Alias Il Manifesto 13.10.2012

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MUSICA » ARTI » OZIO SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 13 OTTOBRE 2012 ANNO 15 N. 40 ANTONIN ARTAUD RULLATE D’AUTORE DAKOTA STATON ADRIANO BARENGO BERTIL VALLIEN COSTRUTTORI DI BABELE CORRADO FARINA DAVID CARR SANKARA «VORREI UN GIORNALISMO CHE VA ALLA RICERCA DELLO STRAORDINARIO FRUGANDO NELL’ORDINARIETÀ, NEL MONDO COMUNE, VICINO, QUOTIDIANO. UN GIORNALISMO CHE RIFUGGE DALLE GENERALIZZAZIONI E CHE AFFRONTA IL PARTICOLARE, LO SPECIFICO, IL CASO UNICO»

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MUSICA » ARTI » OZIO SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 13 OTTOBRE 2012 ANNO 15 N. 40

ANTONIN ARTAUD

RULLATE D’AUTORE DAKOTA STATON

ADRIANO BARENGO BERTIL VALLIEN COSTRUTTORIDI BABELE CORRADO FARINA DAVID CARR SANKARA

«VORREI UN GIORNALISMO CHE VAALLA RICERCA DELLO STRAORDINARIO

FRUGANDO NELL’ORDINARIETÀ,NEL MONDO COMUNE, VICINO,

QUOTIDIANO. UN GIORNALISMOCHE RIFUGGE DALLE GENERALIZZAZIONI

E CHE AFFRONTA IL PARTICOLARE,LO SPECIFICO, IL CASO UNICO»

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Il sigaro Avanadi Mauro Rostagno

UOMINI LIBE

IL LIBRO ■ MADDALENA ROSTAGNO

Ricordo che sonopassati annie non abbiamotrovato una verità

di CHIARA PAZZAGLIA

●●●«C'è uno che fa il giornalista chese lo senti parlare 't'arrizzano i canni'.Questo parla di appalti, dice che tuttigli appalti in provincia di Trapanisono truccati» . ’Ti fa accapponare lapelle’, così dice Francesco MessinaDenaro, il boss del mandamento diTrapani, ad Angelo Siino, uno deicontabili della mafia, quello che gliappalti li organizzava, quello chefaceva da ponte tra imprenditori,famiglie mafiose e politici, quello chepagava il 2% alle famiglie e il 5% aipolitici, che sorride anche lui apensare che i politici gli costavano dipiù dei mafiosi, mentre rende la suadeposizione davanti al tribunale.Siino è un collaboratore di giustizia,sta riferendo di una riunione in unacasa al bivio di Trapani versol'autostrada. Era accompagnato daBalduccio di Maggio, il boss dellafamiglia di San Giuseppe Jato e daBiagio Montalbano, il boss diCamporeale, gli stessi che lolasciarono -in mezzo al guado- comedice lui, a discutere da solo conDenaro sul problema Rostagno.Denaro gli chiese di risolvere laquestione Rostagno, era inteso chedovesse parlare con l'editore dellatelevisione Rtc dove Rostagnolavorava, per chiedergli di intervenire.Così fece e sembra che per un paio disettimane il problema si risolse, delresto Siino a quel tempo, era amico diPuccio Bulgarella, l'editore e datore dilavoro di Rostagno. Avevano anchefatto diversi affari insieme, il contattoera sicuro, avevano già trattato conMessina Denaro per risolvere unprecedente problema in un cantiereedile a Gibellina; era chiaro cheavrebbero risolto la questione.Sembra però che poche settimanedopo, Rostagno si scatenò in nuovedichiarazioni alla tv, così ci riferisceSiino, peggio di prima. Parlava ancoradi appalti e gli appalti sono soldi. Lastoria di Rostagno rivive a Trapani,grazie al lavoro della procura. Qui,dove Rostagno è stato ucciso nel 1988e dove, dopo anni di depistaggi emontature, sembrava che l'indaginefosse destinata a concludersi nellatotale impunità dei colpevoli. Leindagini erano riprese nel 1996 efinalmente, grazie ad una periziabalistica, si è potuta indicare la firmamafiosa dell'omicidio e chiedere ilrinvio a giudizio di Vincenzo Virga,boss mafioso del trapanese e VitoMazzara, uno dei presunti esecutori.Per una curiosa dimenticanza non eraancora mai stata effettuata unaperizia. Ora in base alla comparazionecon le perizie balistiche di altri delittia carattere mafioso, avvenuti siaprima che dopo il delitto Rostagno, siè potuto iscrivere anchequest'omicidio in una serialità di atticriminosi a matrice mafiosa. Oggisappiamo che poco tempo prima dimorire Rostagno era stato sentito dai

carabinieri di Trapani, lo avevanointerrogato su un suo serviziotelevisivo in cui denunciava lapresenza di Licio Gelli a Trapani. Ilverbale era andato perso, odimenticato per 22 anni, oggi è agliatti nel processo. Così come tra gli attidel processo sono stati acquisiti duefaldoni di appunti di MauroRostagno, il menabò di quella che

sarebbe dovuta essere la sua prossimatrasmissione televisiva su Rtc, daltitolo 'Avana'. E se andate a cercarlasu google vedrete Rostagno con uncappello Panama in testa, vestito dibianco che fuma un sigaro Avana.Forse una satira semiseria dei bosssiciliani, un vestito che gli è costato lavita. Il movimento del '68 a Trento, lafondazione di Lotta Continua e poi lameditazione in India sono soltantoalcune delle tappe della vita diRostagno. All'inizio degli anni '80Mauro Rostagno si sposta inprovincia di Trapani, dove fonda'Saman' una comunità per lariabilitazione dei tossicodipendenti.Qui Rostagno unisce il lavoro nellacomunità all'attività giornalisticapresso Rtc, la televisione localeattraverso la quale denuncia gliintrecci tra potere mafioso e poterepolitico del territorio, in un momentoin cui le parole 'trattativa Stato-mafia'dovevano ancora venire, forse perchéc'era in quel periodo un totaleaccordo, non c'era distanza tra Stato e

di MADDALENA ROSTAGNO

●●●Ricordo che per diversotempo, molto tempo, sono stataarrabbiata con lui. Che non miaveva detto niente del pericolo chestava correndo. Che avevarinunciato a me, a noi, per il suolavoro. Che aveva deciso di andareavanti da solo. Ricordo chequell’idea, l’idea di quello chesuccesse, non mi era mai venuta inmente nemmeno per un millesimodi secondo. Che non avevo nessunsentore di pericolo, che fu davverocome l’elaborazionedell’inelaborabile.

Ricordo che per diverso tempo,molto tempo, non ho mai parlatocon nessuno di lui, di quello che gliera successo; di noi, di quello che ci

era successo.Ricordo che il 27 settembre 1988 sono andata in camera

sua, a rovistare, in cerca di qualcosa, una lettera, unmessaggio, qualcosa che mi desse una spiegazione. Hotrovato una lettera di Renato Curcio. Da quel momentoabbiamo iniziato a scriverci.

Ricordo che il 27 settembre 1988, in una cava poco distanteda Saman, è stata trovata una macchina bruciata,

appartenente al parco macchinedella mafia e rubata a Palermo il 30marzo 1988 «ed oggetto ditempestiva denuncia».

Ricordo che il 27 settembre 1988una delle prime persone ad arrivarea Saman è stato Paolo Borsellino.

Ricordo che il 29 settembre 1988il procuratore della RepubblicaAntonino Coci ha rilasciatoun’intervista al Giornale di Sicilia. Ilgiornalista gli ha chiesto: «MaRostagno è stato ucciso dallamafia?». Lui ha risposto: «E come sifa a dirlo? Bisognerebbe primaessere sicuri dell’esistenza di gruppiorganizzati». «Trafficanti di droga?»«Che io sappia, Trapani non è uncentro del traffico di eroina […].Posso dire che dal luglio del 1987 algiugno scorso, in Procura non èarrivato alcun rapporto di poliziagiudiziaria per associazionemafiosa. E allora come si fa a direche esiste la mafia a Trapani?»

Ricordo che qualche riga dopo,nella stessa intervista, il procuratoredella Repubblica Antonino Coci haaggiunto: «Perché la gente

dovrebbe ribellarsi alla mafia? Lamafia qui ha portato soldi,benessere, lavoro e tranquillità».

Ricordo che io e Chicca siamorimaste in Sicilia ancora un anno.Poi ci siamo trasferite a Milano.Siamo scappate anche dallaTrapani che scriveva sui murimauro è vivo. È sempre statoMauro a decidere dove andare avivere. È stato duro, molto duro.

Ricordo che le indagini sono stateaffidate al pubblico ministeroFrancesco Messina.

Ricordo che il 1º maggio 1989 èstato ucciso un certo VincenzoMastrantonio, l’autista più fidato diVincenzo Virga. Negli ambienti diCosa Nostra dicono che sono«parrino e figlioccio».

Ricordo che proprio il 26settembre 1988 sulla strada perSaman c’era un blackout e cheproprio questo VincenzoMastrantonio di mestiere faceva iltecnico Enel.

Ricordo che per anni non misono occupata di queste questioni.Che non ho letto carte, ho chiuso

in pagina da «Mauro Rostagno provetecniche per un mondo migliore» di Blunda,Rizzo, Lo Bocchiaro (edizione Becco Giallo)

Il 26 settembre 1988 Mauro Rostagno venivaucciso con 5 colpi di fucile. Dopo anni di montaturee depistaggi, grazie a una perizia balistica, è orachiara la firma politico-mafiosa dell'omicidio

UN PROCESSODI LUNGA DURATA

IL SOGNO DI UNA SOLA MANO●●●Sottotitolo: Storia di mio padre Mauro Rostagno, di MaddalenaRostagno e Andrea Gentile, prefazione di Michele Serra (Il Saggiatore2011). Attraverso le stanze di Macondo a Milano, a Puna in India, fino aTrapani dove Rostagno creò un centro per tossicodipendenti e lanciavale sue sfide alla radio, Maddalena che aveva otto anni quando suo padrefu assassinato, dovrà lasciar passare anni per poter aprire i cassetti eleggere le carte, ancora di più perché vengano trovati gli assassini delpadre, fino all’apertura del processo, nel 2011. La ringraziamo con ilSaggiatore per il permesso di pubblicare lo struggente capitolo 10

MISTERI D’ITALIA

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RIMafia, come dice Leoluca Orlando,vecchio e nuovo sindaco di Palermo.Cinque colpi di fucile colpisconoRostagno alla guida della suamacchina, una Duna bianca. Avevaappena registrato una puntata etornava in comunità lungo una stradadi campagna. L'illuminazione erastata tagliata, solo i fari dellemacchine ad illuminare lo sterrato.Un agguato e un luogo di morte a dirpoco comune in quella storia noncosì lontana, nei territori della mafia:era il 26 settembre 1988. «Lacelebrazione di questo processo,inusuale, comunque dimostra cheseppure in maniera tardiva, enonostante i depistaggi, la giustiziaalla fine arriva» afferma il procuratoreaggiunto Antonio Ingroia. «MauroRostagno era uno degli uomini liberi ecoraggiosi del mondodell'informazione che è stato uccisodal potere politico-mafioso» haaffermato sempre Ingroia, sperandoche il processo possa portare «ascoprire tutta la verità, mostrandochiaramente non solo gli esecutorima anche i moventi e i mandanti diquesto omicidio, che oggi hannoancora il volto coperto».

In questi anni la figura di MauroRostagno, in modo forseimprevedibile ma sicuramente graziealla forza magnetica che hadimostrato in vita, è diventata semprepiù un riferimento ed un elemento diracconto. Il suo lavoro di giornalista ela sua storia sono al centro di nuoveproduzioni: quest'anno il FestivalInternazionale del Giornalismo diPerugia e l'Associazione Ilaria Alpihanno dedicato alla figura di MauroRostagno il premio «Una storiaancora da raccontare»; nel 2010 unfumetto edito da BeccoGialloracconta la vita di Rostagno; su tuttiun libro, Il suono di una sola mano,scritto dalla figlia MaddalenaRostagno e edito da Il Saggiatore nel2011, è un ritratto di Mauro Rostagnoattraverso gli occhi della figlia minore,che unisce al ricordo il caparbiolavoro per cercare la verità. Forse oggiRostagno si riscopre uncontemporaneo. Cosa direbbe oggiRostagno al suo pubblico? Cosadirebbe ai manifestanti di OccupyWall Street e che direbbe della crisiche sta attraversando l'Europa? Lagalassia Rostagno potrebbe essere messaalla prova con la realtà globale, con ilmondo contemporaneo.

gli occhi, ho cercato di dimenticare.

Ricordo che l’unica cosa chevolevo non potevo riaverla.

Ricordo che il 13 ottobre 1988Renato Curcio mi ha raccontato inuna lettera del loro primo incontro.«Qualcuno mi invitò in una stranamansarda dove doveva svolgersiuna strana discussione. Sullescimmie antropoidi. «Chissà chenon impari qualcosa anche sullamia intelligenza» pensai. E così,senza troppo indugiare, mi infilai.8...) Quel giorno indossavo un gilèalla Toulouse-Lautrec. 8...) Un lookun po’ buffo ai suoi occhi di allora,tant’è che egli, appena mi vide,sbottò in una formidabile risata.Come se fossimo stati da sempreamici. E, forse, anche se non cieravamo mai visti prima, eraproprio così».

Ricordo che il 15 maggio 1989, almio primo compleanno senzaMauro, Chicca mi ha regalato unlibro con i testi delle canzoni deiBeatles, indicandomi quello diWhen I am sixty-four. Gliela cantava

sempre Mauro, quando si eranoappena conosciuti. Parla d’amore.«When I get older losing my hair /Many years from now / Will youstill be sending me the Valentine /Birthday greetings, bottle of wine.»

Ricordo che Chicca quel librettol’ha firmato con il disegno di tremargherite. Da quel momentofirmerà sempre così. Siamo noi tre.

Ricordo che quando abbiamoiniziato a lavorare su questo libro,ho pensato che per descrivereMauro ci sarebbe voluto un disco inallegato. Una compilation, diecicanzoni per ogni momento dellasua vita, per ogni mio ricordo. Avreiscelto:

1) Sultans of swing dei DireStraits, perché è lui che balla,scanzonato, appassionato.

2) Cuanta pasión di Paolo Conte,perché «una ilusión temeraria, unindiscreto final».

3) The sound of silence di Simon& Garfunkel, perché è la canzoneche scelsi come colonna sonora peraccompagnarlo al cimitero.

4) Voglio vederti danzare diFranco Battiato, perché la ascoltavaquasi ogni giorno.

5) Me and Bobby McGee di JanisJoplin, perché è Janis Joplin.

6) Bartali di Paolo Conte, perchéè lui, godereccio e dissacrante.

7) Emozioni di Lucio Battisti,perché lui tanti anni prima avevadetto ai compagni che Battisti sipoteva ascoltare, anche se non eraun compagno.

8) Rimmel di Francesco De

Gregori, perché forse nel suo salottoDe Gregori stava suonando proprioquella, mentre io facevo la pipì sulsuo tappeto.

9) Andrea di Fabrizio De André,perché è una canzone d’amore euna canzone contro la guerra.

10) La libertà di Giorgio Gaber,perché parla di libertà, perchélibertà è partecipazione.

Ricordo che subito la polizia e ildirigente della Squadra mobileCalogero Germanà hanno parlato didelitto mafioso. Che subito icarabinieri, il brigadiere BeniaminoCannas e il maggiore NazarenoMontanti hanno detto che no, nonera un delitto mafioso.

Ricordo che Calogero Germanà èl’unico che si è visto puntare contro

un’arma da Matteo MessinaDenaro e può ancora raccontarlo.

Ricordo che il 27 settembre 1988Chicca sentì un carabiniere dire aigiornalisti che nella sua borsa cheera nell’auto avevano trovato dollarie siringhe; che Chicca andò subitodal pm Francesco Messina perchiedergli di smentire, e lui smentì.

Ricordo di aver letto molti annidopo che la prima delle voci chegirò subito dopo la morte delmagistrato Antonino Scopelliti,ucciso dalla ’ndrangheta in Calabriail 9 agosto 1991, fu: «Umazzaru pe’fìmmani».

Ricordo che il 13 ottobre 1988Renato Curcio mi ha riportato inuna lettera ciò che gli aveva scrittoMauro poco tempo prima:«Vent’anni fa non ci siamoincontrati per caso a Milano, in unamansarda. Non c’è il «per caso».Anche la testuggine oceanica cheviene in superficie solo una voltaogni duecento anni e passa la testadentro il buco rotondo in unatavolaccia che galleggia… non è percaso».

Ricordo che una sera, negli ultimimesi del 1989, ero nella mia stanzadi Milano con Alessandra, una dellebimbe di corso Vercelli. Che hoiniziato a parlarle della mia storia,che le ho descritto le miesensazioni. Ricordo che a un certopunto mi ha abbracciata forte e miha detto ciò che fino a quelmomento non mi aveva dettonessuno: «Non devi sentirti incolpa, puoi permetterti di esserearrabbiata con lui, anche con lui».

Ricordo che Cosimo Cristina,Mauro De Mauro, GiovanniSpampinato, Peppino Impastato,Mario Francese, Pippo Fava, BeppeAlfano. E mio padre MauroRostagno. (...)

Ricordo Veronica, una ragazzache soffriva di una forma diautismo, che Mauro amava. Se laportava sotto braccio a fare lunghepasseggiate; con lui iniziò aesprimersi canticchiando e perseventi chili di sovrappeso, dovutiall’assunzione di psicofarmaci. Luile insegnò Il chitarrista di IvanGraziani.

Ricordo che nel novembre 1988Isabella La Torre, la vedova diGiangiacomo Ciaccio Montalto, halasciato il processo per gli assassinidi suo marito, dopo aver scritto unalettera che era un vero e proprioatto d’accusa verso la giustizia.

Ricordo che l’ho saputo moltianni dopo. L’ho saputo molti annidopo che nella lettera di Isabella LaTorre c’era scritto che l’uccisione disuo marito e di Mauro Rostagnoaveva «consentito la conservazionead alto livello di quel circuitod’interessi mafiosi e paramafiosi suiquali poggiano equilibri economicie sociali che si tramandano dipadre in figlio».

Ricordo che ha continuatoscrivendo che «non sarà unprocesso ai killer a scuotere ominacciare un assetto strutturaleche, se ricorre al delitto eccellenteogni sei anni, è segno che èfortemente integrato nel contestotrapanese».

Ricordo che nella cava in cui quel27 settembre 1988 trovarono quellamacchina bruciata, trovaronoanche uno scontrino di unamacelleria, la macelleria – siscoprirà tanti anni dopo – dellafamiglia Virga.

Ricordo che per anni non me nesono mai interessata. Non ho lettole carte giudiziarie, non ho lettoarticoli, non ho ascoltato pareri,non ho visto, letto, ascoltato, nonho.

Ricordo che il 26 settembre 1989si è parlato di una svolta per leindagini.

Ricordo che il 26 settembre 1990si è parlato di una svolta per leindagini.

Ricordo che il 26 settembre 1991si è parlato di una svolta per leindagini.

Ricordo che ogni anno.Ricordo che tempo dopo i

parenti di Veronica ci hannoraccontato che il 26 settembre 1988la televisione ha dato la notizia, eVeronica appena ha sentito «MauroRostagno» ha cantato «Sanatuccio èstata una svista, abbi un occhio diriguardo per il tuo chitarrista».

Ricordo che sono cresciuta, e chedopo il liceo artistico sono andata astudiare all’Accademia di Brera, eche anche lì non ho mai parlatodella mia storia.

Ricordo che ho molte fotodell’occupazione alla cattedrale diPalermo per i senzatetto del 16dicembre 1975, organizzata daMauro. Durò da mezzogiorno alleotto di sera, quando la cattedralevenne sgombrata dalla polizia. Ioavevo tre anni e mezzo, Lisa Nojane aveva due. Nei passegginiesponevamo i cartelli dateci untetto e vogliamo la casa.

Ricordo che nel 1976 Mauroscriveva: «Come si possa esserecomunisti con la propria donna,non lo so. Sono maschio, perquesto non lo so… essere maschiovuol dire la destra rispetto alladonna… Ho capito una cosa conMaddalena: che tutto il modo ditrattare i bambini è «di destra»perché considera la loro vita infunzione di un’altra vita (adulta). Lapedagogia, anche se di sinistra,vuole «preparare i bambini a essereadulti». Non considera la loro etàcome «autentica». Non parte dalleloro contraddizioni».

Ricordo che nel 1992 le indaginisono passate al sostitutoprocuratore Massimo Palmieri.

Ricordo che una volta Chicca miha raccontato di quel corteo subitodopo la morte di Aldo Moro. ConMauro che camminava da solo epiangeva, piangeva forte, chel’unica cosa che è riuscito a dire èstato: «Oggi abbiamo perso tutto,oggi abbiamo perso tutti». (...)

Ricordo che il 26 settembre 1992si è parlato di una svolta per leindagini.

Ricordo che ogni anno.(...)

UN UOMO VESTITO DI BIANCO●●●«Ricordo di aver visto anni dopo, molti anni dopo, uno spettacolo teatralesu Mauro – Un uomo vestito di bianco – frutto del lavoro e dell’amore diAdriana Castellucci, un’insegnante siciliana trasferitasi a Torino, e frutto dellavoro e dell’amore dei suoi studenti torinesi». Così Maddalena ricorda il testoteatrale nel capitolo 10 del suo libro «Il sogno di una sola mano». Il lavoroteatrale è stato presentato anche come iniziativa dell’«A.C.T.A.S Teatro» inappoggio alla proposta di Libera di intitolare a Mauro Rostagno un ponte aTorino, dove nacque nel 1942 (oltre mille firme sono state raccolte, ma ancorala richiesta non è stata accolta).

