UN’ANALISI DELLE INDICAZIONI NAZIONALI...

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11 Analisi del titolo e dell’indice Il Ministero dell’Istruzione ha individuato le direttrici lungo cui condurre questa sfida nelle nuove Indicazioni nazionali per il primo ciclo di istruzione la cui bozza, integrata con le osser- vazioni dei docenti, è stata resa pubblica sul sito del Ministero nel settembre 2012 1 . Scopo del documento è quello di «fissare gli obiettivi generali, gli obiettivi di apprendimento e i rela- tivi traguardi per lo sviluppo delle competenze dei bambini e ragazzi per ciascuna disciplina o campo di esperienza». Le Indicazioni nazionali rappresentano la revi- sione delle Indicazioni per il curricolo pubblicate dal Ministero nel settembre del 2007 e ormai sca- dute. Pur non trattandosi di un nuovo documen- to, fin dal titolo le Indicazioni presentano una novità importante: sono infatti dette “nazionali”, e l’inserimento di questo aggettivo, che non compariva nella precedente versione, sottolinea la prescrittività del testo ministeriale. Scorrendo l’Indice si coglie una cospicua ripre- sa della versione 2007 ma con alcune, importan- tissime, differenze: • l’inserimento ex novo del secondo capitolo, intitolato Finalità generali; • la specificazione dei paragrafi nel capitolo sull’organizzazione del curricolo, capitolo che risulta assai diverso grazie a forti richiami all’interdisciplinarità, all’unitarietà del cur- ricolo (il valore fondante dell’apprendimento verticale è uno dei tratti essenziali delle In- dicazioni nazionali 2012) e soprattutto alla rivalutazione delle singole discipline a scapito delle aree disciplinari, altro tratto specifico che analizzeremo più avanti; proprio in relazione a questa rivalutazione delle discipline, nel capitolo dedicato alla Scuola del primo ciclo sono state eliminate le diciture che facevano riferimento alle aree e ora si procede per discipline: Italiano, Storia, Geografia ecc. Cultura Scuola Persona Il capitolo introduttivo delle nuove Indicazioni nazionali ha mantenuto il titolo 2 e quasi tutti i suoi contenuti. Della versione 2007 vengono ribaditi: il lega- me fra scuola e territorio, inteso nel senso più ampio e includente possibile; il dovere di attuare al meglio il dettato costituzionale sul diritto/ dovere all’istruzione; il rischio e il problema rappresentati dall’analfabetismo e dall’emargina- zione culturale; la necessità di un apprendimento permanente per meglio orientarsi e progredire nel mondo del lavoro; l’attenzione ai singoli alunni, ciascuno con la sua storia, la sua personalità, la sua individualità. Rispetto alla versione 2007, tuttavia, è stata aggiornata l’analisi dell’«estrema complessità» del mondo attuale e non avrebbe potuto essere altrimenti visto l’inasprirsi degli scenari sociali e internazionali nell’ultimo quinquennio. Inoltre, è stata inserita una riflessione sulla difficoltà UN’ANALISI DELLE INDICAZIONI NAZIONALI 2012 1. All’indirizzo http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/ prot5559_12 è possibile scaricare il testo completo. 2. Le maiuscole nel titolo servono a sottolineare l’importanza dei tre concetti. Occorre qui ricordare che il significato da attribuire al termine “Cultura” è quello raccomandato dall’Unione Europea che ingloba ogni tipo di apprendimento, a prescindere dalla modalità, formale o informale, con cui è stato veicolato; proprio per distinguere e gerarchizzare questa enorme massa di informazioni sono necessarie quelle competenze, dette non a caso “chiave”, che consentono a ciascuno di orientarsi e progredire.

Transcript of UN’ANALISI DELLE INDICAZIONI NAZIONALI...

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Analisi del titolo e dell’indice

Il Ministero dell’Istruzione ha individuato le

direttrici lungo cui condurre questa sfida nelle

nuove Indicazioni nazionali per il primo ciclo di

istruzione la cui bozza, integrata con le osser-

vazioni dei docenti, è stata resa pubblica sul

sito del Ministero nel settembre 20121. Scopo

del documento è quello di «fissare gli obiettivi

generali, gli obiettivi di apprendimento e i rela-

tivi traguardi per lo sviluppo delle competenze

dei bambini e ragazzi per ciascuna disciplina o

campo di esperienza».

Le Indicazioni nazionali rappresentano la revi-

sione delle Indicazioni per il curricolo pubblicate

dal Ministero nel settembre del 2007 e ormai sca-

dute. Pur non trattandosi di un nuovo documen-

to, fin dal titolo le Indicazioni presentano una

novità importante: sono infatti dette “nazionali”,

e l’inserimento di questo aggettivo, che non

compariva nella precedente versione, sottolinea

la prescrittività del testo ministeriale.

Scorrendo l’Indice si coglie una cospicua ripre-

sa della versione 2007 ma con alcune, importan-

tissime, differenze:

• l’inserimento ex novo del secondo capitolo,

intitolato Finalità generali;

• la specificazione dei paragrafi nel capitolo

sull’organizzazione del curricolo, capitolo che

risulta assai diverso grazie a forti richiami

all’interdisciplinarità, all’unitarietà del cur-

ricolo (il valore fondante dell’apprendimento

verticale è uno dei tratti essenziali delle In-

dicazioni nazionali 2012) e soprattutto alla

rivalutazione delle singole discipline a scapito

delle aree disciplinari, altro tratto specifico

che analizzeremo più avanti;

proprio in relazione a questa rivalutazione delle

discipline, nel capitolo dedicato alla Scuola del

primo ciclo sono state eliminate le diciture che

facevano riferimento alle aree e ora si procede

per discipline: Italiano, Storia, Geografia ecc.

Cultura Scuola Persona

Il capitolo introduttivo delle nuove Indicazioni

nazionali ha mantenuto il titolo2 e quasi tutti i

suoi contenuti.

Della versione 2007 vengono ribaditi: il lega-

me fra scuola e territorio, inteso nel senso più

ampio e includente possibile; il dovere di attuare

al meglio il dettato costituzionale sul diritto/

dovere all’istruzione; il rischio e il problema

rappresentati dall’analfabetismo e dall’emargina-

zione culturale; la necessità di un apprendimento

permanente per meglio orientarsi e progredire nel

mondo del lavoro; l’attenzione ai singoli alunni,

ciascuno con la sua storia, la sua personalità, la

sua individualità.

