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Diritto Bancario Canale D L. D. F. Compendio di Diritto Bancario integrato con appunti del docente e articoli del TUB (con relativa interpretazione). Liberamente tratto da: L'Ordinamento Finanziario Italiano"- Francesco Capriglione.:

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Canale D

L. D. F.

Compendio di Diritto Bancario integrato con appunti del

docente e articoli del TUB (con relativa interpretazione).

Liberamente tratto da: L'Ordinamento Finanziario Italiano"-

Francesco Capriglione.:

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Premessa

Chi siamo

Appunti Luiss è un progetto nato per rendere meno difficoltosa e più soddisfacente

la vita universitaria.

Questo è stato possibile perché il team di appunti Luiss ha fatto una scoperta tanto

banale quanto geniale: la collaborazione tra studenti tramite la condivisione di

esperienze universitarie facilita il superamento degli esami. Tale collaborazione e

condivisione, molto spesso, si concretizza nella produzione, anche involontaria, di

lavori come appunti, compendi o esplicazioni.

Ora, dato che la diffusione di questo tipo di lavori aiuta lo studio e il superamento

degli esami, il favorire tale diffusione è il primo obbiettivo che Appunti Luiss si

propone.

Il secondo obbiettivo che ci proponiamo è quello di valorizzare questo tipo di lavori.

Tale valorizzazione, per natura, produce un doppio effetto: favorisce la diffusione,

incentivando gli studenti a produrne sempre di più, e costituisce la giusta

ricompensa per gli studenti che li hanno prodotti agevolando anche il

sostentamento dello studente stesso.

Insomma, quello che Appunti Luiss vuole fare è aiutare gli studenti e premiare

coloro che hanno reso questo possibile.

Appunti Luiss Team

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Sommario

Chi siamo ............................................................................................................................................................................................ 2

CAP. 1 IL SISTEMA DELLE FONTI ............................................................................................................................................ 4

CAP. 2................................................................................................................................................................................................ 12

CAP 3 ................................................................................................................................................................................................ 22

CAP. 4 LE FORME DI VIGILANZA ......................................................................................................................................... 25

CAP 8 GLI INTERMEDIARI FINANZIARI ............................................................................................................................ 46

CAP 9 ................................................................................................................................................................................................ 61

CAP.10 .............................................................................................................................................................................................. 70

CAP.12 LA CRISI DELLA BANCA E DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI .............................................................. 79

CAP.14 .............................................................................................................................................................................................. 95

CAP.17 ........................................................................................................................................................................................... 100

CAP.15 ........................................................................................................................................................................................... 101

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CAP. 1 IL SISTEMA DELLE FONTI

FONTI DI NORMAZIONE PRIMARIA Il sistema delle fonti di produzione normativa in campo bancario e finanziario ripete lo schema gerarchico che qualifica le forme di regolazione del nostro ordinamento: 1. Costituzione 2. Legge ordinaria 3. Atti aventi forza di legge (legge delega) 4. Leggi regionali 5. regolamenti (atti di normazione secondaria - sul quale prevale il TUB) 6. prassi A fronte della ripartizione tradizionale indicata dall’ Art.1 disposizioni preliminari di approccio all'ordinamento finanziario si hanno provvedimenti normativi:

• Di origine statale (Costituzione e Legge Ordinaria) • Risalenti a Enti (Regionali) • Risalenti a Autorità amministrative ( Banca d’Italia, CONSOB, ISVAP, Antitrust)

Alle fonti di diritto interno si affianca la normativa (regolamenti e direttive) proveniente dagli organi comunitari riguardanti le materie previste nel Trattato istitutivo della Comunità (concorrenza-libertà di circolazione-stabilità). Obiettivi macroeconomici: stabilità = sistema finanziario sicuro, non speculativo; efficienza dei mercati. A partire dagli anni ’70 (del 900) il diritto comunitario ha giocato un ruolo fondamentale nell’arricchimento e ammodernamento dell’apparato disciplinare nazionale. FONTI INTERNE

1. Principi Costituzionali

Art. 41. Cost.

L'iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Il contenuto normativo dell’art.41 Cost. si riferisce alle imprese bancarie, ed ha posto l’accento sul principio generale di libertà che caratterizza l’attività imprenditoriale, salva la previsione di una riserva di legge per la determinazione di programmi e controlli adeguati al coordinamento della stessa per finalità sociali.

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Art. 47. Cost

La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito.

Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese. Nell’art.47 Cost. sono indicati come compiti della Repubblica, oltre alla tutela del risparmio in tutte le sue forme, la disciplina, il coordinamento e il controllo dell’esercizio del credito. L’affermazione di un interesse pubblicistico ad una disciplina unitari del settore esprime l’intento legislativo di assegnare alla Repubblica il dovere di disciplina il settore bancario. Perciò si può dire che l’art. 47 costituzionalizza il diritto bancario. La coesistenza tra le due norme va ricondotta ad una specificazione dell’art.47 rispetto all’art.41, per cui (con riguardo al settore del credito) viene considerata l’adozione di una tecnica (amministrativa) d’intervento aderente in maniera adeguata alla realtà economico finanziaria su cui è destinata ad applicare la propria azione. Il carattere imprenditoriale dell’attività bancaria viene ritenuto compatibile con la previsione di un sistema di controlli pubblici sulla stessa vista la compatibilità tra l’utilizzo degli strumenti di vigilanza sugli enti creditizi e l’obiettivo della tutela del risparmio. Nel riferimento alla tutela del risparmio come valore economicamente e socialmente rilevante, viene ricondotta ai compiti della Repubblica la difesa della moneta, come elemento in cui si traduce la liquidità. Tutela del credito in tutte le sue forme:

1. Se risparmio consapevole (azioni/obbligazioni) i risparmiatori partecipano al rischio di default della banca.

2. Se il risparmio è inconsapevole (cc bancario, depositi a vista) il risparmiatore non partecipa al default.

Evitare il default delle banche vuol dire tutelare i risparmiatori. Dal 2000, cambiando lo scenario finanziario, muta l'interpretazione dell'articolo: viene esteso non solo alle banche ma anche alle assicurazioni e agli intermediari finanziari.

