Unmilioneottocentomilapassi - estratto libro - Paoline

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Il cammino di Santiago nel diario di pellegrinaggio di una mamma col suo bambino di otto anni: da percorso fisico, faticoso e pieno di imprevisti, a viaggio interiore verso la scoperta di sé e delle cose essenziali. http://www.paolinestore.it/shop/unmilione-ottocentomila-passi.html

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PAOLINE Editoriale Libri

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Ai miei genitori,che mi hanno insegnato a camminare.

A mio figlio,che ha camminato con me.

A chi cerca il suo sogno,passo dopo passo.

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PREMESSA

Scrivere del Cammino… com’è difficile!Con tutta probabilità si tratta di un compito im-

possibile: sembra che non esistano le parole adatte a raccontare quello che si è visto, quello che si è vissuto. Sembra che tutto quel camminare si possa spiegare – inutilmente – solo a chi lo conosce già, a chi ha per-corso la medesima strada, a chi si è già trovato a seguire fiducioso le frecce gialle che marcano la via verso la tomba dell’Apostolo.

Eppure il bisogno di raccontare è fortissimo, davve-ro ti esplode dentro.

Ma parlarne tra pellegrini, proprio non serve. Basta uno sguardo per capirsi, un sorriso complice che rivela le fatiche superate e la gioia indicibile del giungere alla meta.

È agli altri che lo si vuole dire. È con chi non è anco-ra partito che si ha voglia di condividere quell’esperien-za incredibile che ci ha scossi, che mi ha scossa, e scon-volta al punto di non riuscire più a pensare ad altro se non a ogni singolo passo percorso, a ogni singolo minu-to vissuto, a ogni singola persona incontrata.

Non è un rigurgito di nostalgia per una bella vacan-za, no, è ben altro: non si avrebbe nostalgia della fatica, del dolore fisico, di uno zaino pesantissimo portato per

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quaranta giorni se tutto questo non avesse avuto un senso più alto. Quale?

Devo ammetterlo, ancora non l’ho scoperto.L’unica risposta davvero onesta è che so di dover

continuare a cercare, probabilmente fino alla fine del mio personale cammino.

Mi conforta un pensiero: in un pomeriggio caldissi-mo di giugno, quando pochi chilometri ci separavano ormai dalla cittadina di Nájera e la stanchezza ci pesava addosso come un macigno, all’improvviso ci siamo tro-vati davanti a una scritta lasciata da qualche altro pelle-grino sull’alto muro che costeggia la strada in quel pun-to. Diceva più o meno così: « Pellegrino! Chi ti chiama? Quale forza occulta ti attrae? Non è il Campo delle Stelle, non sono le magnifiche cattedrali, né le bellezze della Navarra, il vino della Rioja, o la Castiglia ricca di storia millenaria. Allora cos’è che ti spinge a cammina-re, perché lo fai? ».

Già, perché?L’ultima riga recitava:« Sólo Él de arriba lo sabe ».

26 agosto 2006, ore 22.00

Questa mattina mi ha svegliata un nome. Santiago.Mi si è presentato in testa all’improvviso, forte come il

rombo di un tuono.Stavo dormendo, era ancora molto presto.Fuori, la luce lattea del mattino stentava a distendersi

sulla valle, e io di certo non avevo voglia di aprire gli oc-chi, né tanto meno di scendere dal letto, svegliare Johann

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e dirgli: « Ciao, bimbo mio! Hai dormito bene? Sai dove andremo l’anno prossimo? A Santiago a piedi! »

Invece è proprio quello che ho fatto. Ho aperto gli oc-chi – neanche tanto contro voglia, a dire il vero –, sono saltata giù dal letto e sono corsa a svegliare il mio bambi-no dicendogli proprio così.

