Spagine poesia 01 non c'è mauro marino
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spagine - magazzino di poesia 01
Mauro MarinoNon c’èLa volpe, il riccio, la civettapoesie 2002 - 2003
Spagine è un periodico di informazione culturaledell’Associazione Culturale Fondo Verri di Lecce
“Non c’è” e “La volpe, il riccio e la civetta” danno pa-role ad una partitura scritta in più fasi.L’inizio, in una lontana estate, quella del 2002, nellaMasseria Torcito in occasione della residenza, inquel luogo, dell’Osservatorio Nomade.Il poemetto si muove in tre movimenti: un io mono-logante; un io volto all’ascolto della natura e dellaStoria; un io nel tentativo dell’ amore.Un io che invade, mormora e interroga.
Scelgo di pubblicarlo oggi per inaugurare questospazio di poesia su Spagine, uno spazio in rete, chespero accolga presto altre voci. Voci soprattutto escrittura da leggere a voce alta!
M.M.
Non cèpiù nessuna scoperta,oscuro lo stupore.
Oggi piovegrandi gocce pesanti
odorano la terrae la stagione confonde
il cielonella sua tenuta
d’umido
sabbie saharianee
condense nordichein scontro,
nell’opera del cielo.
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Non c’è Mauro Marino
Gli occhinon portano meraviglia
tutto è cresciutoa scordare radici
e ho soltanto solitudinida contemplare
i luoghi del mio vagarehanno smalto di calcepietre levigateluci incastrate
mondani, ora sono
presi, nella deriva del tempo.
Slancio d’oggiche di sapori e suggestioni - soltantovive.
Non c’è versosospensioneestasi o incantonessuna rivolta.
Oggi che non ho mani al fare
nascosto all’ombradi un addioscruto il mondo
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sempre più distante – altrodi nuovo sconosciuto.
Lo nego, lo nego
Oh…
Viene leggeroun vento
nascosto un sorriso.
Odori di pioggiarombi di tuono...
...ho male alla testaconfusa d’umorimi taglio il respirorimango ai pensieri
non c’è quiete che io conosca
desiderio soltanto di altro guardare
non è mio questo Tempooscura il cuorenon so dove vorrei essere.
Qual è il mio luogo?
Bellissime tue spalle e senoe io...
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Non c’è Mauro Marino
Non so che farmene della poesia mia
delle parole che si fermano in golaa sorprendermi
mi trovano muto a divagaretensioni, non detti o sognie il tempo lo inseguodentro atti, attimi – sensiche colgono vento e passioni.
Soltanto sguardi bastano a calmarela sete e i suoni, i respiri
non altro che sappia d’orgoglio.
Sospesa al paesaggiola meta...
Stupiscitidella possibilitàdi direguarda e, inoltreti siano parole – sorelle.
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Al fare confondoil doppio dei pensierile fughe o le veritàdi un sentire che trova orizzontie cammina...
...le scarpenon hanno lacciposso venire lievead imbiancarti i sogni.
Quello che penso vive di sussulti.Cosa ho di fronte oltre me- all’ intenzione del dire –
Ascoltano?Sanno?Guardano?Ritornano - riposano?
Ho paura, paura a voltetrovo silenzio, incapaceannega nell’impossibilitàdi darsi mani, corpi nuovio nuove paroleinvenzioni di stile, confronti.
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Non c’è Mauro Marino
Ma…non voglio rinunciare
a mealla tensione al sentire
Ho voglia di cicalee di poter dire
sss… silenzioadesso!
Mi grido.
Ci sono luoghi dei filosofidove guardare la vitatrova parolesoffiche muovono, l’animo il sentire degli altri.
Vorrei di te una tracciache riporti il colore della tua veste
e guardo e ododentro me
un fiato
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che sospesi portaardori clamoriscoppi di sensi
lucidi occhi
ti vorrei per mescoprire la linea del tuo viso
e l’odore che porti nelle piegheperdermi rapito
col tuo nettareubriacare il desiderio
sentirti gridare, vorrei
alla tua carne mollefare un canto.