2. Interventi di legislazione speciale ed emanazione di testi unici Per far fronte all’esigenza di adeguare la regolazione alla nuova realtà socio economica del secolo scorso si è dato vita ad una proliferazione di leggi speciali. Sempre più è stata avvertita l’esigenza di una stabilità normativa. Da tante leggi speciali si passa all’elaborazione di testi unici.

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Agli inizi degli anni ’90 del 900 si parla di testi unici legislativi che sono in grado di offrire un compendio unificato e coordinato della regolazione vigente. In tal modo si intende superare la frammentazione che in precedenza aveva caratterizzato la disciplina della materia bancaria. L’emanazione del Testo Unico Bancario (d.lg.n.385/1993) risponde pienamente a tale finalità. FONTI ESTERNE NORMATIVA DI DERIVAZIONE COMUNITARIA Anni '70 contrasto tra la Corte di Giustizia Europea e Corte Costituzionale Italiana sull'applicazione delle norme: i regolamenti (trattati comunitari) europei prevalgono sulla Costituzione italiana ad esclusione dei primi 12 articoli. Normativa Europea:

1. fonti vincolanti (legislazione primaria): se non rispettate comportano delle sanzioni. Si dividono in:

- Regolamenti: direttamente applicabili - Direttive : devono essere recepite tramite un provvedimento nazionale (con decreto legislativo delegato che recepisce la direttiva europea). Si compongono di una parte obbligatoria e una parte facoltativa che permette agli stati di mantenere la loro tradizione. Le direttive sono più lente rispetto ai regolamenti. Esiste una categoria di direttive self executing le quali sono direttamente applicabili anche senza essere recepite mediante decreto legge (in futuro devono essere recepite anche formalmente, ma temporaneamente possono essere applicate nei loro caratteri generali). 2. fonti non vincolanti: raccomandazioni, parere (es. Basilea)

• Direttiva CEE 771780 (1967): prima direttiva CEE in materia bancaria e creditizia: le banche sono definite come imprese ed il rilascio delle autorizzazioni per esercitare attività bancaria non prevede alcun potere discrezionale ad opera delle banche nazionali. Fu recepita in Italia nel 1985 a causa dell'uso abituale ed incontrastato della BI di dare a sua discrezione le autorizzazioni suddette. In Italia dal 1966 al 1986 si ebbe una vera e propria sospensione delle autorizzazioni per diventare istituti bancari nel nostro Paese; la BI riteneva, infatti, che esistessero già troppi istituti di credito ... in ossequio alla LB del 1936, ricordiamo, l’attività bancaria doveva essere tutelata in quanto foriera di un servizio percepito come pubblico per la collettività;

• Direttiva CEE 891646 (1989): recepita in Italia con D.Lgs. 481/1992, confluito nel TUB del 1993; fu la seconda direttiva CEE in materia bancaria, definita come "pietra angolare" del diritto bancario comunitario. In merito alla direttiva si parla di:

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� "mutuo riconoscimento": la normativa bancaria esistente nei vari paesi europei dev'essere rispettata anche all'estero, in ossequio alla libertà di circolazione di capitali, merci e servizi sancita dal Trattato di Roma);

� "libertà di stabilimento": abolizione delle autorizzazioni date discrezionalmente a livello internazionale per lo svolgimento dell'attività bancaria fuori confine;

Le innovazioni introdotte dal diritto comunitario hanno contribuito a tracciare il quadro di un cambiamento la cui realizzazione ha impegnato tutti i paesi aderenti, determinando l’esigenza di forme unitarie di regolazione. Finalità degli interventi normativi comunitari sono:

• Principi che assicurino la sana e prudente gestione • La libera competitività • La serietà sotto il profilo patrimoniale • L’assunzione di modalità organizzative adeguate alle innovazioni finanziarie.

In ambito europeo si individua l’intento di orientare le banche verso un’operatività che va oltre i confini nazionali. Da qui assume particolare rilievo la definizione delle problematiche di vigilanza bancaria sulle quali incidono le indicazione del “rapporto Lamfalussy” (che si propone di individuare modalità specifiche per l’elaborazione e l’approvazione di nuove regole comunitarie in ambito finanziario) e le indicazioni del “Nuovo Accordo di Basilea” (che ha determinato la portata della vigilanza prudenziale attribuendo alle autorità di settore un ruolo diverso rispetto a quello precedente). In vista dell’obiettivo di una maggiore efficienza dei mercati finanziari, l’intento di armonizzare al meglio le norme che ne regolano l’organizzazione e il funzionamento ha trovato espressione nell’esigenza di trovare una procedura che consentisse una rapida elaborazione di regole comuni. Il “Rapporto”, elaborato dal Comitato Lamfalussy prevede la formazione delle regole articolata in due momenti:

1. la Commissione, previa consultazione con il Consiglio ed il Parlamento europeo, adotta proposte di direttiva aventi carattere generale

2. la Commissione si avvale della consulenza tecnica del Commitee of Europea Securities Regulators (CESR), che a sua volta si consulta con i partecipanti al mercato e con i consumatori, per l’elaborazione di provvedimenti normativi particolari che vengono adottati dopo aver sottoposto la proposta di regolamentazione all’ European Securitie Commitee (ESC).

