Rivista Incontri - Gennaio 2016

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Periodico della Famiglia Cottolenghina Fondato nel 1948 Sped. in abb. postale comma 20, lett. C Art. 2 - Legge 662/96 Taxe perçue - Tariffa riscossa To C.P.M. Anno 68° n. 1 gennaio 2016 in cammino verso la dignità

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Rivista Incontri - Gennaio 2016

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Periodico della Famiglia Cottolenghina

Fondato nel 1948

Sped. in abb. postalecomma 20, lett. CArt. 2 - Legge 662/96Taxe perçue - Tariffa riscossaTo C.P.M.

Anno 68° n. 1 gennaio 2016

in camminoverso la dignità

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Periodico della Famiglia CottolenghinaPeriodico quadrimestraleSped. in abb. postaleComma 20 lett. C art. 2 Legge 662/96Reg. Trib. Torino n. 2202 del 19/11/71Indirizzo: Via Cottolengo 1410152 Torino - Tel. 011 52.25.111C.C. post. N. 19331107

Direzione IncontriCottolengo [email protected]

lDirettore responsabile:Don Roberto Provera

lRedazione:Caporedattore: Salvatore Acquas Mario Carissoni

lCollaboratori:Don Emanuele Lampugnani - Fr. Beppe Gaido - Paola Bettella - Patrizia Pellegrino - Gemma La Terra - Nadia Monari

lProgetto grafico:Salvatore Acquas

lImpaginazione:Giovanni Grossi

lStampa: Tipografia GravineseVia Lombardore 276/F - Leinì - Tel. 011 99.80.654

La Redazione ringrazia gli autori di articoli e foto,particolarmente quelli che non è riuscita a contattare.

Incontri è consultabile su: www.cottolengo.orgentrate a cuore apertohttp://chaariahospital.blogspot.com/

Questa rivista è ad uso interno della PiccolaCasa della Divina Provvidenza (Cottolengo)

Fondata nel 1948Anno 68n.1 Gennaio 2016

Periodico della Famiglia Cottolenghina

Fondato nel 1948

Sped. in abb. postalecomma 20, lett. CArt. 2 - Legge 662/96Taxe perçue - Tariffa riscossaTo C.P.M.

Anno 68° n. 1 gennaio 2016

in camminoverso la dignità

SOMMARIO

Il puntoDon Roberto Provera 3

La spiritualità del presepioRedazione 10-11Il dono più grande 8-9

Professioni perpetueRedazione e Dr. Thomas Maliyakal 6-7

Centro di ascolto CottolengoSalvatore Acquas 16-17

I pensieri del cuoreRedazione 20-21

Associazione Laici AggregatiRedazione 24

Le vetrate e i mosaici della cappella “Mater Unitatis”Paolo Squizzato 26-27

Nella casa del Padre - don Elio e don ErnestoRedazione 29

RaccontoRedazione 32

La nuova madre generale e il nuovo consiglio generaleRedazione 4-5

Il valore del perdonoDon Emanuele Lampugnani 12-13Outsider - associazione OnlusMario Carissoni 14-15

La Piccola Casa a Cerro MaggioreMario Carissoni 18-19

Vito, l’eterno ragazzoSalvatore Acquas 22-23

Monastero cottolenghino “Il Carmelo”Redazione 25

Lettera a un immigrato clandestinoRedazione 28

Leggiamo un libroa cura di Salvatore Acquas 30-31

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r...a, ipocrisia,giustizia, perdono il punto

R... sta per rabbia. Parola che ricorre con sconcertante frequenza nei servizi televisivi cosiddetta d’informazione, quando annunciano o commentano fatti delittuosi o calamitosi. Non voglio scrivere per intero questa parola, perché la detesto per l’uso improprio che ne viene fatto.

Il termine, attestato in epoca imperiale romana, sta per “rabies”, che equivale a “rabies canina”. Applicarla a essere ragionevoli significa equipararli agli animali. Questo per quanto riguarda la “r...”.Passiamo all’ipocrisia. Di fronte ai recenti fatti di Parigi il mondo politico francese in primis e in generale quello europeo e nordamericano, hanno reagito con spietata durezza: le bombe cadono a pioggia su Siria, Irak... Apparentemente è l’applicazione della legge dell’occhio per occhio e dente per dente, fondamento della giustizia distributiva, allo scopo di annienta-re il terrorismo unicamente ricorrendo all’uso delle armi. Ma siamo proprio sicuri che solo queste intenzioni sottostiano alla drastiche decisioni foriere di morte finora prese? Non vi sembra che, se vogliamo davvero togliere di mezzo i frutti velenosi di un albero, dobbiamo non raccogliere quei frutti e gettarli nell’immondezzaio, ma dobbiamo stroncare quell’albero dalle radici? E quale persona accorta non sa che le armi, usate dalle due parti in conflitto, hanno la stessa provenienza? Dove vengono fabbricate per lo più queste armi? Non forse nell’Occidente o nel Nord America? Chi le vende ai terroristi? C’è inoltre da chiedersi: chi finanzia oggi i terroristi?Quanto alla giustizia. Chi fino a ieri – e forse ancora oggi – ha sfruttato molti di quei paesi dove oggi l’Islam raccoglie seguaci?Infine, perché tanti giovani occidentali si lasciano accalappiare dalla propaganda delle reti terroristiche? Non sarà forse perché la loro vita appare vuota, priva di valori e in definitiva sprecata ai loro stessi occhi? E veniamo al perdono. Leggiamo, meditiamo e impariamo di che cosa sono capaci i giovani autentici.

Attacchi di Parigi: lettera aperta di un giovane cattolico franceseHo 18 anni e sono cattolico. Oggi, come ogni lunedì, dopo la scuola, sono andato a prendere un caffè nel cortile di un bar… Come ogni lunedì, ho tirato fuori il giornale del giorno prima quasi meccanicamente e ho scorso i titoli.Ma non riconosco il giornale che sfoglio ogni settimana. C’è un unico titolo: “Dolore e rabbia”.La fotografia di un uomo che piange davanti a un mazzo di fiori, candele e una bandiera francese illustra il titolo. Un uomo, lacrime, dolore, rabbia, morte, persone innocenti, ferite. Non voglio leggere più. Metto giù il giornale, bevo il mio caffè e pago. Per la prima volta in quest’anno, ho lasciato presto questo posto in cui sono abituato a leggere il mio giornale in pace.Cosa dovrei fare? Andare a casa come ci chiedono le autorità? No. Ho deciso di andare in un luogo familiare e prezioso per il mio cuore. Dopo cinque minuti di cammino eccomi qui. Questo luogo è la mia parrocchia, la mia seconda casa, la casa del Signore. Entro. Ci sono molte persone. Vado verso l’altare dedicato alla Beata Vergine Maria. Non c’è posto. L’unico spazio libero è un inginocchiatoio davanti all’altare di Santa Rita, la santa delle cause impossibili e delle cose perdute.Mi viene in mente un passo del Vangelo secondo Matteo: “Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri perse-cutori” (Mt 5, 44). E così mi è venuta un’idea. Non ho pregato per le vittime o per i loro familiari, o per la salvezza della mia splendida patria. Oggi ho pregato per voi. Ho pregato Santa Rita di aiutarci a perdonare. Le ho chiesto di aiutare i francesi a perdonarvi. Ho pregato per le famiglie delle vittime perché un giorno possano perdonarvi, perché possano perdonare la vostra azione barbara e ingiustificata. Ho chiesto al Signore, con l’aiuto di tutta la mia fede, di venire in mio aiuto, di venire ad aiutarci a perdonare…Ho pregato la Beata Vergine Maria di proteggervi. Le ho chiesto di avvolgervi nel suo amore. Di farvi capire che siamo sulla terra per amare e non per uccidere… Spero, cari terroristi, che queste parole vi raggiungano, perché possiate capire che l’odio e la morte non sono la soluzione.Un giovane cattolico che sta cercando di perdonare. l d. Roberto

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la nuovamadregenerale

notiziecottolenghine

Suor Elda Pezzuto nuova Madre delle Suore cottolenghine

Madre Elda Pezzuto è la diciassettesima superiora gene-rale della Congregazione delle Suore di San Giuseppe Cottolengo, costituita da Famiglia di vita contemplativa

e Famiglia di vita apostolica. È stata eletta domenica 15 dicem-bre 2015 dal X Capitolo generale, riunito a Celle Ligure, in pro-vincia di Savona.La nuova Superiora generale, 62anni, è originaria di Vezza d’Al-ba, Cuneo. Per alcuni anni ha svolto la sua missione fra le per-sone con disabilità nella Casa del Cottolengo di Biella. Dopo il conseguimento del magistero in scienze religiose presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, ha continuato, per otto anni, lo stesso servizio di carità nelle opere apostoliche del-la Congregazione in India, rivestendo anche il ruolo di Superiora locale e Consigliera provinciale. Nel novembre del 2003 l’VIII Capitolo generale l’ha eletta vicaria generale, servizio svolto per due sessenni, fino al 15 novembre 2015, il giorno appunto della sua elezione a Suora Madre.

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il nuovoconsigliogenerale

notiziecottolenghine

I giorni 21-22 novembre 2015 il X Capitoloelegge il nuovo Consiglio generale

delle Suore di San Giuseppe Benedetto Cottolengo

Suor Mirella BocchiVicaria generale

Con sentimenti di gioia sincera e di riconoscenza abbiamo appreso la notizia della elezione di Sr. Elda Pezzuto a Madre generale delle Suore di San Giuseppe Cottolengo e di Sr. Mirella Bocchi a Vicaria Generale e di tutto il Consiglio Generale, assicuriamo la nostra

fraterna collaborazione, la nostra devozione ed il profondo affetto con cui ci sentiamo unica famiglia cottolenghina. Felicitazioni sincere, da parte di tutti noi della Redazione

di “INCONTRI”, dal Volontariato Cottolengo, Amici del Cottolengo e Laici Aggregati.

