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Fibrillazione atriale Prof. Luzza21-10-2016 La fibrillazione atriale (FA) si definisce come una aritmia sopraventricolare caratterizzata da un’attivazione elettrica atriale incoordinata delle fibre che lo compongono , alla quale può conseguire un disturbo meccanico. Frutto di questa attivazione incoordinata è l’assenza dell’onda P nel tracciato elettrocardiografico, mentre si possono riscontrare la presenza delle onde f di fibrillazione, e l’irregolarità degli intervalli RR poiché questa attività elettrica caotica determina che non tutti gli impulsi riescano ad arrivare a livello del nodo A-V , alcuni impulsi riescono a passare e attivare i ventricoli, altri no, di conseguenza l’attivazione avverrà in maniera irregolare , il che significa che ci sarà una meccanica ventricolare irregolare con alterata sistole ventricolare . Quindi all’auscultazione i battiti si susseguiranno in maniera irregolare, con 1° e 2° tono irregolari e pause differenti ; anche il polso sarà irregolare. Non bisogna confondere il concetto di fibrillazione atriale con quello dell’aumento della frequenza, infatti nella fibrillazione la frequenza può essere del tutto normale o anche ridotta ; alla fibrillazione si può associare anche una bradicardia o persino un BAV , poiché se nessuno impulso riesce a passare e giungere al nodo A-V , se non si hanno ritmi di scappamento, non si ha attività elettrica. 1

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Fibrillazione atriale

Prof. Luzza21-10-2016

La fibrillazione atriale (FA) si definisce come una aritmia sopraventricolare caratterizzata da un’attivazione elettrica atriale incoordinata delle fibre che lo compongono , alla quale può conseguire un disturbo meccanico. Frutto di questa attivazione incoordinata è l’assenza dell’onda P nel tracciato elettrocardiografico, mentre si possono riscontrare la presenza delle onde f di fibrillazione, e l’irregolarità degli intervalli RR poiché questa attività elettrica caotica determina che non tutti gli impulsi riescano ad arrivare a livello del nodo A-V , alcuni impulsi riescono a passare e attivare i ventricoli, altri no, di conseguenza l’attivazione avverrà in maniera irregolare , il che significa che ci sarà una meccanica ventricolare irregolare con alterata sistole ventricolare . Quindi all’auscultazione i battiti si susseguiranno in maniera irregolare, con 1° e 2° tono irregolari e pause differenti ; anche il polso sarà irregolare.

Non bisogna confondere il concetto di fibrillazione atriale con quello dell’aumento della frequenza, infatti nella fibrillazione la frequenza può essere del tutto normale o anche ridotta ; alla fibrillazione si può associare anche una bradicardia o persino un BAV , poiché se nessuno impulso riesce a passare e giungere al nodo A-V , se non si hanno ritmi di scappamento, non si ha attività elettrica.

E’ importante evidenziare che per avere contezza della presenza di una fibrillazione atriale non ci si può affidare soltanto alla auscultazione e alla palpazione del polso in quanto è possibile riscontrare un ritmo praticamente normale , ma è necessario effettuare un tracciato elettrocardiografico per evidenziare le caratteristiche sopracitate ( assenza onde P e presenza di onde F) e verificare la presenza di minime irregolarità degli intervalli R-R (ma possono essere anche costanti) che all’auscultazione non è possibile evidenziare. Questo può esserci o per effetto dei farmaci che rendono ritmica la fibrillazione atriale o nel caso di una fibrillazione atriale presente da lungo tempo dove tende a svilupparsi una ‘ ritmicizzazione’ dell’aritmia.

La diagnosi definitiva , dunque, va sempre fatta con l’aiuto dell’ECG.

La fibrillazione atriale è tanto più frequente quanto più la popolazione invecchia, è facile ritrovarla nei soggetti anziani, indipendentemente da altre patologie che la possono scatenare o fare insorgere. Siccome la nostra popolazione tende ad aumentare e progredire con l’età , è una aritmia che è sempre più frequente , con la quale qualsiasi medico finirà a confrontarsi.