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A Ron Kubati e alle fughe
Svegliato il vento, hannocol loro canto
volto dalla linea del mare
vengono mutepunte di roccia a fermare il camminozinzuli di giaccastrappi di lanacumuli che segnano i passiduri di sale
e di quell’altra luce.
Sudore di giorni fatti con l’animo in golafino ai balzi violenti dello scafoai clamori del marea quel tenersi nell’abbraccio catenadella fuga.
C’eri tuanche tu?col tuo quaderno chiuso ancora nell’animo?
Che avventura la tua!
Sapevi già la fugache ti tirava con presa forteagli occhila necessità di altri luoghid’altro sentire
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non soltanto d’Albania.
Un'altra lingua forseun altro ritmoe pelle da guardareda innamorarein libero slanciosenza freno di regimesenza temere i ferriche quelli di tuo padre eran bastatia farti rivolta.
Ogni tradizione mira scontento se non rigenera esperienza
teso d’orecchiecol corpo nel sospettocome un caneche dorme nell’allertadel dormire.
Avrei voluto per tescarpe con le ali
sempre in viaggiosenza domeniche
o pauseche ricordassero necessità
il lavoro
Al margine nell’attesaaspetto parole
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che non verranno.
Ascolto, sss…silenzio
Accompagnano il galoppo d’ondetrepidi sogni imbarcano acqua
quasi non ti vedo!
Ogni istante sospesoritesse il tempo del mio tempotrattengo fiato e poesia...
che non ti meritonon ti merito!
così come sono
imbiancato dagli anni, nel silenzio
mi viene l’abbraccioil rosa che portavi
ti presi la manodi là della porta
odore d’estate alla collinala festa nelle strade
lenzuola bianche avevo preparato che candida venivialla tua pelle scura
Questo nonquesto nonche ormai assedia
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A Karol Wojtila e ai giorni di guerra
Le parole tue risuonano la stanzatrafiggono necessità come quell’urlo che sopra si leva
a dire …attenzioneè colmo ogni limiteogni sopportazione
Ma un atto tuo, oltre le parole?
necessarioa scuotere gli animi nello sprofondo di questo tempoche paura ha, di non avere voce
s’ acquietano ardoriconsoli soltanto, con l’ammonire
che orecchie non hannoalle parole dei santi
eroici sempre e inascoltatitraditi dall’amoreche non ha proposito di fare.
Come cortina le tue paroledi nebbia fina non urto non muronon sfracello
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li sento cantare l’inno alla guerrali senti anche tu?
Scomunicascomunica!
Al dio della guerra.Al nero petrolio.Ai fumi, ai laser, ai bum, agli spaventi.
E il tuo Dio?
Se urla di naturasi fanno solidali
rifanno l’abbraccio ai fratelli, al martirio delle carni.
Ti trema la mano, col dito alla bocca giri la pagina
sorprende la forza, l’umano tuo ragionare,la semplice fede
non basta, mi dico
ti voglio bene ti sono vicino
solidale ti sonoe cerco di portare tue parole
con me in questa fuga d’ incontri.
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Sempre gloria canta la musicasospesa alla trappola di Bach
all’incedere della parolastasera mi donate incantie trovo inopportuno ogni pensierolasciami lìlasciamia ciò che fugge e straziafrulla, frolla e irrompe
Soltanto a questo servenessun ammonimento,
soltanto a coprire il misfatto di chi senza vergognasterminio fa di pietre ed ossa.
Sempre alla guerrasempre alla guerra
e manco neve è venutao un freddoa fare capanna necessario focolare o nido.
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Amoreamore io chiamo
sei ferma nell’attesa del dartiverrà il buio e i suoni
e quiete d’immaginia segnare l’orizzonte della memoria
del tempo tuo.
