Alias de Il Manifesto (19.01.2013)

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MUSICA » ARTI » OZIO SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 19 GENNAIO 2013 ANNO 16 N. 3 S Q UISITAMENTE PAOLO POLI SUPER MARIO RATCHET & CLANK ROCK IN JAZZ BEATLES IN ITALIA I COMIC BOOK ANNI ’50 CINEMA E WEB MARIANGELA MELATO UGO GREGORETTI IN ARRIVO CON IL VENTO DEGLI AQUILONI L’ETERNO RAGAZZO CHE CI HA INSEGNATO IL GUSTO DELL’IRRIVERENZA BENEDUCATA SEMPRE UTILE A RISPONDERE PER LE RIME

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Alias supplemento del Manifesto 19 gennaio 2013

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MUSICA » ARTI » OZIO SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 19 GENNAIO 2013 ANNO 16 N. 3

SQUISITAMENTEPAOLO POLI

SUPER MARIO RATCHET & CLANK

ROCK IN JAZZ BEATLES IN ITALIA

I COMIC BOOK ANNI ’50 CINEMA E WEBMARIANGELA MELATO UGO GREGORETTI

IN ARRIVO CON IL VENTO DEGLI AQUILONIL’ETERNO RAGAZZO CHE CI HA INSEGNATOIL GUSTO DELL’IRRIVERENZA BENEDUCATA

SEMPRE UTILE A RISPONDERE PER LE RIME

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IN SCENA

PAOLO POLIdi CECILIA ERMINIMILANO

●●●Vispa Teresa infaticabile delteatro italiano, Paolo Poli svolazzadietro le quinte dell'Elfo Puccini diMilano con bambinescanoncuranza dei suoi 84 anni,mostrando bauli colmi di parruccheimpomatate, sottane da gran dama,copricapi piumati «opera dellastraordinaria costumista SantuzzaCalì» mentre, poco più in là,volteggiano le intercambiabiliscenografie «compendio pittoriconovecentesco» del compiantoEmanuele Luzzati, scomparso nel2007 ma ancora presente comecompagno di scena (indispensabileil recente libro di Marina RomitiPaolo Poli e Lele Luzzati. Il

Novecento è il secolo nostro edito daMaschietto Editore che ripercorre,nello splendido dialogo fra l'autricee Poli, un sodalizio artistico durateoltre cinquant'anni). Il piccolomondo antico pascoliano èracchiuso qui, pronto per partirealla volta di Roma dove, al teatroEliseo (fino al 3 febbraio), Poli stapresentando il suo ultimospettacolo: Aquiloni, pastiche dipiroette, canzoncine fasciste epoesie di Giovanni Pascoli rivedutee un filo scorrette. Aboliti i coloripatetici della produzione poetica«La cavallina storna? Che orrore! Per

carità...Con Laura Betti si faceva laparodia alla radio, che nitriti!», Poli ei suoi quattro irresistibili, bravissimiboys (Fabrizio Casagrande, DanieleCorsetti, Alberto Gamberini,Giovanni Siniscalco) sgambettanoleziosi per circa due ore,mescolando variopinti siparietticanori della Belle Époque,travestimenti ornitologici degni diPapageno e le note diGuantanamera, come novelli JosèCarioca, a poetici recitativi in giaccae papillon capaci di restituire unPascoli rimatore (finalmente)lontano dagli stereotipi scolasticidelle sudate rime imparate amemoria. Nell’ingannevole sobrietàspartana del suo camerino

milanese, il fanciullino di Firenze èun impetuoso fiume in piena dianeddoti e di madeleine, acominciare dalle memorie intrise diricordi tosco-emiliani fino allerimembranze cinematografichedavanti alla macchina da presa,colpevole, ma non a suo dire, diaverlo sfruttato poco e male.

●Che cosa l'affascinamaggiormente della poeticapascoliana?È il primo poeta che ho conosciutoda bambino, quando a scuola cifacevano leggere e imparare amemoria i noiosi Poemi Convivialiperché sai, all'epoca sembravanopiù culturali - il povero Pasolini feceaddirittura la tesi di laurea. Con lavecchiaia ho riscoperto il Pascolidelle sperimentazioni, della poesiacosmica, delle onomatopee, il poetacapace di dar voce agli animali - ilchiu dell'assiuolo - il suoplurilinguismo: era nato a SanMauro di Romagna ma moltopresto s'impadronì del dialetto dellaLucchesia, scrivendo «i diti» invecedelle dita. Senza dimenticare ilPascoli proto futurista, straordinarioinventore di onomatopee, moltoprima dell'elogio deibombardamenti di TommasoMarinetti con il suo Zang TumbTumb e del cloffete, cloppete,

clocchete, la fontana malata del mioamato Palazzeschi. Interessanteanche il suo personalissimo cultoagreste, anticipatore delleesaltazione mussoliniane. Così nelmio spettacolo ho preso un po' diMyricae, qualche cosa dei Canti diCastelvecchio e un po’ dei Poemettima non ho preso in considerazionela sua storia personale anche perchéla disgrazia del Pascoli è stata che gliè sopravvissuta la sorella Mariù, unasciocchina sentimentale che scrisseuna biografia del fratello piena dimalcelata gelosia e morbosianeddoti, dormivano in stanzediverse ma avevano le testate deilettini appoggiate al muro che lidivideva, copiando le atmosfere diMarcel Proust che è un narratoresenza dubbio più dotato della MariùPascoli.

●A proposito di ricordi, qualifurono le sue prime infatuazioniartistiche?Il cinematografo senza dubbio: delcinema ho vissuto un'epoca cosìbella, così ricca e irripetibile cheadesso è difficile trovare qualcosache incontri il mio gusto ancheperché quando io ero giovane, nellaseconda metà del secolo passato,c'erano i film di Rossellini, Visconti,Emmer. Erano tutti bravi perchévenivano dal documentario, non acaso il primo film di Roberto Lanave bianca racconta le gesta degliuomini della Marina Militare, eanche in Viaggio in Italia, con lameravigliosa Ingrid, c'è unlunghissimo e meraviglioso pezzosulla mattanza dei tonni.

●Che film guardava durante lasua infanzia?Da bambino vedevo i film diAlessandro Blasetti con cui ho poi

lavorato, molti anni dopo, nel 1979per I racconti di fantascienzatelevisivi. Era una personameravigliosa, un convinto fascistama girava i film in russo, splendidefiabe come La corona di ferro. Nonc'interessava la significanza, quelloche volevamo era vedere il cattivonemongolo con le falci, MassimoGirotti mezzo nudo sugli albericome Tarzan, Elisa Cegani, «amica»storica di Blasetti, che faceva laprincipessa malata nel lettoricoperta di mille veli. Blasettipoteva fare tutto, anche girare unascena all'Arena di Verona, che inrealtà doveva sembrare il Colosseo,con le vergini cristiane a seno nudoperché Mussolini gli lasciava faretutto quello che voleva e poi sivedevano che risultati!

●E i primi incontri artistici?Clara Calamai, prima ancora chediventasse famosa, perché era lafiglia del capostazione di Prato. Miamadre era una maestramontessoriana e da Firenze tutti igiorni prendeva il treno per andarea Prato, portandomi a volte con sé.Ricordo questa stazioncina conl'aiuola di fiori che cambiava la dataogni giorno, opera del padre diClara che abitava con la famiglia alpiano di sopra. Una mattina alzai gliocchi, avevo sei o sette anni, e lavidi, quindicenne e bellissima edopo una delusione d'amore andò aRoma, dove sul tram incontrò GinoSensani, grandissimo costumistache la portò a Cinecittà.

●Quali donne della mitologiahollywoodiana l'hanno piùinfluenzata?Greta Garbo fu la prima: eraun'attrice capace di assorbirecompletamente i personaggi, come

La riscopertadel Pascoliprotofuturista,l’ammirazioneper Blasetti,l’incontro,lui bambino,con Clara Calamai,la tv degli sketch

Paolo Poli nello spettacolo «Sillabari»,da Goffredo Parise, 2008.

Nelle due foto grandi a destra, in«Aquiloni» e in piccolo due immagini

dell’attore ne «Il Mare» da Anna MariaOrtese, 2010

TEATROLA STAR SI RACCONTA

L’irripetibilegusto di esserePaolo Poli

MATTATORI

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la mia amata Marlene Dietrich, siache facesse la puttana come ne Lasignora delle camelie o unaprincipessa ma anche quandointerpretava Anna Karenina,un'altra porcellona. Era una donnasempre attenta a quello che faceva,basti ricordare che fu lei a portarePirandello al cinema, una scopertache ho fatto leggendo lacorrispondenza fra Luigi Pirandelloe Marta Abba, una grande attriceche nessuno ricorda più ma che hoavuto la fortuna di ammirare ateatro proprio in Come tu mi vuoi.Nel film la Garbo erasemplicemente magnifica, con deivestiti meravigliosi fatti da Adrian,quelli con una manica sì e una no,un orecchino sì e un no.

●A proposito di abiti di scena, leiè accreditato come attore ecostumista nell'esordio alla regiadi Franco Zeffirelli «Camping».Sì, facevo i costumi perché nonc'erano soldi e anche una piccolacomparsata nella scena dove MarisaAllasio entra in Chiesa. La mia parteera quella del prete e feci un piccolotondo di cerotti da mettermi in testaper darmi un'aria di santità, anchese dovevo pronunciare solo unapiccola battuta. Giravamo in unpaesino di nome Poli, vicino aRoma e mi alzavo alle quattro delmattino in una tenda rimediataoppure nella saletta dietro l'osteriaper preparare i vestiti di Marisa edelle comparse. Tutto il film eragirato in esterni, in condizionidifficili però tutti lavoravamo, anchese malamente e a volte senzaprendere la paga, figuriamoci icontributi. Ci davano dei foglietticon scritto «versamento in corso»,«corso Garibaldi!» dicevo io sicchéio e Laura Betti avevamo dellepensioni bruttissime, per questosono costretto a lavorare ancora. Mai film erano piccole cose, ho fatto unfilm mediocre come Le due orfanellema l'operatore era Anchise Brizzi,quello che l'anno prima aveva fattoOtello con Orson Welles e le treDesdemone. Su suo consiglio andaiin Marocco a visitare la fortezzaspagnola dove avevano giratoalcune scene e la cisterna doveOrson ambientò i sotterranei delcastello e la scena del bagno turco.La povera Maria de Matteis,eccellente costumista, era disperatadurante le riprese perché nonc'erano i soldi per sdoganare gliabiti e così girarono tutti inmutande. Che bellezza!

●Un'altra nota curiosa della sua

filmografia è la partecipazione auno dei primissimi film di RobertoFaenza, «H2S», girato nel 1969 masubito sequestrato per poiricomparire due anni dopo.Era un film bizzarro, una sorta diimitazione dei film inglesi sullescuole pubbliche dove i bambini aletto sognano la professoressa nuda,e io interpretavo una maleficacentenaria. Faenza l'ho rivisto direcente perché quel diavolo di mionipote Andrea, figlio di Lucia, hacomposto delle colonne sonore per isuoi ultimi film.

●Nel suo ultimo film invece, «Lebraghe del padrone» di FlavioMogherini, il suo ruolo erainizialmente destinato a FredAstaire...Era il 1978, mi ero strappato lecorde vocali e non potevo fare lemie tournée teatrali. Così la miaamica Milena Vukotic mi chiamòall'ultimo momento perché FredAstaire era da poco finito sulla sediaa rotelle. Insomma mi presero perripiego anche perché costavo moltomeno. Poi non ho più fatto film mafrequentavo comunque, insieme aLaura Betti, tutto il mondo delcinema romano, all'epoca ci simescolava tutti e si lavorava anchein radio e in tv.

●Tornando al teatro, fu difficileemergere nell'intricatissima scenateatrale italiana degli anni 50-60?

Non particolarmente, mi sonosempre difeso con la scelta delrepertorio e non facevo concorrenzaagli altri che mi lasciavanosopravvivere perché il mio interesseartistico era o per una cosinacuriosa del '700 francese o per la«sotto-letteratura» come CarolinaInvernizio. Nessuno poi faceva benele canzonette come le facevo io: lemie prime apparizioni televisivefurono infatti nell'operetta e neglisketch. Ne ricordo con piacere unocon Sandra Mondaini, già pronta asposare Vianello e infatti nel finaledel nostro sketch diceva «Cattivobambino, non voglio più giocarecon te! Raimondinoooo». Che bravache era, carina, le ho voluto tantobene però non potevo frequentarladopo il matrimonio, lui aveva unafamiglia molto signorile,borghesuccia ed in più lo trovavoinsopportabile, invidioso, vivevanella perenne gelosia di UgoTognazzi.

●Perché il cinema è stata unasemplice meteora nella suacarriera? Non ha nessunrimpianto a proposito?Il mio lavoro è dal vivo, in mezzoalle persone, non esiste gioia piùgrande per me. Osservo la genteall'inizio dei miei spettacoli e a voltenoto qualche volto stanco oincupito per una faticosa giornatalavorativa ma a poco a poco nasce ilsorriso e la gioia grazie a una miabattuta o a una mia canzone e nonc'è denaro che mi ripaghi di unacosa così. Da giovane facevo ilcinema come si facevano lemarchette, per soldi, e ho fatto

anche tantissimi fotoromanzi: unavolta ero a casa di Zeffirelli e Franconon c'era, impegnato in Americaper delle regie di opera lirica, cosìpresi tutte le sue giacche e i suoicompleti perché mi facevano faresempre il figlio dei ricchi insiemeLaura Tavanti, la moglie di PaoloFerrari. Rimpianti? Nessuno, ilcinema è bello farlo se sei un registapoiché l'attore non conta: in Tornaa casa Lassie era più bravo il cane diLiz Taylor, persino il cavallo di Gran

premio era più espressivo dellaTaylor e di Mickey Rooney. Horifiutato un ruolo in 8 e ½ del mioamico Federico Fellini e pure nelPinocchio di Carmelo Bene: mi offrìla parte di Lucignolo ma avevo imiei impegni teatrali. Anni dopo hofatto con Marco Messeri unPinocchio per la Rai ma io ero laFata Turchina e Benigni, se era piùintelligente, pigliava me come Fata!

GERENZA

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In copertina un ritrattodi Paolo Poli

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LA RINASCITA DEI COMICS DI DIKTO, HARVEY KURTZMAN E WALLACE WOOD

di GIAN DOMENICO IACHINI

●●●La straordinaria vitalità delfumetto americano del secondodopoguerra continua a rimaneresotto i riflettori grazie ad editoriormai storicamente impegnati inuna sistematica, professionalequanto lodevole opera di restauro eraccolta in veri e propri volumid’archivio. Oltre a pubblicare datempo il meglio dell’undergroundvecchio e nuovo, la FantagraphicsBooks di Seattle vanta un catalogo inincredibile espansione che accantoalle ristampe integrali dei grandiclassici della comic strip deiquotidiani, da Krazy Kat a Pogo o aiPeanuts, riporta puntualmente allaluce oscuri tesori di autori poipassati alla storia del comic book.Dei mesi scorsi è l’uscita dell’ultimovolume dedicato ai primi anninell’industria del celebre SteveDitko, futuro creatore diSpider-Man, mentre ancora piùrecente è la pubblicazione di WeirdHorrors & Daring Adventures, cheraccoglie i lavori, anch’essi mairistampati prima d’ora, di un altromostro sacro del settore come JoeKubert. Dalle diverse storiedell’orrore, di crimine o difantascienza realizzate da Kubert neldopoguerra, ben prima chedisegnasse le avventure per la DCcomics che lo avrebbero resofamoso, sono state selezionatealcune decine dei titoli piùemozionanti, anteriori al famigeratocodice di autocensura divenutooperativo alla fine del 1954. AncheDitko aveva iniziato in tutta libertàcon scene di sangue, corpi fatti apezzi e orrori da brivido, per le suemacabre storie raccolte nel primovolume della serie a lui dedicata epresto andato esaurito. ConUnexplored Worlds e MysteriousTraveler, il secondo e il terzo volumearrivato da poco in libreria, si è giàpassati alla seconda metà deldecennio, quando nonostante lastretta censoria del Comics Code, lasuspense di Ditko e le sue brevimorality play dal colpo di scenafinale anticipavano di qualche annola formula della serie televisiva cheavrebbe incantato il paese: TheTwilight Zone, il nostro Ai confinidella realtà.

L’età d’oroNei primi anni cinquanta, inAmerica il mondo del comic bookviveva un momento di splendoreirripetibile, sia commercialmente,con centinaia di collane di ogni tipoche affollavano le rivendite conmilioni di copie di economici albettida dieci centesimi, siaartisticamente, con una produzionein molti casi sempre più matura eche vedeva all’opera numerosigrandi talenti ancora giovani.Secondo le cupe previsioni di nonpochi intellettuali degli oppostischieramenti di allora,l’onnipresente cultura di massaminacciava di asservire facilmentegli adolescenti americani ai proprivoleri consumistici, con lo scontatoe preoccupante risultato di unagenerazione più apatica che mai,almeno politicamente. Timori divario tipo avrebbero finito peralimentare un’isterica crociata del

mondo adulto contro la cultura dimassa consumata avidamente daipiù piccoli, facendo del popolarealbo a fumetti un capro espiatorioperfetto, il simbolo di una pericolosainfluenza sugli adolescenti per la suaviolenza esasperata, quanto di unavera e propria degenerazioneculturale.

Tuttavia, non soltanto lagenerazione cresciuta in quegli annisarà a breve una tra le più ribellinella storia del paese, ma tra queglistessi fumetti dati pubblicamentealle fiamme c’erano titoli che alcontrario saranno una fonteimportante per una prima presa dicoscienza critica da parte deiragazzi, come nel caso delle collanedella Entertaining Comics, al tempo

piccola casa editrice di Manhattan,che si riveleranno presto le piùinnovative e di qualità nell’ambitodella storia dell’orrore, di suspense,di guerra, di fantascienza e infinedella satira. Tra le principali vittimedel Comics Code, la EntertainingComics era però destinata ad entrarenella leggenda per la suamemorabile produzione, oggetto diperiodiche ristampe integrali nelcorso dei decenni che hannocontinuato a conquistare piùgenerazioni di lettori. Proprio allacosiddetta EC la Fantagraphics hadedicato in passato svariati libri,antologie e approfondimenti di ognitipo, e ora torna in libreria con unalunga serie di preziosi volumi che siconcentrano sul lavoro dei singoliartisti della sua storica scuderia inspecial modo ricca di talenti unici.

In mezzo alla guerraEntrambi di circa 200 pagine, i primidue tomi che inaugurano la nuovaBiblioteca EC partono dai capolavorilasciati da maestri del calibro diHarvey Kurtzman e Wallace Wood.Corpse On the Imjin! ristampa tuttele storie di guerra che Kurtzman hascritto nella sua carriera, sia per ilsuo inconfondibile disegno che perquello dei notevoli artisti con cuicollaborava per le collane«Two-Fisted Tales» e «FrontlineCombat» che dirigeva. Came theDawn invece raccoglie tutte le 26storie brevi disegnate da Wood perle mitiche collane dell’orrore e disuspense pubblicate dalla EC tra il1950 e il 1954. Introdotte eaccompagnate da saggi, foto e profilibiografici, le due raccolteriproducono il solo disegno inbianco e nero, prima che la coloristaMarie Severin desse il suo toccodistintivo a tutti gli albi della EC.

