Alias supplemento del Manifesto (29 marzo 2014)

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STEFANO RICCI SARAH BERNHARDT ENZA BUONO CESARE TACCHI PIAZZA TRE CULTURE HASIOR I BESTSELLER DEL POP FRANKIE CHAVEZ DARK SOULS II THIEF di SOLANGE CAVALCANTE ●●●Nel 1975, Ivo Herzog aveva solo nove anni – e la dittatura militare, 11. Ma tanto, quando si nasce sotto una dittatura, poco importa la monocromia dei carri armati e delle uniformi militari, specie se hai un papà vicino per insegnarti a giocare a pallone. E chissà, era forse proprio per il futuro dei figli Ivo e André, e per la moglie Clarice, che il giornalista Vladimir Herzog – direttore del tg per l’emittente pubblica Tv Cultura di San Paolo – conduceva con discrezione la propria vita di iscritto al (proibito) Partito comunista brasiliano, senza che gli fosse mai passato per la testa di entrare in clandestinità, o impugnare le armi contro il regime. Era settembre quando Vlado, chiamato alla Tv Cultura per provare a recuperare la credibilità del giornalismo, oramai identificatosi con il regime, decise di conferire al tg un’aria di dibattito libero e democratico. Perché no? In fondo il generale Ernesto Geisel, quarto presidente militare dal golpe del 1964, aveva promesso di promuovere l’apertura politica del regime. Herzog finì col credere che alla Censura federale non sarebbe importato se avesse mandato in onda notizie, come ad esempio quelle dal Vietnam. Anche perché, a quel punto, la guerra era ufficialmente finita. Ma purtroppo si sbagliava. Durante gli anni del regime, non contava ciò che i generali dichiaravano pubblicamente, ma ciò che l’ala dura del regime, con i suoi sostenitori civili, tramava nei sotterranei del potere. Fu a causa della pressione degli sponsor di un tg concorrente, legato a «Tradizione, Famiglia e Proprietà», e di agenti infiltrati dai golpisti nei giornali, nei sindacati, nelle imprese e nei partiti che cominciarono a spuntare ovunque manifestazioni di esagerata indignazione contro la cosiddetta «linea comunista» adottata da Herzog nella tv «Viet-Cultura». La polizia politica aveva già arrestato dozzine di giornalisti coinvolti nella lotta democratica e ora puntava gli occhi su Herzog. JOSÉ MARIA MARIN, GUIDA SUPREMA DEL MONDIALE 2014, DA DEPUTATO AIUTÒ I MILITARI A ELIMINARE IL GIORNALISTA VLADIMIR HERZOG. PER QUESTO CHI AMA «O FUTEBOL» ESIGE CHE VENGA ESPULSO SEGUE A PAGINA 2

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Alias supplemento del Manifesto (29 marzo 2014)

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STEFANO RICCI SARAH BERNHARDT ENZA BUONOCESARE TACCHI PIAZZA TRE CULTURE HASIOR

I BESTSELLER DEL POP FRANKIE CHAVEZ

DARK SOULS II THIEF

di SOLANGE CAVALCANTE

●●●Nel 1975, Ivo Herzog aveva solo noveanni – e la dittatura militare, 11. Ma tanto,quando si nasce sotto una dittatura, pocoimporta la monocromia dei carri armati edelle uniformi militari, specie se hai un papàvicino per insegnarti a giocare a pallone. Echissà, era forse proprio per il futuro dei figliIvo e André, e per la moglie Clarice, che ilgiornalista Vladimir Herzog – direttore del tgper l’emittente pubblica Tv Cultura di SanPaolo – conduceva con discrezione la propriavita di iscritto al (proibito) Partito comunistabrasiliano, senza che gli fosse mai passato perla testa di entrare in clandestinità, oimpugnare le armi contro il regime.

Era settembre quando Vlado, chiamato allaTv Cultura per provare a recuperare lacredibilità del giornalismo, oramaiidentificatosi con il regime, decise di conferireal tg un’aria di dibattito libero e democratico.Perché no? In fondo il generale Ernesto Geisel,quarto presidente militare dal golpe del 1964,

aveva promesso di promuovere l’aperturapolitica del regime. Herzog finì col credere chealla Censura federale non sarebbe importatose avesse mandato in onda notizie, come adesempio quelle dal Vietnam. Anche perché, aquel punto, la guerra era ufficialmente finita.

Ma purtroppo si sbagliava. Durante gli annidel regime, non contava ciò che i generalidichiaravano pubblicamente, ma ciò che l’aladura del regime, con i suoi sostenitori civili,tramava nei sotterranei del potere. Fu a causadella pressione degli sponsor di un tgconcorrente, legato a «Tradizione, Famiglia eProprietà», e di agenti infiltrati dai golpisti neigiornali, nei sindacati, nelle imprese e neipartiti che cominciarono a spuntare ovunquemanifestazioni di esagerata indignazionecontro la cosiddetta «linea comunista»adottata da Herzog nella tv «Viet-Cultura».

La polizia politica aveva già arrestatodozzine di giornalisti coinvolti nella lottademocratica e ora puntava gli occhi su Herzog.

JOSÉ MARIA MARIN,GUIDA SUPREMA

DEL MONDIALE 2014,DA DEPUTATO AIUTÒ

I MILITARI A ELIMINAREIL GIORNALISTA

VLADIMIR HERZOG.PER QUESTO CHI AMA

«O FUTEBOL» ESIGECHE VENGA ESPULSO SEGUE A PAGINA 2

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«Fora Marin!». L’anfitrione ufficiale della Coppadi quest’anno è accusato di essere il mandantepolitico dell’assassinio del giornalista VladimirHerzog. Ora 55mila firme ne chiedono la rimozione

In poco tempo la caccia al topofinì con l’arrivare all’AssembleaLegislativa di San Paolo. Duedeputati dell’Arena – partitofantoccio del regime militare –vennero ben istruiti per farprecipitare la situazione. Solocosì si spiega il tenore dei lorodiscorsi tenuti il giorno 6ottobre, 1975. Con gridaveementi contro la«comunistizzazione» dellatelevisione di Stato e unavalanga di accuse percondizionare il parlamento, ideputati costruirono lagiustificazione perfetta perl’arresto del direttore deltelegiornale di Tv Cultura.

Non passò molto tempo, e lapolizia convocò Vladimir Herzogper una deposizione. Sabato 24ottobre, il giornalista si presentòspontaneamente al Doi-Codi perdimostrare la sua "buona fede".Ma al regime poco importavanole buone maniere e, di lì a poco,altri giornalisti arrestati

svelarono che Vlado era già statopreso, incappucciato, spogliato erivestito con una tuta militare.Più tardi sentirono solo le suegrida allucinanti, mentre lotorturavano. Erano così atrociche i boia dovettero alzare almassimo il volume della radioper coprirle. E mentre unradiocronista annunciaval’estrema unzione data alGeneralissimo Franco in Spagna,la voce di Vlado andòabbassandosi, fino a spegnersidel tutto. Il giorno seguentevenne divulgata una nota allafamiglia e al Paese, in cui sidichiarava che il giornalistaVladimir Herzog si era suicidato.Non solo. Insieme alla nota uscìuna fotografia nella quale Vladoappariva in una cellapraticamente inginocchiato, conuna corda al collo - come sequalcuno potesse impiccarsi acinque centimetri dalpavimento.

Trentanove anni dopo, questastoria torna sui media – e nonsolo a causa del 50mo

anniversario del golpe militareche ricorre martedì prossimo, 1aprile – ma in connessionediretta con la Coppa del mondodi calcio. Sì, perché uno dei duepolitici che proferì il discorsoche portò alla prigione, allatortura e alla morte delgiornalista Vladimir Herzog, ènientemeno che José MariaMarin, l'attuale presidente dellaFederazione calcio brasiliana(Cbf) e del Comitatoorganizzativo locale, prossimoanfitrione del Mundial 2014. IvoHerzog, figlio del giornalistaucciso, proprio non riesce acomprendere il silenzioomertoso della Fifa.

Furioso per le accuse, JoséMaria Marin, che non ha maivoluto rispondere neanche allenostre domande, ha citato ingiudizio il giornalista Juca Kfouriper diffamazione. Kfouri, legatoai movimenti per l'etica nellosport, è uno dei primi firmataridella petizione inoltrata alla Fifaper chiedere le dimissioni diMarin: «È davvero una vergognaper noi ritrovare uno come luialla cerimonia di apertura dellaCoppa del Mondo dice IvoHerzog -, al fianco dellapresidentessa della RepubblicaDilma Rousseff, perché anche leie il suo ex marito furonotorturati dal regime. Marin nonsolo denunciò mio padre,quando era deputato, ma unanno dopo la morte di Vlado siesibì in un pubblico elogio neiconfronti di Sergio Fleury,l’ufficiale che guidava ilDipartimento di sicurezzapolitica e sociale, responsabile diuno "squadrone della morte"che torturò, uccise e squartò - esolo occasionalmente vienericordato come capo dellaPolizia civile di São Paulo».

Il figlio del giornalista uccisonon si da pace per l’impunità deicrimini della dittatura in Brasile,e lancia un appello alleFederazioni mondiali, aicalciatori e all'opinione pubblicainternazionale affinché vengamanifestata la propriaindignazione alla Fifa. «AvereJosé Maria Marin comeanfitrione della Coppa delmondo 2014 in Brasile - sostieneHerzog - è un po’ come se ErikPriebke fosse stato il patrono diItalia ’90».

di SO. CA.

●●●La storia del giornalistaVladimir Herzog, trovato morto neilocali della polizia politica di SanPaolo nel 1975, poteva chiudersicon la nota ufficiale dell’Esercito,dove si dichiarava che il direttoredel tg della Tv Cultura si erasuicidato. Poteva concludersi con lafoto diffusa dai militari, chescandalizzò il Paese e trasformòHerzog nel simbolo della lotta perla democrazia. Invece la storia diVlado sembra nata per durare neltempo. Nel marzo del 2013, lo Statobrasiliano ha rilasciato finalmenteun nuovo attestato di morte allafamiglia, riconoscendo come causamortis le «lesioni e i maltrattamentipatiti durante l’interrogatorio, nelledipendenze dell’Esercito». Vale adire che Herzog è stato "suicidato"a forza di torture.

Ma non è finita qui. Alla vigiliadei 50 anni dal golpe militare che hasottomesso il Brasile per più divent’anni (1964-1985), le gridalancinanti di Vlado continuano adecheggiare, e al suo caso si aggiungeun nuovo capitolo – connessoall’imminente apertura in Brasiledel Mondiale di calcio 2014. Macosa c’entri il futebol conl’assassinio di Vladimir Herzog, celo racconta in un’intervista esclusival’ingegnere navale Ivo Herzog, figlio47enne del giornalista ucciso.

●Avete presentato una petizionealla Federazione InternazionaleCalcio, l’anno scorso. Qual è il suocontenuto?Si tratta di una petizione che ha giàraccolto circa 55.000 firme,denunciando il coinvolgimento del

presidente del Comitatoorganizzatore locale (Col), JoséMaria Marin, nella dittatura militaree la sua complicità con le atrocitàcommesse. Ma soprattuttodenuncia ciò che tutti in Brasilesanno: che Marin aiutò a faruccidere mio padre. Con unviolento discorso a San Paolo, altempo in cui era deputato, in cui

istigava la popolazione e i militari aperseguirlo, fino ad arrivare alpunto di farlo eliminare. Conservouna copia della Gazzetta Ufficialeche riportò il suo discorso, nel 1975.Un anno dopo Marin in un altrodiscorso tesseva le lodi di SergioFluery, che fu la menteorganizzativa di tutto lo schema disequestri e torture. Per Marin, uneroe che aveva reso serviziinestimabili alla popolazione.Abbiamo i nastri con leregistrazioni, quindi non puònegare. La petizione chiede il suoallontanamento dalla Presidenzadel Col. In Brasile la petizione èstata già consegnata ai presidentidei 20 club di serie A, allefederazioni dei 27 stati brasiliani ealla Confederação Brasileira deFutebol (Cbf). A proposito, Marin èanche il presidente della Cbf. È laprima volta nella storia deiMondiali che il presidente dellaFederazione nazionale è anche acapo del Comitato organizzatore,incarico tradizionalmente occupatoda un grande atleta del passato,come Platini in Francia, oBeckenbauer in Germania.

●Che risposta avete ottenuto?La Fifa mi ha scritto una letteraaffermando che non tocca a loroinvestigare. Ha passato il caso alComitato di Etica, ma quest’ultimonon si è mai espresso. Davvero noncapisco la logica di questocomitato, che nel novembre scorsoha sospeso il difensore croato JosipSimunic, espellendolo dalla Coppaper avere fatto il saluto nazista,dopo il 2-0 della Croazia control’Islanda. Questo stesso Comitatoassume invece un comportamento

INTERVISTA ■ L’APPELLO DEL FIGLIO IVO

Calciatori di tuttoil mondo unitevi«E non stringetequella mano»

José Maria Marin e la presidentessaDilma Roussef allo stadio ManéGarrincha di Brasilia (foto RodrigoStuckert/CBF). A sinistra, VladimirHerzog a Brasilia negli anni ’60. Sotto,la foto di Herzog diffusa dal regime dopoil «suicidio». Intorno, le proteste socialicontro il Mondiale di calcio brasiliano

CAVALCANTE DALLA PRIMA

BRASILE 2014

STORIA DI «VLADO»LA GRANDE VERGOGNA

UNA CAMPAGNAINTERNAZIONALE

Non capisco l’eticadella Fifa.Mentre sospendeil difensore croatoJosip Simunicper aver fattoil saluto fascista,mantieneun atteggiamentoomertosonei confrontidella personache istigòe appoggiò i killerdi mio padre

Mister Mundialè in fuorigioco

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omertoso nei confronti di unpersonaggio che era la base politicadel regime militare, e che appoggiòl’assassinio di mio padre. Ora Marinsi prepara a ricevere le nazionali dicalcio del mondo intero. Per noi èuna vergogna. Qual è dunque ilparametro della Fifa? Storicamente,il calcio è stato sempre usato daipeggiori regimi e dalla peggiorepolitica. Fu così in Argentina, nel1978, e in Italia esiste oggi unesempio calzante di ciò cheintendo. In Brasile, quelli che nonriuscirono ad adattarsi allademocrazia dopo la dittatura,occuparono i centri del poteresportivo. Non ho ancora ottenutorisposta dalle varie federazioni, nédai club brasiliani. È proprio lì chesi è rintanata questa scoria politica,luoghi privilegiati dove riesconoancora a mantenere il potere.Marin, per esempio, ebbe una vitapolitica solo durante la dittatura.

●Non teme di essere consideratoun ostruzionista, come gli attivistidel movimento "Não vai ter Copa"(La Coppa non s’ha da fare)?Protestare è legittimo, e non vuoldire che non ci piaccia il calcio. Iostesso mi sono candidato perlavorare come volontario durante ilMondiale, poiché lo trovo unospettacolo meraviglioso. Il problemaè l’eredità violenta delle forze armatee della polizia. A seconda del coloredella tua pelle, puoi essereperquisito, puoi essere arrestato obeccarti una pallottola. Se sei bianco,hai qualche chance in più che lapolizia sia perfino simpatica con te.Lo scandalo sono la corruzione, gliabusi, gli stadi da più di un miliardodi reais l’uno, le 12 sedi mondiali...

Non ha senso uno stadio olimpiconel bel mezzo dell’Amazzonia,costerà una fortuna, ci faranno trepartite e basta. La gente è indignataperché viene esclusa. Manca lasanità e l’istruzione pubblica. IlBrasile è stato trasformato nelparadiso dei costruttori di stadi. Ilpopolo brasiliano ama il calcio, maodia il modo in cui le cose si stannofacendo.

●I militari diffusero lo slogan,«Revanscismo, no» e conl’amnistia del 1979 gli esiliatipoterono tornare nel Paese eperfino recuperare i propri diritticivili, purché non fossero costituititribunali per appurare la torturae lo stermino degli oppositori.Oggi lei potrebbe essere accusatodi revanscismo.Non è questione di revanscismo, dirivalsa – è una questione digiustizia. Le Commissioni per laVerità non sono mai revansciste. Epoi, cos’è in fondo il revanscismo?È conoscere la propria storia? È farconoscere il passato di Marin? È farsapere a tutti chi sta a capo delcalcio brasiliano? Il problema è cheil Brasile ha l’impunità scritta nellasua Storia. Prima, con gli índios,che furono sterminati. Dopo, con iduecento anni di schiavitù nera, edi lotte sociali per ottenernel’abolizione. Tutto ciò senza chenessuno sia mai stato condannatoper le atrocità commesse. Il terzociclo di impunità si è avuto con ladittatura militare. Nel 1979, ciimposero una legge di amnistiacontorta, che lasciò impuniti gliagenti dello Stato. Altri Paesi chevissero sotto un regime autoritariohanno potuto, alla fine, giudicare i

crimini e chi li commise. Fu così coltribunale di Norimberga, e nellaCommissione per la Verità inSudafrica. In Brasile non è maiavvenuto. Sappiamo molto bene chisono le persone che ucciseroVladimir Herzog, ma non possiamoprocessarle – nel sistema giuridicobrasiliano non c’è più modo chepossano essere punite. Per questostiamo promuovendo un’azioneverso la Corte Interamericana diGiustizia, dove prevediamo unparere favorevole alle nostre istanze.

●Come ha reagito Marin a questeaccuse?Ha denunciato per diffamazioneJuca Kfouri, uno dei principaligiornalisti sportivi che ha scritto suquesta storia. Ma ciò che stiamodenunciando è tutto tranne chediffamazione. Ciò che accadde amio padre fu l’ultimo atto di unacampagna contro l’emittentepubblica TV Cultura. Marin era,all’epoca, un deputato gradito aimilitari. Grazie a un suo interventoall’Assemblea Legislativa dello Statodi San Paolo, mio padre ricevettedopo due settimane l’intimazione acomparire di fronte alla poliziapolitica. Il giorno dopo era morto. Èquesta la persona che abbiamo, nel2014, al vertice dei Mondiali. Soloper darvi un’idea, nelle cause cheMarin sta muovendo contro ilgiornalista Kfouri e altri, la monetadi scambio è, per lui, a buonmercato: infatti può distribuireingressi gratis per le partite a tutticoloro che stanno curando lequestioni tecniche processuali.

●Cosa vorrebbe dire agli atleti,alle federazioni e all’opinione

pubblica internazionale?Idealmente mi auguro che laFederazione italiana possaconsegnare una lettera di richiestachiarimenti, in appoggio almovimento «Fora Marin»,sollevando la questione della suapresidenza del Comitatoorganizzatore. Sarebbe bello che iPaesi e le Federazioni internazionalimostrassero pubblicamente lapropria indignazione. Nelconsegnare la petizione alla Fifa, housato una figura retoricaabbastanza estrema per far capirela gravità della situazione. Hodichiarato che avere Marin comeanfitrione della Coppa è comeavere Hitler a capo di un eventosimile in Germania. Non so cosa gliatleti potrebbero fare. La Fifa èoppressiva, c’è il rischio disqualifiche in caso dimanifestazioni di dissenso. Ladomanda è: i giocatori italiani, o diqualunque altro Paese, voglionostringere la mano a un fascista, a unantidemocratico coinvoltonell’assassinio di un giornalistabrasiliano? Il padrone di casa delMondiale dev’essere una personapiù vicina possibile ai nostri valori.Marin è a favore della violenza,confonde il pubblico con il privato,è totalmente avulso dallademocrazia. Una persona puòanche essere contraria allademocrazia, ma non voglio esserecostretto a stringergli la mano. Icalciatori sono idoli, quandoabbracciano una causa possonoconvincere le persone a riflettere ecambiare le cose. È stato cosìtrent’anni fa, con la DemocraziaCorinthiana di Sócrates, e puòessere così ancora oggi.

di MARCO BOCCITTO

●●●Archiviata l’utopia modernista che aveva creato dal nulla Brasilia, le dolci dissonanze bossanovadi João Gilberto, i lampi originari del cinéma nôvo e l’ottimismo anche economico innescato dallapresidenza di Juscelino Kubitschek, nella notte tra il 31 marzo e il 1˚ aprile 1964 i carri armatiliquidano anche l’effimera imprevedibilità non allineata della presidenza Quadros-Goulart e fannopiombare il Brasile in un incubo che durerà per i successivi vent’anni e oltre. Un brutto film prodottodalla Cia (lo stesso set verrà poi utilizzato per i sequel dell’Operazione Condor), registi i governatoridegli stati più importanti, cinque episodi «starring» il generale Castelo Branco, il generale da Costa e

Silva (’67-’69), il generale Médici (’68-’74), il generale Geisel (’74-’79) e il generale de OliveiraFigueiredo (’79-’84). Tutti generali, e tutti presidenti. Tra le comparse i deputati degli unici due partitiammessi in parlamento, soprattutto quelli di Arena, braccio politico della giunta militare, Lacircostanza aguzzò l’ingegno di tanti poeti-musicisti, divi tropicalisti e agitatori culturali antropofagisti,che ingaggiarono furiosi dribbling per smarcarsi dalla censura; ma è sicuro che avrebbero preferito undoping più umano, per sciogliere l’ispirazione. Molti ci hanno rimesso la libertà, qualcuno - come«Vlado» - la vita. La fama più o meno sinistra di una dittatura dovrebbe prescindere dalla contabilitàdelle vittime. Quella brasiliana fu forse meno sanguinaria dia ltre, ma come controrivoluzione dellecoscienze pesa ancora sulla memoria del Paese. Anche perché fu seguita da un’amnistia-amnesia dimassa, senza nessuna forma di «verità e riconciliazione» a sostegno. Tante rivincite, in termini digiustizia, ma nessuna vera vittoria.

in copertina, installazionecontro il Mondiale 2014sulla spiaggiadi Copacabana, a Rio

GERENZA

«Questo Paese hal’impunità scrittanella sua Storia.Prima con gliíndios, sterminati.Poi con i 200 annidi schiavitù nera.Infine con ladittatura militare»

IL GOLPE BRASILIANO COMPIE 50 ANNI

Il manifestodirettoreresponsabile:Norma Rangeri

a cura diSilvana Silvestri(ultravista)Francesco Adinolfi(ultrasuoni)

in redazioneRoberto Peciola

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Un ineditoper incontrareBasaglia

di SILVANA SILVESTRI

●●●Un tassello che viene aintegrare l’esperienza basaglianadegli anni Sessanta, un materialeprezioso riportato alla luce,compone il film documentarioEccoli a cura di Stefano Riccirealizzata con il montaggio dimateriali inediti della CollezioneOsbat Basaglia di proprietà dellaMediateca provinciale «UgoCasiraghi».

