Inquadramento Diagnostico Ictus

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9 ICTUS ACUTO: FASE DI OSPEDALIZZAZIONE (DIAGNOSI) 9.1 DIAGNOSTICA CLINICA 9.1. 1 Inquadr amento diag nost ico clin ico Gli obiettivi dell’assistenza nella fase precoce dell’ictus derivano dalla sua stessa definizione. Quella riportata dal Ministero della Sanità è: “l’ictus è una sindrome caratterizzata dall’im- provviso e rapido sviluppo di sintomi e segni riferibili a deficit focale delle funzioni cerebrali senza altra causa apparente se non quella vascolare; la perdita della funzionalità cerebrale può essere globale (pazienti in coma profondo). I sintomi durano più di 24 ore o determinano il decesso”. 1 L ’importanza dell’inquadramento clinico precoce non è esclusivamente connessa alla possibi- lità di intraprendere una terapia trombolitica e/o neuroprotettiva, ma anche, sostanzialmente, alla necessità di attuare una prevenzione precoce di un eventuale deterioramento del quadro neurologico, e delle complicanze neurologiche e/o mediche. 2 Gli obiettivi dell’inquadramento clinico precoce sono pertanto: confermare che la causa del deficit neuro logic o focale sia di natura vascolare; misurare la gravità del quadro clinico (anche mediante l’uso di scal e neurologiche) a fini prognostici e del monitoraggio clinico successivo; defin ire il territori o arterioso (carotideo o vertebrob asila re) coinvol to, ai fini diagnost ici, prognostici e terapeutici; tentare la def inizio ne del so ttotip o patog enetico; valut are la potenzi ale evoluz ione sponta nea in peggio rament o o in miglio ramento; defin ire precoc ement e il rischio di compli canze medi che o neurolog iche e riconos cerle al fine di prevenirle e trattarle adeguatamente; avviare entro i limiti temporali che identificano la finestra terapeutica il trattamento più appropriato. Il raggiungimento di questi obiettivi è favorito dal ricovero precoce dei pazienti in una strut- tura dedicata al trattamento dell’ictus ( stroke unit) dove opera personale medico e paramedi- co specificatamente addestrato nella gestione di questa patologia. Il ricovero precoce presso una stroke unit è fortemente raccomandato. Dal momento che la maggior parte degli ospeda- li non dispone di tali strutture, i medici dei Pronto Soccorso devono sempre valutare la possi- bilità di trasferire il paziente presso strutture fornite di stroke unit. 3-5 Tutte le procedure cliniche devono essere effettuate il più rapidamente possibile per consen- tire la gestione ottimale del paziente o, quando possibile, il trattamento trombolitico entro i limiti temporali che identificano la finestra terapeutica. 2 Le procedure cliniche devono essere effettuate da neurologi specializzati nella gestione del- l’ictus, 6-10 o, in assenza di questi, da personale medico addestrato. 9.1.1.1 Anamnesi  Al momento dell’accettazione del paziente, dopo aver stabilizzato, se necessario, le condizio- ni cliniche, deve essere raccolta un’anamnesi precisa, mirata e succinta. Il tempo dedicato alla raccolta anamnestica deve essere contenuto entro 10-15 minuti. 7 Per questo motivo si sugge- risce l’impiego di cartelle cliniche semi-strutturate. Gli obiettivi generali della raccolta anamnestica sono: defin izione del le caratterist iche tempo rali e topogra fiche dei sint omi; inqua dramento di agnost ico d iffer enzia le; identificazione di fattori di rischio e di patologie concomitanti che possono aiutare nell’i- dentificazione del meccanismo fisiopatogenetico e/o favorire la comparsa di complicanze mediche e/o neurologiche precoci; riconoscimento di cause insol ite d i ictus. 9.1.1. 2 De finizi one dell e car att eri sti che t empora li e to pograf ich e dei s int omi  Indispensabile per la scelta del trattamento terapeutico è definire con buona approssimazione (±30 min) l’ora di esordio dei sintomi. Se i sintomi si sono manifestati al risveglio deve essere considerato il tempo trascorso da quando il paziente o i familiari riferiscono completo benes- sere. Sintesi 9-1 L ’approccio clinico a l paziente con sospetto ictus cerebrale che arriva in ospedale deve essere rapido e deve comprendere un esame obiet tivo generale, un inquadramento neurologico det- tagliato ed una valutazione car- dioangiologica approfondita. Raccomandazione 9.1 Grado D Un inquadramento neurologico precoce e standardizzato è indi- cato ai fini di una gestione cor- retta e qualitativamente avanzata del paziente con ictus. Sintesi 9-2 Gli obiettivi dell’inquadramento clinico precoce sono: def ini re il più accuratamen te possibile (approssimazione ±30 min) l’ora di esordio dei sintomi; def ini re ch e la c aus a del def i- cit neurologico sia di natura vascolare; mis ura re l a gr avit à del qua dro clinico (preferibilmente mediante l’uso della National Institutes of Health Stroke Scale – NIHSS versione italia- na) a fini prognostici e del monitoraggio clinico successi- vo; def ini re il t err ito rio ar ter ios o (carotideo o vertebrobasilare) ai fini diagnostici, prognostici e terapeutici; ten tar e la d efi niz ion e del sot- totipo patogenetico; val uta re la p oten zia le ev olu - zione spontanea in peggiora- mento o in miglioramento; definire pre coce men te il rischio di complicanze medi- che o neurologiche e ricono- scerle al fine di prevenirle e trattarle adeguatamente; avv iar e in maniera tempes tiva la terapia più appropriata. Raccomandazione 9.2 Grado D È indicato che l’inquadramento neurologico sia effettuato da neu- rologi esperti nella gestione del- l’ictu s o, in assenza di quest i, da personale medico esperto. Capitolo 9 Ictus acuto: fase di ospedalizzazione (diagnosi) 173 stesura 15 marzo 2005

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9 ICTUS ACUTO: FASE DI OSPEDALIZZAZIONE (DIAGNOSI)

9.1 DIAGNOSTICA CLINICA 

9.1.1 Inquadramento diagnostico clinico

Gli obiettivi dell’assistenza nella fase precoce dell’ictus derivano dalla sua stessa definizione.Quella riportata dal Ministero della Sanità è: “l’ictus è una sindrome caratterizzata dall’im-provviso e rapido sviluppo di sintomi e segni riferibili a deficit focale delle funzioni cerebralisenza altra causa apparente se non quella vascolare; la perdita della funzionalità cerebrale puòessere globale (pazienti in coma profondo). I sintomi durano più di 24 ore o determinano ildecesso”.1

L’importanza dell’inquadramento clinico precoce non è esclusivamente connessa alla possibi-lità di intraprendere una terapia trombolitica e/o neuroprotettiva, ma anche, sostanzialmente,alla necessità di attuare una prevenzione precoce di un eventuale deterioramento del quadroneurologico, e delle complicanze neurologiche e/o mediche.2

Gli obiettivi dell’inquadramento clinico precoce sono pertanto:

• confermare che la causa del deficit neurologico focale sia di natura vascolare;• misurare la gravità del quadro clinico (anche mediante l’uso di scale neurologiche) a finiprognostici e del monitoraggio clinico successivo;

• definire il territorio arterioso (carotideo o vertebrobasilare) coinvolto, ai fini diagnostici,prognostici e terapeutici;

• tentare la definizione del sottotipo patogenetico;• valutare la potenziale evoluzione spontanea in peggioramento o in miglioramento;• definire precocemente il rischio di complicanze mediche o neurologiche e riconoscerle al

fine di prevenirle e trattarle adeguatamente;• avviare entro i limiti temporali che identificano la finestra terapeutica il trattamento più

appropriato.

Il raggiungimento di questi obiettivi è favorito dal ricovero precoce dei pazienti in una strut-

tura dedicata al trattamento dell’ictus (stroke unit) dove opera personale medico e paramedi-co specificatamente addestrato nella gestione di questa patologia. Il ricovero precoce pressouna stroke unit è fortemente raccomandato. Dal momento che la maggior parte degli ospeda-li non dispone di tali strutture, i medici dei Pronto Soccorso devono sempre valutare la possi-bilità di trasferire il paziente presso strutture fornite di stroke unit.3-5

Tutte le procedure cliniche devono essere effettuate il più rapidamente possibile per consen-tire la gestione ottimale del paziente o, quando possibile, il trattamento trombolitico entro ilimiti temporali che identificano la finestra terapeutica.2

Le procedure cliniche devono essere effettuate da neurologi specializzati nella gestione del-l’ictus,6-10 o, in assenza di questi, da personale medico addestrato.

9.1.1.1 Anamnesi  

Al momento dell’accettazione del paziente, dopo aver stabilizzato, se necessario, le condizio-ni cliniche, deve essere raccolta un’anamnesi precisa, mirata e succinta. Il tempo dedicato allaraccolta anamnestica deve essere contenuto entro 10-15 minuti.7 Per questo motivo si sugge-risce l’impiego di cartelle cliniche semi-strutturate.

Gli obiettivi generali della raccolta anamnestica sono:• definizione delle caratteristiche temporali e topografiche dei sintomi;• inquadramento diagnostico differenziale;• identificazione di fattori di rischio e di patologie concomitanti che possono aiutare nell’i-

dentificazione del meccanismo fisiopatogenetico e/o favorire la comparsa di complicanzemediche e/o neurologiche precoci;

• riconoscimento di cause insolite di ictus.

9.1.1.2 Definizione delle caratteristiche temporali e topografiche dei sintomi 

Indispensabile per la scelta del trattamento terapeutico è definire con buona approssimazione(±30 min) l’ora di esordio dei sintomi. Se i sintomi si sono manifestati al risveglio deve essereconsiderato il tempo trascorso da quando il paziente o i familiari riferiscono completo benes-sere.

Sintesi 9-1L’approccio clinico al pazientecon sospetto ictus cerebrale chearriva in ospedale deve essererapido e deve comprendere unesame obiettivo generale, uninquadramento neurologico det-tagliato ed una valutazione car-dioangiologica approfondita.

Raccomandazione 9.1 Grado D

Un inquadramento neurologicoprecoce e standardizzato è indi-

cato ai fini di una gestione cor-retta e qualitativamente avanzatadel paziente con ictus.

Sintesi 9-2Gli obiettivi dell’inquadramentoclinico precoce sono:• definire il più accuratamente

possibile (approssimazione±30 min) l’ora di esordio deisintomi;

• definire che la causa del defi-cit neurologico sia di naturavascolare;

• misurare la gravità del quadroclinico (preferibilmentemediante l’uso della National 

Institutes of Health Stroke 

Scale – NIHSS versione italia-na) a fini prognostici e delmonitoraggio clinico successi-vo;

• definire il territorio arterioso(carotideo o vertebrobasilare)ai fini diagnostici, prognosticie terapeutici;

• tentare la definizione del sot-totipo patogenetico;

• valutare la potenziale evolu-zione spontanea in peggiora-mento o in miglioramento;

• definire precocemente ilrischio di complicanze medi-che o neurologiche e ricono-scerle al fine di prevenirle etrattarle adeguatamente;

• avviare in maniera tempestivala terapia più appropriata.

Raccomandazione 9.2 Grado D

È indicato che l’inquadramentoneurologico sia effettuato da neu-

rologi esperti nella gestione del-l’ictus o, in assenza di questi, dapersonale medico esperto.

Capitolo 9 — Ictus acuto: fase di ospedalizzazione (diagnosi) 173

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Ictus cerebrale: Linee guida italiane

La comparsa dei sintomi è solitamente acuta, ma può presentare più raramente un andamen-to fluttuante o progressivo. Un’evoluzione graduale dei sintomi in più giorni o settimane è inu-suale, tranne che nel caso della trombosi dei seni venosi o in alcuni casi di ictus vertebrobasi-lare.

Circa il 20%-40% dei pazienti con ictus ischemico possono presentare un peggioramentospontaneo nelle ore successive e fino ad una settimana dall’esordio dei sintomi.11 Circa il10%-20% dei pazienti presenta un peggioramento del quadro neurologico entro le 24 ore. 12

Una progressione dei sintomi è più frequente nei soggetti con ischemia nel territorio verte-brobasilare.

L’insieme dei sintomi riflette il territorio cerebrale colpito. Raramente sono presenti sintomiriferibili a territori vascolari differenti. Al deficit neurologico focale possono accompagnarsinausea, vomito, cefalea, crisi convulsive o alterazioni dello stato di coscienza. 13

Nausea e vomito sono più comuni in presenza di emorragia intraparenchimale ma possonoessere presenti anche nel caso di lesioni ischemiche nel territorio vertebrobasilare (cerebellario del tronco dell’encefalo). Sono rari in caso di ictus emisferico. La cefalea di grado lieve-moderato è presente nel 16%-34% dei pazienti con ictus ischemico. La presenza di cefalea

intensa è invece suggestiva di emorragia intraparenchimale o subaracnoidea.Lo stato di coscienza può essere obnubilato o soporoso nei pazienti con ictus maggiore.Nell’ictus emisferico la depressione dello stato di coscienza compare solitamente dopo alme-no 24 ore dall’esordio dei sintomi. La rapida comparsa di uno stato di coma è presente più fre-quentemente nei pazienti con emorragia intraparenchimale o ictus maggiore nel territorio ver-tebrobasilare.

Si distinguono:• ictus ischemico: ictus con evidenza di lesione ischemica o TC normale e clinica indicativa di

ictus;• ictus ischemico con infarcimento emorragico o infarto rosso: ictus con evidenza di lesione

ischemica con emorragia nel proprio ambito;• ictus emorragico o emorragia intracerebrale primaria: ictus con evidenza di lesione pura-

mente emorragica.L’ischemia cerebrale rappresenta oltre l’80% di tutti i primi ictus e l’emorragia intraparenchi-male meno del 15%; questo rapporto è simile in tutti gli studi nei quali esso è stato verificatomediante l’uso della TC cerebrale in fase acuta.

Varie scale di valutazione sono state proposte per differenziare clinicamente l’ictus ischemicoda quello emorragico.14-16 Tuttavia, benché il rapporto fra ictus ischemico ed emorragico siadi circa 8:1 è improbabile che ciascuna di queste scale abbia un grado di affidabilità maggio-re del 90%, mentre la differenziazione fra ictus ischemico ed emorragico è fondamentale perle ovvie differenze di trattamento, ivi compresa la inopportunità di somministrazione di tera-pie antitrombotiche a pazienti con emorragia cerebrale come accaduto negli studi IST 17 eCAST.18

Le caratteristiche cliniche che possono orientare nella diagnosi differenziale tra ictus ischemi-co e ictus emorragico sono:

ictus ischemico: • deterioramento a gradini o progressivo deterioramento;• segni neurologici focali corrispondenti ad un singolo territorio vascolare;• segni indicativi di una lesione focale corticale o sottocorticale;

ictus emorragico: • precoce e prolungata perdita di coscienza;• cefalea importante, nausea e vomito;• rigidità nucale;• emorragie retiniche;• segni focali che non corrispondono ad un territorio vascolare preciso.