Rispetto alla versione 2007, tuttavia, è stata

aggiornata l’analisi dell’«estrema complessità»

del mondo attuale e non avrebbe potuto essere

altrimenti visto l’inasprirsi degli scenari sociali

e internazionali nell’ultimo quinquennio. Inoltre,

è stata inserita una riflessione sulla difficoltà

UN’ANALISI DELLE INDICAZIONI

NAZIONALI 2012

1. All’indirizzo http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/ prot5559_12 è possibile scaricare il testo completo.

2. Le maiuscole nel titolo servono a sottolineare l’importanza dei tre concetti. Occorre qui ricordare che il significato da attribuire al termine “Cultura” è quello raccomandato dall’Unione Europea che ingloba ogni tipo di apprendimento, a prescindere dalla modalità, formale o informale, con cui è stato veicolato; proprio per distinguere e gerarchizzare questa enorme massa di informazioni sono necessarie quelle competenze, dette non a caso “chiave”, che consentono a ciascuno di orientarsi e progredire.

12 Per una didattica delle competenze

crescente che la società mostra nell’individuare e

riconoscere le «funzioni educative» della scuola

pubblica; il rilievo di questa riflessione è con-

fermato dalla sua ripresa sul finale del paragrafo

dove si parla apertamente della non più «scon-

tata [...] intesa tra gli adulti» ammettendo che

è in atto «un’attenuazione della capacità adulta

di presidio delle regole e del senso del limite

[in conseguenza della quale] sono diventati più

faticosi i processi di identificazione e differen-

ziazione da parte di chi cresce e anche i compiti

della scuola in quanto luogo dei diritti di ognuno

e delle regole condivise».

Infine, si fa cenno alle nuove forme di socia-

lità digitale dalle quali la scuola non può limi-

tarsi a chiamarsi fuori, lasciando i ragazzi soli

a gestirle. La velocità incalzante con cui si dif-

fondono le nuove tecnologie (cinque anni sono

un’era geologica in questo senso, lo sappiamo

bene) ha richiesto una nuova formulazione per

la parte relativa alla diffusione dei nuovi media:

mantenendo l’accenno all’ineguale accesso alle

tecnologie che non garantisce, né ai ragazzi né

ai docenti, pari facilità di utilizzo, si dà però

maggior rilievo al fatto che «la scuola non ha

più il monopolio degli insegnamenti e dei modi

di apprendere». Questa presa di coscienza deve

essere il più rapida possibile perché su di essa si

strutturano le risposte che le nuove Indicazioni

cercano di offrire nello scenario attuale.

Secondo il nuovo testo, è necessario che la

scuola assuma un ruolo di guida e individui

senza tentennamenti le nuove tecnologie come

sua «frontiera decisiva». La scuola deve essere

ben conscia che ha di fronte una “rivoluzione

epocale” ineludibile e che, per superarla, deve

reinventare se stessa: è indubbio che non possa

più porgere ai ragazzi insegnamenti in modi tra-

dizionali che presupponevano, lo abbiamo visto,

sistemi di pensiero diversi, atteggiamenti e ruoli

differenti (la “sacralità” del maestro). Questa

“rivoluzione epocale” impone al nostro sistema

educativo di «curare e consolidare le competenze

e i saperi di base, che sono irrinunciabili perché

queste sono le fondamenta dell’uso consapevole

del sapere diffuso e perché rendono precocemen-

te effettiva ogni possibilità di apprendimento nel

corso della vita».

Si noti subito che competenze e saperi di

base sono presentati come concetti comple-

mentari, che proprio nella complementarietà

trovano il loro significato più autentico. Poiché

sulla didattica per competenze negli ultimi anni

è stata combattuta una battaglia, nel testo 2012

le competenze si coniugano con il concetto di

“saperi di base”. Si sgombra così il campo da

ogni contrapposizione, vera o presunta, fra essi,

dando per assodato che senza saperi di base non

vi saranno competenze e che impostare l’appren-

dimento su queste ultime non significa rottamare

– per usare un vocabolo assai in voga – il ruolo

tradizionale dei saperi.

Le successive tre sezioni del capitolo Cultura

Scuola Persona restano invece invariate rispetto

al 2007. Uno dei concetti cardine era ed è quello

dell’importanza dell’apprendimento verticale

che ha maggior risalto; in più punti, infatti, si

insiste sulla necessità che l’apprendimento nella

fascia d’età 3-14 anni sia unitario: un’altra arma

adatta allo scenario attuale.

Altrettanto immutata rimane l’idea che la scuo-

la italiana debba essere il volano per «creare le

condizioni propizie per rivitalizzare gli aspetti

più alti e fecondi della nostra tradizione» in un

nuovo Umanesimo capace di coniugare, esaltan-

dole, l’individualità del singolo e la dimensione

ideale dell’umanità tutta. Di certo, il quinquennio

trascorso non ha visto la realizzazione di questo

auspicio, ma, proprio per la difficilissima crisi

che il sistema socio-economico europeo si trova

ad affrontare, un nuovo Umanesimo diventa, se

possibile, ancora più improcrastinabile.

13Un’analisi delle Indicazioni nazionali 2012

Un capitolo tutto nuovo: le Finalità

Come abbiamo appena visto, le Indicazioni na-

zionali individuano nelle competenze il concetto sul quale dovrà essere eretta la “nuova” scuola capace di raccogliere e rispondere alla sfida del mondo contemporaneo. Il tema viene ripreso e ampliato in un capitolo inserito ex novo, suddi-viso in due sezioni3, che ha il compito di definire le finalità generali della scuola e quelle specifi-che delle Indicazioni.

La finalità generale della scuola italiana è definita come lo «sviluppo armonico e integrale della persona, all’interno dei principi della Co-stituzione italiana e della tradizione culturale europea, nella promozione della conoscenza e nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali, con il coinvolgimento attivo degli studenti e delle famiglie».

È evidente il tentativo di far coesistere tutti gli aspetti fondanti del sistema scolastico in un’unica frase: l’attenzione per la persona, la Costituzione e la tradizione culturale europea4, l’importanza di coinvolgere gli studenti, “distrat-ti” dalle nuove forme di socialità e dalle nuove tecnologie, e le famiglie, che vanno riavvicinate alla scuola e al corpo docenti ripristinando il pat-to interrotto. «Coinvolgimento attivo» significa che andranno messe in campo strategie nuove sia da parte dei docenti, nella loro azione didattica, sia e più incisivamente da parte delle scuole.

