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Lezione n°4 11/03/2016 Prof. D’Anna SINDROMI IPERTENSIVE GRAVIDICHE 1. Adattamenti fisiologici alla gravidanza (Premessa: purtroppo mancano i primi minuti di registrazione, durante i quali il Prof. ha cominciato a riassumere quello di cui aveva parlato durante la sua prima lezione, riguardo gli adattamenti fisiologici alla gravidanza. Ha ricordato come durante la gravidanza fisiologica si verifichi un’espansione del volume plasmatico con aumento della gittata cardiaca, diminuzione della pressione sistolica e soprattutto di quella diastolica)). Diciamo che gli avvenimenti più importanti riguardano le modificazioni emodinamiche, che garantiscono la perfusione placentare. Se la gravidanza fisiologica è caratterizzata da espansione del volume plasmatico al fine di migliorare la perfusione placentare, da vasodilatazione periferica e da diminuzione dei valori pressori principalmente della diastolica, la forma più grave di sindrome ipertensive gravidiche, che si chiama eclampsia, è caratterizzata esattamente dal contrario, cioè non c’è l’espansione del volume plasmatico, non c’è la riduzione dell’ematocrito, non c’è la vasodilatazione periferica, ma anzi c’è una vasocostrizione che determina ipertensione. Abbiamo parlato anche del versante placentare, e abbiamo detto che il trofoblasto infiltra sia la decidua che un terzo del miometrio, ne modifica le caratteristiche vascolari, cioè i vasi che vengono interessati da questo processo perdono la loro struttura musculo- elastica, e diventano vasi a capacitanza, nel senso che c’è soltanto una sorta di materiale fibrinoide che sostiene il vaso, quindi non c’è un tono; questo però è funzionale alla maggiore perfusione placentare.

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Lezione n°411/03/2016Prof. D’Anna

SINDROMI IPERTENSIVE GRAVIDICHE

1. Adattamenti fisiologici alla gravidanza(Premessa: purtroppo mancano i primi minuti di registrazione, durante i quali il Prof. ha cominciato a riassumere quello di cui aveva parlato durante la sua prima lezione, riguardo gli adattamenti fisiologici alla gravidanza. Ha ricordato come durante la gravidanza fisiologica si verifichi un’espansione del volume plasmatico con aumento della gittata cardiaca, diminuzione della pressione sistolica e soprattutto di quella diastolica)).

Diciamo che gli avvenimenti più importanti riguardano le modificazioni emodinamiche, che garantiscono la perfusione placentare.Se la gravidanza fisiologica è caratterizzata da espansione del volume plasmatico al fine di migliorare la perfusione placentare, da vasodilatazione periferica e da diminuzione dei valori pressori principalmente della diastolica, la forma più grave di sindrome ipertensive gravidiche, che si chiama eclampsia, è caratterizzata esattamente dal contrario, cioè non c’è l’espansione del volume plasmatico, non c’è la riduzione dell’ematocrito, non c’è la vasodilatazione periferica, ma anzi c’è una vasocostrizione che determina ipertensione.

Abbiamo parlato anche del versante placentare, e abbiamo detto che il trofoblasto infiltra sia la decidua che un terzo del miometrio, ne modifica le caratteristiche vascolari, cioè i vasi che vengono interessati da questo processo perdono la loro struttura musculo-elastica, e diventano vasi a capacitanza, nel senso che c’è soltanto una sorta di materiale fibrinoide che sostiene il vaso, quindi non c’è un tono; questo però è funzionale alla maggiore perfusione placentare.

Abbiamo anche detto come possa sembrare strano che il prodotto del concepimento si comporti in maniera così aggressiva nei confronti dei tessuti materni, e dicevamo pure che certamente ci deve essere qualcosa di immunologico che garantisca tutto questo processo, perché è anche possibile che il potenziale immunologico della madre rifiuti il prodotto del concepimento, cioè si verifichi un aborto precoce, o si verifichi una placentazione incompleta, ma questa è l’eccezione e non la regola. Per cui sull’interfaccia materno-fetale ci deve essere una tale tolleranza immunologica da parte della madre che consente che un’entità microscopica infiltri le strutture come si trattasse di un vero e proprio cancro, ne modifichi profondamente la vascolarizzazione, con la finalità di crescere ma indubbiamente con una modificazione importante delle strutture vascolari.

Abbiamo parlato di come le arterie spirali a livello deciduale, intramiometriale nella parte più interna, hanno normalmente un calibro di 1 mm, ma dopo l’azione del trofoblasto hanno un calibro quattro volte superiore, e 4 mm di calibro è ben altra cosa rispetto a 1 mm. Ci si potrebbe chiedere che arterie sono non avendo più il tono vascolare, in realtà sono una prosecuzione delle arterie, che

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prima erano radiali e poi diventano spirali, e sono proprio quelle spiraliformi che hanno quest’andamento un po’ “zigzagante” che subiscono di più le trasformazioni.

Il fattore immunologico quindi è assolutamente da tenere presente, l’altra volta avevamo ipotizzato che nell’interfaccia materno-fetale gli antigeni fossero solo specie-specifici, e non individuo-specifici, infatti abbiamo definito l’annidamento come una sorta di eterotrapianto, dove la componente antigenica affine è solo del 50%, e abbiamo detto anche che per quanto le ovodonazioni, cioè materiale genetico completamente diverso dall’individuo ospite, siano gravate da una tasso di abortività maggiore, sono comunque tante quelle che vanno avanti.Quindi viene da chiedersi perché la madre dovrebbe consentire che un individuo antigenicamente estraneo, come nel caso dell’ovodonazione, attecchisca e stravolga completamente la struttura vascolare. Per cui certamente questa tolleranza immunologica deve essere qualcosa di più, ci devono essere degli antigeni non individuo-specifici che garantiscano questa operazione.