Tuttavia i soli dati clinici non sono sufficienti a distinguere in modo assoluto l’ictus ischemicoda quello emorragico. Sebbene molti dei sintomi legati alla emorragia cerebrale appaiano chia-ramente distinguibili da quelli osservabili nell’ictus ischemico, numerosi studi dimostranocome anche sindromi lacunari o quadri con rapida risoluzione dei segni neurologici possanoessere l’espressione clinica di un’emorragia. Pertanto il ricorso alle neuroimmagini è indi-

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spensabile ai fini di tale diagnosi differenziale ed il metodo più adeguato per distinguere traischemia ed emorragia rimane la TC cerebrale.

Per quanto complessa, l’interazione fra valutazione clinica neurologica e dati strumentali dilaboratorio rappresenta un momento cruciale nella rapida definizione topografica, eziologicae patogenetica dell’ictus ischemico.

L’ictus ischemico deve essere sospettato allorché il paziente abbia presentato un esordioimprovviso di segni neurologici focali (Tabella 9:I),19 i quali poi possono stabilizzarsi rapida-mente (in circa il 63% dei casi), o progredire nelle successive 1-24 ore (30% circa dei casi) oessere fluttuanti nella fase precoce (6% circa dei casi).20 Esso inoltre comporta segni e sinto-mi che possono consentire con una elevata probabilità la definizione del territorio vascolareinteressato anche quando, a causa della precocità di esecuzione, altre indagini non fornisconoinformazioni di rilievo.

9.1.1.3 Diagnosi di sede dell’ictus ischemico

L’identificazione clinica della sede dell’infarto e quindi del relativo territorio vascolare è indi-cata perché ha risvolti pratici importanti per quanto riguarda l’iter degli esami strumentali, lacorrelazione con le informazioni fornite dalle neuroimmagini, l’identificazione dei fattori pato-genetici e prognostici (pazienti a maggior rischio di deterioramento neurologico precoce, direcidive e di complicanze mediche, previsione dei vantaggi offerti dal trattamento riabilitati-vo 21-25) e le decisioni terapeutiche, soprattutto in senso chirurgico.

Una classificazione semplice che sembra prestarsi abbastanza allo scopo di un inquadramen-to rapido e sufficientemente preciso del paziente con ictus ischemico è quella proposta daBamford et al.,26 (criteri dello Oxfordshire Community Stroke Project, OCSP) e riportata indettaglio in Tabella 9:II.

Numerose osservazioni effettuate dopo la sua pubblicazione ne hanno dimostrato la validità.In particolare recentemente è stata evidenziata la capacità di questo modello classificativo dipredire la sede e le dimensioni della lesione infartuale alla TC (eseguita successivamente) neidue terzi degli ictus valutati 21 sia in caso di primo evento che di recidiva. Il grado di preditti-vità è anche funzione della sindrome identificata; infatti varia, nelle differenti casistiche dal91% al 79% nella TACS, dal 57% al 71% nella PACS, dal 59% al 73% nella LACS edall’83% al 100% nella POCS.21

Nell’ottica di tale sistema classificativo, il primo obiettivo da porsi è la discriminazione trapatologia dei piccoli o dei grandi vasi. Tale obiettivo è raggiungibile con ragionevole appros-simazione sulla sola base dell’approccio clinico. Indicative di coinvolgimento dei piccoli vasisono le sindromi lacunari (lacunar syndromes o LACS). Le sindromi lacunari identificano uninsieme di segni e/o sintomi legati a compromissione sensitiva e/o motoria più frequentemen-te correlata a lesioni causate dall’occlusione di una singola arteria perforante profonda, attri-buita a lipoialinosi o degenerazione fibrinoide per lo più indotte dall’ipertensione, anche sefenomeni aterotrombotici del ramo di origine (p.es. il tronco comune della ACM) possonoesserne anche la causa. Esse, infatti, si verificano anche in pazienti normotesi e non è indi-spensabile una storia di ipertensione per porre diagnosi di sindrome lacunare. Data la relativafrequenza di un buon esito spontaneo in questi casi,27,28 potrebbe essere del tutto illogico

Raccomandazione 9.3 Grado D

L’identificazione clinica di un ter-ritorio vascolare è indicata per-ché ha risvolti pratici importantiper quanto riguarda l’iter degliesami strumentali, la correlazionecon le informazioni fornite dalleneuroimmagini, l’identificazionedei fattori patogenetici e progno-stici e le decisioni terapeutiche,soprattutto in senso chirurgico.

Capitolo 9 — Ictus acuto: fase di ospedalizzazione (diagnosi) 175

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Tabella 9:I – Sintomi riferibili a ictus ischemico in fase acuta(da Cook et al., adattata)19

 Alterazioni dello stato di coscienza • stato soporoso o coma• confusione o agitazione

• crisi convulsive Afasia o altri disturbi delle funzioni superiori

Disartria

Ipostenia facciale o asimmetria (omolaterale o controlaterale al deficit stenico agli arti)

Coordinazione, debolezza, paralisi o perdita della sensibilità a uno o più arti (solitamente ad un emisoma)

 Atassia, disturbo dell’equilibrio, impaccio, difficoltà a camminare

Perdita del visus • mono o bioculare• in una parte del campo visivo

 Vertigini, diplopia, perdita unilaterale dell’udito, nausea, vomito, cefalea, fotofobia, fonofobia

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Ictus cerebrale: Linee guida italiane

esporre questi pazienti a trattamenti potenzialmente pericolosi come la trombolisi. Tuttavia irisultati dello studio NINDS con r-tPA hanno suggerito che anche i pazienti con patologia deipiccoli vasi possono beneficiare della terapia con questo farmaco.29

La maggior parte delle lacune si verifica nel territorio delle arterie lenticolostriate e si ritienesiano spesso silenti. Altre, in punti strategici come la capsula interna o il ponte, produconodeficit neurologici estesi. Classicamente individuate come ictus motorio puro, ictus sensitivopuro, emiparesi atassica, ictus sensitivo-motorio e “mano goffa-disartria”, le sindromi lacuna-ri possono presentarsi anche con TC negativa.22,30-32 Un’ipotesi clinica di sindrome lacunarepuò essere rafforzata dalla coesistenza di fattori di rischio come l’ipertensione 23 o il diabete edall’assenza di cause cardiache di emboli o di stenosi carotidee maggiori del 50%.33 Tuttaviauna recente metanalisi suggerisce che questa associazione possa derivare da un bias. Infatti,

considerando la classificazione degli ictus senza tenere conto dei fattori di rischio noti, siriscontra un eccesso marginale di ipertensione negli ictus lacunari rispetto ai non lacunari (RR 1,11; IC95 1,04-1,19) e nessuna differenza per il diabete (RR 0,95; IC95 0,83-1,09). Di conse-guenza, la classificazione di un ictus come lacunare o non lacunare dovrebbe essere fatta senzautilizzare i fattori di rischio per non introdurre un errore sistematico.34,35

La presenza di lesioni sottocorticali emisferiche o del tronco dell’encefalo con un diametro di<1,5 cm o con reperti normali alla TC o alla RM dovrebbero confermare la diagnosi di ictuslacunare, mentre il rilievo di lesioni corticali o cerebellari o del tronco dell’encefalo o infartisottocorticali >1,5 cm di diametro consentirebbe la diagnosi di ictus cardioembolico o atero-sclerotico.28

Nell’ambito della patologia dei grandi vasi è utile distinguere fra circolo posteriore (Posterior Circulation Syndromes o POCS) e circolo anteriore (Total Anterior  e Partial Anterior Circulation Syndromes o TACS e PACS, rispettivamente) perché solo nei pazienti con com-promissione del circolo anteriore ha senso la ricerca di una stenosi carotidea sintomatica daproporre per l’intervento di endarterectomia carotidea (EC). La diagnosi sindromica di TACSverificata con la TC si è dimostrata avere una buona sensibilità, specificità e predittività. 36

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diagnosi definizione

sindromi lacunari(lacunar syndromes o LACS)

Ictus (o TIA) senza afasia, disturbi visuospaziali, e senza compromissione definita del tronco encefalicoe della vigilanza.

Categorie:

• ictus motorio puro: deficit motorio puro che deve coinvolgere almeno metà faccia e l’arto superioreo l’arto superiore e quello inferiore

• ictus sensitivo puro: deficit sensitivo, anche solo soggettivo, che deve coinvolgere almenometà faccia e l’arto superiore o l’arto superiore e quello inferiore

• ictus sensitivo-motorio: ictus sensitivo+ictus motorio

• emiparesi atassica: (incluse la sindrome della mano goffa-disartria e la sindromeatassia omolaterale-paresi crurale)

sindromi del circolo posteriore(posterior circulation syndromes o POCS)

Uno dei seguenti

• paralisi di almeno un nervo cranico omolaterale con deficit motorio e/o sensitivo controlaterale

• deficit motorio e/o sensitivo bilaterale

• disturbo coniugato di sguardo (orizzontale o verticale)

• disfunzione cerebellare senza deficit di vie lunghe omolaterale (come visto nell’emiparesi atassica)

• emianopsia isolata o cecità corticale.

I casi con disturbi di funzione corticale ed uno dei punti sopra considerati devono essere considerati POCS

sindrome completa del circolo anteriore(total anterior circulation syndrome o TACS)

Tutti i seguenti

• emiplegia controlaterale alla lesione

• emianopsia controlaterale alla lesione

• nuovo disturbo di una funzione corticale superiore (per esempio afasia o disturbo visuospaziale)

sindrome parziale del circolo anteriore(partial anterior circulation syndrome o PACS)

Uno dei seguenti:

• deficit sensitivo/motorio + emianopsia

• deficit sensitivo/motorio + nuova compromissione di una funzione corticale superiore

• nuova compromissione di una funzione corticale superiore +emianopsia

• deficit motorio/sensitivo puro meno esteso di una sindrome lacunare (per esempio la monoparesi)

• deficit di una nuova funzione corticale superiore isolata

Quando sono presenti più deficit essi devono sempre essere riferibili ad uno stesso emisfero.

Tabella 9:II – Diagnosi sindromica (topografico-patologica) dell’ictus ischemico secondo l’OCSP

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Tra i limiti della classificazione OCSP alcuni pongono:• la validazione di tale classificazione il più spesso è stata fatta per tempi di osservazione dei

pazienti tutt’altro che precoci, mentre risulterebbe scarsamente accurata in fase precoce,allorché è ben noto come i segni clinici possano evolvere nel tempo: così un paziente che inorigine presenti una ipostenia a carico dell’arto superiore destro potrebbe essere “classifi-

cato” come PACS, mentre solo un’ora dopo il coinvolgimento possibile di faccia ed artoinferiore ne fanno un LACS. Pertanto nelle fasi precoci dell’ictus risulterebbe non appro-priato considerare il deficit neurologico massimale per classificare il paziente,37 quandodecisioni terapeutiche vanno prese in funzione del quadro clinico attuale e non di quellopotenziale futuro, tuttavia, la classificazione OCSP si è dimostrata un buon predittore pro-gnostico anche quando eseguita entro 6 ore dall'evento;38

• il carente inquadramento classificativo dell’ictus sottocorticale di grandi dimensioni chenon viene considerato come tale, non potendo essere annoverato né tra i corticali né tra ilacunari. Questo fatto è di notevole importanza in quanto tale tipo di infarto è più spessodi natura embolica e deriva dall’occlusione del ramo principale dell’arteria cerebrale mediacon conservazione del territorio piale (data l’attivazione dei circoli collaterali), ciò cheorienta la decisione terapeutica verso la trombolisi.

Una ulteriore distinzione sindromica è stata proposta da Bogousslavsky et al.8,20 che hannocodificato le sindromi dei diversi rami dell’arteria cerebrale media (ACM), quelle dell’arteriacerebrale anteriore (ACA) e quelle della arteria cerebrale posteriore (ACP). Per completezzadi informazione riportiamo di seguito questi quadri sindromici con l’avvertenza, tuttavia, cheessi sono stati definiti in pazienti osservati in genere non in emergenza, quando, invece, unaserie di variabili (scarsa collaborazione da parte del paziente per ansia, o disturbo del lin-guaggio, o stato confusionale, ovvero scarsità di tempo a disposizione dell’esaminatore) nonconsente abitualmente una semeiotica così fine.

9.1.1.4 Sindromi cliniche e territori arteriosi 

L’uso di un protocollo diagnostico nel Lausanne Stroke Registry ha permesso a Bogousslavskyet al.8 di classificare correttamente l’eziologia dell’ictus nel 70% dei pazienti esaminati entrole 12 ore. L’accuratezza di tale caratterizzazione eziologica è in funzione anche della definizio-ne della sede dell’infarto dato il peculiare legame tra specifico territorio arterioso e meccani-smo responsabile del danno ischemico.

9.1.1.4.1 Arteria cerebrale media (ACM)

I segni clinici riferibili all’ischemia nel territorio della ACM sono abbastanza costanti, anchese naturalmente, essi dipendono dall’estensione dell’infarto e dalla sua localizzazione (risulta-to della distribuzione anatomica dei rami dell’arteria e dei loro collaterali). Una modalità sem-plice e basata sulla localizzazione della lesione ischemica alla TC è stata recentemente propo-sta 39 per predire l’esito dell’ictus prima della terapia trombolitica in funzione di una standar-dizzazione di “gravità” della lesione nel circolo anteriore (Tabella 9.III).

Allorché, in particolare, l’infarto è limitato al territorio dei rami piali della ACM alla TC, èpossibile documentare le seguenti sindromi:

• infarto nel territorio della arteria anteriore parietale sinistra: disturbo sensitivo all’emisomadestro;

• infarto nel territorio della arteria temporo-occipitale o temporale sinistra: afasia diWernicke, isolata o associata ad emianopsia omonima destra;

• infarto nel territorio della arteria precentrale sinistra: afasia motoria transcorticale, conparesi prossimale dell’arto inferiore e difficoltà a modificare rapidamente una sequenzamotoria (sindrome premotoria di Luria);

• infarto nel territorio dell’arteria del solco centrale di sinistra: disartria od afasia di Brocacon sindrome motoria opercolare;

• infarto nel territorio del ramo temporale destro: stato confusionale acuto con difetto per ilcampo di sinistra o eminegligenza.

9.1.1.4.2 Arteria Cerebrale Anteriore (ACA)

Molto meno frequenti delle occlusioni nel territorio della ACM, quelle che hanno luogo inquello della ACA si caratterizzano per l’associazione di:• monoparesi crurale;• mutismo all’esordio;

Capitolo 9 — Ictus acuto: fase di ospedalizzazione (diagnosi) 177

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Ictus cerebrale: Linee guida italiane

• afasia motoria transcorticale;• disturbi dell’umore;• incontinenza;• grasping;• aprassia unilaterale sinistra.

Possono anche manifestarsi emiparesi proporzionale, deficit sensitivo unilaterale, eminegli-genza o stato confusionale.

9.1.1.4.3 Arteria Cerebrale Posteriore (ACP)

I rami superficiali della ACP irrorano il lobo occipitale e mediale e le porzioni inferiori dellobo temporale. Le manifestazioni cliniche legate alla loro occlusione comprendono:• emianopsia laterale omonima;• disfunzioni complesse con alessia, acromatopsia, agnosia e alterazioni della memoria visiva;• afasia di denominazione o afasia di Wernicke isolata;• alterazioni di performance neuropsicologiche.

