Alias supplemento del Manifesto 03/12/2011

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SABATO 29 OTTOBRE 2011 ANNO 14 - N. 41 SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SU SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» ULTRAVISTA: RIVER TO RIVER • TUBE ATTACK • MODERATI ARABI ULTRASUONI: ISLAM RAP • I SUPERSTITI DEL CBGB TALPALIBRI: P. WHITE • EDITH WHARTON • PRILEPIN • TJUTCEV • SCHEID • TAXI DRIVER SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 3 DICEMBRE 2011 ANNO 14 N. 46 DAL PROSSIMO NUMERO «ALIAS» RADDOPPIA E CAMBIA GRAFICA E FORMATO: 16 PAGINE TUTTI I SABATI; «ALIAS LIBRI», 8 PAGINE, USCIRÀ INVECE LA DOMENICA di Franz Fanon D urante la nostra prati- ca psichiatrica in Algeria, la nostra attenzione è stata richiamata dalla frequenza di disturbi riferiti o colle- gati alla sessualità. Le modalità fon- damentali di questi disturbi si limi- tano ai diversi tipi d’impotenza nel- l’uomo e di vaginismo nella donna. L’importanza di questa tematica nei deliri c’ha spinti a esaminare in che misura essa trovasse la propria origine nella normalità. Dovevamo quindi scandagliare la normalità, i punti nodali delle credenze. Una rapida inchiesta c’ha per- messo di constatare che l’impoten- za sessuale era un problema tanto più preoccupante in quanto la socie- tà musulmana si basa sull’autorità dell’uomo. Ogni mancanza di po- tenza virile è vissuta come una forte alterazione della personalità, come se l’uomo reso impotente fosse col- pito nel suo attributo essenziale. E l’impotenza sembra essere propor- zionalmente molto più frequente nell’ambiente musulmano che in quello europeo. Numerosi guaritori musulmani, interrogati, hanno asse- rito che due o tre casi d’impotenza erano emersi nel corso di una stes- sa sequenza di visite. D’altra parte il medico è, qui, di solito l’ultimo a es- sere consultato. Prima si è fatto ri- corso al Marabù (missionario mu- sulmano o membro autorevole di una setta religiosa, al quale vengo- no attribuite facoltà sovranaturali, ndt), al Taleb (una sorta di guaritore il cui attributo essenziale è quello di saper leggere e scrivere le vecchie formule coraniche), perché come si vedrà questi disturbi non sono qua- si mai attribuiti a un’origine organi- ca, ma più spesso messi in relazio- ne con delle pratiche magiche e de- vono essere trattati come tali. In questa prospettiva si capisce anche l’esistenza di fenomeni con- nessi che interessano la sessualità femminile e che saremo portati a studiare. Si può tratteggiare un ten- tativo di comprensione psicopatolo- gica dei disturbi della sessualità. Si possono grossolanamente distin- guere, in medicina, tre grandi grup- pi d’impotenza: le impotenze per deficit ormonale, le impotenze d’ori- gine nervose collegate a delle altera- zioni organiche del midollo lombo- sacrale e le impotenze nervose cen- trali o psichiche. Queste distinzioni si ritrovano parzialmente nelle convinzioni dei musulmani. Abbiamo potuto consul- tare un Taleb, S. A., abitante a Casti- glione, vicino ad Algeri, molto consi- derato nella regione e, si potrebbe di- re, specializzato nel trattamento del- l’impotenza. Per la verità, le sue spie- gazioni ci sono sembrate un po’ con- fuse, ma egli si rifaceva a un testo che abbiamo potuto ritrovare, in cui l’impotenza era studiata minuziosa- mente dal punto di vista clinico, ezio- logico e soprattutto terapeutico. Si tratta del Libro della clemenza sulla medicina e la saggezza di El Soyouti, scrittore arabo del Medioe- vo, conosciuto soprattutto quale commentatore del Corano. Per El Soyouti l’impotenza può derivare da tre cause: malformazione degli orga- ni sessuali, soffio dei demoni e ma- gia. Il primo gruppo comprende tut- te le impotenze dovute a un’eviden- te malformazione degli organi geni- tali: insufficiente sviluppo, atrofia te- sticolare ecc. Questo disturbo è gene- ralmente accompagnato da debolez- za o assenza del desiderio sessuale. Qui l’impotenza è attribuita a una infermità ed è, per principio, al di sopra dei mezzi terapeutici di un Taleb. Sembra che in questo caso il paziente sia siste- maticamente indirizzato a un medico. Dice Sayouti che, tutt’al più, si può pro- vare a far ingerire al malato un membro d’asino selvatico, tolto all’animale pri- ma che muoia, mischiato a certe spezie che lui indica sapientemente; SEGUE A PAG 2 Anticipiamo una parte del saggio dello psichiatra della Martinica in uscita sul numero di dicembre del mensile «Alfabeta2». Il mito dell’impotenza tra demoni e stregoneria INEDITO FRANTZ FANON E I DISTURBI DELLA SESSUALITÀ NEI NORDAFRICANI Black Magic Sex

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Page 1: Alias supplemento del Manifesto 03/12/2011

SABATO 29 OTTOBRE 2011 ANNO 14 - N. 41SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO»SUSUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO»

ULTRAVISTA: RIVER TO RIVER • TUBE ATTACK • MODERATI ARABIULTRASUONI: ISLAM RAP • I SUPERSTITI DEL CBGBTALPALIBRI: P. WHITE • EDITH WHARTON • PRILEPIN • TJUTCEV • SCHEID • TAXI DRIVER

SUPPLEMENTO SETTIMANALEDE «IL MANIFESTO»

SABATO 3 DICEMBRE 2011 ANNO 14 N. 46

DAL PROSSIMO NUMERO«ALIAS» RADDOPPIA E CAMBIA GRAFICAE FORMATO:16 PAGINETUTTI I SABATI; «ALIAS LIBRI»,8 PAGINE,USCIRÀ INVECE LA DOMENICA

di Franz Fanon

Durante la nostra prati-ca psichiatrica in Algeria, la nostraattenzione è stata richiamata dallafrequenza di disturbi riferiti o colle-gati alla sessualità. Le modalità fon-damentali di questi disturbi si limi-tano ai diversi tipi d’impotenza nel-l’uomo e di vaginismo nella donna.L’importanza di questa tematicanei deliri c’ha spinti a esaminare inche misura essa trovasse la propriaorigine nella normalità. Dovevamoquindi scandagliare la normalità, ipunti nodali delle credenze.

Una rapida inchiesta c’ha per-messo di constatare che l’impoten-za sessuale era un problema tantopiù preoccupante in quanto la socie-tà musulmana si basa sull’autoritàdell’uomo. Ogni mancanza di po-tenza virile è vissuta come una fortealterazione della personalità, comese l’uomo reso impotente fosse col-pito nel suo attributo essenziale. El’impotenza sembra essere propor-zionalmente molto più frequentenell’ambiente musulmano che inquello europeo. Numerosi guaritorimusulmani, interrogati, hanno asse-rito che due o tre casi d’impotenzaerano emersi nel corso di una stes-sa sequenza di visite. D’altra parte ilmedico è, qui, di solito l’ultimo a es-sere consultato. Prima si è fatto ri-corso al Marabù (missionario mu-sulmano o membro autorevole diuna setta religiosa, al quale vengo-no attribuite facoltà sovranaturali,ndt), al Taleb (una sorta di guaritoreil cui attributo essenziale è quello disaper leggere e scrivere le vecchieformule coraniche), perché come sivedrà questi disturbi non sono qua-si mai attribuiti a un’origine organi-ca, ma più spesso messi in relazio-ne con delle pratiche magiche e de-vono essere trattati come tali.

In questa prospettiva si capisceanche l’esistenza di fenomeni con-nessi che interessano la sessualitàfemminile e che saremo portati astudiare. Si può tratteggiare un ten-tativo di comprensione psicopatolo-gica dei disturbi della sessualità. Sipossono grossolanamente distin-guere, in medicina, tre grandi grup-pi d’impotenza: le impotenze perdeficit ormonale, le impotenze d’ori-gine nervose collegate a delle altera-zioni organiche del midollo lombo-sacrale e le impotenze nervose cen-trali o psichiche.

Queste distinzioni si ritrovanoparzialmente nelle convinzioni deimusulmani. Abbiamo potuto consul-tare un Taleb, S. A., abitante a Casti-glione, vicino ad Algeri, molto consi-derato nella regione e, si potrebbe di-re, specializzato nel trattamento del-l’impotenza. Per la verità, le sue spie-gazioni ci sono sembrate un po’ con-fuse, ma egli si rifaceva a un testoche abbiamo potuto ritrovare, in cuil’impotenza era studiata minuziosa-mente dal punto di vista clinico, ezio-logico e soprattutto terapeutico.

Si tratta del Libro della clemenzasulla medicina e la saggezza di ElSoyouti, scrittore arabo del Medioe-vo, conosciuto soprattutto qualecommentatore del Corano. Per ElSoyouti l’impotenza può derivare datre cause: malformazione degli orga-ni sessuali, soffio dei demoni e ma-gia. Il primo gruppo comprende tut-te le impotenze dovute a un’eviden-te malformazione degli organi geni-tali: insufficiente sviluppo, atrofia te-sticolare ecc. Questo disturbo è gene-ralmente accompagnato da debolez-za o assenza del desiderio sessuale.Qui l’impotenza è attribuita a una infermità ed è, per principio, al di sopra deimezzi terapeutici di un Taleb. Sembra che in questo caso il paziente sia siste-maticamente indirizzato a un medico. Dice Sayouti che, tutt’al più, si può pro-vare a far ingerire al malato un membro d’asino selvatico, tolto all’animale pri-ma che muoia, mischiato a certe spezie che lui indica sapientemente;

SEGUE A PAG 2

Anticipiamo una parte del saggio dello psichiatra della Martinica in uscita sul numero

di dicembre del mensile «Alfabeta2». Il mito dell’impotenza tra demoni e stregoneria

■ INEDITO ■ FRANTZ FANON E I DISTURBI DELLA SESSUALITÀ NEI NORDAFRICANI ■

Black Magic Sex

Page 2: Alias supplemento del Manifesto 03/12/2011

■ LIBRI ■ «DECOLONIZZARE LA FOLLIA» ■

Franz Fanon,antipsichiatra

SEGUE DA PAG 1

L’impotenza causata dai Gin ha uncarattere diverso: «L’uomo reso im-potente dal soffio dei demoni si rico-nosce per il fatto che eiacula primad’aver avuto dei rapporti con unadonna», dice Soyouti. Si tratta, comesi vede, del fenomeno dell’eiaculazio-ne precoce. Questa forma di impo-tenza è interpretata come una puni-zione dei Gin, che l’uomo ha irritatoin un passato più o meno lontano esi sa che questi demoni sono partico-larmente suscettibili, donde la neces-sità continua di riti propiziatori perprevenire il loro sdegno: «Si racco-manda di portare la mano alla boccae di pronunciare il bismillah (l’iniziodi tutte le preghiere: «Nel nome di Al-lah grande e misericordioso») primadi sputare, per timore degli spiritidel suolo, perché se se ne trova unoin quel luogo, sappia che deve spo-starsi… La minzione ha i suoi ritid’avvertimento, di orientamento, dicomportamento ai quali i campa-gnoli restano fedeli. (...) Coloro chemancano di rispetto ai geni, che, se-condo l’espressione araba, ’intacca-no il loro prestigio’, sono quasi sem-pre puniti con disturbi patologici co-me affezioni cutanee, privazione diun senso, malattie nervose, pazzia».

Citeremo il caso di un nostro ma-lato che attribuiva la sua impotenzaal fatto che una volta aveva inavverti-tamente camminato sul sangue diun montone da poco sgozzato in oc-casione della festa di Moulud. L’uo-mo reso impotente perché ha offesoi Gin deve ricorrere al Taleb che cer-cherà di placarli in differenti modi: in-vocazioni, fabbricazione d’amuleti,da portare sempre addosso, consi-stenti in un sacchetto di cuoio conte-nente varie formule magiche, o inge-stione di determinati prodotti. Il Ma-rabù che abbiamo consultato affer-ma che i risultati sono nella maggiorparte dei casi favorevoli.

I casi di impotenza attribuiti a unapratica magica, a una stregoneria,nettamente condannata dalla socie-tà sembrano i più frequenti e com-plessi. L’impotenza è qui contraddi-stinta dall’impossibilità dell’erezioneo dal suo venire meno al momentodell’introduzione. Si dice allora chel’uomo è stregato o legato (Marbout).La stregoneria è di solito praticatadalla moglie che vuole rendere il ma-rito impotente (...). L’impotenza è al-lora quasi sempre selettiva. Una don-na ingannata può così legare il mari-to, che diventa impotente per tutte le

altre donne. Questa stregoneria è piùo meno lecita ed è tollerata dalla mo-rale collettiva. Fa parte di quella chesi può definire magia bianca. La lega-tura può essere totale: l’uomo alloraè completamente impotente. È, peresempio, il caso di una donna gelosao abbandonata che vuole vendicarsidel marito. Si tratta, in questo caso,di un’azione malevola, di magia neracompiuta sotto l’influenza del Chi-tan (il diavolo, ndt), nettamente con-dannata dalla società perché, se daun lato c’è protezione di un’unità, af-fermazione d’un valore, dall’altronon c’è che distruzione, annichili-mento dell’uomo. I procedimenti im-piegati sono vari. Ne riporteremoqualcuno tra i più tipici. La donnache vuole legare il proprio marito mi-sura, con l’aiuto di una cordicella dilana, la grandezza del suo membroin erezione. Fa un nodo a ogni estre-mità e nasconde la cordicella. L’uo-mo diventa impotente. (...) Certe pra-tiche sono ancora più pittoresche: co-sì vicino ad Algeri a una donna chevuole legare il proprio marito si consi-glia di raccogliere qualche goccia delsuo sperma e di mischiarla con unaterra biancastra trovata in un deter-minato luogo, per farne una piccolastatuetta a forma d’uomo, poi nasco-sta in un luogo conosciuto solo dalladonna, di solito una tomba abbando-nata in un cimitero. Da ultimo, si pos-sono scrivere certe formule magichesul corno di un caprone che si gettain un cimitero: l’uomo diventa pro-gressivamente impotente.