A pag 1: copertina dellagraphic novel "MauroRostagno prove tecnicheper un mondo migliore"(edizione Becco Giallo)

GERENZA

UNA VOCE NEL VENTO●●●Regia di Alberto Castiglioni (2005) è il documentario inchiesta dedicato aMauro Rostagno, finalista del premio Ilaria Alpi e vincitore del premio del pubblicodel Biografilm festival. Il film si concentra sull'ultima fase della vita di Rostagno, illavoro per la televisione locale RTC, i suoi servizi ironici in cui sbeffeggiava edenunciava chiamandoli per nome e cognome, assassini e mafiosi. Preziose leimmagini di repertorio e il ricordo dei compagni e dei familiari. Alberto Castiglioni,regista palermitano impegnato nella lotta alla mafia ha realizzato tra cui Verso unmondo nuovo sulla marcia della pace del 1967 guidata da Danilo Dolci, Nel cuore dellostato sul sequestro Moro.

«...Ricordo cheil procuratoredella RepubblicaAntonino Cocidisse: «La mafiaqui ha portatosoldi, benessere,lavoro etranquillità...»

Il Manifestodirettore responsabile:Norma Rangerivicedirettore:Angelo Mastrandrea

Alias a cura diRoberto Silvestri

Francesco Adinolfi(Ultrasuoni),Matteo Patrono(Ultrasport)con Massimo De Feo,Roberto Peciola,Silvana Silvestri

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REPORTAGE

Dentro il vetrosoffia il fuocosacro dell’arte

di ARIANNA DI GENOVAMURANO

●●●La temperatura è altissima e latensione anche nella fornace diAdriano Berengo, manager del vetroche ha voluto cambiare rotta,investendo tutto nell’artecontemporanea. Quando la pallaincandescente che diventerà unascultura da museo esce dal fornomandato 24 ore su 24 a più di millegradi, tutti corrono e misurano igesti. Sguardi concentrati e corpocon i muscoli in allarme. Gli occhiguizzano tra il buio e la luce dellefiamme. Si fa silenzio intorno aSilvano, maestro muranese di lungaesperienza. Un solo errore – ditempo o di movimento goffo - e ilpregiato vetro da plasmare col soffioe a mano libera, la tecnica per cuiMurano è famosa in tutto il pianeta -diventa coccio rotto, finisce nelcontenitore di spazzatura chestaziona nel cortiletto. Lì, infatti, fra imolti frammenti colorati accatastatiuno sull’altro, c’è pure untrasparentissimo piccione senzatesta. Qualcosa è andato male fra ilmomento della cottura e delraffreddamento (un procedimentoche richiede giorni interi per evitarelo shock termico) e l’animale è finitonel cestino, irrimediabilmente«sbagliato». Silvano è un maestroleader, uno di quelli che riesce atoccare magicamente il vetroinfuocato. Non ha paura del caloredisumano ed è in grado disincronizzare i tempi come uncoreografo sul palcoscenico. Hagrandi mani sapienti e ha passato lasua esistenza a temperature

tropicali, dentro le fornaci. La sua,però, non ce l’ha più. La crisi l’hacostretto a chiudere e a diventare un«freelance». Non è accaduto solo alui, è stato un destino di molti.Silvano riesce a lavorare comunque,è molto richiesto all’estero percondurre dei master e insegnare ilfascino di quell’arte, ma la sua storiaè un’eccezione. «È come se le torriGemelle fossero cadute addosso aMurano – dice – La crisi non è cosanuova qui, ha almeno dieci anni.Siamo rimasti in pochi a fare questomestiere…». In un settore messocosì a dura prova – dai circa duemilavetrai nel 2001, oggi si calcolano inqualche centinaia e moltecassaintegrazioni - il rischio è la

sparizione di un’antichissimacompetenza, l’estinzione di unatecnica unica al mondo e che purequando è stata esportata in Cinanon è riuscita a spiccare il vololontana dalle sue radici. A est,peraltro uno dei migliori mercati diexport per Murano (insieme aMedioriente, Russia, India), il lowcost ha avuto il suo momento digloria ma poi è cadutovertiginosamente. Oggi, i cinesiricchi vogliono la qualità alta ecomprano il «Murano doc»,scelgono il pezzo squisito, non ilfacsimile fatto in patria. Sul versanteitaliano, invece, c’è chi denuncia chein alcuni negozi dell’isola non sifaccia distinzione e si accettino

prodotti realizzati altrove. Il veropericolo quindi è lo svilimento diuna tradizione che nelle epochepassate era custodita gelosamentetanto che ai maestri vetrai eravietato abbandonare l’isola egodevano di uno statuto socialespeciale tanto da poter sposare lefanciulle della nobiltà. Anche alloraperò qualche transfuga ci fu: chiscappò portò i segreti e la perizia diun mestiere in Boemia e si vociferache i famosi cristalli siano quindinati da un «tradimento».

Nonostante la strada sia in salita ela rete delle fornaci si sia assottigliata– 28 le iscritte a Confindustria, circa250 quelle che resistono e quasi tuttea conduzione famigliare - il figlio di

Silvano, molto coraggiosamente, haintrapreso la stessa strada del padre.È lì con lui a sudare davanti allebocche infuocate e lo aiuta a darforma a una testa blu: è un totemancestrale quel magma che ribolle eche comincia a prendere fattezzeumane. Davanti a loro, c’è il papà diquella testa/maschera: è BertilVallien, designer svedese, che haaccettato la sfida di lavorare con imaestri vetrai muranesi per«soffiare» vita nelle sue creazioni checircolano fin dagli anni Sessanta.«Mi piace lavorare con lui, ognunoimparara qualcosa, è uno scambiointeressante quello che avviene quidentro», confessa Silvano. L’artecontemporanea può essere infatti ilrito propiziatorio giusto per usciredall’impasse, la formula vincente perriconsegnare a Murano il suoprimato. Niente più oggestisticagadget - quei cavallini, pesciolini,caramelle che si vedono nellevetrine di Murano e di Venezia aduso e consumo di un turismo dimassa che spende pochi euro odollari -, ma pezzi unici, sculture,forgiate da nomi star della scenainternazionale. Se il mercato schiva ilampadari cost++osi, forse ilcollezionista accetta il rilancio delvetro attraverso la firma d’autore.Perché, in fondo, il vetro è unmateriale come un altro – piùcostoso del bronzo ma meno delmarmo - e l’arte contemporanea, sisa, è onnivora e grazie a questa suaattitudine può tornare a farconiugare raffinatezza e modernità,sfruttando la sua caratteristicanochalance.

Adriano Berengo, il demiurgo di

questo incontro tra la tradizione deivetrai muranesi e gli artistiinternazionali, ha uno studio aMurano e due gallerie a Venezia(una delle quali con location in unavecchia farmacia), possiede unafornace «viva» dove il fuoco bruciagiorno e notte e una fornace spenta,spazio ex industriale di inizioNovecento adibito ora a museo,ancora non aperto al pubblico ma diprossima inaugurazione. Nel suoatelier sono passati più di duecentoartisti: adesso c’è Vallien alle presecon le sue sculture, presto sbarcheràin Laguna l’anglopalestinese MonaHatoum. Di fronte a un piatto dipolpo lesso e di baccalà mantecato,ora inforcando ora togliendo i suoiocchiali rossi, racconta con fogadella sua passione e spiega che havoluto seguire l’esempio di EgidioCostantini quando il maestro a metàdel XX secolo riuscì a coinvolgere gliartisti internazionali e una mecenatecome Peggy Guggenheim nel suoprogetto di liberare dal ghettocommerciale il vetro muranese.Cocteau aveva ribattezzato il suostudio la «Fucina degli angeli» e lìaveva impastato personaggi nati dasurreali visioni anche Max Ernst.Berengo ha avuto una vitaavventurosa, nutrita di viaggi,investimenti economici e«riposizionamenti» sociali, fino alsuccesso di quell’idea perseguita conaccanimento: la prima edizione diGlasstress del 2009, eventocollaterale alla Biennale di Arte diVenezia che presentava in unacarrellata storica (dal 1920 al XXIsecolo) le opere in vetro di artisticome Man Ray, Fontana, Albers,

Una giornata nella fornacedi Murano per veder nascerele sculture del designer svedeseBertil Vallien, in collaborazionecon i maestri di un anticomestiere, oggi messo in ginocchiodalla crisi e dal «low cost». Quil’imprenditore Adriano Berengoha scommesso sul contemporaneo

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Venezia ci riprova. Una volta «sdoganato» il vetro (per laverità le avanguardie storiche l’avevano già fatto con iloro collages e manufatti, compreso Duchanmp con i suoiready-made, ma evidentemente se n’era persa lamemoria), il tintinnìo di questo materiale va allaconquista di settori inediti. Per la terza volta «Glasstress»torna e prenderà forma nel contesto della Biennale diVenezia. L'obiettivo dell’edizione 2013 è quello distrutturare la mostra come un dialogo aperto tra il vetroe il concetto di «moda», declinato in tutte le sue possibiliespressioni. Il campo della fashion, infatti, a partire dal1980, è entrato prepotentemente nel campo dell'artecontemporanea. «Glasstress 2013» sarà prodotto daBerengo Studio e Venice Projects. La Wallace Collectiondi Londra e il London College of Fashion-LCFcontribuiranno alla produzione di questa mostra.L’esposizione sarà affidata a James Putnam, scrittore ecuratore indipendente. Altri importanti artisti e fashiondesigner saranno invitati a prendere parte al progetto.

«GLASSTRESS 2013» SI DÀ ALLA MODA

Chissà che sguardo avrà, chissà se avràsgranato gli occhi come in quella foto dabambina in braccio a suo padre che hamesso sulla copertina del libro Il suono diuna sola mano che Maddalena Rostagno hascritto insieme a Andrea Gentile, chissàche espressione le si è dipinta sul volto ieriquando ha letto l’ultima novità sulprocesso, chissà. Di certo non sarà unespressione allegra e scherzosa comequella della foto, di certo avrà provatodolore e sconforto nel leggere che la giuntaprovinciale di Trapani ha esautoratol’Avvocatura che non la rappresenterà piùcome parte civile nei processi di mafiaperché l’ex presidente Turano, cheattualmente si è candidato alla Regione, chestrana coincidenza, ha chiesto e deliberatola modifica del regolamento dell’ufficiolegale facendo sparire la materia penale trale sue prerogative. Risultato: la provincianon sarà più parte civile in cinqueimportanti processi di mafia tra cui quellosull’omicidio del giornalista MauroRostagno e, tra gli altri, un altroprocedimento che vede imputato MatteoMessina Denaro. Dev’essere stato unostillicidio per questa giovane donna laricerca della verità in questo processo cheora rischia di saltare un ennesima voltadopo un’attesa durata già ventitré anni. Ilprocesso infatti si è aperto l’anno scorsomolti anni dopo la sera del 26 settembre1988 in cui Maddalena a soli quindici annisente quei colpi di pistola vicini allacomunità di Saman in cui vive con igenitori, colpi di fucile, che poi s’inceppò, ecolpi di pistola una calibro 38 con cui gliassassini portano a termine il lavoro e gliuccidono il padre. Chissà che dolore nelsuo sguardo quella sera di orrore e quantoancora ne arrivò otto anni dopo quando learrestarono la mamma Chicca Roveri conl’infamante accusa, demenziale e assurda, dicomplicità con gli assassini. Eppure un annofa quando l’ho vista all’alpheus di Roma il12 giugno 2011 in una serata organizzatadagli amici di Mauro per la riapertura delprocesso sembrava una giovane donnaserena con lo sguardo limpido e affettuosoverso i tanti che erano lì da Marco Boato aLeoluca Orlando e Nicola Caracciolo,Paolo Brogi, Valeria Gandus e tantissimialtri venuti a ricordare a parlare a rileggerealcuni degli articoli scritti da Rostagno perla sua scomoda emittente Radio Tele Cinecon cui dava fastidio, tremendo fastidio aimafiosi di Trapani, con cui denunciavasenza timore, sguardo fisso in telecamera,scandali e ammazzamenti, per cui ha persola vita. In una lettera a Renato CurcioRostagno scrive «…Ho scelto di non faretelevisione seduto dietro a una scrivania,ma in mezzo alla gente, con un microfonoin pugno, mentre i fatti succedono.Sociologicamente si chiama ’primatodell’esistenziale sul teorico’: e già questo, aTrapani, è profondamente antimafioso (…)La vera rivoluzione è qui a Trapani».

Il libro di Maddalena Rostagno verràpresentato a Roma il 26 ottobre a viaZabaglia 24 alle ore 18.30 da GabriellaStramaccioni e Andrea Brogi, consiglio dileggerlo perché questa storia èemblematica della storia del nostro paese.Un paese che cancella e nasconde ma nonriesce a far ammutolire un paesecontradditorio e malato in cui però ognitanto si incontra qualcuno che nondistoglie lo sguardo, che non cede, che nonsi rassegna, che non rinuncia alla verità, chenasconde nel proprio corpo esile digiovane donna una forza terribile capace disopravvivere al dolore capace di dare lavita capace di guardare il futuro.

CHISSÀCHE SGUARDO AVRÀ

Pevsner, ma anche alcuni pezzirealizzati appositamente per la sua«scuderia», come quelli di TonyCragg, Jan Fabre, Orlan, FredWilson. La sede era il prestigiosoPalazzo Cavalli-Franchetti, di frontea Canal Grande. Lo stesso dove oggitroviamo l’allestimento delle 9Rooms di Bertil Vallien. Glasstress haavuto successo, ha ripetuto il suoesperimento due anni dopo ed èespatriato subito: da Riga a NewYork, cancellando ogni pregiudiziosu quel materiale tintinnante, fragile,luminoso e insieme minaccioso.L’appuntamento prossimo è per il2013, sempre nei dintorni dellaBiennale d’Arte, che aprirà ai primidi giugno.

A. DI GE.VENEZIA

●●●A Palazzo Cavalli Franchetti,fra le ricche decorazioni dei soffitti,le scalinate imponenti e gli enormisaloni si ergono alcuni misteriosiguerrieri trafitti dalla luce dellefinestre e si passa attraverso unafila di teste, in assetto militare, chelasciano intravedere, al lorointerno, micromondi affastellati dipresenze. Siamo dentro 9 Rooms, lapersonale dedicata a Bertil Vallien,classe 1938, designer cui AdrianoBerengo e Börge Kamras (con ilcontributo di Francesca Giubilei edel Svensk Form) hanno affidatol’«arredo» di quell’edificio cosìdenso di storia. Memoriestratificate si susseguono lungo lestanze e altrettanto stratificate sonole leggende che vengonoincapsulate nelle traparenze delvetro in questa mostra che ha vistola luce fra gli eventi collaterali dellaBiennale di Architettura (visitabilefino al 25 novembre, catalogoMarsilio). Circa sessanta opere invetro realizzate da Vallien nel corsodella sua carriera presso gli studisvedesi di Kosta Boda, partnerproduttivo per tutti i suoi lavori emain sponsor dell’esposizioneinsieme a Berengo Studio. Conquesto nutrito contributoveneziano si celebrano anche icinquant’anni del movimento delloStudio Glass, che si formò in ungarage americano con l’unione diartisti indipendenti che lavoravanoognuno nel proprio atelier.

Le nove sezioni in cui si articolal’allestimento segnano altrettantecesure e passaggi tematici: l’uomoe l’ambiente, l’uomo e la morte,l’uomo e il tempo, il sacro, la storia.Duetti metaforici, contrasti darendere palesi in figure dal saporesurreale, apparizioni di altri mondi.Vallien è un «maestro vetraio»molto eccentrico: ha inventato unatecnica speciale - a stampo e con lasabbia mescolata all’impasto - chequesta volta ha deciso di metterealla prova direttamente a Murano.Esigentissimo nello scegliere lasabbia, Bertil dice che riconoscequella giusta semplicementepassandoci sopra le mani,accarezzandola: non tutti i granellivanno bene. Le sue sono opere dicertosina pazienza, che inglobanodentro teste, idoli, barche, alcunefigurine simboliche in rame opiccoli dipinti con pitture chereggono le temperature proibitive.Per giungere al prodotto finale,disegna molto: «faccio schizzimentre ascolto la musica oppuretraggo ispirazione dalle letture,magari da Garcia Marquez...».«Detesto l’effetto seduttivo delvetro – spiega ancora – mi piaceinvece l’effetto di distorsione e lacrosta che crea la sabbia,intaccando la bellezza patinata…Cerco il contrasto, la ruvidità dellasuperficie e la pulizia dell’universoche si sviluppa all’interno». Fra isoggetti più visitati dalla fantasia diVallien c’è la barca. «Amo la suaforma ma anche la sua simbologia.È un archetipo del viaggi,racchiude in sé la nascita e lamorte, i ricordi e i sogni.Appartiene all’inconscio collettivo».

IN MOSTRA

Bertil Valliene i suoi idolienigmaticia PalazzoCavalliFranchetti

Grande, Bertil Vallienal lavoro nella fornace;a pag 5, lo spazio espositivodi Adriano Berengo. Accanto«Watcher» di Vallien, vedutadel museo di Berengo conl’opera di Javier Pérez. Sotto,particolare dell’allestimentoa Palazzo Franchetti Cavallidella mostra «9 Rooms»(foto di Oliver Haas)

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Alcune «impronte» da seguireper orientarsi nell’universodell’arte dei «fuori schema»senza perdersi. Per chi ne volessesapere di più, sono molti glistrumenti a disposizione.

Il libro è «Costruttori di Babele– Sulle tracce di architetturefantastiche e universi irregolari inItalia», Milano, Elèuthera, 2011.

L’archivio dei siti «babelici»online è consultabile in:http://www.costruttoridibabele.net/index.html

Un sito italianocompletamente dedicatoall’«outsider art » è curato daEva di Stefano, dell’Università diPalermo:

http://outsiderart.unipa.it/index.php/en/home. Al suo interno, larivista consultabile on line:http://outsiderart.unipa.it/index.php/en/rivista

L’«Osservatorio nazionaleOutsider Art» è pressol’Accademia di Belle Arti G.B.Cignaroli, Verona. Referente:Daniela Rosi,[email protected]

Le foto per la mostra sonostate fornite dalla Galleria X3 diPalermo: http://www.galleriax3.org/

INCONTRI ■ GLI «IRREGOLARI», DA MESSINA A TUSCANIA FINO A VERONA

Quando l’immaginarioscarta la strada maestraUna cartografia creativaPER SAPERNE DI PIÙ

di ROSSELLA FARAGLIA

●●●Le lingue che parlano gli uominisono diverse, senza strumenti ditraduzione e senza conoscenzareciproca non si capiscono. C’è statoun tempo in cui una sola linguaaccomunava gli uomini, finché unadivinità gelosa di questa unità non hatolto agli uomini la lingua comune. Lastessa divinità fece rovinare la grandetorre che quegli uomini stavanocostruendo con fatica ma con unicaintenzione di arrivare al cielo. In undipinto di Brueghel il Vecchio, laTorre in costruzione è già preda dicrolli che si alternano ai ponteggidella costruzione e c’è un particolaresignificativo: è costruita su un limite,sulla costa, e in modo sfacciato nesfida la fragile consistenza geologica.

Unità e conflitto, comprensione deltutto e confusione nel particolare,dionisiaco e apollineo: la torre crollama il mito rimane intatto, persempre.

Gabriele Mina, antropologosavonese costantemente inmovimento, ha definito «Costruttoridi Babele» personaggi che durante glianni della propria esistenza si sonodedicati a un progetto d’arte totale,un proprio universo in divenire, persua natura sospeso tra «accumulo ecrollo». L’arte di questi creatori,spesso definiti outsiders, sfugge aqualsiasi schedatura, rifugge altentativo di creare nessi al propriointerno, staziona stabilmente allimite, sui margini. Sono«margivaganti», in conflitto con ilproprio tempo, con i propri simili,spesso con i vicini di casa. Ma la loro«estraneità assoluta (.…) in realtà è ilfrutto del rifiuto dell’analisi edell’interpretazione» (Ginzburg, Ilformaggio e i vermi) da parte di chiviaggia sulla strada maestra.

«Costruttori di Babele» oltre cheuna definizione è un archivio online eun libro che nascono dal desiderio dicensire in una mappa regionale i sitidi questi creatori per portarli alloscoperto. Come ogni repertorio èun’opera «in progress» aperta adapporti interdisciplinari, i piùsignificativi quelli dell’antropologia edella sociologia urbana. Il libro è statopresentato a Roma, al Museo Bilotti aVilla Borghese, in occasionedell’inaugurazione di una mostrafotografica curata da Roberta Trapaniche rimarrà aperta fino al 28 ottobre.Le foto, di Salvatore Bongiorno,Alberto Ferrero e Rodolfo Hernandez,ritraggono opere di GiovanniCammarata, Luigi Lineri, BonariaManca. Opere che coincidono conl’abitazione e quindi quasi maitrasportabili.

Il messinese Giovanni Cammarata,«il cavalier Giovanni Cammarata,artista di Maregrosso», così sipresentava, è scomparso nel 2002. Lasua casa, distrutta dall’incuria e dalledemolizioni per far posto alparcheggio di un supermarket, èridotta a un pezzo di muro custoditoe isolato in un giardinetto. Un tempo

era piena di decorazioni create colcemento, materiale di scarto dellamodernizzazione: un bestiariopersonale, personaggi delle favole e –naturalmente – il «cavalier» DonChisciotte con il suo scudiero. Ilquartiere di Maregrosso, racconta PierPaolo Zampieri, sociologo urbano,prende il nome dall’essere situatoverso il mare aperto, al di là dellazona del porto. Fino alla costruzionedella ferrovia i messinesi andavano inquella zona in riva al mare a ballare.Ora il mare non si vede più, è tagliatovia dalla linea della ferrovia, dal muroche la protegge, dall’infinità dicapannoni e di strutture fatiscenti chedovevano regalare un progresso e uno

sviluppo che non sono mai arrivati.Non errori ma logiche conseguenze diuna ideologia che si sbarazza dellepietre d’inciampo. Il mare (il maregrosso) non bagna Messina. Alloraquel pezzo di muro può esserepensato come un punto di resistenzadell’unico vero abitante diMaregrosso, come l’indicazione diuna strada da prendere per dare unaltro futuro non solo a Maregrosso,ma a tutta la città. Immaginando, peresempio, di tornare a ballare in riva almare.