Nel ’58 Basaglia ottiene lalibera docenza in psichiatria, mal’ambiente accademico accoglieostilmente le sue ideerivoluzionarie e lui decide diabbandonare l’insegnamentouniversitario e nel 1961 sitrasferisce a Gorizia dovedirigerà l’ospedale psichiatrico,dove cerca di mettere in atto lesue idee (per prima cosa, senzache appaia una frivolezza,costruirà la pista da ballo cheancora oggi si può vedere), avviala prima esperienzaanti-istituzionale trasferendo ilmodello della comunitàterapeutica nell’ospedale. È del’67 il suo Che cos’è la psichiatria?e del ’68 L’istituzione negata.Rapporto da un ospedalepsichiatrico, quello di Goriziaappunto dove apre laboratori dimusica e teatro. Lascerà la cittànel ’69 per Parma e poi Trieste.

Ed eccoli infatti i protagonistidi una stagione unica erivoluzionaria, una delle pocheche è emersa dal crogiolo di ideedi quegli anni e a parte le pochealtre che si sono potuteaffermare dopo quegli anni nonhanno trovato gli interlocutorigiusti per essere applicate intutta la sua interezza. Dapellicole girate durante ilaboratori di musicoterapiaarrivano fino a noi piccoli branidi vita di persone che, disposteun un cerchio magicosembravano ritrovare un po’ allavolta il ritmo della vita. È lamusica stessa applicata a queigesti a farci rendere conto dopoqualche sequenza che siamoentrati anche noi in quel cerchioa scandire il tempo con il suonoche arriva come da lontano, civorremmo sforzare di legare

movimenti e sonoro, ma si èfrantumato il collegamento e ladifficoltà di collegare tutti i pezzidella percezione li sentiamo inprima persona, proprio come iprotagonisti della scena.Complice del sortilegio anche ilfatto che il sonoro originale èandato perduto, sono le musichedel contrabbassista GiacomoPiermatti a sonorizzare lapellicola 16 millimetri girate daGiorgio Osbat all’ospedalepsichiatrico provinciale di

Gorizia (e digitalizzati a cura delLaboratorio «La Camera Ottica»di Udine). Il crescendo dicoinvolgimento di gruppo ha nelmontaggio di Jacopo Quadri ilfattore altrettanto sorprendentedi composizione artistica in uncrescendo di abilità acquisite:muovere le mani al suono dellaritmica non sembra cosìsemplice o batterle in sincronia:ed eccoli chi diligente, chiabbandonato nella sua apatia,chi si sforza, chi guarda in

camera e poi tutti intorno allagrancassa con le bacchette o conle mani. Dopo il laboratorio degliuomini ecco quello delle donneche appaiono più diligenti, piùobbedienti (e forse per quellosono state rinchiuse), ma anchepiù avvezze al movimento e aisorrisi. Un po’ alla voltacompaiono i semplici strumentimusicali, il cimbalo, i tamburelli,il flauto, lo xilofono, ilmandolino, perfino il popolareviolino, fino a formare una verae propria orchestra con ilcontributo di tutti. E poi tutti inassemblea tra le dimenticatenuvole di fumo, i giovani, glianziani, le infermiere e Basagliaa confrontarsi tra di loro. E siorganizza una festa per tutti conla musica dei 45 giri nella salaaddobbata con festoni di carta,sulla famosa pista da ballo.

Nel giardino dagli alberispogli, compagni di passeggiatesilenziose, si guarda la città dallarecinzione di ferro. Ma ecco checompaiono infine i sorrisi alsuono di uno strumentoanomalo ma altrettanto ritmico,il martello, con cui si abbattonole reti che circondano lastruttura: non c’è più nessunabarriera tra il chiuso delmanicomio e il resto della città.Tra il ’61 e il ’69 non sono ancoragli anni di Trieste e a GoriziaBasaglia oltre alle sedute di

musicoterapia fa crollare unaltro tabù, mette fine un po’ allavolta alla netta separazione trareparti maschili e femminili,come si vede nei laboratori,rende possibili quindi leassemblee autogestite dagliinternati. E non bisognadimenticare il fuoricampo: inquegli anni la stampa piùavanzata mostrava servizi confotografiche inedite, gli orrori dialcuni altri manicomi, i letti dicontenzione, l’abbandono, lostato di morte civile in cuiversavano quegli esseri rinchiusie catatonici, mentre nel filmappaiono evidenti i risultati dellarivoluzione basagliana.

Il film sarà presentato il 5aprile, accompagnato da unapubblicazione fotografica a curadi Stefano Ricci (ed.MamiVerlag) dove si puòritrovare il lavoro di Basaglia inquegli anni, i tentativi di attivarela «comunità terapeutica»mutuata dall'intuizione diMaxwell Jones in Scozia, lenuove regole di organizzazione edi comunicazione, il rifiuto dellecontenzioni fisiche e delleterapie di shock, le assemblee direparto e plenarie, la vitacomunitaria. Il documentariosarà successivamentepresentatato il 7 aprile a Trieste,Studio Tommaseo, il 31 maggioa Modena, Galleria D406 ArteContemporanea, il 13 giugno aBologna, Squadro StamperiaGalleria d'arte, il 30 settembre aNiort, Francia, Le 4ème Mur e il5 novembre a Mannheim,Germania, Zeitraumexit.

IL PROGRAMMA

A Filmforumdi Udinee Goriziail cinemaharde del futuro

●●●La ventunesima edizione di«Filmforum Festival» si terrà aUdine e Gorizia del 2 all’11 aprileed ha come filo conduttore «At theborders of Film History, ovverol’archeologia del cinema, eventopromosso dall’Università degliStudi di Udine. Diretto daldocente e storico di cinemaLeonardo Quaresima e coordinatadai ricercatori Sara Martin eFederico Zecca, realizzato insinergia con gli enti locali e ilministero dei Beni e le attivitàculturali, comprende un riccoprogramma di incontri convegni,workshop, pubblicazioni, eventi,cinema delle origini e nuovimedia. Si inaugura a Udine (alCinema Visionario) il 2 aprile conla prima italiana del film di Larsvon Trier Nymphomaniac, conStellan Skarsgård, Willem Dafoe,Charlotte Gainsbourg. Il 3 aprile al

Sarà presentatoil 5 aprileil documentario«Eccoli», realizzatoda materialidegli anni 60nell’ospedalepsichiatricodi Gorizia

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di STEFANO RICCI *

●●●A sette anni e fino a quandoho cominciato a viveredisegnando, ho passato moltotempo con i matti. L’estatestavamo in una casa nelleDolomiti, costruita da un piccologruppo di libertari che avevanoconosciuto Franco Basaglia aGorizia. Io non lo sapevo ancora,ma quello che stavamo facendoera la conseguenza di quello cheBasaglia aveva immaginato efatto: la chiusura dei manicomi, ilritorno dei matti nella comunitàdelle persone...»

A dodici anni ho passato un po’di tempo con Vittorio. Eraschizofrenico, alto quasi duemetri, portava sempre un parkaverde oliva, anche d’estate, con ilcappuccio foderato di pellicciabianca. Aveva la bocca grande edei vecchi occhiali con lamontatura nera, con le lentimolto spesse che gli facevano gliocchi grandi e acquosi, un po’ dapesce.

Vittorio era lentissimo, per viadel Roipnol e di altre medicineche servivano a calmare gli effetticollaterali degli psicofarmaci, cosìoscillava molto lentamente,sembrava sempre sul punto dicadere, e invece no.

Una cosa che facevamo moltospesso era scrivere delle lettere auna certa ragazza che Vittorioaveva conosciuto, non mi ricordoil nome. Discutevamominuziosamente tutti i passagiromantici e disinvolti, poi Vittorioscriveva, e ci voleva del tempo.Eravamo così concentrati che, avolte Vittorio si dimenticava diandare in bagno e quando gliveniva in mente si alzava ma ametà strada si bloccava, si voltavamolto piano per guardarmi, ma iolo sapevo già, e lui apriva unsorriso larghissimo come unatenda, poi gli facevo la doccia.

Più tardi ho saputo che vivevain un istituto. C’era stata unabattaglia di cuscini fra i matti, uncuscino era volato verso lafinestra e Vittorio, che si trovava lìvicino, si era allungato perprenderlo ed è caduto dal terzopiano. Vittorio è morto cercandodi salvare un cuscino.

Franco aveva i capelli, lesopraccilia e i peli del naso rossiarancio. Gli piaceva inventarecontinuamente delle ricetteimpossibili. Cominciava così, conun‘insalata o una pastatradizionale con tutti gliingredienti in ordine, ma a uncerto punto si presentava unospite indesiderato. Uncioccolatino boero al liquore diamarena.

Mi diceva, immaginati se aquesto punto trovi nei bolliti unaliquerizia gigante, e lì esplodeva

una risata da cappellaio matto,diventava completamente rossocon i capelli arancio, risata viraleche investiva tutti quelli che locircondavano, tutti morti dalridere senza neanche sapereperché.

Franco aveva una passione perl’elettricità. Passavamo deipomeriggi sotto i tralicci, a sentireil ronzio dell’elettricità chepassava nei cavi dell’alta tensione.Poi tornavamo a casa, ridendo.

Cesare aveva il collo più largodella testa e, anche se eravamoalti uguali e non era grasso,pesava almeno il doppio di me.Parlava poco, e non si capivasempre cosa voleva direesattamente. Teneva la gambelarghe, ben piantate, come unlottatore.

Quando ci siamo incontrati perla prima volta da soli, Cesare miha voluto assaggiare. Ci siamoseduti a tavola con gli altri quattro

matti che erano in camera connoi, e Cesare, con velocità quasifinta, ha lanciato sei bicchieri esei piatti facendoli scoppiarecontro il muro di fronte.

Gli altri si erano spaventatimolto, e anch’io. Ma alla sera èsuccesso qualcosa, Cesare si èsdraiato nel letto a castello e hatirato fuori dalla tasca quella cosache tutti abbiamo imparato achiamare come la chiamava lui:larmonichina.

Si è infilato questa minuscolaarmonica tra i denti e le labbra,come una dentiera, lo ha fattoogni sera, ha chiuso gli occhi e hacominciato a dondolare la testa adestra e a sinistra, con questosuono dolcissimo a ondate,sempre più lento fino a che siaddormentava, passava qualcheminuto, si risvegliava e dondolavaancora tre o quattro volte, ilsuono come un filo sottilelontanissimo e poi dormivamotutti.

Con Elio mi sembra che cisiamo capiti subito. Era moltogrosso, camminava come unorso, difatti aveva le clarck tuttesfondate. Dormiva pochissimo eandava in giro a cercaremozziconi nei portacenere. Unpomeriggio giocavamo a pallonecon tutti gli altri volontari e imatti. Elio cercava i mozziconi abordo campo, avevamo fatto ditutto per farlo giocare, poi la pallaè uscita lentamente, gli è arrivatasulle Clark, lui l’ha fatta salire sulginocchio e ha cominciato a

palleggiare. Poi qualcuno mi hadetto che Elio era stato nellegiovanili del Bologna.

Elio era uno degli ultimi mattiche vivevano nel manicomio diBudrio, saranno stati sei o sette.Un fine settimana eravamo statiin campagna e la domenica seralo avevo accompagnato aBudrio. Il manicomio eraimmenso e tutto vuoto, le paretierano dipinte con uno smaltoverdolino, erano le sei delpomeriggio. Sul comodino difianco al letto di Elio c’era unpiatto di zuppa marrone, non hovisto un cucchiaio o il tovagliolo.In mezzo al piatto, affondatafino a metà, c‘era una melagialla.

Quello che più mi incanta inmolti matti che ho conosciuto,credo sia questa loro capacitá diinventarsi il linguaggio, diinventarsi dei mondi, di esseresempre nell’atto, di praticarecostantemente la capacità distupirsi e di perdersinell’esplorazione delle cose,prolungando all’infinito lo statodi grazia e la bellezza che è neglianimali e nell’infanzia.

BIOGRAFIA

Un disegnatoredal segno prismatico

APPUNTI SPARSI ■ L’AUTORE DI «ECCOLI» IN PRIMA PERSONA

Un’esperienzatutta da viveree da raccontare

cinema Visionario (ore 21) lacopia restaurata di The Devils diKen Russell con VanessaRedgrave. La proiezione èpreceduta da un programma checomprende: Baci, Pugni,Sparatorie di Lucia Marcucci eLamberto Pignotti (1966-67),«Cartoons on the Job» conEconomia e sicurezza, (Italgas,1929), Non è più un sogno (Fiat,1932), Fiat in casa (Fiat, 1950), Leali del nostro cielo di Paul Bianchi(Barilla, 1956), Noi e l'uovo di PaulBianchi (Barilla, 1956), Tarantelladi Pulcinella di Emanuele Luzzati,Giulio Gianini, Citto Maselli eGiulio Questi (Barilla, 1959), Lemessage di Jean-Michel Folon eGiulio Gianini (Olivetti, 1969),Olivetti - sistemi - Olivetti (Japananimazione ) Il giro del mondo in80 giorni: Carosello lambretta(ideato e diretto da Giuli), break

pubblicitari di Federico Felliniper Banco di Roma, Campari,Barilla.

I porn studies presentanoquest’anno in collaborazione conil Museo del cinema di Torino cheli sta catalogando, «Italian classichard-core movie trailers(1980-1990). Nell’ambito delfestival per l’edizioneMimesis/Mediaeros esce Sguardo,corpo, violenza. Sade e il cinema,omaggio di Alberto Brodesco almarchese De Sade a 200 annidalla morte. Al convegnointernazionale su «L’archeologiadel cinema» all’Università diUdine fino al 4 aprile partecipanoaccademici europei, dal Canada edagli Usa (fra gli altri Marc Vernet,Siegfried Zielinski e ThomasElsaesser),

Dal 5 all'11 aprile FilmForumFestival 2014 si sposterà a Goriziaper ospitare l'annuale SpringSchool come sempre incentratasul rapporto fra Cinema e artivisive contemporanee. Il tema «Atthe borders of (film) history» saràesplorato nel passato della storiadel cinema e nel presente dellearti visive contemporanee durantei Workshops di Film Heritage eVisual Arts, per concentrarsi poisul versante delle nuovetecnologie nel Workshop «PostCinema» (dai videogiochi, alfumetto, ai social networks).

Stefano Ricci, disegnatore e artistagrafico di fama internazionale, dal 1986collabora con la stampa periodica el’editoria in Italia e all’estero («Frigidaire»,«Per Lui», «Dolce vita», «Avvenimenti»,«Linea d’ombra», «Il manifesto»,«Esquire», Panorama, Téléma, «Extra»,«Glamour», «HP», «Follow me»,«Libération», «Les Inrockuptibles»,«Internazionale», «Alias», «Lo Straniero»,«L’Humanité», «Bang», la Repubblica,Mondadori, Rizzoli, Einaudi ed altri). Per ifumetti, oltre ad alcune storie brevi, hapubblicato «Tufo», su sceneggiatura diPhilippe de Pierpont, selezionato nel1997 per il XXV Festival di Angoulême.

«Quello che più mi incantain molti matti che ho conosciuto,credo sia questa loro capacitádi inventarsi il linguaggio»

La foto a sinistra è di Uliano Lucas (nonfa parte del documentario di StefanoRicci), le altre foto in pagina sono trattedal documentario «Eccoli».A destra un disegno di Stefano Ricci

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(6) ALIAS29 MARZO 2014

SARAH BERNHARDT ■ LA MIA DOPPIA VITA

Mostro sacrodell’Odéone infermiera

di MARIA GROSSO

●●●Come se all’improvviso leavessero prosciugato parte delcuore, amputato un arto, eroso unpezzo del cervello. Non sapeva diaverli, eppure adesso la sensazioneche si porta dietro è quella immanedi un vuoto. Quando Zaira halasciato l’Etiopia, la terra dalla qualeera venuta al mondo, era cosìpiccola che la sua memoria stavaancora giocando a impilare i primimattoncini di ricordi. È bastata unanotte, un vento brutale di spari e divetri frantumati, per spazzarli via inun lampo. Le hanno ucciso suopadre, gli zii, le hanno portato via ilpaese d’origine, la serenità dal voltodi sua madre. Così sono fuggite -lontano - lacerate da traumi checerto necessiterebbero accoglienza econforto, nonché l’attenta empatiadi cure post, da cui provare forsepian piano a intessere un nuovo filodi vita. Possibile trovare tutto questoin Italia? Se lo è chiesta Enza Buono(già autrice, tra gli altri, di Quellamattina a Noto, 2008), con La nostraultima estate, Giulio Perrone Editore.L’ossatura del romanzo, unaappassionata variazione del«Mother/Daughter Plot», infinitatrama contemporanea delle madri edelle figlie, scrittrici e lettrici, ormai -dopo secoli di significativarimozione - sempre più in luce, e quitutta giocata grazie a una pregnantetriangolazione con l’amica ecompagna di scuola, Marcella, che difatto rappresenterà per Zaira l’unicaoasi affettiva di scambio paritetico inItalia, precisamente a Bari (tra l’altrocittà d’adozione dell’autrice, sicilianad’origine). «Scrivo a te che sei stata lamia unica vera amica, perché hobisogno di rivolgermi a qualcuno perdimostrare a me stessa e agli altriche ho vissuto in questo paese, cheesisto». Per Zaira dunque, migrantecatapultata piccolissima in Italia, lascrittura, fin dalle prime note delromanzo, si manifesta come viad’accesso alla coscienza di sé, comegraduale consapevolezza tattile dellapropria presenza nel mondo.

