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Ginecologia 22/o4/16 Prof. Triolo Fisiologia degli annessi e degli scambi materno-fetali Il primo argomento di ostetricia che verrà trattato è la fisiologia degli annessi e degli scambi materno-fetali. Quando parliamo di annessi in ambito ostetrico/ginecologico dobbiamo distinguere gli annessi in ginecologia (le tube, le ovaie) e gli annessi in ambito ostetrico ovvero tutto quello che fa parte del compartimento fetale, vale a dire la placenta (l’organo principale), le membrane amniocoriali che costituiscono il sacco gestazionale e il cordone ombelicale che rappresenta una connessione tra la placenta e il feto stesso. Esso è formato da vasi sanguigni che permettono scambi reciproci tra la madre e il feto, importantissimi per lo sviluppo del feto ma che rappresentano anche degli elementi funzionali per l’organismo materno stesso per quanto riguarda la fase della gravidanza. Possiamo dire che la gravidanza è quell’evento che contribuisce a determinare quel cambiamento non soltanto fisico ma anche mentale-psicologico che trasforma la donna in madre, perché fino a quando non si verifica questo evento non si verifica nemmeno il cambiamento, in quanto è modulato e determinato proprio da questa messaggistica di tipo bio-umorale che si instaura tra il feto e la madre e viceversa. Tutto quello che avviene all’interno dell’organismo , tutto quello che regola il rapporto non solo tra madre e feto ma tra gli individui in genere è modulato alla base da meccanismi bio-umorali, quindi da fattori puramente biochimici che sono rappresentati dalle catecolammine, dalle endorfine, da tutta una serie di sostanze che prodotte in determinate situazioni sono quelle che determinano l’insorgenza anche di quelle cose più elevate come i sentimenti, le stesse doti intellettive e quant’altro. Come sappiamo, la specie umana è caratterizzata nel suo processo riproduttivo da una condizione per cui il prodotto del concepimento si sviluppa all’interno dell’organismo materno fino a quando non ha completato la maturazione degli organi e degli apparati . Questo sviluppo presuppone la formazione di queste strutture, ovvero degli annessi fetali, primo fra tutte la placenta, che è un organo di tipo vascolare che va a svolgere una funzione molto importante non soltanto di connessione ma anche di filtro tra organismo materno e quello fetale. Vedremo più avanti l‘importanza di questo filtro durante la gravidanza.

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Ginecologia 22/o4/16Prof. Triolo

Fisiologia degli annessi e degli scambi materno-fetali

Il primo argomento di ostetricia che verrà trattato è la fisiologia degli annessi e degli scambi materno-fetali.

Quando parliamo di annessi in ambito ostetrico/ginecologico dobbiamo distinguere gli annessi in ginecologia (le tube, le ovaie) e gli annessi in ambito ostetrico ovvero tutto quello che fa parte del compartimento fetale, vale a dire la placenta (l’organo principale), le membrane amniocoriali che costituiscono il sacco gestazionale e il cordone ombelicale che rappresenta una connessione tra la placenta e il feto stesso. Esso è formato da vasi sanguigni che permettono scambi reciproci tra la madre e il feto, importantissimi per lo sviluppo del feto ma che rappresentano anche degli elementi funzionali per l’organismo materno stesso per quanto riguarda la fase della gravidanza. Possiamo dire che la gravidanza è quell’evento che contribuisce a determinare quel cambiamento non soltanto fisico ma anche mentale-psicologico che trasforma la donna in madre, perché fino a quando non si verifica questo evento non si verifica nemmeno il cambiamento, in quanto è modulato e determinato proprio da questa messaggistica di tipo bio-umorale che si instaura tra il feto e la madre e viceversa.

Tutto quello che avviene all’interno dell’organismo , tutto quello che regola il rapporto non solo tra madre e feto ma tra gli individui in genere è modulato alla base da meccanismi bio-umorali, quindi da fattori puramente biochimici che sono rappresentati dalle catecolammine, dalle endorfine, da tutta una serie di sostanze che prodotte in determinate situazioni sono quelle che determinano l’insorgenza anche di quelle cose più elevate come i sentimenti, le stesse doti intellettive e quant’altro.

Come sappiamo, la specie umana è caratterizzata nel suo processo riproduttivo da una condizione per cui il prodotto del concepimento si sviluppa all’interno dell’organismo materno fino a quando non ha completato la maturazione degli organi e degli apparati . Questo sviluppo presuppone la formazione di queste strutture, ovvero degli annessi fetali, primo fra tutte la placenta, che è un organo di tipo vascolare che va a svolgere una funzione molto importante non soltanto di connessione ma anche di filtro tra organismo materno e quello fetale. Vedremo più avanti l‘importanza di questo filtro durante la gravidanza.

Nella nostra specie, il processo della placentazione è di tipo emotrofo cioè l’accrescimento si verifica grazie alla connessione vascolare tra la circolazione materna e quella fetale. Sapete benissimo che ci sono altri animali, come alcuni tipi di serpenti, per i quali lo sviluppo del concepimento avviene sempre all’interno dell’organismo ma senza alcuna connessione con la madre (le uova rimangono nell’organismo, si sviluppano e poi vengono emesse a terra con il prodotto già formato).

