1-15/16-30 Settembre 2008 - Anno XLV - NN. 39-40

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COPIA OMAGGIO La Piazza d’Italia In caso di mancato recapito restituire a Poste Roma Romanina per la restituzione al mittente previo addebito - TAXE PERCUE tass. riscoss Rom-Italy — Fondato da Turchi — www.lapiazzaditalia.it L’obiettivo comune è sicuramente quello di evitare o di scongiurare la procedura più negativa che si possa verificare per una azienda cioè quello della dichiarazione di fallimento. Non si tratta solo di un obiettivo che muove dal profondo senso dell’orgoglio italiano, ma dovrebbe essere raggiunto con ogni mezzo e con ogni sforzo sia istituzionale che economico per non aggravare la crisi economica del Paese. Dovrebbe finalmente iniziare l’era della nuova Alitalia, verso i primi di novembre; quantomeno si tratterebbe di una data auspicabile, questo ha detto il Commissario straordinario Augusto Fantozzi. Sulla lunga strada da percorrere per un’intesa, fino a ieri in irta salita, l’unico sindacato che ancora rifiutava l’accordo è giunto a miti consigli e dove aver mascherato la sua renitenza con una bizzarra versione di caparbietà, sembra proprio che alla fine ci siamo, anche grazie ad una disponibilità a tutto campo del Governo di trattare per trovare una soluzione meno dolorosa e più efficace. La situazione di estrema urgenza è un costume tutto italiano secondo cui i problemi si vogliono risolvere sempre quando non c’è quasi più nulla da fare. L’indebitamento finanziario netto della compagnia non è un dato che si acquisisce oggi, le difficoltà della Compagnia di coprire il costo del personale non è una situazione che improvvisamente ha lanciato il grido di allarme, la scarsa competitività della Compagnia sulle rotte nazionali e internazionali non è una realtà che si scopre da poco, per cui tutto era almeno preesistente e quindi avrebbe dovuto essere affrontato con tempismo. Invece, per non smentire mai questa brutta caratteristica all’italiana, oggi quando non si tratta di più di una emergenza ma di una crisi irreversibile, si spera nel miracolo clinico. Perché non prevenire o non risolvere i problemi quando i tempi ancora lo consentono, quando le problematiche offrono ancora la possibilità di essere risolte? Ovviamente la retorica delle domande non risolve nulla se non rafforza solamente i dubbi e le incertezze. C’è da ricordare che nel corso di questi anni si sono alternati piani industriali che hanno solo messo in evidenza l’intenzione di risolvere la crisi della compagnia, ma di fatto nessuno di questi si è rivelato efficace e risolutivo a dimostrare che le intenzioni spesso non coincidono con le capacità di attuarle e tanto meno con la volontà di farlo. La verità è che al di sopra di ogni sospetto esiste una certezza: gli interessi economici che ruotano attorno alla crisi dell’Alitalia sono ben più grandi di quanto l’opinione pubblica possa pensare, questa è una delle cause giustificative del non decisionismo del Governo Prodi e degli altri Governi. L’estinzione della società potrebbe essere l’epilogo di un management che non ha avuto la capacità di gestire e di far crescere la Compagnia e neanche di farla sopravvivere. Il punto di non ritorno sembrava essere stato raggiunto quando il Tribunale ha emesso la sentenza sull’insolvenza di Alitalia (al 31 agosto del 2008 l’indebitamento di Alitalia spa risultava pari a 2,8 miliardi). Ciò permette di presentare le richieste di autorizzazione per tutte le procedure burocratiche, compresi i pagamenti dei debiti contratti da Alitalia. Cerchiamo di capire però quali saranno gli scenari futuri relativi al perimetro dell’attività della nuova Alitalia. Il core business sarà il trasporto passeggeri. Il cargo e la manutenzione pesante saranno date in otusourcing, come altre attività: call center, amministrative e di information technology. Il confronto con i sindacati e il Ministro del Welfare avviato, interrotto e ora proficuamente concluso, ha portato alla soluzione, si è discusso del piano industriale, degli esuberi e del contratto collettivo della nuova Compagnia. Si tratta di una operazione di ristrutturazione molto forte, di Vola Italia Con una cassa in esaurimento e i creditori alla porta, un salvataggio in extremis Finalmente! avrà pensato Vel- troni tirando un sospirone di sollievo, anche questa settima- na di “passione”, questo Cal- vario, che è stata la Festa del Partito Democratico tenutasi a Firenze, è finita. Tale “kermesse” politica avrebbe dovuto essere la logica e degna sostituta della “Festa dell’Unità” dei bei tempi an- dati, ma alla fine - tra i rim- pianti dei vecchi militanti del- la sinistra - essa ha dimostrato di essere solo una vetrina, uno scialbo palcoscenico da dove far fuoco a volontà contro Veltroni ed i suoi uomini ol- tre che l’epilogo - o l’incipit ? - di tre mesi di continui botta e risposta tra le diverse fazioni che compongono il variegatis- simo universo del Partito de- mocratico. Ma chi sono i personaggi prin- cipali di questa continua sfida all’O.k Corral, di questa nuo- va edizione riveduta e corretta dell’assedio di Alamo? Innanzitutto gli orfanelli dell’ex primo Ministro, Ro- mano Prodi. Questa pattuglia di “guasta- tori” - composta da circa una quindicina di parlamentari - è guidata dall’ex Ministro della Difesa Arturo Parisi che, no- nostante l’esiguità numerica del commando ai suoi ordini, provoca di continuo danni ri- levantissimi all’immagine e ai nervi di Veltroni. Gli attacchi nei confronti del Segretario del maggior partito di opposizione logicamente si concentrano verso la sua presunta(?) volontà, prima di creare a tutti i costi il P.D. forzando in tal modo il deli- cato ed instabile equilibrio che sosteneva il cartello elettorale tra vecchia Unione ed i par- titi della sinistra radicale, poi di aver sottaciuto, durante e dopo la campagna elettorale, i meriti(????) di Prodi nel suo breve - per fortuna di tutti gli Italiani - mandato di primo Ministro. In verità era da mesi che i ”prodiani” chiedevano a gran Terminata la festa del PD si tirano le somme sulla salute politica del Segretario Ricco, continuamente aggiornato: arriva finalmente sul web il nuovo punto di riferimento per i giovani e per un nuovo modo di fare politica in Italia Una Piazza di confronto aperta al dibattito su tutti i temi dell’agenda politica e sociale per valorizzare nuove idee e nuovi contenuti www.lapiazzaditalia.it La Piazza d’Italia Per la vostra pubblicità telefonare allo 800.574.727 Il McCain pensiero Italia-Libia, scoppia l'amicizia ATTUALITÀ — a pagina 4 — — a pagina 6— ESTERI La crisi economica di FRANZ TURCHI Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L27/02/2004 num. 46) art. 1 - DCB-Roma 1-15/16-30 Settembre 2008 - Anno XLV - NN. 39-40 0,25 (Quindicinale) In tutte le stagioni elettorali, la volubilità dei Mercati è stata sempre elevata, e quindi le Borse ed i risparmiatori in particolare, hanno sempre sofferto. Oggi, purtroppo, non stiamo solo subendo l’altalena della campagna USA, nei confronti dello scontro McCain e Obama, ma anche stiamo soffrendo di una crisi strutturale che viene da lontano. Infatti dal 2001 e precisamente dall’abbattimento delle Torri Gemelle, l’Economia e le Borse hanno perso rispettivamente più del 10% nella crescita e più del 40% negli indici americani. La legge del Mercato che, intanto, aveva portato avanti colossi come Lehman e Merry Linch è stata negata di fatto dalla nazionalizzazione delle 2 F, che dall’intervento sul piano che sta portando avanti e White House. Cosa fare in Europa? E in Italia? Sicuramente il fenomeno sarà inferiore per le caratteristiche del credito, ma soprattutto si deve sostenere la tesi dell’intervento dello Stato come utile per l’ Economia e quindi, soprattutto nelle crisi del genere, ancor più da portare avanti. Ma credo che per noi, con la guida di Tremonti , che da prima aveva visto e peculiarizzato tutto ciò, si potrebbe dire che di sicuro siamo fortunati o, meglio, in buone mani. A maggior ragione, ora, le Aci del sociale diventano fondamentali e gli assertori della cosiddetta politica keynesiana, vengono smentiti. Credo sempre di più che un Mercato con una giusta presenza e tutela dello Stato, sia in questo secolo la vera medicina per la nostra Economia. A questo aggiungo il piano delle grandi opere che, non l’iniziativa di far diventare la BEI una vera banca per le infrastrutture, farà rilanciare l’economia delle grandi ma, soprattutto, delle medio-piccole imprese italiane e darà, al contempo, posti di lavoro. E, quindi, anche un pizzico di ottimismo, che deve en- trare nelle nostre menti, per sconfiggere la paura e, spesso, anche l’indolenza che, le pur- troppo disavventure cicliche delle nostre economie, portano con loro. Abb. sostenitore da 1000 - Abb. annuale 500 - Abb. semestrale 250 - Num. arr. doppio prezzo di copertina A pagina 2 A pagina 3 Dead man walking

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Vola Italia. Con una cassa in esaurimento e i creditori alla porta, un salvataggio in extremis. - Settembre 2008 LA PIAZZA D'ITALIA - www.lapiazzaditalia.it - fondato da Franz Turchi 1-15/16-30 Settembre 2008 - Anno XLV - NN. 39-40 € 0,25 (Quindicinale)

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La Piazza d’Italiain caso di mancato recapito restituire a poste Roma Romanina

per la restituzione al mittente previo addebito - TaXE pERcUE tass. riscoss Rom-italy

— Fondato da Turchi —

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L’obiettivo comune è sicuramente quello di evitare o di scongiurare la procedura più negativa che si possa verificare per una azienda cioè quello della dichiarazione di fallimento. Non si tratta solo di un obiettivo che muove dal profondo senso dell’orgoglio italiano, ma dovrebbe essere raggiunto con ogni mezzo e con ogni sforzo sia istituzionale che economico per non aggravare la crisi economica del Paese. Dovrebbe finalmente iniziare l’era della nuova Alitalia, verso i primi di novembre; quantomeno si tratterebbe di una data auspicabile, questo ha detto il Commissario straordinario Augusto Fantozzi. Sulla lunga strada da percorrere per un’intesa, fino a ieri in irta salita, l’unico sindacato che ancora rifiutava l’accordo è giunto a miti consigli e dove aver mascherato la sua

renitenza con una bizzarra versione di caparbietà, sembra proprio che alla fine ci siamo, anche grazie ad una disponibilità a tutto campo del Governo di trattare per trovare una soluzione meno dolorosa e più efficace. La situazione di estrema urgenza è un costume tutto italiano secondo cui i problemi si vogliono risolvere sempre quando non c’è quasi più nulla da fare. L’indebitamento finanziario netto della compagnia non è un dato che si acquisisce oggi, le difficoltà della Compagnia di coprire il costo del personale non è una situazione che improvvisamente ha lanciato il grido di allarme, la scarsa competitività della Compagnia sulle rotte nazionali e internazionali non è una realtà che si scopre da poco, per cui tutto era almeno preesistente e quindi avrebbe dovuto essere

affrontato con tempismo. Invece, per non smentire mai questa brutta caratteristica all’italiana, oggi quando non si tratta di più di una emergenza ma di una crisi irreversibile, si spera nel miracolo clinico. Perché non prevenire o non risolvere i problemi quando i tempi ancora lo consentono, quando le problematiche offrono ancora la possibilità di essere risolte? Ovviamente la retorica delle domande non risolve nulla se non rafforza solamente i dubbi e le incertezze. C’è da ricordare che nel corso di questi anni si sono alternati piani industriali che hanno solo messo in evidenza l’intenzione di risolvere la crisi della compagnia, ma di fatto nessuno di questi si è rivelato efficace e risolutivo a dimostrare che le intenzioni spesso non coincidono con le capacità

di attuarle e tanto meno con la volontà di farlo. La verità è che al di sopra di ogni sospetto esiste una certezza: gli interessi economici che ruotano attorno alla crisi dell’Alitalia sono ben più grandi di quanto l’opinione pubblica possa pensare, questa è una delle cause giustificative del non decisionismo del Governo Prodi e degli altri Governi. L’estinzione della società potrebbe essere l’epilogo di un management che non ha avuto la capacità di gestire e di far crescere la Compagnia e neanche di farla sopravvivere. Il punto di non ritorno sembrava essere stato raggiunto quando il Tribunale ha emesso la sentenza sull’insolvenza di Alitalia (al 31 agosto del 2008 l’indebitamento di Alitalia spa risultava pari a 2,8 miliardi). Ciò permette di presentare

le richieste di autorizzazione per tutte le procedure burocratiche, compresi i pagamenti dei debiti contratti da Alitalia. Cerchiamo di capire però quali saranno gli scenari futuri relativi al perimetro dell’attività della nuova Alitalia. Il core business sarà il trasporto passeggeri. Il cargo e la manutenzione pesante saranno date in otusourcing, come altre attività: call center, amministrative e di information technology. Il confronto con i sindacati e il Ministro del Welfare avviato, interrotto e ora proficuamente concluso, ha portato alla soluzione, si è discusso del piano industriale, degli esuberi e del contratto collettivo della nuova Compagnia. Si tratta di una operazione di ristrutturazione molto forte, di