Soffermandosi sull’autonomia funzionale degli istituti, le Indicazioni elencano le norme generali stabilite dallo Stato a cui tutte le scuole devono attenersi: la fissazione degli obiettivi generali

del processo formativo e degli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli studenti, le discipline di insegnamento e gli orari obbligatori, gli standard relativi alla qualità del servizio e i sistemi di valutazione e controllo del servizio stesso.

Le finalità specifiche delle Indicazioni sono quelle di stabilire in maniera puntuale i traguardi di competenze per il primo ciclo.

L’unica strategia: le competenze

Fra il sapere scolastico e il sapere reale la diversità di contenuti e di modi è radicale: per esempio, a scuola si utilizza il pensiero con il divieto (almeno parziale) di ricorrere a supporti esterni, mentre nella vita di tutti i giorni ci si avvale di strumenti o altri supporti artefatti; a scuola, almeno nelle prove di valutazione, si deve lavorare da soli, mentre all’esterno è molto più consueto collaborare. Colmare questa distanza è la prima sfida che la scuola deve cogliere e lo può fare se assume le competenze come suo orizzonte di riferimento.

Fin da queste prime pagine del nuovo testo ministeriale, dunque, le competenze emergono

come il perno su cui costruire un nuovo sistema

educativo. La prescrittività dei traguardi di com-petenza fa sì che alle scuole e ai docenti spetti il compito di fissare il percorso per giungervi, ma la meta non è eludibile perché solo le competenze possono garantire che bambini e giovani adole-scenti diventino adulti consapevoli, in grado di affrontare (o, almeno, riconoscere) le evoluzioni imprevedibili del mondo complesso che li attende.

3. La prima sezione è dedicata a “Scuola, Costituzione, Europa” e le maiuscole servono, ancora una volta, a sottolinearne l’importan-za; la seconda è destinata a precisare il profilo dello studente e quello delle competenze che andranno maturate alla fine del primo ciclo.4. Anche il richiamo alla «tradizione culturale europea» rappresenta una novità che non era presente nella versione 2007 delle In-

dicazioni.

14 Per una didattica delle competenze

Le competenze infatti assicurano ai ragazzi un vero apprendimento permanente: solo avendo imparato a comunicare nella propria lingua e in quelle straniere, a ragionare in modo matematico, a padroneggiare e applicare il metodo scientifico, a sfruttare con senso critico le potenzialità offer-te dalle nuove tecnologie, a imparare a collabora-re con gli altri in tutti gli ambiti e a ogni livello, a essere creativi e al tempo stesso responsabili, a riconoscere e potenziare l’espressione artistica si potrà raccogliere la sfida ardua che l’oggi già ci muove.

In passato vi sono state grandi incertezze sulla precisa individuazione del concetto di competen-za, superate nel 2006 con la definizione fornita dalla Raccomandazione europea del settembre di quell’anno5. Da allora si è chiarito sempre più che la competenza non è la semplice somma di conoscenze e abilità; anzi, non è affatto un insieme di saperi esterni alla persona mescolati con le sue capacità e attitudini.

La competenza è, piuttosto, una caratteristi-

ca che va sviluppandosi gradualmente in cia-

scuno, con tempi e modi del tutto personali, ed è ciò che consente a chi la possiede di inserirsi in maniera efficace nel tessuto sociale sia esso famigliare, scolastico, lavorativo, civile perché essa traduce in atti e scelte autonomi il bagaglio di saperi e abilità accumulato.

L’esempio classico di espressione di competen-za è quello della chiave che si rompe nella ser-ratura: la persona che si trova di fronte a questo imprevisto si dimostra competente se è immedia-tamente in grado di valutare le alternative a sua disposizione e se sa compiere la scelta giusta.

La definizione più valida resta quella di Wig-gins6: la competenza è ciò che il soggetto «sa fare consapevolmente con ciò che sa», con l’uni-ca, fondamentale precauzione di non confondere tutto questo con un’abilità.

Le competenze non possono essere insegnate: chiamare il fabbro perché così mi è stato detto di fare da qualcun altro non è vera competenza. Non mi si può insegnare a essere competente; devo apprenderlo per gradi, attraverso un percorso di sviluppo e crescita che aiuterà le mie competen-ze a emergere e rafforzarsi.

Dal momento che individua in partenza i tra-guardi attesi, un approccio per competenze im-pegna tutti – insegnanti, studenti e famiglie – verso le mete necessarie a una seria preparazione dell’allievo. Inoltre, poiché componente essen-ziale delle competenze è lo spirito d’iniziativa, esso mette in moto nei discenti partecipazione e passione riuscendo a superarne la passività e l’at-teggiamento annoiato/rinunciatario di fronte ai saperi che la scuola tradizionale propone. È vero, infatti, quanto ha scritto Dario Nicoli: «l’approc-cio per competenze punta in realtà a “mirare in alto” ed a contrastare la tendenza alla banalizza-zione del sapere [...] ma lo fa evitando posizioni restauratrici che non sono credibili perché non fanno i conti con la realtà culturale e sociale del nostro tempo, che non va demonizzata, ma compresa, prendendo da essa ciò che è buono»7.

Di certo le resistenze incontrate finora dalla didattica per competenze trovano piena giusti-ficazione nelle modalità confuse e incomplete con cui questa novità è stata comunicata alla comunità professionale. Con le Indicazioni na-

5. In essa, come è noto, le competenze sono così definite: «indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale; le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia».6. G. Wiggins, Assessing student performance, 1993.7. In Dario Nicoli, L’equivoco delle competenze fa male a prof e studenti, in www.ilsussidiario.net (pagina web: http://www.ilsussidia-rio. net/News/Educazione/2011/4/6/SCUOLA-L-equivoco-delle-competenze-fa-male-a-prof-e-studenti/2/165216/).

15Un’analisi delle Indicazioni nazionali 2012

zionali 2012, invece e finalmente, si consolidano

un lessico e un pensiero che trasformano le com-

petenze in dato acquisito. Ancora nella versione

2007 vi si faceva riferimento in modo oscuro; re-

stava difficile capire quali fossero le competenze

da sviluppare nel primo ciclo; anzi, si era giunti

alla conclusione che ogni scuola dovesse tempo-

raneamente supplire alla mancanza di un quadro

di riferimento, un Profilo delle competenze e un

modello di certificazione nazionale. Adesso la

lacuna è stata colmata: nelle nuove Indicazioni

alla trattazione delle competenze è riservato uno

specifico box che ne descrive dodici, tutte quelle

trasversali da sviluppare nel primo ciclo; viene

anche annunciato un modello di certificazione

nazionale cui le scuole dovranno attenersi.

