Alias Del 29 Novembre 2015

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di CAMILLA MIGLIO Christoph Ransmayr, nato nel 1954, cresce in Alta Austria tra pae- saggi agricoli e montagne, tra idillio naturale e percezione dell’orrore umano (nei pressi, la memoria un campo di concentramento). Studia etnologia e filosofia a Vienna, vive a lungo in Irlanda, e viaggia quasi ovunque nel mondo. Il suo primo ro- manzo, Gli orrori dei ghiacci e delle te- nebre (1984), gli vale l’attenzione di Enzensberger, che lo chiama a colla- borare all’antologia poetica Das Was- serzeichen der Poesie (La filigrana del- la poesia): una specie di summa del- la poesia del mondo. Tra gli antichi tradotti da Ransmayr c’è Ovidio. L’esperienza delle versioni ovidiane gli ispira il romanzo che lo rende fa- moso, Die letzte Welt, 1988 (Il mondo estremo, Feltrinelli 2003). Ultima tel- lus, orbis ultimus (così Ovidio nei Tri- stia): il mondo ai margini dell’ecume- ne; ma in tedesco, letzte è anche ulti- mo in senso temporale, prima della fine. La storia si svolge su diversi pia- ni temporali e narra il viaggio di Cot- ta alla ricerca dell’amico poeta esilia- to da Augusto sul Mar Nero, nella cit- tà di Tomi. Elementi di realtà, l’esilio di Ovidio, la sua amicizia con Cotta Messalino, si mescolano con la fin- zione della quête amicale, dell’ipote- si di un libro delle Metamorfosi in- compiuto, di un manoscritto brucia- to da ricomporre attraverso iscrizio- ni incise su rocce. Il discorso è sulla poesia, su una politica che assume i tratti di una società totalitaria (in una convergenza temporale tra impe- ro romano e Terzo Reich), e sulle pre- senze, nei nomi propri, di tutto il mondo di dèi e personaggi delle Me- tamorfosi degradato a comunità di uomini stremati. Cotta non troverà Ovidio, qualcuno dirà che è sparito nella montagna, e nella montagna sparirà anche lui nel finale. Ver- schwinden: lo scomparire, in tedesco è anche la fugacità. Il lettore viene contagiato da una nostalgia di mare e di altezze montane, ma senza senti- mento romantico; è afferrato da un impulso unheimlich, perturbante, nella consapevolezza dei tempi che quei luoghi hanno attraversato, la- sciando tracce. Distopia, memoria storica indivi- duale, ucronia, memoria e fugacità, rinascita e apocalisse, sono caratteri- stiche costanti della scrittura di Ran- smayr. Le ritroviamo nel romanzo Morbus Kitahara (1997), situato in un territorio montagnoso la cui po- polazione, colpevole di terribili orro- ri durante una guerra, viene costretta dalle forze vincitrici alleate a un re- gresso dalla tecnologia avanzata alla vita primitiva. Vi confluiscono le sto- rie e i destini di molti transfughi da guerre e orrori; è qualcosa tra la Wa- ste Land e Mauthausen, dove tutta- via nulla è determinabile e conoscibi- le con le categorie della realtà. Per quanto diversi, i romanzi di Ransmayr inseguono sempre una qualche non-località. Basti pensare all’incipit del romanzo in versi La montagna volante, del 2006 (Feltri- nelli ’08): «Sono morto / a 6840 metri sopra il livello del mare / il quattro maggio dell’anno del Cavallo. // Il luogo della mia morte / si trovava ai piedi di una guglia rocciosa corazza- ta di ghiaccio, / nel cui lato riparato dal vento avevo superato la notte. // … Da sud-est, attraverso gli abissi senza fondo ai miei piedi, / sfilavano ammassi di nubi». Il narratore, da morto, o forse da risorto, racconta la storia di due fratelli, morti insieme in una scalata in Tibet. Rivisita la storia terribile della morte in quota, tra i ghiacci, del fratello di Reinhold Mes- sner. Ma anche qui non si tratta di re- altà, ma di occasioni suggerite dalla cartografia del mondo e dell’uomo che nel mondo vive, per aprire porte inattese. Il medesimo impianto geopoetico è riconoscibile nelle settanta micro- storie che segnano l’Atlante di un uo- mo irrequieto (2012), ora in italiano nella bella traduzione di Claudio Groff (Feltrinelli «Narratori», pp. 361, e 20,00). Una strana coincidenza ve- de nello stesso anno l’uscita di un film dei fratelli Wachowsky, intitola- ta Cloud Atlas. Come nel film, qui le storie aprono accessi a piani cronolo- gici multipli, e i luoghi, pur mante- nendo una referenza reale, mettono in crisi la ragione cartografica. Se di- sponessimo sulla carta del mondo i luoghi evocati da Ransmayr non riu- sciremmo a percorrere traiettorie li- neari. Cile, Cina, Brasile, Stati Uniti, Marocco, Spagna, Islanda, Grecia, Messico, Laos, Austria, Nuova Zelan- da, Nepal, Tibet, India, Isole sperdu- te del Pacifico, dell’Artico, dell’Ocea- no Indiano, e poi Hong Kong, Giava, Indonesia, Sri Lanka e ancora più lon- tano. Spazi e tempi sono richiamati dalla memoria visiva, acustica e poe- tica dell’io che per settanta volte di- ce: Ich sah (ho visto), facendosi testi- mone dell’autenticità di un vissuto, nello stesso tempo sottraendolo alle leggi del realismo. La maggior parte delle storie richiama l’esattezza: lati- tudine-longitudine, toponimi preci- si, descrizioni minuziose della natu- ra e del paesaggio, terminologia spe- cifica negli ambiti della botanica, dell’ornitologia, della zoologia in ge- nerale. Registrazione delle abitudini alimentari, del modo di vestire, di pensare, di credere delle popolazioni sconosciute, come di quelle familia- ri. La descrizione antropologica si combina con l’occhio del naturalista e del reporter, per far emergere la vi- sione del poeta in cerca di «mondi estremi», che sia l’Isola di Pasqua o la Muraglia cinese considerata dal punto di vista degli uccelli. Ma in un bar sperduto in California, l’estremo non è tanto la cometa Hale Bopp sfrecciante nella notte e da tutti am- mirata, bensì il cameriere chino su bicchieri rotti, e gli avventori che di- stolgono la vista dal sublime celeste e lo aiutano a raccoglierli, quasi fosse- ro stelle cadute. O il bivacco con fuo- co acceso, in un ospedale psichiatri- co a Vienna, tutto mentale, creato da una donna capace di vedere il suo «luogo selvaggio». Luoghi dimentica- ti, eppure toccati dalla violenza, dalla guerra, dai rifiuti della civiltà, nelle fo- reste lungo il Mekong, in America centrale, nei deserti del Maghreb, in Laos. In ciascuno il viaggiatore con- nette i tempi, legge nelle storie narra- te dalle sue ‘guide’ locali le vie segre- te per recuperare ‘il paradiso terre- stre’. Ma legge anche storie latenti, che talvolta appartengono a persone estranee, altre volte al viaggiatore, e riemergono nella memoria. Certi luoghi funzionano come figu- re del narrare. Qui uno tra molti. Sia- mo in Cambogia: «È un incrocio sol- cato da gorghi e mulinelli, nel quale il Tonlé Sap, l’unico fiume al mondo che inverte il corso al ritmo delle sta- gioni, si perde quasi silenziosamen- te». Il fiume, come la narrazione, ci- clicamente cambia corso, da vicino a lontano, da passato a presente a futu- ro. E osservare la giungla può far emergere la memoria sanguinaria di Pol Pot. Ma altrove, al cimitero ebrai- co di Praga, desolato durante gli anni del regime parasovietico, c’è un cer- to Pavlik, nemmeno ebreo, a custodi- re le tombe, e mettere continuamen- te nuovi sassi su ciascuna, per salvar- la dall’oblio, in modo che «un essere umano dopo l’altro» possa essere, «al- meno per lui, per così dire, risorto». Questo, per Ransmayr, è il «lavoro de- gli angeli» (e degli scrittori?). E salvez- za c’è nel momento estremo, persino per un toro, che continua a sfidare il suo torero spagnolo così coraggiosa- mente che il pubblico chiede di gra- ziarlo. O ancora: nell’arrivo in una grotta montana, a migliaia di metri d’altezza, dopo un’ascesa quasi mor- tale; i monaci biascicano mantra, il fuoco pian piano si spegne, e il viag- giatore si sente al sicuro, salvato da un ricordo d’infanzia fattosi presente a migliaia di chilometri, a decine d’anni di distanza. L’impianto di questa mappa, che unisce la percezione del singolo con i luoghi e le storie del mondo, fissa la sua rete attorno a nodi memoriali te- nuti insieme da parole e immagini ri- correnti: l’oscurità, la tempesta, la sal- vezza, la folla, il paesaggio selvaggio, un vento caldo, il verde. A leggere queste pagine, in cui ogni racconto invita a un viaggio al termine di noi stessi e della storia del mondo, co- smo incluso, potremmo anche perde- re l’equilibrio, cadere dall’altra parte dello specchio. L’io che «ha visto» scompare nel quadro e ci lascia soli in quei paesaggi. Con lo squalo tigre rovesciato da un trasporto nel deser- to, con la bambina impaurita nella nebbia, pietrificata da un latrato di cane, tra pire funebri nell’umidità dei tropici, serpenti e macachi, pap- pagalli e bradipi, con un insegnante che muore alla fermata di un auto- bus. Non un libro di viaggio, ma un atlante di spazi e tempi che ci invita a sovrascrivere i nostri, e cambia, fu- gace e leggero ma profondo, di letto- re in lettore. LEE TEVIS O’NEILL MOODY MODICK FRIEDENTHAL NOOTEBOOM SENECA FIRENZE OPERA DUOMO CONTINI ARCANGELI BURRI A NY LO SCRITTORE GEOPOETICO «HO VISTO... HO VISTO... HO VISTO». IN 70 MICROSTORIE DAI LUOGHI DEL MONDO CHRISTOPH RANSMAYR SOTTRAE IL VISSUTO ALLE LEGGI DELLO SPAZIO-TEMPO: «ATLANTE DI UN UOMO IRREQUIETO», DA FELTRINELLI

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Alias inserto manifesto 29.11.2015

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  • di CAMILLA MIGLIO

    Christoph Ransmayr, nato nel1954, cresce in Alta Austria tra pae-saggi agricoli e montagne, tra idillionaturale e percezione dellorroreumano (nei pressi, la memoria uncampo di concentramento). Studiaetnologia e filosofia a Vienna, vive alungo in Irlanda, e viaggia quasiovunquenelmondo. Il suo primo ro-manzo,Gli orrori dei ghiacci e delle te-nebre (1984), gli vale lattenzione diEnzensberger, che lo chiama a colla-borare allantologia poeticaDasWas-serzeichen der Poesie (La filigrana del-la poesia): una specie di summa del-la poesia del mondo. Tra gli antichitradotti da Ransmayr c Ovidio.Lesperienza delle versioni ovidianegli ispira il romanzo che lo rende fa-moso,Die letzteWelt, 1988 (Il mondoestremo, Feltrinelli 2003). Ultima tel-lus, orbis ultimus (cos Ovidio neiTri-stia): ilmondo aimargini dellecume-ne;ma in tedesco, letzte anche ulti-mo in senso temporale, prima dellafine. La storia si svolge su diversi pia-ni temporali e narra il viaggio di Cot-ta alla ricerca dellamico poeta esilia-to daAugusto sulMarNero, nella cit-t di Tomi. Elementi di realt, lesiliodi Ovidio, la sua amicizia con CottaMessalino, si mescolano con la fin-zione della qute amicale, dellipote-si di un libro delle Metamorfosi in-compiuto, di un manoscritto brucia-to da ricomporre attraverso iscrizio-ni incise su rocce. Il discorso sullapoesia, su una politica che assume itratti di una societ totalitaria (inunaconvergenza temporale tra impe-ro romano e TerzoReich), e sulle pre-senze, nei nomi propri, di tutto ilmondo di di e personaggi delleMe-tamorfosi degradato a comunit diuomini stremati. Cotta non troverOvidio, qualcuno dir che sparitonella montagna, e nella montagnasparir anche lui nel finale. Ver-schwinden: lo scomparire, in tedesco anche la fugacit. Il lettore vienecontagiato da una nostalgia di maree di altezzemontane,ma senza senti-mento romantico; afferrato da unimpulso unheimlich, perturbante,nella consapevolezza dei tempi chequei luoghi hanno attraversato, la-sciando tracce.Distopia, memoria storica indivi-

    duale, ucronia, memoria e fugacit,rinascita e apocalisse, sono caratteri-stiche costanti della scrittura di Ran-smayr. Le ritroviamo nel romanzoMorbus Kitahara (1997), situato inun territorio montagnoso la cui po-polazione, colpevole di terribili orro-ri durante una guerra, viene costrettadalle forze vincitrici alleate a un re-gresso dalla tecnologia avanzata allavita primitiva. Vi confluiscono le sto-rie e i destini di molti transfughi daguerre e orrori; qualcosa tra laWa-ste Land e Mauthausen, dove tutta-via nulla determinabile e conoscibi-le con le categorie della realt.Per quanto diversi, i romanzi di

