Rivista Incontri - Mese Di Aprile 2015

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Fondato nel 1948 Sped. in abb. postale comma 20, lett. C, Art. 2 - Legge 662/96 Taxe perçue -Tariffa riscossa To C.M.P. A n n o 6 7 ° n . 2 a p r i l e 2 0 1 5 P e r i o d i c o d e l l a F a m i g l i a C o t t o l e n g h i n a LA LUCE DEL RISORTO ILLUMINI LA NOSTRA VITA LA LUCE DEL RISORTO ILLUMINI LA NOSTRA VITA

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Rivista Incontri - Mese Di Aprile 2015

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Fondato nel 1948Sped. in abb. postalecomma 20, lett. C, Art. 2 - Legge 662/96Taxe perçue -Tariffa riscossa To C.M.P.

Anno 67° n. 2 aprile 2015

SPERANZAO signore risorto, fa’ che ti apra quando bussi alla mia porta.Donami gioia vera per testimoniare

al mondo che sei morto e risorto per sconfiggere il male.

Fa’ che ti veda e ti serva nel fratello sofferente, malato, abbandonato,

perseguitato… Aiutami a riconoscerti

in ogni avvenimento della vita e donami un

cuore sensibile alle necessità del mondo.

O Gesù risorto, riempi il mio cuore di piccole

opere di carità, quelleche si concretizzano

in un sorriso, in un atto di pazienza e di accettazione,

in un dono di benevolenza e di compassione, in un atteggiamento

di perdono cordiale, in un aiuto materiale secondo le mie

possibilità.Madre Teresa di Calcutta

Periodico della Famiglia Cottolenghina

LA LUCEDEL RISORTOILLUMINILA NOSTRA VITA

LA LUCEDEL RISORTOILLUMINILA NOSTRA VITA

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Periodico della Famiglia Cottolenghina

n. 2 marzo 2015Periodico quadrimestraleSped. in abb. postaleComma 20 lett. C art. 2 Legge 662/96 Reg. Trib. Torino n. 2202 del 19/11/71

Indirizzo: Via Cottolengo 1410152 Torino - Tel. 011 52.25.111C.C. post. N. 19331107

Direzione IncontriCottolengo [email protected]

Direttore responsabileDon Roberto Provera

RedazioneSalvatore Acquas - Mario Carissoni

Collaboratori

Don Emanuele Lampugnani - Fr. Beppe Gaido -Patrizia Pellegrino - Gemma La Terra - Nadia Monari

Progetto grafico

Salvatore Acquas

JmpaginazioneValter Oglino

Stampa Tipografia Gravinese

Via Lombardore 276/F - Leinì (TO) - Tel. 011 99.80.654

La Redazione ringrazia gli autori di articoli e foto,particolarmente quelli che non è riuscita a contattare.

Incontri è consultabile su: www.cottolengo.orgentrate a cuore aperto

http://chaariahospital.blogspot.com/Questa rivista è ad uso interno della PiccolaCasa della Divina Provvidenza (Cottolengo)

II punto - a Dio, carissimo Dante 3Don Roberto Provera

L’esperienza del mistero della crocein San Giuseppe Cottolengo 4-5Don Emanuele Lampugnani

La nostra Pasqua 6-7Redazione

Qui serviamo il mondo 8-9Suore di clausura di Cavoretto

Giorni lontani di un’antica primavera 10-11 Mario Carissoni

Gli occhi delle mamme 12-13 Fratel Beppe Gaido

Sul filo della memoria-Granaio della memoria 14-15 a cura di Salvatore Acquas

Fratel Luigi Bordino Beato! 16-17 Don Francesco Balzaretti

Ordinazione presbiterale don Vincent e don Shijo 18Redazione

Notizie cottolenghine: Chaaria e India 19I fratelli di Chaaria e di India

Ho visto un Angelo! 20-21Don Andrea Scrimaglia

Ecuador 22-23Daniele, Mattia e Marco

Le vie del Sacro 24-25Patrizia Pellegrino

Briciole di carità 26-27 Redazione

Volontari al Cottolengo: amanti perché amati 28-29 Redazione

Notiziario della Parrocchia Cottolengo 30-31 Redazione

Speranza 32 Madre Teresa di Calcutta

3

SOMMARIO

Dante Notaristefano ha combattuto la buona bat-taglia, ha conservato la fede e ora ha terminatola sua corsa, raggiungendo mercoledì 18 febbra-

io la Casa del Padre. Un tratto largamente riconosciuto del suo carattere èstata la mitezza. Beati i miti, perché erediteranno laTerra, quella vera, eterna. Un altra sua caratteristicaindiscutibile fu la sua fermezza, la sua incrollabileadesione ai valori fondamentali umani e cristiani. Inecrologi apparsi su LA STAMPA del 19 febbraio con-fermano queste sue doti. «Papà, grazie per avermiinsegnato l’importanza dell’impegno per gli altri eper avere testimoniato con il tuo esempio che anchela mitezza può essere coraggio». (La figlia Marina).«Esempio di correttezza, generosità e umiltà». «Hadato un esempio grande di giustizia e di sacrificionella vita politica e professionale». «Un grandeUomo e Ami co». «Uomo giusto e coraggioso».«...per la sua autorevole, affettuosa e molto apprezza-ta attività negli Uffici Giudiziari e per il suo impegnoa fianco dell’Avvocatura torinese negli anni bui delterrorismo». «È stato esempio e riferimento di demo-crazia e libertà». Don Franco nell’omelia pronuncia-ta durante la Messa esequiale ha sottolineato l’impe-gno concreto di Dante a favore dei poveri, di cui real-mente si è preso cura. Quest’ultima espressione èstata ripetuta varie volte, se ne è preso cura con i fatti,non solo con le parole. E questo nella sua attività giu-diziaria, politica e come presidente del l’AssociazioneVittime del terrorismo. Egli stesso era stato ferito nel1977 in Lungo Dora Voghera, mentre tornava a casa;a salvarlo fu provvidenzialmente la borsa piena didocumenti. Mi sono chiesto: dove Dante ha attintoquesta sensibilità fattiva verso i poveri, i bisognosi? Eho azzardato questa risposta: non forse nella PiccolaCasa della Divina Prov videnza - Cot to lengo? Ilgiovanissimo Dante vi entrò nell’ottobre del 1939,per frequentare la I ginnasio (così di diceva allora)nella Famiglia dei Tommasini (il Se minario dellaPiccola Casa). Come si sa, ogni alunno del Se -

minario, che quindi si prepara a diventare sacerdote,può iniziare questo cammino se persona competenterileva in lui i requisiti indispensabili. A presentareDante fu don Michele Plassa, curato dellaParrocchia della Madonna della Divina Prov videnzain Torino, e Tommasino, lui pure dal 1892 al 1902(deceduto il 3 aprile 1953). Quando per i pericolidella guerra (vicinanza del l’Arsenale) la Famigliadei Tommasini nel novembre 1942 fu chiusa, Dante,che era nato a S. Mauro Marchesato (CZ), si trasferìprima nel Seminario di Castella neta (TA) e poi nelPontificio Seminario Regionale Pio XI di Molfetta,frequentandovi la I e II liceo. Certo Dante portavanel suo cuore la Piccola Casa, nella quale rientrònell’ottobre 1946, rimanendovi fino al 1948. Poi ilSignore lo chiamò per altra strada. Alla Piccola Casaegli rimase sempre profondamente legato, come col-laboratore del periodico Incontri, di cui è statoamministratore fino all’ultimo; come Presidente del -l’Asso ciazione Ex Allievi e Amici del Cotto len godal 1973 (ma forse anche da prima), senza mai man-care agli incontri periodici; come Ex Tom masino,sempre presente al raduno annuale di marzo.Per tutto questo, grazie, carissimo Dante, anzi almodo cottolenghino “Deo Gratias”. Arrivederci nel -la Piccola Casa di lassù. Non posso dimenticare un altro carissimo Ex Tom -masino, recentemente en trato nella Piccola Casa delcielo, don Afredo Vallo, ma di lui ha scritto moltobene la sorella Giuliana più avanti in queste pagine.Anche per te, carissimo don Alfredo, Deo gratias earrivederci.Torino, 28 febbraio 2015

Don Roberto Provera

a Dio, carissimo

Dante

ARIO Il punto

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Periodico della Famiglia Cottolenghina

n. 2 marzo 2015Periodico quadrimestraleSped. in abb. postaleComma 20 lett. C art. 2 Legge 662/96 Reg. Trib. Torino n. 2202 del 19/11/71

Indirizzo: Via Cottolengo 1410152 Torino - Tel. 011 52.25.111C.C. post. N. 19331107

Direzione IncontriCottolengo [email protected]

Direttore responsabileDon Roberto Provera

RedazioneSalvatore Acquas - Mario Carissoni

Collaboratori

Don Emanuele Lampugnani - Fr. Beppe Gaido -Patrizia Pellegrino - Gemma La Terra - Nadia Monari

Progetto grafico

Salvatore Acquas

JmpaginazioneValter Oglino

Stampa Tipografia Gravinese

Via Lombardore 276/F - Leinì (TO) - Tel. 011 99.80.654

La Redazione ringrazia gli autori di articoli e foto,particolarmente quelli che non è riuscita a contattare.

Incontri è consultabile su: www.cottolengo.orgentrate a cuore aperto

http://chaariahospital.blogspot.com/Questa rivista è ad uso interno della PiccolaCasa della Divina Provvidenza (Cottolengo)

II punto - a Dio, carissimo Dante 3Don Roberto Provera

L’esperienza del mistero della crocein San Giuseppe Cottolengo 4-5Don Emanuele Lampugnani

La nostra Pasqua 6-7Redazione

Qui serviamo il mondo 8-9Suore di clausura di Cavoretto

Giorni lontani di un’antica primavera 10-11 Mario Carissoni

Gli occhi delle mamme 12-13 Fratel Beppe Gaido

Sul filo della memoria-Granaio della memoria 14-15 a cura di Salvatore Acquas

Fratel Luigi Bordino Beato! 16-17 Don Francesco Balzaretti

Ordinazione presbiterale don Vincent e don Shijo 18Redazione

Notizie cottolenghine: Chaaria e India 19I fratelli di Chaaria e di India

Ho visto un Angelo! 20-21Don Andrea Scrimaglia

Ecuador 22-23Daniele, Mattia e Marco

Le vie del Sacro 24-25Patrizia Pellegrino

Briciole di carità 26-27 Redazione

Volontari al Cottolengo: amanti perché amati 28-29 Redazione

Notiziario della Parrocchia Cottolengo 30-31 Redazione

Speranza 32 Madre Teresa di Calcutta

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SOMMARIO

Dante Notaristefano ha combattuto la buona bat-taglia, ha conservato la fede e ora ha terminatola sua corsa, raggiungendo mercoledì 18 febbra-

io la Casa del Padre. Un tratto largamente riconosciuto del suo carattere èstata la mitezza. Beati i miti, perché erediteranno laTerra, quella vera, eterna. Un altra sua caratteristicaindiscutibile fu la sua fermezza, la sua incrollabileadesione ai valori fondamentali umani e cristiani. Inecrologi apparsi su LA STAMPA del 19 febbraio con-fermano queste sue doti. «Papà, grazie per avermiinsegnato l’importanza dell’impegno per gli altri eper avere testimoniato con il tuo esempio che anchela mitezza può essere coraggio». (La figlia Marina).«Esempio di correttezza, generosità e umiltà». «Hadato un esempio grande di giustizia e di sacrificionella vita politica e professionale». «Un grandeUomo e Ami co». «Uomo giusto e coraggioso».«...per la sua autorevole, affettuosa e molto apprezza-ta attività negli Uffici Giudiziari e per il suo impegnoa fianco dell’Avvocatura torinese negli anni bui delterrorismo». «È stato esempio e riferimento di demo-crazia e libertà». Don Franco nell’omelia pronuncia-ta durante la Messa esequiale ha sottolineato l’impe-gno concreto di Dante a favore dei poveri, di cui real-mente si è preso cura. Quest’ultima espressione èstata ripetuta varie volte, se ne è preso cura con i fatti,non solo con le parole. E questo nella sua attività giu-diziaria, politica e come presidente del l’AssociazioneVittime del terrorismo. Egli stesso era stato ferito nel1977 in Lungo Dora Voghera, mentre tornava a casa;a salvarlo fu provvidenzialmente la borsa piena didocumenti. Mi sono chiesto: dove Dante ha attintoquesta sensibilità fattiva verso i poveri, i bisognosi? Eho azzardato questa risposta: non forse nella PiccolaCasa della Divina Prov videnza - Cot to lengo? Ilgiovanissimo Dante vi entrò nell’ottobre del 1939,per frequentare la I ginnasio (così di diceva allora)nella Famiglia dei Tommasini (il Se minario dellaPiccola Casa). Come si sa, ogni alunno del Se -

minario, che quindi si prepara a diventare sacerdote,può iniziare questo cammino se persona competenterileva in lui i requisiti indispensabili. A presentareDante fu don Michele Plassa, curato dellaParrocchia della Madonna della Divina Prov videnzain Torino, e Tommasino, lui pure dal 1892 al 1902(deceduto il 3 aprile 1953). Quando per i pericolidella guerra (vicinanza del l’Arsenale) la Famigliadei Tommasini nel novembre 1942 fu chiusa, Dante,che era nato a S. Mauro Marchesato (CZ), si trasferìprima nel Seminario di Castella neta (TA) e poi nelPontificio Seminario Regionale Pio XI di Molfetta,frequentandovi la I e II liceo. Certo Dante portavanel suo cuore la Piccola Casa, nella quale rientrònell’ottobre 1946, rimanendovi fino al 1948. Poi ilSignore lo chiamò per altra strada. Alla Piccola Casaegli rimase sempre profondamente legato, come col-laboratore del periodico Incontri, di cui è statoamministratore fino all’ultimo; come Presidente del -l’Asso ciazione Ex Allievi e Amici del Cotto len godal 1973 (ma forse anche da prima), senza mai man-care agli incontri periodici; come Ex Tom masino,sempre presente al raduno annuale di marzo.Per tutto questo, grazie, carissimo Dante, anzi almodo cottolenghino “Deo Gratias”. Arrivederci nel -la Piccola Casa di lassù. Non posso dimenticare un altro carissimo Ex Tom -masino, recentemente en trato nella Piccola Casa delcielo, don Afredo Vallo, ma di lui ha scritto moltobene la sorella Giuliana più avanti in queste pagine.Anche per te, carissimo don Alfredo, Deo gratias earrivederci.Torino, 28 febbraio 2015

Don Roberto Provera

a Dio, carissimo

Dante

ARIO Il punto

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Spiritualità Spiritualità

ri difficoltà egli ripeteva quel mottodi San Francesco d’Assisi: tanto è ilbene che io aspetto, che ogni penami par diletto.»Nel dicembre del 1838, a causa diuna situazione veramente critica, ilCottolengo si rivolge al Re, «pro-strato, anzi boccone per terra» persupplicarlo di venire incontro allaPiccola Casa la quale si trovava «ingravissime urgenze di dover soddi-sfare parecchi provveditori.»Un’ul te riore situazione difficileper il Cottolengo è documentatadalla lettera al farmacista PaoloAnglesio del 29 agosto 1840, nellaquale il santo chiede la somma diL. 1000. Consapevole che la ri -chie sta è gravosa non esita a scri-vere: «So che mi for mo un oggettodi disprezzo ma sì forti sono gliimpegni per il giorno d’oggi chenon posso fare a meno nuovamen-te di raccomandarmi a Lei; micreda se potessi far altrimenti nonLa disturberei.»I tardivi pagamenti per la mancan-za di mezzi economici creavanonon pochi problemi ai creditori. Il

Granetti ricorda che il Cottolengo«venne citato due volte davanti laCuria ecclesiastica da un suo credi-tore; il servo di Dio comparì all’oraindicata ed all’invito rispondevacon tutta modestia: “So che sondebitore e desidero di pagare, e laProvvidenza manderà da far onoreagli affari; al presente non posso...Sappiamo che mancano gli uomini,e mai mancherà la Provvidenza, equesta risarcirà ogni dànno”».

Ma il Cottolengo non mancò dispe rimentare talvolta anche grandeconsolazione come narra suor Pa -trizia: «Il signor Pansa, si portò dalvenerabile per esigere da lui ungrosso credito. Egli mi disse che ilsignor Pansa avesse pazienza per-ché al presente non poteva pagarlo.A queste parole il signor Pansa siirritò; il venerabile allora si ritirònella sua camera dopo aver invita-to il signor Pansa ad aspettare.

Poco dopo il venerabile uscì, ed iovidi il signor Pansa partire tuttocontento. Seppi poi da suora Te -lesfora, che lo udì dal venerabile,che egli quando s’era ritirato nellasua camera, s’era posto a pregareai piedi della statua della Ma -donna, e che per tre volte sentì unavoce a dirgli: “alzati, prendi lasomma e paga”. Alla terza volta sialzò e trovò la somma precisa dadare al signor Pansa.»Dure prove afflissero il Cottolengonegli ultimi mesi di vita. Infatti agliinizi del 1842 vide morire vari col-laboratori fra cui prematuramenteanche madre Marianna NasiTutti questi sono spiragli che la scia -no intravedere come la vita quoti-diana del Cottolengo fosse menoidilliaca di quanto potesse apparireai visitatori che sovente si recavanonella Piccola Casa. Dif ficoltà finan-ziarie, debiti ingenti, lamentele deicreditori, lutti non resero agevole lasua vita, egli però continuava a sen-tirsi interiormente spinto dalla Di -vina Provvidenza a proseguire nellesue opere di carità.In tutte le difficoltà, portando quo-tidianamente tutte queste “croci”,San Giuseppe Cottolengo continuòin maniera sublime ed affidarsi allaDivina Provvidenza, segno questodella sua grande fede e sigillo dellasua santità.Guardando il suo esempio, possia-mo allora rinnovare la nostra fedein Dio Padre Provvidente, per tro-vare nuove motivazioni e nuovaforza nel portare giorno per giornole nostre “croci”, certi che il Si -gnore non ci lascerà mai soli.

Don Emanuele Lampugnani

Elemento essenziale e decisivodella santità cristiana, comu-ne a tutti i santi e quindi

anche a san Giuseppe Cottolengo èl’esperienza del mistero dellacroce.È importante subito sottolineareche il Cottolengo, diversamente daaltri santi, non ebbe particolariproblemi nel suo rapporto conl’autorità ecclesiastica e civile, néfu colpito da particolari sofferenzefisiche, se non da qualche forma dicardiopatia. L’opposizione di qualche canonicoal trasferimento del “Deposito delCorpus Domini ” fu sì un’afflizio-

L’esperienza del mistero della croce in San Giuseppe Cottolengo

In tutte le difficoltà, portando quotidianamentetutte queste “croci”, San Giuseppe Cottolengocontinuò in maniera sublime ed affidarsi alla Divina Provvidenza,segno questo della sua grande fede e sigillo della sua santità.

ne, ma di breve durata.San Giuseppe Cottolengo fecel’esperienza della croce soprat-tutto nel vivere l’abbandono allaDivina Provvidenza con grandefedeltà, anche nei momenti piùdifficili, al fine di realizzarel’ispirazione carismatica del 2settembre.Scrive don Magliano, «anche inmezzo alle angustie in cui si trova-va o quando doveva provvedere aqualche inaspettata emergenza,egli non si perdeva mai d’animo,non si lamentava mai, e non rallen-tava la sua attività nell’eserciziodella carità; e spesso nelle maggio-

...egli però continuava a sentirsi interiormente

spinto dalla Di vina Provvidenza

“”

L’esperienza del mistero della croce in San Giuseppe Cottolengo

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Spiritualità Spiritualità

ri difficoltà egli ripeteva quel mottodi San Francesco d’Assisi: tanto è ilbene che io aspetto, che ogni penami par diletto.»Nel dicembre del 1838, a causa diuna situazione veramente critica, ilCottolengo si rivolge al Re, «pro-strato, anzi boccone per terra» persupplicarlo di venire incontro allaPiccola Casa la quale si trovava «ingravissime urgenze di dover soddi-sfare parecchi provveditori.»Un’ul te riore situazione difficileper il Cottolengo è documentatadalla lettera al farmacista PaoloAnglesio del 29 agosto 1840, nellaquale il santo chiede la somma diL. 1000. Consapevole che la ri -chie sta è gravosa non esita a scri-vere: «So che mi for mo un oggettodi disprezzo ma sì forti sono gliimpegni per il giorno d’oggi chenon posso fare a meno nuovamen-te di raccomandarmi a Lei; micreda se potessi far altrimenti nonLa disturberei.»I tardivi pagamenti per la mancan-za di mezzi economici creavanonon pochi problemi ai creditori. Il

Granetti ricorda che il Cottolengo«venne citato due volte davanti laCuria ecclesiastica da un suo credi-tore; il servo di Dio comparì all’oraindicata ed all’invito rispondevacon tutta modestia: “So che sondebitore e desidero di pagare, e laProvvidenza manderà da far onoreagli affari; al presente non posso...Sappiamo che mancano gli uomini,e mai mancherà la Provvidenza, equesta risarcirà ogni dànno”».