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Questa connessione inizia molto precocemente, nelle prime fasi della gravidanza. La blastocisti è il primitivo prodotto del concepimento, origina dallo zigote e poi con i progressivi fenomeni mitotici va incontro alla formazione dei vari blastomeri. i quali iniziano a formare la morula la quale evolve man mano che va avanti questo processo. Questo cammino ha inizio nel tratto distale della tuba e va completandosi man mano che l’ovulo fecondato viene trasportato all’interno della tuba stessa verso la cavità uterina dove avviene il processo dell’impianto. Questo processo avviene nelle primissime fasi. Immaginate una pallina di metallo riscaldata che va ad essere poggiata su una superficie di cera. Cosa succede? Piano piano va sprofondando nello spessore. È proprio quello che fa la blastocisti nelle prime fasi dell’impianto. In pratica si adagia alla superficie endometriale già preparata per questo scopo e comincia a penetrare fino a scomparire nello spessore della mucosa endometriale. Contestualmente a questo processo di indovamento, comincia la progressiva formazione di queste protuberanze che sono determinate dal sincizio trofoblasto, il quale inizia a emettere queste ramificazioni. Immaginate come un vero e proprio seme che messo nella terra comincia a germogliare e a formare queste propaggini che nel seme sono le radici , mentre qui sono invece delle proliferazioni del citotrofoblasto.

Man a mano che questo processo va avanti, va raggiungendo le lacune di vasi sanguigni che si trovano al di sotto dello strato della decidua, nello spessore della decidua basale dove poi comincia l’endometrio. Si instaurano cosi le primissime connessioni tra le strutture fetali e i vasi sanguigni della madre. Tutto questo è mediato da una serie di fattori bio-umorali, di sostanze che sono importanti affinché questo processo da parte dell’embrione possa verificarsi e dalla parte della madre possa essere accettato per consentire il fenomeno della placentazione.

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Queste comunicazioni si fanno sempre più intime, sempre più intrinseche fino a quando questo trofoblasto viene ad essere circondato da questi vasi sanguigni. È molto importante l’intimità di questo processo, immaginate il conflitto bio-umorale e cellulare che si scatena in questo momento, da cui scaturisce l’impianto della gravidanza. Sappiamo infatti che in alcuni casi questa messaggistica non è perfettamente normale, l’impianto non si verifica e abbiamo addirittura un vero e proprio rigetto. Dobbiamo considerare che l’embrione che sta tentando di impiantirsi è un embrione che dal punto di vista del corredo genetico ha un corredo per 5O% di provenienza materna e per il 5O% paterna, un patrimonio completamente estraneo. Immaginatevi dunque quale compromesso bisogna raggiungere a questo livello, è un compromesso totale se pensiamo ai progressi della riproduzione assistita e in alcuni casi addirittura questo prodotto è un embrione donato da un’altra coppia (1OO% del patrimonio estraneo alla donna) quindi un vero e proprio trapianto in questa struttura che già di per sé è un ambiente privilegiato in quanto ci sono dei meccanismi che devono favorire questo impianto eterologo.

[foto] Questa è la struttura finale della placenta. Potete vedere la superficie che aderisce alla parete dell’utero e notare la presenza di vasi sanguigni che provengono dal miometrio che attraversano la decidua. Questi vasi hanno una parte di pertinenza solo materna per poi diventare una struttura mista fino ad arrivare ad un distretto puramente fetale. Il percorso che fanno questi vasi è una circolazione che porta il sangue arterioso a livello di queste lacune vascolari, in cui pescano, con delle strutture villose i principi nutritivi e l’ossigeno per farlo proprio, captarlo e portarlo alla circolazione fetale. Tutto questo senza che ci sia, in condizioni normali, una commistione perché questa barriera endoteliale deve rimanere sempre integra in

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quanto essa è importantissima per poter effettuare questa selezione tra il compartimento materno e quello fetale e regolamentare rigidamente nei due sensi il trasporto delle sostanze (grazie anche ai principi che regolano il trasporto in base alla struttura biochimica e alle dimensioni stesse).

Tutto questo processo così apparentemente complesso può essere realizzato in un contesto completamente diverso che però può essere ricondotto in maniera semplicistica a quello che vi ho detto. [foto] Questo è lo schema di un sistema di coltivazione in ambito vegetale, sono le cosiddette colture idroponiche ovvero quelle piante che vengono coltivate senza bisogno della terra. A monte ci sono i serbatoi in cui vengono immesse le sostanze nutritive (fattori di crescita, vitamine, Sali minerali, concimi, antiparassitari) per poi passare da un filtro che regola il passaggio delle sostanze che poi arrivano in questi canali dove ci sono le radici delle piante. Queste sostanze vengono immesse gradualmente in base alla fase di sviluppo della pianta, le fanno crescere per poi ritornare nuovamente al serbatoio. È un circuito chiuso, è lo stesso identico meccanismo che si verifica negli scambi materno-fetali nell’ambito umano. La stessa acqua viene riciclata, come il sangue del feto e della madre che girano continuamente in un circuito chiuso.

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[foto] E qui lo possiamo vedere. Questo è il compartimento fetale, la sede dove si verificano gli scambi e se noi ingrandiamo una piccola unità possiamo vedere quello che succede. Abbiamo questa sorta di barriera che deve essere continuamente integra e vedete gli scambi che si verificano tra la circolazione fetale, che convoglia in questo spazio vascolare tutti i prodotti di scarto, compresa la CO2 che proviene dal metabolismo dei tessuti degli organi del feto. Da quest’altra parte si vede il compartimento materno e i prodotti con il quale viene continuamente rifornito di O2, di sostanze nutritive che servono per lo sviluppo e per l’accrescimento del feto fino al termine.

