacercato di assorbire in me e di trasmettere a voi lo spirito delVaticano II. Posso attestare dinanzi al Signore che ho compiutotutti gli sforzi per rinnovarmi ogni giorno nello spirito delConcilio, senza rinnegare il passato, perché esso ha preparato ilpresente, ma superandone, in una visione globale nuova, forme,

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orientamenti e prospettive. Fino a che punto ci sia riuscito nonspetta a me giudicare». La frase «Come abbia cercato di assorbire in me e di trasmettere avoi lo spirito del Vaticano II» commenta da sola l’inizio del proces-so di recezione del Vaticano II per la persona di Nicodemo e per laChiesa di Bari.

Rosa Dipinto, La recezione del Vaticano II nel Bollettino Diocesano dell’Ar-cidiocesi di Bari (1969-1973), tesi per la laurea magistrale in ScienzeReligiose, Istituto Superiore di Scienze Religiose, a.a. 2011-2012, relatoreprof. Antonio Ciaula, correlatore prof. Francesco Sportelli, 13 marzo2013.

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Vito MarzilianoLa stoltezza della predicazione

Prefazione di mons. Giancarlo Bregantini a La stoltezza della predicazionedi Vito MarzilianoEdizioni VivereIn, Monopoli 2013

Indice: Prefazione di Mons. Giancarlo Bregantini; Introduzione “Non è perme un vanto predicare il Vangelo, è un dovere per me”.Cap. I La gioia di predicare il Vangelo: Il protagonista della predicazione;Dalle parabole del “seme”; …Come Gesù, predicatore itinerante; “ComeSan Paolo, predicatore appassionato”; Come uno che fa una “offerta spe-ciale” negli odierni supermarket; …Come chi riesce, durante un pasto traamici, a tenere uniti gli invitati, con una parola accogliente, vivace e sin-cera; …Come i profeti del Signore; “…Non sapendo altro che Gesù Cristoe Lui Crocifisso…”.Cap. II Alla scuola della predicazione di Gesù: Il dovere di predicare; Non unimprovvisatore; Con lo spirito”da figlio di Dio” per parlare con autorità;Con il dovere di predicare “il Regno di Dio”; Un profeta per il suo popo-lo; Predicatore di un annuncio “essenziale”. Il kerigma; Uno che, quandoparla, guarisce e libera dai demoni; Predicando, ricostruisce relazioni.Cap. III La predicazione e la comunità: Ho creduto, perciò ho parlato (2Cor4, 13); La predicazione e l’amore per la comunità; La predicazione e lacomunità evangelizzante; La predicazione e la comunità con catecumenie “ricomincianti”; Chi predica si converte con la comunità; La predicazio-ne, la comunità, il suo territorio; Gli occhi del predicatore sulle storiequotidiane … per trasformarle.Conclusione: Predicare: una questione d’amorePostfazione: La stoltezza come virtù del dott. Onofrio Pagone

PUBBLICAZIONIDOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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È una finestra sulla speranza questo bel libro di don Vito Marziliano.Il suo titolo è già una diretta provocazione positiva: “La stoltezzadella predicazione”.È la lettura di tante “prediche” fatte da san Paolo, in un suo celebrecommento, dentro la lettera ai Corinzi.Vi sento l’eco della sua faticosa esperienza di dialogo con il popolo,dotto e sapiente, di Atene, raccontato dal capitolo 17 degli Atti: «suquesto, ci sentiremo un’altra volta»!Eppure, quella parola paolina comunque trovò cuori di grandeascolto. Di cambiamento radicale per la loro vita. Di chiese nateproprio dentro quell’evidente fallimento umano.Ebbene, questo libro nasce da qui: dal sentire che ogni prete vivequesta duplice esperienza.Da una parte, la fatica, un uditorio da attrarre, non sempre facile,lo sguardo fastidioso all’orologio, la ripetitività di certi momenti.È la durezza della vita di un prete. Di ogni prete e di ogni vescovo.Specie quando viene rivolto lo sguardo alla Croce di Gesù: «nonsapendo altro che Gesù Cristo e Lui crocifisso…», ci narra san Paolo.Ma dall’altra, ecco che certe omelie, ovvie e apparentemente nor-mali, te le senti ripetere dopo anni, da un cuore attento, da unatestimonianza di chi, ascoltando parole fragili ed umane, ne esceconsolato, carico di speranza, pronto ad una vita nuova.Don Vito in questo suo itinerario ci coinvolge. Perché parla con ilcuore: stile semplice, immediato, fortemente esperienziale, positivo,ottimista.Ma vi è anche tanta mente, tanto studio, tanta riflessione sistematica.Così ridiventa sintesi, questo libro, di mente e di cuore, di riflessio-ne e di preghiera, di lacrime e di gioie.Il grembo, credo, dentro il quale nasce questo libro è a mio giudiziol’esempio e lo stile di un grande vescovo per la Chiesa di Bari: mons.Mariano Magrassi.Sono stato a Bari circa sei anni. Da quella chiesa, sono uscito vesco-vo per Locri-Gerace. E fu proprio a mons. Magrassi che chiesi con-siglio quando dalla nunziatura mi giunse, totalmente inaspettata,una lettera dove mi si comunicava la decisione del Papa: «Obbe-disci: Al Papa non si può dire di no! Se tu obbedirai, avrai una vitaimpegnativa, ma la mano di Dio sarà sempre con te!».Era la saggezza di san Gregorio Magno, nella sua celebre Regola

