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1 Prof. Musolino Sbob. Jessica Di Salvo 17-03-16 GESTIONE DEL NEUROLOGO NELL’ ICTUS CEREBRALE GENERALITA’ L’ ictus cerebrale è una condizione di estrema importanza oggi perché rientra in quelle patologie che vengono chiamate “TEMPO-DIPENDENTE”. Le patologie TEMPO-DIPENDENTI sono ad esempio l’ INFARTO MIOCARDICO, l’ ICTUS CEREBRALE. Il concetto di TEMPO-DIPENDENZA non è un concetto di gravità ma è un concetto legato al fatto che la terapia adeguata ha una finestra di tempo oltre la quale non è più possibile farla; quindi il concetto di dipendenza è un concetto legato alla terapia, sia per quanto riguarda l’ infarto sia per l’ ictus (e questo riguarda anche il trauma). Perché oggi è importante capire quali sono le patologie tempo-dipendenti? Perché questo concetto implica un’ organizzazione territoriale, per cui il paziente deve arrivare prima possibile nel posto giusto. Questo significa che il paziente con un infarto miocardico o con un ictus non deve andare all’ ospedale vicino casa (è stato superato il concetto dell’ ospedale più vicino o l’ ospedale di competenza territoriale) ma il paziente deve andare in quell’ ospedale dove possono essere erogate le cure giuste. Questa è una rivoluzione. Questo significa che bisogna organizzare un percorso per cui il paziente viene preso a casa dal sistema di emergenza (118) e già il medico del 118 deve sapere dove portare il paziente. E’ cambiato tutto, perché questo ci fa pensare che è necessario che ci siano tanti centri per poter accogliere tutti questi pazienti. Qual è il tempo entro cui la terapia è efficace per l’ infarto miocardico e l’ ictus? - È necessario che in INFARTO MIOCARDICO (se è un infarto STEMI) arrivi in ospedale entro 90 minuti cioè un’ ora e mezza; - Per quanto riguarda l’ ICTUS CEREBRALE (di tipo ischemico) entro 3 ore fino ad un massimo 4 ore e mezza (in realtà in caso di ictus ischemico è necessario arrivare in ospedale entro 3 ore; la finestra terapeutica è stata allungata perché uno studio ci ha dimostrato che se la terapia viene fatta più tardi entro 4 ore e mezza comunque funziona, ma non oltre). Tuttavia voi dovete uscire con l’ idea che per poter fare la riperfusione in caso di ictus ischemico bisogna cercare di arrivare prima possibile. Si parla di RIPERFUSIONE perché nell’ ictus ischemico c’ è un deficit di perfusione: c’ è una parte del cervello andata in necrosi e poi c’ è una zona attorno a questo core ischemico che si chiama penombra ischemica.; tutti gli obiettivi della terapia riperfusiva hanno la finalità di riperfondere la penombra ischemica perché sappiamo che dopo 3- 4 ore va in necrosi. Quindi dobbiamo cercare di salvare il salvabile. Questa è la novità della terapia dell’ ictus (che io vi spiegherò) che voi dovete assolutamente conoscere. La prof annuncia che l’ ictus va studiato dal libro e che a lezione dobbiamo imparare quello che ancora sul libro non è riportato come lei stessa ce lo sta spiegando. Oltre alla terapia di riperfusione che può essere fatta per via endovenosa o per via endovascolare (i pazienti possono o fare l’ endovena oppure andare in sala angiografica e sottoporsi ad una trombectomia cioè all’ estrazione del trombo con liberazione del vaso) esiste una conditio sine qua non che è la struttura chiamata STROKE UNIT, cioè se non ci sono le stroke unit la terapia trombolitica (endovenosa o per via endovascolare) non si può fare perché è una terapia di livello avanzato che viene fatta esclusivamente in queste strutture. Allora quante stroke unit sono necessarie tenendo conto di quanto incide l’ ictus? Tante, ma non tantissime. I decreti ministeriali dicono che: - è necessaria una struttura di 2° livello (qual è la nostra) ogni milione di abitanti, intendendo una struttura di 2° livello una struttura in cui oltre alla trombolisi endovenosa viene anche fatta la trombectomia e quindi la terapia endovascolare.

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1

Prof. Musolino

Sbob. Jessica Di Salvo

17-03-16

GESTIONE DEL NEUROLOGO

NELL’ ICTUS CEREBRALE

GENERALITA’

L’ ictus cerebrale è una condizione di estrema importanza oggi perché rientra in quelle patologie che vengono

chiamate “TEMPO-DIPENDENTE”.