Questa enumerazione non è esau-stiva, i metodi variano a seconda deiluoghi, dei costumi particolari, mahanno determinate caratteristichecomuni. Anzitutto il valore essenzia-le della parola: nell’atto di stregarec’è sempre un’invocazione, un incan-tesimo che accompagna e rende vali-do il gesto. Perciò è necessario cono-scere l’ascendenza dell’uomo che silega, in particolare il nome di sua ma-dre. Nel rito magico il gesto di legatu-ra si accompagna a disposizioni, con-segne, veri e propri ultimatum verba-li. (...) L’uomo reso impotente in que-sto modo può guarire se la donna ri-nuncia a stregarlo distruggendo il no-do o la statuetta-sostitutiva. Ma ladonna non è sempre così misericor-diosa, da ciò ancora l’indispensabileintervento del Taleb. Costui fa appel-lo a certe formule magiche, a certiamuleti, a diversi preparati che fa in-gerire al paziente. Ma formule e pro-dotti sono diversi nel caso di questaimpotenza dovuta a una stregoneria

e in quella dovuta all’azione dei Gin.Più esattamente, formule e prodottisono adattati a ogni caso particolareed esistono sistemi assai complicati,delle vere e proprie chiavi che per-mettono di determinare la natura del-l’impotenza che si deve trattare. Inquesti sistemi si utilizzano i nomi deipazienti, dove ogni lettera rappresen-ta convenzionalmente una determi-nata cifra, il nome della loro madre, ilgiorno del trattamento, la durata del-la malattia ecc.

(...) Ecco alcune formule che c’èsembrato interessante riprendere daEl Soyouti: l’uomo reso impotente dapratiche magiche guarisce grazie al-l’assunzione di varie spezie indiane(zenzero, pepe, chiodi di garofano),se la sua impotenza dura solo da unanno. Se dura da più tempo si devefare mangiare al malato un pene divolpe o di asino selvatico, conditocon le spezie citate più su, per settegiorni. L’impotenza può guarire an-che scrivendo determinate formule esegni su di una scure che si fa riscal-dare e poi raffreddare nell’acqua po-sta sotto il malato. Si possono anchescrivere determinati versetti del Cora-no su un piattino dove siano menzio-nati sia il nome della moglie sia quel-lo del marito, aggiungendo: «O mioDio, vi chiedo di unire un tale e unatale». (...) Ed ecco ancora un’altra ma-niera di guarire l’impotenza: una se-quela di formule cabalistiche vienescritta su un vaso riempito d’olio,con il quale l’uomo e la donna ungo-no i loro organi sessuali. Altre volte sidisegna su un uovo sodo una grigliacabalistica di nove quadrati dove so-no inserite determinate cifre e letteree ai margini di questa griglia si scrivo-no questi aggettivi qualificativi: vio-lento, forte, duro, potente. Si fa man-giare l’uovo all’impotente. Il guscio,chiuso in un sacchetto di tela che èservito a cuocere l’uovo, lo si mette alcollo della donna. In definitiva il Ta-leb combatte l’incantesimo magicocon una sorta di contro-magia: dauna parte cerca di rimpiazzare il ses-so con un membro d’animale chefunge da prodotto sostitutivo. Dall’al-tra si contrappone alle formule magi-che del legamento con altre formuleincantatorie nelle quali si trovano so-vente le parole: chiave, aprire, palet-to, bastone, Mosè ecc.

(...) Il legamento può ugualmenteessere indirizzato a donne. In effetticapita di frequente che le ragazze siano legate dai loro genitori. Sitratta in questo caso di proteggere la loro verginità. In effetti sap-piamo che la verginità, in senso propriamente anatomico, deveessere preservata in modo assoluto nelle ragazze prima del matri-monio. Spacciare per vergine una figlia che non lo è sarebbe uninsulto grave e un imbroglio da parte dei genitori nei confrontidel marito e il giorno del matrimonio i genitori della sposa aspet-tano con impazienza il momento in cui il marito uscirà dalla ca-mera nuziale per far vedere a tutta la famiglia il lenzuolo mac-chiato di sangue, prova perentoria della verginità della sua giova-ne sposa. Se questa verginità non può essere così provata, il mari-to è in diritto di rimandare ai genitori la figlia, che è allora destina-ta all’ignominia e al celibato, dal momento che il matrimonio èper la donna la sola consacrazione umana e sociale.

Agli inizi, prima del matrimonio, la ragazza non esce di casa,se non accompagnata dalla madre oda una parente anziana, ma a volte,soprattutto se la legatura non ha ca-rattere occulto nelle campagne, que-sta regola non può osservarsi perchébisogna sorvegliare le capre e i mon-toni, spigolare nei campi di cereali oandare a cercare l’acqua alla sorgen-te. È per questo che i genitori hannocura di legare la propria figlia per evi-

tare qualunque «incidente». Si trattadella protezione da parte dell’interafamiglia e si fa all’insaputa del legato-re che gioca un ruolo nel rito. Anchequi le tecniche sono multiple e varia-no a seconda delle tradizioni familia-ri e locali. Una di quelle che ci sonosembrate particolarmente frequentic’è stata riportata da un’infermieramusulmana, che è stata legata daisuoi genitori prima del matrimonio.La ragazza viene fatta sedere su unavaligia nuova che si può chiudere achiave. La madre chiude allora la vali-gia pronunciando una formula con-sacrata: la ragazza è legata. Al mo-mento del matrimonio si ripeteran-no questi gesti nell’ordine inverso: lamadre apre la valigia su cui è sedutala ragazza e la legatura è tolta.

Si fa sovente uso, in questi riti, dilegacci, nodi, catene il cui valore sim-bolico è chiaro, ma in ogni caso il ri-sultato è lo stesso: la ragazza è protet-ta contro ogni attentato alla sua vergi-

nità, sia esso o no accettato. Il meccanismo di que-sta protezione non è sempre ben precisato: sem-bra sia esercitato di solito per rendere impotentel’eventuale defloratore. Questa protezione è così as-soluta da sfociare a volte in conseguenze imprevi-ste. Ci hanno raccontato il caso di una donna cheera stata legata in gioventù e la cui madre era mor-ta prima di poterla sciogliere. Questa donna, sebbe-ne si fosse sposata diverse volte, era ogni volta re-spinta dal marito perché non riusciva ad avere deirapporti con lei. (...)

A volte è il marito che è portato a legare la pro-pria moglie, soprattutto quando ha delle ragioniper dubitare della sua fedeltà. (...) Ma la donna puòessere legata anche da un’altra donna, da una stra-niera: si tratta spesso, per esempio, di una donnaingannata o abbandonata per un’altra, che legaquest’altra per impedirle di restarecon suo marito. Ma se nei casi prece-denti la legatura della ragazza o delladonna era pratica normale, lecita,ammessa dalla morale collettiva, quiassume il carattere di una vendetta,di malevolenza e come tale è condan-nata dalla società.

di Cesare Bermani

Questo lavoro è statoreperito da Giovanni Pirelli nelcorso di ricerche sugli scritti psi-chiatrici di Fanon, condotte ad Al-geri e Tunisi nel novembre del1957. Si tratta di un dattiloscrittoin francese di undici pagine dal ti-tolo Introduction aux troubles dela sexualité chez le Nord Africain.Su di esso appaiono i nomi degliautori: Jack Azoulay, François San-chez, Frantz Fanon. Pirelli l’ebbeda Josie Fanon e seppe da JackAzoulay che si trattava della pri-ma provvisoria redazione di un te-sto mai pubblicato.

Esso venne steso a Blida tra il1954 e il 1955 e si può pensareche non sia stato portato a termi-ne a causa dell’espulsione dall’Al-geria di Fanon, incappato nell’in-discriminata repressione scattataalla vigilia dello sciopero generaledel gennaio 1957, proclamato dalFronte di liberazione nazionale al-gerino in vista dell’apertura dellasessione dell’Onu che doveva af-frontare il problema in Algeria.

Scriveva nella sua prefazione al-le opere scelte di Fanon, curateda Pirelli, Giovanni Jervis: «Fanonricercò e sperimentò forme di as-

«Decolonizzare

la follia. Scritti

sulla psichiatria

coloniale» (ombre

corte 2011, a cura

di Roberto

Beneduce) è

un’antologia di testi

nei quali Franz

Fanon - intellettuale rivoluzionario

di origine marrtinicana - a metà degli anni

’50 - getta le basi di una psichiatria non

oppressiva e «vicina» alle masse africane

Vicino ad Algeri a una donna che vuole «legare» il marito

si consiglia di raccogliere qualche goccia del suo sperma

e di mischiarla con una terra biancastra trovata

in un determinato luogo, per farne una piccola statuetta

a forma d’uomo, poi nascosta in una tomba abbandonata

FRANTZ FANON

2) ALIAS N. 46 - 3 DICEMBRE 2011

Page 3: Alias supplemento del Manifesto 03/12/2011

Sulla copertina di alfabeta2 n.15 c’è un’opera di Giuseppe Spagnulo, cheillustra questo mese le pagine della rivista, e una striscia rossa con treparole: Debito Crisi Potere - tema di un focus con Andrea Fumagalli, Fran-cesco Indovina, Stefano Lucarelli, Marino Badiale e Fabrizio Tringali, Mauri-zio Lazzarato, Christian Marazzi (tra i temi affrontati, la dittatura finanziaria,la fabbrica del debito, il dogma – vero o presunto – dell’euro). Il secondofocus è sulla poesia così come la declinano grandi manifestazioni poeti-che, da Jairo Guzmán, del Festival Internacional de Poesía di Medellín, aPeter Rorvik di Poetry Africa a Cape Town. Quindi riflessioni sul postmoder-no di Alberto Abruzzese, Massimiliano Fuksas e Vittorio Gregotti, conversa-zione con Ida Dominijanni a cura di Enrico Donaggio e Daniela Steila,reportage da Cuba di Omar Calabrese. Nel supplemento alfalibri le stron-cature di Pietro Citati e Marc Fumaroli firmate rispettivamente da DanieleGiglioli e Stefano Chiodi; Valerio Magrelli su Artaud; Massimo Raffaeli suCéline; Isola Iceberg Invasione di Vincenzo Latronico. Le foto sono di Pao-la Agosti. (www.alfabeta2.it). In libreria e in edicola dal 5 dicembre.

sistenza psichiatrica molto avan-zate sia a Blida, sia soprattutto aTunisi, con la coraggiosa e diffici-le gestione di un "ospedale dagiorno" presso questa città. I suoisforzi si rivolsero alla costruzionedi una nuova psichiatria non op-pressiva, legata alla vita delle mas-se e utilizzabile nella realtà africa-na postcoloniale, in polemica e inalternativa alla psichiatria mani-comiale europea. Il valore di quel-le esperienze è certamente gran-dissimo, soprattutto se si conside-rano da un lato l’epoca e i paesiin cui avvennero (caratterizzatida un’impostazione estremamen-te arretrata e autoritaria dell’assi-stenza), e da un altro lato lo stret-to rapporto fra questi tentativi e ilclima politico e civile provocatodalla rivoluzione algerina. Pur-troppo ben poco ne è rimasto: siadi scritto, che nelle esperienze enelle testimonianze; e ben pocone è rimasto anche per quantoconcerne l’assistenza psichiatrica in Algeria e in Tunisia».

Giovanni Pirelli, come scriveva in testa a un inventario-progetto nel febbraio 1968, aveva peraltro pensato alla pub-blicazione di «un volume di scritti di Fanon di carattere me-dico e nei quali il discorso dello psichiatra conduce al di-scorso teorico politico e si fonde con esso», ma ritardò lapubblicazione perché sperava di trovare il testo delle lezio-ni dei corsi di «socio psicologia» che Fanon aveva tenuto al-l’Università di Tunisi nel 1958-59, i cui nastri erano andatidispersi e le cui dispense non erano state rintracciate.

Poiché le sue ricerche non dettero risultati e parve a Gio-vanni Jervis che il pensiero di Fanon psichiatra andasse ri-cercato «in altri aspetti, non sempre i più evidenti, degliscritti generalmente considerati come “politici”», l’idea diuna raccolta dei suoi scritti più propriamente psichiatricivenne accantonata.

Decolonizzare la follia. Scritti sulla psichiatria coloniale(ombre corte 2011), è un’esaustiva antologia di essi, chevede ora la luce a cura di Roberto Beneduce, che l’ha fattaprecedere da un suo bel saggio dal titolo La tormenta oni-

rica. Fanon e le radici di un’et-nopsichiatria critica, che sottoli-nea tutta l’importanza storicache questi scritti hanno da que-sto punto di vista.

Tali scritti erano stati tutti rac-colti anche da Pirelli, ma Benedu-ce non ne ha consultato l’archi-vio e li ha invece avuti da Agosti-no Pirella, Pierre Chaulet e Marti-ne Journeau. Anzi, nel volume cu-rato da Beneduce non si menzio-na neppure Pirelli, sebbene siastato lui a far conoscere per pri-mo il pensiero di Fanon in Italia.