    Ransmayr inseguono sempre unaqualche non-localit. Basti pensareallincipit del romanzo in versi Lamontagna volante, del 2006 (Feltri-nelli 08): Sonomorto / a 6840metrisopra il livello del mare / il quattromaggio dellanno del Cavallo. // Illuogo della mia morte / si trovava aipiedi di una guglia rocciosa corazza-ta di ghiaccio, / nel cui lato riparatodal vento avevo superato la notte. // Da sud-est, attraverso gli abissisenza fondo ai miei piedi, / sfilavanoammassi di nubi. Il narratore, damorto, o forse da risorto, racconta lastoria di due fratelli, morti insieme inuna scalata in Tibet. Rivisita la storiaterribile della morte in quota, tra ighiacci, del fratello di Reinhold Mes-sner.Ma anche qui non si tratta di re-alt, ma di occasioni suggerite dalla

    cartografia del mondo e delluomoche nel mondo vive, per aprire porteinattese.Il medesimo impianto geopoetico

    riconoscibile nelle settanta micro-storie che segnano lAtlante di un uo-mo irrequieto (2012), ora in italianonella bella traduzione di ClaudioGroff (Feltrinelli Narratori, pp. 361,e 20,00). Una strana coincidenza ve-de nello stesso anno luscita di unfilm dei fratelli Wachowsky, intitola-ta Cloud Atlas. Come nel film, qui lestorie aprono accessi a piani cronolo-gici multipli, e i luoghi, pur mante-nendo una referenza reale, mettonoin crisi la ragione cartografica. Se di-sponessimo sulla carta del mondo iluoghi evocati da Ransmayr non riu-sciremmo a percorrere traiettorie li-neari. Cile, Cina, Brasile, Stati Uniti,Marocco, Spagna, Islanda, Grecia,Messico, Laos, Austria, Nuova Zelan-da, Nepal, Tibet, India, Isole sperdu-te del Pacifico, dellArtico, dellOcea-no Indiano, e poi Hong Kong, Giava,Indonesia, Sri Lanka e ancora pi lon-tano. Spazi e tempi sono richiamatidallamemoria visiva, acustica e poe-tica dellio che per settanta volte di-ce: Ich sah (ho visto), facendosi testi-mone dellautenticit di un vissuto,nello stesso tempo sottraendolo alleleggi del realismo. La maggior partedelle storie richiama lesattezza: lati-tudine-longitudine, toponimi preci-si, descrizioni minuziose della natu-ra e del paesaggio, terminologia spe-cifica negli ambiti della botanica,dellornitologia, della zoologia in ge-nerale. Registrazione delle abitudinialimentari, del modo di vestire, dipensare, di credere delle popolazioni

    sconosciute, come di quelle familia-ri. La descrizione antropologica sicombina con locchio del naturalistae del reporter, per far emergere la vi-sione del poeta in cerca di mondiestremi, che sia lIsola di Pasqua ola Muraglia cinese considerata dalpunto di vista degli uccelli. Ma in unbar sperduto in California, lestremonon tanto la cometa Hale Boppsfrecciante nella notte e da tutti am-mirata, bens il cameriere chino subicchieri rotti, e gli avventori che di-stolgono la vista dal sublime celestee lo aiutano a raccoglierli, quasi fosse-ro stelle cadute. O il bivacco con fuo-co acceso, in un ospedale psichiatri-co a Vienna, tuttomentale, creato dauna donna capace di vedere il suoluogo selvaggio. Luoghi dimentica-ti, eppure toccati dalla violenza, dallaguerra, dai rifiuti della civilt, nelle fo-reste lungo il Mekong, in Americacentrale, nei deserti del Maghreb, inLaos. In ciascuno il viaggiatore con-nette i tempi, legge nelle storie narra-te dalle sue guide locali le vie segre-te per recuperare il paradiso terre-stre. Ma legge anche storie latenti,che talvolta appartengono a personeestranee, altre volte al viaggiatore, eriemergono nella memoria.Certi luoghi funzionano come figu-

    re del narrare. Qui uno tramolti. Sia-mo in Cambogia: un incrocio sol-cato da gorghi e mulinelli, nel qualeil Tonl Sap, lunico fiume al mondoche inverte il corso al ritmo delle sta-gioni, si perde quasi silenziosamen-te. Il fiume, come la narrazione, ci-clicamente cambia corso, da vicino alontano, da passato a presente a futu-ro. E osservare la giungla pu far

    emergere la memoria sanguinaria diPol Pot.Ma altrove, al cimitero ebrai-co di Praga, desolato durante gli annidel regime parasovietico, c un cer-to Pavlik, nemmeno ebreo, a custodi-re le tombe, emettere continuamen-te nuovi sassi su ciascuna, per salvar-la dalloblio, in modo che un essereumanodopo laltro possa essere, al-meno per lui, per cos dire, risorto.Questo, per Ransmayr, il lavorode-gli angeli (e degli scrittori?). E salvez-za c nelmomento estremo, persinoper un toro, che continua a sfidare ilsuo torero spagnolo cos coraggiosa-mente che il pubblico chiede di gra-ziarlo. O ancora: nellarrivo in unagrotta montana, a migliaia di metridaltezza, dopo unascesa quasimor-tale; i monaci biascicano mantra, ilfuoco pian piano si spegne, e il viag-giatore si sente al sicuro, salvato daun ricordo dinfanzia fattosi presentea migliaia di chilometri, a decinedanni di distanza.Limpianto di questa mappa, che

    unisce la percezione del singolo coni luoghi e le storie del mondo, fissa lasua rete attorno a nodimemoriali te-nuti insieme da parole e immagini ri-correnti: loscurit, la tempesta, la sal-vezza, la folla, il paesaggio selvaggio,un vento caldo, il verde. A leggerequeste pagine, in cui ogni raccontoinvita a un viaggio al termine di noistessi e della storia del mondo, co-smo incluso, potremmoancheperde-re lequilibrio, cadere dallaltra partedello specchio. Lio che ha vistoscompare nel quadro e ci lascia soliin quei paesaggi. Con lo squalo tigrerovesciato da un trasporto nel deser-to, con la bambina impaurita nellanebbia, pietrificata da un latrato dicane, tra pire funebri nellumiditdei tropici, serpenti e macachi, pap-pagalli e bradipi, con un insegnanteche muore alla fermata di un auto-bus. Non un libro di viaggio, ma unatlante di spazi e tempi che ci invitaa sovrascrivere i nostri, e cambia, fu-gace e leggeroma profondo, di letto-re in lettore.

    LEE TEVIS ONEILL MOODY MODICK FRIEDENTHAL NOOTEBOOM SENECA FIRENZEOPERADUOMOCONTINIARCANGELI BURRIANY

    LO SCRITTOREGEOPOETICO

    HOVISTO... HOVISTO... HOVISTO. IN 70MICROSTORIEDAI LUOGHI DELMONDOCHRISTOPHRANSMAYRSOTTRAE IL VISSUTOALLE LEGGI DELLO SPAZIO-TEMPO:ATLANTEDI UNUOMO IRREQUIETO, DA FELTRINELLI

  • (2) ALIAS DOMENICA29 NOVEMBRE 2015

    Oltre la siepe c soloun frutto acerbodel cinismo editorialedi ANDREA COLOMBO

    No, Scout non tornata. Se ilettori lavessero conosciuta solograzie a Va, metti una sentinella(traduzione di VincenzoMantova-ni, Feltrinelli, pp. 272, e 18.00), ilsecondo romanzo di Harper Leearrivato nelle librerie cinquanta-cinque anni dopo il primo, JeanLouise Finch, dalla bimba Scoutche era, non sarebbemai diventa-ta uno dei personaggi pi celebrie amati della letteratura america-na. E suo padre, Atticus Finch,non sarebbemai stato quel simbo-lo della lotta per lintegrazione raz-ziale nel Sud degli Stati Uniti che da decenni, il personaggio lettera-rio al quale si deve, grazie a To Killa Mockingbird, in Italia Il buio ol-tre la siepe, il fatto di avere avviatomoltissimi giovani idealisti versola professione davvocato.Abbiamo ora il dubbio piacere

    di scoprire che Atticus , in realt,un segregazionista, e se nellAlaba-ma del 1935 aveva osato linosabi-le, difendere un nero accusato diaver stuprato una bianca, lo avevafatto per amore del codice, nondei diritti. Luscita a sorpresa diun nuovo romanzo della oggi qua-si novantenne Harper Lee si configurata, sin dallinizio, comeuna delle operazioni editorialipi spregiudicate e discutibili.Spacciato come il seguito delcapolavoro precedente, il nuovoromanzo ne in realt la prima epochissimo riuscita versione: unabbozzo informe destinato a tra-sformarsi, dopo due anni di lavo-ro intenso, in qualcosa di comple-tamente irriconoscibile, sia nellostile che nella trama.Harper Lee, che aveva tenuto

    nascosto il manoscritto per oltremezzo secolo, ha dato il suo bene-stare alla lucrosa pubblicazione.Ma lecito sospettare che la suadecisione sia stata a dir poco in-tensivamente influenzata dai con-giunti, n depone favorevolmenteil fatto che il via libera sia arrivatoimmediatamente dopo la mortedella sorella, che la accudiva e necurava gli interessi. Questa primaversione del romanzo ambienta-ta nel 1955, ventanni dopo le vi-cende narrate in To Kill aMocking-bird. Racconta il ritorno di Scout,nel frattempo trasferitasi a NewYork dalla cittadina natale diMaycomb, dove la situazione ben diversa da quella di ventanniprima. I neri hanno cominciatoad alzare la testa, reclamano dirit-ti e la Corte costituzionale d lororagione. I bravi cittadini del Sud siorganizzano per resistere a quellache vivono come una inammissi-bile lesione dei loro diritti. PerScout, scoprire che lidolatrato pa-dre e il quasi-fidanzato sono impe-lagati fino al collo nella resistenzasegregazionista un trauma pro-fondo, chemina il suo interomon-do interiore e si abbatte sugli stes-si ricordi dellinfanzia.Il fratello della narratrice, Jem,

    coprotagonista diToKill aMockin-gbird, nel frattempo morto. Ilcompagnodi giochiDill, personag-gio dietro il quale si celava TrumanCapote, amico fraterno della scrit-trice sin dallinfanzia e per tutta lavita, citato solo di sfuggita. La sto-ria si snoda su piani diacronici: i ri-cordi e i flashback di questa versio-ne diventeranno il materiale con

    cui edificare il capolavoro successi-vo. Particolare significativo: il pro-cesso contro il nero accusato di stu-pro in questa stesura iniziale unepisodio appena accennato, pur seimportante, e si conclude, al con-trario che nel romanzo maggiore,con lassoluzione dellimputato.Questo secondo libro di Har-

    per Lee in realt un romanzoacerbo, che giustamente gli editoririfiutarono a suo tempo di pubbli-care e che, dal punto di vista dellaqualit, sarebbe stato molto me-glio lasciare nel cassetto. Ma ne re-sta vivo linteresse, a patto di consi-

    derarlo non per il suo valore in s,ma come materiale prezioso permettere meglio a fuoco quello cherester il solo romanzo firmato daHarper Lee. Leggerlo, purch se neabbia ben presente la successivaevoluzione, significa assistere allamisteriosa genesi di un capolavo-ro. Gli aneddoti e gli ambienti cherenderanno indimenticabile Il bu-io oltre la siepe ci sono gi tutti, avolte descritti con lemedesime pa-role che torneranno nella versionedefinitiva, ma squadernati comeuna serie sconclusionata di ricordiprivati, tanto coinvolgente quantolalbum di foto di famiglia mostra-te e quasi imposte da un petulanteospite . Eppure, quegli stessi episo-di, quelle stesse strade e case, di-venteranno, dopo un processo dimaturazione tanto rapido quantoradicale, unatmosfera magica, unmondo nel quale si specchia lostesso Sud sconfitto di Faulkner,ma osservato con lo sguardo maiinfantile di tre bambini.Con tutta la loro a volte insop-

    portabile prolissit, i lunghissimi

    dialoghi farciti di citazioni incon-gruedi questo libro aiutano a svela-re il miracoloso equilibrio di ToKill a Mockingbird, quella violentarequisitoria contro la segregazioneche risparmiava i segregazionisti ene evidenziava i lati pi umana-mente apprezzabili.Nata e cresciuta in unAlabama

    che conservava ancora fresco il ri-cordo della pi feroce e sanguino-sa guerra civile della storia, la scrit-trice sapeva bene che il segregazio-nismo del Sud era dovuto, pi cheal razzismo, al rifiuto di accettarela cultura colonizzatrice dei vincito-ri. Era la difesa estrema, e da Har-per Lee pienamente condivisa,dellidentit diDixie, nazione scon-fitta e scomparsa ma non vinta.Quando le argomentazioni, che

    in questa prima stesura unamalde-stra apprendista spiattellava met-tendole in bocca a personaggi sen-za spessore, diventeranno lanimae il sangue di figure reali e vive,dunque senza pi bisogno di esse-re esplicitate, nascer un grande ro-manzo. Probabilmente, se avessedeciso di scrivere ancora, HarperLee avrebbe davvero scelto cometema il ritorno a Maycomb diScout. Avrebbe preso la met am-bientata negli anni 50 del primomanoscritto per rielaborarla comeaveva nel frattempo imparato a fa-re. Persino la materia informe pre-sentata grazie a questa cinica ope-razione editoriale basta a indicareche ne sarebbe potuto venir fuoriun grande libro sulla delusione, lanecessit di fronteggiarla e superar-la, la possibilit di trasformarla inoccasionedimaturazione e allarga-mento della comprensione. Pur-troppo Nelle Lee, in arte Harper,ha scelto di non farlo.

