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Medicina Legale 06-10-2016 Prof. Asmundo Riprendiamo le questioni medico-legali ovvero di conoscenze mediche applicate al diritto, ma in ambito penalistico, che è quella parte del diritto pubblico che, come vi ho già detto, attiene ai rapporti nostri con lo Stato e dove c’è di mezzo, nel contraddittorio tra parti, la libertà personale, rispetto, invece, all’ambito civilistico dove le liti sono tra parti private (quindi non parte privata e pubblica ma parti private) che si confrontano in un contenzioso che riguarda il risarcimento del danno, che poi vedremo. Cosa sono i casi di non punibilità? Il Codice Penale, vi ho detto, contiene, oltre a norme incriminatrici cioè quelle che sono costituite come norme perfette da un preambolo al quale è sotteso una esemplificazione di una sanzione (Es. “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni 21”), casi particolari, previsti sempre dal Codice Penale, nei quali il reato commesso non è punibile. Fatemi due-tre esempi che, di tanto in tanto, ascoltate, vedete o sentite in televisione e andremo abbastanza lisci su questo argomento. Collega: “Legittima Difesa”. Prof: La legittima difesa ci riguarda come medici-chirurghi? Ci dobbiamo difendere legittimamente da qualcuno? Allora, i casi di non punibilità “generali”, perché poi, con l’interesse anche medico-chirurgico, abbiamo anche casi di non punibilità “speciali” ossia previsti all’interno di alcuni articoli del c.p. a giustificazione di un comportamento penalmente illecito, sono elencati tra gli articoli 45 e 54 del c.p. I tre che ci interessano tra questi sono gli articoli 50, 51 e 54. Gli altri ve li elenco solo per mera opera di

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Medicina Legale 06-10-2016Prof. Asmundo

Riprendiamo le questioni medico-legali ovvero di conoscenze mediche applicate al diritto, ma in ambito penalistico, che è quella parte del diritto pubblico che, come vi ho già detto, attiene ai rapporti nostri con lo Stato e dove c’è di mezzo, nel contraddittorio tra parti, la libertà personale, rispetto, invece, all’ambito civilistico dove le liti sono tra parti private (quindi non parte privata e pubblica ma parti private) che si confrontano in un contenzioso che riguarda il risarcimento del danno, che poi vedremo. Cosa sono i casi di non punibilità? Il Codice Penale, vi ho detto, contiene, oltre a norme incriminatrici cioè quelle che sono costituite come norme perfette da un preambolo al quale è sotteso una esemplificazione di una sanzione (Es. “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni 21”), casi particolari, previsti sempre dal Codice Penale, nei quali il reato commesso non è punibile. Fatemi due-tre esempi che, di tanto in tanto, ascoltate, vedete o sentite in televisione e andremo abbastanza lisci su questo argomento. Collega: “Legittima Difesa”.Prof: La legittima difesa ci riguarda come medici-chirurghi? Ci dobbiamo difendere legittimamente da qualcuno?

Allora, i casi di non punibilità “generali”, perché poi, con l’interesse anche medico-chirurgico, abbiamo anche casi di non punibilità “speciali” ossia previsti all’interno di alcuni articoli del c.p. a giustificazione di un comportamento penalmente illecito, sono elencati tra gli articoli 45 e 54 del c.p. I tre che ci interessano tra questi sono gli articoli 50, 51 e 54. Gli altri ve li elenco solo per mera opera di conoscenza. Il 45 rappresenta il caso fortuito o forza maggiore di cui parleremo brevemente a proposito dell’imputabilità. Art 45: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o forza maggiore.” Il 46 è il Costringimento fisico. Es. Viene commesso un reato perché sono stato costretto fisicamente da qualcuno che afferra la mia mano e mi fa premere il grilletto con la sua ad uccidere una persona. Non l’ho uccisa io, ma la persona che mi ha costretto, in un certo senso diremmo. Non sono punibile per un reato che ho commesso perché, anche se passivamente, ho premuto il grilletto. Il 47 è l’Errore di fatto. il 48 è l’Errore determinato da altrui inganno. Il 49 è il Reato supposto erroneamente e reato impossibile (es. Prof: “si può uccidere un cadavere? Un soggetto che spara con un colpo di pistola ad un soggetto che è già cadavere [perché già qualcuno gli aveva già sparato un colpo di fucile] con lo scopo di “finirlo”, come si suol dire comunemente, ma egli era già morto perché la ferita prodotta dal fucile gli ha attraversato il cuore”.