Vola ItaliaCon una cassa in esaurimento e i creditori alla porta, un salvataggio in extremis

Finalmente! avrà pensato Vel-troni tirando un sospirone di sollievo, anche questa settima-na di “passione”, questo Cal-vario, che è stata la Festa del Partito Democratico tenutasi a Firenze, è finita.Tale “kermesse” politica avrebbe dovuto essere la logica e degna sostituta della “Festa dell’Unità” dei bei tempi an-dati, ma alla fine - tra i rim-pianti dei vecchi militanti del-la sinistra - essa ha dimostrato di essere solo una vetrina, uno scialbo palcoscenico da dove far fuoco a volontà contro Veltroni ed i suoi uomini ol-tre che l’epilogo - o l’incipit ? - di tre mesi di continui botta e risposta tra le diverse fazioni

che compongono il variegatis-simo universo del Partito de-mocratico.Ma chi sono i personaggi prin-cipali di questa continua sfida all’O.k Corral, di questa nuo-va edizione riveduta e corretta dell’assedio di Alamo?Innanzitutto gli orfanelli dell’ex primo Ministro, Ro-mano Prodi.Questa pattuglia di “guasta-tori” - composta da circa una quindicina di parlamentari - è guidata dall’ex Ministro della Difesa Arturo Parisi che, no-nostante l’esiguità numerica del commando ai suoi ordini, provoca di continuo danni ri-levantissimi all’immagine e ai nervi di Veltroni.

Gli attacchi nei confronti del Segretario del maggior partito di opposizione logicamente si concentrano verso la sua presunta(?) volontà, prima di creare a tutti i costi il P.D. forzando in tal modo il deli-cato ed instabile equilibrio che sosteneva il cartello elettorale tra vecchia Unione ed i par-titi della sinistra radicale, poi di aver sottaciuto, durante e dopo la campagna elettorale, i meriti(????) di Prodi nel suo breve - per fortuna di tutti gli Italiani - mandato di primo Ministro.In verità era da mesi che i ”prodiani” chiedevano a gran

Terminata la festa del PD si tirano le somme sulla salute politica del Segretario

Ricco, continuamente aggiornato: arriva finalmente sul web il nuovo punto

di riferimento per i giovani e per un nuovo modo di fare politica in Italia

Una Piazza di confronto aperta al dibattito su tutti i temi dell’agenda

politica e sociale per valorizzare nuove idee e nuovi contenuti

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EsTERiLa crisieconomica

di FRANZ TURCHI

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In tutte le stagioni elettorali, la volubilità dei Mercati è stata sempre elevata, e quindi le Borse ed i risparmiatori in particolare, hanno sempre sofferto.Oggi, purtroppo, non stiamo solo subendo l’altalena della campagna USA, nei confronti dello scontro McCain e Obama, ma anche stiamo soffrendo di una crisi strutturale che viene da lontano.Infatti dal 2001 e precisamente dall’abbattimento delle Torri Gemelle, l’Economia e le Borse hanno perso rispettivamente più del 10% nella crescita e più del 40% negli indici americani.La legge del Mercato che, intanto, aveva portato avanti colossi come Lehman e Merry Linch è stata negata di fatto dalla nazionalizzazione delle 2 F, che dall’intervento sul piano che sta portando avanti The White House.Cosa fare in Europa? E in Italia?Sicuramente il fenomeno sarà inferiore per le caratteristiche del credito, ma soprattutto si deve sostenere la tesi dell’intervento dello Stato come utile per l’ Economia e quindi, soprattutto nelle crisi del genere, ancor più da portare avanti.Ma credo che per noi, con la guida di Tremonti , che da prima aveva visto e peculiarizzato tutto ciò, si potrebbe dire che di sicuro siamo fortunati o, meglio, in buone mani.A maggior ragione, ora, le Aci del sociale diventano fondamentali e gli assertori della cosiddetta politica keynesiana, vengono smentiti.Credo sempre di più che un Mercato con una giusta presenza e tutela dello Stato, sia in questo secolo la vera medicina per la nostra Economia.A questo aggiungo il piano delle grandi opere che, non l’iniziativa di far diventare la BEI una vera banca per le infrastrutture, farà rilanciare l’economia delle grandi ma, soprattutto, delle medio-piccole imprese italiane e darà, al contempo, posti di lavoro.E, quindi, anche un pizzico di ottimismo, che deve en- trare nelle nostre menti, per sconfiggere la paura e, spesso, anche l’indolenza che, le pur- troppo disavventure cicliche delle nostre economie, portano con loro.

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Gli inseguitori

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Registrato al tribunale di Roma n.9111 - 12 marzo 1963

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FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI GIUGNO 2008

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Dead man walkingTerminata la festa del PD si tirano le somme sulla salute politica del Segretario

voce un nuovo congresso nazionale allo scopo di ri-dimensionare Veltroni ed uscire dall’impasse cui - ob-torto collo - erano costretti

dall’esiguo peso del proprio elettorato di riferimento. Ma è stato per l’appunto in occa-sione di un dibattito pubbli-co tenuto da Parisi a Firenze durante la Festa Democratica che lo scontro si è fatto più violento.L’ex Ministro della Difesa ha prima bollato come fallimen-tare l’esperienza del Governo ombra definendola oramai una scommessa persa, poi ha chiarito come secondo lui i 300 giorni di Veltroni alla plancia di comando del PD siano stati essenzialmente negativi se paragonati ai pri-mi 100 giorni del Governo Berlusconi sostanzialmente caratterizzati da un segno po-sitivo. Infine - e queste sem-brano essere le dichiarazioni di cui più si deve tener con-to - Parisi ha dichiarato che le elezioni europee prossime venture dovranno essere l’oc-casione per riprendere il cam-mino intrapreso in passato con L’Unione cercando cioè di riaggregare la maggior par-te possibile delle forze politi-che che adesso sono disperse in mille rivoli. A questo pun-to prima di continuare biso-gna fare a tali asserzioni una realistica analisi ai raggi x.

Al netto delle frasi “mal mo-stose” nei riguardi di Veltro-ni, che sono tipiche dell’en-tourage e del personaggio Prodi, profondamente arrab-biato per la fine a lui sin qui riservatagli dall’ex sindaco di Roma, il pensiero “parisiano” è sintomatico non solo di un malessere mal celato ma so-prattutto della nuova tattica che l’Ex primo ministro forse ha in mente di attuare. Infat-ti, quando parla Parisi è come se parlasse Prodi. Quando parla il “Professore” parlano i potenti circoli finanziari ed editoriali italiani che sempre lo hanno appoggiato, i quali - sconfitti anche essi dopo il risultato delle ultime elezioni politiche - non vedono l’ora di “buttare a mare“ Veltroni che troppo ha accentato la campagna elettorale e il dopo elezioni riposizionando in tal modo nelle loro mani la bar-ra di comando della politica italiana o quanto meno di quella del centro-sinistra. A questo scopo, pur proceden-do con i piedi di piombo, essi tendono, poco a poco, a de-potenziare Walter Veltroni.Non solo con le continue punture di spillo dei “pro-diani” ma anche e soprattut-

to muovendo lentamente le proprie corazzate - Corriere della Sera e Repubblica - con-tro il segretario del PD ed i suoi uomini. In più di qual-che occasione, gli editorialisti dei due maggiori quotidiani italiani, criticano il modo personalistico di vedere e fare la politica di Veltroni para-gonandola a quella del suo avversario Berlusconi, inneg-giando ad un fantomatico ritorno al centralismo dei partiti che sanno ascoltare la gente. Dicevamo che il processo di accerchiamento del Forte Alamo Veltroniano procede lentamente. E questo rallen-tamento è dato essenzialmen-te da tre fattori. Il primo è che Veltroni ha intelligente-mente messo i propri uomini nelle posizioni di controllo del PD nazionale e in quel-lo delle federazioni regiona-li. Sarà quindi difficilissimo esautorarlo dal controllo che egli oggi opera in maniera quasi totale sulla macchina dei Democratici. Il secondo fattore è che no-nostante la batosta elettorale, Walter riscuote se non i favori almeno la simpatia di larghe fette dell’elettorato di centro

sinistra. Ed è per questi due motivi “numerici” che ci do-vrà essere un riavvicinamen-to tra le posizioni politiche dei”prodiani” e dei “dalemia-ni”. Questi ultimi infatti han-no sia posizioni di privilegio all’interno del PD e godono pure all’esterno dell’appog-gio politico di molti elettori per merito del carisma per-sonale che indiscutibilmente possiede Massimo D’Alema. Le critiche dell’ex premier e ministro degli Esteri nei con-fronti di Veltroni riguardo la conduzione politica della scorsa campagna elettorale e delle alleanze - unite a quelle di personaggi politici vicini a D’Alema come Bassolino o Chiamparino - fanno pen-sare ad un lavoro ai fianchi che sarà il prodromo di un attacco massiccio che forse verrà sferrato contro Veltroni più avanti. Questo, sempre se Prodi riuscirà a supera-re l’inimicizia che nutre nei confronti dell’uomo politico di Gallipoli dai tempi della sua prima cacciata da Palaz-zo Chigi per un ribaltone interno alla coalizione uli-vista orchestrato proprio da D’Alema.Il terzo fattore di rallenta-

mento è che il fronte dell’al-ta finanza italiano non è del tutto compatto nella lotta a Veltroni in quanto molti di essi - ad iniziare da Colanin-no senior papà di Matteo, ministro dell’industria del governo ombra del PD - si trovano all’interno della cor-data fortissimamente voluta da Berlusconi per salvare dal fallimento Alitalia e quindi politicamente non possono muoversi a piacimento senza rompere equilibri che sicura-mente sono ottimali sia per il Premier attuale che per Vel-troni.Insomma basterà aspettare per vedere se il segretario del PD avrà le forze ed il corag-gio politico di sgominare i suoi “compagni” di partito o sarà disarcionato da essi, o se i contendenti saranno co-stretti ad una tregua armata. Negli ultimi due casi, siamo sicuri, che ci potrà essere un riavvicinamento con i partiti della sinistra radicale che cer-tamente frenerà ogni possibi-le dialogo col centro destra al momento di discutere delle riforme istituzionali e della Con la fine delle “vacanze” estive la politica italiana si ri-mette in moto.