Avevamo pure detto che dal riconoscimento materno-fatale, quindi da questa filosofica accettazione da parte della madre del prodotto del concepimento si innescano, con un meccanismo ancora non chiaro, dei sistemi vasoattivi, renina-angiotensina-aldosterone in testa, che hanno il doppio scopo da un lato di trattenere liquido perché ci deve essere un’espansione plasmatica, dall’altro di favorire attraverso altri sistemi come quello della prostaciclina, questa vasodilatazione periferica; vasodilatazione periferica e tono delle arterie periferiche che sono responsabili della pressione diastolica, ed ecco perché la pressione diastolica si abbassa ancora di più di quella sistolica.

Si ipotizza anche che alcune classi del sistema HLA siamo coinvolte in questa tolleranza immunologica.

2. PreeclampsiaIl discorso è cosa succede quando si ha un fallimento della evoluzione fisiologica della gravidanza?C’è un’ipotesi immunitaria perché la preeclampsia (PE) è più frequente nelle nullipare, cioè donne in cui ancora non c’è stata un’abitudine agli antigeni del partner. L’aumento del rischio di PE inoltre, che si riduce con la seconda gravidanza per una sorta di tolleranza immunologica, torna a salire se la donna concepisce con un nuovo partner. Quindi anche questi dati epidemiologici ci aiutano a capire come in questa sindrome, nelle forme più gravi, ci sia una componente immunologica.

Nella PE l’adattamento cardiocircolatorio non si verifica, non avvengono l’espansione del volume plasmatico e la vasodilatazione, insomma la circolazione rimane identica a quella pregravidica, quindi non c’è l’adattamento alla gravidanza ma c’è un maladattamento alla gravidanza.Che ci sia poi un chiaro coinvolgimento della capacità immunitaria materna, ce lo dice il fatto che quasi tutti i lavori sulle forme gravi di PE, sulle forme precoci, hanno messo in mostra un innalzamento delle citochine infiammatorie, delle NK e dei neutrofili, che sono le stesse cellule che intervengono nel rigetto dei trapianti, e che rilasciano proteasi tossiche che danneggiano l’endotelio. E questa è una condizione infiammatoria importante proprio per la presenza di queste cellule e quindi del coinvolgimento dell’immunità cellulo-mediata, che intervengono per cacciare

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questo prodotto del concepimento; infatti ci sono dei dati che ci dicono che nell’aborto ricorrente (cioè 2-3 aborti precoci consecutivi) c’è un problema immunologico, autoanticorpale, con queste cellule aumentate nel sangue materno e nell’ambiente che respingono il prodotto del concepimento.Ma tutto questo succede anche nei mesi più alti, quando la PE si manifesta in tutta la sua gravità.

2.1. Placentazione anomala

Quali sono le caratteristiche principali della PE?Intanto la placentazione anomala

Anche in questo caso utilizziamo uno schema molto didattico per far capire che alcuni vasi non si modificano. Cioè accanto a vasi che subiscono l’infiltrazione ve ne sono altri che non si modificano, e questo determina una ipoperfusione placentare, perché la vasodilatazione, almeno nel 50% di questi vasi uterini, non si è verificata.

Questi disegni sono effetti di studi, e voi vi chiederete come hanno fatto a studiare i vasi uterini attaccati alla placenta? Questi studi sono stati fatti negli anni ’70 da degli studiosi belgi, che studiavano la gestosi e la PE da tanto tempo, ed evidentemente si saranno create le condizioni non che la gravida morisse (rischio comunque serio), ma hanno fatto in modo di fare una isterectomia senza togliere la placenta. Perché durante un taglio cesareo si taglia l’utero a livello del segmento inferiore, si estrae il bambino prima e poi la placenta. Può capitare che per emorragie che intercorrono durante l’intervento, per esempio per problemi di placentazione anomala è possibile che ci sia un’emorragia importante, l’utero non si contrae, e si può rendere necessario un taglio cesareo di tipo demolitivo per evitare che la donna si dissangui, quindi esiste un’isterectomia post-cesareo.

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Se però noi estraiamo il bambino, e senza togliere la placenta togliamo l’utero lasciando la placenta attaccata all’utero, abbiamo la possibilità di fare una sezione completa di tutta la vascolarizzazione utero-placentare, perché facciamo un taglio che dall’esterno dell’utero va verso l’interno, compresi i vasi placentari. Facendo questo artificio (voglio sperare che ci fossero le condizioni per doverlo fare, altrimenti sarebbe stata una mutilazione inaccettabile) loro si accorsero che almeno il 50% dei vasi spiraliformi non si erano modificati, quindi il trofoblasto non era riuscito a infiltrare tutta la struttura ma soltanto una parte, e tutto questo determinava ipoperfusione. È ovvio che se c’è ipoperfusione ci sarà un ridotto apporto di ossigeno e di nutrienti al feto. Tutto questo determina un rallentamento dell’accrescimento fetale (il mancato accrescimento fetale può essere primitivo o secondario, e in questo caso è secondario a una PE).