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PUBBLICAZIONI

pastorale. Così ricordo quelle omelie: brevi, succose, con ben sceltecitazioni patristiche, intense di spiritualità. Uno stile invidiabile.Che resta un modello anche per don Vito.Così questo libro raccoglie tutte le fatiche e le bellezze della predi-cazione orale: omelie, catechesi, dialoghi personali, interventi. Cioèquando un prete si fa “pastore e padre” della sua famiglia, della suacomunità.Per essa, ha dato la vita. Ne sente i drammi, odora delle sue pecore,come ci esorta papa Francesco, che ci resta modello anche nell’arteomiletica, per la sua efficacia e semplicità immediata. Grandecomunicatore. Parole umili, che restano però nel cuore di noi, suoiammirati ascoltatori.Un momento particolare in cui don Vito ci aiuta a “fare una buonae santa predica” è il momento difficile delle esequie. Qui, don Vitosi fa davvero maestro. Perché si sente quante lacrime anch’egli abbiaversato davanti a certi drammi familiari.Commovente l’esperienza: «ho lasciato da parte – scrive don Vito –sia le parole scontate che quelle d’occasione. Ed ho scelto la stradadella Parola, la consolazione che solo il Padre celeste sa dare. L’hodifeso da accuse di ingiustizia davanti a certe bare … ed ho semina-to speranza raccogliendo un immensa consolazione nel cuore deifamiliari e della comunità tutta».Così il funerale, dove spesso tanta gente lontana partecipa, i faoccasione insperata di nuova evangelizzazione. Non tramite mezziimponenti, ma solo attraverso l’umile forza della Parola di un prete:«stoltezza della predicazione!».Vi traggo, per concludere, una serie di consigli, sette in tutto, chefaccio miei, dopo aver letto volentieri il libro di don Vito.1) Sguardo sempre fisso al cuore di Cristo, “annodati a lui”, al suo

cuore. «Cor ad cor loquitur», diceva quel santo vescovo che sapevaparlare alla gente di fede calvinista, che era san Francesco di Sales.2) Una buona preparazione remota che don Vito ci chiede den-

tro i testi dei Padri, della parola di san Paolo soprattutto. Da lune-dì mattina all’omelia di domenica mattina! Per poi tornare allaconcretezza, alla vita del lunedì mattina.

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3) Grande e cordiale attenzione alla storia di un popolo, di unacomunità, del periodo in cui viviamo. Con letture di giornali, arti-coli di fondo, aggiornamenti. Ma sempre letti con quel cuore dipastore che si fa compagno di cammino, fontana del villaggio.4) Oserei aggiungere un consiglio, alle sagge parole di don Vito:

curare il proprio “diario personale”, perché in esso si narra, si incro-cia il cuore e la vita di ogni prete. Un prete che fa il diario non puòche far prediche dense e vere!5) Apertura ai poeti e alla musica. Con uno sguardo a chi ci fa