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Collega: “In questo caso non conta l’intenzione che è comunque quella di uccidere?”Prof: “Conta l’intenzione di uccidere, ma non l’ho ucciso perché era già morto e quindi ho supposto erroneamente di avere ucciso. In realtà, il soggetto era già morto per cui l’unica cosa che mi si può contestare è il vilipendio di cadavere che è un reato previsto dal c.p.. Posto che come sta scritto nell’articolo 1, che identifica il principio di legalità, se non c’è un comportamento tassativamente ed esattamente definito come violazione della norma penale del Codice, quel comportamento non costituisce reato e quindi nessuno potrà condannarmi per un comportamento che non costituisce reato. E siccome il soggetto era già cadavere, non ho cagionato la morte di un uomo e quindi non sono punibile con la reclusione non inferiore ad anni 21, ma ho, casomai, alterato la fisionomia di un cadavere sparandogli in faccia.”)L’art.50 è il Consenso dell’avente diritto. L’ art.51 è l’esercizio di un diritto o adempimento di un dovere. L’art.52 è la Difesa Legittima. L’art. 53 è l’uso legittimo delle armi e l’art.54 è lo Stato di necessità. Cosa ci interessa di questi casi di non punibilità? L’art.50 che è il consenso dell’avente diritto, il 51 che è l’esercizio di un diritto o adempimento di un dovere e il 54 che è lo Stato di necessità. Sono condizioni esemplificate nel c.p. e quindi riguardano l’aver commesso reati che non sono punibili in quanto giustificati da un qualche motivo che è rappresentato in ciascuno di questi articoli. (Es. “Così come sono giustificato nell’uccidere una persona che mi sta uccidendo. Ovviamente nell’articolo ci sarà scritto che vi deve essere una proporzione. Sapete cosa, ad esempio, accade quando il presunto uccisore in realtà ha una pistola di plastica e io invece una pistola vera e gli sparo? E’ un reato che nelle aule dei tribunali trova riscontro nel bilanciamento all’interno del contenzioso tra le parti che difenderanno la vittima ovvero i suoi eredi dicendo “era entrato solo per minacciare e la pistola era evidentemente di plastica, c’era pure il tappetto rosso” e quindi lì rientriamo nell’eccesso colposo della legittima difesa ovvero, come abbiamo imparato l’altra volta, nel concetto di colpa ossia negligenza, imprudenza o imperizia, in questo caso, nell’uso delle armi, andando, comunque, contro l’intenzione di uccidere.”)Fermiamoci, comunque, ai tre casi di interesse medico-chirurgico. Tutti questi articoli iniziano con “non è punibile”.Art.50: “Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne (579-580; c.c. 5).” Che vuol dire? Vuol dire che non sono punibile se ho violato, col consenso dell’interessato, dal punto di vista penale, un diritto di cui quella persona poteva disporre in modo valido. (Digressione del prof che ho tentato di rendere comprensibile: Ovviamente non è questa la chiave di lettura del consenso informato all'atto medico chirurgico, ma ci sta anche questo in un certo senso perché devo dimostrare, un domani, che l'incisione della cute ovvero della parete addominale per accedere al cavo peritoneale non è una lesione personale dolosa o colposa [non esiste, non l’avevamo detto, la lesione personale preterintenzionale]. Quell'atto medico chirurgico è reso lecito, perciò, dal fatto che la professione medica è lecita in sé e per sé in relazione al disposto costituzionale, vale a dire che la Repubblica attraverso i medici-chirurghi è interessata e ha l'obbligo di tutelare la salute dei cittadini ad interesse della collettività. Quindi, se il fine della prestazione medico-chirurgica è quello del benessere ovvero del mantenimento e miglioramento dello stato di salute del cittadino, la prestazione medico-chirurgica è da considerarsi in sé e per sé lecita. Ma pur considerandosi lecita, implica l'attraversamento di una superficie corporea in modo traumatico e violento anche se il soggetto è sotto anestesia magari e questo significa violazione dell'integrità psicofisica. Il limite, dal punto di vista della liceità, del trattamento medico chirurgico, sulla base del principio costituzionale contenuto nell'articolo 32 e sulla base della