Con la fine delle vacanze estive la politica italiana si rimette in moto

per informazioni e abbonamenti chiamare il numero verde:

Dalla Prima

Terminate le vacanze estive gli attori della politica italiana iniziano ad affilare le lame in vista dell’autunno che si pre-annuncia più caldo del solito - non solo per le preannunciate manifestazioni anti governati-ve organizzate da sinistra radi-cale, dipietristi e democratici, tutti divisi appassionatamente - ma soprattutto a causa della crisi finanziaria che sta squas-sando l’economia mondiale e le per le scadenze parlamenta-ri e politiche che sembrano in dirittura d’arrivo.Ma andiamo per ordine.Il primo a mettersi in movi-mento è stato Antonio Di Pietro. L’ex PM di “Mani Pu-lite” ha annunciato che oltre ad organizzare una nuova ma-nifestazione per la legalità(?) l’11 ottobre prossimo a piazza Navona, entro la fine dell’an-no raccoglierà un milione di firme contro il lodo Alfano - la legge da poco approvata che sospende, per tutta la durata del loro mandato, le azioni giudiziarie nei confronti delle quattro più alte cariche delle Istituzioni Italiane: Presidente della Repubblica, del Senato, della Camera e del Consiglio. La iper-attività del fondatore dell’Italia dei Valori è comun-que protesa al raggiungimen-to di due obiettivi ben precisi: rappresentare agli occhi de-gli italiani di centro sinistra

l’unica vera opposizione con-creta, dura e pura allo strapo-tere berlusconiano e cercare di raggiungere alle elezioni Europee della prossima pri-mavera un risultato nume-rico di voti tale che lo metta al riparo di eventuali soglie di sbarramento che si preannun-ciano superiori al 4% e di po-ter in questo modo accedere ai cospicui finanziamenti che la legge prevede.In ogni caso per raggiungere entrambi questi risultati deve sottrarre consensi non tan-to alla coalizione del Primo Ministro in carica, quanto al Pd veltroniano. Ed è appun-to a tale scopo che Di Pietro è in continua fuga in avanti, in continuo “smarcamento” rispetto agli iniziali toni e dichiarazioni concilianti che il segretario del Pd teneva nei confronti delle politiche del centro destra al Governo appena qualche mese fa. Un continuo rilancio della po-sta in palio che ha costretto Veltroni ad inseguire il suo ex alleato sul campo preferito dal politico molisano: quello delle dichiarazioni roboanti e del bluff. Infatti non passa giorno che le agenzie di stampa italiane non riportino le tonanti e minacciose dichiarazioni del leader del massimo partito d’opposizione nei confronti

del centro destra al Governo. L’ex sindaco di Roma infatti per non essere da meno di Di Pietro afferma che l’Italia sta per essere rovinata da Berlu-sconi, dimenticando che per due anni ha sostenuto il go-verno Prodi, forse il peggiore dal secondo dopoguerra in poi. Il governo che ha portato da un lato ai minimi storici la credibilità della politica estera italiana nel mondo e che nel contempo ha accresciuto ai massimi storici la pressione fiscale sui contribuenti del-lo “stivale”. Non pago di ciò Veltroni ha cercato di gettare sulle spalle del centro destra il fallimento della trattativa per il salvataggio dell’Alitalia, giu-stificando il comportamento della Cgil e dei sindacati au-tonomi - Cgil che a sua volta ha dovuto inseguire i sindaca-ti “duri e puri” del trasporto aereo per non sembrare trop-po allineata a Cisl, UIL, UGL e Governo -, criticati solo qualche mese fa da Veltroni, allorquando identicamente a quanto successo con la corda-ta capeggiata da Colaninno, hanno fatto saltare la trattati-va con Air France. Ma, si sa, le giustificazioni che valevano per Prodi non valgono per Berlusconi: solo l’ipocrisia della sinistra italiana rimane immutabile nel tempo. Dopo tutto bisognava pur tendere la

mano ai sindacati della sini-stra per cercare di riprendere il dialogo con le fazioni più radicali dell’elettorato in vi-sta delle elezioni europee. Ma Walter non si è fermato a tali dichiarazioni: colpito dalla febbre dell’azzardo ha alzato ancora di più la posta in gioco dichiarando che alla manife-stazione organizzata dal PD a Roma il prossimo 25 ottobre contro le politiche messe in atto da Berlusconi, conta di portare in piazza un milione di persone dopo che avrà rac-colto oltre 8 milioni di firme per la petizione di sostegno all’evento di piazza.Ma in questo caso gli unici nu-meri che contano sono quelli dell’indice di gradimento da parte dei cittadini nei con-fronti di Berlusconi: ben oltre il 55% degli italiani approva i primi provvedimenti attuati dal Governo in carica.Ma questa voglia di fughe in avanti e rapidi inseguimenti si è estesa pure al centro-destra.Complice la prossima nascita del PDL e la scomparsa di For-za Italia e Alleanza Nazionale, i vertici del partito di Fini, te-mendo un ridimensionamen-to all’atto della distribuzione degli incarichi all’interno del-la nuova formazione politica, hanno fatto la faccia feroce con la speranza di ingraziar-si la base di simpatizzanti di

destra più ancorati ancora alla tradizione del vecchio MSI ed aumentare il proprio potere contrattuale.Alemanno e La Russa hanno rispolverato il vecchio “re-frain” riguardante la Repub-blica di Salò e il Fascismo, scatenando oltre che le ire dei soliti antifascisti d’accatto di sinistra - che per più di mez-zo secolo hanno utilizzato, ed in qualche caso ancora oggi utilizzano, la falce e martel-lo grondante del sangue di milioni di innocenti di tutto il mondo sui loro vessilli - le giuste reazioni del Presidente della Repubblica. Ma il suc-cessivo intervento di Fini, il quale ha ribadito come l’an-tifascismo e i valori di libertà eguaglianza e giustizia sociale contenuti nella Costituzione debbano rappresentare anche per tutta la destra dei valori fondamentali su cui basare la propria azione politica e civi-le, ha spento sul nascere ogni polemica.Più che la sostanza del discor-so - che comunque andrebbe affrontato, una volta per tutte, lontano da tragiche ricorrenze non solo simboliche che ine-vitabilmente rianimano le po-lemiche tra gli opposti schie-ramenti - al limite potrebbero essere criticabili l’opportunità politica, i tempi e gli scopi di questa diatriba settembrina

tutta interna ad A.N.Sarebbe ora di ricreare, fi-nalmente, a distanza oramai di più di 80 anni dall’ascesa del Fascismo in Italia e a più di 60 dalla fine della guerra mondiale e della guerra civi-le in Italia, quell’atmosfera di serenità utile per discutere, una volta per tutte, di quegli eventi in maniera obiettiva. A tale discussione sarebbe utile poi - più che l’apporto del mondo politico - quello degli accademici e degli studiosi di Storia, dopo che ovviamen-te essi siano stati capaci di scrollarsi di dosso la pesante ed oppressiva cappa dei con-dizionamenti che per troppi anni lo strapotere dell’”intel-lighenzia” di sinistra ha posto sulle loro spalle. Ma per fare sì che ciò avvenga bisogna che la coalizione di centro-destra adesso al Governo, si trasfor-mi finalmente in un moderno partito conservatore capace di riformare il mondo accademi-co ed universitario, in senso non lottizzatorio, quello eco-nomico e del mercato del la-voro - ivi compresi il mondo sindacale - in direzione liberi-sta aumentando la competiti-vità della macchina ammini-strativa e modernizzando la struttura istituzionale ferma (ahinoi) a sessanta anni fa.

Giuliano Leo

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La Piazza D’Italia - Economia

Vola ItaliaCon una cassa in esaurimento e i creditori alla porta, un salvataggio in extremis

uno start-up e di una integrazione tra due aziende. L’amministratore Sabelli ha detto che le possibilità maggiori di successo sono nel settore passeggeri e ha smentito categoricamente che Air France possa avere la maggioranza; cargo, manutenzione pesante e zona grigia resteranno sotto la responsabilità del commissario straordinario. Sono attività che impiegano 2.750 dipendenti (700 la zona grigia, 450 il cargo e 1.600 la manutenzione pesante).Il processo di privatizzazione della compagnia è siglato nel nuovo piano industriale, che attribuisce il management ha una cordata di 18 imprenditori e/o investitori guidati da Colannino. Ci sono però da evidenziare alcuni elementi del piano che non sono molto chiari e suscitano qualche perplessità. Per quanto concerne Air France-Klm c’è da dire che la Compagnia francese si sarebbe impegnata a versare dentro Alitalia spa, la società oggi commissariata, almeno un miliardo entro giugno 2008, accollandosi anche circa 1,4 miliardi di debiti finanziari netti che, invece, il nuovo piano lascia nella bad company. Di fatto, l’impegno di AirFrance era di 2,4 miliardi e non ci sarebbe stata una bad company da scaricare sullo Stato o sui creditori/azionisti. La Cai ha annunciato un impegno fino ad un miliardo, per ora, i suoi soci hanno versato 160 mila euro. Il nuovo capitale versato per cassa dai soci entro il 2008 sarà di 800 milioni. L’impegno degli investitori è meno della metà dei francesi, resta un buco di almeno 1,4 miliardi nella bad company. debiti che verranno pagati dallo Stato (si stima per un miliardo), dai creditori e dagli azionisti.L’unione di Alitalia con il principale concorrente annulla quasi tutta la concorrenza sui cieli nazionali.

La nuova società avrà mano libera nell’alzare le tariffe con un beneficio di alcune centinaia di milioni sui conti. Dunque potrebbe assumersi una posizione di monopolio. Le destinazioni della nuova Alitalia saranno 65, inferiori alle 84 di Air France. Ci sarà una concentrazione sul mercato nazionale ed europeo (dove si perdono più soldi per l’attacco delle low-cost) con pochi collegamenti intercontinentali. I voli a lungo raggio oscillano tra 13 e 16 destinazioni. Gaetano Miccichè, direttore centrale della divisione corporate di Intesa Sanpaolo, ha fatto una premessa fondamentale: “Alitalia, così com’era non poteva essere risanata”. L’ultima aggravante è stato l’incremento del costo del carburante che rappresenta il 35% dei costi operativi. Ai tempi del piano Cimoli ottobre 2005, si prevedeva un costo del petrolio di 53 dollari al barile, il piano Prato 69, il piano predisposto da Air France 86. Miccichè dice che loro hanno elaborato un piano su un costo del barile pari a 128 dollari. L’idea di fondo del piano è stata quella di considerare un contesto competitivo, che vede in Europa tre grandi player internazionali (Air France, Lufthansa e British Airways), una serie di carrier nazionali ed internazionali e alcune compagnie low cost. La nuova Alitalia nasce come carrier nazionale ed internazionale ed intende sviluppare una forte partnership.Il vero problema è che se Alitalia dovesse fallire, la newco sarebbe in grado di assorbire tutti i dipendenti della bad company? Gli sforzi stanno comunque andando verso una risoluzione sufficientemente apprezzabile dal punto di vista occupazionale.L’occupazione sicuramente dovrà subire tagli, si auspica meno

possibili, infatti non a caso si parlai di esuberi. Se queste sono le conseguenze di una crisi aziendale, tra l’altro preannunciata non sarebbe il caso di non continuare sulla falsariga dell’italianità manageriale cioè quella che oltre al danno anche la beffa? sarebbe giusto e corretto che ognuno si prenda le proprie responsabilità ma ciò non è sufficiente perché chi risarcisce il danno? la compagnia non è fallita per lo scarso rendimento o la bassa produttività dei lavoratori, ma per un elevato indebitamento finanziario. Dunque, un manage- ment corretto e responsabile avrebbe evitato questo, tra l’altro non è che Alitalia si è indebitata per diventare più competitiva, anzi tra questi due elementi c’è una relazione inversamente proporzionale. La lo- gica sottostante non è plausi- bilmente comprensibile. Si tratta di inerzia manageriale? Non è che l’indebitamento dell’Alitalia abbia in fondo cause simili all’indebitamento pubblico del paese? Meglio riflettere perché c’è più di qualche analogia, ma la riflessione di fondo evidenzia cause strutturali che come al solito non venendo risolte in tempi non sospetti producono danni irreversibili. Se gli operatori del settore, i sindacati, le istituzioni sono tutti impegnati a non ricercare il colpevole ma a salvare la compagnia, nel breve periodo questo potrebbe anche essere accettato in quanto l’emergenza da fronteggiare è quella di acquisire la compagnia e tenere il pacchetto occupazione invariato, ma nel lungo occorre valutare la dinamica che ha portato alla crisi e individuare i responsabili in modo da non ripetere gli errori del passato.Comunque, lo scenario interna- zionale è davvero preoccupante.