Ciò rende più efficaci e significativi anche gli

altri accenni alle competenze disseminati nel

testo. Per la prima volta, le competenze non

sono più quel miraggio che, nelle precedenti

riforme e indicazioni, si è tentato di realizzare

in vari modi, tutti rivelatisi lontani dalla piena

applicazione del concetto: ciascuna di queste

declinazioni, infatti, contraddiceva l’idea stessa

di sviluppo delle competenze, che è la capacità

di costituire entro le mura della scuola, ossia

in un contesto “artefatto”, le condizioni per un

apprendimento appropriato alla realtà concreta.

Il Profilo delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione

La prescrittività delle competenze comporta

una rivoluzione del rapporto docente-alunno,

che investe la didattica in ogni suo aspetto,

poiché si dovrà passare da un sistema tradi-

zionalmente centrato sull’insegnamento a uno

completamente finalizzato all’apprendimento.

Le competenze rappresentano la chiave di volta

di questo nuovo sistema dal momento che sono,

per definizione, tarate su chi apprende (lo prova

il fatto che non possono essere insegnate, ma de-

vono essere “aiutate a svilupparsi” e non vengo-

no imparate ma “maturano” e “si conseguono”).

Esse rappresenteranno d’ora in avanti l’“orizzonte

di riferimento” verso il quale il sistema scolastico

italiano dovrà tendere. Il loro conseguimento si

configura come «l’obiettivo generale del sistema

educativo e formativo italiano» e le Indicazioni

nazionali specificano quali sono le competenze

che ogni ragazzo dovrà sviluppare nel corso del

primo ciclo in un Profilo appositamente stilato8.

Tali competenze riprendono evidentemente

le competenze-chiave per l’apprendimento

permanente individuate dall’Europa nel 20069.

La scelta si spiega non solo e non tanto con la

prospettiva maggiormente europea di questa

nuova versione delle Indicazioni quanto, so-

prattutto, con la necessità di differenziare bene

le competenze che vanno sviluppate durante

il primo ciclo da quelle che vanno raggiunte

(e sono oggetto di certificazione) nel corso

del biennio delle superiori. Come si sa, queste

ultime sono le otto competenze-chiave per la

cittadinanza precisate dal Decreto ministeriale

n. 139 del 200710; esse rappresentano il traguar-

do dell’istruzione dell’obbligo ed è palese che

non possano essere raggiunte già al termine del

primo ciclo dell’istruzione nel corso del quale,

8. Nel testo delle Indicazioni 2012 questo Profilo è inserito in un box: la scelta di separarlo graficamente rivela l’intenzione di ren-derlo il più evidente possibile.

9. Per sottolinearne la centralità, il documento ministeriale sceglie di chiudere il secondo capitolo riportando in modo esteso la definizione ufficiale di ciascuna delle competenze europee.

10. Le ricordiamo per completezza: imparare a imparare, progettare, comunicare, collaborare e partecipare, agire in modo autonomo e responsabile, risolvere problemi, individuare collegamenti e relazioni, acquisire e interpretare l’informazione.

16 Per una didattica delle competenze

invece, si comincia il percorso di consolidamen-

to verso di esse.

Alla luce di questo, le Indicazioni 2012 indivi-

duano dodici competenze che non corrispondo-

no a formulazioni note, né europee né italiane.

Non vi è nulla di strano in questo, perché si

tratta dell’adempimento alla richiesta europea

di declinare in un’ottica nazionale le competenze

europee. La scelta non è spiegata perché non

è necessario spiegarla; essa ha dato ad alcuni

l’impressione di creare confusione – poiché a

competenze già prescrittive (quelle europee)

se ne affiancano di nuove, simili ma differenti

e altrettanto vincolanti – ma tale confusione

non esiste, se si considera che le competenze

europee richiedevano una declinazione e che le

competenze-chiave di cittadinanza non potevano

essere prese a traguardo.

Le dodici competenze “declinate”

Che tutti gli elementi fondamentali delle com-

petenze-chiave europee siano presenti in questo

nuovo Profilo è facile verificarlo esaminando una

per una le dodici parti che lo compongono.

1) Lo studente al termine del primo ciclo, at-

traverso gli apprendimenti sviluppati a scuola, lo

studio personale, le esperienze educative vissute

in famiglia e nella comunità, è in grado di iniziare

ad affrontare, in autonomia e con responsabilità,

le situazioni di vita tipiche della propria età, ri-

flettendo ed esprimendo la propria personalità in

tutte le sue dimensioni.

Qui si descrive la competenza per la quale

ogni studente, giunto al termine del primo ciclo

di istruzione, dovrà cominciare a esprimere al meglio la propria personalità senza subire con-

dizionamenti o limitazioni. A sviluppare questa

competenza avranno concorso gli apprendimenti

maturati a scuola, in famiglia e nelle altre si-

tuazioni educative che il ragazzo si sarà trovato

a vivere; egli si avvierà su questo percorso di

crescita in maniera indipendente e responsabile.

Così, mentre si ribadisce che la scuola non è più

l’unica depositaria della funzione educativa, si

mettono in grande evidenza i concetti di auto-

nomia e responsabilità che caratterizzano nel

profondo la definizione stessa di competenza

fornita dalla Raccomandazione europea.

2) Ha consapevolezza delle proprie potenzia-

lità e dei propri limiti, utilizza gli strumenti di

conoscenza per comprendere se stesso e gli altri,

per riconoscere ed apprezzare le diverse identità

e tradizioni culturali e religiose, in un’ottica di

dialogo e di rispetto reciproco. Interpreta i sistemi

simbolici e culturali della società, orienta le pro-

prie scelte in modo consapevole, rispetta le regole

condivise, collabora con gli altri per la costruzione

del bene comune esprimendo le proprie personali

opinioni e sensibilità. Si impegna per portare a

compimento il lavoro iniziato da solo o insieme

ad altri.

Questa seconda competenza contiene in nuce

alcune fra le più importanti competenze-chiave

di cittadinanza; in particolare, essa combina le

competenze proprie della relazione con gli altri

(comunicare, collaborare e partecipare, agire

in modo autonomo e responsabile) con quelle

relative al rapporto con il mondo (individuare

collegamenti e relazioni, acquisire e interpretare

l’informazione). Il grande rilievo dato alla capa-cità di collaborare si spiega anche con il fatto

che questa è l’arma migliore per sconfiggere il

bullismo. Imparare a collaborare fattivamente

con gli altri significa saper costruire gruppi “sa-

ni”; nel contempo, saper agire nella piena con-

sapevolezza dei propri diritti e dei propri doveri,

assumendosi le responsabilità di ciò che si fa e

avendo la coscienza delle proprie potenzialità, si-

17Un’analisi delle Indicazioni nazionali 2012

gnifica essere meglio muniti rispetto all’illusione

di poter realizzare se stessi appiattendo la pro-

pria individualità nella venerazione di un leader.