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norma dichiarativa contenuta nel codice penale, prevede che i medici chirurghi sono coloro i quali vengono abilitati all'esercizio professionale da un corso di laurea e quindi il pubblico è obbligato per la tutela della salute ad avvalersi della prestazione di questi soggetti che sono identificati nell’articolo 359 del codice penale. E, quindi, costituzione, da un lato, e norma dichiarativa del codice penale indicano, sostanzialmente, la liceità, sulla base di una scelta costituzionale e quindi organizzativa del paese basata sulla strutturazione del servizio sanitario fino alla composizione delle “particelle”, dal punto di soggettivo, del servizio sanitario nazionale che siamo noi medici chirurghi ovvero odontoiatri ovvero professionisti di area sanitaria, ostetrici, infermieri, sanitari di radiologia medica, tecnici di neurofisiopatologia ovvero anche gli infermieri non professionali, ovvero gli OTA o gli operatori tecnici della sanità. Tutti cooperano all’interno di un servizio che è strutturato per tutelare negli ambiti della liceità, sulla base della legittimità costituzionale, la salute dei cittadini).Ma c’è un problema, anzi i problemi sono due. Il divieto di disporre di beni che sono garantiti dalla Costituzione e per i quali la Repubblica ha interesse che ciascuno di noi stia in salute perché se stiamo in salute produciamo, lavoriamo, paghiamo le tasse. Se fossero tutti malati e destinati a morire, la Repubblica italiana chiuderebbe i battenti. Quali sono i beni di cui l’uomo non può disporre? Colleghi: La vita, la libertà. Prof: (posso disporre della libertà entro certi limiti che sono quelli della legislazione in tema di restrizione della libertà personale. Hai commesso un reato? Non puoi stare in libertà. Non puoi fare ciò che vuoi. Se sei in un’alterazione dello stato di coscienza e non sei competente rispetto alla tua capacità di comprendere il significato degli atti che stai compiendo, anzi arrechi danno agli altri, dovrai obbligatoriamente curarti. Quindi la libertà vincolata rispetto a disposizioni normative perché la Repubblica deve tutelare la salute, l’incolumità e quindi il bene vita dei singoli così come della collettività). Con riferimento ai casi di non punibilità del reato, introduciamo l’argomento relativo al bene vita con attenzione all’eutanasia ovvero all’accanimento terapeutico e quindi a due reati che possono essere commessi e vengono commessi senza che ce ne possiamo accorgere salvo che, come vi ho detto l’altra volta, un anziano marito di un’anziana donna malata, allettata, demente non decida di ucciderla sostenendo che è stata anche la donna a dare il consenso perché non sopportava più la sofferenza o che il marito soffrisse per la sua sofferenza. Questo reato si chiama omicidio del consenziente ed è identificato nell’articolo 579 del c.p. e lo si può identificare nel senso dell’eutanasia, mettiamola così attiva ovvero passiva (ma lo tratterete in bioetica). A me interessa soltanto rappresentarvi che l’eutanasia attiva o passiva ovvero il disposto di cui all’articolo 580 “Istigazione o aiuto al suicidio” (in parole moderne il suicidio assistito), non è consentito nel nostro Paese ed è punito piuttosto severamente, ovviamente un po’ al di sotto come soglia quantitativa della pena della reclusione, ma pur sempre nell’ordine di 12-15 anni di reclusione, pur avendo fatto una cosa che moralmente sentivamo o condividevamo con la persona assistita che voleva facessimo. Questo per quanto riguarda il limite invalicabile nel nostro Paese per l’autodeterminazione rispetto al bene vita e quindi alla liceità e alla legittimazione della disponibilità, per quanto ci riguarda medici-chirurghi, perché i pazienti possono disporre, se sono in condizione, della loro vita (es. salgo al 5° piano del pad. H e mi suicido. Chi viene punito? Ho scelto. Mi possono punire da morto? Non esiste un reato per i morti. Il problema potremmo avercelo noi perché per quel soggetto, che aveva già manifestato intenzioni suicidarie, non abbiamo adottato comportamenti che avrebbero impedito quell’evento). Il bene vita non è, quindi, disponibile perché come vedremo leggendo gli articoli 579 e 580, non posso uccidere o determinare la morte