Luigi Lineri viene da Zevio, pressoVerona. Abita in una casa bellissima,presso un «barco» (in venetocapannone di servizio annessoall’abitazione) che è integralmenteriempito di sassi raccolti lungo il gretodell’Adige durante quaranta anni diricerche. Casualmente,accompagnando un amico checercava selci di età preistorica, Linerisi è imbattuto in pietre che avevano lastessa forma, un chiodo, una testa dipecora, di bovide. Si è messo aclassificarle e a «salvarle» ordinate supannelli, dal pavimento al soffitto delbarco. L’impatto visivo della «Ricerca»è fortissimo, perché Luigi è anche unartista (pittore, ceramista, oltre chepoeta) e questo monumento allinguaggio ritmico di forme ripetuteha una evidente valenza estetica. Laripetizione ha a che fare con il rito, ilrito è sostanza del mito, il linguaggioaccompagna il rito, così ragiona Linerie si forma una teoria: queste pietresono la lingua rituale, ripetuta econdivisa, di popoli che hannoabitato il territorio in epocheancestrali. Forma e sostanzacoincidono. Forse il ragionamentonon è scientifico ma convince, se siguardano le forme. L’intento di Lineriè di restituire queste forme allamemoria di «quelli che ci hannopreceduto» per saldare con loro undebito di riconoscenza.

Bonaria Manca abita a Tuscania, inuna grande casa il cui interno ècompletamente rivestito di dipinti. Hacominciato a dipingere dopo che lapassione per il ricamo l’ha condottaverso il colore. Sulle pareti ci sonofiori e decorazioni ma soprattuto c’èla sua storia personale, il suopersonale poema sui cui frammenti,ogni tanto, intona il suo canto. È natain Sardegna Bonaria Manca, ed èemigrata con la famiglia di pastorimolti decenni fa. Ha fatto anche lei lapastora e in un dipinto si immortala,quasi superba, in sella a un cavallo,indossando abiti tradizionali filati ecuciti da lei stessa, a guardare dall’altouna comunità che ha stentato adaccoglierla e che ora – grazie anchealle diverse esposizioni degli ultimianni – sembra essersi finalmente

accorta di lei. Ha un senso cosmicodella natura, del suo fluire, sente ilrespiro degli alberi, anche lei nellepietre del fiume individua frammentidi lingue del passato. Il suo legamecon il territorio è duplice: da unaparte il ricordo forte della Sardegna edella sua storia familiare e dall’altra illegame con Tuscania, le sue originietrusche ancora così presenti neibanchi di tufo, nel Marta che scorreproprio sotto casa.

Daniela Rosi che segue Lineri damolti anni e con lui ha curato eallestito mostre, pone uninterrogativo che è comune a tutti ibabelici: «Queste opere, cosìimprobabili e così necessarie, chediritto di cittadinanza hanno? Quale iltelos di questa impresa?».L’interrogativo riguarda ovviamentela conservazione. Le opere sonoinfatti legate indissolubilmenteall’artista che le ha create indeterminati luoghi e i modi pertutelare opere e luoghi sono dainventare. Forse una via potrebbeessere quella di inserirli in circuititerritoriali (al territorio sono tuttifortemente legati) e farne oggetto diiniziative come quella che è stata fattaa Messina con le giornate della «ZonaCammarata». Ma il rischio dellostraniamento e dell’appropriazioneindebita è sempre in agguato.

Dispersione o stabilità ?L’interrogativo è sempre quello.

OUTSIDER«COSTRUTTORI DI BABELE», IL RACCONTO DI TRE PROGETTI D’ARTE TOTALE

Un libro e unamostra su GiovanniCammarata,Luigi Lineri,Bonaria Manca:le loro abitazionitrasformatein musei rischianola distruzione

Da sinistra: Giovanni Cammarata fotodi Alberto Ferrero; al centro Luigi Lineri, fotodi Rodolfo Hernandez; Bonaria Manca,foto di Salvatore Bongiorno / ZEPSTUDIO

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moderati arabi < 193 194 195 >

«Boicottiamo le merci marocchine, non dimenti-chiamo la violenza delle forze speciali di Rabatcontro le famiglie di Gdeim Izik». A due annidallo smantellamento del Campo della dignità,innalzato per protestare contro l’occupazione

militare del Sahara Occidentale, i comitati popo-lari sahrawi hanno distribuito ad El Aaioun centi-

naia di sacchi di cuscus prodotto in casa. «Inquesti giorni invitiamo a non consumare prodotti

provenienti dal Marocco e a disertare i negozidegli occupanti. La nostra lotta continua».

Sicuramenteuno dei problemiprincipali di oggiè non averecapitali sufficientida investire nellosviluppodei nuovi mezzidi comunicazione.

JOURNALISM

●●●La seconda edizione del «Roadto Ruins Film Festival», diretto daPierpaolo De Lulis, Anthony Ettorree Alessandro Zoppo, si svolge dall’11al 14 ottobre presso il NuovoCinema Aquila al Pigneto a Roma. Cisono diverse anteprime in unarassegna che presenta il meglio delleproduzioni documentarie e difinzione legate all’immaginariomusicale rock. Tra di loro c'è quelladi Angels of Rock’n’Roll di MassimoMonacelli. Si tratta di un primolungometraggio, realizzato da unregista che ha esordito comemusicista nei primi anni '80,suonando in gruppi punk e rock.

Ha intrapreso poi studi di musicaclassica. Dal 1986 al 2006 si èdedicato alla composizione dicolonne sonore per il teatro in Italiae a New York, come molti grandicompositori di musica applicata alcinema italiano (Pasquale Catalano,Giuliano Taviani tra altri). In seguitoha creato e diretto diversi progettimultimediali che hanno coinvoltomusica, recitazione, danza e artivisuali.

Nel 2007 ha iniziato l’attività difilmaker. Il pressbook del film, riportaquesto sottotitolo-definizione: «Unmusical muto a colori». Ma come puòun musical essere muto? Monacelli, inuna intervista telefonica, ci spiega: «Ècome nelle comiche. Il film è muto,quando parlano ci sono i cartelli conle didascalie. La musica di commentoche si sente è soprattutto musicarock, punk, rockabilly, serf. In questoè diverso dalle comiche. È un musical,per via del ritmo del film, un ritmodavvero musicale, e per la grandepresenza della musica. L'idea stilisticadi Angels of Rock'n roll era di realizzareun musical surreale con attori veri,una specie di Hellzapoppin' in salsapunk/rock». Sono stati coinvoltisedici gruppi o artisti musicali, tuttiitaliani: The June, Maciste, I Solisti diPerugia, The legendary Kid Combo,Max Panconi, Tony Borlotti e i suoiFlauers, The wild week-end,StefanoBechini, Titty Twisters Orchestra,Sonic Starship, Rino De Patre, PornoProfessionals, The wet tones,Malox,Iononso+chisono e TheStrikeballs, «Hanno aderito alprogetto con le loro bellissimemusiche, elemento essenziale perquesto film» sottolinea il regista cheha l’anima da musicista.

I veri musical nel cinema italianosono rari. E ancora di più negli ultimivent'anni. Si possono citare pochiesempi, ma quasi sempre di qualità,come Tano da morire (1997) diRoberta Torre, Aitanic (2000) di NinoD'Angelo o Una canzone per te (2010)di Herbert Simone Paragnani.

Angels of rock'n roll, realizzato nel2011, è un film indipendente, giratoin dieci giorni, senza produzione esenza troupe, in pieno stile «guerillafilmmaking». E come accade spesso inItalia, non ha ancora trovato undistributore. Peccato per un progettoambizioso, originale, non scontato equindi meritevole. «È un film moltoparticolare. È demenziale, propriocome lo è stato e lo è la situazionedel nostro paese, della sua politica,della sua televisione e della suacultura, in questi ultimi vent'anni»ribadisce Monacelli.

ANGELSOF ROCK'N ROLL

INTERVISTA ■ DAVID CARR, NEW YORK TIMES

Un giornalistaaffacciato sul futurodella carta stampata

di SIMONA FRASCA

●●●Durante l’ultima edizione delFestival della rivista Internazionale aFerrara nel faccia a faccia serale del 6ottobre incentrato sulla crisi dellacarta stampata Alan Rusbridger,direttore della testata inglese TheGuardian la spunta per comunicativae chiarezza di ragionamento su DavidCarr, responsabile della seguitissimarubrica su media e cultura del NewYork Times. Alan Rusbridger con tonipacati osserva che la stampatradizionale è stata investita negliultimi anni da un vero e propriotsunami. Alla fine del 2010 il NewYork Times, che ha subìto perditegigantesche simili a quelle delGuardian, per far fronte alla crisi èpassato a un modello ibrido dipagamento, il freemium, secondo ilquale il lettore ha accesso ad un certonumero di articoli gratuiti sul sito, mapoi per continuare a leggere deveabbonarsi. Nel giro di un anno ilquotidiano americano haincrementato il numero degliabbonamenti digitali di circa 450milaunità. Il Guardian affronta ilproblema adottando l’openjournalism. Il criterio è totalmentecalato nella rete di informazioniofferte dal web, sfrutta le relazionicon i lettori comuni e così seguendopiù da vicino il flusso degli eventiopera un giornalismo più efficacesenza far pagare i contenuti.

Carr ha 56 anni, è di stoffa ruvida enon sembra interessato a gareggiarenella disputa verbale sotto i riflettoridi un festival molto radical. Conun’attitudine di basso profilo, il suoatteggiamento è molto più simile aquello di un reporter di MaximumRocknroll che di un giornalista con latazza di caffè fumante in mano delben più radical NYT. Poco primadell’incontro, entusiasta del fatto cheun festival di giornalismointernazionale sia seguito da tantepersone (circa 66.000 a consuntivo,n.d.r.), ci concede un’intervista. Cosache accade molto raramente.

●In questi giorni è uscito in Italia«Page One: dentro il New YorkTimes» (Feltrinelli Real Cinema;euro 16,90) il bel documentario diAndrew Rossi girato nell’anno incui il giornale rischiava la chiusuradefinitiva e che ti vede tra iprotagonisti. Ora che il giornalesembra in ripresa qual è la tuaopinione sul destino della cartastampata e dei giornali attualmentein sofferenza?Conosco la situazione difficile delManifesto e molti giornali americanicondividono questo destino. InAmerica non abbiamo giornaliideologici come alcuni qui in Italia, lasituazione è un po’ diversa. Ma ilproblema dell’industria giornalisticaoggi è endemico, riguarda la stampain generale. La gente compra sempredi meno, va sempre più spesso sulweb per informarsi e il web è unottimo posto dove fare giornalismoma non ancora adeguatamentesviluppato per trarne profitto. Nonriesco a vedere un futuro preciso perla stampa, non ho questa dote, sel’avessi sarei ricchissimo. Penso peròche ogni cosa abbia un inizio e unafine. Oggi siamo in un tunnelspaventoso, abbiamo lasciato i colori

e le luci del giornalismo tradizionale ein fondo si intravede il futuro, ma laluce è ancora molto fioca. Scrivere efare un giornale che ha avuto una suaimportanza in un paese è una cosameravigliosa ma se sei in perdita devichiudere e pensare ad un’altrasoluzione veramente proficua. IlGuardian è un magnifico giornale maperdono soldi. Bisogna tener presentequale affare vale la pena di seguire equale è in perdita.

●Detta così sembra che il

giornalista del futuro sia unvolontario non professionista chescrive per amore della notizia. Laquestione è puramente economicanon culturale?Non sarò mai uno di questi amatoridel giornalismo. È un lavorosplendido stare in una redazione,scovare le notizie, mettere inrelazione fatti e tirar fuori delleopinioni che hanno un impatto, ma èun lavoro e come tale deve esseresempre retribuito. Mi piace stare perstrada, viaggiare e occupandomi dimedia fortunatamente posso farlo daqualsiasi parte del mondo, in questigiorni sono stato in giro in Italia e ilmio lavoro non ne ha sofferto. Al NewYork Times abbiamo attualmentequasi 500.000 sottoscrittori. La gentepaga per supportarci e questo èl’evento più importante di questianni. Il fatto è che il giornalismo è incrisi ma le informazioni rimbalzanoda ogni parte e forse mai come oggi lagente trova informazioni ovunque.

●Tutto il mondo è impegnato aseguire le ultime fasi dellacampagna elettorale americana.Dalla tua posizione chi pensi chevincerà nel duello tra Obama eRomney?Obama deve decidere di essere dinuovo il presidente degli Stati Uniti.

La gente pensa che i cambiamentinon esistano e invece in politica tuttocambia ad una velocità incredibile.Non sono d’accordo con quantiritengono che il presidente in caricavincerà comunque vadano le cose.L’ultimo dibattito (il 4 ottobreall’Università di Denver n.d.r.) è statoterrificante, lui era sbiadito e così si

rischia di fare la fine di Jimmy Carter.

●Il tuo libro «The Night of theGun» uscito nel 2008 fece scalporeper alcune dichiarazioni privaterelative per esempio al tuo abuso distupefacenti. Quanto ha influitoquesta confessione su un uomo cheè in contatto costante con ilpubblico?Qualche volta alle persone non piaceciò che scrivo, mi hanno chiamatodrogato e cose simili. Ho cercato didescrivermi nella maniera più sincerautilizzando interviste a persone chemi conoscono realmente. Molti deimateriali sono sul sito del libro e leloro dichiarazioni e il lavoro finale miha reso molto felice. All’epocafrequentavo dei corsi al college e illibro mi ha permesso di pagarmi queicorsi. Ero interessato a capire ilmeccanismo del ricordo e l’oggettodel ricordo ero io. Non volevoscrivere un libro su di me, la cosaimportante era indagare il rapportodelle persone con la memoria. Forsenon amo tutto ciò che ho scritto lì manon mi addolora particolarmentericevere commenti su cose delle qualinon sia stato già io stesso giudiceimplacabile.

●Ultimamente si parla spesso diapprocci emozionali al mondocircostante, pensi che la gente siainteressata ad un giornalismo piùumano, qualcosa che passiattraverso il filtro dell’emotività dichi scrive?Direi di no. Sono un essere umano ein quanto tale curioso di tutto. Mioccupo di politica, media e in passatoho scritto molto di musica e cinema,una bella storia su Neil Young è tra leultime cose di cui vado più fiero. Manon mi sono mai sentito un «critico»,mi piace vedere un bel film e se midelude ci resto male. Ascolto leopinioni degli altri e le riporto nelmio lavoro di giornalista, diverso èstato per il mio libro. Quandocominciai a lavorare al NYT coprivovari settori soprattutto il web che eraancora in una fase primordiale. Mioffrirono una column, io amavo fareil reporter ma un amico mi disse chesarei stato a mio agio curando unarubrica settimanale. Passo un saccodi tempo sul web, consumo ogni cosalì, ho 388.000 followers su Twitter e107.000 iscritti alla mia paginaFacebook. Scrivo una cosa e possoavere 20.000 feedback immediati,sconvolgente. Sono completamenteimmerso nei media, amo il modo incui sono strutturati i social network eil punto a cui sono arrivati. Sonomolto sofisticati e sicuramente unodei problemi principali di oggi è nonavere capitali sufficienti adisposizione da investire nellosviluppo dei nuovi mezzi dicomunicazione. Se guardo i miei figliventenni, loro hanno accesso ad unsacco di informazioni e certe voltenon riesco nemmeno a capire qualisono le fonti ma loro sonodettagliatamente informati e le loroinformazioni non arrivano daigiornali tradizionali, questo è ilpunto.

EDITORIAIn pagina: David Carr inredazione al New YorkTimes e rotativa: dueimmagini dal documentario«Page One»

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CORRADO FARINA ■ IL GRANDE PERSUASORE

Il mio fumetto del ’68sciaguratamenteancora troppo attuale

SPAZIO GRISÙ●●●Da ex caserma dei vigili del fuoco a «casa per creativi» nasce, grazie all’attivitàdell’Associazione Grisù la prima factory della cultura dell’Emilia Romagna, uno spazio di 4000mq da recuperare e trasformare che intende contribuire al processo di crescita del territorioattraverso lo sviluppo dell’imprenditoria culturale. La caserma viene concessa all’Associazionenon profit in comodato d’uso gratuito all’Associazione dalla provincia di Ferrara, a tempodeterminato con lo scopo di far nascere sul territorio professionalità in ambito culturaleincrementando lo sviluppo economico e sociale del territorio. La selezione degli assegnataridegli spazi avverrà sulla base del merito tramite application form, in maniera graduale eprogressiva rispetto alle proposte che arriveranno di occupazione. Info: www.spaziogrisu.org

●●●Cari amici di Alias,vi ringrazio per lo spazio che mi

avete dedicato sul numero scorso,ma ve ne chiedo un altro po’ percorreggere alcuni errori e colmarealcune lacune che esso conteneva.Prima di tutto, le presentazioni diClaudio Bertieri e Oliviero Diliberto,di cui avete pubblicato un ampiostralcio, non fanno parte delcatalogo del DOCartoon diPietrasanta (Pietrasanta, nonPontedera!) bensì di un fascicolorecentemente pubblicato da

un’associazione culturale versiliesechiamata Diaforia (.org), una diquelle iniziative private che sisforzano di coprire a loro spese ilsempre più vistoso disinteresse delloStato italiano nei confronti dellacultura. Il libriccino in questionecontiene tutte le mie «strisce» afumetti di un personaggio chiamatoIl Grande Persuasore, realizzate acavallo tra il 1967 e il 1968, allospirare del mio rapporto di lavorocon Armando Testa. Nascevano tra iventi dell’incipiente contestazione,alimentate dalla lettura di Marcuse edei racconti distopici di Pohl e diSheckley; e se erano iniziate comeuna semplice satira della pubblicità,erano andate via via colorandosi diminacciosi echi orwelliani. Tra ilGrande Persuasore e il GrandeFratello di Orwell (e mettiamocipure anche Mussolini e l’ingegnerNosferatu del mio Hanno cambiatofaccia) c’erano e ci sono legamiparentali assai stretti; e non è il casoche io vi dica quale personaggiodella vita pubblica italiana abbiaraccolto in anni recenti il testimonedi così noti predecessori veri o fittizi,visto che sia Bertieri che Diliberto nehanno parlato in modo più o menoesplicito. Le mie strisce eranorimaste inedite fino ad oggi, eprobabilmente lo sarebbero state

sine die se i giovani fondatori diDiaforia non avessero colto quantocontenevano di sciaguratamenteattuale e non avessero deciso didarle alle stampe: credo che voi siatei primi che ne hanno parlato, e misembra singolare che la maggiorparte della vostra pagina sia statadedicata a un «qualcosa» di cui nonsi dava nessun esempio, per lasciareinvece spazio a una grandefotografia di Isabelle de Funés(Isabelle, non Ines!), protagonista delmio Baba Yaga.

Ma cosa c’entra Il GrandePersuasore con il DOCartoon diPietrasanta? C’entra di sguincio:perché il Festival diretto da ThomasMartinelli mi ha dedicato un’ampiaretrospettiva (con film,cortometraggi, «caroselli» eromanzi), all’interno della qualehanno trovato spazio lapresentazione del libriccino e unamostra delle tavole originali. A ciò siè aggiunta una performance delgruppo musicale VipCancro(liscarecords.com), che ha

accompagnato la proiezione dellemie vignette con una colonnasonora che ha sorpreso me stesso,poiché poneva in sottordinel’aspetto satirico delle strisce peresasperarne quello drammatico. Edè bene che sia così, hai visto mai chequalcuno si renda conto(tardivamente) che stavamo(stiamo?) tutti ballando sulla toldadel Titanic. Grato se vorrete darespazio a queste precisazioni, visaluto cordialmente.

Corrado Farina

●●●Fisso o in movimento,affidato alla carta o allo schermo, ilsegno grafico è stato il protagonistaindiscusso della seconda edizionedel DOCartoon di Pietrasanta. Ladesignazione completa del Festivaldiretto da Thomas Martinelli, èbene ricordarlo, è «DOCartoon - Ildisegno della realtà», intendendocosì lasciare fuori della porta lamaggior parte dei film dianimazione e dei fumetti prodottinel mondo per narrare quelli chesono dedicati a episodi realmenteaccaduti o a personaggi realmentevissuti: in una parola, aidocumentari. Per quanto riguarda ifilm sia corti che lunghi, si tratta diquel genere di opere chedifficilmente raggiungono il grandepubblico, e che vivono la loro vitanel ghetto dei Festival o deglieventi «mirati»; e per quantoriguarda i «fumetti», è meglio

sostituire a questo termine quellodi «graphic novel», ovvero quei libriautoconclusivi che vanno pianpiano conquistandosi il diritto dicittadinanza, oltre che nellecosiddette fumetterie, nelle libreriepiù sfiziose.

Detto questo, ben venga unFestival anomalo come quello diPietrasanta, che ha anche il meritodi far conoscere nel mondo unacittadina ai piedi delle Alpi Apuanee la sua piazza del Duomo, chevista di notte, deserta, evocasuggestioni non meno arcane diquelle di Giorgio De Chirico. Delfitto programma di mostre,proiezioni e incontri, su questepagine si è già dato conto nelnumero scorso, ed è meglio farequalche considerazione generale: laprima delle quali è che la «realtà»in cui viviamo è tutt’altro cheallegra, vista la maggior parte degliargomenti affrontati. Nei film siandava dalla violazione dei dirittiumani (Break the Law of Silence, diAmnesty International) alle bombeinesplose del Libano meridionale(La mort est dans les champs, delfrancese Patrick Chapatte), dallacasa integrazione (La fabbricaincerta, di Luca Rossomando) allatossicodipendenza (Work HardPlay Hard, dello svizzero MarcelWyss), dai bambini che vivononella follia della guerra (Gli altribambini, di Paola Chartroux eVauro Senesi), alla morte nellecarceri di Cracovia di un immigratoimprigionato per un erroregiudiziario (Crulic – The Path toBeyond, della rumena AncaDamian, vincitore dell’ultimoFestival di Annecy).