Ma il Cottolengo non mancò dispe rimentare talvolta anche grandeconsolazione come narra suor Pa -trizia: «Il signor Pansa, si portò dalvenerabile per esigere da lui ungrosso credito. Egli mi disse che ilsignor Pansa avesse pazienza per-ché al presente non poteva pagarlo.A queste parole il signor Pansa siirritò; il venerabile allora si ritirònella sua camera dopo aver invita-to il signor Pansa ad aspettare.

Poco dopo il venerabile uscì, ed iovidi il signor Pansa partire tuttocontento. Seppi poi da suora Te -lesfora, che lo udì dal venerabile,che egli quando s’era ritirato nellasua camera, s’era posto a pregareai piedi della statua della Ma -donna, e che per tre volte sentì unavoce a dirgli: “alzati, prendi lasomma e paga”. Alla terza volta sialzò e trovò la somma precisa dadare al signor Pansa.»Dure prove afflissero il Cottolengonegli ultimi mesi di vita. Infatti agliinizi del 1842 vide morire vari col-laboratori fra cui prematuramenteanche madre Marianna NasiTutti questi sono spiragli che la scia -no intravedere come la vita quoti-diana del Cottolengo fosse menoidilliaca di quanto potesse apparireai visitatori che sovente si recavanonella Piccola Casa. Dif ficoltà finan-ziarie, debiti ingenti, lamentele deicreditori, lutti non resero agevole lasua vita, egli però continuava a sen-tirsi interiormente spinto dalla Di -vina Provvidenza a proseguire nellesue opere di carità.In tutte le difficoltà, portando quo-tidianamente tutte queste “croci”,San Giuseppe Cottolengo continuòin maniera sublime ed affidarsi allaDivina Provvidenza, segno questodella sua grande fede e sigillo dellasua santità.Guardando il suo esempio, possia-mo allora rinnovare la nostra fedein Dio Padre Provvidente, per tro-vare nuove motivazioni e nuovaforza nel portare giorno per giornole nostre “croci”, certi che il Si -gnore non ci lascerà mai soli.

Don Emanuele Lampugnani

Elemento essenziale e decisivodella santità cristiana, comu-ne a tutti i santi e quindi

anche a san Giuseppe Cottolengo èl’esperienza del mistero dellacroce.È importante subito sottolineareche il Cottolengo, diversamente daaltri santi, non ebbe particolariproblemi nel suo rapporto conl’autorità ecclesiastica e civile, néfu colpito da particolari sofferenzefisiche, se non da qualche forma dicardiopatia. L’opposizione di qualche canonicoal trasferimento del “Deposito delCorpus Domini ” fu sì un’afflizio-

L’esperienza del mistero della croce in San Giuseppe Cottolengo

In tutte le difficoltà, portando quotidianamentetutte queste “croci”, San Giuseppe Cottolengocontinuò in maniera sublime ed affidarsi alla Divina Provvidenza,segno questo della sua grande fede e sigillo della sua santità.

ne, ma di breve durata.San Giuseppe Cottolengo fecel’esperienza della croce soprat-tutto nel vivere l’abbandono allaDivina Provvidenza con grandefedeltà, anche nei momenti piùdifficili, al fine di realizzarel’ispirazione carismatica del 2settembre.Scrive don Magliano, «anche inmezzo alle angustie in cui si trova-va o quando doveva provvedere aqualche inaspettata emergenza,egli non si perdeva mai d’animo,non si lamentava mai, e non rallen-tava la sua attività nell’eserciziodella carità; e spesso nelle maggio-

...egli però continuava a sentirsi interiormente

spinto dalla Di vina Provvidenza

“”

L’esperienza del mistero della croce in San Giuseppe Cottolengo

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Spiritualità Spiritualità

La nostra Pasqua

gnore, perché Egli ha sconfitto laMorte ed anche noi suoi seguacidovremo risorgere. La celebrazione della Pasqua. Seliturgicamente è la celebrazionedi un avvenimento storico, uni coè pure la celebrazione deglieffetti salvifici che ne derivano. Ora, gli effetti salvifici dellaPasqua sono senza fine e sempreofferti a tutti gli uomini fino allafine dei tempi. Per questo, la Pasqua ha una vir-tualità e una potenzialità di sal-vezza senza limiti. Il primo compito allora del cri-stiano oggi è quello di dareprova di fedeltà a Cristo. Al suomessaggio e al suo dono di sal-vezza. Ecco dunque, che laPasqua diventa anche nostra. È la nostra vita quotidiana che

Anche la gente avverte tutta que-sta novità di vita. I cuori, infatti, si aprono allagioia fragorosa e alla speranza,dopo la tristezza, il silenzio e lasolitudine dell’in verno. Ed ecco giungere la Pasqua. La Pasqua non è un avvenimentoche si esaurisce nello spazio diuna giornata. La Pasqua devedurare come continua la vita:l’eco di Pasqua deve accompa-gnare tutti i nostri giorni. Perchéci deve sempre parlare di ri -sur rezione. Cristo Gesù è morto ed è risorto.Noi uomini siamo legati allaPassione e Morte redentrice delSignore, perché anche noi dob-biamo soffrire e morire. Noiuomini, siamo pure legati allaRisurrezione gloriosa del Si -

Tutti gli anni, dopo il velo e lenevi dell’inverno, a poco apoco, nell’aria torna un mite

tepore e dalla terra rinnovataaffiora la nuova vita. Intanto, icampi rinverdiscono di nuoveerbe, le piante si rivestono difoglie e le aiuole dei giardini siriempiono di fiori dai mille co -lori. La primavera, dunque, è proprioquesta vivace e incontenibileesplosione di vita che rinasce vit-toriosamente. Sì. perché la vita,mortificata dall’inverno, risorgeovunque e trionfa.

deve essere in consonanza conCristo e con il suo Vangelo. Il mondo dei non credenti cichiede delle “prove” per credere. Le sole prove che possiamo daresono vivere e mostrare il Vangelocon coraggio, senza mai stan carsi. Queste prove ci qualificano comeveri e autentici discepoli diCristo Risorto.

La Redazione

È Pasqua. Una nuova, inesauribile sorgente di vita è stata infusa nel mondo: Cristo risorto.

Alleluia!“ “La nostra Pasqua

Page 7: Rivista Incontri - Mese Di Aprile 2015

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Spiritualità Spiritualità

La nostra Pasqua

gnore, perché Egli ha sconfitto laMorte ed anche noi suoi seguacidovremo risorgere. La celebrazione della Pasqua. Seliturgicamente è la celebrazionedi un avvenimento storico, uni coè pure la celebrazione deglieffetti salvifici che ne derivano. Ora, gli effetti salvifici dellaPasqua sono senza fine e sempreofferti a tutti gli uomini fino allafine dei tempi. Per questo, la Pasqua ha una vir-tualità e una potenzialità di sal-vezza senza limiti. Il primo compito allora del cri-stiano oggi è quello di dareprova di fedeltà a Cristo. Al suomessaggio e al suo dono di sal-vezza. Ecco dunque, che laPasqua diventa anche nostra. È la nostra vita quotidiana che

Anche la gente avverte tutta que-sta novità di vita. I cuori, infatti, si aprono allagioia fragorosa e alla speranza,dopo la tristezza, il silenzio e lasolitudine dell’in verno. Ed ecco giungere la Pasqua. La Pasqua non è un avvenimentoche si esaurisce nello spazio diuna giornata. La Pasqua devedurare come continua la vita:l’eco di Pasqua deve accompa-gnare tutti i nostri giorni. Perchéci deve sempre parlare di ri -sur rezione. Cristo Gesù è morto ed è risorto.Noi uomini siamo legati allaPassione e Morte redentrice delSignore, perché anche noi dob-biamo soffrire e morire. Noiuomini, siamo pure legati allaRisurrezione gloriosa del Si -

Tutti gli anni, dopo il velo e lenevi dell’inverno, a poco apoco, nell’aria torna un mite

tepore e dalla terra rinnovataaffiora la nuova vita. Intanto, icampi rinverdiscono di nuoveerbe, le piante si rivestono difoglie e le aiuole dei giardini siriempiono di fiori dai mille co -lori. La primavera, dunque, è proprioquesta vivace e incontenibileesplosione di vita che rinasce vit-toriosamente. Sì. perché la vita,mortificata dall’inverno, risorgeovunque e trionfa.

deve essere in consonanza conCristo e con il suo Vangelo. Il mondo dei non credenti cichiede delle “prove” per credere. Le sole prove che possiamo daresono vivere e mostrare il Vangelocon coraggio, senza mai stan carsi. Queste prove ci qualificano comeveri e autentici discepoli diCristo Risorto.

La Redazione

È Pasqua. Una nuova, inesauribile sorgente di vita è stata infusa nel mondo: Cristo risorto.

Alleluia!“ “La nostra Pasqua

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Spiritualità

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Sono una “giovane “ di 78anni, nata e cresciuta fra lecolline dell’Albese, in un

paesaggio agricolo profumato diviti e peschi in fiore. Fin da pic-colissima – avevo 4 anni – Gesùmi chiamò ed io confidai allamamma il mio proposito: «Vo -glio farmi suora». Col passaredel tempo, il mio desiderio sifaceva ardente, finché, compiuti i18 anni, fui accolta fra le postu-lanti della Piccola Casa di Torinodove professai i voti religiosi.Per 20 anni vissi come suora divita apostolica svolgendo diversemansioni. Tutto mi era gradito, tutto facile,perché il mio sguardo era punta-to su Gesù, il mio Diletto. Poi ilmio Maestro mi chiamò dinuovo, questa seconda chiamata,mise il fuoco nelle mie ossa, percui la risposta fu immediata e

totale. Mi alzai, lascai subito imiei “affari” e seguii il Maestro.Era il 1 ottobre 1974. Primogiorno scolastico, di quei tempi,ed io mi posi alla Scuola di Gesù,avendo come angelo santa Teresadi Gesù Bambino. Il Maestrocamminava davanti e io gli tene-vo dietro, in silenzio e con ilcuore sospeso nella pace.Conoscevo per diretta esperienzache dove Egli passa fiorisce qual-cosa di bello, si presentano dolcisorprese e si aprono orizzonti disperanza.Attraversammo la città comin-ciammo a salire su per la collina. Il momento era solenne: allespalle lasciavo una storia tantoamata, che avvertivo però stretta,per iniziarne un’altra, quella cheda tempo desideravo e sognavo.Giungemmo sul colle ed improv-visamente il quadro cambiò;

dinanzi a noi si profilò una disce-sa quasi a picco. Significativo!Quella prendemmo ed eccoci,percorsi pochi metri, in fondo, uncaseggiato vasto con una portici-na, sopra la quale era scritto, ilnome di quello che era – che è –un Monastero di clausura. Vi entrai, sul mezzogiorno. C’eragran silenzio e il cuore respiròlargo: «qui abiterò – mi dissi –perché l’ho desiderato. Questo èil luogo del mio riposo».Parlo del Monastero cottolenghi-no “Il Carmelo”.Qui era salito, nella primaveradel 1841, san Giuseppe Bene -detto Cottolengo, fondatore dellaPiccola Casa della Divina Prov -videnza in Torino, per dare unaFamiglia di Suore di Vita Con -templativa che fossero sostegnoalle Sorelle impegnate nel servi-zio ai fratelli ammalati, ai poveri

Spiritualità

e dimenticati della società. Da quel giorno, si succedetterogenerazioni al Monastero, spen-dendo la loro vita nel silenzio,nella solitudine, nella gioiosapenitenza e nella preghiera: lam-pade ardenti d’amore per laPiccola Casa, per la Chiesa, per ilmondo intero.

Posso essere madre di numerosissimi figli e

con loro avanzare verso la casa comune.

Che cosa si fa in Monastero? Siconduce una vita molto comune:lavori domestici, manutenzionedella casa e annessi prato, orto...Come la Vergine a Nazaret. Ma illavoro primario e più importanteé la preghiera. Qui in un luogoche pochi conoscono, dove nongiungono i rumori del mondo,dinanzi al Tabernacolo e pressol’Altare si svolge la nostra mis-sione. Sono sempre più contenta diessere in questa realtà e credoche, nonostante le mie fragilità emiei limiti, posso, rimanendo inGesù, vivendo con Lui in un rap-

porto esclusivo, sponsale, portaretanto frutto. Posso essere madredi numerosissimi figli e con loroavanzare verso la casa comune. Stiamo vivendo, oggi come inpassato, un tempo di incertezze,di paure, di sofferenze, di violen-za. Da ogni parte della terra silevano voci di fratelli e di sorelleche invocano pace, sicurezza,pane e lavoro. Si vorrebbe aiuta-re tutti, raggiungerli con un rag-gio di speranza, per procurareloro un futuro di gioia, ma ciò èimpossibile e il cuore ne soffre.Ecco: proprio in questo limiteche è l’ impotenza, si innestal’onnipotenza della preghiera.Essa fa leva sul cuore del Padre,nel Figlio suo, che ha detto:«Qualunque cosa chiedete, nelmio nome, Egli ve la concederà».Quando poi si fa passare questapreghiera anche attraverso laMadre, attraverso gli Amici diDio, la risposta è assicurata, l’ef-ficacia è garantita.Ci è proposto di perseverare nellafede – fiducia nella Provvidenzadel Padre il quale sa che tutto con-duce a un fine di salvezza. (cf Mt6,25-34) Ci è proposto di non ab -bandonare i nostri fratelli, di star

loro vicino, versando l’olio dellaconsolazione sulle loro ferite.

Nei Monasteri, nel mio Mo -nastero si cerca di rispondere,tutte insieme e ciascuna perso-nalmente, alle richieste che cigiungono numerose da ogniluogo e di condividere con inostri fratelli le gioie le fatiche,le sofferenze, gli interrogativi.Tutto qui.Fu veramente una bella grazia,un forte guadagno l’essermimessa dietro a Gesù, il “ il gran-de direttore”, come lo chiamavaAtenagora I. Ho avuto quaggiù ilcento per uno. Ora attendo, per labontà misericordiosa del nostroDio, l’Incontro faccia a faccia conLui. Allora l’abbraccio sarà uni-versale e sarà gioia piena senzafine (cf Sal 15,11).Deo gratias et Mariae.

Una sorella del Monasterocottolenghino “Il Carmelo”

Qui serviamoil mondo

Ho avuto quaggiù il cento per uno. Ora attendo, per la bontà misericordiosa del nostro Dio

l’Incontro faccia a faccia con Lui.

“”

...condividere con i nostri fratelli le gioie

le fatiche, le sofferenze, gli interrogativi.

“”

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Spiritualità

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Sono una “giovane “ di 78anni, nata e cresciuta fra lecolline dell’Albese, in un

paesaggio agricolo profumato diviti e peschi in fiore. Fin da pic-colissima – avevo 4 anni – Gesùmi chiamò ed io confidai allamamma il mio proposito: «Vo -glio farmi suora». Col passaredel tempo, il mio desiderio sifaceva ardente, finché, compiuti i18 anni, fui accolta fra le postu-lanti della Piccola Casa di Torinodove professai i voti religiosi.Per 20 anni vissi come suora divita apostolica svolgendo diversemansioni. Tutto mi era gradito, tutto facile,perché il mio sguardo era punta-to su Gesù, il mio Diletto. Poi ilmio Maestro mi chiamò dinuovo, questa seconda chiamata,mise il fuoco nelle mie ossa, percui la risposta fu immediata e

totale. Mi alzai, lascai subito imiei “affari” e seguii il Maestro.Era il 1 ottobre 1974. Primogiorno scolastico, di quei tempi,ed io mi posi alla Scuola di Gesù,avendo come angelo santa Teresadi Gesù Bambino. Il Maestrocamminava davanti e io gli tene-vo dietro, in silenzio e con ilcuore sospeso nella pace.Conoscevo per diretta esperienzache dove Egli passa fiorisce qual-cosa di bello, si presentano dolcisorprese e si aprono orizzonti disperanza.Attraversammo la città comin-ciammo a salire su per la collina. Il momento era solenne: allespalle lasciavo una storia tantoamata, che avvertivo però stretta,per iniziarne un’altra, quella cheda tempo desideravo e sognavo.Giungemmo sul colle ed improv-visamente il quadro cambiò;

dinanzi a noi si profilò una disce-sa quasi a picco. Significativo!Quella prendemmo ed eccoci,percorsi pochi metri, in fondo, uncaseggiato vasto con una portici-na, sopra la quale era scritto, ilnome di quello che era – che è –un Monastero di clausura. Vi entrai, sul mezzogiorno. C’eragran silenzio e il cuore respiròlargo: «qui abiterò – mi dissi –perché l’ho desiderato. Questo èil luogo del mio riposo».Parlo del Monastero cottolenghi-no “Il Carmelo”.Qui era salito, nella primaveradel 1841, san Giuseppe Bene -detto Cottolengo, fondatore dellaPiccola Casa della Divina Prov -videnza in Torino, per dare unaFamiglia di Suore di Vita Con -templativa che fossero sostegnoalle Sorelle impegnate nel servi-zio ai fratelli ammalati, ai poveri

Spiritualità

e dimenticati della società. Da quel giorno, si succedetterogenerazioni al Monastero, spen-dendo la loro vita nel silenzio,nella solitudine, nella gioiosapenitenza e nella preghiera: lam-pade ardenti d’amore per laPiccola Casa, per la Chiesa, per ilmondo intero.

Posso essere madre di numerosissimi figli e

con loro avanzare verso la casa comune.

Che cosa si fa in Monastero? Siconduce una vita molto comune:lavori domestici, manutenzionedella casa e annessi prato, orto...Come la Vergine a Nazaret. Ma illavoro primario e più importanteé la preghiera. Qui in un luogoche pochi conoscono, dove nongiungono i rumori del mondo,dinanzi al Tabernacolo e pressol’Altare si svolge la nostra mis-sione. Sono sempre più contenta diessere in questa realtà e credoche, nonostante le mie fragilità emiei limiti, posso, rimanendo inGesù, vivendo con Lui in un rap-

porto esclusivo, sponsale, portaretanto frutto. Posso essere madredi numerosissimi figli e con loroavanzare verso la casa comune. Stiamo vivendo, oggi come inpassato, un tempo di incertezze,di paure, di sofferenze, di violen-za. Da ogni parte della terra silevano voci di fratelli e di sorelleche invocano pace, sicurezza,pane e lavoro. Si vorrebbe aiuta-re tutti, raggiungerli con un rag-gio di speranza, per procurareloro un futuro di gioia, ma ciò èimpossibile e il cuore ne soffre.Ecco: proprio in questo limiteche è l’ impotenza, si innestal’onnipotenza della preghiera.Essa fa leva sul cuore del Padre,nel Figlio suo, che ha detto:«Qualunque cosa chiedete, nelmio nome, Egli ve la concederà».Quando poi si fa passare questapreghiera anche attraverso laMadre, attraverso gli Amici diDio, la risposta è assicurata, l’ef-ficacia è garantita.Ci è proposto di perseverare nellafede – fiducia nella Provvidenzadel Padre il quale sa che tutto con-duce a un fine di salvezza. (cf Mt6,25-34) Ci è proposto di non ab -bandonare i nostri fratelli, di star

loro vicino, versando l’olio dellaconsolazione sulle loro ferite.

Nei Monasteri, nel mio Mo -nastero si cerca di rispondere,tutte insieme e ciascuna perso-nalmente, alle richieste che cigiungono numerose da ogniluogo e di condividere con inostri fratelli le gioie le fatiche,le sofferenze, gli interrogativi.Tutto qui.Fu veramente una bella grazia,un forte guadagno l’essermimessa dietro a Gesù, il “ il gran-de direttore”, come lo chiamavaAtenagora I. Ho avuto quaggiù ilcento per uno. Ora attendo, per labontà misericordiosa del nostroDio, l’Incontro faccia a faccia conLui. Allora l’abbraccio sarà uni-versale e sarà gioia piena senzafine (cf Sal 15,11).Deo gratias et Mariae.

Una sorella del Monasterocottolenghino “Il Carmelo”

Qui serviamoil mondo

Ho avuto quaggiù il cento per uno. Ora attendo, per la bontà misericordiosa del nostro Dio

l’Incontro faccia a faccia con Lui.

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...condividere con i nostri fratelli le gioie

le fatiche, le sofferenze, gli interrogativi.