volare. Volare non con le ali, ma con le parole, come narra il celebreStoria di una gabbianella … Ma è utile anche sapere ragionare comechi guida un supermercato. Non per fare commercio, ma per darefreschezza a ciò che sa narrare l’omelia. E la faccio mia, anche per imiei bravi preti di Campobasso!6) Sul nostro comodino ci sia sempre la vita di un Santo. Cioè gli

esempi concreti, precisi, documentati. Fatti che parlano. Esempiche trascinano. E che sanno condire di forza le nostre omelie. Alpunto giusto. Anche per risvegliare certe assopite assemblee che,davanti ad un esempio preciso, sempre si risvegliano. E spesso, soloquell’esempio ricordano. Fulcro poi di tutta l’omelia:7) La Croce di Cristo è la misura di ogni omelia. Quando crea

due cose: una vita di preghiera e fa sgorgare buone confessioni.Cioè un cambio di vita, che vede il parroco anche padre spiritualedei cuori in cammino dei suoi fedeli!Grazie e auguri

+ p. Giancarlo BregantiniArcivescovo di Campobasso-Boiano

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PUBBLICAZIONI

Francesco d’Assisi

Cantico delle creature

Cantico delle creature. Natura e società nella teologia trinitaria del Cantico di frate Solea cura di Giuseppe MicuncoEd. Stilo, Bari 2013

Indice: Introduzione di Giuseppe MicuncoNota al testo di Nunzio BianchiTESTO DEL CANTICOCommento di Giuseppe MicuncoCONTRIBUTI:Il mercante, il cavaliere e il giullare di Dio di Vito AngiuliL’influenza del Cantico nella cultura contemporanea di Alessandro MastromatteoAbbreviazioni biblicheBibliografia minima

Dall’Introduzione

È stato il Concilio ecumenico Vaticano II, negli anni Sessanta, sottola spinta di una nuova teologia delle realtà terrestri, a riproporre,dopo la seconda guerra mondiale, una visione ottimistica del mondoe del creato, soprattutto nella Costituzione pastorale sulla chiesa nelmondo contemporaneo, in cui tra l’altro, per esempio, si legge:

Redento da Cristo e diventato nuova creatura nello Spirito Santo,l’uomo può e deve amare anche le cose che Dio ha creato. Da Dio lericeve e le guarda e le onora come se al presente uscissero dalle manidi Dio. Di esse ringrazia il Benefattore e, usando e godendo dellecreature in povertà e libertà, vien introdotto nel vero possesso delmondo, quasi al tempo stesso niente abbia e tutto possegga (cfr 2Cor 6, 10).

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Quello del Cantico è come un risveglio di vita, dei sensi e dello spiri-to: si affaccia agli inizi della storia della nostra letteratura e dellanuova età medievale italiana ed europea col proposito di ricapitola-re il bello della nostra tradizione culturale, rilanciandolo attraversonuovi stilemi e, soprattutto, attraverso una nuova sensibilitàumana e cristiana, in un umanesimo integrale in cui «la grazia –come dice san Tommaso – non distrugge la natura, ma la porta aperfezione» («gratia non tollit naturam, sed perficit»). È un nuovoumanesimo perché, come nota Leo Spitzer, c’è, in questo Cantico,un ‘antropocentrismo’ di Francesco, che non contempla soltantocon spirito religioso ed estatico la bellezza delle creature, ma tuttorapporta all’uomo, alla sua vita materiale e spirituale. È aperta lastrada che porterà, passando per Dante, Petrarca e Boccaccio, alQuattrocento. Ed è, comunque, un antropocentrismo biblico e ecristiano.Si tratta di un nuovo umanesimo, in cui Francesco, ben lungi daldisprezzare il ‘mondo’ e le sue creature, è chiamato ad esaltarne labellezza, e per essa a lodare il suo Creatore. Ed è chiamato soprat-tutto a custodirla per il bene comune. È un umanesimo che ben siincontra con le positive istanze dell’attuale cultura ecologista, chegià Paolo VI accoglieva nel 1971 in un documento ufficiale dellaChiesa: «attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura,l’uomo rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di taledegradazione» (Octogesima adveniens, n. 18). Benedetto XVI ha piùampiamente ripreso tale preoccupazione, mettendo l’uomo al cen-tro del problema:

La Chiesa ha una responsabilità per il creato e deve far valere questaresponsabilità anche in pubblico. E facendolo deve difendere nonsolo la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione appartenentia tutti. Deve soprattutto difendere l’uomo contro la distruzione dise stesso. È necessario che ci sia qualcosa come un’ecologia dell’uo-mo, intesa in senso giusto. Il degrado della natura è infatti stretta-mente connesso alla cultura che modella la convivenza umana:quando l’ “ecologia umana’ è rispettata dentro la società, anche l’e-cologia ambientale ne trae profitto (Caritas in veritate, n. 51).