Spesso non è una condizione per niente benigna in quanto può sfociare in stroke, rende meno efficiente il paziente riducendo la funzionalità cardiaca e può portare ad una insufficienza cardiaca e inoltre spesso è associato ad un deterioramento cognitivo cerebrale per le microembolizzazioni ripetute dovute ad una fibrillazione atriale misconosciuta.

La fibrillazione atriale può essere:

-altamente sintomatica

-minimamente sintomatica

-asintomatica

Proprio per questa ultima possibilità è bene andare a ricercare questa condizione in tutti i pazienti a rischio, al di sopra dei 65 anni ogni qual volta viene visitato dal medico di base.

Le nuove linee guida si sono soffermate proprio su questo punto dato che molto spesso si tratta di forme asintomatiche, per esempio nei soggetti portatori di pacemaker o defibrillatore, proprio perché il ritmo in questi pazienti è governato da pacemaker o defibrillatore e il paziente non avverte il cambiamento di ritmo , e l’ incidenza di episodi di fibrillazione atriale misconosciuti aumenta notevolmente. Questi dispositivi oggi hanno la possibilità di registrare l’attività elettrica cardiaca del paziente e trasmetterla nei centri di riferimento quindi individuare la presenza di una eventuale FA.

Nei pazienti che hanno presentato un ictus in cui si va ad effettuare un tracciato , questo può mostrarsi del tutto normale , dunque in questi casi è necessario effettuare una registrazione prolungata di almeno 72h, in quanto può essere una FA regredita spontaneamente. In questi pazienti si possono impiantare dei dispositivi esterni che hanno una durata fino a 14 giorni, e dispositivi sottocutanei che possono avere una durata fino a 3-4 anni e seguire questi pazienti.

[L’iniziale registrazione dinamica elettrocardiografica fu effettuata da Holter , un fisico americano che negli anni ‘40 si portava dietro l’elettrocardiografo rendendo possibile la registrazione dell’ Holter ( appunto) ]

Attualmente i dispositivi che permettono di registrare l’Holter inviano dei messaggi tramite internet se riconoscono la fibrillazione atriale o altre aritmie in tempi immediati entro 4 minuti.

Esempio di fibrillazione atriale:

In base al pattern di presentazione dell’ aritmia, la gestione del paziente può essere differente ; a questo proposito abbiamo una classificazione :

- Primo episodio diagnosticato;

- Parossistica ,(in passato si intendeva una FA ad insorgenza rapida e interruzione altrettanto rapida e spontanea)attualmente la definizione è quella di una FA che ha una durata inferiore a 7 giorni indipendentemente dalla regressione spontanea o meno;

- Persistente, (in passato si intendeva una FA che non cessa spontaneamente ma vi era la necessità dell’intervento di un medico) attualmente il termine si riferisce a una FA che ha una durata superiore ai 7 giorni [ maggiore è la durata della FA minore sarà la possibilità che regredisca spontaneamente, in quanto si instaurano delle modifiche elettrofisiologiche che tendono a perpetuare l’aritmia]

- Persistente di lunga durata, per esempio può permanere anche per più di un anno;

- Permanente, quando si tratta di una forma cronica di FA.

Possono anche esserci, passato l’episodio , dei fenomeni di FA recidivanti.

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Obiettivi in un paziente con FA:

1)Oggi si discute molto sulla prevenzione del rischio trombo-embolico, questo fenomeno può determinare gravi danni sia a livello cerebrale ma anche ad esempio a livello degli arti inferiori, i reni ( anche se è più difficile ), infarto per embolizzazione in una coronaria, fenomeni più rari ma comunque che possono accadere.

2)Garantire il benessere al paziente: sicuramente quello che fa stare male il paziente è il cardiopalmo [ la percezione del proprio battito cardiaco],il quale può essere normo-frequente o tachi-frequente, può essere aritmico o ritmico, aritmico per singolo battito ( extrasistolia) o per aritmia totale ( FA) . Questo è un quadro soggettivo.