Consiglieredi vita contemplativa

Suor Cristina CattaneoSuor Maria Patrizia MorosiniSuor Rossella GhidinelliSuor Maria Elena Fusero

Consigliere di vita apostolicaSuor Jacintha Mukkath

settore “Formazione”

Suor Nicoletta Arrivabenesettore “Ministero di carità”

Suor Luisa Busatosettore “Carisma e i Laici”

Suor Rosella Busnellisettore “Pastorale vocazionale

giovanile - parrocchialee Comunicazioni”

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notiziecottolenghine professioni

Il mistero della gratuita chiamata di Dio e della generosa risposta di un uomo si è concretizzato nuovamente Sabato 3 ottobre, nella Chiesa della Piccola Casa: fratel Paolo dello Spirito Santo Rinaldi ha

emesso la Professione Perpetua con la quale si è consacrato defini-tivamente a Dio nel servizio incondizionato ai poveri.La chiamata di Dio ha raggiunto fratel Paolo durante gli anni gio-vanili del suo impegno in parrocchia a Brescia, ed è diventata evidente durante le esperienze di volontariato alla Piccola Casa. Durante gli anni della formazione fratel Paolo ha prestato servizio nelle case di Torino, Biella e Tachina (Ecuador) impegnandosi nel-la cura degli ospiti, nello studio della vita religiosa e nell’approfon-dimento del carisma di San Giuseppe Cottolengo. Gli anni della formazione sono stati soprattutto impegnati nella preparazione professionale presso il Corso di Laurea in scienze infermieristiche della Piccola Casa, dove si è laureato nel 2014. Dallo scorso anno è stata affidata a fratel Paolo la responsabilità dell’area sanitaria della Casa Cottolengo di Mappano, ruolo che tuttora ricopre con passione e professionalità.Durante la Celebrazione Eucaristica nella quale era inserito il rito della Professione Perpetua di fratel Paolo, Padre Lino Piano si è soffermato a riflettere soprattutto sul brano della vocazione del giovane Samuele. Il testo, volutamente scelto da fratel Paolo, esordisce ricordando che «la parola del Signore era rara in quei giorni e le visioni non erano frequenti». Padre Lino ne ha colto l’occasione per ricordare a fratel

Fr. PAOLO RINALDI

Ancora «Eccomi!» alla Piccola Casa

Paolo e a coloro che sono intervenuti alla Celebrazione la necessità di alimentare un rapporto con Dio profondo e costante affinché possa essere percepita la chiamata di Dio. La Professione di fratel Paolo è un ulteriore richiamo dell’importanza della cura della vita interiore. Dio parla, in molti modi ed in diverse occasioni, ma la sua parola non può essere percepita se il cuore e la mente non sono stati conveniente-mente predisposti a comprendere il modo di agire e di parlare di Dio.La storia di fratel Paolo e la sua consacrazione tra i Fratelli di san Giuseppe Cottolengo ci aiutano a comprendere il significa-to profondo della consacrazione religiosa cottolenghina, proprio nell’anno in cui Papa Francesco ci stimola a riflettere sulla vita religiosa e a pregare per i religiosi. I Fratelli del Cottolengo consu-mano la propria vita, si sacrificano in un servizio umile e generoso che certamente avrà una grande ricompensa nel Regno, anche se già oggi sperimentano quotidianamente la benevolenza di Dio. Sorprende la promessa di Gesù per coloro che avranno dato un solo bicchiere d’acqua ad un povero (Mt 10, 42). Se confrontiamo la promessa di Gesù con la libera decisione di fratel Paolo di do-nare non solo un bicchiere d’acqua, ma la vita intera nel gioioso servizio di carità, allora la nostra anima si riempie di riconoscenza per il dono della chiamata alla Piccola Casa ed il cuore canta e benedice la bontà del Signore.

l La Redazione

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notiziecottolenghine

In un’atmosfera di fervore spirituale, davanti a una folla di fedeli riunita nella chiesa parrocchia-le St Joseph Church di Palluruthy, il Rev.mo Fratel Sandro Confalonieri, vicario della Congregazione

dei Fratelli di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, ha accolto, a nome del superiore Generale, il voto perpetuo di Fratel Binoy Peter Kurisingal, in data odierna 10 Ottobre 2015.Il coro e la Congregazione hanno intonato il canto di ringra-ziamento. Il Vicario Generale della Dio-cesi di Cochin, Mons. Antony Thachara, ha presieduto la celebrazione eucaristica ed ha ricordato che durante la sua permanenza in Italia e` sta-to alla Piccola Casa della Divina Provvidenza ed ha constatato che gli ospiti accolti erano veramente dei figli di Dio gli ultimi tra gli ultimi, amati e cu-rati dai religiosi e dagli operatori vo-lontari. E tornando alla scelta di Fratel Binoy ha sottolineato che il suo servizio non sarà solo di alcuni giorni o per brevi tempi, come succede per i volontari ma una scelta definitiva per tutta la vita,una scelta responsabile maturata negli anni che si concretizza con la decisione di consacrarsi definitiva-mente a Dio nel servizio ai fratelli. Scelta che rappresenta an-che un esempio per i giovani che avvicinerà nel suo sevizio ai fratelli, soprattutto proprio quest’anno che la Madre Chiesa dedica ai Consacrati.Grande festa per il Cottolengo, per la parrocchia, per il villaggio e per gli amici e i volontari! La vocazione di fratel Binu e` la pri-ma vocazione del luogo tra i fratelli del Cottolengo.Il fratello Binoy Peter, da quasi tutti affettuosamente chiamato “Binu”, è stato al centro dei festeg-giamenti.Tutti noi del luogo siamo legati a fratel Binu da un legame e affetto filiale che rimarrà nel tempo.Tutto il paese lo conosce come un membro della Congregazione dei Fratelli, già dall’età scolastica.Dopo le giornate passate a scuola, Binu era sempre puntuale alla Piccola Casa, tutti i giorni a svol-gere le piccole mansioni affidategli fino a sera tardi. Per tutti i volontari questo ragaz-zo tenero era proprio un’ispirazione: si dedicava ai suoi lavori con religiosa attenzione e spirito cottolenghino. Finita la scuola, avrebbe voluto entrare nella congregazione ma, per sostenere la famiglia nella costruzione della nuova casa, è andato a lavo-rare presso una banca per un certo periodo, e contemporane-amente continuava a servire i buoni figli, tutto il tempo dispo-nibile, tutti i giorni dopo il lavoro. Appena finita la costruzione della casa, è entrato nella Congregazione nel giugno 2003 e ha emesso la prima professione il 25/05/2007 a Torino.Ha voluto laurearsi in scienze infermieristiche per servire me-glio i buoni figli e i sofferenti. Nell’edificare il formidabile volon-tariato cottolenghino in India “Cottolengo Mission Family”, fratel Binu è stato un promotore importante.

l Dr. Thomas Maliyakal

perpetueIl giorno più bello? OggiL’ostacolo più grande? La pauraLa cosa più facile? SbagliarsiL’errore più grande? RinunciareLa felicità più grande? Essere utili agli altri

Fr. BINOY PETER KURISINGAL

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e torna natale

Mi chiesi quel giorno cosa avrei voluto ricevere in regalo per Natale. Ormai si avvicina la festa “più calda” dell’an-no. Mi domandai anche cosa avrei dovuto far trovare

sotto l’albero alle persone più care. Poi, accantonati i pensieri, decisi di uscire e di fare un giro per le strade a respirare aria di Avvento, di frenesia, di acquisti inutili. Arrivai sulla principale via di negozi, un viale illuminato, tutto addobbato di ghirlande e di rosso. Forse invita a spender di più. Il tempo però poco invo-gliava a camminare a piedi. Infatti, leggere goccioline cadenti da un cielo grigio perla scivolavano, lievi, sulle vetrine sfavillanti e il gioco di luci si faceva ancora più bello. Le guardai tutte, le ve-trine, tutto ciò che era esposto, ogni particolare, ogni dettaglio, anche se a fatica. La gente era più pazza di me. Ti strattonava, si sparlava a vicenda, commentava e poi fuggiva. A guardarci dall’alto, son sicuro, apparivamo come file disordinate di mi-

il donopiù grande

gliaia di formiche. È l’inverno che ci rende così superficiali, sono le feste che ci fan-no egoisti. Quel giorno non cercavo rega-li, chissà che cercavo. Cercavo forse ami-cizia, forse affetto, forse cercavo solo un po’ d’aria e forse probabilmente cercavo nulla. Continuai comunque quella strana

“È Natale ogni voltache sorridi a un fratello

e gli tendi la mano”

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e torna natale

“Era una vecchia fisarmonica a suonare, appoggiata sulle gambe di

un uomo seduto ai piedi di un grande portone”

passeggiata e poi assieme alle luci, alle voci, ai colori e al freddo di una mattina di fine autunno percepii una melodia.Una triste melodia che camminando si faceva più intensa. Si fermava a volte e quando non la udivo più sentivo il suo-no di monete, di spiccioli lanciati a caso, che si urtavano tra loro; poi il suono ri-prendeva. Era una vecchia fisarmonica a suonare, appoggiata sulle gambe di un uomo accovacciato ai piedi di un grande portone. Suonando confondeva parole dette fuggendo, urla di bambini e il rumo-re incessante di un costante via vai. Una sinfonia era, che amalgama del perverso vizio di spendere sempre di più, quello di essere perfetti in ogni cosa, quello di ma-scherarsi dietro un vestito che vale più di chi lo indossa. La musica era il sottofondo di quanti, vestiti di rosso con lunghe barbe bianche, persuadevano chiunque, intrat-tenevano i piccoli e intascavano il dovuto.