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Giorni lontani di un’antica Primavera

10 11

Una domenica, di quelle final-mente primaverili che invi-tano a fare una passeggiata,

esco e me ne vado pigramente aspasso, per respirare in tranquilli-tà un poco d’aria pura. Giron -zolando qua e là senza una mèta,mi ritrovo dentro un’antica borga-ta periferica, proprio di fronte allasua Chiesa; un passo, due gradinie sono sul sagrato. Ne varco leporte principali che trovo spalan-cate, mi sporgo per vedere l’inter-no e subito vengo avvolto da bellemelodie e dalle note possenti diun organo. Pia ce volmente sorpre-so, mi fermo un momento sull’in-gresso; poi, quasi attratto, decidodi varcare la soglia e mi ritrovodentro; chiesa vecchiotta ma

bella, ricca di statue e affreschiben conservati; illuminata a granfesta e colma di fedeli composti eattenti. Santa Messa solenne, conal cuore della celebrazione il ritodella Prima Comunione ad un belgruppo di adolescenti. Li vedotutti là davanti, ordinati, benvestiti di una lunga tunica biancauguale per tutti che avvolge i gio-vani corpi, nascondendo i vestiti-ni nuovi, indossati oggi per laprima volta, ma dalle buonemamme preparati per quest’occa-sione chissà già da quanto tempo.Le bambine sono riconoscibili peri bei capelli ordinati e raccolti congraziosi cerchietti appena sopra lanuca, i maschietti per la loro irre-quietezza. Senza averla cercata,

mi son così trovato avvolto daun’atmosfera bella, ricca diimmagini e suggestioni che senzaaccorgermene mi fanno scivolarenei ricordi di un giorno lontanotanto simile a questo e mi conse-gnano ad un rincorrersi di memo-rie che, pur senza allontanarmidal presente, mi hanno portato nelpassato e confermato che imomenti belli sono senza tempo,non si cancellano e sono motivodi ritrovata felicità che si rinnova,sussurri che scorrono attraversol’anima. Mi ritrovo così nei giorni lontanidi un’antica primavera, appenaterminati i corsi di catechismo,allora tenuti dal delegato del -l’Azione Cattolica. Ricordo be ne:

tempi di preparazione sempreuguali, metodi mai scritti marigorosamente applicati, giornisempre uguali tranne la domeni-ca, che per noi rampolli era dispeciale libertà; pranzo da termi-narsi in fretta e furia e poi subitovia di corsa per essere i primi sulpiazzale della chiesa e lì giocarespensierati sino alla chiamata deicatechisti. Tutti in chiesa, in fila, arecitare la preghiera all’AngeloCustode, quindi studio della dot-trina. Lezioni ogni giorno appenafinite quelle della scuola elemen-tare, fedelmente precedute dameticolosa indagine sulla fedeltànella recita delle preghiere di mat-tino e sera. Rammento che, versola conclusione dei corsi, arrivava-no i passi più difficili: l’esame dicoscienza, i sensi di colpa avverti-ti o meno, i peccati nei quali era-vamo caduti o nei quali potevamoincorrere, quelli che si rimedianosolo con confessione, pentimentoe promessa a non ripetersi; poi laprima confessione, con subito unpiccolo disappunto: perché lebambine inginocchiate nel con-fessionale dietro la grata e invecenoi ma schietti in sacrestia, sedutiviso a viso con il sacerdote? Poi le

Racconto

grandi prove della cerimonia con ilmomento più importante: riceverel’ostia, da ingoiare senza maimasticarla. Non è mica stato tantofacile! Arriva il giorno tanto attesoe sospirato: la Messa della “PrimaComunione”; evento agognato equanto mai liberatorio per le mam -me, molto festeggiato da famiglie eparentado, catecumeni e comunitàparrocchiale tutta. Cam pane assor-danti e in festosa libertà, coro algran completo, organista in cami-cia bianca con cravatta, banchiriservati, a destra i maschietti e asinistra le femminucce. Ognuno alposto assegnato, seri e molto atten-ti almeno per il momento, a proteg-gere l’integrità dell’abitino cucito

su misura dalle mani sante dellenostre mamme. Finalmente ilgran momento: l’emozione diingoiare delicatamente l’OstiaSacra, la benedizione del Par -roco, gli abbracci, i baci e lefoto. Ter mi nata la funzione reli-giosa ecco il piccolo rinfrescoofferto dal parroco nei localidella Casa del Popolo e poi tuttia casa per il rituale pranzo dellagran festa di norma preparato dainonni, con inviti allargati aiparenti e alla maestra elementa-re. Verso fine pran zo, mentre igrandi, ancora seduti, concentra-vano la loro at tenzione su cosaavrebbe fatto seguito al dolce,nella generale disattenzione ifurbetti si fiondavano verso ilpiazzale, dove già attendavanogli amici e ...impossibile pur-troppo evitarlo... la fine inglorio-sa di quanto di lindo era soprav-vissuto del vestitino nuovo!Una scampanellata dall’altare mirichiama al presente; è terminatala distribuzione ai fanciulli, tuttipossono ora accostarsi all’altare,mi avvicino e tendo le maniverso quell’Ostia che… ormaiho imparato a ingoiare bene.

Mario Carissoni

Racconto

e... impossibile purtroppo evitarlo... la fine ingloriosa di quanto di lindo era sopravvissuto del vestitino nuovo!“ ”

Giorni lontani di un’antica Primavera

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Giorni lontani di un’antica Primavera

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Una domenica, di quelle final-mente primaverili che invi-tano a fare una passeggiata,

esco e me ne vado pigramente aspasso, per respirare in tranquilli-tà un poco d’aria pura. Giron -zolando qua e là senza una mèta,mi ritrovo dentro un’antica borga-ta periferica, proprio di fronte allasua Chiesa; un passo, due gradinie sono sul sagrato. Ne varco leporte principali che trovo spalan-cate, mi sporgo per vedere l’inter-no e subito vengo avvolto da bellemelodie e dalle note possenti diun organo. Pia ce volmente sorpre-so, mi fermo un momento sull’in-gresso; poi, quasi attratto, decidodi varcare la soglia e mi ritrovodentro; chiesa vecchiotta ma

bella, ricca di statue e affreschiben conservati; illuminata a granfesta e colma di fedeli composti eattenti. Santa Messa solenne, conal cuore della celebrazione il ritodella Prima Comunione ad un belgruppo di adolescenti. Li vedotutti là davanti, ordinati, benvestiti di una lunga tunica biancauguale per tutti che avvolge i gio-vani corpi, nascondendo i vestiti-ni nuovi, indossati oggi per laprima volta, ma dalle buonemamme preparati per quest’occa-sione chissà già da quanto tempo.Le bambine sono riconoscibili peri bei capelli ordinati e raccolti congraziosi cerchietti appena sopra lanuca, i maschietti per la loro irre-quietezza. Senza averla cercata,

mi son così trovato avvolto daun’atmosfera bella, ricca diimmagini e suggestioni che senzaaccorgermene mi fanno scivolarenei ricordi di un giorno lontanotanto simile a questo e mi conse-gnano ad un rincorrersi di memo-rie che, pur senza allontanarmidal presente, mi hanno portato nelpassato e confermato che imomenti belli sono senza tempo,non si cancellano e sono motivodi ritrovata felicità che si rinnova,sussurri che scorrono attraversol’anima. Mi ritrovo così nei giorni lontanidi un’antica primavera, appenaterminati i corsi di catechismo,allora tenuti dal delegato del -l’Azione Cattolica. Ricordo be ne:

tempi di preparazione sempreuguali, metodi mai scritti marigorosamente applicati, giornisempre uguali tranne la domeni-ca, che per noi rampolli era dispeciale libertà; pranzo da termi-narsi in fretta e furia e poi subitovia di corsa per essere i primi sulpiazzale della chiesa e lì giocarespensierati sino alla chiamata deicatechisti. Tutti in chiesa, in fila, arecitare la preghiera all’AngeloCustode, quindi studio della dot-trina. Lezioni ogni giorno appenafinite quelle della scuola elemen-tare, fedelmente precedute dameticolosa indagine sulla fedeltànella recita delle preghiere di mat-tino e sera. Rammento che, versola conclusione dei corsi, arrivava-no i passi più difficili: l’esame dicoscienza, i sensi di colpa avverti-ti o meno, i peccati nei quali era-vamo caduti o nei quali potevamoincorrere, quelli che si rimedianosolo con confessione, pentimentoe promessa a non ripetersi; poi laprima confessione, con subito unpiccolo disappunto: perché lebambine inginocchiate nel con-fessionale dietro la grata e invecenoi ma schietti in sacrestia, sedutiviso a viso con il sacerdote? Poi le

Racconto

grandi prove della cerimonia con ilmomento più importante: riceverel’ostia, da ingoiare senza maimasticarla. Non è mica stato tantofacile! Arriva il giorno tanto attesoe sospirato: la Messa della “PrimaComunione”; evento agognato equanto mai liberatorio per le mam -me, molto festeggiato da famiglie eparentado, catecumeni e comunitàparrocchiale tutta. Cam pane assor-danti e in festosa libertà, coro algran completo, organista in cami-cia bianca con cravatta, banchiriservati, a destra i maschietti e asinistra le femminucce. Ognuno alposto assegnato, seri e molto atten-ti almeno per il momento, a proteg-gere l’integrità dell’abitino cucito

su misura dalle mani sante dellenostre mamme. Finalmente ilgran momento: l’emozione diingoiare delicatamente l’OstiaSacra, la benedizione del Par -roco, gli abbracci, i baci e lefoto. Ter mi nata la funzione reli-giosa ecco il piccolo rinfrescoofferto dal parroco nei localidella Casa del Popolo e poi tuttia casa per il rituale pranzo dellagran festa di norma preparato dainonni, con inviti allargati aiparenti e alla maestra elementa-re. Verso fine pran zo, mentre igrandi, ancora seduti, concentra-vano la loro at tenzione su cosaavrebbe fatto seguito al dolce,nella generale disattenzione ifurbetti si fiondavano verso ilpiazzale, dove già attendavanogli amici e ...impossibile pur-troppo evitarlo... la fine inglorio-sa di quanto di lindo era soprav-vissuto del vestitino nuovo!Una scampanellata dall’altare mirichiama al presente; è terminatala distribuzione ai fanciulli, tuttipossono ora accostarsi all’altare,mi avvicino e tendo le maniverso quell’Ostia che… ormaiho imparato a ingoiare bene.

Mario Carissoni

Racconto

e... impossibile purtroppo evitarlo... la fine ingloriosa di quanto di lindo era sopravvissuto del vestitino nuovo!“ ”

Giorni lontani di un’antica Primavera

Page 12: Rivista Incontri - Mese Di Aprile 2015

12 13

Èin piedi alle mie spalle, ad unamanciata di centimetri. Lasento respirare vicino a me,

avverto addirittura il calore cheemana dalla sua pelle. Mi guarda,ansiosa ed implorante: gli occhionineri compiono una vorticosa gim-kana tra me ed il suo bimbo che stocercando di rianimare sul fasciato-io. Talvolta lascia che la sua spallasfiori delicatamente la mia, quasiuna spinta per incoraggiarmi a faredi più. La sua fiducia è illimitata,totale l’abbandono nelle mie maniche si muovono veloci sulla suacreatura: io sono il dottore bianco,nel suo immaginario più o meno unsemidio, che sa e può tutto. Dovepotrebbero venire queste mamme se

non da me? Chi potrebbe aiutare iloro piccoli se non il medico bianco?Gli occhi sono colmi di terroreguardando il piccolo, di speranza

quando carpiscono dal mio voltoqualche segnale positivo. Segueattentamente le mie dita mentrepompo ossigeno nei polmoni eaccompagna con lo sguardo le mie

mani mentre iniettano un farmacoin vena o premono ripetutamentesul piccolo torace per il massaggiocardiaco. La mamma sta sempre insilenzio: non parla e non chiede,quasi a non disturbare la sacralitàdelle mie azioni. Quando riesco a salvare il piccolo,la mia gioia è tutta interiore; vorreiabbracciare quella mamma che si èfidata ciecamente, ma la culturalocale lo impedisce. In quei mo -menti di gioia solenne, mi devoaspettare un timido sorriso accom-pagnato da uno sguardo pieno diaffetto. Raramente dalle sue labbraaffiora la parola “grazie”, maavverto la riconoscenza in tutte lesua membra, mentre le consegno ilpiccolo e lo deposito tra le suebraccia accoglienti.Quando non ce la faccio in questamia battaglia per la vita, gli occhidella mamma dapprima vaganosperduti, fissando quindi il miovolto e poi quello del bimbo: nonriesce a capire come possa essereaccaduto quanto in cuor suo giàpercepiva! Non sono io il dottorebianco, l’onnipotente? Non puòquindi essere vera l’evidenza. Il

bimbo non può essere morto!Cerca di catturare il mio sguardoper cogliere la verità; mi bastaguardarla intensamente per unattimo e trasmetterle tutto il miosgomento ed il senso di fallimento.Lei capisce ancor prima che ioparli. A volte ha il coraggio diabbozzare la tremenda domanda:“è morto?”; allora mi basta annui-re con il capo, senza proferireverbo. La mamma piange e sin-ghiozza sommessamente.Accarezza il suo bambino e poi si

ritira, chiusa nel suo dolore. Unadisperazione silenziosa e colma didignità. Poche gridano e si dispe-rano. Quanto affetto passa tra imiei occhi e quelli delle mammeda noi ricoverate! Quanto dolore equante gioie riusciamo a condivi-dere nel silenzio di uno sguardo! Quanto rispetto vorrei essere capa-ce di trasmettere a questi gigantid’umanità, le nostre mammine,così fragili ed indifese, ma forti edignitose!

Fr Beppe Gaido

Testimonianza Testimonianza

“ ”La gioia e il dolore nel silenzio di uno sguardo

GLI OCCHIDELLE MAMMEGLI OCCHI

Page 13: Rivista Incontri - Mese Di Aprile 2015

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Èin piedi alle mie spalle, ad unamanciata di centimetri. Lasento respirare vicino a me,

avverto addirittura il calore cheemana dalla sua pelle. Mi guarda,ansiosa ed implorante: gli occhionineri compiono una vorticosa gim-kana tra me ed il suo bimbo che stocercando di rianimare sul fasciato-io. Talvolta lascia che la sua spallasfiori delicatamente la mia, quasiuna spinta per incoraggiarmi a faredi più. La sua fiducia è illimitata,totale l’abbandono nelle mie maniche si muovono veloci sulla suacreatura: io sono il dottore bianco,nel suo immaginario più o meno unsemidio, che sa e può tutto. Dovepotrebbero venire queste mamme se

non da me? Chi potrebbe aiutare iloro piccoli se non il medico bianco?Gli occhi sono colmi di terroreguardando il piccolo, di speranza

quando carpiscono dal mio voltoqualche segnale positivo. Segueattentamente le mie dita mentrepompo ossigeno nei polmoni eaccompagna con lo sguardo le mie

mani mentre iniettano un farmacoin vena o premono ripetutamentesul piccolo torace per il massaggiocardiaco. La mamma sta sempre insilenzio: non parla e non chiede,quasi a non disturbare la sacralitàdelle mie azioni. Quando riesco a salvare il piccolo,la mia gioia è tutta interiore; vorreiabbracciare quella mamma che si èfidata ciecamente, ma la culturalocale lo impedisce. In quei mo -menti di gioia solenne, mi devoaspettare un timido sorriso accom-pagnato da uno sguardo pieno diaffetto. Raramente dalle sue labbraaffiora la parola “grazie”, maavverto la riconoscenza in tutte lesua membra, mentre le consegno ilpiccolo e lo deposito tra le suebraccia accoglienti.Quando non ce la faccio in questamia battaglia per la vita, gli occhidella mamma dapprima vaganosperduti, fissando quindi il miovolto e poi quello del bimbo: nonriesce a capire come possa essereaccaduto quanto in cuor suo giàpercepiva! Non sono io il dottorebianco, l’onnipotente? Non puòquindi essere vera l’evidenza. Il

bimbo non può essere morto!Cerca di catturare il mio sguardoper cogliere la verità; mi bastaguardarla intensamente per unattimo e trasmetterle tutto il miosgomento ed il senso di fallimento.Lei capisce ancor prima che ioparli. A volte ha il coraggio diabbozzare la tremenda domanda:“è morto?”; allora mi basta annui-re con il capo, senza proferireverbo. La mamma piange e sin-ghiozza sommessamente.Accarezza il suo bambino e poi si

ritira, chiusa nel suo dolore. Unadisperazione silenziosa e colma didignità. Poche gridano e si dispe-rano. Quanto affetto passa tra imiei occhi e quelli delle mammeda noi ricoverate! Quanto dolore equante gioie riusciamo a condivi-dere nel silenzio di uno sguardo! Quanto rispetto vorrei essere capa-ce di trasmettere a questi gigantid’umanità, le nostre mammine,così fragili ed indifese, ma forti edignitose!

Fr Beppe Gaido

Testimonianza Testimonianza

“ ”La gioia e il dolore nel silenzio di uno sguardo

GLI OCCHIDELLE MAMMEGLI OCCHI

Page 14: Rivista Incontri - Mese Di Aprile 2015

Prendo tutto per amor di Dio e dico:“mi costa, ma lo faccio per amor di Dio”.

14 15

Sul filo della memoria a cura di Salvatore Acquas

Ricordi Ricordi

persone, possono portare frutti di speranza, di fede, di forza nella sof-ferenza e di senso della vita, con i valori umani e spirituali che ne con-seguono. Questi “semi” sono stati raccolti, durante un lungo percor-so, mediante incontri, dialoghi e interviste, realizzate dalla volontariaAnna Rosa, e mediante immagini di volti, sguardi e gesti, dal fotogra-fo Sergio Ramella, con la sua intuizione estetica, accompagnata dallasensibilità che gli è propria. Nella realizzazione del percorso fotogra-fico si è cercato, nella misura del possibile, di abbinare le im maginidei volti e delle persone con i messaggi di vita effettivamente detti daloro. L’intento non è quello di illustrare la vita consacrata, ma di pro-porre figure di persone consacrate anziane, che, con il loro bagagliodi esperienza umana, di quotidiana fedeltà e di sapienza di fede, pos-sono dare coraggio a chi si trova, come loro, nella situazione di anzia-nità e sul finire della propria esistenza. È un messaggio rivolto anche ai giovani, perché colgano che cosa allafine rimane di ciò che si è fatto e vissuto, che cosa rende compiuta unavita. Una parola e un volto sono un messaggio per tutti. Questo spie-ga perché le figure sono state fotografate singolarmente e non nellaloro vita di gruppo. Sono tanti piccoli “testamenti spirituali” persona-li, consegnati alle generazioni che le seguono, come piccole perle diun dono che arricchisce la vita.

“Il pregio di una fotografia sta nell’immediatezza del suo linguaggio: istanti, esperienze e persone.”

Il Cottolengo di Biella, nel corri-doio d’ingresso del reparto Ma -donna del Rosario, ha allestita

un’esposizione impostata su unpercorso fotografico e improntatosu figure di suore re sidenti nellapropria struttura dal titolo emble-matico: “Testi mo nianza di fede edi amore.“ Inau gurata domenica 16dicembre 2014 e si protrarrà pertutta la durata del l’Anno della VitaConsacrata, in altre parole sino al 2febbraio 2016. Tempi e spazi este-si e tali da consentirne possibilitàdi visita a molti, cottolenghini enon. Scopo e fine dell’esposizionedare visibilità e of frire i messaggidi fede e di amore che queste sorel-le nutrono nel loro cuore in questiultimi anni della loro esistenzaumana. Le loro vite sono statedonate e questo continuo dono siesprime oggi in volti e messaggi disapienza offerta a tutti, anziani egiovani, come piccoli semi di spiri-tualità e fiducia. Incontrarle nelleimmagini e accoglierne le parole ècerto motivo di arricchimento spi-rituale. La notizia in ambito locale

è stata largamente diffusa, noi de -si de riamo portarla a conoscenza eof frirla ai nostri lettori. Qui di se -guito riportiamo la notizia cosìcom’è apparsa sul giornale locale“Il Biellese” del 28 novembre2014.

UN TESTAMENTO SPIRITUALE

PER CHI VERRÀ DOPO

L’idea di sviluppare un percorsofotografico sulle “Vite Consa -crate” è nata due anni fa, in occa-sione dell’allora proposto Annodella Fede (2012-2013) da partedi Papa Benedetto XVI e signifi-cativamente si realizza oggi al -l’inaugu razione dell’anno chePapa Fran cesco ha dedicato allaVita consacrata. L’intento è statoquello di dare visibilità a suoreanziane, che per la loro condizio-ne di salute vivono invece in unarealtà generalmente sconosciuta elontana dalla normale vita sociale,come anche avviene per le perso-ne che sono residenti in strutture

socio sanitarie come le RSA. Lesuore anziane sono portatrici di unagrande esperienza di vita e soprat-tutto di una vita di fede, che si èmanifestata nella fedeltà alla loroconsacrazione a Dio fino alla con-clusione della loro avventuraumana. Questa loro esperienza divita è sembrata una sorta di tesoroumano, un “granaio della memo-ria”, i cui semi, qualora ven ganoraccolti e seminati nel cuore delle

“Testimonianza di fede e di amore.“

“GRANAIO DELLA MEMORIA”,i cui semi, qualora vengano raccolti e seminati nel cuore delle persone, possono portare frutti di speranza, di fede, di forza nella sofferenza e di senso della vita, con i valori umani e spirituali che ne conseguono.

Coraggio, ci saranno tante prove, ma il Signore sta sempre vicino.

“Mi sono rallegrato quando mi hanno detto che andrònella casa del Signore”, questo pensiero del Santo

Cottolengo l’ho fatto mio.

Lascio un servizio, ne prendo un altro, ma tutto quello che faccioè per il Signore.

Nella mia vita ho cercato di amare. Ama e dona l’amore e l’amore cresce. Dona amore e ne riceverai tanto.

Il Signore ci dà la forza di portare la croce,se non abbiamo questa forza ci ripieghiamo

su noi stessi.