3) Dimostra una padronanza della lingua italia-

na tale da consentirgli di comprendere enunciati

e testi di una certa complessità, di esprimere le

proprie idee, di adottare un registro linguistico

appropriato alle diverse situazioni.

Riformula la competenza-chiave europea della

comunicazione nella madrelingua, la competen-

za-chiave di cittadinanza del “comunicare” e le

competenze della disciplina. Più avanti, laddove

il testo delle Indicazioni 2012 riguarderà le sin-

gole discipline, a proposito della competenza

relativa all’italiano verrà detto che lo sviluppo

di competenze linguistiche «ampie e sicure è

una condizione indispensabile per la crescita

della persona e l’esperienza della cittadinanza»:

l’aggettivo “indispensabile” rende ineludibile ciò

che nella versione 2007 ci si limitava a definire

“strategica”, e dunque discrezionale.

4) Nell’incontro con persone di diverse naziona-

lità è in grado di esprimersi a livello elementare in

lingua inglese e di affrontare una comunicazione

essenziale, in semplici situazioni di vita quotidia-

na, in una seconda lingua europea.

5) Riesce ad utilizzare una lingua europea

nell’uso delle tecnologie dell’informazione e della

comunicazione.

Queste due competenze declinano la compe-

tenza europea della «comunicazione in lingua

straniera» calandola nella realtà concreta di tutti

i giorni: l’incontro con compagni provenienti da

altri Paesi, la comunicazione di base in lingua

inglese, la fruizione di tecnologie e media che

adottano una lingua europea diversa dall’italiano.

Già qui si nota un importante richiamo alla com-

petenza digitale, poi ripreso alla competenza 8.

6) Le sue conoscenze matematiche e scientifi-

co-tecnologiche gli consentono di analizzare dati e

fatti della realtà e di verificare l’attendibilità delle

analisi quantitative e statistiche proposte da altri.

Il possesso di un pensiero razionale gli consente

di affrontare problemi e situazioni sulla base di

elementi certi e di avere consapevolezza dei limiti

delle affermazioni che riguardano questioni com-

plesse che non si prestano a spiegazioni univoche.

In un mondo caotico di indicazioni contraddit-

torie e contrapposte è sempre più urgente saper

individuare con certezza i reali rapporti fra i concetti, distinguere le cause dagli effetti, essere in grado di prevedere che a date premesse

corrispondono dati risultati. Ci si riallaccia qui al-

la competenza matematica e tecnologica prescrit-

ta dall’Europa, ma precisando meglio come essa

si correli alla maturazione della competenza del

problem solving. Attraverso il suo conseguimento,

il ragazzo potrà non sentirsi spaesato di fronte a

un problema mai affrontato prima; avrà infatti la

consapevolezza di possedere strategie utili cui far

ricorso. Ciò ovviamente avrà straordinaria valenza

nel prosieguo degli studi, nella vita lavorativa

e personale. Potremmo forse riassumere tutto

questo con la capacità di ragionare: se i ragazzi,

ormai disabituati al pensiero logico e analitico,

sapessero di poter fare affidamento su questa

competenza, forse avrebbero un atteggiamento

meno passivo che in tanti casi è solo un tentati-

vo di fuga in risposta al senso di impotenza che

li coglie di fronte alla complessità del presente.

7) Si orienta nello spazio e nel tempo dando

espressione a curiosità e ricerca di senso; osserva

e reinterpreta ambienti, fatti, fenomeni e produ-

zioni artistiche.

Qui si coniugano le competenze di base re-

lative alla disciplina della Storia con la con-

sapevolezza ed espressione culturale indicata

dall’Europa. Si noti l’insistenza sulla curiosità

18 Per una didattica delle competenze

e sulla ricerca di senso, quindi su un atteggia-mento attivo e propositivo. Tutto questo potrà prendere forma concreta con una didattica di tipo laboratoriale, con l’uso di fonti e metodi didattici che stimolino la partecipazione attiva. È quella didattica dell’attenzione che sola riesce a interessare e coinvolgere gli studenti. Come ogni insegnante sa, per interagire con i ragazzi è indispensabile fare leva sull’emozione anche perché è l’emozione, insieme all’interattività, l’elemento principe della cultura digitale.

8) Ha buone competenze digitali, usa con

consapevolezza le tecnologie della comunicazione

per ricercare e analizzare dati ed informazioni,

per distinguere informazioni attendibili da quelle

che necessitano di approfondimento, di controllo

e di verifica e per interagire con soggetti diversi

nel mondo.

Nell’ottava indicazione si precisa la competen-za digitale insistendo sull’importanza del saper discriminare, in senso totalmente etimologico, nel vasto mare delle informazioni che le nuove tecnologie mettono a disposizione. Non è affat-to scontato che i ragazzi, subissati da continui messaggi, siano davvero in grado di capirli e di distinguerli in tutte le loro parti, di sceverare le informazioni utili da quelle inutili e di sviluppare un pensiero critico. Sempre maggiore infatti è per tutti noi la fatica a ritenere le informazioni e a distinguerne le diverse implicazioni: svilup-pare appieno questa competenza significa che i ragazzi si trasformeranno da destinatari passivi di una massa enorme di messaggi a fruitori con-sapevoli di informazioni e conoscenze. Questa competenza sarà espressione anche di autonomia e responsabilità e, nel mondo digitale e virtuale, rappresenterà una protezione per chi la possiede.

Le nuove Indicazioni nazionali prendono atto della diffusione delle nuove tecnologie e non si

interrogano più se sia possibile in qualche modo arginarle; il punto è ormai diventato, corretta-mente, quello di far sì che i ragazzi le utilizzino in modo consapevole e proficuo. Si tratta di un grande salto per la scuola italiana, che sarà chiamata a coniugare questo dato di fatto con la vita scolastica quotidiana, confrontandosi con l’“invadenza” delle nuove tecnologie e con con-cetti “fuori moda” per i nativi digitali i quali, per esempio, fanno di certo fatica a capire il senso del divieto di copiare in un mondo in cui tutto può e deve essere condiviso.