Quell’uomo, là a terra, intascava desolazione e indifferenza. Suonava lo strazio e il freddo che raccoglieva per le strade, usa-va la sua fisarmonica con la rassegnazione di chi vive una vita ai margini di un marciapiede e delle feste certamente non cono-sceva il significato.Gli passai accanto e cercavo il suo sguardo che veloce scrutava e implorava ogni uomo ed ogni donna che passava davanti ai suoi piedi. Mi abbassai e lasciai cadere nella sua tazza davanti al vecchio strumento due monete che tintinnarono con le poche altre e con la pioggia che ormai riempiva mezzo contenitore. La melodia si fermò e l’uomo mi ringraziò, augurandomi buon Natale. Gli chiesi subito cosa avrebbe fatto a Natale e ascoltai la sua risposta rialzandomi. Mi rispose che Natale era ogni gior-no, ogni volta che suonava, ogni volta che una persona passava davanti a lui, sia che lo degnasse di uno sguardo, sia che tirasse dritto, ignorandolo. Per lui era Natale ogni volta che cadeva una moneta nella sua tazza, quando veniva cacciato perché distur-bato o allorché vedeva un bambino uscire felice dalla bottega con il suo giocattolo in mano.

“E a Natale me ne starò accanto al fuoco, accarezzando i ran-dagi che mi fanno compagnia, aspettando il giorno in cui ri-apriranno i negozi; risuonerò questa musica per la mia gente di ogni dove. Loro, e così anche tu, siete il mio dono. Voi fate Natale per me ogni giorno”.

La Redazione “INCONTRI” augura Buon Natale

l La redazione

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spiritualità

Cieli azzurri o corrucciati della Valle Santa di Rieti! Montagne ora aspre, ora ospitali, boschi solitari, rocce

selvagge, case con la ruggine del tem-po, pietre sacre e consunte dei cenòbi francescani! Sono trascorsi tanti secoli, si sono succeduti eventi lieti e tristi, la sto-ria ha voltato molte pagine, ma la terra dove San Francesco predicò, pregò, fece penitenza e compì prodigi ha conservato un fascino straordinario ed una poesia patriarcale. L’aria che vi si respira ha la fragranza del pane sfornato.Greccio dalle solide architetture medio-evali, è passato alla storia a partire dal Natale 1223, da quando San Francesco vi costruì il primo Presepio, mistica e popo-lare invenzione, che si sarebbe poi diffu-sa in tutto il mondo cristiano. Francesco non avrebbe potuto scegliere un luogo più adatto di questo. Una grotta abban-donata nel folto di un lecceto, ricovero di pastori e boscaioli, tra rocce brunite stra-piombanti sulla vicina valle, nel profondo silenzio di una natura primitiva e intatta, nella cui cornice era stato costruito uno dei primi e piccoli conventi francescani.Tommaso da Celano, nel trentesimo ca-pitolo della “Vita Prima di San Francesco d’Assisi”, ci racconta, con uno stile vera-mente evangelico, come si svolse quell’ir-repetibile celebrazione natalizia, per la cui realizzazione San Francesco si avvalse della collaborazione di Giovanni Nellita, feudatario del luogo. Tra l’altro, San Francesco gli aveva detto: “Se hai piacere che celebriamo a Greccio questa Festa del Signore, precedimi e prepara quanto ti dico. Vorrei raffigurare il Bambino nato a Betlemme, e in quel modo, vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si trovava per la mancanza di quanto occorre ad un neonato: come fu adagiato in una grep-pia e come tra il bove e l’asino sul fieno giaceva… “. Greccio diventò così una nuo-va Betlemme.

Natale, gli occhi spalancati di un bambino estasiato e curioso, che osserva il sacro sce-nario della Natività. In questa notte ricca di promesse ritroviamo anche noi la speranza all’amore condiviso.

La spiritualità del PreSePIo

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spiritualità

Sotto un cielo fiorito di stelle, frati salmodianti e gruppi canori di pastori, donne e ragazzi, recanti fiaccole palpitanti, affollaro-no quel primo più che vivente Presepio, dove nel corso della Messa solenne, San Francesco, nei paramenti di Diacono, canta e commenta il Vangelo di San Luca.Quell’evento ha fatto di Greccio la “Betlemme francescana d’I-talia”. Da quella Notte Santa, il Presepio si è diffuso nel mondo con la sua affascinante poesia religiosa e familiare, ispirando pittori, scultori, scrittori e poeti. Aveva ragione Piero Bargelli a chiamare Greccio “Culla dell’arte italiana”. Come non ricordare, inoltre, che il Presepio suscitò in quella lontana epoca una be-nefica ondata di rinnovamento spirituale?Ritornare, perciò, a Greccio vuol dire rivivere la spiritualità e l’in-canto del Presepio: l’amore di Dio fatto uomo. San Francesco volle rendere visibile il mistero dell’Incarnazione per toccare e convertire gli uomini, spesso dimentichi dell’infinita bontà e mi-sericordia di Dio, rivestitosi della nostra gracile carne mortale.Lassù, sulle sacre rocce di Greccio, nuova Betlemme, si diffon-dono anche oggi nella Notte Santa canti di gioia e di speranza. Nel profondo silenzio di quelle selve c’è ancora tanta pace: la pace di Gesù Bambino e di San Francesco.

l La redazione

“Vorrei raffigurare il Bambino nato a Betlemme, e in quel modo, vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui

si trovava per la mancanza di quanto occorre ad un neonato”

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spiritualità

In questo articolo cercheremo brevemente di descrivere uno degli elementi più specifici della carità e della morale cristia-na: il perdono.

Esso è uno dei valori maggiormente difficili da mettere in pra-tica; vivere il perdono costa a volte molta fatica, è tuttavia uno dei valori morali più specifici del cristianesimo: nessun’altra reli-gione infatti invita in modo così chiaro e pressante a mettere in pratica questo insegnamento.Scrive il Cardinale Carlo Maria Martini: “Nella gioia di essere per-donati e di perdonare comincia a rendersi presente la novità del Vangelo, che è lieto annuncio della misericordia del Padre per noi peccatori”.Sempre il Cardinal Martini nel libro “La debolezza è la mia forza” sottolinea, parlando del tema del perdono, l’esigenza di com-piere tre tipi di riconciliazione: la riconciliazione con Dio, con noi stessi e con gli altri.

La riconciliazione con Dio: è questa forse la riconciliazione meno difficoltosa, perché è Dio che si riconcilia con noi; noi dobbiamo solo accogliere il perdono di Dio, basta che ci sia in noi il desiderio di essere perdonati. Prezioso a questo riguardo è il sacramento della Riconciliazione.

Se vuoi veramente amare,devi imparare a perdonare

Il Cottolengo era molto esigente sull’im-portanza di essere in comunione con Dio; testimoniò una suora: “Mi ricordo di averlo sentito una volta in chiesa a dolersi, e dire, che egli sentiva, che vi era qualche-duno nella Piccola Casa, che aveva sulla coscienza un peccato mortale, e raccoman-dava che quegli uscisse dalla Piccola Casa, che le porte erano aperte, pregandolo viva-mente a non restare più oltre”.La riconciliazione con noi stessi. È una riconciliazione che passa attraverso la via dell’accettazione di noi stessi. Il Signore ci chiede di accettarci così come siamo, con i nostri limiti, con le nostre debolezze, addirittura con i nostri peccati. Questa accettazione è fonte di grande pace; una pace che nasce dalla consapevolezza che il Signore non ci chiede di compiere cose “più grandi di noi”, ma invece ci ama, ci apprezza e ci rende suoi strumenti così come siamo, così come Lui ci ha creati.La riconciliazione con gli altri. È la ri-conciliazione istintivamente più difficile, soprattutto quando subiamo dei torti e magari anche pesanti. In questi casi dobbiamo proprio guardare Gesù: Egli che ha perdonato in croce i suoi ucciso-ri e che ha detto “Amate i vostri nemici”. Questo sguardo rivolto a Gesù, unito ad una costante preghiera per chiedere la forza di perdonare, può davvero aiutarci a vivere il perdono, anche nelle situazioni più difficili.Anche su questo aspetto l’esempio del santo Cottolengo può esserci d’aiuto; te-stimonianza di suor Ferdinanda Caglieris: “Egli esortava vivamente e spesso i ricove-rati ad amarsi fra loro cristianamente, ed

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spiritualità

“Il cristiano è colui che perdona, che passa oltre, che

dimentica i piccoli e grandi torti ricevuti,

che sa sempre trovare del bene in ciò che un

altro fa”

a perdonarsi a vicenda quelle offese, che l’uno avesse potuto com-mettere verso l’altro; e mostrava desiderio, che questo perdono fos-se pronto; che non si stesse mai colla freddura in cuore, e ci diceva, che ciascuno doveva procurare di essere il primo e far il passo per la riconciliazione; e se vi fosse stata qualche offesa fra i ricoverati venuta a di lui cognizione, egli tosto procurava, che gli offesi si ri-conciliassero prontamente fra loro”.Il Cottolengo invitava quindi caldamente alla riconciliazione (a fare il primo passo) ed addirittura si rendeva lui stesso stru-mento (mediatore) di riconciliazione. Per lui quindi il valore del perdono era importantissimo.