Scrivere è un tastarsi nel buioprodotto dal non rispecchiamento,dall’esclusione sociale, un gestofisico di riappropriamento di sé, maal tempo stesso il luogo in cuil’esperienza dell’autrice e quelladelle due donne da lei narrate –Zaira, appunto, sempre in primapersona, e l’amica occidentale,talora in prima talora in terza –potranno cercarsi, sfiorarsi e a trattivicendevolmente illuminarsi. Fermorestando che l’impronta stilistica diBuono, un tocco pudico erispettosamente partecipe, unimpasto un po’ antico scevro da«parole della contemporaneità» edunque temporalmente indefinito(siamo probabilmente nel decenniofinale del secolo scorso, ma non cisono tracce storicamente precise),più che a rivelare, tenderà a sottrarree a testimoniare semmai l’esistenzadi aree interiori reciprocamenteinconoscibili, tanto di se stessa chedelle sue personagge. A Marcella,Zaira, divenuta adulta e madre asua volta, rivolgerà lunghelettere-diario, scandagliando aritroso la vastità teneramentesimbiotica del rapporto con lamadre, oltre la bolla cupa del lutto eil deprivante contesto italiano, in cuipiù che l’ostilità apertaconosceranno lo stillicidio del

I LIBRIdi GIANCARLO MANCINI

●●●È capitato molte volte e ancorprima che un ex attore diventassepapa di interrogarsi sul rapporto tral’arte recitativa e il sacerdote cheofficia la messa. Spesso anchel’aggettivazione per alcunigrandissimi divi del passato remotofinisce per gravitare attorno alsacerdotale, per attestare lacustodia di qualcosa di sacro edinavvicinabile, un fuoco e unmistero al medesimo tempo.Sicuramente tra le sacerdotessedella recitazione Sarah Bernardtoccupa un posto eccezionale,eppure come apprendiamo daqueste memorie appena pubblicateda Castelvecchi (La mia doppiavita, pp. 465, euro 25), si tratta diuna vocazione scoperta propriodopo la rinuncia forzata ai voti. Lafamiglia infatti si opponefermamente al suo proposito,appena adolescente (era nata nel1844, a Parigi), di diventare suora, equando il suo carattereintemperante la pone in condizioniproblematiche anche dentro alcollegio ecco a qualcuno deipadrini, amici, sodali della famiglia(tra cui c’è anche Rossini) venire inmente qualcosa di sconosciuto allagiovane Sarah. Ovvero ilConservatorio. Prima c’è stataappena l’occasione per salire sulpalco in occasione di una recitascolastica in Tobia che riacquista lavista, una commedia di evidenteargomento religioso scritta dallamadre Santa Teresa. Nessuno però,come rileva lei in queste memorieche arrivano fino al 1880, l’annodella trionfale tournée negli StatiUniti, si è peritato di dirle quantasolitudine, una solitudine maiprovata prima, l’avrebbeaccompagnata sul palcoscenico sinda quei fatali istanti in cui una voceavrebbe pronunciato il suo nomeper l’inizio del provino. Adascoltarla ci sono dei veri e proprimarpioni della scena, tra cuiBeauvallet, il «tonante attore tragicodella Comédie française». Qualcunosghignazza, continuano leinterruzioni che ovviamentemettono in crisi la sua acerbacapacità di concentrazione. Questoperò non pregiudica la suaammissione al Conservatorio el’inizio di una carrieraineguagliabile. È a quel punto, dicelei stessa, che inizia un momentonuovo della sua vita in cui per laprima volta inizia ad affermarsi lasua volontà. Nata da una famigliabenestante della borghesiaparigina, la Bernardt aveva iniziatocosì il percorso che l’avrebbeportata dopo appena qualche annoalla Comédie française e poi, aneanche 40 anni, nel 1880, l’anno incui terminano queste memorie, aviaggiare in tutto il mondo con lasua compagnia. Capricciosa,caratteriale, tonante, irascibile,incontrollabile nelle reazionieppure così dolce e attenta allagentilezze delle persone. Da questolibro, oltre a un interessante edintrigante ritratto inedito di tutto unmilieu sociale durante quello che èstato chiamato il Secondo Impero,c’è proprio al termine di questo unasorpresa inaspettata. Ovvero ilvibrante, partecipe diario, verrebbeda dire giorno per giorno, delladisastrosa guerra franco-prussiana,che costò alla Francia l’Alsazia e laLorena e un lungo, umilianteassedio di Parigi. La Bernardt seguequesti fatti come aiutante

infermiera con un calore patriotticoche le sue parole fino ad allora nonhanno lasciato presagire, cosìaffettate, compiaciute, viziatecom’erano. Si vota anima e corpoalla patria, ad aiutare i poverifantaccini che arrivano nelle saledell’Odéon, improvvisato ospedale,già dilaniati dalla polvere da sparo odalle schegge delle granate. Poiarriva la Comune, verso la qualel’attrice non nasconde l’antipatiaviscerale, lei così devota di LuigiNapoleone e dell’imperatriceEugenia. C’è comunque il tempo,finita la breve esperienzarivoluzionaria, di riprendere il suo

posto d’attrice e di decollaredefinitivamente verso il pantheongrazie anche al rapporto chestabilisce con Victor Hugo.L’incontro tra i due non è semplice,l’attrice già così attrice anche nelmodo di essere, e lo scrittoreassolutamente non propenso adammorbidire la propriaintemperanza neanche per unsecondo. I due si incontranoattraverso il testo cardine del teatroromantico: Ruy Blas. Il 26 gennaioall’Odéon c’è tutta Parigi a vedere laBernardt interpretare la Regina diSpagna ed è un successoclamoroso. «Quel 26 gennaio –

scrive lei stessa - strappò il veloleggero che offuscava ancora il mioavvenire, e sentii che ero destinataa diventare famosa. Fino a quelgiorno ero rimasta la piccola fatadegli studenti: divenni l’eletta delpubblico». Da un punto di vistatecnico poche cose la Bernardtlascia trasparire sui segreti dell’arterecitativa, anche perché comescrive lei stessa dopo il Ruy Blas èdiventata a tutti gli effetti padronadella scena e non teme certo leintromissioni dell’ancor debole (laregia ancora non esiste) direttore discena. Quello che si capisce è ladeterminazione con cuipraticamente sin dai primi passidella sua carriera d’attrice laBernardt sia consapevole dellanecessità di mostrarsi tanto fortecome attrice quanto impenetrabileper un cronista dell’epoca o per uncurioso dei giorni nostri, chevolesse capire come davvero simuove sulla scena. Da qui laridondanza della sua prosa, pienadi belletti e di piccoli moti d’animo,in linea con i romanzi d’appendiceo con l’immaginario della societàeuropea della seconda metàdell’Ottocento. Sulla sua arte nullala Bernardt lascia trasparire, tuttodeve sembrare il più possibilenaturale, spontaneo, e siccomestiamo parlando di una inimitabileattrice, misterioso. Lei è lasacerdotessa.

ENZA BUONO ■ LA NOSTRA ULTIMA ESTATE

La memoriaetiope di Zairanello stivale

Voleva diventare suora, ma la famiglia dellaborghesia parigina si oppose e divenne cosìla più grande interprete del secolo scorso, unaavventurosa storia raccontata nelle sue memorie

La piccolamigrante africanasbarcata in Italiapercepiscela sua presenzanel mondoattraversola scrittura. Senzarisposte né catarsi

ITALIANI A LONDRA Chi sono «gli altri» oggi in Italia? si sono chiesti i curatori del programma realizzatopresso l’Istituto italiano di cultura di Londra dove si tiene la rassegna «I Doc Italy». Queste opere possono benrappresentare l’argomento: in apertura di manifestazione il 1 aprile Ossigeno il documentario di Piero Cannizzaro (definito«il regista italiano più eco-sostenibile» per le sue recenti serie legate a cibo e spiritualità) che racconta l’avventurosa edrammatica storia di Agrippino Costa brigatista che ha ritrovato una dimensione di vita attraverso l’arte, film realizzatonel corso di alcuni anni, accompagnato da una masterclass del regista. L’8 aprile La mia classe il film di Daniele Gaglianone,il film con Valerio Mastandrea maestro di italiano in una classe di autentici emigranti che spezzano il consueto andamentodel racconto con l’autentico problema della mancanza del visto di soggiorno. Il 16 aprile è in programma il racconto dicinquant’anni di storie più o meno celate di omosessualità nell’Italia della repressione: Felice chi è diverso di GiannniAmelio presentato al festival di Berlino. Il 29 si presenta 18 Jus soli, il diritto di essere italiani di Fred Kudjo Kuwornudedicato agli italiani di seconda generazione.

In pagina un ritratto di Sarah Bernhardt,al centro un’immagine dell’artista daneseOlafur Eliasson legata a un progettorelativo all'Etiopia, dal titolo «Little sun»

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(7)ALIAS29 MARZO 2014

LA DEUTSCHEVITA

di FRANCESCO MAZZETTA

●●●Fernando Rotondo, giàmaestro elementare, professore epreside di scuola media e docentedi letteratura per l'infanziaall'Università di Milano-Bicoccaoltre che collaboratore di rivistecome L'indice dei libri del mese,Biblioteche oggi, Liber, ecc., harecentemente pubblicato un librosui Percorsi di lettura nella collana«Conoscere la bibliotecadell'Editrice Bibliografica». Lacollana si pone come strumento diagile divulgazione sui servizibibliotecari rivolto sia a chi lavoranelle biblioteche e vuole trovare uncompendio elementare su qualcheaspetto professionale, siasoprattutto agli utenti, reali eauspicabilmente pure quellipotenziali, di un'istituzioneculturale che in Italia, seppurfunestata da tagli di fondi chepenalizzano prima di tutto gliaspetti meno appariscenti,continua ad avere ambiti dieccellenza e di servizio ben al di làdi quelli che normalmente ci si èabituati ad attendere dallapubblica amministrazione (adesempio: quale altro ufficio,teoricamente anche più «vitale»per la vita del cittadino, è aperto inorario serale o festivo?). Al suointerno il volume di Rotondo siinserisce per ragionare di come,anche grazie all'opera«democraticamente» promotricedelle biblioteche, si sia, all'incircadal secondo dopoguerra in avanti,operato un'opera di«sdoganamento» della narrativa digenere fino alla sua considerazioneattuale, sia da parte della critica siadel mercato, alla pari di quello cheprima veniva definito«mainstream», la «correnteprincipale» della letteraturanarrativa che non si piegava

«pregiudizialmente» al ricettarionarrativo di questo o quel genere.

E certo se pensiamo all'influenzache autori «di genere» come PhilipDick o Stephen King, John RonaldRuel Tolkien o Jim Thompson,Danielle Steel o John Le Carréhanno avuto sull'immaginariocontemporaneo non possiamonon concordare sul fatto che lacultura pulp e underground siaoggi quella mainstream. Pensiamoai best-seller che ci assalgono inaggressive montagne in qualsiasilibreria: da Dan Brown a JamesPatterson, da Clive Cussler aNicholas Sparks, si trattacomunque di opere cheobbediscono - in maniera più omeno fedele - a un ben precisocanone narrativo. Merito dellebiblioteche è stato indubbiamentequello di precocementecontribuire ad abbattere glisteccati tra questi vari canoni e

permettere per le proprie sale lalibera circolazione ed interscambiotra personaggi come «SherlockHolmes e Marlowe, Poirot e MissMarple, James Bond e ilcommissario Montalbano, Draculae Frankenstein, Gandalf e HarryPotter, Sandokan e il Corsaro Nero,le donne amorose e profumate diLiala e le femmine frustate esfumate di grigio, Bella e la bestiadi Twilight, il Neuromante diGibson e il replicante morente cheha visto cose che noi umani nonavremmo mai potutoimmaginare...», quello diriconoscere e accogliere e proporrei nuovi generi, spesso frutto diibridazioni apparentemente fruttounicamente di calcolocommerciale ma che si sonosapute scavare un solco nel cuoredi un pubblico affezionato.Paradigmatico il «non-genere»young adult - coltivato e sostenutoprincipalmente a partire dallebiblioteche statunitensiintenzionate a creare un anello diraccordo tra le sezioni e iprogrammi per ragazzi e quelli peradulti - adatto a una generazioneche si fa adulta senza tuttaviaabbandonare le passioni infantili(da Harry Potter ai videogame).

Ma, mi sembra di poteraffermare, c'è anche un rovesciodella medaglia - a ciascunogiudicare quanto piccolo o grande- che Rotondo non considera: finoa quando la narrativa di genere èstata confinata in ghetti letterari,ha saputo esprimere con maggioreenergia e vitalità la propriainterpretazione del mondo.Pensiamo alla vitalità ed alla caricaeversiva di correnti come ilcyberpunk o lo splatterpunk,pensiamo alla carica sovversiva delnoir delle origini. In qualche modoqueste cariche sono anche l'effettodell'incubazione in ambientiristretti e conclusi, indubbiamentea loro modo anche soffocanti pergli autori. E infatti non troviamopiù la medesima perniciosità alquieto leggere nelle superstar dellaletteratura odierna. E se è lasovversione che vogliamo, siamocostretti a cercarla ancor oggi nellepieghe della letteratura, che non èpiù - solo - di genere ma che sinasconde nell'autopubblicazione oin progetti periferici e tangenzialialla letteratura dei festival e delleclassifiche (e non posso nonpensare, ad esempio, al fenomenocross-mediale trans-nazionaleMetro 2033, di cui c'è in uscita ilnuovo episodio italiano sempre afirma di Tullio Avoledo). È lanarrativa 2.0 con «user generatedcontent» che le biblioteche odiernefanno molto più fatica a gestireperché non si concretizza inmateriale «minore» ma tangibilecome succedeva per la «pulpfiction» ma si muove multiformeper le autostrade digitali perpercorrere le quali, spesso ancheper la miopia del legislatore, essetroppo spesso non hannostrumenti adeguati.

respingimento sotterraneo, la falsacoscienza di tante donne occidentalirispetto al lavoro di cura – la madresi impiegherà come colf - illinguaggio ancora tristementeammorbato da stereotipi sul coloredella pelle. (Nonché, tra i compagnidi scuola delle due ragazze, rigurgitidel rimosso coloniale tra i duepopoli: le donne «negre» e le loroterre come «puttane» destinate allaviolenza del conquistatore maschio«bianco»). Contro tutto questo, aeccezione di Marcella e dei suoi – dicui il romanzo segue il paralleloevolversi dei vissuti - saranno sole, ese sull’Etiopia Zaira avrà solo indizisparuti (il sapore del karkadè o iracconti dal Këbra Nagast), sarà suamadre, con la sua presenzadignitosa e mai vittimistica, aincarnarla per lei. È per questo che isuoi interrogativi sul padre (sa soloche era un oppositore del regime),tra soggezione e labirinti di nondetto, si infrangeranno innanzi almistero inaccessibile del dolorematerno. Ed è per questo che, adifferenza di altre scritture di ricercadelle identità di matriceitalo-africana – per esempio diGabriella Ghermandi - non cisaranno risposte né catarsiattraverso la ricostruzione letterariadella memoria etiope dellaprotagonista. Come un vuoto, unadimenticanza del romanzo, masoprattutto come voragine radiante.Allo stesso modo per Zaira non potràesserci differenziazione dalla madre,se non a causa della laceranterepentina malattia e della morte dilei. Allora, accolta da una comunitàpugliese per giovani africani indifficoltà, finirà di forgiare la suasolitudine, forzatamente scoprendole sue capacità di adattarsi a unaautonomia precoce. In tutto questotravaglio Buono le sarà accanto,filando per lei una scrittura vibrantee tesa, nutrita di amarezza e spietatadisillusione, nonché irrorata dellafertile reattività dell’invettiva (allamaniera di Gayatri Spivak o di SusanSontag: contro ogni occidentaletentativo di azzerare il tracciatoindividuale in una subalterna storiacollettiva). Zaira continuerà astudiare, conoscerà l’amore con unragazzo della borghesia barese,presso la cui famiglia lavorerà come«istitutrice», e se la gravidanza lacoglierà impreparata e fragile,«oggetto» da espungeredefinitivamente, saprà mutarequell’evento in una occasione perdistanziarsi per sempre dalcontesto. Andrà altrove, primaancora in Italia, poi grazie alla forzadel suo lavoro agirà un futurocompletamente altro per lei e per ilfiglio. Pure non scorderà mai ilcalore magnifico di quell’ultimaestate, in tre con Marcella, sotto ilsole consolante della Sicilia e quelmare che apriva il cuore di suamadre, come il lago Tana.

CESARE TACCHIALL’ACCADEMIA

FERNANDO ROTONDO ■ PERCORSI DI LETTURA

Controcultura?Esiste ancora,si trova in rete

È stato per me un grande dolore sapereche il mio amico Cesare Tacchi se n’èvolato via. Ho lavorato con Tacchi dal2005 al 2007 in una serie di progettispeciali con i ragazzi dell’ultimo anno delLiceo Artistico di via di Ripetta a Roma,ai tempi la bravissima preside era LetiziaTerrinoni aperta alla sperimentazione econtaminazione tra le discipline. Tacchime lo sono andata a scegliere io, dopoun primo anno di collaborazione colliceo un po’ dispersivo, ho sfidato l’auradi rispetto-terrore che lo circondava,un caratteraccio bizzarro e burbero, untipo difficile, sussurravano nei corridoi,però un vero grande artista, pensavo, epoi con i burberi sono sempre andatad’accordo, ripensavo, così mi sono fattacoraggio e un giorno prima checominciassero le lezioni l’ho fermatonell’androne: «potrei lavorare con te?»«chi sei, che fai? va bene». CesareTacchi era un uomo molto bello conuna grande faccia scolpita da anticoromano e dei penetranti occhi verdiche sapevano guardare. Come avevointuito non c’era bisogno di grandidiscorsi, anzi, ci fu, immediata, tra noi,una fantastica telepatia, ci siamo divertitimoltissimo. Ogni settimana quattro oredi seguito nell’aula più grande del liceoper poter fare lavorare i ragazzi in piedi,liberi di improvvisare, ogni lezioneiniziava con pezzo scritto da Cesare cheio leggevo alla classe. «Mi piace quandomi leggi, scopro cosa ho scritto» midiceva. Ogni anno un tema diverso, unavolta il sogno un’altra il gioco, fino a fardiventare il nostro lavoro con la classeparte dell’esame di maturità. Tacchi «unprotagonista tra i massimi della storiadell’arte italiana, ben superiore allavalutazione riconosciutagli dairappresentanti dell’imperante ’sistemadell’arte’, fondato su valori venali» hascritto Maurizio Calvesi. Un grandeMaestro, un libero pensatore,aristocratico e schivo come scriveArianna Di Genova nell’articolo sulmanifesto del 18 marzo scorso in cuiracconta il suo percorso artistico.Cesare si era innamorato di sua moglieRossana quando era ragazzo «abitavanel mio quartiere, l’ho scelta quandoaveva ancora 14 anni, ho aspettato checrescesse e poi l’ho sposata», 44 anni dimatrimonio, una figlia Gaia. Ad un certopunto una crisi lo aveva così sconvoltoda spingerlo ad un volo di 15 metri daun cavalcavia, tipo tuffo a candela, eracaduto in piedi, si era rotto tutto «lì perlì non ho sentito nulla, e poi, perfortuna, la moglie mi ha perdonato e miha ripreso» diceva. Pochi giorni primache morisse l’ho pensato intensamentee ho ritrovato un foglietto col suonumero di telefono, la solita telepatia,come un saluto, devo chiamare Cesareho pensato, ma non l’ho fatto. Leggo trai suoi fogli, scritti rigorosamente amatita, che ho conservato: «La pitturanon è imitazione/ la pittura non èinterpretazione/ora/più si allontana dallanatura più è arte/ciò che vedi nellapittura/è se stessa everosimilmente/assomiglia allanatura/ora/l’astrazione è di naturageometrica/ e ci allontanainesorabilmente/dalla naturanaturale/ora/Arte è artificio,invenzione/dominio simbolicodell’essenza/ora/adesso/è apparenzadell’impensabile/sistematico,matematico,enigmatico/sentire/ora/adesso». E aglistudenti prima dell’esame: «I bravi sonobravi/ma sono gli altri che miinteressano/sono quelli che ancora nonhanno il coraggio/di mostrare chi sonoveramente/a cui manca il piacere diinteragire nel gruppo/nellacomunità/insomma/ qui non si tratta diessere i primi della classe/alla ricerca distrategie opportunistiche/ ma diapprofittare dell’esame di maturità/efare un gesto creativo/chesorprenda/che provochi un emozione eun giudizio sulla persona/tuttaintera/Alla fine/i calcoli/dovete farli nelgioco/e se avete anche appreso/ciò chela scuola/di buono/ vi hadato/mostratelo/con precisione e senzaesagerare/insomma ciò che vi chiedo emi chiedo/è di andare finoinfondo/grazie».