Le patologie TEMPO-DIPENDENTI sono ad esempio l’ INFARTO MIOCARDICO, l’ ICTUS CEREBRALE.

Il concetto di TEMPO-DIPENDENZA non è un concetto di gravità ma è un concetto legato al fatto che la terapia

adeguata ha una finestra di tempo oltre la quale non è più possibile farla; quindi il concetto di dipendenza è un

concetto legato alla terapia, sia per quanto riguarda l’ infarto sia per l’ ictus (e questo riguarda anche il trauma).

Perché oggi è importante capire quali sono le patologie tempo-dipendenti?

Perché questo concetto implica un’ organizzazione territoriale, per cui il paziente deve arrivare prima possibile nel

posto giusto. Questo significa che il paziente con un infarto miocardico o con un ictus non deve andare all’ ospedale

vicino casa (è stato superato il concetto dell’ ospedale più vicino o l’ ospedale di competenza territoriale) ma il

paziente deve andare in quell’ ospedale dove possono essere erogate le cure giuste.

Questa è una rivoluzione.

Questo significa che bisogna organizzare un percorso per cui il paziente viene preso a casa dal sistema di emergenza

(118) e già il medico del 118 deve sapere dove portare il paziente.

E’ cambiato tutto, perché questo ci fa pensare che è necessario che ci siano tanti centri per poter accogliere tutti questi

pazienti.

Qual è il tempo entro cui la terapia è efficace per l’ infarto miocardico e l’ ictus?

- È necessario che in INFARTO MIOCARDICO (se è un infarto STEMI) arrivi in ospedale entro 90 minuti

cioè un’ ora e mezza;

- Per quanto riguarda l’ ICTUS CEREBRALE (di tipo ischemico) entro 3 ore fino ad un massimo 4 ore e

mezza (in realtà in caso di ictus ischemico è necessario arrivare in ospedale entro 3 ore; la finestra terapeutica

è stata allungata perché uno studio ci ha dimostrato che se la terapia viene fatta più tardi entro 4 ore e mezza

comunque funziona, ma non oltre). Tuttavia voi dovete uscire con l’ idea che per poter fare la riperfusione in

caso di ictus ischemico bisogna cercare di arrivare prima possibile.

Si parla di RIPERFUSIONE perché nell’ ictus ischemico c’ è un deficit di perfusione: c’ è una parte del cervello

andata in necrosi e poi c’ è una zona attorno a questo core ischemico che si chiama penombra ischemica.; tutti gli

obiettivi della terapia riperfusiva hanno la finalità di riperfondere la penombra ischemica perché sappiamo che dopo 3-

4 ore va in necrosi. Quindi dobbiamo cercare di salvare il salvabile. Questa è la novità della terapia dell’ ictus (che io

vi spiegherò) che voi dovete assolutamente conoscere.

La prof annuncia che l’ ictus va studiato dal libro e che a lezione dobbiamo imparare quello che ancora sul libro non

è riportato come lei stessa ce lo sta spiegando.

Oltre alla terapia di riperfusione che può essere fatta per via endovenosa o per via endovascolare (i pazienti possono o

fare l’ endovena oppure andare in sala angiografica e sottoporsi ad una trombectomia cioè all’ estrazione del trombo

con liberazione del vaso) esiste una conditio sine qua non che è la struttura chiamata STROKE UNIT, cioè se non ci

sono le stroke unit la terapia trombolitica (endovenosa o per via endovascolare) non si può fare perché è una terapia di

livello avanzato che viene fatta esclusivamente in queste strutture.

Allora quante stroke unit sono necessarie tenendo conto di quanto incide l’ ictus? Tante, ma non tantissime.

I decreti ministeriali dicono che:

- è necessaria una struttura di 2° livello (qual è la nostra) ogni milione di abitanti, intendendo una struttura di 2°

livello una struttura in cui oltre alla trombolisi endovenosa viene anche fatta la trombectomia e quindi la

terapia endovascolare.

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- Mentre per quanto rigiarda le stroke unit di 1° livello (che sono quelle che poi formano la rete) ce ne

vorrebbero una ogni 200 mila abitanti; queste strutture sono quelle predisposte a fare solo la trombolisi per via

endovenosa.

Quindi nella provincia di Messina ce ne vorrebbero tre di 1° livello e una di 2° livello; in atto ce n’ è solo una di 2°

livello perché non sono operative quelle di 1° livello.

EPIDEMIOLOGIA

-Quanto è il peso epidemiologico dell’ ictus? Quanto è la mortalità dell’ ictus?