L’inedito che pubblico mettein luce un aspetto particolare del-le ricerche condotte a Blida: quel-lo del vivo interesse per il mondoreligioso e magico dei nordafrica-ni, quale elemento specifico del-la società nella quale si voleva re-alizzare idonee forme di sociote-rapia.

A Blida, allora il più importanteospedale psichiatrico in territorioafricano, tra il 1954 e il 1956 ven-ne affidato a Fanon un repartoche comprendeva inizialmenteuna sezione con centosessanta-cinque donne europee e un’altracon duecentoventi uomini musul-mani. Qui Fanon cercò di intro-durre le tecniche di socioterapiasperimentate con Tosquelles a Sa-int-Alban; esse si confermaronovalide per le donne europee maandarono incontro a un disastro-so insuccesso tra i musulmani.

D’altra parte i tentativi di applica-re il Tat (Thematic apperceptionTest) a donne musulmane ricove-rate presso il reparto aperto del-l’ospedale metteva in luce un loroatteggiamento totalmente diver-so rispetto alle donne europee.

Di qui l’acquisizione del princi-pio che – come scriveva JackAzoulay – «per realizzare la socio-terapia bisogna muovere dagli ele-menti specifici della società inesame» e l’inizio di ricerche an-che sul mondo religioso e magicodei musulmani algerini tanto piùnecessario in un momento in cui– come scriveva Fanon nella sua«Lettera al ministro residente» –«l’arabo, alienato permanente nelsuo paese, vive in uno stato dispersonalizzazione totale», cioènella situazione del demartinianorischio continuo di perdita dellapresenza.

La medicina tradizionale si tro-vava ormai nell’impossibilità di ri-fiutare totalmente la medicinadei colonialisti (gli ospedali, le am-bulanze e le infermerie); ma il fat-to che quest’ultima fosse spessochiamata a farsi complice di chipraticava la tortura, la faceva per-cepire come uno strumento al ser-vizio dei poliziotti o dei paras e fi-niva per incrementare il ricorso al-la medicina tradizionale, per ra-gioni di diffidenza e per ragionipolitiche e identitarie

Fanon, in un altro scritto delmedesimo periodo (Attitude duMusulman maghrebin devant lafolie, riportato nel libro curato daBeneduce), notava come nel Ma-ghreb esistesse «un’armoniosa ar-ticolazione di credenze che per-mette(va) la creazione e la messain funzione di un’ “assistenza psi-chiatrica”».

Da qui la grande attenzione,sua e dei suoi collaboratori, a talicredenze. In un momento di forterepressione delle pratiche tera-peutiche tradizionali (le attivitàdei guaritori ecc.) da parte del co-lonialismo, il gruppo di Blida face-va invece dello studio di esse ilpunto di partenza per idonee for-me di socioterapia nella situazio-ne algerina.

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■ CINEMA ■ «RIVER TO RIVER», ANNO UNDICI ■

India punk e rap,con spezie classichedi Roberto Silvestri

«River to river», da ieri e fino all’8 dicembre all’Odeon di Firenze, l’XI edizione del-la rassegna di cinema indiano (e dintorni). Unaventina di lungometraggi, dieci cineasti ospiti, icorti, l’animazione e i saggi delle scuole. La mani-festazione tiene, grazie alla tenacia di SelvaggiaVelo, direttore artistico, nonostante i pesanti tagliche hanno colpito una rassegna particolarmentefuori schema visto l’incalzante sindrome autarchi-ca. Al centro della manifestazione l’omaggio a Ra-bindranah Tagore, esploratore della modernitàfin dentro l’antichità, con tre film tratti dagli scrit-ti del più illuminista dei tradizionalisti. Oggi, alle14.30, il ritratto del poeta, scrittore, musicista e fi-losofo Nobel 1913 per la letteratura, dipinto da Sa-tyajit Ray cui seguirà, sempre di Ray, alle 15.30,La casa e il mondo (1984) attualissimo pamphletfemminista e antinazionalista. L’8, ancora di Rayil trittico Teen Kanya (1961) a 100 anni della nasci-ta del più rinascimentale degli artisti indiani.Chiude la piccola domenica alle 14.30 KhuditoPashan di Tapan Sinha (1960), un esattore delletasse sopravvive anche a una casa infestata di fan-tasmi innamorandosi di un poltergeist.

Ieri grande apertura, invece, con un poeticoomaggio bengalese a Charlie Chaplin, il vagabon-do innocente ma implacabile giustiziere, che haconquistato il mondo senza colpo ferire e che, as-sieme a Elvis, Michael Jackson e Bruce Lee è l’ico-na pop più riprodotta e impersonata. Chaplin,esordio di Anindo Banerjee (2011), copione di Pa-dmanabha Dasgupta, si ispira alla vita del clownche divenne superstar mettendo in ridicolo, e pu-nendoli per un attimo, tutti i malvagi del mondo.Racconta infatti le peripezie di un povero mimodella Calcutta di oggi, Bangshi Das (l’attore Ru-dranil Ghosh), figlio pestifero di 6 anni a carico(nonché spietato critico delle sue performanceda Charlot), che potrebbe abbandonare una vitadi stenti e di sketches mal retribuiti per comple-anni e party privati di periferia, dopo aver vinto,grazie all’aiuto di una donna che ama, un impor-tante concorso tv. Ma scappa dal set che lo consa-crerà star, per offrire, in un vecchio cinema, al fi-glio (che sta modrendo di cancro) il migliore spet-tacolo della sua vita. Non può non farlo: è il suosettimo compleanno! E mentre tutti piangono fi-nalmente il bimbo ride… Non è il miglior debut-to indiano dall’epoca di Pather Panchali, comeha scritto un critico bengalese che ha dimentica-to Ghatak, ma questo melodramma di oltre dueore, che legge certo in chiave più patetica e inge-nua che politica, l’insorgenza di una forte perso-nalità comica, nonostante i drammi sociali e esi-stenziali che lo circondano, non manca di dialo-ghi originali, di ritmo e luci (di Soumik Haldar) fa-tate, di qualche dotta citazione chapliniana (an-che se acrobaticamente non ci siamo) e di unacanzone indimenticabile, «Patton ka hai jism jaa-nam», cantata da Kausiki Desikan. Young

Sohom, il bambino, non scimmiotta gli adulti, co-me nei reality show tv, ma «reinventa gli adulti»secondo il metodo Ladri di biciclette.

Da non perdere mercoledì 7 dicembre, vale i 5euro del biglietto, l’anfetaminica storia di un per-dente, sempre di Calcutta, nel trash-metal-rapmusical Gandu di Q (vero nome Kaushik Mukhe-rjee), trionfo internazionale, dopo la Berlinale,nei festival di tendenza. Siamo decisamente fuoriBollywood, e a rischio shari’a, nei territori speri-mentali, in bianco e nero, similporno della scenahip hop più spudorata e marginale, tra Godard(l’interferenza grafica delle frasi scritte sull’imma-gine), Vincent Gallo (il blow job, nudità full-fron-tal, fumate di eroina a volontà, la descrizione rea-listica di una periferia infima) e Spike Lee (il titolovuol dire poco elegantemente «assohole» e il filmviene definito nei titoli di testo come un «over-dose joint»). Anubrata, skinhead arrabbiato e di-soccupato («il mio cuore è un crematorio»), fru-strato sessualmente, senza amore, vive con la ma-dre derubando il ricco amante di lei, con destrez-za, quando sono a letto, per giocare alla lotteria efarsi di droga. Inseguito dalla cinepresa, come fos-simo in un film dei Dardenne, la sua ansia si pla-ca nell’amicizia virile (e anche di più) con un coe-taneo, adepto di Bruce Lee, che guida il risciò, sichiama Ricksha ed è un animale metropolitanoperfetto abitante di un indie-movie. Un po’Idiots, un po’ Gaspar Noè, Anubrata scrive e urlatesti pieni di odio, è solo nella stanza, va al cybercafé, gira e danza nella notte, guarda verso la tele-camera, fa graffiti ovunque, passa da un incubosognato a un incubo reale, finalmente è tra lebraccia (a colori saturi) di una donna, o di Shiva?«To fuck up your mind» è l’obiettivo del registache viene dalla pubblicità e dai videoclip.

Stasera, alle 21, Bol (Il discorso) opera secondadel pakistano Shoaib Mansoor, dopo il drammasul terrorismo Khuda Kay Liye. Anche qui le cano-niche tre ore di drammone della disperazione,tra povertà assoluta e barbare usanze, con unmessaggio chiaro e femminista indirizzato soprat-tutto al pubblico troppo «religioso» o talebano.Una donna condannata a morte ottiene il per-messo di parlare alla stampa prima dell’esecuzio-ne e di spiegare la storia della sua vita e di quelladella sua famiglia e soprattutto del padre profu-go, con 7 figlie da mantenere e un figlio ermafro-dita (che prima vorrebbe sopprimere ma poi vio-lenterà), e le ragioni che l’hanno costretta ad am-mazzare quel padre, e perché lei, che si ritienecolpevole di omicidio, ma non considera assolu-tamente quel gesto un crimine. Certo siamo alcombattimento tra vecchie e nuove idee, tra lamorale arcaica e patriarcale della campagna e lamorale individuale della metropoli, ma qui è ilroller coaster emozionale che funziona, siamoben dentro lo stile Bollywood che prevede ascen-sioni a forti tinte, fino a sfiorare generi a alto quo-ziente di suspense (thriller, carcerario, horror),stasi musicali, con danze e canzoni, e insostenibi-li discese verso le atmosfere più realisticamentecupe, insostenibili e conturbanti, descritte senzacompiacimenti né estetismi.

La rassegna fiorentina, aperta da «Chaplin», rende

omaggio a Rabindranath Tagore, nato 150 anni fa.

Da Calcutta arriva lo scandaloso «Gandu», cult movie

sulla scena hip hop, e dal Pakistan il crudo affresco

femminista «Bol», successo commerciale dell’anno

La copertinae le foto di questapagina sono opere

dell’artistaMikkel Flohr(suo ritratto

nel riquadro).A destra: scena

dal film «Gandu»di Q

FESTIVAL

ALIAS N. 46 - 3 DICEMBRE 2011 (3

Page 4: Alias supplemento del Manifesto 03/12/2011

4) ALIAS N. 46 - 3 DICEMBRE 2011

THE ROLLING STONESSOME GIRLS LIVE IN TEXAS '78

0Il 18 luglio 1978, il Will Ro-gers Memorial Center, aFort Worth, in Texas, ospitò

uno dei più grandi tour della band.Finalmente si potrà assistere al concer-to della più grande rock band del mon-do e ascoltare Miss You, Beast of Bur-den, Respectable, When The WhipComes Down, Shattered, All DownThe Line, Honky Tonk Woman, Tum-bling Dice, Jumpin’ Jack Flash, Happy,Brown Sugar e tanti altri classici. Inalta definizione e in versione integrale.

A DAY WITH SHAKIRACON SHAKIRA; USA 2011

0L’artista colombiana è cele-brata per la prima volta sugrande schermo in alta defi-

nizione con una selezione dei più beimomenti del concerto «Live From Pa-ris», preceduta da una speciale intervi-sta realizzata da Shakira, pensata ap-positamente per i suoi fan italiani di-rettamente dai Latin Grammy a LasVegas. Produzione Sonic Music Int.

1921 - IL MISTERO DIROOKFORDDI NICK MURPHY, CON REBECCA HALL,

DOMINIC WEST.GB 2011

0Nell'Inghilterra del 1921,alla fine della Prima GuerraMondiale, Florence una

donna famosa per la sua razionalità èchiamata in una scuola di campagnaper investigare su un inspiegabilecrimine. Un ragazzo è morto e alcunefoto del cadavere rivelano sullo sfon-do una misteriosa figura sfocata. Tan-ti ragazzi parlano di presunte appari-

zioni di un fantasma nella scuola.Florence quando crede di aver confu-tato la teoria del fantasma, si imbatte-rà in una creatura soprannaturale chefarà vacillare le sue credenze raziona-li.

IL GIORNO IN PIÙDI MASSIMO VENIER; CON FABIO VOLO,

ISABELLA RAGONESE. ITALIA 2011

0Giacomo Bonetti per tuttala vita ha evitato ogni sortad'impegno sentimentale,

finché resta folgorato da una ragazzache tutte le mattina incontra sull’auto-bus. Quando infine riesce a parlarle,scopre che il giorno dopo partirà perNew York dove le è stato offerto unprestigioso lavoro in una casa editrice.Quando qualche tempo dopo Giaco-mo parte per il sud America per affari,durante uno scalo nei pressi di NewYork, ha un improvviso impulso. Dalromanzo di Fabio Volo. Nel cast ancheLuciana Litizzetto e Stefania Sandrelli.

NAPOLETANSDI LUIGI RUSSO; CON MAURIZIO CASAGRANDE,

GIACOMO RIZZO. ITALIA 2011

0Sull’onda del successo diBenvenuti al sud ecco unaltro film zeppo di attori

napoletani e no (nel cast infatti ci so-no anche il toscano Massimo Ceccheri-ni, il romano Maurizio Battista, il roma-gnolo Andrea Roncato) ambientato inun paesino del sud Italia vive la fami-glia Di Gennaro. Il capofamiglia è unnoto dentista, un po’ farfallone, sposa-to con Anna, casalinga, da qualcheanno convertita al buddismo, due figli,ospiti, zie, mariti fedifraghi, mogli,amanti e una serie di equivoci.

ANCHE SE È AMORE NONSI VEDEDI E CON FICARRA E PICONE, ITALIA 20116Il duo comico palermitano riprende imodi e le situazioni comiche di Francoe Ciccio anche se notevolmente imbor-ghesiti. Questo è il loro primo film daregisti assoluti, ed è una totale delusio-ne, perché da Ficarra e Picone ci aspet-tavamo qualcosa di più sostanzioso.La storia è blanda, set e musiche ugua-li a quelli di altri mille film, ma non siride come si dovrebbe. È vero che èun film senza volgarità, ma compaio-no battute antipatiche sulle donne esituazioni copiate da sitcom inglesi ospagnole.(m.gi.)