Talvolta, uno stato confusionale acuto o anche uno stato delirante (lesione sinistra) possono

suggerire una encefalopatia tossica o metabolica.Il coinvolgimento dei rami profondi della ACP può comportare la comparsa di infarti neiquattro principali territori arteriosi talamici (polare, talamico-subtalamico, talamogenicolato,arterie corioidee posteriori) con relative sindromi cliniche:• infarto nel territorio talamogenicolato: ictus sensitivo puro, e, più raramente, sindrome emi-

parestesico-atassica o emiparesi atassica;• infarto nel territorio polare: disfunzioni comportamentali con abulia, apatia, deficit della

memoria verbale e visiva, eminegligenza, lieve emiparesi o lieve emiipoestesia;• infarto nel territorio paramediano: diminuito livello di coscienza e paralisi di verticalità

dello sguardo, più raramente atassia, emiparesi, o emiipoestesia;• infarto nel territorio corioideo posteriore: anopsia settoriale orizzontale omonima o altri

deficit visivi e distonia (spesso ritardata di molte settimane).

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Tabella 9:III – Sindromi dell’arteria cerebrale media

Territori arteriosi Sindromi cliniche

 Arteria prefrontale sindrome frontaleemisfero dominante: afasia motoria transcorticale;emisfero non-dominante: eminattenzione motoria

 Arteria precentrale emiparesi a prevalente espressione prossimalesindrome premotoria di Luriaemisfero dominante: variante minore dell’afasia di Broca, agrafia

 Arteria del solco centrale ipoestesia cheiro-oraleemisfero dominante: disartria corticale;entrambi gli emisferi: displegia masticatoria faciolinguofaringea(sindrome di Foix-Chavany-Marie)

 Arteria parietale anteriore emiipoestesia pseudotalamicaemisfero dominante: afasia di conduzione, aprassia ideomotoria,agrafia/alessia fonemica;emisfero non-dominante: eminattenzione motoria postrolandica

 Arteria parietale emianopsia laterale o anopsia quadrante inferiore deficit sensitivo corticaleposterosuperiore/giro angolato emisfero dominante: afasia di Wernicke, alessia lessicale con agrafia, aprassia,

sindrome di Gertsmann; deficit nei movimenti di sguardo verso sinistra

emisfero non-dominante: eminattenzione o altri deficit visuo-spaziali, asomatognosia,aprassia costruttiva, atassia otticaentrambi gli emisferi: sindrome di Balint, negligenza altitudinale

 Arteria parietale emianopsia laterale o anopsia quadrante superioreposteroinferiore/temporale emisfero dominante: afasia di Wernicke, asimbolia per il dolore;

emisfero non-dominante: stato confusionale acuto, eminattenzione spaziale, delirio;entrambi gli emisferi: sordità pura per le parole, sordità corticale,comportamento di rifiuto

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9.1.1.4.4 Territori arteriosi cerebellari

Il cervelletto è irrorato dalle lunghe arterie circonferenziali che nascono dalle arterie vertebralie dalla arteria basilare ed i territori relativi (come pure i relativi deficit in caso di lesione infar-tuale) sono suddivisibili sulla base della distribuzione dei rami corrispondenti:• sindrome dell’arteria cerebellare superiore: atassia del tronco o degli arti, lateropulsione

assiale omolaterale, disartria, nistagmo, lateropulsione saccadica dei movimenti oculari;• sindrome dell’arteria cerebellare postero-inferiore (branca mediale): sindrome pseudo-

vestibolare con vertigine rotatoria, atassia del tronco, nistagmo in varie direzioni di sguar-do, dismetria dell’arto omolaterale, disartria, e (branca laterale): atassia dell’arto omolate-rale, lateropulsione assiale omolaterale, instabilità posturale;

• sindrome dell’arteria cerebellare antero-inferiore: atassia omolaterale, lateropulsione,nistagmo, segni di coinvolgimento pontino (nervo facciale, nervo trigemino).

Quadri clinici particolari sono quelli rappresentati dall’ischemia nei territori di confine (bor-der zone) fra due territori arteriosi principali (es. ACM ed ACA, ACM e ACP).

L’infarto dell’area di confine anteriore può comportare una emiparesi a prevalente espressio-ne crurale, mentre quello dell’area posteriore è associato con alterazioni campimetriche e neu-

ropsicologiche.9.1.1.4.5 Infarti del tronco dell’encefalo

Gli infarti del mesencefalo, del ponte e del bulbo hanno luogo in territori caratteristici in rela-zione a stereotipati sistemi di irrorazione. Tuttavia il capitolo relativo necessita di una eviden-te riscrittura alla luce delle evidenze ottenibili con la risonanza magnetica, che spesso mostracome presentazioni atipiche (isolati deficit dei nervi cranici, diplopia, atassia etc) non sonoinfrequenti e la relativa eziologia dovrebbe essere riconsiderata dato che lesioni vascolariprima considerate essere associate a lesioni infartuali gravi sono comunemente riscontrate ininfarti con manifestazioni cliniche a carattere di maggiore benignità.

Nella Tabella 9:IV sono riassunte le sindromi da specifica lesione del tronco encefalico cosìcome classicamente considerate.

9.1.1.5 Diagnosi di causa dell’ictus ischemico Le cause note di ictus ischemico, riunite in tre gruppi in base alla loro frequenza, sono ripor-tate in Tabella 9:V. Una classificazione dei sottotipi di ictus ischemico, in rapporto al loro mec-canismo eziopatogenetico (Tabella 9:VI) è quella proposta, specie per lo svolgimento di studi

Capitolo 9 — Ictus acuto: fase di ospedalizzazione (diagnosi) 179

stesura 15 marzo 2005

Tabella 9:IV – Sindromi da danno del tronco encefalico(da:Adams RD, Victor M, Ropper AH. Principi di Neurologia. Edizione italiana a cura di Frattola L, Nappi G, Tonali P,

 VI ediz., Vol III pag 1302, McGraw-Hill 1998; modificata)

Denominazione Sede del danno Segni clinici

s. di Parinaud regione di passaggio mesodiencefalica paralisi dei movimenti oculari coniugati verticali,paralisi di convergenza, perdita del riflessopupillare alla luce

s. di Benedikt tegmento e peduncolo del mesencefalo paralisi del III nervo cranico omolaterale,emiparesi ed emiatassia controlaterale

s. di Claude tegmento del mesencefalo paralisi del III nervo cranico omolaterale,emiatassia controlaterale

s. di Weber peduncolo del mesencefalo paralisi del III nervo cranico omolaterale,emiparesi controlaterale

s. di Foville tegmento del ponte paralisi dei movimenti oculari coniugati verso il latodella lesione, emiparesi controlaterale

s. di Millard-Gubler base del ponte paralisi del VI e VII nervo cranico omolaterale,emiparesi brachio-crurale controlaterale

s. di Wallenberg tegmento laterale del bulbo emianestesia termodolorifica della faccia, paralisidi faringe e laringe, sindrome di Bernard-Horner➀,emiatassia omolaterale; anestesia termodolorifica

dell’emisoma controlaterale; vertigines. di Goukoski-Giannuli tegmento paramediano del bulbo paralisi del XII nervo cranico omolaterale,emiparesi brachio-crurale controlaterale

➀ s. di Bernard-Horner: miosi, restringimento della rima palpebrale, enoftalmo apparente, eventualmente associatiad anidrosi e vasodilatazione dell’emivolto controlaterale.

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Ictus cerebrale: Linee guida italiane

multicentrici, dal Publication Committee dello studio Trial of ORG 10172 (danaparoid) in Acute Stroke Treatment (TOAST). L’accuratezza di tale classificazione è stata validata in unostudio prospettico dello stesso gruppo TOAST,24 ma viene ora messa in discussione in quan-to utilizzare il fattore di rischio che si presume sia tipico per la sindrome per definire la sin-drome stessa come nel TOAST, introduce un bias (come già indicato in § 9.1.1.3 a proposito

delle sindromi lacunari).34,35,40 In effetti, nello studio di validazione dei criteri TOAST la defi-nizione clinica iniziale dell’eziologia è stata confermata solo nel 62% dei casi sulla base delladeterminazione finale a tre mesi dall’evento acuto e dopo il completamento di tutte le indagi-ni di laboratorio e strumentali. Ogni sottotipo può essere identificato come probabile o pos-sibile a seconda del maggiore o minore grado di certezza della diagnosi, basato sul grado diconcordanza per la stessa dei dati clinico-strumentali (Tabella 9:VII).

Una serie di criteri per la diagnosi probabilistica dell’ictus ischemico è stata proposta dal Baltimore-Washington Cooperative Young Stroke Study.41 La classificazione proposta ha unabuona riproducibilità, per quanto, essendo stata creata per un registro dell’ictus nel giovane,essa ha dato più enfasi alle alterazioni dell’emostasi (diagnosi ad elevata priorità) rispetto agliictus lacunari (diagnosi a bassa priorità). Essendo stata disegnata per la definizione delle causenell’ictus giovanile e per la possibilità di applicarla solo in fase subacuta, tale classificazione

viene trattata per esteso nel capitolo 5 (Inquadramento diagnostico clinico).I principali meccanismi patogenetici dell’ictus ischemico sono rappresentati dall’embolismo,dall’aterotrombosi e dalla patologia dei piccoli vasi. Studi angiografici recenti, effettuati apoche ore dall’ictus hanno dimostrato come l’embolismo da una arteria prossimale o dal cuorerappresenti la causa di circa il 70%-80% degli infarti cerebrali acuti nell’ambito del circoloanteriore.42,43 Il meccanismo emodinamico legato alla trombosi della arteria carotide interna ela patologia delle piccole arterie sono nel complesso meno frequenti, nell’ordine del 20%-30%.

Va anche ricordato come spesso i fattori eziopatogenetici dell’ictus rimangano imprecisati.44

9.1.1.6 Identificazione di fattori di rischio e di patologie concomitanti che possono aiutare 

nella definizione del meccanismo fisiopatogenetico e/o nella previsione 

di complicanze mediche e/o neurologiche precoci 

La raccolta dei dati anamnestici deve riguardare anche l’eventuale presenza di quei fattori dirischio di rilevanza per il trattamento nella fase acuta dell’ictus. L’anamnesi potrà essere arric-chita successivamente con i dati necessari per impostare una prevenzione secondaria.

Dovrà quindi essere ricercata la presenza o meno di ipertensione arteriosa, diabete mellito,fibrillazione atriale, patologie valvolari cardiache, infarto miocardico pregresso, patologiebroncopolmonari, trombosi venose profonde, pregressi TIA e/o ictus e patologie medichemultisistemiche. Inoltre, considerando le cause meno frequenti di ictus si dovranno ricercareeventuali fattori precipitanti quali traumi (dissecazione), esecuzione di manovra di Valsalva(embolia paradossa), o assunzione di sostanze stupefacenti.

Un’anamnesi positiva per patologia cardiaca e/o per sintomi riferibili ad ischemia miocardicao ad aritmia, così come per eventi precedenti in territori differenti possono indirizzare versouna patogenesi cardioembolica.

Andranno inoltre registrati tipo e posologia dei farmaci eventualmente assunti, come ad esem-pio i contraccettivi orali.

L’emorragia cerebrale, responsabile dell’8%-13% di tutti gli ictus, riconosce una molteplicitàdi cause (Tabella 9:VIII).

La causa più frequente è l’emorragia intraparenchimale nelle sedi anatomiche riconosciutecome “tipiche” (nuclei della base, talamo, capsula interna, cervelletto, ponte) e correlata allapresenza di lipoialinosi e microaneurismi che colpiscono i vasi perforanti nei pazienti ipertesi.Le localizzazioni “atipiche”, lobari, sono più frequentemente associate a cause diverse dall’i-pertensione. Tuttavia nella maggior parte dei pazienti si registra una concomitanza di fattoridi rischio che, sia pure singolarmente di minore importanza, possono nell’insieme essere deci-sivi in presenza di un fattore maggiore (Tabella 9:IX).

Tuttavia l’incidenza delle diverse cause e, quindi l’importanza dei diversi fattori, varia a secon-

da dell’età (Tabella 9:X). In linea di principio, le malformazioni arterovenose sono la causa pri-maria nel giovane; le patologie degenerative dei piccoli vasi (lipoialinosi e microaneurismi),correlate all’ipertensione arteriosa, rappresentano la causa principale nei soggetti di mezza etàe negli anziani; l’angiopatia amiloide è una causa rilevante negli anziani.

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Capitolo 9 — Ictus acuto: fase di ospedalizzazione (diagnosi) 181

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Tabella 9:V – Elenco delle cause note di ictus ischemico

Cause più comuni vasculopatia ateroscleroticaocclusione delle piccole arterie (TIA o ictus lacunare)cardioembolia – embolia transcardiaca

Cause meno frequenti disordine ematologico/altre cause specificabiliictus emicranicocontraccettivi orali od estrogenifarmaci (non estro-progestinici)

Cause inusuali vasculopatie infiammatorie primarie arterite a cellule gigantiarterite di TakayasuLupus eritematoso sistemicosindrome di Sneddonvasculiti necrotizzanti sistemichepoliarterite nodosasindrome di Churg-Straussgranulomatosi di Wegenerartrite reumatoidesindrome di Sjögrenmalattia di Behçetpolicondrite recidivantesclerodermia

sarcoidosiarterite isolata del sistema nervoso centralemalattia di Bürger

vasculopatie infiammatorie secondarie infezionifarmaciradiazionimorbo celiacomalattie infiammatorie intestinali

anomalie congenite displasia fibromuscolareinginocchiamenti, kinking della carotide, dolicoectasiadella basilaresindrome di Ehlers-Danlospseudoxantoma elasticosindrome di Marfanmalformazioni arterovenose

vasculopatie traumatiche dissecazione carotideavarie morso di serpente

embolia grassa/gassosaCADASIL (Cerebral Autosomal Dominant Arteriopathy with Subcortical Infarcts and Leucoencephalopaty )sclerosi tuberosaneurofibromatosianeurismivasculiti necrotizzanti sistemiche

Tabella 9:VII – Sottotipi di ictus ischemico e correlati clinico-strumentali (criteri del TOAST, 1993)

Caratteristiche aterosclerosi cardio- lacunare altridei TSA embolismo

Cliniche disfunzione corticale o cerebellare + + – +/–

sindrome lacunare – – + +/–

Neuroradiologiche infarto corticale, cerebellare o subcorticale >1,5 cm + + – +/–

infarto subcorticale o del tronco encefalico <1,5 cm – – +/- +/–Indagini strumentali stenosi della carotide interna extracranica + – – –

sorgente cardioembolica – + – –

altre anomalie – – – +

Tabella 9:VI – Classificazione su base fisiopatologica dei sottotipi dell’ictus ischemico (criteri del TOAST, 1993)

 Aterosclerosi dei vasi di grosso calibro

Cardioembolia (possibile/probabile)

Occlusione dei piccoli vasiIctus da cause diverse

Ictus da cause non determinate a. identificazione di due o più causeb. valutazione negativac. valutazione incompleta