Abbiamo quindi, a riguardo del valore del perdono, analizzato tre tipi di riconciliazione: con Dio, con se stessi e con gli altri. Riconciliazioni che possono avere anche un effetto “liberante” per coloro che riescono a metterle in pratica, perché molte vol-te il primo beneficiario del perdono è proprio colui che perdo-na.Per concludere, ancora una frase, particolarmente bella, del C. M. Martini: “Il cristiano è colui che perdona, che passa oltre, che dimentica i piccoli e grandi torti ricevuti, che sa sempre trovare del bene in ciò che un altro fa”.

l Don Emanuele Lampugnani

il valore delperdono

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oUTSIderAssociazione Onlus

volontariato

Nel cortile della Provvidenza, alle spalle della statua del Santo, è situato un moderno edificio che ha visto na-scere nel 1995 i primi laboratori artigianali e che per

lunghi anni ha ospitato la Famiglia San Francesco Di Sales. Un’esperienza iniziata con pochi soggetti della famiglia, ma che in seguito, visti gli interessi positivi e l’interesse suscitato, si è estesa a tante altre persone. Nel 2003 il primo cambiamento: la famiglia si sposta al padiglione Frassati e ad essa subentra, fissandovi propria la sede, l’Outsider Onlus, associazione nata per rispondere concretamente al dibattito italiano ed europeo sui temi dell’integrazione delle persone con disabilità.Qualcosa di diverso, ma niente di nuovo sotto il cielo della Piccola Casa della Divina Provvidenza: continua e si rinnova in-fatti quanto recita la sua missione: “La Piccola Casa si prende cura della persona povera, malata, abbandonata, particolar-mente bisognosa, senza distinzione alcuna, perché in essa rico-nosce il volto di Dio… afferma il valore sacro della vita umana… promuove la dignità di ciascuno nella sua originalità e diversità e si prende cura della persona… costruendo relazioni di reci-procità…. condivisione… fraternità”. Nostalgia, radici profonde e passi che portano lontano… La prima scuola asilo nella Volta Rossa nel 1831, le piccole Orsoline nel 1832, gli epilettici e i buoni figli in Valdocco dal 1835 e via proseguendo degli anni. Tante altre porte si sono aperte: dalla già citata San Francesco alle famiglie maschili e femminili, Sant’Antonio Abate, Sacra Famiglia, Santi Innocenti, San Giovanni Battista, Santa Elisabetta ecc… Una storia lunga che l’Associazione Outsider, forte dell’e-sperienza dei 180 anni del Cottolengo e nel rispetto delle più recenti normative, si prefigge di perpetuare con l’integrazione di persone disabili in condizioni di svantaggio, anche non resi-denti.Dedicandosi con continuità al loro sostegno, negli anni è diven-tata luogo di aggregazione, socializzazione, libera espressione artistica e crescita culturale. Tutto passando attraverso i diversi laboratori allestiti di falegnameria e restauro, sartoria, cerami-ca, pittura, informatica, fotografia e sempre perseguendo obiet-tivi mirati.- Aiutare persone disabili, con deficit mentale o fisico o in deten-

zione, ad esprimersi attraverso l’arte, la cultura e l’animazione.

“Scoprire i talenti delle persone, al fine di farli crescere nelle loro funzioni di socializzazione e integrazione nella società, contrastando l’isolamento”

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volontariato

- Scoprire i talenti delle persone al fine di farle crescere nelle loro funzioni di socializzazione e integrazione nella società, contrastando l’isolamento (e tanto vale specialmente per gli esterni).

- Stimolare la società ai valori della persona e al diritto delle pari opportunità, promuovendo manifestazioni artistiche, culturali e creative che mettono in dialogo diversi mondi so-ciali.

L’associazione attualmente consta di 35 volontari iscritti ed è presente sul territorio in collaborazione con enti pubblici e pri-vati. Settimanalmente, tra interne ed esterne sono presenti 90 ( 50-40 ) persone che frequentano attività di alfabetizzazione, informatica di base, artigianato, creta, pittura, falegnameria, sartoria, teatro, musica, fotografia, percussioni.Tanti progetti e iniziative, che nascono dalla necessità di aprire nuove strade, hanno come base l’arte e l’animazione e vengono presentati agli Enti pubblici e privati che intendano sostenere nuove attività nel campo riabilitativo e ne finanzino l’attuazione (San Paolo - CRT- Comune, ecc...). L’attività di teatro, già pre-sente nella Piccola Casa, operava nella famiglia Santi Innocenti, è confluita nell’Associazione Outsider formando la Compagnia Teatrale Contromano, nata in seguito alla partecipazione al concorso Teatrando organizzato dalla città di Torino. I primi

“Non chiederti solo cosa tu possa fare per il disabile, ma anche cosa il disabile

possa fare per te”

“La disabilità è una questione di percezione. Se puoi fare anche una sola cosa bene, sei necessario a qualcuno”

spettacoli allestiti sono stati IL sogno per tutti e L’uomo perfetto. In collaborazione con il Museo del Cinema di Torino è poi stato girato un cortometraggio dal titolo Super Eroi. Ma l’attività teatrale prosegue e arriviamo ad altri spettacoli: Polvere La Vita che vorrei e Polvere Mundi, portati con successo e ripetizioni in teatri come l’Astra ed il più famoso Carignano.Degno di nota l’impegno dei volonta-ri, convinti che l’arte, in quanto forma di espressione, rappresenta un grande mezzo comunicativo per persone che spesso hanno maturato una condizione di isolamento, alimentata dalla difficile accettazione della diversità.La bella novità di quest’anno è l’apertu-ra anche ai più giovani di un servizio di doposcuola per gli iscritti di elementari e medie che sarà intervallato da attività di carattere artistico accessibili anche ai genitori.

l Mario Carissoni

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volontariato

È più facile darne una definizione che provare a descrivere cosa voglia dire Centro di Ascolto Cottolengo.

Spontaneamente vien da dire “entrate a cuore aperto – vi entreremo nel cuore”; io lo percepisco e lo vivo così, incapace di stabilirne i limiti.Ma entriamo insieme, vi accompagnerò in una giornata-tipo, in uno degli uffici.Sono le nove del mattino, la porta al n° 18/5 di Via Andreis viene aperta - qui non occorre citofonare e presentarsi - ed ecco che in pochi istanti il salottino di at-tesa brulica di voci, si anima di persone di ogni età, provenienze, colore. Visi noti or-mai da anni, altri del tutto sconosciuti, gli occhi che cercano di comunicare, espor-re una situazione, poter finalmente chie-dere aiuto, confidando in chi li ascolta.Si prova anche dopo anni di esperienza una certa emozione quando a uno a uno s’invitano i nostri ospiti ad accomodarsi nei salottini riservati al colloquio.È sufficiente una rapida e informale pre-sentazione per dimenticare il proprio sta-to d’animo, i problemi ricorrenti con cui ci si è svegliati o gli ultimi impegni assunti in famiglia. Adesso non possono che essere il tuo cuore e la tua mente, sgombri da pregiudizi, i veri protagonisti di quell’in-contro.Sei da subito consapevole che hai davan-ti una storia di vita non solo da imparare a conoscere ma anche da condividere, la-sciando ampio spazio agli unici strumenti che diventano i principali attori: la carità e l’amore indiscriminato.Sarebbe così facile cavarsela volendo “classificare” la persona che hai di fron-te, sentirsi in pace perché siamo stati in grado di formulare un consiglio, magari avvalendosi di qualche formula già speri-mentata… No, così non funziona, si com-prende immediatamente lo sconforto di chi ti ha aperto il cuore perché non ha trovato l’accoglienza attesa che viene pri-ma del reale bisogno.

Tanti, troppi, in questo momento, non hanno

tetto e cibo.La solitudine fa il resto

Il servizio è rivolto a persone italiane, sia residenti che non residenti, di zona o no, senza fissa dimora, e a persone straniere, sia regolari che irregolari.Possono essere inviate da Casa Acco-glienza del Cottolengo, dai Servizi del Ter-ritorio o accedere di propria iniziativa.Le richieste poste sono molteplici: infor-mazione, sostegno e consulenze di vario tipo, alloggio, lavoro, vestiario, viveri (ac-cesso alla mensa di Casa Accoglienza, pacco-viveri), assistenza sanitaria, consu-lenza legale, sostegno economico, mobili o accessori per la casa, etc...