3)Un quadro invece oggettivo può essere dovuto a una importante riduzione della gittata cardiaca, che si può manifestare con sincope, con astenia , con edema polmonare. Fisiopatologicamente questo è dovuto a monte alla compromissione della contrazione atriale, che in condizioni normali contribuisce al riempimento ventricolare, questo avviene in 3 fasi : riempimento atriale rapido passivo , riempimento atriale lento passivo e riempimento atriale attivo ( appunto dato dalla contrazione atriale) , quest’ultimo contribuisce di per sé per il 10-15% al riempimento ventricolare. Tutto varia a seconda di alcune condizioni: la frequenza cardiaca, più è alta più si riduce la diastole e di conseguenza il riempimento ; in un soggetto sano (es. atleta) la FA non da problematiche di questo genere, mentre in un soggetto con una funzionalità cardiaca compromessa con una cardiopatia di base questo ha invece una notevole importanza. Ad esempio nella stenosi mitralica la FA darà importanti ripercussioni emodinamiche con conseguenti edema polmonare, sincope ecc. Oppure anche in quelle patologie cardiache che riducono la compliance della parete : cardiomiopatia ipertrofia(es. cardiomiopatia ipertensiva, che è secondaria a ipertensione), quadri restrittivi puri (più rari), oppure quando c’è un aumento della pressione telediastolica ventricolare ossia nella insufficienza cardiaca. In queste situazioni lo svuotamento dell’atrio nel ventricolo ostacolato e l’ aumento della frequenza con perdita della contrazione atriale possono mandare il soggetto in IC grave. In questi pazienti si deve controllare la frequenza e effettuare trattamenti medici adeguati , e sono proprio questi i pazienti in cui si deve evitare l’insorgenza di un edema polmonare ancor prima delle complicanze tromboemboliche.

Contemporaneamente si deve quindi pensare alla riduzione della sintomatologia e alla stabilità del quadro emodinamico, riducendo la frequenza se questa è alta. Inoltre se si prende in considerazione di riportare il paziente al ritmo sinusale , si effettua una cardioversione inizialmente farmacologica, e eventualmente elettrica oppure direttamente quella elettrica.

Una volta effettuata la cardioversione o una volta che il paziente è ritornato al ritmo sinusale spontaneamente, si deve fare in modo da evitare altri episodi di FA.

PREVENZIONE DEL RISCHIO TROMBOEMBOLICO

10 anni fa venivano raccolti quelli che erano i principali fattori di rischio tromboembolico: la storia clinica del paziente, ossia se già ha presentato ictus in passato, pazienti con protesi valvolari, pazienti con stenosi mitralica. Attualmente vi sono dei parametri più precisi in base ai quali vengono attribuiti dei punteggi ( es. insufficienza cardiaca, problemi vascolari.) che permettono di definire in percentuale, in base al punteggio raggiunto , il rischio tromboembolico. I pazienti che hanno una FA hanno un rischio 4-5 volte maggiore di sviluppare un evento tromboembolico (rispetto allo stesso paziente che non ha la FA).

In base a questo si deve intervenire chiaramente con farmaci anticoagulanti , quindi ci sarà il rischio di emorragia. A proposito di questo si ha una tabella , la HAS-BLED, dove ci sono i fattori che favoriscono i fenomeni emorragici e permettono di bilanciare i pro e i contro della terapia anticoagulante.

Attualmente quello che è importante nella prevenzione delle manifestazioni tromboemboliche è usare il CHADS- VASC : quando c’è un CHADS VASC maggiore o uguale a 2 è mandatorio effettuare una terapia anticoagulante, a meno che non ci sia un elevatissimo rischio anche emorragico.

Non è obbligatorio effettuare la terapia anticoagulante, quindi nei pazienti con un solo fattore di rischio si può anche evitare. Essere donne è già un fattore di rischio, quindi per le donne si deve arrivare a 3 perché uno già è insito.