MIRACOLO A LE HAVREDI AKI KAURISMÄKI, CON ANDRÉ WILMS, KATI

OUTINEN. FRANCIA 2011

8Marx, scrittore bohémien inesilio volontario al suo ban-chetto di lustrascarpe, in

una Francia perfetta per il poemettodedicato a Idrissa (Blondin Miguel) unragazzino africano sbarcato da un con-tainer. Kaurismaki disegna le coordina-te dell'avventura «extracomunitaria»,Idrissa nascosto nell'armadio, dentroun carretto, dietro una porta mentre illustrascarpe, malvisto fino a quel mo-mento dal vicinato, diventa la primularossa di Le Havre e come in un musi-cal orchestra l'opera di soccorso cora-le. Il film lievita nel suo esilarante toc-co. Con i tratti leggeri di matita, Kauri-smaki disegna il suo presepe laico - ilmiracolo è tutto umano - e dà il via aun thriller emozionante, gioco di equi-voci e tranelli, «realismo poetico» conhumour. (m.c.)

IL PAESE DELLE SPOSEINFELICIDI PIPPO MEZZAPESA, CON NICOLAS ORZELLA,

LUCA SCHIPANI. ITALIA 2011.

7Dal romanzo di Mario De-siati protagonista un verotalento del calcio (è Luca

Schipani, soprannominato il Maicondel Taranto) e il suo migliore amico,un ragazzino borghese soprannomina-to Veleno, che trascura gli studi e sirotola nel fango per cercare di cresce-re in maniera autonoma. La sposainfelice, si butta dall’alto della chiesama si salva, come in un film di Truf-faut, il rapporto di amicizia tra i dueragazzi si stringe attorno al sorrisoritrovato della ragazza. Mezzapesa fatutto un lavoro a togliere, sottintendel’elemento sociale e comico ed evi-denzia con passione la poetica del-l’adolescenza, con la sua malinconiae la sua energia (s.s.)

LO SCHIACCIANOCI 3DDI ANDREJ KONCHALOVSKIJ; CON ELLE

FANNING, JOHN TURTURRO. GB UNGHERIA

2010

7Dalla favola di Hoffmann,divenuta un classico delballetto con le musiche di

Cajkovskij, il regista aveva in mentedi farne una fiaba alla Mary Poppins,ma anche se ha a lungo lavoratonegli Stati Uniti, il lato horror ha lameglio sull’elemento sempre ottimi-sta dei colossal in technicolor. C’èda dire che almeno si fronteggianole due componenti: splendente co-me una stella Elle Fanning, un ag-ghiacciante John Turturro come redei topi. La presa del potere dei topiusciti dalle fogne è talmente difficileda abbattere che la lotta prende ilsopravvento, monito contro tutte ledittature. E i tempi felici sono brevis-sime parentesi, il tempo di un Nata-le, tra una e l’altra. (s.s.)

SCIALLA!DI FRANCESCO BRUNI; CON FABRIZIO

BENTIVOGLIO, FILIPPO SCICCHITANO. ITALIA

2011

7Scialla! (nello slang dei ra-gazzini romani significa«tranquillo») non è il solito

film sugli adolescenti incomprensibiliagli adulti e Francesco Bruni (sceneg-giatore di Virzì, Calopresti, Ficarra ePicone) non ha la presunzione di spie-garceli. Per il suo esordio punta su uncinema di scrittura, che dosa i suoiingredienti con semplicità. Bruno è ilprofessore che dà inutili ripetizioni aLuca, quindicenne sveglio e casinista,lui l'insegnamento lo ha lasciato perdedicarsi alla scrittura, in realtà scrivesenza firmare le autobiografie di can-tanti e calciatori. Garantiscono la riusci-ta del film i suoi attori, Bentivoglio,svagato e col fascino scassato di chiha un po' rinunciato alla vita e lo stre-pitoso Filippo Scicchitano, ragazzinoirruento pieno di spudorato umori-smo. (c.pi.)

EDGE FESTIVALMILANO, TEATRO VERDI, AUDITORIUM DEMETRIO

STRATOS DI RADIO POPOLARE, FINO AL 16 DICEMBRE

L’Edge festival è un progetto biennale realiz-zato con il supporto della comunità euro-pea con l’obiettivo di diffondere le Arti nelsociale attraverso lo scambio di realtà arti-stiche lavorano nei contesti di disagio (nel2010 si inaugurò a Parigi con una sezioneEdge al Théatre de l’Opprimé durante ilfestival MigrAction). Dopo i primi program-mi a San Vittore e al Teatro Verdi, con lapresentazione di anteprime e novità assolu-te, stasera all’Auditorium Demetrio Stratosdi Radio Popolare (ore 20) per Edge Video,la Compagnia Fabula Saltica presenta «Vide-oritratti dal carcere (ideazione di Luigi Marangoni) e alle ore 21 per Edge Musica laJail Session dei «Presi per caso», la band di Rebibbia nata circa dieci anni fa, com-pagnia di detenuti, ex detenuti e non detenuti che fanno rock e teatro, con altrimusicisti compagni di viaggio: Juri Aparo, Francesco Mazza, Fernanda Poiré. Il 4dicembre: Coordinamento nazionale teatro e carcere, «Ritratti di donne» di SanVittore e del mondo (ore 18), Inside Story di Matthew Taylor, one man show diPaul Malcolm, esperienza di attore e drammaturgo in carcere, Looking for Peppedella compagnia stabile di Benevento. Laboratori dal 12 al 16 dicembre. (s.s.)

TOGHE ROSSO SANGUEDI FRANCESCO MARINO

ROMA, CASA DELLE CULTURE, VIA S. CRISOGONO 45

Nell’arco di 25 anni, dal 1969 al 1994, ven-tisette magistrati italiani hanno perso la vitaper mano della mafia, della ‘ndrangheta,del terrorismo. Per rendere giustizia a que-sti martiri della giustizia nasce Toghe rossosangue, dal libro di Paride Leporace, fonda-tore del quotidiano «Calabria Ora» e diretto-re del «Quotidiano della Basilicata», giuntooggi alla quinta edizione e adattato dram-maturgicamente da Giacomo Carbone.Nello spettacolo diretto e interpretato daFrancesco Marino (con Emanuela Valiante,Diego Migeni, Sebastiano Gavasso) sono inscena le storie di sei magistrati: Agostino Pianta giudice di Potenza ucciso nel ’69nel suo ufficio della procura a Brescia, da un pregiudicato in libertà vigilata, EmilioAlessandrini, giovane sostituto procuratore, assassinato a soli trentasei anni daPirma Linea, Mario Amato ucciso a Roma nell’80 dai Nar (era subentrato a VittorioOccorso ucciso mentre indagava sui Nar), Bruno Caccia procuratore della repubbli-ca di Torino, assassinato nell’83 per mano della ’ndrangheta su cui stava indagan-do per quanto riguarda le infiltrazioni a Torino, Paolo Borsellino con Giovanni Fal-cone diventato simbolo della lotta alla mafia, Paolo Adinolfi, magistrato romanouscito di casa il 2 luglio del ’94 e mai più ritrovato, un caso irrisolto. (s.s.)

LE NEVI DEL KILIMANGIARODI ROBERT GUÉDIGUIAN, CON ARIANE ASCARIDE,

JEAN-PIERRE DARROUSSIN, GÉRARD MEYLAN. FRANCIA

2011.

Robert Guédiguian torna al quartiere del-l’Estaque di Marsiglia dove ambientò i suoiprimi film con gli stessi protagonisti chevediamo ora alla soglia della pensione. Lafabbrica è in crisi e si sorteggia chi saràlicenziato. Il sindacalista della Cgt si fa inclu-dere tra i licenziati e inizia una vita da pen-sionato, chiudendosi nell’ambito protettivodella famiglia tra moglie, figli e nipoti, fin-ché una rapina provoca un vero terremotoesistenziale: il ladro, si scopre, è uno deigiovani operai licenziati che va in prigionelasciando due fratellini abbandonati a se stessi. In questa parabola non a casoispirata a una poesia di Victor Hugo (Les peuvres gens) il regista riporta la situazio-ne indietro di più di cento anni, in epoca precedente al Capitale di Marx, all’epocadei «miserables» di Hugo e dei diseredati di Dickens,, mostrando la debolezza del-la sinistra, di come siano state azzerate tutte le conquiste raggiunte, annientata lacoscienza di classe. Ci si potrà anche svegliarsi individualmente dal torpore, ma,avverte Guédiguian, bisogna anche ricostruire l’organizzazione. E venire fuori dalgelo dellle «neiges du Kilimandjaro» come cantava Pascal Danel nel ’66. (s.s.)

filippo brunamontia. catacchio

mariuccia ciottagiulia d’a. vallan

marco giusticristina piccinoroberto silvestrisilvana silvestri

SHAKE IT OUTUk, 2011, 4’42”, musica: Florence + The Machine,

regia: Dawn Shadford, fonte: Mtv

7Una festa in maschera anni’20 in una residenza storica (illondinese Eltham Palace) ma

arredato in stile decò; uso del ralenti,atmosfera straniata, luce calda, un climadi sensualità e decadenza ma senza eroti-smo esplicito. Nella seconda parte il cre-scendo del brano porta gli invitati a scate-narsi nella danza e Florence a sdoppiarsiin due creature: una vestita di rosso, quin-di terrena e carnale, l’altra vestita di bian-co, eterea e angelica, che corre nel giardi-no del palazzo e compie movimenti core-ografici sul ramo di un albero. Shake ItOut – il cui singolo è tratto dall’albumCerimoniale – prosegue nella linea glamdegli altri video della cantante inglese edella sua formazione. Qualcuno ha banal-mente evocato Eyes Wide Shut, qualcunaltro, più appropriatamente, Il grandeGatsby, ma anche il clip di Annie LennoxWalking on Broken Glass, ma il lavoro diShadford, per quanto non nuovissimo,ha comunque un suo stile particolare.

IN PUNTA DI PIEDIItalia, 2011, 3’47”, musica: Nathalie, regia: Saku,

fonte: Mtv

7La cantante romana suona ilsuo pianoforte a coda in unloft dalle ampie vetrate che si

affaccia sulla campagna, filmata in unaluce soffusa e irreale (la fotografia è diTimoty Aliprandi). In montaggio alternatovediamo una serie di personaggi congela-ti tridimensionalmente nelle loro azioni:una coppia che fa l’amore, un travestitoche si guarda allo specchio, un bambinoche gioca a pallone, una ballerina, unacoppia che litiga, una ragazza in apneanella vasca da bagno. Nella seconda par-te del video le visioni si sbloccano e assi-stiamo a momenti liberatori, di «caduta»o di salvezza. Fortemente onirico fin dallamessa in scena, il clip di In punta di piediè firmato dal prolifico Roberto Cinardi,meglio conosciuto come Saku. Non pro-prio originalissimo, ma elegante nellacomposizione.

STINKFISTUsa, 1996, 5’10”, musica: Tool, regia: Adam Jones,

fonte: Youtube.com

7Un altro lavoro firmato daAdam Jones per il gruppomusicale di Los Angeles di cui

fa parte. I protagonisti di Stinkfist sonostavolta un uomo e una donna interpreta-ti da due performer reali, anche se il loroaspetto è come sempre assimilabile afantocci e manichini. Animazione di og-getti-pupazzi e pixillation sono le tecni-che utilizzate da Jones accanto a ripresedal vero. L’ambientazione è come al soli-to un sotterraneo-laboratorio, dove tecno-logico e organico si fondono. In Stinkfistcompare anche un essere mostruoso chericorda parecchio il feto di Eraserhead,film d’esordio di Lynch, che – insiemeforse agli animatori sperimentali inglesiQuay Brothers – resta il nume tutelaredel regista-chitarrista.

IL FESTIVAL

IL TEATRO

IL FILM

LETALE

INSOSTENIBILE

RIVOLTANTE

SOPORIFERO

CLASSICO

BELLO

COSI’ COSI’

CULT

MAGICO

di Bruno Di Marino

Page 5: Alias supplemento del Manifesto 03/12/2011

ALIAS N. 46 - 3 DICEMBRE 2011 (5

■ SCENE ■ DAI LAST POETS AL WU-TANG CLAN, DA MÉDINE ALLO SVEDESE ADL ■

La Mecca del rapdi Luca Gricinella

Dai due paesi rappre-sentanti il primo e secondo merca-to al mondo dell’hip hop arrivanoaltrettante opere che si occupanodel rapporto tra la forma musicaledi questa cultura urbana, il rap, el’Islam: la prima è stata pubblicatanegli Usa nel 2008 ma in Italia sololo scorso marzo, la seconda ha ini-ziato a circolare nel suo paese d’ori-gine, la Francia, durante la primave-ra passata. È Arcana Edizioni adaver tradotto in italiano il saggio diNaeem Mohaiemen, Paura di unpianeta musulmano: la storia na-scosta dell’hip hop, pubblicato al-l'interno di Sound Unbound, raccol-ta di scritti critici musicali curatada Paul D. Miller, nell’ambientemusicale meglio conosciuto comeDj Spooky. Il capitolo dell’artista eautore originario del Bangladesh èdisponibile anche in lingua origina-le in free download sul suo sito uffi-ciale, www.shobak.org. Il documen-tario della regista francese di origi-ne algerina Keira Maameri, Don'tPanik (Derniers de la classe prod.),invece è stato proiettato in antepri-ma all'Institut du Monde Arabe diParigi lo scorso maggio. Se il titolodel saggio di Mohaiemen prendespunto da uno storico album dei

Public Enemy, Fear of a Black Pla-net (Def Jam/Columbia, 1990),quello del terzo documentario diMaameri riprende il motto del rap-per francese Médine, «I’m muslim,don’t panic», vero slogan direttocontro l’islamofobia diffuso anchetramite una linea d’abbigliamento.Mohaiemen conclude il suo scrittocon una lista di artisti hip hop «cheprofessano la fede musulmana» se-guendo specifiche correnti della fe-de islamica come il sufismo o ade-rendo ad alcuni movimenti e settecome Nation of Islam e Five Per-cent.