Uno dei giganti del fumettoamericano, Wallace Wood secondoalcuni storici è stato il migliorinchiostratore di tutti i tempi. Conuna carriera nel settore iniziatacome letterista, Wood sembravadestinato sin da piccolo al mondodell’arte, quando all’età di sei annisognò di possedere una matitamagica che poteva disegnarequalsiasi cosa. I diversi anni passatialla EC, quando ancora poco più cheventenne, brillano come uno deiperiodi più notevoli di una prolificae variegata carriera. Oltre ad essereuno dei talenti delle collanedell’orrore e di fantascienza, il suolavoro alla EC si caratterizza percome rappresentava l’Americacontemporanea degli annicinquanta. Era speciale neldisegnare quelle che alla ECchiamavano preachy stories, ingenere scritte da Al Feldstein e cheuscivano una su ogni numero dellanuova collana «ShockSunspenStories», che ad eccezionedi un paio furono disegnate tutte daWood. Una vera novità nell’ambitodel fumetto di allora: storiedell’America suburbana conpersonaggi ben definiti e credibili,ambientazioni elaborate piene didettagli, realismo, un tocco satirico euna spettacolare inventiva grafica.

The Guilty narra delle disavventuredi un uomo di colore innocente masospettato di omicidio che vieneucciso a sangue freddo dal localesceriffo prima del processo, dalquale rischiava di essere assolto.John Smith è invece il protagonistadi Hate!, che dopo aver perseguitatouna famiglia di ebrei per costringerlia lasciare il vicinato scopre di esserestato adottato ed essere lui stessoebreo, finendo ammazzato di bottedai suoi ex amici. In The Whipping èpresa di mira una famiglia dicattolici messicani nei rispettabilisobborghi dove si era appenatrasferita. Un uomo di mezza etàconvince il resto degli abitanti atentare di mandarli via, soprattuttodopo aver scoperto che la figliasembra innamorata di uno deiragazzi della famiglia. Nascosti sottotuniche e cappucci come quelli delKu Klux Klan, una notte entrano

nella casa per rapire il giovanemessicano. Avvolgendolo in ungrosso sacco, lo portano fuori e glidanno una lezione a suon difrustate. Alla fine però si scopre chenel sacco c’era la figlia, che si trovavanella casa dell’amante aspettandoneil ritorno, e che il padre l’avevauccisa.

Incubi a stelle e strisceNon è facile immaginare la reazionea storielle di questo tiponell’America del 1952, quandoargomenti del genere non potevanocerto passare negli spettacoli dellaradio o della televisione di allora, eprobabilmente nemmeno in un filmcommerciale. Con un disegno densodi dettagli, Wood era insuperabilenel realismo con cui dava vita abrutti ceffi minacciosi, inquietantiscenari urbani o la cupa atmosferadell’America della piccola provincia.Oggi è ricordato in primo luogo per isuoi fumetti di fantascienza e per ilsuo umorismo e la sua satira, masono le storie raccolte in Came theDawn, osserva nel saggiointroduttivo Bill Mason, arappresentare il crogiolo nel quale si

sono forgiate l’abilità del maestrodella narrativa per immagini e delloscrutatore della vita americana dellametà del ventesimo secolo.

Quando Kurtzman era arrivatoagli uffici della EC, pensava dicercare lavoro alla EducationalComics, la casa editrice di fumettiche William Gaines aveva da pocoereditato dal padre e che assieme adAl Feldstein stava iniziando atrasformare nelle note collanedell’orrore e di fantascienza del NewTrend. Brevi storie di suspense dalfinale a sorpresa popolate davampiri, lupi mannari e cadaveri chetornavano in vita per vendicarsi deitorti subiti, non era esattamentequello che Kurtzman aveva in mentedi fare e subito propose una nuovacollana devota all’avventura.Two-Fisted Tales uscì nell’autunnodel 1950, ma nel giro di pochi mesi,diventando chiaro che l’interventodelle Nazioni Unite in Corea siapprestava al conflitto vero e proprioe cresceva l’interesse pubblico, lacollana si riempiva di storie di guerrae veniva affiancata dalla nuovatestata Frontline Combat.

Da Napoleone alla CoreaLe storie di guerra a fumetti nonerano certo nuove, ma in genereerano banale propaganda a sostegnodei soldati americani che facilmentespazzavano via un nemico pressochéprivo di umanità; marines ritrattiinequivocabilmente nel giusto eimmancabilmente protagonisti diimprese eroiche. Si rendeva gloriaall’azione della battaglia in modo dafar apparire patriottici massacri,spargimenti di sangue e morte. Tuttociò per Kurtzman era una grossamenzogna che andava cancellata.«Fu questa crociata - scrive lo storicoR. C. Harvey nell’introduzione diCorpse on the Imjin! - che ispirò lapassione di Kurtzman per la ricerca.Solo la verità può sradicare il falso, eper raccontare la verità, uno habisogno di studiare la storia e lenotizie in modo da portare alla luce ifatti ed essere capace di ritrarli inmaniera corretta». Kurtzman erarimasto impressionato dal modo diraccontare di Charles Biro neifumetti di Crime Does Not Pay,pubblicati con gran successo sindalla seconda metà degli anniquaranta, nonostante continuasse ascatenare critiche violente. Storiebasate su fatti reali e presentate nellostile credibile di un documentario,un approccio al fumetto del tempodecisamente originale. Era ciò di cuiaveva bisogno per le sue avventure diguerra ed era consapevole che igiovani lettori non avrebbero piùpotuto sopportare il falso fascinodella guerra una volta a conoscenzadella truce realtà del campo dibattaglia.

Le storie di guerra di Kurtzman

Il fumetto Usadel secondodopoguerra tornaa una stagionefelice graziea molti editoriche raccolgonoe ristampanoi grandi classici

A sinistra, illustrazioni di Dikto e al centro«Came the Dawn», copertina e storiedisegnate da Wallace Wood.Sotto, Wallace Wood

L’Americaanni 50 è tuttain una strip

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non erano contro la guerra, precisaancora Harvey nell’introduzione.«Nell’eliminare ogni fascino allaguerra, non era contrarioall’impegno in Corea. Le sue storiericonoscevano la spiacevolenecessità della battaglia, non solo inCorea ma in tutte le guerre. Unanecessità, che Kurtzman bilanciavaammettendo la sua totale inutilità. Ilsuo risultato eccezionale stava neltrovare l’equilibrio. Ma in quei giorni- sulla scia del superpatriottismodella guerra mondiale appenaconclusa, durante un’altra guerranella quale anche i veterani delprecedente conflitto stavanocombattendo e morendo – il fatto dipubblicare visioni equilibrate di queltipo era fuori dal comune, senza

precedenti. Mentre le storie diKurtzman riconoscevano i motividelle guerre e l’inevitabilità di esserecombattute, lui drammatizzava laperdita, il dissoluto spreco di viteumane che caratterizzava la guerraovunque e in ogni epoca».

Per molti dei suoi scritti Kurtzmansi rivolgeva alla storia, riportandol’attenzione su oscuri individuiordinari piuttosto che sui classici eroidel passato, dalle guerre indiane allaGuerra Civile fino a quelle mondiali,da Napoleone alla Corea. Nel daresoddisfazione al suo intensointeresse per l’autenticità, era capacedi passare giorni se non settimane afare ricerche, scovando particolaridei fatti e utili aiuti iconografici.Kurtzman bilanciava anche testo edimmagine in maniera unica. Leparole di solito andavano avanti conun tono uniforme e impassibile,mentre le immagini esplodevano nelvivo dell’azione. Oltre che per lamaniacale documentazione,Kurtzman era noto per i dettagliatischizzi preparatori delle singolepagine che forniva ai disegnatorifinali, da George Evans a John

Severin, Reed Crandal, Jack Davis oallo stesso Joe Kubert. Tavole in cuisintetizzava tutta la sua singolarecapacità grafica e un’intensitànarrativa rara, frutto della profondaconoscenza e padronanza tecnica delmedium. Il suo stile era distintivotanto quanto il suo modo diraccontare. Nonostante non avessecerto problemi a disegnarerealisticamente, Kurtzman scelsesempre più di rendere le sue storie inmaniera astratta e telegrafica, con untratto dall’insolita semplicità eprecisione con cui dare vita a unracconto realistico. Figure che si

materializzavano esagerate e distorte,come manifestazioni fisiche di undramma, più che di una percezionedella realtà. Sintetizzando glielementi narrativi essenziali, la realtàdelle sue storie risultava dura ecruda, senza compromessi.

Tra inventiva e ironiaOltre all’originale inventiva con

cui animava le pagine a fumetti,Kurtzman creava numerosecopertine altrettanto impeccabilinella scelta del soggetto enell’esecuzione. Una specialesezione del volume Fantagraphics leripropone tutte nei colori originali,accompagnate da un lungocommento scritto di Frank Stack,uno dei primissimi e più importanticartoonist dell’underground deisuccessivi anni sessanta, cheassieme a non pochi altri della suagenerazione ne aveva subito ilfascino sin da piccolo. L’inutiletragedia umana della guerra dava ilbenvenuto ai lettori in copertinedalla sorprendente forza visiva,sostituendo il tradizionale eroismobellico di fantasia del settore con ilterrore di chi la guerra la vivevadavvero in prima linea. Kurtzmanera attento a quello che accadeva inCorea e le copertine neriprendevano l’ostico andamentocon tempismo giornalistico,amarezza e sottile ironia. Mal’influenza più grande e duratura diKurtzman sulla cultura americananon dipenderà tanto dall’averrealizzato i migliori fumetti diguerra mai pubblicati nella storiamondiale del medium o dall’avercontribuito enormemente a rendereil fumetto uno strumento espressivoparagonabile al cinema o allaletteratura, quanto piuttostodall’essere il genio responsabiledella nascita di Mad, la rivistapubblicata sempre dalla EC apartire dall’autunno del 1952, chediventerà il veicolo di maggiorsuccesso per la satira nell’interastoria editoriale del paese.

PAOLO BUONVINOPER ALBANESE

ENNIO & COLe musiche delle commedia in Italia

sono state innovative e spessomemorabili. La prima vera colonna sonorajazz, è stata realizzata da Piero Umiliani nel1958, per I soliti ignoti di Mario Monicelli.La splendida voce sensuale di EddaDell’Orso ha accompagnato numerosecolonne sonore di commedie all’italianadegli anni sessanta, specialemente quellecomposte da Armando Trovajoli ( VedoNudo di Dino Risi nel 1969), EnnioMorricone (Metti una sera a cena diGiuseppe Patroni Griffi nel 1969) o PieroPiccioni (Ti ho sposato per allegria diLuciano Salce nel 1967). Ha caratterizzatoun periodo in modo particolare, rendoloimmediatamente riconoscibile dopol’ascolto di poche note. Negli ultimi anni, aparte qualche eccezione (le splendidemusiche di Carlo Crivelli per Il 7 e l’8 diFicarra ,Picone e Giambattista Avellino adesempio), le colonne sonore dellecommedie in Italia sono state raramenteindimenticabili. Tutto tutto niente nientedi Giulio Manfredonia, con AntonioAlbanese, ha delle musiche composte,orchestrate e dirette da Paolo Buonvino,di una richezza musicale sorprendente peril genere. Ne parliamo con il compositoresiciliano:

«Non è sempre possibile cambiare edinnovare. A me piace spiazzare nei diversicampi musicali, giocare con i colorimusicali più vari. Mi diverto a passare dallecolonne sonore alla musica pop,realizzando degli arranggiamenti perJovanotti (Ora), Fiorella Mannoia ( Sud), iNagramaro (Senza fiato) o altri. Aspettavouna commedia che si prestasse a questo,che mi avrebbe permesso di cambiarelinguaggio, di innovare. Quando è arrivatoTutto tutto niente niente, ho capito cheera il film giusto. C’erano tanti mondimusicali di riferimenti, che mi venivanosuggeriti dal film stesso. Ho utilizzatotantissimo la musica elettronica, ma anchedei cori Godspel, dei ritmi reggae, ci sonodei riferimenti ai Pink Floyd, oltre cheun'orchestra di fiati e di archi (l’OrchestraRoma sinfonietta).

In alcuni brani si pensa alla musica per ilcinema degli anni ’60, a compositori comeUmiliani...

«Non riesco ad avere dei referimentiprecisi., più che altro sono dellesuggestioni. E’ ovvio che mi sono ispiratoanche alla commedia all’italiana delpassato, ma senza pensare ad una colonnasonora in particolare».

Ci sono molte collaborazioni esterne.....

«Il mio primo collaboratore è stataquella parte di me che ama molto lamusica elettronica e che non sollecitoabitualmente. Ho coinvolto alcunicollaboratori di Jovanotti: Christian Riganoe i suoi sintetizzatori e le chitarre diRiccardo Onori. Ci sono poi il fonico PinoPischetola e il suo Pinaxa Studio (doveabbiamo missato le musiche), che è unodei più importanti in Italia per la musicapop e rock. E’ utilizzato da Franco Battiatoe da Tiziano Ferro per intenderci. Mi hapermesso di ottenere un tipo di suonospecifico, che non proviene solo dallacomposizione e dalla registrazione, maanche dal mix. C’è poi il sax PasqualeLaino».

Crimine, horrore fantascienza.Ma anchebattaglie, corpifatti a pezzie sangue. Finoalla censura chevedeva negli albiun capro espiatorio

In questa pagina, i comic bookillustrati da Harvey Kurtzman

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(6) ALIAS19 GENNAIO 2013

Un viaggio alla scoperta dei sempre piùnumerosi siti web che si ocupano di cinema,dallo storico Internet Movie Data Base finoa Metacritic, Rotten Tomatoes, Mubi, Box Office...

di CLELIA VERDE

●●●Ormai è storia. Il web, ildigitale, i social network, hannosegnato irreversibilmentel’evoluzione del cinema, nel«corpo» stesso del testo, nei modidi produzione, distribuzione eproiezione delle opere, nella stessaricezione. Parlare, fare, discutere dicinema da qualche anno non è piùla stessa cosa e vengono dicontinuo ridefinite professioni,forme espressive, modalità dicomunicazione delle pellicole. Sipuò inoltre ormai accedere a unpatrimonio filmico e bibliograficoimmenso, «pressoché completo».Ma cosa vedere, come muoverci,di chi fidarsi?

Avventuriamoci nel web pertracciare una cartina geografica deipiaceri schermici partendo dalkolossal dei siti web sul cinema:the Internet Movie Database,Imdb per gli amici. Il suo grandepunto di forza è la tradizione:esiste da 23 anni, e cioè da primadella diffusione del World WideWeb in senso stretto; in principiofu «rec.arts.movies», gruppo diutenti sulla proto-bachecaelettronica Usenet, roba dasmanettoni dei primi anniNovanta; tutto merito di ColNeedham, ingegnere informaticoinglese, che nel tempo liberolasciatogli dalla Hewlett-Packardmise assieme questo bulletinboard e successivamente lo adattòal nascente, e molto più flessibile,formato del www attirandol'attenzione di tutti gli amanti delcinema che si affacciavano via viaa Internet (Imdb, ormai qualcosacome un patrimonio dell'umanitàdigitale, è stato acquisito daAmazon nel 1998, ma purdisseminato di pubblicità è

riuscito a preservare – e sfruttare -lo spirito collettivo di un tempo).

Se da una parte Imdb è la piùcompleta e strutturataenciclopedia del cinema, dall’altraè una macchina collettiva chestabilisce in modo inusuale legerarchie, non senzacontestazioni. C’è chi, per dirlacon Billy Wilder, ritiene che ilsingolo spettatore possa ancheessere uno stupido mentreun’intera platea è sempre genio; lacritica cinematografica sarebbeallora una scienza esatta e cisarebbe un solo metodo infallibileper capire a priori se un film è omeno una perdita di tempo:controllare lo user rating, la mediaponderata dei voti (da uno a dieci)assegnata dagli utenti registrati aImdb. Se la media è inferiore a 6, ilfilm sarà effettivamente scarso, seinferiore a 5 un insultoall'intelligenza dello spettatore, sesuperiore a 7 è da vedere di sicuro.È quasi l'equivalente cinefilo delBig Mac Index escogitatodall'Economist per misurare ilpotere d'acquisto in un dato paese:misura la qualità di un filmattraverso centinaia di migliaia divalutazioni, individuali sì ma tutterilasciate da individui competenti,interessati al mondo del cinema eestroversi abbastanza da superarela barriera d’ingresso della linguainglese (c'è pure la versioneitaliana, ma è assai meno ricca) eda registrarsi sul sito (non è che civoglia poi molto, basta il nomeutente e una mail valida).

In quest’ottica Imdb è più di unsito di riferimento: dà forma allo«hive mind» del cinefilo collettivo,coprendo tutto lo spettro che vadagli addetti ai lavori dell'Oscar aigeek del download abusivo dioscuri sci-fi taiwanesi degli anni

Ottanta. C’è però chi, tenendo benpresente la differenza tra unaplatea reale e una virtuale, nonritiene che la statistica del gustoespressa da Imdb sia unavalutazione critica seria nél’equivalente di una analisi critica«scientificamente» fondata,soprattutto per quei film visti dapochi utenti e valutati pertanto daun campione inconsistente.Peraltro la carenza d’informazioni,materiali di archivio e critici dialcune opere (medio orientali eafricane, per esempio) è endemica:il sito è frutto dell’incontro diarchivi angloamericani e tende atenere in secondo piano troppeopere extra-occidentali, oindipendenti anche occidentali(una media di 8,2 a lo Hobbit afronte di un magro 7,2 a Travoltida un insolito destino) e privegiareciò che è moderno e «alla moda»rispetto a ciò che è antico e di più

ardua contestalizzazione (quellavalutazione «3» al Lincoln diGriffith del 1930 è un po’inquietante, così come lasottovalutazione dei film diretti eprodotti da Roger Corman o daRobert Aldrich).

Alla grande diffusione deldigitale della seconda metà deglianni Novanta è legata anche lafortuna di altri siti che rimangonofrequentatissimi dagli impallinatidi pellicole. Rotten Tomatoes èormai il riferimento di chi ama untocco d'irriverenza (i film vengonovalutati collettivamente su unascala che va da «verdura fresca» a«pomodori marci»), e la suatrasgressività fa un po’ riflettere dalmomento che utilizza gli stessistrumenti e le stesse metodologiecritiche che condanna. Ci sono poii blog come Ain't It Cool News perchi ama seguire una voceindividuale (Harry Knowles,padrino degli über-geekcinematografici; fu il primoblogger alla fine degli anniNovanta a rimediare inviti per leanteprime più ambite, e agenerare cult following per solennisole come Snakes on a Plane). Ocome Bizzarro Cinema, per restarein Italia, che raccoglie «tutto quelcinema che in un modo onell’altro (e quindi in termininarrativi, o stilistici, o produttivi, otecnici e via dicendo) esca al difuori della norma, rompa glischemi classici».

Gli infaticabili lettori dicinema-cinema trovano unasterminata biblioteca disceneggiature originali etrascrizioni su Drew'sScript-o-rama; per la pura esemplice visione di trailer è moltoben strutturata la pagina dedicatasul sito di iTunes della Apple(trailers.apple.com) ma si puòandare oltre il trailer su TrailersFrom Hell, il progetto del registaJoe Dante dove i registi piùestremisti e di tendenza diHollywood e off Hollywoodapplicano una sofisticata grigliacritica, non priva di humor, atrailer di film che la criticamainstream non vede e che lacritica stracult adora a voltesuperficialmente. Chi cercainformazione fresca chiara estrutturata secondo i modelliclassici del giornalismo, e vuolsapere tutto sulla Mecca delcinema infine, non sbaglia acliccare sull'Hollywood Reporter

che non a caso si avvale daqualche anno dell’ottimo staffcritico uscito dalla ex Bibbiadell’intrattenimento, Variety,quotidiano e settimanale semprepiù costretto dall’obbligoapologetico e dal controllopubblicitario.

E cosa e dove cercano in rete icritici della rete?