Se alle previsioni sulla crescita economica prossime allo zero per la fine del 2008, aggiungiamo il probabile fallimento della compagnia di bandiera, lo scenario macro e micro non può che riservare peggioramenti radicali. Ma proprio mentre l’ultima speranza di salvataggio sembrava svanire Confederali e UGL hanno siglato il piano Fenice, nel quale sono previste garanzie per i precari, sostanziale immobilità degli attuali livelli retributivi, norme sul lavoro notturno del personale di terra. Sono queste alcune delle modifiche apportate dalla Cai al piano di salvataggio di Alitalia che hanno convinto Cgil, Cisl ,Uil e Ugl, a siglare l’accordo. Ecco nel dettaglio gli emendamenti introdotti dalla Compagnia Aera Italiana (Cai).Per quanto riguarda i lavoratori a terra è considerato periodo notturno “il periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’inter- vallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino”. Ai soli effetti retributivi è considerato lavoro notturno quello effettuato tra le ore 20 e le 8. Per le categorie piloti-assistenti di volo si rilevano le seguenti condizioni: l’applicazione delle nuove tabelle retributive non potrà determinare una riduzione superiore al 6-7% del trattamento mensile complessivo oggi spettante, a parità di prestazione di lavoro, ai sensi della disciplina contrattuale di Alitalia. In applicazione della nuova struttura retributiva, questa differenza di trattamento economico potrà essere parzialmente o totalmente recuperata a fronte di incrementi di ore di volo. I riposi vengono fissati in 30 giorni a trimestre, con un minimo mensile programmabile di 8. L’azienda in operativo per esigenze di servizio potrà cancellare,

spostare o rinviare un numero massimo di 4 riposi programmati nel mese. La conservazione del posto per malattia è prevista per 12 mesi. Per i precari, Cai dichiara la propria disponibilità ad avvalersi per il prossimo triennio, compatibilmente con le proprie esigenze organizzative-produttive e fino a circa 1000 unità complessive, di personale che negli ultimi 36 mesi abbia prestato la propria opera a favore di società dei gruppi Alitalia e AirOne con un contratto di lavoro a tempo determinato.L’enac intanto ha tranquillizzato la Cai sulla licenza di volo, garantendo che non c’è alcun rischio.AirFrance - Klm hanno manifestato interesse per la Compagnia italiana e quindi una partecipazione in Cai per l’acquisizione di asset Alitalia. Ma Air France non sembra essere l’unica interessata, sempre più insistenti si fanno infatti le voci di un ingresso di Lufthansa, la quale sta osservando la situazione in Italia molto da vicino. “Il mercato italiano, fa sapere Claudia Lange, portavoce corporate della Compagnia tedesca, è per noi interessante e anche molto importante. Però per il momento ancora non commentiamo gli ultimi sviluppi della situazione”. C’è da sottolineare che AirFrance aveva cominciato a manifestare disinteresse per la partecipazione Alitalia in quanto le richieste dei sindacati non erano condivise e non per colpa di Berlusconi.Al di là di questo, occorre rilevare che AirFrance ora è di nuovo in pista.A questo punto mancherebbero le firme solo dei piloti e assistenti di volo anche se Cai ha dichiarato che porterà avanti il progetto anche senza le loro firme poi, si spera il piano di intervento e di salvataggio potrebbe dirsi concluso.

Puntualmente si apre un’ennesima spaccatura nella categoria, l’Anpac firma l’accordo mentre Sdl e Avia dichiarano che non ci sono le condizioni per chiudere.Al di là dei soliti filoni di pensiero, la politica comincia a prendersi i meriti. Vetroni attacca il Premier dicendo che è stato lui a consentire questa mediazione mentre Berlusconi era assente, un merito va anche a Gianni Letta. Meglio concordare con quanto ha detto La Russa, “la vittoria è dell’Italia”. Quanto affermato da Veltroni dimostra la pochezza della politica in Italia, l’uno subito contro l’altro per dire agli italiani chi ha contribuito e chi invece non lo ha fatto pur facendo passare bugie.In questi casi, invece, la politica dovrebbe recitare un mea culpa per tutti gli anni che son trascorsi senza muovere un dito per risolvere la questione Alitalia. Veltroni (nella sua rinnovata veste di demagogo) farebbe bene a cominciare ad utilizzare la politica senza distorcere la realtà perché questo modus operandi è un cattivo esempio per l’etica politica e sociale.Comunque al di là delle spere- quazioni politiche la realtà è che il Paese è in un tunnel e si spera di uscirne dal 2009, ma questo non è sufficiente a giustificare l’impunità di chi gestisce male sia le aziende pubbliche che quelle private. In Italia occorre ripristinare il principio della meritocrazia, chi è più capace deve andare avanti assumendo posti di responsabilità, ma non per affinità parentelari o per raccomandazione ma solo per competenza. Se non si finisce di invertire la tendenza si rischia il tracollo economico e commerciale. Meno male che lo spirito ottimistico delle istituzioni è presente ma non è sufficiente.

Avanzino Capponi

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Non c’è riuscita una guer-ra, figuriamoci un uragano: John McCain non si è piega-to di fronte all’onda grande di Obama e, nonostante la tempesta di Gustav, ha messo a segno il colpo più forte di questa campagna elettorale per le presidenziali america-ne, aiutato anche dal grande colpo di scena chiamato Sarah Palin. Così la convention repubbli-cana in Minnesota, dimessa nei toni e nelle intenzioni per via dell’uragano nel golfo del Messico, è decollata trascinan-do con sé anche il gradimento del senatore dell’Arizona, in netta rimonta nei sondaggi e, in alcuni casi, anche davanti al suo rivale democratico. A dare il colpo di grazia ai democratici (che dopo Den-ver avevano già brindato alla

vittoria sull’onda lunga del discorso del senatore afroa-mericano), la scelta del candi-dato vicepresidente: McCain ha osato laddove Obama ha invece preferito andare sul si-curo. Il veterano del Vietnam ha dato ai repubblicani quel-lo che in molti si aspettavano di avere dal senatore dell’Illi-nois: una vice donna. E che donna. Sarah Palin, mamma di cinque figli, una repubbli-cana convinta, vicina all’ala più conservatrice del partito, paladina dei valori più cattoli-ci della destra, governatrice di provincia, come molti l’han-no definita per via della sua provenienza dal piccolo stato dell’Alaska. Così la convention repubbli-cana ha attirato su di sé gli occhi della stampa ma soprat-tutto quelli dei curiosi: per la prima volta il più tradiziona-le e tradizionalista dei partiti americani sceglieva una don-na come vice presidente. La mossa che tutti si aspettavano dall’uomo del cambiamento, Obama, è arrivata invece a sorpresa dall’uomo tacciato di essere il trait d’union con Bush. In un solo colpo John McCain ha segnato tre punti impor-tanti: mettere a tacere le voci di chi lo considera troppo vecchio (ha 72 anni, ndr) sce-gliendosi un vice ancora più giovane dell’avversario, acca-lappiarsi le simpatie dell’elet-torato femminile deluso per la vicenda Hillary Clinton, dare un’improvvisa e brusca sterza-

ta ad un partito che, per vin-cere le elezioni, aveva bisogno di chiudere col passato tanto evocato dagli avversari.La convention di St. Paul è diventata lo spettacolo che i democratici non si aspettava-no, facendo ricredere quanti davano per perdente una cam-pagna elettorale condotta fino ad oggi sulle righe. McCain non ha usato la stes-sa carta di Obama, la novità: McCain ha rivoluzionato il partito, lasciando anche Bush lontano dal suo discorso (non l’ha mai nominato apertamen-te) e dal Pepsi center (Bush ha parlato in videoconferenza da Washington, ufficialmente perché impegnato nel gestire la crisi dell’uragano Gustav).Non solo: il settantaduenne senatore ha toccato corde sem-pre care agli americani, come il patriottismo e la capacità di combattere per i propri ideali, senza dimenticare il tema della lotta agli sprechi statali in un Paese profondamente segnato da una grave crisi economica. Prima di lui era stata la Palin ha scaldare la platea: per lei tre minuti di applausi, l’abbraccio delle hockey mum, il sostegno – non scontato – degli uomini forti del partito, da Giuliani a Romney. Se le femministe storcono il naso, Sarah Palin ride sotto il rossetto che la distingue da un pitbull, certa che, nel bene o nel male, è sta-ta lei la scintilla di questa cam-pagna elettorale che sembrava tutta nel segno di Obama e dei democratici.

Putin gli fa venire in mente tre lettere, K, G e B e l’Af-ghanistan è per lui tutto o niente: o si vince, o si rischia di lasciare il mondo in mano agli estremisti islamici. Sono le due ossessioni di John Mc-Cain, settandue anni, sposa-to con Cindy, ex militare nel Vietnam, ex aspirante alla candidatura repubblicana nel 2000, attuale candidato presidente degli Stati Uniti per il Gop. La tenacia non gli manca:

ha atteso tanto tempo prima di poter essere lui la scelta dei repubblicani, ha anche deciso di scendere di nuovo in campo nel momento più rischioso sia per l’età (sareb-be il più vecchio tra i presi-denti degli Stati Uniti) sia per l’ingombrante eredità di Bush. Senza dimenticare che dall’altra parte c’è il senatore afroamericano che promette di cambiare tutto e subito.Eppure il vecchio John non molla, anzi: con una mossa

a sorpresa sceglie anche un vicepresidente giovane (più di Obama) e donna (quello che tutti si sarebbero aspet-tati da Obama): Sarah Palin, mamma di cinque figli, go-vernatrice dell’Alaska, aria di cambiamento per un partito accusato di statrsene troppo arrocato su posizioni ormai considerate superate. Così, in un colpo solo, il vec-chio John zittisce quelli che parlavano di vecchi repub-blicani (la Palin non è solo

giovane ma anche assoluta-mente emergente all’interno del partito) e di repubblicani sessisti, mettendo una seria ipoteca su parte dei 18mi-lioni di voti delle primarie di Hillary Clinton, ovvero quelle donne talmente delu-se e ferite da Obama che ora hanno un motivo in più per cambiare il loro voto. I suoi repubblicani, anche quelli che all’inizio lo consi-deravano troppo poco con-servatore, si fidano di lui e del suo programma.A livello internazionale McCain appoggia il ruolo dell’Onu e spera che agisca con più decisione su Iran, Darfur e altre crisi. Ma il senatore ha pronta un’altra carta. Una Lega delle Demo-crazie, che riunisca i Paesi a democrazia di mercato in un club operativo che stimoli l’Onu e agisca quando il Pa-lazzo di Vetro esita. Un’idea che lo stesso McCain paragona non tanto alla Lega delle Nazioni di Woodrow Wilson, quanto alla visione di Theodore Roosevelt di na-zioni sulla stessa lunghezza d’onda che lavorino insieme

per la pace e la libertà.McCain è un forte sosteni-tore dell’Unione Europea. A suo avviso gli americani han-no tutto l’interesse a vedere l’ascesa “di un’Unione Euro-pea forte e fiduciosa”. Insie-me all’Ue, McCain prefigura “un nuovo approccio occi-dentale nei confronti della Russia revanscista”. Nel corso della campagna, McCain non ha nascosto la diffidenza per la situazione a Mosca. Ironizzando sulla scelta di Time di proclamare il presidente Vladimir Putin come “Persona dell’anno”, McCain ha spiegato che a lui Putin “fa venire in mente tre lettere: K, G e B”. Secondo il candidato presidente, è l’ora di far tornare il G8 a essere un “club delle principali de-mocrazie di mercato”, esclu-dendo la Russia e invitando invece Brasile e India.Sulle questione ambientali è favorevole alla partecipa-zione degli Stati Uniti a un grande sforzo globale per la riduzione dei gas ad effetto serra e ritiene che lo stru-mento migliore per affron-tare l’emergenza sia un effi-

ciente e funzionale mercato delle emissioni. Considera il Protocollo di Kyoto e l’at-tuale mercato delle emissio-ni europeo inefficaci a causa delle loro disfunzioni, ma ritiene che tali disfunzioni non giustifichino il totale di-simpegno dell’amministra-zione Bush.Sul fronte interno e, in par-ticolare sull’immigrazione, è favorevole alla costruzione di una barriera tecnologica col Messico. Si oppone però all’espulsione coattiva degli immigrati irre-golari. Vuole l’introduzione di un processo di regolariz-zazione per gli immigrati illegali, subordinandolo alla conoscenza della lingua in-glese e al pagamento di mul-te e oneri fiscali pregressi. Si oppone ai matrimoni tra persone dello stesso sesso ma, come il suo rivale de-mocratico, è favorevole alle unioni civili. È contrario a un divieto costituzionale ai matrimoni omosessuali e ritiene che spetti ai singoli Stati decidere la propria legi-slazione in materia.