La lista riguarda solo artisti statu-nitensi, tratto che non le impediscedi essere molto nutrita, basti citar-ne alcuni per farsi un’idea: i precur-sori del rap Last Poets, uno dei trepadri principali dell’hip hop, AfrikaBambataaa, il compianto Guru deiGang Starr, il radicale Paris, vere eproprie star come Busta RhymesCommon, Eve, Lupe Fiasco, Nas,Q-Tip, Roots e Ice Cube, e ancoraKrs-One, Big Daddy Kane, Brand

Nubian, Brother Ali, Capital D,Everlast, Jeru the Damaja, MobbDeep, Mos Def, Rakim e la maggio-ranza dei membri del Wu-TangClan. Aggiungere alcuni artisti fran-cesi tra i più popolari oltralpe maga-ri fa meno effetto dalle nostre partima aiuta a inquadrare meglio la di-mensione del fenomeno: Abd AlMalik, Akhenaton e Freeman degliIam, Ali, Diam’s, Disiz (ex Disiz LaPeste), i Map, Médine e Rohff. Ilbreve saggio di Mohaiemen partedall’assunto del giornalista HarryAllen che definisce l’Islam «la reli-gione non ufficiale dell’hip hop».Mohaiemen sostiene e dimostrache la cultura islamica è molto pre-sente nell’hip hop, anche quandonon prodotto da artisti di fede mu-sulmana, ma nel contempo la sua

influenza è altrettanto snobbata dalla critica e dalla storiogra-fia. Il suo è un discorso esclusivamente statunitense che dun-que mette in evidenza come negli Usa la maggioranza dei fe-deli di Maometto sia di origine africana, conseguenza sia deldivieto imposto ai primi predicatori musulmani di frequenta-re le «zone in cui abitavano i bianchi e dove si trovavano lechiese» sia della concordia di questi con gli ideali del «radicali-smo nero». Se si aggiunge la storia dei «testimonial» eccellenti

della fede islamica, a partire daMuhammad Ali fino ad arrivare aiLast Poets, gruppo seminale delrap, e nel contempo si prende inconsiderazione la demonizzazionedel rap promossa da una buona fet-ta di cristiani, il gioco è fatto. È cosìche i brani dei rapper su citati e ditanti altri colleghi sono intrisi diIslam e di tutte le letture socio-poli-tiche di questa fede che nel corsodegli ultimi decenni si sono diffusenegli Usa.

Il rap statunitense insomma èpieno di campionamenti di Mal-colm X, richiami all’afrocentrismo,riferimenti alla numerologia dei Fi-ve Percenter e c’è addirittura chigiura, ma per molti fedeli questo èun azzardo, che presenta delle ana-logie con la metrica del Corano. Ildocumentario di Keira Maameri sisviluppa su un altro piano: tramitel’esperienza personale di sei artistiprovenienti sia dall’Europa, sia dal-l’Africa, sia dagli Usa, indaga sullamaniera di conciliare rap e Islam.Anche qui si parte dalla paura delmusulmano affiancandole quell’ap-prossimazione che identifica gli ara-bi con la religione islamica. L’algeri-no Youss, la cui musica spazia tra

hip hop, reggae e soul, parafrasa ilprofeta Maometto invitando ad an-dare a cercare il sapere, senza farsiimboccare l’essenza dell’Islam performarsi un’opinione in proposito.Médine rilancia: tra i suoi intentic’è quello di arrestare il processoper cui oggi, in qualsiasi parte delmondo, un musulmano è conside-rato «il nemico pubblico numero1». La sua opera così come le sue at-tività pubbliche extra musicali so-no connesse all’Islam ma anche auna concezione cosciente e impe-gnata del rap: la sua volontà di rea-zione tesa ad arginare l’immaginedemoniaca dei musulmani promos-sa dai media dall’11 settembre in

poi, la dice lunga. Detto ciò, il rapper di Le Havre che con unaprovocazione ha anche intitolato un suo album Jihad (Din re-cords, 2005) per poi specificare nel sottotitolo «la più grandebattaglia è contro se stessi», prende le distanze dal proseliti-smo. La presenza dell’Islam nel rap del belga Manza invecenon è premeditata: i versi trattano vari soggetti ed esprimonoi valori dell’autore così è facile trovare traccia anche della suaspiritualità. Ma la controversia non è tanto sulla genesi delconnubio tra rap e Islam e la forma che questo può prendere,risiede a priori: il dibattito sulla possibilità di convivenza tramusica e Islam è ancora in corso, non solo tra i teologi. «Miprendo tutte le mie responsabilità - dice Médine nel docu-mentario di Maameri -, d’altronde non c’è niente di esplicitoche ho letto o che proibisca chiaramente di praticare un’attivi-tà artistica. Io ho voglia di rivolgermi ai giovani, magari anchedi rappresentarli, anche se non so in quale maniera, e il solomezzo che ho e soprattutto la cosa che so fare è il rap». Ancheil rapper sangue misto svedese-caraibico Adl, molto popolarein Svezia anche perché sulla scena da quasi trent’anni, si pren-de le proprie responsabilità ma in un altro senso: dalla sua let-tura dell'Islam la musica non è ammissibile. Continuare a pro-durla gli crea un conflitto interiore ma non ritiene sia ipocrita:concentrandosi su quanto è permesso dalla sua fede per esse-re creativo, segue queste regole anche tenendo presente quan-to oggi un rapper sia per forza di cose un modello. E si rimetteal giudizio di Allah.

È il rapper newyorkese e indipendente Hasan Salaam a ol-trepassare questo dibattito: «Non so quanta gente avrebbe sa-puto qualcosa sull'Islam se il loro primo approccio non fosse

costituito dai Brand Nubian o dalWu-Tang Clan!». Solo questo datodi fatto basterebbe a innescare undubbio nelle idee precostituiteespresse da buona parte del mon-do occidentale: si può continuare aignorare o reputare improbabile ilconnubio tra la forma musicale dallinguaggio più esplicito in circola-zione e considerata spesso violen-ta, specie dalla borghesia perbeni-sta, e la religione considerata congrande approssimazione la più con-servatrice quando non addiritturaprimitiva? Considerando le operedi Maameri e Mohaiemen, la rispo-sta sembra quanto mai chiara per-ché è fornita sia da molti testi rapsia dai racconti dei rapper. Così laforma musicale della cultura hiphop assume un potenziale ruoloconciliatore nel conflitto post 11settembre e, volente o nolente, facontroinformazione cosciente. Ilrap insomma sulla scia di una con-solidata popolarità gioca una partesociale importante. Più che mai in-teressante se si ipotizza il passo suc-cessivo a una convivenza tra cultu-re meno conflittuale: un dibattitomolto più laico.

Il saggio di Naeem Mohaiemen,

«Paura di un pianeta musulmano:

la storia nascosta dell’hip hop»,

e il documentario di Keira Maameri,

«Don't Panik», raccontano il forte legame

tra la forma musicale della cultura

urbana e la religione islamica

Qui sotto The Last Poets, a sinistrala copertina del documentario«Don’t Panik». In bassoil rapper francese Médine

Page 6: Alias supplemento del Manifesto 03/12/2011

6) ALIAS N. 46 - 3 DICEMBRE 2011

Sono artisti

che hanno

cambiato

la storia del rock

e consegnato

al mito il locale

di New York

ora trasformato

in boutique.

Cosa fanno oggi

■ INCONTRI ■ ILLUSTRATRICE E GRAFICA ■

Piccole tigri di carta.Da Presley a Bowie

Èstato il tempio del punk Usa e non solo. Oggi il Cbgb, dal 1973 aNew York al 1315 della Bowery Street, è stato inglobato dalla boutique del-lo stilista John Varvatos che ne ha conservato alcuni tratti essenziali, inclu-si i mitici bagni graffitati in ogni punto. Al Cbgb, sono esplosi, tra gli altri,Patti Smith, Ramones, Talking Heads ecc. Che fine hanno fatto alcuni tra imusicisti che hanno trasformato quel club in una delle icone più significa-tive del rock?

Richard Lloyd & Tom Verlaine(Television). Il chitarrista col voltod’angelo dei Television abita anco-ra a New York e fa ancora il musici-sta (il suo disco solista più recenteè uscito nel 2009). Ha lavorato an-che come produttore comparendoalla chitarra nei ricostituiti Rocketfrom the Tombs. Informazioni sututti i suoi lavori sono rintracciabilinella pagina www.richardlloyd.com, insieme all’interessante sezio-ne - «Ask Richard» -, in cui il chitar-rista risponde a (quasi?) ogni quesi-to dei propri fan. Un tempo highli-ght del sito, oggi scovabili su youtu-be, sono le lezioni di chitarra delmusicista, non a caso, già da anniinsegnante dello strumento nelsuo studio a New York. Dal cantosuo Tom Verlaine, un vero e pro-prio recluso della new wave, fre-quenta librerie (Strand Books, so-prattutto) e biblioteche. Ha annun-ciato che all’orizzonte potrebbe es-serci il quarto album dei Televi-sion.

Richard Hell (Neon Boys, Televi-sion, Heartbreakers, Voidoids). Do-po i Voidoids ha inciso a nomeDim Stars con Thurston Moore eSteve Shelley dei Sonic Youth. Oggiè dedito prevalentemente alla scrit-tura di romanzi (tre finora), poesiee critica musicale. Ha recitato an-che in Cercasi disperatamente Su-san. Il suo capello ispido, «esplo-so», ha ispirato buona parte dellaiconografia punk.

’Handsome’ Dick Manitoba(Dictators). Bastano dieci minuti a

piedi dal 315 della Bowery, per sco-vare un altro rocker storico delCbgb, cresciuto a pane, «macchinee ragazze». Dal 1999, Manitoba -voce dei Dictators - gestisce un bara suo nome nell’East Village, sullaAvenue B, orgogliosamente tappez-zato di fotografie che lo ritraggonoinsieme ai suoi clienti più celebri.Quando non è dietro al bancone,Manitoba conduce un programmaradiofonico satellitare su Sirius XM(ascoltabile qui http://www.siriu-sxm.com/undergroundgarage).Oppure, continua ad «azzuffarsi»con qualche rivale: l’ultimo malca-pitato, Dan Snaith, portato in tribu-nale per aver osato appropriarsidel soprannome Manitoba (poiconvertito nell’ormai celebre Cari-bou).

Wayne/Jayne County (ElectricChairs)

E a proposito di risse, una dellepiù celebri è quella tra Manitoba eJayne County, la trans del punk.Nato come Wayne County, e poiconvertito (di nome e di fatto) inJayne County, la cantante degliElectric Chairs possiede un sito(www.jaynecounty.com) ricco diinformazioni artistiche, completa-

to da un blog personale molto viva-ce, il cui contenuto - anticipato daun monito stile «consiglio ai genito-ri» - varia da riflessioni politiche aimmagini sopra le righe. Occhio an-che a www.cafepress.com/jayne-county; lì c’è All Things Jayne, loshop online con tutto il merchandi-sing dedicato all’artista di Are YouMan Enough to Be a Woman.

Alan Vega (Suicide)Continua saltuariamente a suo-

nare con Martin Rev, secondo com-ponente dei Suicide. Il suo amoreprincipale, però, è oggi la scultura,che lo porta ad esporre in giro peril mondo. Ha esposto anche al Mo-ca di Lione.

James Chance (Contortions)È ancora attivo con una versio-

ne tutta francese dei Contortions.

Il suo sax indomabile non conoscesosta e la sua fama di entertainer loprecederà fin quando sarà in vita.

Cheetah Chrome (Dead Boys)È stato il chitarrista di una delle

band più potenti del Cbgb e delpunk Usa. Sonic Reducer è ancoraoggi un inno. Ex Stilettos, collabo-ratore di Ronnie Spector, su Siren,il disco solista dell’ex Ronettes e exmoglie di Phil Spector, ex RocketFrom The Tombs, nel 2010 l’artistaha colpito con il libro CheetahChrome: A Dead Boy’s Tale fromthe Front Lines of Punk Rock, tra lememorie più ficcanti dell’era delpunk Usa.

Tommy Ramone (Ramones)È stato il batterista orginario dei

Ramones e l’unico testimone - glialtri compagni degli esordi sonomorti - ad aver visto di persona co-me cambiano i tempi. Anni fa i Ra-mones erano l’anti-esblishment.Oggi sono un marchio: si notinoquante t-shirt recano impresso il lo-ro nome e logo senza che chi li in-dossa sappia esattamente di chi sitratta. Tommy Erdelyi (questo il ve-ro nome) ha suonato la batteria suiprimi tre dischi della band e poiper questioni di salute si è ritiratodivenendo di fatto manager, pro-duttore e guida spirituale dei suoiex compagni. Ha prodotto, tra glialtri, anche Tim dei Replacements.Oggi suona chitarra, mandolino ebanjo nel duo bluegrass UncleMonk con Claudia Tienan. (da Fla-vorwire.com)

Sotto la stampa dei vestitinidi carta di David Bowie

■ STORIE ■ OGGI SONO SCRITTORI, BARMEN, SCULTORI ■

Sopravvivere al Cbgb

Claudia Varosio, genovese, si dedica

da anni a reinterpretare graficamente

istanti cinematografici e sonori

1) Il locale Manitoba’s 2) Alan Vega3) Richard Lloyd 4) Dick Manitoba5) Cheetah Chrome 6) Tom Verlaine7) Jayne County 8) James Chance9) Tommy Ramone 10) Il Cbgb

di F. Ad.