Quando non pensiamo a Lui...è Lui che pensa a noi.

Non lasciate mai la preghiera, se lasciate la preghieraè finito tutto... Bisogna essere coerenti

con quello che si dice.

Signore, sono tutte occasioni che mi dai per conquistare il Paradiso.

Ora qui c’è tanto tempo, si va in cappella, ci si può sedere in un banco e chiamare il Signore che ci venga vicino per discorrere un po’.

Page 15: Rivista Incontri - Mese Di Aprile 2015

Prendo tutto per amor di Dio e dico:“mi costa, ma lo faccio per amor di Dio”.

14 15

Sul filo della memoria a cura di Salvatore Acquas

Ricordi Ricordi

persone, possono portare frutti di speranza, di fede, di forza nella sof-ferenza e di senso della vita, con i valori umani e spirituali che ne con-seguono. Questi “semi” sono stati raccolti, durante un lungo percor-so, mediante incontri, dialoghi e interviste, realizzate dalla volontariaAnna Rosa, e mediante immagini di volti, sguardi e gesti, dal fotogra-fo Sergio Ramella, con la sua intuizione estetica, accompagnata dallasensibilità che gli è propria. Nella realizzazione del percorso fotogra-fico si è cercato, nella misura del possibile, di abbinare le im maginidei volti e delle persone con i messaggi di vita effettivamente detti daloro. L’intento non è quello di illustrare la vita consacrata, ma di pro-porre figure di persone consacrate anziane, che, con il loro bagagliodi esperienza umana, di quotidiana fedeltà e di sapienza di fede, pos-sono dare coraggio a chi si trova, come loro, nella situazione di anzia-nità e sul finire della propria esistenza. È un messaggio rivolto anche ai giovani, perché colgano che cosa allafine rimane di ciò che si è fatto e vissuto, che cosa rende compiuta unavita. Una parola e un volto sono un messaggio per tutti. Questo spie-ga perché le figure sono state fotografate singolarmente e non nellaloro vita di gruppo. Sono tanti piccoli “testamenti spirituali” persona-li, consegnati alle generazioni che le seguono, come piccole perle diun dono che arricchisce la vita.

“Il pregio di una fotografia sta nell’immediatezza del suo linguaggio: istanti, esperienze e persone.”

Il Cottolengo di Biella, nel corri-doio d’ingresso del reparto Ma -donna del Rosario, ha allestita

un’esposizione impostata su unpercorso fotografico e improntatosu figure di suore re sidenti nellapropria struttura dal titolo emble-matico: “Testi mo nianza di fede edi amore.“ Inau gurata domenica 16dicembre 2014 e si protrarrà pertutta la durata del l’Anno della VitaConsacrata, in altre parole sino al 2febbraio 2016. Tempi e spazi este-si e tali da consentirne possibilitàdi visita a molti, cottolenghini enon. Scopo e fine dell’esposizionedare visibilità e of frire i messaggidi fede e di amore che queste sorel-le nutrono nel loro cuore in questiultimi anni della loro esistenzaumana. Le loro vite sono statedonate e questo continuo dono siesprime oggi in volti e messaggi disapienza offerta a tutti, anziani egiovani, come piccoli semi di spiri-tualità e fiducia. Incontrarle nelleimmagini e accoglierne le parole ècerto motivo di arricchimento spi-rituale. La notizia in ambito locale

è stata largamente diffusa, noi de -si de riamo portarla a conoscenza eof frirla ai nostri lettori. Qui di se -guito riportiamo la notizia cosìcom’è apparsa sul giornale locale“Il Biellese” del 28 novembre2014.

UN TESTAMENTO SPIRITUALE

PER CHI VERRÀ DOPO

L’idea di sviluppare un percorsofotografico sulle “Vite Consa -crate” è nata due anni fa, in occa-sione dell’allora proposto Annodella Fede (2012-2013) da partedi Papa Benedetto XVI e signifi-cativamente si realizza oggi al -l’inaugu razione dell’anno chePapa Fran cesco ha dedicato allaVita consacrata. L’intento è statoquello di dare visibilità a suoreanziane, che per la loro condizio-ne di salute vivono invece in unarealtà generalmente sconosciuta elontana dalla normale vita sociale,come anche avviene per le perso-ne che sono residenti in strutture

socio sanitarie come le RSA. Lesuore anziane sono portatrici di unagrande esperienza di vita e soprat-tutto di una vita di fede, che si èmanifestata nella fedeltà alla loroconsacrazione a Dio fino alla con-clusione della loro avventuraumana. Questa loro esperienza divita è sembrata una sorta di tesoroumano, un “granaio della memo-ria”, i cui semi, qualora ven ganoraccolti e seminati nel cuore delle

“Testimonianza di fede e di amore.“

“GRANAIO DELLA MEMORIA”,i cui semi, qualora vengano raccolti e seminati nel cuore delle persone, possono portare frutti di speranza, di fede, di forza nella sofferenza e di senso della vita, con i valori umani e spirituali che ne conseguono.

Coraggio, ci saranno tante prove, ma il Signore sta sempre vicino.

“Mi sono rallegrato quando mi hanno detto che andrònella casa del Signore”, questo pensiero del Santo

Cottolengo l’ho fatto mio.

Lascio un servizio, ne prendo un altro, ma tutto quello che faccioè per il Signore.

Nella mia vita ho cercato di amare. Ama e dona l’amore e l’amore cresce. Dona amore e ne riceverai tanto.

Il Signore ci dà la forza di portare la croce,se non abbiamo questa forza ci ripieghiamo

su noi stessi.

Quando non pensiamo a Lui...è Lui che pensa a noi.

Non lasciate mai la preghiera, se lasciate la preghieraè finito tutto... Bisogna essere coerenti

con quello che si dice.

Signore, sono tutte occasioni che mi dai per conquistare il Paradiso.

Ora qui c’è tanto tempo, si va in cappella, ci si può sedere in un banco e chiamare il Signore che ci venga vicino per discorrere un po’.

Page 16: Rivista Incontri - Mese Di Aprile 2015

Quando leggerete questo nostro ultimonumero, la tanto attesa conclusione dell’iter per la beatificazione del Venerabile fratel Luigi Bordino sarà ormai vicinissima alla conclusione e la nostra attesa ritroverà finalmente il respiro di una felicità grande, tanto desiderata. Il 2 maggio, mese che particolarmente ricorda la Vergine Mariatanto amata dal nostro, fratel Luigi saràproclamato Beato e tutti noi con lui potremo vivere il giorno della sua grandefesta. Una nuova stella brillerà nel cielo della Piccola Casa, per illuminare l’esempio di vita santa che tutti noi dobbiamo conoscere e imitare. Una santità costruita negli anni, giorno per giorno coll’esercizio dell’umiltà in ogni gesto dell’avere, ma soprattutto del dare, così come bene appare in questo scritto del compianto don Balzaretti, per lunghi anni Direttore e Redattore della Rivista Incontri.

Nello stendere alcuni mieiricordi di Fratel Luigi, riten-go anzitutto opportuno sotto-

lineare come, nel contesto di vitadella società odierna, sia di prima-ria importanza richiamare l’atten-zione sulla sua figura di uomo einsieme di religioso del nostrotempo. Considero Fratel Luigi unesempio per i laici cristiani,soprattutto per quelli impegnati inun campo professionale comequello infermieristico, per la Pic -cola Casa e per la sua FamigliaReligiosa, la Con gre gazione deiFratelli di San Giu seppe Cotto -lengo che ha avuto il privilegio diannoverarlo tra i suoi figli miglio-ri. Di Fratel Bordino, che ho cono-sciuto di persona e con il quale hocondiviso momenti particolari,rilevo in particolare due aspettiche distinsero la sua vita alCottolengo. La vita interiore fattad’intimità con Gesù Eucaristia e la

16 17

Testimonianza Testimonianzavita professionale alla cui baseso no sacrificio e amore al pros-simo. La Messa (per diversi anniservì quella così detta della leva-ta, alle 5.15) e la Comunionequotidiana erano i momenti pri-vilegiati della sua vita spirituale,la centrale, per così dire, cheriforniva le sue energie di bene.Lo troviamo, appena aveva unritaglio di tempo, davanti al San -tissimo Sacramento in profondoraccoglimento, le mani giunte elo sguardo al Tabernacolo. I primi contatti con lui, per lopiù nella sacrestia della chiesaprincipale della Piccola Casa,quelli in cui ebbi modo di cono-scere più a fondo la sua persona-lità religiosa, risalgono al 1948.Fratel Bordino fresco di profes-sione religiosa, io suddiacono.Con passo misurato – non corre-va mai, perché era sempre pun-tuale – Fratel Luigi, saliva i gra-dini della scaletta ed entrava insacrestia; si segnava adagio conl’acqua santa, genufletteva beneretto e sostava in breve adora-zione. Indossata la cotta, atten-deva l’inizio delle funzioni,sempre in devoto silenzioLo ricordo fedelissimo alla pre-ghiera comune in chiesa, la vocechiara e possente nel guidare lerecita del Pater e del Rosario, lasua puntuale precisione nell’ese-cuzione delle sacre cerimonie.Questi ed altri particolari, osser-vati per tanti anni, possono aprima vista, sembrare comuni,ma era il modo in cui egli licompiva che aveva qualcosa dispeciale.Penso che Fratel Luigi sia statoun religioso che ha vissuto lerealtà ordinarie della sua vitaspirituale in modo straordinario. Oltre alle note particolari che, a

mio parere, hanno costituitol’aspetto peculiare della sua vitareligiosa ne ricordo alcune diquelle che riguardano l’attivissi-ma vita professionale come infer-miere. Si tratta, ben inteso, di par-ticolari meno importanti di altri inquesto settore, ma rivelano lavirtù di Fratel Luigi anche nelcampo professionale.Alla scrupolosa cura verso gliammalati interni della PiccolaCasa, Fratel Luigi aggiungevauna grande sensibilità che lo ren-deva attento anche delle necessitàdi quelli esterni e gli faceva trova-re tempo e mezzi per alleviare leloro sofferenze. [ … ] Quanto hafatto grande questo religioso cot-tolenghino è stato l’aver cercatodi vivere fedelmente e costante-mente con Colui che aveva segui-to: Gesù, corrispondendo docil-mente alla grazia divina, e l’averlavorato nella Piccola Casa perportare la carità di Cristo e delsanto Cottolengo agli ammalati ea tutti i bisognosi.

Don Francesco Balzaretti

FRATEL LUIGI BORDINO

BEATO!I miei ricordi di Fratel Luigi Bordino

FRATEL LUIGI BORDINO

BEATO!

Page 17: Rivista Incontri - Mese Di Aprile 2015

Quando leggerete questo nostro ultimonumero, la tanto attesa conclusione dell’iter per la beatificazione del Venerabile fratel Luigi Bordino sarà ormai vicinissima alla conclusione e la nostra attesa ritroverà finalmente il respiro di una felicità grande, tanto desiderata. Il 2 maggio, mese che particolarmente ricorda la Vergine Mariatanto amata dal nostro, fratel Luigi saràproclamato Beato e tutti noi con lui potremo vivere il giorno della sua grandefesta. Una nuova stella brillerà nel cielo della Piccola Casa, per illuminare l’esempio di vita santa che tutti noi dobbiamo conoscere e imitare. Una santità costruita negli anni, giorno per giorno coll’esercizio dell’umiltà in ogni gesto dell’avere, ma soprattutto del dare, così come bene appare in questo scritto del compianto don Balzaretti, per lunghi anni Direttore e Redattore della Rivista Incontri.

Nello stendere alcuni mieiricordi di Fratel Luigi, riten-go anzitutto opportuno sotto-

lineare come, nel contesto di vitadella società odierna, sia di prima-ria importanza richiamare l’atten-zione sulla sua figura di uomo einsieme di religioso del nostrotempo. Considero Fratel Luigi unesempio per i laici cristiani,soprattutto per quelli impegnati inun campo professionale comequello infermieristico, per la Pic -cola Casa e per la sua FamigliaReligiosa, la Con gre gazione deiFratelli di San Giu seppe Cotto -lengo che ha avuto il privilegio diannoverarlo tra i suoi figli miglio-ri. Di Fratel Bordino, che ho cono-sciuto di persona e con il quale hocondiviso momenti particolari,rilevo in particolare due aspettiche distinsero la sua vita alCottolengo. La vita interiore fattad’intimità con Gesù Eucaristia e la

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Testimonianza Testimonianzavita professionale alla cui baseso no sacrificio e amore al pros-simo. La Messa (per diversi anniservì quella così detta della leva-ta, alle 5.15) e la Comunionequotidiana erano i momenti pri-vilegiati della sua vita spirituale,la centrale, per così dire, cheriforniva le sue energie di bene.Lo troviamo, appena aveva unritaglio di tempo, davanti al San -tissimo Sacramento in profondoraccoglimento, le mani giunte elo sguardo al Tabernacolo. I primi contatti con lui, per lopiù nella sacrestia della chiesaprincipale della Piccola Casa,quelli in cui ebbi modo di cono-scere più a fondo la sua persona-lità religiosa, risalgono al 1948.Fratel Bordino fresco di profes-sione religiosa, io suddiacono.Con passo misurato – non corre-va mai, perché era sempre pun-tuale – Fratel Luigi, saliva i gra-dini della scaletta ed entrava insacrestia; si segnava adagio conl’acqua santa, genufletteva beneretto e sostava in breve adora-zione. Indossata la cotta, atten-deva l’inizio delle funzioni,sempre in devoto silenzioLo ricordo fedelissimo alla pre-ghiera comune in chiesa, la vocechiara e possente nel guidare lerecita del Pater e del Rosario, lasua puntuale precisione nell’ese-cuzione delle sacre cerimonie.Questi ed altri particolari, osser-vati per tanti anni, possono aprima vista, sembrare comuni,ma era il modo in cui egli licompiva che aveva qualcosa dispeciale.Penso che Fratel Luigi sia statoun religioso che ha vissuto lerealtà ordinarie della sua vitaspirituale in modo straordinario. Oltre alle note particolari che, a

mio parere, hanno costituitol’aspetto peculiare della sua vitareligiosa ne ricordo alcune diquelle che riguardano l’attivissi-ma vita professionale come infer-miere. Si tratta, ben inteso, di par-ticolari meno importanti di altri inquesto settore, ma rivelano lavirtù di Fratel Luigi anche nelcampo professionale.Alla scrupolosa cura verso gliammalati interni della PiccolaCasa, Fratel Luigi aggiungevauna grande sensibilità che lo ren-deva attento anche delle necessitàdi quelli esterni e gli faceva trova-re tempo e mezzi per alleviare leloro sofferenze. [ … ] Quanto hafatto grande questo religioso cot-tolenghino è stato l’aver cercatodi vivere fedelmente e costante-mente con Colui che aveva segui-to: Gesù, corrispondendo docil-mente alla grazia divina, e l’averlavorato nella Piccola Casa perportare la carità di Cristo e delsanto Cottolengo agli ammalati ea tutti i bisognosi.

Don Francesco Balzaretti

FRATEL LUIGI BORDINO

BEATO!I miei ricordi di Fratel Luigi Bordino

FRATEL LUIGI BORDINO

BEATO!

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è stata la prima volta in Kenya eTanzania, e quindi per lui tutte le mis-sioni visitate, sono state qualcosa diassolutamente nuovo. Ringraziamoanche don Paolo per l’affetto e l’entu-siasmo che ha dimostrato per Cha aria.I due sacerdoti italiani sono statiaccompagnati a Chaaria dal rettore delseminario di Nairobi don Filippo, cheringraziamo per la disponibilità e perl’amicizia. A Padre Lino e a DonPaolo auguriamo un felice ritorno inItalia...

I Fratelli di ChaariaLA PROVVIDENZA HA TANTE STRADE

La Provvidenza trova mille modiper sostenere l’opera di chi siaffida ad essa e si mette al servi-

zio delle persone che più hanno biso-gno. A noi il compito di dimostrarcigrati dei benefici ricevuti e contempla-re le sue vie per fidarci una volta di piùdi Dio. I Fratelli presenti nelle duecase in India hanno recentemente toc-cato con mano l’aiuto concreto arriva-to dalla generosità di chi, da luoghilontani, senza molto conoscere dellarealtà delle nostre case, ha dato confiducia parte dei suoi averi per soste-

nere il servizio che i cottolenghinistanno conducendo a favore delle per-sone che assistono. La ‘via’ usata que-sta volta dalla Provvidenza è l’associa-zione di volontari Cottolengo Mis sionHospital Chaaria che tra i suoi fini pre-vede di “promuovere iniziative perraccogliere fondi da destinare alleMissioni Cotto lenghine all’estero”.Impe gnata da anni a sviluppare e coor-dinare il vo lontariato e aiutare econo-micamente le attività dei Fra telli aChaaria in Kenya, l’Asso cia zione haprogressivamente allargato il suo rag-gio di azione all’Ecuador e ultima-mente anche all’India. È così che nelbilancio di fine anno dell’As so cia -zione sono figurate le voci di spesaanche per le case di Palluruthy e diParavur in Kerala dove operano iFratelli cottolenghini indiani: la pri maha visto il finanziamento per l’acqui-sto di letti ortopedici, di una piccolaautoclave, di medicinali, di depuratoriper l’acqua e di una lavatrice; allaseconda è stato possibile l’imbiancatu-ra completa dei locali, l’acquisto diuna lavatrice, una macchina per cuciree una cyclette, il tutto a favore degliospiti. Ma già l’inizio dell’anno havisto continuare quest’aiuto che ci per-mette di realizzare ancora una tettoiaper la casa di Paravur e la tinteggiatu-ra alla casa degli ospiti di Pallu ruthy.Per tutto questo si eleva il ringrazia-mento dei Fratelli e di quanti operanoe vivono nelle nostre realtà anzituttoalla Divina Provvi denza e a tutti quan-ti vi hanno contribuito. Non mancheràil ricambio con la preghiera da partedei nostri “padroni”, una preghiera chevale molto agli occhi di Dio.

I Fratelli in India

Notizie Cottolenghine Notizie Cottolenghine

Ringraziamo di cuore il SuperioreGenerale della Piccola Casa del -la Divina Provvidenza per averci

visitati qui a Chaaria. Padre LinoPiano è in Kenya e Tanzania per unavisita alle comunità cottolenghine edha un’agenda molto stipata, perciò nonsi ferma mai più di un giorno (o almassimo due) nello stesso posto. AChaaria ha dedicato una giornata inte-ra e qui ha trascorso anche la notte; ciògli ha permesso di rendersi conto dipersona di tutti i miglioramenti cheabbiamo apportato sia alla strutturache al servizio negli ultimi due anni.Ha visitato con ammirazione la“nuova” sala operatoria anche all’in-terno, siccome non avendola ancoravista finita. Si è complimentato per lanuova maternità che gli è parsa bella efunzionale. Abbiamo sentito la presen-za paterna e l'affetto di don Lino, conil quale si è discusso anche di proble-matiche importanti per il futuro dellanostra missione e per la sua sostenibi-lità. Siamo riusciti a condividere insie-me pranzo e cena, perché miracolosa-mente risparmiati dalle emergenze inquei due momenti comunitari. ConPadre Lino era a Chaaria anche donPaolo Boggio, rettore del seminariocottolenghino di Torino: per don Paolo

10-20 gennaio 2015India

Ordinazione presbiteraledi don Vincent e don Shijo

La Piccola Casa dice il suo “Deo gratias” per le recenti ordinazioni di due nuovi sacerdoti cottolenghini, Don Vincent Xavier Lourdusamy il 10 gennaio

in Tamil Nadu e Don Shijo Solomon il 20 gennaio in Kerala nelle rispettive parrocchie.

Deo Gratias!

Accoglienza al paese di Vincent Un momento del rito dell’ordinazione di Vincent

Momento del rito dell’ordinazionedi Vincent

Imposizionedelle manidurante il ritodell’ordinazionedi Shijo

Un momento del rito della S. Messa di Shijo

Foto digruppo dopol’ordinazionedi Shijo

Un momento del rito della S. Messa di Shijo

Padre Lino e Don Paolo

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è stata la prima volta in Kenya eTanzania, e quindi per lui tutte le mis-sioni visitate, sono state qualcosa diassolutamente nuovo. Ringraziamoanche don Paolo per l’affetto e l’entu-siasmo che ha dimostrato per Cha aria.I due sacerdoti italiani sono statiaccompagnati a Chaaria dal rettore delseminario di Nairobi don Filippo, cheringraziamo per la disponibilità e perl’amicizia. A Padre Lino e a DonPaolo auguriamo un felice ritorno inItalia...