Luca Moriconi

La Piazza D’Italia - Esteri

Così vorrebbe cambiare gli USA Convention repubblicanaObama e il suo libro blu Lo spettacolo che i democratici non si aspettavano

Si chiama Blueprint of chan-ge, un libro di 7 pagine sul quale i democratici puntano tutto per vincere le elezioni del 4 novembre. E’ il progetto per il cambia-mento con cui Obama sfida McCain e traccia le linee gui-da del suo programma e della sua politica. Un percorso che il partito ama definire liberal e social-democratico, sia sui temi so-ciali che sulla politica estera, ma soprattutto un progetto che punta sulla politica eco-nomica, vero tallone d’Achil-le per il Paese in un momento di forte recessione. Ecco allo-ra l’impostazione tipicamen-te anti-Bush che il candidato democratico usa per rimarca-re la sua totale estraneità alle linee guida finora adottate dal governo repubblicano. Obama è contrario al taglio delle tasse approvato dalla precedente amministrazio-ne: secondo il senatore di Chicago sarebbe una misura a favore solo dei più ricchi. Ecco allora la proposta di un sistema di tassazione mirato a diminuire il deficit e una politica di tagli alle spese federali. Elemento, questo, che lo accomuna al suo rivale McCain, che sulla lotta agli sprechi ha impostato gran parte della sua campagna elettorale. Altro tema scottante è quello dell’ambiente e dell’energia: nel suo pamphlet il candida-to democratico punta il dito

contro l’eccessiva dipendenza degli Stati Uniti dal petrolio straniero e la mancata rego-lamentazione del vecchio governo all’emissione di gas serra. Ecco allora una ricetta che prevede di ridurre le emis-sioni a effetto serra ai livelli raccomandati dagli scienziati per evitare calamità naturali: come non è scritto, ma da quanto si legge, si può capire che Obama potrebbe riavvi-cinare gli Stati Uniti al proto-collo di Kyoto, tanto conte-stato dal presidente Bush. Riguardo l’energia, il piano democratico prevede un forte investimento nello sviluppo di fonti di energia alternative, accrescendo parallelamente il risparmio di energia esistente e riducendo la dipendenza dal petrolio straniero. Un pro-getto ambizioso di Obama è quello di ridurre i consumi interni di greggio almeno del 35% entro il 2030.Sulle politiche sociali il tema più scottante è quello dell’as-sistenza sanitaria gratuita: il piano di Obama, già am-piamente discusso in fase di primarie, prevede la nascita di un sistema sanitario che fornisca assistenza a tutti i cittadini, anche a chi non può permettersi una assicura-zione, obbligando i datori di lavoro a pagare le cure per i propri impiegati, permetten-do anche una più facile scelta tra sanità pubblica e privata. Ma come realizzare concreta-

mente la tassazione del dato-re di lavoro? E, soprattutto, come fare per chi un lavoro non ce l’ha? Restando sul piano sociale, Obama è favorevole all'abor-to (anche se la Clinton lo ha accusato di scarsa chiarezza su questo punto), mentre è contrario ai matrimoni gay, ai quali preferisce forme di tutela dei diritti delle coppie di fatto. Sull’immigrazione appoggia un programma di accoglienza dei lavoratori stranieri e chie-de che vengano gradualmen-te regolarizzati gli immigrati clandestini, giudicando im-praticabile l'ipotesi di espel-lere 12 milioni di clandestini. Ma qui Obama non ricorda forse di aver appoggiato in passato alcune risoluzioni di Bush, come la costruzione di una barriera di 1100 km tra Usa e Messico.Sul versante della politica interna, il programma del democratico punta su una limitazione della vendita di armi per uso di difesa perso-nale, stabilendo nuovi requi-siti per il possesso. Obama, inoltre, ha più volte detto di essere favorevole alla pena di morte, ma solo in casi ecce-zionali. E’ sulla politica estera che il senatore afroamericano paga la sua inesperienza. Non è un caso che nella scelta vice ab-bia preferito una figura solida come Joe Biden. Obama, forte del non aver

votato a favore della guerra in Iraq, è favorevole al riti-ro immediato e scaglionato delle truppe americane, per cui ha già votato in diverse occasioni, ma da più parti gli fanno notare che potrebbe pentirsi di scelte troppo az-zardate se dovesse essere lui a entrare nella Casa Bianca. Senza dimenticare che si de-finisce amico di Israele ma è visto con sospetto dal gover-no di Tel Aviv a causa della sua vicinanza alla causa pale-stinese.Cambiamenti si, ma ancora con molti, forse troppi, chia-ro scuri.

Il McCain pensieroQuello che molti media trascurano

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Ora che i sondaggi danno la partita come tutta da giocare e che Obama mostra evidenti segni di nervosismo lanciando insulti e mostrandosi ancora in disaccordo con se stesso su qua-le sia il suo reale credo (http://it.youtube.com/ /watch?v=MGMQ5DpVVTM),watch?v=MGMQ5DpVVTM), ora che il fronte liberal-conservatore americano comincia a rialza-re la testa, una cosa è certa, il “pitbull col rossetto”, come si è autodefinita Sarah Palin, ha fatto breccia nella pancia dell’elettorato del Grand Old Party ed è destinata a restarvi ancora per molto tempo.Il Republican National Con-gress 2008, la riunione dei de-legati repubblicani e dei simpa-tizzanti del GOP, da che doveva essere soprattutto il momento dell’incoronazione di John Mc Cain a candidato del partito dell’elefantino alle prossime presidenziali, si è trasformato in un palcoscenico mediatico formidabile per i “morsi” del Governatore dell’Alaska che ha colpito al cuore non solo le chance di Obama di convin-cere le sostenitrici di Hillary, ma anche la sua immagine pa-tinata di superstar al di sopra di tutto.“Vorrei che ‘l’uomo’ – ‘the man’ come ironicamente chia-mano Obama i repubblicani – parlasse di vittoria con lo stesso

entusiasmo con cui parla di se stesso”, ha detto la Palin ad un pubblico estasiato. Ad un elettorato indeciso che ha fino ad ora faticato ad im-medesimarsi nelle irraggiungi-bili vette del lirismo obamiano o nel linguaggio da Coman-dante in Capo di un paese in guerra di John Mc Cain, Sarah ‘Barracuda’ (da un nomignolo affibbiatole ai tempi del basket per la sua intensità di gioco) ha proposto semplicemente il volto di una donna giusta, una di quelle con i capelli raccolti dietro la testa che si incontra-no per tutta la provincia ame-ricana, un modello alla portata di tutti, una persona che parla chiaro e non fa sconti a nessu-no.Ad Obama che le rinfacciava la sua mancanza di esperien-za, la Palin senza colpo ferire e con un sorrisetto malizioso sulle labbra ha ricordato che sì è vero, è giovane, però è stata Sindaco della cittadina dove è nata (Wasilla) e da Governato-re dell’Alaska sa bene cosa vuol dire prendersi le proprie re-sponsabilità: il senatore demo-cratico può dire la stessa cosa?La Palin è una madre di fami-glia, una di quelle toste. Una self made women che fa egre-giamente il proprio lavoro di Governatore continuando a mandare avanti una famiglia con cinque figli che accoglie al

suo interno un bambino diver-samente abile, “speciale” come lo ha chiamato in pubblico, un bambino “speciale” che abbi-sogna di attenzioni “speciali”.Lotta contro la corruzione, battendosi per un’educazione di qualità, per migliorare i tra-sporti nel suo Stato, tanto da essere ancora oggi tra i Gover-natori più amati della storia de-gli Stati Uniti e ciò nonostante il continuo bombardamento e i supposti scoop dei media de-mocratici che tentano inutil-mente di trovare nella sua vita una nota stonata, al punto che il Weekly Standard, il settima-nale neoconservatore di Wil-liam ed Irving Kristol, punto di riferimento dell’intellighen-zia neocon nel paese, l’aveva da tempo incoronata come una delle possibili frecce nell’arco del Grand Old Party per il fu-turo, visto che il presente ap-pariva piuttosto grigio.Ma il futuro è adesso e ogni giorno che passa la Palin riesce a far crescere l’entusiasmo dei conservatori rendendo possi-bile il raggiungimento di una percentuale di votanti alle pre-sidenziali di novembre simile a quella che premiò G.W. Bush al secondo mandato, con il corollario di essere diventata il nemico giurato numero 1 del partito democratico di cui è la vera spina nel fianco.Piace alla destra nazionalista

perché gira armata come da secondo emendamento ed è membro della maggiore asso-ciazione in difesa del diritto alla detenzione di armi, piace perché si fa riprendere mentre spara con il fucile e va a cac-cia di orsi per le foreste del suo Stato.Ha colpito anche la fazione dei libertarians, recentemente sul piede di guerra all’interno del partito per la svolta consocia-tiva impressa all’economia in questo ultimo scorcio di presi-denza Bush e perché in un pas-saggio fondamentale del suo discorso al RNC 2008, dopo aver sostenuto come non ci sia bisogno di un Governo ancora più grande e costoso di quello che è già oggi Washington, ha con grinta ricordato agli ame-ricani cosa sanno fare meglio i democratici quando sono al Governo e in che modo sono abituati a provare a risolvere problemi che poi lasciano in-soluti: prendendo soldi dalle tasche dei cittadini e spenden-doli in programmi pletorici.La Palin è poi una dura soste-nitrice della battaglia pro-life, contro i matrimoni omoses-suali, contro l’aborto come testimonia la sua stessa vita, a Wasilla ha frequentato sin da ragazza la chiesa pentecostale il cui credo di fondo è che Dio sia Dio e conosca dove la sto-ria stia andando, che esista un

Suo disegno propositivo e nel mezzo di questo disegno viva-no gli uomini, in un ambien-te, il nostro mondo dove certi eventi (leggi la discesa dello Spirito Santo oppure l’Apoca-lisse) potrebbero accadere, un personaggio quindi che manda in brodo di giuggiole tutta la Christian Coalition.Una cosa è certa, queste presi-denziali sono tutt’altro che vin-te per i repubblicani, ma già il fatto che, arrivati a poco meno di due mesi dalle elezioni, ci sia

più di un sondaggio (su tutti Gallup/USA Today) a dare alla pari Obama con Mc Cain può dirsi un successo considerando il punto di partenza del parti-to che fu di Ronald Reagan e se oggi esso può guardare con ottimismo alle elezioni e per-mettersi anche eventualmente di perdere è perché sa che il futuro del partito con donne come la Palin è tutt’altro che compromesso.

Giampiero Ricci

La Piazza D’Italia - Approfondimenti

In questo momento di gravi tensioni, che ha riproposto dopo anni il vecchio schema Usa vs Russia, l'installazione dello scudo antimissile appare agli occhi di tutti una decisio-ne chiave in vista degli scenari futuri.Dopo anni di discussioni, con grande facilità Stati Uniti e Po-lonia si sono messi d’accordo: verranno installati una serie di missili americani nell’ambito del cosiddetto scudo globale.Washington e Varsavia non hanno fatto alcun riferimen-to alle attuali tensioni con la Russia e la firma dell'accor-do resta – ufficialmente – da mettere sempre in relazione al pericolo iraniano. Ufficial-mente.Il premier polacco Donald Tusk ha entusiasticamente di-chiarato: “Abbiamo varcato il Rubicone” facendo presente che ora la Polonia è più sicu-ra e che va ad inserirsi a pieno titolo nell’Alleanza Atlantica. Gli Usa hanno accettato la richiesta del suo governo di installare in Polonia almeno una batteria degli missili Pa-triot, di medio raggio, con l'intenzione di garantire al paese maggiore sicurezza (Si-korski ha precisato che una batteria e' composta da 96 missili).L'intesa, secondo Tusk, preve-de anche una maggiore colla-borazione strategica fra i due paesi con lo scopo anche di ammodernare le infrastruttu-re dell’ esercito polacco.

Il presidente Bush, ha espres-so vivissima soddisfazione per l’accordo firmato a Varsavia per l'installazione di una bat-teria di missili nell'ambito del progetto di difesa denomina-to Scudo Globale.L'accordo tra le altre cose prevede che entro il 2012 gli Stati Uniti possano installare in territorio polacco una serie di dieci missili intercettori. Che si tratti di una risposta ai fatti russo-georgiani? Per la verità, il patto era già in iti-nere e semmai, al contrario, meriterebbe di essere consi-derato l’atteggiamento della Russia una risposta a tutto ciò. Certo è che i Russi hanno dimostrato di fare sul serio, non mollare nulla di quan-to direttamente apparteneva loro ai tempi dell’Urss, senza tralasciare tutta la serie di pae-si satelliti, tra cui la Polonia e la Repubblica Ceca, strappati testè dagli Usa. Che adesso pensano proporre la cosa an-che all’Ucraina che non ha perso tempo a dichiararsi fa-vorevole. Bisogna anche ca-pire l’atteggiamento di questi governi sui quali incombe la figura inquietante del Crem-lino. Per loro, stringere patti militari con gli Usa è come garantirsi, firmare una “po-lizza vita”. Ci aveva provato anche Saakashvili, ed è andata come abbiamo visto.Intanto, dalla Russia arrivano, oltre a commenti stizziti e an-che qualcosa di più, le prime posizione ufficiali. Il ministro

degli esteri Lavrov ha infatti annullato una visita a Varsavia in programma per il prossimo settembre. Ma che scenari apre questa tensione?Può parlarsi di ritorno alla guerra fredda?”No, non sarà una nuova Guerra Fredda”, garantisce l'amministrazione Bush, ma tali dichiarazioni, ampiamen-te tradite dai fatti, lasciano il tempo che trovano in quanto attualmente i rapporti sono gelidi. Anche Washington ha deciso di non mollare la pre-sa, intraprendendo una serie di blitz verbali nei confronti di Mosca, degli avvertimenti per così dire. Il ministro del-la Difesa Gates ha mandato un forte segnale sul cambio di rotta che la situazione di questi giorni segna per la strategia militare americana. “Se la Russia non arretra - ha tuonato - ci saranno serie im-plicazioni: le relazioni tra Usa e Russia possono essere com-promesse negativamente per gli anni a venire”.Minaccia che non siamo sicu-ri influenzino positivamente Mosca, visto che la ricetta rus-sa è ben delineata: l’impero.Attraverso la tenaglia ener-getica - in grado di esercitare una grossa pressione anche sull’Europa - e le proprie boc-che da fuoco sempre calde. Poco spazio alla diplomazia, dunque. Inoltre, nelle stanze lugubri del Cremlino alberga la certezza che l’impero ame-ricano abbia imboccato la