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di una persona che mi chiede di morire, per un motivo o per un altro, e non posso neanche aiutarla a suicidarsi (Omicidio del consenziente). L’altro bene indiscusso che possediamo è l’integrità psicofisica. L’art. 5 del Codice Civile (Atti di disposizione del proprio corpo) esprime questa sostanza: “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume”. Occupiamoci però soltanto della parte che ci interessa. Io non posso disporre del mio corpo quando da questa disposizione del mio corpo derivi una lesione permanente della mia integrità psichica o fisica o psicofisica. Ad esempio: la sterilizzazione volontaria è vietata nel nostro Paese perché la sterilizzazione volontaria (chiusura tube o dei dotti deferenti) implica una lesione personale gravissima prevista come perdita dell’uso di un organo ovvero della capacità di procreare (come afferma la 2a parte dell’articolo 583 del c.p.). Quest’ultimo è un reato molto grave per il quale è prevista, nel caso dell’intenzione e, quindi, delitto doloso, una reclusione fino a 12 anni di carcere. Ora però devo sollecitare la vostra attenzione su un problema della modernità, del buon costume nel senso della capacità e dell’esigenza che abbiamo, sulla base di norme contenute nei codici, di tollerare, dal punto di vista giuridico, i tatuaggi. La superficie corporea è tutelata dalla legge penale così come il viso. Perché nessuno ha tatuaggi sul viso? Perché l’alterazione peggiorativa (anche se potremmo avere un tatuaggio che abbellisce il nostro viso) dell’armonia dei lineamenti del viso costituisce, per la legge penale, sfregio (e siamo fino a 12 anni di carcere, come per la capacità di procreare). E l’alterazione peggiorativa dell’armonia della superficie corporea è considerata dalla legge penale come indebolimento permanente dell’organo non più fisionomico ovvero della fisionomia ma fisiognomico ovvero della fisiognomia per indicare l’armonia dei lineamenti della nostra superficie corporea. Ora, un soggetto, se avesse un tatuaggio sul viso e quindi avesse alterato, in modo certamente peggiorativo, i lineamenti del viso, sarebbe passibile e censurabile penalmente per aver commesso il reato di lesione personale. Lo stesso dovrebbe valere però anche per i tatuaggi esposti tipo quelli sul collo. Il nostro medico di famiglia, ovvero un libero professionista, ovvero un medico di Pronto soccorso, ovvero un chirurgo strutturato, ovvero il direttore di un’Unità operativa hanno l’obbligo di riferire all’Autorità giudiziaria la notizia di reati che l’Autorità giudiziaria debba perseguire d’ufficio perché si tratta di reati importanti. Si tratta di stabilire se il tatuaggio sul viso, ad esempio, costituisce reato importante dal punto di vista della perseguibilità d’ufficio perché altrimenti i reati sono perseguibili a querela della persona offesa. Beni non disponibili sono quindi: vita e integrità psicofisica. A proposito della sterilizzazione volontaria, pur essendoci questo limite codicistico e quindi limite della giurisprudenza, esso è stato superato da una sentenza della Cassazione, alla quale ha fatto seguito un’altra sentenza di Cassazione in termini di liceità della sterilizzazione volontaria nei casi in cui essa non sia condotta per finalità eugenetiche ma sia condotta per la tutela della salute. La lettura che fanno i giudici di Cassazione che esprimono pareri, come vi ho detto, sulla logicità e sulla legittimità e in un certo senso la giurisprudenza di Cassazione, come si suol dire, “fa scuola” perché non è vincolante per i giudici di merito, è certamente orientativa rispetto ad un percorso spesso e molto volentieri di lettura delle legge in chiave costituzionale. Mi spiego meglio. Perché la sterilizzazione volontaria può essere lecita? Perché se è in gioco la tutela della salute e la salute deve essere intesa come uno stato di benessere fisico, psichico, sociale, relazionale e spirituale (definizione OMS-1949) i giudici di Cassazione dicono che l’integrità fisica deve poter fare, nel momento in cui siano evidenti e manifesti problemi ad esempio psicologici in relazione ad