Anche le graphic novel hannoavuto temi molto «forti», comeRoberta Lanzino ragazza, di CelesteCostantino e Marina Comandini,sulla storia vera di unadiciannovenne di Cosenzaviolentata e uccisa da due balordi,o La firma, di Nazareno Giusti,dedicato a Guido Rossa, ilsindacalista ucciso dalle BR nel1979); anche se non sono mancatiquelli più tradizionali, come Ilpiccolo libro dei Beatles, cronistoriadei Fab Four ridisegnata dalfrancese Hervé Bourhis sulla scortadi un mare di fotografie e dicopertine di dischi. Uno degliutilizzi più efficaci dell’animazionesi è rivelato quello di fornireimmagini a registrazioni effettuatein solo audio: come nel caso diun’intervista a John Lennonrealizzata nel 1969 da Jerry Levitan(I met the Walrus, del canadeseJosh Raskin,) o del discorso dellavedova al funerale di un giornalistaarmeno assassinato a Istanbul nel2007 (No Darkness can make usforget, del turco Huseyin Karabey).

Ci scusiamo con tutti coloro chepur meritandolo non sono staticitati, ma lo spazio, si sa, è tirannoe dobbiamo fermarci qui.Osservando in chiusura chenell’ormai brulicante panorama diFestival piccoli e grandi, ilDOCartoon di Martinelli con duesole edizioni si è già ritagliata unaposizione di primissimo piano.

LA LETTERA

DOCARTOON

Un modonuovodi disegnarela realtà,dai Beatlesalle Br

FESTIVAL

«...A propositodelle mie striscerealizzatetra il ’67 e il ’68,pubblicate oraper la prima volta,dall’associazioneculturale versilieseDiaforia (.org)...»

In pagina le strisce di Corrado Farinapubblicate dall’associazione Diaforia

Page 9: Alias Il Manifesto 13.10.2012

(9)ALIAS13 OTTOBRE 2012

L’EVENTO

LA MOSTRA

LE BICICLETTE

COGAN - KILLING THEMSOFTLYDI ANDREW DOMINIK, CON BRAD PITT, RAYLIOTTA. USA 2012

0Due piccoli delinquenticompiono una rapina in unabisca clandestina durante una

partita di poker protetta dalla mafia,sicuri che la responsabilità sarebbericaduta sul gestore. La mafia assoldaJackie Cogan per ristabilire l’ordine. Ilregista neozelandese ha firmato losfiancante L'assassinio di Jesse James permano del codardo Robert Ford, e prendespunto ancora una volta da un romanzodi Gorge V. Higgins, Cogan's Trade del1974.

GLADIATORI DI ROMADI IGINIO STRAFFI. ANIMAZIONE. ITALIA 2012

0Il giovane Timo è riuscito ascampare dall'eruzione delVesuvio che ha distrutto Pompei

e ucciso i suoi genitori grazie all'aiuto delgenerale Chirone, che lo porta a viverenell'accademia di gladiatori piùconosciuta di tutta Roma di cui è a capo.Non che la cosa lo interesse poi tanto,ma si infervora non appena incontraLucilla, la figlia di Chirone. Timo siimpegna a battere il suo promessosposo. Le voci dei cartoni sono LucaArgentero, Laura Chiatti, BelenRodriguez.

IL MATRIMONIO CHE VORREIDI DAVID FRANKEL, CON MERYL STREEP, TOMMYLEE JONES. USA 2012

0Dopo trent’anni dimatrimonio, Maeve che hasentito parlare del dottor

Fields (Steve Carell) convince il maritoa sottoporsi ad una settimana diterapia matrimoniale nel tentativorivitalizzare il loro rapporto. All’inizionon sarà per niente facile superareinibizioni e imbarazzi. Il regista hadiretto parecchie puntate di Sex andthe city e Il diavolo veste Prada.

INDOVINA PERCHÉ TI ODIODI SEAN ANDERS, CON ADAM SANDLER, ANDYSAMBERG. USA 2012

0Donny diventato padre quandoera ancora adolescente, alleva ilfiglio fino a quando compie

diciotto anni, poi lo abbandona e dopoanni di lontanaza si fa vivo nuovamenteal momento del matrimonio del figlio.Nel cast ci sono anche Andy Samberg (ilfiglio a cui ha dato nome Han Solo),Susan Sarandon, James Caan (nella partedi padre McNally).

LE MIGLIORI COSE DEL MONDODI LAÍS BODANZKY, CON FRANCISCO MIGUEZ,PAULO VILHENA. BRASILE 2010

0Tratto da una serie di libri perragazzi, Mano è un ragazzo diquindici anni, suona la chitarra,

si diverte con gli amici e gli piace andarein bici. Tutto cambia quando i genitoridivorziano, suo padre rivela la suaomosessualità, il fratello mostra diavere parecchi problemi e scopre ilprimo amore. Il film è stato premiato loscorso anno come miglior film per lagioventù al festival di Madrid. La registaconduce con il marito (sceneggiatoredel suo film) Cine Tela Brasil dal 2005,un progetto itinerante di proiezionigratuite di film brasiliani in tutte le cittàdei vari stati del paese.

THE POSSESSIONOLE BORNEDAL, CON JEFFREY DEAN MORGAN,KYRA SEDGWICK. USA 2012

0Clyde in visita al mercatinodomenicale con la figlia minoreEm non pensa che ci sia motivo

di allarme quando questa acquista unascatoletta con delle indecifrabiliinscrizioni. Ma appena lo fa, comincianoa verificarsi degli avvenimentiinquietanti. Em ha infatti aperto lascatola di un Dibbuk, spirito malignofino a quel momento intrappolato nelcontenitore. Prodoto da Sam Raimi.

THE WEDDING PARTY -MATRIMONIO CON SORPRESADI LESLYE HEADLAND, CON KIRSTEN DUNST, ISLAFISHER. USA 2012

0Regan scopre che Becky, la suagrassa amica del liceo, sta persposare un ricco newyorchese e

poiché vuole essere la prima in tutto haun momento di sbandamento, poiaccetta di farle da damigella d’onore edecide di svolgere al meglio tutti i suoidoveri con l'aiuto delle due amiche delliceo. Ma durante l'organizzazionedell'addio al nubilato qualcosa va stortoe potrebbe compromettere le nozze.Alessia Amendola che interpreta Beckydoppia se stessa nella versione italiana.Presentato al Sundance e a Locarno.

APPARTAMENTO AD ATENEDI RUGGERO DIPAOLA, CON LAURA MORANTE,RICHARD SAMMEL

6Nel Silenzio del mare (1949),l’esordio di J.P.Melville (che fupartigiano gaullista), Von

Ebbrenach, ufficiale tedesco vieneaccolto con gelida freddezza nella agiatacasa di campagna di un colto parigino. Ilrispetto per la persona umana, in quelfilm di potente sensibilità politica,moltiplicava la verve critica del film e neaccentuava la tonalità emotivaantifascista. Ma non sempre si è capaci ditanto. È più facile la strada, anzi oggi èquasi obbligatoria tra i fanaticidell’anti-ideologia, di un giudizio eticoche cancelli ogni contestualizzazionestorica e politica. Ruggero Dipaola èriuscito a trasformare in versione siagreca che italiana il romanzo di GlenwayWescott scritto nel ’45 e pubblicato daAdelphi nel 2003. Anche qui la vita diuna famiglia ateniese è sconvoltadall’ospitalità obbligatoria del capitanotedesco Kalter, ma sono tuttitrasformati in servi (mettendo in scenal’attuale rapporto di forza tra Bonn eAtene). Il romanzo è «privatizzato», siannacqua il quadro storico dello scontrorendendo il disegno drammaturgicomeccanico e un po’ troppo disincantato.(r.s.)

UN GIORNO SPECIALEDI FRANCESCA COMENCINI, CON GIULIAVALENTINI, FILIPPO SCICCHITANO. ITALIA 2012

6Gina e Marco quasi ventenni, leiattrice fresca vincitrice di una«selezione», lui autista al primo

giorno di lavoro, passano una giornatainsieme, forzatamente, e all'inizio nonsenza litigi, perché il deputato chevorrebbe vedere e che dovrebberaccomandare lei, è bloccato allaCamera dalla disciplina parlamentare eper far passare delle leggipresumibilmente sciagurate. Tristiargomenti consunti, si respirano perfinogli incipriati tanfi del berlusconismo e cisi intossica di disoccupazione giovanile.Operina sottodimensionata per il grandebalzo in avanti? No. Abbandonato loschema «due camere e cucina» il cinemaitaliano si chiude in cantina o tornaall'aria aperta, tra i paesaggi con rovinedi una battaglia etico-emozionaleperduta. Ma si ha la sensazione che laguerra sia ancora tutta da combattere.(r.s.)

KILLER JOEDI WILLIAM FRIEDKIN, CON MATTHEWMCCONAUGHEY, EMILE HIRSCH, USA 2011

7Tarantino e Lynch hanno fattobene al cinema mondiale,svecchiandone le figure e gli

snodi. Ma la «vecchia guardia»hollywoodiana, in questo caso WilliamFriedkin (Esorcista, Braccio violento dellalegge, Jade...) dimostra di saper farealtrettanto bene i conti con il male che èdentro di lui e di noi. È Traci Letts cheha scritto, in forma di ballata tragica edivertente. I tre balordi che assoldanoun killer per riscuotere l'assicurazionesulla vita, anche se non sono peggioridella loro vittima, che è rispettivamentela loro mamma, la ex moglie e la ex

cognata, saranno puniti dall'angelo dellavendetta, una bionda vergine pura,Dottie che, rovesciando Cenerentola, siinnamorerà del principe azzurro piùimpresentabile (un poliziotto, sicariopart time). O forse no, alla fine sisbarazzerà anche di lui, bello comeMatthew McConaughey, gelido come unrobot di Michael Crichton. (r.s.)

ON THE ROADDI WALTER SALLES, CON SAM RILEY, KIRSTENDUNST. USA 2012

755 anni per portare sulloschermo On the road di Kerouac,il ritratto dei giovani ventenni

che rifiutano il lavoro sotto il capitale epreferiscono correre per il paese, tramicrocriminalità e vagabondaggio. Lamitica controbibbia della 'beatgeneration' fu pubblicato da Viking Pressnel 1957. Il film non lo ha fatto MarlonBrando, nonostante le richiestepressanti di Jack Kerouac. Non lo hafatto Monty Clift. Né Coppola che pureopzionò il libro nel 1970 e neppure GusVan Sant. Ma adesso c'è. Unasventagliata di vintage, libri di Proust,Céline e Rimbaud a volontà, jam sessionjazz scatenate, bevute d'obbligo, pere,sesso sempre, lunghe strade assolate edeserte che da Denver conducono aFrisco e da Phoenix City a Mexico City.C'è tutto, ma è come se tutto fossedevitalizzato, intrappolato dalla strutturacanonica «inizio-centro-fine» senzasbandare mai. (r.s.)

PARANORMAN 3DI CHRIS BUTLER, SAM FELL. ANIMAZIONE. USA2012

7Norman sa benissimo di esserediverso: nei suoi 11 anni di vitasul pianeta Terra, ha imparato a

controllare il dono di parlare con i suoiamici zombi e fantasmi, a guardare bene,non si nasconde neanche tanto.Naturalmente gli ingranaggi cittadinisaltano per aria non appena lamaledizione di una strega, arsa al rogotre secoli prima, prende vita e sguinzagliai suoi zombie in città. Davvero un buonacchiappafantasmi, il Norman in 3D, uninno all’amicizia. Con ParaNormanl’horror si conferma il medium piùadatto alla rappresentazione dellatolleranza, un piccolo capolavorod’acqua e fango, dopo Coraline e la portamagica. (f.bru)

REALITYDI MATTEO GARRONE, CON ANIELLO ARENA,ANGELICA BORGHESE. ITALIA 2012

7Da un delirante matrimoniocamorrista arriveremo al ritopop nazionale per eccellenza: il

set tv acceso 24 ore su 24 del formatpiù glorioso. Al centro la nostalgia di unavita da ballatoio socializzato, dove tuttiaiutano tutti, fino al grande sogno di«potere individuale» che conduce allaparanoia, alla deviazione inammissibile:regalare i propri beni ai poveri... Il filmche vediamo è un perfetto «realityshow». Non la sua critica magica.Quando infatti Luciano si situerà fuoridal consesso civile - e si ritroveràproprio dentro quella «prigione» -tocca, immagina e gode della «profonditàdella vita», soffre della sua superficialità.(r.s.)

TUTTI I SANTI GIORNIDI PAOLO VIRZÌ, CON LUCA MARINELLI, THONY.ITALIA 2012

7Operina minore rispetto aigrandi film livornesi di Virzì, hauna bella freschezza di scrittura

e di ispirazione e due protagonisti ditalento e di immediata simpatia.Marinelli, proveniente dal teatro diCarlo Cecchi si adatta con sicurezza alpersonaggio del proletario colto, Thony,non attrice ma cantante è una sopresa. Ilprimo passo avanti verso una commediacivile e sentimentale della quale il nostrocinema ha assoluto bisogno per potercomunicare al suo pubblico. (m.g.)

A CURA DISILVANA SILVESTRICON MARIUCCIA CIOTTA, GIULIAD’AGNOLO VALLAN, ARIANNA DIGENOVA, MARCO GIUSTI,CRISTINA PICCINO, ROBERTOSILVESTRI

BICYCLE FILM FESTIVALMILANO, CINEMA MEXICO, 11-14 OTTOBREFestival indipendente fondato a New Yorknel 2001, ha avuto luogo in molte altrecittà tra cui Tokio, Istanbul, Monaco, SanPaolo, Tallin. Quest’anno per la settimavolta arriva a Milano con 47 film tra cortie mediometraggi «sulle diverse animedella bici». Lo spazio dell’ex Ansaldodiventa velodromo per gare, esibizioni,tornei (oggi dalle 10 alle 18 Bike PoloTournement). Ospite d’onore Roel VanDuyn fondatore del movimento ecologistadei Provos di Amsterdam a cui è dedicatala mostra «Senza Mani». Oggi «BromptonUrban Challenge» sfida riservata ai pieghevolisti. Tra i film di oggi: The first unstoppable(Spagna) di Daniel Jariod, un protagonista mutilato da una gamba con la passione per ilciclismo, Ras tailteann men of the ras di Sean O. Cualain sulla corsa a tappe più anticad’Irlanda, Full Glory di Brian Chu dedicato alle evoluzioni in bmx e ancora: un circuitoall’interno di un appartamento, Bikelordz, la corsa che in Ghana ha fatto appassionare alciclismo generazioni di ragazzini, i «cattivi ragazzi» della bmx in piena terra dei mormoni,e infine Bikes, bread and wine: l’eroica di Morgan Bertacca, film italiano che esalta la corsain Chianti, su strade sterrate dove sono ammesse solo bici pre-1987 in acciaio.Domenica da non perdere la leggenda del Tour, di Erik van Empel. (s.s.c.)

ROCK‘ND CIOCKTORINO, BORGO REGIO PARCO, 14 OTTOBREChi in quegli anni non era ancora nato,si stupirà. Chi c’era, li rivivrà. Queglianni sono i ’50 del secolo passato, chetornano in scena per un giorno alBorgo Regio Parco e nella ManifatturaTabacchi, splendido esempio diarcheologia industriale. Rock’ndCiock, dalle 10 alle 21, abbina lamusica al cioccolato, l’ukulele allebibite d’epoca, il ballo al teatro. Nellevie del borgo, vetrine a tema,commercianti in abiti vintage, dj setd’antan con SimonOn Enne e gliinterventi live di ElBastarDo e La Terribile, dimostrazioni di acconciature e makeup in stile Dolce Vita. E, naturalmente, Sua Maestà il Rock’nd Roll: esibizioni acolpi di giravolte e capriole, il gruppo The Twisters a pescare dagli archivi delrepertorio R&R e boogie woogie. Sul palco di piazza Abba va in scena ‘Accennistorici’ sulla Manifattura di e con Mariella Fabbris. Due le mostre: una dedicataalle scatole di latta (altro emblema di quegli anni) e ‘La città che cambia…L’occhio di 15 giovani fotografi sull’area della Manifattura Tabacchi’. Nel corsodella giornata, sigaraie agghindate come nei film americani in bianco e nero,distribuiranno sigari di cioccolato prodotti per l’occasione nella Manifattura(l.d.s.)

WHEN WE WAS FABUK, 1988, 3’57”; musica: George Harrison;regia: Godley & Creme; fonte: Youtube

8Giacca nera e chitarra l’exbeatle suona il suo branoappoggiato a un muro di

mattoni, ma dal suo corpo spuntanouna serie di altre mani che compionovarie azioni (lo ammanettano,suonano un violoncello, scrivono conlo spray la parola «fab»…), fino atrasformarlo, nel finale, in una sortadi Dea Kalì, riferimento al periodo«indiano» di Harrison. È solo unadelle tante trovate che Godley andCreme creano con abili effetti dipost-produzione video. A daremanforte ad Harrison c’è il suoamico di sempre Ringo Starr che glifornisce alcuni strumenti musicali, tracui una lunghissima tastiera. Delresto il brano – tratto dall’albumCloud Nine – è un tributo al suopassato, quando lui, Ringo, Lennon eMcCartney erano appunto i «fabfour». Nel clip compaiono di sfuggitaanche Ray Cooper, Elton John e JeffLynne. When we was Fab, insignito di4 nomination ai Video Music Awarddel 1988, ricorda un po’ lo stile diZbig Rybczynsky, ma forse è solo uncaso.

TU MI PORTI SUItalia, 2012, 3’56”; musica: Giorgia; regia:autore ignoto; fonte: Video Italia

6La solita idea di creare unvideo frutto dell’assemblaggiodi sequenze girate durante il

tour di Dietro le apparenze, nuovoalbum della vocalist romana.Il-dietro-le quinte, l’entusiasimo deifan, i momenti live sul palco, il tuttonaturalmente mescolato con ilplayback vero e proprio filmato(senza pubblico) sullo stesso palco,con la band che accompagnaGiorgia. Montaggio efficace per unahit (firmata da Jovanotti) moltoritmata, che ha segnato l’estate2012.

WEIGHT WATCHERSDanimarca, 2009, 3’56”; musica: ParallelDance Ensemble; regia: Lisa Dunn; fonte:Youtube

1Un video spudoratamentepop questo di WeighWatchers, dove naturalmente

appare la coppia dance composta daidanesi Coco Solid e Bobbi Soxx. Lei– di cui viene filmato soprattutto ildettaglio della bocca con le labbradipinte di colori sempre diversi susfondi altrettanto cangianti – canta esi ingozza di dolciumi; lui invece,viene moltiplicato su un chroma-keyo intarsiato su una texture dileccornie sempre molto variopinta. Aparte la Dunn, i veri autori di questoclip, visivamente divertente ecostruito su una ritmicità cromaticadi inquadrature, sono la truccatriceRiki Anderson e il direttore dellafotografia Neal Wagstaff.

I FAVOLOSIQUATTRO

MAGICO

I FILM IL FILMIL COMANDANTE E LA CICOGNADI SILVIO SOLDINI, CON ALBA ROHRWACHER, VALERIO MASTANDREA, GIUSEPPE BATTISTON,LUCA ZINGARETTI, CLAUDIA GERINI, GIUSEPPE CEDERNA, GISELLA VOLODI. ITALIA 2012«È il mio film più surreale e deflagrante», Silvio Soldini ha definito così il suoultimo film, una commedia che fa muovere personaggi contemporaneiimpantanati in un presente melmoso che condiziona anche loro. E di personaggice ne sono tanti: un idraulico, la moglie defunta che gli fa visita ogni notte, i duefigli adolescenti, un aiutante cinese di nome Fiorenzo, un’artista che fatica apagare l’affitto, il proprietario di casa che ha lasciato il suo lavoro pertrasformarsi in eremita urbano, un detective privato, un fabbricante di pantofole,un avvocato. Nel suo studio si incontrano Elia, l’idraulico e Diana l’artista che stalavorando a una parete dello studio e il loro incontro indica che si può usciredalla solitudine in cui siamo tutti precipitati. In più ci sono le statue dei grandiitaliani - Garibaldi, Verdi, Leopardi - a commentare quello che succede sotto iloro occhi, con le voci di Pierfrancesco Favino, Gigio Alberti e Neri Marcorè. Lacicogna è quella che alleva in segreto il giovane Elia, figlio dell’idraulico, Scritto daSoldini con Doriana Leondeff e Marco Pettenello, il film è stato girato a Torino,trasformata dalle scenografie di Paola Bizzarri. Colonna sonora della BandaOsiris e Vinicio Capossela che canta la canzone La cicogna. Il comandante e lacicogna è appena stato presentato con successo in anteprima mondiale al festivalsudcoreano di Busan.

SENZA MANI - PROVOSMILANO, SPAZI ANSALDO 11-14 OTTOBRECurata da Matteo Guarnaccia è allestitaall'interno degli Spazi Ansaldo a Milanodurante il Bicycle Film festival (11-14ottobre) la mostra «Senza mani -Provos» dedicata agli attivisti ecologistisituazionisti non violenti e antiautoritari,antiproibizionisti, che nella metà deglianni ’60 su biciclette bianche e con ilmotto «la bicicletta non è niente ma ègià qualcosa» rivoluzionarono lamantalità olandese contribuendo atrasformare Amsterdam in una dellecittà europee più libere e vivaci. Lamostra, realizzata in collaborazione con la galleria Antonio Colombo e con ilcontributo dei Paesi Bassi, raccoglie materiale d'epoca, volantini, manifesti, unaselezione di fotografie di Massimo Vitali che ritraggono vari momenti di vita Provo ereinterpretazioni di Guarnaccia. La mostra è stata inaugurata dal fondatore delmovimento Roel van Duijn. Le biciclette date gratuitamente ai cittadini sono oggidiventate bike sharing a pagamento. In quanto all’abolizione del lavoro, un altro deicavalli di battaglia dei Provos, ci si dovrebbe ricominciare a pensare seriamente.Poco dopo essere stati eletti nei consigli comunali si sciolsero per non diventareessi stessi delle caricature di politici. (s.s.c.)

SINTONIE

Page 10: Alias Il Manifesto 13.10.2012

QUAL È IL PRIMO DISCO CHE TI HA CAMBIATO LA VITA

E PERCHÉ

Raccontaci in massimo 1250 caratteri (spazi inclusi) quell’esperienza

e le motivazioni che ti hanno indotto a scegliere quell’artista o quel gruppo.