Si chiama Claudia Varosio,ha 35 anni, è di Genova e vive a Lon-dra. Specializzata in letteratura ameri-cana, lavora attualmente in una casaeditrice; cinque anni fa ha comincia-to a fare illustrazioni. Il modo in cuiinterviene sull'iconografia cinemato-grafica e musicale è lo stesso che per-tiene ai remixer sonori. Varosio meta-bolizza una scena, un istante «sensibi-le» di un film, lo congela sulla cartacambiandone le coordinate grafiche.Il risultato è un segno che forza i limi-ti dell'originale ma ne mantiene intat-to - e ironicamente diverso - il signifi-cato. Lo si vede con il suo trattamen-to di Pulp Fiction o Taxi Driver, conle bamboline di carta di Bowie o Elvis(quelle con i vestitini a linguetta chesi applicano e tolgono).

Bowie si trasforma così in unabambola di carta, perde pericolosi-tà e ambiguità, riacquista un sensooriginario di gioco colorato e infanti-le; altro che l’adulto e astuto polve-rone mediatico suscitato dall’artistanegli anni Settanta quando dichia-rò: «Sono bisex». Anche Elvis colpi-sce, e qui il rimando - per quanto in-consapevole - è alla storica locuzio-ne del passato: «Elvis, tigre di car-ta»; ovvero icona inoffensiva delrock'n'roll se confrontato - come sifaceva negli anni Cinquanta - con lepericolosità etniche del nero LittleRichard. Abbiamo sentito Varosio,illustratrice, grafica, designer, le cuistampe si possono vedere e acqui-stare all'indirizzo: www.etsy.com/shop/claudiavarosio.

Come hai iniziato?Partecipando a un paio di concorsiper disegnare copertine di libri; poiho cominciato a pensare ai film e al-le canzoni che più mi piacevano e

da qui sono nate le illustrazioni.

Vivi a Londra.Da più di 10 anni e per diversi moti-vi... È una città che mi ha sempre af-fascinato e dove, prima di viverci, civenivo in vacanza ogni volta che po-tevo. L'Inghilterra è una specie di os-sessione, sarà anche per via dellamusica che ascoltavo.

Qual è il tuo rapporto con lamusica?

La musica e i concerti sono semprestati al centro della mia vita. Negliultimi anni ho seguito meno la mu-sica contemporanea; piuttosto ho ri-scoperto artisti di una o due genera-zioni fa, che poi sono quelli cheascolto più spesso: Elvis, Tom Waitse Bowie, soprattutto. Anche Nina Si-mone e Edith Piaf mi piacciono mol-to, forse la prossima bambola di car-ta sarà ispirata a loro!

Qual è l'idea dietro il vesti/sve-sti delle bamboline di carta?

L'idea di rappresentare gli artisti attra-verso i costumi che indossano mi hadato l'ispirazione... Tutto è comincia-to con Bowie, la prima bambola; delresto attraverso i vestiti ha sempre in-carnato personaggi e personalità.

Quali sono gli artisti, illustrato-ri e grafici che ti hanno ispira-to?

Per i poster: Saul Bass, senza dub-bio, e tutti gli artisti polacchi con-temporanei che creano tuttora peril cinema nel loro paese. Poi adoroAdrian Tomine, Daniel Clowes e tan-ti altri fumettisti, incluso Manara.

In quale misura quello che faiha un aggancio sul sociale esulla realtà?

Voglio condividere i miei gusti. Ispi-rare ed essere ispirata. Diffondereinformazioni. Contribuire - se ci rie-sco - a tirare su il morale.

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ALIAS N. 46 - 3 DICEMBRE 2011 (7

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8) ALIAS N. 46 - 3 DICEMBRE 2011

ON THE ROADThurston MooreIl leader dei Sonic Youth in Italiaper presentare il suo ultimo lavorosolista, Demolished Thoughts.FERRARA MERCOLEDI' 7 DICEMBRE(TEATRO COMUNALE)ROMA GIOVEDI' 8 DICEMBRE(AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA)

MILANO VENERDI' 9 DICEMBRE (TEATRODAL VERME)

White LiesLa band inglese, che si rifà allesonorità degli anni Ottanta, tornanel nostro paese con i brani delnuovo album, Ritual. In aperturaun'interessante nuova indie rockband in arrivo da Londra, TheDuke Spirit.CIAMPINO (RM) SABATO 3 DICEMBRE(ORION)MILANO DOMENICA 4 NOVEMBRE(ALCATRAZ)

Kaki KingLa bravissima cantante e autricenonché ottima chitarrista acustica,torna in Italia.TORINO SABATO 3 DICEMBRE (SPAZIO211)MEZZAGO (MB) DOMENICA 4 DICEMBRE(BLOOM)

CONEGLIANO VENETO (TV) MARTEDI'6 DICEMBRE (APARTAMENTO HOFFMAN)

dEUSIl ritorno dell’apprezzatissima rockband belga.BOLOGNA MERCOLEDI' 7 DICEMBRE(ESTRAGON)MILANO GIOVEDI' 8 DICEMBRE(MAGAZZINI GENERALI)

Big Sexy NoiseIn Italia Lydia Lunch con questonuovo progetto che la vede al fian-co dei Gallon Drunk e agli italianiAvvolte.ACQUAVIVA DELLE FONTI (BA) SABATO3 DICEMBRE (OASI SAN MARTINO)NAPOLI DOMENICA 4 DICEMBRE (CELLARTHEORY)

ROMA LUNEDI' 5 DICEMBRE (TRAFFIC)

SAVIGNANO SUL RUBICONE (FC)MARTEDI' 6 DICEMBRE (SIDRO)

TORINO MERCOLEDI' 7 DICEMBRE(EL BARRIO)

SAN GIUSEPPE DI COMACCHIO (FE)GIOVEDI' 8 DICEMBRE (VOODOO)

PRATO VENERDI' 9 DICEMBRE(CONTROSENSO)

BRESCIA SABATO 10 DICEMBRE (LATTE+)

Badly Drawn BoyTorna in Italia l’apprezzato artistabritannico.BOLOGNA VENERDI' 9 DICEMBRE (COVO)

FIRENZE SABATO 10 DICEMBRE (VIPER)

The WombatsDa Liverpool una giovane bandche suona indie-rock, molto bri-tish...RONCADE (TV) DOMENICA 4 DICEMBRE(NEW AGE)MILANO LUNEDI' 5 DICEMBRE (MAGAZZINIGENERALI)

Chicks on SpeedIl combo femminile, tra i più inte-ressanti della scena electroclash, èin Italia per un concerto a metàtra live, dj set e performance arti-stica.BOLOGNA SABATO 3 DICEMBRE(LOCOMOTIV)

Red Hot Chili PeppersPer la band californiana, capostipi-te del crossover, parla il successocrescente ottenuto in tutto il mon-do.TORINO SABATO 10 DICEMBRE(PALAOLIMPICO ISOZAKI)

DwarvesHardcore punk per la band ameri-cana.SEGRATE (MI) LUNEDI' 5 DICEMBRE(MAGNOLIA)

Peter KernelL'indie rock della band svizzero-ca-nadese.VERONA SABATO 3 DICEMBRE(INTERZONA)

Adam CohenIl cantante e autore canadese, lea-der dei Low Millions.MILANO SABATO 3 DICEMBRE(LA SALUMERIA DELLA MUSICA)

The FieldIl progetto del produttore elettroni-co svedese Axel Willner.FOLIGNO (PG) SABATO 3 DICEMBRE(AUDITORIUM SANTA CATERINA)MADONNA DELL'ALBERO (RA)DOMENICA 4 DICEMBRE (BRONSON)

BattlesLa band, formata da ex membri diDon Caballero e Helmet, proponeun rock dall’originale formula.TREZZO D'ADDA (MI) LUNEDI'5 DICEMBRE (LIVE)

Tim HeckerIn arrivo il musicista elettronicocanadese.TORINO LUNEDI' 5 DICEMBRE (BLAHBLAH)MILANO MARTEDI' 6 DICEMBRE (SPAZIO'O)

FOLIGNO (PG) MERCOLEDI' 7 DICEMBRE(AUDITORIUM SANTA CATERINA)

PISA GIOVEDI' 8 DICEMBRE (CARACOL)

Peter HookIl bassista e cofondatore dei JoyDivision prima e dei New Orderpoi in versione solista.CIAMPINO (RM) VENERDI' 9 DICEMBRE(ORION)BOLOGNA SABATO 10 DICEMBRE(ESTRAGON)

Zola JesusUn mix di suoni che vanno dalgothic all'electro passando per in-dustrial e classica per la cantautri-ce russo-americana.SEGRATE (MI) MARTEDI' 6 DICEMBRE(MAGNOLIA)BOLOGNA MERCOLEDI' 7 DICEMBRE(COVO)

ROMA GIOVEDI' 8 DICEMBRE (CIRCOLODEGLI ARTISTI)

PISA VENERDI' 9 DICEMBRE (CARACOL)

A Hawk and a HacksawUn miscuglio di musiche popolarida tutti i paesi del mondo, o qua-si, per il progetto di Jeremy Bar-nes, ex Broadcast. Per l'occasionesonorizzano il film Shadows ofForgotten Ancestors del registarusso Sergei Parajanov.RAVENNA VENERDI' 9 DICEMBRE (TEATRORASI)ROMA SABATO 10 DICEMBRE (CHIESAEVANGELICA METODISTA)

Gogol BordelloArrivano da New York e suonanouna miscela di punk, gypsy music,cabaret, questa volta in versioneacustica.GRUGLIASCO (TO) MERCOLEDI'7 DICEMBRE (TEATRO DELLE SERRE)FIRENZE GIOVEDI' 8 DICEMBRE (FLOG)

PADOVA VENERDI' 9 DICEMBRE (GRANTEATRO GEOX)

CIAMPINO (RM) SABATO 10 DICEMBRE(ORION)

Clan of XymoxLa band olandese propone ancorale sonorità dal dark anni Ottantatargato 4Ad.MARGHERA (VE) SABATO 10 DICEMBRE(POPCORN)

Patrick WolfIl sofisticato cantautore è nel no-stro paese.MADONNA DELL'ALBERO (RA) SABATO3 DICEMBRE (BRONSON)

Buke & GassIl nome si riferisce agli strumentiutilizzati, insieme a una serie di altriorpelli, dal duo di Brooklyn.FAENZA (RA) LUNEDI' 5 DICEMBRE(CLANDESTINO)TRIESTE MERCOLEDI' 7 DICEMBRE(ETNOBLOG)

GENOVA GIOVEDI' 8 DICEMBRE (TEATRODELLA TOSSE)

Kamikaze QueensPunk-cabaret per i berlinesi.ROMA DOMENICA 3 DICEMBRE (MICCA)

MILANO MARTEDI' 6 DICEMBRE (LO-FI)

TORINO MERCOLEDI' 7 DICEMBRE (UNITEDCLUB)

Bob BrozmanUn acrobata della chitarra. Blues,slide, hot jazz e tanto altro .RAMERA DI MARENO DI PIAVE (TV)MARTEDI' 6 DICEMBRE (THE CORNERINVERNESS)RIVOLI (TO) MERCOLEDI' 7 DICEMBRE(MAISON MUSIQUE)

PAVIA GIOVEDI' 8 DICEMBRE(SPAZIOMUSICA)

ROMA VENERDI' 9 DICEMBRE (JAILBREAK)

SENIGALLIA (AN) SABATO 10 DICEMBRE(AUDITORIUM SAN ROCCO)

The GameUna sola data italiana per una nuo-va promessa dell’hip hop Usa.MILANO MARTEDI' 6 DICEMBRE (ALCATRAZ)

SubsonicaTour invernale per la band torinese.MONTECATINI TERME (PT) SABATO3 DICEMBRE (TEATRO VERDI)LATINA DOMENICA 4 DICEMBRE (TEATROCOMUNALE G. D'ANNUNZIO)

ANCONA MARTEDI' 6 DICEMBRE (TEATRODELLE MUSE)

PESCARA MERCOLEDI' 7 DICEMBRE (TEATROMASSIMO)

MATERA VENERDI 9 DICEMBRE (TEATRODUNI)

BRINDISI SABATO 10 DICEMBRE (TEATROIMPERO)

VerdenaPrende forma il tour invernale dellarock band bergamasca.VENARIA REALE (TO) MARTEDI'6 DICEMBRE (TEATRO DELLA CONCORDIA)NONANTOLA (MO) MERCOLEDI'7 DICEMBRE (VOX)

FIRENZE VENERDI' 9 DICEMBRE (OBIHALLTEATRO DI FIRENZE)

CaparezzaIl rapper di Molfetta dà il via al suotour invernale.CESENA (FC) MERCOLEDI' 7 DICEMBRE(NUOVO TEATRO CARISPORT)BASSANO DEL GRAPPA (VI) SABATO10 DICEMBRE (PALASPORT CA' DOLFIN)

Paolo BenvegnùIl cantautore si conferma tra i piùispirati della scena italica.ROMA LUNEDI' 5 DICEMBRE (AUDITORIUMPARCO DELLA MUSICA)

La Tempesta in RivoltaSerata con The Zen Circus, Trea Alle-gri Ragazzi Morti, Giorgio Canali &Rossofuoco, Massimo Volume, LeLuci della Centrale Elettrica, OneDimensional Man, Sick Tamburo, AClassic Education, Gionata Mirai, IMelt e Il Cane.MARGHERA (VE) SABATO 3 DICEMBRE(CS RIVOLTA)

Musiche PossibiliIl festival propone i concerti di TheMagic I.D. e Full Blast.IVREA (TO) SABATO 3 E SABATO10 DICEMBRE (ANTICA SINAGOGA)

BrancaleoneQuesta sera una Ed Banger Nightcon il francese Busy P, il britannicoMickey Moonlight e Massimo Voci.ROMA SABATO 3 DICEMBRE(CS BRANCALEONE)

a cura di Roberto Peciola con Luigi Onori (jazz)(segnalazioni: [email protected])

Eventuali variazioni di date e luoghi sonoindipendenti dalla nostra volontà.