Chi verrà in sala parto, avrà la possibilità di vedere la placenta di un parto a termine, che può presentare delle zone necrotiche anche in una gravidanza fisiologica, con un feto che pesa 3,5 kg. La placenta è un organo che lavora molto nei mesi della gestazione, e va incontro a un processo fisiologico di senescenza, di invecchiamento, invecchiamento rappresentato dalla trombosi dei vasi placentari, perché abbiamo detto che la circolazione è lenta e quindi si possono formare trombi. Ma quando questo processo di trombosi vascolare, e quindi di necrosi, si verifica nelle ultime settimane, rappresenta una condizione parafisiologica, perché il resto della placenta riesce a far crescere il feto, crescita fetale che non ha un andamento proporzionalmente crescente.La scorsa lezione vi ho detto che alla fine del primo trimestre l’embrione pesa 100-150 gr, alla fine del sesto mese pesa 1 kg, quindi è soltanto negli ultimi 3 mesi che arriva a 3,5 kg, quindi nell’ultimo trimestre aumenta di 2,5 kg, e anche questi non è che sono divisi 800 gr per mese, ma c’è un accrescimento che è progressivamente maggiore con l’avanzare della gravidanza. Per cui il feto al settimo mese peserà circa 1,7 kg, all’ottavo 2,5 kg, e nell’ultimo mese prenderà l’ultimo chilo. Quindi la deposizione di grasso, cioè l’accrescimento plastico del feto, avviene negli ultimi due mesi. Ed è chiaro che per crescere 200-250 gr a settimana, come avviene nell’ultimo mese, c’è bisogno di una placenta che funzioni appieno, in modo che possa portare una massa di sangue che porta nutrienti e ossigeno che verranno metabolizzati dal feto, dato che a otto mesi il feto ha un sistema metabolico già completo, perché la differenziazione che si verifica nel primo trimestre fa sì che poi tutti gli organi e apparati rispondano esattamente per una vita endouterina che preveda, tranne la respirazione, la funzione di tutti gli altri apparati e organi.Quindi se noi facciamo mancare questa perfusione importante nell’ultimo trimestre, avremo un rallentamento della crescita fetale.

Le lesioni che noi riscontriamo nella placenta al settimo mese, per esempio, di una donna con PE, non sono in realtà diverse da quelle che vediamo in una placenta a termine (si trovano anche nell’IUGR isolato), sono soltanto molto più precoci, e sono caratterizzate da necrosi dei villi e lesioni di tipo infartuale, necrotico, di tipo trombotico.Praticamente succede che quei vasi che non si sono trasformati, che sono rimasti spastici, vanno incontro a processi di tipo aterosico, si ostruiscono durante il periodo della gravidanza, cioè quel tratto intramiometriale in particolare va incontro a questi problemi, perché l’invasione trofoblastica spesso si ferma a livello della decidua, non interessano anche il tratto intramiometriale.Quindi queste arterie restano spastiche, e vanno facilmente incontro a processi di aterosi, anche questi documentati a livello istologico, anatomopatologico, e ciò vuol dire ostruzione vascolare, danno endoteliale, formazione di trombi.

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La formazione di un trombo a quel livello, visto che tutta la placenta è segmentata in celle, significa che dal lato fetale determina una necrosi di una parte dei villi, perché non arrivando più sangue nello spazio intervilloso, tutta la camera intervillosa si collassa, e quindi c’è necrosi.

Domanda: il processo trombotico riguarda solo i vasi spastici?Risposta: riguarda prevalentemente i vasi spastici, ma essendo questi il 50% capite bene come ci sia una diffusione enorme di fenomeni trombotici. La placenta è un organo capace di funzionare anche se una sua parte non funziona, ma se l’estensione di questo danno è superiore al 50% è evidente che resta piccola, infartuata, il feto nei mesi alti della gravidanza non riesce a crescere. E non è che se non cresce resta piccolo e basta, ma se non cresce mette in atto una serie di modalità di risparmio, di possibili vie alternative, ma alla fine muore, perché geneticamente dovrebbe screscere, quindi se lasciamo un feto ipoperfuso, per un po’ mette in atto dei sistemi alternativi di ridistribuzione del circolo ma, alla fine, se non viene tirato fuori muore.

Della disfunzione endoteliale ci rendiamo conto perché si invertono le concentrazioni di sostanze utili a quello che fisiologicamente si verifica in gravidanza, cioè alla vasodilatazione, come l’NO e le prostacicline prodotte dall’endotelio integro. Se l’endotelio è infatti danneggiato viene prodotta una quantità minore di queste sostanza, che vengono antagonizzate da sostanze che invece hanno attività pro-aggregante piastrinica e vasocostrittrice, infatti aumenta la produzione di trombossano e di endotelina.

2.2. Meccanismo a due fasi della preeclampsiaC’è un inglese che si chiama Roberts che studia da quarant’anni la PE, e ha individuato un meccanismo in due fasi:

1) prima succede qualcosa a livello placentare nelle forme precoci di PE, che determina ipossia e ipoperfusione;

2) questo comporta il passaggio in circolo, ad opera dei villi che si necrotizzano, di sostanze che hanno attività vasocostrittrice e aggregante piastrinica, e quindi dopo questa prima fase di danno placentare, che noi possiamo anche non vedere perché fino a sei mesi magari il feto cresce regolarmente, la malattia da placentare diventa sistemica. Cioè dalla placenta alterata anomala, con una placentazione inadeguata, vengono immesse in circolo sostanze che provocano una vasocostrizione generalizzata, quindi l’ipertensione, che non ci dovrebbe essere in una gravidanza fisiologica, rappresenta la manifestazione cardine di questo processo placentare anomalo.

L’ipertensione e quindi la presenza di sostanze vasocostrittrici, che comunque hanno il loro riferimento nella disfunzione endoteliale, vi deve far pensare che il danno placentare è diventato sistemico, quindi gli stessi danni vascolari li possiamo ritrovare anche in altri distretti, soprattutto dove c’è una doppia circolazione, come il fegato e il rene, infatti questi sono gli organi che si ammalano prima di tutti.Sappiamo anche che livelli pressori molto elevati superano la capacità di attutire le puntate ipertensive da parte del sistema ematoencefalico: c’è una barriera ematoencefalica che fa sì che le cellule nervose non vengano danneggiate dagli aumenti di pressione, ma questo sistema funziona fino a livelli pressori di 160/100-110 mm/Hg, quando la pressione va oltre questi valori comincia anche il danno cerebrale, che come sapete classicamente si verifica in un soggetto iperteso che ha

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l’ictus. L’ictus spesso è dovuto alla rottura di una vaso cerebrale in seguito a una puntata ipertensiva, di un’elevazione improvvisa e importante della pressione.Quindi si capisce come una donna assolutamente sana, di 23-25 anni, quindi nel pieno della propria salute, possa andare incontro a un processo che fino a qualche decennio fa la portava a morte, considerate che la grave PE è la seconda causa di morte materna dopo le embolie, almeno negli USA, ma penso che questo sia valido anche per noi. Ora stanno prendendo piede le atonie perché aumentando l’età al parto, per cui quella componente legata alla insufficienza muscolare uterina, alla presenza di fibrosi e di quant’altro di cui abbiamo parlato , fa sì che stia diventando predominate anche l’atonia post-partum, quindi l’emorragia non gestibile, non controllabile.