Cosa lasciarti di stasera?
E’ una domenica vestita di grigio
da tanada colori forti.
Chiedo a meil bosco...
la linea che porta il mare a noi.
Soffondo suoniai pensierifaccio suggestionie sottile canto.
Verrà un abbandono generante.Vibrare, vibrarela carne al desiderioe non la poesia!
Soltanto un mormorare
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che fa voce e pausae risuono il senso.
Come teatrotenuto a se, trattenuto nell’ immaginareun vezzoun’ intonazioneun canto, un sussurroun grido.
La poesia nasce dettadetta a sesilenziosamente svelata.
La poesia nascemormorando passioniall’incanto degli occhi.
Mai quiete trovovago senza più coraggioperdo la strada…
E che non c’è odore qui, il sottileche suda il tempolo scalda, lo incanta…e irrita poi, irrita…
E che sei venuta e non ho trovato paroleero in ginocchio
ti dicevo ti ho amatae mi nascondevo che avevi cambiato
il mio tempol’ardore proprio del sentirlo.
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E come se quelle parole avessero apertoun varco
pur rimanendo in silenzio.Svilivo energia cancellando ogni osare.
Se ti incontrassi davvero forse poi mi stancherei.
Non ho mai retto le repliche!
Mi piace che sappia di miracolodi avvento
di cosa sacrache prendi tutto
e rimani a contemplareper giorni.
Poi, quell’odore,che cerchi invano
sulle mani.
Sono pigroun senza lavorouno che non ferma il pensieroe galoppa, invano galoppaalla conquista del nulla.
Fermo alla formanon so dire di me l’ultimo risuono
ne sfogo.
Ho fatto coltre
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e non c’è vento che muti l’azzurro.
Non ho canto
e le parole non sannorinascitagiro nel vuoto di mesolo attento a maschere.
Sfuggirel’incauto che pervadeche non guardae soltanto piangedispera
e che... per come s’è fattonon lo riconosco il mondo.
Esisto iometto un passo dietro l’altrocon scarpe di gommacon passo felpatovadonell’ascoltonel fragore del mondo.
Esisto ioin quest’attenzione che vuole cambiamenti,nel necessarioportare respiri.
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Marzo è venutoassapora
mi soffia in facciail suo volubile mistero
Un giorno t’ho vistanon aveva tavole la tua scena
la gloria, sìd’una forza che scatena
rompe arginimuta l’udireil desiderio.
Ho atteso, scordato,scelto non vedre
il risolto d’un fare che scordava vicendesenza auspicio…
La parola t’ammutolisce.
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Alle ragazze del Centro DCA
Come in una scatola
Un incanto quipotersi dedicare al gioco di noipresi a guardarci dentroa cercare di capire cosa di noi non và.
… o è che và troppo?
Troppa sensibilità dico,nella nostra materia.
Il nostro sentire,ci spinge a cercaretane, rifuginuove dimoredove poter mettere in giocoil nostro voler esserealtro, diverso, nuovo.
Come in una scatola questo luogodi porte colorateche si aprono su mondi di possibilità.
Tanti mondi per quanti noi siamonel gioco dell’incontroche apre fughepossibili viteche sempre sarannonel segno della bellezzadi un pensiero scoperto,
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fragile che ha provatoa mutare il mondocon il sacrificio del dolore.
Ma questo non può essere per sempreogni consapevolezzadeve mutarsi in energia, in fare
e la scatola può divenire strettae non si può rimanere fermi… nella prova di noi.
Non direstare nel nientestare inoltre alla sostanza di me parola
CHIUSO - CHIUSO
Ho soltanto silenzio non lo negonon ho apparizione di fulmineo incanto da donare
Se dico è per l’urgenza delle coseun allarme!
O di uno schiantoo una preghieradicoper invocare chi il silenziocomprende e accoglie.