1) La prima causa di morte della popolazione generale sono le MALATTIE CARDIOVASCOLARI

2) La seconda causa di morte sono le NEOPLASIE

3) La terza causa di morte sono le MALATTIE CEREBROVASCOLARI.

Se noi mettiamo insieme cuore e cervello, le MALATTIE CARDIO-CEREBRO-VASCOLARI diventano la prima

causa assoluta di morte.

-Perché le malattie cardio-cerebro-vascolari sono in incremento?

Perché c’ è un allungamento della vita media, quindi se l’ incidenza dell’ ictus incrementa dopo i 65 anni in maniera

molto significativa, la maggior parte degli ictus si verificano in età geriatrica e inoltre sopra gli 80 anni ha una

incidenza maggiore nelle donne (e non negli uomini).

Quindi l’ ictus cerebrale ha un peso sociale molto rilevante, non solo per l’ alta MORTALITA’ ma anche perché è la

prima causa di DISABILITA’.

Cercate quindi di immaginare cosa succede in una famiglia quando ad un padre in piena attività, a 65 anni, ha un ictus;

se non muore, nonostante la mortalità sia elevata in entrambi i casi, e non rientra nei tempi giusti per una corretta

terapia di riperfusione rimane disabile. Quindi immaginate cosa può succedere in una famiglia quando il padre in

piena attività rimane disabile.

1. Ad esempio. Ho conosciuto di recente due ragazzi il cui padre ha avuto un’ ictus che ha cambiato molto questi

ragazzi perché si sono ritrovati in fase di adolescenza a dover sostenere una famiglia, quindi si sono un pò capovolti i

ruoli: i figli che accompagnano il padre a fare la logopedia (non facendolo guidare) ecc..

2. Altro esempio. Una giovane signora di 50 anni, commercialista, ha avuto un’ ictus devastante (in era pre-trombolisi

qui da noi, perché in altre parti del mondo si praticava da più di 10 anni) , che non ha dato esiti motori ma ha fatto si

che la donna restasse afasica cioè non ha la possibilità di dire più alcuna parola (neanche a dire “a”). Quindi

immaginate questa madre con due ragazzi adolescenti che non riesce più a parlare. Per un po’ i figli hanno assunto il

ruolo di genitori (accompagnavano la madre per la logopedia, badavano alla casa, si occupavano della gestione della

famiglia) ma poi a un certo punto questi ragazzi si sono scompensati (probabilmente erano anche predisporsi a

scompensarsi) e uno addirittura è stato ricoverato in reparto di psichiatria perché ha avuto una psicosi.

Quindi non dico che questa è la storia naturale dei figli, ma sicuramente questo è stato un evento molto drammatico.

Questi sono solo due esempi, ma immaginate che il 30 % dei pazienti che hanno avuto un ictus rimane disabile.

E’ talmente catastrofica questa patologia che le organizzazioni mondiali della sanità e le associazioni scientifiche

hanno convenuto di propagare la GIORNATA MONDIALE DELL’ ICTUS che è il 29 ottobre dal 2008; ogni

hanno organizziamo un evento per sensibilizzare a questo problema. Perché è necessaria la campagna di

informazione?

E’ giusto fare una campagna preventiva in termini di fattori di rischio per le malattie cardio-cerebro-vascolari ma il

risultato di una campagna di prevenzione primaria (cioè prima che si verifichi l’ evento) si ha a 30 – 40 anni, ma l’

obiettivo di tale campagna è quello di intervenire immediatamente di fronte a sintomi focali (difficoltà del linguaggio,

difficoltà di movimento di un arto, disturbo del campo visivo) e quindi chiamare il 118 senza attendere che il paziente

eventualmente possa riprendersi per evitare che il paziente possa rimanere disabile. Questo è l’ obiettivo della

campagna di informazione.

L’ ictus è’ stato infatti definito una CATADTROFE TRATTABILE (entro un tempo limite). PREVENIBILE (con i

fattori di rischio) ma IN CRESCITA (per l’ allungamento della vita media).

E’ una emergenza come l’ infarto.

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PROCESSO DIAGNOSTICO

Nell’ iter diagnostico di un ictus cerebrale dobbiamo tener conto di alcuni step:

1) IDENTIFICARE L’ ICTUS (è ictus o non è ictus? Perché ci sono diverse patologie che possono avere un

esordio acuto ma non sono di natura vascolare)

2) SPECIFICARE LA NATURA (è ischemico o è emorragico?)

3) VALUTARE L’ EVOLUZIONE (che tipo di ictus è? È un TIA, un minor stroke o un majior stroke?)