Gli scritti vanno firmati e inviati via e-mailentro e non oltre il 15 novembre 2012

a [email protected]

Ultrasuoni si riserva il diritto di pubblicare e di editare i testi

a seconda delle esigenze redazionali. E adesso scrivi

AVVISO AI LETTORI

Il rullanteda un milionedi dollari

di GUIDO MARIANI

Secondo un vecchio detto cinese«se hai un nemico, regala a suofiglio un tamburo». Forse cominciaproprio in famiglia la cattiva lucecon cui sono visti i batteristi.Quando non vengono cacciati dicasa, vengono a torto spessoetichettati come comprimari etalvolta, nelle band, cambiano voltosenza che nessuno se ne accorga. Inrealtà la batteria è la spina dorsale,è la linfa vitale. Senza ritmo nonsarebbe nato il rock’n’roll. C’è chiclassifica la musica in base ai riff dichitarra, molti brani storici siricordano per il loro ritornello, ma ègiusto passare in rassegna alcuniclassici che sono diventati talianche grazie al principe di tutti itamburi, il rullante, e grazie altalento di chi aveva le bacchette inmano.

PEGGY SUEBuddy HollyL’anno era il 1957, il rock eraancora ai primi vagiti, il giovaneBuddy Holly era una delle sue piùpromettenti star. Il suo gruppo, iCrickets, verranno considerati damolti come il primo autenticoesempio di moderna rock band.Alla batteria c’era Jerry Allison chefu protagonista assoluto delleggendario brano Peggy Sue, in cuiil suono del suo rullante introduce eguida il tema melodico. L’intro fusuonato come riscaldamentodurante le prove, ma piacqueimmediatamente a Buddy chedecise di conservarlo nellaregistrazione finale. Forsegalvanizzato da questoriconoscimento, Allison siappropriò del brano. La canzonedoveva infatti intitolarsi Cindy Louin onore della nipotina di Buddy.Ma il batterista chiese di cambiare iltitolo in Peggy Sue per fare colpo suuna majorette della scuola con cuistava uscendo, ma con cui avevaavuto un litigio. Holly, non senzadiscussioni, lo assecondò e il testofu cambiato. Fu in parte un veroscippo, dato che per anni il branovenne accreditato non a Holly checomunque l’aveva ideato, maproprio a Allison e a Norm Petty, ilproduttore. Ma in un’epoca eroicaper gli studi di registrazione, unpezzo così concepito dava deiproblemi di volume. Nel corso delleregistrazioni finali, infatti, il suonodella batteria di Allison era troppoalto e, non disponendo di altresoluzioni, si decise così diallontanare piatti e rullantespostandoli all’ingresso dellostudio, nella reception, accanto aldistributore di Coca Cola. Lacanzone poche settimane dopo erain vetta alla classifica di Billboard.Alla fine Jerry Allison sposò PeggySue.

PRETTY WOMANRoy OrbisonUn intro di rullante che non puòessere confuso con nessun altro.Un colpo secco e un giro dichitarra, un’alchimia melodicaunica che rende questo pezzo,datato 1964, una composizioneimmortale. La canzone venneregistrata a Nashville, la capitaledella country music, e in quegli

anni chi registrasse in quella città eavesse bisogno di un batterista ditalento si rivolgeva a un musicistachiamato Buddy Harman, passatoalla storia come il padre dellabatteria country. Il suo nome èforse ignoto ai più, ma hapartecipato alle incisioni di branistorici quali Ring of Fire di JohnnyCash, King of the Road di RogerMiller, Bye Bye Love degli EverlyBrothers, Stand by Your Man diTammy Wynette e miriadi di altrisuccessi country, rock e pop,lavorando pure a tutte le colonnesonore dei film di Elvis Presley.Harman diede ritmo e vitalità ainnumerevoli canzoni in un’epocain cui tanta musica countrydisdegnava i batteristi e aborriva ilsuono corposo delle percussioni.Nella sua carriera partecipò aqualcosa come 18mila sedute diregistrazione diventando uno deibatteristi più incisi nella storia.Pretty woman rimarrà per sempre ilsuo più amato biglietto da visita.

GET OFF OF MY CLOUDThe Rolling StonesLa mimica facciale di Charlie Wattsla conoscono tutti. Perennementedistaccato e serafico, in realtà con lebacchette in mano Watts tradisce ilsuo importante ruolo comeelemento centrale della band cheha fatto la storia del rock. Il suo stilesciolto, ma composto, facevapassare per assolutamente naturale

qualsiasi tipo di soluzione ritmica.Spesso si nota per la sua indefessadisciplina, ma in Get off of MyCloud, singolo datato 1965, Wattssembra abbandonare il suo aplombe domina la scena introducendo acolpi di rullante un branoscanzonato e contagioso cheseguiva di pochi mesi lapubblicazione della leggendariaSatisfaction.

LIKE A ROLLING STONEBob Dylan«Quel colpo di rullante era il suonodi qualcuno che apriva a calci laporta della tua mente», così BruceSpringsteen, introducendo BobDylan nella Rock And Roll Hall OfFame nel 1988, descrisse l’inizio delbrano che diede il via alla faseelettrica di Dylan e che segnò unpunto di svolta anche nella storia

del rock. La canzone fu scritta digetto da Dylan in un eccessocreativo che il menestrello descrissecome «un lungo pezzo di vomito».Fu registrata il 15 e 16 giugno del1965 negli studi della Columbia diNew York. I musicisti in sala eranoMike Bloomfield alla chitarra, PaulGriffin al piano, Joe Macho Jr. albasso, Bruce Langhorne altamburello e Bobby Gregg alla

batteria. Il pezzo fu suonato aorecchio, senza alcuno spartito, edapprima inciso come un walzer in¾. Solo dopo emerse la versioneche tutti conosciamo in cui ilrullante scatena una composizionetravolgente e iconoclasta con cuiDylan tagliava i ponti con il propriopassato. Dopo le contestazioni alfestival di Newport, Bob si imbarcòin un tour inglese in cui i suoi branielettrici venivano coperti da fischi einsulti e quel colpo di rullanteiniziale divenne un modo per zittirele critiche e per far capire a tutti cheil vecchio cantautore folk e lavecchia musica non esistevano più.Nella registrazione di un concertoalla londinese Royal Albert Hall del1966 si sente il pubblico che urla«Giuda!», Dylan zittisce icontestatori, poi si rivolge albatterista (in quell’occasioneMickey Jones) e gli urla «Playfucking loud!». Parte il colpo dirullante, la band inizia a suonare almassimo volume. La rivoluzionenon poteva essere fermata.

RAINThe BeatlesPiù per un pigro luogo comune cheper evidenza dei fatti, Ringo Starr siè portato addosso per anni la famadi essere un musicista mediocre. Sesi vuole apprezzare però una dellesue performance migliori e unadelle sue preferite in assolutobisogna riascoltarsi il brano Rain,

Bacchette che hanno introdottopezzi fondamentali della storiadel rock. Un avvio percussivoperfetto, magico, senza il qualeuna canzone sarebbe statasicuramente diversa. Eccoquindici musicisti alle presecon lo snare drum, il tamburoprincipale della batteria

STORIE ■ ALLISON, WATTS, BONHAM, GREGG, MOON, MITCHELL, WEINBERG

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inciso nell’aprile del 1966,pubblicato come B-side diPaperback Writer emisteriosamente mai inserito in unalbum dei Fab 4. Il pezzo, ritenuto ilmiglior lato B nella storia dellaband, è un viaggio lisergicointrodotto dal rullante di Ringo edominato dalle sue ritmiche. Fuuno dei primi grandi viaggilisergico-musicali dei Beatles in cuivennero sperimentati il suono dellechitarre al contrario così comeanche, nel finale, le parti vocali arovescio. Ma è proprio Ringo chevive il suo momento di gloria ericorderà sempre con entusiasmoquell’incisione. «Mi sentii come sequalcun altro stesse suonando labatteria - dirà -. Ero davveroposseduto!».

CAN’T STAND LOSING YOUThe PoliceNegli anni Settanta i Police eranofigli minori del punk, guardavano alreggae, ma corteggiavano anchel’hard rock e il power pop. Ilcarisma di Sting fu la cartavincente, ma l’estro di StewartCopeland (che si era fatto le ossa inun gruppo progressive) eral’elemento che li distingueva dallamassa dei volenterosi. L’albumOutlandos d'Amour passerà allastoria per essere il disco diRoxanne, ma in Can’t Stand LosingYou il rullante di Copeland tracciala via del loro percorso musicale,

dirottando sin dalle prime battutel’indolente ritmo reggae verso unrock pronto per conquistare legrandi platee.

I CAN SEE FOR MILESThe WhoKeith Moon era energia pura.Rivoluzionò l’immagine delbatterista, non più il disciplinatoaccompagnatore, ma unincontenibile protagonista, un po’giullare un po’ virtuoso, pronto arubare la scena a chiunque osasseostacolarne l’estro. Questo brano,che fu l’unico singolo trattodall’album The Who Sell Out del1967 e il primo successo Usa per la

band inglese, vede il rullante diMoon duettare con la chitarra diPete Townshend in una serie diesplosioni di ritmo prima controllatee poi via via sempre più prepotenti.E quella che per altre band sarebbestata una canzone melodica, diventauna indimenticabile cavalcata.

LIGHT MY FIREThe DoorsLa canzone che inaugurò laleggenda di Jim Morrison e dei suoiDoors è spesso ricordata come unbrano pop, in realtà era una lungasuite di 7 minuti psichedelica edrammatica al tempo stesso. Perragioni radiofoniche e commerciali,fu tagliuzzata e ridotta dalle radio aun brano di tre minuti e propostacome singolo nella primavera del1967. Fu un successo, ma, nellaversione amata dal grande pubblico,tradiva le ambizioni e la visioneartistica della band. A rendereancora peggiori le cose ci pensò JoséFeliciano che la riportò in classificain tutto il mondo l’anno doporicantandola come un lento dabalera. La versione autentica è erimane quella comparsa sull’albumd’esordio omonimo dei Doors eriascoltandola si capisce che lacontagiosità della canzone(riproposta poi anche da ShirleyBassey, Stevie Wonder, ArethaFranklin, Etta James e dai MassiveAttack) dipende tantissimo dallabatteria di John Densmore e dai suoicolpi di rullante all’inizio del branoche catturano subito l’attenzionedell’ascoltatore e, come il

bianconiglio di Alice, lo fannoentrare immediatamente nel vivo diun viaggio che nei primi secondisembra un giro di giostra e poidiventa un carosello di colori esuggestioni.

CROSSTOWN TRAFFICThe Jimi Hendrix ExperienceSi parla spesso di Jimi Hendrix comedi un solista, ma parte del suo lavoroè accreditato ai Jimi HendrixExperience, formazione che potevacontare su due musicisti-fantasisti(entrambi inglesi) tutt’altro cheinsignificanti come il bassista NoelRedding e il batterista MitchMitchell. Mitchell, scomparso nel2008, aveva il compito di fare dacontrappunto e seguire lefunamboliche gesta dellaStratocaster di Jimi. In CrosstownTraffic i ruoli si invertono. Lachitarra sembra accomodarsi sulsedile del passeggero e alla guida c’èMitchell che a colpi di rullante ciconduce in un viaggio sonoro tra ilcaos di una metropoli, in unostupefacente affresco sonoro cherende piacevole l’idea di un ingorgoall’ora di punta.

WHOLE LOTTA LOVELed ZeppelinJohn Bonham è stato uno dei piùfunambolici e avventurosi batteristidi tutta la storia del rock e alla suamorte i Led Zeppelin capirono chenon aveva senso continuare senza dilui. Questo brano inizia con lachitarra di Jimmy Page e culminacon l’estasi vocale di Robert Plant,ma vive grazie al ritmo del rullantedi Bonzo. Il brano sembra iniziaresolo quando le sue bacchetteentrano in azione e incendia lacanzone con una ritmicaassolutamente travolgente. SpessoBonahm viene commemorato con illungo e strepitoso assolo di MobyDick o con l’incontenibile energia diRock and roll (che cita Keep aKnockin di Little Richard), ma è inWhole Lotta Love che suona la caricae dove trionfa il gioco di squadra.

HUNGRY HEARTBruce SpringsteenChi si sorprende come il Boss riescaancora oggi a dominare il palco perpiù di tre ore, dovrebbe ancora dipiù stupirsi di come Max Weinberg,61 primavere, possa sostenereimpeccabile le esibizioni torrenzialidi Bruce senza sbagliare un colpo esenza perdere mai quell’espressioneda professore universitario sedutoalla cattedra. Quando nel ’74Springsteen lo reclutò per la E StreetBand cercava un batterista preciso erigoroso, ma poco amante dellaribalta. Aveva infatti fatto pubblicareun annuncio sul Village Voice in cuichiedeva un musicista «non allaGinger Baker», riferendosi alsuperlativo, ma musicalmenteingombrante, talento dei Cream.Come dire «niente grilli per la testa».La scelta di Weinberg non potevaessere più azzeccata. È stato uninterprete obbediente e infallibile,potente ma controllato, che hasaputo diventare il perno di unadelle più formidabili live band dellastoria. Curiosamente Weinbergviene spesso celebrato per Born toRun un brano che ha interpretatomeravigliosamente migliaia di voltedal vivo ma che non suonò in studio(l’esecutore fu Ernest ’Boom’Carter).

Il suo rullante però è protagonistain Hungry Heart, brano tratto

dall’album The River, una dellecanzoni probabilmente più facili delrepertorio del Boss, quella che fascattare in piedi gli stadi, chetravolge e che senza dubbio è tra lepiù cantate a squarciagola daimilitanti springsteeniani. Sempre, inogni evento live.

SUNDAY BLOODY SUNDAYU2Fu con l’album War che gli U2occuparono la ribalta come ungruppo capace di scaldare i cuori ele coscienze ed emersero come vocidi una generazione. Di quellaraccolta, Sunday Bloody Sundayrimane una delle tracce piùindelebili. Come Born in the Usa, èstata spesso fraintesa. Allo stessomodo dell’anti-inno del Boss,Sunday Bloody Sunday è unacanzone che inganna l’ascoltatoresuperficiale. È una marcia militareanti-militaresca, è un inno dibattaglia pacifista, è una carica diuomini disarmati. «Questa canzonenon è una canzone ribelle» è lacelebre chiosa con cui Bonointroduceva il brano durante iconcerti. Questo grande ingannonasce grazie al rullante di LarryMullen, batterista di sostanza manon certo appariscente, che vive ilsuo momento di gloria con un intromarziale che segna il passo di unbrano in cui vivono la tristezza, larabbia e il dolore ma che è un urlodi libertà e rimane uno dei momentipiù intensi di tutto il repertorio delgruppo irlandese. In quel rullantec’è voglia di partecipazione,impegno e coinvolgimento,sentimenti che hanno mantenuto lacanzone attuale anche quando inIrlanda del Nord le armi hannosmesso di sparare.

IT’S THE END OF THE WORLDAS WE KNOW IT (AND I FEELFINE)R.E.M.Ora che i R.E.M. sono un capitolochiuso negli annali della musicarock, è il momento di ricordarsi cheil loro schivo batterista Bill Berry èstato una figura centrale nellosviluppo musicale del gruppo, finoal suo abbandono avvenutonell’ottobre 1997 per ragioni disalute. L’album dell’87 Document fuil grande momento di svolta, la bandnata nelle radio dei college ecorteggiata da critici e maniaci dellascena underground, era assai di piùdi un culto per intellettuali e snob,era pronta per il grande salto e perdiventare un fenomenointernazionale. La sezione ritmica diBerry e del bassista Mike Mills intutto il disco mette in mostra lapropria solidità e creatività (vale lapena menzionare The One I love o

Lightnin’ Hopkins). Ma è il ritmomarziale e contagioso del rullantedell’inno It’s the end of the world aswe know it che dà il segno dellaforza con cui i R.E.M. erano pronti aconquistare il mondo di cuiironicamente pronosticavano unagioiosa fine. «Andremo avanti comeun cane con tre gambe» proclamòMichael Stipe quando Bill Berrydisse addio alla band e alla musicarock, lasciando un vuoto che con glianni si è fatto davvero sentire.

WAVE OF MUTILATIONPixiesI Pixies furono tra gli iniziatori dellagrande ondata di musica alternativache volterà la pagina del rock neglianni ’90. Innovatori dall’animapunk, ma appassionati di melodiepop e infatuati di surf music, conl’album Doolittle del 1989 toccaronoil loro punto più alto. Il quartetto diBoston era guidato dalle visionisurreali del leader Black Francis mail drumming preciso e versatile diDavid Lovering dava ordine esostanza alle bizzarrie del resto delgruppo. L’intro di rullante in Waveof Mutilation sostiene, sull’impeto diun ritmo surf punk, un brano che indue minuti riassume grandezza e

morbosità di una band che riuscì adessere unica.

SMELLS LIKE TEEN SPIRITNirvanaLa canzone che proiettò il gruppo diSeattle ai vertici della scena rock èricordata per il riff che Kurt Cobainperfezionò tentando di rielaborare lacanzone Debaser dei Pixies, maforse l’impatto del brano sarebbestato molto diverso se alla batterianon ci fosse stato Dave Grohl. Diformazione punk, Grohl avevalasciato da poco gli Scream e dallaVirginia si era trasferito a Seattledove aveva sostituito nei Nirvanal’umbratile Chad Channing che nonpossedeva la stessa forza e potenza,né lo stesso carisma. La batteria diGrohl nel brano è il colpo dicannone che dà inizio a una nuovastagione nel rock alternativo. Fececapire che una nuova generazionedi band era pronta per corteggiare ireduci del punk, i discepolidell’hardcore e gli incallitiheadbanger.Il suo uso del rullante nell’innodei Nirvana servì anche aridefinire i confini del grunge,pronto a uscire dai sotterranei e aentrare negli stadi.

A sinistra Jerry Allison, sottoCharlie Watts e LarryMullen, in basso a sinistraBuddy Harman.Qui accanto Dave Grohl,a sinistra Keith Moone i Beatles. Nel tondo MitchMitchell, vicino JohnDensmore; sotto MaxWeinberg, i Police, DavidLovering e John Bonham

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LA BOLANEIDEdi FRANCESCO ADINOLFI

Marc Bolan, scomparso nel 1977, è statoil grande principe del glam britannico.Amico di David Bowie - con cuicondivideva manager e produttore - hafatto parte dei John's Children e haideato i Tyrannosaurus Rex (poi T.Rex).Autore tra il 1970 e il 1973 di pezzi

come Ride a White Swan, Hot Love, Get Iton, Jeepster o 20th Century Boy, a fineSettanta Bolan è ormai una gloriasbiadita. Nel tentativo di catturarel'attenzione di una generazione punk chenon l'ha conosciuto, si lega ai Damnedcon cui nel '77 va in tour perpromuovere l'album Dandy in theUnderworld. In quegli stessi giorni, il 24agosto, debutta in tv con un suoprogramma, Marc. I sei episodi (l'ultimo è

del 28 settembre) commissionati daGranada Tv andranno in onda su Itv nelprimo pomeriggio (per la ricerca suYouTube digitare Marc Bolan's MARC,Episode One). Per la prima volta èpossibile vederli per intero su YouTube:Bolan, con rose in mano e vestitisgargianti, alterna pezzi suoi allapresentazione di nomi nuovi e di altri piùaffermati. Tra i primi i Jam (nella primapuntata, insuperabili) o i Generation X,

di GUIDO MICHELONE

Basterebbe l’ascolto del recentedoppio cd francese Dakota Staton TheComplete 1954-1958 con quattroalbum fondamentali - The Late LateShow, In The Night, Dynamic! e CrazyHe CallS Me - a fare di Dakota Staton(1930-2007) una protagonista assolutanella storia della musicaafroamericana: artista da temposottovalutata, ma originale vocalist diprima grandezza per feeling,comunicativa, impatto sonoro,finezze stilistiche, in grado di spaziaretra jazz e blues, canzone e r’n’b,sconfinando persino nel rock’n’roll.Nei cinquantatre brani del cofanetto èdunque racchiusa non solo lasapienza di una cantante,un’interprete, una performer, masoprattutto l’idea di come il vocalismoblack in quegli anni cruciali, grossomodo tra l’era swing e i primi vagitifree, tra il Chicago Blues e il nuovorock, approdi, nel rispetto dellaforma-canzone, a traguardiimmaginifici in quanto a creativitàespressiva, se si pensa che sonoanche gli anni di Billie Holiday, EllaFitzgerald, Sarah Vaughan, DinahWashington innanzitutto, ma anchedi Dinah Shore, Big Maybelle, EttaJames, Nancy Wilson, LorezAlexandria, Shirley Horne, per citaresolo le principali ragazze nere dediteal canto sincopato.

Eppure di Dakota Staton in Italianon si sa quasi nulla. Nata il 3 giugno1931 (o 1930 come dicono alcunefonti) in quel di Homewood(agglomerato nei pressi di Pittsburgh,Pennsylvania), attirata dalla musicasin dalla tenera età, si esibisce conl'orchestra del liceo, per iscriversiquindi alla Fillion School of Music diPittsburgh. A soli sedici debutta inambito professionale, cantando nellospettacolo Fantastic Rhythm, peressere quindi assunta per due anni davocalist nella big and di Joe Wespray,jazzman molto noto in zona.Stabilitasi a Detroit, lavora al FlameShow Bar, uno dei luoghi piùfrequentati in città e al contempoeffettua diversi viaggi tra Canada eStati Uniti.

Nel 1954, durante un ingaggio alBaby Grand (club di Harlem), vienenotata dal famoso bandleader,ballerino e dj Willie Bryantsoprannominato The Cool Cat, che dilei parla in toni elogiativi in unatrasmissione radiofonica. DaveCavanaugh della A&R va ad ascoltarladal vivo, con l'orecchio delsassofonista navigato, ma ancheproduttore e arrangiatore; Cavanaughconosce i trucchi del mestiere e nonmanca di valorizzare il potenzialedella giovane Staton alla qualepropone di incidere, fin dal 1954, idue singoli What Do You Know AboutLove e You're My Heart's Delight che levalgono la qualifica di MostPromising Newcomer of the Yearsulla rivista Down Beat; si tratta di un«trofeo» meritatissimo poiché i dischirivelano una cantante già maestradella propria arte.