2.3. Preeclampsia e ipertensioneCome classifichiamo l’ipertensione? Abbiamo detto che una gravida fisiologica va incontro a un processo ipotensivo che la può portare ad avere anche 90/40 mm/Hg, per cui per parlare di ipertensione dobbiamo parlare di livelli sistolici di 140 mm/Hg e di livelli diastolici di 90mm/Hg.

Noi abbiamo parlato di PE, quindi una malattia che nelle sue forme precoci inizia dal danno placentare per poi diventare sistemica, ma ci sono anche delle forme più lievi di ipertensione gravidica, caratterizzate dalla sola ipertensione, che sono:

ipertensione cronica, se la donna era già ipertesa, o non sapeva di essere ipertesa e se ne accorge nei primi mesi della gravidanza, quindi stiamo parlando di un soggetto già iperteso;

ipertensione gestazionale, cioè un’ipertensione che compare nella seconda metà della gravidanza, in una donna che non era mai stata ipertesa.

Quindi capite bene come controllo di una gravidanza non può prescindere dalla misurazione della pressione, e considerate che dalle nostre parti circa il 5-7% delle gravidanze sono complicate da ipertensione, certo la maggior parte delle forme non sono gravi, però nel momento in cui si instaurano dobbiamo capire quello che c’è dietro: se c’è un vasospasmo, un danno endoteliale. E se succede nelle ultime settimane in linea di massima non crea dei problemi, ma se diventa molto elevata o inizia precocemente, siamo davanti a una gravidanza che dobbiamo monitorare con grande attenzione.

E poi c’è la PE, che si caratterizza non soltanto per l’ipertensione ma anche per la proteinuria. Quando parliamo di proteinuria parliamo sostanzialmente di albuminuria, sono le piccole proteine plasmatiche che sono presenti nelle urine, ci sono molte donne che fisiologicamente hanno albuminuria, che magari nelle metodiche qualitative non viene espressa in mg/L ma indicata come velo, albamento, e comunque velo e albamento sono sempre minori di questo valore soglia, di questo valore di cut-off di 300 mg/24h, nelle 24h significa che bisogna valutare quanto urina la donna: se la donna urina 2L, e abbiamo 200mg/L quando facciamo la proteinuria/L, è evidente che siamo a 400 mg/24h, e quindi siamo davanti a un dato già sospetto.

Quindi per fare diagnosi di PE si devono avere sia l’ipertensione che la proteinuria.Questo per fare diagnosi, però poi per il fatto che tende a diventare sistemica, si possono avere anche danno epatico, danno neurologico e danno coagulativo, cioè il processo innescato dal danno placentare può portare a CID.

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Questo si verifica perché i villi sono ricchi di tromboplastina, e quindi anche il liquido amniotico ne è ricco, e il passaggio di liquido amniotico, o di queste piccole produzioni villari, che sono appunto le tromboplastine e altre sostanza trombofiliche, possono provocare una attivazione della coagulazione intravascolare.Io non posso dimenticare una donna alla sua quarta gravidanza, e alla quarta gravidanza i vasi sono un po’ più sfiancati, ed evidentemente c’era qualche vaso beante e nel momento in cui abbiamo rotto le membrane probabilmente è successo che piccolissime quantità di liquido amniotico sono andate in circolo, e le hanno causato immediatamente una trombosi della polmonare, questo per dirvi la potenza tomboplastinica e trombofilica di queste sostanze; la signora è morta sul colpo per un’embolia polmonare massiva, e rompere le membrane è una pratica comune nel nostro lavoro per velocizzare il parto, quindi quello che è successo è una cosa unica.

2.4. Preeclampsia e danno neurologicoQuindi quando abbiamo una PE, dobbiamo assolutamente esplorare il versante epatico, quello renale e quello coagulativo; quello neurologico no perché in linea di massima soltanto in una piccolissima parte dei casi si verifica un danno neurologico che porta poi alle convulsioni.Perché appunto il danno cerebrale con l’evoluzione più grave della PE è l’eclampsia.Il termine eclampsia deriva dalla parola greca eklampo, e come parola affine c’è il lampo, e questa parola greca è stata adattata da coloro che per primi hanno descritto questa patologia, perché c’erano queste donne gravide che improvvisamente avevano delle convulsioni, quindi un lampo, un accidente improvviso, un’esplosione improvvisa.

Gli anglosassoni hanno osservato che queste persone che andavano incontro a convulsioni, prima presentavano la patologia caratterizzata da ipertensione e proteinuria, e mentre una scuola europea stava cercando di classificare queste patologie come gestosi, cioè delle patologie che insorgono durante la gravidanza, chiamandole gestosi proteinuriche, gestosi ipertensive-proteinuriche, gli anglosassoni invece hanno proposto, visto che l’esito finale è l’eclampsia, di chiamare tutte le forme che possono precederla preeclampsia.Fra gli europei all’inizio ci sono stati studiosi che hanno cercato di arginare gli americani, che però non sono arginabili, e infatti prima erano rimaste due società, una europea e una americana, mentre dagli anni ‘80 c’è una sola organizzazione internazionale che si chiama ISSHP (International Society for the Study of Hypertension in Pregnancy) che classifica la sindrome da ipertensione e proteinuria come preeclampsia.E questa definizione in realtà non ha un gran senso perché se si parla di pre-eclampsia ci si riferisce a qualcosa che automaticamente viene prima, mentre in realtà si ha un caso di eclampsia ogni 2000 gravidanze, mentre per la PE andiamo dall’1al 2 %, quindi di 20-30-40 preeclamptiche (dipende dalle zone) solo una avrà l’eclampsia.