Per Gabriele Niola (apprezzatosu BadTaste e MyMovies) «il verocambiamento è arrivato daquando con internet ancheun'immagine presa da un set èuna notizia. Sono nati siti cheaggregano queste micronotizieriguardo i film e l'attesa per legrandi produzioni è totalmentecambiata». Un film sicommercializza lungo tutta la suagenesi, dalla notizia che lo script èapprovato fino all'ultimo trailerpubblicato. Piccoli elementivengono dati in pasto alla rete,dosati tra i siti di riferimento. Già:ma quali: per Niola i bookmarkimprescindibili sono Metacritic,Rotten Tomatoes, Mubi, Box OfficeMojo, il blog di kekkoz, ArtsBeatdel NyTimes, il blog di MatteoBittanti e Imdb.

Raffaele Meale, caporedattore diCineClandestino e già direttoreartistico del Roma3 Film Festival,mette invece al primo postoSentieri Selvaggi e RapportoConfidenziale e tra quelli stranieri

il francese Indipendencia e glianglofoni Art Tribune, HollywoodReporter, Senses of Cinema; per ilcinema giapponese di cui è unautorevole cultore segue spessoMidnight Eye. Il guaio, avverteMeale, è che «la proliferazione dicine-siti rischia di rendere il tuttomeno organico, più confusionario;e i social network rispecchiano talevelocità», anche se ormai «è quasiobbligatoria una lettura attenta deiprofili sui social network delleprincipali voci critiche italiane estraniere».

È in effetti è da navigare concautela questo mare magnum incui il cinefilo vuole magari andarea pescare informazioni, e in cuiviceversa finisce per abboccare aqualche esca promozionalebuttata lì ad arte. Ma anche deibocconcini succulenti: trai «movieleaks» più eclatanti, direcente, la sceneggiatura originaledi Django Unchained di QuentinTarantino, quasi più divertente delfilm. In generale, però, la rete delcinema pesca a strascico i suoispettatori, pasturando a suon diteaser trailer rumors gossip e cosìvia; tante merendine, poca vogliadi riflettere. Eppure, la novità piùprofonda sta qui: lo spettatore chesi ciba di questi bocconcini èormai spettatore di un film findalla fase embrionale, e ne èpartecipe già dalla preproduzione.

IL MEGLIO DEL WEB

CINEMA ONLINEIl cinefilo nel maremagnum della Rete

I siti spagnoli1.LaButaca.net – 2.Adictosalcine.com - 3.hoyCinema.com

Dalla carta stampata al web (Alias consiglia)http://www.jonathanrosenbaum.com/?cat=5, assieme a Bill Krohn uno dei critici della

‘vecchia guardia’ più lucidi e imprevedibiliCineaste Magazine (America's leading magazine on the art and politics of the cinema),

è il sito della rivista americana più politicizzatahttp://www.filmcomment.com/current-issue. È il sito della rivista più collegata alla

teoria ‘francese’http://www.bfi.org.uk/taxonomy/term/467 Sight & Sound magazine | British Film

Institute James. Il sito della rivista britannica più antica e influenteIl migliore sito universitaria è quello della rivista ‘anti-accademica’ The Velvet Light

Trap. Dall’Università di Austin, Texas viene anche edita una rivista di taglio più storicoanalitico che è Cinema Journal: http://www.utexas.edu/utpress/journals/jvlt.htmle http://www.utexas.edu/utpress/journals/jcj.html

Consigliamo anche: http://www.moviemags.com/index.phphttp://www.videowatchdog.com/home/home.html la rivista che con maggiore perizia

indaca i territori del cinema estremo e ‘estremamente strano’ mentre lo sguardofemminista drastico e consapevole è in http://cameraobscura.dukejournals.org/glcritici indipendenti attratti dall’horror: http://filmmakermagazine.com/l'horror http://www.fangoria.com/. Ovvio, per gli occupy di tutto il mondo Indiwire eriotfilm.

Al centro e in basso a sinistra scene da«Kaspar Hauser» di Manuli, a sinistra da«Holy Motors» di Leos Carax

IL WEB

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CRITICA CINEMATOGRAFICA & WEB

L'immaginazioneche sovrastala povertàdel capitale

«Si comincia prima e si va più afondo con le informazioni», chiosaNiola: e i social network? «Siinteragiva prima e si interagisceora, si facevano recensioniprofessionali e amatoriali prima(blog) e si fanno ora; la differenzafondamentale è che Facebook eTwitter hanno allargato eamplificato la partecipazionedell'audience». Come fosse statasubappaltata in «crowdsourcing»la costruzione dell'attesa di unfilm, quasi delegata a un pubblicoche però è capace talora diribellarsi, e di rovinare viceversal’attesa (anche per questo loHobbit di Jackson è così pococoraggioso: sa benissimo quelloche vogliono i severissimi fans edevita meticolosamente di sgarrare,finendo per somigliare a unremake della prima trilogiadell’anello). Nel migliore dei casi,quest’attesa collettiva viene dosatacon sapienza per stimolare almassimo quell’orgasmospettatoriale che è la «release date»del film: il lancio su 450 schermiin tutt’Italia, o (è il caso di un filmcome Skyfall, gestito con grandeabilità fin dalle campagnepubblicitarie coordinate) inmigliaia di schermi nel mondo. Lapartita-chiave si gioca qui, sulbuzz, sul successo di un lancio acui sono chiamati a contribuire glistessi spettatori; se al «rilascio»corrisponde poi un film davvero diqualità, il suo ciclo di vita puòallungarsi, con fattivi contributidella critica e del marketing,attraverso visioni ripetute,riedizioni e ritrasmissioni. Tutto ilresto - storia del cinema,revisione critica, merapreservazione dall’oblio - sisedimenta poi in fondo alla rete,per la gioia dei cinefili tendenzaGollum, con preferenze marcateper i tesori nascosti in film oscurie ignoti ai più.

di LUIGI ABIUSI

●●●È dalla scorsa primavera, cioèdalla sua prima apparizione aCannes, che circola in rete ilfenomeno di Holy Motors di LeosCarax, dispositivo di ri-produzionee modificazione delle immaginidialettiche (col loro immensobagaglio di senso) in uno spaziovirtuale, cioè in un'ipotesi di ampiavisibilità (cinematografica),interessata di volta in volta daimprovvise e angeliche concrezioniconcettuali, esperienziali, cheperaltro non mancano diinfluenzare, come ogni volta, lapratica del quotidiano, cioè la vitadi chi le vede. In questo senso losfaglio tra postmoderno erealismo, che ha occupato ildibattito culturale fino a tre oquattro mesi fa, si ridurrebbe aun'osmosi continua tra superficiedelle narrazioni e volume dellacontingenza, brutalmente sorda,perché uno poi, dopo aver cosìtanto letto di questa fulgidacometa nell'etere, e magari dopoaverlo visto, quest'Holy Motors (oquel che resta di lui dopo il

ripping, cioè uno pseudo-HolyMotors dall'orrenda definizione),in una delle tante copie pirataannidate in angoli di beat ad altaefficienza di input/output (l'idealesarebbe, sempre, se non la visionein sala «visto che questa roba quinon esce», il dvd preso dall'estero),magari va a vedersi l'ultimoSpielberg al cinema o l'ultimoAssayas con nuovaconsapevolezza, osservando luoghie cose (la serie simmetrica deisedili vellutati, le piastrelle deibagni, e poi la strada fuoriluccicante per la patina lasciata daquello che prima era solo unfastidioso piovasco), e persone(come fantasmi), sotto una nuovaluce, trasmettendola per giuntaanche al compagno/a di visione,avviato prima, mettiamo, al votoutile addirittura montiano, in balia,adesso, di uno spostamento, di unnomadismo a sinistra (non certoquella anodina di importazioneamericana), lì dove giace, anzigermina l'idea di inutilitàdell'essere, vale a dire di piena estraripante realizzazione dell'io,fuori della dimensione pecuniaria

e dentro la fibra dell’immaginedialettica, prosperante.

Ed ecco che la critica (leopinioni, le argomentazioni, lerecensioni, le re-visioni purall'insegna dei macropixel, reperitesul web) avrebbe assolto così a unamansione che chiameremmo dimilitanza, del restocorrispondendo perfettamente alpresupposto del film di Carax:l'immaginazione che sovrasta lapovertà del capitale.

Infatti non è casuale mastrettamente consequenziale chelo spazio virtuale caraxiano (mamolti altri sono i casi di diffusionedi tutta una letteratura telematicasu un cinema alieno) sia statoblandito da un altro virtuale(quello per antonomasia secondola prassi della langue), cioè la rete,zona di estrema dinamicità eversatilità delle idee; ciò suscitandointerrogativi sul ruolo e il futurodella critica cinematografica.Trovare (e comunque propiziare)Joe Dante in Bruno Dumont (dauna conversazione con RobertoSilvestri), Rossellini in Michael Bay,e magari Soderbergh in Minervini,è la possibilità di una criticasognante e perciò militante nellamisura in cui individui viepotenziali di pensiero e di bellezza(quindi politiche), di ineditaconformazione del realeperfettamente confuso conl'invisibile, con l'invenzione. InItalia, per una rivista come Uzak.itciò corrisponde al perorare filminvisibili, non visti (intrattenendosispesso nel «sottobosco» italiano:vedi ad esempio la splendidaboscaglia del Fiume, a ritroso diMauro Santini), come, sul numeroappena uscito, quel Low Tide diRoberto Minervini, che è parso trale cose migliori viste alla scorsaMostra di Venezia (senzadimenticare che è stata Filmcriticala prima a parlarne); così come è

accaduto in precedenza per ilKaspar Hauser di Manuli, alienoliberamente danzante.

Perciò il discorso sulla criticanon potrebbe non misurarsi oggicon il concreto, spesso eccezionaleapporto di alcuni portali (pensoalmeno, in ordine sparso tra quelliitaliani, a «Sentieri Selvaggi»,«Spietati», «La Furia Umana»,«FilmIdee», «RapportoConfidenziale», «Sonatine»,supportati dai forum in cuicircolano i sottotitoli; ma credo didimenticare qualcuno) e rispettoad alcune considerazioni, pure ingran parte condivisibili, uscite direcente su Cineforum: il che dice diun certo pregiudizio (unpreposizionamento all'ombra dellacarta) con cui si valuta, in questocaso, il panorama sterminato dellarete, tentando di farne teoria,laddove è impossibile farne, per viadi un'orografia dalle immensesfaccettature, che prevede sì moltociarpame o un semplice «smalltalk» volontaristico su cosecinematografiche: ma chi può direa priori, cioè fuori dalla viva carnedel senso (che in questi casi ineffetti non c'è), che ciò non abbiasenso?

Sono le immagini e i concettiincarnativi, diramati con scienza einventività, che devono trovarespazio e tempo (e li trovano, c'è dagiurarci; Benjamin ci giuravamentr'era braccato da una neracongiuntura della Storia) a scapitodel dilettantismo, autoaffermarsianche nel caos e nellabanalizzazione della rete; maanche occasioni di criticapenetrante spesso migliore diquella di certi periodici a stampa,per non dire dei quotidiani ormaidivenuti, nella maggiorparte deicasi, (inter)regno dell'aneddoto.

D'altronde, comparando lecolonne delle gerenze di alcuniperiodici online e di quelli cartaceisi scopre che i redattori spessocoincidono; perciò risulta un po'straniante leggere della quasi totaleiniquità del web e poi rendersiconto che molti dei critici dellarivista su cui ciò è affermato,hanno un ruolo attivo o addiritturapreminente su alcune piattaformetelematiche; sicché, poniamo, seun redattore di Cineforum oFilmcritica o Fata Morgana, possaessere penetrante e scientificovergando la carta (così come ineffetti è), perché non potrebbeesserlo anche concertando ilproprio pensiero sul video?

Si direbbe allora che non sia ilsupporto a fare la qualità del testo,quanto chi quel supporto loutilizzi, sfruttandone, nel caso diinternet, oltre che le potenzialitàtecnologiche, interattive(comunque minori di quanto sicreda), anche, tra le altre cose, leprerogative di risparmio,eliminando i costi di stampa, oggi,pure per le riviste che hanno fatto(e fanno) la storia della critica inItalia (penso ad esempio aFilmcritica, che è una realtà checonosco bene) divenutiinsostenibili da quando sonomancati i (pochi) finanziamentiministeriali.

E poi, come non riconoscere lapeculiarità nomadica,metamorfica (caraxiana) e leinfinite possibilità di ramificazionedel web, l'occasione di fareviaggiare le narrazioni (anche, anzisoprattutto, quelle più articolate),le immagini fiammeggianti e virali,oltre le specole, oltre l'ambitodegli specialisti, facendo sì cheesse intacchino il quotidiano?

Se di militanza dobbiamoparlare (ed è un dovere), alloranon possiamo non volere che ilcontagio si diffonda in modocapillare, usando ogni mezzo, ognitecnologia che possa far attecchiree brulicare il germe-immagine cheè esistenziale, e(ste)tico, in sintesipolitico dal metabolismocomplesso eppure cosìinnocente...

LUCIANA CASTELLINA, COMUNISTA●●●Dopo le affollate proiezioni al cinema Arsenale di Pisa, Cecina e Termoli ecco i prossimi appuntamentiper vedere il bellissimo film di Daniele Segre «Luciana Castellina comunista» film di lunga militanza eappassionata esperienza politica, con la capacità speciale che ha Daniele Segre di avvicinare tutte le possibilisfaccettature dei suoi soggetti, in questo caso apparentemente facile da raccontare. Gli appunamenti sono:domenica 20 gennaio al Circolo Arci Le Collinaie di Livorno alla presenza di Luciana Castellina, AlessandroCosimi (sindaco di Livorno), Maurizio Iacono (Università di Pisa). Mauro Nocchi (Anpi), Marco Solimano(Arci). Mercoledì 30 gennaio alle ore 19 alla Casa del cinema di Roma (Sala Deluxe) l’appuntamento è conEttore Scola, Luciana Castellina e il regista Daniele Segre. Il dvd è in vendita sul sito www.danielesegre.it. Perinformazioni e richieste scrivere a: [email protected]

●●●La scorsa settimana sono andata adue funerali un giorno dopo l'altro, ahimè,celebrati entrambi nella chiesa degli artisti,venerdì abbiamo salutato Antonello Aglioti,geniale artista, scenografo e regista , checondivise con Memè Perlini la creazione ditanti spettacoli tra i quali Otello, Locus solus,il film sulla vita di Raymond Roussel GrandHotel delle palme, la direzione del teatro laPiramide, bellissimo spazio d'avanguardia aGarbatella che ospitò spettacoli memorabili,uomo capace di reinventarsi e rischiarepassando da un linguaggio all'altro coneleganza e intelligenza, negli ultimi anni hadiretto una lunga serie di docu-film «Italiani» prodotta da Rai 2 in cui intervista ipersonaggi più interessanti del mondo dellacultura, politica e costume . Sono entrata inchiesa in ritardo per salutare Antonello,c'erano tanti amici, quasi tutte le pancheoccupate , alla fine del rito si sono alternatiin tre, parenti ed amici, a ricordarlo, unmusicista ha suonato e cantato Alleluja e sullaparte superiore della cupola sono stateproiettate immagini filmate, anche durante lafunzione, suppongo provenienti da materialedi Aglioti o Perlini, non so, un cerchio diombre che camminava in silenzio sullenostre teste. Ciao Antonello ti auguro buonviaggio. Sabato stessa piazza, stessa ora,stessa chiesa, stesso prete: funerale diMariangela Melato. Sono arrivata in anticipoma la piazza era così piena che di entrare inchiesa non se parlava e la follapazientemente, silenziosamente,educatamente ha atteso l'uscita diMariangela Melato, grande donna amata erispettata dalle donne, esempio di coerenza,civiltà, impegno, passione, attrice sublime etutte le cose che abbiamo sentito dire dallasignora Emma Bonino nel suo saluto con unmicrofono fuori dalla chiesa. Il parroco hasemplicemente eseguito le disposizioni datedalle alte gerarchie. La chiesa non vuole cheal suo interno prendano parola i laici? C'è laregola ma non tutti la applicano. In questocaso essendo la signora Bonino quellasignora Bonino radicale che ha combattutoper i diritti delle donne, per l' aborto, per ildivorzio, quella stessa signora che quandogareggiò per la presidenza della Regione venne osteggiata dalla Curia che favorì «lacattolicissima Polverini»( ottimo risultato!infondo il furto non è peccato grave).

«in questo caso sarà meglio applicarescrupolosamente le regole, chissà, magarivuol fare un comizio in chiesa!» deve averpensato il diligente parroco! Ho letto ildiscorso, che non posso riportareintegralmente, ma la frase più politica che lasignora Bonino ha pronunciato è questa:«Me la sono spesso trovata a fianco,determinata e vitale, in alcune sfide radicaliapparentemente impossibili. Più eranodifficili più lei c'era, perché era convinta cheil mondo può essere cambiato; e se può,qualcuno deve tentare. Coetanee, ci siamospesso sfiorate e incontrate a distanza,riconoscendo una sintonia forte di intenti,comportamenti, passione civile....». A Romae più in generale in tutto il paese i funeralisono occasione di incontro tra laici ecattolici, tra agnostici e credenti. I funeralilaici sono minoranza. Se tutti i parrociapplicassero la regola di non far parlarenessun civile per ricordare il defunto credoche molti sceglierebbero funerali laici persfuggire ad un rito, a quel punto, vuoto emeccanico. Se la chiesa ritiene di doversostenere un atteggiamento di chiusuraanacronistica verso ogni forma di dialogo colpresente vuol dire che ha scelto, cosasempre più evidente, di essere la chiesa delpotere conservatore e basta. Se al suointerno qualcuno dissente si faccia sentire!

AGLIOTI, MELATOE LA CHIESA CHIUSA

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CALCIO

moderati arabi < 205 206 207 >

«La Marcia Verde di Hassan II, ideata da Kissinger e pagata dai sauditi, por-tò all’invasione del Sahara Occidentale. Oggi la si può chiamare Marcia Gri-gia perché ha il colore del cemento e della povertà: senza alcuna legittimitàil Marocco colonizza il territorio costruendo senza sosta» (Blanca Enfedaque).

di PASQUALE COCCIA

●●●La vetrina del calcio minoreper gli allenatori ha il suo prezzo,anzi il suo pizzo. Se vuoi allenareuna squadra di calcio a livellodilettantistico devi pagare di tascatua, secondo un prezzario bendefinito. A oscuri figuri dalle faccetruci che ti minacciano? Nienteaffatto, i destinatari sono sorridentipresidenti delle squadre di calcio deicampionati minori, che agliallenatori offrono su un piattod'argento «l'opportunità» della svoltadella propria vita, l'occasione per ilsalto nel grande calcio, quello che tidà fama e soldi. Il fenomeno è vastoe dalla Campania si estende fino allaSicilia, senza trascurare le regioni delcentronord dal Lazio alla Toscana.Per arginarlo a Napoli è sorto uncomitato di allenatori autorganizzati,che hanno denunciato quantoaccade nelle viscere dei campionatiminori. Sono gli indignados dellepanchine delle società di calciodilettanti, che si sono ribellati alsilenzio dell'Associazione italianaallenatori di calcio (Aiac), organica aicentri del potere calcistico.

«A settembre ci siamoautoconvocati via web e datiappuntamento a Napoli sotto la sededel comitato regionale dellaFederazione italiana gioco calcio,comitato regionale della Campania,perché non sopportavamo piùl'autarchia che regna dentrol'Associazione italiana allenatoricalcio (Aiac), e inoltre perdenunciare lo scandalo «panchine esponsor». Con nostra grandesorpresa al sit-in si sono presentatiun centinaio di allenatoriproveniente da tutta la Campania -dice Raffaele Di Pasquale uno degliautoconvocati e mister dell'AcerranaCalcio, squadra dell'entroterranapoletano che milita nelcampionato di Eccellenza campano- abbiamo ricevuto telefonate econsensi da tutta Italia. Fino a oggisono arrivate oltre quattro milaadesioni, tra noi ci sono ancheallenatori di serie C e serie D, il 17novembre abbiamo costituitol'Associazione allenatori calcioitaliano (Aaci) per recepire le istanzedemocratiche emerse dalmovimento degli autoconvocati».