E molto in fretta Dakota dà provadi swing, di carattere e di entusiasmo,così da collocarsi a livello di una RuthBrown, dalla quale eredita i tipicimanierismi bluesy, benché sappiaanche valorizzare la linea melodica diballad lente con gusto sicuro. Per quelche concerne il lancio discografico,tra il 1956 e il 1957 vengono editidiciassette titoli, disseminati tra 45 e33 giri, che fino al 2012 non verrannomai più ripubblicati: è infatti laHarmonia Mundi (Chant du Monde,distr. Egea) a riunirli oggi per la primavolta in Dakota Staton. The Complete1954-1958 con un booklet biograficoscritto da Alain Tomas. L'unicadebolezza del repertorio consisteforse nella scarsa coerenza, vista lapresenza di tutti i generi vocaliamericani, forse perché i dirigentiCapitol esitano sulla via da seguire esul pubblico da conquistare. Ma al dilà di tali circostanze la cantantedomina la situazione lanciandosi purein qualche scat straordinario; edunque con qualche valida jazzsongquale carta da visita, Dakota lavora

regolarmente, nel giro dei club, con ilgruppo di Dean Curtis, senza che leaccada granché sul piano artistico.

Ma le si aprono prospettive assaipiù ambiziose nel momento in cuiincontra John Levy, contrabbassistarinomato, che suona con i più beinomi, da Erroll Garner a Stuff Smith,da Ben Webster ad Art Tatum, primadi abbandonare definitivamente lostrumento per la carriera di manager,al contempo onesto e vigile neiconfronti dei propri artisti. La primasalutare iniziativa di Levy verso laStaton è orientarla al jazz puro,convincendo il di lei compagno, ilcitato Cavanaugh, a farla uscire conun ellepì: e infatti con The Late LateShow non solo riceve gli elogiunanimi della critica, ma scala anchele Pop Charts del 1957 fino al quartoposto. La Capitol per lei non lesina suimezzi: la direzione dell'orchestra, incui si sente il trombettista JonahJones, è affidata al pianista HankJones, mentre Van Alexander forniscepartiture meticolosamente adattate alformat di un combo più piccolo dellesolite big band; ormai ventiseienneecco quindi che Dakota s'imponequale cantante la cui identità vocale èimmediatamente riconoscibile e da

cui è legittimo attendersi belle cose.Da allora in poi si abitua a nonimitare più altre vocalist, optando perla realizzazione di spettacoli dovevalorizza in pieno il proprio talento.Levy la sollecita a lavorare con unregolare pianista, che diriga purel'orchestra e si occupi del repertorio:il talentuoso Joe Saye, amico delpianista inglese George Shearing, unaltro dei suoi cavalli di razza.

Nel 1958 la Staton intraprende

tournée in Europa, Giappone eAustralia che contribuiscono adaccrescerne la reputazione artistica alivello internazionale. Le speranze inlei riposte non tardano quindi adavverarsi: nel 1957 registra In theNight proprio con Shearing,beneficiando del sostegno di partnermolto preparati per esternare lemolteplici sfaccettature di un’artecanora sicura e consapevole. L'annoseguente esce l'album Dynamic!

magnificato dagli arrangiamenti diSid Feller, vecchia volpe del mestiere,che sa valorizzare ogni aspetto delvocalismo jazz; trombettista completosuona nelle band di Jack Teagarden edi Carmen Cavallaro; reclutato dallaCapitol quale caporchestra earrangiatore lavora con Dean Martin,Nancy Wilson e Mel Tormé; nel 1955passa alla Abc-Paramount e producegli album di Paul Anka, Eydie Gormée Steve Laurence; il nome di Feller èaltresì associato agli album GeniusHits the Road e Modern Sounds inCountry and Western di Ray Charles;un professionista abilissimo nelconfezionare arrangiamenticongeniali ai cantanti; e con talesostegno e con gli assolo e icontrocanto di Harry Edison e HankJones, Dakota può brillare di lucepropria.

Con Dynamic! la Staton ottiene ilventiduesimo posto nelle classifichedel 1959, acquisendo soprattutto unamaturità e un'intelligenza artisticache sono quasi alla pari delle suegrandi colleghe; facendo tesoro delsuccesso ottenuto, Dakota è invitatadalla Capitol a tornare negli studiosper un altro album, Crazy He Calls Mecol supporto di Feller, Howard Biggs eNelson Riddle. Anche la vita

personale sta andando bene: i mediadanno notizia del matrimonio tra lei eil trombettista Al Barrymore, giàorchestrale di Dizzy Gillespie,convertitosi all'Islam in quegli anni,come molti altri jazzisti, con il nomearabo di Taid Dawud; e in tal sensonon ci mette molto a convincere lamoglie a raggiungere la Nation ofIslam e chiamarsi Aliyah Rabia. Con ilpassare del tempo Talid acquistasempre più importanza nel gestire lacarriera della donna, sbagliandospesso, quando ad esempio leconsiglia di non pagare le tasse algoverno federale. L'ambiente diventacosì presto ostile alla cantante, in litecon Levy, tra ripercussioni legali edefinitiva rottura con la Capitol dopol'uscita, nel 1962, dei due ottimiRound Midnight e Dakota atStoryville; una pagina amara nellacarriera della Staton che da allora nontroverà più case discografichedisposte a investire così tanti mezzinelle sue produzioni musicali.

Nonostante tutto, le peripezie nonpaiono intaccare il talento di Dakotacome si ascolta dall'eccellente Liveand Swinging (United Artists, 1963)dal vivo al Festival di Newport; perl'occasione George Wein riunisceun'orchestra stellare diretta daHoward McGhee, con Snooky Young,Al Grey, Don Butterfield, Rudy Powell,Billy Root, Billy Mitchell, GildoMahones, Clifton Skeeter BestWendell Marshall, Kali Madi, mentreMelba Liston si incarica di scrivere gliarrangiamenti. Mescolando ballad eblues presi su ogni tempo (lenti,medi, veloci), l'album dà un'ottimaresa. Con la United escono altri due33 giri più che discreti, benchémettano l'accento quasiesclusivamente sul repertorioballadistico: nel 1963 appare Dakotawith Love e l'anno seguente Dakotawith Strings. C’è poi Dakota 67 incisodurante un viaggio in Inghilterra,dove la coppia si stabilisce per untriennio.

Al ritorno negli Stati Uniti, lacantante pubblica I've Been There(1970) per la Verve, iniziando così, perla prima metà dei Seventies, ulterioricollaborazioni discografichesoprattutto con Lrc e GrooveMerchant, entrambe proprietà diSonny Lester: l'album Madame Foo-Foo (1972) vanta l'accompagnamentodell'hanmmondista John GrooveHolmes, I Want a Country Man (1973)è invece con la big band di MannyAlbam e My Soul (1974) con ilcomplesso del pianista NormanSimmons. Alcuni critici sostengonoche in questo periodo si affievolisca iltalento della Staton; in effetti nontutto è all'altezza dei dischi Capitol,anche perché i metodi di produzionedegli album stanno rapidamentecambiando: Sonny Lester non è néCavanaugh né Feller; gliaccompagnatori praticano un jazz piùannacquato rispetto ai professionistidegli studios degli anni Cinquanta eanche il repertorio si concede troppofacilmente al blues tornato di modapresso i giovani hippy. Tuttavia, a unascolto attento, anche la Dakota anniSettanta resta un’autentica jazz singerin un momento di forte crisi di questatipologia di canto nero.

Dopo un silenzio discografico chedura una dozzina di anni, Dakotafirma un contratto con la Muse di JoeFields. E di lì a poco escono DarlingPlease, Save Your Love for Me (1991),Isn't This a Lovely Day (1992) e APachet of Love Letters (1999) comeHighNote, tutti e tre con il tenoristaHouston Person alla guida comeproduttore e in qualità di principalesolista. In questa triade si avvertonogli anni che passano, con un timbrodell'ugola su colori più sobri e menosquillanti: tuttavia sarebbe sbagliatoparlare di declino artistico, perché ilvocalismo, la performatività e lamusica restano qualcosa di autenticoe positivamente risolto. A partire dal2000 però la salute di Dakota Staton èvia via minata e le apparizioni inpubblico si fanno sempre più rare: sispegne il 16 aprile 2007 all'IsabellaGeriatric Center di New York, all'etàdi settantasette anni.

RICORDI ■ NEL BOX ANCHE UN ESAUSTIVO PROFILO BIOGRAFICO

Le voci impossibilidi Dakota Staton.se il jazz odora di blues

RITMIL’etichettaHarmonia Mundipubblica«The Complete1954-1958»,un cofanettoche includequattro albumdella cantanteafroamericanapoco nota in Italia

Due immagini della cantanteafroamericana Dakota Staton,scomparsa nel 2007,e due copertine di dischi

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Dead Can DanceLisa Gerrard e Brendan Perry di nuovoinsieme. Una data sold-out per presentareil nuovo disco del duo tra dark, folkmedievale e sperimentazione, Anastasis.Milano VENERDI' 19 OTTOBRE (TEATRODEGLI ARCIMBOLDI)

Serj TankianIl leader dei System of a Down, solista.Milano LUNEDI' 15 OTTOBRE (ALCATRAZ)

CrybabyIspirazione Fifties e Sixties per l'ingleseDanny Coughlan.Roma GIOVEDI' 18 OTTOBRE (CIRCOLODEGLI ARTISTI, CON TALIBAM!)Ravenna VENERDI' 19 OTTOBRE (CISEM)Torino SABATO 20 OTTOBRE (SPAZIO 211)

Hanne HukkelbergDerive indie e anni Ottanta per l’artistanorvegese.Foligno (Pg) DOMENICA 14 OTTOBRE(SERENDIPITY)

JapandroidsIl noise sperimentale del duo canadese.Bologna VENERDI' 19 OTTOBRE (IL COVO)

Maxïmo ParkPop rock per il quintetto di Newcastle.Milano LUNEDI' 15 OTTOBRE (MAGAZZINIGENERALI)

Anthony BraxtonIl polistrumentista e compositore suona in

due recital con organici differenti EchoEcho Mirror House Sextet e DiamondCurtain Wall Quartet.Prato DOMENICA 14 OTTOBRE (TEATROMETASTASIO)Reggio Emilia LUNEDI' 15 OTTOBRE(TEATRO ARIOSTO)

Inside Jazz QuartetNel quartetto il polistrumentista YusefLateef e il percussionista Adam Rudolph.Milano VENERDI' 19 OTTOBRE (TEATRODAL VERME)

RyatMusica sperimentale e elettronica.San Salvo Marina (Ch) SABATO13 OTTOBRE (BEAT CAFE')Faenza (Ra) DOMENICA 14 OTTOBRE (CLANDESTINO)

Jello BiafraIn Italia il leader dei Dead Kennedys.Mezzago (Mb) GIOVEDI' 18 OTTOBRE(BLOOM)

White HillsHard rock psichedelico da New York.Brescia MARTEDI' 16 OTTOBRE (LIO BAR)Savignano sul Rubicone (Fc)MERCOLEDI' 17 OTTOBRE (SIDRO)Roma GIOVEDI' 18 OTTOBRE (INIT)Firenze VENERDI' 19 OTTOBRE (EX FILA)

Talibam!La band Usa, tra ricerca e divertimento.Roma GIOVEDI' 18 OTTOBRE (CIRCOLO

DEGLI ARTISTI, CON CRYBABY)Brescia VENERDI' 19 OTTOBRE (CARMENTOWN)Arona (No) SABATO 20 OTTOBRE (MELTIN'POP)

Duke GarwoodIl bluesman londinese in Italia.Rimini SABATO 13 OTTOBRE (NEON)Pescara DOMENICA 14 OTTOBRE (MAZEECLECTIC CIRCLE)

AnathemaLa band inglese, tra metal melodico eprog.Pinarella di Cervia (Ra) SABATO13 OTTOBRE (ROCK PLANET)Ciampino (Rm) DOMENICA14 OTTOBRE (ORION)Torino LUNEDI' 15 OTTOBRE (TEATROLE SERRE)

Atom™L'elettronica dell'artista tedesco UweSchmidt.Firenze SABATO 20 OTTOBRE (CRESCENDO)

Nathan FakeL’elettronica del musicista britannico.Foligno (Pg) SABATO 13 OTTOBRE(SERENDIPITY)Roma VENERDI' 19 OTTOBRE (GOA)Milano SABATO 20 OTTOBRE (TUNNEL)

Is TropicalIl trio electro inglese nelle vesti di dj.Modena VENERDI' 19 OTTOBRE (TUBE)

Hercules & Love AffairUna visione art di puro pop... in versionedj set.Firenze VENERDI' 19 OTTOBRE (DORIS)Milano SABATO 20 OTTOBRE (TUNNEL)

Xabier IriondoIl chitarrista e sperimentatore presenta ilsuo primo album solista, Irrintzi, affiancatoda illustri ospiti e amici.Milano SABATO 13 OTTOBRE (CASCINAAUTOGESTITA TORCHIERA)

Teho TeardoAnteprima del nuovo progetto Music forWilder Mann.Roma MERCOLEDI' 17 OTTOBRE (AUDITORIUMPARCO DELLA MUSICA)

Ultrasuoni FestivalSeconda e ultima serata che si divide travarie location del quartiere Pigneto(Circolo degli Artisti, Init, AlvaradoStreet) con: Echo and The Bunnymen,Gravenhurst, The Amplifetes, Madrid,Soviet Soviet, These Reigning Days.Roma SABATO 13 OTTOBRE (VARIE SEDI)

Atelier MusicaleLa XIX edizione prosegue con ilpiano-solo di Enrico Pieranunzi.Milano SABATO 13 OTTOBRE (AUDITORIUMG. DI VITTORIO, ORE 17,30)

Roma Jazz FestivalLa rassegna (che prevede variemanifestazioni collaterali) ha in

programma numerosi concerti. Ears WideShut, omaggio a Stanley Kubrick di MauroCampobasso e Mauro Manzoni (conStefano Senni e Francesco Cusa);Giovanni Guidi Trio plus One (Guidi,Franceco Ponticelli, Enrico Morello eMattia Rimatori); la prima italiana di ThirdRound, del batterista Manu Katché (conNils Petter Molvaer, Luca Aquino, ToreBrunborg, Michel Gorman) con proiezionilive; il recital Blind Date-Concert in the Darkdel pianista Cesare Picco; Vincent, ispiratoa Van Gogh, del trio del pianista XavierDotras (con Toni Pujo e Cesar Martinez).Roma DA MARTEDI' 16 A SABATO 20 OTTOBRE(AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA)

Open World JazzQuattro giorni di musica, danza,fotografia, pittura, letteratura «dal PostIndustriale all’Africa, cercare nelle...contaminazioni». Presentazione di MilesDavis Rewind a cura di Guido Michelone eGianfranco Nissola, concerto della EntenEller Orkestra E(x)stinzione (conGiancarlo Schiaffini, Marcella Carboni,Carlo Actis Dato, Laura Conti) con fotodi Luca D’Agostino e testi di FrancoBergoglio; convegno «Il post-industriale, laprecarietà, il vuoto dellacontemporaneità» con Giorgio Airaudo,Luigi Onori, Mario Gamba, Neri Pollastri,F. Bergoglio, Claudio Sessa e Luca Zevi;Claudio Fasoli/Luca Garlaschelli Duo,Ralph Towner solo.Ivrea e dintorni (To) DA MERCOLEDI'17 A SABATO 20 OTTOBRE (VARIE SEDI)

tra i secondi i Thin Lizzy o gli Hawkwind.Nell'ultimo episodio c'è anche Bowie cheesegue Heroes e duetta con Bolan. E quisuccede di tutto: Bolan inciampa e Bowieghigna di gusto, imperdibile. Alla fine, ilsenso di tutto è che oggi - esclusoCelentano - sarebbe impensabile affidaread un artista démodé una conduzionecosì ampia, colorata e variegata. Nellafoto Bolan con Gloria Jones (la cantantedi Tainted Love) che gli darà il figlio Rolan.

IL MONDODI MICHEL

A CURA DI ROBERTO PECIOLA CON LUIGI ONORI ■ SEGNALAZIONI: [email protected] ■ EVENTUALI VARIAZIONI DI DATI E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ

ULTRASUONATI DASTEFANO CRIPPALUCIANO DEL SETTEGIANLUCA DIANAGUIDO FESTINESEGUIDO MICHELONEROBERTO PECIOLA

Osteogenesi imperfetta, definita anche«sindrome delle ossa di cristallo». Si vivepoco, con quella malattia che ti fafratturare a ogni sussulto, che non ti facrescere e ti deforma. Michel Petrucciani,gigante della storia del jazz, un metro ezero due di corpicino su ossa contorte èriuscito a vivere trentasei anni. Senza mailamentarsi di nulla, lui che ne aveva bendonde: «Il mondo non è fatto per la gentepiccola. A parte questo, va tuttobenissimo». Michel se n'è andato nel '99,lo stesso anno in cui partiva per le sue«Nuvole» De André. Nella sua breve vitaha fatto in tempo a suonare molto,moltissimo, immersione totale inquell'«Happy jazz» memore di OscarPeterson e Erroll Garner che è pura gioiadi vivere. E ha fatto in tempo ad amare, ascherzare, a bersi la vita a sorsi ingordi,sapendo di non avere molto tempo adisposizione: ad esempio imparandol'inglese in sei mesi, slang compreso, luiche non aveva neppure potuto studiareregolarmente, pur di comunicare alla paricon gli amati musicisti che, da bambinohandicappato, ascoltava sui dischi. Se neparla in Tutto l'amore che ho, a cura diAlessandra Bignami (Feltrinelli), testo coninterviste e molti interventi di supporto aBody and Soul, il magnifico filmdocumentario con tante testimonianzeinedite realizzato da Michael Redford, quifinalmente in dvd. Il libro, peraltro, riportaanche una succosa intervista al regista,dove si dimostra che anche chi non haconosciuto in vita un musicista puòassorbirne l'aura magnetica ex post,dialogando con chi l'ha conosciutodall'altra parte di una macchina da presa.

¶¶¶È UN MUSICISTA in attività, ma anchee soprattutto un certosino conoscitoredelle musiche «orali» afroamericaneMariano De Simone, già autore di preziosivolumi su svariati argomenti in tema: lacountry music, l'Ottocento americano, adesempio. Nel nuovo Blues!Afroamericani: da schiavi ademarginati (Arcana) De Simone nontratta solo di blues, ma anche di spiritual,jazz, ragtime, vaudeville, minstrel shows,con affondi, poi, in particolari formazionimusicali nere come le Black String Band, igruppi tutti corde spesso dimenticati nellatrattatistica, o le jug band. Notevole latrattazione storica e sociologica, con unadisamina pertinente di come la gente nerastrappata all'Africa diventò prima unpopolo di schiavi, poi di fittavoli sfruttati aSud e proletari delle grandi città, la grandepromessa mancata dell'emancipazione.Elementi che non si possono non notare,nel rovescio della trama storica intessutonelle parole dei blues, dove spessovicende personali sono da leggere comeindicatori sociali. In chiusura suggerimentid'ascolto, e, per fortuna, un buon indice dinomi e brani citati.

Dopo alcuni ep il produttore e musicistaelettronico di Bristol che risponde al nomedi Stumbleine edita il suo primo «fulllenght», Spiderwebbed (Monotreme/Cargo).L’impatto iniziale ci ha fatto pensare alrecente Iamamiwhoami, ma qui ci si muovein un mood molto più vicino al dreampop.E infatti, quasi a voler confermare la cosa,ecco una cover dei Mazzy Star e lapresenza in un brano di Birds of Passage.Un piacevole ascolto. Ancora shoegaze,questa volta dalla California, sebbene laband in questione arrivi dalla NuovaZelanda. Si chiamano Tamaryn e TenderNew Signs (Mexican Summer/Coop Music)è il loro secondo lavoro. I canoni delgenere ci sono tutti, atmosfere ovattate e iCocteau Twins nel cuore, a cui aggiungonouna forte propensione alla psichedelia chenon disturba affatto. Se si parla di shoegazenon si può però non ricordare gli A.R.Kane, band londinese tra i precursori delgenere. Esce una raccolta, Complete SinglesCollection (One Little Indian/Self), cheriporta alla luce un gruppo dimenticato daipiù, ma non meno fondamentale e influentedi gente come My Bloody Valentine. Unameritoria opera di riscoperta in due cd per33 tracce. (Roberto Peciola)

Tre album di blues biancocontemporaneo: l’italiano FabrizioPoggi & Chicken Mambo in Live inTexas (Ultrasuoni) offre il sound piùdecisamente calato nel linguaggioafroamericano, ospitando alcune«leggende» locali da Flaco Jimenez aMarcia Ball, da Donnie Price a FloydDomino in calde jam session basatetutte sulle composizioni dello stessoleader armonicista. Sempre in Texas, alMoody Theater di Austin, con Live(Provogue) la Warren Haynes Band,il cui leader ha fatto parte di Gov’t Mule,Allman Brothers e The Dead, sfoderaun grintoso rock-blues condito da varieinfluenze (persino reggae in un paio dibrani) con voci e chitarre in evidenza.Registrato in studio tra Las Vegas eLos Angeles Driving Toward the Daylight(Provogue) di Joe Bonamassagiostra fra blues classici (RobertJohnson, Howlin’ Wolf, Willie Dixon) ecover più o meno recenti (Tom Waits,Bill Withers, Jimmy Barnes), con unafinezza chitarristica esaltata dallacollezione di strumenti vintagemolto ben raccontata nel bookletannesso. (Guido Michelone)

SHOEGAZE

I morbidi segnalidei Tamaryn

MUSICAL

Kurt Ellingsopra Broadway

WHITE BLUES

Le jam sessionche riscaldano

ETNO ITALIA

Gli artigianidella pizzica

MAURO GROSSIEDEN (Abeat Records)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Il pianista livornese MauroGrossi ci ha abituato a dischi davverobelli, e spesso nel segno dellaprogettualità. Questa volta il progetto èdavvero affascinante e unico: scrivere unintero album su e «dentro» Nature Boy,il magnifico standard creato dalcompositore di origine ebraica EdenAhbe, un tipo davvero singolare che giànegli anni Quaranta viveva come unhippy. Grossi smonta, rimonta,intercala, cripta, allude in ogni modopossibile al brano originale e al suocontesto. Con compagni di eccellenza, apartire da Ares Tavolazzi. (g.fe.)