La consultazione degli agenti economici interessati alla nuova normativa consente il coinvolgimento dei destinatari della stessa nella determinazione dei relativi contenuti tecnici. Ciò ha come effetto positivo la possibilità che la normativa risulti adeguata alla realtà. Più in particolare: 4 stadi di sviluppo, presieduti ciascuno da commissioni tecniche:

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1) I Livello: Principi quadro : gestito da Comitato; linee guida essenziali definite nella normativa primaria. Inderogabili. Sono le Direttive e Regolamenti CEE ed UE;

2) II Livello: Normative di attuazione : gestito da Comitato; ed esempio, i decreti con cui vengono recepite le Direttive, più Regolamenti particolarmente sensibili e con contenuti più articolati

3) III Livello: Cooperazione tra le autorità di vigila nza dei mercati finanziari nazionali,

gestito dal Comitato CESR. Assicurare un omogeneo recepimento nei singoli sistemi finanziari;

4) IV Livello - Controllo dei testi adottati ; gestito direttamente dalla Commissione Europea; corretto recepimento o meno della normativa comunitaria ed eventuali procedure di infrazione nei confronti dei Paesi UE;

A seguito della crisi finanziaria (2007-2012) la Procedura Lamfalussy verrà riformata e sostituita dal SEVIF e le Commissioni che guidavano i vari livelli verranno trasformate nelle authorities che andranno a formare il CERS. Il Nuovo Accordo di Basilea (Basile III) è importante non solo per la definizione di congrui requisiti patrimoniali (in funzione di una misura più precisa e completa dei rischi), ma anche per la creazione di incentivi per migliorare la gestione dei rischi da parte delle banche e mantenere condizioni di parità concorrenziale. Viene anche ipotizzata l’applicazione di rating interni che, attraverso sofisticati meccanismi di ponderazione, consentono di raccordare le scelte di gestione a valutazioni sulle probabilità di rischio Dopo Basilea II si introduce la “Regolamentazione per incentivi”: questa induce gli intermediari a predisporre in via autonoma (al proprio interno) modelli di misurazione del rischio. Tale innovazione modifica i processi di controllo prudenziale. Consente di avere un premio. È una forma di autoregolazione, in quanto la vigilanza regolamentare (interventi di normazione secondaria) provvede unicamente a convalidare i modelli. NORMATIVA EMANATA DALLE AUTORITA’ DI SETTORE Con la revisione del modello organizzativo bancario; avutasi con la riforma della regolazione di settore del 1936 si diede vita ad un sistema disciplinare in grado di coordinare le direttive della politica con il tecnicismo dell’attività amministrativa in vista della formulazione di regole caratterizzate da elasticità e flessibilità. (vedi art 47 Cost.) A partire dagli anni '30 in Italia le autorità per il rispetto delle normative sul credito sono:

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- CICR - Ispettorato della Banca d'Italia Tali misure erano, quando furono concepite, congeniali alla presenta di uno Stato interventista come era il Regno d'Italia all'epoca. Nel 1988 la Corte Costituzionale della Repubblica Italiana ammise che le norme emanate dell’autorità di settore avessero contenuto normativo laddove fossero generali, astratte e conoscibili ai destinatari; il che vuol dire che le autorità di vigilanza, per far valere la superiorità delle loro disposizioni su quelle generali, hanno dovuto iniziare in maniera sistematica la pubblicazione attraverso bollettini i principi e criteri dell'attività di vigilanza, cosa poi sancita ufficialmente nel TUB. I PROCESSI DI DEREGOLAMENTAZIONE E DI AUTOREGOLAMEN TAZIONE L’espansione su scala mondiale delle relazioni tra Stati segna il momento di emersione dei limiti intrinseci a ciascun sistema. Ne consegue una rivisitazione dei modelli di regolamentazione. Il diffondersi della tendenza alla multinazionalizzazione dell’economia non ha dato vita ad un diritto sovranazionale ma ha contribuito alla realizzazione di una deregolamentazione cha ha inciso sulla frammentazione delle foni di produzione normativa. Lo snellimento burocratico e normativo ha rappresentato per l’Italia una vera e propria novità per permetterle di adeguarsi al sistema europeo. Affiancato alla deregolamentazione si avrà un processo di autoregolamentazione ad opera di associazioni di imprese e di categoria. Gli input allo snellimento normativo vanno correlati alla tendenza a realizzare forme di trasparenza nei rapporti negoziali e nell’intento di dare contenuto al diritto di informazione dei cittadini. A tal proposito l’emanazione della l. 23 agosto 1988 n.400 prevede un meccanismo di delegificazione, nonché il riconoscimento di un diretto accesso ai documenti amministrativi previsto dalla l. n. 241 del 1990. La crisi finanziaria del 2007 sta evidenziando i limiti del processo di autoregolamentazione, in quanto non è riuscita ad evitare che i mercati risultassero esposti alle bolle speculative, ed a impedire l’incidenza negativa dei derivati, causa della loro potenziale instabilità sistemica. LA CONSULTAZIONE PREVENTIVA Il meccanismo di consultazione preventiva: orientamento dell’autorità di procedere all’adozione di atti regolamentari e generali previa consultazione degli organismi rappresentativi dei soggetti vigilati, dei prestatori dei servizi finanziari e dei consumatori. Prassi che è stata consacrata a livello giuridico formale dalla l. n. 262 del 2005. Art.23 Si applica il "principio di proporzionalità ", inteso come criterio di esercizio del potere adeguato al raggiungimento del fine, con il minor sacrificio degli interessi dei destinatari. Le autorità di settore in caso di necessità e di urgenza possono derogare al principio di