Tra le richieste della neonataassociazione l'abolizione dei corsispeciali e a invito, l'introduzione delprincipio del concorso per titoli edesami per accedere ai corsi perallenatori, una quota del 50% perl'accesso ai corsi per allenatori diseconda categoria che operano nellesquadre dilettanti, l'abolizione dellagratuità nel contratto di lavoro degliallenatori, tenere aperta la possibilitàdi cambiare categoria o girone perquegli allenatori esonerati entro ilmese di novembre, tutte richiesterimaste a lungo inascoltate daidirigenti dell'Aiac. Gli autoconvocatihanno dato vita a «Panchinademocratica» per portare avanti iproblemi che vivono i mister dellesquadre delle serie minori, ma ancheper lottare contro un fenomeno

vasto e sommerso che riguarda letangenti che gli allenatori sonocostretti a pagare: «Invitiamo allamobilitazione tutti gli allenatori sullaquestione ’Sponsor e panchine’perché è la più grave in assoluto perla dimensione diffusa, un fenomenoin costante crescita. Occorre passaredalla mobilitazioneall'organizzazione» si legge in undocumento diffuso dagliautoconvocati.

Ma quanto costano le luci dellaribalta del calcio minore? Esiste unvero e proprio tabellare per letangenti: «Molti allenatori,soprattutto del settore delle squadregiovanili, pagano di tasca propria lesocietà di calcio per allenare unasquadra - continua il leader degliautoconvocati Raffaele Di Pasquale -il fenomeno è diffusissimo,soprattutto nei campionati minori, eriguarda il 50% degli allenatori. Inprima categoria pagano tremila euroall'anno, ma in questo processosono coinvolti anche gli allenatoridelle squadre che militanonell'Eccellenza, nel campionatocampano su quindici allenatori,almeno sette pagano di tascapropria per allenare. La «tangente»versata dall'allenatore alla società dicalcio risulta regolarmente abilancio, viene riportata con certacreatività sotto la voce sponsor,siamo innanzi a una vera e propria«sponsorizzopoli». Al danno siaggiunge la beffa.

Il fenomeno va ben oltre i confinidella Campania e risulta piuttostodiffuso anche in Sicilia, dove a un excalciatore che ha giocato negli anniNovanta nel Foggia di Zeman, oggiallenatore - denuncia Di Pasquale -hanno chiesto centomila euro perallenare una squadra di serie C,mentre in Toscana a un ex portieredi serie A, hanno chiestocinquantamila euro per allenare unasquadra del campionato diEccellenza. Ci siamo autoconvocatiper denunciare lo scandalo dellepanchine, più di cento allenatorihanno sottoscritto una denunciainviata agli organi dirigenti dellaFederazione italiana gioco calcio ealla procura della repubblica, matutto tace. Finora nessuno è stato ingrado di smentire le nostre denunce,i dirigenti dell'Aiac sanno che ilfenomeno esiste, ma preferisconoignorarlo, per loro è il modomigliore per affrontare il problema,ma noi continueremo la nostralotta» conclude battagliero il leaderdei mister autoconvocati, che invita

gli allenatori di altre regioni adenunciare il fenomeno delletangenti, visto che la dimensione ènazionale.

Per ora niente minacce eritorsioni esplicite dirette ai coachcoraggiosi del calcio minore italiano,ma dal comitato degli allenatoriautoconvocati di Napoli fannosapere che dai piani alti del Palazzodel calcio è iniziato uno stranoprocesso di delegittimazionepersonale, vengono additati comepersonaggi con mire carrieristiche econ intenti sindacali e politici dasfruttare sul piano personale. Ilprimo passo, che forse prelude adaltri più pesanti, ma gli indignadosdelle panchine di calcio non si fannointimorire e non intendono recederedalle loro rivendicazioni.Annunciano a gran voce, comefanno quando sono in panchina perfarsi sentire dai loro calciatori chenon ottemperano alle disposizionitattiche, di voler disputare la loropartita con uno schema di gioco cheprevede tutti all'attacco, un matchche ritengono decisivo per lademocrazia dentro e fuori delrettangolo di gioco.

SUL FILO DI LAMA, STORIE NAPOLETANE DI VITA E DI SPORT●●●Scritto dal giornalista Giuseppe Picciano, pubblicato dalla casa editrice Sedizioni, collana Sport, racconta le storiedi dieci ragazzi del napoletano, alcuni dei quali provenienti dai bassi di Napoli e che, grazie allo sport, si sono ripresi lavita. Altri hanno partecipati alle Paraolimpiadi di Londra 2012. Lo sport è anche sinonimo di rinascita, soprattuttoquando accompagna a lieto fine vicende umane drammatiche o particolarmente complicate. Le storie narrate daGiuseppe Picciano hanno nella sofferenza il comune denominatore. «Detto senza retorica, i veri campioni sono loro,atleti meno sconosciuti, ma che porteremo per sempre nel cuore dopo aver letto questo libro che non cede alla pietàma descrive realtà vitali» scrive Francesco De Luca nella sua prefazione. Giovani come Giuseppe Cicatiello che militanel Napoli pallacanestro in carrozzina dopo che un incidente in moto o Antonio Di Pasquale, non vedente, atletadell’Istituto Colosimo di Napoli e giocatore della squadra di Torball Napoli, una sorta di pallamano adattato.

INTERVISTA ■ RAFFAELE DI PASQUALE

Panchina democraticaporta all’attaccoi mister delle minori

SPORT

Almeno centodenunceper richiestedi tangentilegatealla possibilitàdi allenarenelle divisioniminori

Squadre di Eccellenzain allenamento

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(9)ALIAS19 GENNAIO 2013

IL CINECLUB

LA LEZIONE

LA MOSTRA

FLIGHTDI ROBERT ZEMECKIS, CON DENZELWASHINGTON, KELLY RELLY. USA 2012

0Whip Whitaker in partenza daOrlando con un jet chetrasporta 102 passeggeri si

trova al centro di una turbolenza e unaserie di coincidenze dalle cause oscureche lo farebbe certamente precipitarese la sua abilità non lo portasse a unatterraggio coraggioso salvando tutti ipasseggeri tranne sei. Le autrità apronoun'inchiesta. (esce il 24 gennaio)

FUKUSHAME IL GIAPPONEPERDUTODI ALESSANDRO TESEI. DOCUMENTARIO. ITALIAGIAPPONE 2012

0Nel marzo 2011 il Giapponeviene colpito da uno dei piùviolenti terremoti mai registrati,

seguito da una tsunami che spazza edistrugge chilometri di costa edanneggia seriamente la CentraleNucleare di Fukushima provocando unrilascio di particelle radioattive che sidisperdono in tutto il Giappone. Unazona di restrizione, la «No-Go Zone»,di 20 km di diametro vieneimmediatamente evacuata e divieneterritorio off-limits per chiunque. Settemesi dopo la sciagura Alessandro Tesei,videoreporter italiano, riesce adentrare nell'area proibita portandosifino ad a 1 Km dalla centrale, aiutato daun gruppo di animalisti della «AnimalForest». (esce il 24 gennaio)

IN DARKNESSDI AGNIESZKA HOLLAND, CON ROBERTWIECKIEWICZ, BENNO FURMANN. POLONIAGERMANIA CANADA 2011

0Leopold Socha, operaio dellefogne di Lvov, che si barcamenacome può per vivere, nel 1943

incontra un gruppo di ebrei che sinascondono nelle viscere della terraper sfuggire ai nazisti e promette diaiutarli in cambio di denaro. Ma èun’epoca in cui tutti dovranno tentaredi salvarsi e anche se non sono portati afarlo, esibirsi in prove di generosità ecoraggio. Robert Wieckiewicz cheinterpreta il protagonista LeopoldSocha ha esordito con Skolimowski inFerdydurke nel ’93. la regista AgniewskaHolland è stata protagonista dellastagione di Solidarnosc come aiutoregista di Wajda, esponente battaglieradi una generazione. (esce il 24gennaio)

LINCOLNDI STEVEN SPIELBERG, CON DANIEL DAY-LEWIS,SALLY FIELDS. USA 2012

0Gli ultimi mesi della vita diAbraham Lincoln, sedicesimoPresidente degli Stati Uniti

d’America, durante i quali viene abolitala schiavitù e gli Stati dell’Unionevincono la guerra civile che stadilaniando la nazione. La sceneggiaturaè basata sul bestseller Team of Rivals diDoris Kerns Goodwin.

CLOUDS ATLASDI ANDY WACHOWSKI, LANA WACHOWSKI, TOMTYKWER; CON TOM HANKS, HALLE BERRY. USAGERMANIA CINA 2012

1Film dall’ambizione gigantescapari solo alla qualitàtecnico-creativo del

dipartimento montaggio, scenografia,trucco e effetti speciali (e che si svolgenell’arco di ben 5 secoli), appassionataopera rivoluzionaria che parte dalloschiavismo ottocentesco e dalla guerradi secessione per analizzare i disastrosiesiti del successivo progetto liberista dirapina totale del glob. L’atlante dellenubi, basato sull’omonimo romanzo diDavid Mitchell, l’inglese vissuto a lungoin Sicilia e in Giappone, ci racconta chele nostre azioni e le loro conseguenzehanno impatto attraverso passato,presente e futuro, come se una solaanima potesse trasformare un assassinoin un salvatore e un unico atto di

gentilezza si espandesse attraverso isecoli per ispirare la rivoluzione. (r.s.)

DJANGO UNCHAINEDDI QUENTIN TARANTINO, CON JAMIE FOXX,LEONARDO DI CAPRIO, USA 2012

1È impossibile non amare un filmche apre con i titoli di testa,ovviamente rossi, sulle note

della celebre Django composta da LuisBacalov e cantata da Rocky Roberts peril film di Sergio Corbucci e si concludecon Lo chiamavano Trinità di FrancoMicalizzi mentre il suo eroe, il nuovoDjango di Jamie Foxx, è diventato daschiavo barbuto un sofisticato eroe dablaxploitation anni '70 con occhialettonero che lascia Candyland tra lefiamme. All'interno di questi due branifondamentali per la storia deglispaghetti western, ci sarà di tutto, dagliomaggi a Mandingo a The Legend ofNigger Charley, da Minnesota Clay aCharley One-Eye, da The Bounty Killera Lo chiamavano King, da James Browna Ennio Morricone, ma meno sostanzada spaghetti western di quel che i fan siaspettavano. (m.gi.)

FRANKENVENIE 3DDI TIM BURTON. ANIMAZIONE. USA 2012

1Victor Frankenstein, ilprotagonista, è un ragazzino chepreferisce al baseball gli

esperimenti di scienze. Il suo unicoamico è il cane Sparky. Ma un giornoSparky viene investito e muore. Victornon si dà pace, e sarebbe pronto atutto per riportarlo con sé sulla terra.Anche a provare l’esperimentosuggerito da signor Rzykruski, il nuovoinsegnante di scienze con la faccia diVincent Price, un complicatomarchingegno di fulmini, saette epotenti scariche di elettricità. Il piccoloFrankenstein avrà così di nuovo il suocagnetto. Ma: come spiegarlo agli altri,agli adulti, languidamente immersi nelsogno di un benessere ordinato, che sipossono varcare per amore limiticonsiderati proibiti? agli adulti ottusi.Burton «resuscita» il suo vecchio film,lo ricuce, vi aggiunge dei pezzi che nelfrattempo si sono distaccati, Ma la suanon è una banale operazionevintage-nostalgia. Piuttosto disegna ununiverso poetico riconoscibile e ancoradiverso, nuovo, pieno di sorpreseregalandoci un capolavoro dicommuovente vitalità. (c.pi.)

GHOST MOVIEDI MICHAEL TIDDES; CON MARLON WAYANS,NICK SWARDSON, ALANNA UBACH, CEDRIC THEENTERTAINER. USA 2012.

6Malcolm e Kisha sitrasferiscono nella loro casa deisogni, ma ben presto si

accorgono di non essere soli perché c'èun demonio abita in quella abitazione.Quando Kisha viene posseduta,Malcolm - determinato a mantenereattiva la sua vita sessuale - si rivolge aun sacerdote, a un sensitivo e unasquadra di ghost-busters affinché loaiutino a scacciare il demone da suamoglie e dalla loro casa.

REC 3 LA GENESIdi PACO PLAZA, CON CARLA NIETO, LETICIADOLERA, DIEGO MARIN, ALEX MONNER. SPAGNA2012

6Non è ancora stata svelatal'origine del virus mortale chetanti danni ha provocato nei

due capitoli precedenti... Il virus haavuto origine dal matrimonio di Koldoe di Clara. Lo zio dell'uomo vienemorso da un cane e fa partirel'infezione mentre i due sposi sidividono e non riescono più aritrovarsi. Entrambi prendono stradediverse per cercarsi a vicenda: Koldovede in una chiesa l'armatura di SanGiorgio e se la mette per proteggersidai morsi e va a cercare la moglie;Clara, invece, va con un prete e i suoidue amici nelle fogne per trovare il

marito e usa una motosega peruccidere senza pietà i suoi parentiinfetti. Sarà una lotta senza fine, piena dicorse per la sopravvivenza, perriabbracciarsi...

A ROYAL WEEKENDDI ROGER MITCHELL; CON BILL MURRAY, LAURALINNEY, ELIZABETH MARVEL, OLIVIA WILLIAMS,SAM CREED. GB 2012.

5Nel giugno 1939 il presidentedegli Stati Uniti d’AmericaFranklin Delano Roosevelt, sua

moglie Eleanor ospitano il red’Inghilterra (quello balbuziente) e laconsorte (Elisabetta, ma non la futuraregina) nella loro casa di Hyde Park onHudson. La prima visita di un monarcainglese in America sarà l’occasione perstabilire il gap comportamentale eculturale tra Usa e Gb, per spingerel’alleato d’oltre oceano riluttante allaguerra contro Hitler, per rafforzare larelazione speciale tra i due Paesi, maanche per stabilire una profondacomprensione dei misteri dell’amore edell’amicizia (mentre una difficilecampagna presidenziale attende F.D.R.).Il film, che tratta la storia come facevaMontanelli, compiacendosi della propriavolgarità, cerca di prolungare l’agoniadel genere «Queen & King»,inspiegabilmente premiato dalbotteghino (e a cui ha contribuitoperfino Madonna). (lu. ci.)

LA SCOPERTA DELL’ALBADI SUSANNA NICCHIARELLI; CON MARGHERITABUY, SERGIO RUBINI, ITALIA 2012.

6Roma, 1981: il Professor MarioTessandori viene ucciso consette colpi di rivoltella da due

brigatisti, nel cortile dell'università esotto gli occhi di tutti. Muore tra lebraccia di Lucio Astengo, suo amico ecollega. Poche settimane dopo, LucioAstengo scompare nel nulla. Nel 2011,Caterina e Barbara Astengo, cheavevano sei e dodici anni quando èscomparso il padre, mettono in venditala casetta al mare della famiglia. In unangolo della casa c'è un vecchiotelefono ancora attaccato alla presa.Caterina solleva la cornetta e scopreche dà segnale di libero. Il fenomeno èinspiegabile, la linea è staccata, prova,quasi per gioco, a fare il numero dellaloro casa di città di trent'anni prima.Questa volta, dall'altra parte sentesquillare: le risponde una voce dibambina. È lei, a dodici anni, unasettimana prima della scomparsa delpapà. Il destino le ha dato una secondaoccasione: se non per salvare il padre,almeno per scoprire la verità Lina Sastrie Renato Carpentieri nel cast . (c.pi.)

QUELLO CHE SO SULL’AMOREDI GABRIELE MUCCINO, CON GERARD BITLER,UMA THURMAN. USA2012

5Melodramma semicomico delrimatrimonio....Un fascinoso masfortunato ex giocatore di

calcio torna a casa per rimettere inpiedi la sua vita dopo una esperienza inScozia, finita comunque con laconquista della Coppa. Con la speranzadi ricostruire il rapporto con il figlio,abbandonato per un bel po’, si ritrovaad allenare la squadra di calcio delbambino, con ottimi risultati. Ma i suotentativi di diventare finalmente«adulto» e di riallacciare i rapporti conla sua ex moglie, che sta per sposarsicon un altro, si scontrano con un’indoleda donnaiolo impenitente che siarrende facilmente quando è,continuamente, sfidato delle attraenti«soccer moms» della Virginia (che sichiamano anche Uma Thurman eCatherine Zeta-Jones). Affetto dallasindrome para-gay del «tutte le donnemi vogliono» questo anti-eroe del film(realizzato su commissione, ma cheesibisce trofei italiani ogni volta che siapossibile, Ferrari rossa fiammantecompresa) il film cerca un ritmo e unbattutista senza mai trovarlo. (lu. ci.)

I FILM

A CURA DISILVANA SILVESTRICON LUKE CIANNELLI, GIULIAD’AGNOLO VALLAN, ARIANNADI GENOVA, MARCO GIUSTI,CRISTINA PICCINO

MAGICO

CARLO LIZZANIUNA LEZIONE DI CINEMAROMA, CENTRO CULTURALE LABORATORIODI COMUNITÀ (VIA RIDOLFINO VENUTI 34/A)ORE 15.30Il regista Carlo Lizzani parteciperà,sabato 19 gennaio alle ore 15.30, pressoil Laboratorio di Comunità di viaRidolfino Venuti 34/a,all’intervista-conferenza a lui dedicata eorganizzata dalla Rete per laSussidiarietà. L’evento, che sarà apertoda Federico Iadicicco, vice presidentedella Commissione Cultura dellaProvincia di Roma, consiste unaesclusiva «lezione di cinema» tenuta da uno dei più grandi maestri del neorealismoitaliano, intervistato dal giornalista Alessandro Rocca. Un viaggio nella storia d’Italiaattraverso i film ed i documentari di Carlo Lizzani che raccontano con lucidità erealismo i mutamenti della società italiana. L’intervista sarà anche un’occasione perscoprire aneddoti e ricordi inediti di una incredibile stagione, unica e irrepetibile, delcinema italiano di cui Lizzani è stato uno dei protagonisti. L’ingresso alla conferenzaè libero e gratuito. Organizzazione a cura di Eugenia Tarchini e Massimo DiFrancesco. Informazioni 06.45444909 (lun - ven h 10-18 ) - 347/6016766 [email protected]

RIDEUsa, 2012, 4’ e 10’, musica: Lana Del Rey, regia:Anthony Mandler, fonte: Mtv

1L’impostazione è come semprecinematografica, fin dalla durata(esiste una versione di 10’ oltre

che una più contenuta di 4’), con la delRey che recita in voice over un lungomonologo in cui rievoca la sua vita daputtana o le sue esperienze conmotobiker alla Easy Rider. Mandler è abilenel costruire suggestive sequenzenarrative in cui la cantautrice è alle presecon tre amanti, alternate a quelle diplayback (molto limitate) sul palco di ungrande teatro con il suo nome chegiganteggia sulle insegne luminose. Ride,per quanto di ottima fattura, risente unpo’ dei classici clichè e difetta, come altriclip della del Rey, di eccessivaestetizzazione. Le scene migliori sonoquelle del party «selvaggio» nel desertocon fuoco e fiamme. Buona la fotografia diMalik Sayeed.

