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Lezione n°12 - Ginecologia 20/04/2016 Prof. Triolo Disturbi del pavimento pelvico e incontinenza urinaria Nella prima lezione sull’anatomia abbiamo detto che il pavimento pelvico è una struttura molto importante, anche se non fa parte integrante dell’apparato genitale. L’importanza è legata soprattutto al fatto che con la stazione eretta, tutto il peso dei visceri, non solo quelli dell’apparato genitale femminile, ma un po’ tutti i visceri addominali, gravano peculiarmente a livello di queste strutture che fanno da sostegno, che chiudono la parte inferiore del bacino. Un altro aspetto molto importante è rappresentato dal fatto che queste strutture sono sottoposte a sollecitazioni di notevole importanza al momento del parto per cui la loro integrità anatomica, e quindi anche la loro capacità funzionale, in molti casi viene messa a dura prova e molto spesso rimangono degli esiti, che poi la donna può portarsi dietro per tutto il resto della vita e che comportano alcune volte una vera e propria invalidità anche perché questi difetti molto spesso coinvolgono non soltanto il compartimento strettamente dell’apparato genitale, ma coinvolgono anche l’apparato urinario. Cosa intendiamo per pavimento pelvico? Il pavimento pelvico è un complesso di strutture fasciali e legamentose che sospendono l’utero e la vagina alle pareti laterali e che formano uno strato di supporto che ha la funzione nella contenzione e nell’occlusione del lume degli organi pelvici. 1

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Lezione n°12 - Ginecologia

20/04/2016

Prof. Triolo

Disturbi del pavimento pelvico e incontinenza urinaria

Nella prima lezione sull’anatomia abbiamo detto che il pavimento pelvico è una struttura molto importante, anche se non fa parte integrante dell’apparato genitale. L’importanza è legata soprattutto al fatto che con la stazione eretta, tutto il peso dei visceri, non solo quelli dell’apparato genitale femminile, ma un po’ tutti i visceri addominali, gravano peculiarmente a livello di queste strutture che fanno da sostegno, che chiudono la parte inferiore del bacino. Un altro aspetto molto importante è rappresentato dal fatto che queste strutture sono sottoposte a sollecitazioni di notevole importanza al momento del parto per cui la loro integrità anatomica, e quindi anche la loro capacità funzionale, in molti casi viene messa a dura prova e molto spesso rimangono degli esiti, che poi la donna può portarsi dietro per tutto il resto della vita e che comportano alcune volte una vera e propria invalidità anche perché questi difetti molto spesso coinvolgono non soltanto il compartimento strettamente dell’apparato genitale, ma coinvolgono anche l’apparato urinario.

Cosa intendiamo per pavimento pelvico? Il pavimento pelvico è un complesso di strutture fasciali e legamentose che sospendono l’utero e la vagina alle pareti laterali e che formano uno strato di supporto che ha la funzione nella contenzione e nell’occlusione del lume degli organi pelvici.

Un altro aspetto molto importante è rappresentato dal fatto che queste strutture oltre alla funzione di sostegno hanno anche un’altra importante funzione, perché strettamente collegate a queste strutture di sostegno ci sono strutture che hanno la funzione di sfintere che chiude, e quindi è molto importante per la funzione sfinteriale sia dell’apparato urinario con la continenza urinaria, sia posteriormente nel distretto distale dell’apparato digerente nella continenza fecale e dei gas.

Un’altra definizione è considerata: le strutture più importanti del pavimento pelvico sono le strutture muscolari, fasciali che chiudono inferiormente lo scavo pelvico femminile, sostengono gli organi pelvici (vescica, vagina, utero, retto) ed intervengono nei meccanismi della continenza urinaria e fecale e nell’attività sessuale e nel parto; quindi, ci rendiamo conto di quali e quante implicazioni ci sono collegate ai difetti che si vanno ad instaurare nella donna.

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Dal punto di vista anatomico-strutturale, distinguiamo queste strutture in:

- Diaframma o pavimento pelvico propriamente detto

E poi abbiamo altre strutture accessorie strettamente connesse con il pavimento pelvico che sono:

- Diaframma o triangolo uro-genitale - Perineo

Per quanto riguarda le singole strutture, il pavimento pelvico è rappresentato da:

- Muscolo elevatore dell’ano, costituito da tre fasci che sono il pubo-coccigeo, il pubo-rettale e ileo- e ischio-coccigeo, i quali vanno a fondersi posteriormente alla vagina e formano il piatto dell’elevatore e un’apertura anteriormente che è lo hiatus genitalis.