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volontariato

È vero, infatti, che con l’aiuto economi-co sembra che tutto diventi più facile. Il rischio però è quello di rimanere alla superficie del problema se non se ne approfondiscono le cause, mettendo-si in discussione fino al punto da en-trare in relazione con il nostro ospite. Comunicandogli amore si inizia un per-corso che forse potrà gradualmente es-sere la vera e radicale soluzione alla sua difficoltà.L’emarginazione non è soltanto un pro-blema di soldi, anche se lo può diventare, ma è sostanzialmente dovuta alla solitudi-ne. Perdita o mancanza di lavoro, difficol-tà nella propria famiglia, forse ancora pic-coli e bisognosi di cure e affetto si è stati abbandonati, una malattia all’improvviso cambia le cose, riempitivi del vuoto come alcool o stupefacenti che perseguitano, una breve reclusione da ladro di galline con relativa assenza del giusto avvocato. Per non parlare degli ospiti di oltremare, ai quali la difficoltà della lingua e la lonta-nanza dalle proprie radici culturali e dalle persone care rendono oltremodo dolo-roso il cambiamento radicale.È difficile tentare di spiegare il disagio. Si potrebbe credere che una semplice elen-cazione e classificazione possano rappre-sentare uno strumento di lavoro per chi nel sociale svolge ruoli di responsabilità. Non è solo così, ed ecco perché il “Centro di Ascolto Cottolengo” si pone come un cuore aperto sulla città e sul mondo, con-dividendo e amando, lasciando che la no-stra vita si mescoli con quella del fratello o della sorella che hai di fronte. Ecco che allora si comincia a esserci veramente. E la gioia che ti esplode nel cuore fa il resto: si è all’inizio di un nuovo percorso.“Caritas Christi” è il vero nostro essere.

l Salvatore Acquas

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La Piccola Casa aCerro Maggiore

le nostre case

Sono ormai trascorsi 180 anni dal-la nascita della Piccola Casa del-la Divina Provvidenza, fondata a

Torino da San Giuseppe Cottolengo. Da allora tante altre, modellate sulla Casa Madre, sono nate e si sono dif-fuse in diverse località d’Italia e all’e-stero. Moderne residenze funziona-li, con strutture adeguate ai tempi e conformi alle più recenti normative, costantemente animate dal Carisma Cottolenghino, nella fedeltà alla sua Missione: accoglienza e cura delle persone in stato di forte disagio e ne-cessità. Le troviamo a Roma, Cuneo, Alba, Mappano, Novate, Bra, Biella, Pisa, Bosa, Ducenta e tanti altri luoghi. Cominciamo allora con un approfon-dimento della Casa di Cerro Maggiore, visitata recentemente. La troviamo a nord di Milano vicino a Legnano, un passato con radici nell’agricoltura ma già sede di importanti industrie tessili, sempre ricca di attività.La Piccola Casa nasce qui nel 1944 come Casa di Riposo, per ospitare anziani, già operai degli stabilimenti dei benefatto-ri Mocchetti, con un primo padiglione capace di 80 posti, inaugurato il 28 giu-gno 1947. Successive donazioni daranno possibilità di avere spazi più ampi e ini-

ziare così la costruzione di una nuova ala, che comprenderà anche la Chiesa; prima pietra il 25 gennaio 1970, inaugurazione il 4 giugno 1971. Seguiranno ristrutturazioni nella vecchia ala e la sopraelevazione di un piano che ospiterà altri 50 posti, desti-nati alle suore.Oggi vi troviamo una Residenza Sanitaria Assistenziale. Un grosso edificio a tre piani con seminterrato, completamente ristrutturato nel 2001; nello stesso anno una nuova costru-zione.La Casa conta 7 Nuclei Residenziali e ospita attualmente 80 per-sone residenti, tanti anziani non autosufficienti di entrambi i ses-si, bisognosi di intense cure assistenziali e sanitarie continuative. Poi 40 residenti con Alzheimer e 20 semi-residenti nell’innovativo Centro Diurno per Alzheimer. Essa opera secondo il modello di gestione condiviso e partecipato, una scelta estremamente im-

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le nostre case

portante perché caratterizza il servizio ai poveri, obbiettivo sem-pre attuale delle realtà cottolenghine, qui sotto l’attenta guida delle nostre suore, perfettamente realizzato.Il complesso si apre su un ampio parcheggio con spazi ver-di coronati da alberi d’alto fusto. Varcando la soglia al pia-no terra del Primo Edificio, troviamo portineria e centralino, Direzione e uffici; non mancano l’angolo bar, i salottini di ri-cevimento e la bellissima e luminosa Chiesa, foderata di mol-to legno e accessibile anche dall’esterno. Costruita su due livelli per facilitare i residenti dei piani alti, presenta un altare rialzato, consentendo, in tal modo, visibilità da ogni altezza; un bel crocefisso sopra il tabernacolo, con ai lati statue del Cottolengo e di Gesù attorniati dai poveri, completa il qua-dro. Sempre a piano terra abbiamo il Nucleo Residenziale Sant’Anna con relativo soggiorno.Al primo piano ecco i Nuclei Residenziali Santa Chiara e Madonna del Redentore. Al secondo il Santa Rita e al Terzo il Santa Teresina. Il seminterrato presenta una ampia sala poli-valente, sovente utilizzata anche da esterni, palestra, terapia occupazionale, animazione, farmacia, cucina e servizi lavan-deria e infine la camera mortuaria con accesso dall’esterno. Ampie vetrate, che si affacciano sul giardino, riempiono di luce l’edificio nuovo, in cui nuclei residenziali sono riservati

a malattie come l’Alzheimer. Il Centro Diurno dedicato a questa patologia si rivolge ad anziani in condizione di so-litudine e disagio, e ai loro familiari bi-sognosi di un sostegno nell’assistenza, per brevi, medi o anche lunghi periodi. Il Centro è stato progettato per garan-tire sicurezza e comfort e facilitare la comprensione dell’ambiente da parte della persona malata. Certamente per questo abbiamo incontrato solo visi sereni e gioiosi. Le foto confermano la bellezza di quanto visto.

l Mario Carissoni

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i volontaridell’accueil

Pensavamo… quest’anno c’è l’Osten-sione…. Andiamo a Torino, magari agganciamo una brave vacanza in

modo da poter vedere luoghi, monu-menti, torniamo al Museo Egizio… E così nell’organizzare ci imbattiamo nel sito dell’OPD, in cui si propone il soggiorno in Accueil. “Proviamo!” Immaginavamo di trovare una struttura con camere e letti, dove qualcuno ti dava orari da rispettare, ti diceva cosa potevi fare e forse anche quando, nella quale ognu-no viveva la sua storia e nell’incontrarsi ci si salutava reciprocamente. Abbiamo trovato persone, ognuna con la propria storia… gli sguardi… gli occhi, i sorrisi: tutti indistintamente desiderosi di tra-smettere gioia e felicità, quella vera, che nasce dal cuore. Siamo stati coccolati, accolti, amati. Ci siamo innamorati del-le persone e lasciati trascinare da loro. Dimenticati presto musei, monumenti, siti, abbiamo abbracciate le storie, rac-contandoci reciprocamente dove sta il nostro cuore. Siamo venuti per contem-plare un lenzuolo… “Il Lenzuolo”. Eccoci così a Torino: che emozione davanti a quella teca! Il Signore è “grande” e opera cose grandi per fare le quali si serve di persone apparentemente piccole, mos-se da una grande forza invisibile e capaci di superare qualunque ostacolo. E che dire di come abbiamo trattato Paolo… la “perla” rara! Se nel mondo ci fossero più persone disposte ad accogliere l’altro così come abbiamo potuto constatare in questi giorni, le barriere si dissolve-rebbero ed ogni “piccolo” sarebbe capa-ce di esprimere la propria grandezza. E’ ora di ripartire, di ritornare al quo-tidiano, ma porteremo sempre con noi l’esperienza di questi giorni, con i vostri sguardi e sorrisi. Custodite per noi il pezzo di cuore che lasciamo con voi. Deo gratias!

Ornella, Massimo, Paolo. 10.05.2015

Veramente è l’amore di Cristo che ci spinge: è quanto ho vissuto in questi giorni di ospitalità al Cottolengo.Insieme alla grande emozione di poter contem-

plare la Sindone, si è unita da subito l’emozione di veder servito il malato in ogni aspetto e in tutti i momenti, con cura, passione e amore intenso. Cristo vive nei malati e nei sofferenti: veramente è chiaro qui, e chi ama Cristo ama anche costoro. La testimonianza e l’esempio delle suore e dei volontari mi ha scosso, interrogato su quanto anch’io possa fare per aiutare il fratello che mi sta ac-canto. Mi hanno commosso le suore, consacrate a Dio e ai più piccoli, sempre gioiose e felici, il volto impregnato d’amore. Per non parlare delle decine di persone dedite alle opere di carità; dal più impegnato al meno, ciascuno ha offerto il proprio tempo con dedizione, allegria, gioia, entusiasmo e tanta fede!Grazie per averci fatti sentire in famiglia, qui ho compreso cosa significhi amare senza distinzione.Grazie per la vostra vita e la cura verso di noi. Tante storie diverse ma tutti toccati in modo speciale da Dio, si vede! Torno ad Assisi con nel cuore tanta gioia e il desiderio di trasmettere, come dice San Paolo, ciò che ho ricevu-to. Continuate senza stancarvi mai, la Vergine Maria vi protegga, San Giuseppe Cottolengo vi accompagni! Deo gratias.

Edoardo 21.05.2015

i pensieri delCUore

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i volontaridell’accueil

Ero venuto a Torino per vedere il segno dell’amore più gran-de. Quale emozione vederLo! Quel telo coi segni della soffe-renza di Gesù per noi è dolore che si infrange contro la luce

della speranza, perché, per noi credenti, esso è la “prova” della resurrezione di Nostro Signore. Capire questo trasforma quel sangue che viene dal dolore in gocce di Vita Eterna che ancora oggi cadono su di noi. Ma l’amore è veramente più grande di tut-to, anche dello spazio e del tempo, così che il segno dell’amore lo trovi anche oggi visibile a chi lascia il cuore aperto.Lo trovi incarnato nel sorriso di una suora, forse un po’ matta, ma talmente colmata di amore, che non può non donarlo agli ultimi, a tutti, perché l’amore vero non puoi tenerlo per te, ma devi “condividerlo” per farlo fruttificare.Lo trovi incarnato in tanti laici che, giorno e notte, si fanno in quattro per far funzionare una grossa ”macchina”, guidata e sostenuta dalla Spirito, ma che poggia sul loro impegno gra-tuito, perché l’amore non chiede alcunché in cambio.Lo trovi in un Papa stanco, ma che non molla mai perché l’a-more è un “impegno” da ricambiare.Lo trovi nei giovani, nei sorrisi, negli scherzi, ma soprattutto in un viaggio stancante, solo per stare vicini insieme a Gesù, perché l’amore è anche “fatica”, si conquista giorno dopo giorno e si protegge come un tesoro prezioso.Questo amore lo scorgi in una città dalle mille ombre ma an-che dalle mille luci che il Signore le ha donato. Vite sante e tante opere che hanno intrecciato la loro esistenza con quel-la di tutto il mondo, portando luce ovunque, come le candele che per illuminare danno tutto di sé, poiché l’amore è pri-ma di tutto “dono che unisce” e che ci ha fatti incontrare per condividere questa profonda esperienza, che ancor più che personale è esperienza di Chiesa.Grazie per la vostra presenza, e per la testimonianza che l’incontro col Cristo risorto vi ha cambiato la vita. Ero venuto a Torino per trovare l’amore più grande… e l’ho trovato.