Il documentario La Deutsche Vita diAlessandro Cassigoli e Tania Masi inproiezione nelle sale berlinesi si muovein modo lineare e ironico su alcunevite di italiani a Berlino, vecchiagenerazione soprattutto, della nuovadegli ultimi anni si vede poco e quindisi racconta poco. Dalla voce off, unavoce in «crisi del settimo anno e decisaa capire il suo rapporto oggi conquesta città», dalle storie e situazionidescritte, trapela una certainsofferenza naturale della vitadell’esule, nonostante un paesed’origine che non ha dato quantoatteso. Le memorie sono quelle di chiè arrivato 40 anni fa, anche comeavventuriero, e di chi sta qui da nonmolto e si arrangia come può perché apartire, da tempo, non sono più solo icosiddetti cervelli, le menti illuminateda 4 master ma anche «gli altri» chenon compaiono in nessun articolo senon sono storie di successo. Ora cheBerlino non può essere più descrittacome un Eldorado, come ben sanno(ed evitano) gli autori di questodocumentario, perché it’s too late,come cantava Bowie che qui havissuto, non si può evitare unosguardo sulla città immersa in unarapida e fagocitante palingenesi. Il mitosi è ridimensionato, per forza di realtà,ma non ha avuto vita facile avendodovuto combattere con chi dal didentro e dal di fuori la riteneva laMecca del presente. Da uno schematrito però si salta all’altro, quello forseancora più ovvio: cibo, tanto cibo, neiristoranti, nelle cucine private, ciboovunque già dalla locandina. E poi tantagestualità appassionata che ci portiamoin valigia, che sia di cartone o trolley. Siracconta per cliché forse anche reali,ma in nome di un presunto realismo sideve sacrificare la creatività dellanarrazione? Troppo semplice e troppofacile descriverci su toni culinari e sulleretoriche differenze tra tedeschi eitaliani. Giocando sulla scena con lostereotipo davvero si pensa diesorcizzarlo? La realtà è molto piùcomplessa e sebbene un documentarionon possa essere rappresentativo ditutto, e un autore abbia il diritto discegliere una chiave, anche leggera ecomica, egli non può permettersi direstare in superficie. C’è un posto nelfilm, un negozio di vinili di un italiano aKreuzberg, che ora si sposterà altrove,pur rimanendo nello stesso quartiere.La gentrificazione, si dice, questofenomeno che è quasi l’identità stessaberlinese, il suo sviluppo urbano postmuro e che adesso accelera. Lalavorazione del film ha avuto unprocesso lungo per questioniproduttive, ma la città tedesca è velocee se si vuole raccontarla non si puòprescindere da questo, altrimenti lestorie diventano già vecchie. Nelnegozio, inoltre, si discute su chi vienea Berlino e perché e i clichécontinuano ad alimentarsi tra loro. Leesistenze sono tante e diverse, c’èanche chi torna a casa per motivialtrettanto diversi. Ci sono ancheartisti, etichetta sempredisgraziatamente onnivora, che vivonodel loro lavoro, modestamente,perché la capitale tedesca una voltascarnificata dalle sue illusioni di «tuttoè sempre possibile qui» resta in piedi eincassa un vantaggio almeno per ciòche resta della sua economicità, inrelazione ad altre città europee,chiaramente. Le storie si possonorappresentare anche scavalcando il sisa che siamo così anche se ciò che si sanon è una ricostruzione«tecnicamente» falsa. C’è moltamalinconia e solitudine nei personaggie un rapporto non sempre risolto conBerlino. Sarebbe stato bello dare unrespiro maturo a questo. Perché nonpossiamo noi stessi raccontarci ancheai tedeschi al di là degli spaghetti?@NatashaCeci

«WARS» DI GIANCARLO BOCCHI ●●●Rai Storia presenta oggi alle ore 22.15 inversione originale Wars film documentario di Giancarlo Bocchi che racconta le vicende, intrecciate da uncomune destino, di tre persone in tre paesi in guerra da decenni, Afghanistan, Palestina e Somalia. I 5conflitti che hanno devastato ininterrottamente dal 1979 ad oggi l'Afganistan hanno provocato la morte dipiù di un milione di persone. Gli 11 conflitti in Palestina, dal 1916 ad oggi, hanno provocato più di 200 milavittime. Nei 10 conflitti che hanno dilaniato la Somalia dal 1963 ad oggi sono morte più di 600 mila persone.Tre vite, tre paesi, i tre conflitti più lunghi della storia contemporanea. Il film è incentrato incentrato sullavita di tre uomini che vivono la guerra quotidiana: un postino afgano mutilato da una mina quando erabambino che fa il postino per permettere ai fratelli di studiare, un soldato di ventura somalo che vive aBaidoa, «la città dei morti viventi», un pensionato ottantenne ex agente dei servizi segreti israeliani,considerato «una leggenda». Premio Libero Bizzari come miglior produzione del 2010.

A destra l’interno della biblioteca dellaColumbus University (Ohio)

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Dalle tenebreuna «vera»lezione di vita

ESCE L’ATTESO «DARK SOULS II» PER PLAYSTATION 3 E XBOX 360

di FEDERICO ERCOLE

●●●Sono trascorsi pochi secondidall’inizio di Dark Souls II, checomincia con un breve edeprimente filmato alla fine delquale ci troveremo in una buiaradura, vestiti di stracci e vittime diuna maledizione che ci ha toltovita, famiglia e umanitàtrasformandoci in dannati comequelli della poesia di T.S. Eliot,uomini vuoti con la testa piena dipaglia invece che di pensieri e

emozioni. Solo pochi secondi e ladama con la falce che alberga nelgioco è già pronta a colpire.

Muovo i primi passi tra l’erbaalta mentre in lontananza si scorgeuna casetta tetra. C’è un rumoreanimale tra gli steli. Sono alcunescimmiette deformi che saltellanoe banchettano tra le ossa bianchedi rari scheletri. Sembranoincuranti del mio passaggio einoffensive. Potrei lasciarle in pacementre percorro il sentiero verso ilsinistro edificio. Ma la tentazione è

forte e così, a mani nude, leattacco. Basta sfiorarle con unfloscio pugno che queste, tutteinsieme, mi balzano addosso. Inuna frazione di secondo loschermo diventa nero e comparevermiglia la scritta «Sei Morto».

C’è qualcosa di speciale nellaprima «morte» in un gioco dellaserie «Souls», saremo destinati asoccombere centinaia di volte, mail primo Game Over è una lezionedi vita nell’inferno virtualeinventato da From Software: maitentare qualcosa a sproposito, maipensare che non ci siano pericoli,mai «giocare». Perché questivideogame sono trappole mortaliconcepite al solo fine di annientareil giocatore sprovveduto, distratto epigro così come quello piùsmaliziato e presuntuoso. Bisognaaffrontarli con umiltà e gravità,solo così, alla fine, dopo ore e oredi sacrifici, terrore e fatiche saràpossibile vincere.

Dark Souls II, appena uscito perPlaystation 3 e XBox 360, è uno diquei pochi videogiochicontemporanei in grado di astrarredalla realtà con la potenza diun’allucinazione. Un’opera d’arteche nelle decine di ore utili percompletarla condizionerà sogni epensieri dando l’illusione che ilmondo di gioco sia una realtà piùvicina alla nostra di quella di tantealtre meravigliosi e riusciti

videogiochi. Per fortuna sonopochi i videogame che costringonoa un’immersione così totale, maquando lo terminerete, se ciriuscite, vi lascerà, insieme allanostalgia, qualcosa di unico: ilricordo di un’avventura grandiosae oscura che ha richiesto dolore esolitudine ma ha concessoemozioni di trionfo che è raroprovare in un videogame, perquanto possa essereappassionante.

Chi ha temuto che per ragionicommerciali questo sequel potesseessere meno impegnativo del suopredecessore e di Demon’s Soulspuò stare tranquillo, poiché ladifficoltà rimane leggendaria eimpietosa sebbene non siafrustrante. La complessità puòtalvolta sembrare insormontabilema con la logica, la pazienza e ilcoraggio nessun ostacolo puòfermare il progresso di ungiocatore motivato, inebriandolodopo ogni vittoria con un senso ditripudio che ripaga l’inizialesconforto. Un sentimento diesaltazione che ricorda quello chesi può provare dopo un’impresaagonistica o per l’ascesa di unavetta. Chi ritiene che siaun’esagerazione allora non ha maivissuto le gioie e i dolori dinessuno dei «Souls». Si vaga in unmondo decaduto e sfiorito, abitatoda pochi esseri inquieti e dolenti eda creature micidiali.

L’intreccio è vago e la tramaappena suggerita, poiché la storiala racconta il giocatore ed èsempre soggettiva e unica. Ci sonotracce di un passato, o di moltipassati, ma un misteroimpenetrabile ammanta questomondo di una nebbia ermetica einsondabile.

Ci armiamo di spade, lance,archi e scudi o di diverse magie(meglio se impariamo acombattere in maniera elastica) eproseguiamo attraverso boschi sucui pende un cielo perennementenuvoloso elettrificato dai tuoni,manieri di ferro affogati nella lava,cave marce drappeggiate daappiccicose ragnatele, golesotterranee dove statue minimalisputano veleno, fogne supreme incui cola ogni sporcizia, castelliimmensi battuti dalla pioggia,foreste sepolte dalla bruma,

catacombe dove èun peccato capitaleosare accendere unaluce, nidi di draghisu picchi impervi epaludi tossichenelle cuiacquesguazzanocolossiabominevoli.

Le ambientazioni sonomonumentali e decadenti,spesso oscene e magnifichenella loro sadica e insidiosabellezza macilenta.Esplorazione e combattimentosono gli elementi ludici cheregolano lo svolgimento diquesta cupa e esaltante epopeain cui sbagliando si imparadavvero. Le punizioni sonoovunque, soprattutto quando sicomincia a pensare di starediventando forti. I nemici comunici possono annientare in pochicolpi, se li sottovalutiamo, o unaporta che potrebbe nascondere untesoro cela invece un baratro.Bisogna essere sempreconcentrati e mai osare troppo,soprattutto se non si voglionoperdere per sempre le animelasciate dai nemici sconfitti,elemento preziosissimoche serve per salire di

Un’opera d’arteelettronicain grado diastrarre dallarealtà con lapotenza diun’allucinazione.Dà la sensazioneche il mondodel gioco non siasolo fruttodella piùpotente fantasia

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Game over?Impossibilegraziealle nuoveapptecnologiche

IL REBOOT DI «THIEF» SVILUPPATO DA EIDOS MONTREAL ■

L’irredimibile redei ladri, imperfettoma sempre seducente

livello. Se state per aprire unforziere state sempre attenti chenei pressi non ci sia del sangue,perché in questo caso sono unatrappola.

Dark Souls II ci insegna a essereprudenti. La differenzafondamentale con il precedentecapitolo consiste nel fatto che, unavolta eliminati per una decina divolte consecutive i mostri chepopolano le diverse aree, questinon compariranno più. Se da unlato l’estinzione definitiva deimostri rende l’esplorazione piùsemplice e gratifica il giocatore conun senso di dominio sull’orrore,dall’altra rende il gioco ancora piùcomplesso sotto l’aspetto dellastrategia perché impedisce di saliredi livello, negando una fonteillimitata di anime.

Le regioni del gioco si possonoripopolare di nemici usando unraro oggetto, ma questi sarannoancora più cattivi. Ma il gioconasconde molti segreti e se siprova a suonare la campana nelsottoscala della Cripta del NonMorto, poco prima dell’antro incui si trova il cavaliere Velsdatd,alcuni bianchi fantasmiincappucciati torneranno sempre,garantendo un’infinita fonte dianime. Però bisogna primaarrivarci e saperli affrontare...

L’apice della difficoltà di DarkSouls II sta negli scontri con i«boss», alcuni dei qualirichiederanno ore e ore di prove:l’aracniforme Freja, l’orrendaPeccatrice Perduta, il putrescentePutrido, il malefico trio deiGuardiani della Bastiglia. Perbattere alcuni di questi nemicibastano solo impegno e abilità,altri è possibile sconfiggerli conl’astuzia, come il titanico eapparentemente indistruttibile Redei Giganti o il Carro del Boia.Talvolta, se si sa dove trovarla,Dark Souls II può rivelare algiocatore una preziosissimagentilezza tra tanta crudeltà.

Non risuona quasi mai lamusica e l’universo sonoro ècomposto da suoni sconsolanti,inquietanti e terrificanti. Maquando interviene la colonnasonora, scritta da Motoi Sakurabadi Star Ocean e Walkyrie Profile,essa diviene una preziosa alleataemotiva durante una battagliasfiancante.

Non bisogna cadere nel tranellodi immaginare Dark Souls II comeun gioco riservato a pochiappassionati, in realtà questo«cupo scrigno di prodigi» è unvideogame puro, che ripristina ladifficoltà primeva di quest’artenovella e rappresenta una sfida ilcui superamento è un obiettivosublime e categorico.

Bisogna temere Dark Souls IIsenza esagerare, perché la pauraoffusca la ragione, anche se, comeil giovane Skywalker secondo il suomentore Yoda, il giocatore che siavventurerà nelle sue terre malatee inospitali «la avrà, la avrà». Mascrisse il filosofo: «ciò che non ciuccide ci rende più forti».

di F.M.

●●●DLC sta per«downloadable content» ovverocontenuto aggiuntivo scaricabileper ampliare/prolungarel'esperienza di un videogioco.Un tempo c’erano i mod, lemodificazioni, effettuateprevalentemente da giocatori efan che aggiungevano ai giochipreferiti livelli, personaggi, armi,ecc. Progressivamente da attivitàad appannaggio dei fan ilmodding è diventato parte dellosfruttamento commerciale deivideogiochi: livelli aggiuntivi,magari esclusi dal giocooriginale perché poco pertinenti,nuove auto o circuiti perampliare il proprio garage, fino avere e proprie «total conversion»(come ad esempio BloodDragon, una conversione di FarCry 3 che ci fa passare dall'isolatropicale del gioco originale adun futuro come poteva essereimmaginato negli anni '80), ecc.,a volte gratuite, ma spesso apagamento.

È il caso di Left Behind, DLC diThe Last Of Us, sviluppato, comeil gioco originale, da NaughtyDog. The Last Of Us, giococelebrato in molti «best of» difine anno è sì un gioco con glizombie, ma di una profondità,sia tecnica sia emotiva (e,diciamolo, «artistica») ben oltreanaloghi concorrenti. In LeftBehind gli sviluppatori hannoscelto di approfondire ilcarattere di Ellie, laco-protagonista, mostrandonecontemporaneamente il lato piùconsono all'ambiente - lacapacità di affrontare nemici edinsidie - ma anche l'aspetto piùfrivolo e scanzonato, daragazzina che come la maggiorparte delle sue coetanee èinteressata ai ragazzi esoprattutto alle amiche,desiderosa di aprirsi e confidarsima contemporaneamentepaurosa che ciò possa significarerendersi vulnerabile ed indifesa.

Più che la prima parte che siinnesta «naturalmente»all'interno del gameplay e dellostoryline originale, èdecisamente interessante laseconda che mette Ellie di fronteall'amica Riley, in unascorribanda notturna all'internodi un grande magazzinoapparentemente vuoto. Ellie eRiley che scherzano, ballano, sifanno le foto assieme, si fannoregali, si confidano le rispettivepaure. E la domanda è: a chi èdestinato un gioco del genere?Non ai maschi, interessati più alcomparto tattico/bellico (in cuiper altro eccelle l'originale TheLast Of Us e che qui e là haqualcosa da dire pure LeftBehind), ma neppure allefemmine che normalmente nongradiscono particolarmente igiochi dove l'attività bellica lafaccia da padrone.

Ma paradossalmente questonon è un difetto, almeno da unpunto di vista estetico: è quasiimbarazzante, da maschio unpo' «agé», assistere ai battibecchidelle due ragazzine, tanto sono«veri«. E se la qualità del DLC èindiscutibile e paragonabileall'opera originale, fatta salva laben diversa durata, la domandaè: perché proporla come DLC enon come parte sostanziale diThe Last Of Us dato che - adifferenza ad esempio di BloodDragon con Far Cry 3 - nonstravolge l'opera originaria maanzi la approfondisce e lamigliora?

di FRANCESCO MAZZETTA

●●●Thief è il «reboot»sviluppato da Eidos Montreal (glistessi di Deus Ex: HumanRevolution) e pubblicato daSquare Enix (per PC, PS3 e 4,Xbox360 e One). Nonostante iltitolo in sé possa dir poco ai piùgiovani, i tre titoli della saga sonostati un vero «cult» per gliappassionati di giochi «stelth»:Thief: The Dark Project, Thief II:The Metal Age e Thief: DeadlyShadows (i primi due sviluppatida Looking Glass rispettivamentenel 1998 e 2000 e il terzo da IonStorm nel 2004). Nella lungaattesa il mondo immaginariodella Città, un mix tra steampunke dark fantasy, è stato oggetto di

un gran numero di mod e di fanart (romanzi e racconti, musica,video, ecc.) di cui si possonotrovare esempi nel sito di fan artcompletamente dedicato allasaga:http://www.thief-thecircle.com/.

Il nuovo Thief cercacontemporaneamente digratificare i vecchi fan e di piacerea quelli nuovi. Probabilmentequesto è il principale motivo delleimperfezioni presenti nel titolo,imperfezioni tuttavia che, a loromodo, lo rendono per certi versiancor più interessante. Partiamodalla eccessiva linearità. Ilcomodo puntatore fa venire allamente la spassosa serie dimachinima If Doom was donetoday di Chubzdoomer (presenti

su YouTube), dove l'autore mettein scena un Doom in cui non èpossibile esplorare liberamente,con l'obiettivo sempre segnalato econ continui consigli di statocome in uno degli ultimi Call ofDuty.

La Città in cui è ambientatoThief non è particolarmentegrande e la scelta dei percorsi daseguire non è poi così vasta anchese le missioni aggiuntiveampliano significativamente lostoryline anche perché ci sonotantissimi oggetti da rubare ecollezionare. Il protagonista cheimpersoniamo, il re dei ladriGarrett, è abile a scassinareserrature ed a muoversi inmaniera furtiva, ma non eccellenei combattimenti e pertanto

dovremo preferire l'evitare leguardie o il metterle fuoricombattimento da lontano o disorpresa, tenendo anche contodella scarsità di armi presenti cheraramente si trovano in giro mache vanno acquistate dagliappositi rivenditori (anchequando sarebbe logico trovarequalche freccia addosso ad unarciere abbattuto). Assolutamenteimpari il confronto diretto ancheperché l'unica arma bianca adisposizione è una sorta dibastone con artigli che serveprincipalmente per arrampicarsisulle pareti. In compenso i soldatiche ci troveremo di fronteseguono pattern di pattugliamolto limitati e non èun’esagerazione dire che amalapena vedono ad un palmodel loro naso.

La Città poi ha un'estetica cherimanda alle architetture del nordEuropa del '600, con una doppiailluminazione, una «normale» atorce e lampade, ed un'altrasimile a quella elettrica che siaccende e spegne con appositiinterruttori, ottenuta mediante la«primeva», una sorta dipietra/sostanza magica che ilBarone che governa sulla cittàimmagina utilizzare per unarivoluzione industriale. Ma c'èanche un livello - forse il più bellodi tutto il gioco - in cui Thief sitrasforma in una sorta di SilentHill in prima persona quandoGarrett deve esplorare unmanicomio criminale sull'Isola diMoira con gli esterni e gli interniche rimandano piuttosto al cupoOttocento/inizio Novecento cheha generato anche l'ArkhamAsylum. Le armi a disposizionesono quelle già presenti neiprecedenti episodi: freccenormali, incendiarie, ad acquaper spegnere le torce, ecc. Garrett,eroe suo malgrado, ma sempreben contento ogni volta che puòintascarsi il bottino, a fiancodell'amico Basso, dovràsconfiggere sia il Barone ed il suopericoloso sgherro il Generale, siaOrion, il capo dei rivoltosi. Edebellare la minaccia del morboche, a partire dagli internati nellaprigione di Moira oggetto degliesperimenti con la primeva, si èsparso per la Città.

Garrett ora, come in Batman edaltri titoli, può focalizzare lapropria attenzione sugli oggettirilevanti dell'ambiente che locirconda (oggetti, porte,sporgenze a cui aggrapparsi, maanche pericoli e trappole) edispone di un sistema ruolisticodi accrescimento del personaggio.Come in Splinter Cell, alla fine diogni episodio otteniamo unavalutazione sulle nostreperformance anche in base al tipodi profilo - più aggressivo odefilato - che abbiamo tenuto.