L’aspirina in questo contesto non ha senso usarla, poiché ha un basso potere di prevenzione tromboembolico nel caso della fibrillazione atriale( mentre alto nel caso della trombosi coronarica, ma quello è un altro discorso). In questi casi si utilizzano gli anticoagulanti, l’aspirina viene utilizzata nei casi in cui il rischio di un evento tromboembolico è estremamente basso , ma in realtà quando è basso è inutile prendere un farmaco in quanto si va incontro agli effetti collaterali dell’aspirina che non sono affatto inferiori a quelli degli anticoagulanti orali. Nel 2012 è stato detto che si può usare l’aspirina solo nei pazienti a basso rischio ma che è meglio utilizzare gli anticoagulanti, e nei pazienti che non hanno fattori di rischio è meglio non utilizzare nulla.

Domanda : L’aspirina non è un antiaggregante ?

Risposta del prof. : appunto , quello che regola la formazione tromboembolica non è l’aggregazione piastrinica, questo è il problema . utilizzando sia aspirina e anticoagulanti si aumentano di molto i rischi (effetti collaterali) , aumentano poco o nulla i benefici.

L’aspirina è fondamentale come antiaggregante quando abbiamo la formazione di trombi bianchi arteriosi e soprattutto coronarici , lì dove si ha la aggregazione piastrinica, e spesso si associa anche ad altri antiaggreganti. Infatti in questi pazienti non si utilizzano anticoagulanti a meno che non abbiano anche una FA, allora si aggiunge il terzo farmaco che è l’anticoagulante. Nella cardiopatia ischemica si utilizza l’anticoagulante solo nella fase acuta.

Nella FA l’aspirina ha come sua unica giustificazione nei pz che non possono fare uso di anticoagulanti.

STRATEGIA DI CONDOTTA CHE SI DEVE ATTUARE PER RIPRISTINARE IL RITMO SINUSALE.

Il rischio della FA in acuto è la formazione del trombo; al ripristinare il ritmo sinusale se si è formato il trombo[il quale si forma nelle auricole perché il lavaggio delle pareti dell’atrio( lungo l’asse vene polmonari- orificio mitralico) è sempre presente anche senza contrazione atriale, nel recesso cioè nelle auricole se non si ha la contrazione c’è stasi , si ha quindi un meccanismo di tipo venoso , ecco perché ci vuole l’anticoagulante] aumenta il rischio che il trombo si frantumi. Se si vuole cardiovertire il paziente , prima delle 48h difficilmente si è formato il trombo soprattutto considerando pazienti che hanno bassi fattori di rischio e basso CHADS-VASC .

È importante sapere il momento di insorgenza ed esserne certi così da poterlo cardiovertire, ma facciamo lo stesso un farmaco anticoagulante, quali eparina o i nuovi anticoagulanti che agiscono velocemente, mentre i vecchi anticoagulanti non li possiamo usare perché agiscono nell’arco di giorni, non hanno indicazione neppure le eparine a basso peso molecolare.

Se sono passate più di 48h c’è il rischio che il paziente abbia formato un trombo dunque la cardioversione può essere particolarmente pericolosa ( meglio avere il paziente fibrillante senza ictus e non un paziente con ritmo sinusale ma con un ictus ). Allora si deve effettuare una scoagulazione immediata con eparina o con i nuovi anticoagulanti orali, oppure iniziare con ilwarfarin e fare un trattamento per un mese così da assicurarsi di aver sciolto il trombo o quella porzione di trombo friabile che può frammentarsi e dare luogo all’embolo.

[I nuovi anticoagulanti non sono inferiori al warfarin, ci sono studi a riguardo, ma chiaramente non possono essere utilizzati se ci sono protesi valvolari, in questo caso sono controindicati; inoltre bisogna tenere in considerazione che usare il warfarin non è facile in quanto il medico deve dosarlo.]