    di LUCA BRIASCO

    Cinquantenne, irlandese di na-scita ma di madre turca; cresciuto trail Mozambico e lIran, la Turchia elOlanda; stabilitosi prima a Londra,poi a New York, dove vive, JosephONeill ha raggiunto fama e successocon il suo terzo romanzo, Nether-land, pubblicato nel 2008, premiatocon il Pen-Faulkner Award e salutatodal severissimo James Wood comeuno dei libri post-coloniali pi note-voli che io abbia mai letto.Ambientato aNewYork allindoma-

    ni dell11 settembre,Netherland (pub-blicato in Italia da Rizzoli, con il titoloLa citt invincibile, ma sostanzial-mente ignorato da critica e lettori) forse il pi bel romanzo sulle ferite la-sciate dallattentato alle Torri Gemel-le: il ritratto toccante di una citt checerca di tener fede al proprio sogno,continua ad attrarre nuovi migranti eper si disfa proprio agli occhi di chine ha vissuto lascesa sfrenata: fraquesti, il protagonista, un agente diborsa che, insieme al luogo fisico delproprio lavoro, perde laffetto e la vici-nanza di moglie e figlio, insieme allasperanza di poter costruire, con loro,un futuro.Inevitabile che, dopo un libro cos

    toccante e profondo, sorretto da unlinguadi scintillante inventiva, la criti-ca e i lettori attendessero ONeill alvarco, pronti a cogliere qualunque

    traccia di ripetizione o di ripiegamen-to. Non c dunque da stupirsi che ilsuccessore di Netherland, The Dog,pubblicato negli Stati Uniti lo scorsoanno, sia stato accolto in modo dise-guale, dividendo i recensori tra chi loritiene degno in tutto e per tuttodellopera precedente e chi lo consi-dera un passo falso o, tuttal pi, laconferma in tono minore di un gran-de talento. Ora, The Dog arriva anchein Italia, ospitato nella bellissima col-lana di narrativa di Codice, con il tito-lo infedele Luomo di Dubai (traduzio-ne di Tommaso Pincio, pp. 288, e18,90), e merita una lettura attenta,sia da parte di chi ha intercettato Lacitt invincibile prima che finisse de-solatamente fuori stampa, sia di chiinvece si avvicini per la prima volta al-la scrittura di ONeill.Come stato notato in quasi tutti

    gli articoli che la stampa americanaha dedicato al libro, Luomo di Dubairiproduce molte delle situazioni e deitemi che avevano innervato La cittinvincibile, riprendendone anche lastruttura narrazione rigorosamentein prima persona, tono meditativo,predilezione per le pause digressive e leleganza della lingua. Proprio co-meHans van den Broek, il protagoni-sta di Netherland, anche lavvocatosenza nome al centro dellUomo diDubaiha appena affrontato unadolo-rosa separazione dalla donna, Jenn,con cui ha diviso nove anni della sua

    vita, e tenta faticosamente di riemer-gere da una lunga deriva dellanima.Come in Netherland New York occu-pava il centro della scena elevandosia vero e proprio personaggio, cos, inTheDog, Dubai viene evocata nel suofuribondo e insensato dinamismo,che ne fa la proiezione e lo specchiodei sogni e delle aspirazioni di un oc-cidente stanco e sazio di s ma anco-ra disperatamente bulimico.La trama del libro relativamente

    semplice: linnominato protagoni-sta, proprio per sfuggire alle conse-guenze di un fallimento sentimenta-le e umano, accetta un impiego co-me esecutore fiduciario e factotumdei Batros, una ricchissima famiglialibanese che ha creato un autenticoimpero e che daDubai e dintorni am-ministra buona parte dei propri benie asset. Trasferitosi da New York ne-gli Emirati, in un lussuoso grattacie-lo residenziale nel quale gli apparta-menti hanno tutti lo stessomobilio eaddirittura gli stessi libri alle pareti,il narratore trascorre il suo tempo inuna condizione di ben retribuita ser-vit: privo di qualunque potere deci-sionalema costretto a firmare e aval-lare decine di operazioni, non sem-pre comprensibili e a volte di dubbialiceit; o ancora oggetto di richiesteimprobabili, come ingaggiare can-tanti pop e rock perch si esibiscanoal compleanno o anniversario dima-trimonio di Sandro, uno dei fratelli

    Batros, o tenerne a bada il figlio mi-nore, un ragazzino viziato e affettoda devastante obesit.La servit del protagonista sembra

    trovare il proprio correlativo nel fattostesso che, ai nostri occhi di lettori,egli rimane costantemente senza no-me: di lui ci possibile conoscere so-lo lo pseudonimodietro il quale si na-sconde quando, attingendo al pro-prio invidiabile stipendio, si reca a ca-denze regolari in un albergo di lussoper usufruire dei servigi di prostitute,tutte e rigorosamente provenientidallex Unione Sovietica. Questa as-senza di identit e questa dispersionedel s e delle radici, pi che ai Batroso agli esponenti pi ricchi e altezzosidella comunit di espatriati che popo-lano grattacieli, alberghi e resort diDubai, avvicina il protagonista ad Al,limmigrato senza permesso di sog-giorno della cui collaborazione usu-fruisce a piene mani senza poterlamai regolarizzare in un contratto, eche ogni sera svanisce dalle luci dellaribalta ritraendosi nelmondodegli in-visibili e degli schiavi. E, al tempo stes-so, lo avvicina a Ted Wilson, il miste-rioso americano che, da oscuro pro-fessore universitario di storia tedesca,si trasformato in brand-setter peruna grande societ diDubai, coltivan-do al contempo una vera e propriapassione per le immersioni subac-quee; ma poi sparito nel nulla, co-me capita ai tanti che, vivendo al di

    sopra dei propri mezzi, finiscono percontrarre debiti, rischiando, in basealla legge degli Emirati, un lungoperi-odo di galera.Come si comprender da questa si-

    nossi incompleta, la forza del roman-zo non sta nella trama. Se in La cittinvincibile non mancavano scene epassaggi memorabili, Luomo di Du-bai punta tutto sulla dispersione, sul-le lunghe digressioni meditative, sul-le tante riflessioni filosofiche affidatealla inarrestabile logorrea del protago-nista. La scelta , tuttavia, del tuttoconsapevole: lo stesso ONeill, in unabella e lunga intervista pubblicata sul-laParis Review, ha dichiarato che, nel-la sua scrittura, lintreccio si manife-sta al livello della frase, e che ogni pa-ragrafo deve avere la capacit di pren-dere direzioni imprevedibili, spiaz-zando ogni volta il lettore. Come ginellaCitt invincibile,ma conuna ra-dicalit se possibile ancoramaggiore,la scrittura sembra assumere su di slo spaesamento dellIo che la produ-ce, rifiutando la facile soluzione dellanarrativit pura o del coup de thtree optando per unmoto irregolare, di-vagante, giocato tutto tra memoria,descrizione, meditazione.Sostenere che Luomo di Dubai sia

    una sorta di variazione in tonomino-re della Citt invincibile sarebbe fareun torto a ONeill, al suo coraggio, al-la consequenzialit delle sue scelte edel suo percorso di narratore. pigiusto e corretto, invece, affermareche il nuovo romanzo comincia esat-tamente dove finiva il suo magnificopredecessore, e che le analogie tra i ri-spettivi protagonisti servono amante-nere vivo e continuo il filo di una ri-flessione acuta quanto malinconicasullagonia dellOccidente, della qua-le l11 settembre stato forse solo unepifenomeno.Tra digressioni, passaggi di svagata

    comicit o esilarante pedanteria sipensi solo allemail che il protagonistasogna di scrivere ai suoi esasperantidatori di lavoro, ma che non sarannomai spedite , riflessioni illuminantisulle servit del nuovo capitalismo,Luomo di Dubai non corre mai il ri-schio di cadere nella facile satira o nelmero reportage giornalistico, grazie auna scrittura di inesauribile inventivaesaltata dalla traduzione, di TommasoPincio, davvero ammirevole.

    GERENZA

    di STEFANO GALLERANI

    Nel 1980, ventanni dopo To Kill aMockingbird (in italiano Il buio oltre lasiepe), che valse a Harper Lee il premioPulitzer del 61, il mimo, o tordoamericano, tornava a campeggiaresolitario sulla copertina di un libro dinarrativa. ConMockingbird, Walter Tevisinterrompeva un silenzio che duravadalla pubblicazione dellUomo che caddesulla terra: in mezzo, solo alcuni raccontisparsi, una dura battaglia controlalcolismo e la lotta quotidiana conquelle che, sin dallinfanzia (minata dauna malattia reumatica al cuore), loscrittore giudicava le proprieinadeguatezze umane e artistiche. Anulla o poco erano le valse le fortune(anche cinematografiche) dei suoi primidue romanzi oltre a Luomo,soprattutto Lo spaccone, del 1959, da cuifu tratto il film omonimo di RobertRossen, con Paul Newman e JackieGleason cos che negli anni settanta lavena creativa di Tevis sembrava essersiesaurita, schiacciata dal peso di troppeaspettative e molte incertezze. Pure, per

    quanto breve, proprioMockingbirdavrebbe inaugurato il suo periodo piproduttivo: nel 1981 usc lantologiaLontano da casa, lanno seguente Apochi passi dal sole e La Regina degliscacchi, mentre nel 1984 fu la volta delColore dei soldi, malinconico edisincantato sequel dello Spaccone.Pubblicato in Italia per la prima volta allavigilia della morte del suo autore dalleedizioni Nord e da Mondadori (coldubbio titolo di Futuro in trance),Mockingbird compare di nuovo nellenostre librerie pubblicato da minimumfax, che per loccasione rispolvera,aggiornata, la prima versione di RobertaRambelli: Solo il mimo canta al limitaredel bosco (con una nota di JonathanLethem, pp. 343, e 13,50). Ambientato inun distopico 2467, il romanzo unomaggio al genere fantascientifico con ilquale Tevis aveva esordito, nel 1957,sulle colonne di Galaxy Science Fictione del quale aveva gi dato prova, tradistorsioni temporali e alienazionecontemporanea, proprio in The ManWho Fell to Earth. Con questultimo, Soloil mimo condivide leffetto di ansia e

    spaesamento, ma stavolta diverso non lalieno metaforicamente laltro benslessere umano: il futuro qui immaginatocon efficace preveggenza non riservaalluomo altro che un ruolo marginalenella nuova societ controllatadallintelligenza artificiale dei robot.Nella desertificazione dei rapportipianificata dalle macchine le personesono ridotte a uno stato narcotico diprostrazione emotiva e sentimentale:vittime di un progressivo, controllatoimbarbarimento, vivono inconsapevolidi se stesse e degli altri, prive di memoriacollettiva come di ricordi personali, cosche riappropriarsi anche dei principi pielementari del vivere per loro unaimpresa tanto impervia quantopericolosa. Paradigma di questacondizione Paul Bentley, che, come lascimmia della kafkiana Relazione perunaccademia, si costruisce dal nullauna nuova identit imparando prima aleggere poi a scrivere attraverso isottotitoli di dimenticate pellicolecinematografiche di cui i robot nonsanno che fare; ed infatti proprio unodi loro, Spofforth, androide di ultimagenerazione e rettore dellUniversit diNew York, ad affidare a Bentley, ignarodelle conseguenze di un simile gesto, ilsuo primo incarico. Manmano cheprogredisce nel lavoro, Paul conosceMary Lou, le insegna i rudimenti dellalettura, va a vivere con lei e insiemeintravedono la possibilit di unesistenzafuori dai rigidi schemi individualisti easociali progettati dai robot. Tuttavia,non appena Spofforth si accorge che lacoppia sta per formare una famigliatrasgredendo il rigido programma dicontrollo delle nascite loro imposto,

    Bentley viene processato e incarcerato,mentre Mary Lou riprogrammatacome casalinga e compagna di un altroandroide. La prigione, per, non riesce ainterrompere leducazione sentimentaledi Bentley, che presto escogita un pianoper evadere, ricongiungersi a Mary Lou econ lei gettare le basi di una nuova vita(per loro e per tutti gli esseri umani); unanuova vita in cui, aiutato da Paul e MaryLou, anche Spofforth sorta di alter egodel Roy Batty di Blade Runner troverfinalmente il modo di compiere ilproprio destino con un atto estremo diautodeterminazione. Alternando registristilistici e punti di vista, Solo il mimocanta al limitare del bosco richiama,come annota Goffredo Fofinellintroduzione che apre il volume, latradizione demistificatrice degli Orwell,degli Huxley e degli Zamjatin; ma anchequella di Burgess e di Bradbury: come in1984&1985 o in Farenheit 451, appunto,lunica speranza che gli uomini hannoper scongiurare la tirannia e la dittaturadella tecnologia sta in un idealeumanistico e sociale a un tempo: unideale fatto di piccole conquiste, dubbi,sentimenti e contraddizioni le stessevissute, fronteggiate e testimoniate daWalter Tevis. Paragonato a Lo spaccone oa La Regina degli scacchi,Mockingbird sicuramente pi slegato nellaconcezione, meno sciolto e risoltonellanalisi di una situazione criticanonch nel ritratto in prospettiva deisuoi personaggi, ma una volta terminato difficile non desiderare di esseredichiarati colpevoli delle tre accusemosse a Bentley dal tribunale dei robot:Coabitazione, lettura e insegnamentodella lettura.