9) Possiede un patrimonio di conoscenze e

nozioni di base ed è allo stesso tempo capace di

ricercare e di procurarsi velocemente nuove infor-

mazioni ed impegnarsi in nuovi apprendimenti

anche in modo autonomo.

Il nono passaggio del Profilo non è solo una riformulazione di aspetti propri della competenza digitale: esso infatti parla di capacità di reperire velocemente nuove informazioni per ampliare il proprio patrimonio di saperi, alludendo certa-mente anche a capacità di ricerca più tradizio-nali.

10) Ha cura e rispetto di sé, come presuppo-

sto di un sano e corretto stile di vita. Assimila il

senso e la necessità del rispetto della convivenza

civile. Ha attenzione per le funzioni pubbliche alle

quali partecipa nelle diverse forme in cui questo

può avvenire: momenti educativi informali e non

formali, esposizione pubblica del proprio lavoro,

occasioni rituali nelle comunità che frequenta,

azioni di solidarietà, manifestazioni sportive non

agonistiche, volontariato ecc.

La decima affermazione riformula quelle che, in seno all’Europa, erano dette «competenze sociali e civiche» e che le competenze-chiave di cittadinanza, invece, individuano come due distinte («collaborare e partecipare» e «agire

19Un’analisi delle Indicazioni nazionali 2012

in modo autonomo e responsabile»). Solo ma-

turando una competenza civica sarà possibile

per il ragazzo sviluppare un pensiero critico

autonomo, essere libero di inventare, creare e

prendere l’iniziativa, essere in grado di scegliere

e di decidere, di progettare e di cavarsela ge-

stendo le proprie emozioni e i rapporti con gli

altri nonché gli eventuali conflitti. Sarà parte

cosciente di ogni comunità e la sua competenza

si esplicherà in ambiti diversi (dallo sport al

volontariato).

11) Dimostra originalità e spirito di iniziativa. Si assume le proprie responsabilità e chiede aiuto quando si trova in difficoltà e sa fornire aiuto a chi lo chiede.

Si sintetizza quello che nella Raccomandazione europea era detto «senso di iniziativa» e «im-

prenditorialità» e che si esprime con il saper ri-solvere problemi, valutare rischi e opportunità,

saper operare scelte proficue decidendo e agendo con flessibilità. A tutto questo si aggiunge il

fondamentale aspetto di saper riconoscere sia

le proprie potenzialità sia i propri limiti chie-

dendo l’aiuto degli altri e sapendo ascoltare e

intervenire se altri chiedono aiuto. Tutto ciò,

al di là dell’ambito scolastico, vuol dire porsi

obiettivi realistici e compiere i passi più adatti

per raggiungerli. Aiuta i ragazzi a preparare le

basi per le competenze-chiave di cittadinanza

«progettare» e «collaborare e partecipare».

12) In relazione alle proprie potenzialità e al proprio talento si impegna in campi espressivi, motori ed artistici che gli sono congeniali. È di-sposto ad analizzare se stesso e a misurarsi con le novità e gli imprevisti.

Il Profilo si chiude con una competenza analo-

ga a quella con cui si chiudono le competenze-

chiave europee ma formulata in modo da conte-

nere in nuce anche le competenze di cittadinanza

relative alla costruzione del sé, cioè quelle che

investono il soggetto in prima persona e lo aiu-

tano a costruirsi come individuo adulto, autono-

mo e responsabile.

L’organizzazione del curricolo

Il capitolo sull’organizzazione del curricolo,

già presente nella versione 2007, presenta al-

cune sostanziali novità. Prima di esaminarle, è

bene però ricordare che cosa s’intenda con la

parola “curricolo” all’interno di una didattica

per competenze: non si tratta infatti solo di

un termine, diciamo così, “più in voga” che

ha sostituito la parola “programma”, bensì di

una descrizione puntuale e minuziosa di tutte

le competenze (disciplinari e di cittadinanza),

che lo studente dovrà maturare nel corso di

ogni ciclo scolastico, e dell’elenco dei contribu-

ti che ciascuna materia darà al conseguimento

dell’insieme delle competenze. Ancora una volta,

l’attenzione si sposta da qualcosa di esterno (un

“programma” predefinito scandito nei tempi e

nei contenuti) alla persona che apprende (il

curricolo è riferito al discente).

La prima differenza fra la precedente versione

e l’attuale è l’inserimento di un paragrafo inti-

tolato Dalle Indicazioni al curricolo, nel quale ci

si sofferma sull’aspetto “aperto” del testo 2012:

spetterà infatti ai docenti e alle autorità scola-

stiche contestualizzare quanto le Indicazioni si limitano, per l’appunto, a indicare. Non si tratta

di un mero richiamo all’autonomia scolastica,

bensì di un elemento portante della didattica

per competenze: se gli insegnamenti non sono

più standardizzati a priori, ma vanno calibrati

sui singoli studenti, ne consegue che è compito

dell’insieme della comunità professionale (i do-

centi delle diverse aree disciplinari ma anche i

consigli di classe) individuare il percorso miglio-

20 Per una didattica delle competenze

re, più adatto ai ragazzi con cui hanno a che fare

per strutturare l’offerta formativa.

Anche l’interdisciplinarità11 è diretta con-

seguenza dell’impianto per competenze: se lo

scopo è lavorare affinché gli studenti sviluppino

capacità che saranno loro utili nel mondo reale,

non potrà esistere alcuna paratia fittizia fra i sa-

peri, perché sarebbe una palese contraddizione. A

differenza della scuola primaria, che deve mirare

all’acquisizione degli apprendimenti di base,

quella secondaria di primo grado deve realizzare

l’accesso alle discipline come punti di vista sulla

realtà e come modalità di conoscenza, interpre-

tazione, rappresentazione del mondo: valorizzare

al massimo le varie discipline evita da un lato la

frammentazione di saperi e dall’altro un’imposta-

zione esclusivamente trasmissiva.

Rispetto all’edizione 2007, passano in secondo

piano le aree disciplinari. La ragione è nella ne-

cessità di non vincolare i docenti12 perché possa

emergere, nel modo più ampio possibile, la spe-

cificità di ogni disciplina e al tempo stesso ogni

aggancio fra le discipline sia libero. L’aggregazio-

ne disciplinare non è eliminata bensì affidata alle

istituzioni scolastiche; ciò era detto anche nella

versione 2007 ma, per il contesto più stringato

in cui era inserito, finiva per suonare in maniera

più sfumata. Ora, invece, si prescrive che i do-

centi collaborino strettamente e che le discipline

si intreccino superando quei confini stabiliti

dalla consuetudine ma inesistenti nella realtà. I

contenuti proposti agli studenti dovranno avere

significativi agganci con la loro esperienza; in

questo modo si potrà avere maggior garanzia di

catturarne l’attenzione.