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un’eventuale gravidanza, un passo indietro rispetto alla salute psichica per consentire l’integrità e quindi la tutela del bene salute, letto così in chiave costituzionale: la Repubblica tutela la salute e quindi l’integrità tra psiche e corpo al fine di consentirci di stare bene e quindi stare in salute. Collega: questo discorso vale pure per i cambiamenti di sesso?Prof: Per il cambiamento di sesso certamente si, ma per esso è prevista una legge speciale ovvero quella della rettificazione dell’attribuzione di sesso. Quest’ultima è lecita e legittimata da una legge che prevede un percorso per chi debba cambiare sesso anagrafico non sesso biologico. Questo perché, quando nasciamo, nel certificato di assistenza al parto viene indicato il sesso di ciascuno di noi a meno che il sesso non sia dubbio e bisogna determinarlo in qualche modo e comunque l’ufficiale di stato civile, di cui parleremo per le certificazioni di nascita e di morte, deve mettere nella sua pagina relativa a ciascuno di noi se siamo nati maschio o femmina. Nel caso in cui, un domani, decidessimo di cambiare sesso, per un motivo, che un procedimento civile legittimerà, dopo molti anni, attraverso una consulenza e le opportune valutazioni (non posso cambiare sesso così quando mi va, ma perché attinente a un problema di salute, di benessere della mia persona che mi spinge a farlo), si potrà fare. A quel punto l’ufficiale di stato civile nel suo registro dei nati vivi dovrà rettificare l’attribuzione del sesso che ci era stata precedentemente assegnata alla nascita. Cos’altro abbiamo da dire riguardo l’art.50 del c.p.? Analizziamo questo punto: “della persona che può validamente disporne”. Chi è questa persona che può disporre del consenso rispetto alla tutela della salute, quindi alle prestazioni medico-chirurgiche? Il paziente ovvero un suo rappresentante legale. In quali casi, però, il rappresentante legale? Quando il soggetto non è capace di intendere e di volere. Chi sono i soggetti che sono capaci di intendere e di volere? Tutti i maggiorenni. A compimento della maggiore età abbiamo acquisito quello che è stabilito nell’art.2 del codice civile ossia la capacità di agire, cioè la capacità di assumersi la responsabilità dei diritti che abbiamo e dei doveri nei confronti degli altri. I rappresentati legali, nella minore età, ovvero la persona che può validamente disporre del diritto è costituita da entrambi i genitori, che assumono la responsabilità nei confronti del figlio minore. Nel caso della maggiore età, invece, cominciano i problemi perché tutti siamo capaci di intendere e di volere fino a prova contraria. Quindi dobbiamo definire uno dei parametri ovvero una delle regole perché a colui, il quale ha perso anche transitoriamente la capacità di intendere e di volere, in determinate circostanze, venga attribuito un rappresentante legale (o tutore), nominato, anche lì, attraverso un procedimento civile che si chiama, a seconda dei casi, interdizione o inabilitazione. Tale procedimento identifica questi soggetti che clinicamente sono incapaci di intendere e di volere, attribuendo ad altri la responsabilità e quindi la rappresentanza legale nei confronti della gestione e tutela dei beni di questi soggetti incapaci, per motivi patologici o di infermità, che hanno avuto ripercussioni sulla loro mente. Questi strumenti dell’interdizione o inabilitazione o della rettificazione dell’attribuzione di sesso non sono strumenti molto agevoli nel senso che se il soggetto ha perso ieri la capacità di intendere e di volere e domani necessita di un intervento chirurgico che espone la sua vita a rischio è necessario che qualcuno, validamente, esprima un consenso all’atto medico-chirurgico. Magari può essere differibile nel tempo oppure lo condurrà a morte o si potrebbe dire: “chi ti dice che il soggetto stesso si sarebbe sottoposto a quell’intervento?” e quindi subentrano esigenze che nel nostro ordinamento non sono prontamente risolvibili se non attraverso una prestazione medico-legale o l’intervento di un magistrato. Lo strumento più duttile e rapido per avere qualcuno che esprima il consenso e quindi manifesti la volontà nei confronti di una scelta terapeutica medico-chirurgica

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importante, come la trasfusione di sangue ad esempio, è che il trasfuso, come previsto da una legge ben precisa, sottoscriva obbligatoriamente il consenso a quest’atto. Anche su quest’argomento della “Comunicazione ed informazione” ci sono falsi miti. In inglese si dice “Informed Consent” e noi lo abbiamo tradotto Consenso informato perché gli americani lo definiscono così. Ma Consenso informato che vuol dire? Nulla praticamente. Io direi Informazione e Comunicazione e Consenso. Dobbiamo non solo informare i pazienti o i rappresentanti legali dei pazienti stessi, ma dobbiamo comunicare con loro. Informare significa l’orientamento, ad esempio, riguardo un’isterectomia dove qua c’è il quadro che descrive esattamente quali sono le condizioni per le quali la paziente debba essere sottoposta ad isterectomia. Poi ci sono le procedure d’intervento chirurgico a cui verrà sottoposta la paziente e poi più sotto la firma. Questo non vuol dire proprio nulla. Se un paziente, ad esempio, deve essere sottoposto ad una cateterizzazione venosa centrale, nel foglio del C.I. vi sarà una parte dedicata a tutte le complicanze possibili relative a tale procedura: sepsi, infezioni del sito d’accesso, necrosi, morte, di tutto insomma. Poi il paziente firma. Ma firma cosa? Una cambiale in bianco? Ma che significato ha tutto questo? Niente. Vi leggerò la sentenza di Cassazione che dice a tutti di smettere di considerare le complicanze come un appendice che il paziente deve tollerare. Nessuno tollera le complicanze, se esse sono prevedibili e quindi gestibili in senso preventivo. Secondo voi un paziente deve tollerare una necrosi o una sepsi che deriva dalla cateterizzazione, per poi fare un analisi microbiologica della testa del catetere, che magari avrei dovuto sostituire dopo tot. tempo? Ovviamente non può firmare una cambiale in bianco rispetto al mio comportamento che dovrebbe essere conforme alle linee guida vigenti. Solo le complicanze non prevenibili ed imprevedibili possono essere accettate e quindi sottoscritte in termini di manifestazione di volontà positiva. Vi faccio un esempio: se un pz deve essere sottoposto ad un intervento cardiochirurgico, può mai accettare di morire non per l’intervento in sé ma perché nel reparto di terapia intensiva ci sono dei batteri tipo Acinetobacter o Pseudomonas, che nella fase non chirurgica ma post-chirugica mi provocano un’infezione nosocomiale, meglio detta ICA o infezione correlata all’assistenza, che lo porta a morte? Perchè la dovrebbe tollerare, se voleva solo sopravvivere all’intervento cardiochirurgico? Preferirebbe a questo punto tenersi il suo cuore malato piuttosto. C’è uno strumento normativo, la legge 6 del 2004, che introduce finalmente nel nostro Paese la figura dell’amministratore di sostegno. Chi è questa figura? E’ colui il quale, con una procedura che può durare anche mezza giornata, indaga ed interviene nell’esprimere un consenso all’atto medico-chirurgico, ad esempio alla trasfusione di sangue, laddove non ci troviamo all’interno di un altro caso di non punibilità del reato, detto Stato di necessità. Art.579 c.p. (Omicidio del consenziente): “Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni.” Voi ora potreste dirmi: ma il Consenso informato non ha validità giuridica? E se non ha validità giuridica chi commette l’omicidio del consenziente teoricamente sta commettendo un omicidio doloso oppure colposo e lo deve sapere perché secondo quanto dice l’art.5 c.p. : non è ammessa l’ignoranza della legge penale (quindi, noi tutti cittadini dovremmo conoscere, quantomeno per sommi capi, quali sono i contenuti del codice penale). Ma l’elemento psicologico del reato (doloso, colposo o preterintenzionale) nell’aver ucciso una persona che mi chiede di non soffrire più qual è, posto che secondo l’art.1 non esistono altre ipotesi al di fuori del doloso, colposo o preterintenzionale? Il legislatore ha deciso di introdurre, perciò, una quarta ipotesi nell’art.579 che è l’omicidio del consenziente, in modo da definire esattamente, in un certo senso, il caso in cui un soggetto uccide un altro soggetto