4) TROVARE L’ EZIOLOGIA

Le prime tre domande le dobbiamo affrontare subito cioè in pochi minuti mentre l’ eziologia non è che deve essere

affrontata in 6 ore ma l’ affrontiamo il giorno dopo; questo vuol dire che quando arriva un paziente si , io valuto se è

fibrillante o meno, se è cardiopatico, perché è chiaro che faccio l’ anamnesi ma l’ iter diagnostico per capire che tipo

di ictus c’ è lo faccio nelle 24-48 ore successive.

Quando il paziente arriva, la prima cosa che mi preoccupa è quello di capire se posso trattarlo o non trattarlo perché

questa è una decisione molto delicata (anche perché ci sono delle controindicazioni al trattamento che bisogna

conoscere).

1. IDENTIFICARE L’ ICTUS

-Innanzitutto è necessario valutare quelli

che sono i sintomi dell’ ictus che sono

soprattutto sintomi focali.

-Poi l’ esordio: è chiaro che se è un esordio

improvviso penso ad una ipotesi vascolare,

se è invece un esordio subdolo che avviene

nel corso dei giorni penso ad una patologia

non vascolare ma occupante spazio

(tenendo conto che anche una patologia

occupante spazio si può scompensare e dare

un esordio acuto).

Questa è la “FLOW CHART” .

Si parte dalla perdita focale della funzione

cerebrale che può essere dovuta ad un ictus

ischemico, un ictus emorragico oppure ad

altre cause; quindi bisogna capire se è o non

è un ictus.

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Queste sono le condizioni neurologiche e

non neurologiche che sembrano simulare

un ictus ma non lo sono (nel 15 % dei casi

non è ictus)

(ATTENZIONE! diagnosi differenziale tra

ictus ischemico e altre patologie ad

esordio acuto E’ UNA DOMANDA DI

ESAME).

2. SPECIFICARE LA NATURA

A questo punto, stabilito che si tratta di un ictus, dobbiamo capire se è un ictus ISCHEMICO o EMORRAGICO.

-Ci sono dei CRITERI CLINICI che ci permettono di capirlo? Certo, se trovo 260 di pressione sistolica penso più

facilmente che possa essere una emorragia ma non è detto.

Nei vecchi trattati il quadro clinico dell’ emorragia cerebrale veniva identificato come un quadro clinico molto grave

associato a cefalea e vomito e a un quadro neurologico di grave emiparesi.

Questo è parzialmente vero, e vale anche però per l’ ictus maligno; quindi una ischemia maligna (causata da un

embolo che va a chiudere la silviana) o una emorragia cerebrale si comportano allo stesso modo.

Quindi clinicamente magari penso ad una emorragia e invece è una ischemia o viceversa.

Inoltre per i cosiddetti minor stroke, spesso sono convinta che si tratti di una ischemia e invece trovo piccole

emorragie intraparenchimali che si comportano clinicamente come delle ischemie.

-Quindi l’ unico esame che ci consente di

capire se è una ischemia o una emorragia

è la TC (senza mezzo di contrasto) che ci

permette di vedere la presenza di sangue

o meno. Non si può pensare di curare l’

ictus se non si fa una TC.

Nell’ immagine accanto abbiamo a dx un

ictus emorragico per la presenza di un

ematoma e spostamento della linea

mediana, a sx una grande ischemia con

assenza dei solchi dal lato ischemico e

ventricolo compresso (grande infarto

ischemico o infarto maligno; sono quegli

infarti che cerchiamo di evitare con le

procedure endovascolari).

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Quindi se alla TC non si evidenza la presenza di sangue, diremo che è un ictus ischemico.

Ma esiste l’ ictus ischemico o esistono tanti tipi di ictus? (tenendo conto che l’ ictus è sempre un deficit focale).

Esistono vari sottotipi di ictus; infatti così come distinguiamo un infarto STEMI e uno NON STEMI, parliamo di:

1) ICTUS CARDIOEMBOLICO

2) ICTUS ATEROTROMBOTICO

3) ICTUS LACUNARE

4) ICTUS DA CAUSA INDETERMINATA (che mescola un po’ i precedenti)

5) ICTUS DA ALTRE CAUSE (cause non riferibili al cardioembolico o all’ aterotrobotico, ad es.