Se si riesce a fare un ecocardiogramma transesofageo, è possibile valutare la presenza del trombo, specialmente controllando a livello delle auricole, e se assente si può effettuare la cardioversione.

Un’altra cosa importante è che una volta che si è effettuata la cardioversione si deve lo stesso eseguire la terapia anticoagulante in quanto il cuore potrebbe ancora non aver ripreso la normale attività meccanica, quindi persiste ancora il rischio tromboembolico, questo è tanto più vero quanto più il paziente è stato in fibrillazione: se il paziente è stato un mese in fibrillazione , dovrà fare un mese di terapia anticoagulante , e dopo la cardioversione , un altro mese di terapia anticoagulante. Nel caso in cui si sia verificata l’assenza del trombo con un transesofageo allora la terapia anticoagulante si farà per due o tre giorni.

Se l’epoca non è precisata , ad esempio in caso di FA paucisintomatica e riscontro casuale della FA, non si può dedurre quanto tempo prima è insorta , lo si deve considerare come se fossero passate più di 48h. Se è passata più di una settimana, è possibile riscontrare delle alterazioni dello stato emodinamico, quindi il paziente ha un accentuazione della sintomatologia , con astenia, dispnea.

CONTROLLO DELLA FREQUENZA

Per il paziente che ha una forma ‘acuta’ , con cardiopalmo , e sintomi da bassa portata e devo ridurre la frequenza, e per il paziente con una forma cronica poiché non può vivere con 100 bpm . Se c’è un aumento della frequenza in un range accettabile, non si fa nulla.

I farmaci sono gli stessi, in un caso si useranno per endovena per avere una risposta più rapida possibile per migliorare o alleviare subito la sintomatologia, nell’altro caso si danno per os.

Sono farmaci che agiscono sul nodo atrio-ventricolare, poiché la risposta ventricolare è governata dalla capacità del nodo atrio-ventricolare di condurre l’impulso.

1)Il farmaco più vecchio è la digitale, per via endovenosa o per os;

2)i farmaci più efficaci sono i beta-bloccanti, poiché a livello del nodo AV riducono l’influenza del sistema adrenergico e aumentano quella del sistema vagale e aumentano la refrattarietà;

3)gli altri farmaci sono i calcio-antagonisti non diidropiridinici, quindi diltiazem e verapamil, sempre per ev o per os;

4) infine , l’ amiodarone, che si usa sempre meno in quanto si hanno delle alternative, usarlo solo per ridurre la frequenza è un po’ esagerato, anche perché a lungo andare può avere degli effetti collaterali soprattutto per il fatto che contiene iodio e può dare patologie tiroidee ( ipo- o ipertiroidismo) , però in vena lo posso utilizzare specie se non si possono utilizzare i beta-bloccanti , ad esempio in pazienti che hanno già una bassa frazione di eiezione usare il betabloccante anche se ha l’effetto benefico di riduzione della frequenza mi comporta un effetto malefico per la riduzione dell’inotropismo, lo stesso i calcio antagonisti. Si può usare invece la digitale, poiché non è molto potente, insieme all’amiodarone, ma nella FA cronica non ha tanto senso.

Un’altra possibilità, che si utilizza sempre meno e si utilizza nel cronico, è l’ablazione transcatetere, in quei pazienti in cui non si riesce a controllare in nessun modo la FC neanche con l’associazione di questi farmaci, si deve ricorrere all’ ablazionetranscatetere, si va ad ablare il nodo AV, si provoca un blocco atrioventricolare , previamente impiantato un pacemaker , altrimenti il paziente va in arresto cardiaco. È una procedura brutta in quanto il paziente è dipendente dal pacemaker, che per fortuna si utilizza sempre meno.

RIPRISTINO DEL RITMO SINUSALE

Cardioversione farmacologica e cardioversione elettrica.

La cardioversione elettrica si effettua con il defibrillatore, può essere urgente e può essere elettiva.