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proporzionalità. La regolazione di settore diviene coerente con le proposte che provengono dalle associazioni rappresentative degli operatori e dei consumatori. Per quanto riguarda l’obbligo di motivazione dei provvedimenti emanati dalle autorità di settore, questi ultimi devono essere accompagnati da una relazione che ne illustra le conseguenze sulla regolamentazione, i riflessi sull’analisi d’impatto, con esplicito rinvio ai criteri della better regulation, seguita in ambito comunitario, di cui essa è presupposto. Better regulation: tentativo, nella tecnica di redazione di norme e regolamenti, di ricercare la miglior regolazione di un dato fenomeno. I risultati di tali tecniche sono, in ordine operativo sequenziale nell'ambito di associazioni di vigilanza del settore bancario:

1. AIR : Analisi d'Impatto della Regolazione, ovvero la presenza di uffici in autorità di settore che stabiliscono gli impatti di una bozza di regolamento che si sta per emanare;

2. VIR : Valutazione dell'Impatto di Regolazione, un feedback dell'applicazione della regola Il principio di sussidiarietà del Trattato CE ha introdotto la prescrizione secondo cui la Comunità interviene “soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri”. Detto principio costituisce “strumento giustificativo di un’ulteriore espansione degli interventi comunitari in aree sin qui riservate alle singole sovranità statali”. Risulta particolarmente avvertita la necessità di evitare che la tendenza all’autocentrismo disciplinare degli Stati, prevalendo sulle indicazioni rivenienti dal regolatore comunitario, finisca col disattendere gli obiettivi di unitarietà ed armonizzazione delle normative che quest’ultimo si è proposto negli interventi destinati al sistema finanziario. Le prescrizioni nazionali destinate a dare contenuto alle indicazioni della disciplina comunitaria non dovrebbero derivare “obblighi aggiuntivi”, salvo casi eccezionali. L’eventuale scelta, a livello di singoli Stati membri, di una normativa più agevolativa rispetto a quella suggerita dalla Comunità darebbe di certo adito ad un’ipotesi di concorrenza tra ordinamenti, con l’ovvia conseguenza di dover senz’altro ammettere la prevalenza della seconda e, comunque, la possibilità che notevoli squilibri abbiano a verificarsi nelle relazioni finanziarie. La predisposizione di “atti aventi natura regolamentare o di contenuto generale” ai sensi dell’art. 23 della l.n.262 del 2005, deve avvenire secondo il principio di proporzionalità. Esso va inteso come “criterio di esercizio del potere adeguato al raggiungimento del fine, con il minor sacrificio degli interessi dei destinatari”, e si realizza anche mediante consultazione degli “organismi rappresentativi dei soggetti vigilati, dei prestatori di servizi finanziari e consumatori”. LA VALIDAZIONE DELLE LINEE GUIDA ELABORATE DALLE AS SOCIAZIONI DEGLI INTERMEDIARI

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L’imposizione di vincoli normativi non è avvertita come eccessiva da parte di coloro che hanno la consapevolezza di aver concorso alla determinazione delle misure. La direttiva viene sviluppata in modo da colmare il divario tra le regole di condotta generali ed astratte e l’approccio concreto che viene richiesto ai singoli operatori. Particolarmente significativo è il supporto operativo fornito dalle Associazioni degli intermediari nell’approfondimento delle problematiche applicative che si individuano in materia di prestazione di servizi di investimento. La definizione di apposite linee-guida, predisposta dalle Associazioni è stata ritenuta dall’Autorità di settore particolarmente adatta nell’assicurare l’obiettivo di una piena rispondenza della regolazione. Le linee-guida della Associazioni devono essere coerenti con le posizioni assunte dal nostro Paese nelle sedi internazionali; oltre che con l’attività interpretativa sviluppata dall’Autorità nazionale. Da qui l’esigenza di dar corso ad un processo di pubblica conferma o validazione a cui provvedono le amministrazioni di controllo. Il controllo consiste in una verifica di compatibilità delle linee-guida con la disciplina secondaria di riferimento. MORAL SUASION - tecnica informale di regolazione Le autorità, nello svolgimento dei compiti istituzionali, hanno integrato la strumentazione tecnico - amministrativa con l’impiego di un rimedio informale: la moral suasuion Operazione svolta dalla Banca d'Italia prima e da altre categorie poi: persuasione morale tramite l'indicazione di comportamenti da tenere agli intermediari con meri documenti e dichiarazioni, senza valore legislativo e vincolante. Esempio tipico sono le dichiarazioni del Governatore della Banca d'Italia all'assemblea degli azionisti o la Relazione Annuale della CONSOB o la Relazione Annuale dell'Associazione Bancaria Italiana. Le prime tecniche di persuasione morale sono iniziate negli anni '50 ed hanno man mano assunto un ruolo decisivo nella gestione e nel controllo del sistema finanziario e bancario. La moral suasion è uno strumento che consente alla Pubblica Amministrazione di ispirare il suo intervento al principio del consenso dei destinatari cui la sua azione è rivolta. SOFT LAW Definizione: legislazione soffice contrapposta all’"Hard law", secondo alcuni; in realtà non ha niente a che vedere con gli ordinamenti giuridici in senso stretto. E' un meccanismo di produzione di regole finanziarie informali in ambito internazionale (raccomandazioni, inviti, standard, "best practices", moral suasion, etc...) e nato nei sistemi di common law e diffusasi nei sistemi di civil law (basati, invece, su "Hard law"). Tale realtà è concretizzata in numerosi organismi internazionali che producono pratiche, standard operativi e requisiti per il settore (come il Comitato di Basilea) pur senza che i risultati di tali accordi e contratti abbiano valenza di legge o obbligatoria. La caratteristica positiva è che le regole vengono osservate spontaneamente in quanto tutti i

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partecipanti ai vari board hanno avuto, nei lavori, voce in capitolo ed hanno dimostrato l'interesse alla stipulazione dell'accordo, con un meccanismo partecipativo condiviso e dal basso. Nel momento in cui si recepiscono le direttive in provvedimenti formali si passa all’"Hard law".