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Tabella 9:VIII – Cause di emorragia Intraparenchimale

Da: Warlow CP, Dennis MS, Van Gijn J, Hankey GJ, Sandercock PAG, Bamford JM,Wardlaw J. Ictus cerebrale -Condotta clinica basata sull’evidenza. Mc Graw Hill Libri Italia 1998 (modificata)

 A. cause di emorragia intraparenchimale primitiva

1. fattori anatomici: modifiche o malformazioni dei vasi sanguigni cerebrali

a. lipoialinosi e microaneurismi in piccoli vasi perforantib. malformazioni artero-venosec. aneurismi sacciformid. angiopatia amiloidee. trombosi venosa intracranicaf. microangiomig. malformazioni durali arterovenoseh. arteriti settiche o aneurismi micoticii. sindrome Moya-Moya

 j. dissecazione arteriosak. fistole carotido-cavernose

2. fattori emodinamicia. ipertensione arteriosab. emicrania

3. fattori emostaticia. farmaci anticoagulantib. farmaci antiaggregantic. trattamento tromboliticod. emofiliae. leucemia e trombocitopenia

4. altri fattoria. tumori intracerebralib. alcoolc. amfetamined. cocaina e altri farmaci simpaticomimeticie. vasculi ti

B. cause di emorragie intraparenchimali multiple

a. angiopatia amiloide

b. trombosi venosa intracranicac. trattamenti trombolitici

d. metastasi (melanomi, carcinomi bronchiali, carcinomi renali, coriocarcinomi)

e. vasculiti cerebrali

f. coagulazione intravascolare disseminata

g. alterazioni emostatiche

h. leucemia

i. ferite nascoste al capo

Tabella 9:IX – Fattori di rischio prevalentemente coinvolti nell’emorragia cerebrale

• Età

• Razza (asiatici, ispano-americani, neri)

• Ipertensione arteriosa

• Fumo di sigaretta

• Bassi livelli di colesterolemia

• Abuso di alcol

• Droghe (cocaina, amfetamine)

• Farmaci anticoagulanti

• Farmaci antiaggreganti• Trattamento trombolitico

• Malattie dell’emostasi (emofilia, leucemia, trombocitopenia)

• Cirrosi epatica

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9.1.1.7 Esame obiettivo generale 

L’esame obiettivo generale deve essere focalizzato alla valutazione del sistema cardiocircolato-rio al fine di identificare le possibili cause di ictus e le possibili complicanze cardiovascolari.

Devono essere valutati i seguenti parametri:

• pressione arteriosa ad entrambi gli arti superiori;• auscultazione a livello cardiaco ed in regione cervicale e sottoclavicolare;• palpazione bilaterale del polso femorale, popliteo e pedidio.

9.1.2 Fattori prognostici

Lo studio dei fattori prognostici dell’ictus in fase acuta rappresenta uno degli argomenti dimaggiore rilevanza clinica e la letteratura più recente ha identificato molti elementi apparen-temente in grado di predire l’esito anche in queste fasi.

Sono stati in particolare studiati l’età, la presenza di alterazioni dello stato di coscienza, la gra-vità dei deficit neurologici, la presenza di un deficit coniugato di sguardo, una coesistentepatologia cardiaca, l’esistenza di alterazioni neuro-psicologiche, la presenza di diabete, il tipostesso di ictus.45-51

Tuttavia, il valore predittivo di questi fattori rimane alquanto controverso. Allo stesso modo,scale cliniche quantitative, come lo Allen score,52 la Canadian Neurological Scale,53 la National  Institutes of Health Stroke Scale (NIHSS),54 tra molte altre,55 hanno documentato vari gradi dicorrelazione con differenti scale di esito.

Capitolo 9 — Ictus acuto: fase di ospedalizzazione (diagnosi) 183

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lobare

1 MAV o microangiomi2 aneurisma sacciforme➁

3 tumore

4 trombosi venosa intracranica➂

(5) amfetamina/cocaina

1 lipoialinosi o microaneurismi➀2 MAV o microangiomi

3 aneurisma sacciforme➁

(4) tumore

(5) angiopatia amiloide

6 trombosi venosa intracranica➂

7 endocardite infettiva➃

1 lipoialinosi o microaneurismi➀

2 angiopatia amiloide3 aneurisma sacciforme➁

4 tumore

5 MAV o microangiomi

6 trombosi venosa intracranica➂

7 endocardite infettiva➃

nuclei della base/talamo

1 MAV o microangiomi2 lipoialinosi o microaneurismi➀

3 sindrome moya moya

(4) amfetamine e cocaina

1 lipoialinosi o microaneurismi➀2 MAV o microangiomi

3 sindrome moya moyaaterosclerotica

1 lipoialinosi o microaneurismi➀

(2) tumore(3) MAV o microangiomi

cervelletto/tronco

1 MAV o microangiomi2 lipoialinosi o microaneurismi➀

3 tumore

1 lipoialinosi o microaneurismi➀2 MAV o microangiomi

(3) tumore

(4) angiopatia amiloide

1 lipoialinosi o microaneurismi➀

2 angiopatia amiloide3 aneurisma sacciforme➁

4 MAV o microangiomi

età (anni)

fino a 50

50-69

70 e oltre

MAV malformazione arterovenosa( ) se il numero è fra parentesi l’ordine non è certo

➀ lipoialinosi o microaneurismi correlati ad ipertensione arteriosa

➁ ematomi localizzati in aree specifiche

➂ ematoma generalmente situato nelle regioni parasagittali

➃ in presenza di anamnesi positiva per valvulopatie

Tabella 9:X – Probabilità a priori per cause strutturali di emorragia intracranica primitiva a seconda dell’età delpaziente e della localizzazione dell’ematoma (esclusi coagulopatie e farmaci)

Da: Warlow CP, Dennis MS, Van Gijn J, Hankey GJ, Sandercock PAG, Bamford JM,Wardlaw J. Ictus cerebrale –condotta clinica basata sull’evidenza. Mc Graw Hill Libri Italia 1998 (modificato)

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Ictus cerebrale: Linee guida italiane

9.1.2.1 Fattori demografici  

L’età è risultata in vari studi come fattore prognostico indipendente,56 sebbene non vi sia unacompleta concordanza sul suo effettivo peso.47,57 In alcuni studi, infatti, l’età si è dimostrataun fattore prognostico negativo,42,58,59 in altri ininfluente, specie sugli esiti funzionali dell’ic-tus, ed in altri ancora clinicamente rilevante nelle fasi precoci, ma non a 3 mesi.60 L’età sem-bra tuttavia influenzare significativamente l’esito, in particolare in termini di disabilità residua,valutata con la scala di Barthel, e non tanto di esito neurologico, misurato con la ScandinavianStroke Scale.61 Tali elementi suggeriscono una scarsa capacità di compenso nei pazienti anzia-ni e ribadiscono l’importanza di orientare le attività assistenziali e riabilitative, e verificarnel’efficacia, sulla base della funzionalità nelle attività della vita quotidiana piuttosto che sui defi-cit neurologici residui.

L’esito peggiore può essere spiegato dall’elevata frequenza, nel paziente anziano, di complica-zioni tardive, come anche dall’elevata incidenza di altre manifestazioni a carattere sistemicoche possono comprometterne il recupero. Nello studio NINDS sull’r-tPA i pazienti anzianisembravano avere analoghi benefici dal trattamento rispetto ai giovani,62 tuttavia l’esito deipazienti con deficit neurologico più grave e di età superiore ai 75 anni era costantemente menobuono (NIHSS >20). Nel Copenhagen Stroke Study, nei casi di ictus grave, l’età si è dimostra-ta inversamente correlata ad un buon esito.56 È stata anche osservata una significativa correla-zione tra età, esiti, e complicanze emorragiche da trombolitici: i pazienti anziani sembranoavere meno probabilità di andare incontro ad un buon esito anche dopo la somministrazionedi tPA.63,64 La frequenza di emorragie intraparenchimali era pari al 7% tra gli ultrasessanten-ni e dell’1,6% al di sotto dei 60 anni di età.65 L’unica condizione nella quale l’età sembra svol-gere un ruolo “favorevole” (quoad vitam) è rappresentata dall’infarto massivo nel territoriodella ACM, in quanto l’atrofia legata all’età sembra talora ridurre l’effetto massa dovuto all’e-dema associato.66

Mentre alcuni studi hanno trovato un’associazione tra sesso maschile ed esito peggiore,67 inaltri non è stata documentata alcuna differenza significativa tra i due sessi. 63,64,68 Studi speri-mentali hanno documentato infarti di minori dimensioni nel sesso femminile, verosimilmenteper un effetto di neuroprotezione svolto dagli estrogeni.69 Nessuna differenza significativa è

stata inoltre osservata in rapporto alla razza in termini di esiti, anche se sono necessari studidettagliati in proposito.70

9.1.2.2 Fattori di rischio vascolari 

I due fattori di rischio considerati avere una sicura influenza sull’esito sono la storia di prece-denti ictus e la fibrillazione atriale. Una storia di ictus pregressi è abitualmente associata aduna più alta probabilità di morte o dipendenza,59,71 mentre gli ictus in pazienti con fibrillazio-ne atriale sono abitualmente più gravi,72 più disabilitanti,73 ed associati ad una più elevata mor-talità.74,75 Inoltre negli ictus associati a fibrillazione atriale è stata dimostrata una durata mag-giore della degenza ed una ridotta frequenza di dimissioni a domicilio.76

9.1.2.3 Fattori clinici e strumentali 

Un importante fattore prognostico negativo è rappresentato dalla iniziale compromissionedello stato di coscienza.51 Anche la deviazione coniugata di sguardo è risultata associata ad unesito peggiore.77 Tuttavia la predittività di questo segno clinico sembra dipendere dall’emisfe-ro colpito: essa è infatti associata per lo più a lesioni di piccole dimensioni a carico dell’emi-sfero destro, mentre se queste sono a carico dell’emisfero sinistro sono abitualmente di dimen-sioni maggiori e coinvolgono l’intera regione fronto-temporale.77 Infine, la cefalea, la nausea,il vomito possono predire un esito peggiore nelle forme più gravi di ictus, essendo in relazio-ne con l’estensione dell’edema cerebrale.66

Una rilevante correlazione fra valori di pressione arteriosa e dimensioni della lesione infartua-le è stata dimostrata nell’animale da esperimento, nel quale la riduzione della pressione arte-riosa comporta un incremento dell’area infartuale.79 Studi clinici sugli effetti della riduzionedella pressione arteriosa nella fase acuta dell’ictus hanno dimostrato un decremento del flus-so ematico cerebrale a livello dell’area infartuata,80 e, in uno studio di neuroprotezione connimodipina, all’effetto ipotensivo di questo farmaco è stata attribuita un’elevata mortalità a tremesi.81 Al contrario, una pressione eccessivamente elevata può avere un effetto negativo alungo termine sulla barriera emato-encefalica,82 e favorisce la trasformazione emorragica della

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lesione infartuale, come anche dimostrato negli studi con trombolitici,83,84 e contribuisce adeterminare lo sviluppo di un edema cerebrale fatale in presenza di lesioni a carico del circo-lo anteriore.66

Una bassa temperatura corporea nella fase acuta dell’ictus è risultata essere un fattore predit-tivo di buon recupero funzionale. In modelli sperimentali il trattamento post-ischemico conipotermia è risultato neuroprotettivo ed in grado di migliorare l’esito, 85 mentre l’ipertermiapeggiora l’ischemia cerebrale. In uno studio prospettico su 390 pazienti ammessi in ospedaleentro le prime 6 ore dall’ictus, la temperatura corporea iniziale è stata considerata insieme allagravità iniziale dell’ictus, alla dimensione dell’infarto, alla mortalità e all’esito funzionale neisopravvissuti.25 La mortalità era inferiore e l’esito migliore nei pazienti normotermici o conipertermia lieve all’ingresso, rispetto a quelli con valori elevati di temperatura, indipendente-mente dalla gravità dell’infarto: per incrementi di un grado di temperatura il rischio relativodi un esito peggiore saliva di circa 2 volte.

Le manifestazioni convulsive, relativamente frequenti in fase acuta (riportate in proporzionevariabile dal 2,5% al 5,7% entro i primi 14 giorni dall’ictus), non appaiono correlate alla mor-talità, e risultano essere un fattore predittivo di esito funzionale migliore.86

Usando la scala di Rankin per la valutazione dell’esito funzionale in tutti i primi ictus osserva-ti tra il 1985 ed il 1989 nell’ambito del  Rochester Epidemiology Project, Petty et al.87 hannopotuto osservare come la disabilità fosse diversa in fase acuta, a tre mesi e ad 1 anno dall’ictusa seconda dei sottotipi clinici considerati: i pazienti con infarto lacunare presentavano unadisabilità di grado significativamente minore rispetto agli altri sottotipi di ictus (infarto car-dioembolico, aterotrombotico o da causa incerta). In questo studio il sottotipo di ictus era undeterminante indipendente di recidiva nei primi 30 giorni (ma non nel follow-up a 5 anni). Lamortalità a 5 anni, ma non quella a 30 giorni, era significativamente più elevata tra gli ictus car-dioembolici (80,4%) rispetto a quelli aterotrombotici (32,2%), ai lacunari (35,6%) e a quellidi eziologia incerta (48,6%) ed il sottotipo diagnostico rappresentava un determinante indi-pendente della sopravvivenza a lungo termine.

In uno studio condotto su 347 pazienti consecutivi con presumibile ictus cardioembolico, la

frequenza delle recidive era del 6%. La latenza di recidiva era di 12,1 giorni. La mortalità glo-bale intraospedaliera era del 70,3% nel gruppo di soggetti con recidiva di embolizzazione edel 24,4% nel gruppo dei pazienti in cui ciò non avveniva. Fattori predittivi della embolizza-zione erano l’abuso di alcolici, la combinazione di fattori di rischio come l’ipertensione, pato-logia valvolare cardiaca, la fibrillazione atriale, la presenza di nausea e vomito e precedentiinfarti cerebrali.88

Un capitolo di notevole interesse nello studio di predittori di esito è dato da evidenze recentile quali hanno dimostrato come una buona aderenza alle linee guida diagnostico-terapeuticheformulate dall’ American Heart Association adattate ad uno studio di fase acuta e postacutamigliora significativamente la prognosi a sei mesi non solo in termini di mortalità, ma anche didisabilità (misurata con la scala di Barthel), di costi diretti ed indiretti, in qualche modo modi-ficando sostanzialmente i punteggi ottenuti con la scala di qualità della vita Short Form 36 

(SF36).89

Questo dato dimostrerebbe come un approccio uniformemente basato sulla“buona” pratica clinica sia di per sé in grado di migliorare sostanzialmente i parametri più dif-ficilmente modificabili nel trattamento dell’ictus ischemico a prescindere dai suoi sottotipidiagnostici.