Antonio Ielo (seminario Reggio Calabria)

Siamo arrivati carichi di speranza e di gioia, per niente disattese: che momento indimenticabile la visita alla Sacra Sindone indimenticabile. Da ripetere. Il soggior-

no al Cottolengo è stata un’esperienza intensa e ricca di umanità, dove si respiravano serenità e amicizia. Speriamo e preghiamo che i nostri cammini possano nuovamente in-crociarsi. Porteremo sempre nel cuore questa esperienza che ci ha donato sorrisi e affetto sinceri. Grazie per l’affetto e le attenzioni ricevute e speriamo di rivederci presto!

Vanda, Augusto, Alberico, Matteo, Andrea – 15.05.2015Ogni momento, cosa, luogo, si-

tuazione, persona… tutto quel-lo che ho vissuto con Te, o mio

Signore, è sempre stato inaspettato ed eternamente bello. Ciò che si vive con Te ha il gusto dell’infinito, della semplicità, del sentirsi a casa ovun-que, perché in ogni luogo, momento, situazione e persona vedo il tuo volto, Signore.Rifletti sempre la tua immagine negli occhi di suor Giuseppina, nella sua de-terminazione, nella pazienza e nell’in-stancabile lavoro di tutti i volontari! Grazie al Cottolengo e alla sua instancabile opera di servire gli ultimi e chi è alla periferia del mondo e del-la società. Grazie perché tutto questo possa essere eterno ed infinito come lo sei Tu.

Gruppo di Altamura 13.06.2015

i pensieri delCUore

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personaggiocottolenghino

Vi racconto la storia di Vito. Oggi ses-santacinquenne, Vito è nato senza arti superiori e inferiori. Quando gli

chiedi da quanto si trovi al Cottolengo, ti risponde “Da quando avevo zero anni; ep-pure sono felice, perché io esisto per gridare a coloro che si annoiano: ”Le ore in cui voi vi annoiate... mancano a qualcuno che ha bi-sogno di affetto, di cure, di premure, di com-pagnia. Se non regalerete quelle ore, esse marciranno e non vi daranno la felicità.” Io esisto per gridare a coloro che vivono di notte e corrono da una discoteca all’altra: ”Quelle notti, sappiatelo, mancano a tanti ammala-ti, a tanti anziani, a quanti, soli, aspettano una mano che asciughi una lacrima. Quelle lacrime mancano anche a voi, perché esse sono il seme della gioia vera! Se non cambie-rete vita, non sarete felici mai!”La svolta per Vito è giunta quando, dopo molte difficoltà fisiche ed esistenziali, è stato toccato da Dio ed ha  maturato una nuova visione della sua condizione. I ragazzi della Scuola del Cottolengo di Torino ormai lo conoscono bene; da anni, infatti, li affianca nell’affrontare i piccoli e grandi problemi, sui quali sempre più fre-quentemente si arenano, facendo loro intravedere un modo nuovo di guardare la vita. Un orizzonte di eternità e speran-za che fa loro scoprire che Qualcuno li ama e li attende, così come sono.«Quando riusciamo a dire “Gesù mi fido di te”, tutto il resto non conta più», spiega Vito. «Nient’altro era in grado di darmi pace come l’amore di Cristo. Neanche un paio di braccia e di gambe lo avrebbe fatto. Non ho trovato alcuna risposta veritiera al di fuori di Gesù, io non sono un uomo senza braccia e senza gambe, ma un figlio di Dio». E an-cora: «Ringrazio Dio per non aver risposto alle mie suppliche quando Gli chiedevo di avere braccia e gambe, perché questa mia condizione fisica mi ha reso uno strumento di Dio. In diverse interviste negli ultimi anni, attraverso la mia testimonianza, ho aiuta-to tante persone ad incontrare Gesù per la

“Che cosa è la mente ?” si domandava Sant’Agostino? Che cosa colma il cuore

dell’uomo? Cosa ci rende felici? La salute? La forza? La libertà? No, non servono nemmeno le braccia e le gambe per

esserlo. La storia di VITO lo dimostra: per essere felici è sufficiente avere coscienza di essere figli di Dio e vivere la vita alla

luce di tale consapevolezza”

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Vitol’eterno ragazzo

prima volta. Come potrei preferire a questo il fatto di avere braccia e gambe?». Quando Papa Francesco, nella sua visita del 21 giu-gno 2015 alla Piccola Casa, si è avvicinato e mi ha accarezzato con le mani il viso, ho sentito la carezza di Cristo e socchiudendo gli occhi ho visto il volto di Gesù.”Vito è arrivato così a convivere con la di-sabilità, traendo soddisfazione da quan-

to fa non solo per quanto concerne le aspettative, ma anche in rapporto alle proprie potenzialità. Grazie all’orgoglio e alla determinazione, che gli sono propri, e sostenuto dalla Piccola Casa, Vito è riu-scito a conservare la capacità di progetta-re il proprio futuro, perseguendo con te-nacia gli obiettivi ed ha potuto continuare a lavorare al computer, uno adatto a lui, naturalmente.“Tutti i giorni sono diversi, ecco perché la ras-segnazione no, è un buttare la spugna; sarà che io sono un tipo anche orgoglioso ma la spugna cercherò di non buttarla mai”.“Quando ho capito di aver perso per sempre determinate cose, non mi ci sono più con-centrato, e così non sono state più impor-tanti. È un meccanismo che mi scatta sem-pre, se una cosa non ho più la speranza di farla, perde valore; questo mi ha permesso di sopravvivere. Ho visto persone che invece non hanno accettato la nuova condizione. In compenso tutto quello che ho capito di poter ancora fare l’ho perseguito con una determinazione e una tenacia che… non so, per esempio ho sempre desiderato scrivere, proprio tenere in bocca una penna senza alcun tipo di ausilio”.Alcuni riescono a trarre dalla disabilità, accettata, vere e proprie lezioni di vita e arrivano così a scoprire e attivare inediti “talenti nascosti”, divenendo quindi attori e promotori della cultura della solidarietà e della partecipazione.Grazie Vito della tua testimonianza! Ci apre gli occhi alla realtà della nostra vita, e, come tu dici: “Sii felice della felicità degli altri”.“Non è bella la mia vocazione?!” Annuisco commosso e mi dico: “Sono proprio que-ste le esperienze che mancano a tanti giovani. Esperienze che li possono ren-dere adulti!Un uomo, senza arti superiori e inferiori, che vive su una carrozzina elettrica, ha donato a tutti una grande lezione di vita.

l Salvatore Acquas

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associazioneLaici aggregati

alle Suore di San g. B. Cottolengo

vitacottolenghina

Domenica 13 settembre 2015 nella Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino, a conclu-

sione del Settimo Incontro Nazionale e del periodo formativo previsto, in Chiesa grande, inserito nella celebrazio-ne Eucaristica presieduta da Padre don Lino Piano, si è celebrato il Rito della Promessa di appartenenza all’Associa-zione Laici Aggregati di un secondo folto gruppo di laici di cui annotiamo di segui-to i nominativi:ANDREAUS Carla Maria - BIAVA Ornella - BERTOT Beatrice - BORRONI Anna- DOCI Violeta - GALLO Luciana - GUIDI Nadia - MARTELLI Maria Teresa - MAURI Luigi Peppino - PIOLA Rosi - POZZI Ernestina – RIPAMONTI Simonetta - SICCARDI Marisa – VIGLIANI Margherita – VISENTIN Pierantonio.Nel corso della stessa cerimonia han-no rinnovato la loro promessa Binetti F. Adriana, Riccardi Maria, Ulli Mariangela.La Redazione Incontri, facendosi inter-prete di tutto il laicato presente nella Piccola Casa, li ricorda, abbraccia e ringra-zia con affetto. Augura loro ogni bene e la grazia di perseverare per essere sempre esempio e testimonianza di quanti in-contrano la dove scorre la loro esistenza. L’insegnamento del nostro amato Padre sia sempre la luce di riferimento.