(Riferimento alla slide: questa è una visione dall’alto: il fascio pubo-coccigeo si inserisce anteriormente alla sinfisi pubica, passa intorno all’uretra, intorno alla vagina e intorno al retto e poi si fonde posteriormente a formare il piatto dell’elevatore e posteriormente si inserisce a livello della faccia anteriore del sacro. L’altro fascio più laterale è il muscolo ischio-coccigeo e poi posteriormente il muscolo ileo-coccigeo. Questi tre muscoli, speculari, da una parte e dall’altra formano questa sorta di globo muscolare. Un altro aspetto importante è rappresentato dalle connessioni, soprattutto il muscolo pubo-coccigeo è quello che passa più vicino a queste strutture (uretra, vagina e retto).

Questo tratteggiato è lo iato genitale, uno spazio, un’apertura, che forma una sorta di Y.

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- Diaframma o triangolo uro-genitale è costituito dalla lamina muscolo-aponeurotica che racchiude al suo interno i legamenti pubo- uretrali, i legamenti utero-pelvici ed il muscolo trasverso profondo del perineo (è quello che possiamo vedere qua)

- Il perineo: è la parte più esterna, più superficiale, quella che noi vediamo all’esterno nella donna messa in posizione ginecologica. Le strutture che costituiscono il perineo sono: il bulbo cavernoso, che fa parte anche del diaframma uro-genitale, l’ischio-cavernoso e questo anello muscolare anche detto costrittore della vagina. C’è una contiguità con la muscolatura dello sfintere dell’ano questi sono i muscoli trasversi superficiali del perineo. Quindi è molto importante nella sua struttura, nella sua funzione, perché immaginate nella donna in posizione eretta tutto va a gravare a livello di queste strutture.

Le alterazioni che si instaurano a livello di queste strutture sono due le patologie più importanti:

- Una riguarda strettamente l’apparato genitale ed è il prolasso urogenitale, molto spesso insorge da solo, molto spesso è associato a difetti del compartimento anteriore, quindi associato al compartimento urinario

- L’altra importante alterazione, connessa ai difetti del pavimento pelvico è l’incontinenza urinaria

Prolasso urogenitaleÈ la discesa verso il basso, attraverso lo hiatus genitalis del pavimento pelvico, di vagina, utero, vescica, retto, anse intestinali. Queste strutture possono andare incontro ad una discesa, qualche volta singolarmente, ma più spesso variamente associate.

L’incidenza è molto elevata, perché soprattutto con l’allungamento della vita media, i diversi fattori intervengono non solo nell’instaurarsi del difetto, ma soprattutto nel prolungare con la loro presenza per tutto l’arco della vita della donna e vanno a costituire un fattore di invalidità molto importante. Se consideriamo che fino ad alcuni decenni fa, la durata media della vita della donna era di 50-60 anni, la donna andava in menopausa e poi molto spesso moriva, per cui molto spesso molti problemi non si ponevano; mentre oggi la donna è costretta a convivere con queste patologie per decenni, addirittura per un terzo della sua esistenza quando questi difetti si instaurano abbastanza precocemente.

L’incidenza nella nostra popolazione è intorno al 5-6%.

Questi difetti possono essere diversi e possono essere variamenti associati.

Dal punto di vista della nomenclatura, distinguiamo per quanto riguarda il prolasso di:

• Vescica → cistocele3

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• Uretra → uretrocele (molto spesso associata al cistocele per la contiguità anatomica)

• Retto → rettocele (prolasso della parete rettale anteriore)

• Vagina → colpocele

• Utero → isterocele

• Anse intestinali → enterocele, elitrocele

Cistocele: è il difetto della parete vaginale inferiore associato a prolasso della vescica. Se noi andiamo a divaricare le labbra vediamo questa sorta di bombé a livello della parete vaginale anteriore; alcune volte insorge abbastanza rapidamente, soprattutto ad esempio a seguito di episodi di influenza, di episodi broncopolmonari, con accessi di tosse ripetuti. Questo difetto può instaurarsi abbastanza rapidamente e quella donna magari avverte un senso di corpo estraneo a livello vaginale dovuto alla presenza di questa salienza, magari anche andando a fare l’igiene intima.

Questa è un’immagine sagittale e vedete come il fondo della vescica scende in basso, quindi, quando viene svuotata la vescica, il contenuto fino ad un certo punto si svuota e quello che rimane sotto molto spesso ristagna; e magari dopo che la vescica si è svuotata, nel momento in cui la donna si alza, il pavimento vescicale si solleva e la donna avverte di nuovo l’esigenza di urinare, di andare a svuotare questa quota di urina che rimane; a questo livello l’urina ristagnata facilita lo sviluppo di germi, quindi predispone ad episodi di infezioni urinarie ricorrenti.