Il miglioramento neurologico nell’ambito delle prime 48 ore, come anche il deterioramento,sono stati ampiamente studiati alla ricerca dei meccanismi fisiopatogenetici e di eventuali fat-tori predittivi.90-93 L’incremento o il decremento, nel corso delle prime 48 ore, di uno o piùpunti alla Canadian Neurological Scale (CNS) definiva lo early improving o lo early progressing(o early deteriorating) stroke. Fattori predittivi indipendenti di miglioramento precoce erano,in una regressione logistica che teneva conto dei fattori di rischio vascolare, dei dati clinici estrumentali (TC) di base e delle terapie somministrate, l’età più giovane, il più basso punteg-gio alla CNS e l’assenza di ipodensità precoce alla TC. Tra quanti erano stati sottoposti all’e-

same angiografico in fase acuta, il miglioramento precoce era anche predetto dalla pervietà deivasi studiati e dalla presenza di un buon circolo collaterale di compenso. 91 Definito da undecremento, nella Scandinavian Neurological Stroke Scale (SSS), di almeno 2 punti nella valu-tazione dello stato di coscienza o della capacità motoria, o di almeno 3 punti nel linguaggio,

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Ictus cerebrale: Linee guida italiane

nel corso delle prime 24 ore, lo early progressing stroke aveva quali fattori prognostici favo-renti: l’ipodensità focale alla TC, l’iperdensità dell’arteria cerebrale media, l’instaurazione tar-diva del trattamento farmacologico, una anamnesi positiva per coronaropatia e diabete, unaipodensità alla TC (a 24 ore) maggiore del 33% nel territorio della arteria cerebrale media conrelativa estensione dell’edema cerebrale. Definito dagli stessi criteri, rilevati tra le prime 24 ore

e i primi 7 giorni dall’ictus, il late progressing stroke era osservabile nel 20,3% dei pazienti e sicaratterizzava, invece, per un grave deficit neurologico all’ingresso, un importante edema cere-brale ed ancora per l’età più avanzata dei soggetti colpiti.93

Anche la gravità iniziale dei deficit neurologici, misurata tramite scale standardizzate (CNS,SSS o la National Institutes of Health Stroke Scale – NIHSS), presenta una buona correlazio-ne con i dati di esito.66 Valori basali di NIHSS di almeno 20 con lesione emisferica sinistra, odi almeno 15 con infarto emisferico destro entro le prime 6 ore, associati a sintomi come nau-sea e vomito e ad ipodensità nel territorio della ACM superiore al 50%, depongono per unesito sfavorevole per la sopravvivenza a causa della elevata frequenza di comparsa dei segni esintomi di impegno cerebrale (essendo l’edema ischemico associato, nella cosiddetta “sindro-me maligna della arteria cerebrale media”, ad una mortalità pari all’80% dei casi). 94

Di interesse, nella descrizione dei fattori prognostici, appaiono alcune indagini strumentalidiverse dalla TC che presenta una scarsa sensibilità, nell’ambito delle prime 48 ore, nella valu-tazione prognostica precoce.95 Uno studio comparativo condotto con SPECT con 99mTc-HMPAO (Tc-esametilpropilamina ossima), scale neurologiche (Rankin, CNS) e sottotipi cli-nici di ictus (classificazione OCSP) ha dimostrato una significativa correlazione tra punteggioalla Rankin e grado e dimensioni della area di ipoperfusione alla SPECT (maggiori tra i sog-getti con esito clinico peggiore). Le dimensioni dell’area di ipoperfusione rappresentavano unbuon fattore predittivo dell’esito funzionale, mentre solo il punteggio alla CNS era significati-vamente predittivo della sopravvivenza. Effettuata, come in questo studio, tra le prime 12 e 36ore, la SPECT mostrava una elevata sensibilità (67%) rispetto alla TC (29%) come fattoreprognostico.96

L’accuratezza nella definizione precoce dei sottotipi diagnostici è accresciuta dall’approcciostrumentale multimodale con RM e angio-RM. La Risonanza Magnetica in Diffusione (DWI),in particolare, ha notevolmente migliorato l’accuratezza diagnostica della fase acuta e, relati-vamente alla descrizione topografica dell’infarto, ha consentito di:a. distinguere gli infarti lacunari classici (con lesioni di diametro inferiore a 1,5 cm) dagli

infarti maggiori;b. determinare quando sindromi lacunari non tipiche sono da attribuire a infarti piccoli e

profondi più che a lesioni di maggiori dimensioni;c. individuare lesioni acute multiple in più di un territorio vascolare in pazienti con una sola

lesione sintomatica, ciò che può essere indicativo di cardioembolismo;d. individuare la lesione acuta sintomatica fra numerose, croniche lesioni profonde o anche

corticali.

La RM si è dimostrata in grado di migliorare le potenzialità delle due principali categorie dia-gnostiche rappresentate dal TOAST e dall’OCSP. In particolare, nella categoria TOAST deigrandi infarti atero-trombotici, la sensibilità ed il valore predittivo positivo iniziale passavanodal 56% e dall’83% all’89% e al 100% rispettivamente, con la sola angiografia mediante riso-nanza magnetica (angio-RM); al 56% e al 100% con la diffusione sola, e all’89% e al 100%con la combinazione di angio-RM e DWI. Nella categoria degli infarti nel territorio dei pic-coli vasi questi valori con la sola classificazione TOAST erano pari al 35% e 73% e salivanoal 35% e 80% con la sola angio-RM, al 96% e 92% con la DWI e al 100% e 96% con angio-RM e DWI insieme.97 Questi dati aggiungono altre evidenze, sempre più convincenti, sulla uti-lità di queste metodiche nella valutazione dell’ictus ischemico acuto 98,99 e nella utilità dellaDWI in fase acuta nella descrizione volumetrica della lesione come fattore predittivo dell’esi-to funzionale.100-102

9.1.2.4 Scale di valutazione neurologica in fase acuta 

Tra i fattori clinici, la gravità dell’ictus rappresenta un importante fattore predittivo dell’esitofunzionale.55 Molte scale sono state sviluppate in questi anni con lo scopo di misurare tale gra-vità e di monitorarne l’evoluzione nel tempo anche ai fini della definizione prognostica.

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La Barthel e la Rankin modificata rappresentano due tra le più usate scale di misurazione del-l’autonomia e della dipendenza nello svolgimento delle attività quotidiane. Esse sono usateabitualmente per valutare gli esiti, ma possono essere applicate anche precocemente.

La Scala di Barthel (o Barthel Index: BI) rappresenta la misura universalmente accettata per lavalutazione dell’autonomia; presenta una forte validità ed affidabilità ed è appropriata per loscreening, la valutazione formale, il monitoraggio. Richiede pochi minuti di osservazione delpaziente da parte dell’operatore (medico o non) ed esplora 10 item pesati concernenti tutte lepossibili attività quotidiane (mangiare, lavarsi, vestirsi, spostarsi dalla sedia al letto, mobilità,capacità di salire le scale etc). Nel complesso si tratta di una breve scala ordinale il cui pun-teggio totale esprime le richieste di assistenza nelle attività della vita quotidiana e varia da unpunteggio 0 (totalmente dipendente) a un punteggio 100 (totalmente indipendente).103

La Scala di Rankin 104 rappresenta uno strumento di valutazione in 5 punti che categorizza ipazienti in base alla loro capacità di effettuare attività precedentemente svolte e la loro richie-sta eventuale di assistenza. La sua forma modificata usa una scala a 6 punti (0-5), contem-plando anche i pazienti con assenza di sintomi.105 Nella sua versione modificata ha una discre-ta riproducibilità tra osservatori.

Relativamente agli studi clinici nei quali queste scale sono state applicate e successivamentevalutate,106 si sono osservate notevoli differenze nella definizione di esito favorevole sia nel-l’una che nell’altra scala. In generale sembra più appropriato parlare di esito sfavorevole, chegeneralmente viene riferito ad una delle seguenti evenienze: morte, istituzionalizzazione acausa dell’ictus, Rankin modificato maggiore o uguale a 3 e BI minore di 60.

Le più usate scale di valutazione del deficit neurologico, in genere molto più accurate nellavalutazione degli ictus di gravità media rispetto a quelli di gravità maggiore, sono le seguenti.1. La National Institutes of Health Stroke Scale è una misura quantitativa del deficit neurolo-

gico correlato all’ictus dotata di validità ed affidabilità non solo in ricerche cliniche pro-spettiche,107,108 ma anche in valutazioni retrospettive sull’esito.109 Comprende 15 item conscore a 3 o 4 punti (42 punti totali: NIHSS=0 esame normale; NIHSS 1-7 deficit neurolo-gici lievi; NIHSS 8-14 deficit moderati; NIHSS ≥15 deficit gravi) ed esplora lo stato di

coscienza, la visione, i movimenti extraoculari, la paralisi del facciale, la forza degli arti, l’a-tassia, la sensibilità, la parola ed il linguaggio. Il tempo di somministrazione è in media 10minuti; si tratta di una scala di facile somministrazione, anche da parte di non neurologi.Ha una buona affidabilità, per quanto manchi di esplorare la disfagia. Trova le sue indica-zioni nello screening in fase acuta, nella valutazione successiva e nel monitoraggio e pertan-to si presta a valutazioni seriate per quantificazione del miglioramento o del peggioramen-to del quadro neurologico.54 Ha una buona correlazione con il volume dell’infarto cerebraleed una buona relazione predittiva con la TC a distanza di 7 giorni, oltre che con l’esito cli-nico a tre mesi.110 Una importante dicotomia è stata osservata a carico della NIHSS neipazienti a rischio per lo sviluppo di edema cerebrale fatale nelle lesioni del circolo anterio-re, con esordio entro le 6 ore: il valore all’NIHSS era uguale o superiore a 15 in casi di lesio-ne a carico dell’emisfero destro o di 20 o più in caso di lesioni dell’emisfero sinistro.66

Punteggi superiori a 10 sono stati correlati ad un esito peggiore rispetto a quelli con pun-teggio minore di 13,111 oltre che alla possibilità che l’evento ischemico sia correlato ad unapatologia/occlusione dei grossi vasi arteriosi, mentre in un altro studio 112 pazienti con pun-teggio inferiore od uguale a 7 presentavano una probabilità pari al 45% di essere funzio-nalmente normali nel corso delle prime 48 ore, mentre solo il 2,5% dei casi con valore supe-riore a 7 erano funzionalmente normali allo stesso tempo.Tra le caratteristiche peculiari di questa scala di valutazione vi è senza dubbio la sua bre-vità, la possibilità di venire somministrata a pazienti anche non coscienti, e quello relativoalla possibilità che essa venga somministrata da non neurologi, mentre un aspetto nel com-plesso negativo attiene alla omissione da parte della NIHSS di dati concernenti la disfagia.La versione italiana dell’NIHSS, It-NIHSS è stata realizzata e validata dal Dipartimento diScienze Neurologiche e dall’Agenzia di Sanità Pubblica della regione Lazio nel 2003.113 Adoggi più di mille operatori hanno frequentato i corsi ECM (accreditati dal Ministero della

Salute) per ottenere la certificazione NIHSS.2. La Canadian Neurological Scale (CNS) utilizza 8 item con score a 3 punti. Esplora lo statodi coscienza, l’orientamento, il linguaggio, la funzione motoria, il deficit facciale. È utiliz-zabile nelle stesse condizioni dell’NIHSS, ha la peculiarità di essere breve (il tempo di

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Ictus cerebrale: Linee guida italiane

somministrazione è di soli 5 minuti). Inoltre gli intervalli delle singole scale sono relativa-mente poco sensibili alle modifiche del quadro neurologico.114 Una peculiarità di questascala è la sua forte correlazione con l’esito anche in funzione del fattore età. Pazienti di etàsuperiore a 70 anni con uno score alla CNS inferiore a 4,5 all’ingresso presentavano unaprobabilità di disabilità o morte a 4 mesi pari a circa il 90%.92

La CNS esclude sintomi come l’atassia, i deficit campimetrici e la motilità oculare; nel com-plesso è anche poco sensibile nelle valutazioni seriate dello stesso paziente in fasi diverse dimalattia.

3. La Scandinavian Neurological Stroke Scale (SSS)115 si presta alla valutazione in fase acuta deldeficit neurologico. Si tratta di una scala a 9 voci che comprende sia un punteggio progno-stico che un punteggio a lungo termine. Lo score massimo ottenibile, equivalente alla nor-malità, è di 58 per il punteggio prognostico e 48 per quello a lungo termine. Il punteggioprognostico include misure relative allo stato di coscienza, alla paralisi dello sguardo, e all’i-postenia degli arti. È strutturata in modo da stratificare i pazienti in diversi gruppi, a secon-da della loro prognosi per la sopravvivenza. Il punteggio a lungo termine è indicato nellafase di  follow-up per effettuare ripetute valutazioni del paziente al fine di evidenziare ilrecupero o l’eventuale deterioramento neurologico. Il punteggio a lungo termine non inclu-

de lo stato di coscienza o la paralisi dello sguardo, ma comprende la forza degli arti, l’afa-sia, la paresi faciale, l’orientamento e la deambulazione. La SSS è la sola scala che utilizzaun punteggio separato per valutare l’esito clinico a lungo termine; nella fase acuta la suasemplicità d’uso la rende un facile strumento per la somministrazione anche da parte di nonneurologi oltre che da personale infermieristico “dedicato”.

Nel complesso appare che i gradi maggiori di affidabilità siano da attribuire alla NIHSS ed allaSSS, somministrabili in fase acuta non solo da parte del neurologo ma anche dal non neuro-logo e dal personale non medico. La validità dimostrata tra esaminatori ne fanno due scaleproponibili nella valutazioni del deficit neurologico del paziente con ictus in fase acuta.

9.1.2.5 Modelli prognostici  

Nel corso degli anni, soprattutto recenti, sono stati messi a punto e, spesso, validati dei model-li prognostici che fossero predittivi dell’esito di un ictus. I modelli più utili e più comunementeutilizzabili sono quelli che prescindono totalmente dai risultati di indagini strumentali chepossono non essere ovunque disponibili (p.es. RM-DWI), anche se questi modelli possonoavere sensibilità e specificità elevata (in questo campo, si considera per ora “elevata” una sen-sibilità e specificità nell’ordine del 75%-85%).116,117

Tuttavia, anche modelli che utilizzano i predittori più semplici – il predittore ideale di un algo-ritmo clinico deve essere di facile raccolta, clinicamente rilevante ed affidabile 118,119 – posso-no ottenere risultati ugualmente, se non più accurati (dato che i valori dei predittori sono piùfacilmente accessibili) rispetto a quelli più complessi. Un algoritmo (SSV – Six SimpleVariables) sviluppato a partire dai dati dello OCSP 121 e validato sui dati del SEPIVAC,122 delPerth Community Stroke Study 123 e, successivamente, del FOOD 124 utilizza sei predittori perdeterminare la probabilità di sopravvivenza a 30 giorni e di sopravvivenza indipendente a 6mesi (Tabella 9:XI; il modello può essere utilizzato on-line accedendo al sitohttp://www.dcn.ed.ac.uk/model/models.asp). Questo modello, derivato da variabili semplicie rilevabili con un buon accordo tra osservatori,125 ha una curva ROC con AUC attorno a 0,85per l’ictus non emorragico, e attorno a 0,80 per l’ictus emorragico, anche se fornisce predizionieccessivamente ottimistiche verso l’estremo positivo e può non essere abbastanza accurato neisoggetti giovani. Altri modelli considerano anche i risultati delle scale neurologiche, ma senzamiglioramenti sostanziali del profilo della curva ROC.126

Analoghi algoritmi sono stati sviluppati anche per stimare la prognosi dell’ictus emorragico,tra i quali uno relativamente semplice (punteggio ICH)127 è costruito su:

GCS ..........................................3-4: 2 punti 5-12: 1 punto 13-15: 0 puntietà ....................................≥80 anni: 1 punto <80 anni: 0 puntivolume dell’emorragia........≥30 ml: 1 punto <30 ml: 0 punti

presenza di emorragia intraventricolare 1 puntoorigine infratentoriale 1 punto.