Un diretto riferimento al Santo di Assisi l’ha fatto il nuovo papaFrancesco nell’omelia della messa d’inizio del suo ministero:

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PUBBLICAZIONI

Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, percustodire il creato! La vocazione del custodire, però, non riguardasolo noi cristiani, ha una dimensione che precede e riguarda tutti.È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci vienedetto nel libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francescod’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambientein cui viviamo. […] Ma per ‘custodire’ dobbiamo avere cura anche dinoi stessi! Ricordiamo che l’odio, l’invidia, la superbia sporcano lavita! Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sunostro cuore, perché è da lì che escono le intenzioni buone e catti-ve: quelle che costruiscono e quelle che distruggono! Non dobbia-mo aver paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!

È anche questa, di un papa che non a caso ha preso il nome diFrancesco, una ‘lauda’ che invita a una lode e a una custodia delcreato fondata addirittura sulla tenerezza.

Giuseppe Micunco

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Michele SamarelliUna stupenda mattina di novembre

Una stupenda mattina di novembre.Biografia spirituale di Maria Cordaro (1892-1913)a cura di Gabriella RoncaliEd. Stilo, Bari 2013

Indice:Introduzione di Gabriella RoncaliCENNI BIOGRAFICI DELLA SIGNORINA MARIA CORDAROMORTA IN CONCETTO DI SANTITÀ IN BARI IL 12 GIUGNO 1913Due parole a chi leggeI. I primi anni; II: Sua profonda pietà; III. Suo zelo; IV. Sua umiltà; V. Delsuo distacco; VI: Sua semplicità e prudenza; VII. Sua illibata purità; VIII:Sua carità; IX: Sua ubbidienza; X. Sua mortificazione; XI. Sua eroicapazienza; XII. Sua preziosa morteAppendice IArticoli pubblicati su «Il Risveglio» della signorina Maria Cordaro: Sirispetti l’infanzia!; La famiglia; I doveri dei genitori. L’esempio; I doveridei genitori: La correzione; I doveri dei genitori. Istruzione. I doveri deigenitori. Libertà e prudenza nella scelta dello stato; I doveri dei figli(I); Idoveri dei figli (II)

APPENDICE II. SCRITTI E TESTIMONIANZE SULLA VITA DI MARIA CORDAROTestimonianza familiare di Paolo CordaroRiservatissimaLettere: Lettera di Giovanni Binetti confessore di Maria Cordaro; Letteradi suor Immacolata; Lettera della sorella Giuseppina; Lettera di LuisaPiccarreta; Lettera di Matilde LeccisiUn lutto in redazioneLa biografia di Maria Cordaro