-DA DISSECAZIONE DEI VASI (è l’ intima che si scolla e chiude il vaso-)

-DA PIATRINOSI (quindi cause ematologiche con piatrine superiori a 600.000- 700.000 – 1.000.000)

-DA SINDROME DA ANTICORPI ANTICARDIOLIPINA (sindrome reumatologica)

-IN CORSO DI LUPUS (malattia autoimmune sistemica con presenza di auto-anticorpi: in una ragazza di 27

anni, caduta improvvisamente dalla bicicletta per una emiplagia causata da un importante ictus, è stata trovata

una VES molto elevata, quindi sono stati fatti degli studi che hanno rilevato la presenza di un elevato numero

di anticorpi anticardiolipina, quindi è stato fatto uno studio sul cuore ed è stata riscontrata una endocardite

verrucosa che è una espressione del LUPUS e quindi si osservavano sulla valvola mitralica queste

vegetazioni; per cui la donna è stata trattata con cortisonici e immunosoppressori che tutt’ ora assume e non ha

avuto recidive. L’ ictus è stata la prima manifestazione della sua malattia autoimmunitaria cioè del LUPUS

che si è manifestato con l’ ictus).

Quali sono gli esami da fare per sapere che tipo di ictus ischemico c è?

1. valutazione dei vasi: con un ECOCOLORDOPPLER, ma a volte lo studio viene fatto in acuto (in condizioni di

emergenza) e allora lo si fa con un ANGIO-TC o ANGIO-RMN andando a vedere i vasi intracranici e quindi l’

eventuale occlusione di uno di questi vasi.

2. valutazione del cuore:

- con un ECG (oggi sta diventando “epidemico” l’ evento della fibrillazione atriale, cioè oggi la maggior parte dei

pazienti, il 60%, sono pazienti fibrillanti e la fibrillazione non è sempre cronica ma spesso è una fibrillazione

parossistica quindi una fibrillazione di cui il paziente non conosce l’ esistenza; tant’ è vero che ci sono degli studi, uno

dei quali italiano cui noi stessi stiamo partecipando, su pazienti con quei famosi “ictus indeterminati” cioè quegli ictus

di cui non capiamo la causa che vengono avviati all’ impianto di un loop recorder cioè un registratore che registri gli

episodi di fibrillazione atriale parossistica. Quindi è tanto forte il peso della fibrillazione atriale, non solo di quella

cronica di cui i pazienti sono a conoscenza ma anche di quella parossistica, che questi pazienti vengono avviati

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all’impianto di questo registratore per valutare l’ eventuale presenza della fibrillazione (la fibrillazione parossistica

pesa quanto quella cronica, se non peggio)

- oppure un ECOCARDIO TRANSTORACICO (esame che si fa attraverso la parete anteriore del torace utile in un

paziente che ha avuto una ischemia cerebrale per valutare i ventricoli e l’ eventuale presenza di un trombo

endoventricolare, quindi basta fare un’ ecografia transtoracica e vedere un trombo nel ventricolo per poter capire la

causa dell’ ictus perché è facile che da questo trobo ventricolare possa partire un embolo)

- oppure un ECOCARDIO TRANSESOFAGEO (che ci aiuta di più nella valutazione degli atri e soprattutto dell’

auricola -perché gli atri possono essere pur vista in transtoracico- in cui possono formarsi trombi a seguito di una

fibrillazione atriale; quindi il transesofageo ci dice se cè un trombo nell’ auricola, se c’ è un trombo nell’ atrio, se c’ è

l’ effetto contrastografico che è una specie di stasi ematica nell’ atrio che comunque ha sempre un significato

protrombotico).

Quindi il cardiologo deve far parte del team della stroke unit perché poi in effetti arrivano più gli ictus di tipo

cardioembolico piuttosto che quelli di tipo aterotrombotico (che hanno un esordio più acuto rispetto a quello

aterotrombotico a esordio in genere subacuto).

Altra domanda: interessa in circolo coronarico o vertebro-basilare?

Questo è un embolo o un trombo

(pallino giallo nell’ immagine

accanto) che si è fermato a questo

livello dando L’ INFARTO

MALIGNO, quello che noi

temiamo di più, in genere

incompatibile con la vita perché i

pazienti muoiono.

Questa è invece una sindrome

parziale perché l’occlusione è più a

valle e quindi l’ infarto è più piccolo.

In questi casi se noi facciamo la

trombolisi per via endovenosa va

benissimo perché sono piccoli emboli

che occludono un piccolo vaso.

E’ chiaro che tutto dipende dai circoli

collaterali che compensano.

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ATTENZIONE! Noi del canale A

dobbiamo sapere ai fini degli

esami la VIA PIRAMIDALE

“come il Padre Nostro” e quindi

le patologie del primo e del

secondo motoneurone (in questo

caso è patologia del primo

motoneurone).