«Poveri, i poveri,sono la pupilla di Gesù Cristo,sono i suoi rappresentanti;chi voglia piacere a Gesù sa come fare;e si deve fare così:perché Gesù ce li raccomanda;e perché alla fin finesiamo tutti poveri innanzi a Lui.»Appartenere all’Associazione Laici Aggregati è una chiamata a vivere il vangelo sulle orme di San G. B. Cottolengo.L’Associazione è nata per offrire una risposta ai laici che deside-rano condividere il carisma con le Suore di San G. B. Cottolengo, impegnandosi, con la ‘promessa’ o la ‘consacrazione’, a vivere nel proprio ambiente di vita l’abbandono alla Divina Provvidenza e la testimonianza della Carità.

l La redazione

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Monastero cottolenghino“Il Carmelo”Il germoglio dell’oblazione

vitacottolenghina

Sul tronco dell’albero cottolenghino è spuntato un virgul-to. Una nuova espressione di vita su quella pianta che, dal 1827 non cessa di produrre fiori di diversa bellezza e

frutti di Carità. Il germoglio è nato e cresciuto nel Monastero cottolenghino Il Carmelo di Cavoretto. Qui è nata l’Oblazione contemplativa cottolenghina: una donna, Silvia, sposa e madre di famiglia, dopo un tempo di preparazione e verifica della vo-cazione, il 14 settembre 2015, la nostra prima Oblata, dinanzi all’Altare della nostra Cappella, alla presenza delle Suore, dei familiari e conoscenti, ha deposto la sua Promessa, nelle mani della nostra Madre generale suor Giovanna Massè. “Eccomi”, ha detto Silvia, con gioia mista a commozione, secondo la for-mula dello Statuto dell’Oblazione contemplative cottolenghi-ne. “Eccomi, Signore, dinanzi a te per professarti il mio Amore. Prometto di vivere l’adesione a te, secondo la volontà del Padre provvidente, di cercare anzitutto il suo regno e la santità, nella docile obbedienza allo Spirito Santo e nell’umile servizio di cari-tà, specie verso i più bisognosi…”Durante il Rito è stata consegnata a Silvia-Rita una piccola croce che essa porterà quale unico segno della sua appartenenza alla Famiglia contemplativa cottolenghina, e il “nome nuovo” che, in aggiunta al suo di Battesimo, la identifica come Oblata di uno specifico monastero.Chi sono gli oblati e cosa s’intende per oblazione.L’oblazione è semplicemente un cammino che aiuta a vivere il proprio Battesimo, e gli oblati sono persone sempre più con-sapevoli della loro consacrazione battesimale che desiderano condividere la spiritualità di un Fondatore aggregandosi a un determinato monastero.Così Silvia, dopo aver approfondito i tratti caratteristici del Santo Cottolengo e aver riconosciuto nel nostro Monastero un punto

di riferimento primario nel suo cammino spirituale cristiano, ha pronunciato il suo Sì alla chiamata a portare nella Chiesa e nella realtà in cui vive e opera il contri-buto del carisma di S. G.B. Cottolengo: centralità di Cristo, fiducioso abbandono nella provvidenza del Padre, carità ope-rosa in una vita semplice e gioiosa.Altri germogli di Oblazione stanno per spuntare sul tronco cottolenghino, re-candogli nuova linfa vitale, segno delle benedizioni della Trinità SS.ma, della pre-dilezione della Vergine Maria, della com-

piacenza del nostro Santo Fondatore.

Come lui e con lui, la sera di quel 2 settem-bre 1827, can-tiamo con voci di filiale grati-tudine: “Bene-detta la Santa

Madonna”.Deo gratias!l La redazione

“Eccomi, Signore, dinanzi a te per

professarti il mio Amore”

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La casa di spiritualità Mater Unitatis ha un cuore. Ed è impor-tante che vi sia, perché l’intelligenza, compresa quella spiri-tuale, si muove nello spazio concessole dal cuore. Tutto ciò

che si svolge all’interno di queste mura, il lavoro sulla Parola, le parole sulla cultura, la cultura degli incontri, gli incontri con gli ospiti, gli ospiti nel vero della preghiera, trova il suo fondamen-to, e la propria ragion d’essere, all’interno di questa Cappella.Essa è luogo d’incontro, di donne e uomini tra loro riconosciu-tisi come fratelli perché scopertisi figli dinanzi a un Dio che s’è rivelato Padre attraverso il Figlio che s’è fatto fratello.Questo è il luogo preposto alla preghiera, ove ciascun cuore torna a conoscere ciò che è, la materia di cui è fatto, ovvero mendicanza, o se si vuole, ‘precarietà’. Quella materia in grado cioè di vivere solo di preghiera, disponibilità di farsi raggiunge-re dalla grazia, e di ricomporre così l’umano sgraziato, al fine di tornare alla bellezza primordiale, oggetto dell’unica e fontale volontà di Dio: «Facciamo l’uomo» (Gn 1, 26).E la preghiera dell’uomo ha bisogno di bellezza, perché dalla Bellezza egli è scaturito. L’uomo ha bisogno della bellezza, come l’assetato dell’acqua e come l’amante dell’amato; ha bisogno del Bello perché fatto per la verità, e la bellezza altro non è che la manifestazione del Vero. E una cosa è vera quando corrispon-de al cuore. E quando l’uomo finalmente si trova a cospetto della bellezza fuori di lui, e sente il cuore riposare nella verità, allora si trova unificato, e pacificato, inginocchiato dinanzi all’A-mato; si trova in Dio: il Vero, il Bello e l’Uno.Nella Cappella della Mater Unitatis, si è cercato di offrire un luo-go di preghiera, attraverso immagini, racconti, e colori. Un aiuto all’incontro, all’unificazione del cuore, balsamo in grado di lenire la ferita della sua frantumazione, invito a lasciarsi raggiungere: compito arduo per l’uomo ‘religioso’ sempre intento a raggiun-gere l’Irraggiungibile.I mosaici e le vetrate, in questa Cappella hanno il compito di la-tori, comunicare il Mistero. Unica condizione per poterlo espe-rire, è, come s’è detto sopra, la mendicanza, ovvero sguardo di occhi fattisi recipienti, capaci di accogliere l’infinito.I mosaici sono nove, e raccontano storie per nutrire la storia de-gli astanti. Riportano motivi ispirati al capolavoro musivo di padre Marko Rupnik nel Palazzo Apostolico in Vaticano, e precisamente nella Cappella Redemptoris Mater. Ispirati, non delle copie.Riprendono alcuni suoi temi, alcuni personaggi, la teologia di fon-do, la spiritualità di cui sono impregnati, lo sposalizio fecondo e splendido tra tradizione orientale ed occidentale. Tutto il resto è ‘altro’: particolari, interpretazioni, materiali, tecnica, supporti...Questi nove pannelli sono stati realizzati nel corso di tre anni. Un lavoro paziente, cresciuti insieme al crescere dell’interesse degli ospiti della Casa che si son sorpresi abbracciati, pian pia-no, da colori vivi, come sacramentali di una Presenza là celata.E ora, in questa piccola Cappella, il Presente si manifesta a cia-scun suo figlio che vi entra, con la presenza nel Sacramento e attraverso una storia, narrata con pietre, marmi, vetri, e smalti. Una storia che cerca soltanto il vuoto di una presenza che si fa attesa, ovvero desiderio ed attenzione. E che si trasformi, infine, in ascolto attraverso gli occhi.

l Paolo SquizzatoL’annunciazione

Il Battesimo

gioacchino e anna

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le vetratee i mosaicidella cappella“Mater Unitatis”

La Crocifissione

Il MosèIl buon samaritano

edith Stein

Il martirio di San Paolo

giuseppe d’egitto

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specchiodei tempi

Caro amico, c’è chi ti disprezza, chi ti umilia, chi t’imbroglia, chi ti persegui-ta... ma io ti stimo. Tu senza sapere

cioè che ti accadrà, tenti il costoso e ri-schioso viaggio della fortuna, impavido e sacrificando la tua vita per un futuro mi-gliore. Affidando i risparmi di una vita a un crudele scafista, il quale a tuo discapito è pronto a scaraventarti in mare senza pietà e sensi di colpa, anzi, con sollievo per es-sersi liberato di te. Tu in enorme difficoltà vai speranzoso, in cerca di una nuova vita. E arrivato qua, sei costretto ad affrontare la crudeltà umana che già esisteva un tem-po e che continua a esserci anche oggi, nel 2015. Ecco, fuggi dalla fame e dalla guerra, per trovarti chiuso in un “centro di acco-glienza”, da dove deluso cercherai altre strade. Forse fuggirai ancora una volta e ti nasconderai ancora una volta e, ancora una volta sarai discriminato e deriso, ma tu, col tuo sorriso, porgerai l’altra guancia e proseguirai, il tuo lungo viaggio.Per sopravvivere, ti lascerai alle spalle la fame, gli insulti, gli stenti e le umiliazioni. Il viaggio della fortuna è terminato, o forse è appena cominciato, ma stai tranquillo per-ché, anche se, non capisco la tua lingua, non professo la tua religione, non so nulla dei tuoi usi, costumi e tradizioni, sono an-ch’io un essere umano e so che tu, come me hai un’anima, dei sentimenti e delle emozioni, so benissimo ciò che hai prova-to, provi e continuerai a provare, pertan-to se avrai bisogno d’aiuto, bussa alla mia porta ed io sarò al tuo fianco. Una cosa di cui oggi sono sicuro è che su un albero tutte le foglie nascono sorelle, crescono, ingialliscono e inevitabilmente finiscono per cadere, come gli uomini sulla terra. Una cosa ti prometto, se il Signore vorrà concedermi questa grazia, a mio figlio in-segnerò il rispetto e l’amore per il prossi-mo, chiunque esso sia, proprio come tu e nostro Signore mi avete insegnato. Che Dio ti protegga.Buona fortuna amico!

l La redazione

lettera a unimmigrato

clandestino

“Una cosa ti prometto, a mio figlio insegnerò il rispetto e l’amore per il

prossimo”

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Quale gioia, quando mi dissero:“Andremo alla casa del Signore”… (Sal. 121,1)

Era nato il 18 maggio 1922 a Pozzo di San Giorgio della Richinvelda Diocesi di Concordia-PordenoneLa sua vocazione sacerdotale, sotto la guida dell’al-lora Parroco don Angelo Petracco si era manife-stata precocemente. Appena undicenne, lasciata la numerosa famiglia, si era trasferito in Piemonte dove il 1° ottobre 1934 era ammesso ed entra-va nel Seminario dei Tommasini del Cottolengo di Torino. All’interno di questa realtà, sostenuto dalla Provvidenza, inizierà lunghi anni di studio e soffe-renza di preparazione al sacerdozio.Sarà l’Arcivescovo di Torino, Maurilio Cardinal Fossati, che il 29 giugno 1946 con l’imposizione delle sue mani al novello Sacerdote proclamerà “Tu es Sacerdos in Aeternum”. Alla cerimonia era-no presenti, la prozia Suora cottolenghina Lucilla Cominatto, familiari, compaesani, il parroco del paese natale e sacerdoti delle vicine parrocchie.Novello sacerdote, i suoi primi impegni li ha svol-ti a Bra, a Pinerolo e a Fornacette di Pisa sino al 1953. Passerà poi alla Casa Angeli del Cottolengo di Pinerolo, dove rimarrà per tredici intensi anni di ser-vizio ai ragazzi giovani e agli invalidi. In quel periodo godette della vicinanza della mamma degente nel vicino Ospedale. Nel 1966 si sposta al Cottolengo di Mondovì-Carassone dove collaborerà con don Manilio Purgatorio; vi rimarrà per 44 anni, sino alla chiusura della Casa per rientrare poi nella Casa Madre di Torino, dove si spegnerà il 16 luglio 2015.

