Il violinista di Schindler. Storia di un'amicizia - estratto libro - paoline

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Il violinista di Schindler

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L'autrice, Angela Krumpen, racconta una storia vera di amicizia. Una toccante testimonianza tra due generazioni: il violinista che ha vissuto la shoah e la ragazzina che non ha conosciuto gli orrori passati. Una amicizia che risana e unisce.

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Judith, undici anni e una grande passione per il violino. Ama suo-

nare la colonna sonora di Schindler’s List, ma vuole soprattutto capire i fatti storici che hanno ispirato il fi lm. Questa sua curiosità la porta a incontrare Michael Emge, uno degli ultimi sopravvissuti alla Shoah, che ha deciso di raccontare la propria vicenda solo dopo che Spielberg ha portato sul grande schermo il dram-ma dell’Olocausto. Tra i due nasce una profonda amicizia. Michael, oggi avanti negli anni, confessa a Judith che anch’egli da bambino aveva una grande passione per il violino, che fu costretto però ad abbandonare nel campo di concentramento di Auschwitz. E con esso l’innocenza dell’infanzia e la possibilità di un’esi-stenza serena. La sua famiglia fu in-teramente sterminata. Michael ebbe salva la vita solo perché il suo nome compariva nella «lista di Schindler».Queste pagine raccontano la dram-matica vicenda di Michael Emge e l’amicizia – inaspettata e commoven-te – tra la ragazzina e «il violinista di Schindler». Una storia vera, piena di ricordi, di dolori e di speranze, che ha le radici nell’inferno della Shoah, ma i cui fi ori aspirano al cielo.

ANGELA KRUMPEN, giorna-lista radiofonica e scrittrice,

vive a Tönisvorst, vicino a Krefeld (Germania). Presso l’emittente «Domradio» di Colonia conduce la trasmissione Menschen («Gente»), da lei stessa ideata. Ha pubblicato numerosi libri.

€ 9,90

UN PICCOLO VEICOLO ELETTRICO, CHE PORTA

UN UOMO ORMAI ANZIANO E UNA RAGAZ-

ZINA, SI FERMA DAVANTI A UN CAMPO APERTO.

IL VECCHIO SCENDE, RICONOSCE IL LUOGO. DA

LONTANO SI LEGGE ANCORA NITIDA LA SCRITTA:

«ARBEIT MACHT FREI». VIENE SOPRAFFATTO DAI

RICORDI, PIANGE AMARAMENTE. JUDITH, LA RA-

GAZZINA, È SPAVENTATA, MA RIMANE ACCANTO

A LUI, ATTENTA, PARTECIPE.

COME SONO ARRIVATI FIN LÌ, ALLE PORTE DI

AUSCHWITZ? GRAZIE ALLA LORO PASSIONE PER

IL VIOLINO…

Il violinista di Schindler

Storia di un’amicizia

ANGELA KRUMPEN

AngelA Krumpen

Il violinista di Schindler

AngelA Krumpen

Il violinista di Schindler

Storia di un’amicizia

© 2013 Figlie di San paoloVia Francesco Albani, 21 - 20149 [email protected]: Diffusione San paolo s.r.l.Corso regina margherita, 2 - 10153 Torino

2014 periodici San paolo s.r.l.Via giotto, 36 - 20145 milanowww.credere.itwww.famigliacristiana.itsu licenza di pAOlIne editoriale libri

Allegato a Credere di questa settimanaDirettore responsabile: Antonio RizzoloSettimanale registrato presso il Tribunale di Alba il 23/10/2012, n. 4/12

Allegato a Famiglia Cristiana di questa settimanaDirettore responsabile: Antonio SciortinoSettimanale registrato presso il Tribunale di Alba il 7/9/1949 n. 5p.I. SpA - S.A.p. - D.l. 353/2003 l. 27/02/04 n. 46 - a.1 c.1 DCB/Cn

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nessuna parte di questo volume potrà essere pubblicata, riprodotta, archiviata su supporto elettronico, né trasmessa con alcuna forma o alcun mezzo meccanico o elettronico, né fotocopiata o registrata, o in altro modo divulgata, senza il permesso scritto della casa editrice.