Nel primo caso si deve intervenire immediatamente quando si ha un deterioramento emodinamico, quando il paziente è in edema polmonare .Si cerca prima di trattarlo farmacologicamente, ma se non sono efficaci e non gli passa la fibrillazione atriale , si deve fare la cardioversione elettrica.

Oltre al problema emodinamico ci può essere un altro problema: quando si ha una elevata risposta ventricolare in quanto è presente una via accessoria ,cioè il fascio di Kent, la sindrome di Wolf-Parkinson-White, è una fibra Na-dipendente, non calcio-dipendente, e può consentire di avere una frequenza di 300 bpm e passa, che comporta una alterazione a livello emodinamico, che un cuore sano in un soggetto giovane può anche sopportare ma fino ad un certo punto, ma che può anche degenerare in una fibrillazione ventricolare e si deve intervenire subito, perchè qualche QRS potrebbe inserirsi nel periodo vulnerabile e degenerare in FV, evento non frequentissimo però se il soggetto giovane con fibrillazione atriale 300 e passa di frequenza, il defibrillatore va utilizzato. Si fanno i farmaci per cercare di fare passare l’aritmia, se non passa dopo un poco, non si può lasciare il soggetto a 300.

Elettiva: significa programmata. La si programma quando i farmaci sono stati inefficaci, si è tentata una cardioversione farmacologica ma è risultata inefficace. L’indirizzo è che se il farmaco scelto è risultato inefficace si effettua una cardioversione.

È programmata quando il paziente ha la fibrillazione atriale da lungo tempo, se il pz ha FA da un mese, o non datata , la fibrillazione atriale tende a non rispondere i farmaci, è inutile che si prova 2-3-4 giorni, con i farmaci con il rischio che i farmaci al 90% saranno inefficaci e poi si dovrà fare la cardioversione elettrica, si fa direttamente la cardioversione elettrica.

Cardioversione farmacologica

I tre farmaci principali che si possono avere a disposizione sono:

1) un farmaco vecchio che si è utilizzato per anni che è la chinidina (una volta era l’unico farmaco). Esiste nella formulazione PRONTA che è quella che va utilizzata,(?) ha come problema quello che deve essere utilizzato frequentemente cioè ogni 4 ore, massimo ogni 6h . La chinidina ha un altro problema cioè che ha un effetto vagolitico quindi può aumentare la risposta ventricolare. Se il paziente parte da 120 di frequenza e gli si da la chinidina, correrà il rischio di stare male perchè la fibrillazione non gli passa e in quel tempo la sua frequenza aumenta a 150 quindi lo si deve associare a farmaci che bloccano il nodo, infatti oggi c’è l’associazione digitale-chinidina, oggi si può fare il beta bloccante, si può fare il calcio antagonista e la chinidina, si può fare solo la chinidina se la frequenza è 80-90bpm. Altro problema della chinidina è che allunga l’intervallo QT, tipico con la chinidina(chiaramente ci sono pazienti che possono avere un allungamento maggiore altri minore) , espone il paziente a rischio di torsione di punta. Questa è stata una dei motivi per cui la chinidina è stata bandita secondo le linee guida, però ultimamente è stato riammesso nelle ultime linee guida perché si hanno pochi farmaci a disposizione.

Se il paziente ha già un QT lungo di suo non si va ad utilizzarla. Ovvio che dopo la prima dose, specie se il pz non ha una storia di utilizzo di chinidina, se già l’ha fatta 50 volte la chinidina, si usa tranquillamente, ma se è la prima volta, dopo la prima dose e anche dopo la seconda si deve andare a vedere come si comporta l’intervallo QT. Queste sono le cose principali.

Minore disturbo può essere che il paziente ha frequenti evacuazioni con la chinidina, se non sono una cosa terribile si può continuare, se sono una cosa importante potrebbe perdere elettroliti e liquidi, la si deve interrompere.

2) La flecainide e

3) il propafenone sono farmaci della cosiddettaclasse 1c, farmaci nuovi che hanno un po’ spodestato la chinidina ma in realtà non sono più efficaci rispetto la chinidina. Hanno un grosso vantaggio cioè possono essere usati per via venosa, chiaramente solo in ospedale. Quindi succede che il tutto può essere risolto in maniera più pronta.