La saga diventata un cult per gli appassionati,si arricchisce di un altro capitolo dove «l’eroe»deve questa volta esplorare un manicomiocriminale e i suoi poco socievoli inquilini

A DESTRA ALCUNI FRAME DA «DARKSOULS II», SOTTO IL REBOOTDELLA SAGA DI «THIEF»SVILUPPATO DA EIDOS MONTREAL

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ESPERIMENTI ■ LA RISPOSTA ITALIANA (MANCATA) AL FRANCESE «EPIQUE»

Piazza delle tre culturela rivista sportivadi sinistra mai uscita

di PASQUALE COCCIA

●●●Un settimanale sportivo dadiffondere attraverso i trequotidiani della sinistra radicale,il manifesto, Lotta Continua e ilQuotidiano dei Lavoratori. Ilnome era già pronto, Piazzadelle Tre Culture, a ricordo delmassacro perpetrato sulla pelledegli studenti messicani unasettimana prima delle olimpiadidi Città del Messico del 1968.L'idea del settimanale maturòdopo i risultati di alcunemobilitazioni politiche a seguitodi avvenimenti sportivi di rilievointernazionale, avvenuti tra il1972 e il 1978, a testimonianzadel fatto che gli eventi sportivisono parte integrante deiprocessi economici, politici esociali. Tre avvenimenti inparticolare avevano segnatoquegli anni sul frontepolitico-sportivo: l'assalto delgruppo palestinese SettembreNero effettuato il 5 settembre alvillaggio olimpico di Monaco diBaviera, in occasione delleOlimpiadi del 1972, che siconcluse con il sequestro e lamorte degli ostaggi, undici atletiisraeliani. L'irruzione venneeffettuata per ricordare ildramma del conflittoisraelo-palestinese e la questionedei campi profughi. Siaggiungono la vastamobilitazione che precedette lafinale di Coppa Davis Italia-Cilenel 1976, la denuncia sulla finedei desaparesidos e lemobilitazioni contro la giuntamilitare capeggiata dal generaleVidela, in occasione dei mondialidisputatisi in Argentina nel 1978.L'idea di dar vita a unsettimanale sportivo all'internodella sinistra radicale eramaturata nel bel mezzo di queglieventi, che caratterizzarono ilfronte politico-sportivo deglianni Settanta del secolo scorso.La galassia italiana dei partiti,gruppuscoli, quotidiani, riviste,radio della sinistraextraparlamentare, raccolti sottola sigla Nuova Sinistra, eranotevole, ma lo sport ebbesempre un ruolo di minoranzase non di totale trascuratezza. InFrancia erano stati più bravi, ilquotidiano Rouge e ben seiriviste della sinistra radicalediffondevanocontemporaneamente un insertorealizzato anche grazie allacollaborazione volontaria deigiornalisti sportivi di Libération,e qualche copia di quel tentativodi dare voce politica allo sport,era arrivata anche in Italia. Iltitolo ironico L'Épique, beffavacon un sottile gioco di parole ilpiù diffuso e popolarequotidiano sportivo d'OltralpeL'Équipe, rispondente alla nostraGazzetta dello Sport. In Italia,sull'intreccio sport e politica laNuova Sinistra non si era spesamolto, vittima di un retaggioculturale che vedeva lemanifestazioni sportive solocome oppio dei popoli, e dal

quale politicamente stare lontaniil più possibile, lasciando manolibera ai fascisti e aidemocristiani, che occuparonotutto lo sport, dagli apparatiorganizzativi come il Coni allaradio e alla televisione di Stato,

senza trascurare le paginesportive dei quotidiani, cui siaggiungevano nel panorama deimedia ben quattro quotidianisportivi.

Seppur a fatica, il tentativo didare vita a un settimanale

sportivo si fece strada: «L'Épiqueè uscito come supplemento a seiriviste della Nuova Sinistra e alquotidiano Rouge... senzaentrare nel merito o nella criticadi questo esperimento deicompagni francesi, ci sembragiusto sottolineare che L'Épiqueè uscito unitario. La nostraproposta è di vedere se ci sono lepossibilità (noi pensiamo di sì) difare la stessa cosa in Italia»scrivevano Daniele Barbieri dellapolisportiva Giovanni Castello edEly Peirot di Radio Città Futura,sul quotidiano Lotta Continuanel settembre 1976, in unarticolo intitolato «Proposta diuna rivista sullo sport». La buonavolontà dei propositori, animatidall'aiuto di altri compagniimpegnati nel mondo dellosport, portò all'uscita delnumero zero di Piazza delle TreCulture. «Prendiamo coscienzadi cosa significa lo sport, comeinserire la pratica sportiva nellaricerca che la ’nuova sinistra’

faticosamente porta avanti perun mondo nuovo mettendo inevidenza i legami tra politicadello sport e tutti gli altri piani sucui marcia il nostro nemico diclasse. Gli effetti psicologici dimassa dello ’spettacolo sportivo’sono gli effetti di uno scopoculturale che non mira soltantoal rintontolimento delle teste deilavoratori ma tende allaformazione di valori culturali dicui non conosciamo gli esitireali» scrivevano i promotoridell'iniziativa editoriale.

Ad animare il progetto unariunione nazionale che si svolsea Roma a fine ottobre del 1976,presso l'associazione sportivapopolare Alessandrino, cuiparteciparono alcuni lavoratoridel Coni, i rappresentanti divarie radio democratiche, chetrattavano lo sport nei loroprogrammi e i delegati diassociazioni sportive provenientida Milano, Portici, Brindisi,Genova, Napoli, Chieti, Lucca,Assisi, Prato e Firenze, nel corsodella quale si discusse delprogetto e della necessità dicostituire un coordinamentonazionale di tutte le realtàsportive di base e «dellanecessità di creare una strutturadi controinformazione e di uncomitato permanente controogni rapporto sportivo con ipaesi fascisti e razzisti».Nonostante la buone volontà,una serie di fattori impedironoche l'idea di un settimanalepolitico-sportivo potesse vederela luce. La crisi della sinistraextraparlamentare, compresi irispettivi organi di stampa,fecero arenare il progetto. Oggi,però, i tempi per lapubblicazione di un settimanaleportavoce della galassia sportivadi sinistra sono maturi, si trattadi unire le forze.

Mudar de Vida. Visto al Fantasporto2014 (Porto, 28 febbraio - 9 marzo), ilcurioso diario schizofrenico Viral diLucas Figueroa (Spagna, 2013): «El Frikide la Fnac» è la più avanzata nonchéterminale trovata pubblicitaria partoritadal megastore multimediale (in questacircostanza l'enorme centro madrilenodi Callao), consistente nell'impresaaffidata a un volontario (il «friki»appunto, una cavia nerd) che transiteràper una settimana nel grande magazzinosenza mai uscirne e comunicando conl'esterno esclusivamente via web,affinché la connessione virale con iclienti moltiplichi contatti e conseguentinumeri di profitto. 15.000 euro laricompensa prevista, una cifra di cuisenz'altro necessita il giovane Raùl,prescelto per il concorso, con padreinfermo a carico da mantenere in unastruttura sanitaria. Oscillazione a trattipedante tra humour e spavento, Viralnasce dalle dichiarazioni di Figueroarelative al suo interesse per i tunnelsotterranei che collegano tra lorodiversi edifici di Madrid: teso a questesuggestioni il filo narrativo regge condifficoltà l'evocazione di leggendemetropolitane già esauste, quanto imodelli di riferimento percepiti, classicicontemporanei del terroremoderatamente resistenti alla prova deltempo, siano essi The Ring, ParanormalActivity o REC.

Se Eu Fosse Ladrao, Roubava.California oggi. Un pugno di poliziottidal comportamento assai pocoortodosso controlla l'ordine pubblicoribaltando morale e codici deontologici:c'è chi organizza un traffico distupefacenti, chi si dedica alla musicaelettronica, chi ancora non esita apredisporre un feroce ricatto pur direcuperare una grossa somma didenaro. Reduce da Locarno e Torino,Wrong Cops è la nuova «anomalia»audiovisiva di Quentin Dupieux(Rubber), meglio noto come Mr Oizo, dje produttore musicale artefice della hitFlat Beat, studioso del nonsense e ormaipienamente riconoscibile nella suasingolare declinazione dei timbres depop. Il film in realtà nasce come episodiodi 30 minuti incentrato su unpersonaggio interpretato da MarilynManson, ma il risultato ottenutoconvince talmente Dupieux da girarnealtri 7, una sostanziosa antologia disketches malsani che richiama a séanche un paio di vecchie glorie TwinPeaks-lynchiane, Ray Wise e GraceZabriskie. Appena uscito in sala, inFrancia però.

A Ilha dos Amores. Nel labirinticocaffè Eden un gruppo di studentifrancesi trascorre il (troppo) tempolibero dedicandosi alla pantomima diazzardate esperienze, tra roulette russa,avvelenamenti e violenza carnale, finchéun misterioso personaggio (PierreZimmer), a suo modo wizard of gore,non coinvolgerà la gioventù in un tripamoroso/sadomasochistico in cuisfiorare una nuova e doppia condizionedi (ir)realtà, quella della morte fisica deiprotagonisti oltre alla parallela di unaimpossibile narrazione lineare dei fatti.Elogio multiplo dell'applicazione randomal senso ultimo delle cose, Oltre l'Eden diAlain Robbe-Grillet (1970) apparecome blu-ray Redemption dal titoloEden and After (disponibile da maggio suwww.diabolikdvd.com), impreziositodall'aggiunta della seconda versioneancora più casuale del film,l'anagrammatica N. throws the dice (N. apris les dés).

FRIKI, LADRONIE AMORI

IDENTITÀ IN GIOCO

SPORTDalla’alto verso il basso, le atrocità contro gli studenti messicani in Piazza delle Treculture (Città del Messico, 1968), il generale Videla che premia la nazionale di casaal termine del Mundial argentino (Buenos Aires, 1978) e la mobilitazione in occasionedell’incontro di Coppa Davis di tennis Italia Cile (Roma, 1976)

Quando«il manifesto»,«Lotta Continua»e «Il Quotidianodei lavoratori»volevano unirsiper raccontaregli intreccitra sport e politica

LANCILLOTTOE NAUSICAA

●●●Lo sport nel suo discorrere delcorpo, dell'etica, della politica,dell'economia e dell'estetica in cherapporto si pone con la costruzionedell'identità? All'interrogativorisponde Lancillotto e Nausica, rivistadi critica e storia dello sport , con unnumero monografico: Sergio Giuntinianalizza gli esempi diautodeterminazione attraverso losport della Catalogna, i Paesi Baschi el'Irlanda, mentre Felice Fabrizioindaga sull'identità e l'appartenenzanello sport lombardo di inizioNovecento. Le diverse concezionidello sport tra occidente e orientesono oggetto del saggio di GiuseppeSorgi, mentre Teresa Gonzalesanalizza il rapporto tra tifo e politicanella Spagna franchista. Eva Ogliottiparla del fenomeno Kansas City, unmodo per ironizzare sulla propriafede calcistica, che ha avuto ungrande successo tra i tifosi dellaRoma, mentre Marco Pasini raccontacome un quartiere romanocostruisce la sua identità attraverso lalotta per lo sport.(www.lancillottoenausica.it) (p.c.)

Page 11: Alias supplemento del Manifesto (29 marzo 2014)

(11)ALIAS29 MARZO 2014

IL FESTIVAL

LA RASSEGNA

IL LIBRO

LO STATO DELLA FOLLIADI FRANCESCO CORDIO. CON LUIGIRIGONI. ITALIA 2013

0Il racconto in prima personadi un attore ex internato inun manicomio criminale. In

Italia ne esistono sei, vi sonorinchiuse 1500 persone, istituzioni«dimenticate» dalla legge DEL 1978che prevedeva la chiusura deimanicomi. Una commissioneparlamentare d’inchiesta ha fattoluce sullo stato di abbandono,degrado e non cura degli internati eha fatto approvare una legge che neprevede la chiusura.

GHOST IN THE SHELL ARISE- BORDER 1: GHOST PAINDI KAZUCHIKA KISE, MASAHIKO MURATA.ANIMAZIONE. GIAPPONE 2013

0Prequel del popolare animedi Masamune Shirow direttoda Mamoru Oshii, Ghost in the

shell. Nel futuro la straordinaria cyborgMotoko Kusanagi, ufficiale dell'unità militaresegreta 501, finisce vittima di un micidialeattacco hacker in seguito ad un attentatodinamitardo. Inizia la caccia ai responsabili.

GHOST IN THE SHELLARISE: BORDER 2 - GHOSTWHISPERDI KAZUCHIKA KISE. ANIMAZIONE.GIAPPONE 2013

0Dopo essere passata allaSezione Investigativa MotokoKusanagi, cyborg potenziato

e abilissima hacker, inizia a reclutarei nuovi componenti della suasquadra, ad iniziare dallo specialistaBatou.

THE SPECIAL NEEDDI CARLO ZORATTI, CON ENEA GABINO,ALEX NAZZI. ITALIA 2014

0Enea ha trent’anni, un lavoroe anche due amici, Carlo eAlex, decisi ad aiutarlo a fare

l’amore, imprigionato nell’autismo.Documentario on the road, maprima ancora potente indaginesentimentale, racconta la normalitàdella diversità.

AMICI COME NOIDI ENRICO LANDO, CON PIO D’ANTINI,AMEDEO GRIECO. ITALIA 2014

1Forti di un paio di stagionialle Jene arrivano con il lorosgangherato ma divertente

film d’esordio i due foggiani Pio eAmedeo, con il regista dei Due solitiidioti. Cercano di fuggire da Foggia edai foggiani, dalla fidanzata e daglistrozzini, avventure cheproseguiranno a Milano e adAmsterdam. Come film certo èzoppo, la sceneggiatura va da tuttele parti, ma l’insieme è gradevole, isoldi della produzione si vedono. Ilfilm è molto cafone, ma lacommedia elegante girata a Lecce oa Roma è molto meno in sintoniacon il pubblico. (m.gi.)

CHOCÒDI JHONNY HENDRIX HINESTROZA, CONKARENT HINESTROZA, ESTEBAN COPETE.COLOMBIA 2011

7Poggia l’intera strutturanarrativa sulla protagonista,Chocò, una guerriera che

inventa ogni giorno la sua rivolta,che attraversa ogni giorno unmondo di miseria e di violenza(Karent Hinestroza, classe 1985).Ha due figli e un marito ubriaconeche la picchia e le ruba i soldi perbere e giocare. Il suo nome derivadalla regione in cui vive insieme aglialtri afrocolombiani maltrattati,emarginati dal razzismo. Il registache da lì proviene, li racconta nelsuo film d’esordio presentato allaBerlinale, persone che sembranonon avere accesso all’immaginario elo fa con una storia che dichiara una

ricerca controllata tra documentarioe finzione, cogliendone la tragicitàma anche i momenti di allegria.(c.pi.)

CAPTAIN AMERICA ILSOLDATO D’INVERNODI ANTHONY E JOE RUSSO,CON CHRISEVANS, SEBASTIAN STAN. USA 2014

1Il corpo del Capitano finito inibernazione tra i ghiacci siritrova a vivere in un mondo

che non è il suo iniettandovi però lasua instancabile carica di idealismoroosveltiano. Da sempre croceviadelle tensioni politiche intercettatedalla Marvel, Capitan Americarappresenta il personaggio chemeglio ha incarnato e vissuto lecontraddizioni degli anni Sessanta(assieme all’Uomo ragno), uomofuori dal tempo, condannato aun’eterna giovinezza, legato al suopaese da un amore sovente traditoe per questo trattato daantiamericano. La sua complessità èpari solo a quella di Superman. Quisi ritrovano non solo le teoriecospirazioniste del 9/11 ma anche lapreoccupazione fortissima per lostato di salute della democraziastatunitense. (g.a.n.)

12 ANNI SCHIAVODI STEVE MCQUEEN, CON CHIWETELEJIOFOR, MICHAEL FASSBENDER, BRAD PITT.USA 2013

7Solomon Northup, magnificoviolinista african americannato libero nello stato di

New York, amato e rispettato datutti, è rapito da due mercanti diuomini senza scrupoli, spogliato deisuoi documenti e venduto comeschiavo. Siamo nel 1841, la sconfittadel sud schiavista è ancora lontana.Solomon rimarrà dodici anni nellepiantagioni di cotone tornandolibero con l'aiuto di un bianco (BradPitt). L’identità postcoloniale èelemento centrale nell'opera diSteve McQueen. (c.pi.)

IDADI PAWEL PAWLIKOWSKI, CON AGATAKULESZA, AGATA TRZEBUCHOWSKA.POLONIA DANIMARCA 2013

6Siamo nel 1962, il regimestalinista si intreccia a uncattolicesimo assoluto, al

silenzio del rimosso, ai processipolitici. Ida, una novizia, scopre diessere ebrea e di avere una ziamagistrato del socialismo reale (lachiamavano «Wanda lasanguinaria»). Nello specchio di duefemminilità agli antipodi, unareligiosa, l’altra atea, una arroccataalla fede l’altra l’altra al cinismosembra di ripercorrere piuttosto ilcinema polacco degli anni Sessantariportandone nelle sue inquadratureatmosfere, volti, tempi interiori. Èun film postmoderno ma senzanostalgia che dell’irriverenza e dellascabrosità dei suoi riferimenti nonprende nulla se non la forma. (c.pi.)

IN GRAZIA DI DIODI EDOARDO WINSPEARE, CON CELESTECASCIARO, BARBARA DE MATTEIS. ITALIA2014

7la crisi ha colpito anche ilSalento, centinaia di piccoleimprese hanno cessato la

loro attività: il regista racconta lastoria di una di queste, una piccolaazienda tessile chiude, il fratello sene va a lavorare in Svizzera, lasorella Adele tenta di resistere, poivende la casa e se ne va a viverenella casa di campagna della madrecon figlia e sorella minore, una sceltadifficile, una dimensione di vita quasidimenticata. Storia complessa, dairisvolti che vanno ben più inprofondità di quanto possa apparire,racconto della struttura sociale di

un luogo che nonostante la movidaresta assai misterioso.Interpretazioni corpose, sensuali.(s.s.)

L’IMPOSTOREDI BART LAYTON, CON KENAPPLEDORN,CATHY DRESBACH, UK 2012

7Una storia folle e incredibile,avvincente come un thriller,sconvolgente quanto solo la

realtà è in grado di essere. La storiacomincia in Texas negli anni ’90quando un ragazzino svanisce nelnulla. Tre anni e mezzo dopo lanotizia incredibile che sarebbe statorintracciato in Spagna, sopravvissutoa rapimento, torture e violenzasessuale. La famiglia lo raggiunge inSpagna e lo accolgono felici anche seil palido ragazino ora ha pelle, capellie occhi più scuri. Infatti non èproprio lui, ma un altro, un francesedi origine algerina , vivace, creativo,millantatore. Siamo in ambitodocumentario e al paradosso cheporta The imposter a unarappresentazione straordinaria diuna di una storia impossibile. (a.ca.)

JIMMY P.DI ARNAUD DESPLECHIN, CON BENICIO DELTORO, MATHIEU AMALRIC. FRANCIA 2013

7Quasi tutto concentrato sulrapporto tra analista epaziente, si svolge sullo

sfondo dell’America alle prese con iltrauma della guerra. Il pazienteBenicio Del Toro (avevainterpretato un indiano malato dimente nel film di Sean Penn Lapromessa) è Jimmy, l’indiano reducedalla seconda guerra mondialeconuna sindrome diagnosticatacome schizofrenia,. Quaimonosillabico, troneggia sull’analistaAmalric che è invece loquacissimo.Un indiano dei Piedi neri nevroticoe un ebreo rumeno specializzato innativi americani. Il cinefiloDesplechin ha intrapresoquest’avventura americana inomaggio al suo amore per ilwestern. Senza cadere nella trappoladell’esotismo. (g.d.v.)

LEIDI SPIKE JONZE, CON JOAQUIN PHOENIX,SCARLETT JOHANSSON. USA 2013

7Rgista dalla filmografiaeccentrica che ha come fontidi ispirazione la solitudine,

l’impossibilità di comunicare con ilresto del mondo, il poteredell’immaginazione (Essere JohnMalkovich, Il ladro di orchidee, Nelpaese delle creature selvagge).Theodore (Joaquin Phoenix) scrivebellissime lettere d’amore per contoterzi e la recente separazione dallamoglie lo ha lasciato in uno stato didepressa catatonia. Tutto cambiacon l’arrivo sul mercato dell’Os1 ilprimo sistema operativo dotato diintelligenza artificiale. Il suopersonale si chiama Samantha, ha lavoce di Scarlett Johansson (neldoppiaggio di Micaela Ramazzotti).(g.d.v.)

IL SUPERSTITEDI PAUL WRIGHT, CON GEORGE MACKAY,KATE DICKIE. GB 2013

7Esordio presentato allaSemaine de la critique aCannes 2013, autentico tour

de force formale, il film gioca congrande spregiudicatezzal’indeterminazione dei piani delracconto secondo la lezione deldocumentario di creazione degliultimi anni. Realizzato sulle costedello Aberdeenshire è un raccontodi mare che richiama Conrad eMelville. Dopo aver perso il fratelloin mare, Aaron deve subire ildisprezzo della comunità dipescatori. (g.a.n.)

I FILM

A CURA DIA CURA DI SILVANA SILVESTRICON ANTONELLO CATACCHIO,ARIANNA DI GENOVA, GIULIAD’AGNOLO VALLAN, MARCOGIUSTI, GIONA A. NAZZARO,CRISTINA PICCINO

IRISHFILMFESTAROMA, CASA DEL CINEMA FINO AL 30 MARZOLa migliore produzione del cinemairlandese torna nella sua settimaedizione a Irishfilmfesta fino al 30marzo alla casa del Cinema di Roma,organizzato dall’AssociazioneArchimedia e diretto da SusannaPellis. Il programma di oggi dalle ore15.30: Bernadette – Notes on a PoliticalJourney di Lelia Doolan alla presenzadella regista, omaggio a PeterO’Toole: incontro con l‘attrice KateO’Toole, introduce Aine O’Healy(Loyola Marymont University, L.A.), aseguire Run & Jump di Steph Green, Byzantium di Neil Jordan) introdotti daMauro Gervasini, direttore di Film Tv. Domenica 30 giornata dedicata a Belfastcon Volkswagen Joe di B. Deane alla presenza del protagonista Stuart Graham,suggerimenti di lettura: «Eureka Street» (R. McLiam Wilson) a cura di SimonaPellis, Made in Belfast di Paul Kennedy, Q&A con gli attori Ciarán McMenamin eStuart Graham, l’annuncio dei corti vincitori e il film di chiusura Good Vibrationsdi Glenn Leyburn, Lisa Barros D’Sa) sulla vita di Terri Hooley, figurafondamentale della scena punk di Belfast nel periodo dei Troubles, interpretatosullo schermo da Richard Dormer.