Inoltre, si specifica che la competenza nella

lingua madre andrà sviluppata da tutti i docenti

e non solo dal docente di italiano poiché si tratta

di una competenza sovradisciplinare: la comu-

nicazione nella lingua madre, infatti, consente

l’effettivo sviluppo, e il relativo accertamento,

delle competenze di qualsiasi altra disciplina

nonché di quelle di cittadinanza.

Nella riscrittura del paragrafo dedicato ai tra-

guardi delle competenze, l’inserimento di un

aggettivo riassume la differenza maggiore fra

l’edizione 2007 e la presente: infatti, ora le

competenze sono dette «riferimenti ineludi-

bili», mentre nella versione 2007 l’aggettivo

mancava. Il significato di questo inserimento è

enorme: è ciò che rende prescrittive le compe-

tenze. La nuova versione dice, a chiare lettere,

che le competenze sono la bussola dell’intero

percorso scolastico del primo ciclo, il quale deve

passare gradualmente dall’esperienza personale

dell’alunno alle conoscenze disciplinari attra-

verso la ricerca di connessioni fra le discipline. I

traguardi servono a scandire la programmazione

indirizzandola verso il suo scopo specifico che è

quello di far conseguire competenze a ciascun

allievo.

Gli obiettivi del primo ciclo, che verranno dif-

fusamente analizzati nel resto del documento,

hanno come finalità i traguardi delle compe-

tenze, sono definiti per periodi lunghi (nel caso

della scuola secondaria di primo grado coprono

l’intero triennio) e sono organizzati in nuclei te-

matici, che i docenti sono chiamati a individuare

in ciascuna disciplina identificando gli elementi

essenziali.

A proposito di valutazione, il testo afferma che

le competenze devono essere rilevate anche in-

dipendentemente dalle occasioni di valutazione,

quando si palesano nella vita scolastica di tutti

11. Pare più opportuno riassumere quanto riportato dalle Indicazioni sotto il termine di “interdisciplinarità” piuttosto che sotto quello di “multidisciplinarità” perché nel documento si mette in particolare luce il concetto di interconnessione fra le discipline.

12. Nella scelta di attenuare la prescrittività delle aree disciplinari deve aver contato anche l’osservazione, fatta in passato da molti docenti, che non vi era continuità fra le aree disciplinari della secondaria di primo grado e quelle del biennio delle superiori.

21Un’analisi delle Indicazioni nazionali 2012

i giorni dando dimostrazione della maturità del

ragazzo. Ciò è logico in una prospettiva per com-

petenze in cui l’insegnante non solo trasferisce

conoscenze, ma attiva competenze; in questo

senso, i “prodotti” dell’attività dei ragazzi costi-

tuiranno altrettante prove per una valutazione

attendibile. Ovviamente, poiché la competenza

è data dalla coscienza e dalla padronanza delle

proprie risorse e si attua solo in situazione (la

quale può essere reale o simulata), per valutare

le competenze non si potrà fare semplicemente

la somma di prove differenti su conoscenze e

abilità, ma bisognerà strutturare prove efficaci

che sollecitino le competenze personali.

La certificazione, invece, verrà effettuata al

termine dell’ultimo anno della scuola secondaria

di primo grado attraverso un modello nazionale

che descriva e attesti le dodici competenze sopra

esaminate. La certificazione non dovrà essere un

unicum bensì il risultato di un percorso di svi-

luppo e di valutazioni in itinere, le quali avranno

un peso anche nell’aiutare i ragazzi nella scelta

delle scuole superiori di secondo grado.

La parte finale del nuovo capitolo auspica

che la scuola diventi un luogo aperto: aperto

ai ragazzi, alle famiglie, alle comunità del

territorio. Si tratta di una necessità fortissima

che può contribuire a rimarginare la rottura

del patto tra insegnanti e famiglie, tra scuola

e società e che servirà a ribadire l’importanza

determinante del ruolo e della funzione dei

docenti nella crescita non solo dei ragazzi ma

dell’intera cittadinanza.

La scuola del primo ciclo

Come già nella versione 2007, le Indicazioni

nazionali proseguono con le sezioni specifiche

dedicate alla scuola dell’infanzia e alla scuola del

primo ciclo. La trattazione è molto approfondita

e noi qui ci occuperemo soltanto delle parti che

riguardano la disciplina della Storia nella scuola

secondaria di primo grado.

Tuttavia, riteniamo importante evidenziare che

la sezione dedicata alla scuola del primo ciclo si

apre con considerazioni generali sulla funzione e

sulle finalità della scuola primaria e secondaria di

primo grado, la più importante nella vita di cia-

scun alunno perché è quella che lo accompagna

nella fase di crescita più intensa e pone le basi

per l’orientamento scolastico successivo.

Nello specifico, se la scuola primaria mira

all’«acquisizione degli apprendimenti di base»,

la scuola secondaria di primo grado propone le

differenti discipline come tante chiavi di acces-

so diverse alla conoscenza del reale. Grande è il

risalto dato all’interdisciplinarità, con partico-

lare attenzione a quelle che nel testo vengono

indicate come zone “di cerniera” o “di confine”

(per esempio, la geografia); altrettanto netto è

il rifiuto di ogni trasmissione inerte dei saperi.

Inoltre si ribadisce che è la scuola secondaria di

primo grado quella nella quale vengono poste le

basi per una cittadinanza attiva.

Le Indicazioni nazionali recano anche un para-

grafo dedicato all’ambiente di apprendimento

che vuole ricordare come non solo l’aula sco-

lastica ma anche la biblioteca della scuola e i

laboratori (compatibilmente con le pochissime

risorse a disposizione del sistema scolastico ita-

liano, verrebbe da dire) rappresentano altrettanti

luoghi privilegiati in cui deve realizzarsi l’appren-

dimento. Ciò è tanto più vero in presenza di una

didattica per competenze.

La trattazione della disciplina “Storia”

La parte introduttiva alla disciplina è piuttosto

differente nella nuova versione delle Indicazioni

nazionali. Mentre nel 2007 il discorso era gene-

22 Per una didattica delle competenze

rale, ora si fa puntuale e scandito per momenti separati: il senso dell’insegnamento della Storia; i metodi didattici della Storia; la Storia come campo disciplinare; identità, memoria e cultura storica; la Storia generale a scuola; la ripartizio-ne delle conoscenze storiche per livelli scolastici; gli intrecci disciplinari; educazione al patrimonio culturale e alla cittadinanza attiva.