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col consenso di quest’ultimo. Andiamo avanti con la lettura dell’art.579: “Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61. Si applicano le disposizioni relative all’omicidio [575-577] se il fatto è commesso:1) contro una persona minore degli anni diciotto;2) contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;3) contro una persona il cui consenso sia stato estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con l’inganno [613 2]”. Restano di nostro interesse le due ipotesi: minore degli anni diciotto e persona inferma di mente, che dovrebbe quindi essere al di sotto della soglia di capacità di intendere e di volere. Art.580 c.p. (Istigazione o aiuto al suicidio): ”Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima [583]. Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell’articolo precedente (prof: quindi minore età e infermità mentale). Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità di intendere e di volere [85], si applicano le disposizioni relative all’omicidio [575-577]”. C’è un dibattito, che poi discuterete in bioetica, che abbiamo bisogno di norme che vadano oltre perché non siamo solo Italia ma Unione Europea. Perché, quindi, un cittadino italiano, come Piergiorgio Welby, che se avesse le gambe per deambulare potrebbe legittimamente decidere di suicidarsi, non può, invece, chiuso in un reparto ospedaliero, chiedere di terminare la propria esistenza in determinate condizioni, avendo assistenza, tramite una miscela di cloruro di potassio, morfina e propofol senza alcuna sofferenza?

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Come sta scritto in questo lavoro pubblicato nel “Medicine, Science and the Law”, si affronta, dal punto di vista scientifico, il problema relativo al fatto che all’interno dell’UE solo Armenia, Islanda, Italia e Liechtenstein hanno norme che vietano il suicidio assistito, per cui gli italiani vanno in Svizzera.

Infatti, in quest’altro articolo pubblicato su DottNet, c’è scritto come 50 italiani l’anno riescono, in Svizzera, nel loro intento del suicidio assistito. Ma permane il dibattito nel nostro paese su chi li accompagna che violerebbero l’art.580 visto prima. Vi rappresento questa frase che è contenuta in un libro di questo chirurgo Atul Gawande che si occupa molto di bioetica.

Lascio alla vostra lettura quest’altra frase di Piergiorgio Welby.