ORAItalia, 2014, 4’, musica: Renzo Rubino, regia:Michele Venturi, fonte: Mtv

6Classico video tutto giocatosull’ambientazione per ilcantautore tarantino,

vincitore morale dell’ultimoSanremo Giovani. Il luogo inquestione è una fonderia doveRubino, seduto in gran parte alpianoforte a coda, si esibisce trafuochi che ardono e scintille chegenerano a loro volta scie luminoseanimate, corredando graficamente leinquadrature. Il risultato ènaturalmente spettacolare, maanche raffinato, sostenuto daun’ottima fotografia e da unmontaggio incalzante che scandiscela ritmica sostenuta del brano.Qualche scorcio e situazione in piùavrebbe tuttavia giovato a Ora, cherischia di essere un po’ tropporipetitivo.

ALL I KNOWUsa, 2013, 7’42”, musica: Washed Out, regia:Daniel Kragh-Jacobsen, fonte: Mtv

7Inizia con un prologo parlatoe continua sulla stessa falsariga di un video amatoriale,

handycam incerta passata di mano aturno in un gruppo di amiciadolescenti on the road. La stessamusica di Ernest Green (meglioconosciuto con la sigla WashedOut) lascia affiorare di tanto in tantoi suoni ambientali. In alcunimomenti, tuttavia, per esempioquando i ragazzi incontrano delleloro coetanee, il clip diventa piùprofessionale, mantenendo la stessafreschezza. All I Know è un lavorofortemente autentico, con trattionirici, sospeso tra home movie euna narrazione da film indie, fino alrisvolto finale. Il singolo è inclusonell’album Paracosm.

RIGHT HERE, RIGHT NOWUk, 1999, 3’40”, musica: Fatboy Slim, regia:Hammer & Tongs, fonte: Youtube

8You’ve come a long way baby(«Devi camminare per unastrada molto lunga ragazzo»)

è la summa filosofica del «grassoragazzo magro», oltre ad esseretitolo dell’album e la frase cheriassume il senso del clip di Righthere, Right now, imperniato su unlungo (e virtuale) carrello lateraleche segue l’evoluzione darwininanadalla forma vivente primigeniapassando per l’homo-sapiens finoalla sua degenerazione odierna: dalragazzo magro (slim) con looksessantottino fino al grasso (fat)divoratore di hamburger dellaopulenta società americana checonosce solamente la cultura deljunk-food e ha gettato alle ortichequel po’ di cervello che ancora glirestava. Sulle note di questa sorta ditrip-hop da ballare creato da FatboySlim (al secolo Norman Cook), ilduo Hammer & Tongs progetta unvideo strabiliante, riuscendo asintetizzare in tre minuti e mezzoben trecentocinquanta milioni dianni.

FUOCO, FIAMMEE HOMO SAPIENS

MAGICO

IL FILMI FRATELLI KARAMAZOVDI PETR ZELENKA, CON IVAN TROJAN, MARTIN MUYSICKA, DAVID NOVOTNY, HRADEK HOLUB,IGOR CHMELA. REPUBBLICA CECA 2008Un film candidato all’Oscar nel 2008 come miglior film straniero, premioFipresci a Karlovy Vary, immersione cinematografica sconvolgente che ciriporta all’epoca del grande cinema del centro Europa. Zelenka utilizza laversione che allestì in teatro Evald Schorm, uno dei nomi illustri della nova vlna,la nuova onda di cinema ceco, censurato, azzittito, dichiarato impresentabilepoliticamente e da quel momento (la normalizzazione dopo la Primavera) potésolo dedicarsi al teatro, pur con notevole successo ma internazionalmentemesso ai margini. Una compagnia teatrale di Praga viaggia fino a Danzica permettere in scena (in polacco) il testo teatrale in un festival d’avanguardia che sisvolge nelle acciaierie di Nova Huta. Il regista fa incontrare con grande efficacialo sberleffo e l’understatement metropolitano praghese, la propensione alrichiamo spirituale dei polacchi, una location come le acciaierie chenell’immaginario rappresenta ben più che una fabbrica dismessa, ma il cuorestesso delle lotte a Danzica durate decenni. E ci proietta violentemente neltesto e nei personaggi di Dostoevskij che diventano tanto più contemporanei inquanto proprio nel cuore dell’Europa si sono svolte tante tragedie fratricide,qui soltanto accennate dalla presenza di un operaio che in modo oscurointuisce di avere a che fare con il dramma a cui assiste. (s.s.)

FUTURE FILM FESTIVALBOLOGNA, LUUMIÈRE, ODEON, GALLERIA EVARI ALTRI LUOGHI DELLA CITTÀ1 - 6 APRILEÈ il primo e più importante evento inItalia dedicato alle tecnologie applicateall’animazione, al cinema, aivideogame e ai new media. Ognianno, nel capoluogo emiliano, sidanno appuntamento i più importantiregisti, direttori artistici e creativi, perpresentare in anteprima i propri film.Due anche quest’anno le sezionicompetitive del Festival: il ConcorsoLungometraggi, cui parteciperanno 10titoli e il Future Film Short riservato ai corti. L’edizione di quest’anno (lasedicesima) ha come tema Futuropolis – Le città del futuro che coinvolge tuttala città. Per il quarto anno, inoltre, il FFF, sotto il patrocinio dell’Università diBologna, istituisce il Premio Franco La Polla, riservato alla criticacinematografica per giovani studiosi italiani. Tra gli altri eventi: incontro conGuido Manuli il 2 aprile, Masterclass Disney il 3 aprile, Carlos Saldanha registadi Rio 2 Missione Amazzonia, presentato in anteprima, incontra il pubblico il 4aprile. Film in concorso e fuori concorso tra cui (nella foto) il magnifico HayaoMiyazaki di The Wind Rise. Tutto il programma su www.futurefilmfestival.org

RING LARDNERCI SONO SORRISI..., PASSIGLI EDITORE, PP. 175,EURO 14,50Giornalista sportivo di grandenotorietà, Ring Lardner esaurì la suabreve vita tra il 1885 e il 1933, nonsenza essersi cimentato anche nellacommedia, nel musical, in radio e nellaproduzione letteraria. Salinger neamava molto la scrittura, commistionetra linguaggio popolare volutamentesgrammaticato e a volte inventato, chevenne battezzato, non a caso, Ringlish.Nel libro sono l’ironia, l’ingenuità e unprofondo senso umano a tratteggiare ecolorare l’American Lyfe Style di quei tempi. Ben Collins, protagonista dell’episodiodi apertura, è un poliziotto tanto grande e grosso quanto tenero e indulgente congli automobilisti colti in flagrante. La comparsa inaspettata di una ragazza a bordo diuna Cadillac, lo illuderà di poter trovare l’amore. Una timidezza insormontabile eun animo bambino porteranno Ben ad essere, invece, ordinariamente infelice persempre. Mr e Mrs Taylor sono i protagonisti di Anniversario, cocktail di sarcasmoe amarezza che suscita sorrisi. Feroce, spietato, cinico, quasi cinematografico, Unacena vede uno scapolo d’oro alle prese con due donne, ciascuna a modo suo‘orribile’, durante una serata della Buona Società. Otto frammenti di misura breve,che si piantano come schegge nella memoria del lettore (l.d.s.)

SINTONIE

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(12) ALIAS29 MARZO 2014

di GUIDO MARIANI

Nel 1956 Calypso di Harry Belafonte divenne il primo album della storia a vendere più di un milione di copie.L'artista afroamericano era riuscito a sedurre il grande pubblico con una musica esotica e sognante che portava laclasse media bianca americana a immaginarsi sulle spiagge dei Caraibi. Nei quasi sessant'anni trascorsi da quelrecord il mercato discografico è cambiato più volte, crescendo a dismisura e attraversando diverse crisi. Oggi ladiffusione degli mp3 e dell'ascolto della musica sul web hanno reso il consumo musicale sempre più slegato dasupporti fisici quali erano i dischi in vinile, le cassette o i cd. Il mercato si è ristretto e oggi le classifiche di vendita,che una volta erano autorevoli e rispettate come i listini borsistici, sono scarsamente indicative della fama di unartista che si manifesta soprattutto nei concerti dal vivo o sulla visibilità in rete. Ma nonostante il businessmusicale abbia cambiato volto, la tanto attesa morte dell'album non si è mai verificata. Anzi. 21 di Adele, uscitonel 2011, ha venduto in tutto il mondo più di 26 milioni di copie, cifre che sembrerebbero appartenere a un'altraepoca. E anche i supporti tradizionali non sono scomparsi. Il disco in vinile che molti considerano un repertoarcheologico è in realtà diventato un prodotto di lusso, ricercato da una nicchia sempre più fedele di appassionatie collezionisti. Il 2013 ha segnato l'anno record per la vendita di 33 giri dal 1991 ad oggi. In Usa il mercato degli LPè cresciuto del 33%: 6,1 milioni di pezzi venduti solo tra le nuove edizioni. La storia della musica è anche la storiadell'evoluzione di un business e dei suoi prodotti più di successo. Qual è l'alchimia di un super-bestseller? Perscoprirlo forse vale la pena guardare ai dieci dischi più venduti di tutti i tempi. Se la ricetta esiste, gli ingredientisono senza dubbio in uno dei titoli che hanno saputo vendere milioni e milioni di copie a generazioni diverse difan. Con due obbligatorie premesse: nella lista, a sorpresa, non compaiono i Beatles che hanno venduto più albumdi qualsiasi altro artista mai esistito (più di 500 milioni), ma dividendo il loro successo su più titoli, inoltre ilnumero esatto di copie vendute è una stima basata su certificazioni dell'industria e poi su supposizioni statistiche.Ma, secondo le fonti più accreditate, il gotha, milione più milione meno, è questo…

Si parla spesso a sproposito di «musica commerciale». Se si dovesseinfatti scegliere il disco più commerciabile della storia probabilmente sidovrebbe scegliere il capolavoro dei Pink Floyd datato 1973 e certo nonpensato per diventare uno dei prodotti culturali più venduti di sempre.L'album fu un istantaneo successo, seppur non clamoroso. Si posizionòper una settimana sola al vertice della classifica americana. «Fu la primavolta che facemmo dei veri soldi» ha raccontato Roger Waters. Ma adifferenza di quasi tutti i dischi, non ha mai smesso di vendere,resistendo a epoche, mode, tendenze. Negli Usa rimase in classificaconsecutivamente per 15 anni, ritornandoci poi periodicamente. E intutto il mondo continua ad essere un disco che conquista senza pausenuovi estimatori e ammiratori. Nel solo periodo dal 2000 a oggi negliStati Uniti ha venduto più di 4 milioni di copie e in questi anni dimercato zoppicante riesce a vendere 300mila copie ogni anno. InInghilterra (dove non andò mai al numero uno della classifica) havenduto più di 4 milioni di copie ed è nella top 10 dei bestseller di ogniepoca. Ha venduto sempre, ha venduto ovunque: 1 milione e 300milacopie in Italia, circa tre milioni in Francia (5˚ disco più venduto disempre) e 250mila in Nuova Zelanda. È stato disco di platino inArgentina e Polonia. Il conto planetario supera i 45 milioni. Questa siche è musica commerciale.

Con più di 66 milioni di copie vendute (ma qualcuno ne conta più di 70)rappresenta il più grande successo discografico della storia. Un album nato sottouna buona stella e diventato popolare in tutti gli angoli del mondo. MichaelJackson nel 1979 era stato consacrato a superstar grazie a Off the Wall. Il ragazzinodei Jackson Five era cresciuto e si era ritagliato il suo ruolo nella musica americana.Nel 1982 si crearono attorno a lui tutte le condizioni per rendere un albummusicale qualcosa di mostruoso, in tutti i sensi. Nacque così Thriller, un ellepì cheammiccava nel titolo (pensato come se fosse un brand dall'autore Rod Temperton)agli horror da drive-in tanto spaventosi quanto innocui. L'album venne prodotto,come il predecessore, da Quincy Jones, che poté contare su un budget senzaprecedenti, 750mila dollari, sui migliori musicisti sulla piazza (tra cui praticamentetutta la line-up dei Toto) e ospiti quali Paul McCartney, Eddie Van Halen e il mitodel cinema dell'orrore Vincent Price. Era l'epoca dell'esplosione dell'entusiasmoper la video-musica e fu proprio il connubio impeccabile tra immagini e pop alanciare l'album che, trascinato da Mtv, si piazzò subito al primo posto dellaclassifica di vendita Usa dove vi passò 37 settimane non consecutive. L'albumgenerò sette singoli. A un anno dalla sua uscita venne girato il più ambizioso videomusicale che si fosse mai visto: un'opera basata sulla title track, costata mezzomilione di dollari (ma alcune fonti sostengono almeno il doppio), dalla qualitàcinematografica e realizzata da uno dei registi più quotati dell'epoca: John Landis,autore di The Blues Brothers. Le vendite negli States raggiunsero i 25 milioni dicopie. L'album finì al primo posto nelle classifiche di tutto il mondo, trasformandoJackson nel più grande fenomeno globale pop dai tempi dei Beatles. Tragicamente,la morte di Jackson, avvenuta nel 2009, ha rilanciato le vendite del disco che neisoli Stati Uniti hanno ormai superato i 32 milioni di copie. Gli ulteriori 30 e passamilioni sono stati venduti in giro per il mondo. Anche in Italia, mercatonotoriamente debole, l'album ha venduto, più di 1 milione e 100mila copie.

MITI ■ I DIECI ALBUM PIÙ VENDUTI DELLA STORIA DEL POP

Fuori mercato.La strana alchimiadel bestseller

In queste pagine: al centrouno scatto dal setdel celeberrimo videoclip«Thriller», di MichaelJackson girato da JohnLandis; qui sotto i PinkFloyd; a destra OliviaNewton-John e JohnTravolta in «Grease»;in basso gli AC/DC

Nel 1991 gli Stati Uniti introdussero un nuovo metodomolto preciso di rilevamento delle vendite discografichechiamato SoundScan. Si passò da un approssimativosondaggio telefonico a un infallibile sistemacomputerizzato. Si scoprì che alcuni generi erano statisottovalutati per anni dalle classifiche. Tra questi la musicacountry. La discografia americana iniziò a investire moltosul genere, capendo che era una vera miniera d'oro.Quando poi si sposava al pop rock allora il risultato potevaessere commercialmente straordinario. Così fu per il terzoalbum della canadese Shania Twain, pubblicato nel 1997,che mischiando melodie country a ritornelli pop esfruttando l'indiscutibile avvenenza dell'interprete, riuscì aconfezionare l'album solista femminile più venduto disempre. Riuscì pure nell'impresa di rendere appetibile lacountry music al di là dell'Oceano. Non guastò il fatto chel'album uscì negli anni di maggior espansione di sempredel mercato discografico. Il conto totale delle copievendute è di circa 35 milioni e mezzo. Ma una delle ragionidel successo fu senza dubbio anche il ruolo nel discodell'allora marito di Shania, il produttore e autore John«Mutt» Lange, già artefice di Back in Black degli AC/DC. Ilsodalizio tra i due ha prodotto dischi di platino aripetizione, ma è finito nel gossip. La Twain scoprì cheLange aveva una relazione con la sua migliore amica. I duedivorziarono. Lange ha continuato a essere un Re Mida delpop (lavorando con Lady Gaga, Maroon 5, Nickleback). LaTwain si è in pratica ritirata dalle scene. Ma ha sposato l'exmarito della sua (ex) migliore amica.

«COME ON OVER» (SHANIA TWAIN)«THRILLER» (MICHAEL JACKSON)

«THE DARK SIDE OF THE MOON» (PINK FLOYD)

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(13)ALIAS29 MARZO 2014

La colonna sonora non solo di un film, ma di una generazione. La febbre del sabato sera fu e rimane lospecchio di un'epoca che non ha smesso di affascinare. Dal 1977 a oggi ha venduto 38 milioni di copie, graziea hit ormai diventati classici e in gran parte firmati dai Bee Gees. La band fino ad allora aveva avuto modestisuccessi con album folk rock, si ritrovò a diventare il simbolo di un genere di cui era neofita: la discomusic. Ilgruppo era sulle scene da vent'anni ed era in piena crisi creativa e accettò la proposta del produttore RobertStigwood di proporre alcune canzoni per il film. Con poche idee chiare sulla pellicola, i tre fratelli Gibbsscrissero alcune canzoni in un weekend e le proposero al produttore che si dimostrò entusiasta. Musica e filmandarono a braccetto in quello che è ricordato come uno dei primi esempi di cross-media marketing. Ilsodalizio tra cinema e dance pop fu trionfale. John Travolta, attore di fama televisiva, divenne una superstar ei Bee Gees reinventarono la loro carriera. Negli Usa l'ellepì rimase per sette mesi al primo posto dellaclassifica e celebrò l'apice dell'era della discomusic. Nel resto del mondo servì a diffondere una nuova moda.Fu l'album più venduto in Italia nel 1978.

Nel 1976 i losangelini Eagles decisero di condensare la loro brevecarriera in un'antologia. Fu un buon investimento. A oggi l'album havenduto 37 milioni di copie, 30 delle quali in patria dove è il secondoalbum più venduto di sempre e dove il gruppo ha vendutocomplessivamente 100 milioni di dischi. La band di Glenn Frey e DonHenley raccolse dieci titoli, otto dei quali erano entrati nella top 40 diBillboard e una canzone, Desperado, tratta dall'album del 1973, ma maipubblicata come singolo. Il loro stile fra sound west coast, country erock melodico ha fatto il resto. Questa compilation non contieneneppure il brano più conosciuto della band, Hotel California,pubblicato successivamente e uscito come 45 giri nel febbraio del 1977.

Trainata dalla clamorosapopolarità del film diretto daMick Jackson con KevinCostner e Whitney Houstondel 1992, la colonna sonora diThe Bodyguard, in gran parteinterpretata dalla stessaHouston divenne, forse benoltre i suoi meriti, un disco da40 milioni di copie vendute nelmondo. Un commossoCostner ha raccontato lagenesi del progetto,cinematografico ediscografico, nel febbraio 2012nel corso della sua elegiatenuta al funerale dellaHouston. Fu lui a insistereaffinché la cantante facesse ilsuo debutto sul grandeschermo. La sceneggiatura

faceva la polvere da anni ed era stata scritta negli anni Settanta da LawrenceKasdan che aveva pensato a uno strano connubio tra divi molto diversicome Steve McQueen e Diana Ross. Costner riuscì a convincere produttori edistributori del potenziale di quell'idea anche se ai tempi c'era ancoraqualcuno che storceva il naso per la storia d'amore interrazziale. Il discoviene di fatto ricordato per lecanzoni della Houston cheperò interpreta solo 6 dei 13pezzi della raccolta e avevafatto assai meglio nei suoiprecedenti album. Ma ilsingolo I Will Always Love Youfu un traino irresistibile. Erauna cover di un brano di DollyParton datato 1974 che laHouston reinventò fino ariappropriarsene. «La primascelta - ha ricordato Costner -era stata per What Becomes ofa Broken Heart, ma era giàstata usata in un altro filmpoco prima». L'album andòbene negli Usa (17 dischi diplatino), ma trionfò in tutto ilresto del mondo vendendomilioni di copie in Giappone,Sud Corea, Brasile, Canada,Francia e Germania.

«THEIR GREATEST HITS 1971-1975» (THE EAGLES)

«LEGEND» (BOB MARLEY AND THE WAILERS)

Uno dei più grandi successi rock di tutti i tempi nasce dauna tragedia. Il cantante degli AC/DC Bon Scott morì il19 febbraio 1980 dopo una notte di eccessi alcolici in unclub londinese. I restanti membri della band, chestavano lavorando a un nuovo disco, pensarono dismettere, ma alla fine reclutarono un cantante chepiaceva a Scott, lo sconosciuto Brian Johnson. A lugliovenne pubblicato Back in Black e gli AC/DC che avevanoalle spalle già sette album di cui solo uno (Highway toHell) aveva avuto un discreto seguito, si trovaronocatapultati nel mondo delle superstar. La loro perfettaricetta di hard rock e blues, l'onda emozionale suscitatadalla morte di Scott e il fatto che le radio stesserocercando, dopo la sbornia dance degli anni Settanta, ditornare a un rock potente ma tradizionale, furono laricetta della fortuna di un disco che a oggi ha venduto trai 35 e 36 milioni di copie nel mondo di cui 23 solo negliUsa. La popolarità di Back in Black fece riscoprirel'intero catalogo della band che in Inghilterra si trovò inuna settimana con quattro album nella classifica dei piùvenduti, cosa che non accadeva dai tempi dei Beatles.