Nell’ immagine: se colpita la zona

sensitiva abbiamo ipoestesia, se

colpita la zona motoria impaccio

motorio (non tutti hanno

emiplegia ma alcuni hanno un

deficit modesto, dipende poi dalla

zona interessata)

Queste sono le sindromi del circolo

posteriore (le famose sindromi

alterne): deficit del VI nerco cranico

di sx con emiplegia controlaterale.

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Questo è un INFARTO

CEREBELLARE che si manifesta

con vertigini, atassia.

(ATTENZIONE! Altra domanda di

esame sono le ATASSIE, i vari tipi

di atassie)

Inoltre ci può anche essere un

disturbo visivo, una emianopsia,

una cecità corticale.

Le sindromi del circolo posterioriore possono essere un prodromo della trombosi basilare.

Noi abbiamo avuto molti pazienti arrivati con quadri gravissimi destinati a morire che sono stati sottoposti o a una

trombolisi endovenosa o a quella meccanica che son andati benissimo tipo “alzati e cammina” cioè si sono ripresi

subito; è arrivato un paziente in coma e appena è stato fatta l’ aspirazione del trombo si è svegliato.

Quindi capite che è una medicina in cambiamento, cioè sono terapie molto importanti.

Questo è l’ ICTUS LACUNARE,

che colpisce le cosiddette arterie

perforanti e questa è la sede in

cui si realizza anche l’ emorragia

(quindi in questa sede si può

avere sia una ischemia sia una

emorragia).

E’ una zona particolare dal punto

di vista della emodinamica

perché sono arterie ad angolo

retto e quindi si formano

facilmente delle turbolenze;

inoltre (nell’ immagine leggiamo

infatti lipoialinosi/ aneurisma di

Charcot) bisogna sapere che l’

effetto del regime pressorio

elevato si verifica proprio sulla

parete e la parete di un vaso in un

soggetto con pressione elevata

viene detta “a calza vecchia”

quindi non proprio rotta ma più

sottile per cui basta un picco

pressorio che si rompe.

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Questo è un ICTUS

MOTORIO.

Questo è un ICTUS

SENSITIVO (perché c ì

un coinvolgimento del

talamo).

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3. EVOLUZIONE

1. TIA

2. PROGRESSING STROKE o

INFARTO MALIGNO

3. STROKE STABILE

La prima immagine in alto a

dx è una immagine TC a un’

ora, appena fatta, in cui non si

riscontra nulla (TC negativa).

L’ immagine appena sotto è

anch’ essa una immagine TC

a un’ ora ma osserviamo

qualcosa: c’ è un tratto bianco

detto “segno della media”,

“iperdensità della media”; è

un segno importantissimo

perché indica che dove passa

l’ arteria cerebrale media o

silviana il sangue scorre più

lentamente e quindi diventa

bianco (il sangue alla TC è

bianco); questo mi indica la

presenza di un trombo e

quindi un vaso chiuso o quasi

chiuso.

Tant è vero che all’ ANGIO-

RMN. Laddove c’ è la freccia

non si osservano i vasi perché

c’ è un vaso occluso.

Questo paziente non è stato trattato, cioè non è stato tolto il trombo, e quindi osserviamo l’ evoluzione: a 12 ore c’ è l’

infarto e a 36 ore una condizione incompatibile con la vita.

Questa è la storia naturale dell’ INFARTO MALIGNO della silviana non trattato.

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Queste immagini mostrano quanto sia importante arrivare al tempo giusto perché se il paziente arriva dopo le 6 ore

non c’ è nulla da fare perché non può più essere fatta la riperfusione per l’ alto rischio di emorragia; dobbiamo agire

entro 4 ore e mezza con l’ endovena, mentre la procedura endovascolare ha una finestra un po’ più lunga quindi può

essere fatta entro le 6 ore ma significa che a 5 ore il paziente deve essere già in sala angiografica quindi diciamo

meglio entro le 5 ore (entro 5 ore si deve fare la diagnosi, si devono vedere i criteri di inclusione ed esclusione e poi

portare il paziente in sala angiografica, quindi il tempo è comunque sempre ristretto) - 6 ore per il circolo anteriore, 8

ore per quello posteriore -

VALUTAIZIONE NIHSS. Questa è una scala

che bisogna conoscere perché ormai non

diciamo più che il paziente è grave o meno

grave ma diciamo che ha un NIHSS (che è una

scala usata ormai in tutto il mondo) di 10 ad

esempio; se non ha un 8, 10, il paziente non va

in sala angiografica; se è 25 il paziente è troppo

grave per poter tornare indietro.