Vediamo quali possono essere le conseguenze quando questo processo non si verifica in maniera tempestiva, appropriata e adeguata. Vi dicevo prima che abbiamo una sorta di incontro tra il compartimento vascolare della madre e quello del feto. Ad un certo punto si creano delle connessioni tra i vasi sanguigni della madre e le lagune vascolari del feto. Questo

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processo consiste nell’ invasione trofoblastica, che è sia interstiziale che endoteliale. Vedete infatti che abbiamo delle vere e proprie colate di cellule endoteliali del compartimento fetale che scivolano all’interno dei vasi sanguigni della madre e vanno a rivestire le pareti, una sorta di colonizzazione endoteliale. Grazie a questo meccanismo si va a creare un tappezzamento, da parte delle cellule fetali, delle arteriole che arrivano a ridosso della placenta e creano un percorso che viene chiamato il compartimento a bassa pressione. Qui la circolazione, che va dalla madre al feto, presenta delle cellule muscolari di supporto endoteliale che qui vengono sostituite da cellule fetali e quindi non abbiamo più cellule muscolari. Per che cosa è importantissimo? Perché non essendoci cellule muscolari, questo tratto di vasi è impossibilitato a contrarsi e quindi il flusso sanguigno non è condizionato da nessun altro elemento. È importante per garantire un apporto di sangue che non sia in qualche modo penalizzato da azioni di tipo costrittivo o dalla contrattilità scatenata da vari elementi o situazioni che potrebbero causare una riduzione di calibro di queste arterie e pregiudicare la quantità e qualità di affluenza del sangue materno al compartimento fetale.

Quando questo fenomeno non si verifica in questo modo, cosa succede? Non si forma il distretto a bassa pressione, o è molto ridotto, per cui avremo che la componente muscolare non viene annullata e permane a ridosso del compartimento fetale. Il calibro di questi vasi sarà nettamente inferiore e già di per sè avremo un ridotto afflusso di sangue dal compartimento materno a quello fetale. Non solo, ma la componente muscolare presente è in grado di interferire, a secondo di stimoli che possono essere scatenati, per esempio da catecolammine, determinando uno spasmo di questo distretto e riducendo ancora di più l’apporto di sangue al feto. Questo fenomeno cosi statico cronicizzato è responsabile di tutte quelle situazioni che portano ai difetti di accrescimento intrauterino. In pratica si ha una placentazione inadeguata per garantire al feto le varie fasi dello sviluppo, non è in grado di rispondere alle esigenze del feto.

Domanda: ha manifestazioni esclusivamente tardive o può causare anche l’interruzione della gravidanza?

Risposta: in qualche caso può portare all’interruzione di gravidanza soprattutto se questo processo è ancora più accentuato. Se considerate alcune malattie autoimmuni come l’endoarterite obliterante, vedete come questi fenomeni reattivi portanto all’ispessimento delle pareti di questi vasi e una riduzione del loro calibro con un arresto della circolazione. Se questo fenomeno si verifica anche a questo livello avremo un arresto dell’afflusso di sangue con interruzione di gravidanza. In alcuni casi vediamo proprio come questi feti iniziano a non crescere più bene, si blocca l’accrescimento e questo provoca alla fine uno stato di ipossia cronica che pregiudica tutti quei processi che hanno una vitale importanza nel feto, soprattutto a livello degli organi nobili (cervello e cuore). Oggi siamo in grado di monitorarlo, di verificarlo precocemente grazie all’ecografia, alla Doppler flussimetria che sta diventando sempre più efficace anche sul compartimento materno, in quanto prima si utilizzava soprattutto su quello fetale. Questo ci dà alcuni elementi per stabilire se nelle arterie uterine aumenta progressivamente la resistenza, il chè significa che a valle c’è un ostacolo che è l’espressione di un’alterazione di placentazione. Possiamo già cogliere precocemente eventuali situazioni di questo genere intervenendo con la

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somministrazione di farmaci vasodilatatori o antiaggreganti, perché sappiamo che più si restringe il lume vascolare e maggiore è la difficoltà del sangue per transitare lungo questi vasi di calibro ridotto per cui la somministrazione di aspirina di basse dosi migliora la circolazione. Abbiamo anche una colonizzazione endovascolare che è mediata ancora di più da fattori di tipo immunitario. A volte queste situazioni si ripetono in più gravidanze, in questi casi associamo alla somministrazione dell’eparina (già dalle prime fasi) dei cortisonici che servono a bloccare il meccanismo di tipo immunitario. Ci sono delle evidenze, per quanto vi dicevo prima, in campo vegetale. Se voi avete dei fiori in un vaso che stanno per appassire, basta tagliare un gambo e metterci dentro mezza aspirina vedrete come questi fiori riprendono nuovamente a vivere.

La mancata invasione trofobastica intramiometrale delle arterie spirali ci dà la mancata formazione del distretto vascolare a bassa pressione, quindi una sorta di ipossia cronica con riduzione cronica del flusso ematico utero-placentare con tutto quello che ne consegue per il feto. Se a questo poi aggiungiamo altri fattori di stress a monte, come attività fisica esagerata, fumo alcol e via dicendo, immaginate questo povero feto in che condizioni viene a trovarsi.