ISBn 978-88-315-4406-1

Titolo originale dell’opera: Spiel mir das Lied vom Leben. Judith und der Junge von Schindlers Liste© Verlag Herder gmbH, 2011 - Freiburg im Breisgau

Traduzione dal tedescodi Augusto Monacelli

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prOlOgO

Il cielo è di un azzurro intenso. un caddy elettrico, come quelli che girano per i campi da golf o che sono utilizzati dai turisti per visitare comodamente le città, porta un vecchio am-malato e una ragazzina a un campo aperto. Si fermano davanti a una scala. Il vecchio scende, riconosce il posto. Viene so-praffatto dai ricordi, piange amaramente. la ragazzina rimane accanto a lui. Spaventata, ma attenta e piena di compassione.

Il sole è già caldo in questa splendida giornata di fine aprile 2010 in polonia. Come se nulla fosse accaduto, i fiori di dente di leone si allungano orgogliosi nel verde ridente dei prati, non si formalizzano per il recinto di filo spinato arrugginito, l’asfalto grigio, o per essere ai piedi del nero patibolo che, come dimenticato, si erge nel piazzale, liberato dal suo cappio mortale, almeno questo. Davanti al campo vi è un portone ad arco bianco, alto, restaurato in modo minuzioso, con il tetto coperto di assicelle di legno. È qui che il caddy elettrico ha portato il vecchio e la ragazzina. Da lontano si legge nitida la scritta: «Arbeit macht frei».

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Introduzione

JuDITH e Il rAgAZZODellA lISTA DI SCHInDler

«Io devo capire, per poter suonare!». Ogni storia comincia in qualche modo. Con questa frase ha avuto inizio quella di Judith, quando aveva dieci anni. Cercava su Internet il suo violinista mo-dello, Itzhak perlman; in un video su YouTube, dove perlman suo-nava da solista in un’orchestra, udì il tema musicale di Schindler’s List1. «Che bella musica, la voglio suonare anch’io!», è stata la prima reazione di Judith, seguita da: «perché il pubblico è così commosso?». già, perché la gente era così commossa? la rispo-sta non era difficile, la capirebbe anche un bambino: «Il pubblico è così commosso perché perlman ha appena finito di eseguire il tema musicale di Schindler’s List, il famoso film di Steven Spielberg. un film sull’Olocausto, sullo sterminio degli ebrei per-petrato in modo sistematico dai tedeschi in tutta l’europa durante la Seconda guerra mondiale». ma Judith non era soddisfatta. «Io voglio suonare quel pezzo! ma non solo le note. Voglio sapere di che cosa si tratta. Io devo capire, per poter suonare!»

Judith, come sempre, era terribilmente ostinata. A due anni voleva imparare a suonare il violino. Troppo presto, pensavano

1 Colonna sonora del film di Steven Spielberg Schindler’s List, composta da John Williams.

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i genitori, entrambi musicisti: «potrai prendere lezioni di violino quando avrai sei anni». Judith, però, mostrava, per la sua tenera età, una caparbietà sbalorditiva. un anno e mezzo dopo insisteva ancora a chiedere un violino. una collega dei genitori, esperta in pedagogia infantile, venuta a sapere del desiderio ostinato di Judith, confidò loro: «Se una bambina chiede qualcosa per così tanto tempo, bisogna darsi da fare!». A tre anni Judith ricevette un violino di cartone. rappresentava per lei un test per dimostra-re quanto facesse sul serio. Quel «violino» non emetteva alcun suono: serviva solo per farla abituare a tenerlo correttamente con le sue piccole dita. Superò la prova, e per il giorno di San nicola ricevette l’agognato strumento, sedici volte più piccolo di uno vero. Dimostrò subito di avere talento, e anche tanta caparbietà e costanza nell’esercitarsi. Tra i genitori sorse una discussione che dura ancora oggi: qual è il modo migliore per proteggere un bambino? Quanto deve e può essere assecondata una richiesta come quella di Judith, perché diventi uno stimolo? l’ambiente era poco d’aiuto. Da tutte le parti c’erano resistenze. «rubate alla bambina l’innocenza, siete genitori freddi come il ghiaccio, ecco cosa siete», sostenevano alcuni, soprattutto genitori, educa-tori e insegnanti. «Sciupate il talento della bambina», dicevano altri, secondo cui Judith, già in età prescolare, avrebbe dovuto prendere lezioni da professori, e non perdere tempo facendo la solita vita di scuola. I genitori cercavano nel frattempo un’altra strada. e la trovarono guardando prima di tutto alla figlia.