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Se non dico, lo sai è che non capiscomi sento stupidoo inopportunomai efficace nella sostanzae preferisco alloranegarti di me il sensoe il segreto rimanecome rocca impenetrabile.
No te la lascerò mai espugnare
io, soltanto per meio e quel mormorio che m’annega.
_
Fermare il respiro niente più canto
rifondare energia e ascoltoun nuovo sguardocerco
un possibile sorrisoun auspicioo un porto
una cosa nuova venga al Mondoirrompa col suo piantoa liberare dall’incantoun soffio d’amore.
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Riposerei adesso
Con te adesso riposereiCon il colore della tua pelle
ti amo sailo posso dire ogni tanto?
Corro adessocon il pensiero di te
e invento l’amorel’amore con teche mi accogli
nonostante distanze e timori.
Mi innamoro dell’idea dell’amoree vorrei perdermi
nell’abbandono con telasciare l’ormeggio
e fare carezza di ventovibrare d’emozione e di sensi.
Fare silenzio vorreiagli occhi soltanto lasciarmi
e all’osare delle mani.
Volavo ieri dall’altra parte del pensiero miodove stacco i legamiquando fanno dolore o sconcertoe non sai dove volgere la passionee il fare, gli incontri, le relazioni, il lavoroprendono il posto
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inondandomi, lasciandomi esaustosenza parole per altro.
Gioco a sfinirminell’intenzione di fare l’amore largosenza nomesenza destino
Ma poi vedertimi confonde
e ancora urta il sentireal tuo nome
Esplora, guarda, dove rimane lo sguardo.
Esplora, guarda, scortico le parole.
Guarda, esplorae slaccia le scarpenon c’è fuga nel tuo stare.
Respira, esplorada sola non puoi
il cuore freme, da sola non puoi.
Ridi, respira, esplora!
Magnifico correre tuo senza laccisenza cuore, senza fremere, senza parole.
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Mormora questa passione.
Mormora, spegne l’incanto del nonmormora, di un non che splende
non, oggi che impossibile è guardare
non, non, non ragione
non, luci di città accesa non, freccia d’aereo nel rombonon, l’esplodere d’un corpo che esploderevuolenon, parole di comando
non, non, non
tu non, non sei
che seiluce di città che brillasibilo di freccia che vienecorpo che esplode volendo esplodere
senza sapere comandose non il desiderio
non, non, nontu non, che non, non sei
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Non c’è Mauro Marino
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Mi sto, che non voglio più nullae questo solo m’annega
e infrange ogni fare
mi sto confuso e vagabondosenza meta
che la giornata è di festae non senti intorno quell’animato
andare di cose in impegno, in scadere d’ora
mi sto che vorrei e non vorreicol dolore alle dita
e l’inizio di pensieri senza mani
mi sto nell’ascolto di altrilontani nel loro soliloquio
come io illuso di poter…
mi sto adesso incantato alle maninella speranza di te
nello sciogliersi del nodonel desiderio dell’odore
mi sto nell’attesa d’una intesa
nel respironell’ascolto del battito
nel perdersinell’abbandono
mi sto con te accanto!
La volpe, il riccio, la civetta Mauro Marino
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No poeta, o poesia
solamente trovo parole,scucio anima e silenzioe faccio brevi passi
La blatta confusa con la piuma, frigge l’estatele zampette in alto in ossessivo cercare
l’ultimo battito d’un cuore che non so.
Ti farei di fiabasoltanto a sfiorartiaspettando l’angolo magicoO un incanto!O tessitura di desiderio!
Il vento accompagna l’ondarisacca i pensieriabbandonati sullo scoglio d’una fraternitàillusa d’occasioni.
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C’è vuoto!
Un vuoto che frulla sensazionivisioni che hanno stradeconfuse di polveresuoni mischiati a sapori d’arrosto
creme doposole rinfrescano la giornataal suo finire.