L’avvio è un profondo richiamo all’importanza della conoscenza della storia nel nostro Paese per poter comprendere quanto ci circonda: l’esperienza di ogni cittadino italiano infatti è, di per se stessa e continuamente, avvolta, inserita e a contatto con testimonianze storiche le più diverse. Se lo studio della Storia è ciò che «contribuisce a formare la coscienza storica dei cittadini e li motiva al senso di responsa-bilità nei confronti del patrimonio e dei beni comuni», la Storia finirà per coincidere con la Cittadinanza.

La seconda sezione della parte introduttiva de-dicata alla Storia riguarda i metodi didattici. In-serire quasi subito nella trattazione la didattica è una novità importante della versione 2012: nella precedente, infatti, ci si limitava a raccomandare che il metodo didattico fosse il più coinvolgente possibile. Ora, invece, si sollecitano i docenti a «usufruire di ogni opportunità di studio della Storia, a scuola e nel territorio circostante». Partendo dagli infiniti tesori artistici e culturali, scegliendo quelli che i ragazzi vedono ogni gior-no recandosi a scuola, l’insegnante può trarre spunto per “raccontare la storia”, che prenderà vita agganciandosi in modo concreto all’espe-rienza quotidiana dello studente. Ridare centra-lità alla narrazione del passato è fondamentale nell’insegnamento della Storia perché, come ha scritto altrove Vittoria Calvani, «il momento del racconto dei fatti del passato è il momento fon-damentale e rivitalizzante di questa disciplina che non deve mai ridursi a una arida sequenza

di date e di eventi. Oltre ad analisi, statistiche e fonti, una vera lezione di Storia dovrà posse-dere quella percentuale di storie avvincenti e di analisi dal sapore giallistico, di scoperta che sono proprie della Storia stessa». La narrazione infatti è una delle migliori armi per fare della lezione un momento niente affatto “noioso”; essa risulterà assai più vicina alla forma mentis dei ragazzi, avvezzi alla cultura orale e digitale, mobilitandone l’intelligenza emotiva: scopriranno così che i contenuti dello studio non sono aridi e inutili perché lontani dal loro mondo. È questo, ovviamente, un sistema didattico già ampia-mente sperimentato da molti docenti italiani e rappresenta quella didattica dell’attenzione che sola può procedere ad attivare e sollecitare le competenze dei ragazzi.

Della terza sezione l’aspetto più importante consiste nell’individuazione dei quattro snodi

periodizzanti della vicenda umana: il pro-cesso di ominazione, la rivoluzione neolitica, la rivoluzione industriale e i processi di mon-dializzazione e globalizzazione. Le Indicazioni

nazionali 2012 non aggiungono altro in merito a questi quattro momenti; tuttavia è indubbio che intorno a essi debba ruotare la scansione della disciplina.

A proposito di storia generale, invece, si dice che è necessario «aggiornare gli argomenti di studio adeguandoli alle nuove prospettive» in modo che la Storia risulti per i ragazzi un «in-treccio significativo di persone, cultura, econo-mia, religione, avvenimenti che hanno costituito processi di grande rilevanza per la comprensione del mondo attuale».

Il testo prosegue elencando alcuni momenti fondamentali; di particolare novità e importanza è l’accenno all’emancipazione femminile, che lascerebbe presagire un principio di prospettiva di genere in un ciclo di scuola dove questo ap-proccio non è mai stato recepito.

23Un’analisi delle Indicazioni nazionali 2012

I traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola secondaria di primo grado e gli obiettivi di apprendimento

L’elenco dei traguardi relativi alla disciplina della Storia è leggermente variato nella versione 2012. In particolare, è stato inserito un rife-rimento alle fonti digitali che il ragazzo deve saper usare ed è stata specificata la necessità del confronto con il mondo antico a proposito della storia europea medievale, moderna e con-temporanea.

Quanto agli obiettivi di apprendimento, possiamo notare che nell’organizzazione delle informazioni è stata inserita l’indicazione che il ragazzo sappia «selezionare e organizzare le informazioni con mappe, schemi, tabelle, grafici e risorse digitali» e che, oltre a formulare ipotesi, le sappia anche verificare. Possiamo intendere questa precisazione come una espressione di competenza.

Altrettanto nuova è l’ultima indicazione sul fatto che i ragazzi sappiano utilizzare il linguag-gio specifico della disciplina.

La Storia in una didattica per competenze

Se questo è, come è, uno dei documenti mi-nisteriali più sbilanciati di sempre a favore delle competenze, attuarlo nella vita scolastica di tutti i giorni vorrà dire assumere davvero le compe-tenze come propria stella polare. È giusto parlare di “rivoluzione” perché far sì che, attraverso lo

studio della Storia, i ragazzi sviluppino com-petenze vorrà dire adottare modalità del tutto nuove: ogni singolo docente saprà individuare, e in molti casi dovrà essere disposto a inventare, sistemi didattici nuovi che mettano al centro non più i contenuti da trasmettere ma la sollecitazio-ne delle competenze di ogni singolo studente. Per impostare un vero lavoro sulle competenze bisogna che i docenti siano disposti a ripensare

tutto il loro lavoro a tutti i livelli (programma-zione, stile didattico, modalità quotidiane).

È una sfida ardua, che anche solo a scriverla in queste righe suona insuperabile; invece, i già molti progetti avviati in tante scuole italiane e le esperienze dei docenti che si sono messi in rete (in tutti i sensi) in Internet dimostrano che è possibile affrontarla, ottenendo spesso grande riscontro da parte degli studenti e delle famiglie. Sicuramente la lezione frontale che verte su uno specifico argomento non risulterà utile a una di-dattica per competenze, ma lo saranno le attività di tipo laboratoriale e addirittura “drammaturgi-che”: tutto ciò che coinvolge in prima persona gli studenti avrà il duplice vantaggio di cattu-rarne l’attenzione e sollecitarne le competenze.

In quest’ottica, gli strumenti di lavoro più consueti, come i libri di testo o le verifiche, assumeranno un ruolo nuovo accompagnandosi a molti altri strumenti fra i quali avranno, ine-vitabilmente, grande spazio le nuove tecnologie che così potranno essere mostrate ai ragazzi sotto una nuova luce, rivelandosi veri strumenti di conoscenza e non solo oggetti ludici. Tutto questo avrà lo scopo non di portare gli studenti per mano, ma di insegnare loro un’autonomia feconda e duttile.