«BACK IN BLACK» (AC/DC)

Una soundtrack di un film basato su un musical teatrale, che voleva rilanciare glianni Cinquanta nel pieno della rivoluzione stilistica e creativa degli anni Settanta.La colonna sonora del film con John Travolta e Olivia Newton-John, datata 1978,ha venduto quasi 45 milioni di copie in giro per il mondo, diventando ilcommento musicale più popolare della storia. Il disco era un'operazionestraordinaria di contaminazione e nelle 24 tracce alcuni dei brani, poi divenuticlassici, furono scritti appositamente per il film e non vennero ripresi dallecanzoni del musical firmate da Jim Jacobs e Warren Casey. L'album vennelanciato da un singolo disco dance anni Settanta, la title track cantata da FrankieValli e scritta da Barry Gibb dei Bee Gees, per poi puntare tutto sul carisma deidue protagonisti del film: Travolta, reduce dal trionfo della Febbre del sabato sera,e la Newton-John, starlet pop con già diversi successi in curriculum. La coppia sicimentava in una strepitosa falsificazione del r'n'r anni Cinquanta. John era lareincarnazione di Elvis, Olivia era la ragazza bene delle famiglie all'antica che sitrasformava in tigre rock. L'ellepì fu subito un successo strepitoso, ma hadimostrato di avere una resistenza inossidabile. Negli Usa ha venduto 14 milionidi copie, metà delle quali dal 1991 ad oggi. Nei 36 anni dalla pubblicazione haampiamente superato il milione di copie vendute anche in Francia, Germania,Inghilterra e Australia.

Pubblicato nel novembre del 1971 il capolavoro dellapremiata ditta Page-Plant-Jones-Bonham arrivò al primoposto in classifica solo in due paesi: la loro patria,l'Inghilterra, e il Canada. Negli Usa il disco finì «solo» alsecondo posto. Il pubblico era stato un po' scottato dalprecedente album della band che, caricato di grandiaspettative, era schizzato ai vertici delle chart, ma avevafatto storcere il naso a molti. Con il quarto album della lorocarriera i Led Zeppelin vennero accolti in maniera piùtiepida, ma alla fine trionfarono. Il successo dell'album,anche se non improvviso, fu travolgente. Negli States a oggiè arrivato a vendere 23 milioni di copie. La grande fortunadi IV è in parte dovuta alla scelta di non pubblicare il branopiù amato della raccolta, Stairway to Heaven, come singolo.Il pezzo, lungo più di 8 minuti, si prestava poco al formato45 giri e il gruppo decise di puntare come singoli su BlackDog e Rock and Roll. Chi voleva ascoltarsi Stairway toHeaven doveva comprarsi il 33 giri. In tutto il mondo dal1971 ad oggi hanno fatto questa scelta circa 36 milioni dipersone.

Gran parte delle vendite discografiche di Marley arrivaronodopo la sua morte. La raccolta Legend fu pubblicata nelmaggio del 1984, a più di tre anni dalla sua scomparsa eraccoglieva 14 delle sue canzoni più rappresentative. In vitaBob riempiva gli stadi con i suoi concerti, ma non fu maiuna popstar. Nel 1976 l'album Rastaman Vibration entrònella top ten americana, ma non sbancò. Negli ultimi 30anni Marley è stato sempre più riscoperto da nuovegenerazioni, diventando non solo il profeta del reggae, maun simbolo della cultura africana e afroamericana. Perchiunque si sia avvicinato alla sua musica dopo la suamorte, Legend è stato, e sempre sarà, l'obbligatorio puntodi partenza. Questo ha portato la raccolta a vendere un po'in tutti i paesi del mondo con una continuitàimpressionante, totalizzando 37 milioni di copie. Neldecennio 2002-2012 è stato il secondo album di catalogopiù venduto negli Usa dopo Thriller con 4.194.000 copie,nel 2013 è stato il terzo titolo più venduto dell'anno nellastessa categoria.

«THE BODYGUARD: ORIGINAL SOUNDTRACK ALBUM»

«SATURDAY NIGHT FEVER: THE ORIGINAL MOVIE SOUNDTRACK»

«IV» (LED ZEPPELIN)

«GREASE: THE ORIGINAL SOUNDTRACK FROM THE MOTION PICTURE»

In principio fu «Calypso» di Harry Belafonte, primodisco a superare il milione di copie. Oggi, a distanzadi sessant’anni, il supporto fisico, cd o vinile, ha persoper sempre il suo fascino, soppiantato dal digitale

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(14) ALIAS29 MARZO 2014

Crimson ProjeKCtI brani dei King Crimson riproposti dauna formazione stellare, con, tra glialtri, Adrian Belew, Tony Levin e PatMastelotto: in pratica gli ultimi KingCrimson senza il leader Robert Fripp.Chieti SABATO 29 MARZO (SUPERCINEMA)Milano LUNEDI' 31 MARZO (AUDITORIUM DIMILANO)Roma MARTEDI' 1 APRILE (AUDITORIUMPARCO DELLA MUSICA)Firenze MERCOLEDI' 2 APRILE (VIPER)

MogwaiLa indie post rock band scozzese, tra lemigliori espressioni della scenaeuropea, per presentare l'album RaveTapes.Bologna DOMENICA 30 MARZO (ESTRAGON)Milano LUNEDI' 31 MARZO (ALCATRAZ)

TuxedomoonTre date bolognesi per la bandamericana, tra le più innovative tra lafine dei Settanta e i primi Ottanta.Bologna DA MERCOLEDI' 2 A VENERDI'4 APRILE (DOM)

Franz FerdinandRitorna nel nostro paese, per una soladata, la band punk-funk scozzese.Assago (Mi) GIOVEDI' 3 APRILE(MEDIOLANUM FORUM)

ToyIl gruppo inglese filrta con le sonoritàdark wave anni Ottanta e la psichedelia

anni Settanta.Segrate (Mi) SABATO 29 MARZO(MAGNOLIA)Roma LUNEDI' 31 MARZO (CIRCOLODEGLI ARTISTI)

MúmI raffinati suoni tra folk e elettronicadella band islandese.Roncade (Tv) GIOVEDI' 3 APRILE (NEWAGE)Madonna dell'Albero (Ra)VENERDI' 4 APRILE (BRONSON)Roma SABATO 5 APRILE (AUDITORIUM PARCODELLA MUSICA)

Thalia ZedekDa anni sulla scena underground Usa.Torino SABATO 29 MARZO (BLAH BLAH)

Kurt VileUna data per l'apprezzato cantautore diFiladelfia. In apertura Pall Jenkins deiBlack Heart Procession.Milano GIOVEDI' 3 APRILE (BIKO)

NotwistLa band tedesca, dagli esordi hardcorepunk alle sonorità elettroniche.Segrate (Mi) SABATO 5 APRILE(MAGNOLIA)

AristocratsIl rock strumentale del virtusistico trio.Perugia MARTEDI' 1 APRILE (AFTERLIFE)Teramo MERCOLEDI' 2 APRILE (ARTSFACTORY)

A «CAUSA» DEL GLAMdi FRANCESCO ADINOLFI

Non solo macchine blu su eBay matutto il resto, da interi negozi di dischia scendere e salire. Il sito d’aste online, in ogni caso, non fa sconti echiede un severo rispetto delleregole. Ragion per cui è paradossalequanto successo tempo fa tra Andy

Scott, chitarrista degli Sweet, storicaband glam rock anni Settanta, el’utente austriaco Dietmar Huber.Questi, secondo il musicista di BlockBuster! o The Ballroom Blitz, avrebbevenduto illegalmente uno dei tre cddel box The Legend Lives on: per Scottsi trattava di un bootleg, unapubblicazione non ufficiale. Ragion percui chiede a Huber di ritirare il cd daeBay e di versargli 2mila euro a titolo

di rimborso. Huber si rifiuta dibloccare l’asta, Scott lo incalza e glichiede 36mila euro sostenendo diessere il titolare del copyright e cheHuber non poteva mettere in venditail disco. L’austriaco si rivolge ai suoiavvocati e da lì parte una battaglialegale durata cinque anni. Alla fine lacorte di giustizia austriaca si èespressa a favore di Hubersostenendo che nessun crimine è

di GIANLUCA DIANA

Che storie. Quelle che sorprendono e chelasciano basiti. Che fanno accendere un lampodi adrenalina destando stupore. Quello chenon c'è, recitava qualcuno. Ed a quel puntopotete esserne sicuri, prima o poi siconcretizza. L'ennesima narrazione in musicache ci strappa un poco il cuore ha un nomechiaro e semplice che rimane facilmente inmemoria: Frankie Chavez. Distogliete lefantasie rivoluzionarie dalle terre venezuelanee fermatevi ben prima. Lo storyteller in oggettogiunge infatti dal Portogallo. Ad essere precisidell'area suburbana di Lisbona, dove anni famosse i primi passi questo cantante echitarrista dalla spiccata personalità bluesy. Ilpoco più che trentenne Chavez è un valentestrumentista che piega la sua tecnica ad unaspiccata attitudine alla melodia, complice unarara sensibilità, data forse dalla provenienzageografica. Il risultato di una carriera ancoragiovane ma molto promettente, sono unamanciata di canzoni racchiuse in due diversilavori. Il primo del 2010, un ep intitolato con ilsuo nome, ne ha fatto apprezzare le possibilità.È dell'anno successivo invece Family Tree,seconda uscita ma prima su lunga durata, chene ha concretizzato le belle speranze iniziali.Ecco quindi che tra un sorso di ginja ed unagirata sul mitico tram numero 28, il blueslusitano prende le forme sonore del bluesmanChavez, a cui appare scontato maimprescindibile chiedere nel suo recente giroitalico, se vi fosse una tradizione musicaleafroamerican nella sua famiglia: «Per nulla.Nessuno in casa nostra aveva avuto esperienzemusicali. È semplicemente successo che comemolti bambini che frequentavano a scuola icorsi di musica, anche io sono andato a finirci

dentro. Dapprima il flauto e poi la chitarraclassica».

Elogio della semplicità e della schiettezza.Esattamente come la percezione che si haponendosi all'ascolto dei suoi blues. «Daragazzo ascoltavo come molti della miagenerazione le solite cose del classic rock:gente come i Deep Purple, Jimi Hendrix, gliAC/DC e altri che puoi immaginare con facilità.Questo mi ha portato a proseguire nella stessadirezione: ho suonato a lungo in gruppi dallesonorità rock e garage. La consueta trafila chesi ha agli esordi di buona parte dei percorsimusicali di ognuno. Lentamente poi, hoiniziato ad ascoltare i classici del blues dellavecchia scuola: Nemehiah Skip James, RobertJohnson e Mississippi John Hurt».

Gli «early years» di Frankie Chavez partonoquindi da radici solide, su cui poggiare lapropria maturazione musicale: «Altrettantoimportante è stato il sound della Fat Possum,che mi ha incuriosito sopratutto nelle ritmiche.Ho consumato i dischi di gente come R. L.Burnside, Junior Kimbrough e gli altri di quellascena». Dichiarazione palese, che si ritrovaparticolarmente nella canzone I Don't Belongdel primo ep. Un autentico mantra ipnotico ecompulsivo scritto rispettandopedissequamente i dettami dell'Hill-Countryblues. A cui il nostro aggiunge altro, complice ilsuo smodato amore per la sei corde: «Sonofondamentalmente un chitarrista prima che uncantante. È un strumento che amo in tutte lesue forme. E tra le tante che mi sono passateper le mani, oramai da molto tempo concentrola mia attenzione sulla chitarra portoghese. Èdiversa dalle altre, ha un suono estremamenteprofondo e al contempo quasi esotico. Ha unaaccordatura particolare e quindi è statointeressante studiarla. Al punto tale che hodovuto modificare anche l’uso della voce, percoordinare adeguatamente il tutto e avere unrisultato finale di cui fossi soddisfatto. Questomi è stato possibile nel momento in cui hocercato di fondere il tutto con la profondità delblues per avere una maggiore capacitàespressiva».

Come nelle migliori evocazioni di stampomississippiano l'hobo Chavez ha intrapresoanni fa la strada solista: un one-man band inpiena regola. Non solo nelle forme ma anchenello spirito: «Sin dagli inizi ho scelto dimuovermi da solo. Ancor da prima di registrareil primo ep mi muovevo come one-man band.Quando però venni chiamato a registrare illavoro in oggetto iniziai a capire che dovevorelazionarmi anche con altri. Onestamentedevo dirti che sia dal vivo che in studio èmeglio suonare soli: non devi mettertid'accordo con nessuno, non devi cercareinterplay, fai tutto per tuo conto. È comesuonare sul sedile della tua macchina. Certopoi con il disco Family Tree le cose sonocambiate ulteriormente. C'è un organico piùricco e completo. Se devo però esprimere unapreferenza, devo dirti che il miglior feeling l'hotrovato con Kalù. Lui è il batterista di una

storica formazione rock portoghese in giro daoltre trent'anni, i Xutos & Pontapès, una speciedi Rolling Stones delle nostre parti. Kalù haesperienza da vendere e oltre ad esserepresente in alcune registrazioni di Family Tree,sarà presente in tutto il prossimo disco.Eravamo già assieme nel primo tour italianodel 2008, ci siam trovati benissimo. Lui hainiziato a darmi il beat giusto, sia quando sitratta di brani più morbidi, sia quando si trattadi spingere maggiormente».

Tra una permanenza e l'altra in salad'incisione, Chavez ha inanellato lunghi tourche gli han permesso di mettere in carniereesperienza da vendere: dai piccoli club allecondivisioni di palchi importanti assieme aKaki King, Max Romeo, Morcheeba,Gentleman e James Hunter.

Ecco quindi che cambiando gli addendi ilrisultato non muta: sia solista che in duo,piuttosto che con pieno organico, leregistrazioni di Chavez mantengono un sottilema riuscitissimo equilibrio che si muovesinuosamente tra groove e melodie. La riprovaè data sia da incisioni più muscolari comeDreams o a Rebel, che da altre più morbide edelicate come Family Tree, vera e propriaballad dove fa capolino anche un sax quasilatin-jazz: «Quello che esce fuori dai miei dischispero sia compreso per quello che è. Sono unragazzo portoghese che ha ascoltato musicaanglofona e quella della sua terra. Tutto questomi ha influenzato. Come dire, è accaduto. Nonc'è un intento precostituito né cercato. Non c'ènulla di standardizzato e di atipico,semplicemente tutto è filtrato da una miainterpretazione personale. E cosa mi riserva ilfuturo, ancora non lo so. Però certo, un viaggioa New Orleans lo voglio fare, credo sia un postomolto interessante».

INTERVISTA ■ HA GIÀ PUBBLICATO UN EP E IL CD, «FAMILY TREE»

Frankie Chavez,la solitudinedell’hobo lusitano

RITMI

ON THE ROAD

Il bluesman portoghese è in tour in Italia.Nella sua musica prevale un mix di sonoritàafroamericane e del suo paese. «A questopunto mi manca un viaggio a New Orleans»

Due immagini dell’artista portoghese Frankie Chavez

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(15)ALIAS29 MARZO 2014

WhoMadeWhoDance contemporanea, punk funk per iltrio danese.Milano DOMENICA 30 MARZO (TUNNEL)

Blood Red ShoesIl duo indie rock di Brighton.Bologna SABATO 29 MARZO (COVO)Roma DOMENICA 30 MARZO (MUZAK)

Mark KozelekTorna il leader dei Red House Painterse Sun Kill Moon.Roma VENERDI' 4 APRILE (CIRCOLODEGLI ARTISTI)Madonna dell'Albero (Ra)SABATO 5 APRILE (BRONSON)

Arcane RootsIl trio inglese, tra Mars Volta, Tool eRush.Udine MERCOLEDI' 2 APRILE (STUDIO 270)Roma GIOVEDI' 3 APRILE (PLANET)

Twin ForksLa nuova band del leader deiDashboard Confessional, ChrisCarrabba.Segrate (Mi) MERCOLEDI' 2 APRILE(MAGNOLIA)Roma GIOVEDI' 3 APRILE (BLACKOUT-AUSGANG)Firenze VENERDI' 4 APRILE (TENDER)

ÁsgeirArriva il cantautore islandese, sulla sciadi Bon Iver.

Madonna dell'Albero (Ra)LUNEDI' 31 MARZO (BRONSON)Segrate (Mi) MARTEDI' 1 APRILE(MAGNOLIA)

Elyas KhanIl fondatore dei Gentlemen & Assassinse dei Nervous Cabaret in duo conRomain Vicente.Sarche di Calavino (Tn) SABATO29 MARZO (HOTEL IDEAL)

The SkatalitesSka, rocksteady, reggae. La band èormai da cinquant’anni sull’ondamusicale giamaicana.Marghera (Ve) SABATO 29 MARZO(CS RIVOLTA)Parma DOMENICA 30 MARZO (MU)

Frankie ChavezIl one-man band, nuovo fenomeno dellascena blues portoghese.Mantova SABATO 29 MARZO (TOM)Bergamo DOMENICA 30 MARZO(DA CONFERMARE)Bologna MARTEDI' 1 APRILE (BRAVO CAFE')Roma MERCOLEDI' 2 APRILE (CIRCOLODEGLI ARTISTI)Torino GIOVEDI' 3 APRILE (MAISONMUSIQUE)Padova VENERDI' 4 APRILE (FISH MARKET)Livorno SABATO 5 APRILE (THE CAGE)

Rufus WainwrightIl pop d’autore di un figlio d’arte.Brescia VENERDI' 4 APRILE (TEATRO GRANDE)

LaibachIl rock industriale e il neo gothic inarrivo dalla Slovenia.Ciampino (Rm) MERCOLEDI' 2 APRILE(ORION)Trezzo d'Adda (Mi) GIOVEDI'3 APRILE (LIVE)

VuvuvulturesDa East London, dark electro pop.Perugia MERCOLEDI' 2 APRILE (110 CAFE')Firenze GIOVEDI' 3 APRILE (COMBO)Pordenone VENERDI' 4 APRILE (PNBOX)Bologna SABATO 5 APRILE (COVO)

Kristal and Jonny BoyIn Italia il duo dream pop svedese.Thiene (Vi) SABATO 5 APRILE (BOUNTY)

Sacri CuoriIl post rock catartico del progetto diAntonio Gramentieri.Legnano (Mi) DOMENICA 30 MARZO(IL CIRCOLONE)Cremona LUNEDI' 31 MARZO (ANTICAOSTERIA DEL FICO)

Stefano Battaglia TrioIl gruppo del pianista (con SalvatoreMaiore e Roberto Dani), stabilmentenella scuderia Ecm.Bolzano LUNEDI' 31 MARZO (TEATROCARAMBOLAGE)

AusgangLa rassegna capitolina propone unaserie di concerti dedicati alla scena

inidipendente italiana e internazionaleitineranti tra varie location romane.Questa settimana tocca a Brunori Sas,Twin Forks, Le Luci della CentraleElettrica e Múm.Roma SABATO 29 MARZO E DA GIOVEDI'3 A SABATO 5 APRILE (ATLANTICO LIVE, BLACKOUT,AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA)

CrossroadsLa storica rassegna itinerante Jazz ealtro in Emilia Romagna ha in cartellone:Paolo Caruso & Franco Costantini,Antonello Salis & Hamid Drake(stasera, Cassero Teatro Comunale diCastel San Pietro Terme, Bo); AdaMontellanico Quartetto in un omaggioa Abbey Lincoln (domani, sempre alCassero di Castel San Pietro Terme);Bill Frisell in Beautiful Dreamers (il 2aprile, Teatro President di Piacenza);Paula Morelembaum Bossarenova Trio(il 3, La Tenda di Modena); RobertoBartoli/Pasquale Mirra/Danilo MineoTrio (il 4 al Teatro Comunale di Dozza,Bo); Daniele D'Agaro & Saverio Tascain un tributo a Sean Bergin e Re-UnionTrio (il 5, Teatro Comunale di Dozza,Bo).Comuni dell'Emilia RomagnaSABATO 29, DOMENICA 30 MARZO EDA MERCOLEDI' 2 A SABATO 5 APRILE (VARIE SEDI)

Casa del JazzIn attesa del nuovo direttore, lastruttura capitolina continua la suaattività con concerti e iniziative

divulgativo-didattiche. In scena il gruppoOn Dog di Francesco Bigoni (P. BittoloBon, B. Scardino, M. Solorg, M. Lohr);incontri con Marco Boccitto (Appunti diAfronomia), Massimo Nunzi (Giocajazz!,consigliato dai 7 ai 13 anni), Luigi Onori(Il jazz e l’Africa).Roma SABATO 29 E DOMENICA 30 MARZO,VENERDI' 4 E SABATO 5 APRILE (CASA DEL JAZZ)

Piacenza Jazz FestUltime tre giornate per la rassegna. Sicomincia con il doppio concerto delRiccardo Zegna 5tet (F. Zaltron, E. DiCrosta, G. Evangelista, A. Melani) e delDrew Gress 5tet (T. Berne, R. Alessi,C. Taiborn, T. Rainey). A seguire il triodi Bill Frisell (E. Kang, R. Royston) e ilgalà di premiazione dei concorsiBettinardi e Strisce di Jazz. Il 30 marzo,nell’ambito del festival, si terrà unagiornata di studi in collaborazione conla SIdMA (interventi di Marcello Piras,Renato Magni, Claudio Sessa, StefanoZenni e Gianluigi Trovesi).Piacenza SABATO 29 E DOMENICA30 MARZO, MERCOLEDI' 2 E SABATO 5 APRILE(TEATRO PRESIDENT, MILESTONE)

Dialoghi: Jazz per dueIl terzo appuntamento della rassegna«cameristica» vede all’opera due jazzistinorvegesi di valore quali ArveHenriksen (tromba) e Jan Bang(campionatori, elettronica).Pavia VENERDI' 4 APRILE (EX CHIESA S. MARIAGUALTIERI)

stato commesso. Scott è statocostretto a pagarsi non solo le suespese legali ma anche quelle di Huberper un totale di quasi 60mila euro.Considerando che il cd si vende sueBay per poco più di un euro sicapisce cosa ha significato per Scottquesta causa ma si capisce anchecome la questione della pirateriacontinua ad ossessionare, spesso, atorto, il mondo del rock.