Il rischio di morte a 30 giorni cresce linearmente con il punteggio totale. Questo algoritmo èdisponibile con diverse varianti.128

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Sono anche stati sviluppati modelli per stimare la sopravvivenza a 1 anno, 129 nonché per lastima del recupero funzionale,130,131 ma la loro affidabilità è ancora da valutare in manieraaccurata.132

Va tuttavia sottolineato che l’uso di questi algoritmi, di notevole utilità negli studi epidemio-

logici e capaci di fornire un’informazione aggiuntiva al quadro clinico del malato, non puòsostituire l’approccio clinico alla gestione del singolo malato finché il loro impatto sulla curadel paziente e sul successivo esito sia stato valutato accuratamente e riscontrato favorevole.133

9.2 DIAGNOSTICA DI LABORATORIO E CARDIOVASCOLARE

9.2.1 Diagnostica di laboratorio

All’arrivo in ospedale il paziente con sospetto ictus acuto deve essere sottoposto ad esami dilaboratorio di screening.7,134-136

Gli esami ematologici di routine permettono, in prima battuta, l’individuazione di alcuni deglistati patologici ormai ben definiti come fattori di rischio, più o meno forti, di malattia cere-brovascolare, (diabete, stati infettivo-infiammatori) nonché di alcune patologie (collagenopa-tie, coagulopatie) da indirizzare verso accertamenti specifici.All’arrivo in ospedale di un paziente con sospetto ictus ischemico sono raccomandati i seguen-ti esami:1. esame emocromocitometrico con piastrine;2. glicemia;3. elettroliti sierici (Na, K, Cl, Mg, Ca);4. creatininemia;

 5. azotemia (azoto ureico, eventualmente solo ai fini del calcolo dell’osmolalità plasmatica);6. proteine totali, bilirubina, transaminasi;7. tempo di protrombina (PT);8. APTT;9. fibrinogenemia;10. emogasanalisi arteriosa (se turbe dello stato di coscienza e/o sospetto di ipossiemia);11. esame delle urine;12. esami tossicologici (solo in alcune circostanze);13. esame del liquor (solo in alcune circostanze).

Raccomandazione 9.4 Grado D

 All’arrivo in ospedale di unpaziente con sospetto ictus cere-brale è sempre indicata l’esecu-zione dei seguenti esami di labo-

ratorio: esame emocromocitome-trico con piastrine, glicemia, elet-troliti sierici, creatininemia, azotoureico, proteine totali, bilirubina,transaminasi, tempo di protrom-bina, APTT.

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predittoresopravvivenza indipendente

(Rankin modificata <3) a 6 mesisopravvivenza a 6 mesi vivo e a domicilio a 6 mesi

età all’esordio (anni) A età × –0,051 (età-70) × 0,034 età × –0,050

vive da solo(nessuno che vivesse permanentementecon il paziente prima dell’ictus)

Bsì/non noto +0,661

no +1,332sì/non noto +0,406

sì/non noto +1,182

no +2,364

indipendente nelle attivitàdella vita quotidiana prima dell’ictus

Csì/non noto -2,774

no -5,488sì/non noto -0,501

sì/non noto -1,167

no -2,334

GCS (verbalizzazione) normale(=5, cioè può parlare ed è orientato neltempo, nello spazio e nella persona)

Dsì -2,160

no/non noto -4,320sì -0,776

sì -1,175

no/non noto -2,350

capace di sollevare entrambe le bracciaa 90° contro la gravità

Esì -2,106

no/non noto -4,212sì -0,851

sì -1,404

no/non noto -2,808

capace di camminare senza aiuto di altre

persone (può usare bastone o girello)F

sì -1,311

no/non noto -2,622sì -0,489

sì -1,346

no/non noto -2,692

costante G +12,340 +9,043

somma K = A+B+C+D+E+F+G K = A+B+C+D+E+F K = A+B+C+D+E+F+G

fattore di calcolo X = e K  X = e K  X = e K 

probabilità dell’evento considerato X/(1+X) 0.410X X/(1+X)

evento

Tabella 9:XI – Algoritmo per il calcolo della probabilità di sopravvivenza e indipendenza a 6 mesi(da Counsel C et al., Stroke 2003; 34: 127-133; adattato)

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Ictus cerebrale: Linee guida italiane

Tali esami non soltanto sono utili per orientare alcune decisioni terapeutiche (eventuale ane-mizzazione, iperglicemia, ipoglicemia, turbe elettrolitiche, insufficienza renale, epatopatie,alterazioni dell’emostasi, ipossiemia) ma possono essere rilevanti nella diagnostica patogeneti-ca dell’ictus o nell’indirizzo verso altre condizioni di patologia encefalica.

L’emocromo può orientare verso una patologia ematologica (anemie, poliglobulie, quadrioncoematologici, piastrinosi, piastrinopenie) talvolta da affrontare immediatamente.137 Unaleucocitosi può accompagnare un’infezione sottostante (ad esempio un’endocardite) ma èestremamente aspecifica e si trova frequentemente in corso di ictus emorragici (anche 15·000-20·000 per microlitro) e ischemici (meno intensa).

Iperglicemie e ipoglicemie nonché alterazioni del sodio, del magnesio e del calcio possonoprodurre quadri simili all’ictus e possono peggiorare l’esito di un ictus.

L’iperglicemia è un fattore prognostico sfavorevole nei pazienti con ictus acuto,138 ed aumen-ta il rischio di emorragia cerebrale dopo trombolisi.139 Già in dipartimento di emergenza puòessere eseguita da parte del personale paramedico una glicemia con stick da sangue ottenutocon puntura di un polpastrello anche se va comunque eseguita una glicemia standard da partedel laboratorio. Livelli di glucosio inferiori a 50 mg/dl e superiori a 400 mg/dl possono mima-

re un quadro ictale e comunque richiedono un pronto trattamento. Alterazioni della sodiemiapossono accompagnare sia emorragie che infarti cerebrali.

Un aumento della creatinina identifica un’insufficienza renale. Nella maggior parte dei pazien-ti cerebrovascolari un aumento della creatininemia è un indice di danno d’organo da iperten-sione che può avere un significato prognostico negativo.

Nei pazienti critici il quadro elettrolitico insieme all’osmolalità plasmatica può essere fonda-mentale inoltre per un successivo monitoraggio dell’equilibrio idro-salino. L’osmolalità pla-smatica viene considerata un marker dello stato di idratazione più utile rispetto a test usualiquali la natriemia o l’azotemia.140 Recentemente è stato dimostrato che un’osmolalità elevataal momento del ricovero è un indice prognostico negativo per mortalità.141

Una formula per il calcolo dell’osmolalità plasmatica (mOsm/kg) è la seguente:142

I test dell’emostasi (piastrine, PT, APTT) sono di orientamento per alterazioni emorragichecongenite o acquisite (in particolare iatrogene). Un allungamento del PT marcato in unpaziente in terapia con dicumarolici potrà indurre ad un sospetto fondato di emorragia intra-cranica. A tal riguardo va rilevato che l’effetto dei dicumarolici non è selettivo sul PT. Un iper-dosaggio del farmaco spesso si associa ad un allungamento anche dell’APTT. Questo dipendein parte dalla diversa sensibilità dei vari reagenti per l’APTT alla riduzione dell’attività dei fat-tori vitamina K-dipendenti indotta dagli anticoagulanti orali. Il valore di INR è fondamentalenon solo a scopo diagnostico ma anche per guidare la necessaria correzione dell’anticoagula-zione (con vitamina K o concentrati di fattori del complesso protrombinico) laddove sia con-fermata un patogenesi emorragica dell’ictus. Sulla possibilità di un ictus emorragico potranno

anche orientare alterazioni dell’APTT e una piastrinopenia marcata.I test dell’emostasi poi sono fondamentali per avere un valore di base in caso di forme embo-liche da sottoporre a terapia anticoagulante, per quei casi di ictus ischemico in cui sia presa inconsiderazione la trombolisi (in tal caso ai test va aggiunta la fibrinogenemia) e per le formeemorragiche da sottoporre ad intervento neurochirurgico. Va ricordato che il fibrinogeno èuna proteina della fase acuta. Per questo motivo il ruolo di marker di rischio per eventi vasco-lari dimostrato da studi epidemiologici non ha valore pratico nella gestione del singolo pazien-te in fase acuta.

Un allungamento del PT associato ad alterazione degli altri test epatici suggerirà un quadro diepatopatia da considerare nella diagnosi differenziale (specie nei pazienti con alterazioni dellostato di coscienza). Inoltre, segni di compromissione epatica marcata aumentano la possibilitàche l’ictus in esame sia di natura emorragica.

Una microematuria potrà porre il sospetto di embolie a livello renale, anche se si tratta direperto del tutto aspecifico.

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1,86 × natriemia + + + 9azoto ureicoglicemia 2,818

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Esami tossicologici (oppiacei, alcool, etc) vanno eseguiti in soggetti in coma in cui il quadroclinico renda opportuno queste verifiche.

L’esame del liquido cerebrospinale è indicato in fase acuta solo se sussiste il sospetto clinico diemorragia subaracnoidea e la TC risulta negativa, o nel sospetto di un’infezione. È importan-te ricordare che ai soggetti con emorragia intracerebrale non andrebbe effettuata la punturalombare per l’elevato rischio di erniazione del tessuto cerebrale dovuto a brusche modifica-zioni del gradiente di pressione sotto il tentorio.143 Va ricordato che questa procedura esclu-de un successivo trattamento trombolitico.

Non viene raccomandata la valutazione, in fase di accettazione, del quadro lipidico plasmati-co in quanto i risultati, oltre a poter essere influenzati dalla fase di acuzie, non sono necessariper la gestione del paziente nelle prime fasi. Anche se, per avere una valutazione accurata deiparametri lipidici reali del paziente, sarebbe necessario attendere alcune settimane (in analo-gia con quanto dimostrato per i pazienti con infarto miocardico acuto) è ragionevole proce-dere alla determinazione di tali test nella fase di stato per acquisire comunque un dato utileper impostare una profilassi secondaria nelle forme ischemiche.

9.2.2 Diagnostica cardiovascolare

9.2.2.1 Rx Torace  

La radiografia del torace è sempre consigliata nelle prime ore dopo l’ingresso in ospedale pervalutare la presenza di scompenso cardiaco, polmonite ab ingestis o altre patologie cardiacheo polmonari che possono complicare il decorso e condizionare il trattamento.134

9.2.2.2 ECG  

L’elettrocardiogramma è uno degli esami necessari per la valutazione iniziale dei pazienti conictus o TIA nell’ambito del work-up per la diagnosi patogenetica, e risulta pertanto indicatosin dalla fase acuta in tutti i pazienti suddetti.7,134-136

Un ECG a 12 derivazioni può mostrare turbe del ritmo e della ripolarizzazione (slivellamentidel tratto ST-T e allungamento del QT) nonché altre patologie cardiache rilevanti. Le anoma-

lie elettrocardiografiche possono essere chiamate in causa nella genesi dell’ictus (ad esempiola fibrillazione atriale) o essere sua conseguenza, specialmente in caso di emorragia intracrani-ca. Il monitoraggio ECG in Dipartimento di Emergenza o in stroke unit nelle prime ore didegenza è raccomandabile in tutti i pazienti con ictus cerebrale perché alcune alterazioni pos-sono non essere rilevabili su un unico tracciato.

Il monitoraggio ECG delle 24 ore secondo Holter trova comunque indicazione nella diagno-stica d’elezione per quei pazienti in cui si sospetti la natura cardioembolica dell’ictus o del TIA(vedi § 5.5.2).

9.2.2.3 Ecocardiogramma 

Al momento non ci sono indicazioni ad eseguire di routine un ecocardiogramma in emergen-za a tutti i pazienti con ictus in quanto non serve a guidare le scelte terapeutiche immediate.Tale indagine fa parte invece della diagnostica d’elezione soprattutto dei pazienti con ictusischemico dove è talvolta indispensabile per indirizzare le terapie di prevenzione secondaria(vedi § 5.5.3), mentre va limitato in fase acuta a situazioni particolari.

9.3 DIAGNOSTICA NEURORADIOLOGICA 

La diagnostica strumentale nella valutazione dell’ictus in fase acuta riveste un ruolo fonda-mentale per un corretto inquadramento sia nosografico che terapeutico, ancor più in conside-razione dell’attuale impegno nello sviluppo e nell’applicazione di trattamenti fibrinolitici,intra-arteriosi o sistemici, atti a ricanalizzare segmenti arteriosi occlusi in una fase molto pre-coce nella quale il danno parenchimale dell’encefalo non si è ancora verificato.144 Saper rico-noscere precocemente e mediante l’utilizzo di tecniche non invasive, quali la TC e la RM, segniiniziali di danno cerebrale, in una fase ancora potenzialmente reversibile, riveste un ruolo fon-

damentale per le importanti implicazioni terapeutiche.9.3.1 Tomografia computerizzata

La TC rappresenta la metodica di elezione perché facilmente eseguibile e ampiamente dispo-nibile. Il mezzo di contrasto non è indicato in fase acuta, a meno che esistano dei dubbi di dia-

Raccomandazione 9.5 Grado D

Nei pazienti con ictus in faseacuta, l’esame del liquido cere-brospinale è indicato solo sesussiste il sospetto clinico diemorragia subaracnoidea e la TCrisulta negativa.

Sintesi 9-3La radiografia del torace è sem-pre consigliata nelle prime oredopo l’ingresso in ospedale pervalutare la presenza di scompen-so cardiaco, polmonite ab inge- 

stis o altre patologie cardiache opolmonari che possono complica-re il decorso e condizionare iltrattamento.

Raccomandazione 9.6 Grado D

L’elettrocardiogramma è indicatoin tutti i pazienti con ictus o TIA che arrivano in Pronto Soccorso.

Raccomandazione 9.7 Grado D

La TC cerebrale senza contrastoè indicata il più presto possibiledopo l’arrivo in Pronto Soccorso(e comunque non oltre le 24 oredall’esordio clinico) per:• la diagnosi differenziale fra

ictus ischemico ed emorragi-co ed altre patologie noncerebrovascolari;

• l’identificazione di eventualisegni precoci di sofferenzaischemica encefalica.

Raccomandazione 9.8   ❊GPP

È indicato che la TC cerebrale sia

eseguita correttamente in base a

parametri tecnici codificati e cri-

teri di posizionamento definiti.