    Per sfuggireallamore deluso,un newyorkeseva incontroalla volontariaservit di un lavoronegli Emirati;ma la vera trama nello stile

    di DANIELA DANIELE

    Cresciuto musicalmente tra le dissonanze deiSonic Youth e dellHoboken sound dei Feelies e diYo La Tengo (sulle cui note compose il romanzodesordio, Garden City), Rick Moody per anni haabbracciato la proverbiale marginalit degli scrittoridel New Jersey senza avere, per, nulla da invidiareai cugini newyorkesi. Fu una vera sorpresa, nelladevastazione psichica e materiale del dopo-undicisettembre, assistere al suo esordio musicale con ungruppo folk dal gusto decisamente antiquario. Quelrepertorio popolare non scevro di derive spiritualisteche, come riconobbe lo scrittore, in molti farannofatica ad apprezzare, pareva abiurare lo stile cool epost-punk a cui ci aveva abituati, essendo apparso,nel 1997, molto a suo agio tra gli altrimusicisti/scrittori del Lower East Side, coinvolti daSteve Buscemi nel suo video-remake di Vicious, conla complicit di Maggie Estep e di un sornione LouReed. Accanto ai suoi bei romanzi di ordinariedisfunzioni familiari, di Moody oggi possibileleggere anche gli scritti musicali, editi con il titoloMusica celestiale da Bompiani (traduzione di LiciaVighi, p. 414, e 20,00). Nelle cadenze del flusso

    discorsivo ininterrotto che abbiamo sempreapprezzato, questo libro raccoglie avventuredascolto, in cui trovano uno spazio accogliente, insalsa indie, anche le elegie evangeliche deiDanielson Famile, un gruppo del New Jersey, trabizzarrie corali e travestimenti posticci, chesmaschera i paradossi delle seduzioni spiritualistetornate in auge nellera del terrore. Tracamuffamenti e falsetti, questo folk revivalcontinuamente deformato dalle distorsioni newwave, una commistione di sacro e profano (un poB52, un po sorelle Roches), che bene illustra laforma hipster impressa daMoody alla suaricognizione, capace di trovare una dimensionecelestiale proprio in virt della naturale grazia concui riesce a navigare nelle acque massimaliste dellapynchoniana tolleranza. Situandosi, assieme ad altrimusicisti/scrittori, nellalveo di uno sperimentalismonovecentesco insieme metrico e sonico che,partendo da Samuel Beckett e da James Joyce arrivafino alle propaggini newyorkesi di Lydia Davis edella stessa Estep, Moody mette in gioco uncomplesso bagaglio di collaborazioni intermediali,fino a convergere in una compilationsemi-autobiografica, in grado di spaziare dalla

    fierezza del be-bop di Miles Davis allerotismo rockdelle controculture degli anni sessanta, dal punkallucinato degli anni settanta allinsuperataconsonanza prodotta, nel vuoto ideologico deglianni ottanta, del fake jazz dei Lounge Lizards(Bisogna amarsi molto per suonare cos, scrisseJohn Lurie). Al ricordo di questi ensemble, Moodyaggiunge un salto ancestrale nellIrlanda della madrepianista e la cronaca di un magico duettododecafonico conMeredith Monk, tradotto nelleacrobatiche coreografie della new dance. Il suoviaggio informale ma informatissimo attraverso learti musicali si carica di inediti retroscena e diarguzie retrospettive degne di Grace Paley, in cuinonmancano colte riflessioni sullo slang cheinevitabilmente si associa a tutti questi stili dimusica e di vita alternativi. Moody divaga abilmentein questo percorso affettivo nella memoria musicale,seguendo cadenze imprevedibili e jazzate. Nel suoattraversamento sonoro di New York e dintorni,musica e scrittura vengono assimilate comefenomeni uditivi che, nella dimensione pubblicadei reading e dei concerti, hanno limportantefunzione sociale di farci uscire di casa anche quandoil globo pare finito in convulsioni.

    ONEILLHarper Lee, foto Life/Getty

    WALTER TEVIS SOLO IL MIMO CANTA AL LIMITARE DEL BOSCO

    Una distopia ambientatanellera dei robot

    HARPER LEE

    RICKMOODY

    Musicacelestiale,una compilationaffettivatra be-bop,punk, fake jazz

    LUOMO DI DUBAI, ULTIMO ROMANZO DI JOSEPH ONEILL, DA CODICEDubai vista dallalto

    In copertina di Alias-D:sopra, foto di Luigi Ghirrida Atlante, Modena,1973; in basso,Christoph Ransmayrnel 1981 ritratto da DidiSattmann

    ESCE DA FELTRINELLI VA, METTI UNA SENTINELLA

    Spacciatocome il seguitodel capolavoroprecedente,il romanzodella scrittricedellAlabamane , in realt,la prima versionefallimentare

    Ondivaga narrazionedi uno spaesamento

    Il manifestodirettore responsabile:Norma Rangeri

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  • (3)ALIAS DOMENICA29 NOVEMBRE 2015

    Oltre la siepe c soloun frutto acerbodel cinismo editorialedi ANDREA COLOMBO

    No, Scout non tornata. Se ilettori lavessero conosciuta solograzie a Va, metti una sentinella(traduzione di VincenzoMantova-ni, Feltrinelli, pp. 272, e 18.00), ilsecondo romanzo di Harper Leearrivato nelle librerie cinquanta-cinque anni dopo il primo, JeanLouise Finch, dalla bimba Scoutche era, non sarebbemai diventa-ta uno dei personaggi pi celebrie amati della letteratura america-na. E suo padre, Atticus Finch,non sarebbemai stato quel simbo-lo della lotta per lintegrazione raz-ziale nel Sud degli Stati Uniti che da decenni, il personaggio lettera-rio al quale si deve, grazie a To Killa Mockingbird, in Italia Il buio ol-tre la siepe, il fatto di avere avviatomoltissimi giovani idealisti versola professione davvocato.Abbiamo ora il dubbio piacere

    di scoprire che Atticus , in realt,un segregazionista, e se nellAlaba-ma del 1935 aveva osato linosabi-le, difendere un nero accusato diaver stuprato una bianca, lo avevafatto per amore del codice, nondei diritti. Luscita a sorpresa diun nuovo romanzo della oggi qua-si novantenne Harper Lee si configurata, sin dallinizio, comeuna delle operazioni editorialipi spregiudicate e discutibili.Spacciato come il seguito delcapolavoro precedente, il nuovoromanzo ne in realt la prima epochissimo riuscita versione: unabbozzo informe destinato a tra-sformarsi, dopo due anni di lavo-ro intenso, in qualcosa di comple-tamente irriconoscibile, sia nellostile che nella trama.Harper Lee, che aveva tenuto

    nascosto il manoscritto per oltremezzo secolo, ha dato il suo bene-stare alla lucrosa pubblicazione.Ma lecito sospettare che la suadecisione sia stata a dir poco in-tensivamente influenzata dai con-giunti, n depone favorevolmenteil fatto che il via libera sia arrivatoimmediatamente dopo la mortedella sorella, che la accudiva e necurava gli interessi. Questa primaversione del romanzo ambienta-ta nel 1955, ventanni dopo le vi-cende narrate in To Kill aMocking-bird. Racconta il ritorno di Scout,nel frattempo trasferitasi a NewYork dalla cittadina natale diMaycomb, dove la situazione ben diversa da quella di ventanniprima. I neri hanno cominciatoad alzare la testa, reclamano dirit-ti e la Corte costituzionale d lororagione. I bravi cittadini del Sud siorganizzano per resistere a quellache vivono come una inammissi-bile lesione dei loro diritti. PerScout, scoprire che lidolatrato pa-dre e il quasi-fidanzato sono impe-lagati fino al collo nella resistenzasegregazionista un trauma pro-fondo, chemina il suo interomon-do interiore e si abbatte sugli stes-si ricordi dellinfanzia.Il fratello della narratrice, Jem,

    coprotagonista diToKill aMockin-gbird, nel frattempo morto. Ilcompagnodi giochiDill, personag-gio dietro il quale si celava TrumanCapote, amico fraterno della scrit-trice sin dallinfanzia e per tutta lavita, citato solo di sfuggita. La sto-ria si snoda su piani diacronici: i ri-cordi e i flashback di questa versio-ne diventeranno il materiale con

    cui edificare il capolavoro successi-vo. Particolare significativo: il pro-cesso contro il nero accusato di stu-pro in questa stesura iniziale unepisodio appena accennato, pur seimportante, e si conclude, al con-trario che nel romanzo maggiore,con lassoluzione dellimputato.Questo secondo libro di Har-

    per Lee in realt un romanzoacerbo, che giustamente gli editoririfiutarono a suo tempo di pubbli-care e che, dal punto di vista dellaqualit, sarebbe stato molto me-glio lasciare nel cassetto. Ma ne re-sta vivo linteresse, a patto di consi-

    derarlo non per il suo valore in s,ma come materiale prezioso permettere meglio a fuoco quello cherester il solo romanzo firmato daHarper Lee. Leggerlo, purch se neabbia ben presente la successivaevoluzione, significa assistere allamisteriosa genesi di un capolavo-ro. Gli aneddoti e gli ambienti cherenderanno indimenticabile Il bu-io oltre la siepe ci sono gi tutti, avolte descritti con lemedesime pa-role che torneranno nella versionedefinitiva, ma squadernati comeuna serie sconclusionata di ricordiprivati, tanto coinvolgente quantolalbum di foto di famiglia mostra-te e quasi imposte da un petulanteospite . Eppure, quegli stessi episo-di, quelle stesse strade e case, di-venteranno, dopo un processo dimaturazione tanto rapido quantoradicale, unatmosfera magica, unmondo nel quale si specchia lostesso Sud sconfitto di Faulkner,ma osservato con lo sguardo maiinfantile di tre bambini.Con tutta la loro a volte insop-

    portabile prolissit, i lunghissimi

    dialoghi farciti di citazioni incon-gruedi questo libro aiutano a svela-re il miracoloso equilibrio di ToKill a Mockingbird, quella violentarequisitoria contro la segregazioneche risparmiava i segregazionisti ene evidenziava i lati pi umana-mente apprezzabili.Nata e cresciuta in unAlabama

    che conservava ancora fresco il ri-cordo della pi feroce e sanguino-sa guerra civile della storia, la scrit-trice sapeva bene che il segregazio-nismo del Sud era dovuto, pi cheal razzismo, al rifiuto di accettarela cultura colonizzatrice dei vincito-ri. Era la difesa estrema, e da Har-per Lee pienamente condivisa,dellidentit diDixie, nazione scon-fitta e scomparsa ma non vinta.Quando le argomentazioni, che

    in questa prima stesura unamalde-stra apprendista spiattellava met-tendole in bocca a personaggi sen-za spessore, diventeranno lanimae il sangue di figure reali e vive,dunque senza pi bisogno di esse-re esplicitate, nascer un grande ro-manzo. Probabilmente, se avessedeciso di scrivere ancora, HarperLee avrebbe davvero scelto cometema il ritorno a Maycomb diScout. Avrebbe preso la met am-bientata negli anni 50 del primomanoscritto per rielaborarla comeaveva nel frattempo imparato a fa-re. Persino la materia informe pre-sentata grazie a questa cinica ope-razione editoriale basta a indicareche ne sarebbe potuto venir fuoriun grande libro sulla delusione, lanecessit di fronteggiarla e superar-la, la possibilit di trasformarla inoccasionedimaturazione e allarga-mento della comprensione. Pur-troppo Nelle Lee, in arte Harper,ha scelto di non farlo.