CAP. 2

L'EVOLUZIONE NORMATIVA L'Unità politica italiana (sec. XIX) trova realizzazione in un momento storico in cui il nostro Paese presenta una struttura prevalentemente agricola con l'assenza si un processo industriale e di un sistema bancario e finanziario progredito in grado di poter supportare lo sviluppo economico. In un tale contesto storico il legislatore presta limitata attenzione al fenomeno monetario senza però interessarsi all'attività delle banche. Nei decenni successi all'Unità ci troviamo difronte a una contraddizione: da una parte una politica di unificazione monetaria e dall'altra un pluralismo delle banche di emissione. In questi anni non è avvertita l'esigenza di sottoporre a controllo pubblico l'attività bancaria in quanto la realtà economica esistente non permettere di dare il giusto peso all'azione creditizia. Per tale ragione le banche vengono equiparate a tutti gli altri soggetti che svolgono un'attività a carattere imprenditoriale. Questi anni sono caratterizzati dal modello della banca mista:

- non vi è correlazione temporale tra raccolta e erogazione del credito: il denaro raccolto a breve viene indifferentemente impiegato in operazioni a breve, medio e lungo termine;

- i finanziamenti sono effettuati, anziché mediante il ricorso al servizio del credito, attraverso l'assunzione di partecipazioni al capitale delle società destinatarie degli impieghi (inevitabilmente, in tal modo, si finisce col legare tra loro le sorti delle banche e dell'industrie).

DALLA NORMATIVA IN MATERIA MONETARIA DI FINE ‘800 I NIZI ‘900 ALLA

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ILEGGE BANCARIA DEL 1929 La spiccata propensione al risparmio della popolazione che agisce da sostituto alla carenza di mezzi finanziari nel nostro Paese. Nei primi anni del XX secolo si ritiene meritevole di particolare protezione giuridica lo svolgimento dell'attività bancaria e sottoporla a forme di controllo pubblico. La realtà italiana è caratterizzata da una forte presenza dello Stato in economia:

- può essere titolare di imprese; - può assumere il sostegno finanziario di iniziative economiche; - proporre regole che disciplinano particolari settori e attività.

L'istituzione della Banca d'Italia , avvenuta con la L. 10 agosto 1893 n. 449 e la riconduzione a soli tre istituti (Banco di Napoli, Banco di Sicilia e Banca d'Italia) del potere di battere moneta segnano una tappa importante. L'emanazione del Testo Unico sugli Istituti di Emissione (L. 29 aprile 1910 n. 204) determina, a livello normativo, la quantità di denaro che gli istituti di emissione possono emettere (viene istituito un conto corrente di Tesoreria a cui lo Stato pub attingere in caso di bisogno, ma sconfinamenti da tale conto sono ammessi non oltre il 14%. Nei 20 gg successivi vi deve essere un reintegro dello sconfinamento). Si provvede, inoltre, a sottoporli a vigilanza governativa. In questo modo si è voluto mettere un limite al ricorso indiscriminato agli Istituti di emissione. Emanazione della prima disciplina delle "borse valori" (L. 20 marzo 1913 n. 272): definisce le modalità per l'emissione delle borse di commercio e per l'ammissione alle quotazioni e attribuisce particolari poteri al Ministro delle finanze per garantire il regolare andamento degli affari nelle singole borse.

• R.D.L. 5 maggio 1926 n. 812 con il quale l'emissione viene affidata alla sola Banca d'Italia

• RR.DD.LL. 7 SETTEMBRE 1926 E 6 NOVEMBRE 1926 n. 1830 IN TEMA DI TUTELA DEL RISPARMIO

ratio: affidare il controllo sulle banche sia ad autorità politiche che tecnica in vista di assicurare la stabilità delle banche attraverso la realizzazione di sane e prudenti gestioni. A tal fine vengono predisposte forme di vigilanza sulle banche (controlli sul credito, sui bilanci) e obbligo di destinare almeno un decimo degli utili annuali a riserva (fino a quando essa non avesse raggiunto il 40% del capitale). La conservazione della legge bancaria del 1926, del modello della banca mista e la mancata ricerca di forme pii penetranti di controllo sull'attività delle banche si rileverà cruciale a fronte degli eventi della crisi economica degli anni '29 —'30. CRISI INDUSTRIALE DEL 1929 Caduta dei consumi accompagnata da un ristagno della domanda. Spirale negativa costituita dal timore (dei depositanti) di fallimenti delle banche seguito dal ritiro dei depositi e da una maggiore domanda del circolante = carenza di liquidità. A fronte di questa situazione la banche centrali non procedettero ad un'adeguata espansione della massa monetaria.

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La conservazione del modello della banca mista e le limitate forme di vigilanza pubblica sul settore non evitarono che la crisi si trasferisse dall'industria alla finanza. La grande depressione del '29 evidenziò i limiti di questo sistema. Il timore di sconvolgimenti futuri si trasformò in un'eccessiva regolamentazione nel nostro Paese che portarono ad un meccanismo negatorio del mercato e della concorrenza.

LA RIFORMA LEGISLATIVA DEGLI ANNI ’30: IL MODELLO D I BANCA PURA.

La spirale negativa che alimentò il clima di sfiducia dei risparmiatori indusse ad ipotizzare l’introduzione di meccanismi di controllo destinati ad evitare le criticità connesse ad una diffusa carenza di liquidità, ed un insufficiente controllo sugli appartenenti al settore.