Questo è un difetto della parete posteriore: il rettocele.

In questo caso, vedete il bombé della parete posteriore. Molto spesso coinvolge anche le strutture sfinteriali. Sono molto spesso esiti di lacerazione della parete vaginale inferiore.

Molto spesso quando la donna ha lo stimolo a defecare, con lo sforzo le feci non trovando questo punto di minore resistenza, la parete rettale tende ad essere spinta anteriormente e quindi le feci anziché andare verso il basso

tendono a portarsi in avanti e in questo caso possiamo avere un quadro di defecazione (?) ostruita.

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Il prolasso utero-vaginale di terzo grado: la vagina è completamente eversa a “dito di guanto” completamente all’esterno. Molto spesso queste donne si portano dietro questi difetti anche per parecchi anni e quindi le piaghe da decubito della parete vaginale a livello esterno; lo strofinio con la biancheria intima, col tempo può determinare la formazione di queste lesioni da decubito. Quindi immaginate il disaggio che ha una donna in queste condizioni, tanto che spesso, in queste condizioni viene trascinata in basso anche la vescica e queste donne hanno l’impossibilità ad urinare, perché l’uretra viene piegata completamente e trascinata in basso e per urinare sono costrette a coricarsi, a portare dentro l’utero con la mano e poi eventualmente anche la vescica, e raddrizzando l’uretra riescono a svuotare la vescica.

Nell’enterocele, addirittura in qualche caso, per i difetti abbastanza alti, possono infilarsi dentro anche delle anse intestinali.

Etiopatogenesi

Le cause che concorrono a determinare l’insorgenza di questo difetto:

- Fattori generali → aumento cronico delle pressioni endoaddominali:

• obesità (più la donna è obesa, maggiore è il peso che grava sulle strutture del pavimento pelvico)

•stipsi (abbastanza frequente nella donna. Ovviamente con l’aumento del torchio addominale, la donna deve sforzarsi per svuotare l’alvo e questo costituisce un altro fattore predisponente)

•lavori pesanti (oggi questo fattore è uno di quelli che si è ridotto, perché le donne che fanno lavori pesanti sono sempre di meno)

•BPCO (in aumento nelle donne per la maggiore diffusione all’abitudine del fumo)

- Fattori locali e/o generali congeniti (deficit neurologici, malattie del collagene).

In alcuni casi questi difetti possono manifestarsi abbastanza precocemente e anche in assenza di noti fattori di rischio. Li possiamo osservare anche in donne giovani che magari non hanno mai

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partorito e che quindi teoricamente dovrebbero avere un pavimento pelvico del tutto integro. Difetti di questo tipo possono essere:

• spina bifida (ma sono condizioni abbastanza rare e spiegano il difetto di innervazione di queste strutture e predispongono dal punto di vista neurologico all’instaurarsi di questi difetti).•sindrome di Marfan•sindrome di Ehlers-Danlos

Le ultime due sono patologie del collagene. Oggi, di bambini che nascono con la spina bifida ce ne sono sempre di meno perché una volta fatta la diagnosi vanno incontro ad interruzione terapeutica.

E poi abbiamo anche altre collagenopatie: la sindrome della lassità legamentosa, anche questa comporta una lassità del pavimento pelvico. Ci sono anche altre collagenopatie in cui ci possono essere alterazioni della struttura del collagene che possono favorire l’insorgenza del difetto.

- Fattori locali acquisiti → fibrosi e/o distrofia post- traumatica, atrofia

L’atrofia è un fenomeno fisiologico che si instaura soprattutto al momento della menopausa perché come sappiamo queste strutture sono sotto stretta influenza degli ormoni estrogeni; per cui nel momento in cui la donna va in menopausa si instaura progressivamente una condizione di carenza estrogenica e questo porta all’atrofia progressiva di queste strutture e quindi predispone all’instaurarsi di questi difetti del pavimento pelvico o all’aggravarsi se ci sono già delle situazioni di preesistenza.

Sicuramente una delle cause più importanti è rappresentato dai traumi ostetrici, le sollecitazioni alle quali vengono sottoposte queste strutture in occasione del parto, soprattutto nei casi di macrosomia fetale, di peso elevato, di parto distocico, di parto per esempio con il forcipe, con la ventosa (oggi per la verità sono sempre di meno, perché di più si fa ricorso al taglio cesareo).

La manovra di Kristeller è quella manovra che facciamo al momento del parto sul fondo dell’utero per spingere verso giù, per favorire l’espulsione del feto. Ancora l’episiotomia che è quel taglio che facciamo per ampliare il recesso vulvare e anche qui se questa non è suturata in maniera adeguata può predisporre a questi difetti del pavimento pelvico.