    di LUCA BRIASCO

    Cinquantenne, irlandese di na-scita ma di madre turca; cresciuto trail Mozambico e lIran, la Turchia elOlanda; stabilitosi prima a Londra,poi a New York, dove vive, JosephONeill ha raggiunto fama e successocon il suo terzo romanzo, Nether-land, pubblicato nel 2008, premiatocon il Pen-Faulkner Award e salutatodal severissimo James Wood comeuno dei libri post-coloniali pi note-voli che io abbia mai letto.Ambientato aNewYork allindoma-

    ni dell11 settembre,Netherland (pub-blicato in Italia da Rizzoli, con il titoloLa citt invincibile, ma sostanzial-mente ignorato da critica e lettori) forse il pi bel romanzo sulle ferite la-sciate dallattentato alle Torri Gemel-le: il ritratto toccante di una citt checerca di tener fede al proprio sogno,continua ad attrarre nuovi migranti eper si disfa proprio agli occhi di chine ha vissuto lascesa sfrenata: fraquesti, il protagonista, un agente diborsa che, insieme al luogo fisico delproprio lavoro, perde laffetto e la vici-nanza di moglie e figlio, insieme allasperanza di poter costruire, con loro,un futuro.Inevitabile che, dopo un libro cos

    toccante e profondo, sorretto da unlinguadi scintillante inventiva, la criti-ca e i lettori attendessero ONeill alvarco, pronti a cogliere qualunque

    traccia di ripetizione o di ripiegamen-to. Non c dunque da stupirsi che ilsuccessore di Netherland, The Dog,pubblicato negli Stati Uniti lo scorsoanno, sia stato accolto in modo dise-guale, dividendo i recensori tra chi loritiene degno in tutto e per tuttodellopera precedente e chi lo consi-dera un passo falso o, tuttal pi, laconferma in tono minore di un gran-de talento. Ora, The Dog arriva anchein Italia, ospitato nella bellissima col-lana di narrativa di Codice, con il tito-lo infedele Luomo di Dubai (traduzio-ne di Tommaso Pincio, pp. 288, e18,90), e merita una lettura attenta,sia da parte di chi ha intercettato Lacitt invincibile prima che finisse de-solatamente fuori stampa, sia di chiinvece si avvicini per la prima volta al-la scrittura di ONeill.Come stato notato in quasi tutti

    gli articoli che la stampa americanaha dedicato al libro, Luomo di Dubairiproduce molte delle situazioni e deitemi che avevano innervato La cittinvincibile, riprendendone anche lastruttura narrazione rigorosamentein prima persona, tono meditativo,predilezione per le pause digressive e leleganza della lingua. Proprio co-meHans van den Broek, il protagoni-sta di Netherland, anche lavvocatosenza nome al centro dellUomo diDubaiha appena affrontato unadolo-rosa separazione dalla donna, Jenn,con cui ha diviso nove anni della sua

    vita, e tenta faticosamente di riemer-gere da una lunga deriva dellanima.Come in Netherland New York occu-pava il centro della scena elevandosia vero e proprio personaggio, cos, inTheDog, Dubai viene evocata nel suofuribondo e insensato dinamismo,che ne fa la proiezione e lo specchiodei sogni e delle aspirazioni di un oc-cidente stanco e sazio di s ma anco-ra disperatamente bulimico.La trama del libro relativamente

    semplice: linnominato protagoni-sta, proprio per sfuggire alle conse-guenze di un fallimento sentimenta-le e umano, accetta un impiego co-me esecutore fiduciario e factotumdei Batros, una ricchissima famiglialibanese che ha creato un autenticoimpero e che daDubai e dintorni am-ministra buona parte dei propri benie asset. Trasferitosi da New York ne-gli Emirati, in un lussuoso grattacie-lo residenziale nel quale gli apparta-menti hanno tutti lo stessomobilio eaddirittura gli stessi libri alle pareti,il narratore trascorre il suo tempo inuna condizione di ben retribuita ser-vit: privo di qualunque potere deci-sionalema costretto a firmare e aval-lare decine di operazioni, non sem-pre comprensibili e a volte di dubbialiceit; o ancora oggetto di richiesteimprobabili, come ingaggiare can-tanti pop e rock perch si esibiscanoal compleanno o anniversario dima-trimonio di Sandro, uno dei fratelli

    Batros, o tenerne a bada il figlio mi-nore, un ragazzino viziato e affettoda devastante obesit.La servit del protagonista sembra

    trovare il proprio correlativo nel fattostesso che, ai nostri occhi di lettori,egli rimane costantemente senza no-me: di lui ci possibile conoscere so-lo lo pseudonimodietro il quale si na-sconde quando, attingendo al pro-prio invidiabile stipendio, si reca a ca-denze regolari in un albergo di lussoper usufruire dei servigi di prostitute,tutte e rigorosamente provenientidallex Unione Sovietica. Questa as-senza di identit e questa dispersionedel s e delle radici, pi che ai Batroso agli esponenti pi ricchi e altezzosidella comunit di espatriati che popo-lano grattacieli, alberghi e resort diDubai, avvicina il protagonista ad Al,limmigrato senza permesso di sog-giorno della cui collaborazione usu-fruisce a piene mani senza poterlamai regolarizzare in un contratto, eche ogni sera svanisce dalle luci dellaribalta ritraendosi nelmondodegli in-visibili e degli schiavi. E, al tempo stes-so, lo avvicina a Ted Wilson, il miste-rioso americano che, da oscuro pro-fessore universitario di storia tedesca,si trasformato in brand-setter peruna grande societ diDubai, coltivan-do al contempo una vera e propriapassione per le immersioni subac-quee; ma poi sparito nel nulla, co-me capita ai tanti che, vivendo al di

    sopra dei propri mezzi, finiscono percontrarre debiti, rischiando, in basealla legge degli Emirati, un lungoperi-odo di galera.Come si comprender da questa si-

    nossi incompleta, la forza del roman-zo non sta nella trama. Se in La cittinvincibile non mancavano scene epassaggi memorabili, Luomo di Du-bai punta tutto sulla dispersione, sul-le lunghe digressioni meditative, sul-le tante riflessioni filosofiche affidatealla inarrestabile logorrea del protago-nista. La scelta , tuttavia, del tuttoconsapevole: lo stesso ONeill, in unabella e lunga intervista pubblicata sul-laParis Review, ha dichiarato che, nel-la sua scrittura, lintreccio si manife-sta al livello della frase, e che ogni pa-ragrafo deve avere la capacit di pren-dere direzioni imprevedibili, spiaz-zando ogni volta il lettore. Come ginellaCitt invincibile,ma conuna ra-dicalit se possibile ancoramaggiore,la scrittura sembra assumere su di slo spaesamento dellIo che la produ-ce, rifiutando la facile soluzione dellanarrativit pura o del coup de thtree optando per unmoto irregolare, di-vagante, giocato tutto tra memoria,descrizione, meditazione.Sostenere che Luomo di Dubai sia

    una sorta di variazione in tonomino-re della Citt invincibile sarebbe fareun torto a ONeill, al suo coraggio, al-la consequenzialit delle sue scelte edel suo percorso di narratore. pigiusto e corretto, invece, affermareche il nuovo romanzo comincia esat-tamente dove finiva il suo magnificopredecessore, e che le analogie tra i ri-spettivi protagonisti servono amante-nere vivo e continuo il filo di una ri-flessione acuta quanto malinconicasullagonia dellOccidente, della qua-le l11 settembre stato forse solo unepifenomeno.Tra digressioni, passaggi di svagata

    comicit o esilarante pedanteria sipensi solo allemail che il protagonistasogna di scrivere ai suoi esasperantidatori di lavoro, ma che non sarannomai spedite , riflessioni illuminantisulle servit del nuovo capitalismo,Luomo di Dubai non corre mai il ri-schio di cadere nella facile satira o nelmero reportage giornalistico, grazie auna scrittura di inesauribile inventivaesaltata dalla traduzione, di TommasoPincio, davvero ammirevole.

    GERENZA

    di STEFANO GALLERANI

    Nel 1980, ventanni dopo To Kill aMockingbird (in italiano Il buio oltre lasiepe), che valse a Harper Lee il premioPulitzer del 61, il mimo, o tordoamericano, tornava a campeggiaresolitario sulla copertina di un libro dinarrativa. ConMockingbird, Walter Tevisinterrompeva un silenzio che duravadalla pubblicazione dellUomo che caddesulla terra: in mezzo, solo alcuni raccontisparsi, una dura battaglia controlalcolismo e la lotta quotidiana conquelle che, sin dallinfanzia (minata dauna malattia reumatica al cuore), loscrittore giudicava le proprieinadeguatezze umane e artistiche. Anulla o poco erano le valse le fortune(anche cinematografiche) dei suoi primidue romanzi oltre a Luomo,soprattutto Lo spaccone, del 1959, da cuifu tratto il film omonimo di RobertRossen, con Paul Newman e JackieGleason cos che negli anni settanta lavena creativa di Tevis sembrava essersiesaurita, schiacciata dal peso di troppeaspettative e molte incertezze. Pure, per

    quanto breve, proprioMockingbirdavrebbe inaugurato il suo periodo piproduttivo: nel 1981 usc lantologiaLontano da casa, lanno seguente Apochi passi dal sole e La Regina degliscacchi, mentre nel 1984 fu la volta delColore dei soldi, malinconico edisincantato sequel dello Spaccone.Pubblicato in Italia per la prima volta allavigilia della morte del suo autore dalleedizioni Nord e da Mondadori (coldubbio titolo di Futuro in trance),Mockingbird compare di nuovo nellenostre librerie pubblicato da minimumfax, che per loccasione rispolvera,aggiornata, la prima versione di RobertaRambelli: Solo il mimo canta al limitaredel bosco (con una nota di JonathanLethem, pp. 343, e 13,50). Ambientato inun distopico 2467, il romanzo unomaggio al genere fantascientifico con ilquale Tevis aveva esordito, nel 1957,sulle colonne di Galaxy Science Fictione del quale aveva gi dato prova, tradistorsioni temporali e alienazionecontemporanea, proprio in The ManWho Fell to Earth. Con questultimo, Soloil mimo condivide leffetto di ansia e

    spaesamento, ma stavolta diverso non lalieno metaforicamente laltro benslessere umano: il futuro qui immaginatocon efficace preveggenza non riservaalluomo altro che un ruolo marginalenella nuova societ controllatadallintelligenza artificiale dei robot.Nella desertificazione dei rapportipianificata dalle macchine le personesono ridotte a uno stato narcotico diprostrazione emotiva e sentimentale:vittime di un progressivo, controllatoimbarbarimento, vivono inconsapevolidi se stesse e degli altri, prive di memoriacollettiva come di ricordi personali, cosche riappropriarsi anche dei principi pielementari del vivere per loro unaimpresa tanto impervia quantopericolosa. Paradigma di questacondizione Paul Bentley, che, come lascimmia della kafkiana Relazione perunaccademia, si costruisce dal nullauna nuova identit imparando prima aleggere poi a scrivere attraverso isottotitoli di dimenticate pellicolecinematografiche di cui i robot nonsanno che fare; ed infatti proprio unodi loro, Spofforth, androide di ultimagenerazione e rettore dellUniversit diNew York, ad affidare a Bentley, ignarodelle conseguenze di un simile gesto, ilsuo primo incarico. Manmano cheprogredisce nel lavoro, Paul conosceMary Lou, le insegna i rudimenti dellalettura, va a vivere con lei e insiemeintravedono la possibilit di unesistenzafuori dai rigidi schemi individualisti easociali progettati dai robot. Tuttavia,non appena Spofforth si accorge che lacoppia sta per formare una famigliatrasgredendo il rigido programma dicontrollo delle nascite loro imposto,

    Bentley viene processato e incarcerato,mentre Mary Lou riprogrammatacome casalinga e compagna di un altroandroide. La prigione, per, non riesce ainterrompere leducazione sentimentaledi Bentley, che presto escogita un pianoper evadere, ricongiungersi a Mary Lou econ lei gettare le basi di una nuova vita(per loro e per tutti gli esseri umani); unanuova vita in cui, aiutato da Paul e MaryLou, anche Spofforth sorta di alter egodel Roy Batty di Blade Runner troverfinalmente il modo di compiere ilproprio destino con un atto estremo diautodeterminazione. Alternando registristilistici e punti di vista, Solo il mimocanta al limitare del bosco richiama,come annota Goffredo Fofinellintroduzione che apre il volume, latradizione demistificatrice degli Orwell,degli Huxley e degli Zamjatin; ma anchequella di Burgess e di Bradbury: come in1984&1985 o in Farenheit 451, appunto,lunica speranza che gli uomini hannoper scongiurare la tirannia e la dittaturadella tecnologia sta in un idealeumanistico e sociale a un tempo: unideale fatto di piccole conquiste, dubbi,sentimenti e contraddizioni le stessevissute, fronteggiate e testimoniate daWalter Tevis. Paragonato a Lo spaccone oa La Regina degli scacchi,Mockingbird sicuramente pi slegato nellaconcezione, meno sciolto e risoltonellanalisi di una situazione criticanonch nel ritratto in prospettiva deisuoi personaggi, ma una volta terminato difficile non desiderare di esseredichiarati colpevoli delle tre accusemosse a Bentley dal tribunale dei robot:Coabitazione, lettura e insegnamentodella lettura.