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Placenta

Questa è l’immagine più concreta della placenta così come la osserviamo al termine di gravidanza. Questa è la superficie materna che è incollata alla parete dell’utero. Tutti questi solchi che si intravedono delimitano le unità funzionale che sono i cotiledoni, unità singole, autonome che hanno una circolazione propria che va a finire in un vaso terminale ovvero le arterie e vene tributarie di quel singolo cotiledone. La faccia fetale è rivolta verso la cavità uterina. Vedete come tutti questi vasi (le arterie e vene che originano dai vari cotiledoni) raccolgono il sangue da tutta la placenta e la convergono verso il cordone ombelicale. Il cordone è una sorta di collegamento all’interno del quale passano vasi sanguigni che sono rappresentati da due arterie e una vena. Concetto molto importante nella circolazione fetale è il fatto che nelle arterie passa sangue venoso che va dal feto verso la placenta, mentre nella vena passa sangue arterioso dalla placenta al feto. La placenta in condizioni normali è di 15-2O cm ma ci possono essere delle ampie variazioni indivuali in quanto dipende dai fattori costituzionali, dal peso del feto, da alcune malattie materne (nel diabete ha uno sviluppo maggiore, nella sifilide è una placenta gigante con spessore e peso aumentato). Lo spessore varia da 1 a 4 cm e il peso si calcola come 1/6 di quello fetale, all’incirca 5OO-6OOg.

Tipi di placenta

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In alto a sinistra, è una placenta di una gravidanza bigemina. A questo punto bisogna essere molto attenti e stabilire la corionicità cioè se è una placenta monocoriale-biamniotica, bicoriale-biamniotica, bicoriale-monoamniotica. Perché dal punto di vista della gravidanza può implicare una serie di fattori clinici molto importanti. Abbiamo in clinica una paziente monoaminiotica-monocoriale, significa che abbiamo una sola placenta per due feti che peraltro sono messi nella stessa cavità amniotica. Cosa determina? Che molto spesso c’è un’unica circolazione che poi si divide in cordoni ombelicali. Può succedere che l’area tributaria del cordone di un feto può essere più ampia dell’altro o sottrarre alla circolazione dell’altro feto. Si verifica la trasfusione gemello-gemello: un gemello subisce un aumentato flusso di sangue rispetto all altro. Nella prima fase uno comincia a crescere in maniera maggiore e l’altro lentamente fino a quando si arriva ad un punto per cui uno è sovraccaricato e uno è penalizzato. Se non si interviene con una appostita metodica per interrompere queste comunicazioni i feti sono destinati a morire (uno per scompenso cardiaco e uno per ipossia). Una volta che vengono identificate queste connessioni con la flussimetria e l’ecografia, si può intervenire, sotto guida diretta mediante fetoscopia con una tecnica laser, andando a interrompere questi vasi comuni, separe le due circolazioni (ma sono pochi i centri che hanno questa esperienza).

Foto in alto al centro. E’ la placenta di una gravidanza trigemina. Altra cosa importante: a volta la placenta può sembrare unica perché sono strettamente addossate ma in realtà se andiamo a separarle possiamo notare che sono più di una. Questo ce lo può dire l’ecografia ma a volte lo sappiamo già, per esempio con una gravidanza in vitro se sono stati messi due embrioni automaticamente già lo sappiamo.

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In alto a destra. E’ un caso in cui il cordone ombelicale non è posizionato al centro della placenta ma abbiamo un inserzione marginale esterno che chiamiamo “a racchetta”. Ha inoltre un’altra peculiarità: è un po’ circumvallata, è presente una sorta di cordone fibroso tutto intorno.

Basso a sinistra. Un’altra condizione che può portare a delle ripercussioni cliniche molto importanti. È una placenta con un grosso cotiledone “succenturiato”. Abbiamo una sorta di isola placentale unita al resto della placenta mediante un singolo vaso. È importante durante il parto perché ci può esserci la rottura di questo vaso e quindi un emorragia che può portare all’anemizzazione del feto con rischio di morte. Può avere una ripercussione anche dopo il parto perché se sfugge questa divisione, il cotiledone può restare all’interno dell’utero e dare luogo ad un “secondamento incompleto” che può portare a tutta una serie di possibili cause. Quando noi assistiamo il parto raccomandiamo sempre di prendere la placenta e di osservarla attentamente dal verso materno e da quello fetale per stabilire se la placenta è completa.

Basso a destra. In questa placenta i vasi del cordone sfioccano prima ancora di ragg il piatto placentare. È quello che chiamiamo “inserzione velamentosa del cordone ombelicale”. I vasi sono circondati da una guaina chiamata gelatina di Warthon, come il rivestimento che hanno i fili elettrici che servono a evitare che si spezzino facilemente. In questo caso il rivestimento non esiste e durante il travaglio, se il cordone ombelicale va incontro a una trazione eccessiva può causare la rottura del vaso con anemizzazione acuta del feto che se non viene rapidamente diagnosticato può portare nell’arco di poche decine di secondi a morte intrauterina del feto.

Varie sedi di inserzione (di impianto) della placenta

Non avviene a caso ma secondo determinati requisiti prestabiliti o che cmq sono molto importanti. Il processo di impianto affinchè sia normale è bene che si verifichi in un sito della cavità uterina stessa che sia sicuro, che non esponga a possibili complicanze. Normalmente l’impianto della placenta si verifica a livello fundico o a livello laterale della parete uterina. Se l’impianto non si verifica in questa sede avremo un’altra condizione, un impianto anomalo nota come placenta previa . A seconda della sede possiamo avere vari tipi di placenta previa:

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(Da destra verso sinistra)

Qui l’impianto si è verificato in questa area uterina che è il segmento inferiore. L’inserzione arriva a circa 2 cm dall’orifizio uterino interno. Cosa può comportare? Il segmento uterino inferiore è un’area che all’infuori della gravidanza non esiste. È una regione virtuale che si va formando mano a mano che l’utero si stira con lo sviluppo della gravidanza stessa. Questa zona è quella più soggetta alla maggiore trazione e quindi alla maggiore estensione. Per cui se la placenta si inserisce qui cosa comporta? Non essendo la placenta dotata di capacità elastiche, sottoposta alla trazione (alla fine del sesto mese e l’inizio del settimo mese) comporterà lo scollamento e il distacco di un area più o meno estesa della placenta a seconda della superficie che si inserisce a livello di questo segmento inferiore con perdita ematica e può anche pregiudicare l’evoluzione della gravidanza. Grazie all’ecografia possiamo evidenziare questa condizione già dalle primissime fasi della gravidanza che ci segnala questo impianto basso. Questa è una placenta previa marginale perché vedete arriva al margine, alle vicinanze dell’orifizio interno.