SILENCED BY THE NIGHTUk, 2012, 3’30”,musica: Keane,regia: ChristopherSims, fonte: Youtube

7I dettagli ravvicinati della bandinglese si alternano alle immaginidi un viaggio in auto di un uomo e

una donna per le strade del Texas. Lacosa migliore di questo Silenced by Night,come richiesto dal testo della canzone,sono proprio le sequenze notturne oall’imbrunire, con fasci luminosi incontroluce che rendono più astratte econfuse certe inquadrature. Dal caos divisioni emerge una pseudonarrazione incui la spensieratezza slitta via via nelladisperazione. Un video interessante nellasua voluta indefinitezza questo del singoloincluso nell’album Strangeland.SPIRITUAL HEALINGItalia, 2006, 4’,musica: Zu featuring Okapivs. Dalek,regia: Davide Catraro e MarvinMilanese, fonte: Youtube8Straordinario questo video per gli Zurealizzato in after effects da due giovaniautori, tutto basato sulle carte deitarocchi marsigliesi (i colori di fondo sonorosso, blu, giallo e verde oltre al bianco enero), stampe antiche e illustrazionioriginali, mescolando simboli dellatradizione religiosa e alchemica conelementi moderni. Spiritual healing si aprecome un testo sacro con l’origine dellavita e si chiude con la morte e la«resurrezione». Nel frattempo l’uomocostruisce case, compra, mangia, vende,uccide, si uccide, crea disastri, cercal’illuminazione (o la sogna?).

OUT OF THE BLUEOlanda, 2001, 4’10”,musica: System F,regia: autoreignoto,fonte: Youtube

7Pioniere della trance music,Systen F al secolo Ferry Corstenha raggiunto un notevole

successo con Out of the Blue, il cui clip,realizzato a Berlino, vede lo stessoCorsten tra i protagonisti che vaga per lacittà in compagnia di due performermuniti di cuffie che, velocizzati e spesso alreverse, disegnano traiettorie con il lorocorpo nel paesaggio urbano. Un videoispirato a Freestyler dei finlandesi Bomfunkmc’s realizzato l’anno prima, anche sel’idea del clip scandinavo è superiore(mavedi anche Brown Paper Bag di Roni Size).

TAROCCHIMARSIGLIESI

IL FILMQUALCOSA NELL'ARIADI OLIVIER ASSAYAS, CON CLÉMENT MÉTAYER, LOLA CRETON, FELIX ARMAND, DOLORES CHAPLIN,INDIA MENUEZ. FRANCIA 2012Après Mai, tra i migliori titoli dello scorso concorso veneziano è un filmappassionante in cui il regista, Olivier Assayas, ripercorre un’epoca chiave dellanostra Storia tra autobiografia e l’autofinzione di una sincera prima persona. Dietroalla figura dell’adolescente Gilles, il protagonista, è facile intuire lo stesso Assayas:l’aspirazione di fare film, i dischi, le letture (Simon Leys, Ashbury, Debord), lapassione per la pittura. Protagonista è dunque la generazione più giovane delMaggio, a cui Assayas (classe 1955) appartiene, cresciuta in quell'epoca di battaglie,cambiamenti ma anche disillusioni in cui ogni scoperta, un libro, un film, un incontroerano un pezzo di vissuto, qualcosa di intimo e insieme collettivo, unpersonale/politico che affermava uno stare al mondo. Qualcosa nell'aria è (quasi) unromanzo di formazione, il racconto della giovinezza coi suoi slanci e i suoi errori,come sempre nel cinema di Assayas, radicati profondamente nell'epoca che affronta.Ed è questa la sua magia, e la sua libertà, che permette al regista di evitare laretorica della «ricostruzione» filtrata dal presente. È invece il cinema la lenteattraverso la quale il movimento di quel tempo scorre, tra gli omaggi cinefili,Rossellini e il suo Viaggio in Italia, e lo scontro interno al movimento che diviene loscontro tra l'idea di un fare cinema «impegnato», appiattito sulla realtà, e quello diun cinema che il mondo, appunto, lo reinventa. L'immaginazione al potere. (c.pi.)

FILMSTUDIO STORYROMA, VIA ORTI D’ALIBERT 1/CFINO AL 28 GENNAIO, DALLE ORE 18 ALLE ORE21.30«Filmstudio Story» è la prima mostraantologica dei programmi e dell’attivitàdello storico cineclub, dal quello sulcinema canadese con cui il 2 ottobre 1967inaugurò la sua attività al New AmericanCinema nel ’69, le Avanguardiecinematografiche nel ’68. Sono espostiprogrammi e locandine su personalidedicate a Andy Warhol, Stan Brakhage,Glauber Rocha, Luis Bunuel, Godard,Bertolucci, Wenders, Pasolini, Bresson,Dreyer, Rohmer, Nanni Moretti che esordì proprio al Filmstudio nel 1976 con Io sonoun autarchico. Si trovano libri e i catalohi realizzati per le rassegne degli ultimi venticinqueanni, come quelle dedicate all’underground americano, al surrealismo, al la nouvellevague, il cinema noir americano. La mostra, realizzata da Armando Leone e Delia Peresin collaborazione con Toni D’Angelo, Roberta Minardi e Rodolfo Rocca è un’iniziativaper promuovere una raccolta fondi a sostegno dell’attività del cineclub che ha ora inprogrammazione fino al 24 gennaio autentiche esperienze di cinema, come Fughe eapprodi di Giovanna Taviani, L’innocenza di Clara di Toni D’Angelo, L’intervallo diLeonardo Di Costanzo, Là-bas di Guido Lombardi. info: 3341780632 (s.s.)

ALIGHIERO BOETTIMAXXI, DAL 23 GENNAIO AL 6 OTTOBREDal 23 gennaio, presso il Maxxi diRoma, una personale dedicata aAlighiero Boetti, che ha già ricevuto ungrande omaggio alla Tate di Londra.Trenta le opere che verranno esposte,molte inedite o raramente mostrate alpubblico, che raccontano una stagionecreativa straordinaria, alla ricerca di unaidentità e alla scoperta di mondi lontani.La rassegna segue il fil rouge dellarelazione affettiva intensa e eccentricache legò Boetti a Roma e alla suacomunità di artisti. L’esposizionesottolinea inoltre le connessioni e le risonanze fra l’opera dell’artista e quelle diFrancesco Clemente e Luigi Ontani di cui verranno allestiti una serie di lavori indialogo con quelli di Boetti, indagando per la prima volta i rapporti possibili e le«vicinanze» di immaginari. Il 22, sempre al Maxxi, verrà presentato il secondo tomodel catalogo generale dedicato a Alighiero Boetti (Electa). Il nuovo volume tratta ilperiodo cruciale della sua poetica concettuale: le mappe, i lavori postali, le opere abiro… Queste e gli altri lavori realizzati tra il 1972 e il 1979 sono fra i piùimportanti della sua produzione e testimoniano alcuni «passaggi chiave» della suapersonalità, che possono riassumersi nei concetti di molteplicità, differenza eripetizione, frammentazione, mutazione. (a. di ge.)

SINTONIE

Page 10: Alias de Il Manifesto (19.01.2013)

(10) ALIAS19 GENNAIO 2013

di GUIDO MICHELONE

I due Beatles rimasti, Ringo e Paul,sono i paradigmi cronologici,rispettivamente nel 1970 e nel 2012,di oltre quarant’anni di rapporti trarock e jazz, o meglio di come alcunepop e rockstar si avvicinano algrande sound afroamericano daitrascorsi più o meno recenti. Sono inparticolare i cantanti a volersicimentare nei repertori chesanciscono l’immortalità dicompositori quali George Gershwin,Irving Berlin, Cole Porter, BurtBacharach o dei jazz singer dall’hot albebop, da Ella Fitzgerald a FrankSinatra, da Billie Holiday a Nat KingCole. E si trova di tutto,stilisticamente parlando, giacché,oltre la jazz song, imperversano, inqueste nuove riletture, lo swing, ildixie, il cool, il mainstream, cosìcome la provenienza degli artistimenzionati in queste pagine è moltoeterogenea: dai francesi (Aznavour,Mouskouri) agli italiani (Paoli, Lauzi),dal country (Nelson) alla new wave(Jackson, Hagen, Sting, Costello) alpop (Lauper, Williams, Michael), dalprog-glam (Collins, Ferry) alblues-rock (Clapton, Watts), dallarock song (Morrison, Stewart)all’entertainement (Middler, Cole).Ognuno, però, riesce a far proprio iljazz e a far sì che, per usare le paroledi Duke Ellington, esistano forse solodue tipi di musica: la buona musica ela cattiva musica.

Ringo StarrSentimental Journey (1970)Gli unici due Scarafaggi in attività,Paul e Ringo, sono anche gli unici atornare alle radici, musicalmenteparlando, in tempi non sospetti,merito anzitutto del batterista ilquale, con un trentennio d’anticipo,appena sciolti i Fab Four, incide unlp tutto composto di vecchie canzoni,facendo però irritare sia i jazzologid’antan sia i beatlesiani di sempre.Certo, la voce non è quella di FrankSinatra ma la scaletta, da Night andDay a Bye Bye Blackbird, restaazzeccata, il repertorio suadente, gliarrangiamenti più che discreti grazieallo zampino di George Martin eQuincy Jones.

Willie NelsonStardust (1978)Come Ringo Starr, anche il più notorappresentante delcountry’n’western, in tempi nonsospetti, torna - lui yankee di ferro -alle radici comuni black & whitesiglando un album stupendo diantiche cover a iniziare da quellaPolvere di stelle che dà il titolo al 33giri; da allora sia pur saltuariamenteil cantautore di Abbott si scoprevicino al blues duettando con B. B.King o Eric Clapton per arrivare nel2008 al fatidico incontro con la jazzorchestra di Wynton Marsalis con ilquale tiene un memorabile concertoal Lincoln Center di New York(pubblicato anche su cd-dvd TwoMen with the Blues).

Joe JacksonJumpin' Jive (1981)Il quarto album del new waveringlese contiene esclusivamentesuccessi del jump, del boogie e delloswing vocale e strumentale daTuxedo Junction a Is You Is or Is YouAin't My Baby risalenti agli anniTrenta e Quaranta; i pezzi sonoriarrangiati, quasi filologicamente, daJoe Jackson, che, in ottetto, canta esuona il vibrafono. Trent’anni dopocon The Duke (2012) l’autoreafferma: «Ho una venerazione perDuke Ellington, ma questo disco nonvuole essere un omaggio deferente».Ed è vero perché a rifare la musicadel Duca chiama Regina Carter,Christian McBride, Steve Vai, i Roots,Sussan Deyhim, Sharon Jones, LilianVieira, Iggy Pop, Vinnie Zummo, SueHadjopoulos, ovvero un mix di jazz,punk, rap, ethno-pop.

The Charlie Watts OrchestraLive at Fulham Town Hall (1986)È, in ordine di tempo, l’ultimo dei

Rolling Stones a esordire da solista elo fa con un album jazz, formandoun’intera big band con i migliorisolisti inglesi dall’hard bop alla newthing: Ron Mathewson, Jack Bruce,John Stevens, Stan Tracey, PeterKing, Alan Skidmore, Courtney Pine,Evan Parker, Annie Whitehead, PaulRutherford, Harry Beckett, percitarne solo alcuni. Il gustosostanzialmente mainstream va dipari passo a un repertorio da jamsession un po’ swing un po’ bebop,Stomping at the Savoy, Lester Leapsin, Scrapple from the Apple ecc. Daallora a oggi gli altri sette album, tra il1991 e il 2010, a firma Watts, spessoin quintetto, sono sempre tutti dipuro jazz: From One Charlie, ATribute to Charlie Parker withStrings, Warm & Tender, Long Ago &Far Away, Charlie Watts Jim KeltnerProject, Watts at Scott's, The Magic ofBoogie Woogie.

Nana MouskouriGospel (1990)Nel 1957 una studentessaventitreenne, scoperta a cantare dinotte con un gruppo jazz, vieneespulsa dal Conservatorio di Atene;dieci anni dopo, rifugiatasi a Parigi, èassieme a Dalida la cantante inlingua francese che vende più dischi:a oggi sono 1500 le canzoni registratee duecento milioni gli album vendutiin tutto il mondo. Fra questi, tutti

sostanzialmente pop, l’unicoassimilabile al jazz è quello dedicatoallo spiritual afroamericano, doveperò i furori originali vengonostemparati da arrangiamenti troppoclassicheggianti, ferma restando unavoce personale, al contempo tenera estruggente.

Natalie ColeUnforgettable with Love (1991)Partita come vocalist di genere funk,dance e r’n’b, la figlia del celebre NatKing Cole a quarant’anni suonatidecide di cambiare, rendendoomaggio al padre con un albumsorprendente, in cui sciorina ben 23jazz song incise dal genitore tra glianni Quaranta e Cinquanta.

La voce è bella, lo swing pareinnato e gli arrangiamenti di JohnnyMandel, Bill Hollman, Clare Fisher,Michel Legrand fanno il resto: e inqualche brano c’è pure il mitico RayBrown al contrabbasso. Più che ilduetto virtuale della finale title tracksono da ricordare Route 66, MonaLisa, Paper Moon, Avalon, NatureBoy. Da allora Natalie rimane

costantemente vicina a una sorta dismooth jazz.

Frank SinatraDuets (1993) e Duets II (1994)The Voice e il rock non vannod’accordo fin da subito: peste e cornadell’uno all’altro (e viceversa), tranneforse i Beatles. Tuttavia a finecarriera, stanco e malato, ma ancoradesideroso di stupire, l’immensocrooner appronta due album diduetti (iniziata, anni prima, neicelebri show tv) chiamandosoprattutto esponenti del rock e delpop a un confronto con la grandetradizione jazzistica; benché si trattispesso di sovrincisioni, i dischifunzionano grazie via via a Bono,Aznavour, Jobim, Linda Rondstadt,Chrissie Hynde, Carly Simon, ArethaFranklyn.

The Phil Collins Big BandA Hot Night in Paris (1999)Il nome del batterista dei Genesis èquello da sempre più vicino allablack music: tanto british il gruppocon Peter Gabriel, quanto soull’acclamato solista fino al Going Back(2010) con tutte cover Motown. E c’èancora la genesi della fusion bandBrand X con John Goodsall, PercyJones, Robin Lumley dal 1976 al1994.

Ma a Parigi, in quest’orchestra daltaglio hard bop con il sax alto diGerald Albright, c’è il ricordo di altrebig band amate dal leader da BuddyRich a Count Basie, da Duke

Ellington a Quincy Jones, con il qualelavora tre anni prima.

George MichaelSongs from the Last Century (1999)I maligni sostengono che il ricorsoalle cover sia dovuto a problemilegali con la propria casadiscografica, ma per l’ex vocalist deiWham! il confronto con le «canzonidal secolo appena trascorso» risultapiù che vincente: l’intonazionebellissima è in maniera quasinaturale e perfetta a suo agio con unrepertorio variegato in grado diaffrontare tanto i Police (Roxanne)quanto l’ostica Nina Simone (MyBaby Just Cares For Me). Collaborano,a un esito sorprendente, un quartettojazz, un’orchestra ritmosinfonica eben tre arrangiatori.

Van MorrisonThe Skiffle Session (2000)Dal vivo a Belfast, sua città natale,dove esordisce nel 1964 con i Them,il grande folksinger torna alle radici,incontrando due vecchi idoli digioventù come Chris Barber, pionieredel dixieland britannico e LonnieDonegan, padre dello skiffle inglese.E proprio lo skiffle, allegro coacervodi blues, trad, country, swing, è alcentro di questa session tra MidnightSpecial e Frankie and Johnny e altri13 pezzi dal ritmo irresistibile. Delresto i rapporti tra Morrison e il jazzsono da sempre frequenti: adesempio per il capolavorocantautoriale Astral Weeks (1967)

I cantanti sonotra i soggettiartistici che piùsi confrontanocon le proprieinfluenze.A metà tra sfidae urgenzadi cambiamento

FENOMENI ■ UN FRULLATO DI GENERI, DALLO SWING AL COOL

La rockstarpreferisce il jazz

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(11)ALIAS19 GENNAIO 2013

s’avvale di una ritmica cool conRichard Davis al contrabbasso eConnie Kay alla batteria.

Robbie WilliamsSwing When You’re Winning (2001)Anche l’ex Take That non resiste allatentazione di diventare «crooner perun giorno», seguendo in questo ilmodello di vocazione inaugurato dacantanti, come lui, più vicini alladance music che al rock genuino(Cindy Lauper e George Michael intesta); dedica persino l’album a«Frank, Dean and Sammy», ossiaSinatra, Martin, Davis Jr, il cosiddettoRat Pack, circondandosi diorchestrina e interpretandoegregiamente quindici capolavori deiclassici songwriter, tra cui gustoseversioni di Mack The Knife, Mr.Bojangles e il duetto con NicoleKdman Somethin’ Stupid (in originetra The Voice e la figlia Nancy).

Rod StewartIt Had to Be You (2002)Il sottotitolo - The Great AmericanSongbook - e le note di copertina diBill Zehme - biografo di FrankSinatra - sono già di per sé eloquenti;ma, come se non bastasse, ledichiarazioni di un Rod Stewartamante delle musiche dei film conGinger Rogers e Fred Astaire,sorprendono tutti: la voce più roca,sporca, bluesy e soul del rock inglese,dopo qualche flirt anche con ladisco-music, interpreta a suo modo,ma con stile, ossia con buontemperamento jazzy (con piccoligruppi senza nomi celebri) Yo Go toMy Head, That Old Feeling,

Moonglow e altre undici amenità.

Bruno LauziNostaljazz (2003)Registrato dal vivo al Torrione SanGiovanni di Ferrara, in compagniadel trio Riccardo Biseo, GiorgioRosciglione, Gegé Munari, piùqualche ospite illustre (GianniSanjust, Renato Sellani Gianni Basso,Barbara Casini), il terz’ultimo albumdell’agrodolce chansonnier genoveseè puro vocal jazz, con all’interno unasfilza di evergreen quali SweetLorraine, As Time Goes By, BlueGardenia, When I Fall In Love,sussurrati tra passione e tenerezza,quasi a ricordo dei tempi andati,come nei due originali La nostalgia eNell'estate del '66.

Cyndi LauperAt Last (2003)A vent’anni di distanza, dopo alti ebassi, la cantante newyorchese bissail successo di She's So Unusual felicecompromesso tra pop e rock,contenente fra l’altro l’hit Time AftertTime all’epoca ripreso da Miles Davissu disco e ai concerti. I tredici pezzidi At Last spaziano tra gli anniQuaranta e Sessanta, dallo swing alsoul, dal doo-wap al vocalese, conversioni particolarmente riuscite diWalk on By scritta da Burt Bacharachper Dionne Warwick; o di Stay diMaurice Williams cantata per laprima volta dai Four Seasons e poi daJackson Browne; o ancora Until YouCome Back to Me di un giovane

Stevie Wonder, ripresa anche daAretha Franklin.

Bette MidlerSings the Rosemary ClooneySongbook (2003)La vocalist e attrice comica, nel corsodi una carriera iniziata con il film TheRose (1979), immaginaria biografia diJanis Joplin, canta e recita un po’ ditutto, ai concerti, al cinema, in teatroe in televisione, vincendo quattroGrammy, tre Emmy, un TonyAwards, quattro Golden Globe e duecandidature al premio Oscar.Musicalmente più vicina al pop cheal rock, dà forse il meglio di sé condue album - l’altro è Sings the PeggyLee Songbook (2005) - in cui riprendeil repertorio di due jazz singerbianche molto attive tra gli anni

Quaranta e Cinquanta, con uno stileche segna il passaggio dallo swing alcool.

Nina HagenIrgendwo auf der Welt (2006)L’icona ultra-trasgressiva del punkteutonico, dopo la buriana degli anniOttanta, canta un po’ di tutto,facendo leva altresì su una voceoriginale, indiscutibilmentecamaleontica, dall'ampiezza di molteottave (il cui uso le costaun’operazione d'urgenza alle cordevocali dopo un concerto). Esperimentate le canzoni di BertoltBrecht e Kurt Weill in teatro, ecco undisco swing con la Capital DanceOrchestra, in cui vengono recuperatee riadattate le canzoni a ritmosincopato d’epoca nazista, quando si

camuffa il jazz il più possibile pernon finire in galera.