I Fratelli di ChaariaLA PROVVIDENZA HA TANTE STRADE

La Provvidenza trova mille modiper sostenere l’opera di chi siaffida ad essa e si mette al servi-

zio delle persone che più hanno biso-gno. A noi il compito di dimostrarcigrati dei benefici ricevuti e contempla-re le sue vie per fidarci una volta di piùdi Dio. I Fratelli presenti nelle duecase in India hanno recentemente toc-cato con mano l’aiuto concreto arriva-to dalla generosità di chi, da luoghilontani, senza molto conoscere dellarealtà delle nostre case, ha dato confiducia parte dei suoi averi per soste-

nere il servizio che i cottolenghinistanno conducendo a favore delle per-sone che assistono. La ‘via’ usata que-sta volta dalla Provvidenza è l’associa-zione di volontari Cottolengo Mis sionHospital Chaaria che tra i suoi fini pre-vede di “promuovere iniziative perraccogliere fondi da destinare alleMissioni Cotto lenghine all’estero”.Impe gnata da anni a sviluppare e coor-dinare il vo lontariato e aiutare econo-micamente le attività dei Fra telli aChaaria in Kenya, l’Asso cia zione haprogressivamente allargato il suo rag-gio di azione all’Ecuador e ultima-mente anche all’India. È così che nelbilancio di fine anno dell’As so cia -zione sono figurate le voci di spesaanche per le case di Palluruthy e diParavur in Kerala dove operano iFratelli cottolenghini indiani: la pri maha visto il finanziamento per l’acqui-sto di letti ortopedici, di una piccolaautoclave, di medicinali, di depuratoriper l’acqua e di una lavatrice; allaseconda è stato possibile l’imbiancatu-ra completa dei locali, l’acquisto diuna lavatrice, una macchina per cuciree una cyclette, il tutto a favore degliospiti. Ma già l’inizio dell’anno havisto continuare quest’aiuto che ci per-mette di realizzare ancora una tettoiaper la casa di Paravur e la tinteggiatu-ra alla casa degli ospiti di Pallu ruthy.Per tutto questo si eleva il ringrazia-mento dei Fratelli e di quanti operanoe vivono nelle nostre realtà anzituttoalla Divina Provvi denza e a tutti quan-ti vi hanno contribuito. Non mancheràil ricambio con la preghiera da partedei nostri “padroni”, una preghiera chevale molto agli occhi di Dio.

I Fratelli in India

Notizie Cottolenghine Notizie Cottolenghine

Ringraziamo di cuore il SuperioreGenerale della Piccola Casa del -la Divina Provvidenza per averci

visitati qui a Chaaria. Padre LinoPiano è in Kenya e Tanzania per unavisita alle comunità cottolenghine edha un’agenda molto stipata, perciò nonsi ferma mai più di un giorno (o almassimo due) nello stesso posto. AChaaria ha dedicato una giornata inte-ra e qui ha trascorso anche la notte; ciògli ha permesso di rendersi conto dipersona di tutti i miglioramenti cheabbiamo apportato sia alla strutturache al servizio negli ultimi due anni.Ha visitato con ammirazione la“nuova” sala operatoria anche all’in-terno, siccome non avendola ancoravista finita. Si è complimentato per lanuova maternità che gli è parsa bella efunzionale. Abbiamo sentito la presen-za paterna e l'affetto di don Lino, conil quale si è discusso anche di proble-matiche importanti per il futuro dellanostra missione e per la sua sostenibi-lità. Siamo riusciti a condividere insie-me pranzo e cena, perché miracolosa-mente risparmiati dalle emergenze inquei due momenti comunitari. ConPadre Lino era a Chaaria anche donPaolo Boggio, rettore del seminariocottolenghino di Torino: per don Paolo

10-20 gennaio 2015India

Ordinazione presbiteraledi don Vincent e don Shijo

La Piccola Casa dice il suo “Deo gratias” per le recenti ordinazioni di due nuovi sacerdoti cottolenghini, Don Vincent Xavier Lourdusamy il 10 gennaio

in Tamil Nadu e Don Shijo Solomon il 20 gennaio in Kerala nelle rispettive parrocchie.

Deo Gratias!

Accoglienza al paese di Vincent Un momento del rito dell’ordinazione di Vincent

Momento del rito dell’ordinazionedi Vincent

Imposizionedelle manidurante il ritodell’ordinazionedi Shijo

Un momento del rito della S. Messa di Shijo

Foto digruppo dopol’ordinazionedi Shijo

Un momento del rito della S. Messa di Shijo

Padre Lino e Don Paolo

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che non mi veda.. Ma quella per-sona viene proprio verso di me emi si ferma davanti. È quasi buio,ma stranamente, la vedo bene infaccia. È un bel giovane che mifissa con occhi luminosi; vestitocon abiti leggeri, non da montagnae non sembra per nulla affaticatodalla salita che deve aver fatto.“Mi aiuti, per favore, sono impi-gliato nei sassi…”“Coraggio, alzati e seguimi” Lasua voce è dolce melodiosa e stra-namente, mi riempie di sicurezza.“Ma non posso: i sassi mi blocca-no la gamba!”“Su, prova ancora e abbi fiducia!”Lo guardo perplesso e incredulo.Provo ancora una volta a muoverela gamba… viene via subito, senzafatica né dolore. “Ma… ma è un miracolo! Primanon riuscivo neanche…”“Non parlare, affrettati che ètardi!”Mi alzo, ancora tutto indolenzito esporco, ma riesco a camminarebene. Mi avvio subito dietro quelgiovane che sta già andando avan-ti in fretta. Però, lo sto guardando,più che camminare, sembra chesfiori appena il sentiero. Infattinon fa alcuna fatica, neanche suisassi. Allora mi affretto e lo rag-giungo.“Senti: scusami, non ti ho neanchechiesto il nome: chi sei? Come maisei ancora qui in alta montagna aquest’ora?”“Lo capirai da solo più tardi; ades-so affrettiamoci perché viene nottee ti stanno già cercando.”La situazione appare sempre piùinverosimile! Non oso più parlaree lo seguo in silenzio. Lui cammi-na veloce, ma anch’io non socome, riesco a stargli dietro purnon vedendo il sentiero perché èormai buio. In breve tempo giun-giamo in fondo alla montagna,

dove il sentiero si allarga e diven-ta piano, inoltrandosi nella vallelungo il torrente.“Ora prosegui da solo; conosci ilsentiero e incontrerai presto i com-pagni che ti cercano. Addio!“Aspetta… come posso ringraziar-ti? Fermati un mo… non c’è più!Ma dove sei?...Sparito.”

Mi sarebbe tanto piaciuto cono-scerlo meglio; invece… Ma ora de -vo affrettarmi per non fare nottefuori casa. Prendo deciso il sentie-ro che ora conosco bene anche se èbuio e cammino. Ma la gambaimprigionata dalle pietre, riprendea farmi male e sento di nuovo varidolori per il corpo. Devo subito ral-lentare il passo per non cadere.Tuttavia, fatti pochi passi, sentodelle voci sommesse che si avvici-nano. Tendo l’orecchio per sentiremeglio e mi rendo conto che sono icompagni che vengono in cerca dime. “Ma che cosa ti è successo?Ad un certo punto, non ti abbiamopiù visto; ma non ci siamo preoc-cupati, sapendo che conosci benela montagna e sei più in gamba dinoi. Però adesso ci stavamo preoc-

cupando perché è ormai notte…”“Vi ringrazio amici, ma vi raccon-terò tutto a casa; ora sono troppostanco e questa gamba mi fa moltomale; non vorrei perdere altrotempo.”La notte è lunga e dolorosae piena di personaggi misteriosi. Almattino mi alzo sempre con i mieimali; decido quindi di andare afarmi vedere dal dottore. Ma primapasso nella nostra cappellina perringraziare il Signore dello scam-pato pericolo. Prego un momentodavanti al Tabernacolo, poi vadodavanti al bel quadro dove è dipin-to un Angelo custode che accompa-gna un bambino nell’attraversareun ponte, (quadro che mi ha sempreattirato per la bellezza) per ringra-ziare anche il mio Angelo custode.Ma… rimango sbalordito: l’Angelodipinto è il ritratto perfetto di quelgiovane che ho visto nella notte!Mi stropiccio gli occhi per guarda-re meglio; non ci sono dubbi: è pro-prio lui! Allora ho visto unAngelo!...Ma non è possibile!...forse è un’allucinazione… sa -rebbe troppo bello! No, non lodico a nessuno, se no mi prendonoin giro! Eppure l’ho visto; nonstavo so gnando.

Don Andrea Scrimaglia

Ho fatto un’escursione in altamontagna in compagnia deicompagni di studio. Siamo

rimasti in vetta fino a tarda ora. Iltempo era bello, il sole di agostosplendeva ancora anche versosera; tutto invitava a prolungare lapermanenza fuori casa.All’improvviso l’imprevisto. Miero attardato a raccogliere stellealpine, perdendo di vista gli altri.Ma non mi ero preoccupato perchéconoscevo bene sentiero e monta-gna. Mentre mi sporgo verso ilvuoto per raggiungere una stellaalpina, mi scivola la terra sotto ipiedi. Istintivamente, con entram-be le mani, lasciando cadere i fioriche tenevo, cerco un appiglio perfermare la scivolata, ma non netrovo e precipito per diversi metri

Racconto Racconto

Ho visto un Angelo...

sul bordo del burrone. Mentre storotolando sui sassi sempre piùvicino al vuoto, mi metto a urlareaiuto. Ma credo che nessuno misenta: i miei compagni sono giàavanti e hanno girato dalla partesinistra della montagna; sonofuori portata di voce; altri non c’ènessuno in giro. Allora mi assaleun senso di disperazione e mitrovo perduto; in quel momentoperdo i sensi. Mi risveglio non soquanto tempo dopo, con un acutodolore alla gamba destra. Pianpiano ritorno in me e mi guardo:sanguino da qualche parte e sonopieno di ammaccature; soprattuttovedo la gamba destra impigliata inmezzo ai sassi che me la stringo-no forte procurandomi fitte didolore. Provo a piegarmi in avan-

ti, con molto sforzo cerco di smuo-vere i sassi. Impossibile! Provo eriprovo fin che sono sfinito maniente da fare; le pietre sono gros-se ed io nella mia posizione nonposso fare forza. Mi fermo perprendere fiato e mi guardo attorno:sta diventando buio e non si senteanima viva. Silenzio e solitudineche mi stringono al cuore; provouna forte angoscia e mi metto apiangere. Mentre sono così dispe-rato, intravedo nella semi oscurità,una figura di persona che si avvici-na. Avanza leggera in mezzo aisassi; sembra quasi che il suopiede li sfiori appena. Oh! Prov -videnza! Esclamo; e il cuore inco-mincia ad allargarsi.“Tu, per favore, mi dai una ma -no?” Mi metto a gridare, per paura

“Mi aiuti per favore sono impigliato nei sassi...Coraggio, alzati e seguimi.

La sua voce è dolce e melodiosa e stranamente mi riempie di sicurezza.”

Senti: scusami, non ti ho

neanche chiesto il nome: chi sei?“

Ho visto un Angelo...

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che non mi veda.. Ma quella per-sona viene proprio verso di me emi si ferma davanti. È quasi buio,ma stranamente, la vedo bene infaccia. È un bel giovane che mifissa con occhi luminosi; vestitocon abiti leggeri, non da montagnae non sembra per nulla affaticatodalla salita che deve aver fatto.“Mi aiuti, per favore, sono impi-gliato nei sassi…”“Coraggio, alzati e seguimi” Lasua voce è dolce melodiosa e stra-namente, mi riempie di sicurezza.“Ma non posso: i sassi mi blocca-no la gamba!”“Su, prova ancora e abbi fiducia!”Lo guardo perplesso e incredulo.Provo ancora una volta a muoverela gamba… viene via subito, senzafatica né dolore. “Ma… ma è un miracolo! Primanon riuscivo neanche…”“Non parlare, affrettati che ètardi!”Mi alzo, ancora tutto indolenzito esporco, ma riesco a camminarebene. Mi avvio subito dietro quelgiovane che sta già andando avan-ti in fretta. Però, lo sto guardando,più che camminare, sembra chesfiori appena il sentiero. Infattinon fa alcuna fatica, neanche suisassi. Allora mi affretto e lo rag-giungo.“Senti: scusami, non ti ho neanchechiesto il nome: chi sei? Come maisei ancora qui in alta montagna aquest’ora?”“Lo capirai da solo più tardi; ades-so affrettiamoci perché viene nottee ti stanno già cercando.”La situazione appare sempre piùinverosimile! Non oso più parlaree lo seguo in silenzio. Lui cammi-na veloce, ma anch’io non socome, riesco a stargli dietro purnon vedendo il sentiero perché èormai buio. In breve tempo giun-giamo in fondo alla montagna,

dove il sentiero si allarga e diven-ta piano, inoltrandosi nella vallelungo il torrente.“Ora prosegui da solo; conosci ilsentiero e incontrerai presto i com-pagni che ti cercano. Addio!“Aspetta… come posso ringraziar-ti? Fermati un mo… non c’è più!Ma dove sei?...Sparito.”

Mi sarebbe tanto piaciuto cono-scerlo meglio; invece… Ma ora de -vo affrettarmi per non fare nottefuori casa. Prendo deciso il sentie-ro che ora conosco bene anche se èbuio e cammino. Ma la gambaimprigionata dalle pietre, riprendea farmi male e sento di nuovo varidolori per il corpo. Devo subito ral-lentare il passo per non cadere.Tuttavia, fatti pochi passi, sentodelle voci sommesse che si avvici-nano. Tendo l’orecchio per sentiremeglio e mi rendo conto che sono icompagni che vengono in cerca dime. “Ma che cosa ti è successo?Ad un certo punto, non ti abbiamopiù visto; ma non ci siamo preoc-cupati, sapendo che conosci benela montagna e sei più in gamba dinoi. Però adesso ci stavamo preoc-

cupando perché è ormai notte…”“Vi ringrazio amici, ma vi raccon-terò tutto a casa; ora sono troppostanco e questa gamba mi fa moltomale; non vorrei perdere altrotempo.”La notte è lunga e dolorosae piena di personaggi misteriosi. Almattino mi alzo sempre con i mieimali; decido quindi di andare afarmi vedere dal dottore. Ma primapasso nella nostra cappellina perringraziare il Signore dello scam-pato pericolo. Prego un momentodavanti al Tabernacolo, poi vadodavanti al bel quadro dove è dipin-to un Angelo custode che accompa-gna un bambino nell’attraversareun ponte, (quadro che mi ha sempreattirato per la bellezza) per ringra-ziare anche il mio Angelo custode.Ma… rimango sbalordito: l’Angelodipinto è il ritratto perfetto di quelgiovane che ho visto nella notte!Mi stropiccio gli occhi per guarda-re meglio; non ci sono dubbi: è pro-prio lui! Allora ho visto unAngelo!...Ma non è possibile!...forse è un’allucinazione… sa -rebbe troppo bello! No, non lodico a nessuno, se no mi prendonoin giro! Eppure l’ho visto; nonstavo so gnando.

Don Andrea Scrimaglia

Ho fatto un’escursione in altamontagna in compagnia deicompagni di studio. Siamo

rimasti in vetta fino a tarda ora. Iltempo era bello, il sole di agostosplendeva ancora anche versosera; tutto invitava a prolungare lapermanenza fuori casa.All’improvviso l’imprevisto. Miero attardato a raccogliere stellealpine, perdendo di vista gli altri.Ma non mi ero preoccupato perchéconoscevo bene sentiero e monta-gna. Mentre mi sporgo verso ilvuoto per raggiungere una stellaalpina, mi scivola la terra sotto ipiedi. Istintivamente, con entram-be le mani, lasciando cadere i fioriche tenevo, cerco un appiglio perfermare la scivolata, ma non netrovo e precipito per diversi metri

Racconto Racconto

Ho visto un Angelo...

sul bordo del burrone. Mentre storotolando sui sassi sempre piùvicino al vuoto, mi metto a urlareaiuto. Ma credo che nessuno misenta: i miei compagni sono giàavanti e hanno girato dalla partesinistra della montagna; sonofuori portata di voce; altri non c’ènessuno in giro. Allora mi assaleun senso di disperazione e mitrovo perduto; in quel momentoperdo i sensi. Mi risveglio non soquanto tempo dopo, con un acutodolore alla gamba destra. Pianpiano ritorno in me e mi guardo:sanguino da qualche parte e sonopieno di ammaccature; soprattuttovedo la gamba destra impigliata inmezzo ai sassi che me la stringo-no forte procurandomi fitte didolore. Provo a piegarmi in avan-

ti, con molto sforzo cerco di smuo-vere i sassi. Impossibile! Provo eriprovo fin che sono sfinito maniente da fare; le pietre sono gros-se ed io nella mia posizione nonposso fare forza. Mi fermo perprendere fiato e mi guardo attorno:sta diventando buio e non si senteanima viva. Silenzio e solitudineche mi stringono al cuore; provouna forte angoscia e mi metto apiangere. Mentre sono così dispe-rato, intravedo nella semi oscurità,una figura di persona che si avvici-na. Avanza leggera in mezzo aisassi; sembra quasi che il suopiede li sfiori appena. Oh! Prov -videnza! Esclamo; e il cuore inco-mincia ad allargarsi.“Tu, per favore, mi dai una ma -no?” Mi metto a gridare, per paura

“Mi aiuti per favore sono impigliato nei sassi...Coraggio, alzati e seguimi.

La sua voce è dolce e melodiosa e stranamente mi riempie di sicurezza.”

Senti: scusami, non ti ho

neanche chiesto il nome: chi sei?“

Ho visto un Angelo...

Page 22: Rivista Incontri - Mese Di Aprile 2015

mo come stessee la sua rispostaera sempre: “meglio di ieri”.Questo fa capire la forza delle per-sone e come riescano a ritrovare lavita vera pur sotto un cumulo didisgrazie. Nelle attività svolte ognigiorno con malati, poveri e fami-glie in difficoltà, abbiamo vissutoe sperimentato dal vero ciò chedice il Papa nell’Evangelii gau-dium: “Il vero missionario, chenon smette mai di essere discepo-lo, sa che Gesù cammina con lui,lavora con lui. Sente Gesù vivoinsieme con lui nel mezzo dell’im-pegno missionario. Se uno non loscopre presente nel cuore stessodell’impresa missionaria, prestoperde l’entusiasmo e smette diessere sicuro di ciò che trasmette,gli manca la forza e la passione. Euna persona che non è convinta,entusiasta, sicura, innamorata, nonconvince nessuno“.

Daniele, Mattia e Marco

23

Fundacion sanitaria del Cotto -lengo, dove avremmo prestato ser-vizio nei giorni a seguire. Questastruttura, fondata nel 2012, è insie-me un ospedale e una casa di ripo-so dove venivano accolti partico-larmente anziani e malati terminali;sono però presenti anche ospiti gio-vani che hanno subìto incidentistradali o portatori di malattiegravi.Nella fondazione ci sono circa cin-quantacinque ospiti, in cameredistribuite in padiglioni differentisecondo il loro stato di salute.Disponibile per tutti la fisioterapiae la terapia occupazionale praticatanel salone “multimediale”. I dipen-denti lavoratori sono in tutto 33,distribuiti tra cuochi, medici, infer-mieri, fisioterapisti, addetti allepulizie, lavanderia, sorveglianzaecc… Per maggiori informazioniabbiamo creato un sito web:https://sites.google.com/site/mis-sioneecuadorLa cosa che ci ha colpito nellastruttura è il modo di com’è tratta-to l’ospite e il legame che c’è trapazienti e personale; molto diversoda un classico ospedale italiano,qui sembra di essere in una grandefamiglia, sicuramente è anche per ilnumero dei pazienti, ma la cura chegli operatori hanno per i malati èqualcosa di speciale, che viene dalcuore. Molte volte ci siamo trovati spiaz-zati; per esempio quando abbiamoconosciuto il passato di alcuni

lavoratori della struttura che noiavevamo sempre pensato “norma-li”, senza storie sconvolgenti;intuizioni che pian piano ritrovianche per il modo di fare della per-sona. Le suore non hanno pregiu-dizi nei loro confronti, anzi credo-no nel loro riscatto.Senza dubbio l’esperienza in mis-sione ti mette a contatto con unmondo completamente sconosciu-to a quanti vivono nei Paesi svi-luppati, ti fa toccare con mano ciòche è strettamente necessario nellavita di un uomo, provare la sensa-zione che si ha nel non possederenulla, non avere alcun tipo di sicu-rezza per il futuro, ma esserecomunque felici e positivi in tuttoquello che succede. Quest’ultimafrase l’abbiamo ritrovata spesso inun ragazzo della fondazione dinome Danièl: ha trentatré anni equalche anno fa ha avuto un gros-so incidente in moto ed ora hagrosse difficoltà nel muoversicamminare e parlare, ma è lucidodi testa; ogni giorno gli chiedeva-

Testimonianza Testimonianza

22

Fundacion sanitaria del Cottolengo

Siamo un gruppo di volontari diTorino, Mattia D’Eredità,Daniele Romano e Marco Leo -

ne, appena rientrati in Italia dopoun’esperienza di volontariato inEcuador. Dalla fine di novembrealla fine del 2014 siamo stati ospi-ti delle suore di San GiuseppeBene detto Cottolengo, comunitàcottolenghina lì presente sin dal2002. Le nostre storie come volon-tari non hanno percorsi paralleli;abbiamo Mattia il più giovane cheè uno studente di venti anni e que-sta per lui è la prima esperienzamissionaria; Daniele ingegnere di

trentasette anni è invece alla suaseconda; infine Marco, assistentesanitario già alla sua quinta espe-rienza si reca in Ecuador in mis-sione per progetti di cooperazioneinternazionale della Regione Pie -monte.Nella casa delle suore diManta nel barrio di SantaMartha uno dei quartieri piùpoveri della città, siamo arri-vati alle undici di sera,accolti dalle sorelle con ungeneroso bicchiere rinfre-scante di succo di frutta fre-sca e con il saluto scritto

nella casa a caratteri enormi:“Bien ve nidos”… L’accoglienzafraterna apre il cuore all’incontrocon il prossimo!Il mattino seguente subito dopo lacolazione ci siamo recati alla

“Il vero missionario, che non smette mai di essere discepolo,sa che Gesù cammina con lui, lavora con lui.