Allora l’eclampsia è la manifestazione del danno neurologico, che si manifesta esattamente come una sindrome da grande male, infatti ci sarà l’aura, poi il momento tonico, quello clonico, e poi quel coma leggero che caratterizza i soggetti che vanno incontro al grande male, che non si svegliano subito, c’è un momento di non coscienza.

Quindi la manifestazione convulsiva è molto simile al grande male ed è indice di danno cerebrale. Gli episodi eclamptici sono determinati dal fatto che la cellula cerebrale, a seguito

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dell’ipertensione va incontro a sofferenza e diventa edematosa, e quando diventa edematosa aumenta l’eccitabilità, fino a scatenare un vero e proprio attacco eclamptico.È ovvio che se questi attacchi si ripetono i vasi si rompono, ed in una review degli anni ’80 gli americani, che registrano e catalogano tutto, sono andati a vedere i registri dei trent’anni precedenti e hanno visto quante morti erano avvenute per eclampsia, e hanno anche studiato i rilievi autoptici, osservando che tutte le donne morte per eclampsia avevano avuto un’emorragia cerebrale.Non tutte le donne con eclampsia muoiono, certo c’è un certo timore perché il danno cerebrale è sempre quello che fa spaventare di più, ma possono capitare cose anche più gravi dell’eclampsia.

Domanda: durante gli attacchi il feto come si comporta?Risposta: non muore, pensate che l’attacco tonico-clonico determina ipoperfusione placentare grave, infatti quando l’attacco finisce noi vediamo che il battito è bradicardico ma tende a riprendersi (sicuramente durante l’attacco non monitoriamo il battito), ma se gli attacchi sono subentranti madre e figlio alla fine muoiono.

Domanda: si può intervenire su una gravida come si interviene normalmente sulle crisi epilettiche con medicine come benzodiazepine?Risposta: negli anni 2000 uscì un grosso studio americano in cui era stata testata una sostanza che riduce l’eccitabilità neuronale ed è un forte vasodilatatore, e si tratta del solfato di magnesio. In questo studio si dimostrò che nelle forme gravi di PE, in quelle che possono evolvere in una eclampsia, la somministrazione di solfato di magnesio riduceva le crisi eclamptiche, e se si verificava una crisi eclamptica la somministrazione di solfato di magnesio per le 24h successive la stabilizzava, perché poi dopo una crisi eclamptica devi stabilizzare la donna e operarla, il bambino deve uscire, perché è la placenta la responsabile di tutto questo. Quali sono le condizioni che consideriamo più a rischio per un’eclampsia?Certamente tutte le condizioni in cui la pressione arteriosa è fuori controllo, perché la pressione elevata, oltre 160/100 mm/Hg è la pressione che può determinare un’eclampsia. Quindi quando la pressione è elevata e non risponde alle terapie, o risponde poco, noi cominciamo a somministrare solfato di magnesio, che è un vasodilatatore importante e riduce l’eccitabilità interneurale. Non si dovrebbero somministrare calcioantagonisti perché l’azione tende a potenziarsi. Quindi si fa un bolo da 4gr e poi 1 gr/h per 24h.

Ma a parte la pressione alta ci sono altri segni e sintomi dell’aura eclamptica, che non potendola chiamare aura preeclamptica come sarebbe corretto, la chiamiamo aura da eclampsia imminente, e questi segni sono:

la cefalea che non si riduce con nessun analgesico. È il segno più frequente e dà l’idea del danno cerebrale;

dolore epigastrico a barra: la donna ha un dolore fortissimo che mima la gastrite, quindi dobbiamo stare attenti a distinguere i due casi. Questo dolore è dato dal danno trombotico a livello dei piccoli vasi a livello epatico e pancreatico;

disturbi di tipo sensoriale come gli acufeni, cioè il ronzio, e i fosfeni, le cosiddette mosche volanti. Quando si presentano questi sintomi abbiamo poco tempo prima che si verifichi la crisi, che di solito arriva nel giro di un minuto, e allora si deve essere pronti a prendere la signora se per caso è in piedi e rischia di cadere e farsi male, e poi l’altro rischio è che si morda la lingua, a volte si tagliano la lingua di netto, quindi si deve mettere qualcosa in

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bocca per evitare che ciò avvenga. E noi abbiamo pronto un set di gestione della donna eclamptica, perché anche se ne vediamo una ogni due anni, quella deve essere gestita in maniera corretta, e quindi deve essere invitata a stare a letto, va stabilizzata utilizzando eventualmente anche benzodiazepine e a volte anche barbiturici, e una volta stabilizzata si procede al cesareo, qualsiasi sia l’epoca gestazionale, anche se si rischia di perdere il bambino, perché se non si opera in questo modo il rischio è quello che muoia la madre.

2.5. Fattori di rischio della preeclampsiaQuesto per quando riguarda la sofferenza cerebrale, però è importante sapere quali sono i fattori di rischio, perché rispetto a questa patologia così grave stanno fiorendo degli studi per valutare alcuni markers precoci di PE (uno di questi per esempio è il placental growth factor, ma questa è una cosa più specialistica, quindi atteniamoci più sulle parti che possono interessare maggiormente gli studenti).Allora i fattori di rischio sono:

la primiparità: la maggior parte delle donne (70-80%) che vanno incontro a PE sono primipare, cioè sono alla prima gravidanza, e questo è un fattore di rischio non eliminabile, e vedete che in questo caso il rischio di una PE è da 5 a 10 colte superiore. E vedete anche che il rischio resta uguale se si fanno figli con partner diversi, tanto è vero che la percentuale di PE nelle nullipare è del 3%, nelle multipare con lo stesso partner si riduce a 1,9%, nelle multipare con partner diverso torna al 3%, si perde in pratica la tolleranza immunologica;