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Con Welby affrontiamo anche qui il superamento del disposto normativo. Abbiamo detto che l’art.5 c.c. in termini di disponibilità del proprio corpo lo leggiamo in chiave costituzionale orientato, dovendo tutelare la salute in toto dell’individuo, sul fatto che l’integrità fisica debba fare, in alcune circostanze, un passo indietro rispetto a quella psichica. Welby è stato per molti anni, in base alla patologia da cui era affetto, collegato, assolutamente privo della possibilità di parlare, ad un respiratore che lo teneva in vita. Come vi ho detto già l’altra volta l’art.13 della Costituzione recita che “la libertà personale è inviolabile” e libertà personale è da intendersi come libertà morale oltre che fisica, libertà di autodeterminazione ossia di scegliere se tollerare o non tollerare, di fare o non fare, e nessuno, essendo inviolabile, potrebbe obbligarmi, a meno che una disposizione di legge non stabilisce che io che ho commesso un reato devo essere recluso oppure io che sono infermo di mente in determinate condizioni non devo essere curato in modo coattivo contro la mia volontà. Ma chi può evitarmi di oppormi ad un trattamento sanitario che io non voglio? E solo perché sono paralizzato non posso spegnere io da solo il respiratore automatico? Perché deve esistere una cosa del genere?

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Il 20 dicembre, lo stesso giorno alle ore 23.00, alla fine, è successo quello che è vietato dal c.p. art.579 e art.580, col consenso di Welby che era capace di intendere e di volere, il dottor Mario Riccio, che lo ha seguito come esperto di terapia intensiva, lo ha aiutato a morire. Si inizia il procedimento d’ufficio perché l’omicidio del consenziente (art.579) e l’istigazione al suicidio (art.580) sono reati da perseguire d’ufficio, perciò il Procuratore della Repubblica, di norma, è obbligato ad esperire l’azione penale ed indagare sul presunto reato. Nonostante abbia espresso le sue valutazioni, il PM si rivolge al giudice dell’udienza preliminare, che è una sorta di setaccio rispetto al primo grado di giudizio, per discutere, nel contraddittorio tra le parti, se il fatto reato è un fatto reato ed il soggetto attivo possa essere assolto o condannato e il giudice dell’udienza preliminare deve raccogliere elementi dal PM, che esercita l’azione penale e che svolge le indagini, ed esprimere, una volta raccolte le prove, un provvedimento o di proscioglimento (ossia il non luogo a procedere) o di approfondimento delle indagini preliminari o di rinvio a giudizio di primo grado e quindi far decidere al giudice di primo grado se il fatto è reato o no.

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Il 23 luglio 2007 il GUP di Roma, Zaira Secchi, ha definitivamente prosciolto Mario Riccio, ordinando il non luogo a procedere perché non punibile per la sussistenza dell’esimente dell’adempimento di un dovere. Queste sono la prima e l’ultima pagina della sentenza.

La cosa che mi interessa è leggervi questo passaggio che introduce un caso di non punibilità del reato tra i tre, che, vi avevo detto, erano di nostro interesse ossia quello dell’esercizio di un diritto o adempimento di un dovere (Il prof legge per intero le slides). Ovviamente la sentenza argomenta su quale tema? Sul tema dell’art.32 e

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precisamente sul 2° comma dell’art.32 e su ciò che dal 2° comma discende: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Ci deve essere perciò una legge precisa che obblighi a sottoporsi ad un trattamento sanitario. E quali sono i trattamenti sanitari obbligatori voluti dal legislatore a tutela del bene salute individuale e collettivo? Le vaccinazioni obbligatorie e i trattamenti sanitari obbligatori o TSO. Vi lascio questo indirizzo sul “caso” di Dominique Velati (link Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=KAh6DVGvXzk). Il caso del dottore Mario Riccio con la dottoressa Zaira Secchi, che lo ha assolto, ci permettono di introdurre il contenuto dell’art.51 c.p. (Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere):

Direi che non c’è molto da spiegare. La legge penale è molto chiara salvo dover rappresentare, per quanto ci interessa, alcune questioni. Il dottore Riccio, nonostante abbia commesso un reato, non è punibile in quanto giustificato dall’adempimento di un dovere, che può essere dettato da una norma costituzionale o da una norma contenuta nel codice penale. In tale circostanza la dott.ssa Secchi argomenta sulla norma del c.p. ossia quella del 610 “la violenza privata” nel senso che non si può obbligare nessuno a fare o tollerare qualcosa che il soggetto passivo non vorrebbe fare o tollerare. Quindi è assolutamente legittimo e non punibile commettere un reato nel pieno adempimento del proprio dovere professionale, imposto sempre dalla legge. Passiamo all’adempimento di un dovere.