propria fase discendente, im-pantanato in Medio Oriente. Una fase pertanto propizia per chi come la Russia nutre ambizioni egemoniche d’area (Caucaso) e su scala planeta-ria.Perciò anche se Bush - per la verità solo lui - getta acqua sul fuoco, i fatti dicono altre cose. E pericolose. Non mancano - specie da parte russa a dire il vero - minacce dirette ai paesi vicini che aspirano ad ospita-re armi americane sul proprio territorio (Cechia e Ucraina). A testimonianza di ciò valga-no le ultime dichiarazioni del ministro degli esteri russo La-vrov, che ha ribadito l’insussi-stenza dell’ integrità territo-riale georgiana, con la replica stizzita della Casa Bianca: “La consideriamo una spaccona-

ta del ministro - ha detto la portavoce Dana Perino - che ignoreremo”.Ma di una durezza senza precedenti nella pur lunga polemica tra Washington e Mosca sul sistema americano di difesa anti-missile è stato il generale Nogovitsin, vice capo di stato maggiore russo, che non lascia presagire nulla di nuovo, incendiando ancora di più un clima difficilissimo. “Gli Usa stanno mettendo in piedi questo scudo per motivi loro e la Polonia, accettando sul suo territorio una parte di questo sistema, si espone ad una risposta militare, questo è sicuro al cento per cento”, ha dichiarato, arrivando a prefi-gurare persino “una risposta che in linea teorica potrebbe essere anche nucleare”.

Avendo la Polonia accettato di dislocare sul suo territorio 10 missili intercettori ameri-cani essa si espone automa-ticamente al rischio di ritor-sioni russe. Così farà anche la Repubblica Ceca, e - pare proprio di sì - l’Ucraina, tutti paesi che la Russia considera cuscinetto e/o sotto la propria influenza. Dal canto loro gli Usa continuano a sostenere che i due avamposti europei dello scudo serviranno soprat-tutto a tenere sotto controllo l’Iran. Allo stato dei fatti, una tesi assai difficile da difende-re. A questo punto, con la distensione squarciata in Ge-orgia, se davvero fossimo alla viglia dell’apertura d’un nuo-vo fronte, diverremmo tutti molto di più che dei semplici spettatori interessati.

Accordo Usa - Polonia e lo strappo con MoscaI giochi con la Russia sono aperti

Fight with herSarah Palin

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La Piazza D’Italia - Attualità

La questione russo-georgianaOgni giorno il concetto di globalizzazione entra nelle nostre vite affinché diventi una comune esperienza ed un condiviso sentire, ma questa azione generale di convinci-mento a volte a mio parere viene messa fortemente in di-scussione di fronte a conflitti come quello da poco avuto tra Russia e Georgia. Guerre per annettere altri ter-ritori o per difendersi da mire espansionistiche altrui sono scenari che non vanno d’ac-cordo con l’idea di un assetto geo-politico mondiale armo-nico; minacce di un ritorno alla guerra fredda e conflit-ti civili di natura religiosa, sparsi qua e là, contrastano fortemente con l’idea di una comunità di stati. E’ come se ci si volesse con-vincere di qualcosa, ma che in realtà stenta a realizzarsi per-ché non vi sono le condizioni più opportune; non si può credere ad una globalizzazio-ne basata solo su necessità economiche, ne ci può essere un’economia globalizzata sen-za cooperazione tra i popoli. I fatti sono evidenti e parlano chiaro. La neo candidata alla vice presidenza repubblicana Usa, Sarah Palin, dopo i fat-

ti in Georgia ha dichiarato un secco “perché no” ad un eventuale conflitto, in vista di un’acuirsi della crisi con la Russia, come se si stesse par-lando di un videogames dove le bombe e i morti sono finti. In questo difficile momento, la distensione dovrebbe essere l’unica via. Parlando di Russia invece si evocano i vecchi tempi, non troppo andati a quanto pare, degli zar. La loro residenza era il Crem-lino: qui si concentravano il potere politico, militare e religioso che dominava un territorio immenso con una struttura molto arcaica. Avevano potere assoluto, di vita e morte su tutti i sudditi; la loro era una forza insensi-bile. L’opposizione non po-teva esistere e se c’era veniva eliminata. La giustizia era esercitata dai potenti, poi dai vari aristo-cratici e spesso era sommaria, violenta e segreta. A quel tempo le condizioni di vita, soprattutto nelle campa-gne, erano miserevoli. Come un ciclone arrivò poi Pietro il Grande, oggi forse si deve sperare in uno tzunami. Dall’est all’ ovest, dal nord al sud del mondo, si sta andan-

do alla deriva verso territori minati. Dopo diversi giorni di pe-santi scontri tra esercito ge-orgiano e milizie sud ossete, nella notte tra il 7 e l’8 agosto la Georgia attacca e invade l’Ossezia del Sud provocando gravi distruzioni nel capoluo-go della regione Tskinvali. Le vittime civili sono tante e si fa la guerra anche sul loro reale numero. L’attacco, dicono le autorità georgiane, si è reso necessario per riportare l’or-dine costituzionale nel sud dell’Ossezia. La parola “ne-cessario” è un termine forte e su cui riflettere. Il presidente russo Medvedev, dopo aver appreso che un contingente russo di peace-keeping presente dal 1992 nella regione attaccata, è stato colpito e visto che L’Ossezia del Sud è sotto il protettorato russo, decide di aprire il con-flitto con la Georgia. Certo, la guerra è diventata inevita-bile ai nostri giorni. Sono tanti gli interessi che giocano in questo conflitto: dalla Georgia che vuole entra-re nella Nato agli importanti assetti territoriali strategici fondamentali per Stati Uniti e Unione Europea; dai posse-dimenti petroliferi in Ossezia

alla volontà Russa di porsi al mondo come forza ricostitui-ta dopo il crollo dell’impero sovietico e che mostra i mu-scoli dicendo di non avere paura di niente; dall’accordo Usa - Polonia sullo scudo anti-missile alla conseguente irritazione di Mosca. In que-sto contesto l’ideologia non c’entra e la libertà non deve essere strumentalizzata poi-

ché essa deve essere difesa con la cooperazione. Il 12 agosto finalmente si rag-giungono sei punti d’accordo fra il presidente russo Medve-dev e Niccolas Sarkozy, presi-dente di turno dell’UE: non ricorso alla forza, cessazione immediata di tutte le osti-lità, libero accesso agli aiuti umanitari, ritorno delle forze armate georgiane alle posta-

zioni permanenti (caserme), ritiro delle forze russe alle po-sizioni precedenti al conflitto, inizio di un dibattito interna-zionale sul futuro status di Ossezia del sud e Abkhazia e dei mezzi per garantire stabi-lità e sicurezza. Con una certa disillusione ci aspettiamo che gli accordi in-ternazionali vengano rispet-tati.

Decantato dal premier come uno degli obiettivi, in breve l’accordo Italia-Libia, che pre-senta indubbiamente spunti interessanti, non è passato senza strascichi, non ha ac-contentato tutti. Ma prima di addentrarci nel commenti occorre presentare i termini dell’accordo.A beneficio del premier va detto che dopo quasi 40 anni e due tentativi andati a vuoto (l' ultimo con D' Alema nel 2007), il Cavaliere e Gheddafi hanno finalmente posto fine al lunghissimo contenzioso, at-traverso un accordo che sanci-sce un rapporto privilegiato tra i due Paesi. Per trovare l’accor-do tra Roma e Tripoli si è lavo-rato mesi, e finalmente questa interminabile vicenda è giunta alla conclusione. L' accordo apre tutte le strade in vista del consolidamento del parte-nariato economico e sociale e intensificherà la cooperazione tra i due paesi. Sono servite sei visite (la quinta lo scorso giu-gno), e un grosso sforzo eco-nomico all’Italia. Il premier infatti, oltre alla statua delle Venere di Cirene (portata alla luce da archeologi italiani), porta in dote un imponente risarcimento alla Libia, quel “risarcimento” che Ghedda-fi pretendeva per i danni del colonialismo: primo fra tutti, il finanziamento di una lun-ga autostrada che collegherà il Paese dal confine egiziano

a quello tunisino, opera da quasi tre miliardi e mezzo di euro diluiti in 25 anni, e poi lo sminamento di alcune aree del Paese, la costruzione di altri edifici minori, partecipazioni in progetti e infrastrutture per un costo totale di oltre 5 mi-liardi di dollari. In cambio, ol-tre alla possibilità di tornare a investire in Libia per le azien-de italiane (il premier conta di far diventare l’ Italia il primo partner commerciale libico), gli indubbi vantaggi in campo energetico per quanto riguarda l’approvvigionamento di gas e petrolio. Un’ altra ragione per cui Berlusconi ha voluto a tutti i costi che si arrivasse all’ intesa è legata all’immigrazione. Per quanto oneroso possa essere stato, infatti a Roma sta molto a cuore un efficace contrasto dell’ immigrazione clandestina anche attraverso dei pattuglia-menti congiunti delle coste. Visto che parte conisistente dell’immigrazione giunge da lì. Qualche dubbio lo conser-viamo in merito all’efficacia di una così estesa costa da parte della polizia libica…Ma veniamo agli scontenti, che non sono pochi. Ovvio, perché se Berlusconi ha rite-nuto di pagar così caro il part-nerariato con Gheddafi, i circa 20 mila italiani espropriati dal governo libico a partire da-gli anni ’70 non condividono affatto le scuse unilaterali e il disinteresse totale manifestato

nei loro confronti.“Avrà Berlusconi, di ritorno da Bengasi, un sussulto di di-gnità, di umanità e di rispetto, riuscendo a dare una risposta personale ai ventimila cittadini italiani che fino ad ora hanno invano reclamato un idoneo stanziamento da parte del loro Governo, a chiusura del con-tenzioso per i beni confiscati da Gheddafi in violazione di un accordo internazionale?” - chiedono gli italiani rimpa-triati. Il malcontento di costoro è condivisibile. Sembra ieri quando il comandante tuonò: “Entro breve tempo la Libia deve essere ripulita dei residui del colonialismo italiano”. Il patto siglato negli ultimi gior-ni ha messo la parola fine su questo processo con enorme soddisfazione tra le parti.In questo storico documento l’Italia si scusa per gli eccidi, le distruzioni e la repressione ai danni del popolo libico du-rante l'occupazione coloniale. Quello che però fa storcere il naso a rimpatriati e non è che mentre i vantaggi di Tripo-li sono immediati, i benefici per Roma sono teorici e tutti da verificare (ad eccezione di quelli per i petrolieri).Infatti, la lotta all’immigrazio-ne clandestina grazie al pattu-gliamento delle coste – con ef-ficacia tutta teorica – sa tanto di copertura.Veniamo al punto focale

dell’accordo: la natura econo-mica. Quali sono gli impatti dell’accordo sull’Italia e sulle imprese italiane? Attualmente l’ENI acquisisce oltre 500mila barili al giorno dalla Libia. La rilevanza strate-gica del fornitore è sottolinea-ta anche dal prolungamento di 25 anni – ma guarda un po’ – dei contratti tra la Libia e l’ente italiano ( valore di 28 miliardi di dollari complessivi).Inoltre, nell’accordo si scri-ve “risarcimento” ma si legge “investimento”, ovverosia rea-lizzazione di opere da parte di imprese italiane con Impregilo e Finmeccanica fortemente in-teressate.Ma fatte salve tali preoccupa-zioni da parte del governo ita-liano, non si riesce a spiagare

perche’non si è minimamente tentato di ricomprendere nel risarcimento – anche simbo-lico per carità - anche i nostri espropriati e rimpatriati cui nel 1970 furono confiscati beni per 400 miliardi di Lire dell’epoca, ed addirittura an-che i contributi previdenziali. Probabilmente perché Ghed-dafi non avrebbe mai accetta-to, in quanto avrebbe sconfes-sato 40 anni di propaganda.Ma c’è qualcosa di più deci-sivo, che ha fatto pendere la bilancia a favore dell’accordo. Un qualcosa che ancor più evidenzia la soddisfazione di Gheddafi. L’articolo 4 dell’ac-cordo infatti, secondo quan-to trapelato da fonti ufficiali libiche, reciterebbe: ”Nel ri-spetto dei principi della lega-

lità internazionale, l'Italia non usa e non permette di usare i suoi territori contro la Libia per ogni aggressione contro la Libia, e la Libia non userà o permetterà di usare il suo territorio per ogni atto ostile contro l'Italia”. Vale a dire che Usa e Nato non potrebbero più - in caso di at-tacco alla Libia – sfruttare le proprie basi italiane. Su questo punto, pare che Gheddafi sia stato inflessibile, minaccian-do addirittura di far saltare l’accordo se l’Italia non aves-se accettato. C’è da chiedersi a questo punto perché per il colonnello libico l’art. 4 abbia rappresentato una conditio sine qua non.Guai in vista?