E poi in alcuni casi, si può instaurare a seguito di una pregressa chirurgia pelvica, soprattutto nei casi di isterectomia, in pratica vengono resecati tutti i legamenti che sostengono l’utero e quindi si crea una sorta di spazio all’interno del quale possono collassarsi queste strutture.

E poi, il deficit estrogenico.6

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In alcuni casi, molti di questi fattori li possiamo trovare associati e questo ci spiega come questi difetti sono abbastanza frequenti nella popolazione femminile.

Questo per darvi un’idea di cosa succede quando la testa fetale passa attraverso le strutture del pavimento pelvico, perché in alcuni casi anche se non si determinano della lacerazioni apparenti, possono comunque verificarsi delle lacerazioni occulte a questo livello, intrafasciali, delle strutture muscolari a livello intrafasciale che esitano in una perdita della funzione di queste strutture.

Dal punto di vista dell’inquadramento è molto importante questo aspetto perché il trattamento medico o più spesso chirurgico è dipendente dalla classificazione di questi difetti.

Classificazione Half-Way System

Infatti, per la classificazione del prolasso uro-genitale facciamo riferimento alla posizione rispetto all’imene di ogni singolo organo che discende in vagina; intesa come rapporto tra la sua posizione originaria e quella assunta sotto sforzo.

Per farvi vedere i vari gradi del prolasso uro-genitale:

- Grado 0: anatomia perfettamente normale- Grado 1: la discesa degli organi pelvici è a livello intermedio tra spine ischiatiche e imene- Grado 2: la discesa, se prendiamo come riferimento il collo dell’utero, arriva a livello

imenale- Grado 3: discesa intermedia tra l’imene e il massimo descensus- Grado 4: la discesa è totale, al di là dell’imene (come nell’immagine precedente in cui

l’utero era completamente prolassato all’esterno)

Esiste anche un’altra classificazione abbastanza datata. (ma non la nomina)

Poi abbiamo una classificazione più recente che è quella alla quale facciamo riferimento adesso. Anche in questo caso abbiamo 4 possibilità di prolasso:

- Grado 0: nessuna discesa, le strutture conservano la loro normalità strutturale- Grado 1: in cui il prolasso arriva 1 cm al di sopra dell’anello imenale- Grado 2: prolasso da 1 cm sopra ad 1cm sotto l’anello imenale- Grado 3: prolasso più di 1cm sotto l’anello imenale, ma non completo- Grado 4: eversione completa della vagina

Queste immagini per darvi un’idea

Grado 1: si vede il prolasso al di sopra dell’anello inguinale. Nel grado 2 il collo dell’utero affiora a livello dell’anello imenale, vedete come spesso vengono coinvolte strutture anteriormente al retto e posteriormente alla vagina.

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Nel grado 3 vedete come spesso sono presenti lesioni da decubito del collo dell’utero che staziona in modo permanente a livello della biancheria, molto spesso la donna mette degli assorbenti e questo concorre a formare queste lesioni. Qui vedete l’immagine in posizione sagittale, con la fuoriuscita dell’utero abbiamo l’eversione delle pareti vaginali, la vescica si inginocchia, si piega su se stessa l’uretra: ecco perché la donna in alcuni casi non riesce ad urinare, è costretta a rientrare l’utero all’interno dello scavo pelvico in modo da favorire la

risalita della base della vescica, raddirizzare l’utero in modo da poter riuscire a svuotare la vescica.

Sintomatologia

• Sensazione vaginale di “corpo estraneo”: normalmente la vagina ha un lume virtuale, quando queste strutture si impegnano all’interno, la donna ha la percezione di un corpo estraneo presente in vagina.

Ovviamente, a seconda del compartimento colpito, possiamo avere:

• Disturbi urinari:

- Ritenzione urinaria- Pollachiuria, cioè stimoli che molto spesso la donna mette in correlazione con un’infezione

vescicale- Incontinenza urinaria, che può essere da urgenza o, molto più spesso, da sforzo

• Disturbi rettali:

- Difficoltà alla defecazione- Tenesmo, dovuto alla tensione di queste strutture di sostegno

• Dolenzia lombo-sacrale, dovuta alla tensione cui sono cronicamente sottoposte queste strutture legamentose dovute al prolasso stesso

• Disturbi della sfera sessuale:

- Dispareunia - Impossibilità del coito, ma anche il disagio stesso ad avere rapporti sessuali

• Disturbi della sfera psicologica ed affettiva:

- Depressione- Isolamento - Rifiuto del partner

Diagnosi

Dal punto di vista diagnostico è molto importante:

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- Un’anamnesi accurata, cercare di risalire al momento e soprattutto la causa che ha potuto contribuire a determinare questi difetti.