4. RICERCARE L’ EZIOLOGIA (la saltiamo perché voglio soffermarmi su altro)

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-Questa è una diapositiva a cui

sono affezionatissima (l ho fatta

nel ‘95); è un lavoro uscito nel

94 in cui si vede come l’

ecocardio transesofageo e l’

ecodoppler dei vasi hanno

cambiato la storia dell’ ictus.

Vedete infatti come l’ ictus da

causa sconosciuta è passato dal

53% a 26%, quindi si è

dimezzato.

Anche il neuroimaging (TC,

RMN) sono stati molto

importanti perché sono di

grandissimo aiuto.

Perché in neuroimaging è così

importante?

Non basta la TC: questa è

sufficiente quando arriva il

paziente 70enne con un piccolo disturbo del braccio; se la TC e negativa valuti i criteri di inclusione ed esclusione e si

procede con la trombolisi endovenosa. Ma non sempre è così.

Può essere che il paziente arriva alle 7 del mattino nel senso che alle 7 del mattino è stato trovato dai familiari con una

emiparesi, ma quando l’ ha avuto l’ ictus? Alle 7 meno 5 o a mezzanotte? Se l’ ha avuto alle 6 è ancora recuperabile

ma se l’ ha avuto a mezzanotte sono passate 7 ore quindi non si può più far nulla. In questi casi è importante la RMN

perché questa ci consente in base al reperto che troviamo di capire se la lesione è datata a 3 ore o più di 3 ore o più di

6 ore e quindi se siamo ancora nell’ ambito della finestra temporale oppure siamo usciti.

-Qualunque sia il tipo di ictus,

con clinica, prognosi, eziologia

e terapie preventive differenti

(se ho un’ ictus cardioembolico

devo dare l’ anticoagulante, se

ho l’ ictus aterotrombotico

devo dare l’ antiaggregante),

qualunque sia il tipo di ictus in

acuto darà questa situazione

cioè: il CORE DELLA

LESIONE (la zona andata in

necrosi) e la ZONA DI

PENOMBRA.

Quindi quando arriva un

paziente con ictus la prima cosa

da fare è cercare di salvare la

zona di penombra che è quella

zona in cui il flusso è ridotto

ma non abolito e viene

mantenuto dai circoli collaterali (tant’ è vero che noi raccomandiamo al 118 di non abbassare molto la pressione

perché se si abbassa la pressione i circoli collaterali non possono essere più efficienti).

QUINDI, il risultato finale è l’ ISCHEMIA e la PENOMBRA ISCHEMICA.

QUINDI, l’ obiettivo della procedura di riperfusione è quello di riperfondere la penombra ischemica che sappiamo

deve avvenire entro quel limite di tempo.

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STROKE UNIT

Non bisogna confondere lo STROKE TEAM con la STROKE UNIT.

Lo STROKE TEAM è formato dalla stroke unit fatta solo da neurologi (NEUROLOGI VASCOLARE) che lavorano

in team con i NEURORADIOLOGI INTERVENTISTI, non solo gli interventisti ma anche quelli che fanno la

diagnostica che è comunque fondamentale.

Non è una unità unica ma sono due equipe che formano un team.

La STOKE UNIT di per sé è invece una unità operativa nell’ ambito della neurologia formata da:

- NEUROLOGI DEDICATI

- INFERMIERI DEDICATI

- FISIOTERAPISTI DEDICATI.

Quello che fa la differenza è quello di avere delle procedure molto precise e definite e di essere molto attenti, perché

non ci vuole chissà cosa per fare una stroke unit ma ci vuole la competenza che in questo campo non solo ti fa

risparmiare (tempo di degenza ridotto) ma ti fa guadagnare salute (evitando la disabilità).

Quindi la stroke unit deve prevedere delle procedure molto precise. I pazienti sono in genere 8-10-12-16 (noi abbiamo

8 posti) e sono monitorizzati ma non basta avere i monitor per dire “ho la struttura” perché si devono avere i monitor

ma anche le procedure, quindi bisogna sapere come trattare un paziente.

Poi, nelle Linee Guida internazionali e nazionali viene indicato sempre il personale infermieristico dedicati,

fisioterapisti dedicati, perché in fondo è una terapia sub-intensiva, non intensiva.

La differenza è che il paziente con problemi respiratori non sta in stroke unit ma va in RIANIMAZIONE.

Quindi in stroke unit non ci sono pazienti che hanno bisogno di assistenza ventilatoria (se poi ne hanno bisogno

vengono trasferiti).