    Per sfuggireallamore deluso,un newyorkeseva incontroalla volontariaservit di un lavoronegli Emirati;ma la vera trama nello stile

    di DANIELA DANIELE

    Cresciuto musicalmente tra le dissonanze deiSonic Youth e dellHoboken sound dei Feelies e diYo La Tengo (sulle cui note compose il romanzodesordio, Garden City), Rick Moody per anni haabbracciato la proverbiale marginalit degli scrittoridel New Jersey senza avere, per, nulla da invidiareai cugini newyorkesi. Fu una vera sorpresa, nelladevastazione psichica e materiale del dopo-undicisettembre, assistere al suo esordio musicale con ungruppo folk dal gusto decisamente antiquario. Quelrepertorio popolare non scevro di derive spiritualisteche, come riconobbe lo scrittore, in molti farannofatica ad apprezzare, pareva abiurare lo stile cool epost-punk a cui ci aveva abituati, essendo apparso,nel 1997, molto a suo agio tra gli altrimusicisti/scrittori del Lower East Side, coinvolti daSteve Buscemi nel suo video-remake di Vicious, conla complicit di Maggie Estep e di un sornione LouReed. Accanto ai suoi bei romanzi di ordinariedisfunzioni familiari, di Moody oggi possibileleggere anche gli scritti musicali, editi con il titoloMusica celestiale da Bompiani (traduzione di LiciaVighi, p. 414, e 20,00). Nelle cadenze del flusso

    discorsivo ininterrotto che abbiamo sempreapprezzato, questo libro raccoglie avventuredascolto, in cui trovano uno spazio accogliente, insalsa indie, anche le elegie evangeliche deiDanielson Famile, un gruppo del New Jersey, trabizzarrie corali e travestimenti posticci, chesmaschera i paradossi delle seduzioni spiritualistetornate in auge nellera del terrore. Tracamuffamenti e falsetti, questo folk revivalcontinuamente deformato dalle distorsioni newwave, una commistione di sacro e profano (un poB52, un po sorelle Roches), che bene illustra laforma hipster impressa daMoody alla suaricognizione, capace di trovare una dimensionecelestiale proprio in virt della naturale grazia concui riesce a navigare nelle acque massimaliste dellapynchoniana tolleranza. Situandosi, assieme ad altrimusicisti/scrittori, nellalveo di uno sperimentalismonovecentesco insieme metrico e sonico che,partendo da Samuel Beckett e da James Joyce arrivafino alle propaggini newyorkesi di Lydia Davis edella stessa Estep, Moody mette in gioco uncomplesso bagaglio di collaborazioni intermediali,fino a convergere in una compilationsemi-autobiografica, in grado di spaziare dalla

    fierezza del be-bop di Miles Davis allerotismo rockdelle controculture degli anni sessanta, dal punkallucinato degli anni settanta allinsuperataconsonanza prodotta, nel vuoto ideologico deglianni ottanta, del fake jazz dei Lounge Lizards(Bisogna amarsi molto per suonare cos, scrisseJohn Lurie). Al ricordo di questi ensemble, Moodyaggiunge un salto ancestrale nellIrlanda della madrepianista e la cronaca di un magico duettododecafonico conMeredith Monk, tradotto nelleacrobatiche coreografie della new dance. Il suoviaggio informale ma informatissimo attraverso learti musicali si carica di inediti retroscena e diarguzie retrospettive degne di Grace Paley, in cuinonmancano colte riflessioni sullo slang cheinevitabilmente si associa a tutti questi stili dimusica e di vita alternativi. Moody divaga abilmentein questo percorso affettivo nella memoria musicale,seguendo cadenze imprevedibili e jazzate. Nel suoattraversamento sonoro di New York e dintorni,musica e scrittura vengono assimilate comefenomeni uditivi che, nella dimensione pubblicadei reading e dei concerti, hanno limportantefunzione sociale di farci uscire di casa anche quandoil globo pare finito in convulsioni.

    ONEILLHarper Lee, foto Life/Getty

    WALTER TEVIS SOLO IL MIMO CANTA AL LIMITARE DEL BOSCO

    Una distopia ambientatanellera dei robot

    HARPER LEE

    RICKMOODY

    Musicacelestiale,una compilationaffettivatra be-bop,punk, fake jazz

    LUOMO DI DUBAI, ULTIMO ROMANZO DI JOSEPH ONEILL, DA CODICEDubai vista dallalto

    In copertina di Alias-D:sopra, foto di Luigi Ghirrida Atlante, Modena,1973; in basso,Christoph Ransmayrnel 1981 ritratto da DidiSattmann

    ESCE DA FELTRINELLI VA, METTI UNA SENTINELLA

    Spacciatocome il seguitodel capolavoroprecedente,il romanzodella scrittricedellAlabamane , in realt,la prima versionefallimentare

    Ondivaga narrazionedi uno spaesamento

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  • (4) ALIAS DOMENICA29 NOVEMBRE 2015

    di VALENTINA PARISI

    Forse il titolo pi adatto allulti-mo romanzo di Klaus Modick po-trebbe essere Settantadue ore nellavita di un pittore, se non fosse gigravato da quello assai contorto diConcerto di una sera destate senzapoeta (traduzionedi RiccardoCrave-ro, Neri Pozza, pp. 188, e 16,00): puressendo decisamente intricata, la lo-cuzione riflette tuttavia alla perfezio-ne lekfrasis complessa e lancor pitravagliata genesi del quadro omoni-mo di Heinrich Vogeler Concerto oSerata estiva, scelto daModick comespecchio bench reticente delleaggrovigliate geometrie amorose cre-atesi ai primi delNovecento allinter-no del cenacolo artistico di Worp-swede, grazie anche allinatteso ap-porto fornito da un ospite deccezio-ne come Rainer Maria Rilke.Per ricostruire i contorni di questa

    esperienza umana e creativa, tra lepi originali della belle poque tede-sca, lautore si affida in egual misuraai diari del poeta e ai ricordi del pitto-re, tessendo il proprio intreccio intor-no alle tre giornate comprese tra il 7e il 9 giugno del 1905, allorch Voge-ler,maestro riconosciuto dello Jugen-dstil, si appresta a lasciare la sua pre-diletta dimora di Worpswede, ilBarkenhoff, per recarsi via Brema aOldenburg, dove ricever la Granmedaglia doro per larte e la scienzadalle mani del locale granduca.Una consacrazione apparente-

    mente definitiva per il pittore che, inrealt, coincide conuna profondissi-ma crisi dispirazione: il matrimoniodi Vogeler con lexmusaMartha or-mai finito, laffinit spirituale conRi-lke, proclamata in maniera troppofrettolosa si trasformata in rigidacortesia e non resta pi niente deigiorni felici in cuiWorpswede, da re-moto villaggio sprofondato nelle pa-ludi, era diventato, dun tratto, cro-giolo di anime elette dedite allarte.Lo sta a testimoniare lo stesso Con-certo, quel quadro riuscito cos com-piutamente male, dove i compo-nenti del cenacolo gli artisti OttoModersohn, Clara Westhoff e PaulaModersohn-Becker sono dispostinel giardino del Barkenhoff intornoalla figura assente del poeta Rilke,cancellata da Vogeler in un impetodi stizza. La mestizia dei loro voltiinsistentemente ritoccati, la fissitdei loro sguardi dolenti sembranoalludere, pur nel loro mutismo, aun fallimento comune. Cos, il per-sonaggio certamente pi a suo agionello spazio claustrofobico della te-la il levriero Karla, ritratta in pri-mopiano sulla scalinata ai piedi del-la padrona Martha.Eppure, lutopia agreste di Worp-

    swede esistita davvero, e le paginepi riuscite del romanzo sono quellein cuiModick, grazie a una vertigino-sa successione di analessi, riesce at-traverso le riflessioni malinconichedi Vogeler a illuminare le motivazio-ni ideali della fuga dalla citt com-piuta dal protagonista e dai suoi ami-ci negli ultimi anni del XIX secolo.Andarsene da Brema per rifugiarsinel Teufelsmoor, la palude del Dia-volo situata a nord-est della citt an-seatica, significava innanzitutto rifiu-tare lasfitticamentalit della borghe-sia mercantile dedita allimportazio-ne di beni coloniali, e ricercare nuo-

    ve forme di confronto sia con laltrosesso, sia con la locale popolazionecontadina. Una scelta che, in termi-ni pittorici, si traduceva nel rifiutodella sensibilit Biedermeier e deisuoi soffocanti interni domestici,per precipitarsi allaperto a raffigura-re eteree fanciulle in ampie tuniche,libere dalla costrizione di lacci e cor-setti, se non addirittura nude, sullo

    sfondo di verdi betulle e lividi tra-monti nordici.Difficile che una simile estetica

    non degenerasse da l a breve in unestenuato decorativismo, e infattiben presto Vogeler si ritrover aconfrontare, deluso, le sue composi-zioni stilizzate peraltro assai ap-prezzate dai collezionisti borghesidi turno con lirruenza informe e

    sublime della natura.C cos tanto che non stato di-

    pinto, forse tutto, sempre pi insi-stente risuona al suo orecchio lam-monimento dellex amico Rilke, chedopo aver fatto scandalo aWorpswe-de con la sua camicia contadina rus-sa e le sue relazioni amorose con leartiste Clara Westhoff e Paula Bec-ker, si dileguato a caccia di nuovi

    stimoli creativi. Di l a breve sar lostesso Vogeler a riprendere inaspet-tatamente la ricerca, sempre menodisposto a essere un artista come lodesideravano la nobilt e la borghe-sia che pagava e collezionava larte.Peccato che la narrazione pur prege-vole diModick si arresti alla soglia diquesta rinascita, cio quando Voge-ler tenta invano di ricomprare dalmecenateRoselius la tela delConcer-to per distruggerla.Un senso crescente di insoddisfa-

    zione condurr in seguito il pittorea Ceylon dove rester colpito dal-la spietatezza dello sfruttamento co-loniale e poi nella Russia bolscevi-ca, in cui intraprender una nuovastrada di artista impegnato, fino al-lamorte avvenuta nel 1942, dopo es-sere stato deportato in quanto tede-sco in Kazachstan. Tappe questeche restano fuori dallorizzonte diModick, cui resta tuttavia il meritodi aver recuperato una delle figurepi inquiete e affascinanti del Nove-cento germanico.

    MEELIS FRIEDENTHAL LE API, DA IPERBOREA

    Melanconie secenteschedi uno studente di Tartu

    di ANDREA BAJANI

    In Autoritratto di un altro(Crocetti 1998, traduzione di FulvioFerrari) Cees Nooteboom avevascritto: La trasmigrazione delle ani-me non avviene dopo, ma durantela vita. Quelle parole eranouna di-chiarazione di poetica, ancillari eseduttivenellaccompagnare il lavo-ro dellallora sessantacinquennescrittore olandese, gi a quei tempitra gli autori imprescindibili di unsecolo. Dicevano del suo indefessoviaggiare e della ricerca di formesempre nuove in cui, come ognigrande scrittore, provava a costrin-gere linforme di un caos sfuggen-te: dallafflato lirico dellesordio,nel 1955, con Philip e gli altriallumorismo del saggio su Cervan-tes Verso Santiago a Le montagnedei paesi bassi, (disponibili da Iper-borea nelle traduzioni di Fulvio Fer-rari e David Santoro). Dicevano,quelle parole, che ogni libro ilmondo che rinasce, il vagito e il ten-tativo di mettere a fuoco le cose, difarle assomigliare a unipotesi, perpoi sempre, alla fine smentirla,dichiararla fallita, e dover ricomin-ciare a raccontare.A furia di trasmigrare Noote-

    boom ha dato del filo da torcere aicritici che cercavano parentele, haseminato gli etichettatori che lo rin-correvano con un cartellino da ap-pendere al vestito. Sopra cera scrit-to Nabokov, Borges, Calvino, loscrittore metafisico, ma anche ilsuo contrario: il viaggiatore, il croni-sta del presente, la memoria dEu-ropa, il testimone degli snodi di unsecolo, Budapest 56, Berlino 1989.Sono state cos tante le vite diNo-

    oteboom che Rdiger Safransky hadeciso a un certo punto di racco-glierne scampoli in forma diestratti e di citazioni dentro ununico affascinante volume, Avevomille vite e neho preso una sola (tra-duzione di Marco Agosta e FulvioFerrari). A leggerlo, se ne ricava

    limpressione non solo di maneg-giare in un unico impasto densit eironia, saggezza e navet, ma so-prattutto di avere tra le mani la te-stimonianza non di un uomo, madi unintera comunit. prima di tutto la storia di una

    comunit quella che Cees Noote-boomracconta ora in Tumbas Tom-be di poeti e pensatori (traduzionedi Fulvio Ferrari, Iperborea, pp.375, e 20,00) libro ancora una voltaanomalo, in cui lautore di Ritualiraccoglie ottantatre omaggi a altret-tanti autori, ottantare raccoglimen-ti di fronte allultima dimora, quel-la in cui peraltro, nella beffa finale,lautore non c pi. Chi giace nel-la tomba di un poeta?, si chiedeNooteboom nellintroduzione al li-bro. In ogni casonon il poeta, que-sto sicuro. Il poeta morto, altri-menti non avrebbe una tomba. Machi morto non si trova pi da nes-suna parte, nemmeno nella pro-pria tomba. Le tombe sono ambi-gue: custodiscono qualcosa e noncustodiscono niente. Nellennesi-ma contraddizione che fa grande loscrittore olandese c insieme il ra-zionalismo e lincerta ambiguit(custodiscono qualcosa e non cu-stodiscono niente) di una sorta diculto laico. Di uninterrogazione, infin dei conti, nellevidenza di undialogo ininterrotto e inininterrom-pibile. Perch dentro la trasmigra-zione delle anime di cui parlava inAutoritratto di un altro, cera a benvedere uno spiraglio: non certo lamano tesa alla telogia ma qualcosadi simile a uno spiffero, il pensierodella morte che soffia sulle cavigliedei vivi, che li fa raccogliere fetaliogni notte sotto le coperte.Da Auden sepolto a Kirchstet-