Però tutti i farmaci antiaritmici hanno effetto inotropo negativo e questi farmaci in particolare ce l’hanno più marcato della chinidina. Quindi, se un paziente ha una bassa frazione di eiezione sono controindicati. Un paziente con FA che ha una insufficienza cardiaca, e la fibrillazione la peggiora, non può fare questi farmaci.

Questi farmaci bloccano le fibre sodio-dipendenti, non solo a livello atriale ma anche a livello delle branche dx e sx , dunque possono indurre un blocco di branca. Se il paziente ha già un blocco di branca o è responsivo in maniera particolare, ci può essere un slargamento mostruoso del QRS e arrivare all’arresto cardiaco. Quindi non è che siano farmaci più tranquilli della chinidina. Possono essere di pari efficacia, efficaci più prontamente , ma bisogna scegliere il profilo giusto del paziente a cui somministrarli.

4) Il farmaco meno efficace dal punto di vista di percentuale di incidenza del? del Ritmo sinusale, ma più tranquillo da usare è l’amiodarone, per vena, perché per bocca ci sta settimane prima di raggiungere lo steady state quindi non si può usare per os. Mi controlla la risposta ventricolare, va bene nell’insufficienza cardiaca perchè non deprime in maniera particolare la frazione di eiezione, allunga anche lui il QT, oltre a provocare problemi tiroidei, ma nella forma acuta questo problema è di secondo piano.

Si prova ad effettuare questa terapia per 2-3 giorni massimo. Dopodiché se la paziente non ha risposto, si passa allo step successivo che è la cardioversione elettrica, altrimenti si lascia il paziente in fibrillazione atriale permanente, cioè cronica.

Un concetto interessante è quello del “Pill in the pocket”: se si intervieneil più precocemente possibile, si ha la possibilità di interrompere subito la fibrillazione atriale, più percentuali di successi.

Quindi se il paziente già a casa senza andare a fare una fila in ospedale, si prende subito la sua compressa, è un qualcosa di fattibile, si può fare. È stato documentato con la flecainide e propafenone. [ questi sono i dosaggi, linee guida americane, sono dosaggi un po’ sostanziosi, io non li darei questi dosaggi basta andare su dosaggi normali di flecainide, 300 mg sono 3 compresse in una volta meglio evitare.]

Linee guida generali: il paziente deve riconoscere la fibrillazione atriale, perché la ha avuta più volte, in quel caso si prende il farmaco ( flecainide, propafenone, chinidina) che ha già preso in precedenza, poiché già si sa che non ha dato problemi, in ogni caso se dopo la prima compressa non passa, il paziente va rivisitato. Questo quando il paziente è in una situazione stabile, poiché se il paziente arriva con un febbrone o comunque una situazione diversa dal solito, allora non è più una situazione di sicurezza e non si può effettuare questa terapia. Quando si ripete la terapia bisogna fare contemporaneamente l’anticoagulante.

PREVENZIONE DELLE RECIDIVE:

Non sempre va fatta la prevenzione delle recidive. Se quel paziente ha fatto la FA per cause occasionali ( grande terrore, lutto in famiglia) è inutile che si fa la prevenzione. Se invece ci sono fattori predisponenti, bisogna rimuoverli. Questi possono essere insufficienza cardiaca, ipertensione, stenosi mitralica, e si tratta quindi la patologia di base per prima cosa.

Seconda cosa: potrebbe esserci la sindrome di wolf-Parkinson-White, e si effettua la ablazione e probabilmente non avrà più episodi di fibrillazione atriale.

Terza cosa: ipertiroidismo, è una di quelle condizioni che può determinare la fibrillazione atriale (la FA, oltre la tachicardia sinusale, è una delle due aritmie che può essere imputabile all’ipertiroidismo, extrasistole e cose varie con l’ipertiroidismo non c’entrano nulla).