Detto questo, vi devo informare su una situazione italiana, che è una situazione molto critica perché in Italia ci sono

tre Italie: il Nord, il Centro e il Sud.

L’ organizzazione delle stroke unit al Nord è eccellente ma in alcune regioni quali Veneto e Emilia

Romagna, anche in Lombardia ce ne sono tante. Al Nord hanno fatto una politica un po’ diversa, hanno

molte neurologie e stroke unit.

Chi funziona in maniera davvero eccellente è il Veneto con strutture di 1° e 2° livello organizzate in rete cioè

in connessione continua tra loro; tant’ è vero che ol Veneto è al primo poso in Italia per il numero di

procedure.

Anche l’ Emilia funziona bemissimo, un pò meno il Piemonte, un po’ meno la Lombardia, un po’ meno la

Toscana

Al Centro c’ è il Lazio dove funziona bene nella città di Roma

Al Sud la situazione è a dir poco tragica con

la Calabria in cui c’ è solo una struttura di 1° livello a Vibo quindi fanno la trombolisi endovenosa ma non

quella endovascolare e poi ce n’ è un’ altra che si è attivata da poco a Reggio e anche qui fanno solo l’

endovena e non la procedura endovascolare

e la Sicilia (che è al terzo – quart’ ultimo posto in Italia) che ha due stroke unit a Palermo che fanno l’

endovascolare h6 cioè la mattina, una di 2° livello a Catania sempre h6 e due di 1° livello a Caltanissetta e a

Trapani che fanno solo l’ endovena. Infine c’ la nostra a Messina che è l’ unica in Sicilia che lavora h24 da 2

anni, cioè viene garantita la presenza del neurologo e del neuroradiologo interventista 24 ore su 24; con questo

sistema abbiamo ottenuto dei risultati tali che se prendiamo solo la provincia di Messina - e non la Sicilia -

abbiamo trattato il 90% dei casi (come si ragiona? Si calcola quanti casi si attendono in un anno -casi attesi- e

in base a questi si valutano quanti ne sono stati trattati; noi ne abbiamo trattati il 90% e la cosa importante è

che non sono tutti provenienti dalla città di Messina ma anche dalla provincia: se ogni anno ci sono 200-250

per 100.000 abitanti - la provincia di Messina ha 650.000 abitanti - 200 per 100.000 abitanti sono 1200-1300

casi. Altro concetto è che di questi 1300 casi non tutti possono essere sottoposti alla terapia riperfusiva; nel

2005 l’ Europa aveva un obiettivo : trattare il 5% dei casi trattabili)

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Il posto dove si lavora meglio con la stroke unit è la Germania (pensate che qui hanno la TC sull’ ambulanza: si inizia

subito l’ endovena in ambulanza epoi il paziente viene portato in ospedale). L’ altro centro in Europa che funziona

benissimo è Montpellier in Francia.

(Anche in Italia come abbiamo visto ci sono dei centri importanti: Roma (la sapienza) che è il primo centro della

trombolisi endovenosa, poi Firenze dove fanno entrambe le metodiche e Modena (in Emilia) dove sono organizzati

h24 e il Veneto).

Altro concetto importante. Quanto pesano le due metodiche (l’ endovascolare e l’ endovenosa)? Qual ‘ è meglio e

quale è più sicura?

-La TROMBOLISI ENDOVENOSA è una terapia safe (sicura) quindi se io seleziono bene un paziente questa

metodica va benissimo.

-Per la TERAPIA ENDOVASCOLARE c’ era qualche dubbio, secondo me perché ancora non si sapeva bene quali

pazienti bisognava scegliere.

Nel 2015 uscirono tre lavori (trials) che hanno cambiato l’ impostazione della terapia dell’ ictus perché hanno

dimostrato che la procedura endovascolare era pari a quella endovenosa, e non solo. Hanno infatti dimostrato che

quando c’ è il segno della media il trombolitico iniettato per via venosa non riesce a riempire il vaso quindi in tal caso

si fa la trombolisi endovenosa ma bisogna pensare di fare la trombectomia quindi si porta il paziente in sala

angiografica per poter estrarre il trombo.

Quindi è cambiata completamente l’ impostazione.

Dire che faccio la stroke unit per fare solo la trombolisi endovenosa non è corretto, perchè dall’ anno scorso c’ è stato

questo cambiamento: quindi per curare un paziente con ictus dobbiamo organizzare stroke unit di 2° livello come la

nostra che funziona perché in questo momento altre in provincia di Messina non ce ne sono e quindi tutti i pazienti

vengono centralizzati.