EcuadorEcuador

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mo come stessee la sua rispostaera sempre: “meglio di ieri”.Questo fa capire la forza delle per-sone e come riescano a ritrovare lavita vera pur sotto un cumulo didisgrazie. Nelle attività svolte ognigiorno con malati, poveri e fami-glie in difficoltà, abbiamo vissutoe sperimentato dal vero ciò chedice il Papa nell’Evangelii gau-dium: “Il vero missionario, chenon smette mai di essere discepo-lo, sa che Gesù cammina con lui,lavora con lui. Sente Gesù vivoinsieme con lui nel mezzo dell’im-pegno missionario. Se uno non loscopre presente nel cuore stessodell’impresa missionaria, prestoperde l’entusiasmo e smette diessere sicuro di ciò che trasmette,gli manca la forza e la passione. Euna persona che non è convinta,entusiasta, sicura, innamorata, nonconvince nessuno“.

Daniele, Mattia e Marco

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Fundacion sanitaria del Cotto -lengo, dove avremmo prestato ser-vizio nei giorni a seguire. Questastruttura, fondata nel 2012, è insie-me un ospedale e una casa di ripo-so dove venivano accolti partico-larmente anziani e malati terminali;sono però presenti anche ospiti gio-vani che hanno subìto incidentistradali o portatori di malattiegravi.Nella fondazione ci sono circa cin-quantacinque ospiti, in cameredistribuite in padiglioni differentisecondo il loro stato di salute.Disponibile per tutti la fisioterapiae la terapia occupazionale praticatanel salone “multimediale”. I dipen-denti lavoratori sono in tutto 33,distribuiti tra cuochi, medici, infer-mieri, fisioterapisti, addetti allepulizie, lavanderia, sorveglianzaecc… Per maggiori informazioniabbiamo creato un sito web:https://sites.google.com/site/mis-sioneecuadorLa cosa che ci ha colpito nellastruttura è il modo di com’è tratta-to l’ospite e il legame che c’è trapazienti e personale; molto diversoda un classico ospedale italiano,qui sembra di essere in una grandefamiglia, sicuramente è anche per ilnumero dei pazienti, ma la cura chegli operatori hanno per i malati èqualcosa di speciale, che viene dalcuore. Molte volte ci siamo trovati spiaz-zati; per esempio quando abbiamoconosciuto il passato di alcuni

lavoratori della struttura che noiavevamo sempre pensato “norma-li”, senza storie sconvolgenti;intuizioni che pian piano ritrovianche per il modo di fare della per-sona. Le suore non hanno pregiu-dizi nei loro confronti, anzi credo-no nel loro riscatto.Senza dubbio l’esperienza in mis-sione ti mette a contatto con unmondo completamente sconosciu-to a quanti vivono nei Paesi svi-luppati, ti fa toccare con mano ciòche è strettamente necessario nellavita di un uomo, provare la sensa-zione che si ha nel non possederenulla, non avere alcun tipo di sicu-rezza per il futuro, ma esserecomunque felici e positivi in tuttoquello che succede. Quest’ultimafrase l’abbiamo ritrovata spesso inun ragazzo della fondazione dinome Danièl: ha trentatré anni equalche anno fa ha avuto un gros-so incidente in moto ed ora hagrosse difficoltà nel muoversicamminare e parlare, ma è lucidodi testa; ogni giorno gli chiedeva-

Testimonianza Testimonianza

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Fundacion sanitaria del Cottolengo

Siamo un gruppo di volontari diTorino, Mattia D’Eredità,Daniele Romano e Marco Leo -

ne, appena rientrati in Italia dopoun’esperienza di volontariato inEcuador. Dalla fine di novembrealla fine del 2014 siamo stati ospi-ti delle suore di San GiuseppeBene detto Cottolengo, comunitàcottolenghina lì presente sin dal2002. Le nostre storie come volon-tari non hanno percorsi paralleli;abbiamo Mattia il più giovane cheè uno studente di venti anni e que-sta per lui è la prima esperienzamissionaria; Daniele ingegnere di

trentasette anni è invece alla suaseconda; infine Marco, assistentesanitario già alla sua quinta espe-rienza si reca in Ecuador in mis-sione per progetti di cooperazioneinternazionale della Regione Pie -monte.Nella casa delle suore diManta nel barrio di SantaMartha uno dei quartieri piùpoveri della città, siamo arri-vati alle undici di sera,accolti dalle sorelle con ungeneroso bicchiere rinfre-scante di succo di frutta fre-sca e con il saluto scritto

nella casa a caratteri enormi:“Bien ve nidos”… L’accoglienzafraterna apre il cuore all’incontrocon il prossimo!Il mattino seguente subito dopo lacolazione ci siamo recati alla

“Il vero missionario, che non smette mai di essere discepolo,sa che Gesù cammina con lui, lavora con lui.

EcuadorEcuador

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dato ai pittori e decoratori. I grup-pi affidati sono abbelliti e ornatianche da manufatti d’argento ecircondati di grandi cure, special-mente quelli che a vario titolo neltempo hanno subito dei danni;alcuni degli ornamenti argentei,particolarmente belli per l’elegan-za delle forme, sono da conside-rarsi opere di grande valore artisti-co. Il gruppo “Gesù nell’urna”,opera di Antonio Nolfo XVIII°secolo e realizzato in legno pre-giato, è posto in un’urna di cri-stallo solo per fini processionali;bellissima poi “L’Addolorata”realizzata dagli scultori trapanesinel XVII° secolo; nel corso della

Durante la Settimana Santa, lecelebrazioni, i riti e rappre-sentazioni che si compiono

nel nostro Paese sono molte esecondo il calendario iniziano ladomenica delle Palme e terminanola domenica di Pasqua. Con moltopiacere voglio descriverne alcuneche in Sicilia, mia terra natia, sisvolgono in un susseguirsi di fa -stosità e tradizioni.A Trapani dal pomeriggio di ve -nerdì sino al mezzogiorno del sa -bato, si svolge una processionecon una moltitudine di fedeli diogni età che si riversa nelle stradeper parteciparvi. I grandi ispiratoridi questa processione, detta dei

“Mi steri”, sono stati i Gesuiti. Laprocessione è composta di bendiciotto gruppi scultorei in legno eda due simulacri, “dell’Urna” e“del l’Addolorata”, tutti realizzatidagli artigiani locali in diverseepoche e normalmente ospitatinella chiesa barocca del Purga -torio. Le figure, ad altezza d’uo-mo, appoggiano su pedane e ognigruppo ligneo è affidato per tradi-zione a una categoria di lavoratori,per esempio: il gruppo della“Lavanda dei piedi” è affidato allaMarina dei pescatori, il gruppo“Gesù nell’orto dei Getsemani” èaffidato agli ortolani, mentre ilgruppo “La Crocifissione” è affi-

24 25

Spiritualità Spiritualità

dinanzi a Pilato e con la croce”; altermine della rappresentazioneecco i simulacri di Gesù morto edella Madonna Ad do lorata con per-sonaggi che indossano costumid’epoca, mentre i figuranti delCristo, portano sul volto una ma -schera di cera per dare uniformitàalla rappresentazione.È a Castelvetrano, cittadina in pro-vincia di Trapani, che nel giorno diPasqua detta “Domenica dell’An -gelo” si svolge una rappresenta-zione singolare. Nella piazza prin-cipale una folla festante indossaabiti dai colori vivacissimi e calza

scarpe rigorosamente bianche edalla chiesa che si affaccia sullapiazza, esce la statua dell’Ad -dolorata con un mantello nero chelascia trasparire solamente il visorigato di lacrime. Un grande tam-buro apre la processione, è vigoro-samente percosso diffondendo uncupo suono funebre, seguito dauna fila di bimbe della primacomunione in abiti bianchi e, pertradizione, con indosso collane,bracciali e spille d’oro; sfilanoquindi gli Incappucciati, congre-gazione religiosa propria dell’Ad -dolorata. Di questi sono visibilisolo gli occhi e infine ecco che lastatua si mette in cammino e die-tro essa la folla di tutti gli altrifedeli. Lentamente la processionesi avvia alla volta della piazza,dove attende una grande follasilenziosa, si ode solamente il bat-tito lugubre del tamburo. In conco-mitanza, dalla parte opposta dellachiesa dov’è uscita l’Addolorata,un’altra processione si avviaanch’essa alla volta della piazza,mentre un Angelo sorretto da por-tantini si avvicina saltellandoverso la Madonna e pare Le dicache Suo figlio Gesù è risorto, maLei non gli crede e l’Angelomestamente ritorna alla chiesa dadove è uscito. Questa rappresenta-zione è ripetuta per ben tre volte,alla terza l’Angelo è seguito porta-to a spalle da Gesù Risorto; quiMaria si rallegra e nello stessomomento le cade il mantello divelluto nero e Lei appare in tutta lasua bellezza. Contemporanea-mente dalla Sua corona spiccano ilvolo colombe bianche che volteg-giano sulla folla festante e da allo-ra tutte le campane suonano a festae annunziano che: “È Pasqua,Gesù è ri sorto”

Patrizia Pellegrino

“È Pasqua, Gesù è risorto”

LE VIEDEL SACRO

processione riceve numerose offer-te dal popolo, invocata nel dolore oringraziata “per grazie ricevute”.A Marsala il Giovedì Santo di ognianno, per le strade cittadine si svol-ge la processione dei “Misteriviventi”, un’usanza che molto pro-babilmente deriva da riti che eranocelebrati nel Medioevo sui sagratidelle chiese. Sono poi sei le rappre-sentazioni proposte sulla vita diGesù, tra queste “Gesù da Erode,

LE VIEDEL SACRO

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dato ai pittori e decoratori. I grup-pi affidati sono abbelliti e ornatianche da manufatti d’argento ecircondati di grandi cure, special-mente quelli che a vario titolo neltempo hanno subito dei danni;alcuni degli ornamenti argentei,particolarmente belli per l’elegan-za delle forme, sono da conside-rarsi opere di grande valore artisti-co. Il gruppo “Gesù nell’urna”,opera di Antonio Nolfo XVIII°secolo e realizzato in legno pre-giato, è posto in un’urna di cri-stallo solo per fini processionali;bellissima poi “L’Addolorata”realizzata dagli scultori trapanesinel XVII° secolo; nel corso della

Durante la Settimana Santa, lecelebrazioni, i riti e rappre-sentazioni che si compiono

nel nostro Paese sono molte esecondo il calendario iniziano ladomenica delle Palme e terminanola domenica di Pasqua. Con moltopiacere voglio descriverne alcuneche in Sicilia, mia terra natia, sisvolgono in un susseguirsi di fa -stosità e tradizioni.A Trapani dal pomeriggio di ve -nerdì sino al mezzogiorno del sa -bato, si svolge una processionecon una moltitudine di fedeli diogni età che si riversa nelle stradeper parteciparvi. I grandi ispiratoridi questa processione, detta dei

“Mi steri”, sono stati i Gesuiti. Laprocessione è composta di bendiciotto gruppi scultorei in legno eda due simulacri, “dell’Urna” e“del l’Addolorata”, tutti realizzatidagli artigiani locali in diverseepoche e normalmente ospitatinella chiesa barocca del Purga -torio. Le figure, ad altezza d’uo-mo, appoggiano su pedane e ognigruppo ligneo è affidato per tradi-zione a una categoria di lavoratori,per esempio: il gruppo della“Lavanda dei piedi” è affidato allaMarina dei pescatori, il gruppo“Gesù nell’orto dei Getsemani” èaffidato agli ortolani, mentre ilgruppo “La Crocifissione” è affi-

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Spiritualità Spiritualità

dinanzi a Pilato e con la croce”; altermine della rappresentazioneecco i simulacri di Gesù morto edella Madonna Ad do lorata con per-sonaggi che indossano costumid’epoca, mentre i figuranti delCristo, portano sul volto una ma -schera di cera per dare uniformitàalla rappresentazione.È a Castelvetrano, cittadina in pro-vincia di Trapani, che nel giorno diPasqua detta “Domenica dell’An -gelo” si svolge una rappresenta-zione singolare. Nella piazza prin-cipale una folla festante indossaabiti dai colori vivacissimi e calza

scarpe rigorosamente bianche edalla chiesa che si affaccia sullapiazza, esce la statua dell’Ad -dolorata con un mantello nero chelascia trasparire solamente il visorigato di lacrime. Un grande tam-buro apre la processione, è vigoro-samente percosso diffondendo uncupo suono funebre, seguito dauna fila di bimbe della primacomunione in abiti bianchi e, pertradizione, con indosso collane,bracciali e spille d’oro; sfilanoquindi gli Incappucciati, congre-gazione religiosa propria dell’Ad -dolorata. Di questi sono visibilisolo gli occhi e infine ecco che lastatua si mette in cammino e die-tro essa la folla di tutti gli altrifedeli. Lentamente la processionesi avvia alla volta della piazza,dove attende una grande follasilenziosa, si ode solamente il bat-tito lugubre del tamburo. In conco-mitanza, dalla parte opposta dellachiesa dov’è uscita l’Addolorata,un’altra processione si avviaanch’essa alla volta della piazza,mentre un Angelo sorretto da por-tantini si avvicina saltellandoverso la Madonna e pare Le dicache Suo figlio Gesù è risorto, maLei non gli crede e l’Angelomestamente ritorna alla chiesa dadove è uscito. Questa rappresenta-zione è ripetuta per ben tre volte,alla terza l’Angelo è seguito porta-to a spalle da Gesù Risorto; quiMaria si rallegra e nello stessomomento le cade il mantello divelluto nero e Lei appare in tutta lasua bellezza. Contemporanea-mente dalla Sua corona spiccano ilvolo colombe bianche che volteg-giano sulla folla festante e da allo-ra tutte le campane suonano a festae annunziano che: “È Pasqua,Gesù è ri sorto”

Patrizia Pellegrino

“È Pasqua, Gesù è risorto”

LE VIEDEL SACRO

processione riceve numerose offer-te dal popolo, invocata nel dolore oringraziata “per grazie ricevute”.A Marsala il Giovedì Santo di ognianno, per le strade cittadine si svol-ge la processione dei “Misteriviventi”, un’usanza che molto pro-babilmente deriva da riti che eranocelebrati nel Medioevo sui sagratidelle chiese. Sono poi sei le rappre-sentazioni proposte sulla vita diGesù, tra queste “Gesù da Erode,

LE VIEDEL SACRO

Page 26: Rivista Incontri - Mese Di Aprile 2015

BRICIOLE DI CARITÀVolontariato

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Volontariato

La porta socchiusaArrivai il 30 aprile del 2010. Dopoun mese scrissi queste prime impres-sioni.“ Benvenuta!” Me lo diceval’aria profumata del giardino, conl’armonia ordinata dei fiori e delleverdi aiuole all’ombra degli alberiantichi. Il benvenuto che forse mi hapiù commossa è stato quello dellacara Serafina, la quale già la secon-da volta che mi vide mi aveva chia-mata per nome, e io non sapevo chifosse. Avevo notato di lei solo il pal-lore, la spossatezza, ma anche la dol-cezza. In seguito, nella chiesa ador-na di tanti fiori bianchi capii chi erastata. Me lo dissero il dolore, il rim-pianto, le lacrime e l’amore di tutti.Questo era dunque il Cottolengo: unmondo dove ogni persona vieneaccettata, curata e stimata per i suoivalori umani, alla luce dell’amore diDio. Compresi di essere arrivata acasa, dopo tante vicende dolorosedella mia vita. E la nostra chiesadove la Madonna apre le braccia inun gesto materno dolce e composto,mi ha fatto vivere momenti intensi dispiritualità cristiana. Per il mio cam-mino verso la conquista di una vitavissuta nella carità, questo soggiornoè di fondamentale importanza. Sperodi essere degna dell’amicizia che ilDirettore e le Suore mi hanno mani-festato e mi auguro che mi restiancora energia per il mio modesto elimitato contributo alla vita di questa

grande famiglia. Mi sono affacciata.Ma quanta luce dietro la porta soc-chiusa! Maria Luisa dal Cottolengo di Pisa 2014

Dalla Piccola Casa di Torino

Volontaria alla Piccola Casa Cot -tolengo di Torino, sono arrivata l’ot-to marzo 1990. All’inizio ho svoltoil mio servizio nel Padiglione SantiInnocenti presso la famiglia SantaEliana. Ora sono nelle infermerie diMadre Scolastica A e B e in MariaCarola dove aiuto le nostre suore perl’attività di geromotricità, con tantagioia e partecipazione da parte loro.Pensate, una ha 101 anni! Vengo allaPiccola Casa entusiasta e rilassata,lasciando a casa tutti i miei problemiin modo da essere pienamente pre-sente con le mie amate suore.

Rita Borgo 2014

Sono una delle tante volontarie delCottolengo sin dal lontano 5 ottobre1995. Il martedì mattino svolgo lamia attività presso le infermeriedelle suore anziane di Casa Betania,mentre il venerdì mattino vado inMadre Nasi A e B, Madre Nasi B eMadre Anania per l’attività di gero-motricità delle nostre suore, di cuialcune in carrozzina. Una di loro hagià 103 anni!

Sento che il volontariato mi arricchi-sce e mi stimola a dare tanto allepersone anziane. Venire è una festae vedere le nostre suore parteciparecon fatica, considerando la loro età,ma grande entusiasmo è una gioiaindescrivibile.

Enza Merola 2014

Giulio, un autentico cottolenghino - Pisa

In un bel giorno del lontano 1958,una suora vincenziana, riconoscibilea quel tempo per la bianca “cornet-ta” (grande copricapo dalle biancheali svolazzanti), si presentò all’in-gresso del Cottolengo pisano, conun ragazzino di 12 anni: Giulio. Do -po un breve incontro con Suor Teo -dora, la direttrice del tempo, la suoravincenziana si accomiatò e Giuliorimase, per iniziare la nuova vita difiglio del Cottolengo. A quel tempo parte degli ospiti eracostituita da ragazzini e Giulio nontardò a fare comunella con loro,sbizzarrendosi nei giochi propri diquell’età. Nell’ampio giardino c’e -ra no lo scivolo, una piccola giostra,l’altalena; tutte attrezzature costruiteda Fratel Gioacchino per rendere piùlieta l’esistenza dei piccoli cottolen-ghini. Gli anni passavano e, abban-donati i giochi propri dell’infanzia,Giulio non tardò a manifestare unacerta attitudine a svolgere semplici

attività occupazionali nel campodell’educazione artistica: famosi isuoi grandi “puzzle”. Impor tan -tissimo poi il suo servizio in lavan-deria per tanti anni, quale “bracciodestro” di suor Rosamaria. Imparò aservire la Messa, accolito inappunta-bile è tutt’ora sempre presente per ilservizio all’altare. Ma soprattuttoGiulio ama il Cottolengo, che ritieneessere a buon diritto, la sua casa. Sevede una lampadina inutilmenteaccesa tempestivamente la spegne;se secondo lui il servizio svolto daun volontario non è ottimale, lo re -darguisce… perché, giustamente,desidera che nella sua casa tutto fun-zioni a dovere! Caro Giulio, gli annidella nostra gioventù sono un ricor-do sempre più lontano, i nostri ca -pelli (i pochi rimasti) sempre piùbianchi, gli acciacchi aumentano,molti nostri amici sono ormai inParadiso e ci aspettano; affidiamocialla loro intercessione e alla miseri-cordia di Dio. Grazie Giulio!

Fr. Pietro - Pisa - 2014

I ragazzi del servizio civile da Pisa

Gioia per aver conosciuti gli ospiti

Che io sia qui a scrivere può esserevisto da due diverse prospettive: unagioiosa, perche posso dirvi dueparole sulla mia esperienza, e una unpo’ malinconica: sono giunta infattial termine del mio percorso alCottolengo. Non nascondo che nonsia semplice descrivere appieno ciòche ho vissuto e quanto mi ha dato.Preferirei illustrarlo con una serie diparole che esprimono le emozioniprovate durante questo anno: amore,dolcezza, malinconia, pazienza, bel-lezza, amicizia, letizia. Gioia peraver conosciuto gli ospiti e aver con-

diviso con loro tanti bei momentiche difficilmente scorderò. Rin -grazio tutti quelli che lo hanno resopossibile, dai sacerdoti alle suore, atutto il personale (in particolare leOSS del reparto M. Nasi) alla super-pazienza di Fabiana e naturalmenteai miei cari colleghi e compagni diavventura. Ma un grazie va soprat-tutto agli ospiti, che con la semplici-tà e l’affetto nonostante i miei limi-ti, hanno contribuito a migliorarmigiorno per giorno.