Questa è appunto Judith. la storia racconta però di Judith «e il ragazzo della lista di Schindler». Questo ragazzo è oggi un uomo vecchio, piegato dalla malattia, ma dotato di grande tenacia.

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Il VIOlInISTA DI SCHInDler

Aveva nove anni quando Adolf Hitler attaccò la polonia, dando inizio alla Seconda guerra mondiale. Fu la fine di un’infanzia e di un promettente futuro da violinista. e solo l’inizio di perdite incalcolabili. perse la famiglia, il padre, la madre, il fratello e altri sessantadue parenti. Tutti uccisi. Quando fu liberato, aveva quindici anni e pesava ventisette chili. Doveva trovare la sua strada, in qualche modo. Spesso si è chiesto perché fosse soprav-vissuto. già da piccolo aveva cominciato a suonare il violino, chissà dove sarebbe arrivato se i nazisti non gli avessero tolto tutto, anche il suo caro strumento. Ciononostante, dopo la guerra divenne musicista e trovò lavoro in un’orchestra radiofonica. Fin quando la vita non lo costrinse di nuovo ad abbandonare i progetti per mandare avanti la sua nuova, piccola famiglia. per decenni non ci fu altro. Del passato raccontò poco o niente.

le cose sarebbero cambiate solo cinquant’anni dopo la guerra, quando Steven Spielberg portò sul grande schermo Schindler’s List, film premiato con diversi Oscar, facendo salire alla ribal-ta Oskar Schindler, un imprenditore di Cracovia che alla fine della guerra, con astuzia e vari espedienti, salvò più di mille ebrei impiegati presso la sua fabbrica. uno di loro era ancora giovane. la madre aveva lavorato in quella fabbrica, motivo per cui, forse, fu inserito anche lui nella lista di Schindler. Sta di fatto che nella lista figurava il suo nome. A differenza di suo fratello, anch’egli finito nella provvidenziale lista, riuscì a cavarsela. Quando il film di Spielberg arrivò nei cinema, il ragazzo di allora non poté e non volle più tacere. Troppo grande era la rabbia che provava verso quello che il film faceva e non faceva vedere. Sdegnato, si sfogò con uno scrittore ebreo, che

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gli rispose laconico: «Quando si deciderà a parlare e smetterà di accettare quello che gli altri dicono di lei?». l’ira e lo sdegno erano arrivati al limite; il giovane della lista di Schindler iniziò a raccontare la propria esperienza nelle scuole e in occasione di vari eventi. Inoltre aveva forza e coraggio, qualità che l’hanno aiutato a proporsi come testimone dell’epoca. Solo così poteva incaricarsi di raccontare il tradimento, le torture, le umiliazioni, il dolore, le perdite e la lista di Schindler. e solo così ha potuto incontrare Judith.