Elvis CostelloPiano Jazz (2005)Sarà forse il matrimonio con la jazzgirlcanadese Diana Krall nel 2003, ma stadi fatto che da allora Declan PatrickMacManus, ex punk ed exprotagonista della new wave inglese,non la smette più con il jazz. E questoincontro con l’anziana pianistabritannica Marian McParland (il cuinome in copertina è ingiustamenterimpicciolito) resta forse il migliore,grazie all’essenzialità del duovoce/tastiera su celebri standard da AtLast a My Funny Valentine. In realtà,già prima della moglie, ilvocalist-chitarrista-compositoredimostra una voracità musicaleassoluta, collaborando alla pari, trajazz e dintorni, con Bill Frisell, BurtBacharach, Alain Toussaint, JohnHarle.

Sting & Gil EvansStrange Fruit (2006)Non c’è un album ufficiale, ma soloun dvd della storica nottata dell’11luglio 1987 a Perugia, per UmbriaJazz, quando Sting incontral’orchestra di Gil Evans, per ricantaretre brani dei Police con sontuosiarrangiamenti jazz rock, ritagliandoanche uno spazio per la title track diBillie Holiday e altri standard. Stingda sempre flirta con il jazz: a parte laparentesi con Stewart Copeland eAndy Summers, il prof. GordonMatthew Thomas Sumner dimostrauna spiccata linea jazzin’ suonando ilcontrabbasso acustico e formandovarie band a proprio nome doveabbondano solisti afroamericanicome il sax soprano BranfordMarsalis (anch’egli qui con Evans).

Gino PaoliMilestone. Un incontroin jazz (2007)Già negli anni Novanta qualcunoprova a volgere in jazz i repertoricantautoriali (Tenco, Battisti, DeAndré), mentre, da allora, acominciare dal redivivo NicolaArigliano, molti tornano a cantarecon gruppi jazz e arrangiamentiswing o bebop. Milestone è una jamsession tra il folksinger nato aMonfalcone e Danilo Rea, EnricoRava, Roberto Gatto, RosarioBonaccorso, Fabio Boltro. Siimprovvisa sulle più belle song discuola ligure (Sapore di sale, La gatta,Che cosa c’è) e arcinoti standard(Time After Time, I Fall in Love tooEasily) quasi a rammentare unmodello di scuola di vita per tutti.

Charles AznavourAnd The Clayton-HamiltonJazz Orchestra (2009)Il più struggente e romantico fra icantautori francesi, sin dagli esordi,dedica qualche brano - da Poker aPour faire une jam - a indiavolatiritmi swing, ma ora vola negli studiosCapitol di Los Angeles per incontrarela miglior big band di stanza negliUSA e reinterpretare suoi dodici«classici» con gli arrangiamenti diJohn Clayton che lavora anche perHerbie Hancock e Diana Krall. ‘Azna’duetta con Dianne Reeves in TheTimes We've Known e con RachelleFerrell in Je suis fier de nous, mentreal pianoforte siede il francese JackyTerrasson.

Eric Clapton& Wynton MarsalisPlay the Blues (2012)

Fin dall’epoca di John Mayall e deiCream, il chitarra ‘slowhand’ (forse ilmigliore in ambito blues bianco)riceve i complimenti per un suonoinconfondibile, che qualcunoparagona addirittura alleimprovvisazioni di Pharoah Sandersnel gruppo free di John Coltrane.Dopo tanto rock il guitarman definitoaddirittura ‘God’ ha ora la possibilitàdi confrontarsi con la jazz band di unfilologo maniacale (ma anche di ungrande trombettista), suonando iblues degli anni Venti che a lorovolta, all’epoca, vengono accreditati agente come Jelly Roll Morton, BessieSmith, Louis Armstrong, SidneyBechet.

The Bryan Ferry OrchestraThe Jazz Age (2012)L’ex Roxy Music che nel sestetto conEno, Manzarea, McKay, incarnal’anima dandy ha da sempre undebole per le vecchie song: di esseson fatti i due album solisti piùcelebri da These Foolish Things(1973) a Taxi (1993). Ma in questa«età del jazz» fa molto di più,richiamandosi fin dalla grafica dicopertina, ai ruggenti anni descrittida Francis Scott Fitzgerald fracharleston, fox-trot e tip-tap. Ilrepertorio glam dei Roxy Music ètrattato come un’unica sorgentedixieland da una big band diretta daColin Good con sola musicastrumentale, assolo brevi, ritmisincopati, modernismo futuristica eart déco da vendere.

Paul McCartneyKisses on the Bottom (2012)«Le persone spesso mi chiedono:‘Quali canzoni preferisci? Chi sono ituoi compositori preferiti?’ E iorispondo Cole Porter, i fratelliGershwin e simili, perché le canzonisono molto raffinate. Cheek to Cheekè sempre stata una delle mie canzonipreferite, amo il modo in cui ritornaall'introduzione».

Questa la ragione di un album di13 old standard su 16 con due perledi Frank Loesser (More I CannotWish You e The Inch Worm), gliarrangiamenti di Tommy LiPuma, lapresenza costante di Diana Krall alpianoforte e ai cori, i tanti virtuosi arotazione: Eric Clapton, StevieWonder, Vinnie Colaiuta, ChristianMcBride, Mike Mainieri, John eBucky Pizzarelli.

ELVIS, TUTTE LE MACCHINE CHE TI HO REGALATOdi FRANCESCO ADINOLFI

Cassa integrazione a Melfi per due anni e crollo del 20% delle vendite di auto nuove nel nostro paese.Da anni la macchina ha smesso di essere - in Italia e altrove nel mondo - l'oggetto del desiderio e diconquista di nuove frontiere, reali e metaforiche; non a caso le stesse macchine ritratte in Cars di JohnLasseter rappresentavano un'ode nostalgica agli anni '50-'60, l'età d'oro dell'auto. Quella di Elvis, adesempio, acquirente compulsivo di auto per il quale regalare una Cadillac (foto) era un segno di grandeamore/rispetto. Il primo acquisto importante fu nel 1955: una Cadillac rosa regalata alla madre (che nonsapeva guidare) per il compleanno. Da allora fino alla morte nel 1977, Elvis acquistò oltre 100 Cadillac e

Lincoln da destinare ad amici, familiari ed estranei. Nel '76 Mennie Person, cassiera di una banca diMemphis, notò la limo personalizzata del cantante dinanzi al concessionario dove si era recato peracquistare l'ennesima Cadillac. L'artista la scorse, le disse «questa qui fuori è mia ma te ne comproun'altra» e dopo aver scoperto che due giorni dopo sarebbe stato il suo compleanno le donò unassegno sostanzioso: «Macchina nuova, vestiti nuovi». Nel gennaio '76, mentre era in vacanza inColorado per festeggiare i 41 anni, Elvis va al Kumpf Lincoln Mercury di Denver e compra Cadillac eLincoln da regalare a: tre poliziotti, un medico e al presentatore del tg di una tv locale che aveva fattoun servizio sulle spese folli di Presley. Aveva detto: «Elvis se stai guardando io mi accontento anche diun'utilitaria». Tra i fortunati anche Kang Rhee, maestro di karate di Elvis che ricevette una Cadillacpersonalizzata. E ancora: il suo medico, il dentista, il gioielliere, il barbiere, il domestico, le guardie delcorpo e la governante e cuoca Mary Jenkins che ammise di aver ricevuto ben sei auto in 14 anni.

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EH, GIA’

«Sono ancora qua»,parola di Vasco

THE TORTURE NEVER.../WATERMELON IN EASTER...

L’ultimo salutodi un peccatore

Ho percorso, condiviso, il ’68trascinandomelo nel ’77, contro potere,contro vento, nei posti di chi ha tortoperché ho trovato quelli della ragionesempre occupati. Ho inciampato nellacronaca sperando che rialzandomipotesse un giorno essere ricordo distoria. Il disprezzo degli altri è semprestato la forza della mia vita. Nei momentisenza speranza in un mondo possibile daquello attuale qualche luce è sempreapparsa dando senso ad una lotta inconcludente. Ho visto il mondo non cambiare ma ilmondo non mi ha cambiato. Quando la dolce consolatrice mi chiamerà all’eventodilagherà l’ipocrisia. I pochi che mi seguiranno nell’ultimo viaggio saranno l’innodell’indifferenza, dell’ipocrisia e del passatempo. Il mio passaggio nel vento sarà sentito dapochi che si possono contare su una mano monca. A tutti dirò che «sono ancora qua».Ribadirò che al «diavolo» non si vende la vita. Ma la si regala per il rifiuto estremo delprofitto. Farò sentire che quando il freddo arriva poi va via nel vento. Senza voce grideròche è giunto il tempo di inventarsi un'altra diavoleria ma non saprò quale. Con la rabbianel cuore, con l’odio, l’amore dirò che «eh già, sono ancora qua». Resterò in bilico nonsapendo che cosa ci sia al di là.

(Francesco Piscioli, Trento)

Quando sarà il momento i pochi amiciche restano sanno già che il mio ultimosaluto nei loro confronti avrà comecolonna sonora il grande vecchio zio,Frank Zappa. Per l'esattezza vorrei farsentire al popolo bue che miaccompagnerà due brani: The TortureNever Stops (Zoot Allures) brano adatto anoi peccatori che siamo rimasti rinchiusifino alla morte nella nostra prigioneimposta dalla società e dalla religione eche forse da morti, riusciremo a liberarci. Watermelon in Easter Hay (Joe's Garage ActIII), il più bello, struggente e indimenticabile «a solo» di chitarra zappiana. Unamelanconica dolcezza pari al Requiem di Mozart, che forse riuscirà a fare scenderequalche lacrimuccia a vecchi amici freak rotti a tutto, ma oramai rincoglioniti datelevisione, berlusca et similia ed altri generi di amenità. Quando poi morirò miiscriverò a Facebook e come mia foto metterò la copertina di Hot Rats con la miafaccia al posto del grande Frank Zappa.

(Bertoli Enzo, Vigone, To)

RITMIPAGINE ■ DALLA DIFFIDENZA INIZIALE DEI MEDIA AL CULTO DEI FAN

«The Beatles in Italy»,l’invasione softdegli scarafaggi

Nel libro, curatoda Franco Brizie Maurizio Becker,una raccoltadi articolie intervisteche raccontanoi Fab Fournel nostro paese

LA CANZONE GIUSTA AL MOMENTO SBAGLIATO.

QUALE PEZZO VORRESTI

CHE VENISSE SUONATO AL TUO FUNERALE?

Raccontaci in massimo 1.250 caratteri (spazi inclusi)

le incredibili, folli e vitalissime motivazioni

che ti hanno indotto a scegliere quell’artista o

quel gruppo.

Gli scritti vanno firmati e inviati via e-mail a [email protected] si riserva

il diritto di pubblicare e di editare i testi

a seconda delle esigenze redazionali.

E comunque, live on!

di GABRIELLE LUCANTONIO

Il libro fotografico The Beatles inItaly-Come li raccontava la stampadell'epoca (Arcana edizioni, 240pagine, 35 euro), realizzato daFranco Brizi e musica MaurizioBecker, mostra come i Beatles sonostati accolti e descritti dalla stampaitaliana, dal 1963 fino al 1970. Unarealtà dei fatti che può sorprenderee che appare diversa da quanto lastoria di un gruppo così importantepoteva far presupporre. E comescrive Becker, nel sottotitolo del suodocumentato saggio, The Beatles vsItaly: A Soft Invasion, che apre illibro: «Se qualcuno, cinquant'annidopo, provasse a dirvi che in Italiaquello dei Beatles fu un successoannunciato, toglietegli pure ilsaluto».

Il successo dei Fab Four in Italia èstato laborioso, non scontato, «soft»appunto. Indipendentemente da ciòche riscuotevano allora a livellointernazionale. Ma gli italianiamano differenziarsi...

Appoggiandosi su alcuneinterviste realizzate per la scritturadel lungo testo introduttivo (tra glialtri ha incontrato Peppino di Capri,Rossana Lanfiuti Baldi, Fausto Leali,Gianni Minà e Ettore Bernabei),Becker ci guida nella loro difficileconquista del Bel Paese. Siamo nel1963 e l'era di Internet è lontana.Una testimonianza di Peppino diCapri: «Vedevo questi dischi deiBeatles circolare sulle scrivanie dellaCarisch, senza che nessuno sidecidesse a pubblicarli. E gli dicevo:’Ma che aspettate?’. Ma loro non cifacevano caso, non ne vedevano laragione, lo consideravano uno deisoliti gruppi». Di Capri prosegue:«Anche Girl stava lì, in mezzo a unapila di dischi inascoltati, allora io lapresi e la misi sul giradischi davantia loro. E ancora una volta gli dissi:’Ma sentite che atmosfera, è unameraviglia, sembra una canzonenapoletana’. Al che il direttoreartistico mi lanciò un'occhiata erispose: ’Ma le piace così tanto? Lafaccia lei allora...’ Fu così cheregistrai la versione italiana di Girl,che infatti uscì sul mercato tre oquattro mesi prima di quella deiBeatles».

Queste interviste di testimoni diprima mano ci aiutano a ricostruiremeglio il passato, a capire comeallora l’Italia percepisse i Fab Four.Tra di esse c'è quella di una delleprime fan, Rossana Lanfiuti Baldi,che fondò a Cagliari l’Official ItalianBeatles Fan Club, collegato alla sedecentrale di Londra. «I pacchi dilettere mi arrivavano direttamenteda Londra (...) Anzi, spessosuccedeva che arrivasse della postaindirizzata ai Beatles alla casadiscografica italiana, allora loroimbustavano tutto e spedivano aLondra, e da Londra il paccotornava a me», ricorda. Gliappassionati dei quattro diLiverpool in pochi mesidiventeranno talmente numerosi(furono stampate oltre 1500 tessere)da rendere alla Lanfiuti Baldidifficile la gestione del fan club.

La Beatlesmania in Italia è statalenta e graduale, ma in breve tempocrebbe fino a raggiungere i livelli dialtri paesi, europei e non solo. Ma

non sembrava ancora esplosadurante la preparazione del tourche si sarebbe svolto nel nostropaese dal 14 al 28 giugno 1965. E fuinfatti per questo motivo che aiBeatles furono concessi palchi noncerto all’altezza della loro fama, dalVigorelli di Milano al Palazzettodello Sport di Genova, fino al teatroAdriano di Roma. E la band fuaddirittura ignorata dalla televisioneitaliana che rifiutò di trasmettere ilconcerto romano. L'allora direttoredella Rai Ettore Bernabei ne spiega imotivi: «Ci trovammo tuttid'accordo sul fatto che quello nonfosse un fenomeno culturale dafavorire, ma una semplice, perquanto imponente, speculazionecommerciale e ideologica. E ingenere allora alla Rai - che prima ditutto era una televisione di serviziopubblico - non si dava appoggio aoperazioni di questo tipo. Noieravamo per la musica armonica -perché l'universo si sviluppa in base

a delle regole di armonia, in sensolato - e questa invece ci sembravamusica disarmonica, i Beatles cometutto il cosiddetto rock».

Una diffidenza e una sufficienzadei media che si ritrovanell'antologia della stampa italiana,presentata nel volume, e compilata

principalmente da Franco Brizi. Neiprimi articoli usciti nel 1964, i titolisembrano parlare chiaro: «Ma chisono questi Beatles», «L'invasionedegli scarafaggi» (sottotitolo: «Intutto il mondo è l'ora dei Beatles, lamalattia contagerà anche l'Italia?»),«I loro dischi piacciono, le lorostravaganze meno», «Beatles comemosche», «Un ciclone chiamatoBeatles» ecc... C’era forseconsapevolezza dell'enormesuccesso ottenuto dal gruppoinglese, ma sembrava non lo sicomprendesse, anzi che addiritturalo si snobbasse, come dimostraquesto estratto di un articolopubblicato su Tutta musica il 7marzo 1964: «Hanno conquistato iprimi posti nelle classifiche divendita di mezzo mondo urlandocanzoni che compongono senzasapere la musica e suonando conenormi amplificatori chetrasformano gli echi in mostruosibarriti». O ancora, sulla stessarivista, il 25 aprile 1964: «Lamaggioranza afferma che tra ilpubblico dei ragazzi italiani

difficilmente si potranno verificaremanifestazioni di fanatismo, come èavvenuto in Inghilterra». Ma colpassare del tempo le cose prendonoun’altra direzione, tanto che, comedimostra il libro stesso, da un certopunto in avanti sembra diventareimpossibile parlarne male. «I

Beatles alla ricerca di suonistraordinari» titola La domenica delCorriere dell'11 luglio 1967 o ancorasul numero di Giovani del 29 giugno1967 si parla di un referendum sulnuovo disco dei Beatles, con pareredi alcuni cantanti e cantautoriitaliani come Mario Tessuto e RickyGianco.

Nel libro, c'è anche una piccolaparte dedicata alla memorabilia,con riproduzioni dei biglietti alteatro Adriano e di diversi cimeli dacollezionista, per i cultori dellamusica beat di quegli anni.

Alcuni provengono dall'OfficialBeatles Italian Fan Club, come lecopertine dei 45 giri stampati pernatale o il tesserino di membroufficiale. Ci sono monete,francobolli o bambole gonfiabili conla loro effige.

The Beatles in Italy è un libroesaustivo che sa emozionare, unavera «bibbia», necessaria perillustrare al meglio la storia di ungruppo leggendario e per studiareun fenomeno musicale attraversoun punto di vista non scontato.