Abbiamo poi una placenta previa che ricopre parzialmente l’orifizio uterino interno.

E infine, la forma avanzata, più grave ovvero la placenta previa centrale. Si inserisce a coppa a livello di tutto il segmento inferiore, ricopre interamente l’orifizio. Sono delle condizioni per il quale il parto per via vaginale è automaticamente impossibile. Oltre allo stiramento che si verifica durante la gravidanza, che porta al parziale distacco, è anche una condizione ad elavato rischio perché durante il travaglio il segmento inferiore tende a distendersi ulteriormente e quindi il rischio di distacco è ancora maggiore. Si preferisce evitarlo e si ricorre al taglio cesareo.

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Varie tipologie di impianto della placenta

In condizioni normali, questo processo di impianto fa sì che si crei una connessione ferma che garantisce questi scambi ma è una connessione in cui c’è una sorta di piano di distacco, clivaggio. Nel momento opportuno (ovvero subito dopo l’espulsione del feto), l’utero svuotato del feto e del liquido aminiotico, riduce le sue dimensioni, diminuisce il volume e la superficie interna. Succede un fenomeno opposto alla distensione dell’utero e ciò comporta il distacco della placenta e la sua discesa verso i segmenti inferori con quel processo fisiologico del distacco della placenta detto anche fenomeno del secondamento.

Tutto questo in alcuni casi può essere pregiudicato da un’anomalia che si è verificata nelle primissime fasi dell’impianto. Può accadere che l’impianto non si limiti a questo contatto, ma per vari fattori locali, può essere un contatto estrementante intimo, una vera e propria colonizzazione degli strati muscolari dell’utero. Questo è quello che si verifica nella placenta Accreta. Non c’è più questo piano di clivaggio per cui quando si verifica l’espulsione del feto e del liquido, l’utero si contrae e non ci sono i presupposti per far distaccare la placenta. Questo processo può essere ancora più aggressivo perché la placenta può andare incontro ad una progressiva penetrazione nello spessore del miometrio fino ad arrivare quasi alla superficie dell’utero. Si parla in questo caso di placenta Increta , cui la placenta non viene via in nessun modo. In altri casi ancora si può avere la placenta Percreta che colonizza a pieno spessore la parete dell’utero ma addirittura va oltre, supera la superficie dell’utero. Se è a localizzazione anteriore può andare ad infiltrare anche la parete della vescica e

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immaginate in questo caso il problema che si pone nell’asportazione della placenta per via laparotomica.

Placenta: organo endocrino

La placenta è un importante organo endocrino capace autonomamente di produrre delle sostanze partendo da substrati biochimici che vengono forniti dal compartimento materno che da quello fetale. Oltre alla capacità di sintesi ha anche una capacità metabolica molto importante tramite la quale è in grado di trasformare delle sostanze che derivano dal compartimento fetale in metaboliti che vengono riversati nel compartimento materno e che possono essere indicativi non solo delle capacità metaboliche della placenta, ma sono anche indice di funzionamento di alcuni organi e apparati. Possono darci degli elem di valutazione indiretta sulle condizioni del feto tramite il dosaggio nel compartimento materno .

Un’importante attività è la produzione del progesterone, Nelle prime fasi della gravidanza la quota di progesterone che serve è prodotta dall’ovaio tramite il corpo luteo gravidico il quale è mantenuto dalla betaHCG prodotta dal trofoblasto,s ostanza che in condizioni normali troviamo solo nel tessuto trofoblastico con la funzione di mantenere il corpo luteo gravidico fino a quando la placenta non diventa essa stessa in grado di produrre progesterone . Questa azione culmina intorno alle 13° - 14° settimana. Per cui alla fine mette da parte il corpo luteo perché diventa autonomo.

Inoltre l’azione del progesterone , che va aumentando, serve già a livello locale, a livello della muscolatura uterina la quale va inconro a una serie di modificazioni che la rendono ancora pià distensibile in modo tale che l‘utero possa essere disteso dal volume del feto e non reagisca a una reazione contrattile. Tanto che noi come trattamento farmacologico nei casi di minaccia d’aborto o di contrazioni uterine somministriamo progesterone per amplificare l’azione sulla muscolatura uterina. Lo stesso dicasi per gli estrogeni che al contrario hanno un’azione contrattile sull’utero. Vanno incontro ad un progressivo aumento durante la fine della gravidanza. Perche ? Servono a sensibilizzare la muscolatura uterina, la rendono più recettiva a quelle sostanze importanti ad innescare, nel momento opportuno, le contrazioni che innescano il travaglio di parto vero e proprio.

Anche il lattogeno placentare è una sostanza molto importante. È un vero e proprio ormone che viene prodotto durante la gravidanza che agisce addirittura a livello del compartimento materno. Trasforma l’organismo della donna in maniera sostanziale e definitiva. La donna alla fine della gravidanza conserva delle modificazioni strutturali del proprio organismo dovute proprio all’azione di questo ormone.