Oggi, quando racconta la propria esperienza, specie in pubbli-co, si presenta come michael emge. Questo nome non figurava nella famosa lista, ma ha dovuto adottarlo perché, dopo essersi proposto con quello vero, ha ricevuto lettere e telefonate mi-natorie. un’incredibile corrispondenza sinistra, neonazista. È stato costretto (e lo è tuttora) a utilizzare un numero telefonico e un indirizzo segreti. All’opinione pubblica si presenta come michael emge.

l’ho conosciuto in occasione di un programma radiofonico in cui era ospite e nel quale abbiamo raccontato la sua storia con un’intervista in diretta. Ci siamo trovati nella tarda mattinata di un giovedì presso uno studio vicinissimo al duomo di Colonia. Il programma è terminato alle dodici. Sempre alle dodici dello stesso giorno e lì vicino si era concluso l’esame di ammissione di Judith al conservatorio di Colonia. Sapevo che Judith deside-rava tanto conoscere qualcuno che avesse vissuto di persona «il male», come lei definiva l’Olocausto. Aveva tantissime domande da porre, per rispondere alle quali non sarebbero bastati altrettan-ti libri. le risposte, sperava, l’avrebbero aiutata a comprendere

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Il VIOlInISTA DI SCHInDler

meglio i fatti e, di conseguenza, anche la musica. Al punto da poter raccontare di quel periodo anche solo con il violino.

È stato facile prendere sul serio questo suo desiderio. Judith esplora il mondo e la vita attraverso la musica. le sue scoperte riemergono, sotto forma di intuizioni e sentimenti, nella sua musica rivolta al mondo e alle persone. guardava sinceramente alla vita quando affermava: «Io devo capire, per poter suonare». Così ho «girato» questo suo desiderio a michael emge. lui era scettico (Judith, in effetti, era molto giovane). Alla fine ha accettato di incontrarla. Si sono conosciuti, la bambina e il vec-chio. una generazione all’inizio, un’altra alla fine di una vita. un incontro tra due «coetanei»: michael emge, infatti, quando dovette subire «il male», aveva la stessa età che ha oggi Judith. ma anche tra due violinisti, due musicisti. Quella che era iniziata come la storia di Judith è diventata la storia di due persone, del loro incontro.

le storie hanno la loro vita, e si sviluppano in modo originale. Questa storia ha le radici nell’inferno. I suoi fiori, però, aspirano al cielo.

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I

COme TuTTO eBBe InIZIO

La mia vita sul grande schermo

la luce della sala si spegne. Inizia la proiezione del film. un fiammifero accende una piccola luce nel buio assoluto.

una famiglia ebrea molto devota accende le candele del Sabato. Che cosa mi aspetta sullo schermo? Che cosa mi faranno vedere? la mia storia, la mia vita? Si tratterà davvero di quello che ho vissuto da bambino? Steven Spielberg, il grande regista, ha girato la mia storia. In ogni parte del mondo la gente vedrà quello che successe allora a Cracovia, nel ghetto, nel campo di concentra-mento di plaszów. Chi interpreterà il ruolo di Amon göth? Chi quello di Oskar Schindler? e chi quello del grande Itzhak Stern, il migliore di tutti gli ebrei di Schindler, quello che ho amato di più?

le meravigliose note di violino di Itzhak perlman mi placano il nervosismo, i turbamenti dell’anima, ma i fantasmi del passato si fanno più invadenti. paura e ricordi mi portano da un’altra parte, nel luogo in cui si svolge il film di Spielberg e sul quale per decenni ho taciuto, così come sulle sofferenze patite nella mia infanzia.

* Questo segno in ebraico significa chaim, «vita».

*

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AngelA Krumpen

17 giugno 2008

Oggi ho fatto l’esame di ammissione al conservatorio di Colonia. Finalmente! È andata: ce l’ho fatta, studierò al conservatorio. All’inizio ero terribilmente nervosa, ma poi,

quando ho cominciato a suonare Bach, non più. Appena uscita dalla sala d’attesa del conservatorio siamo andati alla radio. Avevamo appuntamento con Angela, una giornalista radiofonica che ospitava nel suo programma un superstite dell’Olocausto, sopravvissuto solo perché figurava nella lista di Schindler. Da molto tempo desideravo conoscere qualcuno che avesse vissuto il male di quegli anni. Angela lo sapeva; per questo aveva chiesto a quell’uomo se fosse disposto a incontrarmi.