La grande crisi indusse a riflettere sulla concezione interventistica pubblica in economia: nuovo modello organizzativo bancario idoneo a supportare un adeguato sviluppo economico.

Gli anni ’30 del 900 conoscono un processo di progressiva pubblicizzazione della gestione delle imprese: creazione dell’I.R.I. .

Legge bancaria del ’36: predisposizione di complesse forme di intervento pubblico sono alla base di questa riforma. Il modello di banca pura (di cui la nuova legge è portatrice) appare incentrato sulla distinzione tra aziende di credito, che svolgono la loro attività nel breve termine, ed istituti di credito speciale (che si rivolgono a specifici settori della produzione industriale operando nel medio lungo termine.

La nuova costruzione normativa consente di superare gli inconvenienti derivanti dalla mancata correlazione tra “raccolta” ed “impieghi”.

La predisposizione di apposite autorizzazioni per forme di impiego particolari (attraverso un’adeguata valutazione del merito di credito) e per l’assunzione di partecipazioni bancarie (separatezza banca industria) identifica un ulteriore elemento di stabilità del sistema.

Un’interpretazione eccessivamente vincolistica di tale normativa speciale ha fatto si che il nostro sistema finanziario sia rimasto a lungo lontano dall’affermazione di una logica concorrenziale.

Una troppo rigida applicazione del modello di banca pura ha agito da freno ai fini dell’ampliamento della sfera di attività degli enti creditizi.

La riforma riguarda anche la struttura di vertice dell’ordinamento creditizio: accentramento degli strumenti di direzione fa capo a tre organi.

Diarchia politico-tecnica:

• Ispettorato per la difesa del risparmio e per l’esercizio del credito (Presidente=Governatore della Banca d’Italia

• Il Comitato dei Ministri presieduto dal Capo del Governo (1936-1947 poi sostituito dal

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CICR ) • Il Comitato corporativo centrale.

Il Comitato dei Ministri ha il potere di fissare le direttive per l’azione dell’Ispettorato sentito il Comitato corporativo centrale.

Ciò si traduce nella possibilità di tradurre le “direttive” dell’autorità politica in “provvedimenti” di formazione secondaria, che si rivolgono a tutti gli appartenenti al settore.

Art. 1 LB ’36: la concessione dell’autorizzazione per esercitare attività bancaria può essere concessa solo se si esercitano contemporaneamente funzioni di raccolta di risparmio ed erogazione del credito. Si sancisce che la funzione bancaria è considerata d’interesse pubblico.

Art. 20 LB ’36: (rifuso nel TUB e nello statuto della Banca d’Italia) natura pubblicistica della Banca d’Italia S.p.A.

Art. 41 LB ’36: : indicazione degli Istituti di Credito Speciale, istituti di credito di natura pubblicistica partecipati dallo Stato, ma considerati pur sempre banche. Inizialmente la normativa bancaria del 1936 non doveva essere estesa anche a tali enti.

CRITERI ISPIRATORI DELLA RIFORMA

I principi ispiratori della riforma del ’36:

creare una sorta di “legge quadro” nella quale sono identificate le autorità competenti ad esercitare poteri di intervento e le materie in relazione alle quali detti poteri trovano esplicazione.

Ratio della dottrina dominante è stata rinvenuta nella “fortissima inerenza” dell’attività bancaria “di pubblici interessi di grande rilievo: la tutala del risparmio e l’equilibrato sviluppo del mercato finanziario.

Il complesso dispositivo del 1936 accoglie gli impulsi verso la pubblicizzazione del settore indotti dalla crisi del ’29. Da qui appare chiaro il quadro storico :

• Affermazione del controllo pubblico • Imposizione di vincoli agli appartenenti all’ordinamento creditizio

• Percentuale di banche pubbliche nettamente superiore a quelle private

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• Dichiarazione solenne della natura giuridica pubblica della Banca d’Italia da parte dello Stato.

Appare chiara la preoccupazione del legislatore: assicurare (attraverso l’unicità dell’organismo di controllo) la stabilità degli enti bancari, più che a realizzare forme di controllo macroeconomico dell’economia.

LA LEGISLAZIONE ECONOMICA DEL DOPOGUERRA E L’EVOLUZ IONE NORMATIVA SUCCESSIVA: PRINCIPI DI DISCIPLINA DI SET TORE

I provvedimenti legislativi del dopoguerra lasciano nella sostanza immutata la riforma del ’36, nonostante alcuni importati cambiamenti nella sistematica dell’ordinamento bancario.

• d.l.C.p.S. del 17 luglio 1947 n. 71: viene sostituito l’originario Comitato dei Ministri presieduto dal Capo del Governo un Comitato interministeriale per il credito e il risparmio presieduto dal Ministero del Tesoro.

• d.l. lgt. 14 settembre 1944 n. 226: l’Ispettorato per la difesa del risparmio e dell’esercizio del credito viene soppresso e le sue funzioni vengono devolute alla Banca d’Italia.

Importante segnale del cambiamento recato dalla legislazione del dopoguerra è offerto dall’inquadramento costituzionale riservato all’attività bancaria (Art. 41 e art. 42 Cost.).

• d.p.r. 30 marzo 1968 n. 62 a norma del quale il CICR si attiene alle direttive generali del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) per la ripartizione globale dei flussi monetari fra le varie destinazioni, in conformità alla linee di sviluppo fissate dal programma economico nazionale. La norma non ha avuto seguito pratico per la mancata realizzazione nel nostro Paese dei piani di settore.