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ALIAS N. 46 - 3 DICEMBRE 2011 (9

Una veglia familiare attorno al corpo matriarcale di Elizabeth

Hunter, con intreccio di storie che affondano nel recente

passato australiano. Uscito sùbito dopo il conferimento a White

del Nobel, questo romanzo spingeva al limite estremo le istanze

destrutturanti e trascendenti del magistero faulkneriano

di Stefano Gallerani

Se si passa in rassegnal’elenco dei narratori insigniti delpremio Nobel per la letteratura ne-gli ultimi quarant’anni, il nome diPatrick White, primo e unico au-straliano celebrato dall’accade-mia svedese (nel 1973), è sicura-mente tra quelli meno frequentatidall’editoria nostrana più recente,in uno con il «caso» Claude Si-mon, che pure, sebbene i suoi tito-li in versione italiana siano oggi difatto introvabili se non al di fuoridel circuito ufficiale delle libreriecommerciali, tra anni settanta eottanta ha goduto di una certa at-tenzione (ma mancano ancora al-l’appello una summa della suascrittura quale Les Géorgiques, del1981, o il più recente Le Tramway,del 2001). Tornando a White, laprima traduzione di una sua ope-ra risale al 1954 (The Aunt’s Story,1948; Mai un passo amico). Daquel momento, si dovette poi at-tendere un’altra decade perché Ei-naudi licenziasse Voss, del 1957(L’esploratore, 1965), BompianiThe Solid Mandala, del 1966(Màndala solido, 1973) e di nuovoEinaudi Riders in the Chariot, del’61 (I passeggeri del carro, 1976); ealtri trent’anni sono passati primache GCE pubblicasse, tratto daThe Cockatoos (1974), il raccontoLa mano di una donna (2008).

È quindi come una vera e pro-pria nuova proposta che Bompia-ni rialloca ora nella sua collana di«Letteratura straniera» quel L’oc-chio dell’uragano (traduzione diPaola Bottalla Nordio, LoredanaDa Schio, Rodolfo Delmonte, conuna nota biografica di Itala Vivane una postfazione di Mario Fortu-nato, pp. 638, € 21,00) che la stes-sa casa editrice milanese avevapresentato all’indomani del confe-rimento a Patrick Victor Martinda-le White del massimo riconosci-mento mondiale per un’opera let-teraria. Il motivo di questa scelta èpresto detto, e forse aiuta a illumi-nare le ragioni di una persistentetrascuratezza: da poco il registaFred Schepisi, conterraneo di Whi-te, ha finito di girare e montare unadattamento cinematografico daThe Eye of the Storm, con un castdi tutto riguardo (Charlotte Ram-pling, Geoffrey Rush e Judy Davis)e un palmares che già vanta il pre-mio speciale della critica all’ulti-mo festival internazionale del ci-nema di Roma. Per quale ragione,oltre quella, meramente contin-gente, di passaporto, Schepisi (re-gista tipicamente «letterato» nellaricerca dei suoi soggetti) sia rima-sto attratto dal romanzo di Whitepuò presumersi da quanto corri-sponde, in sintesi, alla trama del li-bro, ovvero una sorta di veglia fa-miliare attorno al corpo ormai mo-rente e matriarcale di ElizabethHunter, con conseguente avvicen-damento al capezzale della mala-ta di persone – in specie i figli Ba-sil, affermato attore di teatro, e Do-rothy, reduce da un matrimoniofallimentare sin dalle premessecon un nobiluomo francese – e re-lativo intreccio di storie che affon-dano le proprie radici nel passatodella storia recente australiana enon solo; una trama non dissimi-le, in ultima analisi, da quella deL’ultimo bicchiere, pellicola conMichael Caine che Schepisi avevatratto dal romanzo Ultimo giro, diGraham Swift, a sua volta debito-re, come quello di White, del capo-stipite moderno del genere, ovve-ro Mentre morivo, di WilliamFaulkner.

Tuttavia, se si ripensa all’archi-

tettura narrativa de La casa Russiae 6 gradi di separazione, non sipuò non notare come l’altro ele-mento – forse il determinante –che deve aver attratto il regista diPlenty è il tema filosofico de L’oc-chio dell’uragano e, in coerenza, ilsuo svolgimento formale. Il checonduce nuovamente al parallelocon Simon, tra quelli che ne han-no raccolto la sfida forse il roman-ziere che più d’ogni altro ha fattoproprie e spinte al limite estremole istanze destrutturanti e trascen-denti del magistero faulkneriano.In entrambi, infatti, Simon e Whi-te, il dato di partenza della narra-zione (di qualsiasi narrazione)sembra poggiare su un assuntoche vorrebbe il racconto scompo-sto non solo e non tanto nei suoimodi d’essere, ossia secondo diffe-renti punti di vista, ma nelle ca-denze e nei ritmi che solitamentelo scandiscono; una scomposizio-ne che sulla pagina si traduce inuna contaminazione di vissuti (ilpassato, remoto o prossimo, e ilpresente) che normalmente sidanno per stagni e i quali, invece,per effetto di quella proprietà li-quida sinuosa e malleabile dellalingua che difficilmente si può ri-produrre in termini visivi si me-scolano e rarefanno nel modo cheda altri è stato in passato definitodell’«infinito quotidiano». Asse-condando quest’interpretazionesi comincia a capire quali siano iproblemi che hanno reso White(così come Simon) tanto difficileda leggere e sostenere nonostanteuno schema (la saga familiare cheincrocia la Storia) che in altri con-testi ha decretato il successo popo-lare di legioni di scrittori di roman-zi: l’australiano è scrittore epico emodernista, ma non di saghe, va-le a dire che in lui la dilatazionespazio-temporale non perseguecome obiettivo l’affresco d’insie-me, bensì la totalità, la quale conil primo condivide solo – e talvolta– le dimensioni, l’estensione dellosguardo, tutt’affatto diversa re-stando la profondità dello stesso,che nell’affresco è sempre bidi-mensionale mentre nella primatende invariabilmente alla terza di-mensione.

Non a caso, il suo libro maggio-re, Màndala solido, evoca il con-cetto di totalità – sia pure laica eterrena – sin dal titolo e presentaun saggio più che esaustivo dellecapacità stilistiche di White, pro-prio come i dodici capitoli di cuiè composto Nell’occhio dell’uraga-no; capitoli che potrebbero benis-

simo essere letti l’uno indipen-dentemente da quello che lo pre-cede o dal seguente tanto ferma èla mano del romanziere australia-no (ma nato a Londra nel 1912)nel mescolare in ogni singolo bra-no prospettive discordi e nelloscongiurare vuoi la mera sequen-zialità del racconto fine a se stes-so vuoi la pesantezza che un ec-cesso di significato conferirebbeai singoli episodi narrati se non in-tervenisse, nel loro resoconto,una deviazione spontanea da sen-tieri già tracciati e percorsi. Neconsegue naturalmente, ed è unadelle qualità più evidenti dell’Ura-gano, che pur caratterizzate co-me sono le parti dei tre personag-gi in rilievo (la signora Hunter e ifigli), ogni voce che intervalla lapropria a quella del narratore (gliamici di famiglia e l’indimentica-bile corte di cameriere e domesti-che che s’affaccendano attorno al-l’anziana Elizabeth) diventa essastessa protagonista, investita qua-si delle qualità di un tipo junghia-no; un rilievo, quest’ultimo, pun-tualmente segnalato da BernardHickey, supervisore negli anni set-tanta di questa traduzione a piùmani, nella nota che compare an-

che oggi nel volume Bompiani.Il tema filosofico di White è

dunque la consistenza, la «solidi-tà» dell’essere in relazione alloscorrere impalpabile del Tempoche fa dell’Io quell’insieme di am-bizioni, frustrazioni e desideriinespressi che ne dètta e indiriz-za ogni singolo gesto; e però, que-sto sembra voler dire White ne Ilcuore dell’uragano come negli al-tri romanzi, per quanto irrilevan-te ed emendabile proprio col pas-sare degli anni, ovvero nell’oblio(che del Tempo sembra esserel’unica «figura» plausibile), nes-sun gesto prescinde dalla capar-bietà contraddittoria della condi-zione umana; e nessun gesto, tan-tomeno artistico e letterario, puòesimersi incolpevolmente (comemai ha fatto White), dal rivendi-care il senso improvviso di unastoria, quel senso – e la citazione,da Eluard, si trova proprio in epi-grafe a Mandala solido – che sulfinire di un’esperienza ci diceche sì, «esiste un altro mondo,ma in questo».

Un ritratto dello scrittore, saggistae drammaturgo australiano (natoa Londra) Patrick White, 1912-1990

■ TORNA «L’OCCHIO DELL’URAGANO» (’73) DI PATRICK WHITE ■

Da Faulknerall’Australia

Page 10: Alias supplemento del Manifesto 03/12/2011

❙ ❙ J . S C H E I D ❙ ❙

Roma, i partnerdivini del banchetto

❙ ❙ T J U T C E V ❙ ❙

Liriche a scheggiasenza Ripellino

di Caterina Ricciardi

La newyorkese Edith Wharton era una scrittrice col-ta, ricca, con influenti amicizie (Berenson, per esempio), e ap-passionata viaggiatrice in Europa, dove finirà per stabilirsi emorire nel 1937. A differenza dei numerosi ‘grandtouristi’ deidue secoli in cui ha vissuto, aveva il pallino del Settecento, conuna predilezione per il «pittoresco» (in natura) e il rococò (in ar-chitettura). È questa la ragione per cui in Scenari italiani (intr.di Attilio Brilli, trad. di Simonetta Neri, Aragno, pp. 155, €12,00), una raccolta di reportage pubblicata nel 1905, ella nons’inoltra in una lettura estetizzante di opere d’arte secondo lalezione di Walter Pater, o di quella moralizzante di Ruskin, or-mai meno in voga ai suoi tempi. È, infatti, il paesaggio che inprimis le sta a cuore come, in una carrellata precedente (1902),la bellezza di ville aristocratiche diroccate ma con ancora intat-to il loro dialogo fra natura e arte. In questo volume ci fa attra-versare le Alpi al passo di Spluga e, iniziando con la Valtellina(un «reame della fantasia»), ci conduce per luoghi fuori dai tra-gitti del baedeker, a debita distanza da quel turista già «mecca-nizzato» che a lei piace rappresentare in colorate ‘macchiette’,quasi a voler imitare le veloci figurine di un Guardi.

Con qualche eccezione (la bocciata Parma del Correggio, laMilano trascurata, la Siracusa nascosta da più noti scenari), ilsuo è un tributo ai tanti piccoli centri sperduti incrociati sulcammino del pittoresco settentrionale, una proposta di «tesoriignoti» valida ancora oggi, se i tesori sono ancora là, in situ. Co-me è il caso dei Santuari del Sacro Monte (o Stazioni della ViaCrucis) delle Alpi Pennine, in particolare quello di Oropa (cheWharton descrive nel suo primo romanzo, La valle della deci-sione) e di Varallo, cui aggiungerà l’allora sconosciuto San Vi-valdo in Toscana, dove riesce a elaborare un’arguta propostasull’attribuzione di uno dei gruppi di figure in terracotta, un bu-sillis che vorrà condividere con Enrico Ridolfi, il direttore deiMusei Regi di Firenze, dimenticando le frecciate rivolte, neisuoi itinerari, alla politica museale dell’Italia Unita.

Se l’opera d’arte può essere il fine del pellegrinaggio, lo stu-dio del paesaggio è invece il processo per arrivarci, come in undipinto del Quattrocento – e Wharton ce lo fa notare –, dove ilpaesaggio fa la sua prima comparsa, e non quale contorno de-corativo ma con funzione di commento socio-culturale: è nel-lo sfondo, lei sostiene, che l’artista supera le convenzioni pitto-riche cui, nonostante la sua genialità, resta soggetto, ed «espri-me ciò che vede realmente intorno a sé», facendosi cronista divita. In tal senso vanno le belle analisi di Carpaccio, Bellini eLonghi nell’ultimo capitolo, definito da Brilli una «grammaticadello sguardo», in cui Wharton disegna, fra l’altro, un attraentediorama dal barocco di Roma al rococò veneziano, concluden-do con un’apoteosi del Tiepolo. Un libro, Scenari italiani, dagustare nella lettura e portarsi dietro sulla strada.

di Carlo Mazza Galanti

Le ambiguità che il primo ro-manzo di Zachar Prilepin aveva messoin scena da un punto di vista soprattut-to psicologico, tra la violenza della guer-ra e quella dell’amore (le Patologie chedanno il titolo al libro), vengono ripropo-ste in San’kja (traduzione di Enzo Stria-no, Voland, pp. 383, € 14,00) sul pianodel teatro politico della Russia post-so-vietica. San’kja è un giovane ventennecresciuto in una provincia depressa,membro dell’Unione dei Costituenti,blocco politico «rosso-bruno» giovanilee iper-ribellista tratteggiato da Prilepinsul modello del partito nazional-bolsce-vico, cui lo scrittore ha aderito dopoaver partecipato come membro dei cor-pi speciali russi alle operazioni militariin Cecenia. Nella figura del veneratofilosofo Kostenko è adombrata quella diAleksandr Dugin fondatore e ideologo,insieme allo scrittore Eduard Limonov,del partito: personaggi borderline, piut-tosto indecifrabili e inquietanti (di Limo-nov ha ricostruito la mirabolante para-bola esistenziale – tra Stati Uniti, Fran-cia, Russia – l’ultimo libro di EmmanuelCarrère).