Mentre attendevamo davanti allo studio, il cuore mi batteva forte. Poi è arrivato il signor Emge. Mi ha guardato con uno sguardo truce; o forse di sfiducia. Non so. Dopo le presentazio-ni di Angela, mi ha chiesto: «Perché vuoi sapere? Sei ancora giovane per queste cose. Quanti anni hai, undici?». In un primo momento non sapevo cosa rispondere. Volevo solo sapere cosa fosse successo allora. Da qualcuno che lo avesse vissuto in prima persona. Poi, facendomi coraggio, ho risposto: «Ho già letto molto sul quel periodo. Ma non voglio limitarmi a leggere. Voglio parlare con qualcuno che ha vissuto tutte quelle esperienze». Lunga pausa. Il signor Emge mi ha fissato negli occhi. Non fa-cevo altro che pensare: “Devo sopportare, solo sopportare”. E così ho affrontato il suo sguardo, senza cedere. «Okay, possiamo provarci». Mi sono levata un peso dallo stomaco.

Siamo andati subito in un bar lì vicino e, seduti a un tavolo sotto un albero, abbiamo cominciato a parlare. Il signor Emge

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Il VIOlInISTA DI SCHInDler

era ancora molto chiuso nei miei confronti. I miei genitori gli hanno raccontato dell’esame di ammissione. Anche lui ha stu-diato violino! Ha voluto sapere tutto, quale pezzo avevo suonato per l’esame, e così via. Non ho osato dire molto, ma per tutto il tempo non gli ho tolto gli occhi di dosso. Pensavo sempre: “Com’era da bambino? Come sarà stata la vita al campo di concentramento?”. Mia madre gli ha chiesto quando avesse cominciato a suonare il violino. Immediata la sua risposta: da bambino. Proprio come me. Anche al ghetto prendeva lezioni. Ma quando gli ebrei arrivavano al campo di concentramento, dovevano togliersi tutti i vestiti e non portare nulla con sé, né i propri abiti né il violino.

Mamma, per celebrare l’occasione, mi ha concesso un caffè espresso, per cui vado matta. I camerieri, divertiti dalla scena, le hanno chiesto se potevo davvero bere quel caffè. Al che il signor Emge, dopo una risatina, ha risposto: «Ma certo, ti devi godere la vita». Abbiamo fissato un appuntamento: potevo incontrarlo di nuovo! Per tale occasione avrei potuto scrivermi in anticipo tutte le domande da porgli. Mentre tornavamo al conservatorio, pensavo lungo il cammino: “Se non mi ammettono, non è poi la fine del mondo. Il male, quello vero, è ben diverso”. Eppure non riuscivo a pensare ad altro. Una bocciatura sarebbe stata per me la cosa peggiore che potessi immaginare. Ma il male è davvero un’altra cosa. Quando ho saputo di essere stata ammessa, sono andata in visibilio.

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AngelA Krumpen

Luglio

Vicino alla libreria in salotto c’è sempre il dvd del film Schindler’s list. Non ho il permesso di vederlo, anche se muoio dalla voglia. Già conosco la trama. È andata così: cercavo su YouTube Itzhak Perlman, il mio violinista preferito, un musici-sta formidabile. Ricordo bene la prima volta che l’ho sentito: appena arrivata a scuola, papà ha messo un cd. Perlman ha suonato il violino. Non avevo mai sentito nessuno suonarlo in quel modo. Mai avevo percepito così chiaramente quello che si suonava. Era come se suonasse solo per me, la musica mi penetrava nelle viscere. Mi colpiva soprattutto il timbro dello strumento, molto caldo. Proprio questo volevo imparare: ripro-durre quel suono con il mio violino!