Capitolo 9 — Ictus acuto: fase di ospedalizzazione (diagnosi) 191

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Ictus cerebrale: Linee guida italiane

Sintesi 9-4Un riscontro di ipodensità preco-

ce dovrebbe suggerire unapprofondimento dell’anamnesi,eventualmente coinvolgendo altritestimoni (parente o altro) capacidi fornire informazioni quanto piùaccurate possibili sul reale tempodi inizio del disturbo.

Sintesi 9-5

La RM convenzionale in urgenzanon fornisce informazioni piùaccurate della TC.La RM con sequenze pesate indiffusione e perfusione, o la TCperfusionale, consentono un piùaccurato inquadramento patoge-netico e prognostico ed unamigliore selezione dei pazientiper terapie specifiche della faseacuta.

gnosi differenziale, per esempio nei confronti di un processo flogistico o di un tumore. Con laTC, una volta esclusa l’evenienza di una emorragia o di una lesione occupante spazio, è possi-bile valutare la presenza di alcuni aspetti talvolta presenti nella fase acuta dell’ictus ed impor-tanti ai fini prognostici e terapeutici.145

9.3.1.1 Segno dell’iperdensità dell’arteria cerebrale media Si tratta di uno spot iperdenso lungo il decorso delle principali afferenze arteriose intracrani-che, ed in particolare lungo il decorso dell’arteria cerebrale media, evidente alla TC basale edindicativo di occlusione trombo-embolica del vaso.146,147 Tale segno è presente con percen-tuale variabile dal 40 al 60% dei pazienti con ictus osservati in fase acuta; falsi positivi sonorappresentati dalle calcificazioni parietali che possono mimare tale aspetto.148,149 Attualmente,la ricerca e l’evidenza del segno dell’iperdensità dell’arteria cerebrale media ha ridimensiona-to il suo valore grazie al sempre più frequente impiego dell’angio-RM e dell’angio-TC.

9.3.1.2 Ipodensità precoce 

Tenue ipodensità a carico dei nuclei della base e/o delle strutture lobari cortico-sottocortica-li, indicativa di edema citotossico (aumento del contenuto idrico intracellulare) e di dannoparenchimale,150,151 riscontrabile nel 50%-70% dei pazienti con ictus in fase acuta.134,152 Lapresenza di tale reperto, legato ad un aumento del contenuto idrico con relativa ipodensitàdelle strutture interessate, ed in particolare la sua estensione, rivestono un ruolo di notevoleimportanza sia nella scelta del trattamento terapeutico da adottare sia quale indicatore dell’e-voluzione e del recupero clinico. Numerosi studi hanno documentato come la presenza di unaestesa ipodensità precoce, che interessi più del 33% di un emisfero cerebrale, riscontrata entro6 ore dall’insorgenza dell’ictus, rivesta un significato prognostico negativo sia per mortalità adun mese che per successiva disabilità residua. Inoltre, segni precoci estesi sono predittivi disuccessivo infarcimento emorragico sia spontaneo 153 che iatrogeno.154-156 Pazienti con ipo-densità inferiore al 33% presentano un ottimo recupero clinico e bassa mortalità.144,152

Nonostante l’ipodensità TC precoce, unitamente alla presenza dell’iperdensità dell’arteriacerebrale media,157 rappresentino importanti parametri TC nella valutazione dell’ictus in faseacuta, il danno parenchimale iniziale viene attualmente valutato meglio e con più attendibilità

mediante l’impiego della RM, specie con l’utilizzo delle tecniche di diffusione e perfusione.158

La presenza di ipodensità precoce potrebbe anche essere indicazione di un esordio della sin-tomatologia precedente rispetto a quanto ipotizzato o raccolto in prima anamnesi. Quindi, unriscontro di ipodensità precoce dovrebbe suggerire un approfondimento dell’anamnesi, even-tualmente coinvolgendo altri testimoni (parente o altro) capaci di fornire informazioni quan-to più accurate possibili sul reale tempo di inizio del disturbo.

9.3.1.3 Segni indiretti  

Gli effetti compressivi sul sistema ventricolare o sugli spazi subaracnoidei, considerati in pas-sato indicativi di iniziale edema citotossico, non rappresentano, al momento attuale, parame-tri utili ai fini diagnostici.

9.3.2 Risonanza magnetica convenzionale

Le tecniche comunemente impiegate nella diagnostica per immagini dell’encefalo (SE, TSE,FLASH, FLAIR), risultano insensibili alla valutazione dell’ictus in fase acuta in quanto nonsono in grado di valutare l’edema citotossico, intracellulare. Solo con l’impiego della tecnicadi diffusione (DWI) si è in grado di valutare la presenza di alterazioni di segnale in fase pre-cocissima ed entro pochi minuti dall’ictus. Nella fase acuta la RM può essere utile nel sospet-to clinico di trombosi dei seni venosi mediante l’utilizzo dell’angio-RM.

La RM si è dimostrata più sensibile della TC nella valutazione dell’ictus in fase subacuta. Èproprio in questa fase che è possibile evidenziare meglio anche piccole lesioni tronco-encefa-liche o lesioni lacunari.

9.3.3 Risonanza magnetica di diffusione, di perfusione, RM-spettroscopia

Nella diagnosi dell’ictus ischemico, TC e RM sono tecniche ormai standardizzate ed indi-spensabili per valutare la presenza o l’estensione di un infarto nelle prime 12-24 ore. Tuttaviasi delinea sempre più chiaramente la necessità di ottenere immagini specifiche delle prime 3-12 ore, anche alla luce delle terapie trombolitiche e di nuovi trattamenti con farmaci neuro-protettivi.

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Le attuali procedure terapeutiche sono infatti condizionate da almeno due fattori: il tempo edi limiti delle tecniche diagnostiche. La negatività delle immagini tradizionali non consente didesumere precocemente se il tessuto danneggiato lo è già in maniera irreversibile; se è presenteun grave deficit di flusso ematico o al contrario il tessuto è altamente perfuso; ed infine se sisiano instaurati gravi danni metabolici.

I recenti sviluppi delle tecniche di Risonanza Magnetica quali la RM Diffusionale (DWI),Perfusionale (PWI) e Spettroscopica (MRS) suscitano grande interesse per la possibilità divisualizzare e seguire lo sviluppo delle lesioni focali ischemiche già delle primissime ore e dareconcrete risposte ai quesiti sopraelencati.159

9.3.3.1 RM-spettroscopia (MRS) 

Nella spettroscopia il segnale derivante da un dato elemento viene separato in funzione dellesue varie forme chimiche. La base di questo processo risiede nel fatto che il campo magneti-co che agisce sul nucleo atomico viene minimamente ma in maniera significativa modificatodai campi prodotti dagli elettroni presenti nella stessa molecola. Ne consegue il cosiddetto“chemical shift” o spostamento chimico, cioè uno spostamento della frequenza di risonanzadel nucleo dipendente dalla conformazione molecolare. Uno spettro non è altro che la rap-

presentazione dell’intensità dell’energia assorbita in funzione della frequenza di risonanza, incui le varie forme chimiche di un elemento determinano un picco in posizioni caratteristichediverse fra loro.

Tale tecnica consente di monitorare in vivo, in modo non invasivo, in un singolo volume (VOI)o in più volumi contemporaneamente (spettroscopia per immagini) alcuni metaboliti cerebra-li ed ottenere informazioni di natura metabolica. Si possono ottenere informazioni da piùnuclei (P, C, H, F, Na) ma le principali applicazioni cliniche hanno riguardato i nuclei delfosforo e soprattutto il protone (1H-MRS).

Le tecniche di spettroscopia per immagini sembrano essere superiori in quanto consentono diottenere una mappa della distribuzione dei metaboliti con lo stesso tempo utile per ottenereinformazioni da un singolo volume di interesse; ciò permette una valutazione coordinata conquella delle lesioni in DWI.

La 1H-MRS fornisce sicure informazioni di alcuni metaboliti quali: composti contenenti coli-na, creatina-fosfocreatina, N-acetilaspartato, e, in condizioni patologiche, lattato.

Il segnale della colina viene considerato un indice della degenerazione e/o del ricambio dellemembrane cellulari. Il segnale della creatinina-fosfocreatina può fornire una misura indirettadel metabolismo cellulare legato ai fosfati. Il segnale da N-acetilaspartato si considera correla-to alla vitalità o funzionalità neuronale. Studi recenti indicano come l’entità della riduzionedell’N-acetilaspartato sia correlabile anche ad una peggiore prognosi a distanza.160 Il lattato èrilevabile solo quando la cellula è in carenza di ossigeno e quindi attiva il percorso anaerobi-co della glicolisi; il suo segnale è perciò di particolare interesse in processi ischemici od infiam-matori.

L’uso combinato con la DWI può rappresentare un ulteriore ausilio nel predire l’esito e utilità

nella selezione dei pazienti per interventi terapeutici della fase acuta e cronica. 161 L’utilità cli-nica della MRS è però molto limitata dalla lunga durata dell’esame e dalle difficoltà legate aduna quantificazione della concentrazione assoluta dei metaboliti.

9.3.3.2 Risonanza magnetica di diffusione (DWI) 

Dai risultati su modelli animali e dalle informazioni ottenute da pazienti con ictus, tale tecni-ca ha le premesse per rivoluzionare la attuale diagnostica per immagini.

La RM di diffusione è una tecnica sensibile ai movimenti Browniani di translazione delle mole-cole d’acqua su piccole distanze (diffusione). Il crescente interesse per tale tecnica è legato alfatto che le immagini di DWI evidenziano le variazioni della mobilità dei protoni dell’acquaindotte dall’ischemia entro pochi minuti dall’insulto ischemico.162

È stato largamente documentato come la RM di diffusione sia un eccellente metodo per visua-

lizzare aree di sofferenza cellulare su base ischemica acuta, prima che il danno sia evidentenelle immagini T2-pesate.163,164 Il danno ischemico visualizzato in DWI, legato a molteplicifattori tra cui il più importante sembra essere l’edema citotossico, è in realtà nella maggioran-za dei casi irreversibile e preannuncia lo sviluppo dell’infarto ischemico.165

Capitolo 9 — Ictus acuto: fase di ospedalizzazione (diagnosi) 193

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Ictus cerebrale: Linee guida italiane

Nell’ictus acuto la diffusibilità dell’acqua è ridotta per l’intervento di fenomeni diversi, tra cuilo spostamento di acqua dal compartimento extra- a quello intra-cellulare per l’alterazionedella pompa Na+/K+ di membrana. Lo spazio intra-cellulare contiene organelli e macromole-cole (barriere biologiche) che limitano i movimenti dell’acqua. Inoltre, il rigonfiamento cellu-lare riduce lo spazio interstiziale ed ostacola anche i movimenti dell’acqua extracellulare.

Questo determina un aumento focale dell’intensità del segnale per cui in DWI le aree di infar-to acuto si differenziano chiaramente, in quanto iperintense, dal tessuto normale.

Poiché le immagini pesate in diffusione sono molto sensibili al movimento, sono essenzialisequenze ultraveloci per generare immagini diagnostiche. L’uso di tecniche ecoplanari (EPI)ha permesso di eseguire una singola slice in meno di 150 ms, con la possibilità di eseguire unostudio completo del cervello in circa due minuti.166 Per ottenere una sequenza in diffusione ènecessario poter applicare dei potenti gradienti di diffusione. Il primo gradiente pone fuorifase i protoni e viene detto “dephasing gradient”, il secondo li ripone in fase se non vi è statomovimento delle molecole dell’acqua. A ragione di ciò, spin che si muovono in maniera casua-le possono essere defasati dagli impulsi di gradiente posti prima di un impulso a 180° e pos-sono essere rifasati perfettamente dal campo magnetico posto dopo l’impulso a 180°. Se iltempo di osservazione è breve le molecole non hanno il tempo di raggiungere le barriere e si

comportano come se diffondessero liberamente. Il principio basilare della misurazione sta nelfatto che ogni movimento delle molecole dell’acqua nel tempo di osservazione risulta in unaperdita di segnale e, quindi, in una diminuita intensità delle immagini.

In una immagine di diffusione, strutture con veloce diffusione appariranno più scure in quan-to soggette ad una più alta attenuazione del segnale, mentre strutture con una minore velocitàdi diffusione appariranno più chiare.

Inoltre, nello studio dell’ischemia cerebrale, di particolare importanza risulta la valutazionedelle mappe del coefficiente apparente di diffusione (ADC).167 In questo caso strutture conuna più veloce diffusione saranno chiare e brillanti mentre quelle a bassa diffusione più scure.

L’ADC va incontro ad una transitoria e precoce riduzione nelle primissime fasi dell’ischemia.

Questa forma di basso ADC è per definizione reversibile. Un più spiccato decremento nella

diffusibilità avviene nel tessuto ischemico quando i livelli di ATP si riducono ulteriormentecon un blocco delle pompe ioniche che porta ad un netto influsso di acqua dallo spazio extra-cellulare a quello intracellulare (edema citotossico). Tali modificazioni, che rappresentano leprime fasi dei processi ischemici, possono essere individuate dalla DWI entro 15-30 minutidall’ischemia ed in tali fasi le regioni con minore riduzione di ADC possono essere salvate conuna precoce riperfusione.

Lesioni recenti su base ischemica possono essere facilmente differenziate da pregressi infartiin DWI mentre tale diagnosi differenziale è praticamente impossibile se si utilizzano solo lesequenze di RM convenzionale. Nelle immagini T2 pesate l’area di iperintensità relativa all’i-schemia può essere apprezzata solo dopo parecchie ore, quando compare l’edema vasogenico.L’area di iperintensità in T2, compatibile con una lesione cerebrovascolare ischemica, non for-nisce indicazioni sul tempo di insorgenza della lesione. L’iperintensità in DWI, al contrario, è

già apprezzabile dopo minuti dall’ischemia e non è più apprezzabile dopo circa due settima-ne dall’evento ischemico. Inoltre, una riduzione dell’ADC è documentabile solo nei primigiorni dall’ictus, mentre successivamente, con il verificarsi della necrosi massiva che compor-ta un aumento dell’acqua extracellulare, l’ADC tende ad aumentare fino ad essere superiore aquella del tessuto sano.

Le immagini in DWI forniscono quindi una “fotografia” immediata dell’entità del dannoindotto dall’ischemia in una fase estremamente precoce. Tuttavia da sole non sono in grado dipredire l’estensione finale della lesione. È noto, infatti, che mentre alcune lesioni rimangonorelativamente stabili come estensione nel tempo, altre tendono ad aumentare di volume.168,169

9.3.3.3 Risonanza magnetica di perfusione (PWI) 

Le immagini di perfusione consentono di utilizzare le modificazioni di segnale che avvengono

durante il rapido passaggio di un mezzo di contrasto paramagnetico attraverso il letto vasco-lare fornendo informazioni sul flusso ematico cerebrale.159 L’uso di sequenze ultrarapide (nel-l’ordine dei millisecondi) consente di acquisire immagini e monitorare il primo passaggio delmezzo di contrasto poiché esiste una correlazione lineare tra riduzione dell’intensità del segna-

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Ictus cerebrale: Linee guida italiane

Sintesi 9-6Nell’acquisto di nuove macchinedi Risonanza Magnetica è auspi-cabile preventivare la possibilitàdi integrazione per l’applicazionedi tecniche di diffusione, perfu-sione e spettroscopia almeno in

centri altamente specializzati.