APPENDICE FOTOGRAFICA

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PUBBLICAZIONI

Dall’Introduzione

Maria Cordaro è stata una ‘piccola’ dal cuore grande di fronte a Dioe di fronte alle persone che ha incontrato. È nata e cresciuta in unabuona e laboriosa famiglia del Sud, ha coltivato conoscenze e ami-cizie con gioia e semplicità, ha amato la virtù in letizia e umiltà, haguardato con gli occhi della fede ciò che le accadeva, ha incontratocome compagna di strada la malattia. Insomma, ha incrociatocome tutti noi la vita, e da subito in essa ha incontrato Dio che l’at-tendeva. Quando si rende conto dell’amore di Dio, non cerca altroe Lui le si rivela come l’amore infinito che si dona sulla croce. Perseguirlo cerca la via dell’umiltà e della mitezza a somiglianza delsuo Signore, e quando si ammala comprende che nella malattia puòoffrire e donare la vita perché altri la ricevano: «solo la sofferenzapuò generare anime a Gesù» scrive santa Teresa di Gesù Bambino aCelina e Maria fa parte di quei ‘piccoli’ che fanno la scelta dell’ulti-mo posto, ricevono dall’alto il dono dell’intercessione e vedono laluce di Dio nel volto di ogni essere umano.Scrive l’amica Matilde: «tutti i suoi atti pensieri azioni erano comu-ni e ordinari ma fatti bene e perciò capaci di formare i santi». Comela sua vita è stato vangelo vivo, ricca di una pietà «non a rimorchiodegli avvenimenti» ma «ispiratrice degli avvenimenti», così la stessatrama del suo parlare e del suo scrivere, semplice e trasparente,appare tutta intessuta delle parole della Sacra Scrittura, che risuo-na con chiarezza nel cuore di chi legge.«Anima benedetta, che amando il tuo Dio sopra ogni cosa, non cer-casti altro che Lui e l’adempimento della sua volontà … anima elet-ta, che passasti sulla terra, come una forestiera e una pellegrina, conla mente e con il cuore rivolti alla patria celeste ov’era il tuo Dio, iltuo Gesù», anche noi confidiamo, con il tuo appassionato biogra-fo, che quel «candido giglio strappato sì presto alla terra e trapian-tato nelle eterne aiuole del Cielo» ottenga «una copiosa rifiorituradi altri gigli, che vengano […] ad abbellire e allietare anche la siti-bonda terra della Puglia!».

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Il 18 luglio 2013 è deceduto improvvisamente, a Canazei, nella Valledi Fassa, Trentino, don Giovanni Paccione. Entrato sin da ragazzonel Seminario Arcivescovile di Bari per seguire il cammino vocazio-nale, è passato, poi, al Seminario Regionale di Molfetta, per glistudi filosofici e teologici. Ordinato presbitero il 1 luglio 1962, haesercitato il ministero pastorale nella comunità della Chiesa Madredi Mola di Bari (dal 1962 al 1965), come vicario parrocchiale; quin-di è stato nominato parroco della parrocchia Sacro Cuore in Gioiadel Colle (1965-1977); poi arciprete di Toritto (1977-1984) ed, infi-ne, parroco della parrocchia Sacro Cuore in Bari (1984-2013).Nel corso della sua cinquantennale attività pastorale, ha realizzatoopere che rimarranno certamente nella memoria dei fedeli. A Gioiadel Colle, la ristrutturazione della chiesa come del cinema parroc-chiale, dove ha potuto tenere diversi incontri di cineforum. AToritto, ha costruito e realizzato il Centro parrocchiale, su una pro-prietà donata dal sac. Salvatore D’Innocenzo; una struttura, questa,dotata di salone, di locali per ufficio e per catechesi, oltre che dispazi e di attrezzature sportive, divenendo anche centro di spiritua-lità e di incontri di vita comunitaria. Al Sacro Cuore di Bari, havisto realizzato il suo desiderio: la costruzione e l’inaugurazionedella nuova chiesa nell’ex Monastero di Santa Scolastica, in viaCardassi; qui, oggi, è la nuova sede della parrocchia.Iniziato il suo ministero pastorale all’indomani dell’apertura delConcilio Vaticano II, don Giovanni si è speso subito in quel rinno-vamento ispirato dal Concilio stesso. Molti ricordano l’entusiasmocon cui don Giovanni organizzava e partecipava ai campeggi perragazzi, giovani ed adulti; le iniziative e le decisioni (spesso sofferte