Francesco Di Rosa

Berlusconi e Gheddafi firmano la fine di un contenzioso lungo 40 anni. Ma non tutti applaudono

Italia-Libia, scoppia l’amiciziaDalla Prima

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Le famiglie tagliano la spesa, i consumi diminuiscono, l'inflazione si mantiene elevata e il costo del lavoro aumenta

L'Italia è in recessione

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Partita doppiaMaggioranza e opposizione alle prese con problemi di "amalgama" interni

Passata l’estate e soprattutto trascorsi i primi cento giorni di Governo Berlusconi che aria tira all’interno dei due parti-ti(?) maggiori del panorama politico italiano? Sicuramente all’interno del nascituro PdL si viaggia sul-le ali dell’entusiasmo grazie ai notevoli risultati ottenuti dal Governo in questo primo scorcio di legislatura: risolu-zione - per il momento - del problema spazzatura a Napoli, accordo in politica estera con Libia nell’ottica di un maggior controllo delle rotte marittime dell’immigrazione clandestina provenienti dalle coste africane e dirette verso l’Italia, cordata per il salvataggio dell’Alitalia, l’introduzione di una legge fi-nanziaria della durata triennale che finalmente farà forse ter-minare l’assalto alla “diligenza” da parte di tutti i parlamentari nei confronti delle casse dello Stato al momento dell’appro-vazione del Bilancio,la caccia senza quartiere ai fannulloni della Pubblica Amministra-zione voluta dal Ministro Brunetta,e la messa in cantie-re di importanti riforme come quella del sistema scolastico, di quello giudiziario e del così detto federalismo fiscale.Nonostante questa notevole mole di lavoro però, a voler cer-care il pelo nell’uovo, c’è stata

qualche frizione interna al cen-tro destra che sarebbe meglio non trascurare. Alcune volte cose da poco per carità, come il capo del gruppo senatoriale del PdL Gasparri che tuona contro la nomina di Giuliano Amato da parte del neo Sinda-co di Roma Alemanno alla pre-sidenza della Commissione per lo sviluppo di Roma Capitale. Ma prese di posizione diverse si sono avute anche riguardo tematiche molto più delicate. Portiamo a tal proposito alcuni esempi. Nel momento di di-scutere del caso Alitalia si sono trovati su posizioni divergenti i Leghisti ed il Sindaco di Roma Alemanno, con gli uni che pre-mevano per il potenziamento dell’”hub” di Malpensa mentre l’altro si rendeva indisponibile a sminuire di importanza - di voli soprattutto - lo scalo di Fiumicino. Il tema spinoso ri-guardante il salvataggio della nostra compagnia di bandiera aveva però in precedenza creato tensioni tra il Ministro Sacconi e Brunetta, col responsabile del dicastero del Lavoro che si diceva disposto ad assorbire gli eventuali lavoratori in esube-ro dell’Alitalia - 4.500, 6.000, 8.000 e poi 3.250 - attraver-so assunzioni nella Pubblica Amministrazione. Eventualità questa che il Ministro della Funzione Pubblica, respingeva

al mittente minacciando - in caso di accettazione di tale cir-costanza da parte del Consiglio dei Ministri - di dimettersi dall’Esecutivo. In effetti pensa-re di assumere così tante per-sone senza concorso nei ranghi della P.A. andrebbe contro i tagli di spesa fin qui fatti dal settore pubblico sia contro la politica fin qui sbandierata dal PdL di rendere più competiti-va la macchina amministrativa dello Stato. Esempi negativi poi dell’inserimento di “Cassa Integrati” o “Lavoratori So-cialmente Utili” nella Pubblica Amministrazione si sono avuti negli anni scorsi allorquan-do enti locali come Regioni, Province o Comuni o anche le stesse istituzioni scolastiche sono state oberate da questa tipologia di lavoratori che non opportunamente formati han-no fatto lievitare la spesa pub-blica e hanno erogato servizi al cittadino veramente scadenti.L’altra questione spinosa su cui da mesi oramai si discute in maggioranza è quella dell’at-tuazione del federalismo fiscale prodromico a quello delle Isti-tuzioni dello Stato. In questo caso i Rappresentanti della Lega si trovano a combattere contro i mal di pancia di A.N. e soprat-tutto dei Forzisti capeggiati dal Ministro Fitto ex, governatore della Regione Puglia, il quale

tenta di mettere d’accordo le proposte dei “lumbard” con le legittime aspirazioni dei gover-natori delle Regioni Meridio-nali, che con l’esclusione della Sicilia sono in mano a giunte di Centro sinistra.A tutti questi focolai grandi e piccoli che covano sotto le ceneri c’è da sommare la ben-zina che potrebbe aggiungersi al momento della prossima creazione del PdL se le frizio-ni attuali tra F.I. ed A.N. non trovassero il giusto equilibrio politico. Frizioni che potreb-bero già innescare un incendio al momento delle prossime elezioni anticipate regionali in Abruzzo o della tornata eletto-rale delle Europee del prossimo Giugno. Ma rispetto a quello che avvie-ne nel campo del PD le que-stioni interne al centro destra sembrano bagattelle tra vecchie comari.Nel Partito Democratico siamo al punto - ma si è arrivati a ciò già da parecchio tempo ormai - che volano gli stracci. Veltroni è continuamente nell’occhio del ciclone delle polemiche. Non passa un gior-no che qualcuno degli alti diri-genti del Partito Democratico non intervenga su un qualsiasi argomento dell’agenda politica in maniera opposta a quanto affermato in precedenza dall’ex

sindaco di Roma o rispetto alla linea ufficiale del Partito, che in verità ancora pochi cono-scono.Bisogna raccogliere le firme contro il governo Berlusconi per preparare una manifesta-zione autunnale di protesta, bene: i primi che si schierano contro tale petizione voluta ed organizzata dal PD sono i governatori o i pochi sinda-ci di una certa importanza e peso politico che sono rimasti in quota al centro-sinistra e cioè Bassolino, Chiamparino e Cacciari.Si discute di riforma del siste-ma giudiziario? Violante - che mira ad un posto nella Corte Costituzionale - apre al Mini-stro Alfano, mentre la Finoc-chiaro chiude ad ogni possi-bile dialogo con i partiti della maggioranza di centro-destra, tenendosi quindi in “scia” a quanto affermato in preceden-za da Di Pietro.Anche il caso Alitalia è sinto-matico delle devastanti divisio-ni che caratterizzano la politica del PD.Ad esempio, l’ex Ministro Bersani, ha fatto il giro dei giornali della penisola affer-mando in ogni dove, come il piano di salvataggio concepito dal precedente Governo Prodi fosse migliore, ma riguardo a questo non sembra aver fatto

all’interno del proprio partito molti proseliti. Addirittura il Governatore del Lazio Mar-razzo, veltroniano (?) di ferro, ha chiesto di poter entrare a far parte, tramite un apposito finanziamento regionale, nel CDA della nuova Alitalia, pen-sando di portare in dote alla nuova compagnia, forse, invece dei soldi, altri debiti. Gli stessi sindacati sono divisi sul da far-si: Cisl e UIL favorevoli al pia-no orchestrato da Berlusconi , CGIL apertamente contraria a tale eventualità.Tali divisioni sono amplifica-te anche dalla presenza nella cordata di “salvataggio” della nostra compagnia di bandiera, di Roberto Colaninno papà di Matteo deputato eletto nelle fila del Partito Democratico e della famiglia Benetton da sempre schierata politicamente a sinistra.Insomma si preannuncia un autunno, se non caldo, per lo meno movimentato all’inter-no dei due schieramenti. Solo il tempo ci dirà se tutte queste matasse si potranno sbrogliare o si ingarbuglieranno ancor di più, in attesa soprattutto di un bipartitismo più moderno e più capace di ricercare - anche insieme - le soluzioni giuste che il Paese tutto, attanagliato dalla recessione economica, aspetta con ansia.

Come se non bastasse ad ag-gravare la salute del sistema economico italiano ci si mette ora anche la disastrosa dina-mica dei consumi e dell'infla-zione. Alitalia è sull'orlo del fallimento mentre l'Italia su quello della recessione. Peggio di così non poteva prefigurarsi la fase finale del 2008, e non buone sono le stime previ-sionali per il 2009 anche se dovrebbe verificarsi un'atte-nuazione della crescita infla-zionistica e della debacle dei consumi. Come è noto, un sistema economico è caratte-rizzato da una molteplicità e da una complessità di fattori che ne determinano l'anda-mento e ne diagnosticano lo stato di salute, vero è che il nostro Paese sta attraversando una fase molto negativa. Non va dimenticato neppure la si-tuazione internazionale, for-temente in crisi sia dal punto di vista finanziario che econo-mico. Quello che preoccupa non è tanto la crisi in sé ma i fattori che l'hanno determina-ta, per esempio il calo dei con-sumi, questo fenomeno tipico dell'era della globalizzazione, sta interessando un po' tutta l'Europa, la contrazione della spesa delle famiglie è sintoma-tica di un congelamento dei redditi e delle retribuzioni che non adeguano i loro livelli a quelli del caro-vita. Dunque, mentre gli stipendi corrono

molto meno del costo della vita, il problema struttura-le è sempre quello relativo al mercato del lavoro. Il numero dei disoccupati cresce, già nel 2007 l'occupazione ha rallen-tato dell'1% seguendo il Pil. Nell'anno in corso il Centro Studi di Confindustria stima uno + 0,7% per i posti di la-voro nell'intera economia. Il costo del lavoro subisce una vera e propria impennata nel 2008; l'accelerazione delle retribuzioni e la deludente dinamica della produttività spinge verso l'alto il clup che aumenterà nel corso dell'anno del 4,7% per l'intera econo-mia e del 4,1% nell'industria in senso stretto. Il Centro Stu-di di Confindustria fotografa così “la crescita pericolosa” del costo del lavoro.L'inflazione è rimasta al 4,1% ad agosto, massimo dal 1996. ma la variazione degli ultimi tre mesi mostra un raffred-damento (dal 5,1% al 4,2%) che proseguirà nel resto di quest'anno e nel corso del prossimo. La dinamica ten-denziale si riporterà appena sotto il ritmo dettato dall'in-flazione, che resta vicino al 2%. L'incremento medio annuo sale al 3,6% nel 2008 dall'1,8% del 2007 e scende al 2,5% nel 2009.Il Centro Studi di Confindu-stria prevede per l'intero 2008 una diminuzione del prodot-

to interno lordo dell'0,1%, in forte contrasto con l'aumen-to dell'1,5% conseguito nel 2007.Dunque il Pil è in calo, l'eco-nomia italiana è in recessione. Permangono rischi di debolez-za internazionale, ma si intra-vedono i primi timidi segni di stabilizzazione che preludono a una svolta. Se confermati, nel 2009 inoltrato comince-rà la ripresa, cui l'Italia ha la possibilità di agganciarsi. Nel prossimo anno l'incremento del Pil sarà dello 0,4% con un'accelerazione significativa dal -0,1% dell'ultimo seme-stre 2008 al +1,3% del quarto 2009. La crescita di Eurolan-dia nel 2008 si stima che è all'1,3%, dimezzata rispetto al 2007.Nell'ambito di uno scenario macroeconomico e congiun-turale depressivo, c'è da rile-vare l'elevato carico fiscale e contributivo che le famiglie italiane debbono sopportare. Per esempio se si considera una famiglia tipo, nel 2008 per ogni 100 euro di remune-razione da lavoro dipendente, 53 finiscono in imposte diret-te, indirette e contributi so-ciali. Molto più, dunque, del-la pressione fiscale totale che è pari al 43% del Pil. In ultima analisi non si può non anno-verare tra i fattori scatenanti la recessione i rincari delle quo-tazioni del petrolio e derivati,