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Potete vedere in questo grafico l‘andamento della produzione di alcuni ormoni da parte della placenta. La gonadotropina corionica è presente già in fase di pre-impianto. Oggi come oggi siamo in grado grazie alla disponibilità di test estremamente sensibili alla gonadotropina corionica di ottenerere la positività del test prima ancora che la donna aspetti di avere la mestruazione((normalemente in passato si aspettava che la donna avesse il ritardo mestruale per dosare la gonadotropina). Il picco di produzione di gonatropina corionica avviene intorno alla 12° settimana a cui segue un crollo, non scompare del tutto ma si abbassano le concentrazioni. Il progesterone va aumentando intorno alle 35°-36° settimana, l’epoca in cui il feto ha raggiunto la sua maturazione. A questo punto la sua azione non è più necessaria, comincia a venir meno mentre aumenta l’azione degli estrogeni che inziano ad assumere un ruolo importante ovvero la preparazione del miometrio per l’innesco dell’attività contrattile per il travaglio.

La BetaHCG è un ormone esclusivo della gravidanza. Ci sono poche altre situaizoni nelle quali ci può essere la presenza di questo ormone della donna ma sono situazioni patologiche come tumori trofoblastici. La produzionedi HCG è estramemente variabile addirittura può variare lo stesso risultato da un laboratorio all’altro. Questa produzione dipende dalla massa di tessuto trofoblastico infatti troviamo valori di HCG nelle gravidanze plurime dove la massa trofoblastica è più rappresentata di una gravidanza singola. In alcuni casi l’elevata produzione di gonadotropina corionica pure in casi di gravidanza normale singola possono essere elevate e sono quelli che ci spiegano gli effetti a livello generale della gonadotropina corionica. Tutti quelli effetti definiti “simpatici” che si verificano durante il primo trimeste della gravidanza, dovuti alla progressiva azione e alla quantità di gonadotropina che viene prodotta. Tant’è che sappiamo che quano la BetaHCG comincia a diminuire, superato il primo trimeste, questei disturbi tendono ad attenuarsi fino a scomparire (anche se ci possono essere dei fattori psicologici, ambientali, sociali che fanno da supporto e possono prolungare il tempo dei disturbi).

Un’altra sostanza, prodotta sempre dalla placenta, molto importante è l’estriolo. È una sostanza che viene sintetizzata a livello della corteccia surrenalica dal feto ma che poi viene metabolizzata dalla placenta in estradiolo e da qui diffonde nel compartimento materno.

Nei decenni scorsi, il dosaggio di questa sostanza nel compartimento materno veniva utilizzato largamento per il

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monitaraggio del benessere fetale nelle ultime fasi della gravidanza, sia dell’estriolo che del HPL (il lattogeno placenta è un altro indice della funzionalità del tessuto placentare). Oggi queste metodiche sono state abbandonate completamente. Abbiamo delle metodiche strumentali di valutazione molto più diretta ovvero l’ecografia, la flussimetra, la cardiotomografia.

Ci sono molte altre sostanze che vengono prodotte a livello della placenta, che hanno una funzione importante non per la placenta stessa ma per le importanti ripercussioni che hanno sul compartimento fetale e invitabilmente anche sulla fisiologia materna.

Scambi materno-fetali

Vi dicevo primache uno degli elementi più importanti della funzione placentare è dato dagli scambi a livello placentare stesso. C’è uno scambio continuo, importantissimo, tra il compartimento materno e quello fetale separato e regolamentato da una barriera endoteliale composta dai due compartimento.Gli scambi che si verificano sono identici a quelli che si verificano in tutte le membrane biologiche. E quali sono questi principi?

Diffusione semplice , meccanismi passivi che non hanno bisogno di impiego di energia e dipendono dalle dimensione stessa delle molecole. Tanto più piccola è la molecola e tanto maggiore è la sua diffusione tra un compartimento e l’altro. E questo è importantissimo soprattutto per l’ossigeno, per la CO2

Meccanismi di trasporto attivo, con dispendio di energia. Si verificano attraverso dei canali particolari con delle molecole di trasporto che sfruttano l’energia liberata dall’idrolisi dell’ATP

Questo avviene in condizioni normali. Dobbiamo considerare qullo che avviene in condizioni patologiche perché nei casi in cui viene interrotta l’integrità della membrana si possono creare delle aperture che possono consentire il passaggio di sostanze da una parte all’altra. Una diffusione passiva non più regolamentata tra i due compartimenti. Un passaggio massivo che può consentire non solo quello di molecole ma anche di cellule, per esempio il passaggio di cellule fetali nel compartimento materno o viceversa. Un esempio emblematico: quando andiamo a fare una diagnosi prenatale tramite amniocentesi inevitabilmente lungo il percorso dell’ago si verifica la rottura della barriera che apre delle falle e permette il passaggio di globuli rossi. Il caso più tipico è quello di una incompatibilità di gruppo sanguigno (incompatibilità RH) per cui abbiamo il passaggio di globuli rossi del feto nel compartimento materno molto precocemente (in condizioni normali si verifica nel momento del parto) innescando un meccanismo di reazione da parte della madre con la produzione di anticorpi contro i globuli rossi del feto i quali passando nel compartimento fetale possono innescare già un processo di emolisi.