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MarillionTorna in Italia la prog band inglese (nellafoto) per un concerto diviso in dueserate.Milano MARTEDI' 22 E MERCOLEDI'23 GENNAIO (ALCATRAZ)

Robert HampsonL'ex leader dei Loop e dei Main,personaggio fondamentale dell'avantrock inglese tra gli anni Ottanta eNovanta, di nuovo sulle scene.Milano GIOVEDI' 24 GENNAIO(O' ARTOTECA)Perugia VENERDI' 25 GENNAIO (LOOP)Rimini SABATO 26 GENNAIO (NEON)

Karma to BurnLo stoner rock della formazione Usa.Montecchio Maggiore (Vi)SABATO 19 GENNAIO (E20 UNDERGROUND)Torino LUNEDI' 21 GENNAIO (UNITED)Roma MARTEDI' 22 GENNAIO (SINISTERNOISE)

Amusement Parkson FireLa formazione di Nottingham suona unasorta di art rock.Milano SABATO 26 GENNAIO (LIGERA)

Useless EatersPrimo tour europeo per la band garagerock di Nashville capitanata da SethSutton e che come primo bassista haavuto lo scomparso Jay Reatard.Bologna SABATO 26 GENNAIO (COVO)

Ulan BatorLa band francese che si muove a metàtra un post rock spigoloso e un popessenziale.Pomigliano d'Arco (Na) SABATO19 GENNAIO (FIRST FLOOR)Reggio Calabria DOMENICA20 GENNAIO (RANDOM)

BretonIl collettivo arty londinese di nuovo inItalia.Segrate (Mi) MERCOLEDI' 23 GENNAIO(MAGNOLIA)Torino GIOVEDI' 24 GENNAIO (SPAZIO 211)Bologna VENERDI' 25 GENNAIO (COVO)

IncognitoI pionieri dell’acid jazz britannico.Milano SABATO 19 GENNAIO (BLUE NOTE)

John MedeskiL'avant jazz del tastierista statunitense.Ferrara SABATO 19 GENNAIO (JAZZ CLUB)

Asian DubFoundationTra gli esponenti principali delmovimento «new asian underground».Marghera (Ve) SABATO 19 GENNAIO(CS RIVOLTA)

Giardini di MiròLa post rock band reggiana con unlavoro dal titolo benaugurante, GoodLuck.Torino SABATO 26 GENNAIO (SPAZIO 211)

Marlene KuntzDal vivo la rock band piemontese.Livorno SABATO 26 GENNAIO (THE CAGE)

Offlaga Disco PaxProsegue il Gioco di società del trio

reggiano.Genova SABATO 26 GENNAIO (TEATRODELL'ARCHIVOLTO)

Piero Bittolo BonIl sassofonista si esibisce con il suoSpecial Quartet.Faenza (Ra) MERCOLEDI' 23 GENNAIO(ZINGARO' JAZZ CLUB)

Franco FergusonIl collettivo romano organizza i suoiImproring tra la capitale e Viterbo,invitando associazioni «sorelle». Pergennaio Improring with Acre, AmazingConcerts di Acre e Luz.Roma MERCOLEDI' 23 E GIOVEDI'24 GENNAIO (FORTE FANFULLA, 30 FORMICHE)Viterbo VENERDI' 25 GENNAIO (QB JAZZCLUB)

Luigi TessarolloHammond TrioIl chitarrista guida in tour unaformazione con Alberto Gurrisi e ilbatterista americano Adam Nussabum.Bologna GIOVEDI' 24 GENNAIO (CANTINABENTIVOGLIO)Corciano (Pg) VENERDI' 25 GENNAIO(RICOMINCIO DA TRE)Ferrara SABATO 26 GENNAIO (JAZZ CLUB)

Novara Jazz WinterLa rassegna inizia il 19 con il duo traAnat Fort e Gianluigi Trovesi.Novara SABATO 19 GENNAIO(AUDITORIUM ISTITUTO BRERA)

Casa del JazzLa struttura offre i concerti di AntonioRagosta Septet, Israel Varela Group conKamal Musallam, Alessandro Cipollaricon O’Ray Blues Band. Gerlando Gattocura guide all’ascolto: il 23 Un viaggio nelbop, con il chitarrista Nicola Mingo.Roma SABATO 19, DOMENICA 20,MERCOLEDI' 23 E VENERDI' 25 GENNAIO(CASA DEL JAZZ)

Aperitivo in ConcertoPunkt@The Manzoni: nomedell’ensemble e prima mondiale (incollaborazione con il Punkt Festival) peruna formazione euroafroamericana.Comprende Arve Henriksen, EivindAarset, Jan Bang, Erik Honoré e HamidDrake.Milano DOMENICA 20 GENNAIO (TEATROMANZONI, ORE 11)

Parco della MusicaRecital in solo del percussionistaMichele Rabbia, uno dei più interessantiartisti del jazz e della musicacontemporanea.Roma MARTEDI' 22 GENNAIO (AUDITORIUMPARCO DELLA MUSICA)

XIX Atelier MusicaleLa rassegna, intitolata «Ritorni»,propone un incontro di liberaimprovvisazione tra il piano di EnricoIntra e la batteria di Tullio De Piscopo.Milano SABATO 26 GENNAIO (AUDITORIUMG. DI VITTORIO)

IL SUONONEL SILENZIO

A CURA DI ROBERTO PECIOLA CON LUIGI ONORI ■ SEGNALAZIONI: [email protected] ■ EVENTUALI VARIAZIONI DI DATI E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ

ULTRASUONATI DAVIOLA DE SOTOGIANLUCA DIANAGUIDO FESTINESEGUIDO MICHELONELUIGI ONORI

«Il silenzio - dice John Cage nel 1966,intervistato da David Sylvester (ora inJohn Cage, Castelvecchi, Roma, p. 55)- è dato al mondo. Siamo immersi in unmondo di suoni. Noi lo «chiamiamo»silenzio, quando non sentiamo uncollegamento diretto con le intenzioniche producono i suoni. Diciamo che c’èsilenzio quando, a causa della nostranon-intenzione, ci sembra che non cisiano suoni. Quando ci sembra che cene siano tanti, diciamo che c’è rumore».Rumore e silenzio vengono sempre piùspesso analizzati nelle svariateramificazioni degli studi di filosofia,estetica, semiotica, scienze naturalianche in rapporto al suono musicale, inmodo da osservare e analizzare lemetamorfosi che la nostra civiltà delleimmagini sta attuando verso ineditipercorsi oggi definibili audio-tattilo-visivi.Nella musica il silenzio è fondamentale,come spiega Sergio Cipolani in Per unastoria del silenzio (Mursia, Milano, p.147), perché esiste prima che inizi ilconcerto, come pure negli intervalli tranota e nota: esperto di acusticaambientale e architettonica, l’autorespinge quindi il discorso sul silenzioverso una logica multidisciplinare in cuiantropologicamente spazia dai contestisociali agli aspetti psicologici e religiosi,non senza ovviamente citare il paradigmadi John Cage in 4’ 33’’, al quale peraltro èdedicato un intero libro.

¶¶¶INFATTI Kyle Gann ne Il silenzionon esiste (Isbn, Milano, p. 175) ribaltain parte le teorie precedenti,sostenendo come la celeberrima pièce -dove è prevista un’esecuzione alpianoforte con il pianista a bracciaconserte per tre minuti e trentatrésecondi - resti il fulcro di un iter creativoche, prima e dopo, con o senza Cage,porti a esiti artistici rivoluzionari,giocando proprio sul valore estremo delsilenzio medesimo. Si è ormai nel campodell’estetica concettuale e per taleragione vale la pena leggere il J. KevinO’Regan di Perché i colori nonsuonano (Raffello Cortina Editore,Milano, p. 332), dove il problema dellapercezione si sposta dall’orecchioall’occhio per giungere scientificamentea una nuova teoria della coscienza, quiintesa, con gli strumenti della psicologiasperimentale, non quale astrattamonade del cervello, bensì comequalcosa che l’essere umano compie indipendenza dai molti modi in cui siinteragisce con la realtà circostante.

Dream pop e dark wave sono i campi da cuiprendono linfa vitale i tre ragazzi di Brightonche rispondono al nome di Esben andThe Witch e guidati dalla vocalist RachelDavies. Dopo l’esordio del 2011 tornanocon Wash the Sins not Only the Face(Matador/Self), un lavoro in cui lereminiscenze Siouxsie/Cocteau Twinsrestano forti ma riviste con un occhio menoderivativo rispetto al passato. Una raccoltadi canzoni emozionanti. Da una Rachelall’altra. Parliamo della canadese RachelZeffira, già nota come parte dei Cat’s Eyes.Per il suo esordio solista, The Deserters(Raf/Self), lascia le sonorità anni Sessanta e sigetta tra le braccia del pop etereo ebarocco, il tutto partendo da una cover deiMy Bloody Valentine (To Here Knows When).Un disco gradevole, senz’altro, ma non ci fasobbalzare sulla poltrona. Una assolutasorpresa invece ce la regalano tre ragazzeromane, le TreesTakeLife. Il loro debuttodiscografico, dal titolo omonimo, consta di15 brani (forse un po’ troppi, però)prettamente strumentali, dove fanno laparte del leone i suoni di pianoforte e archi,ma con anche un uso attento e dosatodell’elettronica. Pop delicato e fortementecinematico. Brave! (Roberto Peciola)

Songs from New Orleans. Compilazionecelebrativa per Allen Touissant da partedella Ace Records Rolling with the Punches, ilsongbook del vecchio leone. Si vince facilequando si includono incisioni dal 1961 a oggidi uno dei più grandi della Crescent City.Una su tutte? Everything I Do Gonna Be Funky(From Now On). Si prosegue con JohnBoutté e il suo nuovo All About Everything(Bouttleworks). Il vocalist, salito alla ribaltaper la sigla della serie tv Treme, stampa undisco con una produzione imponente. Tantepartecipazioni per dodici brani (quasi tutti dialtri) che interpreta con passione, passandodal jazz pop, al folk locale, alla canzoneamericana. Bello, ma non aggiunge nulla dinuovo. A proposito di Treme, esce ilsecondo volume della relativa ost Treme-Music from the Hbo Original Series-Season 2(Rounder). Procede benissimo il serialtelevisivo e altrettanto le pubblicazionidiscografiche. In questa le cose meno noteche spiccano per interesse arrivano da gentecome Galactic assieme a Juvenile e DirtyDozen, Hot 8 Brass Band, Dj Davis & TheBrassy Knoll, The Iguanas. Ma il colpo alcuore lo da il cajun La danse de Mardi Grassuonato da S. Riley, The Faquetaique MardiGras e S. Earle. Imperdibile. (Gianluca Diana)

FEMALE POP

Esben, la stregacon la faccia pulita

PIANO JAZZ

Enrico Pieranunzi,liriche mutazioni

NEW ORLEANS SOUND

Vecchi leoninella Crescent City

JAZZ DUO

Le mille formedi Paoli e Rea

DAVIS COENHARD LUCK CAFE (Soundview Rec)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Lo ha fatto di nuovo. Un grandisco, con al solito qualcosa in piùrispetto al precedente. Questione diesperienza acquisita sulla strada. Coenprende il via per i suoi viaggi musicali daMemphis. La genesi ovviamente nel miticostudio di Jimbo Mathus (presente neldisco) laggiù nelle Hills. E poi dieci canzonidove langue leggero e friabile l'americanasound (Good Conversations), intrisa di bluessporco e polveroso (Mile After Mile, BrandNew Version of Same Thing). Ha le mani nelfango, quando suona Lost Shirt Blues. Ci stadentro e di brutto. Acme: Anelle. (g.di.)

CONSOLMAGNO/SALVATORI/SPINACIFLOWING SPIRITS (Red Records/Ird)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Un sax coltraniano, senza essernepuro calco mimetico, quello di NicolaSalvatori, una chitarra elettrica che simuove con grande libertà, sotto le dita diSalvatore Spinaci, il bric a brac percussivodi quel folletto dei battiti che è PeppeConsolmagno: tutto questo, assieme,costruisce il suono pieno ed empatico diFlowing Spirits, registrato dal vivo al JazzVillage di Pesaro nel 2011. Una sorta dimaturo e per nulla effettistico etnojazz èqui all'opera: ma nutrito, appunto, diColtrane, Coleman, Garbarek... (g.fe.)

ANGELO OLIVIERICAOS MUSIQUE LIVE@CASA DEL JAZZ (TerreSommerse)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Il cd documenta un concerto delmarzo 2010 quando il trombettista ecompositore rinnovò dal vivo il sodaliziocon il violoncellista Vincent Courtois, ilbatterista Marco Ariano e Antonio Pulliall’elettronica. In dieci composizioni (afirma di Olivieri, tranne una rilettura daBrassens) si viaggia dentro una musica oradensa ora rarefatta, sempre giocata sul filodi una libera improvvisazione «guidata».Attraverso idee tematiche, dinamiche,variazioni timbriche Caos musique traccia iconfini di un jazz ispirato e rischioso, chepiega la tecnica all’espressività. (l.o.)

STEFANO PASTORSONGS (Slam Records)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Forse il padre nobile di questasplendida avventura sonora del violinistaavantgarde Pastor è Mario Schiano: ancheil vulcanico sassofonista partenopeoamava alternare allo strumento la voce,pulita e melodiosa. In Songs tutto (anche labatteria, i fiati, i synth, l'organo) è«ricostruito» col violino da Pastor, conaccorgimenti da alchimista sonoro: il tuttoa contornare una voce d'angelo che regalacarezze melodiche che non è possibilenon rapportare al «soffio» di Chet Baker,anche quando il materiale, come PurpleHaze di Hendrix, è robusto assai. (g.fe.)

FABRIZIO SAVINOARAM (Alfamusic/Egea)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Nelle note di copertina un signorveterano della scena jazz italiana, iltrombettista Flavio Boltro spende paroledi riconoscimento per il chitarrista Savino:che le merita tutte. Il giovane strumentistapugliese ha dalla sua tocco, attacco deciso,un piglio assertivo che mai smarrisce lacantabilità delle linee melodiche. Merito diattitudine, ma anche di molto studio. Ilsuono si è fatto più acustico, ma non neha perso la forza dei brani, né la coesionedi un precisissimo quartetto. (g.fe.)

SULA VENTREBIANCOVIA LA FACCIA (Ikebana/Goodfellas)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Tornano i Sula Ventrebianco conun nuovo, interessante lavoro. Undicitracce liquide e fluttuanti che scuotonol’ascoltatore e lo spronano a liberarsi dalleimposizioni; nessuno brano è uguale a unaltro, ma tutti si inseriscono in un quadrogenerale di sonorizzazione distorta:talvolta con metriche che si rincorrononervose, talvolta con melodie graffianti ealtre con ballate riverberate. Un disco chesfugge a ogni catalogazione e uno stile nonintrappolato in alcun genere. (v.d.s.)

GIOVAN BATTISTA VIOTTIVIOLIN CONCERTOS (Decca)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ La Camerata Ducale del violinistaGuido Rimonda torna a reinterpretarel’integrale del geniale compositore diFontanetto Po (1755-1824), quasi subitocaduto nell’oblio;Rimonda presenta almondo un musicista all’epoca noto estimato da tutti, in Francia e in Inghilterra.Il Concerto n˚ 24 è un fulgido esempio delvirtuosismo che Viotti stesso esercitava alviolino, di cui aveva rinnovato l’usodell’archetto. E Rimonda ne offreun’interpretazione magistrale. (g.mic.)

Il duo jazzistico può avere mille forme evarianti. L’incontro tra il repertorio di GinoPaoli e il pianoforte duttile e sensibile diDanilo Rea (Due come noi che..., Parco dellaMusica) mostra come la canzone sappiaalimentare il jazz (la versione strumentale diBocca di rosa è folgorante) e comel’interpretazione vocale, intrecciata a quellapianistica, generi ulteriori capolavori (Albergoa ore è struggente e antiretorica). La trombavirtuosa di Fabrizio Bosso e l’accordion«nomade» di Luciano Biondini (Face toFace, Abeat) si incontrano, invece, su terrenisonori diversi: dai pezzi originali a NinoRota, dalle ballad a Brahms, dall’Africa alBrasile. Diversità timbrica, interazione trastrumento armonico e monofonico,poliedricità dei musicisti favoriscono unmeeting che mette in luce bravurastrumentale coniugata a sensibilità (Prendereo lasciare e Il gattopardo). Uno scontro/incontro tra registri gravi c’è in Sonidos de latierra (Universal); protagonisti clarinettobasso e sax baritono di Carlo Actis Datoe contrabbasso di Baldo Martìnez. I novebrani, spesso basati su pedali o riff,esplorano le scure, terrose risonanze diance e corde, in una dialettica che va dalludico al drammatico. (Luigi Onori)

Permutation: una «mutazione» che colpiscedai primi secondi, per il grande pianistaromano. Non che sia mai mancata, alladiteggiatura sontuosa del nostro, unarobusta caratura ritmica. Ma qui, conScott Colley al contrabbasso e AntonioSanchez alla batteria, non troverete senon in qualche episodio il tratto più liricoed intimista di Enrico Pieranunzi: c'èinvece un tocco prepotentemente elasticoe ritmico, evidentemente galvanizzatodalla situazione di primus inter pares condue mostri sacri. Tutte composizioni diPieranunzi, splendide una per l'altra edestinate a durare. La temperatura ritmicascende, in favore del consueto moodintrospettivo (e forse non potrebbeessere altrimenti) nel nuovo, ottimolavoro dello scandinavo Bobo Stensoncon il suo trio consolidato (Indicum, Ecm).Temi tratti da un repertorio atrecentosessanta gradi: da Bill Evans aGeorge Russell, da Carol Nielsen a WolfBiermann. Stenson non è lontano, comeatmosfere prescelte e tocco, daEquilibrium, appropriato titolo per ilsecondo lavoro del pianista (e matematicoricercatore!) tedesco Benedikt Jahnelcon il suo Trio. (Guido Festinese)

DI GUIDO MICHELONE

ON THE ROAD

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VIDEOGAMES

IL LIBRO

Mario,le luci,le ombredei suoiprimi 10anni di vita

di FEDERICO ERCOLE

●●●Super Mario si è cimentato inquasi tutti i generi videoludici,delegando l’horror light a suofratello nel delizioso e inquietanteLuigi’s Mansion. Non esiste ancorauno sparatutto in prima persona e,confidando nell’illuminata graziadegli Sfavillotti, non esisterà mai.Tuttavia l’idraulico è il reincontrastato dei platform in due etre dimensioni, la cui eccellenza èsolo raramente eguagliata dagioielli come Rayman Origins.

Esiste un altro genere in cuiMario eccelle, quello dei giochi diruolo, fin dal 1996, quando uscìLegend of The Seven Star,collaborazione astrale e unica traNintendo e Squaresoft. Dopocapolavori come Mario e LuigiSuperstar, Paper Mario e il PortaleMillenario, Mario e Luigi Partnersin Time, Super Paper Mario, Marioe Luigi Viaggio al Centro di Bowsersi può affermare che alcuni tra imigliori giochi di ruolo giapponesidegli ultimi quindici anni hannocome protagonista l’omino baffutoinventato da Shigeru Miyamoto.Tra questi spicca per originalità evalore estetico e teorico la serie«Paper», laddove Fungolandia e isuoi abitanti vivono nella sottileforma di fogli di carta in unarappresentazione virtuale di queimagici libri-gioco che se sfogliaticostruiscono meravigliantiarchitetture di fibre cellulosiche.

È arrivato il nuovo Paper MarioSticker Star di Intelligent Systems,incursione della serie nelle tre

dimensioni del 3DS e,sorprendentemente, i suoielementi da gioco di ruolotradizionale sono rari, celati nellamacrostruttura, poco evidenti. Sitratta di un’avventura fondatasull’immaginazione, la strategia el’esplorazione con alcuni aspettiche rimandano a un genereclassico, computeristico, dellastoria dei videogiochi, quello dei«punta e clicca». Una rivoluzioneinevitabile e coraggiosa che rendequesta serie sperimentale efilosofica un’invenzione semprepiù spinta, impegnata,impegnativa, spassosa e amabile.

La trama può sembrare scontataperché c’è l’intervento del solitocattivo Bowser che frammenta unacometa incantata e si impadroniscedei suoi poteri collantitrasformando Fungolandia in unmondo che ubbedisce alle leggidegli sticker, gli adesivi. Ma è nellemicro-storie, nei momenti piùbrevi e intensi che questo PaperMario scintilla e diventa un granderacconto. Nell’anno wagnerianonon risulterà esagerato o offensivocitare Nietzsche quando dice che ilmusicista e poeta nato a Lipsia il 22maggio di duecento anni fa «è ilmaestro dell’assolutamentepiccolo». Un simile magistero nellapiccolezza applicato ai videgiochilo dimostrano gli artisti diIntellegent System in questo PaperMario.

La giocabilità ruota tutta attornoagli adesivi e il loro utilizzo, sistaccano dagli scenari, sicomprano, si utilizzano nellebattaglie e per risolvere enigmi chetalvolta sono astrusi quantogratificanti da sciogliere. PaperMario Sticker Star non è un giocosemplice, richiede dedizione,riflessione e tempo ma districarsitra la le sue profondità cartacee eappiccicose premia con visioni dirara bellezza, grazie allacombinazione tra l’effettotridimensionale della consoleportatile e la piattezza delle duedimensioni.

Tornando di nuovo al Nietzschecontra Wagner e parafrasando loscritto del filosofo, in Paper MarioSticker Star, grazie agli IntelligentSystem, nell’arte dei videogiochisono state aggiunte molte cose chefino ad oggi sembravanoinesprimibili, persino indegne diessa. La poesia di un adesivo aforma di ventilatore, sotto un cielostellato, che muove le pale di unmulino a vento.