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In cosa consiste il Comando di legge? Esso deriva nel caso della denuncia di malattie infettive e, come avete già studiato, ci sono 5 classi di malattie infettive da denunciare entro un determinato tempo. Ciò non vuol dire commettere il reato di rivelazione del segreto d’ufficio ovvero rivelazione del segreto professionale perché c’è un comando di legge che mi obbliga, ravisandosi qui la giusta causa, di cui all’articolo 622 del c.p., ad ovviare in questa evenienza. Il Comando di legge può derivare nel caso di TSO. In questo caso, non è punibile chi adempie ad un dovere che è quello di coattivamente obbligare un paziente ad una terapia che non vuole che gli si somministri se le condizioni sono quelle di cui alla legge 180 del 1978. Ordine dell’Autorità: (trasfusione su dissenziente..somministrazione del “metodo Stamina”..prelievo “coattivo” per ordine dell’Autorità Giudiziaria..). Nel caso di un testimone di Geova, nessuno può imporre a lui di sopravvivere con la trasfusione se egli non lo vuole. Non abbiamo questo potere, ma abbiamo solo la facoltà di curare chi vuole essere curato. E quindi la trasfusione su dissenziente non può essere imposta. Può essere imposta, però, nell’ipotesi di un minore con genitori Testimoni di Geova che ancora non ha fatto la sua scelta in ambito religioso (posto che comunque la Costituzione controlla e tutela il credo religioso di ciascuno di noi), se la condotta dei genitori è pregiudizievole e lo potrebbe essere nella scelta di non trasfondere il minore, in quanto il minore è minore fin quando la responsabilità dei genitori non determini il reato di cui all’art.572 (Maltrattamento verso familiari e conviventi). Tale reato è perseguibile d’ufficio, per il quale siamo obbligati ad avvisare l’Autorità Giudiziaria e per il quale l’A.G. non è detto che escluda, attraverso un provvedimento, la responsabilità di due genitori, definiamoli, irresponsabili che violano l’art.572. Quindi, solo in questo senso è lecito avviare un iter per trasfondere obbligatoriamente oppure nel caso in cui ci sia lo Stato di necessità. “Somministrazione metodo Stamina”: sapete cosa è successo col metodo Stamina? E’ successo che, su base anche costituzionale, molti giudici hanno imposto la somministrazione di tale metodo che effettivamente nessuno ha mai validato, anzi sapete com’è finita col metodo Stamina. Per cui, come vedremo, in certe circostanze, un magistrato può imporre la somministrazione di tale metodo. Prelievo “coattivo” per ordine dell’A.G.: tale prelievo lo prevediamo, invadendo la sfera personale di un soggetto, quando quella persona è sottoposta ad indagini per reati piuttosto gravi o se è necessario raccogliere un campione di sangue all’interno della legge che istituisce nel nostro Paese il trattato di Prum, ossia la legge 85 del 2009 che introduce l’art.224 bis del c.p. a proposito dell’obbligatorietà a sottostare ad un prelievo di un campione biologico da cui si ricava un profilo DNA da inserire nella cosiddetta banca dati nazionale del DNA oppure, secondo l’art.16 della legge 66 del 1996, l’indagato per il reato di violenza sessuale può essere e viene obbligato al prelievo per la determinazione di malattie sessualmente trasmissibili allo scopo di proteggere, laddove sia possibile, la persona offesa dal reato di violenza sessuale che fino al 1996 era un reato contro la morale pubblica e il buon costume. Ora, per fortuna, la violenza sessuale è un reato che offende la persona. Esercizio di un diritto: è quello che ognuno di noi può evidenziare rispetto “all’Orario di servizio” ovvero “all’Istituto di pronta disponibilità (reperibilità)”. Che vuol dire “Orario di servizio”? Es.: “Devo andar via. Anche se prudentemente e diligentemente io posso rimanere in reparto oltre l’orario di servizio, ma io devo andar via. E’ chiaro che in un ambito di attività lavorativa di equipe è difficile dire, alle 8 di sera, finisco di lavorare, vado via ed il paziente così può morire, ma nessuno mi potrà contestare e dire, se ho lasciato evidentemente delle consegne adeguate al subentrante, che la colpa di quella persona mi può essere ascritta perché non sono rimasto in reparto.” Altro caso di non punibilità del reato è quello della Pronta disponibilità o reperibilità.

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Sapete cos’è la reperibilità? Il medico o chirurgo reperibile è a casa e, sempre se le condizioni del paziente lo richiedono e in relazione all’organizzazione del servizio, può essere chiamato in reparto o in sala operatoria per operare il paziente. L’accordo collettivo nazionale prevede che il servizio di Pronta disponibilità possa usufruire di un tempo di latenza quindi di raggiungimento del posto di lavoro di 20-30 minuti. Quindi, se il paziente muore ed io sono arrivato al 29esimo minuto, nessuno mi potrà contestare ovvero io potrò far valere il diritto di arrivare all’interno di una norma codificata, anche se in ritardo rispetto alla sopravvivenza del paziente ma comunque non in ritardo rispetto alla liceità che deriva dall’osservanza della disposizione normativa. Il problema che abbiamo è che ci sono colleghi che hanno casa a Taormina o altrove e mi fermo qui.