SETTE NOTEPER IL KILLER

A CURA DI ROBERTO PECIOLA CON LUIGI ONORI ■ SEGNALAZIONI: [email protected] ■ EVENTUALI VARIAZIONI DI DATI E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ

ULTRASUONATI DASTEFANO CRIPPAJESSICA DAINESEGIANLUCA DIANAGUIDO FESTINESEGUIDO MICHELONEROBERTO PECIOLA

Mai come in questi ultimi anni, sulla sciadel precursore Camilleri con il suoMontalbano, gli scaffali delle librerie sisono riempiti di commissari e ispettori dipolizia. Nutrire un po’di diffidenza neiconfronti di Psycho Killer, Omicidi infa maggiore (Ultra Novel, pp. 252, euro17,50), il nuovo libro del giornalistamusicale e conduttore radio e tv EzioGuaitamacchi, è dunque atteggiamentoche trova giustificazione. Ma la scritta incopertina, Rock Thriller, invita a farscrocchiare le pagine. La lettura scorresubito veloce, sollecitata da una tramacuriosa come la figura del protagonista,l’ispettore Marco Molteni, arrivato aMilano da Roma pochi giorni prima chesuccedano i delitti ai quali dovrà trovaresoluzione. Delitti che prendono il via il 23luglio 2011, giorno in cui AmyWinehouse muore a Londra. Ne sonovittime, pur se a prima vista la loro mortesembra un suicidio, personaggi legati almondo musicale: impresari, agenti,discografici. Quando il portiere di viaStradivari 6, svegliato di prima mattina dauno strano pezzo che si ripete adaltissimo volume, entra nell’appartamentodel promoter Edoardo Lanza, lo trovaimpiccato in cucina, cadavere numerouno. La colonna sonora è un’inquietanteversione di Sister Midnight di Iggy Pop.Siamo solo all’inizio. In un breve arco ditempo, il numero dei morti aumenterà, enella colonna sonora entrerà, fra gli altri,Bob Dylan con Joker, sempre in versioneinquietante. Molteni odia rock e dintorniper una ragione semplice ma che nonvogliamo spiegarvi, è tifoso del Milan,veste e parla con sfumature tamarre, èsimpatico e lo diventa ancor di piùmentre tenta di comporre le tessere delpuzzle. Ad aiutarlo sono l’agente Carlucci,il musicista di strada Sunflower, il medicolegale D’Errico. Riusciranno a scoprire chiè il serial killer che, oltre ad uccidere,manda a un dj di Radio Popolare stranimp3 e costruisce ogni volta la scena delcrimine come se...? Puntini di sospensioneper non dirvi troppo. Diciamo, invece,che Guaitamacchi è bravo a scrivere, amescolare le carte, a fare di Milano unpalcoscenico perfetto per la storia. Incoda al libro, la playlist dei brani citati, inordine di apparizione.

¶¶¶Dal 24 aprile in libreria Stelle deboli, Lastoria di Sid Vicious e NancySpungen, di Daniele Paletta conprefazione di Massimo Cotto (Vololibero,pp. 128, euro 13). L’autore scrive dimusica ed è booking agent di artisti italianie stranieri. La storia del rapporto tra illeader dei Sex Pistols e la sua compagna,finita con la morte mai chiarita di Nancyin una stanza del Chelsea Hotel di NewYork, viene trasposta in forma diromanzo. Senza mai perdere di vista larealtà di due vite tormentate e del lorotriste epilogo.

Witam: Benvenuti, in polacco. Ibenvenuti nel nuovo cd di FrancescoBruno (Video Eikon) sono iltrombettista Piotr Vojtasik ed ilsassofonista Sylwester Ostrowsky.Dopo aver partecipato a una granquantità di progetti in bilico tra jazzelettrico, letteratura, sonorizzazioni,teatro, il chitarrista offre qui ottimo jazzacustico. Con fraseggio e molto swing.Altra chitarra, quella di Pino Russo, intotale solitudine in Novecento (Splasc(H)Records) in un testa a testa con nomiche contano e scottano, nel jazz: Monk,Davis, Coltrane, una élite dellamodernità, tutt'ora. Con grazia, agilità elavoro di scavo, oltre che coraggio,rilucono ancora una volta brani chehanno scandito la storia. Italian GuitarsTrio (Monsosonoro) riunisce le forze deichitarristi Maurizio Brunod, NicolaCattaneo, Franco Cortellessa. OspitiRalph Towner e Walter Lupi, ed è comeaggiungere spezie a un impasto giàsaporito. Un'affascinante «indigestione»di corde e intarsi di arpeggi, a sfioraremille musiche acustiche, con qualchesprazzo elettrico, senza chiudersi a prioriin nessuna. (Guido Festinese)

Nel jazz, anche italiano, si sta diffondendol’idea di omaggiare i grandi del passato edel presente in modo anticonvenzionale,come succede al pianista Dado Moroniin Five for John (Jando Music) assieme auna All Stars con Max Ionata, Joe Locke,Alvin Queen, Marco Panascia: il suono delvibrafono aggiunto agli strumenti delclassico John Coltrane Quartet dà untocco romantico alle varie Naima, Afterthe Rain, Mr. P.C. senza la foga espressivaoriginaria. E capita persino che lostrumento dell’omaggiato sia assente:Beppe Aliprandi ai sassofoni e ai flauti inMore Duke! (Usr) presenta il suo JazzAcademy Sextet (tre fiati, chitarra,basso, batteria) lavorando tanto su branidi Ellington quanto su propriecomposizioni, in maniera eterogenea,insistendo sulla postmodernità del jazzattuale. Complessa la situazione creativaper l’Antonio Fusco Sextet di Suite forMotian (Parco della Musica Records),dove il leader, è batterista come il PaulMotian accompagnatore di tanti pianisti:gli standard vengono scelti anche qui conun gruppo pianoless (2 ance, 2 chitarre,un basso) per un approccio elettrico esperimentale. (Guido Michelone)

JAZZ

Benvenutiin Polonia

INDIE POP

Arp, a lezioneda John Cale

JAZZ/2

Se il tributo èanticonvenzionale

INDIE POP/2

Bill Pritchard,spirito brit

DANIELE BRUSASCHETTORAPIDA E INDOLORE (Bosco Inc)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Le prime cento copie del cdfisico hanno una copertina destinataalla storia grafica: uno scarafaggioincollato, col vinavil, nel mezzo sufondo bianco. Già nel packaging ilcantautore industrial torineseconferma la propria vocazione oscura,quasi dark, con testi surreali spessodrammatici, mentre la musica dissolvela formula canzonettistica peraddentarsi nei meandri del rock e delnoise, con nove pezzi strascicati,svelando alla fine risultatiartisticamente maturi e pertinentinella consapevolezza di rifulgere labella forma. (g.mic.)

TOMMY CASTROTHE DEVIL YOU KNOW (Alligator/Ird)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Il versante «bianco» delChicago blues alla Joe Louis Walkerlo suona Tommy Castro, che nelrecente album The Devil You Know, sifa accompagnare da una nuova band, iPain Killers. Nel disco una pletora diospiti illustri, da Joe Bonamassa a TabBenoit, e un'aria da rimpatriata britishblues d'antan che conforta. (g.fe.)

CLOUD NOTHINGSHERE & NOWHERE ELSE (Wichita-Coop/Self)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Dylan Baldi, titolare delmarchio Cloud Nothings, dice di averscritto le canzoni di questo terzoalbum in un momento di «serenità»,un momento in cui non aveva rabbiada esprimere. E il disco, rispetto alprecedente, l'ottimo Attack onMemory, risulta effettivamente unpochino più accomodante, ma ilsound intorno a cui gira restainteressantissimo. Garage punk atratti anche spigoloso ma mitigato damelodie piuttosto catchy. (r.pe.)

DIAFRAMMAPRESO NEL VORTICE (Diaframma Records/Self)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Mentre si celebra iltrentennale con una ristampa deluxe(lp + cd + live + inserto) di Siberia,debutto dell'elegante band fiorentinae disco seminale della new waveitaliana, esce un nuovo lavoro a nomedel gruppo, Preso nel vortice. L'ascolto,dopo un tale capolavoro è ingiusto.Certo, l'ultimo di Federico Fiumani(unico componente rimasto dellaformazione originale) non è un discoindispensabile, ma non mancano lepartecipazioni di spessore (MaxCollini degli Offlaga Disco Pax,Marcello Michelotti dei Neon ecc.),un appeal radiofonico e almeno unbrano notevole: Infelicità. (j.da.)

EARL KLUGHHAND PICKED (Concord Music)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Raffinatissimo chitarrista,Earl Klugh è un nome che ricorrespesso nei credit di produzioniimportanti in ambito jazz e soul.Ma il musicista americano si èritagliato spazio in quasi quattrodecenni di carriera anche pernumerosi lavori solisti. Nel nuovodisco si misura su una manciata distandard e incroci di stili (si passadisinvoltamente da Hotel California a'Round Midnight...) in solo o con

ospiti (Vince Gill, Bill Frisell e JakeShimabukuro fra gli altri). Tantaclasse ma pochi brividi. (s.cr.)

MARCO PANDOLFINO DOG IN THIS HUNT (Abnegat)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ La notizia, anche se nonparticolarmente nuova néclamorosa, giacché lo si è capito giàda almeno un paio di anni, è cheMarco Pandolfi non è solo il migliorarmonicista della penisola, ma ancheun ottimo autore di musica e testi.Quadratura del cerchio trovata

grazie anche alla sezione ritmicaimperniata sul sodale FedericoPaternello alla batteria ed ilcontrabassista - e illustratore autoredell'artwork - Lucio Villani. Va che èun piacere il treno di Pandolfi: YouGotta Find è un tempo medio eallegro, I Got Love if You Want di SlimHarpo ha una credibilità totale, ecome se non bastasse, acquisisceun connotato in più. Si sporca disabbia tex-mex e ne nasce la hit deldisco: Three Shots in a Row.Fantastico. (g.di.)

Poche cose sono più inglesi della musicapop. Ovviamente il genere si è evoluto eogni paese ha stabilito una sua forma euna sua formula pop, ma quando è uninglese a suonare pop non puoi nonaccorgertene: timbro vocale, pronuncia equel senso melodico unico. Tutto ciò loritrovate sul nuovo di Bill Pritchard,cantante e autore apparso verso la finedegli anni Ottanta. Torna ora con un cdgradevole che incarna lo spirito popchitarristico della sua terra, A Trip to theCoast (Tapete). Chiarissime anche leorigini - questa volta americane - diWilliam Fitzsimmons, che pubblicaLions (Grönland/Audioglobe), un disco,prodotto da Chris Walla, in cui riscoprela sua vena intimista, con canzoni morbidee sussurrate, affidate principalmente a unachitarra acustica. Forse un po' troppo dimaniera. Ancora Stati Uniti, ancora altfolk, ma voce e sentire tutto femminile,quello di Marissa Nadler e del suosettimo album, July (Bella Union/Pias-Coop/Self). Sensualità e grande charmesprizzano dalle corde della chitarra edall'ugola della cantautrice bostoniana, eun brano, Dead City Emily, di una bellezzastruggente. (Roberto Peciola)

I Fenster sono una band che fa capo auna vocalist newyorkese, JJ Weihl, e unmusicista tedesco, Jonathan Jarzyna. I duesi sono incontrati in un club di Berlino ehanno unito le forze, coadiuvati da dueamici, fino a pubbicare, con questo ThePink Caves (Morr Music), un paio di albumdi pop che qualcuno ha ribattezzatodestrutturato. In effetti non c'è molto diconvenzionale nel loro sound, ma lemelodie - virate verso il dream pop -sono senz'altro orecchiabili. Niente male.Ancora pop con Arp, al secolo AlexisGeorgopoulos, musicista newyorkese atutto tondo. Il suo nuovo album, More(Republic of Music/Audioglobe), si aprecon un brano (High-Heeled Clouds) chesembra arrivare direttamente dalla finedegli anni Sessanta, dalla lezione chehanno lasciato i Velvet Underground. Epoi sentori di Roxy Music e glam.Riprendiamo infine un album uscito già davari mesi e che colpevolmente abbiamotralasciato. Si tratta dell'ottimo lavoro delproducer danese Trentemøller, Lost (InMy Room/Audioglobe). Elettronica e nonsolo, per un disco che suona pop e chevede vari ospiti, dai Low Kazu Makino deiBlonde Redhead. (Roberto Peciola)

Page 16: Alias supplemento del Manifesto (29 marzo 2014)

(16) ALIAS29 MARZO 2014

di GIUSEPPE SEDIACRACOVIA

●●●La retrospettiva WladyslawHasior. European Rauschenberg?è un lodevole tentativo di riporta-re in quota il grande artista polac-co, dopo l’oblio nazionale in cuiera caduto negli Novanta (morìnel 1999). Oltre un centinaio diopere saranno esposte al Mocak fi-no al prossimo 27 aprile a Craco-via per cancellare una volta e pertutte ogni tentativo di damnatiomemoriae.

Il dibattito pluridecennale sullarimozione del monumento IronOrgan (1966) – vandalizzato ripe-tutamente dopo il 1989 – ha con-tribuito a creare il falso mito diHasior «artista di partito». Conce-pito come una pantagruelica scul-tura sonora destinata a essere suo-nata dal vento, l’enorme organodi ferro installato installato a Czor-sztyn, nella regione Podhale, nonera certo un’opera realizzata sucommissione. Una targa comme-morativa ai combattenti comuni-sti, aggiunta dai dirigenti locali,aveva cambiato i suoi connotati,trasformandolo in un monumen-to di propaganda.

Il grande equivoco sulla figuradi Hasior è basato anche sul fuo-co, elemento vivo e parte integran-te delle sue sculture en plein air incemento, che colano orizzontal-mente nel suolo. Le lingue di fuo-co che sormontano le sue figurenon richiamano di certo le fiam-me eterne dei monumenti sociali-sti: «Nel 1960 ho estratto una for-ma scolpita dal terreno. Vi ho rico-nosciuto la figura di un San Seba-stiano torturato. Ho deciso di ac-cendere una fiamma sul suo pet-to», ha spiegato Hasior per raccon-tare la genesi degli uccelli di fuo-co di Stettino e Koszalin e delle al-tre installazioni pirotecniche rea-lizzate a Montevideo, Copenha-gen e a Södertälje, in Svezia.

Un elemento che l’artista origi-

nario di Nowy Sacz non abbando-nerà nemmeno negli ultimi annidi attività, scarsamente documen-ti dalla mostra cracoviana. Nellaperformance Ecological Alarm(1991), infatti, Hasior dà fuoco aun albero addobbato con dellemani di manichino.

La scelta degli organizzatorisembra riflettere la scarsa fortunadell’opera di Hasior negli anni Ot-tanta e Novanta. L’eclettismo del-la sua produzione tarda non ha,infatti, mai incontrato il favoredella critica polacca. Sempre più

isolato, in vecchiaia l’«artista di re-gime» comprerà un cane da guar-dia per sentirsi al sicuro dalle mi-nacce anonime nella sua galleriaAutorska, un singolare museo-studio a Zakopane. Oltre a servi-re da alloggio, la «galleria di au-tore», voluta dalla burocrazia lo-cale nel 1985, era anche la suaisola felice. Dalla scelta nell’alle-stimento delle proprie opere edella musica passando per l’or-ganizzazione dei vernissage del-le mostre di altri artisti, Hasiorera il responsabile tout court del

proprio spazio espositivo.Il curatore della personale a lui

dedicata, Józef Chrobak, ha deli-beratamente optato per una pro-vocazione apparente nella sceltadel titolo. L’opera di Hasior non èmai stata nota oltreoceano. Inevi-tabile, dunque, che il suo nomenon fosse tra quelli scelti per col-lettiva celebrativa The Art of As-semblage (1961) che si tenne alMoMA di New York. Certo è che ilterroir non è quello di Rauschen-berg. Ci si potrebbe arrampicaresugli specchi mettendo nello stes-so calderone i due artisti in virtùdi un generico «spirito del tempo»che sembra aver guidato le speri-mentazioni formali di entrambi.Dopotutto, i primi collage tridi-mensionali creati dall’artista po-lacco, in perfetta solitudine, se-guono appena di un paio di anniil celebrato letto rauschenberghia-no che tutti conosciamo.

Ma l’assenza di una riflessio-ne sulla civiltà dei consumi nel-la produzione di Hasior restaun solco incolmabile, che sepa-ra nettamente la produzionedei due autori.

Cresciuto in una realtà in cui lacircolazione dei beni era giocofor-za limitata, Hasior ha pur sempregoduto di qualche privilegio neglianni della mala stabilizacja, «pic-cola stabilizzazione» gomulkiana.Il fatto che abbia girato l’Europasu due ruote in sella a una Jawarossa 250, con qualche dollarostropicciato nella scarpa, nonsembra essere in contraddizionecon la sua singolare spiritualità.

Nella seconda metà degli anniSessanta, Hasior tagliava e cuci-va i suoi primi stendardi. Ispiratialla coreografia processionale, ta-li gonfaloni venivano realizzatiutilizzando gli stessi materialidei suoi assemblage: pelliccia, ri-tagli di stampe religiose, posate,bambole di plastica e piccoli so-prammobili. Veri e propri ogget-ti di scena, gli stendardi hasiora-

ni – a volte bruciati in occasionedi alcuni happening – sarannopoi anche utilizzati dall’artistaper organizzare nel 1973 una pro-cessione a Lacko, con l’aiuto del-la comunità locale.

Attraverso i suoi collage tridi-mensionali, Hasior ha sempre ri-vendicato l’intimità dell’esperien-za religiosa. La sua iconoclastia è

testimoniata dal fatto che l’artistanon abbia mai potuto contare suuna committenza ecclesiastica.L’artista ha saputo coniugare inmodo unico kitsch e ungeheuer,cannibalizando l’estetica del bibe-lot da salotto, che viene accostatoin modo indedito al sacro.

La sua iconosfera è popolata dafigurine di Cristo dal corpo tozzoin metallo, pezzi di pane, ninnoli,angeli «meccanici» dalle ali di ae-reo, schegge di vetro. Nell’assem-blage Zwiastowanie (1966), l’epi-sodio dell’annunciazione vienecommunicato attraverso un tele-fono incollato su tavola.

A volte, la figura di Cristo vie-ne messa in relazione con quel-la di Icaro che precipita dal cie-lo in picchiata come un bombar-diere. In modo diverso dalla be-stemmia, tavolta programmati-ca della generazione dell’«artecritica» negli anni Novanta,l’opera di Hasior sembra provo-care il sacer nel ventesimo seco-lo soltanto per interrogarlo.

DA RISCOPRIRE

Quel fuoco sacroche brucia Wladyslaw

Una grande mostra a Cracovia riscattal’artista dall’equivoco che lo volevasolo assoldato al regime. Dimenticato,minacciato in vita, il creatoredel monumento «Iron Organ»torna a stupire con oltre cento opere

IL RITRATTO DI HASIORÈ DEL FOTOGRAFO WOJCIECH PLEWINSKI

HASIOR