“Beati i morti chemuoiono nel Signore;riposeranno le loro fatiche,perché le loro opere li seguono.”(Apocalisse 14,13)

È mancato serenamente giovedì 23 luglio all’In-fermeria dell’Istituto Cottolengo don Ernesto Pogliano, all’età di 92 anni. Nativo di sant’Anto-nio della Serra, era stato ordinato sacerdote il 27 giugno 1948 da Mons, Giuseppe Angrisani; con lui altri cinque sacerdoti: don Antonio Accornero, don Artemio Bertana, don Pietro Casalone, don Carlo Imarisio, e don Camillo Rossi. È stato parro-co al servizio della nostra diocesi fino a circa 30 anni fa nella zona di Cocconato, quando è entra-to nella Congregazione del Cottolengo e si è tra-sferito colà. Il funerale è stato celebrato sabato 25 luglio al Cottolengo. Lo ricordiamo con affetto per la sua bontà e disponibilità.

DON ELIO PARTENIO1922 – 2015

DON ERNESTO POGLIANO2 maggio 1923 – 23 luglio 2015

Ora riposano NELLA CASA DEL PADRE, Signore della Vita, nel

suo amore e alla materna presenza della Madonna, e

nella comunione dei santi. Deo Gratias per quanto ci hanno

donato e le preghiere che non mancheranno di donarci.

nella casadel padre

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leggiamoun libro

a cura di Salvatore Acquas

È in arrivo il nuovo libro di fratel Beppe Gaido “Polvere rossa” (ed. San Paolo) che ha scritto con Mariapia Bonanate. Non è solo il seguito ideale di “A un passo dal cuore”. È anche un

viaggio che autori e lettori riprendono insieme, per abitare sem-pre più intimamente in quell’ospedale di Chaaria, quattrocento chilometri a nord di Nairobi, dove fratel Beppe da diciotto anni, dedica tutto se stesso, al servizio dei suoi ammalati in ciascuno dei quali ravvisa il volto di Cristo.Sullo sfondo di paesaggi che incantano per la loro bellezza, di cieli sconfinati che si colorano di albe e di tramonti mozzafia-to, di avventure epiche, fratel Beppe rac-conta le lunghe giornate e le tante notti che trascorre con loro, in sala operatoria, nei reparti sempre affollati, con anche due persone per letto, negli ambulatori dove arrivano migliaia di persone da tutta la regione e oltre. Riflette su tante situa-zioni che sono legate ai problemi che ogni giorno affronta, ma in pari tempo hanno una dimensione universale.Nella sua esistenza di medico, vissuta come una chiamata, si alternano momenti difficili e spesso drammatici, quando non ce la fa a salvare l’am-malato, con momenti di gioia commossa, quando riesce a far na-scere, nonostante le drammatiche premesse, un neonato, salvare una donna ridotta a pezzi dal machete di un marito violento o un anziano da tutti rifiutato. Tutte le pagine sono pervase da una feli-cità evangelica: “ È la felicità che provi nel condividere totalmente, nella dedizione senza riserve “agli ultimi” e a coloro che soffrono. Una sensazione profonda e vasta, difficile da descrivere, una sen-sazione di pace interiore che ti fa sentire pienamente realizzato, parte dell’umanità che hai incontrato.”Il microcosmo di Chaaria, “ piccola città della gioia e dell’amo-re nell’Africa equatoriale” è il principale protagonista di “Povere rossa”, “un’ epopea degli ultimi”, dei “senza voce”, dei dimenticati dalla storia ufficiale, che lottano ogni giorno per la sopravvivenza. Accanto a loro “il medico venuto da lontano” combatte con pochi mezzi contro malattie impossibili, lotta in una solitudine spesso pesante, contro il tempo, sempre troppo poco per un ospedale che agli inizi era un piccolo ambulatorio, oggi ha centosessanta letti ed è diventato l’isola di salvezza per un’ intera popolazione.

Polvere ROSSABeppe Gaido e Maria Pia Bonanate

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il libro è un giardinoche puoi custodirein tasca

Il volume tratta di morte, resurrezione, desti-no del corpo, paradiso, inferno, vita eterna... Riportare al centro della riflessione cristiana i grandi temi dell’aldilà, vuol dire aiutare a vivere più autenticamente il momento presente, nella serena consapevolezza che ciò che ci attende al termine della vita sarà un abbraccio di eternità.

Cosa c’è dopo la morte? Con quale corpo risor-geremo? Dove sono e cosa fanno i nostri morti? Esistono il paradiso e l’inferno? Che cos’è «vita eterna»? Alla fine ci sarà un giudizio? Cosa si può dire riguardo alla reincarnazione? E ancora: È le-cita la dispersione delle ceneri?Riportare al centro della riflessione cristiana i grandi temi dell’aldilà vuol dire aiutare le donne e gli uomini di oggi a vivere il momento presente, lontani da sterili paure e inutili sensi di colpa, ma soprattutto con un senso, nella serena consape-volezza che ciò che ci attende al termine della vita sarà solo un abbraccio di compimento e di eternità.

Storia delle Suore del Cottolengo: un modello femminile di CaritàDalla nascita della Piccola Casa della Divina Provvidenza nel 1833 a oggi, le “figlie” di san Giuseppe Benedetto Cottolengo hanno intreccia-to la loro presenza con le tappe più significative della storia di Torino e del nostro Paese. All’inizio si trattava un gruppo di volontarie che vivevano at-torno alla figura del canonico rinunciando a tutto per dedicarsi all’assistenza di poveri, malati e biso-gnosi. Con il passare del tempo unirsi alla comuni-tà delle cottolenghine ha significato, solo ed esclu-sivamente per le donne non abbienti, la possibilità di essere salvate da un destino di stenti e sofferen-ze per studiare, formarsi come individui, e offrirsi a propria volta alla società. Oltre alle opere carita-tevoli in Italia, infatti, sono state moltissime nel cor-so degli anni le missioni delle cottolenghine fuori dai confini nazionali, prima in Africa e poi anche in America, del Nord e del Sud, e in India. Attraverso un’analisi lucida e puntuale, Suor Giuliana Galli pre-senta la storia della congregazione del Cottolengo

nei suoi aspetti istituzionali, giu-ridici, economici e gerarchici, po-nendo l’accento sulla figura fem-minile in rappor-to non solo all’au-torità dell’ordine, ma anche ai cam-biamenti politici, culturali e sociali che hanno mo-dificato in oltre duecento anni il ruolo e la posizio-ne della donna in Italia.

LE SORELLEDEI POVERI

Suor Giuliana Galli

e ULTIMa VerràLa MorTe... e PoI

Paolo Squizzato

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C’era una volta una coppia con un figlio di 12 anni e un asino. Decisero di viaggiare, di lavorare e di conoscere il mondo e partirono tutti e tre con il loro asino.Arrivati nel primo paese, la gente commentava: “Guardate quel ragazzo quanto è maleducato. Lui sull’asino e i poveri genitori, già anziani, che lo ti-rano”. Allora la moglie disse a suo marito: “Non permettiamo che la gente parli male di nostro figlio”. Il marito lo fece scendere e salì sull’asino.Arrivati al secondo paese, la gente mormorava: “Guardate che svergogna-to quel tipo... lascia che il ragazzo e la povera moglie tirino l’asino, mentre lui vi sta comodamente in groppa”. Allora, presero la decisione di far salire la moglie, mentre padre e figlio tenevano le redini per tirare l’asino.Arrivati al terzo paese, la gente commentava: “Pover’uomo! dopo aver lavorato tutto il giorno, lascia che la moglie salga sull’asino e povero figlio, chissà cosa gli spetta, con una madre del genere!”. Allora si misero d’ac-cordo e decisero di sedersi tutti e tre sull’asino per cominciare nuova-mente il pellegrinaggio.Arrivati al paese successivo, ascoltarono cosa diceva la gente del pae-se: “Sono delle bestie, più bestie dell’asino che li porta. gli spaccheranno la schiena!”. Alla fine, decisero di scendere tutti e camminare insieme all’asino.Passando per il paese seguente, non potevano credere a ciò che le voci dicevano ridendo: “Guarda quei tre idioti; camminano, anche se hanno un asino che potrebbe portarli!”.

Morale: Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa andare bene come sei…

racconto