- L’esame obiettivo uro-ginecologico- Ci avvaliamo in alcuni casi dell’aiuto degli urologi e degli studi urodinamici - E infine abbiamo a disposizione indagini radiologiche, strumentali sia statiche che

dinamiche che ci permettono di valutare dal punto di vista dei difetti ma anche funzionale le alterazioni

Terapia

Dal punto di vista terapeutico, a seconda del tipo di difetto, dell’età della paziente, ma soprattutto a seconda di alcuni altri fattori, di entità del difetto stesso, possiamo fare ricorso in alcuni casi ad una terapia medica:

- Di tipo rieducativo, qualche volta anche fisioterapia, con particolari strumenti- Un altro supporto molto importante soprattutto nella post-menopausa è l’estrogeno-terapia

locale che può contribuire a ripristinare il tono trofico e quindi il trofismo di queste strutture- In alcuni casi si possono fare interventi di riabilitazione perineale di tipo fisico, con

l’elettrostimolazione per andare a stimolare tutte queste strutture muscolari che magari non essendo sollecitate tendono ad andare incontro ad atrofia

- In altri casi (oggi facciamo ricorso sempre di meno) per difetti soprattutto di terzo grado, possono essere trattati con l’inserzione di un dispositivo che è il pressario vaginale, una sorta di anello semi-rigido che viene posizionato in vagina dopo aver riposto all’interno di essa l’utero, in modo da impedire la fuoriuscita dell’utero. Questo è un presidio cui si faceva ricorso molto spesso in passato. Sono anelli di varia misura; ovviamente, la misura va scelta a seconda della dimensione e del diametro della vagina. Si faceva ricorso soprattutto in passato, oggi sempre di meno perché si opta per il trattamento chirurgico. Tra l’altro questi dispositivi messi all’interno della vagina molto spesso determinano lesioni da decubito, infezioni vaginali, devono essere continuamente sostituiti e possono non essere più tollerati dalla paziente. Diciamo che facciamo ricorso raramente, magari in quelle pazienti che per patologie concomitanti molto importanti hanno elevati fattori di rischio dal punto di vista chirurgico; oppure qualche volta temporaneamente, in attesa di poter effettuare l’intervento chirurgico, magari si preferisce mettere i pressari per riportare temporaneamente l’utero all’interno ed associando spesso una terapia con estrogeni in modo tale da migliorare il trofismo nell’attesa magari di eseguire l’intervento chirurgico.

Finalità dell’intervento chirurgico

- Ovviamente cercare di alleviare i sintomi- Mantenere e/o migliorare le funzioni viscerali e sessuali, perché non dimentichiamo che

alcune volte sembra che l’intervento chirurgico sia riuscito, eseguito in maniera soddisfacente può comportare degli esiti che poi possono pregiudicare ad esempio l’attività sessuale, quindi bisogna essere molto accorti nella correzione di questi difetti

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- Cercare di ripristinare le funzioni che sono state alterate, ad esempio la continenza urinaria, la continenza fecale

- Garantire un risultato duraturo nel tempo (questo purtroppo a tutt’oggi rappresenta un grave fattore di insoddisfazione da parte della paziente perché, molto spesso, questi difetti, pure corretti in maniera abbastanza soddisfacente al momento, nel tempo possono andare incontro a recidive dovute alla persistenza dei fattori di rischio che li hanno determinati)

Le vie di trattamento

Nella maggior parte dei casi si fa ricorso al trattamento per via vaginale perché il difetto è a livello vaginale. In alcuni casi si può fare ricorso, soprattutto se si tratta di pazienti giovani, in particolari condizioni, ad un trattamento per via laparatomica o laparoscopica. Parliamo in questo caso per lo più di interventi di tipo conservativo nei quali, invece di procedere come si fa nei casi di prolasso dell’utero, in questi casi si fanno degli interventi di ancoraggio della vagina a livello del promontorio sacrale per cercare di attuare una terapia conservativa, magari si tratta di pazienti abbastanza giovani o in alcuni casi quando ci sono stati dei prolassi recidivanti per cui a livello locale non è più possibile effettuare una correzione chirurgica per via vaginale, anche in questo caso si preferisce optare per la via laparoscopica o laparotomica.