Circolazione feto-placentare

Un’altra peculiarità che abbiamo a livello del compartimento fetale è rappresentata dalla circolazione stessa all’interno del feto. Durante la vita intrauterina , il feto, pur avendo un estremo bisogno di ossigeno, non è in grado di procurarselo con la respirazione. L’ossigeno arriva al feto tramite il trasporto dei globuli rossi fetali (che sapete hanno delle caratteristiche peculiari non solo di numero ma anche di qualità

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per l’affinità con l’ossigeno stesso) e deve essere utilizzato nel modo più appropriato possibile.

Il cordone ombelicale è formato da tre vasi: una vena e due arterie ombelicali (nelle arterie passa sangue venoso mentre nelle vene sangue arterioso). Il sangue arriva dalla placenta al feto tramite l’arteria ombelicale. La vena imbelicale una volta penetrata a livello della cavità addominaledel feto normalmente andrebbe a finire a livello del feto. Soltanto che nel feto c’è un vaso accessorio, il cosiddetto dotto venoso, che permette di bypassare la maggior parte del sangue venoso e va ad associarsi alla vena cava inferiore. Quindi a questo livello abbiamo sangue arterioso, che proviene dalla placenta, che si va a mescolare con il sangue venoso che torna dalla vena cava e quindi contiene anche CO2 ed elementi di scarto. Il sangue arriva a sfociare a livello dell’atrio destro. Nell’adulto sappiamo il percorso che fa il sangue: atrio dx -> ventricolo dx -> livello polmonare (processo di ossigenazione) -> atrio sx -> ventricolo sx -> aorta.

Nel feto tutto questo non è necessario, ci sono dei meccanismi che consentono di bypassare questo percorso. Il sangue arrivato all’atrio destro, grazie ad una comunicazione tra l’atrio destro e il sinistro, passa direttamente nel ventricolo sinistro tranne una piccola quota che serve per arrivare ai polmoni e garantire l’apporto nutritivo per lo sviluppo. La maggior parte passa nel ventricolo sinistro e pompata poi nell’aorta. Esiste anche un’altra possibilità per garantire l’afflusso di sangue all’estremo encefalico, quindi un sangue prettamente arterioso.

Al di sotto della biforcazione dell’aorta originano due vasi che sono le arterie ombelicali che si chiamano cosi perché originano dalle arterie iliache ma che in realtà sono cariche di CO2.

Gli altri annessi fetali

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Andiamo a vedere gli altri annessi fetali che sono rappresentati dalle membrane amniocoriali. Queste strutture si delineano già nelle primissime fasi dello sviluppo e danno luogo alla fomazione di due strati che insieme costituiscono il corion e si differenziano in due sezioni diverse:

corion frondosum (in stretto contatto con la parete uterina e darà luogo allo sviluppo della placenta)

e il corion laeve (si avrà poi la trofizzazione dei villi primitivi e si prenseterà come una struttura liscia).

All’interno si demarca un’altra struttura rappresentata dall’amnions. Una sorta di sacca che forma la cavità amniotica all’interno del quale è contento il feto con il cordone ombelicale. L’amnios è costituito da un epitelio, da cellule dette amniociti, e presenta una membrana basale .

Il cordone ombelicale può assumere varie conformazioni. Si presenta spiralizzato, a volta queste spiralizzazioni possono contribuire a determinare un’alterazione del calibro dei vasi. In linea di massima ha una forma spiralizzata perché consente una certa capacità di allungarsi senza causare una trazione eccessiva che potrebbe pregiudicare la sua tenuta. Qualche volta nel corso della gravidanza, se il cordone è abbastanza lungo o se c’è molto liquido amniotico, si possono formare dei nodi veri fino allo strozzamento dei vasi stessi.

Infine il liquido amniotico nella quale il feto trascorre i suoi 9 mesi. È un liquido che serve a riempire questa sacca, mantenerla ben distesa. È rappresentata da una parte liquida (98%) con molte sostanze chimiche, alcune importanti perché ci danno degli elementi di valutazione della costituzione del feto come l’alfa feto proteina, e una parte corpuscolata, soprattutto la parte cellulare in quanto in una determinata fase della gravidanza è costituita da cellule vitali che sono quelle che vengono prelevate per essere coltivate in laboratorio per ottenere delle cellule di pertinenza fetale utili per la diagnosi prenatale per difetti genetici, cromosomici.

Ci sono altre funzioni che svolge il liquido:

Mantenere l’uniformità termica, una condizione di isotermia; Protezione , airbag liquido che lo protegge dagli urti e dalle compressioni; Spazio , consente la profondità. In quei casi in cui si verifica una drastica

riduzione del liquido amniotico (a seguito di una amniocentesi mal eseguita), il feto così compresso non ha spazio per muoversi e può andare incontro a dei gravissimi problemi di sviluppo e di funzione. Può andare incontro a una posizione obbligata con gli arti che non si possono muovere in maniera libera possono rimanere bloccati anche dopo la nascita. Avviene anche per quanto riguarda lo sviluppo dell’apparato respiratorio per compressione del torace.

Il feto riversa nel liquido molte sostanze di scarto che passano al feto attraverso la circolazione materna e finiscono tramite le urine nel liquido. Le concentrazioni di queste sostanze possono essere parecchio superiori a quelle che ci sono nella circolazione materna. Non solo, ma il feto produce questo

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liquido amniotico con le urine (mentre una quota viene prodotta dagli amniociti) e lo beve. Per cui si viene a creare una sorta di circuito chiuso all’interno della cavità amniotica. Se queste sostanze tossiche aumentano tendono ad aumentare anche la concentrazione nel compartimento fetale e quindi anche nell’organismo del feto.