Da allora Itzhak Perlman è il mio violinista modello. Una volta gli ho scritto una lettera. Tutti, specie la mia insegnante di violino, mi avevano avvertito: «Judith, se proprio vuoi, fallo, ma per l’amor del cielo non ti aspettare di ricevere risposte». Itzhak Perlman era noto per non rispondere mai a nessuno. Ma questo non era vero, per lo meno non nel mio caso. A me ha risposto. Un giorno, tornata a casa da scuola, ho trovato mamma che mi guardava con aria smaliziata. Aveva in mano una lettera. Subito ho visto che c’era attaccata l’etichetta «air mail». Itzie (così lo chiamavo in segreto) mi aveva risposto. A me, proprio a me! Per la gioia mi sono messa a ballare sul tavolo e poi ho abbracciato mamma in modo appassionato. Mamma ha gioito con me. Quin-di ci siamo sedute, sempre contentissime. Ho preso un coltello dal cassetto della credenza che era dietro di me e, con estrema accortezza, ho aperto la busta. Era proprio vero: Perlman mi

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aveva risposto. Nella lettera c’era un biglietto con la sua firma e una sua fotografia recente. Il pomeriggio è venuto da noi un allievo di mamma che ha molti contatti con agenzie di musica internazionali. Anche lui è rimasto stupito: «Judith, questo bi-glietto è un dono assai raro, conservalo con cura». Che idiozia, sentirmi dire queste cose. Ma certo che starò attentissima, sono adulta! In caso di incendio, subito dopo il violino, porterei via dalla stanza la foto (ora è incorniciata e appesa al muro sopra la mia scrivania). Itzhak Perlman aveva aggiunto delle parole a margine: «Dear Judith, practice slowly! Best wishes, Itzhak Perl-man». Quell’autografo mi ha mandato in estasi! Devo esercitar-mi gradatamente, cosa che mi rimane difficile. Anche mamma mi ricorda sempre quel consiglio, ripetendomi: «Practice slowly!» ogni volta che voglio eseguire un pezzo nuovo che l’insegnante non mi ha ancora permesso di suonare. Devo sempre aspettare, aspettare... Ma dopo aver ricevuto quella lettera, avevo voglia di suonare tutto il suo repertorio.

Quando avevo dieci anni ho cercato su YouTube, insieme a papà, dei filmati di Itzhak Perlman. Il primo è stato Schindler’s list. Non sapevo ancora di cosa si trattasse. Ma la musica era davvero stupenda! Mi sono chiesta: perché il pubblico ne è ri-masto così colpito? Alcuni piangevano, altri sembravano molto contenti. Il tutto mi sembrava alquanto insolito. Che cosa li aveva toccati così profondamente? Mio padre non ha voluto darmi una risposta precisa. Ma, vedendo che insistevo, si è deciso a raccontare. Avevo sentito parlare, ovviamente, di Hitler e della Seconda guerra mondiale, delle persecuzioni antisemite e dei milioni di ebrei uccisi, ma la storia di Oskar Schindler, che aveva cercato di salvare gli ebrei che lavoravano nella sua fabbrica,

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non la conoscevo. Non sapevo nemmeno che ci fosse un film su tale episodio e che la musica fosse stata scritta per Itzhak Perl-man. Subito accanto al filmato c’era un altro video intitolato Schindler’s list. Era la presentazione del film. Ho detto a papà: «Dài, vediamo!». È stato solo per poco. Papà ha chiuso subito il discorso: «Non puoi, è troppo presto per te». Effettivamente già la breve presentazione mostrava scene raccapriccianti. Ma io volevo suonare quella musica! «Come faccio a suonare la mu-sica, se non so neanche cos’è successo?», ho gridato. «Lasciami vedere il film!». Mamma è rimasta inflessibile, com’è ancora oggi. «Il film è vietato ai minori di dodici anni. Prima non puoi assolutamente vederlo. E quando sarà, lo vedrai insieme a noi. Le immagini sono molto forti, queste le hanno mostrate troppo presto!»