• anomalie di volume simili in DWI, PWI, ed RM;• anomalie più piccole alla DWI che alla PWI con volume finale alla RM maggiore rispetto

alle due precedenti immagini;• anomalie che sono più piccole alla DWI rispetto alla PWI e volumi finali alla RM intermedi.

Dal punto di vista fisiopatologico il primo gruppo può essere espressione di un tessuto ische-mico già compromesso dalle fasi iniziali; e quanto più estesa è l’area patologica in diffusionetanto maggiore è il tessuto irreversibilmente compromesso. Il secondo gruppo può essereespressione di una area infartuata ancora non estesa ma circondata da un tessuto a rischiopotenzialmente ancora salvabile. Nel terzo gruppo, infine, vi sarebbero aree di infarto che sisono autolimitate molto verosimilmente per un ripristino del flusso ematico cerebrale.

L’uso di tecniche di risonanza a diffusione e perfusione in ambito diagnostico per l’ictus acutopotrebbe quindi essere in grado di guidare gli interventi terapeutici p.es. secondo lo schemadi Tabella 9:XIV, anche per un intervallo maggiore delle tre ore.

Attualmente, quindi, attraverso l’uso multimodale della RM possiamo essere in grado di veri-ficare la presenza di un’occlusione arteriosa (MRA) o di riperfusione e dell’eventuale gravitàdel deficit perfusivo (PWI), e possiamo identificare la proporzione di tessuto vitale e non vita-

le (DWI e PWI). Può anche essere possibile la distinzione fra un tessuto ipoperfuso e sinto-matico ed un tessuto ipoperfuso e asintomatico dalla caratterizzazione dello stato biochimicodella lesione con MRS. Molte di queste informazioni attualmente possono essere ottenute inmeno di 20 minuti, e nell’immediato futuro è prevedibile un ulteriore sviluppo e perfeziona-mento di tali potenzialità.

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Tabella 9:XIV – Quadri evidenziabili alla TC nelle varie fasi evolutive dell’ictus ischemico

fase possibili quadri evidenziabili alla TC

iperacuta (0-6 ore) normale, ipodensità precoce, iperdensità della ACM, lievi effetti massa

acuta (6-96 ore) ipodensità focale, iperdensità della ACM, effetti massa,infarcimento emorragico

subacuta (4-10 giorni) ipodensità focale, infarcimento emorragico, effetti massa

cronica netta ipodensità focale, dilatazione consensuale solchi e ventricoli

Tabella 9:XI – DWI ed ADC nell’ictus ischemico acuto

• iperintensità in DWI e diminuzione dell’ADC è già presente dopo minuti nella ischemia sperimentale;• l’entità della diminuzione dell’ADC correla con la grandezza della lesione;• l’ADC è aumentato in fase cronica per necrosi tissutale;• le variazioni delle immagini in DWI sono potenzialmente reversibili con una pronta riperfusione

o con terapie neuroprotettive;• senza alcun trattamento le lesioni in DWI evolvono in infarto;

• il volume delle lesioni in DWI correla con la gravità clinica;• l’uso combinato di immagini in perfusione e diffusione definisce la penombra ischemica;• la DWI può essere utile nella valutazione di farmaci in studi clinici.

Tabella 9:XII – Caratteristiche del segnale nelle varie fasi dell’ictus

fase T2 DWI ADC

iperacuta (0-6 ore) normale aumentato diminuito

acuta (6-96 ore) aumentato aumentato diminuito

sub-acuta (4-10 giorni) aumentato normale/aumentato diminuito/normale

cronica aumentato diminuito aumentato

Tabella 9:XIII – Possibile schema di correlazione RM-interventi terapeutici

lesioni in perfusione>di lesioni in diffusione utilità potenziale di terapie riperfusive

lesioni in perfusione=a lesione in diffusione terapie neuroprotettive

lesioni in perfusione<di lesioni in diffusione terapie neuroprotettive

lesioni in perfusione uniche terapie riperfusive

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9.3.4 Angiografia cerebrale

L’angiografia cerebrale, non scevra da rischi ed attuabile in strutture altamente qualificate, èdifficilmente praticabile nella fase iperacuta dell’ictus ad eccezione dei casi selezionati dipazienti candidati a trattamento fibrinolitico intra-arterioso. L’angio-RM e l’angio-TC rappre-sentano le metodiche attualmente utilizzate per lo studio dei tronchi epiaortici e dei distrettiintracranici anche se presentano ancora alcune limitazioni, specie nella corretta identificazio-ne del grado di stenosi arteriosa e nella valutazione delle alterazioni della parete vasale.

Lo studio delle afferenze vascolari arteriose eso- ed intra-craniche viene generalmente effet-tuato mediante cateterismo per via transfemorale ed iniezione selettiva di mezzo di contrastoiodato a livello dell’arco aortico e di vasi epiaortici.

L’esame angiografico, oltre a confermare la sede e la natura della occlusione vascolare:• documenta la presenza e la validità di circoli collaterali di compenso;• evidenzia il coinvolgimento nell’area ischemica di territori profondi (p.es. quelli irrorati

dalle arterie lenticolo-striate, arterie mesencefaliche e talamo-perforanti della biforcazionebasilare ecc.);

• valuta l’estensione dell’area di vuoto vascolare (parenchimografia);

• consente di esprimere un giudizio sulla accessibilità endovascolare alla lesione tromboem-bolica.

Poiché l’estensione dell’area infartuale risulta essere tempo-dipendente l’esame angiograficodeve risultare essenziale e venire limitato alla determinazione del livello di occlusione e dellaefficacia del circolo collaterale.

Deve mirare ad ottenere, attraverso un’indagine di tutti i territori vascolari, un’analisi topo-grafica della estensione dell’area infartuale in considerazione del fatto che la zona di massimaischemia viene modificata dalla circolazione collaterale con spostamento della sofferenzaischemica verso territori di confine o profondi.172

L’interessamento nell’area infartuale di territori profondi determina la gravità dell’insultoischemico parenchimale ed endoteliale (cosiddetta densità di ischemia) riducendo da un latole possibilità di recupero del territorio in penombra ischemica e dall’altro determinando lapossibilità della insorgenza di complicanze emorragiche dovute a riperfusione di un lettovascolare danneggiato.

Al fine di valutare il rischio emorragico Theron ha raggruppato i soggetti con ictus carotideoin 3 categorie:gruppo 1: occlusione della carotide interna e pervietà del circolo di Willis e delle arterie len-

ticolo-striate;gruppo 2: occlusione delle arterie corticali con risparmio delle arterie lenticolo-striate;gruppo 3: occlusione della carotide terminale e del tratto M1 dell’arteria cerebrale media

con mancata perfusione del territorio lenticolo-striato.173

I pazienti con interessamento completo delle arterie lenticolo-striate sviluppano una imme-diata grave e profonda ischemia con alto rischio di complicanze emorragiche, mentre pazien-

ti con parziale o assente interessamento lenticolare presentano minore incidenza di emorragia.Il tempo utile per eseguire un intervento di disostruzione vascolare (cosiddetta finestra tera-peutica) appare anch’esso influenzato dalla sede della occlusione e risulta ridotto a meno di 6ore per lesioni interessanti i territori profondi mentre è di 12 ore per lesioni corticali.174

La valutazione del grado di flusso ematico cerebrale residuo è un altro fattore importante nelvalutare il rischio della riperfusione e viene angiograficamente effettuato mediante lo studiodell’estensione dell’area di vuoto vascolare (parenchimografia capillare) nella seriografia digi-tale.

9.3.4.1 Angio-TC  

Ottima per la valutazione dei vasi esocranici può essere utilizzata per i vasi intracranici anchese necessita di tecnologia “spirale” e impiego di elevate quantità di contrasto.174,175 Per quan-

to riguarda i vasi esocranici, oltre a fornire indicazioni sul grado di stenosi, l’angio-TC forni-sce importanti informazioni sulla parete vasale, specie per quanto riguarda la presenza di cal-cificazioni subintimali, utili ai fini della programmazione chirurgica.

Raccomandazione 9.9 Grado D

L’angiografia cerebrale è indicatanelle prime ore di un ictus ische-mico solo se rappresenta il primo

passo di un intervento endova-scolare di disostruzione arteriosamediante fibrinolisi locoregionale.Informazioni sulla sede dellaocclusione vascolare possonoinfatti essere altrimenti ottenutecon angio-RM o angio-TC.

Capitolo 9 — Ictus acuto: fase di ospedalizzazione (diagnosi) 197

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Ictus cerebrale: Linee guida italiane

Sintesi 9-7

Il controllo morfologico al di fuoridella fase acuta può essere effet-tuato indifferentemente con TC oRM convenzionale, risultando laRM più utile nel caso di ictuslacunari o con lesioni del tron-coencefalo.

Raccomandazione 9.10Grado D

La ripetizione della TC senza con-trasto è consigliabile entro 48ore, e comunque non oltre 7 gior-ni dall’esordio, ed è sempre indi-cata nel caso di ictus grave, pro-gressivo e qualora si ritenganecessario un chiarimento dia-gnostico-prognostico.

Sintesi 9-8

Nelle fasi immediatamente suc-cessive all’ospedalizzazione delpaziente con ictus cerebrale, lostudio con ultrasuoni dei vasiextra- ed intracranici sono utili aifini di una precoce definizione deitipi patogenetici, del rischio trom-boembolico e delle decisioni tera-peutiche. Le stesse indicazionivalgono per l’ecocardiografiatranstoracica o transesofagea,tuttavia la loro esecuzione inquesta fase deve essere decisain rapporto alla disponibilità e alleindicazioni nel caso specifico.Nella fase di stato tali indaginidebbono essere eseguite,seguendo le indicazioni riportatenel capitolo 5 di SPREAD, il piùprecocemente possibile.

Sintesi 9-9

Le tecniche non invasive, Dopplertranscranico, angio-RM ed angio-TC sono utili per la definizionedella sede e del grado della

occlusione arteriosa e quindi peruna più appropriata selezione deipazienti da sottoporre a tratta-mento trombolitico, specialmentese da effettuarsi per via intra-arteriosa. Tuttavia il loro usoappare per ora limitato ai centrialtamente specializzati.

9.3.4.2 Angio-RM  

L’angio-RM è impiegata per lo studio sia delle afferenze arteriose intracraniche che di quelleesocraniche. Le sequenze più utilizzate per entrambi i distretti sono quelle definite a tempo divolo (TOF). Tuttavia, mentre queste restano le sequenze più valide per il circolo intracranico,quelle più efficaci per il circolo extracranico sembrano ora essere quelle che prevedono l’im-

piego di mezzo di contrasto in bolo e.v. con tecniche di acquisizione ultraveloci (CE), che inpoche decine di secondi consentono di valutare con buona attendibilità la biforcazione caro-tidea ed i principali tronchi epiaortici.176,177

9.3.5 Fase subacuta

Al di fuori della fase acuta, è utile ripetere la TC o la RM per meglio valutare l’estensione deldanno parenchimale e l’eventuale comparsa di infarcimento emorragico; un controllo TCsenza mezzo di contrasto, entro 48 ore, è comunque indispensabile nei casi di ictus gravi, pro-gressivi e qualora sia necessario un chiarimento diagnostico-prognostico. Il controllo stru-mentale al di fuori della fase acuta può essere effettuato indifferentemente con TC (vedi sopraTabella 9:XIV) o RM convenzionale, risultando la RM più utile nel caso di ictus lacunari o conlesioni del tronco encefalico.

9.4 DIAGNOSTICA NEUROSONOLOGICA 

L’eco-color Doppler dei tronchi sopraortici (TSA) rappresenta una metodica semplice, a bassocosto, riproducibile, non invasiva in grado di documentare con sufficiente accuratezza inpazienti con ictus anche acuto una patologia stenosante od occlusiva a carico dell’arteria caro-tide interna (ACI).178 In particolare, in presenza di processi trombotici “alti” a carico dell’ACI,di utilità è la valutazione della direzione del flusso in ambito oftalmico ( Doppler Ophthalmic Test), la cui inversione è indicativa di stenosi grave o di trombosi a carico della ACI.L’introduzione delle metodiche basate sull’uso del colore potenziano le capacità diagnostichedi questo strumento, come pure l’applicazione più recente del Power Energy System, in gradodi rilevare anche aree a bassa velocità di flusso (pur non discriminandone la direzionalità).L’estrema facilità di esecuzione delle indagini Doppler consente di individuare in pochi minu-ti stenosi o trombosi a carico dell’ACI alla sua origine o anche sorgenti emboliche a monte

della stessa (ad esempio a carico della stessa arteria carotide comune o anche delle arterie ver-tebrali).Un esame eco-Doppler precoce può identificare un’eventuale dissecazione della carotide odell’arteria vertebrale (evento patogenetico non infrequente nell’ictus ischemico giovanile). Intal caso l’atteggiamento terapeutico può essere influenzato significativamente dalla diagnosti-ca precoce ed uno studio di follow-up può documentare agevolmente l’eventuale regressionedel processo occlusivo o stenosante attribuibile all’ aneurisma disseccante.179,180

Effettuato appena dopo un ictus, l’eco-color Doppler TSA fornisce informazioni anche a carat-tere prognostico. I pazienti con ictus a livello del circolo anteriore che presentino una stenosigrave (90%) a carico dell’arteria carotide omolaterale oppure la occlusione trombotica del vasohanno una mortalità nettamente più elevata (5,6%) rispetto a quelli senza stenosi ipsilaterale(2,8%). La presenza poi, di una occlusione arteriosa alla valutazione combinata eco-Doppler

e Doppler transcranico (TCD) caratterizza un esito infausto.181

Nel TOAST l’analisi del grup-po con aterosclerosi a carico dei grossi vasi ha fatto osservare una importante correlazione trareperto Doppler, esito clinico, e trattamento. I pazienti inclusi nello studio e diagnosticati attra-verso il Duplex Scan come aventi una occlusione carotidea presentavano un esito meno favo-revole rispetto a quelli nei quali era stata posta diagnosi di stenosi dello stesso vaso.182

Informazioni ancora più utili sulle condizioni del circolo intracranico provengono dal Dopplertranscranico, in grado di valutare, con gradi anche elevati di affidabilità rispetto al gold stan-dard rappresentato dall’angiografia, le modificazioni della velocità di flusso che possono averluogo a livello dei segmenti del sifone, della ACM, dell’arteria basilare, dell’ACA, della ACPe delle comunicanti.183

Anche con questa metodica, l’introduzione del colore e del  power energy ha notevolmentemigliorato le possibilità diagnostiche anche nella fase acuta, allorché questo strumento si èproposto 184 quale alternativa alla RM (che richiede una organizzazione maggiore delle strut-ture di emergenza) nella individuazione di quelle condizioni (p.es. occlusione della ACM)candidabili alla trombolisi, come peraltro suggerito da numerosi autori,185-190 o anche nel fol-low-up dei quadri patologici caratterizzati da rischio di deterioramento clinico anche in tempibrevi rispetto all’esordio.191

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