Il liquido amniotico va incontro a una vera e propria curva di produzione, molto importante per valutare anche le condizioni di benessere del feto. Sappiamo che raggiunge un suo acme intorno alla 32°-36° settimana per poi fisiologicamente diminuire. Al termine di gravidanza la quantità di liquido si riduce, a volte anche drasticamente.

Importanza diagnostica del liquido amniotico

Una delle tecniche più diffuse e utilizzate di diagnosi prenatale è rappresentata dal prelievo del liquido amniotico e poi dalla separazione della parte liquida (usata per fare dei dosaggi come l’alfa feto proteina) dalla corpuscolata (per fare esami genetici, cromosomici).

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Gravidanza e farmaci

Una delle maggiori apprensioni che hanno le donne in gravidanzaè quella delle possibili complicanze che l’assunzione di un farmaco può avere nei confronti del prodotto del concepimento. Molto spesso, in mala fede, la donna si presenta con la richiesta di interrompere una gravidanza (che magari voleva interrompere per altri motivi) usando come pretesto il fatto di aver assunto un farmaco con la preoccupazione che tale farmaco possa aver causato un danno gravissimo al feto. A tutt’oggi se noi consideriamo il numero di sostanze che sono state introdotte, non soltanto da un punto di vista farmacologico, e che vengono prodotte nel mondo in tutti gli ambiti (industriali, ambientali, lavorative e quant’altro) ci rendiamo conto come siamo inevitabilmente a contatto, o introduciamo, migliaia di queste sostanze.

Per fortuna i farmaci che con certezza sono teratogeni sono poche decine, almeno quelle di cui abbiamo contezza della loro teratogenicità. Viceversa il numero di donne che assumono più farmaci in gravidanza sono il 4O-5O% (basti pensare solo agli integratori che ormai si danno a tappeto).

Dobbiamo partire da un altro concetto molto importante. Vi dicevo che la donna ci viene a dire che vuole interrompere la gravidanza in quanto ritiene possa essere dannoso per il feto. Ogni gravidanza di per sé ha un rischio intrinseco di andare incontro a una grave malformazione genetica indipendentemente dal farmaco. Quindi il numero di sostanze francamente teratogene sono talmente basse che è importante conoscerle in modo tale da non somministrarle o non consigliarle durante la gravidanza. Soprattutto negli ultimi decenni, questo argomento è stato constellato da una serie di fatti che hanno portato l’attenzione dell’opinione non soltanto medica ma anche dei mass media sulla somministrzione delle sostaze in gravidanza e gli effetti sul feto.

Uno dei primi eventi è quello che riguarda la talidomide. È un farmaco usato a scopo sedativo o tranquillante, molto diffuso negli Stati Uniti. Dopo parecchi anni che il farmaco veniva usato si arrivò a stabilire il nesso tra l’assunzione di questo farmaco e le conseguenze sul feto: una vera e propria epidemia di bambini nati con difetto tipico rappresentato dalla focomelia (mancato sviluppo delle ossa lunghe degli arti, sia inferiori che superiori).

Unaltra condizione si osservò ancora più tardivamente: il Dietilstilbestrolo, usato negli Stati Uniti per il trattamento di minaccia d’aborto. Il nesso fu rappresentato da un carcinoma vaginale a cellule chiare, molto aggressivo che si manifestava nelle bambine di donne che avevano assunto questo farmaco durante la gravidanza. Si manifestava addirittura dopo 15-2O anni, quindi il nesso ero molto difficile da stabilire.

Altra condizione è data dagli effetti del mercurio, presente soprattutto nei pesci, che può causare dei deficit neurologici.

In realtà abbiamo detto che non sono soltanto i farmaci in grado di determinare malformazioni del prodotto del concepimento.

Il 75% dei casi ha eziologia sconosciuta. Può essere

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multifattoriale, epigenetica (interazione tra genetica e ambiante), errori spontanei dello sviluppo (alterazioni cromosomiche, genetiche), malattie genetiche, mutazioni ex novo (molte sostanze possono determinare mutazioni), cause ambientali, condizioni materne (alcolismo, diabete, malattie endocrine, tabagismo) agenti infettivi cause meccaniche (sindrome della banda amniotica, sproporzione feto-uterina) farmaci (1%), radiazioni, agenti chimici ipertermia durante la gravidanza (altera la biodinamica dei processi di

sviluppo)

Se andiamo a vedere lo sviluppo del feto, lo possiamo dividere in tre importanti periodi: la fase pre-embrionale (dalla fase dello zigote all’impianto della blastocisti), lo stadio embrionale (dalla terza settimana fino all’ottava), la fase fetale (dall’ottava settimana fino alla fine della gravidanza). Sono periodi importanti perche ciascuna di questi periodi hano degli aspetti peculiari nell’ambito dei quali l’azione del farmaco può espletare un’azione in grado di determinare una ripercussione sul feto.

Nel primo periodo, se abbiamo l’azione di un farmaco con azione destruente sul feto abbiamo la legge del tutto o nulla. O si interrompe la gravidanza con un aborto oppure il pre-embrione si sviluppa normalmente. Perché abbiamo ancora delle cellule in fase totopotente.

La fase embrionale è quella più critica perché si vanno differenziando i vari abbozzi, organi e tessuti. Si è ridotta quella totipontenzialità. Se c’è un danno avremo un effetto strutturale permanente con malformazione del feto.

Nella fase successiva avviene l’accrescimento e la maturazione degli organi e degli apparati. In questo caso avremo un deficit strutturale o funzionale del distretto interessato.

Samaneh Kherad