Dal punto di vista tecnico possiamo far ricorso alla chirurgia cosiddetta fasciale ricostruttiva, andando a cercare di ricostruire queste strutture anatomiche accostandole praticamente semplicemente con dei punti di sutura, ripristinando per quanto possibile un’anatomia più vicina a quella originaria. Ultimamente, si è diffuso sempre più l’impiego di protesi, sono quelle retine che vengono usate nella correzione dei difetti della parete addominale. Sono dei materiali sintetici, anzi, ultimamente sono stati messi a punto dei materiali semisintetici, biologici, ottenuti da animali che sono stati decellularizzati in modo da non innescare fattori reattivi ed in modo da creare un supporto più resistente nel tempo.

Utilizziamo materiali biologici come la fascia lata o tessuti cellulari animali o materiali sintetici come il polipropilene, mersilene, goretex, che però nel tempo possono andare incontro a fenomeni di rigetto, di erosione, possono superficializzarsi fino a processi infettivi locali.

Incontinenza urinariaIntendiamo per continenza: la capacità di ritardare volontariamente la minzione, rinviando a luoghi appropriati il suo espletamento anche per diverse ore.

Mentre in questi casi, questa possibilità si riduce progressivamente fino in qualche caso a scomparire quasi del tutto.

La continenza, ovviamente, è espressione dell’integrità anatomica e funzionale delle strutture del basso tratto urinario e dei meccanismi neurologici di controllo. Tutto questo ci fa capire come il distretto femminile sia da questo punto di vista nettamente svantaggiato, sfavorito perché maggiormente esposto a questo tipo di disfunzione.

Etiopatogenesi dell’incontinenza urinaria

Fattori che concorrono a determinare l’incontinenza urinaria dal punto di vista anatomico, funzionale; possiamo vedere come molti di questi fattori sono tipicamente più frequenti nella donna:

- Oltre alle malattie genetiche

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- La razza (caucasica)- Il sesso femminile- E poi soprattutto la gravidanza e il parto (questi sono due fattori importantissimi, forse quelli

più importanti) - La menopausa (che porta un deficit estrogenico)- La pregressa chirurgia pelvica, soprattutto quella effettuata magari per il trattamento di

patologie della sfera genitale- Il fumo (che va a determinare una maggiore coincidenza di patologie respiratorie)- Malattie neurologiche, ad esempio l’Alzheimer- Il diabete (questo nel tempo tende a peggiorare e tende ad aggravare la sintomatologia

legata a questi fattori; quindi anche in questo caso l’allungamento della vita media comporta un aumento della frequenza e della gravità di questo disturbo)

- Patologie polmonari- L’obesità- La stipsi- La demenza senile- L’attività lavorativa (questo è un fattore che tutto sommato oggi è meno rappresentato

rispetto al passato)- Le vascolopatie- L’alcolismo - Le deambulopatie (queste oggi sono sempre più frequenti, legate o a fenomeni

degenerativi come artrosi dell’anca, del ginocchio; quindi l’andatura forzatamente pregiudicata, aumentando la pressione a livello addominale, tende ad aumentare la frequenza di questi difetti del pavimento pelvico; o ancora esiti di interventi chirurgici ortopedici oggi sempre più frequenti, ad esempio protesi dell’anca, del ginocchio: sono tutti fattori che tendono ad aumentare l’insorgenza ed ad aggravare questi disturbi.)

Dimensioni del problema

Oltre 200 milioni di donne nel mondo (dati degli Stati Uniti dal 41 al 57% al di sopra dei 40 anni), perché nell’incontinenza urinaria ci sono delle forme che possono essere variamente rappresentate a seconda dei casi.

E ci rendiamo conto del problema dal posto che occupano spot che reclamizzano pannolini per l’incontinenza urinaria femminile.

Le conseguenze sono limitata attività fisica e sociale alla progressione.

Classificazione

Dal punto di vista della classificazione, identifichiamo tre tipi:

- Da urgenza: quando insorge lo stimolo si deve svuotare al più presto la vescica; alcune volte addirittura l’insorgenza dello stimolo comporta automaticamente lo svuotamento della vescica senza che si riesca a controllare l’inizio della minzione stessa

- Da sforzo: si manifesta nel momento in cui la donna compie determinati atti che comportano un aumento della pressione a livello della cavità addominale: quindi un aumento della pressione a livello della vescica, starnuti, tosse, il riso, il sollevamento di un peso

- Mista: si riconosce l’associazione dei due tipi precedenti

Per quanto riguarda l’incontinenza da urgenza, è caratterizzata da perdita di urina che si manifesta con stimolo minzionale impellente determinato dall’insorgente contrazione detrusoriale; questa è una condizione molto tipica; se ci fate caso anche voi stessi vi accorgete che magari

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state 2-3 ore a trattenere l’urina, poi nel momento in cui arrivate a casa, nel momento in cui state per entrare in casa, arriva lo stimolo per urinare e dovete scappare per andare a svuotare la vescica. Questo per dire come ci sono dei condizionamenti psicologici: è la cosiddetta “sindrome della chiave nella toppa”, per cui entrando a casa arriva lo stimolo.