Samantha

Concludo con la consapevolezza…

Siamo arrivati al termine del nostropercorso qui al Cottolengo. Una con-clusione in termini contrattuali, manon per quanto riguarda il ricordoche conserverò per i numerosi nonniadottati e per quel filo invisibile chein qualche modo ci terrà legati persempre. Ho vissuto un’e sperienzameravigliosa che mi ha insegnato lavita reale, quella fatta di regole e diamore. Desidero ringraziare tutti: inprimis gli ospiti, che, in questo cam-mino, sono stati i mi gliori insegnanti(talvolta anche severi…); i colleghi,i quali hanno contribuito a renderequesto tempo ricco di vitalità e gioia;alle OSA di Santa Teresina dallequali sono stata sostenuta e che,anche attraverso qual che piccoloconflitto, mi hanno consentito diampliare gli orizzonti mentali sullarelazione d’aiuto, anche su me stes-sa. Grazie infine ai religiosi: mi han -no mostrato nel quotidiano il Verbo.Così concludo con la consapevolez-za che quanto appreso è solo l’iniziodi una lunga strada e con l’augurio aimiei “non ni” che possano sempredonare la pace, come hanno fatto conme, alle persone con cui entrerannoin contatto. Con tutto il cuore,

Sara

Ho imparato ad essere…

Circa un anno fa, alla ricerca di unlavoro, feci domanda di serviziocivile al Cottolengo, ignaro di qualisarebbero state le sfide che avreiaffrontato. Adesso sono giunto, as -sieme ai miei preziosi compagni, altermine di questa “esperienza divita” e sono qui a fare i conti su ciòche ha significato. La pubblicità concui si sponsorizza il servizio civiledice: “un’esperienza che ti cambiala vita”. È un motto che coglie nelsegno. I cambiamenti avvengonoquotidianamente durante il percor-so, senza volerlo, ed è riduttivolimitarsi soltanto ad un avvenimen-to. Sono fiero di aver svolto il servi-zio al Cottolengo: qui ho imparatoad essere al “servizio per gli altri”donando una delle risorse più pre-ziose, il tempo. Via via, ci rendiamo conto che nonsiamo noi a dare, ma è più vero chericeviamo, affetto, attenzioni chenon si possono comprare… Di certomi resterà impressa la citazionedella cara Osvalda, che dai primigiorni mi ha soprannominato “ilbello” portando alla nausea il perso-nale di Santa Teresina. Ringraziocon tutto me stesso i miei compa-gni, le operatrici tutte, le suore ed ipreti, per avermi aiutato a cresceredurante questo cammino.

Carlo

BRICIOLE DI CARITÀ

Page 27: Rivista Incontri - Mese Di Aprile 2015

BRICIOLE DI CARITÀVolontariato

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Volontariato

La porta socchiusaArrivai il 30 aprile del 2010. Dopoun mese scrissi queste prime impres-sioni.“ Benvenuta!” Me lo diceval’aria profumata del giardino, conl’armonia ordinata dei fiori e delleverdi aiuole all’ombra degli alberiantichi. Il benvenuto che forse mi hapiù commossa è stato quello dellacara Serafina, la quale già la secon-da volta che mi vide mi aveva chia-mata per nome, e io non sapevo chifosse. Avevo notato di lei solo il pal-lore, la spossatezza, ma anche la dol-cezza. In seguito, nella chiesa ador-na di tanti fiori bianchi capii chi erastata. Me lo dissero il dolore, il rim-pianto, le lacrime e l’amore di tutti.Questo era dunque il Cottolengo: unmondo dove ogni persona vieneaccettata, curata e stimata per i suoivalori umani, alla luce dell’amore diDio. Compresi di essere arrivata acasa, dopo tante vicende dolorosedella mia vita. E la nostra chiesadove la Madonna apre le braccia inun gesto materno dolce e composto,mi ha fatto vivere momenti intensi dispiritualità cristiana. Per il mio cam-mino verso la conquista di una vitavissuta nella carità, questo soggiornoè di fondamentale importanza. Sperodi essere degna dell’amicizia che ilDirettore e le Suore mi hanno mani-festato e mi auguro che mi restiancora energia per il mio modesto elimitato contributo alla vita di questa

grande famiglia. Mi sono affacciata.Ma quanta luce dietro la porta soc-chiusa! Maria Luisa dal Cottolengo di Pisa 2014

Dalla Piccola Casa di Torino

Volontaria alla Piccola Casa Cot -tolengo di Torino, sono arrivata l’ot-to marzo 1990. All’inizio ho svoltoil mio servizio nel Padiglione SantiInnocenti presso la famiglia SantaEliana. Ora sono nelle infermerie diMadre Scolastica A e B e in MariaCarola dove aiuto le nostre suore perl’attività di geromotricità, con tantagioia e partecipazione da parte loro.Pensate, una ha 101 anni! Vengo allaPiccola Casa entusiasta e rilassata,lasciando a casa tutti i miei problemiin modo da essere pienamente pre-sente con le mie amate suore.

Rita Borgo 2014

Sono una delle tante volontarie delCottolengo sin dal lontano 5 ottobre1995. Il martedì mattino svolgo lamia attività presso le infermeriedelle suore anziane di Casa Betania,mentre il venerdì mattino vado inMadre Nasi A e B, Madre Nasi B eMadre Anania per l’attività di gero-motricità delle nostre suore, di cuialcune in carrozzina. Una di loro hagià 103 anni!

Sento che il volontariato mi arricchi-sce e mi stimola a dare tanto allepersone anziane. Venire è una festae vedere le nostre suore parteciparecon fatica, considerando la loro età,ma grande entusiasmo è una gioiaindescrivibile.

Enza Merola 2014

Giulio, un autentico cottolenghino - Pisa

In un bel giorno del lontano 1958,una suora vincenziana, riconoscibilea quel tempo per la bianca “cornet-ta” (grande copricapo dalle biancheali svolazzanti), si presentò all’in-gresso del Cottolengo pisano, conun ragazzino di 12 anni: Giulio. Do -po un breve incontro con Suor Teo -dora, la direttrice del tempo, la suoravincenziana si accomiatò e Giuliorimase, per iniziare la nuova vita difiglio del Cottolengo. A quel tempo parte degli ospiti eracostituita da ragazzini e Giulio nontardò a fare comunella con loro,sbizzarrendosi nei giochi propri diquell’età. Nell’ampio giardino c’e -ra no lo scivolo, una piccola giostra,l’altalena; tutte attrezzature costruiteda Fratel Gioacchino per rendere piùlieta l’esistenza dei piccoli cottolen-ghini. Gli anni passavano e, abban-donati i giochi propri dell’infanzia,Giulio non tardò a manifestare unacerta attitudine a svolgere semplici

attività occupazionali nel campodell’educazione artistica: famosi isuoi grandi “puzzle”. Impor tan -tissimo poi il suo servizio in lavan-deria per tanti anni, quale “bracciodestro” di suor Rosamaria. Imparò aservire la Messa, accolito inappunta-bile è tutt’ora sempre presente per ilservizio all’altare. Ma soprattuttoGiulio ama il Cottolengo, che ritieneessere a buon diritto, la sua casa. Sevede una lampadina inutilmenteaccesa tempestivamente la spegne;se secondo lui il servizio svolto daun volontario non è ottimale, lo re -darguisce… perché, giustamente,desidera che nella sua casa tutto fun-zioni a dovere! Caro Giulio, gli annidella nostra gioventù sono un ricor-do sempre più lontano, i nostri ca -pelli (i pochi rimasti) sempre piùbianchi, gli acciacchi aumentano,molti nostri amici sono ormai inParadiso e ci aspettano; affidiamocialla loro intercessione e alla miseri-cordia di Dio. Grazie Giulio!

Fr. Pietro - Pisa - 2014

I ragazzi del servizio civile da Pisa

Gioia per aver conosciuti gli ospiti

Che io sia qui a scrivere può esserevisto da due diverse prospettive: unagioiosa, perche posso dirvi dueparole sulla mia esperienza, e una unpo’ malinconica: sono giunta infattial termine del mio percorso alCottolengo. Non nascondo che nonsia semplice descrivere appieno ciòche ho vissuto e quanto mi ha dato.Preferirei illustrarlo con una serie diparole che esprimono le emozioniprovate durante questo anno: amore,dolcezza, malinconia, pazienza, bel-lezza, amicizia, letizia. Gioia peraver conosciuto gli ospiti e aver con-

diviso con loro tanti bei momentiche difficilmente scorderò. Rin -grazio tutti quelli che lo hanno resopossibile, dai sacerdoti alle suore, atutto il personale (in particolare leOSS del reparto M. Nasi) alla super-pazienza di Fabiana e naturalmenteai miei cari colleghi e compagni diavventura. Ma un grazie va soprat-tutto agli ospiti, che con la semplici-tà e l’affetto nonostante i miei limi-ti, hanno contribuito a migliorarmigiorno per giorno.

Samantha

Concludo con la consapevolezza…

Siamo arrivati al termine del nostropercorso qui al Cottolengo. Una con-clusione in termini contrattuali, manon per quanto riguarda il ricordoche conserverò per i numerosi nonniadottati e per quel filo invisibile chein qualche modo ci terrà legati persempre. Ho vissuto un’e sperienzameravigliosa che mi ha insegnato lavita reale, quella fatta di regole e diamore. Desidero ringraziare tutti: inprimis gli ospiti, che, in questo cam-mino, sono stati i mi gliori insegnanti(talvolta anche severi…); i colleghi,i quali hanno contribuito a renderequesto tempo ricco di vitalità e gioia;alle OSA di Santa Teresina dallequali sono stata sostenuta e che,anche attraverso qual che piccoloconflitto, mi hanno consentito diampliare gli orizzonti mentali sullarelazione d’aiuto, anche su me stes-sa. Grazie infine ai religiosi: mi han -no mostrato nel quotidiano il Verbo.Così concludo con la consapevolez-za che quanto appreso è solo l’iniziodi una lunga strada e con l’augurio aimiei “non ni” che possano sempredonare la pace, come hanno fatto conme, alle persone con cui entrerannoin contatto. Con tutto il cuore,

Sara

Ho imparato ad essere…

Circa un anno fa, alla ricerca di unlavoro, feci domanda di serviziocivile al Cottolengo, ignaro di qualisarebbero state le sfide che avreiaffrontato. Adesso sono giunto, as -sieme ai miei preziosi compagni, altermine di questa “esperienza divita” e sono qui a fare i conti su ciòche ha significato. La pubblicità concui si sponsorizza il servizio civiledice: “un’esperienza che ti cambiala vita”. È un motto che coglie nelsegno. I cambiamenti avvengonoquotidianamente durante il percor-so, senza volerlo, ed è riduttivolimitarsi soltanto ad un avvenimen-to. Sono fiero di aver svolto il servi-zio al Cottolengo: qui ho imparatoad essere al “servizio per gli altri”donando una delle risorse più pre-ziose, il tempo. Via via, ci rendiamo conto che nonsiamo noi a dare, ma è più vero chericeviamo, affetto, attenzioni chenon si possono comprare… Di certomi resterà impressa la citazionedella cara Osvalda, che dai primigiorni mi ha soprannominato “ilbello” portando alla nausea il perso-nale di Santa Teresina. Ringraziocon tutto me stesso i miei compa-gni, le operatrici tutte, le suore ed ipreti, per avermi aiutato a cresceredurante questo cammino.

Carlo

BRICIOLE DI CARITÀ

Page 28: Rivista Incontri - Mese Di Aprile 2015

Volontariato

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A volte ci sono realtà che purparlando poco di sé… hannomolto da dire con la prassi piùche con le Parole.La Piccola Casa della DivinaProvvidenza fondata da SanGiuseppe Benedetto Cotto -lengo rientra tra queste realtà che

silenziosamente nella città diTorino gridano forti messaggi edifendono vitali valori.Cosa ha da dire la Piccola Casaall’uomo di oggi? Qual è il mes-saggio che incarna?Ogni figlio della Piccola Casaracconta con la sua gioia di vive-

re che l’Amore gratuito ricevutodal Padre e dai fratelli può farrisorgere l’uomo da qualsiasiabisso e trasfigurarlo a tal puntoda trasformare le sue ceneri in unfuoco ardente di Amore.Questa gioia di vivere e il desi-derio di farsi dono per gli altri

Volontariato

contagiano coloro che approdanoalla Piccola Casa:risvegliando quelle seti profondeche sono proprie dell’essereuma no: amore, amicizia, solida-rietà, semplicità, essenzialità;contribuendo alla difficile rina-scita spirituale e fisica dell’uomodi oggi spesso affaticato dallenuove povertà e dalle tante paureche lo sovrastano;difendendo la dignità della vitadal concepimento al suo termine.Molti pensano che la Piccola

Casa sia una “cittadella della sof-ferenza”.L’esperienza di vita concreta, ditempo trascorso in questa realtà faricredere, spiazza e aiuta a viverecon più coraggio il quotidiano.L’incontro con la sofferenza è unmomento ineludibile nella vita diogni persona ma ciò che limita espaventa a volte può diventareprezioso terreno di crescita ematurazione personale capace dicolorare e donare senso allanostra vita.

Ogni abitante della Piccola Casaracconta la scoperta del “valorenascosto della sofferenza”, nonsolo a parole ma, con il suo sorri-so, la sua voglia di vivere, il suodesiderio di donare “ciò che si è,più che ciò che si ha”.In un contesto pluralistico comequello odierno la CARITÀ nelnome di Cristo è ciò che anima efacilita la scoperta del significato“rivelativo della sofferenza” indi-pendentemente da ogni “cre do”, daogni “storia”, da ogni “vissuto”.A coloro che si affacciano sullasoglia della Piccola Casa questoviene offerto: l’esperienza dellagioia del dono, lo sperimentarsicome Provvidenza per l’altro, ilvivere l’altro come Provvidenza eil conoscere, incontrare, servireCristo nella preghiera e nel po vero.

La Redazione

“Ogni figlio della Piccola Casa racconta con la sua gioia di vivere che l’Amore gratuito ricevuto dal Padre e dai fratelli può far risorgere l’uomo da qualsiasi abisso e trasfigurarlo a tal punto da trasformare

le sue ceneri in un fuoco ardente di Amore.”

“ Ogni abitante della PiccolaCasa racconta la scoperta del “valore nascosto della

sofferenza”, non solo a parole ma, con il suo sorriso, la sua

voglia di vivere, il suo desiderio di donare “ciò che si è, più che ciò che si ha”.

Page 29: Rivista Incontri - Mese Di Aprile 2015

Volontariato

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A volte ci sono realtà che purparlando poco di sé… hannomolto da dire con la prassi piùche con le Parole.La Piccola Casa della DivinaProvvidenza fondata da SanGiuseppe Benedetto Cotto -lengo rientra tra queste realtà che

silenziosamente nella città diTorino gridano forti messaggi edifendono vitali valori.Cosa ha da dire la Piccola Casaall’uomo di oggi? Qual è il mes-saggio che incarna?Ogni figlio della Piccola Casaracconta con la sua gioia di vive-

re che l’Amore gratuito ricevutodal Padre e dai fratelli può farrisorgere l’uomo da qualsiasiabisso e trasfigurarlo a tal puntoda trasformare le sue ceneri in unfuoco ardente di Amore.Questa gioia di vivere e il desi-derio di farsi dono per gli altri

Volontariato

contagiano coloro che approdanoalla Piccola Casa:risvegliando quelle seti profondeche sono proprie dell’essereuma no: amore, amicizia, solida-rietà, semplicità, essenzialità;contribuendo alla difficile rina-scita spirituale e fisica dell’uomodi oggi spesso affaticato dallenuove povertà e dalle tante paureche lo sovrastano;difendendo la dignità della vitadal concepimento al suo termine.Molti pensano che la Piccola

Casa sia una “cittadella della sof-ferenza”.L’esperienza di vita concreta, ditempo trascorso in questa realtà faricredere, spiazza e aiuta a viverecon più coraggio il quotidiano.L’incontro con la sofferenza è unmomento ineludibile nella vita diogni persona ma ciò che limita espaventa a volte può diventareprezioso terreno di crescita ematurazione personale capace dicolorare e donare senso allanostra vita.

Ogni abitante della Piccola Casaracconta la scoperta del “valorenascosto della sofferenza”, nonsolo a parole ma, con il suo sorri-so, la sua voglia di vivere, il suodesiderio di donare “ciò che si è,più che ciò che si ha”.In un contesto pluralistico comequello odierno la CARITÀ nelnome di Cristo è ciò che anima efacilita la scoperta del significato“rivelativo della sofferenza” indi-pendentemente da ogni “cre do”, daogni “storia”, da ogni “vissuto”.A coloro che si affacciano sullasoglia della Piccola Casa questoviene offerto: l’esperienza dellagioia del dono, lo sperimentarsicome Provvidenza per l’altro, ilvivere l’altro come Provvidenza eil conoscere, incontrare, servireCristo nella preghiera e nel po vero.

La Redazione

“Ogni figlio della Piccola Casa racconta con la sua gioia di vivere che l’Amore gratuito ricevuto dal Padre e dai fratelli può far risorgere l’uomo da qualsiasi abisso e trasfigurarlo a tal punto da trasformare

le sue ceneri in un fuoco ardente di Amore.”

“ Ogni abitante della PiccolaCasa racconta la scoperta del “valore nascosto della

sofferenza”, non solo a parole ma, con il suo sorriso, la sua

voglia di vivere, il suo desiderio di donare “ciò che si è, più che ciò che si ha”.

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RICORDO DI DON ALFREDO VALLODon Alfredo Vallo nacque ad Avigliano (PZ) il 4 febbraio 1921 da madre lucana e padre canavesano di Villa Castelnuovo (paese natale del-l’abate Gian Bernardo De Rossi, famoso orientalista, e di Costantino Nigra). Rimasto orfano di madre in tenera età, venne a Torino e lo alle-vò la cugina, madrina di battesimo, fervente cristiana. A cinque/sei anni imparò a servire giornalmente la S. Messa nella parrocchia diNostra Signora del Carmine. Un giorno ricevette cinque lire d’argento e una monetina di nichel in dono; incontrò un povero e non esitò adonargli la moneta d’argento. Iniziò il percorso verso il sacerdozio nell’ottobre 1932 fra i “Tommasini” (nella Piccola Casa aveva due ziesuore: una era addetta alla cucina e l’altra apparteneva al Monastero Cuor di Gesù; lo accompagnarono sempre con la preghiera).Successivamente passò nel Seminario diocesano di Torino e fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1944; celebrò la sua prima S. Messa al Cottolengo-Piccola Casa.Sempre fedele all’insegnamento cottolenghino, il suo impegno quotidiano era la preghiera e l’amore per il prossimo, in particolare per i bimbi sofferenti, gliammalati e i bisognosi. Nominato Rettore del Santuario della Beata Vergine della Sanità di Savigliano (CN) nel 1951, vi rimase fino al 2011 e per vent’anni con-temporaneamente fu parroco nella frazione San Salvatore. Si dedicò totalmente agi altri; nulla era “suo”, condivideva tutto. Aveva una vecchia coperta tuttarattoppata; gliene regalarono una nuova, ma un povero gli chiese una coperta e, felice di non aver ancora buttato via quella vecchia, gli diede la nuova e tornòa usare quella logora. Nel 2011 per gravi motivi di salute dovette ritirarsi presso la “Fraternità Sacerdotale” di Bra-Madonna dei Fiori. Diceva: “Anche da que-sta camera, come alla Sanità, vedo la Madonna e sono felice”. Parco nel cibo, modesto nel vestito, mite e affabile di carattere, sempre sorridente e disponi-bile verso gli altri, rigido con se stesso, fermo nei dogmi della fede, stimato da tutti, chiuse la sua vita terrena presso l’Ospedale Cottolengo di Torino il 21dicembre 2014. GIULIANA GAUDE (sorella)

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CATECHESI PARROCCHIA S.G.B.COTTOLENGO