un intervallo superiore a 10 anni fra due gravidanze fa perdere la tolleranza immunologica, e quindi va considerata come una condizione identica alla nulliparità;

età: se si superano i 35 anni il rischio è triplicato perché la compliance uterina e vascolare è ridotta, e questo dato epidemiologico, che ormai è datato, fece scattare la definizione di primipara attempata (cioè una primipara che avrebbe avuto più rischi in gravidanza);

precedenti patologie: come l’ipertensione precedente alla gravidanza (aumenta il rischio di 10 volte), la nefropatia diabetica precedente alla gravidanza (aumenta il rischio del 30%, mentre un DM I senza nefropatia aumenta il rischio del 10%), il LES (20-30%), le sindromi anticorpali come quella degli anticorpi antifosfolipidi, le sindromi trombofiliche come l’alterazione della proteina S, del fattore V l’iperomocisteinemia, l’asma e la sclerodermia;

storia familiare: nell’anamnesi che raccogliamo al momento del primo appuntamento non dovremmo mai dimenticare di chiedere alla donna se la madre ha avuto una gravidanza con ipertensione, con gestosi, e se lei stessa è figlia di questa gravidanza, perché epidemiologicamente il rischio è raddoppiato se non è lei a essere nata dalla gravidanza durante la quale la madre ha sofferto di gestosi, mentre se è lei il prodotto di quella gravidanza il rischio è triplicato;

gemellarità: aumenta di 3,5 volte il rischio di PE; obesità: aumenta il rischio da 2 a 5 volte. In realtà le forme di PE possono essere distinte,

come si fa oggi, in placentogeniche e maternogeniche. Cioè le forme gravi e precoci sono determinate dal danno placentare, però ci può essere un problema metabolico materno che attraverso l’iperinsulinemia, l’insulino-resisenza, l’obesità provocano ipertensione e proteinuria. Queste ultime però sono di solito le forme più tardive e che hanno un outcome materno-fetale più favorevole, ma sono anch’esse delle forme preeclamptiche.

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La ricorrenza può arrivare fino al 30%, ma quello che è interessante sono gli studi che stanno venendo fuori da qualche anno a questa parte, ovviamente la fanno da padrone gli studi americani che hanno permesso di rivalutare negli anni le donne che avevano avuto PE, o meglio quelle che avevano sofferto di patologia coronarica, e incrociando i dati hanno visto che chi ha sofferto di PE più facilmente va incontro a ipertensione e patologia coronarica.Vedete, la gravidanza per una donna è una sorta di stress-test, cioè può farvi intravedere di cosa soffrirà una donna trent’anni dopo, perché se soffrirà di ipertensione in gravidanza diventerà ipertesa durante la menopausa, se soffrirà di diabete durante la gravidanza svilupperà diabete circa cinque dieci anni dopo, quindi la gravidanza non è altro che un test dove vengono messi alla prova sistemi che sono potenzialmente già alterati e che si slatentizzano, si evidenziano, quando le condizioni lo consentono.Ma le donne possono impedire che si verifichi quello per cui sono predisposte?Certo, se noi abbiamo una donna obesa che va incontro a diabete gestazionale, se resta obesa dopo qualche anno si ammalerà di DM II, l’unico modo per evitarlo è la dieta, ma quasi nessuna dimagrisce, anzi c’è il rischio che ingrassino ancora di più.Noi per ora stiamo assistendo donne di 130-140 Kg, e capite bene che bombe che sono non soltanto di aspetto, ma anche bombe di rischio clinico, ma loro non se ne rendono conto.

Chi ha avuto l’ipertensione diventerà ipertesa durante la menopausa, perché gli estrogeni proteggono la donna fino alla menopausa, poi forse nel progetto iniziale era previsto che la donna non sopravvivesse alla menopausa, del resto molti animali non sopravvivono quando finisce l’attività riproduttiva, si qualcuno forse sopravvive, ma l’animale donna nella sua evoluzione è stato pensato per dare prole.

Domanda: però le donne vivono mediamente più degli uomini.Risposta: si, perché fino a cinquant’anni hanno la protezione degli estrogeni, pensate che classicamente l’infarto lo avevano gli uomini, per cui dal secondo dopoguerra, quando i giovani americani tornavano in delle bare e veniva fatta loro l’autopsia, e si notava che già a vent’anni avevano le arterie ostruite per la loro alimentazione, e questo fu fatto random durane la seconda guerra mondiale, ma in maniera sistematica durante la guerra del Vietnam, e ci si accorse che c’era un disastro vascolare già in giovani uomini. E siccome si moriva d’infarto a trentacinque, quarant’anni, furono fatte della campagne di prevenzione per gli uomini, perché le donne non avevano questo problema, ma l’allungamento della vita ha fatto sì che comincino a venir fuori i dati delle patologie cardiovascolari delle donne, di cui non si occupava nessuno, sia perché erano donne, e sia perché non c’era questa prevalenza della patologia vascolare della donna. Ma se andiamo a vedere ora le curve delle patologie cardiovascolari si osserva che il rischio maschile è progressivo, è una linea retta, mentre nella donne la curva è bassa prima della menopausa, ma c’è un’impennata dopo la menopausa e a sessantacinque anni hanno lo stesso rischio: muoiono tante donne di infarto dopo i sessantacinque anni quanto gli uomini, anzi a questa età il rischio può anche superare quello degli uomini, ma comunque non hanno percezione del loro rischio. Solo da poco si sta cercando di fare delle campagne di sensibilizzazione per la donna anche nel periodo pre-menopausale, per intervenire sull’obesità, sul fumo, ormai il numero di donne che fuma è altissimo, e purtroppo per la donna il danno del fumo sul polmone è tre volte maggiore rispetto al danno sul polmone dell’uomo, perché il polmone femminile si difende meno dall’insulto del fumo, quindi ora abbiamo avuto tantissimo carcinomi polmonari nelle donne. Ma intanto questa educazione è difficile.