Mentre nell’incontinenza urinaria da sforzo, la perdita di urina si verifica soltanto con uno sforzo, con un’attività fisica, con la tosse, con gli starnuti.

Fisiopatologia

Nella forma da urgenza abbiamo una iperattività del detrusore, quindi una sorta di urgenza motoria nel momento in cui scatta la contrazione del detrusore, e quindi lo stimolo ad urinare, il soggetto non riesce a bloccarsi: è la cosiddetta “sindrome della vescica iperattiva”.

Mentre nella forma da sforzo si ha un’ipermobilità dell’uretra dovuta ad un difetto anatomo-strutturale, ad esempio un deficit intrinseco della muscolatura uretrale. E questo può essere legato o a fattori traumatici che sono legati a complicazioni del parto e che magari non si manifestano lì per lì in tutta la loro entità perché ancora c’è un discreto trofismo sostenuto dall’increzione estrogenica; poi nel momento in cui viene meno l’increzione estrogenica con la menopausa, questi determina una progressiva atrofizzazione di queste strutture e quindi la progressiva perdita di questa funzione.

Dal punto di vista etiopatogenetico abbiamo ancora: flogosi, infezioni recidivanti, capacità vescicale ridotta, tutta questa catena di eventi che si concretizza con:

- Urgenza minzionale- Dolore alla minzione- Paura di perdere delle urine e questo determina

l’ansia, la depressione e l’isolamento della donna.

La struttura normale, tutto sta qui, in questo angolo che è mantenuto ed è l’angolo uretrovescicale, che è mantenuto dalla presenza a livello sottostante di strutture legamentose, fasciali, muscolari, che lo sostengono e che comportano l’integrità di questo angolo.

Invece, quando queste strutture vengono meno, quest’angolo scompare completamente e questo è uno dei fattori più importanti per quanto riguarda la continenza urinaria. Per cui, in questo caso l’aumento della pressione endoaddominale, quindi l’aumento della pressione sulla vescica comporta la fuga di urina.

Immaginate questa è la fascia pubocervicale e fino a quando è integra sostiene l’uretra e contribuisce alla continenza, quando questa si spezza, viene meno questo supporto e quindi si determina la fuga di urina

Altro esempio è quello di una gomma in cui scorre l’acqua, se questa gomma scorre su un supporto morbido, se mettiamo un piede non riusciremo mai a chiuderla completamente perché si ha un cedimento del supporto, se però mettiamo un supporto che ha perso la sua consistenza e andiamo ad inserire sotto un supporto, riusciremo a ripristinare nuovamente la continenza. E questo è proprio l’assunto su cui si basa l’esecuzione di molti interventi che servono proprio per il trattamento dell’incontinenza urinaria da urgenza (?)

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Un altro aspetto molto importante è rappresentato dalla struttura stessa del pube. Dall’esterno verso l’interno abbiamo una struttura muscolare, quella sfinterica che è volontaria e poi una struttura muscolare ancora più all’interno che è una muscolatura liscia e poi un’altra struttura molto importante è il rivestimento mucoso del lume uretrale. Questo rivestimento è un po’ come una guarnizione del rubinetto che è molto sensibile all’azione degli estrogeni per cui, quando la donna ancora è giovane e c’è una produzione di estrogeni abbastanza elevata, questa mucosa è abbastanza spessa e quando collabisce garantisce una tenuta abbastanza stretta e completa per l’urina; quando, invece, queste pliche sono abbastanza trofiche perché c’è ancora una buona increzione estrogenica, quando viene meno l’increzione estrogenica, le pliche collabiscono, quindi non garantisce più la tenuta.

Vedete la giustapposizione di queste pliche, la normale presenza del collagene che c’è intorno: tutto questo contribuisce al meccanismo ulteriore della continenza.

La vascolarizzazione e l’innervazione, e questo ci spiega come le vasculopatie o i difetti neurologici che si ripercuotono a questo livello possono alterare questi meccanismi di continenza.

Diagnosi

Dal punto di vista dell’inquadramento diagnostico, è molto importante l’anamnesi.

• Anamnesi generale:

- Il lavoro che la paziente fa,- La familiarità, magari la possibilità di una causa di tipo genetico, - La presenza di allergie (perché le allergie molto spesso comportano continui colpi di tosse

e quindi aumentano molto in questo caso gli stimoli alla perdita di urine); - Altre patologie concomitanti come il diabete, le neuropatie, - Terapie in atto; altri fattori possono essere legati all’assunzione di farmaci che

interferiscono con la continenza urinaria; - La funzionalità intestinale come abbiamo visto per i difetti del compartimento posteriore.