È un mondo in bilico tra l’attivismopolitico, appassionati slanci controcultura-li e indigeste ideologie «fasciocomuniste»(anche se i suoi rappresentanti tendono arespingere categoricamente l’etichettafascista), quello di cui fa parte anche Prile-pin e che ci racconta in questo bel roman-

zo di idee (e di azioni), che un filo direttosembra unire ai grandi classici del reali-smo russo, Dostoevskij su tutti. Stentiamoa riconoscere le coordinate entro cui inter-pretare i movimenti di questi «indignati»russi: onore patriottismo coraggio spiritua-lità rivoluzione, la ricerca appassionata diun’appartenenza che probabilmente nonesiste più, che non è più possibile, comesostiene il giovane e disincantato professo-re universitario Bezletov durante un’ani-mata discussione con l’irriducibile San’kja(«Voi non avete più niente a che vederecon la Patria. Né la Patria con voi. E lapatria non c’è più. È andata, dissolta! Percui non vale proprio la pena di provocarecon le vostre porcherie, spaccare vetri,teste, e tutto quello che spaccate»). E non-dimeno traspare chiaramente il valore quitestimoniato di un rifiuto viscerale e diuna mobilitazione vasta e vitale contro lostato poliziesco della Russia di Putin econtro le storture culturali di un paeseassediato dai più sfrenati parvenu del con-sumismo. Patologico dunque, politica-mente parlando, questo romanzo di Pile-pin è uno strumento utile a interpretarespinte che si muovono anche a livello glo-bale: nuove configurazioni, nuovi schiera-menti, nuove pericolose derive.

Da vero romanziere, Prilepin espungel’autobiografia, la neutralizza, riuscendo aconservare la distanza e la lucidità neces-sarie a lasciar vivere idee e passioni indi-pendentemente dall’enunciazione univo-ca e sempre parziale dell’autore. Qualco-sa sembra allora scattare, configurarsi undestino, tra le pagine sospese nel raccon-to e nell’ambiguità di un presente checomunque, suggerisce questo libro, nonsembra lasciare grandi alternative allaradicalità.

Zachar Prilepin sarà in Italia l’11e il 12 dicembre (a Roma, Palazzo

dei Congressi e Casa delle Traduzioni)e il 13 (a Firenze, Università degli Studi)

Dettaglio di una delle cappelledel Sacro Monte di Varallo,

una tappa italiana di Edith Wharton.In piccolo, «Taxi Driver»

■ «SCENARI ITALIANI» (ARAGNO) ■

Edith Wharton,caccia al pittoresco

❙ ❙ P R I L E P I N ❙ ❙

Nazionalismo russocon romanzo di idee

In questa raccolta di reportages uscita

nel 1905 la scrittrice americana ci porta

fuori dalla lezione estetizzante di Pater

e dalle solite rotte turistiche: a incantarla

è soprattutto il paesaggio settentrionale,

coi suoi tesori anche sperduti, come

i sacri monti: Oropa, Varallo, San Vivaldo

di Caterina Mascolo

Il libro di John Scheid Quan-do fare è credere I riti sacrificalidei Romani (Laterza, pp. X-325, €22,00) illustra una religione, quellaromana, basata su una concatena-zione di gesti prescritti quantome-no bizzarri per noi, abituati all’at-to di fede esplicito: qual è il sensodi una liturgia-rito, priva sia dilibri di riferimento che di una dot-trina unificata e centralizzata? Co-me spiegare questa assenza dirivelazione senza scadere nellasemplicistica riduzione a una suc-cessione di obblighi? L’inchiesta,complessa (non è un libro per

principianti), verte su tre docu-menti che consentono di indagarealtrettanti tipi di sacrifici, distintisecondo il rito romano, il rito gre-co e la devozione domestica: i reso-conti dei fratelli arvali, quelli deiGiochi Secolari, e alcuni passaggitratti dal De Agricultura di Catone.Il sacrificio, modellandosi a secon-da dello scopo (omaggio, ringrazia-mento, espiazione, supplica), se-guiva però per grandi linee le stes-se modalità, anche se le sfumaturesono poi tanto varie da renderechimerico ogni tentativo di sintesi.Scheid esamina i suoi tre tempifondamentali: le offerte incruentecome vino o incenso, le vittimecruente – le cui interiora venivanoconsacrate –, il banchetto. Sacrifi-care equivaleva a consumare conpartner divini, attraverso un pastoche definiva la gerarchia tra uomi-ni e dèi; non solo «celebrities» pe-rò, ma anche divinità lontane dalpantheon classico, legate spesso acircostanze pratiche: per sradicare

un fico cresciuto sul fastigio di unsantuario, ad esempio, nel 183 a.C.i sacerdoti invocarono un’impro-nunciabile Adolenda ConmolendaDeferunda («Che deve-bruciare-ta-gliare-fare-scendere»). L’esattezzanella litania non va minimizzatacome mera burocrazia; la preghie-ra infatti veniva esaudita soltantose l’indicazione di divinità e presta-zione avveniva con precisione:qualsiasi errore/incidente costrin-geva a ripetere tutto.

Il libro di Scheid affronta poi laproblematica del rito greco a Ro-ma – una sorta di pastiche di com-portamenti romani con qualchegesto di rinvio al mondo ellenico–, e il culto domestico: un suoaspetto ben indagato è quello lega-to ai defunti, specie nel pasto con-clusivo della cerimonia funebre,attraverso cui la famiglia potevareintegrarsi nella società dopo loshock (anche giuridico) della per-dita di un congiunto. E se per noila morte colpisce tutti allo stesso

modo, così non era per i romani:la sepoltura dell’imperatore preve-deva talora una tappa supplemen-tare, l’elevazione alla qualità didiuus. Curioso inoltre anche ilrapporto diretto tra culto e carnedisponibile, non essendo affattoraro che quella consumata in pri-vato provenisse da contesti sacrifi-cali. Oggigiorno è impensabileservire ostie come bruschette, alcontrario a Roma, così come nonsi allestiva banchetto tra mortalisenza spartizione con gli dèi, nonsi poteva abbattere un animalesenza sacrificare: mangiare eraun’attività religiosa (la cui eco si èconservata nel nostro termine me-renda, in origine «ricevere la pro-pria parte»). Preoccuparsi del cor-retto svolgimento di queste «pre-scrizioni» non significava peròsvuotarle di ogni coinvolgimentospirituale: una condotta religiosaesemplare evitava tanto uno scetti-co ateismo quanto una volgaresuperstizione.

di Enzo Di Mauro

Le centoundici Poesiedi Fëdor Ivanovic Tjutcev tradot-te da Tommaso Landolfi sonotornate in libreria (Adelphi,«Piccola Biblioteca», pp. 141, €10,00), tuttavia mutilate di quelformidabile saggio introduttivodi Angelo Maria Ripellino cheinvece le accompagnava e lesosteneva nell’edizione Einaudidel 1964. Una scelta, va dettocon chiarezza, quanto mai biz-zarra e inspiegabile, se è veroche quelle pagine restano a og-gi insuperate nella bibliografiacritica italiana sul grande poetarusso che, ancora nel 1923, valea dire a mezzo secolo dalla mor-te, per Jurij Tynijanov rappre-sentava una «questione» aper-ta, vale a significare d’arduoscioglimento interpretativo al-meno per quel movimento del-la bilancia che non si decidevaa decisamente pendere da unaparte sola, dunque equo e am-biguo, tra «poesia di pensiero»,quasi fosse la messa in versi diuna prosa filosofica trasudanteumidità romantica (via Schel-ling e Heine che peraltro tradus-se), e «pensiero poetante» inatto per mezzo di una acumina-ta forma breve che andava afrantumare, forse più radical-mente dello stesso Puškin, lamonumentalità della dizionesettecentesca riducendola aframmento, a scheggia, anzi aminiatura.

Ma fu proprio per questo suostare sulla soglia – a fissare pe-rò sempre il tempo nuovo, ad

annunciarlo anche mediantefulminanti accensioni metafisi-che e poi discendenti sino afarsi materia e polpa di natura,di terra – che Tjutcev ebbe asopportare un forte ritardo diricezione, a cui in qualche mo-do contribuì il carattere suo, invita, improntato a risoluta pigri-zia e a disinteresse per l’operasua (quattrocentodue poesiepubblicate a intervalli lunghissi-mi), come a voler imporre di sél’immagine di un dilettante, diun outsider che l’attività diplo-matica in giro per l’Europa ditanto in tanto prestava alla lette-ratura. «Accidioso, indolente,quasi malato di oblomovismo,nemico d’ogni lavoro metodi-co, delle occupazioni costanti,incapace di condurre a termineuna lunga impresa»: così egliapparve ai contemporanei suoie così lo descrive Ripellino, ilquale però, com’è ovvio, non silimita a tratteggiare la fisiono-mia di volubile e di ozioso pre-da dell’ignavia tipica dei nobilirussi o di brillante conversatoree di «idolo del gran mondo».Egli invece, con mirabile esat-tezza e con altrettanta dissimu-lata sprezzatura, ci conduce apensare a Tjutcev come a unpoeta di allarmante modernità– laddove, ad esempio, la natu-ra e il suo paesaggio, in queitesti, vengono rappresentatisempre sotto schiaffo ovverominacciati, come se la «terraestenuata dall’afa meridiana»venisse colta «prima della tem-pesta» – «che tende la mano aBaudelaire». E dunque a segui-re, per quella «disperata tensio-ne», per la «terribile serietà sen-za smorfie, senza un briciolo di‘clownerie’ né di sorridente ma-lizia» e per la strategia che pare«condizionata dal desolantegelo d’una perenne vecchiaia»,l’avesse infine tesa a TommasoLandolfi.

10) ALIAS N. 46 - 3 DICEMBRE 2011

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di Giancarlo Mancini

Li aveva osservati ogni gior-no per tanti anni dalla finestra dicasa i marciapiedi putrescenti dellasua città, New York. Il piccolo Mar-tin Scorsese vi aveva visto ogni tipodi malfattore trafficare, a qualunqueora Dio mandasse in terra. Ora unsolitario, con le spalle all’obiettivo, lemani in tasca e la testa bassa era ilprotagonista di un suo film, il primoa rivelarlo davvero al pubblico inter-nazionale, specialmente dopo laPalma d’oro ricevuta da TennesseWilliams. L’opera in questione èTaxi driver; l’uomo, ovvero TravisBickle, è il tassista sociopatico delquale a un certo punto esplode larepressa violenza contro tutta quellagente, ladri, prostitute, magnaccia,strozzini, da cui si sente minacciato.

Un capolavoro oggi indiscusso,uno di quei film di cui si sente rara-mente parlare perché in un certosenso al di sopra della mischia, fuoridella normalità. Eppure la sua realiz-zazione fu tutto meno che semplice,come racconta Geoffrey Macnab inTaxi driver (minimumfax, pp. 183,€ 14,00). Il precedente lavoro diScorsese, Mean streets (1973), nono-stante una discreta ricezione criticanon era stato distribuito con convin-zione dalla Warner. Molti sono iparticolari interessanti dei qualiMacnab ci mette al corrente, comead esempio la desaturazione dei

colori nella scena finale, in cui Bick-le, vestito, spara verso chiunque simuova all’interno del bordello facen-do letteralmente schizzare gli artiumani da una parte all’altra delloschermo. La scelta fu operata persoddisfare i censori, perché se aves-sero messo una «R» sul film, vietan-dolo ai minori di 17 anni non ac-compagnati, ne avrebbero seriamen-te ipotecato il successo. Proprio ilpubblico giovanile in quegli anniera stato il propulsore della rinascitaeconomica del cinema americano,spingendo le majors a finanziare iregisti della Nuova Hollywood.

Macnab fa di Taxi driver un filmcapace di fare scuola, di aprire lastrada, di «influenzare», direbbe Ha-rold Bloom. Il suo atteggiamento èforse troppo entusiasta nella foga diaccaparrare alla devota pellicola piùmeriti possibili, mentre a volte allegrandi opere ne basta anche soltan-to uno. Quando Scorsese anni pri-ma si era presentato a cospetto delvenerato maestro Michael Powellquesti ne aveva annotato la furiadiscorsiva:« pallido fanatico (con)]gli occhi che ardono. (…) I suoi oc-chi sembravano quelli di un serpen-te, vedevano tutto, accogliendo escartando al tempo stesso».

Con quegli stessi occhi spiritatisarebbe entrato nel film per spiare lamoglie mentre si accoppia con unnero, aizzando la pulsione omicidadel tassista Bickle con il suo piano perucciderla con una 44:« e come la ridu-ce fra le gambe l’ha mai visto? (…) Leicrederà che io sia matto da legare».Voleva diventare prete da ragazzo,Scorsese, uno che raddrizza il legnostorto: si sarebbe ritrovato a felicitarsidi poterlo bramare, tutto quel marciu-me, tanto che nessuno lo avrebbe piùtenuto lontano da quella finestra.

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«Taxi Driver»e il pallido fanatico

ALIAS N. 46 - 3 DICEMBRE 2011 (11

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