Così parlòSuper MarioUn’altraaffascinanteavventuradell’idraulicodi origine italiana:«Paper MarioSticker Star»,in difesadi Fungolandia

di FRANCESCO MAZZETTA

●●●La «biografia» di Mario, ilpersonaggio-icona della Nintendo, èla dimostrazione (ennesima) dicome, per i fan del colossovideoludico nipponico, valga ilgiuramento che gli sposipronunziano di fronte al sacerdotedurante il rito nuziale: «fedelesempre, nella gioia e nel dolore...».Anche quando non si tratta di«semplici» fan, ma anche diprofessionisti e critici videoludici,come il francese William Audureauche ci offre (grazie alla traduzionecurata dalle edizioni Multiplayer.itLa storia di Mario) un rispettabile edocumentato tomo di oltre 400pagine sui primi 10 anni di vitadell'idraulico italoamericano: dal1981 al 1991 (anche se in realtà lacesura è il 1993), dalla nascitadell'ancor anonimo personaggio

all'interno di Donkey Kong fino allungometraggio hollywoodiano adesso dedicato: la prima operacinematografica esplicitamenteadattata da un videogioco.

Il problema di questa professionedi fede non riguarda l'occultamentodelle difficoltà o delle contraddizionidella casa nipponica, mostrateinvece in tutta la loro evidenza, mapiuttosto che pure con tutta laquantità di dati messi a disposizionerelativamente a Mario/Super Mario,alla sua ideazione, alle varie fasi delsuo sviluppo, ai vari titoli pubblicati,a tutto l'universo che lo circonda,agli autori - in particolare ShigeruMiyamoto e Takashi Tezuka - allaNintendo, alle consolle,all'ascesa-declino-nuova ascesa deivideogame, Audureau non riesca atentare una riflessione critica sullamateria che pure presenta. Eppuregli elementi li mette tutti in fila,basta, come in un gioco enigmistico,unire i puntini.

Nintendo è sicuramente l'aziendavideoludica leader a livellomondiale, tanto è vero che le altres'ispirano ai suoi brevetti per lerispettive soluzioni (ad esempio:Move e Kinect non sono che leversioni di Sony e Microsoft delcontroller a sensore di movimentoinaugurato con Wii), maparadossalmente questa leadershipviene raggiunta nonostante errorianche clamorosi.

E illustra Audureau tali errori condovizia di particolari. Come adesempio, all'inizio della sua carrieravideoludica, quando Nintendo nonriconosce immediatamente ilpotenziale simbolico di Mario. Ilgioco che viene affidato a Miyamoto,

in particolare per promuovere laneonata divisione americana dellaNintendo, in origine eral'adattamento videoludico di Bracciodi Ferro, ma la mancata acquisizionedei diritti fa sì che il gorilla DonkeyKong prenda il posto di Bruto eun'anonimo carpentiereitaloamericano quello di Braccio diFerro. Nonostante i giocatoricontrollassero l'omino, che il giocofosse dedicato al gorilla lo dimostrail suo stesso titolo e che nel seguito,Donkey Kong Jr. (1982), il cattivofosse proprio l'omino che avevaimprigionato Donkey Kong che ilgiocatore aveva il compito diliberare controllandone il cucciolo.

La creazione e il riconoscimentodi Mario come personaggio simbolodell'azienda giapponese non soloperciò è fortuito, ma sarebbe anchepotuto non arrivare mai se DonkeyKong non fosse stato accusato dallaUniversal di plagiare il personaggiodi King Kong. Per quanto risibilefosse la causa, ebbe l'effetto che lanecessità di produrre nuovi giochiche cautelativamente non facesseromenzione dei gorilla ma checontenessero riferimenti ai successipassati fece riportare in auge Marioche ottenne il nome, un nuovolavoro ed un restyling del gameplay.

O come succede per il filmdedicato al personaggio, di cui peraltro Audureau minuziosamenteracconta le traversie - l'avversionedei due più famosi interpreti: BobHoskins e Dennis Hopper;l'interminabile riscrittura dellasceneggiatura, anche durante leriprese; il disinteresse per esso daparte di Nintendo; il flopcommerciale, ecc. - solo perconcludere: «Sicuramente non èperfetto e non è particolarmentefedele. Ma per quella sua aura

bizzarra e sorpassata, vale più diquanto si possa pensare e riesce amettere in scena un gioco che, forse,era semplicemente impossibile dariadattare». Probabilmente a nonmolto varrebbe contestare che filmmigliori sono stati prodotti davideogiochi ancor meno «narrativi»come Mortal Kombat e Dead OrAlive. Il libro di Audureau è pertantouna miniera di informazioni e di datisull'ascesa del fenomeno Mario mauno sguardo critico, che riesca acogliere e a spiegare come lestrategie del colosso nipponicos'intersechino con le dinamichedella diffusione dei videogiochi èancora da scrivere.

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ANARCHY REIGNS

ESTETICA TECNOHORROR PUNK

NINJA GAIDEN RAZOR’S EDGE

SOLDATI, DINOSAURI,MOSTRI E DEMONI

RATCHET AND CLANK: QFORCE

È TORNATALA STRANA COPPIA

Nelle immagini Super Marioe scene tratte da «Anarchy Reigns»,«Ninja Gaiden Razor’s Edge»e Ratchet and Clank: Qforce»

di FEDERICO ERCOLE

●●●Oggi nel mondo deivideogiochi non regna piùl’anarchia, salvo che in qualche raraisola felice e creativa che producepiccoli giochi trascurati o giochienormi e sottovalutati. Regna unatetra monarchia fondata sul profitto,sulla ripetizione delle idee, sultimore della risposta del pubblico edi metacritic, sulla pubblicitàscorretta. È un prodigio che escanoancora tanti videogame degni diessere giocati. Uno di questi è

Anarchy Reigns, nuova opera d’arteper Ps3 e XBox 360 dei giapponesi diPlatinum Games, un ibrido stranoquanto seducente tra unpicchiaduro, un hack and slash e unfilm di Takashi Miike.

Qui l’anarchia - intesa non insenso sublime, genuino ebakuniniano, ma nella sua versionecaotica e apocalittica, un’anarchia instile Mad Max o Ken il Guerriero,un’anarchia «ignorante» da fumetto- regna davvero.

Gli stati che controllano gli esseriumani sono «stati così sciocchi», silegge nell’introduzione, da usare learmi nucleari e distruggersi avicenda. Gli esseri umanisopravvissuti sono mutanti orrendi,

semi-meccanicizzati e violenti.Qualcuno è malinconico e sofferentecome il cacciatore di taglie Jack, giàprotagonista del sanguinoso,magnifico, bianco e nero MadWorld. Tra un massacro e l’altro dicattivissimi segmentati dallamotosega a doppia lama che utilizzacome arma, Jack compiange lamorte della figlioletta, raccontata inuna scena struggente. La polizia l’hauccisa per sbaglio duranteun’operazione per liberare degliostaggi, piccola e povera vittimafittizia della crudeltà immane delmondo.

Anacronistico nella forma, ribellenella giocabilità e tecno-horror-punknell’estetica Anarchy Reigns includeuna campagna in single-player incui si può controllare il sovracitatoJack o il cupo Leo e che consiste inun esilarante esercizio di violenza«arcade» così diversa da quellaverista e più spaventosa di certisparatutto militaristici. Certamentemolto meno orribile di quella deivideogiochi della Nra, la paladinaUsa della armi da fuoco vere, che hacondannato - sembra una cosaincredibile - i videogame comeresponsabili della violenzacontemporanea eppure producegiochi elettronici dove si spara«solo» a bersagli non umani. Giochidi cui viene esaltato il realismo, checi insegnano davvero a sparare. Unaterrificante logica dell’ipocrisia.

Ma torniamo ai giochi «veri»: lacampagna in single-player diAnarchy Reigns, arricchita danotevoli segmenti narrativi, serve asbloccare i personaggi utilizzabilionline nella modalità mutiplayer,vero cuore del gioco. Si tratta diun’esperienza sorprendente, varia,ricca e godibile anche da chi detestail multiplayer online, dominato daglisparatutto, perchè lo trova unambiente che purtroppo è spessotroppo macho, fascista e infantilenel senso negativo del termine.Venduto a prezzo ridotto, costameno della metà di altri videogame,Anarchy Reigns è un videogiocoimperdibile destinato a scomparirepresto dai negozi e mai dai cuori dichi l’ha giocato.

di FRANCESCO MAZZETTA

●●●Da pochi giorni è uscito ilnuovo gioco dedicato alla coppia diRatchet e Clank: un Lombax (unasorta di piccola volpeantropomorfa) e il suo fido piccolorobot che si aggirano per la galassiaraddrizzando torti e facendo stragedi cattivi. Nel nuovo Qforce(esclusiva Sony per PS3 e PSVita) èevidente lo sforzo degli sviluppatoristorici della serie - Insomniac - dicercare una formula che dia unappeal nuovo alla serie. Lostratagemma individuato è diaggiungere ai due ingredienti giàpresenti (sparatutto in terza personaed esplorazioni di ricchi mondi 3D)

un terzo: la strategia. In Ratchet &Clank: Qforce infatti dobbiamo, neipanni di Ratchet, difendere le basisui singoli mondi da ondate diattacchi da parte di alieni dopo averliberato i nodi energetici che lealimentano dai presidi degli stessi.Uccidendo nemici e raccogliendogli usuali «bolt» (i bulloni cheotteniamo da casse, nemici uccisi,danneggiabili, presenti negli scenariesplorati, come ad esempio lepiante, e che fungono da valuta)possiamo acquistare armi edupgrade per difendere le nostrebasi. Il poter poi gestire la difesa inmodo cooperativo con amici onlinerende la cosa più interessante.

Certo non abbiamo di fronte ungioco particolarmente vario,nonostante l'introduzionedell'elemento strategico: la necessitàdi essere presenti alla difesa della

base durante gli attacchi (perchécomunque è Ratchet la difesa piùpotente potendo spostarsi - mentrele difese posizionabili sono fisse - escegliere di volta in volta l'arma adisposizione più adatta peraffrontare la specifica tipologiad'opponente) limita in manieraevidente tale elemento.

Chiaramente questa limitazionepuò essere aggirata giocando inmodalità cooperativa in modo chealmeno uno dei giocatori garantiscala difesa della base, mentre gli altrisi dedicano all'esplorazione, ma cosìle cose rischiano di diventare fintroppo semplici. Però è anche dadire che il target per cui è pensatoquesto gioco non è certo costituitodagli esperti di giochi strategici a làStarCraft, ma piuttosto da ragazzinie ragazzine il cui principaledivertimento è devastare ondate

apparentemente infinite di alienibrutti, antipatici e cattivi con uneroe simpatico e «furry».

A fratelli e sorelle maggiori èdedicata piuttosto la modalitàmultiplayer competitiva in cuioccorre darsi battaglia gli uni controgli altri dopo aver accumulatosufficienti bolt da allestire sia le

difese per la propria base sia leondate di alieni con cui assaltare labase avversaria.

Nonostante la sopra riportatamancanza di varietà il gioco si faapprezzare per gli stessi motivi deiprecedenti episodi: l'essere immersiin un mondo vario da esplorare ericco di oggetti da distruggere con

tanti nemici da sconfiggere insessioni sempre più forsennate conboss - durante l'ultimo assalto allabase, che sono gli unici che cidaranno davvero del filo da torcere,ma sempre con un'aria allegra escanzonata che sdrammatizza lacarneficina aliena che il titolo cipropone.

di FEDERICO ERCOLE

●●●Quando l’anno scorso è uscito Ninja Gaiden 3,orfano di Tomonobu Itagaki, geniale creatore della serie,pochi sono coloro che, innamorati della complessità e delrigore tecnico dei precedenti episodi, non sono rimastiferocemente delusi. Non che il gioco fosse orribile comealcune recensioni lo hanno dipinto, ma che fosse unvideogame mediocre e noioso è innegabile. Così glisviluppatori di Team Ninja si sono rimessi al lavoro edecco una versione riveduta e corretta del gioco: NinjaGaiden Razor’s Edge, per Wii U, la neonata consoleNintendo.

Sebbene non riesca a restaurare i fasti degli antichicapolavori questo remake si rivela un eccellentevideogame d’azione, godibile e a tratti entusiasmante. Èmolto più difficile della vecchia versione per Ps3 e XBox360, a tratti frustrante, ed è bellissimo da giocare su Wii U,

dove scorre a velocità supersonica in un trionfo di splatter.Scritto da uno dei più grandi sceneggiatori di videogame,Kato Masato, la trama non è certo all’altezza di altre sueopere «immense» come Chrono Trigger o Xenogears ma,nella sua delirante miscela tra meditazione sul senso dicolpa, catastrofi, alchimia, genetica e melodramma,possiede un fascino contorto, involontariamente comico etragico.

Possiamo finalmente usare armi diverse dalla katana,salire di livello e morire, se non siamo più che bravi,decine di volte. D’altronde Ninja Gaiden è sempre stato uninno al game over. In questa versione sono presenti duemissioni giocabili con Ayane, sex symbol iperbolico,oggetto del desiderio per Otaku, morbida assassina dallecurve montane che esegue letali danze sexy con le suedoppie spade. Da una bruciante Londra a una città inrovina nel deserto, da Parigi alla giungla. Contro soldati,dinosauri, mostri e demoni tagliamo e picchiamo conclasse, tecnica e disciplina, come eseguendo dei sofisticatiesercizi al pianoforte. Non produciamo note ma numericiarti amputati e litri di sangue finto che deflagracomponendo surreali pitture scarlatte.

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GREGORETTILIBRI

di ALBERTO CASTELLANO

●●●In sintonia con alcune nuovedefinizioni post-politiche deisoggetti sociali (soprattutto giovanistudenti, operai e precari)protagonisti della contestazioneglobale contemporanea, vale a diregli occupy, gli indignados, idisobbedienti ecc… il bel librodedicato da Luigi Barletta a UgoGregoretti rilancia la categoria dello«scostumato». Il titolo del volume,che sarà presentato il 23 gennaio aNapoli presso la libreria Guida conGregoretti, Barletta, Nello Mascia ePasquale Scialò, è infatti Scrittiscostumati (Alfredo Guida Editore,pp. 184, Euro 14) e rende conmaggiore efficacia l’essenza di ungrande uomo di spettacolo eintellettuale italiano «politicamentescorretto» ante litteram (ma ilconcetto di correttezza escorrettezza politica è diventato neltempo abusato, ambiguo,fuorviante, moralista e manicheo).

Il libro, che ha la prefazione diAndrea Camilleri e la postfazione diPasquale Scialò, direttore dellacollana «Identità sonore», raccoglieappunto gli scritti di Gregoretti (ilsottotitolo è «per uno zibaldonegregorettiano») in un arco di circa40 anni. Si tratta di scritti di variogenere (note di regia, lettere,articoli, prefazioni, presentazioni,testi d’autore per la radio, latelevisione e il cinema, ricordi,commemorazioni) che consentonodi ripercorrere la lunga carrieraartistica di Gregoretti,indissolubilmente legata allevicende del nostro Paese. Non èstato facile selezionare gli scritti frala miriade di brillanti ed ecletticielaborati di un personaggiovulcanico e prolifico, comesottolinea nell’introduzione lostesso curatore Barletta, giovanedocente universitario napoletanoche sul regista aveva già realizzatoil documentario Il favoloso mondodi G. Il cinema di Ugo Gregoretti:«Incentrare un testo sulla figura diUgo Gregoretti impone unproblema preliminare. È necessarioin prima istanza decidere qualedelle mille sfaccettature di questopoliedrico personaggio, unico nelpanorama culturale italiano, sivoglia affrontare: il giornalista eimpiegato Rai, l’autore, regista eattore cinematografico, l’autore,regista e presentatoreradiotelevisivo, il regista teatrale, diprosa e lirico, il politico, ilpresidente dell’Anac, l’expresidente dell’AccademiaNazionale d’Arte Drammatica, ildirettore del Teatro Stabile diTorino nonché fondatore edirettore artistico della rassegnateatrale “Benevento cittàspettacolo” e in ultimo il Gregorettiromanziere con la sua esilaranteautobiografia Finale aperto. Vitascritta da se stesso. Obiettivo diquesto libro è riuscire a offrire unapanoramica su tutti questi aspetti.Il filo rosso che lega gli scrittiraccolti è senza dubbiol’irresistibile carica ironica che harappresentato da sempre la cifrastilistica dell’autore. Egli assume

l’umorismo sia come categoriaermeneutica sia come chiaveespressiva dell’intera suaproduzione, artistica e non».

Naturalmente Gregoretti è statouno «scostumato» alla maniera sua,la sua scostumatezza non ha nulladi rozzo e poco educato perché hasempre espresso il suo dissenso, lesue critiche, la sua condizione dinon-riconciliato con garbo,leggerezza, eleganza, come precisa

Camilleri: «Ugo possiede in sommogrado quello che nel Settecentofrancese era chiamato ésprit definesse. Un misto di ironia,distacco, eleganza, raffinatezza».

Lo zibaldone organizzato in settecapitoli ((non) Note di regia, Ilteatrino di casa Gregoretti, La vispolemica, Lettere, articoli,prefazioni e presentazioni, Radio,televisione e cinema, Ricordi ecommemorazioni, Scrittiimpossibili), restituisce la staturaprofessionale, l’eclettismo, lagenialità, la destabilizzante ironiadi un uomo di spettacolo a tuttocampo, che si è misurato con le piùdiverse forme espressive (dalleinchieste giornalistiche alle messein scena operistiche, dai primiesperimenti di docufiction aglisceneggiati televisivi) sempre conuna forte carica innovativa eanticonformista, che harivoluzionato il linguaggiotelevisivo con programmi comeControfagotto (il suo esordio nel1961) e Sottotraccia, ma anche lacoerenza e la tensione morale di unintellettuale raffinato, di un autorecapace di intelligenti provocazioniculturali che ha pagato la nonappartenenza ad alcuna lobbydello spettacolo e la militanzacomunista senza piegarsi di frontealle numerose difficoltà artistiche,economiche e censorie, che haaffrontato con distacco, serenità eautoironia le censure, i veti, iboicottaggi, gli allontanamentidalla direzione dei teatri, dalla Rai,il prolungato esilio dal mondocinematografico. Qualunque sial’argomento trattato, gli scrittigregorettiani risucchiano in unapiacevole lettura e fanno(ri)scoprire una notevole venanarrativa che sotto la superficiedell’aneddoto, del ricordo, dellatestimonianza, dell’interventocritico veicola pensieri e riflessionidi alto livello. E allora è moltostimolante ma anche divertenteleggere le note di regia per le messein scena di alcune opere liriche,l’esilarante dizionario dellememorie d’infanzia partendo dalleparole che maggiormente hanno

segnato Gregoretti nei primi annidi vita, le polemiche in occasionedella sua versione televisivadell’Italiana in Algeri di Rossini del1976, quelle in occasione di un suoarticolo provocatorio in difesa dellaparolaccia televisiva, la lettera conla quale nel 1970 chiedeval’iscrizione al Pci, l’introduzione auna raccolta di poesie di Luigi DeFilippo, gli interventi sul cinemamuto napoletano, quello a unconvegno su cinema e psicoanalisi,quello sul difficile rapporto tracinema e televisione, le originaliriletture che ha fatto di alcuniclassici della letteratura con i suoisceneggiati televisivi, i racconti delgrande documentarista inparticolare del suo Apollon, unafabbrica occupata, uno dei miglioridocumentari italiani sulle lotteoperaie, il ricordo in occasionedella scomparsa dell’amico StefanoSatta Flores e di Luigi Comencini,le note sul montaggio da luicoordinato del film collettivo suifunerali di Enrico Berlinguer, leautointerviste e le recensioniimmaginarie.

Da questo prezioso magma sistaglia una figura diartista-intellettuale che nella suaparticolarità ed estremisticacondizione è paradigmaticadell’involuzione del mondo italianodella cultura e dello spettacolo.

Il 23 gennaioa Napoli,pressola libreria Guida,Ugo Gregorettipresentaquaranta annidi «Scrittiscostumati»

Al centro Gregoretti con Annie Girardote sotto con Nanni Loy sul set di «Le bellefamiglie» (1965);Renato Salvatori in «Omicron» (1963)

Politicamentemolto scorretto