• Anamnesi ginecologica è molto importante:

- La condizione ormonale, quindi se la paziente è o meno in menopausa, - La storia ostetrica, il numero di parti che ha avuto, come sono stati espletati questi parti, il

peso dei feti: tutto questo è importante per inquadrare l’incontinenza urinaria.

• Anamnesi uro-ginecologica:

Altri disturbi strettamente connessi sono:

- Disturbi urinari e quindi pollachiuria, stranguria, l’urgenza minzionale - Sintomi associati ai rapporti sessuali: secchezza vaginale, perdita di urina durante il

rapporto sessuale. - Sintomi associati a difetto pelvico, sensazione di corpo estraneo in vagina, impedimento

alla minzione- Un’altra cosa molto importante è il diario minzionale, l’uso di assorbenti- In alcuni casi le stesse abitudini della donna

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- Un altro fattore molto importante: fattori iatrogeni, in età avanzata è elevato il numero di persone che fanno uso di farmaci cardiologici, di diuretici, e questo condiziona i tempi di riempimento della vescica ed anche i tempi di svuotamento; ancora il trattamento con farmaci psicotropici, ad esempio nelle sindromi ansioso-depressive, tutti questi possono interferire con la funzione di continenza.

Terapia

Può essere di tipo non chirurgico:

- ad esempio di tipo comportamentale, si può intervenire in questo caso con dei programmi di rieducazione vescicale, con il cambiamento della abitudini di vita, ad esempio la sera evitare alcuni cibi o bibite, per esempio il caffè o altre bevande che magari in determinati momenti possono determinare una maggiore rapidità del riempimento della vescica.

- Poi abbiamo la terapia farmacologica: oggi abbiamo a disposizione preparati ormonali mediante preparati estrogenici; abbiamo dei farmaci che agiscono specificamente a livello dei meccanismi della continenza, che sono rappresentati dagli anticolinergici (tolterodina, ossibutinina, solifenacina), che agiscono a livello delle strutture sfinteriali dell’uretra. Il problema è rappresentato dal fatto che questi farmaci hanno degli effetti collaterali molto importanti su altre patologie che sono anche abbastanza frequenti a questa età. Quindi, alcune volte la possibilità del trattamento è pregiudicata da patologie concomitanti.

- Terapia riabilitativa: esercizi di Kegel, bio-feedback; questi soprattutto li consigliamo a soggetti giovani che lamentano questi difetti della continenza, per esempio nel periodo del post-partum, per cui in questo caso si può intervenire cercando di ottenere una … di queste strutture, migliorare il tono di queste strutture in modo da ripristinare la continenza che è stata compromessa ad esempio dal parto precedente.

Per quanto riguarda la terapia chirurgica:

- Partiamo da strumenti molto semplici che consistono nell’infiltrazione periuretrale di sostanze non riassorbibili, le quali introdotte sotto la mucosa uretrale, la sollevano e quindi determinano una sorta di stenosi dell’uretra e aumentano in questo modo la continenza. Tra l’altro queste sostanze vengono utilizzate anche per il trattamento dell’incontinenza urinaria maschile in alcuni casi.

- Un altro intervento molto diffuso è rappresentato dalla cistouretrosospensione secondo Burch

- L’intervento più classico, eseguito da più tempo e che eseguiamo tuttora è un intervento chirurgico di colporrafia anteriore (cistouretropessi secondo Kelly) messo a punto circa un secolo fa.

- E poi oggi utilizziamo sempre di più interventi che prevedono l’uso di presidi protesici che sono queste sling tension-free, cioè benderelle che in genere vengono posizionate a livello sottouretrale, cioè del tratto medio periuretrale e che sono dei supporti rigidi sui quali va appoggiata l’uretra, per cui quando la donna sta in piedi, all’aumento della pressione non fa altro che comprimere l’uretra contro questo supporto rigido, e quindi fa sì che non ci sia fuga di urina. Queste benderelle possono essere posizionate sia con una tecnica retropubica sia con una tecnica più semplice che è la tecnica transotturatoria. Queste benderelle vengono introdotte o attraverso un’incisione sottouretrale e gli appositi dispositivi vengono fatti fuoriuscire a livello del forame otturatorio a livello periferico inguinale(?) Questa benderella poi viene colonizzata da una reazione fibroblastica dei tessuti circostanti e va a formare una sorta di cordone, di patina rigida sotto l’uretra e quindi sostiene l’uretra. Questo è il dispositivo che utilizziamo noi.

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