Altra situazione può essere la Holiday HeartSyndrome, ossia un soggetto che ha mangiato molto durante le vacanze, e può verificarsi una FA. È inutile in questo paziente effettuare una prevenzione della FA, gli si dirà semplicemente di seguire una dieta.

TERAPIA FARMACOLOGICA

Il farmaco più efficacie non è la chinidina in quanto per il cronico non va bene, perché non ha efficacia pari a quella degli arti farmaci e soprattutto aumentano gli effetti collaterali, quale allungamento de QT.

Il farmaco più efficacie è l’amiodarone, ma questo da problemi tiroidei. Ci sono farmaci beta-bloccanti, che sono della stessa classe dell’amiodarone, come **, che però purtroppo non hanno la stessa efficacia dell’amiodarone.

In cronico si possono usare il propafenone e flecainide, sempre se manca il blocco di branca sinistra in particolare, ma anche destra, e se il paziente non ha una insufficienza cardiaca con bassa frazione di eiezione, altrimenti si utilizza l’amiodarone.

ULTIMO CONCETTO:

Quando si ha il paziente il FA , c’è stata la recidiva, oppure ha la FA in quel momento, ci sono due strategie: 1) ripristinare il ritmo dando farmaci o eventualmente elettroshock ; 2) lasciarlo in fibrillazione e far si che diventi cronico , e controllare solo la risposta ventricolare. Nonostante tutta una serie di studi, non si è dimostrato che una sia migliore dell’altra per quello che riguarda la sopravvivenza. È chiaro che essere in ritmo sinusale sia molto meglio che essere fibrillante, ma bisogna vedere quanto costa essere in ritmo sinusale, se si espone il paziente agli effetti collaterali dei farmaci antiaritmici, se ogni volta deve fare l’elettroshock, se le recidive sono ogni settimana, non si può fare una cardioversione ogni settimana. Molto viene governato dai sintomi: se il paziente regge bene la FA , si è incentivati a lasciarlo in FA; mentre se è terribilmente sintomatico in FA , si è incentivati a fargliela passare costi quel che costi. Soprattutto nei soggetti giovani è più facile tendere a ripristinare il ritmo sinusale, mentre nei pazienti anziani si tende a lasciare il paziente il FA, dove la percentuale di incidenze di FA è molto elevata di conseguenza tornerà presto in FA, e inoltre la FA non lo danneggia più di tanto. Chiaramente il paziente in FA cronica dovrà fare la terapia anticoagulante,e lo dovrà fare anche il soggetto che ha recidive frequenti . Ciò che favorisce il controllo del ritmo, cioè ripristinare il ritmo sinusale è la prima o le primissime insorgenze di FA.

Uno dei punti durante FA può essere quello di mantenere la FC accettabile, che può ottenersi con un farmaco o che può ottenersi con due o più farmaci. Questi pazienti devono fare esami Holter frequenti, il farmaco mi può controllare la frequenza ma ad un certo punto può dare anche delle pause improvvise, potrebbe avere una sintomatologia vertiginosa : con una frequenza di 70 e va bene ma ci sono pause di 4-5 secondi e bisognerebbe impiantare un pacemaker. Detto questo oggi si tende a veitare questo possibile effetto collaterale cercando di non avere come obiettivo una frequenza cardiaca molto bassa: cercando di mantenere la FC a 80-90 evitando queste pause se si riesce.

[Appunto del prof.in seguito ad una domanda:

Dissociazione atrio-ventricolare: è quando all’ ECG l’atrio si attiva per i fatti suoi , e il ventricolo anche, in maniera indipendente fra di loro. Nella fibrillazione atriale c’è la dissociazione atrio- ventricolare per definizione.

Dissociazione elettro-meccanica: all’attività elettrica del cuore non segue quella meccanica, avviene quando il paziente è lì lì per andarsene, si ha una grave acidosi, o più frequentemente c’è una rottura di cuore. ]

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