MARTINICCA BOISONLE CANZONI DEL TRIMARANO (Ma.So.)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Cercate un disco in cui canzone«d'autore» non sia solo sistematicaesplorazione del proprio ombelico?Provate i Martinicca Boison, che quandoscrivono e suonano (con bella perizia,un fantasioso incrocio tra folk e rock)prendono spesso il punto di vista di unosservatore surreale e disincantato,cattivo il giusto e leggero il giusto, siache si tratti di amori con la data discadenza già indicata, o si raccontil'improbabile storia dei manoscritti diLigabue (il cantante!) ritrovati a Palermo«accanto ai resti di una Duna». (g.fe.)

NESLILIVING VOL. 3-VOGLIO (Carosello)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Il fratellino di Fabri Fibra (ma idue non si parlano da cinque anni) cantamalissimo, non conosce intonazione emodulazione della voce e a volte risultairritante. Ma ha una capacità di scritturarara, capace di mescolare rap, melodiaitaliana e discoteca. Alto e basso,miscela infallibile per il successo. Cosìnon sorprende che piaccia - allaragazzina e alla madre - tutto lo scibileamoroso sciroppato nel disco. (s.cr.)

THE SEPARATEORCHESTRAL VARIATIONS V.01 (SetantaRecords)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Per celebrare degnamente la finedi una etichetta di culto come la SetantaRecords, Keith Cullen, proprietariodella stessa, ha dato vita a questoprogetto con il produttore Rob Kirwan.Cullen ha scelto dodici brani da dodiciartisti che ne hanno segnato la vita, li hafatti arrangiare per archi da Fiona Bricee cantare da gente del calibro di EdHarcourt, Mark Lanegan, Joan as PoliceWoman, Martha Wainwright, BrianMolko, Patrick Wolf tra gli altri. Gli anniOttanta fanno la parte del leone conU2, Ramones, Smiths, Pixies, Cure..., maci sono anche Phil Lynott e Kinks. Sceltafantastica per un addio. (r.pe.)

SHIJO X...IF A NIGHT (Bombanella Records)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Nata da pochi mesi in quel diMaranello, Bombanella Records sipresenta con un disco elegante e onirico.Gli Shijo X raccontano in 13 brani i sognidi un sonno che va dalle due alle sei delmattino e ha Bologna come scenografiasurreale. I portici, le biciclette, le voci e leluci dei bar notturni e dei televisori nellecase, i fantasmi e le paure, sonosuggeritori di brani minimalisti, avvolti dagusci melodici e atmosfere trip hop chemeritano la giusta attenzione. (l.d.s.)

EVA SIMONTACCHIPLACES (Abeat)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Disco di jazz vocale, con 9standard su 11, grande sensibilità canoranell’affrontarli, anche grazie a una rhythmsection fantastica con Zanchi, Cipelli,Manzi. Peccato però che la scelta ricadasempre e solo sulle ballad: ne consegue unpo’ di noia o monotonia, mentrenell’unico swing o veloce (Cheek to Cheekdi Irving Berlin), Eva è molto brava eoriginale, a conferma che lei e le altredovrebbero maggiormente insistere sullaradici black del jazz medesimo. (g.mic.)

UNDERDOGKEEP CALM (Martelabel/Altipiani)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ A quattro anni dall'esordio, tornal'istrionico settetto degli Underdog. 12brani in cui il combo matura nettamentela propria matrice artistica. Jazz-rockcontemporaneo (Empty Stomach, LundìMassacre), attuale perché sensibile allealterità musicali ricche di narrativa, sianoqueste love-song teutoniche (Niko), ofelliniane evocazioni cinematiche (Mommyon the Sofa, Berlin). Iperboli sonore folli,che coinvolgono anche Antonello Salis(Goodbye), e ironiche (Cuore matto). (g.di.)

Un serbatoio di talenti, con un piedenella tradizione, l'altro già avanzatoverso il futuro, ammesso e nonconcesso che la tradizione non sia anchefuturo: questa l'immagine che continua arimandare la label pugliese AnimaMundi.Il catalogo s'è fatto corposo, e oraarrivano tre nuove uscite che assestanola qualità a livelli eccellenti. A cominciaredal terzo disco della impetuosa vocalistEnza Pagliara in Bona crianza, raccoltadi brani che spazia tra pizziche esplendide ballate. Da segnalare l'apportodei fiati, che aggiungono sapori da Sudbandistico, e il riuscito esercizio trancedella lunga Pizzica di San Marzano.Un'altra voce, quella maschile e anticadel grande Tonino Zurlo da Ostuni ciracconta in L'ulivo che canta un'altraPuglia, non quella della taranta. Ècanzone d'autore in lingua aspra di unartigiano con la passione per la musica ela denuncia di un mondo nuovo che èfatto di merci, consumo e alienazione dasvelare. Infine il pianista albanese esalentino d'adozione Admir Shkurtaj:in Mesimér smonta e rimonta sui tasti laPuglia della tradizione. Con rispetto ecoraggio. (Guido Festinese)

Un omaggio alla Grande Mela nel ritornodi Kurt Elling. 1619 Broadway-The BrillBuilding Project (Concorde/Universal) fariferimento agli studi che hanno accoltopiù di mezzo secolo di storia americana.Da George Gershwin a Carole King,passando per Paul Simon fino al team chegravitava intorno a Burt Bacharach. Forsemeno concettuale rispetto ai suoiprecedenti lavori ma sempre di classe,ascoltare le nuance vocali su AmericanTune e le armonie degli arrangiamentisfoggiate nella rivisitazione del classico diGeorge Benson On Broadway. Quei teatridi New York - e quei musical - BarbraStreisand li ha frequentati spesso evolentieri tanto che in Release Me(Columbia/Sony), una vera e propriacornucopia di inediti ovvero brani rimastifuori da precedenti session diregistrazione dal 1963 ad oggi, ci infilaanche una splendida Being Good Isn't GoodEnough, esclusa per motivi di spazio dauno dei vertici assoluti della sua carriera,The Broadway Album, pubblicato nel 1985.E i materiali nel cassetto sono così tantiche la stessa Streisand ammettepotrebbero esserci altri tre o quattro cdnel prossimo futuro. (Stefano Crippa)

DI GUIDO FESTINESE

ON THE ROAD

Page 14: Alias Il Manifesto 13.10.2012

(14) ALIAS13 OTTOBRE 2012

«Lei delira,signor Artaud.Un sillabariodella crudeltà»di Pasquale Palmo(edito da StampaAlternativa)riconsegnal’opera totaledi un sognatore

di ELISA VERONICA ZUCCHI

●●●Qualche mese fa, un caro amicomi ha regalato Lei delira, signorArtaud. Un sillabario della crudeltà diPasquale di Palmo (Stampaalternativa, 2011). Era da tempo chenon m’imbattevo in Artaud, purdesiderando segretamente un nuovoincontro con uno degli autori che hasegnato una tappa importante dellariflessione sul teatro come pòiesis(arte poetica). Il titolo è volutamenteprovocatorio, se pensiamo allaconfessione di Artaud nel suo VanGogh. Il suicidato della società(Adelphi, 2006, con dedica a CarmeloBene): «Vi sono coscienze che, in certigiorni, si ucciderebbero per esserestate semplicemente contraddette, enon c’è bisogno per questo di esserepazzi, riconosciuti e catalogati comepazzi, basta, invece, godere di buonasalute e avere dalla propria la ragione.Io, in un caso simile, non sopporteròpiù, senza commettere un omicidio,di sentirmi dire: ’Signor Artaud, leidelira’, come mi è accaduto cosìspesso. E Van Gogh se l’è sentito dire.Ed è per questo che si è strettointorno alla gola quel nodo di sangueche l’ha ucciso».

Il libro offre una perspicuaesplorazione dei punti nevralgicidell’opera di Antoine Marie JosephArtaud e comprende una sezionededicata alla traduzione di un librettodi testimonianze di Cécile Schramme,sua fidanzata nel periodo a cavallo frail viaggio in Messico (1936) e quello inIrlanda (1937), e la traduzione di duelettere inviate a Cécile Denoël.Ricorda Cécile Schramme: «Portavaun inverosimile soprabito la cui stoffadi cattiva qualità era verdastra e checertamente non era stato fatto per lui.Al tempo stesso era troppo piccolo etroppo largo, aveva le tasche logoratea forza di essere riempite da libri ecarte. Ma bisogna aggiungere che suun vestito migliore il risultato sarebbestato simile».

Alcuni soprabiti e certi corpi nonsaranno mai «adatti». L’autore de Ilteatro e il suo doppio si autodefinì«Mômo», che nell’argot della sua cittànatale Marsiglia indica l’«diota delvillaggio». Nei villaggi c’è sempreun’«idiota», spesso perturbante enominato tale perché, malgrado leapparenze, non innocuo. Inoltre,Camille Dumoulié evidenzia comeArtaud le Mômo rappresenti, «anchee soprattutto Mômos, il dio grecodello scherno» (in Antonin Artaud,Costa & Nolan, 1998). La melanconiadi Mômo esiliato è crudele, nel sensoche diviene una rigorosa volontà diricordare, una sorta di ipnomeccanicache non si concede facilmente l’oblio(«L’oblio / sradica la sinfonia», in«Grido», Poesie della crudeltà, Stampaalternativa, 1939) di ciò che nonsiamo ancora né forse mai siamostati. Quello che Artaud desidera èun’opera d’arte totale, in cui la poesiadella vita coincida hegelianamentecon la realtà. Afferma Susan Sontag inInterpretazioni tendenziose (Einaudi,1975): «Egli vede nell’arte un’azione, equindi una passione, della mente. Lamente produce arte. E la mente,considerata come totalità organica disentimenti, sensazioni fisiche ecapacità di attribuire significati, èanche lo spazio in cui l’arte vieneconsumata. La poetica di Artaud èuna sorta di estremo freneticohegelismo nel quale l’arte è ilcompendio della coscienza, lariflessione della coscienza su se stessae il vuoto vascello nel quale lacoscienza intraprende il pericolosoviaggio verso la trascendenza di Sé».

Artaud aderì al surrealismo fra il1924 e il 1926, poi si distaccò dalmovimento perché – come riporta lastessa Sontag in «Un approccio adArtaud» (in Sotto il segno di Saturno,Einaudi, 1982) - «egli pensava alsurrealista ’come a qualcuno che nonha speranze di raggiungere il propriospirito’». Forse, per Artaud, l’arte nonè il compendio della coscienza, bensìuna necessità della coscienza, anzi lapossibilità stessa di una coscienza e il«vuoto vascello» sembrarappresentare una disperata rinuncia

agli angeli - alla Terra Vergine eincontaminata, al non-ricordo,proprio per ricordare, per poter, forse,un giorno, farvi ritorno - oltre che unatrascendenza di sé - «discendenza»nel sé: «Sotto la vita apparente ce n’èun’altra e sotto la coscienza un’altraed è quest’altra che è la cosa piùimportante: quando un essere hafinito di parlarci e si allontana, è làche le cose cominciano, là che la verascienza nasce» (Storia vissuta diArtaud-Mômo, Edizioni L’obliquo,1995). «Dove sono gli amici?» – sichiedeva Friedrich Hölderlin nell’innoAndenken -, i nostri familiari, coloroche ci sognano? Ci sono alcuniuomini che ci appaiono come insogno e Antonin Artaud è uno diquesti. Al suo cospetto, si ha lapalpitante impressione di poterfinalmente anche non esistere. Nonperché ne rimuoviamo l’indiscutibilee contraddittoria presenza, ma perchésiamo questa rimozione. Mentresogniamo forse importa?Rimpiangiamo forse di non poteresistere o ci irride l’evidenza che nonsiamo mai stati? «Mie troppo breviestati» evoca Baudelaire – poeta caroad Artaud accanto a Rimbaud, Poe,Villon e Nerval - in Canto d’autunno:non è il nostro desiderio diseredatoda un’inadeguatezza dello spirito difronte alla realtà del sogno? «Ciò cheBaudelaire prefigura nella sua prosapoetica sullo spleen e Rimbaudannuncia nel suo resoconto di unastagione all’inferno, in Artaud divental’affermazione di una incessante eagonizzante consapevolezzadell’inadeguatezza della sua coscienzarispetto a se stessa – i tormenti di una

sensibilità che si giudicairreparabilmente estraniata dalpensiero» (Sontag, «Un approccio adArtaud»).

Se il sogno fosse reale, gli albatri diBaudelaire non sarebbero «esiliatisulla terra» con le loro «ali da giganti»né scherniti, perché sarebbero visti daun altro punto di vista: infinito eschillerianamente ingenuo, ovverocollocato nella terra di nessunodell’informe, dello sproporzionato,dell’illimitato. Il respiro di Artaud èprofondamente inspirato dalromanticismo tedesco, e con Schillerha in comune il senso tragico dellalibertà che l’uomo deve, tramite ilsentimento del sublime, realizzare,opponendosi al destino. La realtà diun mantello estivo che protegge i «redell’azzurro» è la stessa realtà di uninverno in cui sentiamo che i bambininon cantano: è una realtà cheesprime un sogno. La poesia è larealtà di questo sogno. Il dolore diessere rigettati sulla «terraferma» è larealtà di questo sogno. «I fiori sonoveri come fiori, o miraggio» traduceArtaud da Israfel di Edgar Allan Poe e,nella poesia «Silenzio», denuncia:«Bell’organo stridente / dài la lunaalla gente / che immagina di nondovere / i propri miraggi che alla suascienza». Quindi la realtà del sognosembra essere la vita stessa o, meglio,il sentimento di un ritrarsi originariodella così detta realtà in un eccesso direaltà che è anche, forse, la nostratragica sconfitta: «la luce bagna ilcentro / dell’orchestra che ad ognigiro / perde un angelo, allunga ilgiorno» («Silenzio», in Poesie dellacrudeltà). Se siamo della stessa

sostanza di cui sono fatti i sogni, qualiestraneità – non tanto quali intimità -ci legano veramente a quelli checonsideriamo i nostri familiari, se non– essenzialmente - una sorta di messain contatto reciproca con i fantasmi econ le pericolose asperità edincrinature della psiche?

Ecco, Antonin Nalpas (così, con ilcognome della madre turca EuphrasieNalpas, Artaud firmò alcune letteredall’istituto psichiatrico di Rodez, incui fu ricoverato fra il 1943 e il 1946)pare tuffarsi - prendendo la rincorsa -«in fondo ai giardini dei nostri sogni»(«In sogno», Poesie della crudeltà),fenderne le viscere come flutti dinebbia, lui stesso fessurarsi, colare,per poi, infine, rigettarsi sulla«terraferma» (asmatica terraferma che

non si sa terremotata!) a esalare, divolta in volta, gli ultimi respiri. Se,come afferma Hillman ne Il sogno e ilmondo infero «nel dramma dei nostrisogni tutti noi, anche se facciamoparte del pubblico, siamo sulla scena,attori tutti quanti, tutti quanti personeoniriche», si può parlare di un fondo eche cosa accade laggiù, nel fondo deigiardini dei nostri sogni? Non fondonel senso di punto di vista, insommanon come analisi di un io che mettein scena il sogno, ma piuttosto comedi un punto cieco che apre unalontananza nel sogno, un varco nelbuio oltre la siepe, proietta una luceattraverso, dentro e al di là di unoschermo muto (senza che su di essovenga proiettato alcun film) o, ancora,paradossalmente, crea unpersonaggio senza maschera. Pensarea un fondo non è forse che l’azione diun rantolo dell’io che si aggirapretenzioso e inconsapevole lungo leante tarmate degli armadi, ma toccareil fondo, entrare nel fondo, è diverso.

Entrare nella maschera-schermo èsolo uno scherno, un essere scherniti,un gioco impossibile o è qualcosa dipiù? Per non soccombere all’impulsoanche folle e distruttivo a conoscerel’imago che i sogni ci nascondono eche quindi, nel contempo, cimostrano, ci rifugiamo nel mito,anche nel mito del nostro corpo. Ainibire quell’impulso v’è, ad esempio,il mito di Narciso, che muorecercando di afferrare la propriaimmagine riflessa, che di certo – e quista l’inibizione - non assomiglia alritratto del pittore Basil Hallward,eppure con Dorian Gray Narciso ha incomune un desiderio violento, quellodi possedere la propria bellezza e,soprattutto, la fatalità del suicidio. PerNarciso si tratta di cadere, morire emagari risorgere nellacontemplazione della propriaimmagine riflessa. O si tratta diqualcos’altro, che lo stesso mito diNarciso - che ogni mito - ci indica e ciocculta? E Dorian Gray non muoreforse quando la sua maschera vienesvelata? Leggiamo dall’ironicosoggetto cinematografico de Lacoquille et le clergyman («Laconchiglia e il pastore», in AntoninArtaud, Del meraviglioso. Scritti dicinema e sul cinema, minimum fax,2001): «Lo schermo è tagliato in duedall’apparire di una nave immensa.La nave sparisce, ma da una scala chesembra arrivare fino al cielo scende ilpastore senza testa tenendo in manoun pacchetto avvolto nella carta.Arrivato nella sala dove tutti sonoriuniti svolge la carta e ne trae laboccia di vetro. L’attenzione generaleè al culmine. Lui si china verso terra efrantuma la boccia: ne esce una testache non è altro che la sua».

V’è, sembra, una sorta dimaledizione, di crepa nella maschera,di mutismo di essa, che è quasiinsopportabile. Ammonisce Nietzschene La nascita della tragedia: «A causadel suo titanico amore per gli uominiPrometeo dovette essere laceratodagli avvoltoi; per la sua eccessivasaggezza, che sciolse l’enigma dellaSfinge, Edipo dovette precipitare inun vortice di atrocità». Ma se «là dovec’è pericolo, cresce / Anche ciò chesalva» (Hölderlin, Patmos), vibra inArtaud l’attesa di un’eterna primaverache scacci i demoni che lo assalgono.Mi sembra perspicua la notazionedell’abate Henri Julien nel suoarticolo apparso sulla rivista La Tourde Feu: «“O vento, / se l’inverno viene,/ può essere lontana primavera?”. Lostesso pensiero contenuto in questoultimo verso dell’Ode al vento diponente di Shelley si ritrova in tutte lepoesie di Artaud», che è autore, fral’altro, de I Cenci, una riscritturadall’opera omonima di Shelley. Nel VIcapitolo di Attraverso lo specchio diLewis Carroll – che Artaud traduce susuggerimento di Gaston Ferdière, lopsichiatra che lo seguì a Rodez –Humpty Dumpty (piccolo gobbo),l’uovo protagonista di unacanzoncina famosa tra i bambiniinglesi, incontra Alice e le dice noncantando, anzi, con «un tonopiuttosto triste», una poesia: «Sel’inverno ancora dura, / la canzone è

sempre oscura (…) I pesci volevosvegliare / tuffandomi in fondo nelmare. / La porta ho trovato serrata, /con mani e con piè l’ho bussata. / Achiave la porta era chiusa, / d’aprirlatentai come s’usa». Dopo i primi versi,Humpty Dumpty precisa: se è invernoe la canzone è oscura, «allora non lacanto». Artaud rinomina HumptyDumpty Dodu Mafflu (guancepaffute, donde l’italiano CiccioFrittella) e intitola il capitolo «L’arveet l’aume» (L’uovo e l’uomo, in Alicein manicomio, Lettere e traduzioni daRodez, Stampa alternativa, 2008).«Larve si propone come larva, esserein via di formazione», nota LeonardoBoero nella prefazione a Alice inmanicomio, e anche, aggiunge, «si rifàal latino arvum, cioè campo arato araccogliere il seme e quindiantecedente l’atto creativo», masoprattutto Boero evidenzia il nessocon «larvatus, cioè mascherato».L’aume è l’homme, cioè l’uomo chediviene suono («Aum», a noi più notocome «Om»).

Artaud traduce il passaggiosuccitato da Carroll: «D’invernoquando è bianco tutto il campo /questa canzone per il suo piacerecanto. Soltanto che io non la canto –aggiunse, a mo’ di commento, comeuna specie di spiegazione - (…)Bisogna far crollar la porta / che tienel’Esser dall’obbedir distante! /L’essere è colui che crede d’essereEssere quanto basta dal dispensarsi /d’imparare ciò che vuole il mare… /Ma ogni pesciolin questo lo sa!». Nel«travaso» cogliamo innegabilmentel’influsso di Nietzsche: il territorio incui Artaud gioca la partita - e in tuttala sua opera ne ritroviamo le tracce -è quello della Nascita della tragedia edi Così parlò Zarathustra.

Si può dire che tutto Artaud sia untravasare, un desiderio eccessivo, manon ecceduto, ovvero un trapiantare,in cui invece generosamenteimmalinconiva Carmelo Bene, frapiume d’angeli. Ma quando,insomma, possiamo cantare, quandonon è inverno? Traduce Artaud da Ilbimbo di fuoco del poeta ingleseRobert Southwell: «Mentre in unanotte di neve / bianca / rabbrividivo /qualcosa di caldo che mi abbacinò gliocchi / entrò con repentino slanciocome fiamma nel mio cuore».