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E come vedete anche la sindrome metabolica aumenta nelle donne di 3-5 volte rispetto a quelle che non hanno avuto ipertensione in gravidanza, e anche la percentuale di ictus aumenta del 60%.

2.6. Preeclampsia e danno renaleOra vediamo uno per uno tutti gli apparati che vengono coinvolti.Sull’apparato cardiovascolare c’è poco da dire perché ne abbiamo già parlato, la situazione vascolare torna allo stato quo ante, mentre per l’apparato renale la lesione caratteristica è l’endoteliosi glomerulare: si determina cioè una dilatazione dei glomeruli, in particolare delle cellule intracapillari, endoteliali e mesangiali che aggettano nel vaso e ostruiscono i vasi del glomerulo, cioè la matassa di vasi che si trova nel glomerulo e che costituisce l’elemento filtrante. Tutto questo determina proteinuria e conferisce ai glomeruli un aspetto esangue, cioè si ipovascolarizzano. Questa lesione è reversibile, cioè dopo il parto anche chi ha una proteinuria importante, in un tempo che va da qualche giorno a qualche settimana può andare incontro ad una totale reversibilità del dato chimico-clinico, cioè del dato relativo alla presenza di albumine nelle urine. Ci sono ovviamente altre nefropatie che possono riscontrarsi nella PE, ma sono di solito pre-esistenti, quando parliamo di una lesione tipica della PE parliamo di una lesione che prima non c’era, che si verifica in gravidanza e che regredisce se rimane una glomerulopatia, se diventa una tubulonefrosi, la signora se ne va in dialisi. Questo succede per alcune patologie, ma è un evento raro per non dire eccezionale.

Gli esami importanti sono la clearance della creatinina, che non si fa di routine ma se prevediamo un’insufficienza renale, se sale l’azotemia, ma il parametro che è importante dal punto di vista predittivo sul danno renale, ma non sulla gravità del danno stesso è l’uricemia, che è il valore che aumenta subito, che ci fa capire che il rene non funziona più bene e che quindi è un campanello d’allarme.

2.7. Preeclampsia e danno renaleIl fegato, è l’organo potenzialmente più interessato dal danno vascolare.Nel 1982 uno studioso americano pubblicò sull’American Journal of Obstetrics and Gynecology, un articolo che definiva una sindrome nuova, sempre una gestosi, che all’inizio fu considerata una delle complicanze della PE, ma secondo questo studioso non riguardava la PE, intanto perché era dieci volte meno frequente, ma anche dieci volte più aggressiva.Questa sindrome fu chiamata HELLP Syndrome, ed essendo una sindrome veniva definita dalla sintomatologia, non dall’eziopatogenesi.E in questo acronimo l’H non sta per hypertension, perché secondo questo studioso l’ipertensione e la proteinuria non sono strettamente necessarie per definire la sindrome, ciò significa che non necessariamente la donna deve essere preeclamptica, anche se nel 90% dei casi lo è e ha queste manifestazioni, perché significa che a un certo punto la sindrome devia verso il versante della CID, con tutte le complicanze gravissime che la CID determina.Quindi l’H sta per Hemolysis, cioè emolisi, EL sta per Eleveted Liver enzymes, e LP sta per Low Platelets, quindi piastrinopenia.Ma perché c’è questa triade (emolisi, enzimi epatici elevati e piastrinopenia) così devastante? Quello che questo studioso aveva capito è che c’era un’accelerazione del processo coagulativo, cioè ciò che determina la HELLP Syndrome (che è anche domanda di esame), è la CID. Ma nel momento in cui si attiva la CID, gli elementi che intervengono per primi sono le piastrine, quindi è

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normale che con una CID attivata ci sia piastrinopenia, e le piastrine che di solito sono 250.000-400.000/mm³, in gravidanza subiscono anch’esse la diluizione, per cui è normale avere 150.000/mm³ di piastrine, ma se queste scendono sotto 150.000 vuole dire che c’è un consumo, se scendono sotto 100.000 c’è un grande consumo, se scendono sotto 50.000 il sangue non coagula più bene, perché coagula anche con 10.000 piastrine però siamo vicini al punto di rottura.E le piastrine si consumano perché si aggregano all’interno delle piccole arterie, e le potete immaginare come delle specie di spuntoni sull’endotelio, per cui quando passano i globuli rossi in questi vasi piccoli si rompono, e quindi in questo caso l’emolisi è un’emolisi meccanica di tipo microangiopatico.L’aumento delle enzimi epatici, invece, è secondario alla sofferenza cellulare che è maggiore in un organo che ha una doppia circolazione, quindi molti più capillari, molto più danno cellulare, molta più necrosi e aumento di transaminasi, lattico deidrogenasi ecc.Nel fegato si può determinare addirittura un ematoma, io ricordo una donna arrivata in arresto cardiaco che all’autopsia mostrò un coagulo nel fegato che rappresentava almeno 2L di sangue, quindi pensate che sequestro, per cui era morta per un arresto cardiaco da ipovolemia.L’ematoma epatico e la sua rottura non sono frequenti, ma sono la normale evoluzione di un processo gestosico patologico.

L’HELLP Syndrome complica dal 4 al 12% delle eclampsie, o insorge indipendentemente da esse, e come percentuale è da 1/10 a 1/20 rispetto alla PE.

3. Trattamento della preeclampsia e di altre forme ipertensive gravidichePossiamo prevenire la PE? Alla fine degli anni ’80 alcuni autori francesi si concentrarono sull’acido acetilsalicilico, cioè sull’aspirina, e ci sono studi che dicono che se noi somministriamo l’aspirina dal terzo mese, da 70 a 150 mg secondo il peso, abbiamo una riduzione dell’8% dei parti pretermine, una riduzione del 9% del difetto di crescita e una riduzione del 14% della mortalità perinatale.