don Giovanni Paccione

NELLA PACE DEL SIGNOREDOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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e incomprese) per coinvolgere tutta la comunità ad una sempremaggiore partecipazione attiva alla liturgia; la sua ferma insistenzanell’educare al senso di appartenenza alla comunità; il continuorichiamo alla centralità della Parola, fondamento della comunità; lasua determinazione nel guidare i catechisti ad un serio ed effettivoinserimento nella vita della comunità; la generosa e perseverantevolontà di istituire e mantenere, durante le festività, negli ambientiparrocchiali del S. Cuore di Bari, la mensa per i poveri; la costanzaper i tanti incontri informali con giovani ed adulti su diversi temidella realtà ecclesiale e sociale (anche nell’albergo dove annualmen-te dimorava nel mese di luglio). Solo gli ultimi anni della sua vita,causa la malattia che gli procurava tanta sofferenza, hanno vistodon Giovanni ridurre le sue attività, mantenendo sempre determi-nazione ed entusiasmo nel guidare la sua comunità, fino alla tantoattesa inaugurazione della nuova chiesa parrocchiale, avvenutavenerdì 7 giugno u.s. nella solennità del Sacro Cuore di Gesù. Amava molto la montagna, dove si recava nel periodo estivo per tra-scorrere giorni di riposo, e proprio lì è stato chiamato dal Signore adentrare nella beatitudine del suo Regno. «Il mio funerale sia povero: néfiori, cortei, accompagnamenti. Sia fatto nel luogo dove muoio. Siasepolto per terra, con una croce di legno senza nome né fotografie. Siacelebrata l’Eucarestia di Pasqua» (dal testamento). Rispettando la suavolontà testamentaria, nella chiesa parrocchiale di Canazei sono statecelebrate le esequie: presenti alla concelebrazione, il Vicario generale diBari-Bitonto, mons. Domenico Ciavarella, don Massimo D’Abbicco,vicario parrocchiale al S. Cuore di Bari, e don Stefano Maffei, parrocodella chiesa parrocchiale di Canazei, dedicata (coincidenza?) al SacroCuore. In contemporanea, una messa di suffragio è stata celebratanella sua chiesa parrocchiale del Sacro Cuore in Bari, con la parteci-pazione di vari sacerdoti e di tanti fedeli che gremivano la chiesa.«Sul monte/ del tramonto/ la tua figura si ergeva…/mi sono avvici-nato al tuo mistero/ d’amore… Io vorrei avvicinarmi alla tua croce/salire con te/ portando chi mi ama e anche chi mi fa e faccio soffri-re…Puoi rendere pura/ come la tua, la mia vita?/ Aiutami… perchérisorga come tu/desideri per me e per chi mi hai posto vicino» (daisuoi scritti in versi: 5 aprile ‘91). Su quel “monte” ora riposa il suocorpo nell’attesa della risurrezione finale. Il Cuore di Gesù lo avvol-ga per l’eternità nel Suo grande “mistero d’amore”.

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DIARIO DELL’ARCIVESCOVODOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

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1-6 – Presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, guida un corso diesercizi spirituali intercongregazionale.

6 – Alla sera, presso la parrocchia S. Maria della Pace in Noicat-taro, celebra la S. Messa per l’ordinazione sacerdotale di donGerry Zaccaro.

7 – Al mattino, nella chiesa di Maria SS. degli Angeli in Bari, cele-bra la S. Messa per la festa della Titolare.

8 – Alla sera, in Sannicandro di Bari, partecipa alla cerimonia diintitolazione di una strada del paese a don Nicolino Guglielmi,fondatore della “Casa del fanciullo”.

11 – Al pomeriggio, presso la parrocchia S. Gabriele dell’Addo-lorata in Bari, celebra le esequie di p. Augusto Sagaria, C.P.

12 – Alla sera, presso il santuario dei SS. Medici in Bitonto, incon-tra i membri dell’UNITALSI.

27 – Alla sera, in Bitonto, inaugura i restaurati giardini pensili del-l’ex Seminario diocesano.

28 – Presso la sede regionale RAI di Bari, dà un’intervista sullaprossima Giornata mondiale della Gioventù.

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Agosto 2013

4 – Al mattino, presso la parrocchia S. Giuseppe Moscati inTriggiano, celebra la S. Messa.

7 – Alla sera, presso la chiesa di S. Rocco in Gioia del Colle, cele-bra la S. Messa e benedice la restaurata statua lignea di “S.Rocco con la borsa”.

11 – Alla sera, nella chiesa di S. Nicola de Protonotariis in Grot-teria (RC), celebra la S. Messa per la festa patronale nella chiu-sura dell’anno giubilare.

14 – Al mattino, nella Cattedrale di Otranto, presiede la concelebra-zione della S. Messa per la festa dei Santi Martiri d’Otranto.

19 – Alla sera, presso la parrocchia Sacro Cuore in Bari, celebra laS. Messa di Trigesimo di don Giovanni Paccione.

28 – Alla sera, presso la parrocchia S. Maria Assunta in CassanoMurge, celebra la S. Messa per l’ordinazione sacerdotale didon Nicola Simonetti.

29 agosto-5 settembre – Guiida il pellegrinaggio diocesano in TerraSanta in occasione dell’Anno della fede.

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ANNOTAZIONI

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