La nostra comunità parrocchiale dedica ogni anno una settimana difine settembre alle iscrizioni al catechismo dei bam bini/ragazzi dietà compresa tra i 7 e i 13 anni. Per ogni anno di catechesi è allesti-ta una stanza, dove le catechiste accolgono, singolarmente, le fami-glie interessate. Durante l’incontro, oltre a comunicare i variappuntamenti dell’anno catechistico, si coglie l’occasione di dialo-gare con ognuna di esse, capire e conoscere i problemi, le difficol-tà, le attese. All’inizio dell’anno catechistico tutte le famiglie iscrit-te, dall’anno A (primo anno) fino all’anno E (ultimo anno) vengonopresentate alla comunità durante la S. Messa domenicale delle ore10 . Per contraddistinguere i diversi anni i ragazzi indossano fazzo-lettoni di diversi colori: verde, viola, giallo, azzurro e rosso. Piace airagazzi questo segno di distinzione che li fa sentire parte di un grup-po. Il ritmo degli incontri è settimanale e prevede una pausa inver-nale di tutto il mese di gennaio, il cui recupero si effettua con l’ag-giunta di tre domeniche annuali, nelle quali i bambini, dopo la S.Messa, seguono un normale incontro di catechismo, mentre i geni-tori partecipano a un incontro di formazione. ANNO A: Le famiglie che iscrivono al primo anno di catechesi i lorobambini, vengono accolte da una catechista Questa li informa chela comunità ha scelto, già da molti anni, di seguire le indicazionidiocesane: coinvolgere inizialmente i genitori, quali primi educa-tori anche nella vita di fede dei loro figli, offrendo loro un camminodi riscoperta che consiste in un incontro settimanale, con inizio anovembre e termine a marzo; è possibile scegliere tra più opzionidi giorni e orari, per facilitarne la frequenza. Ogni gruppo è accom-pagnato da un catechista che svolge un itinerario suddiviso in tretappe: IL VOLTO MISERICORDIOSO DEL PADRE/ GESU’/ IL DISCE-POLO. Nonostante le comprensibili obiezioni che la proposta susci-ta nei genitori, per via della mancanza di tempo e per gli impegni dilavoro, il cammino è svolto, dalla maggior parte di essi, con assidui-tà e impegno. Ascoltare la Parola di Dio, condividere le esperienzee i dubbi, sentirsi solidali nelle difficoltà crea un clima di amicizia,che rende questa esperienza positiva. I genitori diventano così i

primi testimoni per i loro bambini, e la scelta dell’iscrizione al catechismoè un po’ più consapevole. La famiglia riprende un percorso di fede da pro-tagonista, sostenuta e accompagnata dalla comunità parrocchiale. ANNO B e ANNO C: si svolgono gli itinerari di catechesi che hanno comemomento fondamentale la celebrazione dei sacramenti della Ricon -ciliazione e dell’Eucarestia. La prima celebrazione del sacramento dellaRiconciliazione avviene in tempi distinti da quella dell’Eucarestia. I geni-tori che lo desiderano possono continuare a seguire incontri di formazio-ne nello stesso orario del catechismo dei loro figli in tutti e due gli anni.ANNO D e ANNO E: si svolgono itinerari di catechesi che hanno comemomento fondamentale la celebrazione del sacramento della Con -fermazione. Dopo questo tempo, i ragazzi/e possono continuare la loroformazione accompagnati dagli animatori e dal vice parroco.NELLA LETTERA PASTORALE DELL’ARCIVESCOVO DI TORINO, MONS.CESARE NOSIGLIA, “L’AMORE PIU’ GRANDE” vengono indicati alcuniorientamenti e proposte per il cammino dell’iniziazione cristiana, a cuidobbiamo tendere, non essendo ancora attive nella nostra co munità: alpunto 14 della Lettera Pastorale…promuovere un’adeguata formazionedi èquipe di catechisti e accompagnatori delle coppie che desideranobattezzare il proprio figlio…attivare in ogni parrocchia un percorso diincontri, anche solo mensili ma continuati, con gli stessi bambini, dai treanni in su, in modo da mantenere comunque un efficace rapporto anchecon le loro famiglie… Al punto 15 della Lettera Pastorale… tempo dellafanciullezza e prima adolescenza: dopo la celebrazione dei sacramenti diRiconciliazione e dell’Eucarestia, prevedere un anno di mistagogia in cuivivano esperienze di riconciliazione, un’attiva partecipazione alla Messadomenicale, iniziative di carità e di apertura alla missione della Chiesauniversale. La traditio del Padre nostro termina questo tempo. Alla cele-brazione della Cresima…segue un periodo, annuale o biennale, di mista-gogia, durante la quale si approfondiscono temi della Parola di Dio con-nessi alla vita concreta dei ragazzi e si offrono esperienze di servizio e dimissione, di animazione della liturgia (canto) della comunità in vari ambi-ti del suo vissuto: La traditio del Comandamento nuovo dell’amore ter-mina questo tempo.

PER L’AMBITO DELLA CATECHESIMADDALENA TUCCI

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PARROCCHIAS.G.B. COTTOLENGO

NOTIZIARIOLETTORI DELLA PAROLA DI DIOEra la domenica mattina dell’11 gennaio e, come di consueto, furono dati gliavvisi riguardanti le iniziative della settimana. Seppi così che c’era la possibi-lità di partecipare a un corso base (quattro incontri) per i lettori “della Paroladi Dio” presso la parrocchia del Santo Volto e decisi di iscrivermi. Ecco gliargomenti tratti e le mie impressioni. 20 gennaio: “Identità e ruolo del letto-re: il lettore al servizio della Parola“. Quella sera ciò che più mi colpì e mifece riflettere fu la definizione “altoparlante di Dio“, cioè l’intermediario del-l’alleanza tra Dio e il suo popolo, affinché la sua Parola, diventata Scrittura,ridiventi Parola oggi e faccia continuare il dialogo tra Dio e il suo popolo riu-nito per ascoltarlo. Il lettore ha la responsabilità di far comprendere e giun-gere fino al cuore la Parola, utilizzando la voce con il tono, le pause, il ritmo,l’intonazione e l’interpretazione adatte al testo letto, per creare l’interesse equindi coinvolgere l’assemblea dei fedeli. 27 gennaio: “Dio parla al suopopolo: la liturgia della Parola“. La prima domanda che ci fu rivolta dal prof.Barberis all’inizio dell’incontro fu: “Quale parte della celebrazione, secondovoi, è più importante?”. Molti risposero: “La liturgia eucaristica e poi la litur-gia della Parola”. Egli ci corresse, dicendo che sono entrambe importanti,perché devono essere collegate tra di loro. Secondo l’introduzione delMessale, Cristo è realmente presente sia nella Parola sia nell’Eucaristia.Spiegò le varie parti della liturgia della Parola, precisando il tipo di testo, chie quando intervenire e l’atteggiamento da assumere nei diversi momenti. Mistupì sentire che l’acclamazione al Vangelo non deve mai essere recitata, macantata. Non mi rendevo conto che, essendo un grido di gioia, il parlare nonbasta per esprimere la nostra lode a Dio. 3 febbraio: “La voce della Parola: illettore al lavoro I“. 10 febbraio: “La voce della Parola: il lettore al lavoro II“.In questi ultimi due incontri dalla teoria passammo alla pratica. Ci insegnaro-no i gesti, il modo di porci davanti all’assemblea, i diversi toni da usare nelleggere il testo. Gli incontri purtroppo sono finiti, ma spero che quantoappreso mi permetta di svolgere questo compito con più consapevolezza eresponsabilità.

ANNA INSOLIA

BATTESIMI NOV/DIC 2014BATTESIMI GENN/FEBBR .2015

ALBANO NICOLEALECCE SOFIADI STEFANO DANIELEFIORE NICOL MARIAMANCINO ALESSANDROMARRESE GAIARITROVATO DAVIDSTRINA MATTIATUKU VALERIAMARCONE FEDERICO

DEFUNTI NOV./DIC. 2014DEFUNTI GENN/FEBBR 2015

ABRARDI CELESTINA anni 82; AQUINO ROCCO 66;BERGONZO GIUSEPPE 80; BONAFFINI SALVATORE 76;CAGNOTTO MARIO 76; CARATOZZOLO ROSARIA 79;CARRAPETTA TERESA 75; CASARIN LUIGI 84;CAVALLONE FILOMENA 71 CERVA BERT GIOVANNI 81;D’AMATO ANTONIETTA 59; FACCIOLO CATERINA 82;FIERAMOSCA CARMELA 65; GIROTTO SILVIO 84;GRASSO FRANCESCO 86; GROSSO GUACCIANORACHELE 85; LODO FRANCESCO 83; MATTIELLI EROS 74; MOCCIOLA ANGELA MARIA 89; NAPOLI STEFANO 82; NIKODIMOVICH FRANCESCA 55;PRATO LUCIANA 84; ALTOBELLO GIUSEPPE anni 70;CARDUCCI ANTONIA GIUSEPPA 90; DALLERE IRENE 83;DE ANGELIS MARIA FLORA 85; DI CARLO MICHELE 75;DI GIROLAMO GIOVANNI 86; FANELLI GIUSEPPINA 86;FENOCCHIO GEMMA 82; FURFARO ANGELA 93; LI CALZI CALOGERO 83; MASSARIA ANNA 92; PACELLI PASQUALE 88; POZZATI ANGELINA 82;POZZO LUCIANO MARIO 73; RIVIEZZO PRINCIPIO 87;ROSSI GIOVAN BATTISTA 93; TONIN LINA 80.

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RICORDO DI DON ALFREDO VALLODon Alfredo Vallo nacque ad Avigliano (PZ) il 4 febbraio 1921 da madre lucana e padre canavesano di Villa Castelnuovo (paese natale del-l’abate Gian Bernardo De Rossi, famoso orientalista, e di Costantino Nigra). Rimasto orfano di madre in tenera età, venne a Torino e lo alle-vò la cugina, madrina di battesimo, fervente cristiana. A cinque/sei anni imparò a servire giornalmente la S. Messa nella parrocchia diNostra Signora del Carmine. Un giorno ricevette cinque lire d’argento e una monetina di nichel in dono; incontrò un povero e non esitò adonargli la moneta d’argento. Iniziò il percorso verso il sacerdozio nell’ottobre 1932 fra i “Tommasini” (nella Piccola Casa aveva due ziesuore: una era addetta alla cucina e l’altra apparteneva al Monastero Cuor di Gesù; lo accompagnarono sempre con la preghiera).Successivamente passò nel Seminario diocesano di Torino e fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1944; celebrò la sua prima S. Messa al Cottolengo-Piccola Casa.Sempre fedele all’insegnamento cottolenghino, il suo impegno quotidiano era la preghiera e l’amore per il prossimo, in particolare per i bimbi sofferenti, gliammalati e i bisognosi. Nominato Rettore del Santuario della Beata Vergine della Sanità di Savigliano (CN) nel 1951, vi rimase fino al 2011 e per vent’anni con-temporaneamente fu parroco nella frazione San Salvatore. Si dedicò totalmente agi altri; nulla era “suo”, condivideva tutto. Aveva una vecchia coperta tuttarattoppata; gliene regalarono una nuova, ma un povero gli chiese una coperta e, felice di non aver ancora buttato via quella vecchia, gli diede la nuova e tornòa usare quella logora. Nel 2011 per gravi motivi di salute dovette ritirarsi presso la “Fraternità Sacerdotale” di Bra-Madonna dei Fiori. Diceva: “Anche da que-sta camera, come alla Sanità, vedo la Madonna e sono felice”. Parco nel cibo, modesto nel vestito, mite e affabile di carattere, sempre sorridente e disponi-bile verso gli altri, rigido con se stesso, fermo nei dogmi della fede, stimato da tutti, chiuse la sua vita terrena presso l’Ospedale Cottolengo di Torino il 21dicembre 2014. GIULIANA GAUDE (sorella)

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CATECHESI PARROCCHIA S.G.B.COTTOLENGO

La nostra comunità parrocchiale dedica ogni anno una settimana difine settembre alle iscrizioni al catechismo dei bam bini/ragazzi dietà compresa tra i 7 e i 13 anni. Per ogni anno di catechesi è allesti-ta una stanza, dove le catechiste accolgono, singolarmente, le fami-glie interessate. Durante l’incontro, oltre a comunicare i variappuntamenti dell’anno catechistico, si coglie l’occasione di dialo-gare con ognuna di esse, capire e conoscere i problemi, le difficol-tà, le attese. All’inizio dell’anno catechistico tutte le famiglie iscrit-te, dall’anno A (primo anno) fino all’anno E (ultimo anno) vengonopresentate alla comunità durante la S. Messa domenicale delle ore10 . Per contraddistinguere i diversi anni i ragazzi indossano fazzo-lettoni di diversi colori: verde, viola, giallo, azzurro e rosso. Piace airagazzi questo segno di distinzione che li fa sentire parte di un grup-po. Il ritmo degli incontri è settimanale e prevede una pausa inver-nale di tutto il mese di gennaio, il cui recupero si effettua con l’ag-giunta di tre domeniche annuali, nelle quali i bambini, dopo la S.Messa, seguono un normale incontro di catechismo, mentre i geni-tori partecipano a un incontro di formazione. ANNO A: Le famiglie che iscrivono al primo anno di catechesi i lorobambini, vengono accolte da una catechista Questa li informa chela comunità ha scelto, già da molti anni, di seguire le indicazionidiocesane: coinvolgere inizialmente i genitori, quali primi educa-tori anche nella vita di fede dei loro figli, offrendo loro un camminodi riscoperta che consiste in un incontro settimanale, con inizio anovembre e termine a marzo; è possibile scegliere tra più opzionidi giorni e orari, per facilitarne la frequenza. Ogni gruppo è accom-pagnato da un catechista che svolge un itinerario suddiviso in tretappe: IL VOLTO MISERICORDIOSO DEL PADRE/ GESU’/ IL DISCE-POLO. Nonostante le comprensibili obiezioni che la proposta susci-ta nei genitori, per via della mancanza di tempo e per gli impegni dilavoro, il cammino è svolto, dalla maggior parte di essi, con assidui-tà e impegno. Ascoltare la Parola di Dio, condividere le esperienzee i dubbi, sentirsi solidali nelle difficoltà crea un clima di amicizia,che rende questa esperienza positiva. I genitori diventano così i

primi testimoni per i loro bambini, e la scelta dell’iscrizione al catechismoè un po’ più consapevole. La famiglia riprende un percorso di fede da pro-tagonista, sostenuta e accompagnata dalla comunità parrocchiale. ANNO B e ANNO C: si svolgono gli itinerari di catechesi che hanno comemomento fondamentale la celebrazione dei sacramenti della Ricon -ciliazione e dell’Eucarestia. La prima celebrazione del sacramento dellaRiconciliazione avviene in tempi distinti da quella dell’Eucarestia. I geni-tori che lo desiderano possono continuare a seguire incontri di formazio-ne nello stesso orario del catechismo dei loro figli in tutti e due gli anni.ANNO D e ANNO E: si svolgono itinerari di catechesi che hanno comemomento fondamentale la celebrazione del sacramento della Con -fermazione. Dopo questo tempo, i ragazzi/e possono continuare la loroformazione accompagnati dagli animatori e dal vice parroco.NELLA LETTERA PASTORALE DELL’ARCIVESCOVO DI TORINO, MONS.CESARE NOSIGLIA, “L’AMORE PIU’ GRANDE” vengono indicati alcuniorientamenti e proposte per il cammino dell’iniziazione cristiana, a cuidobbiamo tendere, non essendo ancora attive nella nostra co munità: alpunto 14 della Lettera Pastorale…promuovere un’adeguata formazionedi èquipe di catechisti e accompagnatori delle coppie che desideranobattezzare il proprio figlio…attivare in ogni parrocchia un percorso diincontri, anche solo mensili ma continuati, con gli stessi bambini, dai treanni in su, in modo da mantenere comunque un efficace rapporto anchecon le loro famiglie… Al punto 15 della Lettera Pastorale… tempo dellafanciullezza e prima adolescenza: dopo la celebrazione dei sacramenti diRiconciliazione e dell’Eucarestia, prevedere un anno di mistagogia in cuivivano esperienze di riconciliazione, un’attiva partecipazione alla Messadomenicale, iniziative di carità e di apertura alla missione della Chiesauniversale. La traditio del Padre nostro termina questo tempo. Alla cele-brazione della Cresima…segue un periodo, annuale o biennale, di mista-gogia, durante la quale si approfondiscono temi della Parola di Dio con-nessi alla vita concreta dei ragazzi e si offrono esperienze di servizio e dimissione, di animazione della liturgia (canto) della comunità in vari ambi-ti del suo vissuto: La traditio del Comandamento nuovo dell’amore ter-mina questo tempo.

PER L’AMBITO DELLA CATECHESIMADDALENA TUCCI

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PARROCCHIAS.G.B. COTTOLENGO

NOTIZIARIOLETTORI DELLA PAROLA DI DIOEra la domenica mattina dell’11 gennaio e, come di consueto, furono dati gliavvisi riguardanti le iniziative della settimana. Seppi così che c’era la possibi-lità di partecipare a un corso base (quattro incontri) per i lettori “della Paroladi Dio” presso la parrocchia del Santo Volto e decisi di iscrivermi. Ecco gliargomenti tratti e le mie impressioni. 20 gennaio: “Identità e ruolo del letto-re: il lettore al servizio della Parola“. Quella sera ciò che più mi colpì e mifece riflettere fu la definizione “altoparlante di Dio“, cioè l’intermediario del-l’alleanza tra Dio e il suo popolo, affinché la sua Parola, diventata Scrittura,ridiventi Parola oggi e faccia continuare il dialogo tra Dio e il suo popolo riu-nito per ascoltarlo. Il lettore ha la responsabilità di far comprendere e giun-gere fino al cuore la Parola, utilizzando la voce con il tono, le pause, il ritmo,l’intonazione e l’interpretazione adatte al testo letto, per creare l’interesse equindi coinvolgere l’assemblea dei fedeli. 27 gennaio: “Dio parla al suopopolo: la liturgia della Parola“. La prima domanda che ci fu rivolta dal prof.Barberis all’inizio dell’incontro fu: “Quale parte della celebrazione, secondovoi, è più importante?”. Molti risposero: “La liturgia eucaristica e poi la litur-gia della Parola”. Egli ci corresse, dicendo che sono entrambe importanti,perché devono essere collegate tra di loro. Secondo l’introduzione delMessale, Cristo è realmente presente sia nella Parola sia nell’Eucaristia.Spiegò le varie parti della liturgia della Parola, precisando il tipo di testo, chie quando intervenire e l’atteggiamento da assumere nei diversi momenti. Mistupì sentire che l’acclamazione al Vangelo non deve mai essere recitata, macantata. Non mi rendevo conto che, essendo un grido di gioia, il parlare nonbasta per esprimere la nostra lode a Dio. 3 febbraio: “La voce della Parola: illettore al lavoro I“. 10 febbraio: “La voce della Parola: il lettore al lavoro II“.In questi ultimi due incontri dalla teoria passammo alla pratica. Ci insegnaro-no i gesti, il modo di porci davanti all’assemblea, i diversi toni da usare nelleggere il testo. Gli incontri purtroppo sono finiti, ma spero che quantoappreso mi permetta di svolgere questo compito con più consapevolezza eresponsabilità.

ANNA INSOLIA

BATTESIMI NOV/DIC 2014BATTESIMI GENN/FEBBR .2015

ALBANO NICOLEALECCE SOFIADI STEFANO DANIELEFIORE NICOL MARIAMANCINO ALESSANDROMARRESE GAIARITROVATO DAVIDSTRINA MATTIATUKU VALERIAMARCONE FEDERICO

DEFUNTI NOV./DIC. 2014DEFUNTI GENN/FEBBR 2015

ABRARDI CELESTINA anni 82; AQUINO ROCCO 66;BERGONZO GIUSEPPE 80; BONAFFINI SALVATORE 76;CAGNOTTO MARIO 76; CARATOZZOLO ROSARIA 79;CARRAPETTA TERESA 75; CASARIN LUIGI 84;CAVALLONE FILOMENA 71 CERVA BERT GIOVANNI 81;D’AMATO ANTONIETTA 59; FACCIOLO CATERINA 82;FIERAMOSCA CARMELA 65; GIROTTO SILVIO 84;GRASSO FRANCESCO 86; GROSSO GUACCIANORACHELE 85; LODO FRANCESCO 83; MATTIELLI EROS 74; MOCCIOLA ANGELA MARIA 89; NAPOLI STEFANO 82; NIKODIMOVICH FRANCESCA 55;PRATO LUCIANA 84; ALTOBELLO GIUSEPPE anni 70;CARDUCCI ANTONIA GIUSEPPA 90; DALLERE IRENE 83;DE ANGELIS MARIA FLORA 85; DI CARLO MICHELE 75;DI GIROLAMO GIOVANNI 86; FANELLI GIUSEPPINA 86;FENOCCHIO GEMMA 82; FURFARO ANGELA 93; LI CALZI CALOGERO 83; MASSARIA ANNA 92; PACELLI PASQUALE 88; POZZATI ANGELINA 82;POZZO LUCIANO MARIO 73; RIVIEZZO PRINCIPIO 87;ROSSI GIOVAN BATTISTA 93; TONIN LINA 80.

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Fondato nel 1948Sped. in abb. postalecomma 20, lett. C, Art. 2 - Legge 662/96Taxe perçue -Tariffa riscossa To C.M.P.

Anno 67° n. 2 aprile 2015

SPERANZAO signore risorto, fa’ che ti apra quando bussi alla mia porta.Donami gioia vera per testimoniare

al mondo che sei morto e risorto per sconfiggere il male.

Fa’ che ti veda e ti serva nel fratello sofferente, malato, abbandonato,

perseguitato… Aiutami a riconoscerti

in ogni avvenimento della vita e donami un

cuore sensibile alle necessità del mondo.

O Gesù risorto, riempi il mio cuore di piccole

opere di carità, quelleche si concretizzano

in un sorriso, in un atto di pazienza e di accettazione,

in un dono di benevolenza e di compassione, in un atteggiamento

di perdono cordiale, in un aiuto materiale secondo le mie

possibilità.Madre Teresa di Calcutta

Periodico della Famiglia Cottolenghina

LA LUCEDEL RISORTOILLUMINILA NOSTRA VITA

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