che tra il 2003 e il 2008 han-no aumentato dal 2,2% al 4% l'incidenza sul Pil, delle risorse destinate da famiglie e impre-se a queste fonti energetiche, con un incremento dunque di 1,8% di Pil.Nella prassi giornalistica e non solo, ogni giorno si rile-vano informazioni che ten-dono a fotografare la situa-zione dell'economia italiana sotto tutti i suoi punti di vista, fornendo le varie stime previsionali e le varie dichia-razioni degli addetti ai lavori. Quello che sistematicamente emerge è il dato statistico, la sua interpretazione dai settori o dalle categorie di interes-se, ma quello che, invece, è quasi sempre assente sono le misure idonee a fronteggiare e a creare le condizioni per risolvere i problemi. Questo compito sappiamo benissimo che è affidato in primo luogo ai policy makers, in secondo luogo al Parlamento italiano che attraverso l'iter legislativo dovrebbe tradurre in leggi ciò che concretamente si è pre-visto nella decisione politica. Ma i problemi dell'economia, essendo strutturali, subendo esternalità spesso negative e poco gestibili non possono essere rimessi tutti alla risolu-zione del legislatore, in termi-ni pratici, cioè, la recessione non è che si risolva a colpi di normative o decreti. Questi,

invece, sono necessari a creare le condizioni per le imprese e le famiglie a risollevare il si-stema dalla crisi. Comunque, ciò non significa che la politi-ca economica di un Governo non possa essere efficace ed indirizzare il sistema verso la ripresa.L'economia italiana ha biso-gno di uscire dalla fase reces-siva, cioè deve riportare la cre-scita a tassi sopra lo zero, per far questo occorrono politiche di sostegno ai redditi attraver-so la creazione di nuovi posti di lavoro e un'accelerazione al processo di adeguamento de-gli stipendi al costo della vita. Solo in tal modo si può gene-rare quel senso di ottimismo che porterà le famiglie italiane a riprendere a consumare. Per quanto riguarda le imprese occorre procedere con sgravi fiscali, il dipendente ha un co-sto troppo elevato per l'azien-da, che non ha incentivo dunque ad assumere neppure utilizzando forme contrattuali flessibili, perché anche quelle non consentono risparmi fi-scali percepibili.Poi c'è il problema permanen-te che hanno le piccole imprese ad accedere al credito agevola-to. Non si può pensare che in una economia fondata al 95% su piccole e medie imprese, si possa continuare a ritardare ad eliminare le barriere all'in-gresso per l'accesso al mercato

finanziario. Se un'impresa non riesce a reperire risorse finan-ziarie necessarie a sostenere i propri investimenti non avrà possibilità di sopravvivere sul mercato, oggi più di prima, in un mercato globalizzato dove la competizione si va inasprendo, e dove occorro-no maggiori investimenti per innovare e per soddisfare i consumatori. Offrire prodotti di buona qualità ad un prez-zo accessibile non è facile se i costi di produzione non si abbattono con la ricerca e lo sviluppo, la quale, appunto, costa e per poterla finanziare si ha bisogno di prestiti.In Italia ci sono troppe cose che non funzionano ognuna delle quali incide sul mec-canismo di funzionamento dell'altra, per esempio salari e profitti, caratterizzati da una funzionalità inversamente proporzionale, cioè se aumen-ta l'uno diminuisce l'altro, trovare un equilibrio nel mer-cato del lavoro oggi è davvero difficile ma ridurre il gap è possibile. Questo implica un forte Governo, compatto, de-cisionista, che in breve tempo riesca ad addrizzare il tiro di un sistema economico allo sbando e occorre gettare le basi per fare riforme e dargli il tempo di esplicare gli effet-ti, a tal proposito sarebbero auspicabili doppie legislature riformiste.

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La Piazza D’Italia - Tempo Libero

Ciak, il pranzo è servito!Un connubio, quello tra cibo e cinema, che fa sognare

Hancock Burn after readingEccolo il nuovo supereroe, Hancock. Fin ora siamo stati abituati a supereroi con passati turbolenti, crisi interiori legate alla responsabilità di un ruolo difficile da ricoprire, perché pur sempre si tratta di esseri in parte umani, ma dall’aspetto impeccabile sia quando incarnano la figura umana, sia quando entrano in azione per salvare il mondo. Hancock non è assolutamente così. Il suo aspetto lascia molto a desiderare in quanto trascurato, è alcolizzato, senza tetto ed ha dei modi piuttosto bruschi per assolvere il suo compito di risolutore di problemi. E’ quindi da educare.Il blockbuster diretto da Peter Berg (The Kingdom) deriva in realtà la sua unica forza d’attrazione nel carisma di Will Smith. Ovvero la star formato bancomat che trasforma in successo tutto quello che tocca. Smith ha consacrato il diritto del “diverso” a diventare “normale” e cioè un protagonista a pieno titolo di un prodotto da major.John Hancock - nome di sacra memoria istituzionale in Usa, essendo uno dei firmatari della Dichiarazione d’Indipendenza - è un concentrato di quanto rientri nel politicamente

scorretto e sconveniente all’integrazione sociale. Per cui anche se artefice di atti di eroismo soprannaturale, la popolazione lo detesta. La sua riabilitazione presso l’opinione pubblica diventa missione di un consulente di pubbliche relazioni (Jason Bateman). Il supereroe si adegua, paga lo scotto, e così facendo si riappropria di un passato problematico in cui - guarda caso - è

coinvolta la moglie del suo educatore (Charlize Theron). Hancock mescola più generi in una sola pellicola. Se la partenza ironica e avvincente prelude a un action-comedy, la drammaticità dei fatti che seguono e il registro serioso con cui sono raccontati sterzano improvvisamente verso un’atmosfera troppo pesante e inadeguata, com- promettendone l’equilibrio generale.

Film d’apertura fuori concorso al Festival di Venezia, Burn After Reading è l’ultima fatica dei fratelli Coen che concepiscono una vera e propria spy-story senza dimenticare i tratti distintivi dei loro ormai non più occasionali divertissement d’autore. Intrigo corale, fisime e paranoie dell’uomo di mezz’età contemporaneo, ricatti e sospetti: tutto ruota intorno al ritrovamento fortuito di un cd contenente informazioni dettagliate su Osbourne Cox (John Malkovich), analista della CIA fresco di licenziamento e sposato con una donna (Tilda Swinton) che da tempo lo tradisce con Harry Pfarrer (George Clooney), funzionario del Tesoro nonché paranoico sessuomane. Il cd finisce nelle mani di Chad Feldheimer (Brad Pitt), personal trainer schizzato di una palestra alla periferia di Washington, e potrebbe trasformarsi nel passepartout desiderato dalla sua collega Linda Litzke (come sempre straordinaria Frances McDormand), per pagare i “necessari” ritocchi chirurgici di cui ha tanto bisogno. Da qui si entra in un vortice di ricatti da cui non sarà poi così facile uscire, ma che chi scrive preferisce non svelare. Sceneggiatura di ferro, satira intelligente e divertente sui film di spionaggio (dalle inquadrature sui piedi dei funzionari CIA negli asettici corridoi al fantastico duetto finale nell’ufficio del Direttore

generale), Burn After Reading dimostra quanto il cinema dei fratelli Coen sia in grado di parlare innumerevoli lingue, meglio ancora se - come da tradizione - pensato e scritto per essere interpretato da attori di altissimo livello: la “perfetta idiozia” di Clooney (egli stesso dichiara che con questo ruolo ha completato la sua trilogia dell’idiota cominciata già con Fratello dove sei?), geniale Pitt nel ruolo dello sciroccato che già ci aveva mostrato con Snatch e

The Mexican. La McDormand non sorprende, così come la trattenuta e misurata classe di Tilda Swinton e Richard Jenkins (il manager della palestra innamorato di Linda), enorme caratterista di tanto cinema e tv USA. Su tutti, però primeggia John Malkovich, anche lui all’esordio in un film dei fratelli Coen, perno centrale dell’intera vicenda, superbo nel rendere il progressivo disfacimento psicofisico di un uomo distrutto.

C’è un nesso, un legame che negli ultimi tempi sembra essere sempre più evidente, quello che intercorre tra il “Cibo e il Cinema”. Il cibo è cultura e il cinema non ha perso tempo a lasciar-si sedurre. Ad esempio, chi non ricorda la magistrale in-terpretazione di Totò nel film “Miseria e nobiltà”? L’imma-gine spassosa è nella mente di tutti, Totò che balla festoso sul tavolo assieme a Peppino De Filippo, i due mangiano con ingordigia gli spaghetti fino al punto di nasconder-li nelle tasche dei pantaloni. Anche la fantastica Sophia Loren nel film "La ciociara" è alle prese con un colapasta pieno di spaghetti. Come non menzionare il grande Alberto Sordi nell’indimenticabile film “Un americano a Roma”! E ancora, la macchina da pre-sa si è soffermata più volte sull’argomento “Food” con “Ladri di biciclette”, “Roma città aperta”…L’importanza del cibo nella società italiana del dopoguerra è assunta an-che dalla presenza dello stes-so all’interno dei titoli delle pellicole come “Pane, amore e fantasia”, “Marcellino pane

e vino”…Del resto dagli anni Cinquanta fino al boom eco-nomico il cinema italiano racconta la scarsità di cibo.Oggi, sono finiti anche i tempi dei film delle “torte in faccia” che indicavano la trasgressio-ne, la rottura delle regole dal sapore, se vogliamo, un po’ “cremoso”. Attualmente assi-stiamo a pellicole come “Sa-pori e dissapori”, “Chocolat”, “Pomodori verdi fitti” che sono fatti, è proprio il caso di dirlo, da un’altra “pasta”…al-tri tempi e altre storie. Anche i cartoon si dedicano al cibo, come il famigerato cuoco- to-polino “Ratatouille”. E’ vecchia di qualche anno, ma molti ricorderanno, la pubblicità che si promuove-va per esortare il pubblico ad andare al cinema: una ragaz-za che mangiava un piatto di pellicola a mo’ di abbuffata…sarà perchè la gastronomia non conosce crisi !?Il Cinema riproduce spesso la realtà. A volte è uno specchio che può rivelare il cibo non solo come semplice alimen-to ma, in modo più o meno ironico, può riproporre sul grande schermo abitudini e nevrosi contemporanee. Il

cibo è fonte di ispirazione per la telecamera, ribadisce più che mai gioie, celebrazioni ma anche tristezze, amarezze così come abbuffate e digiu-ni. E’ sensibilmente aumentato negli ultimi tempi, l’atten-zione che la macchina da presa dedica al mondo del cibo e della gastronomia fino ad omaggiarli con varie ma-nifestazioni, rassegne e con-corsi “gastrocinematografici” (passatemi queste termine), giustappunto per gli appas-sionati di entrambi i temi, pellicola e cucina. Ed ecco, solo per citarne alcuni, “Slow Food on Film”, "Cinema & Cibo", “Retrogusto”, “Food Film Festival”... Ma anche convegni, incontri e dibatti-ti tentano di spiegare questo binomio che sembra essere sempre più forte. Anche la letteratura ha provato ad in-terpretare questa relazione, come ad esempio il libro di Antonio Attorre “Château Lumière”che racconta il vino nel cinema con le sue diverse funzioni simboliche, identita-rie, narrative, metaforiche…Questo è il periodo degli “star-chef”, che sono sempre

più spesso davanti alle teleca-mere. E’ finito il tempo in cui si faceva il cuoco per assicu-rarsi il pasto. Quando la fati-ca della preparazione dei cibi si abbinava al duro lavoro di tenere la fiamma dei fornelli a legna sempre viva. Quando non c’erano macchine e robot elettrici che tagliuzzavano, impastavano, centrifugavano e passavano verdure e ortag-gi. E’ strano, proprio quando il lavoro del cuoco era ancora più difficile e richiedeva uno sforzo più grande, questa

professione, non riscuoteva successo, lasciatemelo dire (mia zia è uno chef della scor-sa “stagione”) i riflettori non erano accesi né da telecamere né da fotografi. Sarà perché le famiglie di un tempo non erano solite frequentare lo-cali e ristoranti, sarà che gli alimenti genuini si trovavano con facilità e si preparavano a casa deliziosi pranzetti, sarà che la donna non era ancora stata travolta dal dramma del “doppio ruolo”…Sta di fatto che ora il cuoco è un divo; è

cercato dal cinema e dalla te-levisione per orientamenti e tendenze culinarie, ma anche per spunti, consigli, curiosi-tà gastronomiche e storie…riscuotendo successo ai bot-teghini e numeri interessanti d’indici d’ascolto. Il che vuol dire che il binomio “Cinema –Cibo” piace al pubblico, vien da sé sia la fama che il prestigio. Sarà forse per questi motivi che quel topolino del cartoon voleva fare lo chef?

Alice Lupi