Col tempo si comprende come la stabilità dei mercati finanziari, come garanzia della stabilità e dello sviluppo dei fattori produttivi, vada vista in primo luogo come l’affermazione delle condizioni che ne assicurino l’operatività secondo principi di mercato. Ciò porta:

• ad una revisione delle cause che si ponevano a fondamento della separazione tra aziende di credito ordinario e istituti speciali; l. 10 febbraio 1981, n. 23 con la quale si riconducono tutti gli istituti di credito speciale nell’ambito dispositivo dell’intera legge bancaria.

• ad una revisione dell’azione interventistica dello Stato ribadendo la necessità di evitare forme di coinvolgimento della banca centrale in attività di allocazione delle risorse che non le compete.

• L.n. 216/1974 (c.d. miniriforma societaria): delinea il quadro sistematico per promuovere gli investimenti azionari, assicurare l’informazione societaria e la vigilanza sulle società per azioni; istituisce la CONSOB, autorità di controllo sulle società quotate e la borsa, cui sono

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demandati ampi poteri in tema di organizzazione e funzione delle borse valori, nonché di ammissione dei titoli a quotazione.

Negli anni immediatamente successivi viene istituito il mercato ristretto per la negoziazione di titoli azionari delle piccole e medie imprese e si procede con l’introduzione dei fondi comuni di investimento (l. 23 marzo 1983 n. 77)

• l. 6 giugno 1985 n. 281 chiarificazione legislativa della posizione della CONSOB con cui si conferisce personalità giuridica a tale ente, dotandolo di autonomia

• l. n. 241/1990 introduce il diritto di accesso agli atti della P.A. segnando un’apertura del procedimento amministrativo.

ORGANIZZAZIONE DEGLI INTERMEDIARI BANCARI (STRUTTUR A DI GRUPPO E PRIVATIZZAZIONI)

l. n. 218/1990 fissò la regolamentazione del gruppo bancario. Sono stati analizzati la struttura ed i caratteri funzionali del gruppo, ravvisando quale fattore centrale di aggregazione (tra più imprese bancarie) la direzione unitaria.

La ratio è l’accentramento della gestione amministrativa delle società controllate e nella sottoposizione di quest’ultime ad un comune indirizzo gestionale.

Approfondimento nella nozione di “controllo societario” (art. 2359 c.c.): è dunque controllo di diritto e influenza dominante (art. 23 TUB) che ne specifica la portata limitandosi ad indicare alcuni situazioni in cui il controllo si considera esistente nella forma dell’influenza dominante, salvo prova contraria.

I processi di privatizzazione si ricollegano all’esigenza di adeguare la tipologia soggettiva bancaria alla crescente necessità di consentire agli appartenenti al settore la possibilità di avvalersi di agevoli forme di capitalizzazione.

Si individuano le condizioni perché il legislatore riesca ad incidere significativamente sulle forme organizzative interne delle banche e perché si renda possibile il ricorso a strumentazioni tecniche che raccordino la prevenzione dei rischi alla configurabilità di peculiari modelli strutturali interni.

La storia delle fondazioni bancarie caratterizza le vicende legislative alle quali ci si riferisce.

l. 28 dicembre 2001 n. 448 ( finanziaria per l’anno 2011) c.d. emendamento Tremonti: viene riconosciuto alle fondazioni un legame con il territorio certamente più intenso di quello previsto originariamente dal d. lgs. n. 153/1999.

I limiti intrinseci al processo di privatizzazione (solo formale) attuato in campo bancario dalla l.n. 218/1990 fanno capire che solo l’eliminazione degli elementi pubblicistici avrebbe consentito di

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realizzare gli obiettivi di rinnovamento.

Solo una privatizzazione sostanziale avrebbe potuto dare contenuto alla realtà di mercato.

Il l.n. 474/1994 contiene norme per l’accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici. Tale provvedimento normativo reca l’abrogazione delle disposizioni del d.lgs.n. 356/1990 in tema di permanenza del controllo pubblico sulle società bancarie e prevede la possibilità per il Ministro del tesoro di varare disposizioni preordinate a facilitare le privatizzazioni stesse.

Il disegno di legge presentato nel 1996 dal Ministro del tesoro Ciampi (d.lgs.n. 153/1999) prevedeva il riconoscimento della personalità di diritto privato agli enti conferenti e si rinnova con il termine di 4 anni entro cui provvedere alla dismissione del controllo.

INTERNAZIONALIZZAZIONE DEI SISTEMI FINANZIARI ED IN TEGRAZIONE ECONOMICA EUROPEA

L’espansione su scala internazionale delle relazioni economiche ha avuto come conseguenza una profonda interazione tra le diverse forme organizzative dei sistemi finanziari, che dal confronto hanno tratto spunto per l’avvio di processi di convergenza destinati ad ottimizzare i livelli di equilibrio e stabilità.

Difficoltà interpretative si riscontrano nelle modalità di attuazione delle regole internazionali. Importante ruolo svolto dalle convenzioni a mezzo delle quali gli Stati formulano norme oggettive che possono essere applicate a tutti i paesi firmatari, evitando la possibilità di conflitti di legge e facilitando l’unificazione del diritto privato e processuale.

Per controverso, le istituzioni, esprimendo una loro autonoma funzione, individuano le linee comportamentali dei diversi paesi.

L’avvicinamento del sistema finanziario italiano a quello degli altri paesi comunitari ha dato vita ad una tendenza alla despecializzazione, nonché al mutamento delle forme di controllo. Fondamentale è stato il recepimento delle direttive CEE.