Più tardi, dopo la scuola, mentre attendevamo la mia lezione di violino, siamo tornati sull’argomento. «Quando mi sono inte-ressato al tema, ero un po’ più adulto di te. Avevo sedici o dicias-sette anni. Allora avevo letto il Diario di Anna Frank. Se vuoi, te lo do». «Oh, posso?». Naturalmente volevo. A casa l’abbiamo rintracciato, era tra i libri per ragazzi che aveva mamma. Non appena ne ho avuto il tempo, l’ho letto. Era avvincente e triste. Sono arrivata a leggere fino al punto in cui Anna era cresciuta e si era innamorata di Peter. Quest’ultimo aspetto della storia non mi interessava.

La sera ho sentito mamma che parlava con papà di me e del mio interesse per l’Olocausto. «A me spaventa che Judith vo-glia sapere tutto così presto. Preferisco minimizzare e calmarla. Dirle: “Amore, sei troppo piccola per queste cose”». «La cono-sci, Judith. Minimizzare non ha mai funzionato, quando si mette

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in testa una cosa. Avresti dovuto vederla davanti al computer, quando abbiamo sentito Itzhak Perlman. Era come ammaliata, incantata». «Ma non pensi anche tu che sia troppo presto?». «Sì, infatti. Ma non vedo come potremmo farle cambiare idea». «Se lei vuole davvero sapere, va bene. In tal caso, non dovremo liquidarla dicendole semplicemente: “Be’, non è stato poi così orrendo”».

Per Natale il mio fratello maggiore mi ha regalato le note della musica del film. È bravissimo con gli arrangiamenti. Ha sentito la musica su YouTube e l’ha trascritta per me. Subito, già a Natale, ho iniziato a esercitarmi. Dopo le vacanze, tornata a lezione di violino, ho visto che l’insegnante era tutt’altro che entusiasta: «Tecnicamente questo pezzo non ti porta da nessuna parte. Devi crearti un repertorio in modo metodico. Con pezzi del genere perdi tempo», ha detto. Ma poi mi sono esercitata anche con il pezzo di John Williams. Che c’è di sbagliato a suonare una musica così bella?

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InDICe

Prologo pag. 9

Introduzione: Judith e il ragazzo della lista di Schindler » 11

I. COme TuTTO eBBe InIZIO » 17 la mia vita sul grande schermo » 17 17 giugno 2008 » 18 Luglio » 20

II. le OmBre SI InFITTISCOnO » 25 Disciplina prussiana e fascino viennese » 25 Come viene scoperto un bambino prodigio » 28 I primi spaventi » 29 Da un ghetto all’altro » 31 privilegiati » 32 29 agosto » 34

III. DA OrA In pOI SIeTe perSOne ADulTe » 37 la prima operazione » 37 un pastore tedesco, la mia salvezza » 39 Venerdì di sangue » 40 Io non voglio morire » 45 Sera del 30 agosto » 46 31 agosto, mattina presto » 47 17 settembre » 49

188

I V. SOlO un numerO pag. 53 nel campo di concentramento di plaszów » 53 A yiddishe mame » 61 I cani, manna e maledizione » 66 «Tuo padre? l’hanno portato via a mezzogiorno» » 67 nessun amico, da nessuna parte » 69

V. per lA muSICA rISCHIO lA VITA » 73 27 settembre » 73 9 novembre » 74 Natale » 75 Venerdì Santo 2009 » 76 Domenica di Pasqua » 79 La sera » 80 Lunedì dell’Angelo » 81 22 aprile » 82 24 aprile » 82 La settimana dopo » 84

VI. pOlOnIA: VIAggIO nel pASSATO » 85 Agosto » 85 3 ottobre » 86 gnocchi di susine con zucchero e cannella » 86 Natale 2009 » 89 per la musica rischio la vita » 91 6 gennaio 2010 » 96 Il mattino seguente » 99 15 gennaio » 101 24 gennaio » 101 23 aprile 2010 » 105 Cracovia, 24 aprile » 106 La sera, in albergo » 109 Domenica 25 aprile, in autobus sulla strada per Bochnia » 110

189

La sera, in albergo pag. 112 Di nuovo in autobus, la mattina presto del 26 aprile, sulla strada per Gross-Rosen » 114