    ten, in Austria, alla Sligo di Wil-liamButler Yeats in rigoroso ordi-ne alfabetico passando per Bor-ges, Canetti, Eliot, Melville, Valry,Wittgenstein, quella che prendeforma sotto gli occhi di chi legge insieme una comunit utopica,

    una bilblioteca ideale, e anche unagrande autobiografia compilata an-no dopo anno da Nooteboom, du-rante i suoi viaggi.Al tempo stesso la testimonian-

    za di un meraviglioso, ancorchestenuante, scacco continuo: perquanto il mondo sia per certi versisempre lo stesso, ogni tentativo diraccontarlo ogni tomba contie-

    ne un fallimento, e la somma deifallimenti ci che tiene vivo chicerca di confezionare, scrivendo, ilproprio personalissimo e vano ten-tativo. Tumbas , infine, una cittideale in forma di cimitero. Idealesoprattutto per chi la disegna, dalmomento che non scontato ilpensiero fa sorridere che Kafka sela intenderebbe conCalvino oDan-

    te con Neruda e Vallejo con Keats.Ma quello di Nooteboom an-

    che un libro di lapidi, Tumbas, im-mortalate dagli scatti di SimoneSassen, sua fotografa e compagnadi vita. Il libro la testimonianzaanche di quella complicit, anchelautobiografia di una coppia. Imar-mi sepolcrali stanno l, come porteestreme, con sopra scritti i nomi de-gli autori, incisi nella pietra comeformule magiche da recitare. Quel-le formule sono per certi versi an-che il senso del viaggio: raggiunge-re il sepolcro, completare il nome easpettare che si compia la magia diunopera che si dischiude.In fondo, a vederle tra le pagine

    di questo volume gi diventato diculto (loriginale del 2007), questeporte estremenon sembrano acces-si al mondo dei morti. Al contrario,sembra siano porte di fronte a cuiNooteboomha pronunciato la for-mula magica perch si spalancas-sero verso i vivi, perch le opere, li-berate, tornassero a volare nel

    mondo. Per questo i lettori si rac-colgono, sembra dire Nooteboom,di fronte alle tombe degli scrittoriche hanno amato cos profonda-mente. Bernhard seppellito insie-me alla zia, Chateaubriand sottouna croce in pietra senza nome,Walter Benjamin fuggitivo e solonel cimitero di Portbou, FranzKafka allombra di HermannKafka anche dopo il 1924, Brodskije Pound concittadini nel cimiteroveneziano di SanMichele, Melvillefinito in una tomba semplice,quasi povera, la sepoltura di unautore dimenticato al momentodella morte. Ciascuno dei loro se-polcri, visitati dai tanti o pochi pel-legrini, libera unopera che stavachiusa, sclerotizzata dentromemo-rie e biografie. Rendere visita allatomba di un poeta scrive Noote-boom un pellegrinaggio allesue opera complete. E anche que-sto un paradosso, perch per ave-re accesso alle opere non c biso-gno di andare sulla sua tomba.Infine gli epitaffi. Nooteboom

    correda le foto di Simone Sassencon notazioni personali. A volte so-no dei piccoli reportages di viaggio,come nel caso di Auden; altre voltesono commoventi digressioni (tratutte la pi struggente quella cheaccompagna la tomba animisticadi Cortzar, con due pagine dedi-cate in realt alla morte della mo-glie dellautore di Rayuela, CarolDunlop), altre ancora citazioni delpoeta o pensatore l sepolto, utiliz-zate alla stregua di epitaffi. inqueste compilazioni discrete,quando Nooteboom intenzional-mente resta in disparte, che si pale-sa qualcosa di fondamentale.Mon-tale, Hoffmann, Brodskij, Pound,Wallace Stevens: quasi tutti sem-brano aver composto in vita le pa-role del proprio congedo, sembra-no aver meditato, ruminandone ilsenso e il modo, la propria uscitadi scena. C chi lha fatto a un pas-so dalla soglia (Benjamin: In unasituazione senza uscita, non ho al-tra scelta che farla finita. Lamia vi-ta si conclude in un piccolo paesedei Pirenei dove non mi conoscenessuno... Non mi resta abbastan-za tempo per scrivere tutte le lette-re che avrei voluto scrivere), chilha composto e incastonato den-tro lopera (Eliot: Nel mio princi-pio la mia fine, dai Quartetti).Certo che a leggerli sembra evi-

    dente come scrivere sia stato pertutti, e non solo per Nooteboom,una trasmigrazione fatta in vita,ovvero parole calate in fondo almi-stero per vedere se si sarebbero sal-vate almeno loro. Le opere dei poe-ti e dei pensatori, sembra direNoo-teboom, non sono altro che provedi morte, prove generali di evacua-zione, accompagnatrici di uominie donne spaventati quanto e forsepi di tutti dallidea di sparire. tut-to vano, perch di tante parole neresteranno due, e saranno il nomee il cognome incisi nella pietra. Eniente vano, perch baster pro-nunciarli per aprire la cassaforteche contiene tutte le altre. Quelleparole sono il nostro tesoro e il no-stro inganno.

    CONCERTO DI UNA SERA DESTATE SENZA POETA DI KLAUS MODICK PER NERI POZZA

    NOOTEBOOM

    di MARIA PELLEGRINI

    A Chiavari nel 1997 si tenne unconvegno per il bimillenario della nascita diSeneca e il sindaco si stup che potesseancora interessare unanticaglia come ilfilosofo di Cordova. Lo riferisce in una notadella nuova traduzione del De tranquillitateanimi il curatore Stefano Costa (La VitaFelice, pp. 230, e 12,50). Allingrataespressione di quel sindaco si contrapposeun rinnovato interesse per Seneca, attestatodal moltiplicarsi di iniziative e articoli edalla riproposta delle opere, che hannoconquistato via via nuovi lettori attrattidalla sua saggezza disincantata e dallasuggestione del suo discorso sugli uomini,creature deboli, vittime di continueillusioni e impulsi irrazionali, afflitte dapassioni e ambizioni che tormentano glioscuri labirinti della coscienza alla ricercadi un equilibrio interiore. Nel dialogoDe

    tranquillitate animi Seneca affronta conSereno, giovane amico iniziato allostoicismo, il tema dellinquietudine, deltaedium vitae, della ricerca di felicit cheognuno crede di trovare impegnandosi inogni genere di attivit, in fuga dalle proprieinsicurezze ma poi si ritrae nauseato escontento di s e desidera la solitudine. Ilfilosofo, esperto medico dellanima, esortaa vivere in serena operosit senza escluderemomenti di meditazione introspettiva,durante i quali osservare con distacco eserenit gli eventi. In sintesi, la tranquillitdellanimo frutto dellequilibrio tra la vitaattiva e quella meditativa. Fondendoelementi democritei e stoici Senecariassume cos il senso che per lui acquistala parola tranquillitas: rimanere in unacondizione pacifica non esaltandosi mai, nscoraggiandosi. Esiste una sola via perraggiungerla, ed quella che si percorrefrenando le passioni sconvolgenti,

    portando ordine nel proprio animomediante la ragione. La nobilt delluomosi mostra proprio nella lotta continuacontro gli allettamenti esterni, senza cederea essi. Ne consegue anche lidea che la virtnon sia innata, ma frutto di una conquistaprogressiva. Nella presente edizione le notedi commento, estrapolate di fatto dainumerosi saggi che il filologo Alberto Grilliaveva dedicato a questo testo, predilettoper la sua profonda introspezione, lontanada semplici stereotipi moralistici,forniscono informazioni di caratterefilosofico e linguistico e aiutano cos illettore a osservare, per esempio, lattentaelaborazione del periodo senecano conlaccostamento di termini in gradazionecrescente, o ad apprezzare lintensit dicerti tocchi stilici, o a meditare sulsignificato da dare a taedium e displicentiasui (noia e disgusto di s che assalgonochi vive unesistenza vuota di significato:

    tema di ascendenza diatribica), o a prestareattenzione allutilizzo delle metaforepresenti nellopera. Il cammino verso lasaggezza configurato come via imperviacon continue deviazioni e oscillazionirispetto al retto cammino, e quella piricorrente della navigazione: lo stato diSereno simile a quello del tremolio delmare, egli ondeggia incerto senza trovarecalma, pur in vista della terraferma.La traduzione, che Costa con modestia

    definisce di servizio, molto vicina altesto latino senza cancellarne lacomplessit e specificit: le frasi concise eincalzanti, laccavallarsi di termini simili oantiteci, la vivacit e rapidit di passaggi daargomento ad argomento. Tuttavia sempre azzardato dare un giudizio sullaversione di un testo, tenendo a mente ciche scrisse Leopardi, raffinato traduttore diclassici: Del modo di ben tradurre ne parlapi a lungo chi traduce men bene.

    CLASSICI

    La tranquillitasdi Seneca,via dalle passionimescolandovita attivae introspezione

    OTTANTARE OMAGGI A POETI E FILOSOFI: TUMBAS DI CEES NOOTEBOOM

    di LUCA SCARLINI

    Oppositore, da posizioni con-servatrici, del regimenazista, depor-tato a Buchenwald per la sua visibili-t pubblica quando sostenne ilmini-stro luterano Martin Niemller, chesi era opposto fortemente alla aria-nizzazione della chiesa tedesca rifiu-tando di sottostare alle richieste delregime, Ernst Wiechert fu un testi-mone del suo tempo. Quando eraancora alluniversit si era espressochiaramente, a fianco degli studen-ti, contro il nuovo corso, e da tempoera sotto locchio della polizia. Il go-verno gli inflisse una pena severa:quattromesi, tra carcere e campo diconcentramento; in seguito vennetenuto sotto stretta sorveglianza, fi-no al 1945, e la sua opera fu sottopo-sta a limitazioni e censure preventi-ve. Gli era permesso di pubblicare,dopo visione da parte del ministerodella Propaganda, solo se non tratta-va, nemmeno vagamente di questio-ni politiche.Al suo ritorno si occup di temi

    connessi alla natura, godendo di unseguito di lettori, che facevano circo-lare i suoi testi, tra canali autorizzatie clandestini. Della sua tremendaesperienza di detenzione raccontain quello che forse il suo libro pifamoso, La selva dei morti che oraopportunamente Skira riproponenella antica versione di LaviniaMaz-zucchetti (pp. 119, e 14,00), a tre an-ni di distanza dalla riproposta, pres-so Ancora, di Missa sine Nomine.Wiechert scrisse il testo nel 1939 e loseppell in una scatola di metallonel suo giardino; solo nel 1946 fustampato in Svizzera, dove lo scritto-re decise di vivere gli ultimi anni del-la sua esistenza.In Italia, dove era stata molto ap-

    prezzata la sua commossa Novellapastorale, uscita nellamagnifica ver-sione di Massimo Mila, il libro arri-v quasi subito, nel 1947, nella colla-na Medusa Mondadori. Lautore sipresenta in terza persona con il no-medi Johannes, per raccontare quel-lo che, nella nota introduttiva, defi-nisce unpreludio alla grande Sinfo-nia della Morte, che sar scritta ungiorno, da chi ne sar pi degno. Ilcampo, luogo di enigmi e orrori,in cui molti cercano di darsi la mor-te per uscire da unamiserabile con-dizione di esistenza, anche luogodi incontri memorabili. Lo scrittore,che assume il nome di Johannes, in-contra persone che lo aiutano acomprendere le micidiali regole delluogo. Wiechert ha sempre comepunto di riferimento, nella descrizio-ne delle dinamiche dellorrore, lasua fede cattolica, che sostanzia unavisione da Inferno dantesco.Le punizioni, la morte sono inflit-

    ti con demoniaca capricciosit,mente il lavoro aumenta in modoesponenziale, e lo scrittore si trovainadatto a compierlo, fragile, espo-sto apunizioni continue. A sostener-lo, oltre alla religione, il profondoconvincimento che il regime nazi-sta, per la sua stessa natura, desti-nato a scomparire rapidamente, per-ch scrive non esiste civilt chesi possa costruire sul sangue uma-no. Si possono erigere sul sangue esulla violenza degli Stati, ma gli statifurono sempre cartelli di carte per ilvento delleternit.