Prima direttiva in materia bancaria (n.77/780) modifica la procedura di accesso all’esercizio del credito, mentre lascia inalterata la nozione di attività bancaria risultante dal collegamento funzionale tra raccolta del risparmio e esercizio del credito, prevista dall’art 1 della l. bancaria, elimina il ricordo alle esigenze economiche di mercato nelle valutazioni che sono alla base del provvedimento di autorizzazione nella costituzione di banche. A ciò si sostituisce la verifica della sussistenza delle condizioni patrimoniali, organizzative ed operative proprie degli enti creditizi:

• fondi propri minimi sufficienti

• onorabilità necessaria • esperienza adeguata • domanda di autorizzazione corredata da un programma di attività

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in questo modo si ha una riduzione dei contenuti discrezionali del potere di autorizzatorio della Banca d’Italia.

Definizione di impresa attribuita all’ente creditizio (art. 1 direttiva 1977/780).

La predisposizione dell’Atto unico europeo (1987) introduce modifiche del sistema comunitario e pone le basi per la rimozione definitiva delle barriere che si frapponevano alla libertà di stabilimento ed alla libera prestazione di servizi in campo finanziario.

Direttiva CEE n. 1989/646 “pietra angolare di tutto l’edificio comunitario” è fondata sul riconoscimento del mutuo riconoscimento, che richiede agli Stati membri di avere fiducia in banche già autorizzate in altri paesi della Comunità. Riconoscimento della piena validità dell’autorizzazione rilasciata ad un ente creditizio dall’autorità competente nel proprio paese di origine. Ciò consente il rilascio di un’unica licenza valida in tutta la Comunità. Il legislatore comunitario garantisce ad ogni banca di svolgere secondo il diritto e sotto la vigilanza delle autorità del paese di origine (principio dell’home country control) uno o più delle attività che figurano in un elenco allegato alla direttiva.

Si ipotizza, quindi, un sistema bancario di tipo universale, caratterizzato da una despecializzazione funzionale cui fa riferimento l’esercizio di un’attività esprimibile in quasi tutti i segmenti del mercato finanziario.

Direttive n. 2006/48/CE e n. 2006/49/CE nelle quali trovano compendio i principi base del diritto bancario europeo. Le direttive tracciano un quadro previsionale delle forme di controllo autoritativo finalizzate alla stabilità dei sistemi, da attuare nel riferimento ad un principio di sana e prudente gestione aziendale ed in un contesto di libera competizione.

LA C.D. “LEGGE SUL RISPARMIO” TRA INNOVAZIONE DEI P ROCESSI OPERATIVI

Nel 2005 veniva approvato il d.d.l. sul risparmio, avviato all’indomani di eventi di crisi (Cirio, Parmalat) che all’inizio del millennio avevano colpito il nostro Paese, e portato frettolosamente a conclusione.

L’obiettivo è stato quello procedere ad una rivisitazione critica del complesso dispositivo di riferimento, ritenuta necessaria in quel momento, in vista della predisposizione di idonee misure atte a prevenire distorsioni nei processi di raccolta del risparmio.

Critiche:

• Modalità giuridico formali con cui è stata data realizzazione alle indicate finalità disciplinari (relative anche alla tecnica legislativa utilizzata)

• Incertezze causate dalla presenza di disposizioni ed istituti usa e getta (che ne circoscrivono la portata ad una sommaria modifica delle regole prese in considerazione)

• Carattere lacunoso e contraddittorio dell’assetto sanzionatorio (sia penale che amministrativo) ivi formulato (previsione di pene non sempre adeguatamente commisurate

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alla gravità dei reati e degli illeciti).

LA RIFORMA DELLA LEGGE N.262 DEL 2005

Nella l.n.262 del 2005 la ricerca di nuove e più significative forme di regolazione dell’attività finanziaria viene incentrata sull’individuazione delle misure proposte per rimediare ai “fallimenti” del mercato e per far cessare il conseguente clima di sfiducia che aveva investito gli investitori italiani.

• Modifiche alle modalità di elezione delle cariche sociali, fissazione dei requisiti (onorabilità, professionalità, indipendenza) che devono essere posseduti dagli esponenti aziendali, nuovi meccanismi di tutela delle minoranze.

• Previsione di un ampliamento delle ipotesi applicative dell’azione di responsabilità e degli effetti di tale azione, svincolandone l’attivazione processuale.

• Introduzione di profili innovativi in materia risponde alla necessità di rendere trasparenti agli investitori l’assetto di governo e la situazione patrimoniale e finanziaria non soltanto degli emittenti italiani, ma anche delle società a queste collegate che hanno la loro sede nei c.d. paradisi fiscali o legali. (società off-shore).

• Regolazione della materia relativa ai conflitti d’interesse.

La legge n. 262 ha voluto evitare che nella conduzione della vigilanza il vertice dell’organo di controllo potesse isolarsi, distaccarsi dalla struttura, finendo nella sostanza col perdere coerenza, sì da contrastare la logica istituzionale che è a fondamento delle Amministrazioni.

Viene data specifica rilevanza alla connessione tra realtà di mercato e vigilanza, incentrando l’essenza sul criterio della funzione. Consegue che, in un sistema improntato al pluralismo autoritativo di vertice, si sono assegnate ai differenti organi di controllo competenze correlate alle finalità proprie di ognuno di essi (Banca d’Italia=stabilità, Consob=trasparenza, Antitrust=concorrenza).

Ciò implica la possibilità di dar corso a forme di vigilanza trasversale, che si estrinsecano nell’incrocio tra interventi molteplici, ascrivibili all’azione di dette amministrazioni di controllo.

Ne deriva il superamento della tradizionale forma di vigilanza per soggetti.

Nel nuovo contesto ordinatorio della vigilanza è apparsa indispensabile la fissazione di principi d’organizzazione che consentissero adeguate forme di coordinamento tra le autorità poste a capo del sistema finanziario.