VII. lA lISTA » 115 «Siamo sulla lista di Schindler» » 115 26 aprile, mattina » 118 Finalmente sera, ancora in autobus, da Gross-Rosen a Breslavia » 125 Aeroporto di Breslavia, 27 aprile » 126

VIII. FIne e lIBerAZIOne » 127 Finalmente arrivati: non siamo nel paese di Bengodi » 127 «Dove sono le donne, dov’è mia madre?» » 129 10 maggio » 131 un miracolo, nonostante tutto » 133 un altare all’inferno » 136 Oskar Schindler » 139 liberazione » 142

IX. lA VITA SuCCeSSIVA » 147 3 luglio 2010, Amsterdam, Prinsengracht » 147 La sera, in albergo » 149 perché sono sopravvissuto? » 151 polonia: «Quando entra nel partito?» » 153 Israele: «ma lei chi ha tradito, per non finire nella camera a gas?» » 156 germania: termini scaduti, risarcimenti e altra burocrazia » 159 Tradimento nei confronti di mia madre » 163 Il mio passato? meglio tenerlo nascosto » 168

190

X. Il FIlm Apre le pOrTe AllA VITA pag. 171 4 settembre » 171 5 settembre » 172 Schindler’s List mi ha cambiato di nuovo la vita: il film di Spielberg » 172 Judith » 175 Genova, 17 ottobre » 176 18 ottobre » 177 20 ottobre, Toscana » 178

Epilogo » 181

Bibliografia » 183

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Judith, undici anni e una grande passione per il violino. Ama suo-

nare la colonna sonora di Schindler’s List, ma vuole soprattutto capire i fatti storici che hanno ispirato il fi lm. Questa sua curiosità la porta a incontrare Michael Emge, uno degli ultimi sopravvissuti alla Shoah, che ha deciso di raccontare la propria vicenda solo dopo che Spielberg ha portato sul grande schermo il dram-ma dell’Olocausto. Tra i due nasce una profonda amicizia. Michael, oggi avanti negli anni, confessa a Judith che anch’egli da bambino aveva una grande passione per il violino, che fu costretto però ad abbandonare nel campo di concentramento di Auschwitz. E con esso l’innocenza dell’infanzia e la possibilità di un’esi-stenza serena. La sua famiglia fu in-teramente sterminata. Michael ebbe salva la vita solo perché il suo nome compariva nella «lista di Schindler».Queste pagine raccontano la dram-matica vicenda di Michael Emge e l’amicizia – inaspettata e commoven-te – tra la ragazzina e «il violinista di Schindler». Una storia vera, piena di ricordi, di dolori e di speranze, che ha le radici nell’inferno della Shoah, ma i cui fi ori aspirano al cielo.

ANGELA KRUMPEN, giorna-lista radiofonica e scrittrice,

vive a Tönisvorst, vicino a Krefeld (Germania). Presso l’emittente «Domradio» di Colonia conduce la trasmissione Menschen («Gente»), da lei stessa ideata. Ha pubblicato numerosi libri.

€ 9,90

UN PICCOLO VEICOLO ELETTRICO, CHE PORTA

UN UOMO ORMAI ANZIANO E UNA RAGAZ-

ZINA, SI FERMA DAVANTI A UN CAMPO APERTO.

IL VECCHIO SCENDE, RICONOSCE IL LUOGO. DA

LONTANO SI LEGGE ANCORA NITIDA LA SCRITTA:

«ARBEIT MACHT FREI». VIENE SOPRAFFATTO DAI

RICORDI, PIANGE AMARAMENTE. JUDITH, LA RA-

GAZZINA, È SPAVENTATA, MA RIMANE ACCANTO

A LUI, ATTENTA, PARTECIPE.

COME SONO ARRIVATI FIN LÌ, ALLE PORTE DI

AUSCHWITZ? GRAZIE ALLA LORO PASSIONE PER

IL VIOLINO…

Il violinista di Schindler

Storia di un’amicizia

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