    ERNST WIECHERT

    BuchenwaldovveroLa selvadei morti:un resocontodatato 1939

    di INGRID BASSO

    I giorni trascorrono come le nuvolenel cielo, che errano intrecciandosi unaallaltra, senza significato alcuno. Maallimprovviso le cose appaiono collegatetra loro, non sono pi eventi isolati. Lenuvole hanno assunto la forma di animali,di uccelli, tutto ha un significato, uncontenuto. Uno scopo. La forma lachiave di tutto: secondo Aristotele lanima appunto forma del corpo, e LaurentiusHylas il protagonista del romanzo Le apidello scrittore estone Meelis Friedenthal(traduzione e postfazione di DanieleMonticelli, Iperborea, pp. 276, e 16,50) un aristotelico. Un aristotelicocontrocorrente, dal momento cheluniversit di Tartu, dove da poco studente lEstonia ancora sotto ilglorioso dominio svedese alla fine delSeicento un importante e modernissimocrocevia culturale e linguistico: il rettore, ilmatematico Sven Dimberg, vi insegna lateoria newtoniana ancor prima che essa sidiffonda in Inghilterra (come spiega condovizia di dettagli Daniele Monticelli nellapostfazione al romanzo). MeelisFriedenthal, da teologo e attento studiososecentista, in grado di penetrare conpasso sicuro latmosfera culturale

    dellultimo decennio del secolo,tratteggiando con successo la figura di ungiovane intellettuale combattuto tra latradizione e il meccanicismo della scienzanuova. La storia di Hylas ha la durataesatta di una settimana, la settimana chesegue al suo arrivo a Tartu allindomanidellabbandono delluniversit di Leida.Sono giorni di pioggia ininterrotta in cui ilticchettio delle gocce dacqua fa da bassocontinuo allo scorrere onirico di immaginisfumate, quasi acquee appunto e dunquesenza forma. Cos appare la vita almelanconico Hylas, che porta il nome non sar casuale del giovane di cui lamitologia racconta che il corporeo Eraclesi inamor, ma che mor proprio perannegamento, rapito dalle Ninfe. Anche lavita di Laurentius Hylas vissuta su unariva, sul bordo di un abisso acqueo chesepara il significato dal non-senso, laforma dalla materia bruta. Lacqua non hamemoria, scriveva Conrad, ma lamancanza di memoria implicalimpossibilit di costruire una storia, che fatta di collegamenti significativi e diintenzionalit, intrinseca se non agli eventialmeno allintelletto di chi li determina.Hylas quindi alla ricerca di un senso, perpotersi liberare di quel sapore di marcioche gli infesta le narici, insegue uno scopo

    capace di liberarlo dallumor nero che loperseguita, ovvero di liberarlo da quellamorte per acqua che come ricordavaElliot non permette, forse, resurrezione.Il crinale su cui si muove Hylas anche illimite che separa il corporeo dallospirituale, la materia dalla forma, neltentativo di vedere dove finisce uno e dovecomincia laltro (la cartesiana ghiandolapineale, possibile luogo dincontro dicorpo e spirito), o meglio dove luno siintravede nellaltro, perch la vista diceAristotele in senso metaforico lanimadellocchio: locchio non altro che lamateria della vista. Se eliminiamo la vista,locchio non pi occhio. Non a casoHylas si sta dedicando alla stesura di untrattato sullanima, nel quale si chiede sela vita delluomo non sia forse quel fiatoche si muove dentro e fuori di noi, quellostesso umore che fa sfrigolare i rami vivinel camino: Lanima viene fuori ed esceda noi continuamente, come il fiato, comele api dallalveare... E allimprovviso se neva, proprio come le api abbandonanolalveare, in un giorno caldo, dirigendosi insciame chiss dove. Cos la morte,sembra concludere Hylas, non ancora lafine di tutto, perch forse ... solo unerrore, un intralcio gratuito in unpercorso che dovrebbe condurre a unameta precisa, dal momento che ogni cosasi dirige verso la sua destinazione finale.Ma qual la destinazione degli esseriumani? La domanda attanaglia il giovanestudente con linsistenza che ha losguardo di una triste compagna dagliocchi scuri, la definizione cheShakespeare d della melancolia. E forsenon un caso se soltanto il teatro ingrado di distogliere Laurentius dal suoumor nero, perch al contrario di quantoavviene nella vita, nel teatro secentescoogni storia ha termine soltanto quando realmente compiuta.

    Tra diari di Rilkee ricordi di Vogeler,la ricostruzioneromanzescadi una esperienzaartisticatra le pi originalidella belle poquetedesca

    Una comunit utopica,una biblioteca ideale,una autobiografia: i commiatidello scrittore olandese da Auden,Borges, Yeats,Wittgenstein...

    Geometrie amorosenel cenacolo artisticodi Worpswede

    Between Eternity and Geniuscide,1994, installazione di Braco Dimitrjevic,Vienna, Liechtenstein Palace, 94

    Nei cimiteri idealirisorgono le opere

    MODICKHeinrich Vogeler,Sehnsucht (Trumerei), circa 1900

  • (5)ALIAS DOMENICA29 NOVEMBRE 2015

    di VALENTINA PARISI

    Forse il titolo pi adatto allulti-mo romanzo di Klaus Modick po-trebbe essere Settantadue ore nellavita di un pittore, se non fosse gigravato da quello assai contorto diConcerto di una sera destate senzapoeta (traduzionedi RiccardoCrave-ro, Neri Pozza, pp. 188, e 16,00): puressendo decisamente intricata, la lo-cuzione riflette tuttavia alla perfezio-ne lekfrasis complessa e lancor pitravagliata genesi del quadro omoni-mo di Heinrich Vogeler Concerto oSerata estiva, scelto daModick comespecchio bench reticente delleaggrovigliate geometrie amorose cre-atesi ai primi delNovecento allinter-no del cenacolo artistico di Worp-swede, grazie anche allinatteso ap-porto fornito da un ospite deccezio-ne come Rainer Maria Rilke.Per ricostruire i contorni di questa

    esperienza umana e creativa, tra lepi originali della belle poque tede-sca, lautore si affida in egual misuraai diari del poeta e ai ricordi del pitto-re, tessendo il proprio intreccio intor-no alle tre giornate comprese tra il 7e il 9 giugno del 1905, allorch Voge-ler,maestro riconosciuto dello Jugen-dstil, si appresta a lasciare la sua pre-diletta dimora di Worpswede, ilBarkenhoff, per recarsi via Brema aOldenburg, dove ricever la Granmedaglia doro per larte e la scienzadalle mani del locale granduca.Una consacrazione apparente-

    mente definitiva per il pittore che, inrealt, coincide conuna profondissi-ma crisi dispirazione: il matrimoniodi Vogeler con lexmusaMartha or-mai finito, laffinit spirituale conRi-lke, proclamata in maniera troppofrettolosa si trasformata in rigidacortesia e non resta pi niente deigiorni felici in cuiWorpswede, da re-moto villaggio sprofondato nelle pa-ludi, era diventato, dun tratto, cro-giolo di anime elette dedite allarte.Lo sta a testimoniare lo stesso Con-certo, quel quadro riuscito cos com-piutamente male, dove i compo-nenti del cenacolo gli artisti OttoModersohn, Clara Westhoff e PaulaModersohn-Becker sono dispostinel giardino del Barkenhoff intornoalla figura assente del poeta Rilke,cancellata da Vogeler in un impetodi stizza. La mestizia dei loro voltiinsistentemente ritoccati, la fissitdei loro sguardi dolenti sembranoalludere, pur nel loro mutismo, aun fallimento comune. Cos, il per-sonaggio certamente pi a suo agionello spazio claustrofobico della te-la il levriero Karla, ritratta in pri-mopiano sulla scalinata ai piedi del-la padrona Martha.Eppure, lutopia agreste di Worp-

    swede esistita davvero, e le paginepi riuscite del romanzo sono quellein cuiModick, grazie a una vertigino-sa successione di analessi, riesce at-traverso le riflessioni malinconichedi Vogeler a illuminare le motivazio-ni ideali della fuga dalla citt com-piuta dal protagonista e dai suoi ami-ci negli ultimi anni del XIX secolo.Andarsene da Brema per rifugiarsinel Teufelsmoor, la palude del Dia-volo situata a nord-est della citt an-seatica, significava innanzitutto rifiu-tare lasfitticamentalit della borghe-sia mercantile dedita allimportazio-ne di beni coloniali, e ricercare nuo-

    ve forme di confronto sia con laltrosesso, sia con la locale popolazionecontadina. Una scelta che, in termi-ni pittorici, si traduceva nel rifiutodella sensibilit Biedermeier e deisuoi soffocanti interni domestici,per precipitarsi allaperto a raffigura-re eteree fanciulle in ampie tuniche,libere dalla costrizione di lacci e cor-setti, se non addirittura nude, sullo

    sfondo di verdi betulle e lividi tra-monti nordici.Difficile che una simile estetica

    non degenerasse da l a breve in unestenuato decorativismo, e infattiben presto Vogeler si ritrover aconfrontare, deluso, le sue composi-zioni stilizzate peraltro assai ap-prezzate dai collezionisti borghesidi turno con lirruenza informe e

    sublime della natura.C cos tanto che non stato di-

    pinto, forse tutto, sempre pi insi-stente risuona al suo orecchio lam-monimento dellex amico Rilke, chedopo aver fatto scandalo aWorpswe-de con la sua camicia contadina rus-sa e le sue relazioni amorose con leartiste Clara Westhoff e Paula Bec-ker, si dileguato a caccia di nuovi

    stimoli creativi. Di l a breve sar lostesso Vogeler a riprendere inaspet-tatamente la ricerca, sempre menodisposto a essere un artista come lodesideravano la nobilt e la borghe-sia che pagava e collezionava larte.Peccato che la narrazione pur prege-vole diModick si arresti alla soglia diquesta rinascita, cio quando Voge-ler tenta invano di ricomprare dalmecenateRoselius la tela delConcer-to per distruggerla.Un senso crescente di insoddisfa-

    zione condurr in seguito il pittorea Ceylon dove rester colpito dal-la spietatezza dello sfruttamento co-loniale e poi nella Russia bolscevi-ca, in cui intraprender una nuovastrada di artista impegnato, fino al-lamorte avvenuta nel 1942, dopo es-sere stato deportato in quanto tede-sco in Kazachstan. Tappe questeche restano fuori dallorizzonte diModick, cui resta tuttavia il meritodi aver recuperato una delle figurepi inquiete e affascinanti del Nove-cento germanico.

    MEELIS FRIEDENTHAL LE API, DA IPERBOREA

    Melanconie secenteschedi uno studente di Tartu

    di ANDREA BAJANI

    In Autoritratto di un altro(Crocetti 1998, traduzione di FulvioFerrari) Cees Nooteboom avevascritto: La trasmigrazione delle ani-me non avviene dopo, ma durantela vita. Quelle parole eranouna di-chiarazione di poetica, ancillari eseduttivenellaccompagnare il lavo-ro dellallora sessantacinquennescrittore olandese, gi a quei tempitra gli autori imprescindibili di unsecolo. Dicevano del suo indefessoviaggiare e della ricerca di formesempre nuove in cui, come ognigrande scrittore, provava a costrin-gere linforme di un caos sfuggen-te: dallafflato lirico dellesordio,nel 1955, con Philip e gli altriallumorismo del saggio su Cervan-tes Verso Santiago a Le montagnedei paesi bassi, (disponibili da Iper-borea nelle traduzioni di Fulvio Fer-rari e David Santoro). Dicevano,quelle parole, che ogni libro ilmondo che rinasce, il vagito e il ten-tativo di mettere a fuoco le cose, difarle assomigliare a unipotesi, perpoi sempre, alla fine smentirla,dichiararla fallita, e dover ricomin-ciare a raccontare.A furia di trasmigrare Noote-

    boom ha dato del filo da torcere aicritici che cercavano parentele, haseminato gli etichettatori che lo rin-correvano con un cartellino da ap-pendere al vestito. Sopra cera scrit-to Nabokov, Borges, Calvino, loscrittore metafisico, ma anche ilsuo contrario: il viaggiatore, il croni-sta del presente, la memoria dEu-ropa, il testimone degli snodi di unsecolo, Budapest 56, Berlino 1989.Sono state cos tante le vite diNo-

    oteboom che Rdiger Safransky hadeciso a un certo punto di racco-glierne scampoli in forma diestratti e di citazioni dentro ununico affascinante volume, Avevomille vite e neho preso una sola (tra-duzione di Marco Agosta e FulvioFerrari). A leggerlo, se ne ricava

    limpressione non solo di maneg-giare in un unico impasto densit eironia, saggezza e navet, ma so-prattutto di avere tra le mani la te-stimonianza non di un uomo, madi unintera comunit. prima di tutto la storia di una

    comunit quella che Cees Noote-boomracconta ora in Tumbas Tom-be di poeti e pensatori (traduzionedi Fulvio Ferrari, Iperborea, pp.375, e 20,00) libro ancora una voltaanomalo, in cui lautore di Ritualiraccoglie ottantatre omaggi a altret-tanti autori, ottantare raccoglimen-ti di fronte allultima dimora, quel-la in cui peraltro, nella beffa finale,lautore non c pi. Chi giace nel-la tomba di un poeta?, si chiedeNooteboom nellintroduzione al li-bro. In ogni casonon il poeta, que-sto sicuro. Il poeta morto, altri-menti non avrebbe una tomba. Machi morto non si trova pi da nes-suna parte, nemmeno nella pro-pria tomba. Le tombe sono ambi-gue: custodiscono qualcosa e noncustodiscono niente. Nellennesi-ma contraddizione che fa grande loscrittore olandese c insieme il ra-zionalismo e lincerta ambiguit(custodiscono qualcosa e non cu-stodi