La primavera, l’estate, l’autunnonon sono che illusioni dei sensi,tentativi della natura di ritardarel’arrivo di nuove nevi o non sono,piuttosto, l’apparire di qualcosa chesbuca dal ghiaccio, la realtàdell’affacciarsi di una promessa, diuna nuova illusione? Che cosa vedeArtaud, attraverso l’inverno, del suosé più spontaneo, quando tutto ècoperto di neve, nell’indistintobiancore accecante? Accade chequando ci troviamo al cospetto delpunto cieco di un autoritratto, esso sisottrae alla vista, tuttavia sappiamoche c’è: lo vediamo e lo riconosciamoperché siamo anche ciechi, financogiganteggia questo minuscolo neo,mentre il disegno si ritrae. PrecisaArtaud: «E non sono cose che sivedono al microscopio (…) abbiamouna macchia sull’occhio per il fattoche la nostra visione oculare attuale èdeformata, repressa, oppressa,rovesciata e soffocata da certemalversazioni sul principio dellanostra scatola cranica» (Rodez, aprile1946, «I miei disegni», in Cinquantadisegni per assassinare la magia,Edizioni L’obliquo, 2002). La nostracecità di fronte all’indistinto èassoluta, eppure di esso percepiamola potenza, o meglio, la necessità diun districarsi delle forme. ScriveDerrida in Memorie di cieco(Abscondita, 2003): «Ogniqualvolta undisegnatore si lascia affascinare dalcieco, ogni volta che fa del cieco untema del suo disegno, egli proietta,sogna o allucina una figura didisegnatore o talvolta, piùprecisamente, di disegnatrice. Ancorapiù precisamente, egli comincia arappresentare una potenzadisegnatrice all’opera, l’atto stesso deldisegno (…) Sottotitolo di ogni scenadi cieco sarà dunque: l’origine deldisegno. O, se si preferisce, il pensiero

RITRATTO DI UN POETA SENZA ILLUSIONI

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L’arte estremadi essere se stessi

Attore e insiememaschera tragicadi un’identitàfinita nell’abisso,Artaud ha cercatoper tutta la vitauna «terra vergine»ma passionale,nei suoi scritti, nelcinema e nel teatro

del disegno, una certa posa pensosa,una memoria del tratto che specula insogno sulla propria possibilità. La suapotenza si sviluppa sempre sull’orlodell’accecamento. L’accecamento vitrapela, ci guadagna appunto inpotenza: angolo visuale di una vistaminacciata o promessa, perduta oresa, data. In questo dono vi è comeun ri-trarsi che è al contempol’interposizione di uno specchio, lariappropriazione o il lutto impossibili,l’intervento di un Narcisoparadossale, a volte perduto enabyme, in breve: una piega speculare– e un tratto supplementare». Comescrivere di notte, ci fa riflettereDerrida: una mano cieca si affida aduna «memoria dei segni»; a dirigere iltracciato è una «lampada da

minatore» sotto il mantello diZarathustra. I Portraits di Artaud, iritratti e autoritratti che costituisconola sua espressione privilegiata dopoRodez (1946-1948) sembrano avereper tema una ostinata volontà diesorcizzare la cecità, i punti ciechi. «Imiei disegni - afferma Artaud - nonsono disegni ma documenti, bisognaguardarli e capire quel che c’è dentro.(…) C’è una specie di morale, musicache ho fatto vivendo i miei tratti noncon la mano soltanto, ma con ilraschio del soffio della mia trachea, edei denti della mia masticazione. (…)Lottando contro queste malversazioniho punteggiato e scalpellato tutte lecollere della mia lotta in vista di uncerto numero di totem di esseri, erestano queste miserie, i miei disegni»

(Rodez, aprile 1946, «I miei disegni»,in Cinquanta disegni per assassinarela magia). Se ci soffermiamo sualcune delle numerose interpretazionicinematografiche di Artaud – comequella di Marat nel Napoléon (1927)di Abel Gance, o quella del monacoMassieu nel La passione di Giovannad’Arco (1928) di Carl Theodor Dreyer,o ancora, quella dell’arrotino-angelocustode nel Liliom (1933) di FritzLang - e su alcune fotografie diAntonin Artaud, vi scorgiamo unbrillio.

C’è sovente, nello sguardo deicosiddetti folli, un brillio,un’incandescenza che pare sostituireil riflesso di piacere o dispiacere deicosì detti non folli. Sembra vedere nelbuio, dentro il buio. Se poi guardiamo

il modo in cui Mômo tiene le mani:armoniose su pezzuole di cotone (lo«strano cotone» dell’imageriesurrealista); disposte come tasti dipianoforte nella fotografia Le mani diArtaud di Man Ray (1922); intrecciatee rigorose nella fotografia sempre diMan Ray del 1926; o l’irretita, macontrollata mano destra chiusa apugno, nell’atto di forzare una matitain un punto preciso della colonnavertebrale, nelle fotografie di GeorgesPastier (Artaud con Minouche Pastieralla fermata dell’autobus di Ivry), viravvisiamo una tensione del pensiero- un’aggressività dolente - e del corpotutto, una teatralità della postura dacui sembra sgorgare una sintassirovesciata, un «pensiero dal fuori» cheè, innanzitutto, un’«esperienza del di

fuori», come sottolinea Foucault neisuoi Scritti letterari.

«ll tema di disegni di ciechi – notaDerrida - è innanzitutto la mano. Lamano si avventura, si precipita, certo,ma lo fa al posto della testa, come perprecederla, prevenirla e proteggerla(…) quel che [UN CIECO]paventa inverità è il precipizio, la caduta e l’avergià superato qualche linea fatale, amano nuda o armata (l’unghia, ilbastone o la matita)» (Memorie). Maquando accarezziamo veramente, checosa accarezziamo veramente?«Pollici divini, aiutatemi / a scolpirequeste fronti che indietreggiano»(«Bottega dell’anima», Poesie dellacrudeltà). Le nostre mani diventanopiume d’angeli che solleticano ilnostro corpo, che consentono alnostro corpo di perdersi in viaggi epercorsi i cui sentieri sono, dasempre, familiari ed estranei, come,nei sogni, accade che estraneiappaiano con la maschera difamigliari e come, nella così dettarealtà, i familiari possono sembrarefantasmi. Che cosa ci impedisce diriconoscere i nostri familiari una voltaper tutte? Che cosa imprigiona lavoce, la musica della voce e rendeafasici? Che cos’è quella convulsionedel corpo e dello spirito che ci farintanare dove nessuno ci vede?Nascondersi, giocare a nascondino, a«tana», non è un modo, forse, diricordare che non siamo chesparizioni e apparizioni? Buio e luce?«Nell’esperienza amorosa l’idolointeriore non può incarnarsi,assumere realtà fisicizzata», affermaUmberto Artioli nel suo Teatro e corpoglorioso (Feltrinelli, 1978).

Se il sogno non è più illusione, mauna passione intesa come forma disuperamento della coscienza, alloraquello che si cercherà nel sogno nonsarà più l’illusione di una illusione: ouna gioiosa disillusione, unosciogliersi della psiche nel richiamodel familiare, nel sentimento di unaunità perduta, ma non smarrita,oppure – ed è il caso di Artaud –

l’origine del tragico principiumindividuationis, il perché della suafatalità, il nodo dialettico in cui essoha inizio, ma soprattutto il vuoto doveancora non siamo. Il nostro desideriosi accende come in un sogno e, comeun sogno, è insopprimibile: accade enon possiamo nulla, è fatale.Malgrado tutto, in un modo o in unaltro, esso ci avvolge, ci travolge, ciculla sotto piume d’angelo. PerArtaud quel sogno è, da sempre,perduto.

«Come Bataille – nota Artioli –Artaud sa bene che l’erotismo, comela poesia e l’estasi mistica, fiorisconoin quel ’dominio oscuro’ dovel’essere, eccedendosi nella dismisuradella morte, ritrova il tutto-pienodella vita». Ma questo «tutto-pienodella vita» non è l’esistenza, bensì laconoscenza di ciò che non è maistato. Il rifiuto dell’erotismo di Artaudsi radica nel mito della verginità, diuna terra vergine. Il desiderio e, inparticolare, il desiderio erotico è unrichiamo di fantasmi,sprigionati-liberati dalle gabbiedell’Ade e dell’Eden, un vortice dimani che proteggono un segreto, unamusica.

Negli autoritratti di Artaudritroviamo il brillio, la tensione delvolto, nervi, pustole, un doloreoriginario e una luce irriflessa. Cosìcome i corvi neri di Van Goghoscurano il sole dei campi di grano,l’ombra di Artaud – oblio senz’angeli– calpesta un’ostinata volontà diricordare: «un cuore che scoppia, unastro duro / che si sdoppia e nel cielosi espande, / il cielo limpido che siincrina / al richiamo sonoro (corsivomio) del sole, / fanno lo stessorumore / della notte e dell’albero alcentro del vento» (L’albero, Poesiedella crudeltà). In «Bottegadell’anima» (Poesie della crudeltà)esorta Artaud, il «minatore nella neve»(alludendo al celebre quadro di VanGogh): «Siate rocce, siate la frase / chetrema in bocca a un uomo / che nelsuo pensiero vacilla».

A sinistra, Antonin Artaud nel 1926.Qui sotto, una illustrazione di Pauline de Langre della serie

«Antonin Artaud, project à la main gauche»

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(16) ALIAS13 OTTOBRE 2012

Un mondo nuovoè più che possibile

«Quel che è stato fatto e quel che dobbiamofare sono il test della nostra determinazionea rifiutare l’ideologia di sottomissione, mendicità,attesa, fatalismo, tipici di una società dominata»

di THOMAS SANKARA*

●●●Oggi, secondo anniversario dellanostra rivoluzione, il mondo intero e ilpopolo burkinabè possono constatareche il primo slancio rivoluzionariodell’agosto 1983, frutto di uno sforzoche ci rende fieri e ci consola, eranecessario: ci ha condotto verso piùluce, ci ha permesso di affermare lanostra dignità e la nostraindipendenza. Ora abbiamo ragioned’essere risolutamente ottimisti. Nonsi tratta semplicemente di fare bilanciche non abbiamo nessuna voglia disbandierare. Ciò che è accaduto inBurkina Faso è la prova evidente cheun mondo nuovo è possibile, acondizione di volerlo edificare su queicambiamenti radicali giudicati sino adora inimmaginabili e di riuscire acoinvolgere, in queste trasformazioni,la maggioranza delle persone.

È evidente che il Faso è diventatoun vasto cantiere e mentre vi parlo, daqualche parte donne, uomini ebambini, mobilitati nei loro comitatidi difesa della rivoluzione, stannoiniziando o finendo di costruire unascuola, un dispensario o un bacinod’acqua. Vengono aperte le città del 4agosto, si inaugurano i negozipopolari Faso Yaar, si fanno lavori diinteresse comune. Il lavoro produttivoe liberatore comincia a essereaccettato e compreso comecondizione primaria e garanziaessenziale del miglioramentoconcreto delle nostre condizioni divita. Abbiamo il diritto e il dovere diesserne fieri. Abbiamo il diritto e ildovere di esigere di più da noi stessi eosare realizzare ancora di più, pertrasformare le nostre condizionimateriali di vita. Ogni burkinabè sache oggi lavora e produce per séstesso, per i suoi bambini e per la suapatria. Quel che è stato fatto e quelche dobbiamo fare sono il test dellanostra determinazione a rifiutaredefinitivamente l’ideologia disottomissione, mendicità, attesa,fatalismo, tipici di una societàdominata.

Fino a che punto i nostri principi ele nostre idee di giustizia, di amore, dilibertà e di onestà nella ricercalegittima del benessere, sonopenetrati nelle nostre coscienze? Finoa che punto questi principi e questeidee rivoluzionarie si esprimono nellanostra vita quotidiana, privata opubblica? Fino a che punto questiprincipi si traducono effettivamentenelle nostre relazioni sociali eprofessionali, nella strada, in ufficio,in caserma e nei cantieri?

Rispetto a tutti i regimi del passato,ciò che abbiamo realizzato in dueanni di lavoro popolare va al di là diogni aspettativa.

Nel Discorso di OrientamentoPolitico, nel capitolo dedicato al«processo rivoluzionario di tutti isettori della società burkinabè»diciamo: «la Rivoluzione di agostonon mira ad instaurare un regime dipiù in Alto-Volta. Essa rompe contutti i regimi conosciuti finora. Hacome obiettivo finale l’edificazione diuna società voltaica nuova nella qualeil cittadino voltaico, animato da unacoscienza rivoluzionaria, saràl’artefice della sua stessa felicità,all’altezza degli sforzi che egli avràconsentito.

Per questo motivo, la rivoluzionesarà, non si dispiacciano le forzeconservatrici e retrograde, unosconvolgimento totale e profondo chenon risparmierà nessun campo,nessun settore dell’attivitàeconomica, sociale e culturale. Ilprocesso rivoluzionario in tutti icampi, in tutti i settori di attività, è laparola d’ordine che corrisponde almomento attuale. Forte della lineaguida così liberata, ogni cittadino, aqualsiasi livello si trovi, deveintraprendere il processorivoluzionario all’interno del propriosettore di attività».

La missione è tracciata. È chiara.Che cosa ne è stato della suaattuazione? Al nostro attivo abbiamoesperienze non trascurabili.

Passiamone in rassegna qualcuna:- La riforma agraria e fondiaria ha

scardinato lo sfruttamento feudale eha ristabilito il diritto del popolo allasua terra e quello di disporre dei fruttidella sua produzione.

- Campi collettivi sono statirecentemente creati dagli impiegatidella pubblica amministrazione; là,seppur partecipando anche in modoinesperto, uomini e donneapprendono o ri-apprendono il lavorodella terra. Ne scoprono le gioienascoste di cui godranno anchequando saranno in pensione.

- I burkinabè hanno compreso chesono vitali per l’economia laconservazione della natura e lasalvaguardia dell’ambiente naturale,in particolare il rimboschimento piùampio possibile, l’abbandono dellapratica distruttiva dei fuochi nellasavana e il vagare degli animali chedistruggono i nostri orti.

- Il mondo contadino è sempre piùcoinvolto e partecipa sempre piùdirettamente all’esercizio del potereeconomico, in modo particolaredeterminando i prezzi dei prodottiagricoli.

- Sul fronte sociale, per rispondereal problema abitativo, abbiamocostruito città e disposto lalottizzazione di terreni su grandescala in tutta la superficie delterritorio.

- Nel campo della salute sono statecreate strutture decentrate perpromuovere il benessere dellecomunità di base. L’operazione«vaccinazione commando» rimaneimpressa nella nostra memoria comeuno sforzo gigantesco per vincere lemalattie. La vaccinazione commandoe la grande battaglia per lacostruzione della ferrovia sonoiniziative audaci che solo larivoluzione permette.

- Sul piano finanziario, in alcuni

servizi è stato operato uno sforzo dirisanamento. In particolare inriferimento alla dogana. Lo Stato si facarico sempre più integralmente deisuoi obblighi finanziari interni edesterni grazie ai sacrifici consentiti datutti, ma anche grazie a un più granderigore nella gestione.

- Sul fronte della giustizia, iTribunali popolari rivoluzionarihanno promosso una nuova eticaadeguata agli interessi del popolo.

L’amministrazione penitenziaria èstata riorganizzata per permettere aidetenuti, forza potenziale, didiventare produttivi e di emendarsinei confronti la società. A Baporo 40detenuti lavorano brillantemente 50ettari di terreno, confermando inquesto modo che è possibile costruireuna morale di progresso.

- Abbiamo riannodato i fili con losport, con il senso dello sforzo eabbiamo dimostrato la nostra volontàdi rivalutare il nostro patrimonioculturale.

La nostra società sta maturando lacoesione e i Burkinabè cominciano acomprendere e ad accettare lanecessità della solidarietà al di là delpiccolo nucleo familiare, tribale o divillaggio.

Si sentono sempre meno voci pigre,abituate a tendere la mano verso glialtri paesi per ottenere il cibo, spessooggetto di vergognose speculazioni edi ricatti meschini, sia al nostrointerno che tra noi e i paesi stranieri.

Qualunque fossero state le misureda prendere e per quanto dure essefossero, per la felicità di tutti questemisure andavano prese. Noi leabbiamo prese. Ma quanta sofferenzaabbiamo provato durante l’anno neiconfronti di centinaia di famigliescosse nelle loro abitudini, spinte acambiare la loro mentalità e obbligate

ad operare adeguamenti psicologicidolorosi, per vivere al livello reale delnostro paese.

La società nuova esige mentalitànuova. Ed è per questo motivo cheoccorre dedicarsi coraggiosamente adun esame dei nostri due anni diRivoluzione democratica e popolaresenza compiacenza. Che cosa meritad’essere cambiato nelle nostreabitudini, nel nostro modo di essererivoluzionari? Innanzi tutto il poterepopolare: il diritto principale dellarivoluzione non viene esercitatoabbastanza correttamente.

Come conseguenza dei vari gradi dimaturità politica, sono rapidamentecomparsi il soggettivismo e gli abusi. Ècosì che le vessazioni, le frustrazioni,le varie contrarietà, hanno macchiatoil dialogo di costruzione nazionale trai Cdr e le persone che ancoraesitavano nei confronti dellarivoluzione.

Occorrerà estromettere dai ranghidei nostri Cdr gli avventurieri, gliimpostori, gli opportunisti, isituazionisti ; essi sono incapaci diuna lotta conseguente. È da lì cheescono gli amanti delneo-feudalesimo, gli ambiziosi cheesercitano il potere come un dirittodinastico, poiché la loropreoccupazione rivoluzionaria siriduce ad assicurarsi strette relazioni alivello dei dirigenti più altolocati.

Specialisti dello slalom gigante, nonhanno esitato a cambiarefurbescamente capi tante volte quanteè loro servito per ritrovarsi nelleistanze dirigenziali. Bisognadenunciare apertamente il loroequilibrismo e la loro abilità amascherare gli appetitipiccolo-borghesi.

Alle forze dell’ordine militare eparamilitare, occorre dire con

insistenza che l’agente di sicurezzarivoluzionario non ha più niente a chefare con il barbaro ubriaconerepressivo e disumano di ieri. Alcontrario, la cortesia, l’amabilità, lagenerosità e l’assenza di vanitàspazzeranno via definitivamentel’immagine negativa delle nostre forzedi sicurezza pubblica, senzadiminuirne in alcun modo fermezza evigilanza.

Nella nostra amministrazione,malgrado i successi incontestabili,troviamo qua e là burocrazianeocoloniale, pigrizia, ritardi,assenteismo, incompetenza emancanza di spirito d’iniziativa che sitraduce nell’ossessione per iregolamenti. Invece di mettere iregolamenti a servizio del popolo,alcuni funzionari pongono il popolo aldi sotto dei regolamenti.

Ci sono ancora molti difetti,carenze e anche comportamentimolto gravi nella gestione del poterepopolare. Bisogna smascherarli. Irivoluzionari non hanno paura diriconoscersi debolezze e difetti, anchedi fronte ad avversari e nemici.

Esistono ancora compagni chesfruttano in modo disonesto la fiduciadel Consiglio nazionale dellarivoluzione per dedicarsi a tangenti eintrallazzi, per piazzare in qualcheposto una sorella, una cugina o unamico personale. Questo non ènormale. Dobbiamo denunciarecoraggiosamente simili pratiche sevogliamo avanzare nella viarivoluzionaria, riuscire nel nostrolavoro di trasformazione dellementalità e costruire una societànuova.

La battaglia per un Burkina verde,subito partita con un’intensamobilitazione, dovrà proseguire. Lavittoria nelle tre lotte - contro ildivagare degli animali allevati e controil taglio selvaggio della legna, e per lariforestazione - si otterrà e si garantiràsolamente se ogni Burkinabèacquisisce la protezione della naturacome propria caratteristicaonnipresente. È per questo motivoche invito ciascuno a intraprendereuna produzione agricola; che ognicasalinga faccia un orto a casa, perquanto piccolo sia. Il riuso delle acque

per innaffiare permetterà laproduzione di verdure aggiuntive eoffrirà ad ogni bambino delle città lapossibilità di occuparsi e curare lepiante.

Ricordo a tutti la parola d’ordine«un bosco ogni villaggio» e lepianificazioni di spazi verdi urbani. Enelle nostre città invito tutti all’usomassiccio di calce bianca che, oltre alsuo potere asettico, ha il vantaggio diabituare molto velocemente lo spiritodi ognuno al rispetto della pulizia, delcandore e dell’ordine.

Per far sì che le nostre donne, lenostre sorelle smettano di soffrire peri comportamenti disordinati degliuomini, gli stipendi devono diventareun reddito di tutta la famiglia. Lo statonon costringe nessuno al matrimonio,ma esige che chi fonda una famiglia siassuma le sue responsabilità.

Ci sono uomini che trasformano leloro donne in serve, rifiutando lorotuttavia persino una paga didomestica e dissipando in futilità ildenaro che deve servire alla famiglia.Tutto ciò è amorale, e inaccettabile inuna rivoluzione democratica epopolare. Per questo motivo abbiamoelaborato l’idea del «salario vitale» perle donne.

Compagne e compagni militantidella Rivoluzione democratica epopolare, in questo secondoanniversario della nostra rivoluzionevorrei dire al mondo intero, a nome ditutti voi, gli ideali di pace, di libertà edi amicizia che ci animano. Siamoimpegnati in un vicinato dinamico epositivo e per questo moltiplicheremoi passi fraterni e privilegeremo ildialogo per fare fallire le manovredivisioniste e la neo balcanizzazione.

La nostra fede nell’unità africana siconsolida ancor più in rapporto aiproblemi politici, socioeconomici e cidimostra che, nei confrontidell’imperialismo, noi in Africaabbiamo una sola scelta: morireciascuno per suo conto o resistere,sopravvivere e vincere insieme. Lanostra rivoluzione comunica con tuttele altre rivoluzioni sorelle,preparandosi a fare la sua partenell’internazionalismo liberatore.

E in seno alle Nazioni Unite,durante il nostro mandato di membrodi turno del Consiglio di sicurezza,non verremo mai meno alla missione:la rivendicazione del diritto dei popolicontro la barbarie e la ferocia ciecadella confraternita internazionale diBelzebù.

Compagni, per noi si tratta di farnascere l’uomo della libertà control’uomo del destino.

La patria o la morte vinceremo.

*Selezione dal discorso del 4 agosto1985 del Presidente Thomas Sankara,ritrascrizione di un file audio diUlysses Perez, ricercatore francese

LA RIVOLUZIONE DEL BURKINA FASO, UN DISCORSO DA RIPASSARE A MEMORIA

SANKARADue ritratti di Thomas Sankara