La vocazione politica non affievolisceal venir meno della sua culla ideologica.
E’ vocazione che sussurraosa piccoli tentativi di costruzionedi dialogo socialedi meraviglia condivisa
nutre in bellezzain necessità d’incantoin essenziale manovra.
La vocazione politica chiama l’altromigra d’animoe muta nell’incontro.
Scuce passioni alla possibilità.
Annego e vago in questo mare!Continuamente annego,cerco trovare una rottacapace di rinfrancareciò che è stato in questi annidi consueto orrore.
E che, la Storia,
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diviene fotoromanzo,passione sempre meno appassionatamai memoria, scorda.
Certe volte non valutiamo adesioninella complessitàsolo il colore, la sensazione condividiamomai al pieno del presenteo di ciò che è stato.
Allora lui si dice nazicon leggerezza, senza sapereStalinista, senza sapereFilo Americano, senza sapereBerlusconiano senza sapere
Qualsiasi cosa, senza sapere
O con tema di sapereincorruttibile, incontrovertibile sapere.
E che ogni piega confonde, nasconde, ogniparola si consuma,ogni verità macchiata d’ingenuo.
Di Credo che non hanno convenienza,tanto sono distanti, tanto sono superficialicosì vicini al loro contrario,che nega, nega, rinfranca e allontana almomento del bisogno.
La politica non è più!
Come volpe, riccio o civettatradita dalla nottecostretta all’asfalto
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al rasoterra.
Schiacciata.
La pluralità perseguiamol’atto comune, l’agire che creache rompe la consuetudine
oltre ogni abbandono o solitudine.
* * *
Nel suo planare l’ho vistanell’argento d’ulivo sfinire il suo volo
che la lunala lunaapprestava la sera e quel canto:
plena lunaplena
l’infilata dei paesi raccontava fratellanzasenza ombra di campanile
e Marte, alto, alla sua sinistra, la vegliascorta la guerrache pulsa il suo battitocome cuore costante
plena lunaplena
sua grazia plenaarrischiache San Lorenzo non manda fuochi
La volpe, il riccio, la civetta Mauro Marino
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scie e luci e i desideri rimangononel lato del silenzio.
dietroall’incasso dei ricordi.
Km col vento in facciaspensierano amori
per chiamare la poesiaripeto il tuo nomee i versi d’incanto portavanol’odore della tua pelledel tuo velluto oliva.
Più nessuna visione nel tormentodimentico solo quel battitoquel volorimango illusod’un cambiamentod’una nuova voce
che nome porti?
Lo sai, t’ho vistae non ho saputomantenere lo sguardo
tendere il respirofare frecce con le parole.
Rimango indietrosemplicemente scordo lo sguardodisarticoloogni possibile silenzio o intesanon sono più.
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Scrivo soltanto di meascoltando ogni battitodal chiuso vengo fuorie non c’è voloo sprofondo che accolga
l’ansia la chiamo ansia
ogni ardore rimane talecome mutofermo ogni istantenell’eco d’un incanto.
Un altro amore m’annega.
Cerco conchiglie foratesassi levigatilegnie intarsio parole.
Orribili uomini incrociano lo sguardo.
Cercosolo una speranzanel risuono dei pensieri
di rifarmi la pellee tentativi di respiro.
Ora è cautonon fa rumoresuona i passicome danza che sfiora e vola.
Mi nascondo forse?
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Beato frugar delle mani!Beato il fiato che affanna!
Bellissimo di piantaguardata al suo fiorire.
Poco di te prendopoco mi bastaper vagare un sognoche ti colga all’odoreper crearlo.
Il finire della schienail nido delle ascellele linee del cotone sulla pelle
dove non soe dove vorrei.
Lo scirocco fa umido alla pelles’imperla di sale il labbrolucida ti guardosudore che allontana manisolo contemplo.
spagine - magazzino di poesia 01
Ottobre 2013
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