3.1. Ipertensione gestazionaleAllora l’ipertensione gestazionale, che abbiamo detto essere quella che si verifica nella seconda metà della gravidanza, che complicanze ha?È raro che si verifichi un’eclampsia, a meno che non sia un’ipertensione molto elevata, non c’è la proteinuria in questo caso, c’è solo ipertensione.È possibile che si verifichi un ritardo di crescita, ma anche questo non è molto frequente.Ciononostante, è una pressione che va trattata, specialmente se la donna ancora non è a termine. Si preferisce farla partorire prima inducendo il parto con prostaglandine, ma fino a 37-38 settimane è meglio gestirla, se non c’è un problema correlato.

Il farmaco di elezione è un calcioantagonista, sul cui foglietto illustrativo c’è scritto di non utilizzare in gravidanza, in realtà lo utilizziamo, e sono state fatte delle linee guide nazionali, e il calcioantagonista è entrato di prepotenza anche se off label nel trattamento della PE e dell’ipertensione gestazionale.

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Il diuretico, invece, che è un farmaco che i cardiologi usano spesso quando ci sono delle forme ipertensive, non va mai utilizzato in gravidanza, perché il diuretico funziona aumentando la diuresi e riducendo la volemia, ma la volemia in una preeclamptica è ridotta, perché abbiamo detto che non vasodilata, non ha espansione del volume plasmatico e l’ematocrito sarà alto, quindi tutta questa condizione già confligge con una adeguata perfusione placentare. Se noi provochiamo in queste donne un’ulteriore ipovolemia facciamo un danno al feto, per cui il diuretico per abbassare la pressione in gravidanza non si usa mai, prima si partorisce, e poi si può assumere.

Domanda: ma nella PE la condizione edematosa come si tratta se non possiamo usare diuretici?Risposta: l’edema non si riesce a trattare. Una volta nelle linee guide dell’UE si diceva che questa era una sindrome caratterizzata da edema, ipertensione e proteinuria. L’edema però nella sostanza è stato tolto perché nella maggior parte dei casi è presente regolarmente in una gravidanza fisiologica, quindi l’edema di per sé è una manifestazione parafisiologica.Nella PE invece è una condizione assolutamente patologica perché l’edema nella PE intanto è molto più precoce, ed è dovuto al fatto che il vasospasmo generalizzato fa uscire liquidi a livello intravascolare e li colloca a livello interstiziale, è un edema per una sofferenza vascolare, e ha una genesi diversa. Quindi le donne preeclamptiche sono spastiche e ipovolemiche, e quindi ipoperfuse, se noi diamo loro il diuretico che abbassa ulteriormente la volemia, creiamo un ulteriore ipoperfusione e quindi un danno al feto che è già probabilmente sofferente.

Prima della trentaquattresima settimana si può utilizzare il cortisone che migliora la maturità polmonare fetale.

3.2. Ipertensione cronicaPer quanto riguarda l’ipertensione cronica si può modificare un po’ la tipologia del farmaco perché il calcioantagonista di solito non viene dato nel primo trimestre, in quanto ci sono delle segnalazioni in letteratura che indica crei qualche problema in alcuni primatiPer cui nelle forme croniche preferiamo cominciare con un farmaco antiipertensivo molto antico che i cardiologi non usano più, ma quando noi utilizziamo dei farmaci (e fra le domande d’esame c’è anche una domanda su farmaci e gravidanza) non dobbiamo dimenticare che ciò che somministriamo alla mamma lo somministriamo anche al feto, e ci sono sostanze che alla mamma non fanno niente, ma nel feto possono causare malformazioni, danni importanti. Senza dover pensare alla talidomide, ci sono altri farmaci che negli anni hanno fatto disastri terribili, per cui nel primo trimestre è opportuno concentrarsi su pochi farmaci di cui sappiamo con sicurezza l’effetto sul feto, perché li utilizziamo da quarant’anni.Non va bene l’antibiotico di ultima generazione, ma va bene l’antibiotico che sappiamo non ha effetti sul feto, e lo stesso vale per l’antiipertensivo, e l’antiipertensivo che sicuramente non è nocivo per il feto è l’alfa metildopa, nome commerciale aldomet, che nessun cardiologo prescriverebbe più, ma noi lo diamo per preservare anche nel primo trimestre la salute embrionale. Certo ci possono essere complicanze come difetto di crescita, distacco di placenta, sempre legate all’ipertensione.

Oltre all’alfa metildopa si possono usare anche calcioantagonisti e betabloccanti. Quando parlo di beta-bloccante parlo di un alfa beta bloccante, cioè il labetalolo, che è la seconda linea nella terapia delle sindromi ipertensive, e si può dare anche in vena, mentre l’alfa metildopa e i

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calcioantagonisti si somministrano solo per os, e capite bene che a una donna che ha una crisi eclamptica per os non possiamo somministrare niente quindi in questi casi il solfato di magnesio si può integrare con il labetalolo in vena.

Non vanno utilizzati gli ACE inibitori, farmaci abbastanza diffusi nel trattamento dell’ipertensione essenziale, e ci possono essere donne che ne fanno uso, ma nel momento in cui si fa diagnosi di gravidanza si deve sospendere perché provocano malformazioni sul rene fetale.

Domanda: ma una donna che ha uno scompenso cardiaco che usa questi farmaci li deve sospendere?Risposta: a una donna con scompenso non va sconsigliato il farmaco, ma va sconsigliata una gravidanza, perché muore. Senza pensare allo scompenso che è un caso limite, ci sono altre patologie che necessitano farmaci potenzialmente teratogeni e che noi non possiamo interrompere, come la schizofrenia e l’epilessia

Domanda: ma se una donna ha il diabete ed è ipertesa e sviluppa una proteinuria perché è diabetica, come faccio a capire se ha una proteinuria?Risposta: è irrilevante, perché il danno è comunque renale.

Valentina Urzì Brancati