Un attimo dopo ho pensato: « Adesso che l’ho detto, devo farlo… ma come? Devo essere completamente mat-ta per aver pensato una cosa del genere. A Santiago de Compostela? Ottocento chilometri da soli? A piedi? Io e un bambino che avrà appena compiuto otto anni? Follia pura, impossibile! »

Però… però. Non credo sia follia, e neppure che sia impossibile. Milioni di pellegrini hanno percorso quel Cammino, se ce l’hanno fatta loro, mille anni fa, ce la faremo anche noi!

Adesso siamo accampati tra gli ulivi di Mezzane, nella minuscola tenda da campeggio che ho riesumato dalla soffitta per passare un paio di giorni qui con Pamela, Lu-dovic e Nicolas. Speriamo che il tempo regga!

27 agosto 2006, ore 9.00

È ormai giorno. Il sole sta asciugando i prati, le foglie, il nostro piccolo mondo, zuppo dell’acqua piovuta questa notte.

Dormire in una tenda fa uno strano effetto. Ci si sente così fragili, sospesi fra terra e cielo, un niente fra l’erba, persi tra il profumo della terra bagnata e il chiarore del giorno che si fa strada tra i rami.

Questa notte ho avuto paura.

Il testo non è completo. Questa è solo un'anteprima

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Alle quattro e quattro minuti, così, dal nulla, è scop-piato il finimondo: un temporale violentissimo si è ab-battuto sulle nostre teste e io, rannicchiata nel sacco a pelo, terrificata, guardavo ondeggiare le pareti di tela leg-gera battute dal vento, sferzate dalla pioggia. Mi sentivo piccolissima, insignificante, totalmente in balìa dei tuoni e della tempesta. Solo un sottile telo di nylon ci separava dal buio, dalla furia del temporale. Credevo davvero che non avremmo rivisto il mattino.

Mio malgrado, però, ero affascinata dal picchiare sel-vaggio della pioggia sulle pareti della tenda, dagli scoppi di luce viola dei lampi, dal sussultare della terra all’esplo-dere dei tuoni. Temevo solo che Johann si svegliasse, che avesse paura anche lui, perché, davvero, non avrei saputo come consolarlo.

Invece mio figlio dormiva sereno, sotto quel cielo livi-do squarciato dai fulmini. Si è svegliato solo per un breve

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istante, il tempo di guardarsi attorno e accoccolarsi più vicino a me.

Gli ho sussurrato: « Ti sei svegliato? Hai paura? »E lui: « E di cosa dovrei avere paura? Sono qui con te,

mamma! ».E si è addormentato di nuovo, ignaro di tutto.L’abbandono. La fiducia totale. Io ne sono capace?Mi sono detta: « Se non ha paura lui, se si fida di me

che sono niente – non posso neppure proteggerlo dai ful-mini! – perché non devo fidarmi io? Sono nelle Sue mani, posso dormire tranquilla ».

E così ho pensato che ci andremo davvero, a Santiago. Arriveremo alla meta.

A volte basta così poco, per cambiare una vita. Un rag-gio di sole dal taglio diverso, una melodia udita per caso, un profumo inaspettato, un sorriso. O una notte di tem-porale.

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INDICE

Premessa pag. 7

I. Da casa a Orisson » 13

II. La Navarra » 39

III. Attraverso la Rioja » 131

IV. Immensa Castiglia » 163

V. Mesetas » 189

VI. Da León a O’ Cebreiro » 273

VII. La Galizia » 313

VIII. Finalmente Santiago! » 336

Ringraziamenti » 347

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« A volte basta così poco,per cambiare una vita... »

Elisabetta

« Il bisogno di raccontare è fortissimo, davvero ti esplode dentro. Ma parlarne tra pellegrini, proprio non serve... È agli altri che lo si vuole dire. Non è un rigurgito di nostal-gia per una bella vacanza, no, è ben altro: non si avrebbe nostalgia della fatica, del dolore fisico, di uno zaino pesan-tissimo portato per quaranta giorni, se tutto questo non avesse avuto un senso più alto. Quale?

“Sólo él de arriba lo sabe” ».

(dall’Introduzione)

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